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Federvini, costi di produzione e crisi internazionale una «tempesta perfetta»

Federvini, costi di produzione e crisi internazionale una «tempesta perfetta»

La ripresa del 2021, registrata dall’Osservatorio Federvini, è ora vanificata da nuove minacce. Il 2022 si prospetta grigio, anzi nero, stando alle segnalazioni di centinaia di operatori nel mondo dei vini, degli aperitivi, dei distillati dei liquori e degli aceti.

«Il 2022 ha tutte le premesse per diventare l’anno della tempesta perfetta – dichiara la Presidente di Federvini Micaela Pallini -. Da molti mesi lamentiamo una situazione intollerabile rispetto ai costi dei trasporti, che ha danneggiato pesantemente il nostro export. A questo si sono aggiunti il progressivo aumento dei costi delle materie prime e dell’energia e la crisi internazionale che ha fatto esplodere la penuria di componenti essenziali per i nostri settori».

«È inutile accettare ordinativi quando non abbiamo le bottiglie per riempirle con i nostri prodotti, né disponiamo del cartone per imballarli – continua la Presidente Pallini -. Il tema è principalmente il costo, in continuo aumento, ma oggi parliamo anche di disponibilità. Molte cartiere si stanno fermando o stanno rallentando la produzione. Per il vetro poi la situazione è drammatica».

«A tal proposito, abbiamo scoperto – prosegue Pallini – che Paesi come l’Ucraina sono preziose fonti di approvvigionamenti per alcune componenti della nostra filiera. Alcuni settori, penso alle distillerie, sono molto energivori, e quindi il continuo aumento del prezzo dell’energia ha effetti drammatici».

«Nelle prossime settimane il mondo del vino dovrà accendere le frigorie per la conservazione dei vini, con costi di approvvigionamento elettrico che rischiano di minare la sostenibilità economica di moltissime produzioni. Un vero peccato, perché il 2021 si era chiuso in termini positivi», conclude la Presidente.

I DATI DELL’OSSERVATORIO

Secondo i dati dell’Osservatorio Federvini, in collaborazione con Nomisma e TradeLab, il 2021 è stato un anno di forte ripresa per il settore vini e spiriti. Il comparto aceti, meno colpito dall’impatto della pandemia, ha avuto un andamento contrastato.

Con un valore di circa 2,8 miliardi di euro nel 2021, le vendite di vini nella Gdo hanno segnato una crescita del 3,7% sull’anno precedente, trainata principalmente dagli spumanti, in crescita del 18,4%, e marginalmente dai vermouth, + 1,4%. Sostanzialmente stabili i ricavi generati da vini fermi e frizzanti.

Le vendite di spiriti sono cresciute del 6,5% nel 2021 vs il 2020, arrivando a 1,2 miliardi euro. I best performer sono gli Aperitivi alcolici (+17,3%), seguiti da Amari (+7,1%), Liquori dolci (+3,3%) e Distillati e Acquaviti (+3%). Segno meno invece per il comparto degli Aceti che ha registrato vendite per 133 milioni di euro, con l’eccezione positiva del balsamico, le cui vendite sono cresciute del 3,5% in valore.

L’EXPORT

Se il mercato interno ha confermato la sua crescita, il 2021 ha visto un nuovo record per le bevande alcoliche nazionali fuori dai nostri confini. Le esportazioni di vino italiano hanno superato i 7 miliardi di euro, in crescita del 13% sul 2020. Anche in questo caso la maggiore crescita è stata segnata dalle bollicine, grazie alle eccellenti performance del Prosecco che ha messo a segno un +31,5% rispetto al 2020.

Seguono i rossi fermi Dop della Toscana (+15%), i rossi Dop del Piemonte (+17,4%), i bianchi Dop del Veneto (+12,9%) e i rossi Dop del Veneto (+8,9%). Ancora più rilevante la crescita dell’export di spiriti che ha superato gli 1,3 miliardi di euro nel 2021, +23% rispetto al precedente anno. L’Italia che si conferma il secondo paese esportatore di liquori dopo la Germania ma ben prima di Irlanda, Francia e Regno Unito.

PANDEMIA E CRESCITA NEL 2021

Le vendite di cibi e bevande nel mercato italiano fuori casa nel 2021 sono state ancora fortemente penalizzate dalla pandemia. All’interno del canale, le consumazioni di vini e spiriti hanno registrato trend migliori rispetto al mercato e all’intero comparto delle bevande, chiudendo il 2021 a circa il -6% rispetto al 2019, grazie anche a un aumento dei valori medi.

In Italia nel 2021 le consumazioni di vino, bollicine, spiriti e amari/liquori dolci sono state quasi 1,2 miliardi. Vino e bollicine hanno generato oltre 650 milioni di consumazioni. Sono loro le prime categorie ad essere ripartire dopo la fine del lockdown.

Seguono i cocktail alcolici con quasi 300 milioni di consumazioni, metà delle quali concentrate nel trimestre estivo. Le consumazioni di Amari e Liquori dolci sono state poco meno di 200 milioni, largamente concentrate nel Sud Italia (circa 60%). La categoria che ha registrato meno consumazioni, sfavorita anche dalla chiusura delle discoteche, è quella dei liquori e distillati che ha registrato appena 61 milioni di consumazioni.

PROSPETTIVE PREOCCUPANTI PER il 2022

Negli ultimi mesi del 2021 sono arrivati i primi segnali di tensione sul fronte dei prezzi e delle materie prime, fino ad arrivare agli allarmi di queste settimane. Il prezzo del cartone è quasi raddoppiato, il costo dei tappi è aumentato del 40% e il vetro di un buon 25%.

Molti fornitori che hanno scritto alle cantine e alle distillerie anticipando nuovi aumenti e addirittura possibili sospensioni delle forniture nelle prossime settimane. Il trasporto su gomma ha avuto aumenti di oltre il 25%, mentre il record si è avuto sui noli marittimi a +400% rispetto al 2020.

«Le preoccupazioni non si registrano solo a monte – spiega Beniamino Garofalo, Amministratore Delegato di Santa Margherita Gruppo Vinicolo -. Segnali negativi arrivano anche lato consumi. Il graduale clima di fiducia riconquistato negli ultimi mesi ha già ceduto il passo ad una contrazione degli acquisti. Lo scenario resta pertanto incerto, facciamo fatica a fare previsioni sul 2022. Dobbiamo però cercare di essere ottimisti: abbiamo superato la sfida degli ultimi anni, troveremo una soluzione anche ora».

«le mie previsioni sono piuttosto cupe – chiarisce Leonardo Vena, Amministratore di Lucano 1894 -. Siamo in un momento di fortissime tensioni geopolitiche dalle pesanti ricadute sul nostro settore. Per noi il tema trasporti è cruciale e da mesi la situazione non fa che peggiorare. La guerra poi ha aggravato il tema delle materie prime. Per il nostro comparto i prezzi dello zucchero, dell’alcol etilico e del vetro in molti casi hanno superato del 25%, 30% le quotazioni del 2021».

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Contrade dell’Etna 2022: novanta cantine pronte all’en primeur

Novanta cantine e oltre 50 giornalisti già accreditati per la XIII edizione di Contrade dell’Etna, l’evento che promuove i vini del vulcano con il coinvolgimento delle cantine del territorio. L’appuntamento è per il 2, 3 e 4 aprile 2022 al Picciolo Etna Golf Resort di Castiglione di Sicilia.

L’organizzazione, per volere del fondatore Andrea Franchetti già due anni fa, è adesso affidata alla società Crew che ha raccolto il testimone e porterà Contrade dell’Etna verso nuovi e ambiti traguardi di promozione.

La manifestazione si apre sabato 2 aprile alle 9.30 con una breve cerimonia di inaugurazione e il ricordo di Franchetti, recentemente scomparso. Alle 11.15 spazio all’ospite d’eccezione, Attilio Scienza, docente universitario, tra i maggiori esperti al mondo di vitivinicoltura, che terrà una conferenza dal titolo: “L’Etna, il vino: un grande mosaico“.

A seguire le master class dedicate ai vini dell’Etna, condotte da Federico Latteri: ore 12.30 i Rosati (vini annata 2020). Alle ore 14.30 i Bianchi (vini annata 2019). Alle ore 16.30 i Rossi (vini annata 2019). Alle ore 18.30 i Rossi (vini annata 2017). Alle 20.30, sempre al Picciolo, rinfresco di benvenuto.

La seconda giornata, domenica 3 aprile, si apre alle 9.30 con la presentazione dei vini en primeur ai giornalisti di settore, enologi, critici del vino. Dalle 12.30 alle 19 grande banco d’assaggio aperto al pubblico, i biglietti sono disponibili sul sito www.lecontradedelletna.com e sul circuito TicketOne.

Lunedì 4 aprile (9.30-16.30) è l’ultimo giorno dedicato agli operatori commerciali, enoteche, ho.re.ca., importatori, grossisti e agli ospiti delle cantine presenti.

LE CANTINE PARTECIPANTI A CONTRADE DELL’ETNA 2022
  1. AITALA
  2. AL-CANTARA
  3. ALBERELLI DI GIODO
  4. ALTA MORA CUSUMANO
  5. ANTICHI VINAI 1877
  6. ANTICHI VINI DI SICILIA – LA VITE
  7. AZIENDA AGRICOLA ANTONIO DI MAURO
  8. AZIENDA AGRICOLA IUPPA
  9. AZIENDA AGRICOLA RACITI
  10. AZIENDA AGRICOLA SCIARA
  11. AZIENDA AGRICOLA SOFIA
  12. AZIENDA AGRICOLA VITA NOVA
  13. AZIENDA ESPERANZA
  14. BAGLIO DI PIANETTO
  15. BENANTI
  16. BUSCEMI
  17. CALCAGNO
  18. CAMPORE’
  19. CANTINA MAUGERI
  20. CANTINE DI NESSUNO
  21. CANTINE NICOSIA
  22. CANTINE VALENTI
  23. CANTINE RUSSO
  24. COTTANERA
  25. CURTAZ FEDERICO
  26. DE BARTOLI
  27. DESTRO
  28. DONNAFUGATA
  29. ETNA BARRUS
  30. FAMIGLIA STATELLA
  31. FAVOLE SICILIANE
  32. FEDERICO GRAZIANI
  33. FEUDO CAVALIERE
  34. FEUDO VAGLIASINDI
  35. FIFTH ESTATE
  36. FIRRIATO
  37. FRANK CORNELISSEN
  38. GAMBINO VINI
  39. GENERAZIONE ALESSANDRO
  40. GIOVANNI ROSSO
  41. GIROLAMO RUSSO
  42. GIOVI
  43. GRACI
  44. GULFI
  45. GUMINA
  46. I CUSTODI DELLE VIGNE DELL’ETNA
  47. LA CONTEA
  48. LICCIARDELLO VINI
  49. MASSIMO LENTSCH
  50. MECORI
  51. MONTELEONE
  52. MONTEROSSO
  53. MURGO
  54. NERI
  55. NUZZELLA
  56. PALMENTO CARRANCO
  57. PALMENTO COSTANZO
  58. PASSOPISCIARO VINI FRANCHETTI
  59. PIETRADOLCE
  60. PLANETA
  61. PODERE DELL’ETNA SEGRETA
  62. PRODUTTORI ETNA NORD
  63. QUANTICO
  64. SERAFICA TERRA DI OLIO E VINO
  65. SRC
  66. STANZA TERRENA
  67. SPUCHES
  68. TASCA D’ALMERITA
  69. TENUTA BASTONACA
  70. TENUTA BOCCAROSSA
  71. TENUTA DI AGLAEA
  72. TENUTA DI FESSINA
  73. TENUTA ENZA LA FAUCI
  74. TENUTA FERRATA
  75. TENUTA FOTI RANDAZZESE
  76. TENUTA MANNINO DI PLACHI
  77. TENUTE BOSCO
  78. TENUTE MOGANAZZI
  79. TENUTE ORESTIADI – LA GELSOMINA
  80. TERRA COSTANTINO
  81. TERRAZZE DELL’ETNA
  82. THERESA ECCHER
  83. TORNATORE
  84. TORRE MORA
  85. TRAVAGLIANTI
  86. VIGNAIOLI DELLE CONTRADE
  87. VIGNETI VECCHIO
  88. VINI CALI’
  89. VINI EUDES
  90. ZUMBO
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Walter Massa: «Le ragioni delle mie dimissioni dal nuovo Cda Fivi»

Come anticipato da winemag.it, Walter Massa ha rassegnato le proprie dimissioni dal nuovo Cda di Fivi. Lunedì 21 marzo, il primo Consiglio del nuovo Direttivo Fivi ha visto Andrea Pieropan sedere al posto di Walter Massa, che spiega le ragioni delle sue dimissioni. Ecco il testo integrale diramato dal vignaiolo.

Ho rinunciato al ruolo di Consigliere Fivi perché i vignaioli hanno scelto la continuità ed è giusto ascoltare il voto democratico. Il risultato elettorale dice che la squadra fino ad ora guidata da Matilde Poggi, il cui testimone passa a Cesconi, accontenta la maggioranza dei circa 1400 soci Fivi.

Anche se una riflessione andrebbe fatta proprio sul sistema di voto. Siamo riusciti ad evitare con l’ultima modifica dello statuto, grazie soprattutto al lavoro di Michele Fino, quello che successe durante le elezioni del 2019.

In un’Associazione come Fivi, il cui primo obiettivo deve essere quello di difendere gli interessi e il lavoro dei Vignaioli, non ci possono essere spaccature.

So di essere un personaggio ingombrante ma non sono mai stato un vignaiolo “contro fivi”, come mi ha definito qualcuno, o “colui che voleva distruggere la Fivi” come, con grande amarezza, mi è stato riferito.

Ho sempre solo cercato di portare argomenti PRO FIVI, per la Fivi.

In oltre 50 anni di lavoro nei campi e nella vigna non ho mai tradito la terra. E gli uomini che hanno lavorato con me.

Chi è chiamato a governare non dovrebbe considerare “contro” quelli che criticano in maniera propositiva. C’è tanto su cui lavorare, oltre al mercato di Piacenza.

L’obiettivo più importante per me resta la codifica e la regolamentazione della figura del viticoltore e del vignaiolo, a tutti i livelli. Sono conscio che si tratta di una partita titanica ma il vignaiolo deve potere “ostentare” la propria dignità.

Comunque son convinto che il tempo è giudice e galantuomo. In questi vent’anni tanti sono già venuti a Canossa, anzi a Monleale.

Io il mio sogno di ottenere il vino dalla mia terra, di modificare il pensiero agricolo della mia famiglia l’ho realizzato. Ottengo un vino agricolo gestito in maniera artigianale, che ha il nome del mio territorio e che è entrato nel salotto buono dell’enologia mondiale. Grazie agli amici colleghi vignaioli che hanno condiviso con me 45 anni di percorso, oggi il mio territorio continua a vestirsi di nuove viti.

Il mio impegno per questa Fivi sarebbe stato mettere a disposizione questi miei 45 anni in prima linea, 143 anni di azienda, il percorso di quattro generazioni.

Mi sono messo a disposizione di una Fivi che ho contribuito a fondare, che ho visto crescere e ho servito per 13 anni.

