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Categoria:Vini al supermercato
Vini al supermercato è la rubrica dedicata al vino in vendita nelle maggiori insegne di supermercati presenti in Italia. Oltre ad aggiornamenti quotidiani, ogni anno la nostra redazione edita la Guida ai Migliori vini al Supermercato, decretando la Migliore Cantina Gdo dell’anno.
Nella Gdo viene venduta la maggior percentuale di vino italiano. Qui potrai trovare recensioni, punteggi e opinioni sui migliori vini in vendita nella Grande distribuzione organizzata, valutati con cognizione di causa, spirito critico costruttivo e l’indipendenza editoriale che ci caratterizza.
Inoltre, una rubrica sempre aggiornata sui migliori vini in promozione presenti sui volantini delle offerte delle maggiori insegne di supermercati italiani.
Vini al Supermercato è la guida autorevole ai vini in vendita in Gdo, con una pubblicazione annuale delle migliori etichette degustate alla cieca dalla nostra redazione. Seguici anche su Facebook ed Instagram.
(4 / 5) Direttamente da Cantina di Verona Spa, costola della storica Cantina Valpantena Verona Sca, ecco in grande distribuzione l’Amarone della Valpolicella Docg 2012 Pagus Bisano. Ottenuto da uve Corvina Veronese e Rondinella, si presenta nel calice di un rosso rubino intenso, impenetrabile, con unghia granata. Al naso è fruttato e assieme speziato. Richiama la confettura di amarena, lampone e prugna, ma anche la vaniglia, il cuoio e, più flebilmente, la cannella. Al palato è rotondo, di gran corpo: i 15 gradi di alcol/volume accendono le note fruttate di confettura e spezie, regalando un finale lungo, di liquirizia. Un ottimo prodotto, insomma, che è possibile reperire anche prezzo “stracciato”, in promozione sugli scaffali dei supermercati. Ma l’Amarone della Valpolicella Docg 2012 Pagus Bisano regge soprattutto il confronto con altri prodotti della stessa fascia prezzo, come l’Amarone della casa Sartori, realtà veronese di fama ormai internazionale. L’ennesima riprova di come bere bene al supermercato è possibile, scegliendo la bottiglia giusta, senza la necessità di ricorrere forzatamente ai “grandi nomi”. Servito a una temperatura di 18-20 gradi, stappato almeno un’ora prima di versarlo nei calici, è l’accompagnamento perfetto per arrosti, selvaggina, cacciagione, primi piatti importanti e formaggi stagionati.
La vinificazione delle uve Corvina e Rondinella raccolte in Valpantena (che significa “Valle degli dei” e “Valle di tutti i vini”), nella ze i 22 gradi. Seguono venti giorni di macerazione, che precedono la maturazione in botte e l’affinamento in bottiglia.ona nord est della città di Verona, prevede il loro appassimento per almeno 4 mesi su grate di legno che prendono il caratteristico nome di “Arele”. Le uve perdono con questo metodo circa il 40 per cento del loro peso iniziale. La pigiatura avviene in maniera soffice e la fermentazione a una temperatura compresa tra i 18 e i 22 gradi. Seguono venti giorni di macerazione, che precedono la maturazione in botte e l’affinamento in bottiglia.
Prezzo pieno: 24,99 euro Acquistato presso: Il Gigante
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(2,5 / 5) E’ tra le aziende agricole calabresi che, negli ultimi anni, si stanno rendendo protagoniste del rilancio dell’economia vitivinicola della Calabria nel panorama nazionale italiano. Parliamo dell’Azienda Agricola De Caro di San Vincenzo la Costa, provincia di Cosenza, che si affaccia sul variegato e tortuoso panorama della grande distribuzione del Belpaese sbarcando nei supermercati del nord con il rosso Vigna della Corte, Terre di Cosenza Doc. Un blend di Magliocco (60%), Cabernet Sauvignon e Merlot coltivate a un’altezza di 450-500 metri sul livello del mare. Risultato? Apprezzabile, anche se la bottiglia sembra voler avanzare pretese eccessive da vino di sostanza, che non riesce a centrare appieno. La prova del calice lo relega al ruolo del comprimario: quello del vino rosso comune, da tavola. Vigna della Corte Terre di Cosenza Doc è vino pretenzioso, a partire dal buon apporto in percentuale di alcol in volume (13,5%). Ma al palato non risulta abbastanza caratterizzato per potersi distinguere, soprattutto, da altri vini della medesima fascia prezzo. L’abbinamento in cucina è con le carni rosse e i primi piatti, servito a una temperatura di 18-20 gradi.
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(4 / 5)Argiolas si conferma una delle migliori case vitivinicole presenti sugli scaffali dei supermercati con Costera, Cannonau di Sardegna Doc 2012. Vino di un rosso rubino carico con riflessi granati, scorre denso nel calice, dove emana piacevoli profumi intensi vino si e floreali di viola, in un sottofondo di frutti di bosco e lievi richiami di vaniglia, conferiti dal periodo di affinamento in botte di legno. In bocca è caldo, giustamente sapido. Si fa apprezzare per robustezza e persistenza del finale. E’ perfetto per l’abbinamento con la selvaggina, gli arrosti e i formaggi stagionati, se consumato a temperatura di cantina, inferiore dunque a quella dell’ambiente, per apprezzarne meglio il bouquet al naso e la fragranza al palato. Perfetto con piatti di carne della tradizione culinaria sarda, come il maialino o l’agnello sardo arrosto, o i primi piatti saporiti. Costera Cannonau di Sardegna Doc 2012 di Argiolas è ottenuto dalla spremitura di uve Cannonau, Carignano e Bovale, che in Sardegna crescono in un clima di tipo Mediterraneo, con inverni miti e precipitazioni limitate ed estati calde ma ventilate. Il suolo contribuisce con la propria presenza massiccia di calcare, ingentilita dalla presenza di argilla nelle tenute Costera – da cui deriva il nome della bottiglia – a Siurgus Donigala, nella zona di Sarais e Sisini, situate a un’altezza di 220 metri sul livello del mare. La vendemmia, in queste tenute di proprietà di Argiolas, avviene in maniera manuale, concentrata nelle prime ore del mattino, quando il Sole è ancora basso all’orizzonte. La tecnica di vinificazione del Costera Cannonau prevede una fermentazione e macerazione delle uve a temperatura controllata di 28-30 gradi, per circa 10-12 giorni. Il mosto subisce quindi la fermentazione malolattica, in vasche di cemento vetrificato. Il prodotto viene quindi travasato in piccoli fusti di rovere, dove rimane a maturare per un periodo che varia dagli 8 ai 10 mesi. Segue un breve affinamento in bottiglia di circa quattro-sei mesi a una temperatura di 18 gradi in posizione orizzontale (umidità 75%, luce controllata) prima della commercializzazione e l’introduzione nei canali della grande distribuzione organizzata internazionale. Un ottimo prodotto del made in Italy, che fa bella la Sardegna e l’Italia intera.
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(4 / 5)Un Barbaresco dall’ottimo rapporto qualità prezzo, al supermercato. E’ il Barbaresco Docg Nervo della Cantina Vignaioli Pertinace Sca di Treiso, Cuneo. Nel calice si presenta denso, di un rosso rubino intenso con bordo granato, tendente all’aranciato. Sprigiona note intense di cuoio e tabacco, assieme a note floreali di geranio e viola. Un quadro complesso, che fa presagire una certa sapidità. Al palato le note speziate conferiscono grande eleganza e austerità alla beva. Ma i tannini, perfettamente maturati per l’annata 2012 sotto esame, risultano morbidi, pur nella loro schietta evidenza. Vino caldo, di alcolicità sostenuta (14%), evidenzia un’ottima sapidità anche nel finale, persistente e vanigliato. Sul finire del 2015, insomma, il Barbaresco Docg Nervo di Cantina Vignaioli Pertinace offre il meglio di sé: è pronto per essere l’egregio accompagnamento di grigliate di carne, selvaggina e formaggi ben stagionati. E’ prodotto nel Comune di Treiso, poco più di 800 anime alle porte di Cuneo, in un’area fortemente vocata alla vinificazione delle uve Nebbiolo. L’allevamento viene effettuato dalla Cantina Vignaioli Pertinace col metodo Guyot ad archetto. Le uve vengono raccolte solo a maturazione completa. Particolare attenzione viene riservata alla fase di fermentazione. Il mosto resta a contatto col le bucce tra i 15 e i 20 giorni, con “frequenti rimontaggi” . utili a eliminare i residui ossidativi che potrebbero generare difetti al vino – ed “energiche follature”, come spiega la stessa Cantina. Segue poi la fermentazione malolattica. L’invecchiamento avviene per 12 mesi in botti di rovere di Slavonia e, in parte, in fusti di rovere francese della capacità di 5 ettolitri. Prima della commercializzazione, il Barbaresco Nervo matura ulteriormente in bottiglia per 2 anni.
