Categorie
news news ed eventi

Se l’hotel si compra la cantina: Tenuta Valdipiatta a Monteverdi Tuscany

Se hotel si compra la cantina Tenuta Valdipiatta a Monteverdi Tuscany Accordo tra Miriam Caporali e imprenditore Michael L. Cioffi

Un accordo strategico, accompagnato da un investimento di oltre un milione di euro, sancisce «l’inizio di una nuova era» per Tenuta Valdipiatta. Il nuovo proprietario è Michael L. Cioffi, fondatore del boutique hotel diffuso Monteverdi Tuscany. Ad annunciare l’accordo, insieme all’imprenditore americano, è Miriam Caporali, ormai ex titolare della storica Tenuta Valdipiatta di via della Ciarliana 25/A, a Montepulciano, in provincia di Siena. L’obiettivo dell’accordo trovato tra i due imprenditori è rafforzare l’eccellenza enologica e il legame con la terra del Vino Nobile di Montepulciano.

UN’ALLEANZA PER IL FUTURO DI TENUTA VALDIPIATTA

Con il nuovo accordo, Tenuta Valdipiatta beneficerà di significative risorse finanziarie destinate all’ampliamento dei vigneti e all’acquisto di attrezzature all’avanguardia. Miriam Caporali continuerà a guidare l’azienda come Chief Operating Officer, affiancata dal marito Giuliano, portando avanti l’eredità familiare. «La nostra missione – spiega Caporali – è rispettare e valorizzare il territorio, unendo tradizione e innovazione». La collaborazione con Monteverdi Tuscany rappresenta un’opportunità unica per consolidare l’identità della cantina e promuovere la sua eccellenza a livello internazionale».

LA STORIA DI TENUTA VALDIPIATTA

Fondata negli anni ’60, Valdipiatta è stata acquistata negli anni ’80 da Giulio Caporali, padre di Miriam, che ha trasformato l’azienda in un riferimento per il Vino Nobile di Montepulciano. La cantina, oggi certificata biologica, si estende su 30 ettari, tra vigneti, uliveti e boschi, ed è un esempio di sostenibilità e biodiversità. Dal 2002, Miriam Caporali ha portato avanti il lavoro iniziato dal padre, ottenendo riconoscimenti internazionali. Non ultimo, negli ultimi 25 anni, la cantina ha instaurato collaborazioni significative con alcuni dei più rinomati enologi di Bordeaux.

MONTEVERDI TUSCANY E MICHAEL L. CIOFFI

Monteverdi Tuscany, raffinato albergo diffuso fondato da Michael L. Cioffi nel cuore della Val d’Orcia, è un luogo dedicato al benessere e alla creatività. Con i suoi ristoranti, la spa e un centro culturale, Monteverdi rappresenta un’eccellenza nell’ospitalità toscana, «in perfetta sintonia con la filosofia di Valdipiatta». «Giulio Caporali era un uomo straordinario, un grande studioso e vignaiolo – ricorda il nuovo proprietario – e questa collaborazione è il modo migliore per onorare la sua memoria e proseguire il suo lavoro». Michael L. Cioffi, avvocato, imprenditore e filantropo statunitense con una passione per l’arte, la cultura e la tradizione italiana, in particolare toscana, rende così ancora più profondo il suo rapporto con la Val d’Orcia. Tenuta Valdipiatta a Monteverdi Tuscany

Categorie
Food Lifestyle & Travel news news ed eventi

Airbnb, Palermo meta mondiale 2025: 6 vini da provare (in un loft del centro storico?)


La città di Palermo è meta mondiale 2025 di Airbnb. Il turismo esperienziale continua a crescere e a dimostrarlo sono proprio i dati del noto motore di ricerca di alloggi e destinazioni Airbnb. Palermo brilla come unica meta italiana presente tra le destinazioni più trendy per il 2025, insieme a luoghi mozzafiato come Puerto Escondido, Les Deux Alpes e Tokyo. Il capoluogo siciliano, grazie alla sua ricca storia, architettura, arte e cultura, è una delle principali destinazioni per i viaggi di coppia nell’anno nuovo. Con l’introduzione di nuove rotte aeree verso Palermo nel 2025, sempre più turisti potranno esplorare i principali punti di riferimento della città. Naturalmente, senza perdere l’occasione di gustare la prelibata cucina palermitana, in abbinamento ai vini locali. Magari soggiornando in uno dei loft del centro storico disponibili: davvero economico, al momento, quello suggerito da Airbnb.

6 VINI DA NON PERDERE A PALERMO, META 2025 MONDIALE PER AIRBNB

Nella città e nella provincia di Palermo ricadono ufficialmente, secondo i disciplinari produttivi, otto denominazioni di origine dei vini. Oltre alla Doc Sicilia e all’Igt Terre Siciliane, si tratta di Alcamo Doc, Contea di Sclafani Doc, Contessa Entellina Doc e Monreale Doc. Non risultano rivendicate – e dunque disponibili a livello commerciale – altre due denominazioni del vino della provincia di Palermo come Valle Belice Igt e Fontanarossa di Cerda Igt. Ecco 6 vini da non perdere a Palermo, meta 2025 mondiale per Airbnb.

  • Alcamo DOC: Questa denominazione interessa sia la provincia di Trapani che quella di Palermo. Nella provincia di Palermo, comprende i comuni di Balestrate, Camporeale, Monreale, Partinico, San Cipirello e San Giuseppe Jato. Il vino della Doc Alcamo da assaggiare a Palermo? Alcamo Classico Doc Bio “Vigna Casalj” di Tenuta Rapitalà.
  • Contea di Sclafani DOC: Coinvolge le province di Palermo, Caltanissetta e Agrigento. Nella provincia di Palermo, include i comuni di Valledolmo, Caltavuturo, Alia, Sclafani Bagni e parte di Petralia Sottana, tra gli altri. Il vino della Doc Contea di Sclafani da assaggiare a Palermo? Rosso del Conte Sicilia Contea di Sclafani Doc di Tasca d’Almerita.
  • Contessa Entellina DOC: Questa denominazione è circoscritta al comune di Contessa Entellina, situato nella provincia di Palermo. Il vino della Doc Contessa Entellina da assaggiare a Palermo? Contessa Entellina Doc Mille e Una Notte, Donnafugata.
  • Monreale DOC: Riguarda l’area intorno alla città di Monreale e altri comuni limitrofi nella provincia di Palermo. Il vino della Doc Monreale da assaggiare a Palermo? Il Cataratto “Vigna di Mandranova” di Alessandro di Camporeale.
  • Sicilia DOC: Questa denominazione copre l’intero territorio della regione Sicilia, includendo quindi anche la città e la provincia di Palermo. Il vino della Doc Sicilia da assaggiare a Palermo? Il “Viafrancia” di Baglio di Pianetto.
  • Terre Siciliane IGT: Anche questa indicazione geografica tipica abbraccia tutta la regione Sicilia, comprendendo la provincia di Palermo. Il vino della Igt Terre Siciliane da assaggiare a Palermo? “Angimbé” Tenuta Ficuzza di Cusumano.
Categorie
news news ed eventi

Prowein Business Report 2025 tra futuro vini Premium, novità e trend del biennio


Futuro dei vini Premium, novità e trend del biennio 2025-2026 sono i temi affrontati dal Prowein Business Report 2025. Ieri la presentazione, con l’intervento, tra gli altri, del produttore campano Piero Mastroberardino. Secondo i dati emersi sul campione di ospiti internazionali della Prowein di Düsseldorf – oltre 30 Paesi coinvolti – l’industria del vino premium e super-premium continua a evolversi, nonostante le difficoltà del periodo a livello internazionale. Il focus crescente dei fine wines, con prezzi superiori a 50 euro, riguarda qualità, sostenibilità e innovazione. I dati del ProWein Business Report 2025, realizzato in collaborazione con Hochschule Geisenheim University, rivelano le strategie e i trend chiave per conquistare i consumatori di oggi e di domani.

FATTORI DI SUCCESSO PER I VINI PREMIUM

Secondo gli esperti, la reputazione del marchio rimane il pilastro fondamentale per il successo di un vino premium, con il 70% degli intervistati che lo considera un elemento cruciale. L’esclusività e la capacità di creare un senso di rarità seguono a ruota (67%), mentre il marketing esperienziale, che include visite personalizzate alle cantine ed eventi di degustazione immersivi, raggiunge il 60%. Altri fattori significativi includono la valorizzazione del patrimonio e del retaggio storico (53%) e l’adozione di pratiche sostenibili (53%). Dimostrato così come la narrazione legata alla tradizione e alla sostenibilità (sociale ed ambientale) sia essenziale per attirare consumatori consapevoli. Punti, questi, toccati proprio dall’intervento di Piero Mastroberardino, a capo di una delle cantine italiane di maggior successo e prestigio nel mondo.

LE OPPORTUNITÀ DELLA PREMIUMISATION

Nonostante le sfide globali, la premiumisation rappresenta una strategia a lungo termine. Circa il 53% degli esperti ritiene che le vendite di vini premium siano resilienti alle crisi economiche. Tuttavia, i prezzi dei super-premium stanno raggiungendo livelli insostenibili (45%), limitando le opportunità di crescita futura. Un dato interessante emerge dalla necessità di adattare il marketing per coinvolgere le nuove generazioni di consumatori. Il 67% degli esperti sottolinea l’importanza di strategie mirate ai giovani, che iniziano ad apprezzare i vini premium man mano che crescono in età e reddito.

IL VINO FRA TREND E NOVITÀ DI PRODOTTO NEL BIENNIO 2025-2026

In un mercato del vino che si sta evolvendo rapidamente, rispecchiando i cambiamenti nelle preferenze dei consumatori e le nuove dinamiche globali, il ProWein Business Report 2025 individua anche trend e novità di prodotto per il biennio 2025-2026. I vini bianchi e gli spumanti, inclusi Champagne e Prosecco, continueranno a guidare la crescita del settore nei prossimi anni, con rispettivamente il 73% e il 71% delle preferenze tra gli esperti intervistati.

Sta inoltre emergendo una forte richiesta per vini a basso contenuto alcolico, che raggiungono un notevole 65%, e per prodotti completamente privi di alcol. Una chiara inclinazione verso opzioni più leggere e salutari. Anche i vini rosati mantengono una posizione rilevante nel mercato, sostenuti dalla loro versatilità e crescente appeal tra i giovani consumatori. Meno rilevante appare, invece, il futuro di categorie più tradizionali come i vini fortificati o quelli aromatici, che insieme occupano solo una piccola fetta delle proiezioni di mercato.

PACKAGING E PRESENTAZIONE DEI VINI: I DATI DEL PROWEIN BUSINESS REPORT 2025

L’innovazione non riguarda solo le tipologie di prodotto ma anche il modo in cui i nuovi vini e le alternative vengono concepiti e presentati. La confezione gioca un ruolo fondamentale: il 76% degli esperti sottolinea l’importanza di un packaging accattivante e memorabile, che non solo catturi l’attenzione sullo scaffale, ma trasmetta anche l’identità del brand. La sostenibilità emerge come un altro pilastro centrale, con il 69% degli intervistati che privilegia l’utilizzo di ingredienti naturali e pratiche rispettose dell’ambiente.

Accanto a ciò, il prezzo rimane un fattore chiave per catturare un pubblico ampio, così come la capacità di presentare un’immagine giovane e dinamica del brand. Fattore apprezzato dal 67% del campione. Altri elementi importanti per il successo dei nuovi prodotti includono l’offerta di sapori unici, che rispondano ai gusti in evoluzione dei consumatori. E una distribuzione capillare, che assicuri la presenza del prodotto sia nei canali retail sia nella ristorazione. Meno determinante, ma comunque significativo nell’ottica di presentazione, è il contenuto alcolico ridotto. Una caratteristica che continua ad attrarre segmenti di mercato più attenti alla salute.

Categorie
eventi news news ed eventi

Amarone Opera Prima 2025: preview annata 2020 e 100 anni del Consorzio Valpolicella

Si preannuncia un’edizione memorabile per Amarone Opera Prima 2025, l’evento organizzato dal Consorzio Vini Valpolicella, in programma dal 31 gennaio al 2 febbraio 2025 presso il Palazzo della Gran Guardia di Verona. Con 74 cantine partecipanti e ben 106 giornalisti accreditati provenienti da 26 nazioni, l’iniziativa vedrà il debutto dell’annata 2020 dell’Amarone della Valpolicella. Tutto nel segno di un importante traguardo: i 100 anni del Consorzio Vini Valpolicella, uno degli enti più rappresentativi del Made in Italy enologico nel mondo.

«In questa speciale edizione – sottolinea il presidente Christian Marchesini – Amarone Opera Prima guarda al futuro e, in particolare, ai nuovi margini di potenziale crescita della denominazione in uno scenario evolutivo accelerato, che ci impone un cambio di paradigma fondato su strategie e approcci rinnovati. Un impegno che ci vede sempre più attivi sul fronte della promozione e che le aziende stanno premiando sia in termini di partecipazione record all’evento che di adesioni al Consorzio, con 51 nuovi associati nel 2024».

