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Rosé Connection: Provenza e Valtènesi fanno squadra in Germania, Olanda e Belgio

Rosé Connection Provenza e Valténesi fanno squadra in Germania, Olanda e Belgio

Italia e Francia alleate in un’operazione promozionale «per rafforzare la cultura del vino rosé in Europa». Questi i termini di Rosé Connection, progetto che prenderà vita a maggio 2022 con iniziative dirette ai consumatori di Germania, Olanda e Belgio.

Unica area vinicola che dedica fino al 91% delle sue potenzialità al rosé, la Provenza ha voluto come partner italiano la Valtènesi, territorio di mille ettari vitati sulla riviera bresciana del lago di Garda, dove il rosé è una tradizione ormai ultracentenaria (circa 2 milioni di bottiglie e crescita del 10% in valore e in quantità, +17% nel 2021).

«Per il nostro Consorzio – commenta il presidente del Consorzio Valtènesi Alessandro Luzzago – questa iniziativa rappresenta un salto di qualità enorme in termini di immagine, percezione e riconoscibilità internazionale».

Con Rosé Connection, la Valtènesi viene di fatto accreditata dalla Provenza, regione leader a livello mondiale, come punto di riferimento imprescindibile nella produzione italiana di rosati italiani di altissima qualità, di forte vocazione tradizionale ed identità storica».

PROVENZA E VALTÉNESI INSIEME IN CENTRO EUROPA

«Rafforzare il successo dei vini Aop dalla Provenza a livello europeo insieme alla bellissima regione vinicola della Valtènesi – afferma il presidente Civp, Eric Pastorino – è per noi un grande orgoglio. Le nostre due regioni, da diversi secoli specializzate nel vino rosé a denominazione, uniscono i loro know-how, i loro paesaggi, la loro arte di vivere».

Con un’importante ambizione comune: quella, cioè, che i vini di Provenza e Valtènesi siano riconosciuti come i punti di riferimento assoluti per i vini rosé sulla base del loro eccezionale livello qualitativo».

A tenere a battesimo questa nuova partnership a Milano è stata Ais Lombardia, che la scorsa settimana ha coinvolto oltre cento associati professionisti in un’ampia degustazione guidata delle due denominazioni.

«Questo approfondimento sui vini rosati di due zone così intimamente legate a questa tipologia – commenta il presidente dell’Associazione italiana sommelier Lombardia, Hosam Eldin Abou Eleyoun – ci ha consentito un confronto e un’analisi davvero imprescindibile per la nostra formazione».

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Contraffazione vino con acqua e zucchero, nuova ricerca: infrarossi e laser per scoprire adulterazioni

Si può combattere la contraffazione del vino grazie ad analisi con raggi infrarossi e laser. La scoperta è frutto di uno studio congiunto tra il Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Salerno, l’Istituto di Scienza e Tecnologia alimentare dell’Università di Agricoltura e Scienze della Vita di Budapest (Ungheria) e l’Istituto di Biotecnologia e Tecnologia alimentare dell’Università Industriale di Ho Chi Minh City (Vietnam).

Gli studiosi hanno applicato al vino una nuova tecnica non invasiva, utilizzata sino ad ora per indagare le funzioni cerebrali nell’uomo. Si tratta della Functional Near Infrared Spectroscopy (fNIRS), ovvero Spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso. L’altra metodologia riguarda la più comune retrodiffusione laser.

INFRAROSSI E LASER: I DETTAGLI DELLA NUOVA RICERCA

In una ricerca pubblicata sulla rivista accademico-scientifica Processes, il team di ricercatori composto da Anita Hencz, Lien Le Phuong NguyenLászló Baranyai e Donatella Albanese (nella foto di copertina) ha posto le basi per importanti innovazioni nella lotta alla contraffazione del vino.

«L’adulterazione degli alimenti – spiegano i tre studiosi – è al centro della ricerca a causa dell’effetto negativo sulla sicurezza e sul valore nutrizionale e a causa della richiesta di protezione dei marchi e delle denominazioni di origine. I vini prodotti con uve Portugieser e Sauvignon Blanc sono stati selezionati per gli esperimenti».

«RAPIDA STIMA DELL’ADULTERAZIONE DEL VINO»

I campioni sono stati alterati con la diluizione in acqua, l’aggiunta di zucchero e una combinazione di entrambi. Gli spettri nel vicino infrarosso (NIR) sono stati acquisiti nell’intervallo 900-1700 nm. La regressione dei minimi quadrati (OLS: Ordinary Least Squares) è stata eseguita per stabilire il livello di adulterazione».

Per gli esperimenti sono stati utilizzati moduli laser a bassa potenza, utili a raccogliere «segnali di riflettanza diffusa alle lunghezze d’onda di 532, 635, 780, 808, 850, 1064 nm».

La dispersione laser, riferisce il team di studiosi di Salerno, Budapest e Ho Chi Minh City, «ha rilevato con successo lo zucchero aggiunto con l’analisi discriminante lineare (LDA), ma la sua precisione di previsione era bassa». «La spettroscopia NIR – concludono i ricercatori – potrebbe essere adatta per una rapida stima non distruttiva dell’adulterazione del vino».

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I vini da varietà resistenti Piwi sbarcano al supermercato: da Tigros il Solaris di Concilio (in promo)

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Silvano Brescianini rieletto Presidente del Consorzio Franciacorta

Silvano Brescianini è stato rieletto presidente del Consorzio Franciacorta. L’esponente di Barone Pizzini vede così rinnovato il mandato, dopo i tre anni precedenti. «Desidero ringraziare il nuovo consiglio per la fiducia, dimostrando grande coerenza e responsabilità,», le prime parole di Brescianini.

«Uno stimolo – ha aggiunto – a proseguire con determinazione e impegno il nostro incarico nel rappresentare tutte le molteplici realtà che costituiscono la Franciacorta vitivinicola, tutelando e promuovendo con forza anche il nostro prezioso territorio. Ringrazio, infine, i consiglieri uscenti per il contributo che hanno dato in questi anni di lavoro a tutta la Franciacorta».

La rielezione di Silvano Brescianini a presidente del Consorzio Franciacorta, tutt’altro che scontata, è arrivata pochi minuti fa, durante la riunione del nuovo Consiglio di Amministrazione dell’ente bresciano.

Eletto l’Amministratore Delegato. Dopo 12 anni di lavoro, Giuseppe Salvioni lascia il posto a Simona Luraghi, manager con una carriera consolidata da oltre 23 anni di esperienza in importanti aziende multinazionali nel mass market e nel lusso, nel settore finanziario, commerciale e strategico.

«Simona Luraghi – commenta il presidente Silvano Brescianini – dovrà ulteriormente qualificare l’immagine, non solo della Franciacorta ma di tutte le cantine associate e del territorio, riconosciuto come sistema a livello nazionale e internazionale».

«La dottoressa Luraghi – continua – dovrà collaborare con gli enti, gli stakeholder del mercato con un’attenzione mirata ad una sempre più sinergica integrazione fra team interno, la realtà esterna, il territorio, le aziende socie e il contesto politico locale e nazionale».

«Con l’insediamento di Simona Luraghi continua il ruolo di Giuseppe Salvioni che prevedeva il diretto e continuo coinvolgimento del Consiglio di Amministrazione con una visione sempre più globale e verticale, che segue le linee programmatiche e strategiche dettate dall’assemblea dei soci».

«Ancora molto c’è da fare – conclude Silvano Brescianini – ma la sfida per i prossimi anni ci esorta sempre di più a seguire linee guida condivise all’insegna dell’unione di passioni».

Franciacorta, i soci hanno eletto il nuovo Cda del Consorzio

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Asta record da Pandolfini: Domaine Leroy Musigny Grand Cru 2008 a 67.375 euro

È del Domaine Leroy la bottiglia che ha raggiunto la cifra record di 67.375 euro durante l’asta “L’essenziale – vini italiani e francesi da cantine selezionate” della casa d’aste Pandolfini, il 27 e 28 aprile a Firenze. Si tratta di una bottiglia di Musigny Gran Cru 2008 la cui somma ha superato i valori di stima inziali  compresi tra i 30 e i 60 mila euro.

L’asta che comprendeva 573 lotti tra  vini italiani e francesi si è conclusa con un incasso complessivo di 1.485.785 euro, pari al 218% delle stime. «Una vendita eccezionale che conferma ancora di più la tenuta del settore in questo momento di instabilità globale, e che premia la ricerca costante dei migliori prodotti in circolazione», ha commentato il capo dipartimento di Pandolfini, Francesco Tanzi.

Tra le altre cifre “importanti” le annate 1990, 2000, 2001 e 2004 di Romanée Conti Domaine de la Romanée Conti Côte de Nuits Grand Cru vendute a 21.438 euro. Restando in Francia, a 22.462 euro, pari al + 42% della stima massima, è stata venduta una bottiglia del 2004 di  Chevalier-Montrachet Leroy Domaine d’Auvenay  Côte d’Or Grand Cru.

Per le bottiglie italiane, ben oltre la stima massima di 6 mila euro, una magnum di Sassicaia della Tenuta San Guido del 1985, aggiudicata per 9138 euro. Tra i vini piemontesi spicca uno storico formato Quarto di Brenta di Barolo Bricco Boschis Vigna San Giuseppe Riserva Cavallotto 1997 da 12,5 litri  battuto a 3.575 euro e subito dietro il Barolo Docg Riserva Monfortino 2004 di Conterno a 3.185 euro.

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180 mila bottiglie di vetro vuote: la più antica cantina di spumanti ungheresi nasconde un tesoro

Il record di più antica cantina dedita alla produzione di spumanti ungheresi? Rischia di passare in secondo piano, almeno in tempi di crisi di disponibilità di materie prime nel settore del vino. Nei cunicoli di Littke pezsgőgyár, la “fabbrica specializzata in Champagne” con la più lunga tradizione dell’Ungheria – la fondazione risale al 1859 – si trovano infatti 180 mila bottiglie di vetro vuote. Accatastate a prendere polvere.

Un numero che sarebbe in grado di rispondere alle necessità di decine di piccole cantine magiare, che come altre nel mondo stanno facendo i conti con aumenti dei costi di produzione che sfiorano il 40%, vista la scarsa disponibilità di materiale e prodotto.

Oltre ai rincari delle bollette dell’energia, è la carenza di bottiglie di vetro a mettere a rischio il futuro di parecchi vignaioli, non più in grado di rispondere alle aspettative dell’export. Senza la possibilità di imbottigliare, il vino resta in cantina. Oppure rimane invenduto, se i mercati rigettano i rincari.

Littke pezsgőgyár si trova a Pécs, quinta città magiara per numero di abitanti. Siamo nella zona sud-occidentale del Paese, a una quarantina di chilometri dalla capitale dei vini rossi ungheresi, Villány. Non lontano dal confine con la Croazia.

LA STORIA DI LITTKE PEZSGŐGYÁR, OGGI LITTKE PALACE

La famiglia Liedtke, traslata poi localmente in Littke, si stabilì a Pécs dalla Polonia, all’inizio del Settecento. La fondazione della “fabbrica di Champagne” a Szent István tér (piazza Santo Stefano) si deve a Lőrke Littke (1809–1879). Appassionato di vino e spumanti, tornò in patria dopo essersi formato in Francia, Germania e Italia, dando vita al suo sogno.

Oggi, forse, il fondatore saprebbe come utilizzare meglio quel patrimonio di 180 mila bottiglie di vetro accatastate nei 2 chilometri di cunicoli. L’antica fabbrica, scavata sino a 12 metri di profondità, è arrivata a produrre svariati milioni di bottiglie, prima degli anni Ottanta.

Col passare degli anni, la produzione si ridimensionata. La Littke pezsgőgyár è diventata Littke Palace, dal nome della moderna struttura che sovrasta l’edificio originario. Dell’attuale proprietà svedese nessuna traccia durante la visita di winemag.it.