Questo per recuperare i tanti vignaioli affermati che negli ultimi tre anni hanno perso la fiducia in Fivi e per dare sicurezza ai giovani che vedono il loro futuro nella terra e non solo nel vino.

La mia candidatura è stata voluta e sostenuta da questi vignaioli e dai tanti che hanno contribuito a scrivere il programma mio e di Cesare Corazza, Celestino Gaspari, Andrea Picchioni, Simona Fino, Pietro Monti, Enza La Fauci e Claudio Conterno.

Questi ultimi due sono stati invitati ad abbandonare prematuramente la competizione elettorale.

I giovani vignaioli, gli under 40, non devono aspettare di avere 60 anni per ammodernare la propria cantina, devono poterlo fare oggi e con una serenità economica garantita da una grande e credibile organizzazione.

Fivi deve avere strumenti tecnici d’avanguardia, come un proprio osservatorio economico, un proprio tavolo enologico permanente e un tavolo agronomico per trattare i temi di nuovi parassiti, nematodi e altri nuovi insetti che da circa un lustro minacciano i vigneti nel rispetto della vigna e dell’ambiente.

Queste e altre erano le idee che portavo in Fivi, idee che avrebbero fatto sicuramente discutere.

Ma per poter cambiare le cose non basta Walter Massa, c’è bisogno della squadra.

La gente che mi dimostra stima e che continua ad apprezzare il mio pensiero e il mio lavoro non manca.

Solo per solo, preferisco muovermi in autonomia, continuare a dare un senso a nuovi progetti nati come la Fivi da i sogni di “quattro amici al bar”.

Sono contento che nel Consiglio sia rappresentata la Calabria con il vignaiolo Francesco Maria De Franco e apprezzo i nuovi consiglieri con i quali ho avuto già modo di confrontarmi, dal laziale Ludovico Botti alla toscana Monica Raspi, dal giovane piemontese Pietro Monti all’altoatesino Stefan Vaja.

Andrea Pieropan, oltre a onorare il grande Leonildo con il lavoro in azienda, di certo lavorerà per affrancarne il “di Lui” Fivipensiero.

Scossone nel nuovo Cda Fivi: dimissioni di Walter Massa e Andrea Picchioni

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Derthona Due.Zero, il Timorasso si presenta

Dopo il grande successo della prima edizione, torna Derthona Due.Zero. Manifestazione ideata dal Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi per valorizzare e diffondere la conoscenza del vino bianco autoctono ottenuto con il vitigno Timorasso.

L’appuntamento si terrà a Tortona nella storica sede del Museo Orsi nei giorni di venerdì 1 e sabato 2 aprile. Saranno coinvolti i produttori appartenenti alla denominazione, che proporranno in anteprima all’interno di un grande banco di assaggio tutti i vini dell’annata 2020.

A programma un importante convegno dedicato alla sostenibilità. Previste inoltre due Masterclass per approfondire la conoscenza del territorio tortonese e la capacità evolutiva dei vini ottenuti con il Timorasso.

«Siamo entusiasti di poter tornare ad incontrare appassionati, operatori del settore ed esponenti della stampa, finalmente dal vivo – commenta Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi -. A gennaio del 2020 la primissima edizione del nostro evento dedicato al Timorasso aveva riscosso un grandissimo successo».

«Tutti i produttori – aggiunge Repetto – sono desiderosi di poter continuare a far conoscere le peculiarità uniche di un vitigno che ha trovato il suo habitat perfetto solo in queste meravigliose valli, crocevia di quattro regioni come Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna».

IL TIMORASSO

Quasi scomparso dalla mappa della viticoltura italiana, il Timorasso, vitigno autoctono a bacca bianca coltivato nel comprensorio del tortonese sin dal Medioevo, a fine anni ’80 viene riscoperto grazie all’impegno e alla tenacia di un gruppo di giovani vignaioli locali.

Primi pionieri come Walter Massa, Andrea Mutti e Paolo Poggio, che ne riscoprono l’antica tradizione e intraprendono la strada del rilancio. Se nel 2009 la superficie vitata a Timorasso all’interno della denominazione era di soli 25 ettari, oggi questo prezioso vitigno ne occupa più di 200. Dimostrazione del grande interesse che ha suscitato nel corso degli anni.

DERTHONA

«Nel 2020 è stata presentata la nuova futura sottozona Derthona, antico appellativo della città di Tortona – dice Repetto –. Un solo nome, per identificare tutti i vini prodotti con il Timorasso, con l’obiettivo di unire il territorio, il vino e il vitigno che è diventato il simbolo del Rinascimento dei Colli Tortonesi».

«Contemplerà tre tipologie e consentirà di valorizzare la grande capacità che si porta in dote il Timorasso. Vale a dire quella di donare il meglio di sé con il trascorrere del tempo. Si tratta di un progetto molto importante per tutta la denominazione, in attesa di completare il suo iter per poter essere inserita all’interno del disciplinare di produzione».

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Barrio de la Estación – Haro Wine Station 2022, la Rioja incontra Bordeaux: i migliori assaggi

Chiamatelo incontro, più che confronto. La Rioja abbraccia in questi giorni Bordeaux, in uno dei luoghi simbolo, oltre che storici, dell’intera viticoltura spagnola: il Barrio de la Estación, noto a livello internazionale come Haro Wine Station. È il Quartiere della Stazione ferroviaria della cittadina di Haro, nel nord della Spagna, nel quale hanno sede ben 6 cantine: Roda, Muga, La Rioja Alta, Gómez Cruzado, Cvne e Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal.

La stessa Haro teatro della “Battaglia del vino”, ricorrenza annuale che vede contrapposte due bande a suon di getti di vino rosso, ospita a partire da ieri 6 cantine francesi di prim’ordine: Château Rauza-Ségla & Château Canon, Château Lynch Bages & Ormes de Pez, Château Smith Haut Lafitte, Château Léoville Barton, Château Petit Village & Château Beauregard e Château Canon La Gaffelière.

Una Bordeaux che torna, per certi versi, alle origini. Tra i mercati principali dei vini da taglio spagnoli commercializzati sui binari del Barrio de la Estación, tra la metà e la fine dell’Ottocento (i maligni dicono ben oltre, specie nelle annate sfavorevoli), c’era proprio la Gironda, casa della pregiata denominazione bordolese. L’Alta Rioja, del resto, dista meno di 400 chilometri da Bordeaux.

«RIOJA E BORDEAUX VICINI PER FILOSOFIA E RICERCA ECCELLENZA»

«I partecipanti – commenta María Urrutia, presidente dell’Associazione delle Cantine del distretto di Haro – hanno goduto di un’esperienza irripetibile ed esclusiva. Un vero privilegio, che ha dimostrato quanto Rioja e Bordeaux siano vicini nella loro filosofia e nella ricerca dell’eccellenza».

Caratteristiche – prosegue Urrutia – che collocano entrambi tra le regioni vinicole più importanti del mondo. Questo legame Haro-Bordeaux è stato mantenuto vivo perché, i nostri obiettivi nel 21° secolo sono gli stessi del 19° secolo: fare i migliori vini possibili nella nostra terra».

Incontro più che confronto, si diceva. Qualcosa di praticabile nella teoria e, per certi versi, anche nella pratica. Un po’ meno, calici alla mano. Ecco allora i migliori assaggi nella giornata d’esordio di Barrio de la Estación – Haro Wine Station, International Wine Encounters I – Bordeaux.

BARRIO DE LA ESTACIÓN, RIOJA-BORDEAUX: I MIGLIORI ASSAGGI

BORDEAUX
  • Château Canon La Gaffelière 2016 e Château d’Aiguilhe 2016, Château Canon La Gaffelière

Convincono entrambi i vini mostrati da Magali Malet-Serres, referente Sales Marketing & communications di Château Canon La Gaffelière. Li lega un netto fil rouge nella lavorazione del Merlot e nella profondità che contraddistingue naso e sorso. Vengono da parcelle diverse (ed è chiaro) e non si tratta di Merlot in purezza (50% nel primo, 80% nel secondo).

Ma la pulizia e voracità dei primari, accostata a un ventaglio di spezie che tendono il sorso dalla liquirizia all’umami, oltre alla precisione dei tannini, mostrano la mano, unica, del winemaker. Nonché il lavoro di questo Château su cloni e selezione massale, che rendono unico il patrimonio genetico dei bordolesi a disposizione del 1° Grand Cru Classé di Saint- Émilion (19,5 ettari complessivi).

Château Canon La Gaffelière 2016 degustato all’Haro Wine Station è maestoso, col suo 40% di Cabernet Franc e 10% di Cabernet Sauvignon a far da spalla al re delle varietà d’assemblaggio di Saint- Émilion (il Merlot, per l’appunto). Château d’Aiguilhe 2016 è chiaramente più morbido, ma tutt’altro che seduto. Il 20% di Cabernet Franc lavora sull’opulenza controllata del Merlot e rende questo vino tra i migliori assaggi qualità prezzo dell’intera Bordeaux.

  • Château Léoville Barton 2011Château Langoa Barton 2016

Diversi tra loro ma entrambi da segnalare i vini proposti da Château Léoville Barton, vere e proprie gemme della piccola Saint-Julien. C’è più Cabernet Sauvignon nel vino del 2011 rispetto al 2016 (80% contro 55% completati da Merlot e Cabernet Franc). Tannini finissimi per entrambi, con l’annata più vecchia che abbraccia una terziarizzazione compostissima, tra note terrose e cioccolato scuro.

Eccezionalmente fragrante il frutto della straordinaria vendemmia 2016, che ha appena iniziato il suo lungo percorso di crescita (anzi di ascesa) verso le vette che le competono, tra la freschezza e il garbo che contraddistingue la Médoc. Due pezzi da novanta, con la possibilità di privilegiare la 2011 in termini di dolcezza dei tannini, o la 2016 in caso di spazio libero – da occupare bene – in cantina.

 

  • Red 2019 Château Smith Haut Lafitte

Cabernet Sauvignon per il 59%, poi Merlot e un poco di Cabernet Franc e Petit Verdot. Vino che abbina in maniera esemplare frutto, freschezza e sapidità. Riempie il palato su tinte fruttate scure e lo stuzzica con un tannino sottilissimo, elegante e una vena sapido-minerale golosissima. In due parole, eleganza e potenza. Da vendere.

  • Château Petit Village 2017

Vino che rischia di pagare lo scotto tipico dell’annata successiva a quella considerata “eccezionale”. E invece no, nemmeno per idea. Settanta Merlot, 21 Cabernet Franc, 9 Cabernet Sauvignon, i numeri vincenti. Naso splendido, diviso tra succo e tensione, ciliegia e un tocco d’agrume che ricorda l’arancia sanguinella.

L’ossigenazione tratteggia pennellate ematiche e terrose capaci di ravvivare quel 50% di legno nuovo scelto in vinificazione. Al palato apre in perfetta corrispondenza. Spettacolare l’allungo, ancora una volta tra polpa e freschezza. In allungo, il tannino in cravatta gioca coi ritorni di fondo di caffè e le venature balsamiche. Buona vita davanti.

RIOJA
  • Rioja Doc 2011 Gran Reserva 904, La Rioja Alta

Tempranillo da vigneti di 60 anni (89%), completato da un 11% di Graciano. Colore che sfida il tempo: un bel rubino graffiato da unghie granata. Il naso è prezioso, ricco ed elegante. Abbina la polpa scura matura a quella rossa e più croccante, spaziando dalla mora alla ciliegia e dal ribes nero al lampone. Terziari molto ben integrati completano il quadro, conferendo profondità e balsamicità.

Sorso in perfetta corrispondenza, contraddistinto da tannini seducenti, A far da spina dorsale al sorso è un’elegante vena fresca, d’arancia sanguinella, che accosta le note speziate sino alla chiusura, asciutta. Se fosse Bordeaux, sarebbe un Saint-Julien. Uno di quei rossi che rimandano ad atmosfere confortanti. Soft rock.

  • Rioja Doc La Vicalanda Gran Reserva 2015, Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal

Bella coppia quella portata da Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal all’Encounters I – Bordeaux del Barrio de la Estación / Haro Wine Station. Viña Pomal Gran Reserva 2014 e La Vicalanda Gran Reserva 2015 sono vini molto diversi tra loro, per annata e per stile, che comunicano il savoir-faire enologico, oltre che la capacità di leggere il Tempranillo e le sue peculiarità in maniera esemplare.

Tra le due si fa comunque preferire La Vicalanda Gran Reserva 2015: vino elegante, che esalta la purezza dei primari del Tempranillo (qui in purezza ed allevato proprio ad Haro), nonostante l’affinamento in botti nuove di rovere francese d’Allier, per 24 mesi. Vino che viene immesso in commercio solo dopo ulteriori 36 mesi di “riposo” in bottiglia.

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Il Cabernet Sauvignon della Napa Valley in 10 vini: occhio alla Stags Leap District Ava

Cabernet Sauvignon e Napa Valley sono sempre più sinonimi per gli amanti internazionali del vino. Situata a 80 chilometri a nord di San Francisco e 56 km ad est dell’Oceano Pacifico, la Napa Valley è delimitata ad ovest dalle Mayacamas Mountains e ad est delle Vaca Mountains.

Nel 1981 questa zona della California è stata riconosciuta ufficialmente come “Ava“, American Viticultural Area, ovvero Area Viticola Americana. Al suo interno, sono state poi individuate 16 sottozone, a loro volta identificate “Ava”.

Solo il 4% dell’uva raccolta nello Stato occidentale degli Usa proviene dalla Napa Valley. Una cifra raggiunta grazie a 182 chilometri quadrati di vigneti, pari al 9% della regione della Napa County.

Un areale in cui la stragrande maggioranza delle cantine produce meno di 120 mila bottiglie all’anno. E in cui il 95% delle aziende agricole – circa 500 – è a conduzione familiare. La produzione complessiva della Napa Valley si assesta attorno ai 110 milioni di bottiglie.

IL CABERNET SAUVIGNON IN NAPA VALLEY

Tra le varietà simbolo della zona, promossa e celebrata dalla Napa Valley Vintners, c’è appunto il Cabernet Sauvignon. «Si tratta del re incontrastato delle uve rosse nella Napa Valley – commenta l’associazione di produttori – rappresentando il 50% della nostra produzione totale e il 68% del valore del nostro raccolto.

Questa varietà è coltivata in tutta la Napa Valley e raggiunge un ventaglio di espressioni diverse a seconda della posizione del vigneto. I suoi sapori mostrano un’ampia varietà di frutti neri, tra cui ribes, ciliegia e prugna, e spesso mostrano note di spezie dovute all’invecchiamento in rovere».

«Al palato – continuano i Napa Valley Vintners – questi vini possono essere densi e potenti in gioventù, ma invecchiano con grazia. Quando sono giovani, sono meglio abbinati a piatti di carne rossa robusta come la selvaggina e l’agnello brasato. I Cabernet sauvignon più vecchi sono superbi accompagnatori di arrosti e bistecche semplici, così come dei formaggi stagionati».

NAPA VALLEY, OCCHIO ALLA STAGS LEAP DISTRICT AVA

Tutte impressioni confermate dal tasting di winemag.it. In particolare, a sorprendere e convincere è il campione della Stags Leap District Ava, sottozona della Napa Valley da tenere in assoluto conto per il futuro.