AD AMARONE OPERA PRIMA 2025 DEBUTTA L’AMARONE 2020

Fulcro dell’evento sarà il debutto ufficiale dell’annata 2020 dell’Amarone, protagonista delle degustazioni tecniche e ai banchi d’assaggio. L’Amarone, simbolo della Valpolicella, si conferma icona della tradizione vinicola italiana, pronta a consolidare il suo posizionamento sui mercati internazionali. L’evento si aprirà venerdì 31 gennaio, con una giornata riservata alla stampa specializzata. Spiccano due masterclass: “Amarone: iconic of fine dining in the world’s 50”, guidata dall’esperto JC Viens, che presenterà una selezione di Amarone presenti nelle carte vini dei 50 migliori ristoranti del mondo (ore 10:30); “La memoria del tempo, un viaggio tra le annate storiche di Amarone”, curata dal MW Andrea Lonardi, vicepresidente del Consorzio (ore 15:00).

AMARONE OPERA PRIMA 2025, INGRESSO PUBBLICO E OPERATORI

A rendere ancor più esclusiva la giornata, il pranzo stellato firmato dallo chef Giancarlo Perbellini al Teatro Filarmonico. Sabato 1° febbraio, l’attenzione si sposterà sul focus “Valpolicella: 100 anni tra passato e futuro della denominazione”, con interventi di Christian Marchesini, presidente del Consorzio e Carlo Flamini dell’Osservatorio del vino di Unione Italiana Vini. Seguirà l’inedito spettacolo teatrale “Amarone, epopea in Valpolicella”, scritto e interpretato da Andrea Pennacchi. Dalle ore 12:30, via alle degustazioni ai banchi dei produttori, che dalle 16:00 apriranno le porte anche agli amanti dell’Amarone. Domenica 2 febbraio, l’evento sarà dedicato agli operatori del settore, con degustazioni aperte dalle ore 10:00 alle 17:00. L’ultima giornata di Amarone Opera Prima 2025 si concluderà con un aperitivo tematico: “Valpolicella: freschezza e creatività nel calice”, a cura del Gruppo Giovani del Consorzio.

Categorie
degustati da noi news news ed eventi vini#02

Migliori vini bianchi siciliani a meno di 20 euro


Ecco i migliori vini bianchi siciliani a meno di 20 euro, grazie agli assaggi alla cieca a Sicilia en Primeur 2024. Le anteprime siciliane sono l’evento enologico di punta dell’isola, che vede la partecipazione delle cantine associate ad Assovini Sicilia. Inauguriamo così le pubblicazioni dedicate al racconto dei vini della Sicilia, attraverso i migliori assaggi a Sep 2024, suddivisi per fascia prezzo.

CANTINA ETICHETTA ANNO UVE PROV DOC / IGP CERT. PREZZO
CANDIDO VINI Guardalomu 2023 Grillo 100% PA DOC SICILIA BIO 7,00 €
CANDIDO VINI Inzolia 2023 Inzolia 100% PA IGP Terre Siciliane BIO 7,00 €
CANTINA CHITARRA Cutò 2023 Grillo 100% TP DOC Sicilia 7,50 €
CANTINA CHITARRA Cutò Inzolia 2023 Inzolia 100% TP IGP Terre Siciliane 7,50 €
CANTINA CHITARRA Cutò Zibibbo 2023 Zibibbo 100% TP IGP Terre Siciliane 7,50 €
CANDIDO VINI Arridi 2023 Sauvignon Blanc 100%  IGP Terre Siciliane BIO 8,00 €
PRINCIPE DI CORLEONE Ridente Angelica 2023 Grillo 100% PA DOC Sicilia 8,50 €
PRINCIPE DI CORLEONE Bianca di Corte 2023 Insolia, Chardonnay PA DOC Sicilia 9,00 €
FEUDO ARANCIO Grillo Feudo Arancio 2023 Grillo 100% RG DOC Sicilia 10,00 €
PRINCIPI DI BUTERA Chardonnay  2023 Chardonnay 100% CL DOC Sicilia 11,00 €
CASA GRAZIA Per Mari Grillo  2023 Grillo 100% CL DOC Sicilia BIO 12,90 €
VALLE DELL’ACATE Zagra Grillo 2023 Grillo 100% RG DOC Sicilia 13,00 €
TENUTE NAVARRA Allucià 2023 Grillo 100% CL DOC Sicilia 13,30 €
TENUTE LOMBARDO Bianco d’Altura 2023 Catarratto 100% CL DOC Sicilia 13,50 €
TENUTE LOMBARDO Grillo d’Altura 2023 Grillo 100% CL DOC Sicilia 13,50 €
MASSERIA DEL FEUDO Voce di Lago 2023 Grillo 100% CL DOC Sicilia BIO 15,00 €
PRINCIPI DI BUTERA Serò 2018 Inzolia 100% CL DOC Sicilia 17,00 €
MASSERIA DEL FEUDO Hermosa 2022 Grillo 100% CL DOC Sicilia BIO 18,00 €
SANTA TRESA Vanedda (Az. Cortese) 2019 Grillo, Catarratto, Fiano  RG IGP Terre Siciliane BIO 18,00 €
GORGHI TONDI Rajàh 2022 Zibibbo 100% TP DOC Sicilia BIO 19,00 €

Il focus di Sicilia en Primeur 2024 è stata la vendemmia 2023. Agronomi ed enologi locali l’hanno definita «una vendemmia performante, dal profilo qualitativo e organolettico». I produttori siciliani hanno puntato sulla ricchezza varietale e sulla diversità degli areali siciliani. Mostrando capacità nel saper governare la complessa e sfidante situazione climatica. Nonostante la riduzione della quantità, con un calo certificato del 31% rispetto al 2022, vincono identità, territorio e qualità.

Migliori vini bianchi siciliani a meno di 20 euro Sicilia en Primeur 2024 Assovini

Categorie
news news ed eventi

Piero Mastroberardino: «Brand e vini premium si costruiscono giorno per giorno»


«Il brand di una cantina e i suoi vini premium si costruiscono giorno per giorno»: così Piero Mastroberardino, numero uno della cantina campana divenuta un simbolo del Made in Italy enologico, con 300 anni di storia e 260 ettari di proprietà. L’attuale vicepresidente di Federvini, intervenendo nel primo pomeriggio a “ProWein Business Talk: Shaping the Future of Wine“, ha sottolineato l’importanza del branding nel settore vitivinicolo, focalizzandosi sul valore percepito dai consumatori e sulle soluzioni per costruire un’identità aziendale forte.

Secondo Mastroberardino, il valore percepito è l’elemento centrale per costruire un brand di successo. «È necessario proporre valori distintivi che rafforzino costantemente il marchio – ha spiegato il produttore campano durante il talk, moderato da Simone Loose dell’Università di Geisenheim – spostando l’attenzione da un marketing operativo a un marketing strategico, ancora poco diffuso nel mondo del vino. Il settore vitivinicolo, infatti, rispetto a molti altri, si trova ancora a uno stadio iniziale sul fronte del marketing, spesso limitato a comunicazioni generiche e poco mirate. Tutti raccontano le stesse cose, senza emergere. Distinguersi è fondamentale e una delle chiavi è valorizzare l’eredità storica dell’azienda».

HERITAGE AZIENDALE ALLA BASE DELLA COSTRUZIONE DEL BRAND

L’heritage aziendale, sempre secondo Pietro Mastroberardino, non è solo una risorsa distintiva, ma «un pilastro per costruire credibilità e autorevolezza». «Esperienze come le degustazioni verticali, che mettono in luce la continuità e l’evoluzione dei vini – ha sottolineato – sono strumenti efficaci per consolidare la fiducia dei consumatori. Raccontare la propria storia diventa quindi una strategia cruciale, non solo per il presente ma anche per tramandare il valore del brand alle future generazioni.». Mastroberardino ha sottolineato come questo processo virtuoso finisca per includere, in maniera naturale e non artefatta, anche temi «come la sostenibilità sociale e ambientale dell’azienda, garantendo così un futuro solido per l’investimento iniziale».

«La costruzione di un brand forte richiede tempo, almeno dieci anni in molti casi, e un impegno costante. Non è sufficiente – ha ammonito Piero Mastroberardino – concentrarsi sulle vendita immediata e gioire per le cantine vuote. Bisogna piantare radici profonde nel settore. Questo richiede un cambiamento di mentalità: non si può adottare un approccio speculativo, entrando e uscendo dal mercato senza una visione chiara. Il successo del brand e dei vini premium si costruisce giorno per giorno, con scelte ponderate e coerenti».

PREMIUM WINES? «MENO ASPETTI TECNICI, PIÙ COINVOLGIMENTO DIRETTO»

Nonostante il periodo di crisi generalizzata dei consumi, Mastroberardino vede un futuro promettente nel segmento dei vini premium, caratterizzati da un costo medio di 50 euro o superiore. «Tuttavia – ha precisato – è fondamentale spostare l’attenzione negativa che oggi esiste attorno al tema dell’alcol verso l’educazione e l’offerta di esperienze ai consumatori. Coinvolgere il pubblico attraverso il contatto diretto con l’ambiente vinicolo, condividere la storia e le emozioni legate alla produzione, piuttosto che ormai inutili aspetti tecnici come il valore del ph e dell’acidità, permette di rafforzare il legame con il brand e far comprendere che il vero valore non risiede solo nel prodotto, ma in un’esperienza immersiva».

PIERO MASTROBERARDINO: «VINI PREMIUM? ALLE NUOVE CANTINE DICO CHE…»

Del resto, le aspettative dei consumatori sono cambiate. «Oggi le persone cercano esperienze più profonde, emozionali – ha concluso Piero Mastroberardino sempre in occasione del “ProWein Business Talk: Shaping the Future of Wine” – che vadano oltre i dettagli tecnici. È qui che entra in gioco la capacità di raccontare la propria storia e la propria eredità, per costruire un dialogo autentico con i consumatori. Cosa suggerirei alle nuove cantine che vogliono produrre premium wines?

La costruzione di una storia e di un’identità di brand richiede tempo e dedizione. È fondamentale iniziare fin da subito con una visione di lungo termine. Investendo in attività che rafforzino il valore percepito, come “librerie di vini”, ovvero lo storico della produzione che consenta di organizzare degustazioni verticali. Ed evitando di pensare solo alla vendita immediata». Il segreto del successo, in sintesi, risiede secondo Piero Mastroberardino nella capacità di unire passato, presente e futuro in un percorso che sia sostenibile. E autentico. Piero Mastroberardino vini premium. VCR421 Antonio Mastroberardino.

Categorie
news news ed eventi

Oliviero Toscani, Naomi Campbell e quella campagna (scandalo) per il Consorzio Collio

Una modella di colore, sorridente, regge con la mano destra un calice di vino. Ben salda, nel palmo della mano sinistra, tra i seni nudi, esibisce una bottiglia di vino del Collio. «L’unico bianco che amo» si legge, insieme alla scritta «Collio Bianco del Friuli Venezia Giulia». Ecco spiegato il perché del messaggio di cordoglio diffuso ieri, sui social, dal Consorzio Collio, alla notizia della morte del noto fotografo Oliviero Toscani, all’età di 82 anni Per comprendere le ragioni di questo legame occorre riavvolgere le lancette dell’orologio, indietro fino al 2001. Fu l’allora presidente dell’ente, Marco Felluga, insieme al fondatore, il conte Douglas Attems, a presentare al territorio la campagna pubblicitaria realizzata da Oliviero Toscani. Solo una delle provocazioni di un «genio della comunicazione, maestro delle immagini, provocatore instancabile», come lo descrive nel post il Consorzio Collio.

IL CONSORZIO COLLIO RICORDA OLIVIERO TOSCANI E LA SUA CAMPAGNA PUBBLICITARIA

«Oliviero Toscani – recita ancora il messaggio affidato a Facebook dall’ente oggi presieduto da David Buzzinelli – ci ha insegnato a guardare oltre il semplice scatto. Con le sue campagne, ha sempre saputo accendere dibattiti e suscitare emozioni, unendo arte e messaggio in un modo che pochi sanno fare. Nella collaborazione con il Consorzio Collio, ha portato il suo inconfondibile stile. Una campagna che, come sempre, ha fatto parlare di sé. A prescindere dalle reazioni, resta indiscutibile il suo contributo all’arte visiva e alla comunicazione. Grazie, Oliviero, per averci insegnato che l’immagine è un linguaggio potente, capace di far riflettere e discutere. Il brindisi oggi è per te».

NOEMI CAMPBELL E OLIVIERO TOSCANI: GIALLO COLLIO

A distanza di 20 anni, come rivelato dal Messaggero Veneto, si capì che la modella prescelta da Oliviero Toscani per la campagna sui vini del Collio non era quella – di nazionalità svedese – comparsa effettivamente sui manifesti. Bensì Naomi Campbell. «Dopo il forfait della Campbell – si legge ancora – il budget di Regione e Consorzio venne drasticamente ridotto a 200 milioni e Toscani trovò la modella svedese, sempre di colore, che prestò il suo volto per la campagna. Fece comunque parlare, quella scelta di marketing, e contribuì a far conoscere fuori dal Friuli i vini del territorio. Poi però restò un unicum, che non venne replicato».