Nel fresco ventre della cantina, ogni anno rifermentano sui lieviti appena 20 mila bottiglie a marchio Littke, suddivise in tre etichette (due bianchi e un rosé). Le altre, immobili e silenziose, stanno lì a guardare compiersi il miracolo dello “Champagne”. Polvere permettendo.

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Sicilia, presente e futuro della viticoltura Italiana

Back to the roots. La Sicilia che vive il futuro“. Il tema scelto per l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur, l’evento di Assovini Sicilia svoltosi presso il Centro di cultura scientifica Ettore Majorana di Erice, focalizza subito l’attenzione sul futuro della viticultura dell’isola. Un futuro fatto di biodiversità, resilienza ai cambiamenti climatici, tradizione ed innovazione.

La Sicilia è un continente in miniatura – dice Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia -. La sua diversità sarà la chiave del nostro futuro. Quindi bisogna mettere al centro la vite, il suo studio, la sua evoluzione. Si è sempre detto che il fattore umano è fondamentale nel ciclo di produzione”.

“Oggi penso sia sempre più attuale ed inteso come scienza, conoscenza, know-how. Solo così possiamo affrontare importanti temi, come il cambiamento climatico. Assovini Sicilia vuole essere portavoce e pioniera nel guidare, con nuovi modelli, il futuro della vitivinicoltura siciliana”.

BIODIVERSITÀ E SOSTENIBLITÀ

Sono la biodiversità e l’approccio sostenibile le prime chiavi di lettura del futuro della viticoltura siciliana. Oltre 42 mila ettari di vigneti sostenibili, più di qualunque altra regione. Oltre il 30% della superficie vitata certificata bio in Italia risiede in Sicilia.

L’isola, grazie alla sua posizione geografica, presenta un clima naturalmente adatto ad una produzione sostenibile. La grande diversità dei suoli che compongono la regione, inoltre, crea le condizioni per ospitare un ampio patrimonio ampelografico. Oltre 70 vitigni autoctoni che, sommati agli internazionali, generano un periodo di raccolta di oltre 100 giorni.

«La Sicilia è oggi la più grande area vinicola biologica in Italia – commenta Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia -. È un territorio che, per sua stessa natura, identifica nella sostenibilità la chiave di volta del sistema vitivinicolo siciliano. È in questa direzione che si muove l’industria dell’isola. Verso vini di qualità, autentici e riconoscibili nella loro identità e sostenibili lungo tutto il processo di produzione».

LA SICILIA È ANCORA STABILE AI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Nonostante le temperature mondiali siano in costante crescita sin dal 1980, la Sicilia sembra essere una delle zone che meno risente dei cambiamenti climatici. Il clima siciliano beneficia, infatti, delle condizioni climatiche favorevoli del Mediterraneo.

«La Sicilia vitivinicola è meno esposta ai cambiamenti climatici grazie ai suoi suoli, terroir, alla biodiversità e ai suoi microclimi», dice Marco Moriondo dell’Istituto di Bioeconomia del Cnr di Firenze.

La biodiversità siciliana sembra di fatto essere uno “scudo” che limita l’impatto dei cambiamenti climatici. Cambiamenti comunque meno rilevanti rispetto ad altri territori, con le anomalie climatiche che hanno un impatto minore rispetto al resto d’Europa.

Non solo. La pratiche messe in opera dalle aziende siciliane, mix di tradizione, innovazione, comprensione della biodiversità e gestione della disponibilità idrica, creano condizioni favorevoli affinché si sviluppi un sistema resiliente ai cambiamenti. Un approccio che Mattia Filippi, enologo e fondatore di Uva Sapiens, definisce “vitecologia“.

Oggi la Sicilia si trova in una condizione di privilegio – dice Filippi -. La regione presenta un assetto viticolo talmente legato alla tradizione che, una serie di variabili produttive, risultano essere estremamente attuali nei confronti dei cambiamenti climatici».

IL MERCATO DEL VINO SICILIANO

Con un incremento di produzione dell’8,3% nella vendemmia 2021 rispetto al 2020 la Sicilia si conferma essere una fra le regioni italiane più produttive, oltre che quella con la produzione più stabile. Produzione del vigneto più grande vigneto d’Italia, pari a circa 97 mila ettari di cui ben 24.683 rivendicati a Doc.

Una Doc che coi suoi 7.902 viticoltori e le 96.255.770 bottiglie certificate nel 2021 (+6% rispetto al 2020) si prepara ad affrontare le nuove sfide del mercato. Prospettive di mercato che si presentano rosee secondo lo studio condotto e presentato da Gpf Imprinting Research. Secondo lo studio, infatti, il vino siciliano viene percepito dai consumatori italiani come “genuino” e “autentico”.

In particolare il campione intervistato lo definisce come “un prodotto di eccellenza” (91%). Un vino “distinguibile, subito riconoscibile” (86,1%) e “di carattere” (90,9%). Fra i giovani la percezione è quella di un vino “moderno” (13,4%), “orientato al futuro” (10,3%) e “vicino a me” (10,3%).

Ottimo anche il posizionamento in ambito internazionale. L’indagine di Gpf Imprinting Research condotta negli Stati Uniti mostra come la consapevolezza del vino siciliano per il consumatore americano sia stabile negli ultimi anni. Una 9° posizione che vede la Sicilia prima fra le zone vinicole d’Italia, davanti a nomi come Chianti, Piemonte o Prosecco.

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C, P, G, S, R: i vini di contrada di Passopisciaro con punteggi

Dentro e fuori dal calice. Andrea Franchetti, scomparso lo scorso dicembre, è stato protagonista indiscusso di Contrade dell’Etna 2022. Tra le tante occasioni di assaggio, anche quella dei vini di Passopisciaro, tenuta etnea nata proprio su intuizione del compianto imprenditore nato a Roma, da madre americana.

Una degustazione organizzata nell’antico baglio ristrutturato a partire dal 2000 a Castiglione di Sicilia (CT), cuore pulsante delle attività della cantina. A mille metri di altezza, lungo le pendici dell’Etna, le tracce lasciate da Andrea Franchetti nella storia dei vini della “Montagna” sono ormai indelebili.

A otto anni dalle prime vinificazioni, il fondatore di Passopisciaro si è infatti accorto che le uve provenienti dai diversi appezzamenti avevano specificità uniche, differenti le une dalle altre. Si è così convinto a vinificare in purezza ogni vigneto, dando vita ai vini di contrada di Passopisciaro, sintetizzati in etichetta con la rispettiva lettera “iniziale”.

Ecco dunque “C“, per Contrada Chiappemacine. “P” per Contrada Porcaria. “G” per Contrada Guardiola. E ancora: “S” per Sciaranuova ed “R” per Rampante. Ogni vino proviene da un vigneto posto nell’omonima Contrada e sintetizza le caratteristiche di ogni colata lavica in cui affondano le radici le vigne.

Le diverse composizioni minerali del terreno influenzano il carattere di ogni vino di contrada, insieme al variare dell’altitudine delle vecchie vigne e delle caratteristiche climatiche delle vendemmie.

L’Etna sale attraverso strati di aria sempre più fredda fino a più delle Dolomiti; ogni notte quest’aria scivola lungo la polvere nera fino ai vigneti e li sottopone a uno sbalzo che prima li paralizza, poi gli fa distillare zuccheri e profumi alterati, distorti, deviati cioè da quello che verrebbe dal normale metabolismo di una pianta siciliana.

È un vantaggio fare il vino in questo posto che tradisce la comune meteorologia e vive racchiuso nella stranezza climatica, è un posto vergine e deserto dove regnano immagini potenti che vengono fuori da forze senza nome.

Queste immagini si fanno corteggiare per anni senza lasciarsi capire del tutto, ma possono trasmettere uno stile attraverso le vinificazioni e la viticoltura, nei vini». (cit. Andrea Franchetti)

I VINI DI CONTRADA C, P, G, S, R DI PASSOPISCIARO: DEGUSTAZIONE CON PUNTEGGI
Terre Siciliane Igp 2013 Contrada C, Passopisciaro – Vini Franchetti: 91/100

Contrada Chiappemacine (1.2 ettari) è situata a 550 metri sul livello del mare, la quota più bassa delle cinque. Piante di età compresa tra i 70 e i 100 anni, che affondano le radici in colate laviche inframmezzate dal calcare.

Vino inizialmente contratto, si apre dolcemente sino a concedersi in tutta la sua morbidezza e pienezza, passando da una predominanza di frutto nero al frutto rosso. Succede al naso quanto al palato, che sfodera una spina dorsale fresca e speziata, sul fruttato succosissimo. Finale altrettanto ricco, tendenzialmente morbido, su ricordi leggeri di fondo di caffè (affinamento per 18 mesi in legno grande).

Terre Siciliane Igp 2016 Contrada P, Passopisciaro – Vini Franchetti: 92/100

Contrada Porcaria è più vasta rispetto a Chiappemacine e si trova a 650 metri sul livello del mare. Il vino è ottenuto da Nerello Mascalese in purezza. La terra è composta di un sottile strato di lava che si sbriciola sotto ai piedi.

Ottima concentrazione del frutto in Contrada P, solleticata da venature minerali che rimandano chiaramente ai vini dell’Etna. Reminiscenze leggere di brace e spezia scura. Eleganza da vendere per un vino che entra sull’opulenza del frutto e chiude asciutto, sul frutto rosso e nero.

Terre Siciliane Igp 2014 Contrada G, Passopisciaro – Vini Franchetti: 95/100

Contrada Guardiola si trova tra gli 800 e i 1000 metri di quota. La maggior parte delle uve, vinificate previa selezione a partire dal 2011, si trova a 820 metri sul livello del mare. Siamo sul limite di una colata risalente al 1947, poco più recente dell’impianto dei vigneti.

Netta predominanza del frutto rosso nel Nerello Mascalese di Contrada Guardiola, dal croccante dei piccoli frutti di bosco al succoso tamarindo. Flebili ricordi di mirtillo, per la componente scura.

Altro di vino di eleganza assoluta, va ben oltre il frutto, rivelando la matrice vulcanica del terreno attraverso la spina dorsale minerale. La tensione del sorso è elettrica e suggerisce il potenziale di lungo affinamento del nettare.

Terre Siciliane Igp 2015 Contrada S, Passopisciaro – Vini Franchetti: 90/100

Come suggerisce il nome, Contrada Sciaranuova nasce da una “nuova colata” (sciara) a 850 metri sul livello del mare, per un ettaro circa di estensione. In realtà, l’età geologica della lava si attesta attorno ai 200 anni.

Bel rubino luminoso, alla vista. Al naso e al palato una predominanza di frutta a bacca rossa. Si avvertono netti ricordi di ciliegia, fragola e tamarindo. Altrettanto netta la mineralità, quasi salina, a fare da spina dorsale a un sorso che fa della bevibilità, dell’agilità e della croccantezza i punti forti. Contrada S chiude asciutto, fresco, su una vaga matrice tannica.

Terre Siciliane Igp 2012 Contrada R, Passopisciaro – Vini Franchetti: 97/100

Appezzamento di 1,4 ettari in Contrada Rampante, la più alta tra quelle che hanno catturato l’attenzione di Andrea Franchetti sull’Etna. La vigna si trova al limite della coltivazione della vite sul vulcano.

Contrada R è il vino da scegliere, senza esitazione, per comprendere la filosofia di Passopisciaro e, al contempo, godere di un’espressione assoluta del Nerello Mascalese alle pendici della “Montagna”.

A un tocco rustico, leggero e composto, rispondono frutto, tensione e mineralità, in un quadro di assoluta eleganza e grazia. Non manca la spezia, altra caratteristica che riporta ad occhi chiusi al Nerello e all’Etna e che contribuisce a stuzzicare un palato succosissimo. Lunga vita davanti, con possibilità di ulteriore, positiva terziarizzazione degli aromi.