Prezzo pieno: 12,70 euro
Acquistato presso: Esselunga
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(5 / 5)Eleganza pura. Per essere un vino inserito nella linea “classica” della Cantina Produttori San Paolo di Appiano, provincia autonoma di Bolzano, il Pinot Nero Alto Adige Doc Melag regala emozioni. Tutt’altro che noioso o piatto, come risultano altri Pinot Nero acquistabili al supermercato, Melag conserva le qualità intrinseche del vitigno, con un tocco in più in tema di sapidità. Sotto l’esame di vinialsupermercato.it c’è una bottiglia dell’annata 2013, che fa registrare 13,5% gradi. Un elemento, quello dell’alcolicità piuttosto sostenuta, che contribuisce a regalare un quadro più deciso e strutturato. Pinot Nero Aldo Adige Doc Melag si presenta nel calice di un rosso rubino sgargiante. Scorre denso nel calice, che si trasforma nella vetrina perfetta del sottobosco altoatesino, richiamando note decise di fragolina, ma anche di mora, ciliegia e fiori di rosa. Percezioni eteree. All’esame olfattivo colpisce per l’anticipazione di una sapidità che viene confermata, poi, al palato. Di nuovo, in bocca, le note di fragola di bosco. Il tannino, elegante, si mostra pronto addirittura a un ulteriore affinamento in bottiglia. Il finale è lungo, persistente, di note speziate. Perfetto l’abbinamento di questa bottiglia con le carni d’agnello o coniglio, arrosto e formaggio stagionato. Pinot Nero Aldo Adige Doc Melag di Cantina Produttori San Paolo (Kellerei 1907) viene ottenuto dai vigneti delle zone Paulsner Feld, Aich e Gfill. La fermentazione avviene interamente in acciaio inox, mentre la maturazione in botte grande e, parzialmente, in barrique. L’imbottigliamento avviene nel maggio successivo all’anno di vendemmia.
Prezzo pieno: 6,99 euro
Acquistato presso: Esselunga
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(4 / 5) Tra gli scaffali del supermercato, ecco una bottiglia che racchiude i profumi e gli aromi del più antico vitigno della Sicilia: l’Insolia, altrimenti conosciuto come Inzolia o Ansonica. In particolare, sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it c’è Insolia 2013 Sicilia Doc, cantina Baglio di Pianetto. Di colore giallo paglierino carico, profuma intensamente di frutta matura (pera) ed esotica, oltre a presentare un’elegante speziatura (noce moscata) e note floreali di ginestra e mandorlo. Al palato si presenta minerale, sapido, con sentori che richiamano nuovamente la frutta matura, questa volta agrumati (arancia). Buono il corpo e l’equilibrio, per un finale che si scopre tuttavia meno persistente di quanto ci si potesse aspettare. L’abbinamento consigliato è quello ai primi piatti a base di verdura, al pesce, ai crostacei e alla carne bianca. Insolia Y Baglio di Pianetto nasce da vitigni a cordone speronato coltivati a un’altezza di 650 metri sul livello del mare, nei vitigni situati nella provincia di Palermo, a Santa Cristina Gela. La vendemmia si protrae dall’inizio alla fine del mese di settembre, con raccolta manuale delle uve in vigna. La resa per ettaro viene ridotta durante la maturazione (vendemmia verde). Dopo la raccolta, le uve Insolia vengono diraspate e sottoposte a macerazione a freddo (criomacerazione), per assicurare la conservazione ottimale degli aromi. La pressatura avviene poi in maniera delicata e, nuovamente a temperatura controllata, avviene la fermentazione per aggiunta di lieviti selezionati. Segue poi una maturazione in acciaio per quattro mesi, prima dell’imbottigliamento, nel mese di febbraio.
Prezzo pieno: 8,58 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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Delle caratteristiche tipiche dell’uvaggio, il Falanghina del Sannio della cantina Gu. Sca. di Guardia Sanframondi, provincia di Benevento, conserva solo la sapidità, peraltro sbilanciata. Di colore giallo paglierino, scorrevole nel calice, presenta già al naso un’accentuata sensazione salina. Si uniscono note floreali e minerali. Al palato inizia con sentori amarognoli, per poi lasciare spazio a una buona acidità, che mal si bilancia ai sentori salini. Prodotto dalla Gu. Sca tra le colline beneventane, questo Falanghina del Sannio reperibile tra gli scaffali della catena di discount Penny Market può essere abbinato a carni bianche e antipasti, o accompagnato a leggeri aperitivi.
Prezzo pieno: 3,99 euro Acquistato presso: Penny Market
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(5 / 5)Non poteva ascegliere nome migliore Domaines Paul Mas per il suo blend di Sauvignon Blanc, Picpoul, Viognier e Chardonnay. Di fatto, Vignes de Nicole L’Assemblage Blanc non è solo il risultato di un riuscitissimo concerto d’uvaggi. Bensì l’unione, che oseremmo definire “artistica”, di profumi e sapori difficili da reperire – tutti assieme – in un’unica bottiglia. Paul Mas è riuscito con L’Assemblage Blanc a dare vita a un vino fragrante. Quasi da mordere, più che da bere. Un ossimoro enogastronomico, insomma. Il cui successo è dovuto soprattutto ai tre mesi di fermentazione in botti di quercia che subiscono due dei quattro uvaggi, Viognier e Chardonnay. La pennellata finale, su un quadro di per sé suggestivo. Di colore giallo paglierino intenso, con leggeri riflessi verdolini, L’Assemblage Blanc esprime in verità un naso non elevatissimo di frutta matura a polpa bianca (pera), nonché di frutta esotica come banana e papaya. Si avverte una buona mineralità, dovuta soprattutto ai terreni calcareo-argillosi della Vallée de l’Hérault, dove i vigneti godono tra la l’altro di uno speciale microclima, quello del Pays d’Oc, altrimenti noto come Occitania, Francia meridionale. Al palato, le sensazioni minerali si fondono con quelle di frutta esotica. Si scopre così nuovamente la papaya, il frutto della passione, la banana e la pera matura, che si mescolano (ecco la sorpresa) a sentori di frutta candita e uva sultanina, che contribuiscono al concretizzarsi di reminiscenze di panettone, il dolce tipico di Milano. Il finale è lungo, fresco, elegante, di spezie e ribes. Pacatamente e piacevolmente astringente. Vignes de Nicole L’Assemblage Blanc dei Domaines Paul Mas si accompagna alla perfezione con piatti a base di molluschi, di pesce grasso (salmone), col sushi giapponese nonché a secondi di carne bianca come pollo e maiale.
Prezzo pieno: 5,69 euro
Acquistato presso: Esselunga
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(2 / 5) Buona la seconda. Dopo un approccio imbarazzante, dovuto a una bottiglia difettata al ‘sapore’ di sughero, ci cimentiamo nuovamente nella degustazione del Cirò Dop Classico Superiore Riserva di Cantina Lidl, uno dei vini che hanno ottenuto la promozione del Gambero Rosso.
Scegliamo dallo scaffale un lotto differente rispetto a quello della prima bottiglia (L3152C3-30121045) e procediamo all’apertura. Il tappo di sughero si mostra nuovamente non in perfetto stato e, in generale, di bassa qualità.
LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, questo Cirò Dop Classico Superiore Riserva, annata 2012, scorre denso, di un rosso granato carico. Al naso si evidenziano soprattutto note di ciliegie mature.
Meno persistenti le spezie e l’eucalipto, pur presenti. In bocca è caldo, ma il crescendo della sapidità corrompe incontrovertibilmente la piacevolezza dei sentori di confettura di amarena e mora. Il tannino è ruvido e fastidioso, al limite dell’allappante.