L’areale, posto nel cuore della denominazione, una decina di chilometri a nord della città di Napa, è balzato agli onori dei calici a partire dall’inizio degli anni Sessanta. Nathan Fay, considerato il pioniere dello Stags Leap District, piantò qui i primi vigneti di Cabernet Sauvignon della regione.

Circa 28 ettari, su un terreno vulcanico (peculiarità dello Stags Leap District) lungo il Silverado Trail. Una cifra enorme se si considera che, in quegli anni, in tutti gli Stati Uniti, c’erano appena 323 ettari del vitigno (oggi sono 13.759 in California, 3.965 in Napa Valley).

Fay vendette la maggior parte delle sue uve a un produttore della zona, Joseph Heitz, che diede vita al primo Cabernet Sauvignon a denominazione della Valle: l’Heitz Cellar “Fay Vineyard”. Da allora, il numero di cantine che producono il rosso simbolo della Napa Valley nella Stags Leap District Ava è cresciuto a dismisura.

Il 90% dell’areale è piantato con varietà bordolesi. Una piccola Bordeaux, in cui l’80% dei vini sono a base Cabernet Sauvignon e Merlot. Presenti, ma in cifre molto più risicate, anche piccole produzioni di Petite Sirah (noto anche come Durif) e Sangiovese.

10 CABERNET SAUVIGNON DELLA NAPA VALLEY: LA DEGUSTAZIONE
  • Napa Valley Cabernet Sauvignon Reserve 2019, Raymond Vineyards: 89/100

    Rubino mediamente trasparente. Naso su ciliegia scura, prugna e terziari marcati che ricordano il cioccolato fondente, oltre al fumo di pipa e il fondo di caffè. Palato elegante, con la frutta che prende lo spazio sul palco, in centro bocca, prima che i terziari prendano il sopravvento, in chiusura. Alcol (14,5%) ben integrato nel quadro di un vino che abbina eleganza e potenza.

  • Napa Valley Cabernet Sauvignon Estate 2019, St Supéry Estates Vineyards & Winery: 92/100

    Rubino impenetrabile, dai riflessi violacei. Un colore che denota l’estrema gioventù del nettare, nonostante siano trascorsi 3 anni dalla vendemmia. Al naso risulta inizialmente timido, delicato, con una prevalenza del fiore sul frutto. Note nette di viola mammola si accostano a sentori di ciliegia, prugna e ribes nero, in un olfatto che va via, via aprendosi, stratificandosi ben oltre le impressioni iniziali.

    L’ossigenazione apre lo spettro a ricordi erbacei garbati (netta la foglia di tè), tanto quanto a un frutto che si fa sempre più succoso e denso, spostandosi in maniera marcata dalle tinte scure a quelle rosse. Lo stesso fa il fiore, che vira dalla viola alla rosa. Sempre in sottofondo, pur presenti, i richiami conferiti dall’affinamento in legno: garbatissimi ricordi di fondo di caffè e di burro d’arachidi.

    Il palato è un concerto: tutto quanto avvertito al naso si riverbera al sorso, in perfetta corrispondenza gusto olfattiva. Il vino è elegantissimo, pur potente (14,5% integratissimi) e ancor giovane. I tannini sono soffici, di cioccolata fusa. La persistenza ottima. Cabernet Sauvignon di livello internazionale.

  • Napa Valley Cabernet Sauvignon 2018 Estate Grown, Silverado Vineyards: 87/100

    Il vino colora il calice di porpora. Ecco una versione di Cabernet Sauvignon tutt’altro che opulenta, anzi giocata sulla godibilità e l’immediatezza, nonostante i 14.3% possano far pensare al consueto “Cab” da accompagnare obbligatoriamente con piatti strutturati.

    Naso e palato si parlano, concordando sul sostanziale equilibrio tra note fruttate intense e terziari composti. La complessità è basica, tanto quanto la persistenza. Un vino spensierato ma non banale.

  • Napa Valley Cabernet Sauvignon 2018 Chateau Buena Vista, Buena Vista Winery: 88/100

    Colore rosso intenso, impenetrabile, dai riflessi purpurei. Primo naso sulla tostatura e su ricordi fumé che non coprono, comunque, la precisa espressione dei primari. La componente fruttata è sulla ciliegia, perfettamente matura, nonché sul ribes nero e sulla prugna. Sorso connotato da una dolcezza stuzzicante, tanto per il frutto quanto per i tannini.

    Dettagli non secondari, che premiano la beva rendendola irresistibile, senza rinunciare alla gastronomicità (15% vol. integratissimi). Nota di contorno, legata all’occasione di consumo: siamo al cospetto di un vino che si presta per essere consumato più fresco della media dei Cabernet. Un’oretta in frigo non gli farà male, specie d’estate.

  • Napa Valley Cabernet Sauvignon 2019 Sky and Vine, S.R. Tonella Cellars: 87/100

    14,3%. Bel porpora dall’unghia violacea. Naso tra frutta e spezia, ancor più che sui terziari. Nette le note floreali, con particolare riferimento al fiore di viola, al pari della liquirizia nera.

    Tannini dolci al palato, con la freschezza a rispondere alla polpa della ciliegia scura, della prugna e del ribes. Gran beva ed alcol ben integrato, per un Cabernet Sauvignon lineare, che abbina modernità a tipicità e potenza.

  • Napa Valley Cabernet Sauvignon 2018, Louis M. Martini Winery: 93/100

    Alla vista di un colore porpora intenso, impenetrabile. Naso e bocca in perfetta corrispondenza, su note di prugna disidratata e amarena. Apporto preciso dei terziari, tra venatura pepate e più marcate note di brace e tostatura di caffè.

    Vino che viene premiato dal contatto prolungato con l’ossigeno, che lo aiuta ad aprirsi e a sfoderare sfaccettature meno evidenti di primo acchito, come la pregevole componente floreale, tra la viola e la rosa bagnata, poco in vista al primo naso.

    Il sorso è teso, pieno ed assolutamente appagante. La frutta croccante è sorretta da tannini finissima, di gran eleganza. Alcol che non deve spaventare in etichetta: i 15% vol. risultano magnificamente integrati. Persistenza da campione e vita lunga davanti. Cabernet (e cantina) di assoluto riguardo.

  • Napa Valley Cabernet Sauvignon 2018, Darioush: 91/100

    Porpora di media intensità, alla vista. 14,8%. Naso e sorso di un fruttato succoso, che ricorda la prugna e la ciliegia, con sottofondo di spezie calde (cannella) e scure (pepe) e venature balsamiche (menta, liquirizia nera). Alcol al momento un po’ troppo esuberante nel retro olfattivo, ma beva lineare e fresca, per nulla compromessa.

    L’ulteriore affinamento non potrà che fare bene a questo nettare che combina in maniera esemplare potenza ed estrema eleganza. Vino che chiama la tavola in maniera netta, in particolare abbinamenti altrettanto opulenti e strutturati. Consigliatissima la selvaggina da pelo; meno quella da piuma.

  • Napa Valley Cabernet Sauvignon 2018 Stags Leap District, Pine Ridge Vineyards: 92/100

    15,2%. Portora dall’unghia violacea, che evidenzia una certa gioventù e potenzialità del nettare, giunto al suo quarto anno di vita. Vino inizialmente un po’ chiuso, che si concede col tempo e con l’ossigenazione nel calice. Fanno quindi capolino le prime sfumature floreali, di viola, unite a un bel corredo di spezie calde (cannella, vaniglia bourbon) e orientaleggianti (curcuma, curry).

    Spinge e riesce a raggiungere la superficie con qualche bracciata (leggi “ulteriore roteazione nel calice”) la frutta: è polposa, golosa, ricca, goliardica, materica. Si tratta di prugna appena colta dall’albero, a perfetta maturazione, ma anche di ciliegia e ribes nero. Non mancano risvolti rossi di fragola e lampone, tanto quanto di ciliegia Ferraiola e sanguinella.

    Ci si aspetterebbe un sorso altrettanto complesso. Invece, specie nel centro bocca, il nettare sfodera una succosità lineare che sposta la bilancia dall’opulenza e stratificazione del naso tipica dei Cabernet della Napa Valley all’eleganza assoluta, resa ancora più intrigante da una unica e rara venatura sapido-minerale non presente negli altri campioni in degustazione.

    Vino emblema della particolare espressione del vitigno in Stags Leap, che si conferma sottozona di pari dignità d’una italiana Docg, a sé stante. Un vino elegante e più che mai godibile oggi, tanto quanto nel medio-lungo periodo.

  • Napa Valley Cabernet Sauvignon 2016 Estate Grown, Long Meadow Ranch Winery: 90/100

    Rubino intenso, con sfumature leggerissime granate. Un Cabernet con qualche anno sulle spalle, evidente anche al naso e al palato. Altra caratteristica, i 13.5% vol. d’alcol che lo rendono un unicum nel panel dei vini in degustazione. Frutto succoso e terziari profondi disegnano il quadro di un vino pienamente vitale, elegante e preciso.

    Meno opulenza e più croccantezza, per uno stile che avvicina questo sample a quello europeo, in voga in diversi territori del vino che stanno superando, col passare degli anni, il concetto che i terziari siano la “cifra” che definisce peso e valore di un nettare (in favore di freschezza e primari).

    Completano il quadro (naso-palato) ricordi erbacei garbati (foglia di tè, ma anche origano, rosmarino), uniti a una speziatura balsamica. Buona la persistenza, per un vino che chiama l’abbinamento con le carni rosse.

  • Spring Mountain District Cabernet Sauvignon 2015, Marston Family Vineyard: 92/100

    Bel rubino intenso, con riflessi granata. Primo naso elegantissimo, che poi si conferma tale, senza scomporsi con l’ossigenazione. Componente floreale fresca (viola, rosa) in gran vista, assieme al frutto preciso e succoso, a polpa rossa (ribes, ciliegia, lampone, sino a rintocchi leggeri di fragola) e nera (mora di rovo, ribes nero, prugna disidratata).

    Il sorso è teso, fresco, con balsamicità e terziari a fare da contraltare all’opulenza del frutto, in centro bocca. In chiusura ecco terziari di caffè e cioccolato fondente, oltre a una speziatura più marcata rispetto all’olfatto, che sposta l’asse dal balsamico al pepato.

    Tannini eleganti e polposi e tenore alcolico richiamano alla mente le prime impressioni, date dal colore ancora giovane. Il nettare ha ancora tanta vita davanti. Perfetto anche oggi, con abbinamenti di pari struttura, dai primi ai secondi a base di carne.

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Scossone nel nuovo Cda Fivi: dimissioni di Walter Massa e Andrea Picchioni

Walter Massa e Andrea Picchioni hanno comunicato le loro dimissioni dal loro nuovo Cda di Fivi. Una notizia nell’aria da diversi giorni, che diventa ufficiale a poche ore dalla prima riunione del nuovo Consiglio di amministrazione della Federazione italiana vignaioli indipendenti, in programma domani, lunedì 21 marzo 2022. Subentra dunque nel Cda Andrea Pieropan (Veneto).

Le dimissioni di Walter Massa e Andrea Picchioni sono concatenate. Sulla base dei voti ricevuti in occasione delle elezioni del 9 marzo, il vignaiolo dell’Oltrepò pavese avrebbe dovuto occupare il posto lasciato dal collega piemontese. Picchioni ha tuttavia rinunciato, a sua volta, all’incarico.

Sempre sulla base del numero di voti, la sedia vacante nel nuovo Cda Fivi è stata quindi accettata da Andrea Pieropan, vignaiolo operante a Soave e in Valpolicella (dopo di lui sarebbe toccato a Cesare Corazza). Un vero e proprio scossone, a meno di un mese dall’elezione del management della Federazione.

Secondo rumors di winemag.it, il neo presidente Lorenzo Cesconi avrebbe tentato inutilmente di far desistere Walter Massa. Quella di Andrea Picchioni sarebbe stata invece una scelta personale. L’ennesimo segnale di vicinanza nei confronti del collega (ed amico) dei Colli Tortonesi.

Fatto sta che il nuovo Cda di Fivi dovrà fare a meno di uno dei suoi padri fondatori, nonché uno dei vignaioli più rispettati e noti a livello internazionale, artefice del miracolo Timorasso. Un vuoto che Andrea Pieropan sarà chiamato a colmare, assieme al resto dei consiglieri. [nella foto Walter Massa e Andrea Picchioni con Lino Maga – credits Marco Agnelli]

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«Grignolino: il nobile ribelle»: a Grazzano Badoglio 85 cantine in degustazione

«Grignolino: il nobile ribelle» è l’evento che raccoglierà a Grazzano Badoglio (AT) 85 cantine con oltre cento etichette in degustazione. L’appuntamento è per il 26 e 27 marzo nell’ex scuola, dalle 11 alle 18.

Protagonisti i vignaioli dell’Astigiano, del Monferrato casalese e del Monferace, con la regia della delegazione Ais Asti e Casale. L’ingresso all’evento per la degustazione ha un costo di 15 euro (10 per i soci Ais). Non è necessaria la prenotazione.

Grignolino e Dolcetto: dieci etichette da fare assaggiare al vostro amico enofighetto

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Van Italy: maxi degustazione e mercato dei vini firmati dai Vignaioli Artigiani Naturali

Il Van dei Vignaioli Artigiani Naturali è pronto a far tappa a San Bonifacio, in provincia di Verona. Per la prima edizione di Van Italy, in programma l’11 aprile 2022, dalle ore 11 alle ore 19, l’associazione di piccoli artigiani del vino ha scelto una location mozzafiato come Villa Bongiovanni (nella foto), splendida dimora settecentesca ai piedi delle colline di Soave.

«Van Italy 2022 – spiegano gli organizzatori – vedrà protagonista tutta la panoramica dei vitigni autoctoni italiani e internazionali. Vini che sono come le perle rare, difficili da trovare. Sarà una magnifica occasione per scoprirli, degustarli e soprattutto farli raccontare da chi li produce».

Ogni vino porta con sé la storia di un territorio, una filosofia produttiva, etica e soprattutto la storia di vita delle persone che hanno scelto di fare questo nobile mestiere. Ci saranno oltre 200 vini in degustazione di tutta la penisola, vendita diretta di vini naturali».

VAN ITALY 2022: PAROLE D’ORDINE «DIVERSITÀ E PERSONALITÀ»

Un evento all’esordio, Van Italy 2022. Ma da anni l’Associazione Vignaioli Artigiani Naturali si è data la «missione di diffondere la conoscenza dei vini naturali e di illustrare la loro diversità e personalità».

Tutti i nostri associati seguono ogni fase produttiva con cura dalla vigna alla commercializzazione. Le aziende sono medio piccole, generalmente a conduzione familiare. Ci teniamo particolarmente al modo in cui viene fatto il vino.

Pertanto, i vini prodotti sono prodotti con lavorazioni artigianali, ottenuti da uve raccolte manualmente, da agricoltura biologica o biodinamica. Le fermentazioni sono spontanee, senza aggiunte di alcun additivo o coadiuvante enologico di vinificazione».

Massima attenzione anche ai contenuti di solforosa totale all’imbottigliamento. «Non superano 40 mg/l – spiegano gli organizzatori di Van Italy 2022 – indipendentemente dal tenore di zuccheri residui. La cura meticolosa sia in vigna che in cantina è una scelta etica che viene ripagata con un vino sincero e senza compromessi».