Il Consorzio del Collio optò infatti per «vie più tradizionali di comunicazione». E si affidò, in particolare, ai nomi dei suoi produttori. La campagna pubblicitaria suscitò comunque critiche e polemiche. Alcuni la considerarono troppo audace e provocatoria. Altri la interpretarono come inappropriata ed offensiva. Proprio di fronte alle tante reazioni negative, la decisione fu di ritirare la pubblicità. Marco Felluga espresse il suo dispiacere per la conclusione anticipata dell’iniziativa, sottolineando l’importanza di investire nella comunicazione per far conoscere il prodotto e il territorio. Pur senza i social media attivi, all’epoca, quell’immagine divenne “virale”. Tanto da essere riprodotta pure sulle carene degli scooter Vespa della zona. Gialle come il colore simbolo del Collio. Lo stesso che tanto simboleggia, a ben pensarci, il carattere artistico di Oliviero Toscani.

Categorie
Esteri - News & Wine news news ed eventi

Francia chiama Italia: «Produttori di Rosés de terroirs, unitevi!»

«Creiamo la prima collezione di Rosés de Terroirs al mondo! Un micro-mercato di rosé da collezione, conservati per una decina d’anni, è ora ipotizzabile ». La proposta arriva dalla Francia ed è rivolta ai produttori di rosato in Italia e nel mondo. Non una provocazione, ma un invito messo nero su bianco (qui il form per aderire) da Philippe Guigal, presidente dell’Associazione Rosés de Terroirs (Airt), dal 2023 proprietario dello Château d’Aquéria nella Aop Tavel. Si tratta, non a caso, della denominazione di provenienza di alcuni dei rosati più prestigiosi del mondo, nel Rodano meridionale. Teatro del lancio dell’appello «Rosés de terroirs, unissons-nous!», ovvero «Rosés de terroirs, unitevi!», è stata Milano. L’associazione di produttori francesi, che riunisce già 59 aziende e 78 annate di vini rosati provenienti da Francia, Italia, Grecia e Spagna, ha chiamato a raccolta la stampa al Grand Hotel et de Milan, proponendo un percorso di assaggi e abbinamenti tra rosé (e rosati) curato dal sommelier Alfredo Moccia e dallo chef Francesco Potenza.

L’APPELLO DELL’ASSOCIAZIONE ROSÉS DE TERROIRS AI PRODUTTORI DI ROSATI ITALIANI

«L’ambizione dell’Associazione Rosés de terroir – spiega Philippe Guigal – è quella di essere l’ambasciatrice dei grandi rosé di terroir del mondo. Per questo, in linea con il nostro appello fondativo del febbraio 2020, «Rosés de terroirs, unitevi!», lanciato dalla Dop Tavel, invito i viticoltori che producono i più grandi rosé de terroirs del mondo ad unirsi a noi. Dopo 20 anni di crescita storica, il mercato del rosé sta entrando in una nuova fase del suo sviluppo, con una possibile e auspicabile diversificazione dell’offerta, in particolare attraverso i rosé di terroir posizionati come nicchia di mercato apprezzata o addirittura molto apprezzata. La creazione di un micro-mercato di rosé da collezione, conservati per una decina d’anni, è ora addirittura ipotizzabile».

COSA SONO I ROSES DE TERROIRS?

«Per me – continua Philippe Guigal – i rosati di terroir sono prima di tutto dei veri vini. Attraverso i loro sapori e colori, raccontano storie spesso uniche di luoghi e vignaioli e viticoltori. Si abbinano anche a pasti completi e a un’ampia varietà di cucine, come dimostrano le “Rosés de Terroirs experiences” organizzate dall’associazione». Si tratta, per l’appunto, dell’evento andato in scena in mattinata al prestigioso Grand Hotel et de Milan, struttura “mitologica” del capoluogo lombardo, dove visse Giuseppe Verdi. «In secondo luogo – continua il produttore francese – i rosé de terroirs non sono destinati a seguire le mode. Sono rosé senza tempo che abbracciano la loro unicità. La diversità delle cuvée cooptate dall’associazione è quindi fondamentale».

Da qui l’appello a un’unità nella diversità. «Creando la prima collezione di rosé al mondo – suggerisce Guigal – la nostra associazione diventerà un punto di riferimento nel settore. Il punto di riferimento in questo campo. In breve, non solo per il loro carattere ma anche per il modo in cui vengono consumati, i rosati di terroir sono davvero complementari ai rosati dissetanti di tendenza. In questo contesto, la nostra associazione internazionale può e deve assumere il ruolo di guida nell’offerta di una gamma di rosati “diversi e sorprendenti, per natura e nel corso degli anni”, per citare uno dei nostri slogan».

L’EVENTO AL GRAND HOTEL ET DE MILAN

Sono 22 i vini, tra rosé e rosati, presentati durante l’evento di quest’oggi al Grand Hotel et de Milan. Nello specifico: Château de la Selve, cuvée L’Audacieuse 2021 (IGP Coteaux de l’Ardèche); Via Caritatis, cuvée Lux de Caelo 2022 (AOP Ventoux); Château Gassier, cuvée 946 2022 (AOP Côtes de Provence Sainte-Victoire); Château d’Aquéria, cuvée 2020 (AOP Tavel); La Bastide Blanche, cuvée 2021 (AOP Bandol); Domaine Corne Loup, cuvée 2021 (AOP Tavel). E ancora: Château de Manissy, cuvée Langoustière 2019 (AOP Tavel); Domaine de l’Odylée, cuvée Rosé d’Automne 2020 (AOP Côtes du Rhône); Domaine la Suffrène, cuvée Sainte-Catherine 2018 (AOP Bandol); Château Paquette, cuvée Thémis 2022 (AOP Côtes de Provence Fréjus); Château de Pibarnon, cuvée Nuances 2020 (AOP Bandol); Château Pradeaux, cuvée 2019 (AOP Bandol).

TRE CANTINE ITALIANE IN ROSÉS DE TERROIRS

Non ultimi: Domaine Fournier Père et Fils, cuvée Les Belles Vignes 2023 (AOP Sancerre); Domaine Labastidum, rosé 2022 (AOP Fronton); Domaine de la Mordorée, cuvée La Reine des Bois 2020 (AOP Tavel); Domaine Gavoty, cuvée Clarendon 2022 (AOP Côtes de Provence); Le Grand Cros, cuvée Aurélia 2022 (AOP Côtes de Provence), Marquis de Pomereuil, cuvée 2018 (AOP Rosé des Riceys) e Domaine Les Béates, cuvée Terra d’Or 2022 (VSIG). Italia rappresentata da tre vini di altrettante cantine: Villa Calicantus, cuvée Chiar’Otto 2023 (Bardolino Doc classico); Guerrieri Rizzardi, cuvée Keya 2023 (Chiaretto di Bardolino Doc Classico); Le Fraghe, cuvée Traccia di Rosa 2021 (Chiaretto di Bardolino Doc). Se l’ingresso di Villa Calicantus nell’associazione Rosés de Terroir è recente, per Le Fraghe e Guerrieri Rizzardi non si è trattato della prima volta. Già dal 2021, le due cantine venete rappresentano l’Italia nel prestigioso gruppo d’Oltralpe. Dopo l’appello di Philippe Guigal, il circolo di produttori di rosé d’eccellenza potrà allargarsi ad altre cantine.

Categorie
news news ed eventi

Pinot Grigio delle Venezie: crescita imbottigliamenti e certificazioni nel 2024


Il Consorzio Doc Delle Venezie chiude il 2024 in crescita: +3% di imbottigliamenti e +8% di certificazioni. L’ente
si conferma un pilastro per il Pinot Grigio sul mercato internazionale, chiudendo l’anno con un bilancio positivo, nonostante il calo globale dei consumi di vino. Grazie a un modello di integrazione che unisce Veneto, Friuli Venezia Giulia e la Provincia autonoma di Trento, la denominazione continua a distinguersi per qualità, controllo rigoroso e stile fresco e dall’alcol moderato.

CRESCONO IMBOTTIGLIAMENTI E CERTIFICAZIONI DEL PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE

Nel 2024, il volume imbottigliato ha raggiunto 1.706.466 ettolitri, registrando un incremento del +3% rispetto al 2023. Particolarmente significativa è stata la domanda di Pinot Grigio Doc Delle Venezie dell’ultima annata, che ha trainato la crescita del settore. «Il 2024 è al terzo posto per performance dal lancio della DOC, dopo i due anni eccezionali della pandemia», commenta Stefano Sequino, direttore del Consorzio.

I dati dimostrano «la capacità del nostro Pinot Grigio di rispondere alle esigenze dei consumatori, consolidando la posizione della DOC Delle Venezie sul mercato». Le certificazioni hanno registrato un incremento ancora più marcato. Il totale è cresciuto del +8% rispetto al 2023, con un picco di +16% a dicembre. La media mensile è passata da 134.420 ettolitri nel 2023 a 146.112 ettolitri nel 2024, secondo i dati di Triveneta Certificazioni.

Pinot Grigio delle Venezie: un “caterpillar” che può crescere ancora. Ecco come

«CONTROLLI RIGOROSI E GESTIONE DELL’OFFERTA»

La crescita si deve anche al sistema di controllo del Consorzio, che assicura alti standard di tracciabilità e conformità grazie all’impiego del contrassegno di Stato su circa 230 milioni di bottiglie annue. «L’efficace gestione dell’offerta e la pianificazione produttiva – conclude Sequino – sono elementi fondamentali per mantenere la stabilità del mercato». Triveneta Certificazioni

Categorie
news news ed eventi Vini al supermercato

Il vino Fragolino è legale o illegale? Cosa ci vendono i supermercati


Il vino Fragolino è legale o illegale? Cosa ci vendono i supermercati? Il Fragolino, vino aromatico e dolce a base di uva fragola – nota anche come uva americana o Vitis labrusca – è soggetto a restrizioni in molti paesi dell’Unione Europea, inclusa l’Italia. Queste restrizioni non derivano tanto dalla pericolosità del prodotto, quanto da normative specifiche sulla vinificazione e l’uso di certe varietà di vite.

PERCHÈ IL FRAGOLINO È CONSIDERATO ILLEGALE?

  1. Tipologia di uva: L’uva fragola appartiene alla specie Vitis labrusca, diversa dalla Vitis vinifera, che è la specie più comunemente usata per la produzione di vini in Europa. Le normative dell’UE vietano la produzione di vino da Vitis labrusca per motivi legati alla tradizione enologica europea e alla protezione delle varietà autoctone.
  2. Produzione di metanolo: L’uva fragola produce una quantità leggermente più alta di metanolo durante il processo di fermentazione rispetto alla Vitis vinifera. Sebbene le quantità siano generalmente sicure per il consumo umano, questo aspetto è stato utilizzato come giustificazione per limitarne la produzione commerciale.
  3. Denominazioni protette: Le normative UE vietano la vendita di prodotti etichettati come “vino” se non provengono da varietà di vite autorizzate. Questo significa che il Fragolino non può essere commercializzato legalmente come vino, anche se è possibile produrlo e consumarlo a livello privato.

DOVE È LEGALE IL FRAGOLINO E COME SI CONSUMA

  • Produzione casalinga: In Italia, è legale produrre il Fragolino per uso personale, ma non è permessa la vendita commerciale.
  • Versioni commerciali: Alcuni prodotti chiamati “Fragolino” sono in realtà bevande aromatizzate che imitano il sapore del Fragolino ma non sono ottenuti dalla fermentazione dell’uva fragola.
  • Fuori dall’UE: In alcuni paesi extraeuropei, come gli Stati Uniti, l’uva fragola è usata senza restrizioni nella vinificazione.

Dunque, il vino Fragolino è legale o illegale? La risposta, in sintesi, è che il Fragolino non è propriamente “illegale”. Ma la sua produzione e commercializzazione (con questo nome, anche nei supermercati) sono fortemente limitate da normative vinicole specifiche. La prima regola, se lo si acquista in Gdo, è dunque quella di non aspettarsi propriamente un vino, bensì una bevanda aromatizzata che imita il sapore dell’originale, non vendibile al pubblico nella grande distribuzione. Un esempio su tutti? Il Fragolino Duchessa Lia distribuito, tra gli altri, nei supermercati Carrefour a 4,65 euro a bottiglia. Luca Maroni 92 punti al Fragolino di Aldi (che non è un vino)

Categorie
Food Lifestyle & Travel news news ed eventi

Vino Dop, Igp e Made in Italy: istituito il Registro Associazioni Nazionali Città di Identità


Sono considerate «Città di Identità» i Comuni che si distinguono per la produzione di eccellenze agricole legate al territorio, quali: prodotti DOPIGP, biologici, certificati SQNPI, SQNZ, SQNBA (con almeno il 30% della produzione certificata) e prodotti agricoli con una tradizione consolidata di almeno 50 anni, legata a valori ambientali, storici e culturali. Il Registro delle Associazioni Nazionali delle Città di Identità è «un passo importante per garantire la partecipazione degli operatori del settore agricolo nella pianificazione strategica degli interventi di valorizzazione e promozione delle eccellenze territoriali».