Nel finale, lievemente speziato, torna ormai onnipresente la squilibrata sapidità, che taglia letteralmente le gambe all’intero assaggio. Insomma, questa bottiglia regala solo un lontano ricordo di quello che ci si può (si deve, anzi) aspettare da un Cirò rosso ‘invecchiato’.
Il Gambero Rosso definisce “buono” questo vino e in una scala da uno a tre ‘scudetti’ gliene assegna uno. Noi di vinialsupermercato.it abbiamo trovato questo Cirò decisamente scarso, soprattutto per mancanza di equilibrio. Con cosa abbinarlo, dunque? Semplice: con nulla. In cucina, meglio soli che mal accompagnati.
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(2,5 / 5) Dalla Cantina Lidl Selezione Gambero Rosso, ecco Teroldego Rotaliano Dop 2011 Superiore Riserva. Ci accingiamo all’analisi dopo aver accantonato per un attimo qualsiasi congettura legata alla ‘strana coppia’ costituita dalla catena di supermercati tedeschi e la casa editrice italiana di enogastronomia. Di colore rosso cupo, impenetrabile, questo Teloldego Rotaliano Superiore Riserva 2011 scorre denso nel calice e si presenta al naso in maniera garbata. Note di vaniglia e di frutta come prugna, mora e amarena, a cui fanno da sfondo liquirizia e richiami all’erba e al fieno bagnato. In bocca colpisce per morbidezza. La bevuta è rotonda, grazie soprattutto alle predominanti note di vaniglia. Tanto sostenute da farla sembrare, in bocca, gelatinosa.
Al palato si evidenziano poi note di sottobosco, quali le fragoline. Un buon principio, cui poi non fa seguito un finale altrettanto elegante. Il tannino, di fatto, si mostra entro breve leggermente ruvido. In definitiva il palato è di buona lunghezza, ma non particolarmente strutturato. Con una prolungata ossigenazione, Teroldego Rotaliano Superiore Riserva 2011 della Cantina Lidl guadagna note di liquirizia ancora più spiccate. E la bevuta assume tinte più speziate e balsamiche. Da abbinare a salumi e formaggi. A questa bottiglia, gli esperti del Gambero Rosso assegnano uno scudetto su tre, definendolo “buono” (due scudetti = molto buono; tre scudetti = eccellente). Per noi di vinialsupermercato.it è – quantomeno – “decente”.
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Produzione al minimo storico e, di conseguenza, previsioni di vendita in drastico calo. Non poteva esserci stagione peggiore per il simbolo enologico dell’autunno, il vino Novello. Il sell out è iniziato da poche ore nella grande distribuzione italiana, a mezzanotte e un minuto di oggi, venerdì 30 ottobre, come da decreto ministeriale. Ma il profondo rosso è già un dato di fatto. Lo confermano le cifre diffuse da Assoenologi e Coldiretti. Anzi, l’associazione che raggruppa gli enologi del Belpaese è ottimista rispetto alla Confederazione nazionale coltivatori. Assoenologi stima che la produzione 2015 di Novello si assesti tra i 3 i 4 milioni di bottiglie. Mentre Coldiretti non va oltre i 2 milioni. “In sintesi – spiega Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi – i grappoli interi vengono stipati in serbatoi di acciaio in cui viene immessa anidride carbonica. Le uve restano nei contenitori per circa due settimane a una temperatura di 28/30 gradi centigradi”.
“Durante questo periodo – continua Martelli – si attiva un’autofermentazione enzimatica che trasforma gli zuccheri in alcol e stimola la produzione di glicerolo, elemento principe della morbidezza del vino e responsabile dell’estrazione dei componenti della buccia, limitando il rilascio di parti significative di tannino, responsabile della sensazione di astringenza. L’uva viene poi pigiata e subisce la normale fermentazione che si completerà in quattro o sei giorni. Completata la trasformazione da mosto a vino, il novello viene travasato, filtrato e messo in commercio”. “La qualità si prevede buona – sottolinea la Coldiretti – ma la produzione risulta in forte calo rispetto al passato, tanto da aver raggiunto il minimo storico, per un fatturato sceso a circa 6 milioni di euro. Basti dire che appena dieci anni fa se ne producevano ben 17 milioni di bottiglie”. Il vino da bere giovane, anche se apprezzato come prima produzione enologica dell’anno, ha perso dunque lo smalto del passato.
LE CAUSE DELLA CRISI
“All’origine del fenomeno – rileva la Coldiretti – c’è una serie di fattori, a partire dalla limitata conservabilità, che ne consiglia il consumo nell’arco dei prossimi 6 mesi, fino alla tecnica di produzione: la macerazione carbonica, che è del 20 per cento più costosa rispetto ai metodi tradizionali”. Ma gli stessi vitigni che negli anni passati rappresentavano la base del novello vengono oggi spesso utilizzati per produrre vini ugualmente giovani, ideali per gli aperitivi, ma che non presentano problemi di durata. Ancora più complessa la visione della Fisar, la Federazione italiana Sommelier Albergatori Ristoratori.
“Dobbiamo prestare molta attenzione nel leggere i numeri – evidenzia Raffaele Novello della delegazione di Bareggio, provincia di Milano -. Se analizziamo il consumo di vino in Italia basandoci sui numeri dell’OIV, scopriamo che siamo passati dai 34 milioni e 693 mila ettolitri del 1996 ai 23 milioni e 52 mila ettolitri del 2011. Ciò evidenzia che, in primis, è drasticamente cambiato il modo di bere. A fronte di una produzione 58.772.000 di ettolitri del 2006 siamo scesi nel 2011 a 42.772.000 ettolitri, con consumo pro-capite che passa dai 60,93 litri a persona per anno a 37,92. Quindi: si beve molto meno e, in percentuale, la decrescita in produzione non è proporzionale”.
Sempre secondo al sommelier Fisar, “si producono molti più vini di denominazione (prima tanti vini pugliesi, veneti, abruzzesi, siciliani, calabresi e campani erano vini da taglio), e dunque si è alzata la qualità ed il livello di conoscenza e consapevolezza del consumatore”.
IL PARERE DEL SOMMELIER Il vino Novello, che in Italia è l’alter ego del Beaujolais nouveau francese, viene prodotto e venduto con una legislazione totalmente diversa: “Da poco – precisa Raffaele Novello – è stato portato al 40% minimo di vino con uve da macerazione carbonica e con sole uve della stessa annata”. In Francia occorre invece il 100 per cento di uve che subiscano la macerazione carbonica per far sì che un vino possa essere chiamato “Beaujolais”. Di fatto, per ridurre questo “gap” qualitativo, la commercializzazione dei Novelli italiani viene anticipata di tre settimane, per l’anno 2015, rispetto al ‘cugino’ francese, che sarà nei supermercati a partire dal 19 novembre.
“Aggiungiamo che è un vino da bere giovane – evidenzia ancora il rappresentante Fisar – e che dunque non può invecchiare, quindi ha un consumo limitato nel tempo. Per poterlo vendere, nella Gdo hanno anticipato quest’anno la sua commercializzazione (‘a San Martino ogni mosto è vino’…si diceva prima’). Per di più è un vino con sapori molto ‘vinosi’, tecnicamente di difficile abbinamento”.
Il Novello è rimasto dunque “un vino dello ‘specifico’ periodo – conclude il sommelier Fisar – che piace sempre di meno, anche perché nel vino rosso si cercano altre sensazioni ed emozioni, e che a volte è legato ad un pregiudizio, in parte giustificato, di ‘vinaccio non di qualità’ e di gusto specifico, oltre a scontare il prezzo di un’americanizzazione generale del modo di vendere vino e di fare marketing. Oggi il tentativo è di omogenizzare il consumo, che deve risultare tutto uguale per piacere alla massa, specialmente nella Gdo”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3 / 5) Un vino di facile beva, fresco e duttile negli abbinamenti. E’ il Cirò rosato Doc della cantina Caparra e Siciliani, degustato per l’annata 2014.
LA DEGUSTAZIONE Nel calice si presenta limpido, trasparente, tinto di rosa chiaretto brillante. Scorrendo denso, libera all’olfatto note piuttosto intense di fragola e ciliegia, rivelando al contempo una certa alcolicità. I tredici gradi si avvertono di fatto già al naso: la vinosità è piuttosto pronunciata, come del resto la presenza di note speziate, ben bilanciate dalla frutta a polpa rossa.