LE REGOLE DEI VAN – VIGNAIOLI ARTIGIANI NATURALI


Nella «pratica quotidiana» dei Van – Vignaioli Artigiani Naturali:

  • il vino naturale è un vino integro e vitale perché è ottenuto da uve da agricoltura biologica o biodinamica, anche autocertificata;

  • è un prodotto agricolo ottenuto dal vignaiolo che ne segue direttamente tutte le fasi produttive, dalla coltivazione della vite al confezionamento nella bottiglia;

  • è ottenuto solo da uve proprie, coltivate direttamente, o, se acquistate, provenienti da vigneti di produttori biologici o biodinamici dello stesso territorio (non più del 30% del totale);

  • il vino naturale è ottenuto da fermentazioni spontanee, senza l’utilizzo di lieviti o batteri selezionati fabbricati in laboratorio;

  • è ottenuto senza l’aggiunta di nessuno degli additivi o coadiuvanti enologici ammessi dal disciplinare convenzionale e anche da quello del vino biologico e biodinamico, in vinificazione, maturazione e affinamento;

  • è esente da quelle manipolazioni e trattamenti fisici o chimici invasivi ammessi dai disciplinari del vino convenzionali o biologici.

Regole che danno vita a una sorta di “disciplinare di produzione” che i produttori si impegnano a rispettare. «I vini naturali – spiegano infine gli organizzatori di Van Italy – sono realizzati senza ulteriori vincoli predefiniti, dando spazio alla propria creatività, storia e cultura.

«Sono profondamente legati al terroir – concludono i Vignaioli Artigiani artisti – che interpretano e rappresentano. Per questo i vini naturali possono presentare delle sorprendenti, sostanziali diversità che sono da considerare una vera ricchezza».

LA LISTA DEI VIGNAIOLI ARTIGIANI ARTISTI PRESENTI A VAN ITALY 2022
VILLA BONGIOVANNI – SAN BONIFACIO (VR)
ABRUZZO
  • Azienda Agricola Ludovico * Socio Van
    Vittorito (Aq)
  • McCalin di Federico Nardi * Vignaiolo Ospite
    Martinsicuro (Te)
CALABRIA
  • Tenuta del Conte * Socio Van
    Cirò Marina (Kr)
  • Cantine Lucà Azienda Agricola * Socio Van
    Bianco (Rc)
CAMPANIA
  • Azienda Agricola Salvatore Magnoni * Socio Van
    Rutino (Sa)
  • Azienda Agricola Terra di Briganti * Socio Van
    Casalduni (Bn)
EMILIA ROMAGNA
  • Azienda Agricola Maria Bortolotti * Socio Van
    Zola Predosa (Bo)
  • Ferretti Vini Ferretti Vini * Socio Van
    Campegine (Re)
  • Podere Beghetto Podere Beghetto
    Gargallo di Carpi (Mo)
LAZIO
  • Azienda Agricola Palazzo Tronconi * Socio Van
    Arce (Fr)
  • Azienda Agricola DS Bio * Socio Van
    Pescosolido (Fr)
  • Azienda Agricola I Chicchi * Socio Van
    Ardea (Rm)
  • Azienda Agricola Il Vecchio Poggio * Socio Van
    Isola del Liri (Fr)
  • Azienda Agricola Marco Falcone * Socio Van
    Piglio (Fr)
LOMBARDIA
  • Vigne del Pellagroso * Socio Van
    Monzanbano (Mn)
  • Pietro Selva * Vignaiolo ospite
    Castione Andevenno (So)
  • Tenuta Belvedere * Socio Van
    Montecalvo Versiggia (Pv)
  • Azienda Agricola Antonio Ligabue *Vignaiolo ospite
    Capo di Ponte (Bs)
  • Fortunato Bressanelli *Vignaiolo ospite
    Sellero (Bs)
MARCHE
  • Tenuta S. Marcello * Socio Van
    San Marcello (An)
MOLISE
  • Vinica * Socio VAN
    Ripalimosani (Cb)
PIEMONTE
  • Vinicea * Socio VAN
    Ottiglio (Al)
  • Azienda Agricola La Cascinetta * Socio Van
    Viarigi (At)
TOSCANA
  • Cooperativa Agricola La Ginestra * Socio Van
    San Casciano in val di Pesa (Fi)
  • Il Casale di Giglioli e Rinaldi * Vignaiolo ospite
    Certaldo (Fi)
  • Azienda Agricola La Busattina *Socio Van
    San Martino sul Fiora (Gr)
  • Azienda Agricola Casteldelpiano *Socio Van
    Licciana Nardi (Ms)
  • Podere Fornace Prima *Socio Van
    Cerreto Guidi (Fi)
UMBRIA
  • La Casa dei Cini * Socio Van
    Piegaro (Pg)
  • Fattoria Mani di Luna * Socio Van
    Torgiano (Pg)
VENETO
  • Impronta Agricola *Vignaiolo ospite
    Belfiore (Vr)

VAN ITALY IN SINTESI

Dove?
– Villa Bongiovanni, Via Perarolo 36, San Bonifacio (Vr)
Quando?
– Lunedì 11 Aprile | orario 11,00 – 19,00
Quanto costa?
– Ingresso | 20,00 euro
– Ingresso operatori di settore | 10,00 euro previo accredito
– Ingresso gratuito previo accredito solo per gli importatori
Come acquistare gli ingressi?
– Dall’apposito form sul sito dell’associazione
– Sul posto fino ad esaurimento dei posti
Come accreditarsi?
– Modulo accredito importatori
– Modulo accredito operatori di settore e stampa

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Filippo Mazzetti, addio al decano dei distillatori piemontesi d’Altavilla

È scomparso Filippo Mazzetti, decano dei distillatori piemontesi. A darne notizia è la famiglia, titolare dell’Antica distilleria Altavilla di Laura Raimondo Mazzetti di Altavilla Monferrato (AL). Già fissata la data dell’ultimo saluto, fissato per domani, alle ore 10, nella chiesa del paese.

«Fili, è stato il tuo ultimo alambicco distillato due anni fa. Eri il decano dei distillatori piemontesi e hai contribuito a traghettare il grappino da prodotto di massa a distillato emozionale. Io e Ale continueremo nel solco da te tracciato». Questo il commento, anzi la promessa, affidata ai social da Fabrizio Mazzetti, dal 1992 nel cuore dell’organico della nota distilleria piemontese.

SEI GENERAZIONI IN DISTILLERIA

Avviata nel 1846 dall’avo Filippo Mazzetti, l’attività si è tramandata di padre in figlio sino ad oggi, attraverso 6 generazioni. Ogni anno all’Antica Distilleria di Altavilla confluiscono le migliori vinacce del Monferrato, che danno origine a grappe monovitigno.

Ottenute da vinacce fresche e distillate con alambicchi a vapore, le grappe vengono custodite per diversi anni in botti di rovere e in barrique di ciliegio, castagno, mandorlo e rovere francese. Non prima di un attento e scrupoloso scarto di teste e code.

L’obiettivo della distilleria fondata da Fabrizio Mazzetti è sempre stato la ricerca della «completa armonia di gusto e aroma, mantenendo intatte le note floreali e fruttate». Il risultato di un processo produttivo tramandato con passione e sapienza sino a Filippo Mazzetti, che guidava l’azienda insieme alla moglie Laura e ai figli Fabrizio e Alessandro.

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Vino e tartufi sopra i 300 euro: le sanzioni Ue alla Russia colpiscono “pezzi pregiati” Made in Italy

«Le conseguenze della guerra tra Russia e Ucraina rischiano di aggravare ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea». Così Coldiretti, che sottolinea come nella “lista nera” dell’Ue siano finiti pezzi pregiati del Made in Italy come vino e tartufi sopra i 300 euro.

Tra le denominazioni del vino italiano colpite, fa notare la Confederazione, «ci sono Sassicaia, Barolo, Amarone della Valpolicella e Brunello di Montalcino che possono in alcuni casi superare il limite, con l’esplicita esclusione del solo Prosecco». Il blocco alle esportazioni agroalimentari tricolori è già costato 1,5 miliardi negli ultimi 7 anni e mezzo.

«LE SANZIONI ALLA RUSSIA AGGRAVANO L’EMBARGO»

«Il Decreto di embargo tuttora in vigore – sottolinea Coldiretti – colpisce una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto d’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. Completo l’azzeramento delle esportazioni in Russia di prodotti simbolo del Made in Italy: dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele».

Quanto ai tartufi (la cavatura in Italia è tra l’altro patrimonio Unesco), le sanzioni Ue tolgono dalla tavola di Putin e degli oligarchi un pezzo pregiato del Made in Italy. Un “ingrediente” particolarmente apprezzato dai russi, con un aumento delle esportazioni del 53% per un valore di ben 30,2 milioni di euro.

Una specialità sempre più ricercata dai ricchi russi, che partecipano da anni in collegamento da Mosca alla tradizionale asta mondiale del tartufo di Alba. Un evento in cui, nel 2021, è stata battuta una trifola da 830 grammi per 103 mila euro.

NON SOLO VINO E TARTUFI NELLA LISTA NERA UE

Nella black list comunitaria, oltre a vino e tartufi, compare anche il caviale. L’Italia è diventata in pochi anni il secondo produttore mondiale delle pregiate uova di storione, subito dopo la Cina. Un prodotto che solo in alcuni casi super la cifra stabilita di 300 euro, per il blocco in Russia.

Un limite che sembra invece escludere dal provvedimento Ue la maggior parte dei vini, la birre. Nonché la stragrande maggioranza dei liquori venduti ad un importo più basso.

«Ma a pesare sulle esportazioni Made in Italy – conclude Coldiretti – sono gli effetti della guerra sulle transazioni commerciali. Oltre alle sanzioni, le difficoltà nelle spedizioni dovute al blocco dei trasporti e gli interrogativi sulla solvibilità degli importatori russi mettono l’economia alle corde».

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Due italiani nel nuovo Cda di Ceev – Comité Européen des Entreprises Vins


Ci sono anche due italiani nel nuovo Cda di Ceev, Comité Européen des Entreprises Vins. In occasione della riunione del 17 marzo a Bruxelles, Domenico Zonin (Uiv – Unione italiana vini) è stato eletto vicepresidente. Ettore Nicoletto (Federvini) è invece tra i membri del Board.

Il nuovo Consiglio di Amministrazione, con mandato di 3 anni, vede nel ruolo di presidente Mauricio Gonzalez-Gordon (Fev – Federación Española del Vino, Spagna). Accanto a Zonin alla vicepresidenza c’è George T.D. Sandeman (Acibev – Associação de Vinhos e Espirituosas de Portugal).

Tesoriere Jérôme Perchet (Ffva – Fédération Française des Vins d’Apéritif, Francia). Nel Cda, oltre a Nicoletto, Cécile Duprez-Naudy (Gleve – Groupe de Liaison des Entreprises Vinicoles Européennes) e Michel Chapoutier (Umvin – Union des Maisons et Marques de Vins, Francia).

NUOVO CDA PER CEEV: I PRIMI COMMENTI

Soddisfatto il neoeletto presidente Ceev Mauricio González Gordon, presidente di González Byass che succede Jean-Marie Barillère: «Stiamo affrontando uno dei momenti più difficili degli ultimi decenni – ha dichiarato – e non posso sfuggire alla mia responsabilità. Sono impegnato nel settore del vino e, insieme al team e ai membri della Ceev, farò tutto il possibile durante la mia presidenza per superare con successo queste sfide».

«Accolgo questo incarico con grande entusiasmo – dichiara Ettore Nicoletto -. Siamo in un momento storico estremamente complesso e ci attendono molte sfide.  Sono lieto di poter contribuire attivamente alla difesa delle istanze del settore vinicolo in un’ottica di proficua collaborazione con le diverse rappresentanze nazionali».

Sottolinea Nicoletto: «I dossier sul tavolo sono tutti di estrema rilevanza, dalla tutela e difesa delle nostre denominazioni, alla più ampia materia della presentazione dei prodotti ovvero l’indicazione della lista degli ingredienti e dei valori nutrizionali attraverso l’etichetta digitale u-label, fino alla necessità di sostenere costantemente il settore nell’accesso a nuovi mercati».

L’AUSTRIA ENTRA IN CEEV CON BUNDESGREMIUM DES AGRARHANDELS

Durante l’ultima riunione dell’Assemblea Generale, Ceev ha accolto un nuovo membro e un nuovo Paese tra le sue fila. Si tratta dell’Associazione federale austriaca del commercio agricolo (Bundesgremium des Agrarhandels).

Parte della divisione “Commercio” della Camera Economica Austriaca (WKO), l’ente rappresenta tutti i commercianti austriaci di prodotti agricoli come grano, sementi e mangimi, frutta e verdura, bestiame e carne, vino e liquori. L’associazione conta più di 2 mila aziende associate nel sottosettore “vino e liquori”, di cui 1.696 produttori e commercianti di vino e 400 rivenditori di vino.

«L’Austria – ha commentato l’ad Christoph Tamandl – ha una lunga e diversificata tradizione e industria del vino. Come voce del commercio vinicolo austriaco, siamo lieti di diventare membri della Ceev e di unirci ai nostri colleghi di tutta Europa nel contribuire a politiche comunitarie lungimiranti che vanno a beneficio dei consumatori, del settore vinicolo e della società in generale».

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Introdotte le menzioni Abruzzo Dop Superiore per quattro territori

Novità per i vini dell’Abruzzo con l’introduzione di un nuovo modello che, a detta del Consorzio di Tutela vini locale, «cambierà il panorama delle denominazioni regionali». In particolare, è stata introdotta la menzione Superiore per quattro territori del vino d’Abruzzo.

Le “appellazioni provinciali” delle Doc d’Abruzzo che potranno fregiarsi delle menzioni Superiore (oltre che Riserva) sono Colline Teramane, Colline PescaresiTerre de L’Aquila e Terre di Chieti.

Il via libera, arrivato in questi giorni dal Mipaaf, con l’accoglimento da parte del Comitato Nazionale Vini della proposta avanzata nel 2019 dai produttori del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, porterà a ridurre da 8 a 1 sola le Igt.

«Obiettivo del nuovo modello – spiega il Consorzio – è di rafforzare la comune identità dell’enologia regionale. Valorizzando al contempo i singoli territori e rendendo più riconoscibile la scala dei valori».

Sempre secondo l’ente, «il riconoscimento di Superiore permetterà anche di evidenziare in etichetta il riferimento a territori più piccoli e identitari quali quelli provinciali». In futuro, spazio per riconoscimenti ancora più ristretti come i cosiddetti “cru”, le Unità Geografiche Aggiuntive (Uga / Mga), fino alla singola menzione di “vigna”.

Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg: i migliori all’Anteprima 2022

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Quattro “Marchi storici” per Fabbri 1905

Sono ben quattro i “Marchi storici di interesse nazionale” riconosciuti a Fabbri 1905 inseriti, a distanza di pochi mesi, nel Registro speciale dei Marchi Storici Italiani. Registro istituito con decreto del 10 gennaio 2020 dal Ministero dello Sviluppo Economico.