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Feelvenice 2022: il patrimonio enologico veneziano in degustazione

Dopo il grande successo delle precedenti edizioni torna Feelvenice, il piccolo ma ricercato evento che celebra la ricchezza enologica dell’area di Venezia. Sabato 2 luglio 2022 all’interno dello splendido giardino in fiore del Convento dei Carmelitani scalzi il Consorzio Vini Venezia, promotore dell’evento, accoglierà i visitatori per portali alla scoperta dei vini provenienti dalle 5 denominazioni consortili.

Protagonisti indiscussi della manifestazione saranno le referenze prodotte dalla Doc Piave, Doc Lison Pramaggiore, Doc Venezia, Docg Malanotte e Docg Lison. Denomincaizone che il pubblico di wine lovers ed esperti potrà degustare a partire dalle ore 14:00.

Per tutti gli appassionati saranno inoltre organizzate 3 degustazioni guidate (su prenotazione e a numero chiuso), in collaborazione con l’Associazione Italiana Sommelier Veneto – Delegazione di Venezia. I partecipanti saranno condotti alla scoperta della storia e delle caratteristiche della Venezia Doc, del Lison Docg e del Malanotte del Piave Docg.

FeelVenice è anche una giornata dedicata all’arte e alla cultura enologica. Durante la giornata, infatti, la chiesa seicentesca del Convento e l’antico Brolo saranno eccezionalmente aperti al pubblico che potrà andare alla scoperta del meraviglioso vigneto-collezione. Una biodiversità viticola sita nel giardino che racchiude più di 20 varietà recuperate da diversi orti e giardini veneziani.

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Fabio Zenato è il nuovo presidente del Consorzio Tutela del Lugana Doc

Fabio Zenato è il nuovo presidente del Consorzio Tutela del Lugana Doc. Eletto all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione succede ad Ettore Nicoletto nella guida della Denominazione da 27 milioni di bottiglie prodotte nel 2021.

«Il Lugana è una Doc in crescita ed in piena salute, nonostante gli anni non facili che abbiamo affrontato – dichiara Zenato -. Il mio lavoro e del nuovo board per i prossimi anni sarà sulla scia dell’eredità prestigiosa che raccogliamo, che ha portato il Lugana ad essere una denominazione sana e di grande vitalità».

FABIO ZENATO

Nato a Peschiera del Garda, Zenato fa parte di una famiglia di vivaisti e viticoltori da tre generazioni presente nell’area del Lugana. Alla guida, con il fratello Paolo, dell’azienda di famiglia “Le Morette”, con circa 50 ettari di vigneti.

Agronomo, laureato presso la Facoltà di Agraria di Milano con una tesi sperimentale sulla caratterizzazione fenotipica e genotipica del vitigno Turbiana. Da quello studio, il Consorzio del Lugana ha intrapreso un attento percorso di ricerca con altre indagini scientifiche, che ha permesso di sviluppare un vero e proprio lavoro di selezione clonale del vitigno.

Recentemente il Consorzio ha concluso la registrazione dei primi tre cloni varietali della Turbiana presso il Ministero delle politiche agricole e forestali. È stato membro del CdA consortile per diversi mandati prima di diventarne presidente nell’aprile 2022.

I NUMERI DELLA DENOMINAZIOE

Posta a cavallo tra le due province di Brescia e Verona e racchiusa tra i comuni lombardi di Sirmione, Pozzolengo, Desenzano, Lonato e il veneto Peschiera del Garda, la denominazione Lugana è una delle prime Doc italiane e una delle poche ad affacciarsi su due regioni: Veneto e Lombardia.

La Doc Lugana è una delle poche denominazioni italiane in controtendenza rispetto all’ondata pandemica. «Gli ultimi sono stati anni felici, anche numericamente parlando, per la nostra denominazione»,  spiega Fabio Zenato.

«Il Lugana è uno dei pochi vini italiani che ha registrato, nonostante la pandemia, una crescita di prodotto imbottigliato a due cifre (+12% di anno in anno). Inoltre, è importante segnalare che parallelamente, negli ultimi anni, anche il valore medio a scaffale è aumentato. Sinonimo di una filiera produttiva in equilibrio».

IL CONSORZIO DI TUTELA

Il Consorzio per la Tutela del Lugana nasce nel 1990 allo scopo di proteggere e valorizzare la denominazione “Lugana” ed il suo vino. Riunisce oggi il 90% dei produttori di Lugana. La sua azione si sviluppa con pari energia in due direzioni. Verso il pubblico esterno per promuovere il territorio ed il suo vino e all’interno della Doc, verso gli stessi produttori.

Oggi i produttori tendono a vinificare in purezza il Lugana esclusivamente con uve Turbiana. L’attuale disciplinare di produzione prevede ben cinque tipologie di Lugana. La promozione della denominazione si estende anche oltre i confini nazionali, principalmente in mercati come Usa, Europa dell’Est e mercati asiatici.

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Franciacorta, i soci hanno eletto il nuovo Cda del Consorzio

Nuova composizione per il Consiglio di Amministrazione del Consorzio Franciacorta. I nuovi rappresentanti eletti dall’assemblea dei soci sono: Barzanò Lucia, Biatta Loris, Biolatti Luigi, Biondelli Joska, Bosio Cesare, Bozza Michele, Brescianini Silvano, Camillucci Stefano.

E ancora: Falcetti Mario, Gatti Laura, Moretti Francesca, Pizziol Paolo, Rabotti Emanuele, Ricci Curbastro Gualberto, Vezzoli Giuseppe, Vezzoli Maurizio, Zanella Maurizio, Ziliani Arturo. Il nuovo Consiglio d’Amministrazione si riunirà nei prossimi giorni per eleggere il nuovo Presidente, l’Amministratore Delegato e i membri del Consiglio Esecutivo.

Nel corso della medesima riunione, è stato inserito un nuovo riferimento per la sovrapressione del Franciacorta Satén. Il riferimento, spiegano a winemag.it i tecnici dei Consorzio Franciacorta, restano le 5 atmosfere massime, misurate a 15° invece che ai 20° comunemente stabiliti dall’Oiv.

FRANCIACORTA: L’ANDAMENTO DEI MERCATI A INIZIO 2022

In occasione dell’assemblea dei soci sono stati snocciolati i dati sull’andamento della denominazione. Il primo trimestre 2022 si è aperto con un trend di vendite particolarmente positivo se confrontato con il periodo corrispondente del 2021 (qui i dati dell’anno scorso).

Il mese di gennaio ha infatti presentato tassi di crescita nei volumi che sfioravano il 37%, e i due mesi successivi hanno confermato e consolidato la tendenza alla crescita con variazioni positive del 57,8% e 41,0%.

Nell’insieme, il primo trimestre 2022 riporta una crescita in volumi stimati sul totale delle aziende pari al 45,1%, rispetto al primo trimestre dell’anno 2021. A questi valori di crescita nei volumi si affianca un trend ancora più positivo nei fatturati, che presentano tassi di crescita simili ma lievemente superiori, a dimostrazione del fatto che il prezzo medio di vendita è in costante crescita.

«Al fine di una valutazione più equa – sottolinea il presidente Silvano Brescianini – è utile confermare che la tendenza alla crescita è verificata sia rispetto agli anni immediatamente precedenti al 2022, sia rispetto all’anno 2019. Anche in questo raffronto, infatti, le vendite del primo trimestre 2022 risultano essere superiori in tutti e tre i mesi».

Più nel dettaglio, il mercato interno rappresenta nel primo trimestre l’82,8% del venduto in termini di volumi, in crescita del 42,0% rispetto al primo trimestre 2021. L’export costituisce il restante 17,2%, con un tasso di crescita particolarmente positivo, pari al 62,2%, dovuto anche alla progressiva ripresa degli scambi commerciali con i Paesi esteri.

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Concorso Miglior Enotecario d’Italia: i sei finalisti, da Milano a Jesi

La sfida per i sei posti in finale del Concorso Miglior Enotecario d’Italia si è svolta lo scorso 28 aprile e la giuria ha scelto i migliori valutando le loro competenze teoriche e tecniche. «Finalmente la figura dell’enotecario in Italia si sta sempre più definendo», commenta Francesco Bonfio, Presidente di Aepi – Associazione Enotecari Professionisti Italiani.

Durante la semifinale – aggiunge – commenta abbiamo avuto il piacere di vedere tutta la professionalità rappresentata dai partecipanti. Tra i venti enotecari professionisti provenienti da Nord a Sud del paese abbiamo scelto i migliori.

Oltre ad accedere alla finale di giugno, prenderanno parte ad un’esperienza di formazione immersiva presso due realtà d’eccellenza, una nazionale e l’altra internazionale».

Il riferimento è al Comité Champagne e al Consorzio del Brunello, dove gli enotecari potranno sperimentare e scoprire le caratteristiche peculiari di questi vini prestigiosi.

«La finale a Roma – conclude Bonfio – celebrerà l’esperienza degli enotecari in concorso, la loro attitudine a relazionarsi con il consumatore, dimostrando grande attenzione e cura. Siamo pronti a scoprire cosa avranno in serbo».

Ecco la lista dei finalisti, tre per la categoria bottiglierie classiche e tre per la categoria dei pubblici esercizi specializzati nella mescita di vino e distillati:

Bottiglierie classiche
  • Filippo Carraretto, Padova, La mia Cantina
  • Andrea Lauducci, Ferrara, Enoteca Botrytis
  • Mattia Manganaro, Brescia, Biessewine
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  • Luca Civerchia, Jesi AN, Enoteca Rossointenso
  • Pietro Palma, Prato, To Wine
  • Luca Sarais, Milano, Cantine Isola
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Modena Champagne Experience 2022: a ottobre 600 etichette in Fiera

Domenica 16 e lunedì 17 ottobre 2022 torna Modena Champagne Experience. Saranno ancora una volta gli spazi di Modena Fiere a ospitare i vini di più di 100 aziende di champagne tra storiche Maison e piccoli vigneron.

Un evento dedicato ai professionisti del settore Horeca e al vasto pubblico di appassionati di Champagne. Per due giorni, i cinquemila metri quadrati del Padiglione A di Modena Fiere si animeranno con le bollicine di oltre 600 Champagne.

Come di consueto, gli espositori saranno suddivisi in base alla loro appartenenza geografica, corrispondente alle diverse zone di produzione della Champagne: Montagne de Reims, Vallée de la Marne, Côte des Blancs, Aube.

Le “maison classiche” saranno riunite in una specifica area, «con l’obiettivo – spiegano gli organizzatori di Società Excellence – di offrire al visitatore un’esperienza sensoriale coinvolgente all’interno di uno scenario chiaro e ben organizzato».

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Svincolamento da nome vitigno Erbaluce: fumata nera dal Consorzio Caluso, Carema e Canavese

Fumata nera dal Consorzio Tutela Vini Caluso, Carema e Canavese riguardo allo svincolamento dei vini della zona dal nome del vitigno Erbaluce. L’assemblea dei soci riunitasi il 28 aprile ha deciso di conservare la centralità dell’Ebaluce per le denominazioni locali.

«Continueremo questa battaglia, non abbiate timore!», commentano oggi i Giovani Vignaioli Canavesani, tra i promotori della richiesta di «svincolamento dal nome del vitigno per tutti i territori che regolarmente lo coltivano».

Tra le altre richieste del gruppo di vignaioli, «una strategia comune per l’inserimento nel disciplinare di Menzioni Geografiche, al fine di esaltare l’espressione dei vini, unici grazie ai propri terroir». E l’«introduzione di un periodo di affinamento minimo per il Caluso Docg tale da aumentare la complessità e il valore della nostra denominazione».

LE RICHIESTE DEI GIOVANI VIGNAIOLI CANAVESANI

Tutte proposte indirizzate prima dell’assemblea del 28 aprile a «produttori di uva e/o vinificatori e/o imbottigliatori di Erbaluce destinata ai vini denominati Caluso Docg regolarmente iscritti al Consorzio».

«Allo stato dell’arte – spiegano i Giovani Vignaioli Canavesani – possono utilizzare il nome Erbaluce per etichettatura o semplice descrizione aziendale solo coloro che rivendicano la denominazione Caluso Docg».

