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Svolta estera per la Strada del Vino Soave: il turismo agricolo è la nuova frontiera

L’Italia offre da nord a sud tanti itinerari artistici, storici ed enogastronomici che attirano da sempre numerosi visitatori. Il territorio di Soave, nella provincia di Verona, con le sue colline e la sua posizione strategica, facilmente raggiungibile grazie ai collegamenti autostradali e su rotaia è una destinazione sempre più ambita da turisti italiani, ma soprattutto da tedeschi e nord europei. Ed è proprio nell’ottica di portare sul territorio più stranieri che Paolo Menapace, presidente dell’Associazione Strada del vino Soave, ha incaricato l’agenzia veneziana Acquaforte Travel di realizzare pacchetti turistici ad hoc nelle terre del Soave.

La zona è conosciuta all’estero soprattutto per il vino, ma vanta anche produzioni agricole eccellenti e di nicchia che possono essere un importante strumento di promozione. ”Desideriamo rendere sempre più variegata e qualificata la nostra offerta turistica, aumentare la visibilità delle nostre aziende agricole nei mercati esteri, promuovere i nostri prodotti a denominazione, scambiare conoscenze e informazioni tra professionisti del settore” ha affermato Paolo MenapaceAcquaforte Travel è un’azienda giovane, ma con una pluriennale esperienza nel settore dell’incoming in Italia.

”Chi viene in Italia vuole conoscere la storia, l’arte e la cultura, ma anche entrare in contatto con il territorio e le tradizioni gastronomiche del nostro Paese” hanno dichiarato gli operatori dell’agenzia che sono già all’opera per realizzare proposte di soggiorno  sulla Strada del vino Soave per la visita alle aziende agricole del territorio.

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Vignaioli naturali, superato il regolamento Europeo 203/2012: ecco il protocollo dei vini “liberi e bio”

Il mercato dei vini naturali, biologici e biodinamici è in crescita e l’Italia è sempre più protagonista di questo trend. I vigneti biologici sono in aumento, gli ultimi dati parlano di circa l’11% della superficie vitata coltivata secondo queste metodologie con picchi fino al 25% in Sicilia. L’interesse dei consumatori è altrettanto alto in materia: la riprova sono i numerosi eventi a tema vini naturali da nord a sud che attirano sempre più visitatori. ”Tutte queste iniziative dimostrano che è stato finalmente accertato il valore del vino naturale, che non è solo una moda: è maturata in produttori e consumatori una nuova consapevolezza”, spiega Tiziana Gallo che distribuisce vini naturali e organizza ogni anno le rassegne Vignaioli naturali a Roma e Vignaioli delle Langhe.

Ma cosa prevede la disciplina dei vini bio? Al momento esiste un regolamento Europeo, il 203/2012. Per poter essere riconosciuti e certificati come Bio i produttori devono seguire un disciplinare in vigna ed in cantina che prevede sostanzialmente una serie di restrizioni in termini di pratiche enologiche e coadiuvanti. Le uve devono essere coltivate senza concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi e pesticidi in genere e soprattutto senza impiego di ogm, in cantina la vinificazione deve essere eseguita con l’utilizzo di prodotti e modalità autorizzate e con limitazione dei contenuti di solfiti.

Vini liberi e bio: cosa sono?

Ispirandosi alla francese organizzazione Association des vin naturel, qualche giorno fa circa 40 produttori provenienti da differenti regioni hanno sottoscritto una lettera di intenti, un protocollo anche per difendersi dai produttori Bio a livello industriale che rischiano, in nome del business di accettare qualsiasi compromesso che si discosterebbe dalla loro visione e dalla loro etica. Secondo i vignaioli naturali, oggi sempre più associati e consociati, il vino è una risorsa alimentare corroborante e salutare come è stata conosciuta nei secoli e non prodotto costruito ad hoc, alterato e corretto sistematicamente in virtù delle regole di mercato.

L’agricoltura deve essere biologica o biodinamica e anche autocertificata: sono disponibili a qualsiasi tipo di analisi che accerti i contenuti di fitofarmaci e solforosa. Le fermentazioni devono essere spontanee senza aggiunte di lieviti e batteri, senza aggiunta di coadiuvanti in nessuna fase di vinificazione, maturazione e affinamento e senza ulteriori trattamenti invasivi come osmosi inverse, pastorizzazioni, criovinificazioni. Questo in sintesi il contenuto del protocollo. Il Bio libero: è stato Oscar Farinetti a coniare questa espressione. Il prodotto deve essere autodisciplinato dai produttori stessi, liberi dalle normative europee e soprattutto dei costi per sostenere gli enti certificatori.