Si avverte la stessa sensazione al palato. Le note fruttate ingentiliscono l’assaggio e anticipano un finale lungo, marcato, dominato dalle note vinose e speziate. Si beve fresco, a una temperatura di 12 gradi come aperitivo, ma si può abbinare a primi piatti come minestre, secondi di pesce o carne rigorosamente bianca, consumandolo a una temperatura più elevata (comunque non superiore ai 18 gradi, come consiglia lo stesso produttore).
LA VINIFICAZIONE Il Cirò rosato Doc Caparra e Siciliani è il risultato della lavorazione in purezza di uve del vitigno rosso Gaglioppo, autoctono della Calabria, lasciate a macerare sul mosto fino all’ottenimento del colore rosato. Segue la fase di affinamento, in vasche d’acciaio. Il disciplinare consente la produzione del Cirò rosato esclusivamente nei Comuni di Cirò, Cirò Marina, Melissa e Crucoli, tutti situati in provincia di Crotone. Ed è proprio in questa zona esclusiva che operano le famiglie Caparra e Siciliani, che raccolgono dal 1963 le uve tra i 213 ettari di vigneti di proprietà dei soci della cooperativa, con sede a Cirò Marina, sotto la guida dell’enologo Fabrizio Ciufoli.
Prezzo pieno: 4,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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(3,5 / 5)Di colore rosso rubino impenetrabile, con riflessi violacei brillanti, Boscarel Veneto Igt 2013 della cantina Gerardo Cerasi regala il meglio di sé al naso. I piccoli frutti a bacca rossa, tra cui spiccano lampone e mirtilli, si mescolano a sentori di viola e fanno presagire un’alcolicità sostenuta. In bocca, di fatto, Boscarel Veneto Igt è un vino rosso che scala il palato. Comincia morbido, quasi timido e vellutato, per poi divenire l’accompagnamento perfetto per le carni rosse e i formaggi stagionati, grazie alla buona struttura conferita dal mixaggio tra uve Merlot e Cabernet, vinificate a temperatura controllata. Boscarel, come suggerisce il nome stesso, è un vino rosso che racconta la complessità del bosco: i profumi e i sapori di un luogo che può diventare quasi magico. Ma è anche un vino non eccessivamente complesso. In grado dunque di essere ottimo “compagno” di pranzi e cene importanti, ma anche di un bere quotidiano, pur non convenzionale. Un vino, Boscarel Veneto Igt, che racchiude in sé la storia del territorio in cui viene prodotto, la provincia di Verona (per l’esattezza la cantina ove avviene l’imbottigliamento si trova a Cavaion Veronese) e il gusto nazionale di un bere non troppo complesso, ma di buona qualità. Unica pecca: il ‘prezzo pieno’ di vendita al pubblico al supermercato: forse eccessivo, tirate le dovute somme, anche a confronto con altre produzioni venete.
Prezzo pieno: 7,39 euro
Acquistato presso: Esselunga
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(3,5 / 5) Da un vitigno coltivato in Italia esclusivamente in Alto Adige dall’inizio del Settecento, con ottimi risultati nella sottozona della Valle Isarco, ecco Silvaner Sudtirol – Alto Adige Doc della Cantina Produttori Bolzano. Per intenderci, il fratello “minore” dell’aromatico Gewurztraminer, rispetto al quale presenta diverse analogie. La bottiglia sotto esame è dell’annata 2014. Sivaner Sudtirol Alto Adige Doc della Cantina Produttori Bolzano si presenta di colore giallo paglierino scarico, molto trasparente, con riflessi verdognoli. Scorrendo leggermente denso nel calice, regala un olfatto intenso e complesso, molto schietto. Al naso si presentano in successione sentori fruttati di pesca, pera matura, melone e mela verde, assieme a trame erbacee di fieno e mentuccia. In bocca è rotondo, secco, di fresca acidità. Si ripresentano le note fruttate e aromatiche percepite all’olfatto, assieme a una piacevole salinità, che rende l’assaggio ancor più fresco, in contrasto a una vena malinconicamente zuccherina che ricorda l’albicocca sciroppata. Silvaner Sudtirol Alto Adige Doc della Cantina Produttori Bolzano è un vino da bere giovane. Di grande versatilità, può essere bevuto come piacevole aperitivo o in accompagnamento a zuppe di pesce, verdure cotte (ottimo per esempio con gli asparagi), o funghi freschi. Attenzione alla temperatura di servizio, che non deve essere inferiore ai 10 gradi e non superiore ai 12, per godere appieno del florido bouquet. La vendemmia delle uve Sylvaner avviene tra la fine di settembre e i primi quindici-venti giorni del mese di ottobre. La vinificazione prevede una lieve pressatura delle uve accuratamente selezionate, cui fa seguito la fermentazione a temperatura controllata e la maturazione in botti di acciaio.
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(3,5 / 5)Centosettanta ettari di terreno, di cui sessanta coltivati a vigneto. È qui che nasce Bolgheri Pietracupa, presso la Tenuta Moraia di proprietà della famiglia Piccini. Siamo ai piedi delle colline del Borgo di Gavorrano, nell’area di produzione della recente denominazione di origine controllata di Monteragio di Massa Marittima, stabilita nell’ottobre 2011 mediante decreto ministeriale tra la Maremma e le colline Metallifere, in provincia di Grosseto. E alla soglia del quarto anno di vita della Doc, vinialsupermercato.it stappa una bottiglia dal carattere tipicamente e intrinsecamente “toscano”. Di colore rosso intenso, Bolgheri Pietracupa Tenuta Moraia si presenta al naso molto intenso. Sentori di frutti rossi, liquirizia e caffè in un sottofondo di vaniglia che si ripresentano anche al palato, morbido e avvolgente. Il finale è lungo, con la persistenza dei frutti rossi e una punta lievemente vinosa e sapida. A tavola, Bolgheri Pietracupa fa bella figura con la selvaggina, nonché con formaggi di medio-alta stagionatura. Da provare in particolare col petto d’anatra. Gli uvaggi utilizzati per la produzione di Bolgheri Pietracupa Tenuta Moraia sono due: Cabernet Sauvignon e Merlot, rispettivamente al 70 e al 30%. La vinificazione prevede un iniziale passaggio in botti di quercia da 25 ettolitri e un successivo periodo in barrique per 4 mesi. Seguono poi ulteriori 24 mesi di affinamento in barrique, prima dell’imbottigliamento e la commercializzazione, trascorsi altri 6 mesi.
Prezzo pieno: 8,97 euro
Acquistato presso: Esselunga
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(4 / 5) Un vino del Sud, pluripremiato e apprezzato in mezzo mondo per la sua capacità di combinare tannini decisi a una grande morbidezza. E’ il Primitivo di Manduria Dop Sangaetano di Cantine Due Palme: doppia medaglia d’oro in Cina, al China Wine and Spirits Awards 2013, Gran Menzione al Vinitaly 2015, 89 punti attribuiti da Wine Spectator nel 2014 e 88 punti riconosciuti da Monica Larner sulla guida The Wine Advocate di Robert Parker. Non servono presentazioni, insomma, per questa bottiglia la cui qualità è di gran lunga superiore al prezzo di vendita al pubblico in grande distribuzione. Sangaetano Primitivo di Manduria Dop di Cantine Due Palme si presenta nel calice di un rosso impenetrabile, con riflessi violacei. Il naso è complesso, nell’alternarsi di sensazioni olfattive eteree e speziate: si avvertono la viola, la vaniglia, ma anche legno, cuoio, liquirizia, anice stellato. Al palato esalta per la grande morbidezza, che lo rende beffardamente di facile beva per i richiami fruttati di prugna, amarena e mora. I quattordici gradi prendono forma nelle note speziate e in quelle che strizzano l’occhio al periodo di maturazione in legno, capace di conferire corpo e buona struttura alla bottiglia. Un ottimo bicchiere da abbinare ai primi della tradizione pugliese, come la pasta alle cime di rapa, ma anche a secondi saporiti di cacciagione, selvaggina e alla carne alla griglia o alla brace, nonché ai formaggi, purché ben stagionati. La vinificazione del Primitivo di Manduria Dop Sangaetano di Cantine due Palme prevede l’utilizzo di in purezza di uve di Primitivo di Manduria, la cui raccolta avviene nei primi dieci giorni di settembre. Gli acini, una volta diraspati, vengono lasciati a macerare per 14 giorni a una temperatura non superiore ai 20 gradi, completando così la fermentazione alcolica. Sarà poi sversato all’interno di barriques (Allier e Troncais), che ne favoriranno la fermentazione malolattica. Altri 6 mesi di affinamento a contatto col legno e un ulteriore riposo in bottiglia, prima della commercializzazione. Un processo che Cantine Due Palme, Soc. Coop Agricola con sede a Cellino San Marco, in provincia di Brindisi, adotta anche per altri vini prodotti in Puglia, come l’ottimo nonché raro Susumaniello, il vero prodotto di punta della cantina brindisina in commercio al supermercato.