Da qui la richiesta di «un’evoluzione, consapevoli che queste scelte porteranno ad un lungo e impegnativo lavoro per passare da “concetti” a disciplinari applicabili».

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Barbera d’Asti Docg: ecco Riserva, unità geografiche aggiuntive e due nuove sottozone

Introduzione della Barbera d’Asti Docg Riserva, inserimento delle unità geografiche aggiuntive (comunale o regionale “Piemonte”), e introduzione delle sottozone Calliano Monferrato e Casorzo Monferrato, accanto Tinella e Colli Astiani. Queste le novità che riguardano il disciplinare di produzione del Barbera d’Asti Docg, decise dall’assemblea del Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato.

Le modifiche entreranno in vigore non prima della vendemmia 2023, per consentire a tutti i produttori di adeguarsi alla normativa. Il provvedimento passa ora al tavolo tecnico regionale. Toccherà poi al Ministero la valutazione giuridica e la discussione in Comitato vitivinicolo nazionale vini Dop, prima della definitiva pubblicazione delle modifiche al disciplinare del Barbera d’Asti Docg in Gazzetta Ufficiale.

MOBRICI: «PERCORSO CHE PARTE DAL VIGNETO»

A 14 anni dall’ottenimento della Docg, le novità rappresentano «una svolta nella storia» della Barbera piemontese. «L’obiettivo del pacchetto di proposte approvato dall’assemblea dei soci del Consorzio – commenta il presidente del Consorzio, Filippo Mobrici – è prima di tutto quello di ampliare e diversificare l’offerta al mercato nazionale e internazionale, con prodotti di qualità sempre più alta e identificativi della Docg.

Il fatto stesso che la tipologia Riserva potrà essere rivendicabile dopo un invecchiamento minimo di 24 mesi di cui almeno 12 in legno, dà l’idea dei parametri particolarmente esigenti richiesti per fregiarsi di questa denominazione.

Un percorso che parte necessariamente dal vigneto per arrivare in cantina. Testimonia la continua e costante ricerca di qualità che è la mission fondamentale delle oltre 400 aziende aderenti al nostro Consorzio».

L’ente tutela 13 Doc e Docg. Con 12 mila ettari e i 65 milioni di bottiglie rappresenta un terzo della superficie viticola a denominazione d’origine della regione Piemonte.

LE MODIFICHE AL DISCIPLINARE DEL BARBERA D’ASTI DOCG

Nel dettaglio, l’affinamento di minimo 2 anni per la tipologia Barbera d’Asti Docg Riserva partirà dal 1° novembre dell’anno in cui sono state raccolte le uve. «Seguendo il faro della crescita qualitativa dei vini e del territorio», l’assemblea del Consorzio è arrivata poi alle modifiche degli articoli 4 e 6 del disciplinare di produzione del Barbera d’Asti.

Sono stati aumentati i parametri qualitativi: il titolo alcolometrico minimo naturale delle uve è salito a 13% e 13.50% per la Barbera d’Asti Superiore. È stata quindi inserita la clausola di salvaguardia per le annate climaticamente sfavorevoli. Un provvedimento, spiega l’ente piemontese, che «permetterà al Consorzio di chiedere alla Regione di stabilire un titolo di mezzo grado inferiore».

Le modifiche all’articolo 6 incidono invece sui consumi. Il titolo alcolometrico totale minimo va a 13% e 13,50% per la Barbera d’Asti Superiore. L’estratto non riduttore passa a 25 g/l e 26 per la Superiore e a 27 per le Sottozone Colli Astiani-Astiano e Tinella.

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Fine obbligo Green pass bar e ristoranti, Fipe: «Estendere misura ai posti di lavoro».

«Dopo 26 mesi di restrizioni e impedimenti, finalmente si torna la vita nei pubblici esercizi torna alla normalità». Così Aldo Cursano, vice presidente vicario di Fipe-Confcommercio, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, nel commentare lo stop all’esibizione del Green Pass da oggi, 1 maggio 2022.

Per i clienti determinerà una riduzione notevole del carico di lavoro per i gestori e i dipendenti di bar e ristoranti che fino ad oggi sono stati costretti a controllare in media 20 milioni di certificati verdi ogni giorno.

Ma anche la fine dell’uso della mascherina all’interno dei locali rappresenta, soprattutto dal punto di vista psicologico, un ritorno a condizioni di lavoro normali.

Non manca tuttavia un invito al governo. «Non si può fare il percorso a metà. Come Federazione dei Pubblici esercizi – continua Aldo Cursano – auspichiamo che anche i protocolli di sicurezza nei luoghi di lavoro si adeguino con coerenza alle nuove disposizioni di legge, eliminando l’obbligo per i dipendenti di indossare la mascherina. Saranno le imprese a valutare quale sia la scelta migliore da fare in relazione all’evoluzione del quadro dei contagi e all’organizzazione dell’attività».

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Riesling renano, opportunità per l’Oltrepò pavese? 28 vini con punteggi

«Il Riesling esiste in due varietà principali, Italico e Renano. Di queste, la varietà che intrinsecamente possiede le migliori caratteristiche enologiche per la produzione di vini riconoscibili, di personalità e con grandi aspettative è senza dubbio il Riesling Renano». È una delle affermazioni scaturite dal Tavolo di Denominazione del Riesling, attivato nel 2019 in collaborazione tra il Consorzio Tutela vini Oltrepò pavese, i produttori locali e Regione Lombardia.

Un dibattito che sembra essersi spento, non solo per via dell’avvento della pandemia, e che torna utile per introdurre le note di degustazione della maxi degustazione di winemag.it incentrata proprio sulle due “varietà”.

La prima fase del progetto di valorizzazione dell’autonominatasi “Valle del Riesling” (renano?), avrebbe comportato l’istituzione di una menzione geografica, a nome Montalto Riesling, all’interno della Doc Oltrepò pavese.

La menzione avrebbe interessato le zone più vocate delle cosiddette “terre bianche” o “gessi“. L’ambito sarebbe stato quello dei Comuni della parte alta e collinare, centro occidentale, da individuare all’interno di una «strategia di riorganizzazione generale» che, a detta dei promotori, avrebbe dovuto «portare a 4-5 zone territoriali contigue ad alta vocazione e specializzazione».

SÌ ALL’ITALICO, FINCHÈ SERVE

Un progetto avviato in maniera alquanto nebulosa. In questa fase non sarebbe stato infatti imposto «alcun vincolo all’uso delle due varietà, Riesling italico e Riesling renano, per la produzione del Montalto Riesling da menzione geografica. Le ragioni? «Di quantità», recita ufficialmente il documento sottoscritto dai promotori, scatenando un minimo d’ilarità. Nonché «per coinvolgere il maggior numero di produttori possibile» (altra affermazione da solletico).

A distanza di circa 8 anni dall’avvio del progetto, sarebbe stata dunque istituita la Doc Montalto Riesling, «basata sulla varietà Renano al 90 o 95%». Una Denominazione di origine controllata «indipendente da quella generale Oltrepò pavese, all’interno della ideale piramide qualitativa che vede le Doc “territoriali” appena sotto la Docg».

Incredibile ma vero. Nella proposta dei promotori, la nuova Doc avrebbe giovato di 8 anni di sperimentazioni che avrebbero interessato anche il Riesling italico, escludendo poi questo vitigno dal tavolo degli invitati alla Doc. Del resto, la varietà “Italico” non ha nulla a che fare col Riesling Renano. Ma, a livello di numero di ettari coltivati, surclassa in maniera significativa il Renano, in Oltrepò pavese.

L’OLTREPÒ PAVESE VERSO UNA DOCG SUL RIESLING RENANO?

C’è di più. «Gli obbiettivi a lungo termine per la nuova Doc Montalto – riferisce ancora il documento ufficiale rilasciato dai promotori del “Tavolo di lavoro sul Riesling” – potrebbero essere la Docg Montalto, con l’eliminazione del nome del vitigno dalla denominazione». Tre le tipologie: Superiore, Riserva e – giusto per non farsi mancare nulla – Vendemmia tardiva.

Per le tipologie “Riserva” e “Vendemmia tardiva”, i produttori avrebbero utilizzato «una bottiglia comune, individuata con uno studio passato della fondazione Branca-Bussolera nella Renana Club».

Nell’Oltrepò pavese che vuole tutto e, per questo, fatica a identificarsi (e a farsi conoscere) come zona d’elezione di “qualcosa” (se non grazie allo sforzo e alla forza del brand d’un pugno d’aziende), l’esito di un’ampia degustazione di Riesling renano a denominazione (Op) e Igt Provincia di Pavia toglie un po’ di polvere da un quadro piuttosto nebuloso.

Ben 28 campioni, degustati alla cieca e proposti (coraggiosamente) da diversi produttori anche in verticale. Un tasting che fa seguito a quello sul Riesling italico, che ha interessato tutte le aree italiane a maggiore vocazione, in primis l’Oltrepò. L’impressione, tanto generale quanto impopolare, è che se c’è un’opportunità persa dal territorio, quella riguardi proprio il vitigno maggiormente coltivato e difendibile localmente: il Riesling italico.

Una varietà lontana da paragoni a cui invece è soggetto il Riesling renano oltrepadano, relegato a un ruolo di subordinazione (in alcuni casi netta) rispetto ad altri territori internazionali, in cui la fama del vitigno è nota e consolidata (Alsazia e Mosella su tutti). Ecco tutti i vini degustati con i relativi punteggi in centesimi: tra i top Manuelina, Monsupello e Castello di Stefanago.