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Cocktail, è il Negroni quello preferito dagli italiani. E al Dreamplanet Award Cocktail Team Toscana 2016 trionfa Giacomo Ferrari

Tra i circa cinquanta cocktail riconosciuti a livello internazionale, quello che gli italiani preferiscono, secondo la Federazione italiana Barman , è il Negroni. Il cocktail a base di Gin, Campari e Vermouth rosso è infatti quello più ordinato, soprattutto all’ora dell’aperitivo. Un orgoglio particolare visto che il Negroni è nato in Italia, a Firenze per la precisione, negli anni Venti del XX Secolo presso il Caffè Casoni, grazie alla fantasia del conte Camillo Negroni il quale decise di sostituire al Seltz del suo amato Americano (altro tra i preferiti) del Gin per riassaporare il ricordo dei suoi viaggi londinesi.

A distanza di quasi un secolo il Negroni resta una degli aperitivi più amati. Tra quelli di nuova generazione invece da segnalare i vari Sour, apprezzati soprattutto in discoteca dai più giovani, ma anche Long Island, Moscow Mule e il Cosmopolitan. La categoria conta 149.885 strutture in attività per un volume di affari complessivo di oltre 18 miliardi di euro. Ed è un lavoro ‘al femminile’ (60%) visto che 6 addetti su 10 sono donne, per un totale di 360mila addetti. In media si pagano 0,94 euro per un caffè, 1,27 per un cappuccino, 3 euro per un panino. Sono Valle d’Aosta, Sardegna e Liguria le regioni con la maggiore concentrazione di bar, mentre la Sicilia è fanalino di coda.

Nel corso degli anni la presenza degli stranieri è cresciuta significativamente, sia tra gli imprenditori che tra i lavoratori dipendenti, con 45.950 addetti di nazionalità straniera e una percentuale sul totale del 21,5%. Ben il 17,1% del totale dei bar si concentra in Lombardia con oltre 25mila esercizi, 15.187 sono i bar del Lazio (10,2% del totale) e 13.859 in Campania (9,3% del totale). Il primo gradino del podio per concentrazione di bar spetta alla Valle d’Aosta, che risulta l’unica regione con un saldo positivo tra aperture e chiusure (515 bar sul territorio con un indice di densità per mille abitanti del 4%). Seguono Sardegna (5.056 esercizi con un indice di densità del 3,1%) e Liguria (5.601 bar con un indice di densità del 3,5%). Fanalino di coda la Sicilia , con 8.153 bar e un indice di densità che si attesta solamente all’1,6.

BARMAN, ECCO LE NUOVE “LEVE”

 

E con il suo Gin Fusion è Giacomo Ferrari (nella foto), 22 anni di Viareggio, il vincitore del “Dreamplanet Award Cocktail Team Toscana 2016”. Dodici i partecipanti alla competizione, andata in scena proprio ieri a Carrara Fiere durante la “Tirreno CT” per scegliere il migliore barman della Toscana da far entrare nella rappresentativa regionale. E’ quindi Ferrari, proveniente dai corsi FIB della provincia di Lucca il primo componente del “Cocktail Team Toscana” che rappresenterà la toscana alle finali 2016 del Cocktail & Apetizer Show che si svolgerà ad ottobre. Tante novità nei cocktail ma ha spiccare è stato proprio Gin Fusion perché è il risultato di una infusione a freddo di alcune erbe aromatiche insieme al distillato di base e poi filtrato e successivamente miscelato.

A comporre la giuria: Maria Teresa Poli dell’Academy Toscana e Enrico Rovella Presidente Academy Piemonte. Anche per la 36esima edizione di Tirreno C.T. la Federazione italiana barman, la Fib , ha scelto questa fiera per lanciare i propri master professionali pensati per la formazione dei più giovani. “Fondamentale per creare un professionista che possa soddisfare le esigenze del cliente di oggi – spiega Mario Caterino, responsabile eventi della Federazione italiana Barman – formazione che non deve essere solo di tipo tecnico e pratico, ma anche di educazione nei confronti di chi ordina il cocktail”. Tre sono gli ingredienti che deve usare un barman per arrivare al successo: onestà, simpatia e buongusto. Lo dice la stessa Fib presentando i corsi. “Sono sempre di più i giovani interessati a questo mestiere – conclude Caterino – serve però passione e devozione per poterlo fare con professionalità e cura”.