Prezzo pieno: 6,99 euro
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(3,5 / 5)Un vino fresco, sapido, che sembra quasi dedicato al mare e all’estate. E’ la Passerina Villa Angela Velenosi Igt di Ascoli Piceno, con i suoi richiami di frutta e la sua acidità spiccata. Di colore giallo luminoso, colpisce al naso per l’eleganza dei sentori di pera e mela, a braccetto con le fragranze di timo, biancospino, cedro e sambuco. Una leggera vena vinosa, alcolica, completa il quadro olfattivo, rendendolo ancora più complesso e deciso. Al palato, Passerina Villa Angela Velenosi è innanzitutto sapida, fresca. Le note citriche la fanno da padrona, ingentilite (di nuovo) dalla mela e dalla pera. Nel complesso, un vino adatto come aperitivo o all’abbinamento minestre di verdura, zuppe di pesce o formaggi di medio-lunga stagionatura. La Passerina deve il suo nome al buon grado zuccherino presente negli acini, aspetto che la rende particolarmente gradita dai passeri; inoltre, la forma “alata” dell’acino di questo vitigno sembra ricordare le sembianze di un passero. Autoctono delle Marche, viene lavorato dall’azienda Velenosi nei propri vigneti di Ascoli Piceno, sin dal 2007, ad un’altezza di 200-300 metri sul livello del mare. Gli acini vengono raccolti a mano dalla metà di settembre, la mattina presto o all’imbrunire, in piccole cassette che vengono immediatamente riposte all’interno di celle frigorifere. In cantina si procede quindi alla selezione dei migliori grappoli, che subiscono una soffice pressatura, a temperatura controllata. La fermentazione avviene in vasche di acciaio, tra i 13 e i 15 gradi. E’ a 10 gradi che la Passerina Villa Angela Velenosi matura (all’interno di altre vasche di acciaio) il proprio bagaglio aromatico fino al mese di febbraio, quando viene imbottigliata e commercializzata. Si differenzia rispetto altre Passerine per la propria spiccata acidità e freschezza.
Prezzo pieno: 6,50 euro
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(2 / 5) Particolare, certamente. Entusiasmante, un po’ meno. In sintesi ecco presentato il Malvasia fermo 2013 dell’azienda agricola La Ciocca di Carpaneto piacentino (PC). Una bottiglia ‘comparsa’ di recente tra gli scaffali della grande distribuzione organizzata, che merita certamente un assaggio. Soprattutto perché un uvaggio simile è difficile da reperire nei supermercati nella versione “ferma”. Di colore giallo carico, questa Malvasia di Candia si presenta al naso nella migliore delle attese: grassa, aromatica, generosa. I sentori sono quelli di albicocca e mandorla. Al palato, le sensazioni olfattive lasciano spazio a un’inaspettata ‘piattezza’. Così, tutte le scalpitanti attese offerte dal ricchissimo quadro olfattivo cadono in frantumi. L’assaggio di Malvasia fermo 2013 La Ciocca si si fa apprezzare limitatamente alla buona acidità e al finale di nocciola, piuttosto persistente. L’abbinamento più scontato è quello con risotti alle verdure, nonché alle vellutate (ottimo con quella di patate o asparagi). Buono anche per accompagnare il dolce o la frutta.
L’azienda agricola La Ciocca, che produce questo particolare Malvasia fermo, opera nel pieno della Doc dei Colli Piacentini, a Ciriano di Carpaneto piacentino (PC) per l’appunto. Produce vini direttamente dalle proprie vigne, “con basse rese per garantirne la qualità”.
Prezzo pieno: 6,99 euro
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(4 / 5) Non sarà la Bibbia, ma ci sarà un motivo se l’applicazione Vivino Scanner per il vino colloca il Cirò Doc rosso classico superiore riserva di Caparra e Siciliani tra i migliori 20 vini italiani nel rapporto qualità prezzo. Un giudizio scaturito grazie ai voti ottenuti dalle migliaia di utenti e appassionati del settore, col quale vinialsupermercato.it si trova esattamente in linea. Per poco meno di 7 euro, portarsi a casa dal supermercato una bottiglia così è davvero eccezionale. In particolare, l’assaggio si concentra sull’annata 2012. Di colore rosso rubino intenso, il Cirò Doc rosso classico superiore riserva di Caparra e Siciliani presenta al naso note molto eleganti di legno, terra bagnata e frutta. Si avvertono ciliegia matura, mora e piccoli frutti di bosco. L’assaggio è esaltante per equilibrio. La compattezza e finezza dei tannini, unite all’ottima persistenza ricordano, anche se il paragone può risultare ardito e assolutamente fuori tema, certi giovani Barolo. Velluto e carattere allo stesso puro, abbinati alla perfezione. L’uvaggio utilizzato è il Gaglioppo in purezza, che nulla a che fare col Nebbiolo. Originario probabilmente della Grecia, è il vitigno più diffuso attualmente in Calabria, col quale – in base al disciplinare – è consentita la produzione del Cirò rosso calabrese. La vinificazione avviene con metodo tradizionale, cui fa seguito un periodo di affinamento in botti di rovere e un invecchiamento di almeno due anni. La produzione del Cirò rosso riserva è consentita esclusivamente nei Comuni di Cirò Marina, dove opera appunto Caparra e Siciliani, nonché a Cirò, Melissa e Crucoli, tutti situati nella provincia di Crotone. Il Cirò Doc rosso classico superiore riserva si abbina alla perfezione con le carni, da quelle poco cotte all’arrosto, sino alla selvaggina. Si consiglia di stappare la bottiglia almeno un’ora prima di consumarla. In distribuzione esiste anche una versione bianca del Cirò Caparra e Siciliani.
Prezzo pieno: 6,29 euro
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Profumato, intenso, accattivante. InSogno Bolgheri Doc Rosso 2013 di Podere Guado al Melo è una di quelle bottiglie che non t’aspetti di trovare tra le corsie di un supermercato. Ma che, grazie all’ottimo rapporto qualità prezzo, è bello scoprire e assaporare. Sorprendendosi, su come la qualità dei vini stia crescendo anche tra le corsie dei cosiddetti “discount”. Bolgheri è una denominazione di origine controllata della provincia di Livorno, in Toscana, il cui disciplinare consente il mixaggio tra differenti tipi di uve. InSogno nasce in particolare dal blend tra Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot. Di colore rosso granato, luminoso, si presenta al naso con note accese di frutti di bosco e prugna, molto vinoso.
Al palato è caldo e deciso, corposo, pieno, tannini ben equilibrati. Le note fruttate lasciano volentieri spazio alla liquirizia, al cuoio e al legno. Il meglio deve ancora venire in un finale lungo, gustosamente speziato. L’abbinamento perfetto è quello con le carni rosse, anche al sangue, nonché alla selvaggina, all’agnello e alle grigliate. InSogno Bolgheri Doc Rosso nasce nel pieno della Maremma livornese, più esattamente a Castagneto Carducci. Podere Guado al Melo è una bella realtà guidata da Attilio Scienza, docente di viticoltura all’Università Statale di Milano, assieme al figlio Michele, enologo e biologo. La cantina è completamente immersa nel verde della zona, tra ulivi e arbusti tipici della macchia mediterranea, letteralmente incastonata all’interno di una bassa collina.