RIESLING RENANO OLTREPÒ PAVESE: DEGUSTAZIONE CON PUNTEGGI
DENOMINAZIONE CANTINA RATING
1 Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Campo Dottore Mon Carul Calatroni
Uno dei quattro campioni del tasting con il tappo a vite. Bel giallo paglierino. Al naso floreale, mela verde, susina, pesca bianca. Ricordi di mentuccia fresca. Bella vena salina ad accompagnare tutto il sorso, dominato dal frutto croccante. Chiude asciutto, fresco, sapido. Vino “glu glu”, molto ben fatto. Chiama l’estate. 86/100
2 Oltrepò pavese Doc Riesling 2020 Il Bandito Giorgi
Giallo paglierino con riflessi verdolini. Naso sulla frutta a polpa gialla perfettamente matura, con richiami leggeri alle erbe della macchia mediterranea. Vino che cerca la perfezione enologica sul vitigno, l’equilibrio e l’immediatezza. Obiettivo centrato. 85/100
3 Oltrepò pavese Doc Riesling Superiore 2020 Renio Rebollini
Secondo campione del tasting con il tappo a vite. Giallo paglierino pieno. Naso ricco, di buona stratificazione: abbina un frutto pienamente maturo (più polpa gialla che bianca) a note marcatamente verdi, quasi piraziniche. Tocco di idrocarburo, leggerissimo: un vero accenno. Centro bocca ricchissimo, materico, che segue un ingresso teso, salato. La sapidità fa capolino in chiusura, assieme alla stessa frutta con cui ha aperto, generosamente, il naso. Vino di spessore, anche dal punto di vista gastronomico. 89/100
4 Oltrepò pavese Doc Riesling 2018 Filare 52 Manuelina
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Naso che richiama l’Alsazia. Nota di idrocarburo netta, data dalla positiva evoluzione del nettare. Rintocchi fumé sul frutto pieno e sulle note mielate, che ancora una volta riportano ad alcune delle migliori espressioni francesi del vitigno. In bocca convince per l’equilibrio assoluto tra morbidezze e durezze. Chiude lungo e asciutto, nonostante la pienezza. Vino elegante, manifesto del vitigno. 91/100
5 Provincia di Pavia Igt Riesling 2019 Alessio Brandolini
Giallo paglierino, riflessi dorati. Leggera nota ossidativa al naso che si riflette anche sul sorso, piuttosto morbido, sul frutto maturo. La pesca sfora nell’ananas, anche in chiusura. 84/100
6 Oltrepò pavese Doc Riesling 2019 Gli Orti Frecciarossa
Giallo dai riflessi dorati. Bel naso largo, sui frutti, e al contempo teso, tra leggera spezia e mineralità. In bocca si rivela giovane, ancora una volta nel gioco tra morbidezza del frutto e durezze. Vino al momento in una fase piuttosto chiusa, contratta. Prospettiva garantita: comprare oggi, bere domani. 87/100
7 Oltrepò pavese Doc Riesling 2019 Vigna Costa Bruno Verdi
Giallo dorato. Naso puro, concentrato il giusto, sul frutto bianco. Curioso lo sviluppo delle durezze, che alla corretta temperatura di servizio concorrono a centrare un prezioso umami. Chiude salino, prima dei ritorni di frutto bianco. Giovane e di buona prospettiva. 86/100
8 Oltrepò pavese Doc Riesling 2014 Rebollini
Giallo dorato, velato. Naso giustamente evoluto: frutto distratto dal fiore secco, una camomilla netta. Miele millefiori.  Tra le note evolutive, una vena salmastra per la parte minerale e una spezia che si fa quasi liquirizia nera. In bocca ancora freschezza, su tinte agrumate e saline, in equilibrio sulle morbidezze. Vino del tutto godibile, vivo e “da abbinamento”. 89/100
9 Oltrepò pavese Doc Riesling 2016 Rebollini
Giallo dorato. Vino che presenta note ossidative leggere, evidenti più al naso che al palato. Frutto pieno, caldo. Non una grande complessità, ma il nettare si presenta al 2022 assolutamente integro, rispecchiando l’annata in maniera fedele. 87/100
10 Oltrepò pavese Doc Riesling 2018 Rebollini
Giallo paglierino pieno. Naso teso, fresco, agrume e mela gialla. In bocca abbina bene durezze e morbidezze. Vino da bere oggi, con prospettiva media di ulteriore affinamento e positiva terziarizzazione. 85/100
11 Provincia di Pavia Igt Riesling 2017 Lo Sparviero Finigeto
Giallo paglierino ancora “giovanile”, che non rivela l’anno della vendemmia. Al naso una gran purezza, che chiama il vitigno in maniera inequivocabile. Note citriche, mentolate-balsamiche, umami, minerale, parte fruttata sulla pesca gialla e sull’albicocca appena matura. In bocca ha tutto, in perfetta corrispondenza col palato. Manca un po’ di materia e polpa in centro bocca, peccato. Gioventù da vendere confermata anche dall’assaggio. 88/100
12 Provincia di Pavia Igt Riesling 2018 Lo Sparviero Finigeto
Giallo paglierino pieno, riflessi dorati. Naso che abbina note dure, minerali, e polpa. In bocca bella presenza di frutto, giustamente maturo, in equilibrio perfetto con le durezze. Buona persistenza e prospettiva. 86/100
13 Provincia di Pavia Igt Riesling 2019 Lo Sparviero Finigeto
Giallo dorato. Naso e bocca piene, tra frutto e note fresche, balsamiche, che ricordano la mentuccia. Il vino si conferma fresco e di prospettiva anche al palato, con chiusura assoluta sul frutto, polposo e giallo (pesca), pieno. Altro vino con buone chance future. 87/100
14 Provincia di Pavia Igt Riesling 2020 Lo Sparviero Finigeto
Giallo paglierino pieno. Naso e bocca sulla scia delle precedenti annate, segnale che la cantina abbia trovato ormai uno stile, una filosofia, un approccio al vitigno. Si tratta ora di leggere bene l’annata e ottenere il massimo da quelle migliori per la varietà. In bocca teso e fruttato, in perfetto equilibrio. 86/100
15 Oltrepò pavese Doc Riesling 2019 Campo della Fojada Travaglino
Giallo paglierino pieno, tende al dorato. Naso sulla frutta matura, ricorda in particolare la pesca gialla. In bocca conferma la pienezza assoluta del frutto. Buon allungo. 86/100
16 Oltrepò pavese Doc Riesling Riserva 2018 Campo della Fojada Travaglino
Giallo paglierino, riflessi dorati. Bella freschezza, vena sapido-iodica, abbinata alla pienezza del frutto giallo. Buona prospettiva, anche se manca un po’ di complessità e stratificazione. 85/100
17 Provincia di Pavia Igt Riesling 2010 Monsupello
Giallo dorato. Assoluta vitalità al naso, tra frutto e vena minerale. Note leggere di cera d’api, ancor più che di miele d’acacia. Più netta la vena di pasta di mandorle. Un nettare più che mai integro che si conferma tale anche al palato. Lungo, godibilissimo, gastronomico. 93/100
18 Provincia di Pavia Igt Riesling 2016 Monsupello
Giallo dai riflessi dorati. Bella pienezza naso bocca, tra frutto, nota di idrocarburo netta e vena iodico-sapida, avvolta in una nuance fumé. Il palato è di gran eleganza, in assoluta corrispondenza col naso: garbo, equilibrio, croccantezza, prospettiva. Altro vino manifesto del Riesling renano in Oltrepò pavese. 95/100
19 Provincia di Pavia Igt Riesling 2020 Monsupello
Giallo dorato.  Frutto, sale, morbidezze e tensione. Un nettare che risponde “presente” sotto ogni profilo. Giovanissimo, prospettiva assoluta. Comprare e conservare in cantina. 91/100
20 Provincia di Pavia Igt Riesling 2020  Dezza 1890
Giallo pieno, riflessi dorati. Naso su frutta perfettamente matura, a polpa gialla, bel bouquet di fiore fresco, di campo. Componente agrumata viva. Al palato ritorni di frutta matura sulla freschezza, dominante. Chiude sul frutto. Gran beva. 86/100
21 Provincia di Pavia Igt Riesling 2019  Dezza 1890
Giallo paglierino. Vino corrispondente alle caratteristiche del precedente campione, giocato tra frutto maturo (un filo più del 2020), freschezza, componente floreale e agrumata. L’anno in più gli fa benissimo: note ancora più intense, con il vino che diventa ancora più profondo. Chiusura asciutta, di buona persistenza. 87/100
22 Provincia di Pavia Igt Riesling 2018  Dezza 1890
Giallo dorato. Vino più morbido dei precedenti e un po’ meno pulito nella componente fruttata (specie al naso) e nel retro olfattivo. Conserva comunque tutti i tratti tipici del vitigno, compresa la freschezza. Chiude asciutto. Netto il lavoro in crescendo della cantina sulla varietà Riesling renano, viste le prove 2019 e 2020. Realtà da tenere in grande considerazione per il futuro. 85/100
23 Provincia di Pavia Igp Riesling  2016 “San Rocco” Castello di Stefanago
Tappo a vite numero 3 del tasting. Giallo dorato, alla vista. Primo naso su note piraziniche, netto peperone verde che ricorda il Sauvignon Blanc. Netta anche l’evoluzione verso la pietra focaia, che accompagna un frutto pieno maturo, tra succo e buccia: note predominanti di polpa gialla, ma anche agrumi. In bocca abbina una buona freschezza a ritorni minerali e fruttati, in un quadro omogeneo, vivo, in evoluzione. Il frutto colpisce per precisione e tendenza all’aromaticità, tanto è maturo. Chiusura asciutta ma aggraziata, piacevolissima. Vino che racconta un Oltrepò unico, attraverso il Riesling renano. 94/100
24 Provincia di Pavia Igp Riesling  2015 “San Rocco” Castello di Stefanago
Ultimo tappo a vite del tasting monovarietale. Alla vista, di un giallo tendente al dorato. Al naso molto simile al precedente, se non fosse che la componente fruttata, per via dell’evoluzione, si arricchisce di venature di miele e cera d’api che alleggeriscono la vena “pirazinica”, avvertita prima in maniera più netta. Una buona ossigenazione apre a note di idrocarburo, prima non avvertite. Al palato i due vini si assomigliano molto, sul fronte dei descrittori: 2015 leggermente più morbido e beverino e un po’ meno stratificato, tra apertura e progressione. Chiusura fresca, lunga, tendente al balsamico. Altra bella prova. 93/100
25 Provincia di Pavia Igp Riesling  2014 “San Rocco” Castello di Stefanago
Alla vista si presenta del tipico colore orange. Vino giocato su note ossidative controllate, frutto dell’annata e dello stile che la cantina ha voluto (sapientemente) utilizzare per interpretare il vitigno nel 2014. Il vino conserva pienezza del frutto, che tende alla mela cotogna, alla pera stramatura e al fico. In bocca perfetta corrispondenza, buona freschezza e chiusura che ricorda  liquirizia dolce e ginger. Più che buona la persistenza. 85/100
26 Oltrepò pavese Doc Riesling  2013 “San Rocco” Castello di Stefanago
Unico campione della verticale a 13,5%, gli altri tutti sui 13% vol. Giallo dorato che inizia a virare verso l’orange. Naso garbato, tra frutto pieno, a polpa gialla, e ricordi speziati, con un accento di balsamico e di zenzero, quasi “piccante”. Palato corrispondente, fresco, gustoso, goloso. Chiude su un bell’umami, in quadro dolce-salato-minerale che riporta al vitigno e al terroir. Buona persistenza. 87/100
27 Provincia di Pavia Igp Riesling  2012 “San Rocco” Castello di Stefanago
Giallo dorato tendente all’orange, ambrato. Vino semplice, tra frutto e una freschezza che tiene banco, pur non sui livelli attesi. Beva agile e buone chance di divertirsi a tavola, con il corretto abbinamento, pur senza esagerare in termini di complessità (suggerite le carni bianche, semplici). Vino arrivato all’apice della sua evoluzione, aggrappato al vertice della parabola discendente. 85/100
28 Provincia di Pavia Igp Riesling  2011 “San Rocco” Castello di Stefanago
Orange, ambrato. Vino piuttosto seduto e poco intenso, sia al naso che al palato. Un nettare che pare avere le “batterie scariche”, pur essendo ancora in grado di reggere il microfono (del vitigno) sul palco. 83/100
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Vini vulcanici italiani: Casa Setaro si mette sulle spalle il Vesuvio e propone il primo “vino di contrada”

EDITORIALE – Casa Setaro, cantina gioiello di Massimo Setaro, si mette sulle spalle il Vesuvio e propone il primo “vino di contrada” del territorio. Un passo solitario coraggioso, che vuol essere d’esempio verso l’ufficiale zonazione del vulcano campano, unica arma in mano ai viticoltori locali per alzare l’asticella della qualità e dei prezzi delle uve. Una mossa che contribuirebbe al definitivo riconoscimento internazionale dei vini del Vesuvio, sulla scorta di quanto già fatto in Sicilia dall’Etna.

Contradae 61·37” è un vino bianco a denominazione Vesuvio Doc, vendemmia 2019, che contiene nel suo nome la mancanza di visione che da decenni attanaglia la politica del vino campano (e vesuviano). I numeri “61” e “37” sono infatti un ripiego.

Un vero e proprio escamotage, col quale Massimo Setaro designa, legalmente, Bosco del Monaco, la “contrada” di Trecase da cui nasce il vino. Una “sottozona” non menzionabile in maniera esplicita in etichetta, proprio per via della mancanza di una zonazione ufficiale.

IL NUOVO VINO DI CASA SETARO ISPIRA IL VESUVIO ALLA ZONAZIONE

Al momento, la Doc Vesuvio conta infatti sulla sola distinzione tra l’Alto Colle Vesuviano, che identifica i vigneti oltre i 200 metri sul livello del mare, e il Versante Sud-Orientale, che guarda il mare. Ecco dunque un aiuto dalla Smorfia napoletana, secondo cui il numero 61 rappresenta il Bosco; e il numero 38 il Monaco.

Una scelta – commenta Massimo Setaro in esclusiva a winemag.it – nata dall’impossibilità, secondo il disciplinare oggi vigente, di denominare questo vino con la parola “contrada”. Per ora abbiamo fatto presente la questione e ne abbiamo discusso anche nell’ambito di un recente convegno organizzato con Confagricoltura. Era invitato anche l’assessore all’Agricoltura Nicola Caputo, che tuttavia non si è presentato».