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Unione italiana vini a Poderi del Nespoli, Zonin: “La qualità non basta più per competere”

“Dobbiamo fare più sistema con tutti i soggetti del territorio: aziende, ristoranti, enoteche, sommelier, distribuzione organizzata, per condividere e promuovere un processo culturale univoco che premi sia il mondo del vino sia i consumatori. Il consumo di vino al ristorante nei prossimi due anni è stimato possa crescere di oltre 8% con una predilezione verso i vini locali o regionali (94,5% degli intervistati), a suffragare il concetto dell’importanza del territorio, e con una forte tendenza a consumare vini al bicchiere (94% degli intervistati), indice del fatto che la modalità di consumo è cambiata e che dobbiamo muoverci per trovare le formule opportune per essere al passo col tempo. La cultura della qualità e del territorio, anche per la distribuzione moderna, saranno il focus su cui concentrare gli sforzi nei prossimi anni”.

Con queste parole Domenico Zonin, Presidente Unione Italiana Vini, ha chiuso oggi i lavori della Tavola Rotonda dal titolo “Mercato interno del vino: quali le prospettive del 2016?”, organizzata presso Poderi dal Nespoli (Nespoli, FC) da Unione Italiana Vini, in collaborazione con Foragri, con l’obiettivo di fornire una panoramica complessiva sullo status e sulle prospettive del comparto vitivinicolo per il 2016, dialogando con le istituzioni e con i più autorevoli esponenti del mondo vitivinicolo nazionale, i rappresentanti della Gdo, della ristorazione, delle enoteche, con il supporto dei dati forniti dall’Osservatorio del Vino.

“La reputazione dei nostri prodotti – precisa Simona Caselli, assessore Agricoltura Regione Emilia Romagna – si fa qui, sul territorio. Sono la qualità prodotto, il luogo di produzione, la relazione con la gente, che ti fanno riconoscere. La nostra gastronomia sta ottenendo risultati straordinari, costruendo attenzione sui nostri prodotti e trainando il turismo. Però dovrà sempre più essere unita al mondo del vino, dovranno viaggiare insieme per portare soddisfazione maggiore per tutti. Il lavoro sulla qualità va spiegato e serve attenzione complessiva affinché non diventi fuori portata per i consumatori. Serve equilibrio e la ristorazione in questo è molto importante. Di deve ragionare, in sintesi, in termini di sistema”.

“LA QUALITA’ NON BASTA PER COMPETERE”
“La cosa certa, almeno così i dati di Fipe ci dicono – spiega Zonin – è che dobbiamo insistere sul tema della cultura perché, se ben l’85% dei consumatori intervistati ritiene di non conoscere il vino, significa che da qui dobbiamo partire per promuoverlo attraverso un marketing della conoscenza, per il quale siamo disposti ad investire”. “La qualità non basta più per essere competitivi – conclude il presidente Zonin – ma deve essere supportata da un processo di crescita culturale da parte sia delle aziende sia del consumatore. Il territorio e la tradizione sono fattori prioritari per raccontare il nostro vino e sempre più dobbiamo imparare ad insistervi per far capire la complessità e l’unicità che siamo capaci di esprimere attraverso i nostri prodotti. Aiuteremo così anche il consumatore a recepire il vino non come semplice bevanda ma come il prodotto finale di un sistema responsabile, appassionato e ricco di professionalità. Questo farà la differenza per crescere in primis sul mercato interno e poi sul mercato estero, grazie a una migliorata percezione che deriverà proprio da questa nuova cultura”.

PODERI DEL NESPOLI

L’importante conferenza si è tenuta ieri proprio a Poderi del Nespoli, cantina romagnola che dal 1929 produce vino di qualità, tra l’alto già finito anche sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it: qui le nostre recensioni del Rosso Poderi del Nespoli e del Bianco Poderi del Nespoli, in vendita sugli scaffali della grande distribuzione organizzata. Una realtà di riferimento nel panorama enologico della Romagna, grazie all’impegno della famiglia Ravaioli, che piantò i filari del primo podere acquistato nel borgo di Nespoli, a cui negli anni si è affiancata la concezione imprenditoriale della famiglia Martini, che ha saputo guardare lontano e portare il nome di Poderi dal Nespoli e della Romagna nel mondo. Oggi, infatti, Poderi dal Nespoli unisce la storia e la tradizione con le tecnologie all’avanguardia, il rispetto per l’ambiente con la promozione dell’enoturismo come efficace modo di avvicinare il pubblico al vino. Sistemi di produzione moderna, sperimentazioni e ricerca, infatti, si accompagnano a un modello di imprenditorialità basato sull’esperienza diretta da parte del consumatore, che qui può scoprire e conoscere l’intera filiera produttiva, dal vigneto alla cantina, dall’imbottigliamento alla commercializzazione, fino al calice.