NASCONO LE CITTÀ DI IDENTITÀ

«Il Registro, introdotto dalla legge Made in Italy – chiarisce il Masaf – rappresenta un chiaro segnale di attenzione verso il mondo delle produzioni agricole di pregio, il paesaggio e tutte le associazioni che custodiscono le tradizioni agricole italiane». Il decreto, firmato dal Ministro Francesco Lollobrigida e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, definisce i requisiti per ottenere la denominazione di «Città di Identità» e stabilisce le modalità per l’iscrizione nel Registro (24A06930 – GU Serie Generale n.303 del 28-12-2024).

Categorie
news news ed eventi

Portainnesti M, scoperta rivoluzionaria: «Qualità superiore nei vini»

Più fenoli nei rossi e più acidità nelle basi spumanti. L’ultima ricerca sui portainnesti M rivela che non fungono solo da barriera contro la siccità e il calcare, ma rappresentano un vero e proprio veicolo «per ottenere una qualità superiore nei vini». Lo studio è stato condotto dal team dell’Università di Milano guidato dai professori Attilio Scienza e Lucio Brancadoro, con il supporto di Winegraft, società che riunisce alcune delle principali realtà vitivinicole italiane.

La nuova generazione dei portainnesti M si sta così rivelando una soluzione efficace non più solo per gestire le conseguenze dei cambiamenti climatici, ma anche per affrontare in modo diverso il complessivo cambio di orientamenti del gusto da parte dei consumatori in tutti i mercati mondiali. La tipologia contrassegnata dalla sigla M è associata principalmente alla ricerca e allo sviluppo in viticoltura condotto dall’Istituto di Miglioramento Genetico della Vite di Montpellier, in Francia. Grazie al lavoro di Vivai Cooperativi Rauscedo, la diffusione dei portainnesti M è ormai ottimale in tutti i principali territori vitati d’Italia.

PORTAINNESTI M: LA NUOVA FRONTIERA PER LA QUALITÀ DEI VINI

La sorprendente scoperta arriva dopo oltre venti anni di sperimentazioni e microvinificazioni in dieci diverse aree produttive, dal Piemonte alla Sicilia. Lo studio ha dimostrato che i “4 moschettieri” della serie M (M.1, M.2, M.4, M.5) non solo garantiscono resistenza agli stress ambientali, ma offrono anche prestazioni produttive e qualitative superiori, influenzando aspetti chiave come il vigore, la maturazione tecnologica, fenolica e aromatica delle uve. «La portata di questa ricerca è davvero rivoluzionaria», ha dichiarato Marcello Lunelli, presidente di Winegraft,Winegraft   la società che da dieci anni sostiene lo sviluppo dei portainnesti M, distribuiti in esclusiva dai Vivai Cooperativi Rauscedo. Vivai Cooperativi Rauscedo

«Da oggi – ha aggiunto – non dobbiamo più considerare i portainnesti solo come una barriera contro fillossera, siccità e altre avversità, ma come strumenti biologici per migliorare la qualità dell’uva e del vino». Attilio Scienza ha sottolineato come questa scoperta porti la viticoltura in linea con altri ambiti delle colture arboree, dove il portainnesto è riconosciuto come un fattore cruciale per il miglioramento qualitativo. «È stato un lavoro complesso e lungo oltre due decenni – ha spiegato – a causa delle molteplici interazioni tra portainnesto, ambiente di coltivazione e vitigni. Tuttavia, abbiamo finalmente dimostrato che il portainnesto può influire in maniera diretta sulla qualità delle uve e dei vini».

Lucio Brancadoro, coautore dello studio, ha evidenziato come la ricerca abbia permesso di chiarire l’impatto dei portainnesti M sulle performance produttive e qualitative della vite. «In diverse combinazioni d’innesto con vitigni rossi e bianchi – ha spiegato – abbiamo osservato non solo l’estrema adattabilità dei portainnesti M ai vari ambienti italiani, ma anche la loro capacità di regolare le risposte della vite agli stress abiotici, sempre più estremi a causa del cambiamento climatico». Questa regolazione permette un decorso maturativo più favorevole, premessa essenziale per ottenere vini di alta qualità.

RISULTATI CONCRETI: FENOLI NEI ROSSI E ACIDITÀ NEGLI SPUMANTI

Le sperimentazioni condotte su vitigni iconici come Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Nero d’Avola e Sangiovese hanno confermato le straordinarie potenzialità dei portainnesti M.

  • Nel Cabernet Sauvignon, i portainnesti M hanno garantito risultati produttivi bilanciati, con elevati livelli di zuccheri e concentrazione fenolica.
  • Per lo Chardonnay in Franciacorta e Trento Doc, si è registrata una maggiore acidità titolabile, con prevalenza di acido malico, e un pH inferiore, elementi fondamentali per la produzione spumantistica di qualità. I vini ottenuti sono risultati più intensi, aromatici e con una struttura olfattiva complessa, arricchita da note di frutta tropicale.

Un aspetto determinante è emerso anche nei vini rossi. Nei campi sperimentali, le uve di Nero d’Avola, Cabernet Sauvignon e Sangiovese hanno mostrato una maggiore concentrazione di polifenoli, una tonalità più accesa delle sostanze coloranti e una persistenza cromatica superiore durante l’affinamento. Questi parametri influenzano direttamente la qualità dei vini, rendendoli più strutturati e longevi.

«PORTAINNESTI M PER VINI DI QUALITÀ SUPERIORE»

Un altro aspetto innovativo riguarda la composizione aromatica delle uve. «I portainnesti M influenzano il metabolismo secondario della vite, con effetti diretti sulla qualità aromatica», spiega Brancadoro. Le analisi su Chardonnay e Sangiovese hanno rilevato incrementi significativi di composti aromatici come tioli, esteri etilici, fenoli e norisoprenoidi, che contribuiscono alla complessità dei vini ottenuti.

«Questa scoperta – conclude Marcello Lunelli – ci porta a riconsiderare completamente il nostro approccio ai portainnesti. La prova scientifica del loro ruolo nella qualità del vino sottolinea l’importanza di una scelta oculata della combinazione d’innesto, che tenga conto non solo delle caratteristiche varietali e ambientali, ma anche degli obiettivi enologici da raggiungere». Con i portainnesti M, una buona parte della viticoltura italiana promette di entrare in una nuova era. In cui sostenibilità e qualità si uniscono, per affrontare le sfide di un mercato sempre più esigente e di un clima in continuo cambiamento.

Categorie
eventi news news ed eventi

30 anni di Prima del Torcolato nel 2025: così Breganze sfida la crisi dei vini dolci


Nel 2025, Breganze celebra il suo vino dolce all’insegna dei 30 anni della Prima del Torcolato.
Domenica 19 gennaio, nella cittadina della provincia di Vicenza si taglierà l’importante traguardo dei trent’anni dell’iconico evento che rende omaggio al Torcolato, il vino passito Doc che ha saputo conquistare appassionati e intenditori, diventando simbolo del territorio e della denominazione Breganze.

LA STORIA DEL TORCOLATO DI BREGANZE

Il Torcolato affonda le sue radici nella storia contadina della Pedemontana Vicentina, un territorio in cui tradizione e innovazione convivono in armonia. La prima menzione del termine “Torcolato” risale al 1890, quando venne usato per descrivere il prezioso vino passito ottenuto dall’uva Vespaiola, autoctona di questa zona. Trent’anni fa, questa tradizione secolare ha trovato una nuova espressione nella “Prima del Torcolato”, una manifestazione che celebra pubblicamente il momento della prima spremitura dell’uva appassita. Dopo quattro mesi di paziente appassimento nei fruttai delle cantine, i grappoli vengono torchiati in piazza per ottenere il primo mosto della nuova annata. Un rito che, tra folklore e comunità, rappresenta il cuore pulsante della viticoltura locale.

BREGANZE, 30 ANNI DI PRIMA DEL TORCOLATO: IL PROGRAMMA

La “Prima del Torcolato” 2025 si arricchisce di eventi unici, nel segno della cultura e dell’arte. Le celebrazioni saranno accompagnate dalle note del “Violino Torcolato”, uno strumento artigianale creato dal liutaio Fabio Dalla Costa, un omaggio musicale alla tradizione del vino passito. Non mancherà una parentesi teatrale, curata dall’attore e drammaturgo Diego Dalla Via, che proporrà uno spaccato della vita e delle tradizioni contadine. A rendere ancora più speciale questa edizione sarà la nomina del fumettista vicentino Ivan Bigarella a nuovo Ambasciatore del Torcolato nel mondo per il 2025. Noto per il suo stile narrativo originale, Bigarella avrà il compito di promuovere il Torcolato e il suo territorio. Continuando una tradizione che unisce radici locali e prospettive internazionali.

LE SFIDE DEL TORCOLATO DOC BREGANZE

«Raggiungere i 30 anni della Prima del Torcolato – commenta Giuseppe Vittorio Santacatterina, presidente del Consorzio per la Tutela della Doc Breganze – è motivo di grande orgoglio per tutto il Consorzio e per le cantine associate. Il Torcolato Doc Breganze ha saputo affrontare a testa alta la crisi dei vini dolci in Italia negli ultimi anni, mantenendo una domanda stabile sul mercato. La sua forza risiede nell’unicità, espressione autentica del nostro territorio e dei migliori grappoli di uva Vespaiola». Santacatterina guarda al futuro con determinazione: «La sfida per i prossimi cinque anni sarà portare il nome del Torcolato ancora più in alto, sia in Italia che all’estero. Un obiettivo che potremo raggiungere solo grazie alla collaborazione tra le cantine DOC Breganze e a una comunicazione efficace del valore unico del nostro territorio».

Categorie
news news ed eventi

Paura dell’alcoltest al ristorante? Tranquillo. Ti porta a casa il ristoratore


Hai bevuto vino al ristorante e hai paura dell’alcoltest? Nessun problema. Il ristoratore ti porta a casa e la patente è sana e salva. Ad una condizione: devi abitare a Venturina Terme, in provincia di Livorno. L’idea è di Stefano Sinibaldi, titolare del Bistrot Mezzo Km nella frazione di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno. Una risposta, anzi una provocazione bella e buona, al nuovo codice della strada (già criticatissimo nel settore). Dal 14 dicembre 2024, pene e sanzioni per chi si mette al volante sopra al limite di 0,5 grammi per litro (tasso alcolemico rimasto comunque invariato rispetto al passato) sono state infatti inasprite. E gli effetti dell’entrata in vigore della stretta (economica) sull’alcol alla guida sono già clamorosi. Ben 38.200 patenti ritirate in seguito a oltre 760 mila alcoltest eseguiti dalla Polizia stradale, sul territorio nazionale.

NUOVO CODICE DELLA STRADA: TI PORTA A CASA IL RISTORATORE

Numeri che fanno un baffo al ristoratore livornese intervenuto ieri sera su Rete 4, durante la trasmissione Dritto e Rovescio condotta da Paolo Del Debbio. «Ho un bistrot a Venturina Terme, in provincia di Livorno – ha spiegato Stefano Sinibaldi di “Mezzo Km” – e con il nuovo decreto ci è calata moltissimo la vendita di vino. Non sono contro il decreto, ci mancherebbe. Anzi, sono contro quelli che bevono troppo. Ma, con il mio servizio di cortesia, permetto ai clienti che prenotano di essere riportati a casa, a fine cena. Lo posso fare solo nel Comune. Visto che la cosa funziona, la prossima settimana avrò una riunione con i ristoratori del mio Comune per estendere il servizio e meglio organizzarlo, inserendo ncc o taxi». A quel punto, «i ristoranti che aderiscono all’iniziativa potranno portare a casa la gente».

CONSUMI DI VINO E ALCOL CALATI AL RISTORANTE: TROPPA PAURA PER LA PATENTE

L’intervento del ristoratore Stefano Sinibaldi è stato anticipato dal servizio di Lorenzo Caroselli. Protagonisti alcuni ristoratori di Milano, che hanno confermato il calo drastico dei consumi di vino e alcolici da parte dei clienti, dall’entrata in vigore delle nuove norme del codice della strada. Le multe da 573 euro per un tasso alcolemico da 0,5 a 0,8, si spingono fino a 6 mila euro. E la sospensione della patente arriva fino a due anni. Abbastanza per fungere da ulteriore deterrente. Una vera e propria mazzata per gli operatori Horeca.

«I consumi sono più che dimezzati – riferisce al giornalista di Dritto e Rovescio un ristoratore – non beve più nessuno. Si beve meno della metà rispetto a prima». «Andiamo ad acqua perché è entrato in vigore il nuovo codice della strada», confermano due clienti di un’altra attività. «La gente di zona che va a casa piedi, beve. Però – sottolinea il secondo ristoratore milanese intervistato – lavoro anche con gente fuori zona, che ha il terrore addosso di bere un bicchiere di vino e poi andare a casa in macchina». In studio, opinionisti divisi tra detrattori e sostenitori delle nuove norme caldeggiate dal ministro Matteo Salvini. Finale melanconico per il giornalista Lorenzo Caroselli, costretto a tornare a casa in taxi dopo aver consumato, tra un’intervista e l’altra, uno Spritz, un bicchiere di vino bianco e un Gin Tonic.