Una cantina, dunque, completamente interrata. Che permette di mantenere “in modo naturale e per tutto l’anno un ambiente interno adatto alla conservazione del vino”. Inoltre, vasche interrate permettono di recuperare e riciclare l’acqua piovana dei drenaggi. “Il nome Guado al Melo – si evince dal sito Internet aziendale – è antico: chissà in che epoca, un albero di melo permetteva di identificare il luogo di attraversamento sicuro del torrente Fossa di Bolgheri, che segna il confine Nord del podere. Guado al Melo è in un luogo appartato e silenzioso, circondato dalle colline che disegnano un orizzonte ondulato, immerso nella natura incontaminata dei boschi della macchia mediterranea. Sulle alture spicca il profilo dell’antica Rocca di Castiglioncello di Bolgheri, che con la sue mura di pietra sembra tenerci sospesi in uno spazio fuori dal tempo”. Come vivere inSogno.
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(4,5 / 5) E’ dalla felice (nonché inconsueta) combinazione di uve Nebbiolo, Sangiovese e Caricagiola che nasce Campos Rosato Colli del Limbara Igt di Cantina Gallura.
Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, in particolare, l’annata 2014. Vino curioso, atipico tra i rosati, riesce a esprimere assieme carattere e delicatezza floreale, nel solco della grande tradizione dei vini di Sardegna. Di fatto, Campos Rosato Colli del Limbara si presenta nel calice di un rosa acceso.
Al naso note di frutta e fiori d’arancio. In bocca fragole, lamponi, more, poi addirittura prugne. L’impronta sapida, minerale e vinosa – quest’ultima già avvertibile all’olfatto – conferisce al finale sentori amarognoli, che ricordano vagamente il rabarbaro.
Campos è in definitiva una bottiglia più che interessante, certamente unica nel panorama dei vini acquistabili al supermercato. E Cantina Gallura si conferma con essa brand di alto livello nel panorama della grande distribuzione: mai banale, spesso addirittura ricercata.
E l’utilizzo di un uvaggio come il Caricagiola, autoctono secondo molti, mentre per altri sarebbe originario della vicina Corsica, non può che aggiungere fascino a Campos, ottenuto mediante vendemmia tradizionale con raccolta manuale delle uve. La vinificazione avviene per alzata di cappello, come per altri ottimi vini rosati già analizzati da vinialsupermercato.it.
Seguono dai quattro ai sei mesi di affinamento in bottiglia, prima della commercializzazione. Campos Rosato Colli del Limbara Igt di Cantina Gallura è un vino da consumare ‘giovane’, in perfetto abbinamento con i piatti della tradizione sarda, ma anche in generale con antipasti, primi piatti (minestre) e secondi di carne bianca o crostacei, a un’attenta temperatura di servizio di 12 gradi.
Prezzo pieno: 6,59 euro
Acquistato presso: Il Gigante
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(5 / 5)Tra le etichette di vino più prestigiose della grande distribuzione va certamente annoverato lo Sfursat di Nino Negri. E non può che essere così, per un’azienda fondata oltre un secolo fa, nel 1987, che ha saputo restare al passo coi tempi con innovazioni tecnologiche che la rendono uno degli esempi più fulgidi del “fare impresa” in Italia nel settore vitivinicolo. Lo Sfursat, ovvero lo Sforzato, di Nino Negri può di fatto essere considerato il punto di incontro tra la tradizione Valtellinese e la modernità di un vino capace oggi di essere apprezzato in tutto il mondo. Di colore rosso granato, si presenta etereo al naso con note speziate di pepe, cannella e chiodi di garofano. Si distinguono richiami alla prugna, ai frutti di bosco, nonché alla liquirizia dolce e al cuoio. Al palato è un vino caldo, che regala sensazioni armoniche di confettura, rese più austere dalla nocciola. Il finale è tutto di liquirizia. L’abbinamento perfetto di un vino così complesso è quello con la selvaggina, nonché con l’arrosto o con primi piatti saporiti, conditi con sugo di selvaggina. Una bottiglia da stappare in una grande occasione, anche perché i suoi 15 gradi ne consigliano l’accompagnamento a un pranzo completo e ben strutturato. Così come strutturata è la stessa ‘preparazione’ dello Sfursat Nino Negri. La raccolta dei grappoli 100% Nebbiolo Chiavennasca, accuratamente selezionati, avviene a mano. Vengono successivamente posti in cassette da 4,5 chili e lasciati ad appassire naturalmente per tre mesi. In questo modo i succhi dell’acino si concentrano per disidratazione. L’uva appassita viene quindi pigiata e vinificata in rosso con una macerazione di 15 giorni. Dopo un breve passaggio in botti di acciaio inox, il composto viene sversato in parte in botti di rovere di Slavonia da 80 ettolitri e in parte in botti di rovere francese da 32 e 53 ettolitri. Il vino viene poi messo in commercio dopo un ulteriore affinamento in bottiglia. Lo Sfursat Nino Negri è dunque un ottimo ‘strumento’ per fare la conoscenza di questa straordinaria Denominazione di Origine controllata e garantita della Valtellina, in Lombardia. Ne è consentita la produzione nella sola provincia di Sondrio, tra le Alpi Retiche e le Alpi Orobie. Prezzo pieno: 19 euro Acquistato presso: Esselunga
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(4,5 / 5) Un vino unico, non solo nel panorama della grande distribuzione organizzata italiana, ma in tutto il variegato ‘mondo del vino’ del Belpaese. Stiamo parlando del Torbato Terre Bianche Alghero Doc, della casa vitivinicola sassarese Sella e Mosca.
Una bottiglia che regala emozioni contrastanti, in un crescendo di sensazioni che creano un quadro sensoriale praticamente perfetto. Al naso, il Torbato Terre Bianche Alghero Doc fa capolino col pepe verde, la noce moscata, la menta. Un melting pot ordinato di percezioni balsamiche si appropria delle vie aeree, in un finale di limone, biancospino e salvia. E’ già l’estasi. Eppure è solo l’inizio.
Perché l’assaggio conserva l’antipasto olfattivo ed è capace anzi di esaltarsi ancora, con note di spezie pungenti, cui seguono nuovamente e prepotentemente il limone e la noce moscata, in un concerto minerale che sfiora il salino. Il finale è da applausi, talmente inatteso e imprevedibile: ecco di fatto il miele, per una chiusura quasi dolciastra, ammiccante. Ruffiana. E’ la ciliegina sulla torta. La pennellata decisiva, che chiude il lustro di un’opera d’arte.
Una bottiglia, questo Torbato Terre Bianche Alghero Doc, capace di rendere lustro a un vitigno antico, condotto in Spagna dai Fenici e introdotto in Sardegna già all’epoca della dominazione catalano aragonese. Oggi viene coltivato da Sella e Mosca nelle proprie tenute del noto Comune alle porte di Sassari, dove la terra è bianca per via dell’origine calcarea (da qui il nome “Terre Bianche”) derivante dagli ancestrali sedimenti marini presenti in loco.
Perfetto l’abbinamento con i piatti di crostacei e della tradizione marina sarda e italiana in generale. Apprezzabile anche con le carni bianche. Nel 2010, il Torbato Terre Bianche Sella e Mosca si è aggiudicato la medaglia d’argento al Concorso Mondial di Bruxelles, ma nel panorama dei vini in vendita nei supermercati italiani vale certamente un posto privilegiato, tra le medaglie d’oro per l’annata 2014.
Prezzo pieno: 7,59 euro
Acquistato presso: Esselunga
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(3,5 / 5) Ed ecco un classico veronese, il Valdimezzo Valpolicella Superiore Doc Ripasso della nota casa vitivinicola Sartori di via Casette 4, Negrar (VR). Un vino dotato soprattutto di straordinaria morbidezza, unita a un grande corpo, conferito dalla particolare lavorazione delle uve. Nel calice si presenta di un rosso granato accesso, con riflessi violacei. Al naso emergono sentori di frutti di bosco e ciliegia matura, oltre a rilievi di legno e liquirizia dolce. Al palato, il Valdimezzo Valpolicella Superiore Doc Ripasso si fa apprezzare per la spiccata morbidezza, riconducibile alla vaniglia, che mitiga le note speziate e legnose e rende armoniose e vellutate le note di piccoli frutti a bacca rossa e ciliegia. Un vino complesso, dunque, che si abbina alla perfezione con le carni alla griglia, la selvaggina, i primi piatti ben saporiti e, in generale, le pietanze molto ‘unte’. Ma la vera particolarità di questa bottiglia è la sua storia. Come da tradizione, il disciplinare prevede per il Valpolicella Superiore Doc Ripasso l’utilizzo di svariati uvaggi: Corvina al 55%, Corvinone al 25%, Rondinella al 15% e Croatina al 5 per cento. Si tratta delle stesse uve con le quali si produce il vino più nobile del Veneto, l’Amarone, che può di fatto essere considerato il ‘fratello maggiore’ del Ripasso. La denominazione di questo vino veronese è dovuta alla pratica del ‘ripasso’ delle uve sopraccitate nei tini dove precedentemente era stato lasciato a macerare l’Amarone pressato. Il tutto, dopo una delicata pigiatura delle uve selezionate da Sartori tra i propri vigneti, sulle colline che circondano Verona. Il Valpolicella Ripasso Superiore Doc Valdimezzo Sartori affina in botti di legno per almeno 12 mesi, a partire dal primo gennaio dell’anno successivo a quello della vendemmia (in questo caso 2013). Va detto, per i più raffinati consumatori di vino acquistabile nei supermercati, che questo prodotto Sartori presenta sostanziali differenze con altri Valpolicella Ripasso Superiore presenti nei circuiti della Grande distribuzione organizzata.