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Live Wine 2016, il vino artigianale al Palazzo del Ghiaccio di Milano

Si preannuncia spumeggiante la prossima edizione di Live Wine, al Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi 14, a Milano. L’appuntamento è un must per gli amanti del buon vino: in degustazione i prodotti di 140 cantine italiane e internazionali, attentamente selezionate da Ais Lombardia e da “Vini di Vignaioli” Fornovo, realtà che ha come scopo “la tutela dei vini sani, che esprimono il loro territorio e la loro annata”. Vini “vivi e digeribili”, dunque, la cui produzione “non è soggetta alla moda del momento ma solo alla natura”. Si aprono le danze sabato 5 marzo, dalle 14 fino alle 20. Domenica 6 marzo l’appuntamento è dalle 12 alle 20, con area dedicata appositamente ai bambini. Lunedì 7 marzo, invece, porte aperte dalle 10 alle 17. Sono molte le attività collaterali che caratterizzeranno l’edizione 2016 di Live Wine.

Previste quattro degustazioni uniche: “Loira: il territorio, i vignaioli, i vini” e “Jura: il territorio, i vignaioli, i vini”, con intervista e degustazione assieme a François Morel; “Laguna nel bicchiere”, alla scoperta dei rarissimi vini di Venezia; e infine “Champagne: Blanc de…quoi?”, un percorso alla cieca nel cuore della Francia.

Inoltre l’imperdibile occasione di conoscere le leggendarie birre Lambic del birrificio belga Cantillon, in un percorso curato dall’esperto Patrick Böttcher. Tra gli eventi del ‘fuori salone’ Live Wine Night segnaliamo il party dedicato al “buon bere” e alla musica dal vivo, organizzato con la collaborazione del ristorante Un Posto a Milano a Cascina Cuccagna, sabato 5 marzo, dalle 20.30 in via Cuccagna 2. Durante il salone sarà possibile acquistare i vini direttamente dagli espositori e degustare anche cibo artigianale di qualità. L’ingresso al pubblico costa 16 euro, che diventano 13 per i soci Ais. Per gli operatori Horeca 10 euro, previa iscrizione al link: http://www.livewine.it/it/operatori/.

LA DEGUSTAZIONE
I vini in degustazione avranno caratteristiche ben precise, legate alle tecniche di produzione dei vignaioli che aderiscono all’evento. Invalicabile, per esempio, il limite di 50 mg/l di solforosa totale per i vini rossi (la legge ne permette fino a 150 mg/l). Limite di 70 mg/l di solforosa totale per i vini bianchi e rosati (la legge ne permette fino a 200 mg/l). Limite di 100 mg/l di solforosa totale per i vini dolci (i limiti di legge vanno dai 200 ai 300 mg/l a seconda delle tipologie). Vini, inoltre, che presenteranno una varietà di colori differente da quelle canoniche, capaci di discostarsi dal classico “giallo paglierino” o dal “rosso granato”, ottenuti dalla vinificazione di vitigni autoctoni.

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Coldiretti, dietrofront dell’Europa: il vino Doc italiano è salvo

La Commissione europea fa dietrofront sulla proposta di liberalizzazione dei nomi dei vitigni fuori dai luoghi di produzione. Una decisione che scongiura una vera e propria sciagura per il vino italiano. Valgono infatti almeno 3 miliardi i vini Made in Italy identificati da denominazioni che rischiavano di essere di essere scippate all’Italia, se fosse stato consentito anche ai vini stranieri di riportare in etichetta nomi quali Aglianico, Barbera, Brachetto, Cortese, Fiano, Lambrusco, Greco, Nebbiolo, Picolit, Primitivo, Rossese, Sangiovese, Teroldego, Verdicchio, Negroamaro,  Falanghina, Vermentino o Vernaccia, solo per fare alcuni esempi.

A dare l’annuncio del passo indietro della Commissione europea è la Coldiretti, che esprime evidente apprezzamento. “Il rischio – commenta il presidente Roberto Moncalvo, presidente dell’organizzazione – era quello di una pericolosa banalizzazione di alcune tra le più note denominazioni nazionali, che si sono affermate sui mercati nazionale ed estero grazie al lavoro dei vitivinicoltori italiani.

Il futuro dell’agricoltura italiana ed Europea dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali che sono state la chiave del successo nel settore del vino dove hanno trovato la massima esaltazione”. La notizia della possibile ‘estensione’ delle denominazioni era rimbalzata sul finire di gennaio dalla Commissione europea, scatenando le polemiche dell’intero comparto del vino Made in Italy.