Categorie
Esteri - News & Wine news news ed eventi

VDP, cantine associate salgono a 202 con Sektgut Reinecker e Weingut Dr. Hermann

Il Verband Deutscher Prädikatsweingüter (VDP) inizia il 2025 accogliendo due nuovi membri tra le sue fila. A partire dal 1° gennaio, Sektgut Reinecker (VDP Baden) e Weingut Dr. Hermann (VDP Mosel-Saar-Ruwer) entrano a far parte della comunità VDP. Questo porta a 202 le aziende associate alla VDP, tutte accomunate dall’impegno nei confronti degli standard di origine e qualità della VDP.

SEKTGUT REINECKER: GLI ECCEZIONALI SPUMANTI DEL MARKGRÄFLERLAND

La Sektgut Reinecker, situata ad Auggen, è sinonimo di vini spumanti eccezionali dal 1987. Questi vini sono prodotti esclusivamente con il metodo tradizionale della fermentazione in bottiglia. La famiglia Reinecker coltiva vigneti ad Auggen, Feuerbach, Istein e Badenweiler, i cui terroir conferiscono ai vini base il loro carattere unico. Il portafoglio comprende cinque vini spumanti che hanno ricevuto numerosi riconoscimenti.

Oltre a produrre i propri spumanti, la Sektkellerei offre anche la produzione di spumanti su commissione per rinomate cantine della regione. Katja e Steffen Reinecker, insieme ai loro genitori Christina e Herbert, guidano l’azienda verso il futuro. «Siamo lieti di dare il benvenuto a Sektgut Reinecker – dichiara Joachim Heger, presidente di VDP.Baden – un’azienda che si distingue per l’eccellente reputazione, la competenza e l’affascinante cordialità». L’ammissione di Sektgut Reinecker sottolinea la crescente importanza dello Statuto VDP.SEKT, che definisce gli standard più elevati per la produzione di vini spumanti tedeschi.

WEINGUT DR. HERMANN: RIESLING CLASSICO A FORTE PENDENZA


La Weingut Dr. Hermann, situata a Erden, è rinomata per i suoi eleganti Riesling provenienti dai ripidi pendii di ardesia della Mosella. Fondata nel 1967, è oggi gestita da Christian e Julia Hermann. I vigneti comprendono siti prestigiosi come i VDP.GROSSE LAGEN® PRÄLAT e TREPPCHEN a Erden e WÜRZGARTEN a Ürzig, che conferiscono ai vini una mineralità e una finezza particolari.
La tenuta impiega una viticoltura sostenibile e tecniche di cantina tradizionali, tra cui la fermentazione spontanea e l’affinamento prolungato sui lieviti.

I loro nobili Prädikatsweine dolci sono costantemente classificati tra i migliori della regione. Siamo lieti di dare il benvenuto alla Weingut Dr. Hermann – commenta Carl von Schubert, presidente del VDP.GROSSER RING Mosel-Saar-Ruwer – una cantina il cui stile classico ed elegante di Riesling rappresenta un enorme arricchimento per il GROSSER RING. Entrando a far parte della VDP, Weingut Dr. Hermann conferma la propria dedizione alla conservazione e allo sviluppo dei vigneti storici della Mosella».

Categorie
news news ed eventi

Operatori Horeca, cosa cambia con disegno di legge per distributori Food & Beverage


Il Consiglio dei Ministri ha avviato l’esame di un disegno di legge annuale dedicato alle piccole e medie imprese, su proposta del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Il provvedimento si inserisce nell’ambito della valorizzazione delle eccellenze del Made in Italy e punta a definire e qualificare i ruoli e le mansioni degli operatori del settore Horeca (Hotel, Restaurant, Catering), che rappresenta l’ampio mercato dei consumi fuoricasa. 
Tra gli attori chiave di questo settore spiccano i distributori di Food & Beverage, considerati un anello indispensabile tra produttori e punti di consumo. La Federazione dei distributori Horeca, Italgrob, ha svolto un ruolo centrale nella promozione del provvedimento, volto a delineare politicamente e legislativamente il ruolo dei diversi operatori del sistema Horeca.

ITALGROB: DISEGNO DI LEGGE RENDE “VISIBILI” GLI OPERATORI HORECA

«Per gli operatori della distribuzione Horeca – commenta Antonio Portaccio, presidente di Italgrob – un riconoscimento decisivo per far emergere la categoria da quell’anonimato, per non dire da quella invisibilità, nella quale è stata sempre relegata. Un anonimato che non aveva in alcun modo ragion d’essere, visto il ruolo strategico che svolgono i distributori italiani. Una categoria che conta oltre 3.400 aziende e che, con il suo lavoro di distribuzione, garantisce giornalmente forniture agli oltre 330 mila punti di consumo tra bar, ristoranti e pizzerie in Italia. Di fatto, i distributori mettono in moto un settore, quello dei consumi fuoricasa, che è uno degli asset fondamentali per l’economia del Paese. Un riconoscimento era pertanto non solo necessario, ma anche doveroso».

«DISEGNO DI LEGGE IMPORTANTE PER DISTRIBUTORI FOOD & BEVERAGE HORECA»

«Dopo l’iter parlamentare che la proposta di legge dovrà seguire – aggiunge Dino Di Marino, Direttore Generale di Italgrob – si aprirà uno scenario molto importante per la categoria dei distributori Horeca, anzitutto perché sarà stato circoscritto un perimetro identificato e identificabile nel quale potremo agire. In questo modo, a seconda delle esigenze, delle circostanze e delle necessità del momento, sarà possibile incidere a livello politico istituzionale e avviare iniziative per la valorizzazione di una categoria di rilievo, quale è appunto la distribuzione Horeca». Questo disegno di legge rappresenta un passo significativo per il riconoscimento e la tutela di un settore cruciale, che contribuisce in maniera determinante al sostegno del Made in Italy e all’economia nazionale. Italgrob

Categorie
news news ed eventi

Lavorare nel settore del vino nel 2025


All’inizio del 2025, il settore del vino italiano evidenzia una crescente domanda di diverse figure professionali. È quanto emerge dalle offerte di lavoro pubblicate su vari portali specializzati, come Indeed. Lavorare nel mondo del vino nel 2025 non è dunque un sogno impossibile, ma richiede alcune competenze. Ecco la situazione aggiornata, sulla base dell’analisi di oltre 100 posizioni aperte.

LAVORO NEL SETTORE DEL VINO IN ITALIA nel 2025

  1. Cantiniere: Responsabile delle operazioni in cantina, dalla vinificazione all’imbottigliamento. Questa posizione richiede competenze tecniche specifiche e una profonda conoscenza dei processi produttivi del vino.
  2. Wine Specialist: Professionista dedicato alla promozione e vendita dei vini, spesso impiegato in enoteche o punti vendita specializzati. È fondamentale una solida conoscenza dei prodotti e, preferibilmente, certificazioni come sommelier o Wset.
  3. Addetto al Wine Shop: Figura che si occupa dell’accoglienza dei clienti, organizzazione di degustazioni e gestione delle vendite dirette in cantina o negozi specializzati. Richieste competenze in comunicazione e, spesso, la conoscenza di lingue straniere per interagire con una clientela internazionale.
  4. Agente di Commercio: Professionista incaricato della vendita e distribuzione dei vini in specifiche aree geografiche, con l’obiettivo di ampliare la rete commerciale dell’azienda. È preferibile un’esperienza pregressa nel settore vinicolo o nella vendita di prodotti di lusso.
  5. Hospitality Manager: Responsabile dell’organizzazione e gestione delle attività di ospitalità in cantina, inclusi tour, degustazioni ed eventi. Questo ruolo richiede eccellenti capacità organizzative e relazionali, oltre a una profonda conoscenza del settore enologico.
  6. Operaio Agricolo Specializzato: Addetto alle attività nei vigneti, come la potatura, la vendemmia e la manutenzione generale. È richiesta esperienza nelle pratiche agricole vitivinicole e, spesso, l’abilitazione alla guida di mezzi agricoli.

LE COMPETENZE RICHIESTE PER IL LAVORO NEL SETTORE DEL VINO NEL 2025

  • Competenze linguistiche: Per ruoli a contatto con il pubblico, come l’addetto al wine shop o l’hospitality manager, è spesso richiesta la conoscenza di lingue straniere, in particolare l’inglese, per interagire efficacemente con clienti internazionali.
  • Certificazioni: Possedere qualifiche riconosciute, come quelle rilasciate da Ais, Fisar, Onav o Wset, può rappresentare un vantaggio competitivo per candidati in posizioni legate alla degustazione e vendita del vino.
  • Esperienza pregressa: Molte offerte di lavoro privilegiano candidati con esperienza nel settore vinicolo o nella vendita di prodotti di lusso. Importante una conoscenza approfondita del mercato e delle sue dinamiche.

Il settore del vino italiano all’inizio del 2025 offre diverse opportunità professionali, con una particolare enfasi su ruoli tecnici e commerciali che richiedono competenze specializzate e, in molti casi, esperienza consolidata nel campo. La crescente attenzione per il biologico offre inoltre opportunità di lavoro nel mondo del vino per chiunque sia in possesso di competenze legate a precision farming e pratiche di agricoltura biologica. vino biologico italiano ed

Categorie
Gli Editoriali news news ed eventi

Bonarda (pardon, “Red Bolla”) o Pinot Nero? Retroscena dell’infinita guerra d’Oltrepò


EDITORIALE –
Bonarda o Metodo classico? Sangue di Giuda o Pinot Nero? La scelta dei vini da promuovere
è al centro del dibattito del Consorzio Oltrepò Pavese, che si ritrova a dover affrontare nel 2025 l’ennesimo ribaltone. Nove cantine, tra cui diversi imbottigliatori e aziende con ingenti interessi nel mondo del Bonarda e di altre tipologie di vini locali – quasi tutte caratterizzate da grandi volumi e prezzi aggressivi sugli scaffali dei supermercati – hanno deciso di uscire dal Consorzio a fine 2024. Non a caso, tra le recriminazioni (ufficiali) fornite dalle nove aziende dimissionarie, l’enfasi maggiore viene data alla presunta mancanza di «proporzionalità tra contributi versati e promozione delle singole denominazioni». «Ormai da mesi – denunciano le 9 cantine uscite dal Consorzio – è stata azzerata quella su prodotti ritenuti “minori”, ma che in realtà sono quelli su cui oggi vive l’intero territorio».

Per accorgersi che al centro del dibattito ci sia soprattutto la Bonarda, apparentemente “accantonata”, di recente, da un Consorzio che – sotto la guida della presidente Francesca Seralvo e del direttore Riccardo Binda – sembra invece voler puntare più sul Pinot Nero (in primis Metodo classico, ma anche rosso fermo), basta analizzare le ultime mosse della precedente gestione dell’ente. Il duo Gilda Fugazza – Carlo Veronese, espressione vicina al mondo degli imbottigliatori oltrepadani (ovvero alla gran parte delle aziende oggi dimissionarie) aveva dato il via a una massiccia operazione di marketing sulla Bonarda, con numerosi post social e affissione di manifesti pubblicitari in città come Milano.

BONARDA, ALIAS “RED BOLLA”: UNA CAMPAGNA… DIMENTICABILE

Toni piuttosto discutibili quelli scelti, a suo tempo, per promuovere la Bonarda. Sul profilo Instagram del Consorzio Oltrepò, accompagnate da immagini e grafiche finanziate da un contributo Masaf, appaiono frasi come: «Equilibrismo enologico: quando l’amore per la Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc raggiunge nuovi livelli!»; «Chi ha detto che il multitasking è difficile? Ecco a voi l’arte della ‘Bonarda balancing‘!»; «Dalle campagne pavesi con furore, la Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc merita un selfie anche quando scollina su Milano»; o ancora: «Ogni volta che entro in un locale, incrocio le dita… nella speranza di trovare la mia adorata Bonarda dell’Oltrepò Pavese Doc», che sembrano non aver fatto molta presa, se si considerano le recenti recriminazioni dei dimissionari, già preoccupati dalla “distrazione” di fondi su altre denominazioni.

I (TANTI) VOLTI (ED INTERESSI) DELLA BONARDA

Da notare che all’epoca (era il 2023) nessuna piccola azienda del Consorzio si era opposta (almeno ufficialmente) a una così massiccia promozione di una denominazione sulla quale si concentrano principalmente interessi di imbottigliatori e grandi cantine. Vero, poi, che il territorio è ormai storicamente diviso anche sulla Bonarda: da un lato quella “di massa”, di aziende come Losito e Guarini (tra le dimissionarie, che più volte l’ha proposta in Gdo a prezzi promozionali davvero stracciati). E dall’altra la “Bonarda dei produttori”, nota anche come “Bonarda perfetta” realizzata per “statuto” – dell’ormai silente “Distretto dei vini di qualità” dell’Oltrepò pavese – da aziende di filiera, con uve Croatina in purezza e rese contenute rispetto ai limiti stabiliti dal disciplinare. Qualcosa, insomma, che non può essere sintetizzato, anzi – diciamola tutta – “sbeffeggiato” dall’assurdo claim “Red Bolla”, affibbiato dalla precedente gestione del Consorzio Oltrepò alla Bonarda, in stile “Milanese imbruttito”.