«Faremo altri convegni sul tema – continua il patron di Casa Setaro – poiché il territorio lo merita. Per la sua eterogeneità, è giusto che siano riconosciute almeno le “contrade” del Vesuvio. Ci auguriamo di vincere anche questa battaglia, ricordando come il Caprettone (varietà di cui la cantina può essere considerata pioniera, ndr) non fosse riconosciuto come vitigno e lo è diventato solo nel 2014».

CONTRADAE 61·37, IL VINO “DI CONTRADA” DI CASA SETARO

“Contradae 61·37” è un vino interamente ottenuto da vecchie viti a piede franco, di età compresa tra i 50 e gli oltre 100 anni, in contrada Bosco del Monaco. Casa Setaro è l’unica a possedere vigne in questa “sottozona” del Comune di Trecase, il più piccolo centro abitato vesuviano, in provincia di Napoli.

In particolare, concorrono all’uvaggio un 50% di Caprettone, un 30% di Greco e un 20% di Fiano. Tutte piante sparse all’interno del medesimo vigneto, già identificato da Vincenzo Setaro, fondatore dell’azienda, come il più vocato a disposizione della cantina.

Prima della nascita di “Contradae 61·37” 2019, le uve concorrevano – in base alle caratteristiche dell’annata – alla produzione di Pietrafumante, lo spumante Metodo classico base Caprettone, e/o dell’Aryete, il Vesuvio Caprettone Doc di Casa Setaro.

“Contradae 61·37”, primo vino della cantina ottenuto da uvaggio, in tiratura limitata di sole 2.500 bottiglie, sta lì a raccontare la propria unicità coraggiosa. Ancor più, a tracciare la via del futuro del Vesuvio.

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Italgrob apre il primo tavolo di confronto tra le industrie delle bevande

Italgrob, la Federazione Italiana dei Distributori Horeca (comprensivo di tutto il circuito dei consumi “fuori casa”) promuove il primo tavolo tecnico di confronto aperto alle imprese della produzione e della distribuzione rivolte al mondo dei pubblici esercizi.

«Due le ragioni alla base di questa iniziativa – spiega il presidente di Italgrob, Antonio Portaccio – Prima ragione, la volontà di Confindustria di favorire la massima sinergia fra l’imprenditoria dei servizi e quella dell’industria di produzione. Seconda, il desiderio della Federazione dei distributori Horeca di dialogare sempre di più e meglio con le maggiori industrie di produzione. Cooperare in maniera più organizzata ed efficace nell’interesse di tutti. Il confronto, pertanto, si rende necessario per generare valore aggiunto a vantaggio di tutti gli attori della filiera».

GLI OBIETTIVI

Primo far gli obiettivi del tavolo è il confronto con l’industria per condividere le specifiche strategie da attuare nel canale Horeca. Inoltre rafforzare la cooperazione come elemento insostituibile per affrontare insieme, produttori e distributori, le complesse sfide di un mercato sempre più evoluto.

Un discussione che vuole verificare gli ostacoli che penalizzano la collaborazione e individuare strumenti e opportunità per superarli. Discutere le iniziative di canale più adeguate per valorizzare la collaborazione fra produttori, consorzi nazionali e gruppi di distributori indipendenti.

IL PRIMO CONFRONTO

Al centro del primo tavolo di concertazione stato il tema dei trasporti e della logistica. L’incontro ha visto la presenza di imprenditori, presidenti e direttori di consorzi nazionali della distribuzione insieme con i rappresentanti delle imprese di produzione di bevande. Coca Cola, Pepsico, Peroni, Heineken, San Benedetto, San Pellegrino, Ferrarelle, Campari e Conserve Italia.

Nel corso del 2021, infatti, la distribuzione ha dovuto fronteggiare una serie di difficoltà, in buona parte provocata dai cambiamenti imposti dal caos pandemico. I disservizi logistici, le rotture di stock fornitori-produttori che hanno generato sostituzioni, i nuovi ordini da riconsegnare, la frammentazione degli ordini dei clienti, l’incremento della media delle consegne per viaggio, il decremento della media del valore per consegna, le attività di riconsegna degli stralci d’ordine.

«Siamo consapevoli che non possiamo più confrontarci con il 2019 e che non tornerà tutto come prima. Il cambiamento è già in atto e proprio per questo era importante aprire uno spazio di confronto tra i protagonisti della filiera», avverte Dino Di Marino, direttore generale di Italgrob.

«Il primo appuntamento – prosegue Di Marino – è stato più che soddisfacente e ci incoraggia a proseguire. Sono emersi un metodo nuovo di relazione. Un impegno a condividere le problematiche nel rispetto dei ruoli e delle esigenze. L’importanza della programmazione e della pianificazione per migliorare l’area dei trasporti».

«Come emerge dai preziosi contributi di tutti, l’obiettivo di questo tavolo deve essere la definizione di un agreement sulla soddisfazione e la qualità del servizio logistico. È il momento opportuno per essere più consapevoli delle necessità di ciascun attore e per avvicinare le distanze tra i diversi punti della filiera», conclude Di Marino.

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Scomparso Antonio Molinari, rese famosa la Sambuca nel mondo

Antonio Molinari è scomparso sabato 23 aprile all’età di 81 anni. Presidente di Molinari Italia ha reso insieme al padre e ai suoi fratelli la Sambuca, liquore a base di anice stellato, famosa nel mondo. A darne la notizia sono stati la moglie Daniela e i figli Inge, Angelo e Mario.

Uomo brillante e lungimirante imprenditore – si legge nella nota – ha dedicato la sua vita all’azienda e alla famiglia. Fin da giovane in azienda insieme al padre Angelo ne ha preso poi le redini portandola, con passione e dedizione, grazie al suo forte intuito imprenditoriale e alla sua visione innovativa e fuori dagli schemi, al successo di oggi e lanciandola a livello internazionale.

Tutti i dipendenti e collaboratori si stringono al dolore della famiglia Molinari e ne onorano il ricordo ispirandosi ai valori di responsabilità, onestà e rispetto di cui è sempre stato promotore».

SAMBUCA MOLINARI

È nel 1945 a Civitavecchia che Angelo Molinari, esperto liquorista, fonda l’azienda. Con lui lavorano i figli Marcello, Mafalda e dal 1967 anche Antonio. La Sambuca prodotta da Molinari si differenzia dalle altre perché utilizza una formula a base di anice stellato. Per questo motivo viene aggiunta in etichetta la denominazione “extra“.

Prodotta per i primi 14 anni in un opificio di tipo artigianale il successo del prodotto spinge Molinari ad aprire il primo stabilimento produttivo nel 1959. Precursore dei tempi già negli anni ’80 Molinari diffonde uno spot pubblicitario che recita «Bere troppo fa male. Bere male fa peggio. Bevi poco ma bene».

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Operazione Dioniso, sequestro preventivo di 740 mila euro alla Cantina di Canneto

La Guardia di Finanza di Voghera e l’Arma dei Carabinieri di Stradella hanno dato esecuzione al sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di disponibilità finanziarie e partecipazioni societarie per complessivi 740 mila euro nei confronti di una società cooperativa vinicola dell’Oltrepò pavese. Si tratta di Cantina di Canneto, interessata in queste ore dagli sviluppi dell’Operazione Dioniso, scattata nel gennaio 2020.

Secondo gli inquirenti, la società cooperativa avrebbe «beneficiato di un illecito profitto derivante dalle condotte fraudolente di tre soggetti (a inizio indagini erano 5, ndr) a vario titolo indagati per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari».

La cantina avrebbe fatto ricorso, sempre secondo gli inquirenti, a «sistematici conferimenti di uve diverse per tipologia rispetto a quelle attestate nei documenti ufficiali». Per di più con l’utilizzo di «ingenti quantità di sostanze vietate dalle norme di settore, quali zucchero invertito ed anidride carbonica, o soggette a specifici parametri di utilizzo, per esempio mosto concentrato rettificato».

Operazione Dioniso (video e foto): ancora vino contraffatto in Oltrepò pavese

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L’altro volto della guerra Russia-Ucraina: cresce il business del vino in Polonia

Momento d’oro per gli operatori Horeca in Polonia. Importatori e distributori di vino delle principali città polacche stanno incrementando il giro d’affari sino al 40%, grazie all’arrivo in città di nuovi clienti facoltosi, soprattutto dall’Ucraina. È l’altro volto della guerra scatenata dalla Russia. Si tratta infatti di emigrati benestanti, che hanno scelto di trasferirsi in Polonia in attesa del ritorno della pace in madrepatria.

Una destinazione vicina, in un Paese che si è dimostrato sin da subito accogliente. Lo dimostra l’elevato numero di profughi ucraini a cui ha dato il benvenuto il governo guidato da Mateusz Morawiecki. Circa 3 milioni dall’inizio del conflitto.

Secondo autorevoli fonti di winemag.it, le vendite di vini premium nelle principali città polacche è un fenomeno che cambierà volto al settore. Un trend destinato ad avere ripercussioni sull’indotto del vino in Polonia e sulle dinamiche commerciali dell’intero areale vitivinicolo dei Carpazi.

«ENTRANO E CHIEDONO CHABLIS: UNA NOVITÀ»

‌Łukasz Ostrowski si occupa delle vendite per Wino by Best Selection, marchio dello storico colosso danese Amka Comporate. «A Varsavia – spiega a winemag.it – abbiamo registrato una vera e propria impennata nella vendita di vini poco richiesti sino a poche settimane fa. Tutti della fascia premium e super premium».

È ormai un dato di fatto l’arrivo in città di numerosi ucraini, che non hanno certo problemi di “portafogli”. Hanno tutti le idee molto chiare. Le richieste più frequenti sono quelle di vini francesi, in particolare di Chablis.

Sanno quanto vogliono spendere e cosa comprare, ancor prima di entrare in enoteca. Un segmento di clientela molto diverso da quello a cui siamo abituati a Varsavia, concentrato su vini economici, polacchi ma anche italiani».

A breve, Łukasz Ostrowski passerà a un’altra società di importazione, la Mielżyński Wine and Spirits di Varsavia. «Mi aspetto di veder consolidato questo trend anche nella nuova azienda – conclude – dal momento che si tratta di uno degli importatori polacchi di fine wines con il migliore assortimento di vini internazionali».

CRACOVIA COME VARSAVIA: BOOM DI VINI PREMIUM

Cambia la città ma non cambia il registro, in Polonia. Katarzyna Solańska è una giornalista, sommelier, wine blogger (K8K.pl), co-proprietaria della Szkoła Sommelierów e Salon Degustacyjny, manager del wineshop WineLAB di Cracovia e partner dell’importatore Rafa Wino. È anche vicepresidente dell’associazione Kobiety I WinoWomen & Wine, l’associazione delle Donne del Vino della Polonia.

«L’incremento del giro d’affari del wineshop che dirigo a Cracovia – rivela a winemag.it – si aggira attorno al 40%. Corrisponde, di fatto, alla percentuale di nuovi clienti, il più delle volte facoltosi, trasferitisi dall’Ucraina sin dai primi giorni dall’inizio della guerra con la Russia».

La crescita riguarda anche ucraini meno abbienti, che ci chiedono vini economici, da poter utilizzare per cucinare. In questo segmento di pubblico, la richiesta più frequente è legata a vini semi-sweet e semi-dry, soprattutto entry-level.

I nuovi arrivati più abbienti chiedono invece vini ungheresi e vini francesi, con particolare riferimento alla Borgogna e a vini strutturati, potenti. Tutto riscontrabile nel nostro shop in centro a Cracovia, proprio dove molti nuovi ucraini si sono stabiliti».