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Torino, delude “In vino veritas”: più food che wine. Bollicine calde, Brunello esaurito

C’eravamo anche noi alla manifestazione “In vino veritas”, andata in scena a Torino lo scorso weekend. Arriviamo a metà pomeriggio, l’ambiente è molto grande e c’è poca gente.

La prima cosa che notiamo è che effettivamente, come lamentano in molti commentando sul web le edizioni precedenti, il vino ha poco spazio, a dispetto della parte food truck che occupa quasi la totalità dell’area.

Alla cassa è possibile acquistare una “promo” di 6 ticket, che comprende calice e borsina per soli 10 euro, oppure singoli ticket a due euro con il vino servito in bicchieri di plastica.

Notiamo curiosamente molti avventori muniti di bicchiere in plastica, con le narici affondate all’interno, alla ricerca di chissà quale profumo: divertente risvolto, che forse la dice già lunga sul target della manifestazione torinese.

Più in là un bel tabellone in stile “Sagra di paese”, con l’elenco dei vini e il loro codice: sembrano 95, ma in realtà alcuni numeri non esistono. Probabilmente il foglio è un filtro maldestro dell’elenco totale dei vini gestiti dagli organizzatori, che variano a seconda della città ospitante.

I CONTI CHE NON TORNANO

Morale: i vini serviti sono 64, la metà di quelli indicati e pubblicizzati, non ultimo sulla pagina Facebook dell’evento. Le cantine sono solo 33 e non 45, le regioni rappresentate 13, più la Francia. Tra le regioni la padrona, giustamente, è il Piemonte con 19 etichette, seguita da Lombardia e Trentino con 8 etichette, 5 per la Toscana, 4 per il Veneto, 3 per Friuli, Marche, Campania e Sicilia, 2 etichette della Sardegna, Francia e Valle d’Aosta.

Un solo rappresentante per Emilia Romagna e Puglia. Chiediamo un po’ in giro alle persone cosa stanno bevendo. Una coppia ha scelto il Cannonau Sella & Mosca: sono piemontesi e le cantine presenti non sono le migliori per loro, per questo – dicono – si sono “buttati sul sicuro”. E come dargli torto? Incrociamo qualche Syrah.

Tanti Dolcetto e Nebbiolo. I rossi piemontesi vanno per la maggiore tra i nostri intervistati. Ci muniamo di ticket e andiamo a saggiare le doti dei sommelier. I vini in fila come soldatini, con il loro numerino sembrano un misto tra premi della pesca di beneficienza e bersagli da gioco delle giostre. Ma siamo qui per degustare.

Quattro ticket per provare una bollicina: scegliamo un metodo classico Pinot Nero Monsupello. Tragedia. Il vino è aperto da chissà quanto, caldo. E per il perlage bisogna rivolgersi a “Chi l’ha visto”. Insomma, tanto per cambiare l’Oltrepò Pavese massacrato, senza colpa (stavolta). Chiediamo al giovane dietro al bancone cosa va per la maggiore, tra le bollicine.

Ci risponde che Prosecco di Valdobbiadene e Chardonnay del Piemonte vanno alla grande, costano entrambi due ticket. A Milano, ci dice, “il Franciacorta era molto richiesto, qui non lo vuole nessuno, anche i rosè non vanno, ma nemmeno a Milano”. Aggiungiamo noi, a posteriori, che probabilmente non vuole nessuno nemmeno il Pinot dell’Oltrepò a giudicare dal suo stato decrepito. Ci buttiamo sui rossi.

DEGUSTAZIONI SHOCK

Quattro ticket per un Amarone “novello” del 2012 appena presentato: davvero uno spreco. Altri 4 ticket per un Taurasi che avrebbe avuto qualcosa da dire, servito meglio. Tre ticket per un rosso di Montepulciano senza infamia e senza lode.

Non ci siamo, nessun vino è servito a temperatura, nessun aroma, sensazioni tattili completamente stravolte. Chiediamo anche qui che aria tiri tra i rossi. Il Brunello è finito, era tra i più richiesti dopo i piemontesi. Mediamente vanno a ruba i vini serviti in cambio di due ticket. Effettivamente, usufruendo della “promo” era possibile bere tre calici con sei ticket e le proposte “economiche” sono la metà.

Continuiamo con le interviste, qualche anziano sta degustando un Sangue di Giuda, qualcuno una Malvasia. Ci dicono che nel pomeriggio preferiscono questo tipo di prodotto. Due ragazzi hanno provato il Pinot Nero, ma ne sono rimasti “un po’ delusi”.