LO SCONTRO POLITICO: A CHI GIOVA?

Ma ci sono anche altri aspetti da sottolineare e analizzare, rispetto al tempismo dell’uscita di nove aziende dall’ente oltrepadano. La recente elezione di Michele Zanardo a presidente del Comitato nazionale vini Dop e Igp è una di queste. Si tratta infatti di una figura molto vicina all’Oltrepò pavese. Zanardo è enologo di Bosco del Sasso, la cantina dell’Oltrepò fondata e guidata da Manuela Elsa Centinaio, sorella del vicepresidente del Senato, Gian Marco Centinaio. L’esponente della Lega, pavese di nascita, è da mesi protagonista di uno scontro diretto sui social con il Ceo e figlio del presidente di Terre d’Oltrepò, Umberto Callegari – membro del Cda del Consorzio – che non risparmia critiche feroci al gruppo guidato da Matteo Salvini, definendolo pubblicamente un «troglodita».

Con gli imbottigliatori fuori dai giochi del Consorzio, la centralità della cooperativa di Santa Maria della Versa negli equilibri dell’ente è ancora più evidente. E così lo sono le responsabilità della famiglia Callegari nei confronti di tutti i soci della cooperativa (che di recente si è dotata di una Spa, non senza polemiche). Lo scontro con il senatore Centinaio, che dal fronte politico si sposta su quello dirigenziale, toccando uno dei “nervi scoperti” oltrepadani, è una delle chiavi di lettura del futuro del territorio. Da considerare che, nel suo nuovo ruolo, Michele Zanardo sarà chiamato a “vidimare” – tra gli altri – le modifiche al disciplinare del Metodo classico base Pinot Nero dell’Oltrepò pavese: un altro motivo del contendere tra dimissionari e attuale Cda dell’ente di Torrazza Coste. Ammesso (e concesso) il ruolo super partes del numero uno del Comitato Vini, a chi giova uno scontro politico così acceso?

RIVOLUZIONE O AUTOGOL: L’OLTREPÒ DEI “PICCOLI” PUÒ FUNZIONARE?

Neppure troppo sullo sfondo c’è però una gigantesca opportunità per il Consorzio. Francesca Seralvo e l’ex Bolgheri Riccardo Binda, decisi a tirare dritto e a «governare l’ente anche senza erga omnes» sulla maggior parte delle denominazioni (i conti esatti si faranno a giugno 2025), potrebbero ritrovarsi a capo di uno dei pochi Consorzi del vino italiano realmente guidati da aziende di filiera. Un organismo “modello Fivi”, che da anni tenta di promuovere una modifica dei meccanismi di rappresentatività dei Consorzi del vino italiano.

In altre parole, quello che si sta profilando nel pavese è un Consorzio (per lo più) a “conduzione famigliare”, in cui le piccole e medie aziende hanno la meglio sugli imbottigliatori nelle logiche di promozione, come quelle che vedono appunto “contrapposto” Bonarda e Metodo classico. Ma anche, e soprattutto, nella stesura dei disciplinari di produzione, nella programmazione. E nella necessaria identificazione di una piramide della qualità ben definita, che oggi manca ai vini dell’Oltrepò. Alla finestra, tra l’altro, gli ultimi arrivati: i siciliani di Ermes, che hanno acquistato Cantina di Canneto e che hanno già dato parecchio filo da torcere al tessuto cooperativo locale, in occasione della vendemmia 2024 (la prima nel pavese).

IL PESO DELLA STORIA: BERLUCCHI TRA GLI “AGHI DELLA BILANCIA” IN OLTREPÒ

«Non ci sentiamo più rappresentati da un Consorzio che sta inoltre cercando in tutti i modi di modificare lo Statuto con lo scopo di accentrare i poteri decisionali al Cda», denunciano non a caso le cantine dimissionarie. Nel silenzio, più di nove aziende sono pronte a rimpiazzare – non quantitativamente, ma più che mai qualitativamente – quelle fuoriuscite. E si tratta proprio di piccole medie aziende di filiera, tra cui spicca il nome – pesantissimo – di Vigne Olcru: la cantina oltrepadana fortemente voluta dalla famiglia Ziliani (Berlucchi), profonda conoscitrice delle dinamiche pavesi e nuovo, prestigioso protagonista di un territorio che, sino ad oggi, con le “scelte a metà” – quelle alla Tancredi nel Gattopardo – ha raccolto poco, anzi nulla rispetto al proprio potenziale. Perché non è detto che “piccolo è bello”. Ma che fascino provarci, se non hai (quasi) nulla da perdere.

Categorie
news news ed eventi

«Ecco perché»: parlano le nove cantine uscite dal Consorzio Oltrepò


«È stata una decisione sofferta, ma non più prorogabile». Così, in una nota stampa, le nove cantine che hanno deciso di uscire dal Consorzio Oltrepò. Una presa di posizione netta, che fa seguito alle dimissioni rassegnate da cinque consiglieri, nel corso del mese di luglio 2024; alcuni dei quali alla guida di cantine che hanno abbandonato l’ente di Torrazza Coste. Si tratta di Azienda agricola Luciano Brega, Vinicola Decordi, Agricola Defilippi Fabbio, Losito e Guarini, Azienda agricola Maggi Francesco (Marco Maggi), Mondonico Azienda vitivinicola di Gilda Fugazza, Azienda agricola Orlandi Marco, Prago Vini e Spumanti (alias Azienda Agricola Prago Testori Giuseppe & Fratelli) e Società agricola Vercesi Nando e Maurizio. Insieme, le cantine rappresenterebbero il 27% dei voti dell’assemblea del Consorzio Tutela Vini Oltrepò. Quali sono le ragioni dell’abbandono?

NOVE CANTINE ESCONO DAL CONSORZIO VINI OLTREPÒ: ECCO PERCHÈ

«Siamo stati costretti a uscire dal Consorzio Oltrepò – spiegano nella nota le cantine dimissionarie – anche per non apparire corresponsabili di scelte da cui ci dissociamo radicalmente. Alcuni esempi sono le mancate attuazioni di delibere assembleari ad oggi completamente affossate, fatto di per sé già molto grave, che fanno presumere la volontà di non applicare la fascetta Ministeriale sulle Igt». Sul banco degli imputati anche la presunta «decisione del Consorzio di non procedere con il disciplinare della Docg, per il cambio del nome della nostra Denominazione». Un altro esempio? «Ormai da mesi – denunciano le nove cantine dissidenti – è stata azzerata la promozione su prodotti ritenuti “minori”, ma che in realtà sono quelli su cui oggi vive l’intero territorio».

«AZZERATA LA PROMOZIONE DI VINI CONSIDERATI MINORI»

Il tutto, sempre secondo il gruppo che rappresenta per lo più imbottigliatori, ma anche vinificatori, «senza minimamente preoccuparsi di uno dei caposaldi dei “Consorzi”, che prevede proporzionalità tra contributi versati e promozione delle singole denominazioni». Aggiungono le cantine uscite dal Consorzio Oltrepò: «Non ci sentiamo più rappresentati da un ente che sta inoltre cercando in tutti i modi di modificare lo Statuto che è stato da poco approvato da tutta la filiera, dopo un ampio confronto con Regione, con le Associazioni di Categoria e con i Tavoli delle Denominazioni, con lo scopo di accentrare i poteri decisionali al Cda a discapito dei soci (grandi e piccoli) e dell’intero territorio dell’Oltrepò Pavese».

«L’obiettivo di un Consorzio – concludono le aziende – dovrebbe essere quello di rappresentare, promuovere e tutelare tutto il territorio cercando coesione e dialogo con tutta la filiera. Condividendo un progetto concreto, ad oggi mai divulgato, e non quello di cercare dissennatamente di rimpiazzare aziende uscite con altre». Intanto, il cda guidato dalla presidente Francesca Seralvo non si nasconde e, in una nota, ha pressoché ringraziato le nove cantine per essere uscite. «Rafforzando la coesione» delle aziende rimaste e di quelle pronte a rientrare in Consorzio.

Categorie
news news ed eventi

“Salvate il soldato erga omnes”: Consorzio Oltrepò in mano alle aziende di filiera?


Per nove fuori, nove (o più) dentro. Per far quadrare i conti. E proseguire la promessa “conversione” dell’Oltrepò, da terra di grandi volumi, a terra di grandi vini. Si muove sottotraccia l’ennesima storia di rinascita della terra del vino più martoriata d’Italia. C’è voluta l’uscita dal Consorzio di nove cantine della categoria “imbottigliatori” e “vinificatori” per rendere pubblica la “controffensiva” delle piccole-medie cantine; le cosiddette “aziende di filiera“. Una decina sarebbero infatti intenzionate a rientrare nell’ente, portando quote utili a dare ossigeno al Cda guidato da Francesca Seralvo.

La battaglia si gioca sul terreno minato delle percentuali necessarie per esercitare l’erga omnes sulle denominazioni, senza il quale il Consorzio perderebbe una delle sue funzioni principali, pur potendo ancora “governare” legittimamente. «I calcoli ufficiali si faranno a giugno 2025», si è affrettato a precisare il consiglio di amministrazione dell’ente, nella sua (piccata) replica alle cantine uscite. L’ennesima dimostrazione che disegni, congetture, trattative e tentativi di persuasione siano già in corso, in un territorio che si appresta a vivere i primi mesi del 2025 come in una sala poker.

MATTIA GRAZIOLI A WINEMAG: ECCO PERCHÉ RIENTRO IN CONSORZIO

Secondo indiscrezioni, le aziende intenzionate a rientrare sarebbero Cantine Bertelegni, Vini Buscaglia, Corte Fabbri, Cantina Scuropasso / Roccapietra, Andrea Picchioni, Bisi, Vigne Olcru (l’azienda di Berlucchi Franciacorta in Oltrepò), Percivalle Vini Biologici e Bisio Devis. Non ancora ufficializzata, ma già dichiarata, anche l’intenzione dell’Azienda agricola Grazioli di frazione Poggiolo, a Montù Beccaria (Pavia). Raggiunto da Winemag, Mattia Grazioli spiega così la sua decisione: «Quello che succede da troppi anni in una terra baciata dal Signore per fare vino è quantomeno peculiare. Siamo figli di scelte di comodo, di scorciatoie, di occasioni. Siamo quelli che hanno una storia enorme da raccontare, ma non abbiamo la voglia di farlo. Siamo quelli dei controsensi, anche enologici. Oggi – continua il produttore – fare impresa agricola in Oltrepò non è sostenibile. Lo diventa solo se si vinifica e la competenza umana nobilita frutti prodotti con uno scopo sensato.

Non voglio giudicare il passato, anche perché vivendo di un altro lavoro (Mattia Grazioli è titolare di un’agenzia immobiliare, ndr) sono in una situazione di enorme privilegio. Quello che sta accadendo nel nostro territorio assomiglia un po’ a quello che accade nel settore automotive. È necessario un cambiamento ed una maggiore interazione tra modi di lavorare. Non ho nulla contro le aziende che hanno fatto la scelta di uscire da un Consorzio dal quale non faccio ancora ufficialmente parte. E capisco le motivazioni e le paure di colleghi che producono centinaia di migliaia di bottiglie: programmazione, investimenti, paure, calo dei consumi, marginalità, aumento dei costi, annate difficili».

«PER SALVARE L’OLTREPÒ SERVE PROGRAMMAZIONE»

Tutto questo, secondo Mattia Grazioli, «rende ancora più doloroso il cambiamento». «Ragionando sulle attività che possono portare benessere alla filiera – continua il produttore, che nel 2019 ha dato nuova linfa all’azienda famigliare – mi vengono in mente solo cose che possono essere messe in pratica da produttori medio piccoli, disposti a sacrificare tempo e lavoro nelle proprie aziende per lo sviluppo comune. Quello che serve oggi non sono le grandi vendite o i proclami di rinascita, ma pochi concetti, ben chiari ed una programmazione a medio termine che è quello di cui si sta discutendo ora in Consorzio. Ed è quello che assomiglia molto ai concetti originari di altre associazioni di cui faccio parte. Sarà dura, onerosa, piena di intoppi e potenziali errori – conclude Grazioli – ma non vedo altra strada da intraprendere».