«Sono riconoscimenti di cui siamo molto orgogliosi. Certificano la nostra lunga storia di impresa di famiglia. Un’eccellenza che ha saputo re-inventarsi nel tempo, mantenendo saldo il legame con la tradizione e il territorio d’origine sentendo forte il compito di dover rappresentare sempre al meglio il Made in Italy», commenta Nicola Fabbri.

I quattro marchi di storicità concessi a Fabbri dall’Ufficio Brevetti e Marchi del Mise rappresentano un viaggio nel costume e nelle origini dell’industria manifatturiera del cibo italiano. Testimonianze del grande know-how, con radici profonde, che l’Italia ha in questo ambito.

I QUATTRO RICONOSCIMENTI

Capostipite tra i quattro riconoscimenti, il corporate brand “Fabbri” che con il suo inconfondibile lettering in corsivo blu entra nelle case degli Italiani e nel mondo da 117 primavere.

Non poteva mancare il riconoscimento al product brand più famoso, “Amarena Fabbri“. Era il 1915, quando Rachele, moglie di Gennaro Fabbri fondatore dell’azienda, inventa una nuova ricetta dando vita a un prodotto ancora oggi considerato inimitabile.

Una specialità gastronomica cui Gennaro decide di dare il più nobile dei contenitori. Un vaso in ceramica bianca decorato con arabeschi blu dal ceramista Riccardo Gatti di Faenza. Affettuoso dono che il fondatore dell’azienda fa alla moglie.

E proprio a quegli arabeschi blu su campo bianco del decoro faentino, identificato come segno distintivo della produzione dell’azienda, va il terzo riconoscimento come marchio storico. Un elemento grafico dalla straordinaria forza in difesa della proprietà intellettuale tanto da imporsi anche in Cina.

Nel 2020, infatti, la Corte del Popolo di Shanghai ha riconosciuto le ragioni della Fabbri contro un tentativo d’imitazione da parte di un produttore cinese. Un decoro troppo famoso anche nel Paese del Dragone per poter essere imitato.

Agli Sciroppi FabbriInventa Bibite” va il 4°, non banale, riconoscimento. Prodotti che devono molto della loro fama anche a un packaging dal design particolare. Una bottiglia sinuosa dalle forme ergonomiche, morbide e maneggevoli.

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Il disciplinare di certificazione nazionale sostenibilità filiera vitivinicola è realtà

«Con l’approvazione del disciplinare di certificazione nazionale della sostenibilità della filiera vitivinicola da parte del Ministero delle Politiche Agricole, l’Italia è il primo Paese a dotarsi di un sistema all’avanguardia e al passo con i tempi». Lo dichiara il deputato Filippo Gallinella (M5S), presidente della commissione Agricoltura.

Gallinella è il primo firmatario dell’emendamento che ha istituito il sistema unitario di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola, che utilizza le modalità del Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale di Produzione Integrata).

UN LOGO PER LA SOSTENIBILITÀ DEL VINO

Attraverso un logo distintivo, i vini italiani potranno certificare e comunicare di essere realizzati seguendo specifiche regole di produzione che diano importanza e attenzione ai relativi impatti ambientali.

«Giunge così a compimento – prosegue Gallinella – il percorso tracciato dalla norma che abbiamo voluto introdurre nel Decreto Rilancio, che raccoglie il lavoro compiuto negli ultimi anni dall’intera filiera del vino nel solco delle principali strategie comunitarie Green Deal e Farm to Fork».

Un valore aggiunto per il comparto vitivinicolo nazionale, leader nel mondo, e un fattore rilevante per i consumatori e il mercato, anche in questo momento in cui sembra che le tematiche relative alla sostenibilità ambientale siano passate in secondo piano, dinanzi ai drammatici scenari internazionali».

«ADEGUATO REDDITO AGRICOLO»

Attraverso il lavoro del CoSVi (il comitato della sostenibilità vitivinicola a cui partecipano Mipaaf, Regioni, Crea, Accredia e, a titolo consultivo, i produttori) sono state messe a sistema «le buone pratiche da seguire in campo e in cantina per garantire il rispetto dell’ambiente, la qualità e la sicurezza alimentare, la tutela dei lavoratori e dei cittadini e un adeguato reddito agricolo».

Nell’attesa che si completi il processo di integrazione dei diversi sistemi di certificazione, si utilizzeranno procedure e standard previsti dal Sqnpi.

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La Marca del Distributore (Mdd) è sempre più motore dell’economia

Marca by BolognaFiere accende i riflettori dell’edizione 2022, la numero 18: cinque padiglioni, quasi 900 espositori e 18 le insegne della Dmo. L’appuntamento con l’evento clou della Marca del distributore (Mdd) è per il 12 e 13 aprile 2022 al quartiere fieristico di Bologna.

I buyer sono tuttavia già pronti ad aprire le agende per l’Anteprima digital, in programma dal 4 all’11 aprile. Nel 2021, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia, Marca by BolognaFiere è diventata un evento online con ottimi risultati.

Un patrimonio che BolognaFiere ha voluto conservare riproponendo Digital Session per creare in anteprima i contatti tra buyer e espositori, che potranno poi incontrarsi di persona in fiera. La partecipazione è gratuita per i buyer e gli espositori, previa registrazione.

A meno di un mese da Marca by Bolognafiere emergono anche le ottime prestazioni della Marca del Distributore, nel 2021. Ad anticipare i contenuti del convegno che aprirà la kermesse di Bologna è stata Adm – Associazione distribuzione moderna., in occasione di una conferenza stampa tenutasi il 15 marzo a Milano.

CONVENIENZA E QUALITÀ DELLA MARCA DEL DISTRIBUTORE

L’acquisto di prodotti a Marca del Distributore (MDD) ha consentito agli italiani di risparmiare 2,1 miliardi di euro, circa 100 euro per famiglia. Convenienza e qualità di questi prodotti sono sempre più apprezzate dai consumatori.

Un importante fattore di risparmio nell’attuale contesto, caratterizzato dagli aumenti dei costi delle materie prime, dell’energia e della logistica e dalle conseguenze del conflitto in Ucraina. La Marca del Distributore contribuisce inoltre al sistema economico del Paese.

Rappresenta il 7,7% del fatturato dell’industria alimentare e sostiene più di 1.500 aziende che forniscono i prodotti per i marchi della Distribuzione Moderna, 84,6% delle quali piccole e medie. Nel 2021 la MDD ha fatto registrare un fatturato di 11,7 miliardi di euro, con una quota di mercato del 19,8%, crescente rispetto al periodo pre-Covid, e in linea con i valori record registrati durante la pandemia.

«I dati della ricerca – commenta Marco Pedroni, Presidente di Adm – confermano l’importanza sociale della Distribuzione Moderna, che durante la crisi pandemica ha mostrato una rilevante capacità di resilienza».

Sentiamo oggi la responsabilità di offrire un punto di riferimento solido per le famiglie in una congiuntura economica caratterizzata da qualche mese di inflazione e fortemente peggiorata dalla drammatica guerra in Ucraina. In questa fase i prodotti MDD possono dare un contributo importante alla difesa del potere di acquisto dei consumatori».

LA CRESCITA DELLA MARCA DEL DISTRIBUTORE

La Marca del Distributore negli ultimi anni è cresciuta tre volte di più dell’industria alimentare. Merito della crescita dell’apprezzamento da parte del consumatore finale. L’incidenza della MDD sul fatturato totale dell’industria alimentare nel 2021 (pari al 7,7%, in crescita rispetto all’incidenza del 7,4% registrata nel 2019) spiega il 60% dell’incremento dell’industria alimentare nel mercato domestico negli ultimi 18 anni, al netto dell’export.

The European House – Ambrosetti ha investigato la galassia delle aziende MDD partner analizzando 50 indicatori di bilancio di un campione rappresentativo di 610 di esse. Dall’analisi dei bilanci emerge che la Marca del Distributore ha favorito il rafforzamento della loro dimensione industriale e competitiva negli ultimi 7 anni.

Rilevante anche il contributo in termini occupazionali: sono 240.000 i lavoratori della filiera (Industria alimentare, Intermediazione e Distribuzione). «La Marca del Distributore sostiene una filiera lunga – dichiara Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo di The European House Ambrosetti – che coinvolge più di 50 sotto-comparti economici e 1.500 aziende MDD partner, con le quali instaura relazioni di collaborazione strategica di lungo periodo sostenendone la crescita, la competitività e l’innovazione».

IL RUOLO SOCIALE DELLA MDD

La Marca del Distributore svolge un importante ruolo sociale. Sostiene il potere d’acquisto delle famiglie italiane, con un impatto rilevante in un contesto di crescente pressione inflattiva e di elevata incertezza economica».

Al convegno di apertura di Marca, oltre a Valerio De Molli (The European House – Ambrosetti) e Nando Pagnoncelli (Ipsos) interverranno: Gianpiero Calzolari (Presidente, BolognaFiere); Vincenzo Colla (Assessore allo Sviluppo Economico e GreenEconomy, Regione Emilia-Romagna).

E ancora: Chiara Saraceno (Sociologa e filosofa; Presidente del Comitato per la Valutazione del Reddito di Cittadinanza del Governo italiano); Monica Poggio (Chief Executive Officer, Bayer Italia); Stefano Patuanelli (Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali); Gilberto Pichetto Fratin (Viceministro allo Sviluppo Economico); Marco Pedroni (Presidente, ADM).

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Vigneti Aperti 2022: benvenuta Primavera con il Movimento Turismo del Vino


FOTONOTIZIA – Torna Vigneti Aperti, l’iniziativa lanciata per la prima volta lo scorso anno dal Movimento nazionale Turismo del vino. L’appuntamento è per il 20 marzo 2022, data che coincide con l’inizio della Primavera.

Gli appuntamenti locali saranno diffusi dalle cantine aderenti e dalle delegazioni locali del Movimento cardine dell’enoturismo italiano. Il calendario del Mtv proseguirà poi con Calici di Stelle (29 luglio-15 agosto), Cantine Aperte in Vendemmia (settembre – ottobre), Cantine Aperte a San Martino (dal 5 al 13 novembre) e Cantine Aperte a Natale (nel Dicembre 2022).

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Berliner Wine Trophy 2022, l’Italia sbaraglia la concorrenza con 664 vini a medaglia

L’Italia è il Paese più premiato al Berliner Wine Trophy 2022. La Sessione invernale della massima competizione enologica mondiale patrocinata dall’Oiv vede sul podio 664 vini del Bel paese, sui 1869 presentati (35,5%). Tra questi, 9 medaglie Grand Gold. Un dato importante, se si considera che nel 2019 l’Italia aveva portato a casa “solo” 385 medaglie e 4 Grand Gold.

Secondo posto in graduatoria al Berliner 2022 per la Spagna, con 480 vini premiati ( 7 Grand Gold) su 1665 presentati (29%). I padroni di casa della Germania si aggiudicano 269 medagli (4 Grand Gold) su 1037 vini presentati (26%).

Segue a ruota la Francia (859 vini presentati, 287 premiati) con l’ottima percentuale di 33,5% e 8 Grand Gold. Bene anche il Portogallo, con 674 vini presentati e 167 premiati (25%), di cui 7 Grand Gold.

Soddisfatto Henk Gibramczik, direttore operativo della Dwm – Deutsche Wein Marketing, che organizza l’evento: «Quella del vino – commenta – è un’industria sempre più moderna, con consumatori sempre più consapevoli ed esigenti. Ecco perché credo che sia responsabilità dei concorsi di alto livello come il Berliner Wine Trophy assegnare equamente le medaglie a quei prodotti che si distinguono più dagli altri».

Durante le sessioni invernali del Berliner 2022 è stata inoltre annunciata la prossima sede del Portugal Wine Trophy. Sarà la splendida isola di Madeira. Dopo aver goduto dell’ospitalità del Comune di Anadia, nella regione della nota Dop Bairrada, l’evento satellite di Berlino si svolgerà nell’arcipelago dell’Atlantico.

Gli organizzatori potranno contare sull’appoggio dell’Instituto do Vinho, Bordado e Artesanato da Madeira, ovvero l’Istituto del Vino, del Ricamo e dell’Artigianato di Madeira (Ivbam). Le degustazioni si terranno dal 28 aprile al 1 maggio 2022, sotto il patrocinio Oiv, Uioe e VinoFed.

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Morellino di Scansano: 9,2 milioni di bottiglie nel 2021, ma la domanda supera l’offerta

La domanda di Morellino di Scansano Docg supera l’offerta con una produzione di 9,2 milioni di bottiglie, circa il 7% in più rispetto al 2019. Sono alcuni dati che fotografano l’attuale situazione della nota denominazione toscana.

L’indagine, condotta da LT Wine & Food Advisory per il Consorzio di Tutela del Morellino di Scansano, ha preso in esame alcuni dei principali indicatori che evidenziano una denominazione molto dinamica, che continua costantemente a migliorare il posizionamento dei suoi vini in tutti i canali di distribuzione nei quali è presente.

Il Morellino di Scasano Docg – commenta Alessio Durazzi, direttore del Consorzio Tutela Morellino di Scansano – evidenzia da alcuni anni un trend di crescita grazie alla strategia messa a punto dal Consorzio per consolidare il valore e la qualità della denominazione. Sono in costante aumento le vendite, con indicatori molto positivi per la nostra base produttiva».

I 9,2 milioni di bottiglie prodotti hanno un valore alla produzione di circa 51 milioni di euro, distribuite per l’80% in Italia e per la restante quota principalmente in paesi come Stati Uniti d’America, Germania, Belgio e Svizzera.

I CANALI DEL MORELLINO DI SCANSANO DOCG

Nei canali di distribuzione moderna il Morellino di Scansano emerge non solo per crescita dei volumi, +5,3%, ma anche a valore, +6,7% grazie ad un incremento del prezzo medio dell’1,2%. Notizie positive arrivano anche dal canale Horeca, all’interno del quale spicca l’ottimo posizionamento, sia in Italia che all’estero, con una presenza sempre maggiore nelle carte dei vini dei ristoranti.

Ottimo, infine, è anche l’andamento del vino sfuso, con il prezzo per ettolitro del Morellino di Scansano Docg in continua ascesa a partire dal 2019. A gennaio 2022 si è registrato un aumento del 47% con un valore di 330 euro per ettolitro.

Il valore dello sfuso – commentava a winemag.it Alessio Durazzi durante Wine Paris 2022 – è un indicatore molto importante. Siamo passati dai 170, 180 euro all’ettolitro del 2016 a cifre di scambio che variano dai 300 ai 350 euro ad ettolitro. Abbiamo superato Denominazioni importanti.

Il Consorzio sta gestendo la Denominazione, tutelando il territorio in termini di valore. La richiesta cresce, ma non dobbiamo lasciarci ingolosire da questa crescita. Il nostro lavoro è proprio questo: gestire la Docg».

«Non possiamo che essere soddisfatti dei risultati emersi da questa indagine – aggiunge Bernardo Guicciardini Calamai, presidente del Consorzio Tutela Vini Morellino di Scansano. La costante crescita di interesse verso i vini del nostro distretto produttivo è evidente.».

«Dobbiamo continuare lungo questo percorso – conclude il massimo rappresentante del Consorzio della Docg toscana – che consolida il posizionamento dei vini della nostra denominazione, attraverso lo sviluppo di un’identità sempre più legata al territorio, alla sua storia ed alla consapevolezza di essere sempre più una delle denominazioni di riferimento in Toscana».