Aggiungono che “nei paraggi ci sono eventi migliori dedicati al vino, ci invitano anzi provare una birra artigianale che merita”. Decidiamo di accettare l’invito, anche perché, forse, una birra ghiacciata è quello che ci vuole con lo street food che la fa da padrone, nel piatto. Si è fatto tardi, ci sediamo con la nostra birra e il nostro hamburger di cinta senese. Di fianco a noi una coppia non giovanissima, con due birre medie. “Niente vino?”, chiediamo loro. “No no”. Sono sommelier Ais.

“Nessun vino merita – ci dicono – siamo qui giusto per passare qualche ora diversa”. “Si salvano giusto due o tre vini – aggiungono – che non prendiamo perché li conosciamo già”. Non servono altre conferme. Effettivamente il vino sembra più uno specchietto per le allodole, ben presente nel nome stesso della manifestazione. Nessun produttore presente, poche informazioni. La festa è gradevole, i prezzi un po’ cari, ma in linea con eventi del genere. Diciamocelo, insomma: le degustazioni del vino sono tutt’altro.

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Presa Diretta, La Fabbrica del vino: lo “splatter movie” Rai dipinge le vigne come industrie chimiche

Tra tutte le raccomandazioni possibili, forse è mancata proprio la più indispensabile: bevete con moderazione, soprattutto se poi dovete guidare. Il ritratto tratteggiato ieri sera su Rai 3 da Presa diretta, con l’inchiesta titolata “La fabbrica del vino”, sfiora la vena trash quando un padre di famiglia, intervistato dall’inviata di Viale Mazzini, dichiara di preferire che i figli giochino nell’area industriale del paese di residenza, piuttosto che a pochi metri dalle vigne che circondano la loro abitazione. Splatter movie made in Valdobbiadene, in pieno stile Quentin Tarantino. Pare che qui, “vere e proprie nuvole di pesticidi” invadano l’aria “quattro mesi l’anno”, prima della vendemmia. Scatenando il panico tra i residenti della zona, cui non è dato sapere esattamente cosa volteggi (loro malgrado) nell’aria che respirano, oltre l’ossigeno. I produttori di vino li chiamano “fitofarmaci”, non “pesticidi”. E confermano il totale rispetto delle normative di legge vigenti in materia. L’inviata Rai intervista anche un tossicologo dell’Istituto superiore di Sanità, che dal suo laboratorio conferma la pericolosità dei composti chimici utilizzati per diserbare le vigne venete. Per ammetere poi, tuttavia, che gli “studi riguardano solo certi tipi di sostanze, di cui si conosce già bene la problematicità sul sistema nervoso e su quello riproduttivo”. Dati che “sono pochi e derivanti da ricerche indipendenti”. Nulla di ufficiale, dunque? Allarmismo allo stato puro, allora, quello sollevato dal servizio Rai?

A CHI GIOVA?
Certamente non è un’immagine positiva quella che ne deriva del mondo del vino. Piccoli produttori strozzati dalle logiche dei grandi gruppi vitivinicoli, gettati tout court in un calderone che non fa bene né al servizio pubblico né al consumatore meno esperto del nettare di Bacco. Che, dal servizio Rai, rischia certamente di trarre conclusioni fuorvianti. Ovvero che, banalmente, il “vino si fabbrica”, non si produce. Che le grandi industrie acquistano (persino su Internet, male dei mali!) sostanze coloranti, profumanti, aromatizzanti, e chi più ne ha più ne metta, consegnando ai supermercati prodotti di scarso valore, “che contengono più di sessanta ingredienti, peraltro senza l’obbligo di precisare in etichetta quali siano esattamente”. Tutte cose vere, per carità. Ma con i giusti distinguo e, forse, andando a bussare alle porte dei Ministeri o dei Ministri, piuttosto che a quelle dei Consorzi vitivinicoli come quelli del Prosecco, del Brunello o del Pinot grigio dell’Oltrepò Pavese, Presa Diretta avrebbe certamente offerto – a nostro modesto avviso – un servizio migliore ai telespettatori. Giusto per non fare di tutto il mosto, un mostro.

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”In vino veritas” debutta a Torino, weekend all’insegna del vino

Al via da stasera 19 Febbraio fino alla mezzanotte di Domenica 21, presso l’area MRF Mirafiori di Corso Settembrini a Torino la manifestazione ”In Vino Veritas”.
Tre giorni all’insegna di vino, cibo e spettacolo faranno rivivere una delle area post industriali più grandi della città. Circa 40 aziende vinicole italiane per un totale di 120 etichette e 30 truck food per soddisfare qualsiasi voglia di dolce o salato: goloserie da nord a sud, dall’arancino al bretzel.