Categorie
news news ed eventi

Consorzio Oltrepò, Cda ringrazia le cantine uscite: «Rafforzata la nostra coesione»


È firmato dal Consiglio di amministrazione il comunicato con cui il Consorzio Vini Oltrepò commenta il recesso di nove cantine, avvenuto nelle scorse ore. Il passaggio più importante è sull’erga omnes: «Per quanto riguarda eventuali effetti sui requisiti di operatività erga omnes, precisiamo che ogni valutazione sarà effettuata, come sempre, in conformità alle richieste del Masaf alla fine dell’attuale incarico, previsto per giugno 2025. Eventuali riorganizzazioni saranno gestite con la massima trasparenza, in linea con il nostro impegno verso un modello virtuoso e inclusivo. Il progetto di rilancio del territorio, fondato su qualità, valore, trasparenza ed etica di filiera, non sarà in alcun modo condizionato da questi eventi».

CONSORZIO VINI OLTREPÒ: «NUMERO CANTINE ASSOCIATE È STABILE»

Il Cda precisa che l’uscita dal Consorzio «di alcuni imbottigliatori ed aziende non legate alla filiera integrata, non incide sulla solidità e la coesione del nostro progetto». «Alle 9 aziende che hanno presentato domanda di recesso – scrive il Consiglio di amministrazione – hanno corrisposto altrettante richieste di adesione, mantenendo stabile il numero di associati, che oggi raggiunge il livello più alto degli ultimi anni. Tali speculazioni risultano ancor più inopportune e fuori luogo, considerato che il territorio è finalmente unito attorno a un progetto di rinascita, condiviso da chi opera con reale interesse per il benessere collettivo». Ennesima porta chiusa, dunque, a chi chiede di cambiare. «Al contrario, le cantine uscite dal Consorzio hanno ulteriormente rafforzato la coesione tra le aziende che credono in un modello di filiera integrata e sostenibile, realmente impegnate a riportare l’Oltrepò Pavese al posto che merita.

IL CDA GUIDATO DA FRANCESCA SERVALVO: «INIZIO DI UNA NUOVA FASE PER IL TERRITORIO»

«Il Consorzio, il territorio e il Consiglio di Amministrazione – si legge infine nel comunicato dell’ente guidato da Francesca Seralvo – restano compatti nella promozione di una strategia unitaria, capace di superare le dissonanze che in passato hanno penalizzato il nostro potenziale. L’Oltrepò Pavese non può più permettersi di essere frammentato o incoerente: evolvere verso una value proposition chiara, semplice e sistemica è l’unica strada per garantire crescita e riconoscimento. Questo momento segna una discontinuità netta e rappresenta l’inizio di una nuova fase per il territorio. Il Consorzio è determinato a guidare il processo di rinascita con trasparenza e coerenza, a beneficio di una filiera forte, unita e proiettata verso un futuro di eccellenza condivisa».

Categorie
news news ed eventi

Botti di fine anno al Consorzio Oltrepò: escono nove cantine, addio erga omnes?


Sono veri e propri botti di fine anno quelli in corso al Consorzio Oltrepò pavese. Nove cantine hanno deciso recedere dall’ente guidato da marzo 2024 dalla presidente Francesca Seralvo e dal direttore Riccardo Binda. Le conseguenze sono gravissime. Il Consorzio Oltrepò pavese, secondo i calcoli dei dimissionari, avrebbe perso l’erga omnes su tutte le denominazioni tutelate tranne la Docg, ovvero il Metodo classico ottenuto in maggioranza da uve Pinot Nero. Addio quindi alla tutela di importanti Doc come Bonarda dell’Oltrepò pavese, Barbera, Riesling, Pinot Grigio, Croatina e Moscato, fondamentali per la stessa sussistenza della viticoltura alle porte di Pavia, già messa a grave rischio dal clima e dalla bassa reddittività per ettaro.

Il comunicato ufficiale delle nove aziende è atteso per domani. Ma circolano già i nomi dei dimissionari, confermati a Winemag dal responsabile di una cantine che hanno presentato ufficialmente il recesso al Consorzio. Si tratta di Azienda agricola Luciano Brega, Vinicola Decordi, Agricola Defilippi Fabbio, Losito e Guarini, Azienda agricola Maggi Francesco (Marco Maggi), Mondonico Azienda vitivinicola di Gilda Fugazza, Azienda agricola Orlandi Marco, Prago Vini e Spumanti (alias Azienda Agricola Prago Testori Giuseppe & Fratelli), Società agricola Vercesi Nando e Maurizio.

CONSORZIO OLTREPÒ NEL CAOS: IL FRONTE IMBOTTIGLIATORI SI ALLARGA AI VINIFICATORI

Per alcune aziende, rappresentanti del mondo degli imbottigliatori, si tratta di un ulteriore passo contro l’attuale Consorzio, dopo le dimissioni dal Cda di luglio 2024. Sembra essersi defilato dal gruppo dei cinque imbottigliatori dimissionari solo Pierpaolo Vanzini, che – forse per strategia – ha deciso di non recedere dal Consorzio con la propria azienda, l’Azienda vitivinicola Vanzini. Non sorprende, invece, l’uscita di Gilda Fugazza, ex presidente del Consorzio tutela Vini Oltrepò pavese, silurata dalla base dell’ente proprio in occasione delle elezioni di marzo 2024, insieme al direttore Carlo Veronese. Nel gruppo di aziende che hanno comunicato il recesso, a sorpresa, anche la Maggi Francesco guidata oggi dall’ex presidente del  Consorzio Club del Buttafuoco Storico, Marco Maggi. Il fronte degli imbottigliatori si è dunque definitivamente allargato ad aziende che rappresentano la categoria vinificatori.

ERGA OMNES: COS’È E COSA RISCHIA CONSORZIO OLTREPÒ CON USCITA NOVE CANTINE 

Se in occasione delle dimissioni degli imbottigliatori la presidente Francesco Seralvo aveva risposto a muso duro, procedendo alla surroga dei dimissionari con altrettanti nuovi consiglieri, la recente uscita delle nove aziende potrebbe avere conseguenze sull’intero corso del mandato. Per garantire l’erga omnes, funzione principale dei Consorzi del vino italiano secondo l’ordinamento, l’ente deve dimostrare di rappresentare una quota minima della produzione pari ad almeno il 40/66% – a seconda dei casi specifici – dei viticoltori, vinificatori e imbottigliatori coinvolti nelle singole denominazioni.

Nel dettaglio, l’erga omnes dei Consorzi del vino italiano è un principio giuridico introdotto per rafforzare il ruolo dei Consorzi nella tutela e promozione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini italiani Doc, Docg e Igt. Si traduce dal latino come “nei confronti di tutti” e si riferisce alla capacità di un consorzio di estendere alcune delle sue attività e decisioni non solo ai propri membri, ma anche a tutti i produttori che operano nell’ambito della denominazione protetta.

Attraverso il principio erga omnes, i consorzi riconosciuti dal Ministero, come quello dell’Oltrepò pavese, possono applicare determinate decisioni e regolamenti (previsti dalla legge) a tutti i produttori di quella denominazione, anche se non sono membri del consorzio. È una deroga al principio di libertà associativa, disciplinata dal Decreto Legislativo n. 61/2010 e successive modifiche. Il riconoscimento del principio erga omnes avviene previa verifica da parte del Ministero dell’Agricoltura (MASAF), che assicura che il consorzio rappresenti una quota significativa della filiera produttiva della denominazione.

OLTREPÒ PAVESE: QUALI CONSEGUENZE CON EVENTUALE PERDITA DELL’ERGA OMNES?

Con l’eventuale perdita dell’erga omnes, il Consorzio Vini Oltrepò pavese perderebbe non solo la propria funzione di tutela e promozione delle denominazioni, ma non potrà più proporre modifiche ai disciplinari e gestire eventuali regolamenti produttivi. Per garantire la competitività e l’unità del settore, è cruciale che il Consorzio guidato da Francesca Seralvo cerchi di recuperare il riconoscimento o trovi nuove strategie per collaborare con tutti i produttori, associati e non.Senza l’erga omnes, il consorzio rappresenterà solo i suoi associati. Questo limita la capacità di coordinare e gestire le politiche produttive e promozionali per l’intera denominazione.

Ma c’è di più. Solo gli associati sarebbero tenuti a contribuire economicamente alla sussistenza del Consorzio, versando la propria quota annuale di “iscrizione”. Questo ridurrebbe le risorse finanziarie dell’ente, limitando le attività di promozione, tutela e controllo dei vini dell’Oltrepò pavese. Ricadute gravissime graverebbero anche sul fronte dell’anti-contraffazione, con la tutela delle denominazioni che hanno perso l’erga omnes consortile affidata esclusivamente ad organi pubblici come l’Icqrf. Non è da escludere, dunque, che il recesso delle nove aziende possa portare a nuove elezioni al Consorzio Vini Oltrepò pavese nel 2025. Al tempo stesso, il Consorzio potrebbe decidere di proseguire senza erga omnes. Allargando la platea degli associati a nuove cantine.

QUI LA REPLICA DEL CONSORZIO

Categorie
news news ed eventi

Ultimo vino prima dello tsunami: quale ha scelto Netflix nella serie La Palma


Dramma, mistero, avventura e… vino. Netflix celebra il nettare di Bacco in una delle serie di maggiore successo di questo 2024. Un dettaglio che fa notizia, visto il trattamento non sempre positivo dell’argomento “alcol” da parte del colosso californiano, che lo accosta spesso a casi di abuso e malessere psicologico. La serie tv in questione è La Palma, disaster series ambientata sull’omonima isola delle Canarie. In una delle scene più struggenti, poco prima che un terribile tsunami devasti l’intero arcipelago, in seguito a un terremoto, i sismologi operanti nel centro di ricerca dell’isola si concedono un calice di gran pregio. Il vino scelto dagli sceneggiatori Harald Rosenløw Eeg e Lars Gudmestad, diretti dal regista Kasper Barfoed, è Pingus. Un 100% Tempranillo prodotto in Ribera del Duero dal vignaiolo danese Peter Sisseck (Dominio de Pingus) . Non a caso, uno dei vini spagnoli più famosi, iconici, costosi e ricercati al mondo.

PINGUS DI DOMINIO DE PINGUS

È il minuto 24.30 del terzo episodio, il penultimo della serie La Palma. Álvaro, capo dell’osservatorio sismico (interpretato da Jorge de Juan) ha deciso da qualche ora di congedare tutti i colleghi, per consentire loro di salvarsi, fuggendo dall’isola. L’unico a non aver seguito gli ordini è Haki, un altro ricercatore dall’aspetto burbero ma dal cuore gentile (ad interpretarlo è l’attore islandese Ólafur Darri Ólafsson, già noto per i suoi ruoli ne Il GGG – Il grande gigante gentile di Steven Spielberg, Zoolander 2 di Ben Stiller e Animali fantastici – I crimini di Grindelwald di David Yates). «La montagna si sta muovendo. Ho appena chiesto al governo di diffondere l’allarme per l’evacuazione. Non c’è nient’altro che io possa fare», spiega Álvaro ad Haki, seduto nel proprio ufficio, versandosi un altro calice di Pingus.

«Le persone hanno sempre bisogno di un’occasione speciale per aprire una bottiglia di vino pregiato. Ma non capiscono che la bottiglia è l’occasione», continua il manager del centro sismico. Haki, ormai convinto a condividere gli ultimi istanti di vita con Álvaro, si procura a sua volta un bicchiere: «Ho fatto i miei calcoli, non ci sono abbastanza navi per tutti per fuggire da La Palma a Tenerife. Cosa stiamo bevendo?». Arriva così il momento in cui viene presentato Pingus 2013, che Álvaro ha ricevuto in regalo per il 60esimo compleanno. «Questa è la peggior birra che abbia mai provato!», scherza Haki.

L’ULTIMO VINO DI LA PALMA, LA MINISERIE DI NETFLIX

Non è finita qui. Al minuto 9.15 della puntata finale, il vino spagnolo torna protagonista. I due sismologi, indossata una tuta ignifuga, decidono di avventurarsi sino alla bocca del cratere del vulcano in eruzione. Una scelta drammatica, compiuta per morire in servizio, “sul campo”, al posto che in ufficio. Pochi secondi prima di sprofondare nella lava, inghiottiti dall’ennesima crepa causata dal terremoto, Haki estrae dalla tuta Pingus. «Era un vino buonissimo! Io amo la birra, ma dobbiamo finire la bottiglia». Álvaro, sorpreso, non se lo lascia dire due volte. I due scompaiono godendosi l’ultimo sorso del pregiato vino della Ribera del Duero.

Il nettare di Bacco come ultimo piacere genuino, in una serie tv in cui Netflix racconta molto più di un’immaginaria catastrofe sull’isola delle Canarie. La Palma si chiude infatti con un inno alla natura e alla necessità di rispettare l’ambiente, gli ecosistemi. Il pianeta. L’ultima scena della miniserie mostra il branco di tartarughe marine che, nei giorni precedenti lo tsunami, avevano iniziato ad abbandonare La Palma: «Sono animali più vecchi dei dinosauri. Hanno un’esperienza della Terra più lunga della nostra. Se vogliamo sopravvive quanto loro, dobbiamo imparare ad ascoltare la natura».

Categorie
degustati da noi news news ed eventi vini#02

Brunello di Montalcino Docg 2019, Pietroso

Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Brunello di Montalcino Docg 2019, Pietroso (14,5%).