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Cantina Tramin chiude l’anno solare con un +30%

Il bilancio 2021 di Cantina Tramin raggiunge per la prima volta quota 15 milioni di euro di vino imbottigliato. La crescita complessiva si attesta sul +30% rispetto al 2020 e sul +9% in rapporto al 2019. A trainare le vendite si conferma come prima varietà il Gewürztraminer, per un introito che rappresenta il 27% del fatturato totale. Segue lo Chardonnay, cresciuto del 26% rispetto al 2019.

«Siamo molto soddisfatti del traguardo raggiunto – sottolinea Wolfgang Klotz, direttore commerciale di Cantina Tramin -. In particolare, tengo a sottolineare la performance di Glarea, la nuova interpretazione di Chardonnay alpino presentata lo scorso ottobre. Nei primi tre mesi di messa in commercio, infatti, le vendite hanno superato il 63% della produzione. Risultato che conferma la qualità del lavoro svolto intorno a questa varietà».

IL TREND

La crescita di Cantin Tramin sorprende ancora di più considerando il -10% registrato a livello regionale a causa della mancata stagione invernale del 2021, calo che ha toccato soprattutto i vini rossi autoctoni come il Lagrein. Il trend positivo ha riguardato anche il mercato estero, con le esportazioni cresciute del +35% rispetto al 2019.

Le premesse per il 2022 sono altrettanto favorevoli in termini di qualità di prodotto, con una flessione tuttavia per quanto riguarda la quantità, dovuta alla scarsità vendemmiale dell’ultima annata.

L’evento più atteso di Cantina Tramin del 2022 sarà la presentazione di Epokale 2015., conico Gewürztraminer vendemmia tardiva che affina sette anni al buio della miniera di Ridanna Monteneve, a oltre 2.000 metri di altitudine.

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Assoenologi, al via il 75° Congresso nazionale

Dopo l’edizione a distanza del novembre 2020 ed il recente rinvio il Congresso nazionale di Assoenologi torna in presenza, a Verona il 25, 26 e 27 marzo 2022. Un appuntamento importante che ricade in occasione dei festeggiamenti per il 130° anniversario dalla nascita dell’Associazione degli enologi ed enotecnici italiani.

Una tre giorni di interessanti relazioni, tavole rotonde, degustazioni, e un’ambiziosa serata di gala con il concerto per i 130 anni di Assoenologi. E saranno proprio i “130 anni al servizio della categoria e del vino italiano” a fare da filo conduttore alla tre giorni congressuale.

IL PROGRAMMA DEL 25 MARZO

Il 75° Congresso si aprirà ufficialmente alle ore 17,45 di venerdì 25 marzo. L’intero congresso sarà interamente trasmesso in diretta anche sui canali social dell’Associazione. Si alterneranno al podio numerosi rappresentanti di istituzioni locali e nazionali.

Apriranno i lavori i saluti del presidente nazionale di Assoenologi Riccardo Cotarella e del presidente della Sezione veneta Alberto Marchisio. Interverranno il sindaco di Verona Federico Sboarina, il presidente di Veronafiere Maurizio Danese e il direttore generale di Veronafiere Giovanni Mantovani. Chiuderà la presidente de Le Donne del Vino, Donatella Cinelli Colombini.

A questi interventi seguirà una tavola rotonda, condotta dal giornalista Bruno Vespa, sul tema “Tutela e valorizzazione del patrimonio vitivinicolo italiano”. Parteciperanno il sottosegretario di Stato alle politiche agricole Gian Marco Centinaio, il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, e il senatore Dario Stefàno, presidente della Commissione permanente delle Politiche dell’Unione europea al Senato della Repubblica. Al temine i tre ospiti riceveranno il diploma di soci onorari di Assoenologi.

La prima giornata si chiuderà con la consegna dei Premi Speciali di Assoenologi:

  • Personaggio dell’anno” a Dario Stefàno;
  • Comunicazione” al giornalista di Repubblica Giuseppe Cerasa;
  • Miglior ricerca scientifica italiana” a Alberto De Iseppi per il lavoro “Valorizzazione delle fecce di vinificazione come fonte di mannoproteine per l’enologia” condotto con il Dipartimento Dafnae dell’Università di Padova, il Centro di Ricerca in Viticoltura ed Enologia (Cirve), di Conegliano e il South African Grape and Wine Research Institute di Stellenbosch, Sudafrica.
IL PROGRAMMA DEL 26 MARZO

Nella giornata di sabato 26 marzo saranno quattro i momenti congressuali che si terranno sempre presso il centro congressi di Veronafiere.

Il primo sarà dedicato alle “Tendenze del marketing e del mercato del vino”. Relatori saranno Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor, Alessandro Rossi, National Category Manager Wine di Partesa, azienda leader nella distribuzione per il canale horeca. Vincenzo Russo, docente di Psicologia e neuromarketing presso la Iulm di Milano e Sergio Cimino, docente di organizzazione aziendale e strategia d’impresa in diverse università.

Il secondo chiamerà in causa tre ministri della Repubblica, Renato Brunetta, Massimo Garavaglia e Stefano Patuanelli che, con la professionale conduzione di Bruno Vespa, si confronteranno sul tema “Il vino al centro della ripresa economica”.

Il pomeriggio di sabato 26 marzo vedrà una tavola rotonda a cui parteciperanno Narciso Zanchetta, Ezio Rivella, Pietro Pittaro, Mario Consorte, Giancarlo Prevarin, per chiudere con il presidente in carica Riccardo Cotarella.

Seguirà un confronto su “La sostenibilità in vigneto e in cantina”. Parteciperanno il professor Ettore Capri dell’Università cattolica di Piacenza, Stefano Stefanucci, direttore di Equalitas e Giuseppe Ciotti, coordinatore del Sistema di qualità nazionale produzione integrata del Mipaaf. La conduzione è affidata al professor Vincenzo Gerbi, ordinario di Scienze e tecnologie alimentari presso l’Università degli Studi di Torino.

IL PROGRAMMA DEL 27 MARZO

Il congresso continuerà domenica 27 marzo con un programma di degustazioni. Alla presentazione di quindici vini provenienti da vitigni storici e particolari delle diverse regioni italiane, raccontati dai presidenti delle Sezioni Assoenologi insieme agli enologi che li hanno prodotti.

Seguirà una “verticale di Amarone” di cinque annate, la più vecchia sarà del 1967, condotta dal giornalista Luciano Ferraro e raccontata da Daniele Accordini e Andrea Lonardi, direttore tecnico della Cantina Bertani, artefice dei vini protagonisti di questa sessione.

Il 75° Congresso nazionale si svolge con il patrocinio del Ministero delle politiche agricole alimentari forestali, della Regione Veneto e del Comune di Verona. Partner istituzionali sono Consorzio Vini Valpolicela, Divinea, Veronafiere e Vinitaly.

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I vignaioli Luigi Maffini e Diletta Nember Cavalleri nuovi vicepresidenti Fivi

È terminata da pochi minuti a Roma la prima riunione del nuovo Cda di Fivi, che ha eletto vicepresidenti Luigi Maffini (Campania) e Diletta Nember Cavalleri (Lombardia). Saranno loro ad affiancare ai vertici della Federazione italiana vignaioli indipendenti il nuovo presidente Lorenzo Cesconi (Trentino).

Il Cda ha inoltre confermato nel ruolo di Segretaria Rita Babini. Per la vignaiola emiliana anche il ruolo di coordinatrice dei rapporti con Cevi, organismo di rappresentanza dei vignaioli europei.

Confermato nel nuovo Consiglio di amministrazione della Federazione italiana vignaioli indipendenti Walter Massa (Piemonte), da alcuni ritenuto papabile per la vicepresidenza e, ancor prima dell’esito delle elezioni, addirittura come potenziale presidente Fivi. Già stabilita la data della prossima riunione del Cda, che si terrà a Bologna il 21 marzo.

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Il vino con la pizza: il catalogo Metro che stuzzica i ristoratori italiani (e provoca le cantine)

EDITORIALE – Il vino con la pizza, anzi: ad ogni vino la sua pizza, o ad ogni pizza il suo vino. Con il nuovo Catalogo “Carta Vini Primavera“, Metro Italia stuzzica i ristoratori italiani. E, forse inconsapevolmente, invita tutti a ragionare su quanto larga sia la fetta (non di pizza, ma di mercato) a cui le cantine italiane sembrano rinunciare senza troppe domande. Puntando tutto sull’estero o alta (altissima) ristorazione.

Già, perché quando ci si lamenta della povertà delle carte vini di molti ristoranti e pizzerie “di vicinato”, non si considera come numerose cantine snobbino la “ristorazione quotidiana“. Preferendo una caccia all’importatore estero dispendiosa e non sempre fruttuosa, nonché la corte amorosa all’head sommelier del ristorante stellato Tal dei Tali o Pinco Palla.

Certo, le foto delle bottiglie sui tavoli di New York, così come quelle sui tavoli d’avanguardia culinaria, servono (anche) a dare lustro al brand. Ma perché non impegnarsi nella comunicazione porta a porta, di vicinato, regionale o basata su Aree (per usare un termine Nielsen) di prossimità, rispetto alla sede operativa della cantina? Perché, in sostanza, non ricominciare dall’Italia?

I clienti di ristorantini, osterie di paese e pizzerie ne gioverebbero, così come la cultura del vino italiano, che andrebbe insegnata dalle basi, capovolgendo l’assurdo sillogismo, “ignorantotto”, secondo il quale se il vino è molto costoso, quindi è buono (per forza).

Ecco dunque, sul Catalogo “Carta Vini Primavera” di Metro Italia, una “Pizza leggera“, dai sentori semplici e con condimenti delicati, abbinata a un Müller Thurgau o a un Rosato Toscana Igt.

Per la “Pizza Ricca“, connotata da ingredienti saporiti a cui tener testa, l’insegna Cash and Carry propone Bonarda dell’Oltrepò pavese e Sangiovese Rubicone Igt. Per la “Pizza Rossa“, un Friuli Doc Pinot Grigio e un Collio Doc Sauvignon. Per la “Pizza Bianca” è caccia all’equilibrio perfetto, da centrare con un Prosecco Doc Treviso Extra Dry o un più strutturato Trento Doc.

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Guerra Russia-Ucraina, Nomisma Wine Monitor: Italia top exporter più penalizzato

Nel 2021 la Russia ha importato 345 milioni di euro di vino italiano (+18% rispetto all’anno precedente), facendo del nostro paese il suo primo fornitore. Lo stesso vale per l’Ucraina, con circa 56 milioni. Ecco perché la guerra in corso tra Russia e Ucraina, sottolinea Nomisma Wine Monitor, vede l’Italia del vino in testa alla classifica dei Paesi “top exporter” più penalizzati.

Con 400 milioni di euro, i due paesi dell’Est Europa contano quasi il 6% di tutto l’export di vino del Bel Paese. Ma al di là del dato aggregato, gli effetti del conflitto si riverberano soprattutto sui singoli vini.

Nel caso dell’Asti, Russia e Ucraina pesano congiuntamente per oltre un quarto del proprio export. Per gli altri top exporter, gli impatti sono invece marginali: per il Cava spagnolo o i Cremant francesi, l’incidenza di questi due mercati è inferiore al 2%.

Se il mercato russo è (era) ben consolidato, sono più ridotti ma fortemente in crescita (+200% negli ultimi cinque anni) gli acquisti dall’Ucraina: 56 Milioni di euro, per un valore aggregato, appunto, di circa 400 milioni di euro.

GUERRA RUSSIA-UCRAINA: GLI EFFETTI SUL MERCATO DEL VINO

Per Francia e Spagna, gli altri top exporter che vendono vino a questi due mercati, il “danno emergente” derivante dal conflitto è più ridotto: 217 milioni di euro per i francesi, 146 milioni per gli spagnoli, vale a dire rispettivamente il 2% e 5% dell’export totale di vino.

«Al di là degli impatti aggregati, i danni più consistenti legati a questa tragica guerra sono riconducibili ad alcune denominazioni e categorie di vini italiani. Nel caso dell’Asti Spumante parliamo della potenziale perdita di un quarto del proprio export, così come del 20% delle vendite oltre frontiera di spumanti generici italiani o del 13% di vini frizzanti», dichiara Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma.

È infatti risaputo come i consumatori russi e dell’est Europa prediligano vini frizzanti e spumanti dolci e con prezzi competitivi. Un gradimento che finisce inevitabilmente per colpire i produttori specializzati in queste tipologie, Italia in primis.

FRANCIA E SPAGNA MENO PENALIZZATE

Andando a vedere gli impatti sulle altre denominazioni o tipologie di vini francesi e spagnoli – conclude Pantini – non si riscontrano infatti analogie simili a quelle italiane.

Cava spagnolo, Cremant francesi o spumanti generici di entrambi i paesi vendono in questi due mercati meno del 2% del relativo export di categoria e lo stesso si evince per i vini fermi Dop come Bordeaux, Borgogna, Rioja dove l’incidenza è inferiore all’1%».

Anche per i vini fermi Dop italiani, Russia e Ucraina presentano fortunatamente incidenze marginali sulle relative esportazioni. Quelle più alte si riscontrano per i vini fermi siciliani Dop (8%) e per i vini bianchi Dop veneti (4%).

Nel caso del Prosecco, prima denominazione italiana esportata nel mondo, il peso di Russia e Ucraina per le relative esportazioni è inferiore al 5%. Anche se va detto che negli ultimi tre anni, in piena pandemia, le vendite della nostra più famosa “bollicina” in questi due mercati erano raddoppiate.

Dall’enoteca del centro di Kiev alle notti in metropolitana: la storia di Alie, nell’Ucraina invasa dai russi

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Lorenzo Cesconi nuovo presidente della Federazione vignaioli Fivi


Lorenzo Cesconi
è il nuovo presidente di Fivi, Federazione italiana vignaioli indipendenti. Il vignaiolo del Trentino sarà quindi il successore di Matilde Poggi. L’assemblea dei soci, che si è riunita nel primo pomeriggio, ha dapprima eletto il nuovo Cda.

In ordine di preferenze: Babini Rita (Emilia Romagna) 442, Cesconi Lorenzo (Trentino) 416, Morella Gaetano (Puglia) 365, Botti Ludovico Maria (Lazio) 354, Maffini Luigi (Campania) 354, Ferraro Luca (Veneto) 335, Nember Diletta (Lombardia) 322.

IL NUOVO CONSIGLIO DEI VIGNAIOLI INDIPENDENTI

E ancora: Vaja Stefan (Alto Adige) 309, Pizzamiglio Stefano (Emili Romagna) 307, Beretta Paolo (Marche) 285, De Franco Francesco Maria (Calabria) 273, Pavese Esrmes (Valle d’Aosta) 256, Raspi Monica (Toscana) 175, Monti Pietro (Piemonte) 139, Massa Walter (Piemonte) 131.

Esclusi, invece, Picchioni Andrea (Lombardia) 113, Pieropan Andrea (Lombardia) 105, Natale Fino Simona (Puglia) 86, Corazza Cesare (Emilia Romagna) 78, Gaspari Celestino (Veneto) 71, Parma Davide (Liguria) 38.