Prezzo pieno: 8,99 euro Acquistato presso: Il Gigante
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
(3 / 5) Vino amatissimo in Trentino, il Teroldego fu la “bevanda” privilegiata dei banchetti regali dell’imperatore Francesco Giuseppe d’Austria, nell’Ottocento. Ed è proprio da queste terre che deriverebbe il nome Teroldego. Ovvero dall’incrocio delle parole “Tiroler” (Tirolo, l’area geografica a cavallo delle Alpi, tra Italia e Austria-Germania) e “gold” (oro): da qui “Tiroler Gold”, coniugato in italiano in Teroldego. L’oro del Tirolo, denominazione di origine controllata dal 1971. Un “oro liquido” che da tempo, ormai, ha varcato i confini territoriali d’origine, giungendo sulla tavola di tutti gli italiani (e non solo) grazie anche alla grande distribuzione organizzata. Oggi, sotto la lente d’ingrandimento di vinialsupermercato.it, finisce appunto il Teroldego Rotaliano Doc di Cavit, nota azienda vitivinicola di casa a Trento, capoluogo del Trentino. La premessa è che non si tratta certo di uno dei prodotti di punta della cantina in questione, che lo inserisce nella linea “Mastri Vernacoli”: la meno prestigiosa del brend. Siamo comunque di fronte a un ottimo vino da tavola, non convenzionale, che tra l’altro necessita del corretto abbinamento per essere ‘compreso’ appieno. Un vino a buon mercato, ma comunque decisamente di valore; tutt’altro che banale. Nel calice, il Teroldego Rotaliano Doc Mastri Vernacoli Cavit si presenta di un colore rosso intenso, quasi impenetrabile, se non fosse per i riflessi viola accesso che gli fanno da cornice. Il naso è molto intenso, ma allo stesso tempo elegante: si avverte subito un sostenuto richiamo ai frutti di bosco. Fragoline, lamponi, more, mirtilli sotto spirito. Non manca la viola mammola: fresca ed eterea. Al palato, il Teroldego Rotaliano Doc Mastri Vernacoli Cavit si rivela subito quale vino di corpo, al limite del tannico. E’ asciutto, ma allo stesso tempo le note fruttate, con spiccati richiami – oltre ai frutti di bosco – anche alla prugna, conferiscono un certo equilibrio all’assaggio, smorzandone le vene tendenti all’amarognolo che si fanno largo sin dal principio. L’abbinamento perfetto di questo vino potente e forzuto è quello con le carni alla brace, ma anche ai primi piatti della tradizione trentina, come le zuppe, la polenta e il bollito. Vino tutt’altro che ‘facile’, il Teroldego Rotaliano Doc Mastri Vernacoli Cavit è il prodotto dei vigneti che crescono nella zona della Piana Rotaliana, compresa tra i Comuni di San Michele all’Adige (frazione di Grumo), Mezzolombardo e Mezzocorona.Prezzo pieno: 5,70 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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(3,5 / 5) È uno Chardonnay non convenzionale, che delle tipicità del vitigno perde le note “esotiche” – molto in voga soprattutto a livello internazionale – ma guadagna in sapidità e mineralità, strizzando così l’occhio al resto della produzione friulana. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it finisce oggi lo Chardonnay Friuli Grave Doc Conte Brandolini d’Adda Vistorta. Una vera e propria scommessa, dato che sugli scaffali del supermercato era presente per sovrastock la sola annata 2012, in promo smaltimento. Un dato, quello dell’ annata, che certamente condiziona il giudizio finale su questa bottiglia, che andrebbe consumata più ‘giovane’. Giudizio che, per chiarirci, risulta comunque più che positivo. È il naso a colpire subito chi si presta alla degustazione. Ti aspetti note fruttate. E invece la fa da padrona il miele d’acacia. Ti aspetti un finale di pesca, melone e albicocche. E invece trovi un mazzo d’erbe aromatiche, intrinse di fiori di biancospino. L’invecchiamento in bottiglia, protratto oltre al ‘normale’, smorza anche all’assaggio i sentori fruttati ed esalta mineralità e sapidità. La pesca e la mela si avvertono flebilmente, subissate dalla nocciola e dal finale lungo, minerale, erbaceo, piacevolmente amarognolo. Difficile trovare un abbinamento gastronomico scontato o facile per questo Chardonnay ‘invecchiato’. E così, ecco l’idea: approfittare della scarsa vena fruttata, per accompagnare la bottiglia a una succulenta burrata fresca. Che dire? Scoprire che nord e sud Italia si incontrino alla perfezione, mescolandosi in un buon bicchiere di vino, è uno dei grandi piaceri della vita.
Lo Chardonnay Conte Brandolini d’Adda Vistorta è insomma un vino di base friulana, ma con una marcia di eleganza in più rispetto ai ‘soliti’ chardonnay. Del resto le uve crescono in un territorio unico, alla base della fascia prealpina, tra le province di Udine e Pordenone che si affacciano sul fiume Tagliamento. Un terreno unico, che abbina le caratteristiche tipiche delle pianure alluvionali con la presenza massiccia di sassi. L’escursione termica è adatta alla coltura di vigneti che regalano aromaticità ai vini di denominazione controllata Friuli Grave.
Prezzo pieno: 7,80 euro
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(4 / 5)Un vino potente, caldo, asciutto. È il Rosso di Montalcino Doc 2013 della cantina Val di Suga Srl Grezzana, azienda vitivinicola del colosso Bertani Domains Srl (Tenimenti Angelini) che opera appunto anche nel Comune della provincia di Siena dove è consentita da disciplinare la produzione di questo noto vino italiano. Nel calice, il Rosso di Montalcino Val di Suga si presenta di un rosso rubino intenso, con riflessi violacei. Il naso è un incendio: una vera e propria invasione dei tipici sentori del Montalcino. Si avvertono la particolare vena legnosa, nonché i richiami ai piccoli frutti di bosco e alla ciliegia. Timida anche qualche nota di mandorla, che avvolge il naso e smorza piacevolmente gli altri sentori, addolcendo l’esperienza olfattiva. Al palato, il Rosso di Montalcino Val di Suga conferma l’antipasto offerto al naso, proponendosi come uno dei rossi tipici senesi più potenti e di qualità in commercio nella grande distribuzione italiana (leggi qui la recensione di un altro Montalcino). Alla buona tannicità, che fa presagire la possibilità di conservare ancora qualche mese l’annata 2013 senza stapparla, si accostano le note di ciliegia e frutti di bosco e more sotto spirito. Grande corpo, grande equilibrio, grande carattere. Perfetto l’abbinamento con i piatti della tradizione toscana, ma anche a primi piatti con ragù e secondi di carne, bianca e rossa (meglio però il maiale o il vitello).
Il Rosso di Montalcino Val di Suga è uno dei prodotti di punta nella Gdo del gruppo Angelini-Bertani, che in quattro diverse regioni d’Italiana detiene 350 ettari di vigneti per un totale di 500 ettari di terreni. Il giro d’affari nel 2013 ammonta a circa 20 milioni di euro di fatturato tra Belpaese ed estero, con 3 milioni di bottiglie smerciate. Tra gli obiettivi del gruppo Bertani, quello di produrre in Toscana vini con l’utilizzo in purezza del Sangiovese, senza l’utilizzo sempre più frequente di altri uvaggi, su tutti Cabernet e Merlot.