L’ingresso è gratuito, le degustazioni a pagamento con l’acquisto dei ticket. Squadre di sommelier guideranno gli eno appassionati tra vini di eccellenza italiana. Tra gli altri sarà possibile gustare i pregiati rossi piemontesi di Ca’ del Baio, Ceretto, Gianni Doglia, Pira Luigi e Rivetto, i rosè del Trentino di Kossler e Merotto, le bollicine lombarde di Betella e Monsupello e i bianchi del Veneto rappresentati da Ca’ Rugate. Inoltre sarà  possibile partecipare a corsi di degustazioni guidati dal sommelier Renato Stella. (Foto La Stampa)

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Barolo e Barbaresco conquistano Milano. A Claudio Sadler e Vittoria Della Cia i premi Go Wine

Evento record a Milano per l’associazione piemontese Go Wine. Ben 580 persone hanno partecipato ieri pomeriggio all’evento dedicato al Barolo e al Barbaresco, diventato ormai un punto di riferimento fisso a febbraio per il pubblico milanese. Una straordinaria attenzione del popolo meneghino nei confronti dei grandi Nebbioli di Langa, ma anche del Roero. Nel corso dell’evento, Go Wine ha assegnato uno speciale riconoscimento agli Amici dei Grandi Rossi di Langa e Roero. Nella quarta edizione del premio la scelta è stata riservata alla grande ristorazione e alla comunicazione. Il premio alla ristorazione è stato assegnato a Claudio Sadler, figura di assoluto riferimento della ristorazione di Milano (è anche il presidente dell’Associazione Le Soste dal 2012).

Il premio alla comunicazione è strato assegnato alla Rivista La Cucina Italiana, con in sala la direttrice Vittoria Dalla Cia, che ha portato con sé una copia anastatica del primo numero della Rivista uscito il 15 dicembre 1929. Se la direttrice Dalla Cia ha evidenziato “l’attenzione della sua rivista a comunicare con sempre più attenzione il vino e guardare ai tanti curiosi che a questo mondo si affacciano fra gusti e abbinamenti con i piatti”.

Sadler, sullo slancio degli ultimi mesi di Expo ha auspicato “un anno di successi per i grandi Rossi di Langa e Roero, vini che non tradiscono mai il consumatore che hanno nella ricerca costante della qualità uno dei segreti del loro piacere della loro affidabilità”.

Grande soddisfazione per l’associazione Go Wine con un ringraziamento ai molti produttori “per aver condiviso lo spirito della serata e al grande pubblico di Milano che rappresenta uno dei punti di forza dello sviluppo dell’associazione in Italia”.

IL BANCO D’ASSAGGIO

Un evento, quello che interessa i grandi vini Barolo e Barbaresco, che Go Wine propone da oltre 10 anni nel capoluogo lombardo. Milano da sempre è una piazza di riferimento per i grandi rossi di Langa e rappresenta uno delle aree su cui testare il mercato italiano all’inizio del nuovo anno.

Oltre 40 aziende presenti, a rispecchiare il mix che caratterizza l’enologia di Langa e Roero: aziende storiche, vigneron pluripremiati, realtà che si stanno gradualmente consolidando.

E’ stata l’occasione per la prima uscita ufficiale della nuova annata del Barolo 2012, con molte etichette presentate. Stili e interpretazioni si sono confrontate in sala e la degustazione comparata ha nuovamente esaltato una percezione di gioco di squadra in cui alla base vi è la valorizzazione del nebbiolo, con i suoi profumi, la finezza, ma anche forza e struttura.

Molte aziende hanno presentato riserve o annate anteriori. In qualche desk si è potuta addirittura confrontare una mini verticale su un singolo cru. Insomma, una degustazione di grande qualità che ha pienamente confermato le attese.

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Wine e Food, l’Italia si conferma superpotenza Doc nel mondo

Una quantità certificata pari a 1,47 milioni di tonnellate di prodotti Food e 23 milioni di ettolitri per il comparto Wine. Con una produzione complessiva Food e Wine che raggiunge i 13,4 miliardi di euro, con una crescita del 4% su base annua e un peso del 10% sul fatturato totale dell’industria agroalimentare.

Questi i principali dati del tredicesimo rapporto Ismea – Qualivita sulle produzioni italiane agroalimentare e vitivinicole Dop, Igp e Stg (Specialità tradizionale garantita), presentato a Roma, presso l’Hotel Quirinale, alla presenza dei Presidenti delle Commissioni Agricole di Camera e Senato Luca Sani e Roberto Formigoni, del Ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dell’europarlamentare Paolo De Castro.