Oltre alla nomina del nuovo consiglio e del nuovo presidente Fivi Lorenzo Cesconi, i soci della Federazione hanno approvato il rendiconto finanziario con oltre 550 voti favorevoli, 20 contrari e 2 astenuti. Presentato e approvato anche il bilancio preventivo 2022.

IL COMMENTO DEL NUOVO PRESIDENTE FIVI LORENZO CESCONI

«Ringrazio i vignaioli e i consiglieri – sono le prime parole di Lorenzo Cesconi – che mi hanno dato fiducia e hanno scelto di affidarmi il ruolo di presidente di questa grande famiglia che è Fivi. Una famiglia che è cresciuta in numero di associati, siamo ormai quasi a 1400 soci, ma anche come autorevolezza.

Fivi è ormai riconosciuta sia a livello politico che sindacale come un interlocutore serio e affidabile. Credo nei valori che il concetto di Vignaiolo esprime: lavorare nel e per il territorio, applicando la stessa filosofia, legata ai valori della terra, dal vigneto alla cantina fino alla vendita».

«Il mio impegno come presidente – conclude Lorenzo Cesconi – è di continuare il lavoro di chi mi ha preceduto, Costantino Charrere e Matilde Poggi. Conto sull’aiuto di tutti per farlo al meglio perché Fivi è fatta di braccia, tante braccia e teste che lavorano per raccogliere i frutti che ci dona la terra».

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Le Famiglie Storiche: 13 magnum per l’asta “Rescue the Grapes”

L’associazione Le Famiglie Storiche parteciperà, con un lotto di 13 Magnum dei suoi migliori Amarone, alla prestigiosa Asta online “Rescue the Grapes“. L’asta sarà attiva per 15 giorni sul sito web di Christie’s a partire dal prossimo 15 marzo. Partecipano all’asta oltre 40 aziende internazionali del gotha del vino offrendo lotti di vini rari, degustazioni uniche e tour nelle aziende.

«Abbiamo accolto con favore l’invito – spiega il Presidente in carica di Le Famiglie Storiche Alberto Zenato – consapevoli delle vaste problematiche che i mutamenti climatici pongono alla vitivinicoltura. La responsabilità di impresa su questi temi e la ricerca della sostenibilità produttiva sono diventate un dovere così come contribuire a sostenere ricerche e studi che ne favoriscano l’implementazione».

L’INIZIATIVA

L’evento, istituito dal Ceo di Gfh Global Arlene Willis, si propone come risposta ai drammatici cambiamenti che stanno interessando la vitivinicoltura con regioni viticole storiche costrette a considerare nuovi vitigni e la vitalità di intere aree minacciata.

L’iniziativa è stata promossa da Arlene Willis insieme a Miguel Torres, tra i più importanti produttori spagnoli e co-fondatore dell’International Wineries for Climate Action, e al giornalista Hugh Johnson.

I proventi ricavati dalle vendite dei vari lotti saranno devoluti ad alcune organizzazioni impegnate nella elaborazione di soluzioni climatiche per la vitivinicoltura. Tra esse The Porto Protocol, Tasting Climate Change, Climate Adaptation Certificate Program e Napa Valley Vintners Association oltre che a partners storici Yamba Malawi e Has Haiti.

IL LOTTO MESSO IN ASTA

Il lotto di 13 magnum di Amarone, ciascuna firmata dal suo produttore, che Le Famiglie Storiche hanno messo a disposizione è composto da:

  • Allegrini – Amarone della Valpolicella Classico Docg 2017
  • Begali- Amarone della Valpolicella Classico Docg  2017
  • Brigadara – Case Vecie, Amarone della Valpolicella Docg 2015
  • Guerrieri Rizzardi – Amarone della Valpolicella Docg Cl. Villa Rizzardi 2011
  • Masi – Riserva di Costasera Amarone Classico della Valpolicella Docg 2015
  • Musella – Amarone della Valpolicella Docg 2012
  • Speri – Sant’Urbano, Amarone Classico della Valpolicella Docg 2015
  • Tedeschi – Capitel Monte Olmi, Amarone della Valpolicella Docg Classico Riserva 2015
  • Tenuta Sant’Antonio – Antonio Castagnedi, Amarone della Valpolicella Docg 2016
  • Tommasi – Amarone della Valpolicella Classico Docg 2016
  • Torre d’Orti – Amarone della Valpolicella Docg 2017
  • Venturini – Amarone della Valpolicella Classico Docg  2015
  • Zenato – Amarone Classico della Valpolicella Docg Riserva Sergio Zenato 2008
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Il Primitivo di Manduria cresce nel 2021. Il Consorzio: «Sempre più copiato»

Oltre 23 milioni di litri (+ 2 milioni rispetto al 2020) che equivalgono a più di 30 milioni di bottiglie (+ 2 milioni rispetto al 2020) con un fatturato di 195 milioni di euro (+ 13 milioni rispetto al 2020). Sono i numeri del 2021 del Primitivo di Manduria. Un +7,2% rispetto al 2020.

«Il Primitivo di Manduria – commenta Novella Pastorelli, presidente Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria – è un brand riconosciuto in tutto il mondo. Un vino che non conosce crisi, soprattutto all’estero, con un exploit importante su tutti i mercati nazionali ed internazionali.

Ed è proprio l’essere così amato all’estero che il Primitivo di Manduria è il prodotto sul quale maggiormente si concentrano quotidianamente fenomeni di imitazione e contraffazione.

Questo è uno degli scopi principali che persegue Consorzio di Tutela, ovvero combattere condotte illecite intervenendo con massicce azioni legali in ogni parte del mondo, mirate a contrastare opere di contraffazione ed emulazioni».

Il Consorzio del Primitivo di Manduria blocca falsi in Svizzera, Sud Africa e Italia

Secondo la presidente del Consorzio di Tutela, «si tenta di registrare marchi che evocano il Primitivo di Manduria e che ne usurpino l’avviamento commerciale anche in vista di continui aumenti della produzione».

In quest’ottica il Consorzio di Tutela ha attivato 64 cause legali «per bloccare moltissimi marchi ingannevoli, sia marchi figurativi che marchi denominativi». Trentacinque le battaglie vinte  (le altre sono ancora in corso) fino ad oggi: due in Cina, una in Cile, cinque in Spagna, tredici in Italia, una in Sud Africa, una in Germania, una in Portogallo, una in Francia.

È stata sospesa la commercializzazione in Europa di 8 marchi depositati presso l’Euipo, l’Invalidity division dell’Ufficio dell’Unione europea per la Proprietà intellettuale). Inoltre, è stato acquistato dal Consorzio di Tutela un dominio con la dicitura primitivodimanduria.

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a tutto volume eventi

Roma Whisky Festival, il 5 e 6 marzo presso il Salone delle fontane

Si terrà sabato 5 e domenica 6 marzo 2022, la decima edizione del Roma Whisky Festival, presso il Salone delle Fontane che da qualche anno ospita l’appuntamento. L’evento, con la direzione artistica di Andrea Fofi e la consulenza di Pino Perrone. vedrà “re” dei distillati assoluto protagonista per whisky lovers, produttori, importatori, distributori, commercianti e bartender.

Dopo due anni di stop – dichiara Andrea Fofi – la nostra squadra, come la nostra sete di whisky, non si è mai fermata. Abbiamo continuato a esplorare, a imparare, a divertirci e crescere nel mondo senza confini del mondo-whisky».

Il Roma Whisky Festival si estenderà su 2 mila metri quadri di spazio espositivo. Sarà possibile incontrare le aziende e scoprire le centinaia di prodotti in degustazione. Sono inoltre in programma oltre 20 masterclass per esperti e neofiti e i corsi per principianti “Abc del Whisky” della durata 25 minuti.

IL PROGRAMMA

Grande attenzione anche al food. Uno spazio sarà interamente dedicato al cioccolato, con “Fonderia Dolci & Design” e uno allo storico pub Le Bon Bock, presente al Roma Whisky Festival con un pub che proporrà birre inglesi alla spina e qualche altra prelibatezza della tipica cucina scozzese.

Da sempre un ottimo connubio con i whisky, i sigari saranno in degustazione grazie al nuovo partner, il Club Amici del Toscano. All’interno della manifestazione sarà possibile degustare prodotti e acquistare bottiglie. In particolare allo stand del Roma Whisky Festival saranno in vendita le edizioni limitate degli imbottigliamenti ufficiali della X edizione.

Il Caol Ila 15 y.o. – First Fill Bourbon Hogshead è già in pre-ordinazione sul sito di Whisky & Co. e ritirabile in fiera, mentre il secondo imbottigliamento verrà svelato durante il festival. Come ogni anno al festival sarà possibile assaggiare i prodotti vincitori del Premio Whisky & Lode consegnato da una giuria di esperti. I blind tasting decreteranno le migliori bottiglie in gara delle categorie Best World Whisky, Best Single Cask.

A valorizzare il whisky nella versione miscelata ci pensa Oro Whisky Bar. Il nuovo bar di Viale Giotto interamente dedicato al whisky si sposta per un giorno dentro il Salone delle Fontane.

LA NOVITÀ

Grande novità della decima edizione. Il Roma Whisky Festival non si esaurisce al Salone delle Fontane, ma, con il progetto “Whisky in Town” coinvolge cinque locali della città, da tempo famosi poli della cultura del whisky. Oro Whisky Bar, The Jerry Thomas Speakeasy, Treefolk’s Public House, Le Bon Bock e il Banana Republic.

I Locali nelle serate del 5 e 6 marzo proporranno una drink list speciale dedicata a un brand di whisky, sapientemente servito miscelato da un bartender ospite.  Il programma completo del Roma Whisky Festival, le masterclass e gli stand sono disponibili sul sito dell’evento.

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Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg: i migliori all’Anteprima 2022

A quasi 20 anni dal riconoscimento della Docg, i produttori del Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo tirano le somme all’Anteprima 2022. Una preview, quella andata in scena mercoledì 2 marzo a Teramo, utile a sondare lo stato dell’arte di una denominazione che vuole farsi largo nel campo minato del Montepulciano d’Abruzzo. Uno dei vini italiani più amati dal grande pubblico, italiano ed internazionale.

Gli appena 172 ettari della Docg teramana e la produzione annua che si aggira attorno alle 450 mila bottiglie sono la fotografia esaustiva di una “nicchia” che intende distinguersi nel panorama vinicolo abruzzese, soprattutto in termini di posizionamento prezzo e valorizzazione del parco vigneti.

Non a caso, la parola più utilizzata nel discorso introduttivo rivolto alla stampa dal presidente del Consorzio, Enrico Cerulli Irelli (nella foto, sotto) è stata «identità». Un tema che tiene unite le 39 cantine associate all’ente di Roseto degli Abruzzi, nato nel 2003 e diventato sin da subito – nonostante le risicate dimensioni, in termini di rappresentanza – la casa del dibattitto più costruttivo sul futuro del Montepulciano.

LO STATO DELL’ARTE DELLA DENOMINAZIONE, NEL CALICE

Ventuno i Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo Docg in degustazione durante l’Anteprima 2022 (2020, 2019, 2018 e 2015), accanto a diciotto vini Riserva delle annate 2017, 2016, 2015, 2013 e 2011. Al netto dello stile dei singoli produttori, meglio i primi dei secondi.

La Riserva, come in molte altre denominazioni del vino italiano, sembra pagare lo scotto di un’interpretazione anacronistica del concetto stesso di “vino riserva”. Ecco dunque sovraestrazioni, grassezze e un utilizzo strabordante dei legni, a coprire primari e varietale. E a stordire, in definitiva, quel cavallo di razza che il Montepulciano d’Abruzzo sa essere, in svariate interpretazioni regionali.

La polvere sulle spalle di molti vini Riserva viene spazzata via dalla goduriosità e freschezza di diversi Colline Teramane Docg. I 21 vini “base” in degustazione, spaziando dalla fascia litorale adriatica a quella collinare-montana del Gran Sasso, mostrano tutta la variabilità e proattività di un territorio tutto sommato ristretto, che non rinuncia comunque a interpretazioni “sottozonali” del Montepulciano.

IN ARRIVO LA TIPOLOGIA SUPERIORE

Tra il Colline Teramane Docg “Giovane” (affinamento minimo di un anno e immissione in commercio dal 1° novembre dell’anno successivo alla vendemmia) e il Colline Teramane Docg “Riserva” (almeno 3 anni di invecchiamento, di cui almeno uno in legno) sarà presto introdotta una nuova tipologia.

Si tratta del “Superiore“, che si collocherà a metà della piramide qualitativa. Il tutto, nel contesto di un Abruzzo del vino che sta vivendo un momento di grande dinamicità.

Oltre alle elezioni ormai prossime in casa del Consorzio vini regionale (quasi scontata l’elezione di un rappresentante di Cantina Tollo, il nome più caldo è quello del presidente Tonino Verna) è da poco nata una delegazione Fivi locale, che raggruppa 20 vignaioli indipendenti abruzzesi e due molisani.