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(2,5 / 5)Pintoresco Tempranillo de España di ‘bodegas’ Luis Gurpegui Muga è un discreto vino da tavola che, a buon mercato, offre al consumatore italiano un’idea di massima di quello che è il gusto del vitigno più diffuso in Spagna, il Tempranillo appunto. Non stiamo parlando quindi della migliore espressione di questo uvaggio, che offre il meglio di sé in Rioja piuttosto che in Extremadura, regione della Spagna al confine col Portogallo. Pintoresco di cantine Luis Gurpegui Muga viene poi imbottigliato a San Adrian, in Navarra, dove ha sede l’azienda vinicola del gruppo Berceo. Ma veniamo alle caratteristiche di questo vino reperibile nei nostri supermercati. Nel calice si presenta di un colore rosso granato, con riflessi violacei. Al naso Pintoresco risulta pieno, accattivante, anche se un po’ troppo vinoso. Si avvertono note di legno, cuoio e liquirizia, addolcita da note fruttate. L’assaggio è caldo, con un’iniziale morbidezza che diviene poi lievemente allappante. In bocca compaiono ammiccanti sentori di piccoli frutti di bosco, irrobustiti nel finale da ciliegie che paiono sotto spirito, lasciando spazio a spezie (pepe nero) e di nuovo richiami al cuoio e alla liquirizia. Un vino piuttosto complesso dunque, che pecca tuttavia in equilibrio. Un aspetto perdonabile se pensiamo alla personalità degli abitanti della penisola Iberica, che Pintoresco sembra voler emulare in forma ‘liquida’. Non a caso, la bodega Luis Gurpegui Muga definisce Pintoresco come un vino “attraente e molto spagnolo”.
Di certo è curiosa anche l’origine dell’uva Tempranillo, da cui si ottiene in purezza Pintoresco. Solamente negli ultimi anni, uno studio dell’Istituto della Vite e del Vino della Rioja e dell’Instituto Madrileno di Ricerca e Sviluppo rurale, agrario e alimentare (Imidra) ha stabilito che il Tempranillo discende dalle uve Albillo Mayor e Benedicto, coltivate già dall’anno Mille nella zona della Valle dell’Ebro, il maggiore fiume di Spagna, nonché il secondo dell’intera penisola Iberica. Per le sue caratteristiche, il Tempranillo si abbina alla perfezione con piatti di carne al sangue, ma anche a primi saporiti.
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È una di quelle bottiglie che conservi per le grandi occasioni. O, per lo meno, una di quelle che decidi di stappare solo dopo esserti assicurato – più e più volte – che il pranzo o la cena in questione, beh…ne siano “degni”. Parliamo di Is Argiolas, uno dei più pregiati Vermentino di Sardegna acquistabili al supermercato. E questa volta, la ‘fatica’ è toccata a un amico che capitava per vacanza dalle parti di Cagliari. Bottiglia commissionata ad hoc e consumata in occasione di una cena di pesce fresco, dall’aeroporto al secondo. Tutto perfetto, insomma. Così come perfetto è Is Argiolas, Vermentino di Sardegna che la casa vitivinicola di Serdiana (CA) cresce con cura nelle proprie tenute di Selegas, piccolo borgo di appena 1.500 anime situato nell’area del Trexenta. I terreni di conformazione calcarea e argillosi sono ben esposta alla luce del sole, anche durante l’inverno, che risulta mite e con precipitazioni sporadiche, a fronte di un’estate al limite del torrido, ma ventilata. È il terroir perfetto per un vitigno semi aromatico. Ma il segreto di Is Argiolas Vermentino di Sardegna sta nella selezione delle uve, durante la fase di raccolta che avviene alle prime luci del giorno. Le migliori vengono pressate delicatamente e raffreddate a 10-12 gradi, con successiva decantazione naturale. Questo Vermentino in purezza viene poi lasciato a contatto con lieviti rigorosamente autoctoni, per consentire una fermentazione che avviene a una temperatura controllata di 16 gradi dai 25 ai 30 giorni. Segue poi un’altra delicata fase di ‘riposo’ sulle ‘lies’, le frecce fini degli lieviti che hanno terminato la loro fase di fermentazione e che, in questa fase, contribuiscono a irrobustire l’olfatto del prodotto finale, conferendo aromaticità. Ed è proprio l’olfatto, robusto, complesso, ampio e armoNico una delle note che rendono Is Argiolas Vermentino di Sardegna un vino davvero unico nel panorama enologico dello stesso Vermentino. Si avverte il profumo intenso di fiori, di erba appena colta, di frutta (pesca) e di mare. Al palato Is Argiolas è fresco e allo stesso tempo caldo; delicato, eppure robusto; fine, eppure spesso dei suoi 14,5 gradi, che contribuiscono a rendere la bevuta una vera e propria esperienza sensoriale, a tutto tondo. Un vino che merita un posto di riguardo tra i grandissimi bianchi della grande distribuzione organizzata italiana, che non a caso è inserito da Argiolas nella propria linea denominata “Prestigio”, a differenza di un altro (seppur ottimo) Vermentino di Sardegna, il Costamolino Argiolas di cui già vinialsupermercato.it ha trattato negli scorsi mesi e inserito nella linea base, denominata “Tradizione”.
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(3,5 / 5) E’ la curiosità di degustare un altro prodotto bresciano, dopo l’ottima esperienza con il Lugana Valtenesi, che mi ha spinto all’acquisto di un altro vino della stessa cantina: il Chiaretto Valtenesi (Civielle – Cantine della Valtenesi e del Lugana, Moniga del Garda). Si tratta dunque questa volta di un rosato, che come il Lugana sa catturare l’attenzione sugli scaffali del supermercato per il suo colore: un rosso tenue eppure luminoso, che ricorda quello di un petalo di rosa. L’annata che prendiamo in considerazione è la 2014. Il Chiaretto Doc Valtenesi è ottenuto dal blend di Groppello, Marzemino, Sangiovese e Barbera, uvaggi che nella zona del Lago di Garda hanno trovato terreno fertile dove sviluppare caratteristiche uniche rispetto al resto del panorama enologico nazionale, grazie alla conformazione morenica delle colline su cui crescono i vigneti e a un miocroclima ideale. Risulta così al naso un bouquet primaverile ed equilibrato, con punte vinose (tutt’altro che fastidiose o insistenti) certamente conferite dall’utlizzo del Barbera. Interessanti le note di fragola, chiaramente percepibili sia al naso sia, successivamente, al palato. Evidenti anche le note profumate di piccoli frutti a bacca rossa. Al palato, il Chiaretto Valtenesi è ancora più complesso e riserva la sorpresa di un finale carico, lungo, reso ancora più caratteristico dai sentori di lime e bucce d’uva, oltre che dall’apporto immancabile e distinto del Sangiovese.
Perfetto l’abbinamento con piatti di pesce di lago e di mare, verdure, antipasti e carni bianche: piatti leggeri, insomma, estivi. Non a caso, dunque, il Chiaretto fu uno dei primi vini a ottenere in Italia la Denominazione di Origine Controllata, già nel luglio 1967. Un vino che affonda le sue radici nel territorio lacustre della provincia di Brescia, la cui tecnica di vinificazione fu messa nero su bianco già nell’Ottocento dal senatore veneziano Pompeo Molmenti, residente a Moniga del Garda. E’ la cosiddetta tecnica della ‘levata di cappello’, che consiste nel separare – a poche ore dalla soffice pigiatura delle uve – il mosto dalle bucce. Si tratta di un’operazione molto complessa e che richiede grande esperienza da parte dei vinificatori locali, in quanto la scelta del momento esatto per dividere mosto e bucce determina la corretta colorazione del vino e la tenuta stessa del colore del miglior Chiaretto, una volta imbottigliato. Tecnica che conoscono bene gli 80 soci della Valtenesi, che tengono alta anche nella grande distribuzione italiana, la bandiera dei vini di qualità.
Prezzo pieno: 6,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 16 anni, tra carta stampata e online, dirigo oggi winemag.it, testata unica in Italia per taglio editoriale e reputazione, anche all’estero. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Segno Vergine allergico alle ingiustizie e innamorato del blind tasting, vivo il mestiere di giornalista come una missione per conto (esclusivo) del lettore, assumendomi in prima persona, convintamente, i rischi intrinsechi della professione negli anni Duemila. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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