Fiore: 9
Frutto: 9.5
Spezie, erbe: 9
Freschezza: 8
Tannino: 8
Sapidità: 8
Percezione alcolica: 5
Armonia complessiva: 8.5
Facilità di beva: 7.5
A tavola: 10
Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni

Categorie
Gli Editoriali news news ed eventi

Quello che non abbiamo ancora capito di Report


EDITORIALE –
Ha fatto scalpore l’ultima “inchiesta giornalistica” di Report, andata in onda il 22 dicembre. La trasmissione di Rai Tre è tornata a parlare di vino, a distanza di quasi un anno dalla puntata del 19 dicembre 2023, a cui fece seguito il “sequel” del febbraio 2024. Buona la terza? Neppure per idea. Report ha riproposto l’ennesimo pessimo servizio pubblico, mescolando sapientemente qualunquismo e noia mortale. Nel servizio “Vino su misura“, il duo Bellano-Ranucci getta il solito sasso nello stagno. Arrivando sì a circostanziare – come mai fatto prima – le presunte accuse. Ma compiendo il consueto errore – innanzitutto giornalistico! – di generalizzare e rendere il “mezzo gaudio”, mal comune. E se fosse proprio questo il punto? Se fosse questo lo scopo di una tv nazionale che dimostra di essere sempre più allo sbaraglio e in balia delle correnti? Quello che non abbiamo ancora capito di Report, ma che risulta piuttosto evidente a bocce ferme, è che l’interesse reale non è fare informazione o inchiesta, ma portare l’acqua al mulino di una retorica che Report non ha certo inventato, in cui il programma di Rai Tre si è “ficcato” a pieni polmoni. Sin dal dicembre 2023.

REPORT E LA RETORICA DEGLI ULTRA VINNATURISTI

Fateci caso. Tutto inizia con l’attacco alle Docg. Si prosegue con la ghigliottina di imbottigliatori ed enologi, definiti “piccoli chimici”. E il sipario, per ora, si chiude su Bolgheri, Sassicaia, Chianti Classico e Ornellaia. Report non ha alcuna intenzione di informare i telespettatori o di renderli più consapevoli nelle scelte. Lo scopo di Bellano e Ranucci è bruciare in piazza le Cattedrali del vino cosiddetto convenzionale. Un po’ come fece Martin Lutero nel dicembre 1520, con la bolla papale che ne annunciava la scomunica.

La retorica a cui si è accodato Report è quella degli ultra vinnaturisti. Di quelli che, da anni, provano a fare proseliti dichiarando la superiorità dei lieviti indigeni sui lieviti selezionati; delle fermentazioni spontanee su quelle controllate; dei corni di vacche vergini sul biologico certificato. Facile immaginare Bellano e Ranucci brindare più alle polemiche generate dal servizio all’interno del settore che ai risultati dell’audience. Col calice colmo d’un vino pieno di difetti spacciati per terroir, nel nome della Madonna del Brett. Maledicendo Cotarella e compagnia bella.

MA L’ULTIMA PUNTATA DI REPORT NON È TUTTA DA BUTTARE

Detto ciò, banalizzare la terza “sparata” del programma, mettendo sotto al tappetto i documenti forniti dalla fonte anonima, equivarrebbe a trattare il caso con la medesima superficialità degli autori del programma. Nella puntata del 22 dicembre, Report attacca una zona e una denominazione (Bolgheri) che nel 2019 ha messo nero su bianco la propria decisione di crescere, nel nome del mercato. I produttori, riuniti in Consorzio, l’hanno definita poeticamente «terza era»: quella in cui diversi ettari storicamente rivendicati Toscana Igt sono stati “tramutati” in Doc, senza ricorso alle consuete graduatorie. Il motivo? Consentire di aumentare la produzione di Bolgheri – ovvero il numero di bottiglie – per sostenere il positivo trend biennale dell’aumento dei prezzi in Horeca (+10% dal 2017 al 2019) e la crescita nella grande distribuzione organizzata (il mondo dei supermercati) pari al 19% in cinque anni (2015-2019).

Il tutto, a 25 anni esatti dal riconoscimento ufficiale della denominazione di origine controllata. Rai Tre scoperchia poi l’annoso tema della “vendita della carta”, che si trasforma in vino Doc e Docg, trasportato in cisterna lungo la rete autostradale italiana, generalmente da sud a nord. Problematiche che tutti, nel settore, conoscono. E alle quali, forse, sarebbe l’ora di trovare una soluzione drastica, definitiva. Semplificando normative e rendendo più agile, per i consumatori, il concetto stesso di vino, oggi assassinato quotidianamente da troppe ed inutili denominazioni di origine, indicazioni geografiche (vere o «presunte») e cantori al soldo delle cantine e dei distributori.

Una rivoluzione necessaria ad evitare che il manipolo di incendiari che considera Report una manna diventi un esercito, capace di allontanare anche gli ultimi bevitori da un settore che avrà pure tanti scheletri nell’armadio, ma che è anche – e soprattutto – qualità da raccontare e promuovere. In sintesi? Lasciamo pure che i preti vadano a processo. Ma salviamo la Cattedrali dal rogo.

Categorie
a tutto volume news news ed eventi

Jack Daniel’s Apple: l’aperitivo che mancava? Ci pensa Comehome

In tempi di crisi per il vino, Jack Daniel’s, marchio storico nel mondo dei distillati, e Comehome, piattaforma che offre esperienze sociali e immersive, con un focus sulla creazione di momenti personalizzati, annunciano la loro partnership per il lancio di “Apple Hour“. Un nuovo format che reinterpreta l’esperienza dell’aperitivo, mostrando per l’ennesima volta quanto il segmento dei distillati riesca ad arrivare al cuore dei consumatori senza iperboli e inutile ricorso a ridondante storytelling. Un evento esclusivo, che si concentra sulla socialità autentica e sulla scoperta di Jack Daniel’s Tennessee Apple, prodotto che unisce il carattere iconico del Jack Daniel’s con un tocco fruttato di mela verde.

La partnership nasce dalla volontà condivisa di entrambe le aziende di «offrire esperienze che combinino intrattenimento di qualità e prodotti premium». Occasioni di consumo immersive e originali per il pubblico adulto e socialmente attivo. «Con “Apple Hour”- spiega Michele Cesario, Ceo di Comehome – siamo entusiasti di offrire una nuova dimensione all’aperitivo, mettendo al centro il piacere della convivialità e la qualità dei prodotti. La nostra collaborazione con Jack Daniel’s segna un passo importante nel rafforzare il nostro posizionamento come piattaforma di esperienze esclusive. L’accordo permettere al brand di arrivare a un pubblico ampio, ma selezionato, che apprezza sia il gusto che il divertimento».

APPLE HOUR: IL NUOVO APERITIVO

L’obiettivo di “Apple Hour” è duplice. Nel breve termine, aumentare la visibilità di Jack Daniel’s Tennessee Apple, creando una connessione forte con il rituale dell’aperitivo. Comehome mette a disposizione la propria piattaforma, i Super Host e la community per creare un’esperienza coinvolgente. A lungo termine, la partnership mira a consolidare il posizionamento di Comehome come punto di riferimento per esperienze sociali di alta qualità, ampliando il proprio network di brand partner. Una collaborazione che attesta come l’esperienza di consumo non sia solo una degustazione, ma un vero e proprio momento di socializzazione e divertimento.

UN’ESPERIENZA TRA SOCIALITÀ, INNOVAZIONE E GUSTI UNICI

Il cuore pulsante della collaborazione è il format “Apple Hour,” che prevede una serie di eventi esclusivi organizzati da Comehome in cui i partecipanti potranno scoprire il nuovo Jack Daniel’s Tennessee Apple in un contesto di intrattenimento e socialità. Ogni evento offrirà un’esperienza unica, combinando la degustazione del prodotto con attività coinvolgenti e la possibilità di interagire con la community. I risultati attesi sono ambiziosi. La creazione di un evento di successo che attragga una clientela appassionata di nuove esperienze. E il consolidamento di una partnership. Collaborazione che, nel tempo, diventi sinonimo di qualità e innovazione nel panorama delle esperienze di consumo.

Categorie
news news ed eventi

Sorpresa export: la Francia dipende dallo Champagne più che l’Italia dal Prosecco


E se l’export dei vini francesi fosse più dipendente dallo Champagne di quello dei vini italiani, rispetto al Prosecco? È quanto emerge da un’analisi compiuta dal responsabile Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini, nel rispondere a una richiesta di Winemag. «
Il Prosecco spumante, escluso cioè quello “frizzante”, per il quale non si riesce ad avere un dato analogo di export – spiega – è passato dal 16% al 23% del valore totale dell’export di vino imbottigliato italiano (dal 2018 al 2023). Anche nei primi 9 mesi del 2024 l’incidenza è la stessa. In “soldoni” si tratta di 1,7 miliardi di euro (2023) e 1,3 miliardi per i nove mesi del 2024».

19 BOTTIGLIE DI VINO ITALIANO OGNI 100 SONO DI PROSECCO

A volume si può dire che 19 bottiglie ogni 100 di vino esportate dall’Italia nel 2024 sono di Prosecco. Interessante però il confronto con gli altri Paesi, come la Francia. «Se prendiamo lo Champagne – continua Denis Pantini – il peso è passato dal 32% al 36%, sempre sul valore dell’export francese di vino imbottigliato. Nel 2024, come risaputo, non sta andando bene e infatti l’incidenza è scesa al 33%. Tuttavia, salta agli occhi il fatto che la Francia, senza Champagne, esprime un valore dell’export totale che diventa lo stesso dell’Italia». Tradotto: «È innegabile il contributo del Prosecco all’export italiano, anche perché spesso ci fa da “ariete” per tutti i vini italiani nell’ingresso in nuovi mercati – conclude il responsabile di Nomisma Wine Monitor – ma è la Francia ad essere maggiormente “sparkling dipendente”, per il proprio export vinicolo».

Categorie
Esteri - News & Wine Gli Editoriali news news ed eventi

Tandem, il Syrah del Marocco che sta strabiliando mezzo mondo


EDITORIALE – Il Syrah del Marocco che sta strabiliando mezzo mondo è Tandem di Caves ThalvinDomaine Des Ouled Thaleb. Un vino nato dall’incontro casuale, oggi divenuto leggenda, tra Alain Graillot e Jacques Poulain. Alain Graillot, vignaiolo della Côtes du Rhône noto per i suoi eccellenti Syrah Crozes-Hermitage, racconta che stava girando in bicicletta in Marocco quando ha incontrato il proprietario di Caves Thalvin, che gli ha presentato il suo enologo (anch’egli francese) Jacques Poulain. Thalvin è la più antica cantina marocchina, fondata nel 1923 presso Domaine Ouled Thaleb a Benslimane, nella regione di Casablanca-Settat. Ne è nato un vino, Tandem, che celebra la nuova strada comune – più in vigna, che in sella ad una bici – intrapresa da Graillot e Poulain. Due professionisti uniti dal destino, lontano dalla patria natia.

IL SYRAH CHE NON TI ASPETTI: TANDEM DAL MAROCCO

Casablanca, capitale economica del Paese africano, si trova a soli 50 chilometri dal luogo in cui nasce il Syrah Tandem. Un vino marocchino che potrebbe ingannare chiunque, in una degustazione alla cieca. La retro etichetta di questo nettare prodotto nel rispetto del disciplinare dell’Aog Zenata – tra le più note regioni vinicole del Marocco – non mente: freschezza, lunghezza ed equilibrio sono le tre migliori parole per descriverlo. Sbaglia chi immagina un Syrah potente, carico, scuro. Tandem di Caves Thalvin – Domaine Des Ouled Thaleb è piuttosto un vino gioioso, succoso, goloso, di soli 12,5% d’alcol in volume. Ma per nulla banale. Ricco, anzi, di sfumature di piccoli frutti rossi e neri, giustamente maturi. Esaltati da una vinificazione sapiente: 50% in cemento, 50% in botti di legno usate.

DOVE ACQUISTARE IL SYRAH TANDEM AOG ZENATA DI THALVIN

Non un singolo accenno alla confettura, o una nota “sbrodolata”, fuori posto. Finale persin sapido, fresco come l’ingresso, capace di invitare al sorso successivo. Tutto, dal naso al centro del palato, sino al retro olfattivo, porta a immaginare uve cresciute a loro perfetto agio sui terreni scuri, argilloso-marnosi, che nel dialetto locale vengono definiti Tirss. Il vigneto da cui prende vita il Syrah Tandem di Thalvin si trova sulle colline della cittadina di Rommani (الرماني), tra Casablanca e Meknes. Nella parte più continentale della regione di Rabat. Abbastanza per iniziare a inserire il Marocco sulla mappa geografica del vino internazionale. Per farsi un’idea, provare il Syrah Tandem è d’obbligo. Dove acquistarlo? In questo momento, il sito più conveniente è l’e-commerce francese Vinatis, che lo propone a 17,84 euro ogni due bottiglie. Cheers!

Exit mobile version