ANTEPRIMA COLLINE TERAMANE MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOCG: LA DEGUSTAZIONE

  • Colline Teramane Docg 2020 Versosera, Velenosi (Ascoli Piceno)
    Colore molto carico, visibilmente giovane. Gran bel frutto polposo. Bella energia, naso vibrante e vivo. Ossigenazione porta tinte agrumate e accentua la parte floreale. Molto bello questo naso, armonico e teso. Il palato conferma le impressioni: vino vivo, fresco, vibrante. Manca un po’ di peso specifico in centro bocca, ma ne giova la bevibilità. Chiude su agrumi e spezie, sempre in maniera armonica. 86/100
  • Colline Teramane Docg 2020, Tenuta Terraviva (Tortoreto)
    Colore meno intenso del precedente, buona trasparenza e luminosità. Naso profondo ma delicato, floreale. Frutto croccante appena maturo. Tannino un po’ aggressivo, su una polpa che si fa desiderare. 82/100
  • Colline Teramane Docg 2020 Le Murate, Nicodemi (Notaresco)
    Colore rosso rubino mediamente intenso. Bel naso pieno, giustamente grasso, polposo, maturità del frutto che sfiora la confettura, ma non la centra. Belle note floreali, rintocchi freschi mentolati e speziati. In bocca tutto su eleganza e tensione: agrume sulla frutta di bosco a polpa rosso, tannino che si integrerà, già molto elegante. 85/100
  • Colline Teramane Docg 2020, Emidio Pepe (Torano Nuovo)
    Campione di vasca. Rosso profondo, unghia violacea. Delude la new entry di casa Pepe. Dopo un naso promettente, tutto su fiori e frutto, ecco un centro bocca un po’ vuoto. Manca, ancor più, l’allungo in chiusura. 82/100
  • Colline Teramane Docg 2020 Yang 2020 (Roseto degli Abruzzi)
    Ecco uno di quei Montepulciano di stile, capaci di identificare mano e intenzioni del produttore, nonché la sua idea della varietà. Si parte da un colore scarico che si nota nella batteria, di bella luminosità. Pregevole anche il naso che abbina fiore, frutto e spezie, in maniera molto elegante, raffinata. Un Montepulciano di razza, eppure, che scalpita in termini di tipicità. Anche in bocca si conferma tale: giovanissimo, buona prospettiva media di affinamento. 87/100
  • Colline Teramane Docg 2019, Fantini (Roseto degli Abruzzi)
    Colore carico, impenetrabile. Legno in grande evidenza al naso, copre un po’ il frutto. C’è però un’apprezzabile componente balsamica, di mentuccia. Si conferma profondo e balsamico anche al palato. Vino che piacerà certamente al mercato orientale e americano. 84/100
  • Colline Teramane Docg 2019 Fonte Raviliano, De Angelis Corvi (Controguerra)
    Altra prova di vasca, ma questa convince, eccome. Colore carico. Bella mora di rovo in un naso che si apre piano. Spezia molto elegante, macchia mediterranea. Frutto che si conferma polposo al palato, su una trama tannica fitta e di prospettiva assoluta. Montepulciano di razza. Vino che sarà molto importante. 89/100
  • Colline Teramane Docg 2019 Colle Sale, Barone di Valforte (Silvi)
    Campione di botte. Colore mediamente penetrabile. Bel frutto al naso, così come in ingresso di bocca. Ecco la mora di rovo, sulla ciliegia e il frutto di bosco iniziale. Bella componente di macchia mediterranea e spezia. Un Montepulciano confortante, nella sua assoluta piacevolezza e tipicità. 86/100
  • Colline Teramane Docg 2019 Versosera, Velenosi (Ascoli Piceno)
    Colore molto carico. Tra i vini più pronti e stilisticamente “ricchi” dell’intera anteprima. Bella profondità di liquirizia sul frutto, tannino elegante, prospettiva. Vino che abbina il carattere del Montepulciano e strizza l’occhio, pur senza perdere tipicità, al mercato. Altissimo gradiente di gastronomicità. 87/100
  • Colline Teramane Docg 2019 Orsus, Fosso Corno (Torano Nuovo)
    Colore scarico rispetto a molti altri in degustazione. Eppure, al palato, gran carattere e profondità. Tannino in fase di integrazione, pur elegante. Convince per la precisione del frutto, per quella ciliegia, quel lampone e quei fiori di rosa (oltre alla viola) che pare di avere (e vedere) nel calice. Che si tratti di un Montepulciano di razza, senza compromessi, lo chiarisce poi quel tratto vagamente ematico che caratterizza le belle espressioni pure del vitigno. Al palato, poi, finisce per tingersi anche di sapido. Complessità, prospettiva, eleganza, armonia. Stile da vendere. 88/100
  • Colline Teramane Docg 2019 Gruè, Cerulli Spinozzi (Canzano)
    Colore mediamente carico. Bel naso ricco, materico, profondo, floreale e fruttato. In bocca tannino un po’ invadente, non sostenuto al meglio dalla polpa, pur presente. Vino da apprezzare oggi (meglio) o nel medio periodo. 85/100
  • Colline Teramane Docg 2019 Antares, San Lorenzo (Castilenti)
    Primo naso sul legno, mou e vaniglia, balsamico, poi esce un bell’agrume rosso. Vino pronto, reso complesso e stratificato più dai terziari che dai primari. Buona interpretazione per alcuni mercati esteri e per gli amanti dei vini pieni, grassi. 85/100
  • Colline Teramane Docg 2019 MKP, Monti (Controguerra)
    Pecca in termini di pulizia, al naso quanto al palato, esibendo note selvatiche comunque tipiche di alcune interpretazioni del Montepulciano. Vino che, comunque, ha razza e potenziale. 85/100
  • Colline Teramane Docg 2019 La Regia Specula, Contucci Ponno (Roseto degli Abruzzi)
    Gran bel naso, ricco e ampio, largo e profondo, tra i più apprezzabili della giornata. Frutto pieno, spezia, liquirizia. Anche in bocca si conferma vino assolutamente interessante e di precisione millimetrica. La chiusura morbida regola a dovere i tannini poderosi, regalando potenzialità e piacevolezza generale. Interpretazione di stile del Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane. 87/100
  • Colline Teramane Docg 2018 Vizzaro, Barone Cornacchia (Torano Nuovo)
    Prova di botte. Unghia violacea, sul rosso purpureo. Naso piuttosto stratificato, tra frutto, fiore e macchia mediterranea. Tocco balsamico. Buon uso dei legni, in termini di integrazione e “dosaggio”. Tannino che schiaccia un po’ la polpa. 85/100
  • Colline Teramane Docg 2018 Colle Sale, Barone di Valforte (Silvi)
    Colore mediamente carico. Tanta spezia e macchia mediterranea (rosmarino, alloro) al naso. Eleganza da vendere, frutto preciso, succoso. Pregevole anche la bocca, altrettanto elegante e precisa. Spazia dalla ciliegia allo stecco di liquirizia, con ritorni della macchia già avvertita al naso. Freschezza equilibrata e quel tocco (pare) di residuo zuccherino che assicura bevibilità, senza stancare mai. Vino godurioso oggi e, al contempo, di buona prospettiva. 88/100
  • Colline Teramane Docg 2018 Cortalto, Cerulli Spinozzi (Canzano)
    Colore mediamente intenso. Naso profondo, su spezia scura e macchia mediterranea. Ci rimette un po’ la componente fruttata, in disparte. Poi, si apre bene e tutto appare armonico, compreso l’utilizzo del legno. Bel palato elegante, che non rinuncia tuttavia a rivelare i lati più rustici e scalpitanti del Montepulciano d’Abruzzo. Bella chiusura, larga e asciutta, sul frutto e su ritorni di liquirizia. Bel vino stratificato e complesso, che potrà dare ancora soddisfazioni negli anni. 89/100
  • Colline Teramane Docg 2017 Re, Lepore (Controguerra)
    Colore mediamente carico. Gran abbondanza di note terziarie al naso. Si fa apprezzare meglio al palato, rivelandosi un vino gastronomico, pieno, ricco. Un vino di chiaro taglio internazionale, che tuttavia tiene alta la bandiera della tipicità del Montepulciano d’Abruzzo della Colline Teramane. 87/100
  • Colline Teramane Docg 2016 Voluptas, Monti (Controguerra)
    Media concentrazione nel colore. Timido all’inizio, esce con l’ossigenazione rivelando buona profondità ed eleganza. Convince la nota di liquirizia e quella mediterranea. Palato giocato sull’eleganza e su una beva di buona raffinatezza. Consumare oggi, o a medio termine. 86/100
  • Colline Teramane Docg 2015 Prima Madre, La Quercia (Morro D’Oro)
    Colore granato e naso da vino maturo. Si connota per note di cuoio, l’ematico e la profondità dei terziari. La ciliegia diventa rabarbaro, il fiore è viola secca e potpourri. Bocca altrettanto matura, dai rintocchi mielati, ematici e di terra di bosco bagnata. La chiusura di sipario è sul tamarindo. Vino arrivato all’apice della sua evoluzione, pur senza sfigurare. SV
  • Colline Teramane Docg 2015 Santa Maria dell’Arco (Giulianova)
    Colore vivo, anche nei riflessi dell’unghia. La bella profondità e ricchezza del colore si trasferisce al naso, prima, e al palato, poi. Ottima vitalità: tannino elegante, soffice, integrato, eppure di prospettiva. Tipicità da vendere per un Montepulciano di razza che scalpita d’eleganza e vita. Un’ottima prova, in termini di positivo affinamento. 91/100
ANTEPRIMA COLLINE TERAMANE MONTEPULCIANO D’ABRUZZO DOCG RISERVA: LA DEGUSTAZIONE

  • Colline Teramane Docg Riserva 2017 Castellum Vetus, Centorame (Atri)
    Rubino carico. Vino che ha bisogno di tempo per aprirsi nel calice e dare grandi soddisfazioni. Una Riserva sul frutto e sulla sapidità. Colpisce, in particolare, la precisione della concentrazione delle note fruttate, in dialogo contante con le durezze. Ne risulta un sorso teso, fresco, intrigante, di assoluta prospettiva. 91/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2017 Colletrà, Strappelli (Torano Nuovo)
    Il colore assume tinte impenetrabili. Dopo un’iniziale chiusura e timidezza, si apre su note di viola, esibendo anche un bel frutto pieno, rosso. Vino ricco di materia e piacevolezza, nel gioco tra lampone, fragola e ciliegia e un tannino piuttosto elegante. 89/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2017 Orsus, Fosso Corno (Torano Nuovo)
    Colore mediamente carico. Naso dominato dai terziari. In bocca salinità e frutto, ma sempre in un contesto di note da “legno” un po’ troppo prevaricanti. Etichetta che regala comunque una beva giocata sulla piacevolezza. 86/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2017, Contucci Ponno (Roseto degli Abruzzi)
    Colore impenetrabile a preannunciare un naso tra terziari e note selvatiche che distraggono frutto e polpa. Un vero peccato, perché sotto scalpita un Montepulciano d’Abruzzo vero, sapido, teso, balsamico. 82/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2017 Terra Bruna, Podere Colle San Massimo (Giulianova)
    Rubino carico. Vino giocato sull’eleganza. Tanto fiore, bel frutto preciso. Pregevole anche al palato: abbina rotondità polpose a un tannino scolpito e di prospettiva, pur soffice ed integrato. L’ossigenazione (consigliata) apre la finestra del calice alla macchia mediterranea e a note balsamiche piacevolissime. 90/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2016 Opi, Fantini (Roseto degli Abruzzi)
    Tanta (troppa) vaniglia, tostatura, caramella mou, al posto di ricchezza, complessità e stratificazione. Vino assolutamente piacevole, ma troppo poco territoriale. 85/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2016 Elevito, De Angelis Corvi (Controguerra)
    Colore pieno. Un tocco d’incontrollata ossidazione fa propendere per la richiesta di una seconda bottiglia. Cambia la musica, totalmente. Ecco uno dei migliori Montepulciano d’Abruzzo Riserva non dell’annata, ma dell’intera Anteprima 2022. Vino che si rivela molto fresco, sul frutto, profondo, balsamico e con un tocco di rabarbaro in chiusura che invita la beva. 92/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2016 Fonte Cupa, Montori (Controguerra)
    Vino che ha tutto ciò che ci si può (e ci si deve) aspettare da un Montepulciano d’Abruzzo Riserva di 6 anni. Da bere oggi, può dare soddisfazioni anche a tavola con abbinamenti importanti. 87/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2016 Luigi Lepore, Lepore (Controguerra)
    Naso pieno, stratificato, fumo di pipa, macchia mediterranea. Tocchi freschi di rabarbaro e liquirizia, sul frutto rosso. Bel palato pieno, ricco, complesso, altrettanto stratificato. Abbina meglio di molti altri campioni piacevolezza e tipicità. 87/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2016, Mazzarosa (Roseto degli Abruzzi)
    Naso selvatico e fruttato. Palato sulla medesima scia. Piacevolezza di beva conferita da un frutto pieno. Vino lineare, sintetico. 85/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2016 Polifemo, Tenuta Terraviva (Tortoreto)
    Colore poco carico rispetto ad altri campioni. Dopo una prima bottiglia che mostra segnali di rifermentazioni leggerissimi, restano i dubbi sulla pulizia di naso e olfatto. SV
  • Colline Teramane Docg Riserva 2016 Neromoro, Nicodemi (Notaresco)
    Fiore, frutto, tanto legno. Si perde un po’ la varietà. 84/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2016 Escol, San Lorenzo (Castilenti)
    Il frutto (preciso, pur concentrato) scalpita per farsi largo tra i terziari, sia al naso sia al palato. Ne risulta un nettare potente, largo, che pecca però in termini di stratificazione. Bevibilità però premiata. 85/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2015 Torre Migliori, Cerulli Spinozzi (Canzano)
    Tra i campioni più intriganti di tutta l’Anteprima 2022, per “età” e per il taglio stilistico che ricorda – se gli si concede la giusta “aria” nel calice – quella di alcuni grandi Cabernet Franc di statura internazionale, della Loira o dell’Ungheria meridionale (Villány). A note verdi dosate e a un curioso ricordo di curry, abbina frutto polposo e tannino integrato, ma di prospettiva. Vino da tenere in cantina o da godere oggi, col gusto abbinamento. 91/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2015 Pignotto, Monti (Controguerra)
    Altro vino che, con l’annata 2015, sfodera tinte verdi intriganti. In bocca si perde nel piacevolezza e larghezza del sorso. 84/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2015, Abbazia di Propezzano (Morro d’Oro)
    Naso maturo, come il colore granato. Tocco leggero di selvatico. Vino pieno, piuttosto complesso, gastronomico. Bere oggi. 85/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2013 Mastrobono, La Quercia (Morro d’Oro)
    Colore ancora giovane. Naso e bocca sul frutto, senza l’attesa stratificazione e con un utilizzo del legno piuttosto ingombrante. Piacevole, nel complesso. 85/100
  • Colline Teramane Docg Riserva 2011 Senior, Monti (Controguerra)
    Bel colore rubino. Naso che tende al verde e regala polpa e frutto con l’ossigenazione. Al palato un tannino molto presente, ben controbilanciato da alcol e frutto, in grado di reggerne il colpo. Vino giunto all’apice della fase evolutiva. 85/100
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Bertani Domains diventa Angelini Wines & Estates

Bertani Domains diventa Angelini Wines & Estates. La nuova denominazione sociale conferma la volontà del Gruppo Angelini di continuare a investire nel settore vitivinicolo. Angelini Wines & Estates è oggi un gruppo di aziende vinicole che conta un totale di 1700 ettari di proprietà, di cui 460 vitati. Una produzione complessiva di circa 4 milioni di bottiglie l’anno per un fatturato di 25 milioni di euro e 101 dipendenti.

«In un momento storico come quello che stiamo vivendo avere la famiglia Angelini al nostro fianco è per noi fonte di grande orgoglio e motivazione – sostiene Ettore Nicoletto, Presidente & Amministratore Delegato del gruppo vinicolo -. Stiamo lavorando sul grande potenziale delle tenute e sull’individuazione di nuove direttrici di sviluppo».

«Abbiamo iniziato il 2022 – prosegue Nicoletto – mantenendo i forti trend di crescita registrati nel 2021 nonostante lo scenario di mercato stia diventando sempre più mutevole e complesso. Abbiamo un progetto pluriennale molto ambizioso e puntiamo ad accelerare lo sviluppo del business attraverso una coerente e ragionata strategia di portfolio e mercati».

ANGELINI WINES & ESTATES

La Cav. G.B. Bertani, storica azienda della Valpolicella, entrò in Tenimenti Angelini nel 2013. Nel 2014 il gruppo, che comprende anche le toscane Val di Suga, Tenuta TreRose, San Leonino, la friulana Cantina Puiatti e la marchigiana Fazi Battaglia (dal 2015), cambiò nome in Bertani Domains.

Il nuovo nome prende forza grazie ai valori che ispirano da sempre Angelini Industries, legati al concetto di prendersi cura. Lo storico marchio triangolare è stato sostituito da un segno aperto caratterizzato da linee curve. Segno che parla di inclusività e accoglienza e che sottolinea al contempo la dinamicità dell’universo aziendale.

Il nuovo brand accomuna tutte le realtà appartenenti al gruppo: Angelini Pharma, Angelini Consumer, Angelini Technologies, Angelini Beauty, Angelini Wines & Estates.

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