«FENOMENO DESTINATO A CAMBIARE I CARPAZI»

Molto più di un fenomeno passeggero. «Il mercato del vino della Polonia si evolverà in maniera del tutto inaspettata – confessa Katarzyna Solańska -. Occorrerà rivedere gli assortimenti e inserire nuove referenze di vini ucraini, che saranno sempre più ricercati dalla nuova clientela».

«Nelle ultime settimane – conclude – non riusciamo per esempio a stare al passo delle richieste dell’unico vino ucraino presente nel nostro assortimento, della cantina Koblevo-Bayadera Group. Il vino termina a poche ore dall’ordine e dobbiamo pensare a delle contromosse».

Michał Solański, Ceo della società di consulenza aziendale Kmc Global Solutions e partner di K8K.pl, è in grado di confermare a winemag.it gli effetti dei flussi migratori dall’Ucraina alla Polonia.

Molti ucraini trasferitosi a Cracovia e in altre città polacche, come la capitale Varsavia stanno cercando di convertire in breve tempo il precedente business, andato distrutto o attualmente impraticabile nel paese d’origine».

«Emblematico – sottolinea Solański – il caso di un imprenditore del settore del pet-food, che al confine tra i due Paesi ha trasformato la vecchia azienda in una fabbrica che prepara pasti per i soldati. Questo è certamente un fenomeno destinato a cambiare gli equilibri in diversi Paesi dell’area. Gli ucraini emigrati non sono solo profughi, ma anche investitori e clienti, con capitali da far girare sul mercato».

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Addio a Franco Allegrini, padre della Valpolicella moderna

Lutto nel mondo del vino italiano e della Valpolicella. La scorsa notte è scomparso l’enologo Franco Allegrini, fratello di Marilisa, tra i principali fautori dell’Associazione de Le Famiglie Storiche. Le cause della morte sono legate a una malattia.

Fautore di importanti innovazioni, Franco Allegrini ha promosso in vigna l’aumento dei ceppi per ettaro in Valpolicella, sostituendo la pergola trentina con altre forme di allevamento, mentre le sue sperimentazioni sull’uva Corvina sono ancora oggi apprezzabili nel vino cult La Poja.

In cantina ha ricercato l’integrità del frutto tramite l’uso di diversi tipi di legno per l’affinamento. Ha contribuito alla revisione della tecnica del Ripasso con l’introduzione della seconda fermentazione, nonché alla modifica della tecnica di appassimento con la creazione di “Terre di Fumane”, fiore all’occhiello della Valpolicella.

«Schietto nell’esprimere il suo punto di vista, combattivo nel sostenerlo, ma generoso e sempre aperto al dialogo costruttivo, Franco Allegrini lascerà un vuoto incolmabile anche ne Le Famiglie Storiche», commenta l’associazione veronese che si stringe  a Marilisa e Silvia Allegrini nel suo ricordo.

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Anteprima Vini Trasimeno: esordio a maggio 2022

Nuovo appuntamento in Umbria riservato alla stampa specializzata nazionale e internazionale e agli operatori del settore. Si tratta dell’Anteprima Vini Trasimeno, in programma domenica 29 e lunedì 30 maggio a Castiglione del Lago. Protagonisti il Trasimeno Gamay, il Grechetto e i vini rosati del territorio.

La prima edizione dell’evento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Doc Colli del Trasimeno e dalla Strada del Vino Colli del Trasimeno si inserisce nel programma di Umbria in Anteprima. Seguirà di pochi giorni l’Anteprima Sagrantino di Montefalco 2022.

La preview verrà inaugurata ai Ruderi della Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo – Rocca del Leone. a Castiglione del Lago domenica 29 maggio alle 19.30. Lunedì la vera e propria Anteprima, dalle 10 alle 18 a Palazzo della Corgna. Per accreditarsi occorre compilare il modulo sul sito del Consorzio, disponibile a breve.

L’ESORDIO DELL’ANTEPRIMA VINI TRASIMENO

«Siamo particolarmente felici di poter organizzare quest’anno la prima edizione della nostra Anteprima – dichiara Emanuele Bizzi, recentemente riconfermato alla presidenza del Consorzio Tutela Vini Doc Colli del Trasimeno -. Sarà l’occasione per far conoscere a giornalisti, operatori e appassionati la regione Umbria, cuore verde d’Italia, e i vini che vengono prodotti nell’area intorno al lago Trasimeno».

Al centro dell’Anteprima 2022, grazie anche a una masterclass dedicata in programma lunedì 30 maggio alle ore 10, il Trasimeno Gamay. Un vitigno a bacca rossa introdotto in questa zona già a partire dal XVI secolo, nel periodo di dominazione spagnola nell’Italia centro-meridionale conseguente alla pace di Chateau-Chambrésis del 1559.

IL GAMAY DEL TRASIMENO

Si tratta della punta di diamante della Doc Colli del Trasimeno. Il Trasimeno Gamay fa parte della famiglia della Grenache (o garnacha, in spagnolo) ed è lo stesso vitigno conosciuto in Sardegna come cannonau, in Liguria come Granaccia e come Tai Rosso dei Colli Berici in Veneto.

Fin dal suo arrivo nel territorio umbro è stato coltivato con la tecnica ad alberello, di origine francese, e non con la tecnica a “vite maritata”, molto più comune nell’area del Trasimeno e utilizzata già dall’epoca degli etruschi.

Per questo motivo ha preso erroneamente il nome di Gamay, vitigno francese allevato ad alberello e utilizzato per la produzione del vino Beaujolais, proveniente dall’omonima regione.

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Proclamati i vincitori del Concorso nazionale del Pinot Nero

Sono stati resi noti i nomi dei 10 migliori Pinot Nero d’Italia annata 2019 proclamati nel contesto del Concorso nazionale del Pinot Nero. La classifica, frutto di un’attenza selezione che si è tenuta a metà marzo, premia Anrar della Cantina Andriano, Baltasius della Tenuta Schloss Englar e Sanct Valentin della Cantina San Michele Appiano.

LA CLASSIFICA

Sono riusciti a raggiungere la finale i Pinot Neri di quattro regioni italiane, mentre nella Top 10 figurano vini prodotti in tre diverse regioni.

«A impressionare è stato anche il livello qualitativo dei vini presenti al concorso. Soprattutto nella Top 10 la qualità dei vini è eccezionale. Ciò conferma il fatto che il 2019, per il Pinot Nero, sia stata un’annata assolutamente straordinaria», afferma Marc Pfitscher, vicepresidente del comitato organizzativo e responsabile del concorso nazionale.

LA 24° EDIZIONE DELLE GIORNATE DEL PINOT NERO

La classifica del Concorso prelude all’inizio della 24° edizione delle Giornate del Pinot Nero, in scena dal 29 aprile al 2 maggio ad Egna e Montagna in Alto Adige. Nelle quattro giornate gli ospiti potranno prendere parte ad una ricercata degustazione tecnica, su prenotazione.

«Già solo la varietà di vini iscritti mostra quanto, con il tempo, le Giornate del Pinot Nero dell’Alto Adige siano diventate importanti. Un grande palcoscenico per questo particolare vitigno», spiega Ines Giovanett, presidentessa del comitato organizzativo.

Presenti al tavolo i Pinot Nero di oltre 85 produttori di vino provenienti da 9 aree vinicole, tra cui Trentino, Alto Adige, Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Abruzzo.

«Un sentito grazie – ribadisce Ines Giovanett – va a tutti i produttori che anche quest’anno hanno aderito all’evento con entusiasmo. Mossi dal desiderio di portare in scena l’altissima qualità delle loro produzioni enologiche».

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Indicazione del contenuto zuccherino in etichetta: Federmosti torna alla carica

«Far emergere informazioni di fondamentale importanza relative agli ingredienti utilizzati nei vini». Questa la battaglia intrapresa da anni da FederMosti, in accordo con Federconsumatori e con le principali Organizzazioni agricole italiane.

Il network di produttori di mosti concentrati torna alla carica sull’argomento, proprio in queste ore. In preparazione un sondaggio «per valutare quanti tra i consumatori sono a conoscenza che determinati vini, anche italiani se si parla di bollicine, contengono saccarosio e per valutare che tipo di reazione può esser generata dall’emergere di questa informazione».

«Con la campagna In Vino Veritas, sottoscritta lo scorso anno con Federconsumatori – afferma Marco Bertagni, presidente di FederMosti e Must, rispettivamente l’associazione italiana e quella europea dei produttori di mosti d’uva concentrati e rettificati – ci siamo limitati a sostenere ciò che dal nostro punto di vista è addirittura ovvio: comunicare al consumatore l’eventuale presenza di saccarosio nel vino che sta per acquistare».

Agli inizi della progettazione della piattaforma U-Label, i produttori europei sembravano propensi a continuare a omettere le informazioni sulle pratiche enologiche degli arricchimenti e delle acidificazioni.

Tuttavia, per coerenza con quelle che sono le dichiarate finalità di trasparenza e correttezza della comunicazione proprie della piattaforma, i produttori hanno infine deciso di inserire il saccarosio tra gli ingredienti da indicare nella U-Label».

ETICHETTE DEL VINO TRASPARENTI CON L’INDICAZIONE DEL SACCAROSIO

La DG Salute e la DG Agricoltura della Commissione Europea avevano rassicurato nelle scorse settimane FederMosti e Must sulla «necessità di indicare la presenza di tutti gli ingredienti “anche se in forma alterata rispetto a quella d’origine” in etichetta».

La conferma è stata fornita dai rappresentanti delle istituzioni e dei produttori italiani ed europei durante il convegno “Vino & Digitalizzazione delle Informazioni”, tenutosi a Vinitaly 2022.

«Abbiamo chiesto ai produttori – sottolinea Marco Bertagni – di farci avere il modello della piattaforma su cui, volontariamente, un cluster di cantine europee sta sperimentando il sistema che sarà obbligatorio dall’anno prossimo. Seguiremo con molta cura la definizione degli atti normativi dei servizi della Commissione Europea e la lista delle sostanze e ingredienti che sarà necessario indicare da fine 2023. Le sorprese, quando si parla di zuccheraggio, sono sempre dietro l’angolo!».

FEDERCONSUMATORI SI SCHIERA CON FEDERMOSTI

Sull’argomento interviene oggi anche Federconsumatori. «Abbiamo aderito subito all’iniziativa In Vino Veritas proposta da FederMosti – evidenzia il presidente Michele Carrus – e ora esprimiamo soddisfazione per il fatto che si vada verso un’informazione più corretta e trasparente al consumatore, anche con riguardo all’eventuale presenza di saccarosio nei vini».

L’aggiunta di zucchero non dichiarata nei prodotti alimentari e nei vini in particolare, infatti, rappresenta una opacità nella comunicazione. Una pratica commerciale che può essere considerata sleale in quei mercati dove è vietato additivare saccarosio ai vini. Che potrebbe, in casi estremi, avere ripercussioni sulla salute delle persone”.

«Anche in questo caso – conclude il presidente Carrus – Federconsumatori continuerà a sensibilizzare i consumatori sull’importanza di leggere con la dovuta attenzione le informazioni fornite nell’etichettatura elettronica. È importante siano espresse in modo chiaro e comprensibile».

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La Prima dell’Alta Langa, appuntamento lunedì 6 giugno a Moncalieri

La Prima dell’Alta Langa si svolgerà lunedì 6 giugno, a partire dalle 9.30 e fino alle 18.30, presso la sede del Museo di Italdesign a Moncalieri (Torino). La degustazione delle cuvée dei soci del Consorzio Alta Langa sarà aperta a un pubblico di operatori professionali, buyer, enotecari, ristoratori, distributori, barman e giornalisti.

Più di 100 le etichette di Alta Langa in degustazione. Bianchi, rosati, riserve, grandi formati, millesimi rari dei circa 40 produttori presenti all’evento. Numeri che raccontano la veloce crescita e il consolidamento della denominazione delle “alte bollicine piemontesi”.

Crescita iniziata sin dalla alla prima edizione della manifestazione nella primavera 2018, quando al Castello di Grinzane Cavour si riunirono gli allora 18 produttori del Consorzio per presentare le loro 40 cuvée.

IL NUOVO CALICE ISTITUZIONALE DELL’ALTA LANGA

Terra“, il nuovo, iconico calice istituzionale, che verrà presentato in anteprima assoluta durante l’evento. Terra intende rappresentare il giusto connubio tra funzione e aspetto. La forma conserva le prestazioni tecniche ma allo stesso tempo valica i canoni estetici tradizionali di un calice da vino. All’evento si potrà accedere soltanto tramite registrazione sul sito istituzionale del Consorzio.

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Dal Derthona Timorasso al Piccolo Derthona: Tortona sa dove andare

EDITORIALE – Si legge “Piccolo Derthona“, si traduce “Timorasso” e porta la firma di Walter Massa l’ultima trovata del Consorzio Tutela Vini dei Colli Tortonesi. La nuova tipologia di vino bianco si colloca alla base della piramide della qualità del Derthona Timorasso. Una sorta di “denominazione di ricaduta”, grazie alla quale i produttori della Doc di Tortona, in provincia di Alessandria, potranno mantenere alta l’asticella della qualità (e dei prezzi delle uve) del Derthona “classico” e Riserva.

Il via libera ufficiale al Piccolo Derthona – nome coniugato da Massa strizzando l’occhio ai francesi del Petit Chablis e al nome storico della città di Tortona – è arrivato grazie alla recente modifica al disciplinare di produzione.

La nuova tipologia è stata quindi protagonista indiscussa del dibattito nella due giorni di Anteprima Vini Colli Tortonesi “Due.Zero”, andata in scena all’inizio del mese di aprile (qui i migliori assaggi). Ma del nuovo vino si parla, in realtà, dal 2010.

 LA GENESI DEL PICCOLO DERTHONA

«In quell’anno – spiega Walter Massa a winemag.it – la Cantina sociale di Tortona mi chiese l’autorizzazione scritta per poter usare la parola “Derthona” anche sui suoi vini. Gliela concessi per due motivi: in primis perché il territorio aveva bisogno di crescere; poi, perché avevo iniziato a vedere sugli scaffali alcuni Timorasso venduti attorno ai 3,50 euro. Un prezzo troppo basso».

Grazie al dialogo con la dirigenza della cantina sociale – continua Massa – capii che i consumatori comuni vogliono vedere la parola “Timorasso” sulla bottiglia, senza svenarsi per mettere il vino in tavola.

Scrivendo quindi “Timorasso” su una nuova tipologia, da chiamare appunto “Piccolo Derthona”, avremmo potuto alzare il prezzo, la soglia, la percezione e la qualità del Derthona “classico”, dando al contempo al grande pubblico un altro prodotto, più immediato e di facile comprensione, pronto nei primi mesi successivi all’anno di vendemmia.

Quella che è nata come un’operazione commerciale, oggi è un’efficace strategia di promozione del territorio e della denominazione principale della zona. Senza dimenticare che a 7,50 euro al retail, il Piccolo Derthona è un vino bianco italiano Doc che ha pochissimi rivali, soprattutto nel rapporto qualità-prezzo».

DERTHONA TIMORASSO: DAL RISCHIO SVALUTAZIONE ALLA “DENOMINAZIONE DI RICADUTA”

Dal rischio svalutazione al colpo di spugna nei confronti di imbottigliatori e mediatori di uve, il passo è stato breve. Tutto merito dell’accordo raggiunto da Walter Massa dapprima con la cantina di Tortona, poi allargato agli altri produttori della Doc di Alessandria. Tutti i membri del Consorzio (e non solo) possono così fregiarsi del nome “Piccolo Derthona” in etichetta, per i loro vini d’entrata.

Un’operazione che consente al Derhona Timorasso di proteggersi da speculazioni che vedono protagonisti altri vini italiani, tra cui il vicino piemontese Gavi Docg. Il Piccolo Derthona equivale di fatto ad altre “denominazioni di ricaduta”, come il Langhe Nebbiolo del Barbaresco. O lo stesso Petit Chablis francese.

Tipologie che mancano come l’acqua ad altri territori del vino italiano, compresi quelli che puntano alla Docg. Su tutti, è il caso dell’Etna Doc, divenuto ormai elemento simbolo e calamita del business – soprattutto a livello internazionale – della viticoltura siciliana.

‘A Muntagna è sprovvista di una “denominazione di ricaduta” (potremmo chiamarla “Terre dell’Etna”) che aiuterebbe i produttori a mantenere alta l’attenzione sull’Etna Doc “classico”, nel percorso verso l’Etna Docg.

PICCOLO DERTHONA, MOLTO PIÚ DI UN’OPERAZIONE COMMERCIALE

«Il piccolo Derthona – spiega a winemag.it il presidente del Consorzio Tutela Vini dei Colli Tortonesi, Gian Paolo Repetto – può nascere dalle uve di una vigna nuova, che non hanno la struttura necessaria per supportare un Derthona “classico”.

«Oppure può prendere vita da una vigna più esposta, che tende a perdere un po’ di primari, perché l’uva si è scottata un filino. Una vasca di Derthona non è venuta esattamente come volevi, o l’annata è sfortunata? Il vino diventa un Piccolo Derthona», continua Repetto.

In questo modo la qualità del Derthona “classico” è sempre al massimo. Al contempo, il consumatore che fatica a scegliere un Derthona per questioni di prezzo, ha la possibilità di accedere a un prodotto 100% Timorasso, conveniente per lui e per la cantina che lo vende. Un vino bianco di qualità e struttura superiore alla media degli altri bianchi “standard” italiani».

Sul fronte dei prezzi retail, il Piccolo Derthona si assesta attorno ai 7-8 euro, finendo sullo scaffale a un minimo di 13-14 euro. Il Derthona “classico” parte invece da una media di 10 euro minimo all’Horeca. Il tutto senza intaccare le rese e la base ampelografica: 100% Timorasso, resa massima di 75 quintali per ettaro e bottiglia “green” da 600 grammi. Per entrambe le tipologie.

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Muvin-EcoMuseo internazionale del Vino di Verona «pronto in 30 mesi»

Sarà ultimato nel giro di 30 mesi Muvin-EcoMuseo internazionale del Vino di Verona. «Un hub per tutto il Paese – spiega il ministro Ministro del Turismo Massimo Garavaglia – ed in particolare per il settore dell’enoturismo italiano. Un progetto che ha le gambe per correre e che sposiamo ben volentieri al 100%, perché l’Italia ha bisogno di qualità e organizzazione».

«Abbiamo l’idea di realizzare in Italia musei iconici del gusto – prosegue il ministro Garavaglia – che nel resto del mondo sono già un’attrazione potente. In questo senso è ottima l’idea di realizzare il Museo della Pizza a Napoli, così come un Museo del Vino a Verona.

C’è una voglia di Italia pazzesca nel mondo e anche gli italiani hanno un gran voglia di muoversi. Dobbiamo guardare al futuro con grande ottimismo, perché il Museo del Vino intercetterà questa nuova voglia di turismo”.

A Vinitaly 2022 l’esordio del Comitato promotore di Muvin-EcoMuseo, la cui realizzazione sarà supportata da Fondazione Muvin, che sarà istituita entro fine maggio.

Una Fondazione, spiega il Comitato, «aperta alla partecipazione di enti, imprese, società e gruppi di persone che supporterà il progetto di un museo 4.0 strutturato su percorsi e spazi esperienziali con focus sulle eccellenze dei vitigni nazionali e internazionali».

PERCHÈ MUVIN-ECOMUSEO DEL VINO A VERONA

Il Veneto è la prima Regione d’Italia per produzione di vino e Verona detiene lo stesso primato rispetto a tutte le altre province d’Italia. È quarta, nel Belpaese, per presenze turistiche. Ed è considerata da molti la vera capitale italiana del vino. Tra le eccellenze dell’Università scaligera, spicca il Corso di laurea in Scienze tecnologiche viticole ed enologiche.

Nel 2019 la Regione Veneto ha varato la legge per l’istituzione degli eco-musei del vino (L.R. Veneto n. 17 del 16.05.2019, art. 27 comma 2), da cui discende il progetto di Muvin-EcoMuseo internazionale del Vino di Verona.

Il Comitato promotore e Fondazione Muvin lavoreranno al supporto di una location iper tecnologica, proiettata non solo sul vino italiano ed internazionale, ma anche «sui cambiamenti climatici, sui processi di trasformazione dell’uva in vino, sulle tipologie dei vini e sulle tecnologie green per la loro produzione».

All’interno dell’EcoMuseo Muvin ci sarà spazio per presentazioni temporanee di vini italiani e internazionali, manifestazioni culturali in cui il vino incontra la musica, l’arte, la letteratura e la scienza, proposte educative e laboratori per i più giovani.

Ma anche approfondimenti per esperti e atelier esperienziali tematici. Dal vino degustato nell’apposita wine&food court a quello raccontato dai protagonisti del mondo wine e dai letterati nella Biblioteca Libreria dei vini.

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La Bianchetta ancestrale di Tenuta Amadio: Simone Rech riscopre le vigne del nonno

È ormai un caso di successo l’ancestrale da uve Bianchetta trevigiana di Tenuta Amadio. Il giovane enologo Simone Rech ha riscoperto l’antico vitigno autoctono dei Colli Trevigiani nelle vigne del nonno, a Monfumo. Ha deciso di farne un vino in purezza, non filtrato. Da bere torbido, con i lieviti in sospensione; oppure limpido, lasciando che i depositi restino sul fondo.

Di certo un vino premiato dal mercato, che valorizza un’uva presente nel disciplinare di produzione del Prosecco, utilizzabile fino a un massimo del 15%. «Lo scorso anno – spiega Rech a winemag.it – ho prodotto 4 mila bottiglie. Quest’anno la cifra salirà ancora, visti gli ottimi riscontri nelle vendite». Eppure tutto è iniziato con sole mille bottiglie.

La Bianchetta trevigiana è un vitigno antico, menzionato da Giacomo “Jacopo” Agostinetti di Cimadolmo nel 1679, tra i “Cento e dieci ricordi che formano il buon fattore di Villa”. Da qui l’importanza della sua riscoperta, col metodo della rifermentazione in bottiglia.

Monfumo, rispetto ai Colli Asolani – spiega ancora il titolare di Tenuta Amadio, Simone Rech – è sempre stata considerata la patria di quest’uva. Chiunque avesse avuto anche solo quattro piante di vite in giardino, quelle sarebbero state di Bianchetta trevigiana. È stato quasi naturale, per me, ritrovarla nelle vigne del nonno e decidere di vinificarla in purezza».

LA BIANCHETTA TREVIGIANA A MONFUMO

Si tratta di una varietà dal grappolo molto compatto, che matura prima della Glera, l’uva regina del Prosecco. Nonostante ciò, il germogliamento è tardivo. «Grazie a questa caratteristica – spiega Rech – non veniva intaccata da eventuali gelate primaverili. I viticoltori usavano piantarla sui pendii più vicini al fondovalle, senza timore di perdere il raccolto».

Interessante la gradazione alcolica di questo vitigno autoctono dei Colli trevigiani, da sempre presente accanto ad altre gemme rare della viticoltura locale, come la Boschera. Se vendemmiate assieme alla Glera, le uve sarebbero in grado dar vita a vini da 12 gradi.

Il rifermentato o ancestrale da uve Bianchetta trevigiana di Tenuta Amadio, vendemmia 2020 (10,5% vol.), sfodera una buona evoluzione ed ampi margini di ulteriore, positivo affinamento. Frutto, note floreali e tinte minerali non si discostano di molto dalla Glera allevata a Monfumo.

«Non è vero – chiosa Simone Rech – che, essendo un rifermentato, ha vita breve. Lo scorso Natale ho degustato le ultime bottiglie rimaste della vendemmia 2019 ed erano ancora straordinarie. La Bianchetta dimostra di essere un vitigno capace di evolvere benissimo in bottiglia». Una marcia in più verso la riscoperta definitiva del vitigno.

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