Il valore delle esportazioni è di 7,1 miliardi di euro, con un incremento di oltre l’8% su base annua, per un peso del 21% sul totale dell’export agroalimentare italiano (anno produzione 2014). L’Italia rimane leader mondiale per numero certificazioni, con 805 prodotti iscritti nel registro Ue, di cui 282 Food e 523 Wine (dati al 10.02.2016). Un sistema che garantisce qualità, sicurezza e trasparenza anche attraverso i 219 Consorzi di tutela riconosciuti dal Ministero, 124 per i prodotti agroalimentari certificati e 95 per i vini Dop e Igp.

NUOVE REGISTRAZIONI ITALIA – EUROPA
Oltre a detenere il primato per numero di nuove registrazioni nel corso del 2015 con 9 prodotti, l’Italia si conferma il Paese con maggior numero di prodotti Dop, Igp, Stg al mondo: al 10 febbraio 2016 si contano nel nostro Paese 805 pro­dotti certificati, 282 Food e 523 Wine, suddivisi in 569 Dop, 234 Igp e 2 Stg. Dietro di noi seguono Francia (658), Spa­gna (318), Grecia (250) e Portogallo (173).

Approfondendo l’analisi a livello territoriale, le regioni con maggior numero di certificazioni sono il Veneto e la Toscana con 90 prodotti, il Piemonte con 81, la Lombardia con 77 e l’Emilia Romagna con 73. Continua a crescere anche il numero delle Indicazioni Geografiche nel mondo: nel corso del 2015 sono stati registrati 62 nuovi prodotti, di cui due Extra Europei, segnando un incremento per il comparto Food del 4,9% rispetto al 2014.

Sul podio per maggior numero di prodotti registrati, si trova l’Italia al primo posto (+ 9 Ig), seguita dalla “new entry” Croazia (+ 8 Ig) e dal Portogallo (+ 8 Ig). A questi dati si aggiungono le nuove registrazioni dal 1 gennaio al 10 febbraio 2016: una Dop e 7 Igp, per un totale di 1.319 IG Food nel mondo (1.300 Ue + 19 Extra Ue), che si affiancano alle 1.579 denominazioni Wine.

IMPATTO ECONOMICO TERRITORIALE

L’analisi della distribuzione dei prodotti Dop Igp sul territorio nazionale offre un’informazione preziosa: non esiste un solo comune italiano “senza prodotti certificati”. Per il comparto Food, la provincia di Parma risulta il distretto con il maggior ritorno in termini economici, grazie al discreto nu­mero di filiere Dop Igp (12) che insistono nei comuni del territorio, ma soprattutto all’entità del valore economico ad esse collegato (basti pensare a prodotti come il Parmigiano Reggiano Dop e Prosciutto di Parma Dop).

Per il comparto Wine la stessa operazione restituisce un’Italia con “gradazioni di impatto” diverse sui territori: la provincia con mag­gior ritorno economico è quella di Verona, in cui si contano 24 denominazioni Dop Igp, con la presenza di prodotti dal grande peso in valore (su tutte il Prosecco Dop e il Conegliano Valdobbiadene-Prosecco Dop). Sempre secondo al rapporto Ismea-Qualivita, la produzione di vini di qualità in Italia è strutturalmente in crescita. Nel 2014 hanno ottenuto la certificazione Dop 13,4 milioni di ettolitri (+7% su base annua). Una lieve battuta d’arresto si è avuta nel comparto delle Igp, attestate a 9,5 milioni di ettolitri di cui quasi 1 milione è stato esportato all’estero sfuso.

La quantità certificata complessiva di quasi 23 milioni di ettolitri, vale 7 miliardi di euro alla produzione, per un +5% su base annua. Le esportazioni di vino DOP IGP hanno raggiunto un valore complessivo di 4,3 miliardi di euro (+4%): negli ultimi cinque anni il valore all’export (nella tabella sopra) ha avuto incrementi complessivi di oltre il +30% sia nel segmento delle DOP che delle IGP.

Circa 30 i milioni di euro investiti in comunicazione, secondo quanto dichiarato dai Consorzi di tutela rispondenti all’indagine, destinati soprattutto a pubblicità in televisione (52%), partecipazione a fiere (11%) e carta stampata (11%). I Consorzi dei Formaggi sono quelli che investono di più in comunicazione.

Risorse a parte, l’attività di promozione più presidiata dai Consorzi è la partecipazione a fiere (70% a eventi nazionali, 30% a eventi internazionali). Circa 4 Consorzi su 10 utilizzano Social Network (38%), in oltre la metà dei casi ricorrendo a più di un canale, con Facebook che si conferma lo strumento nettamente più diffuso.

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Bere sul posto di lavoro aumenta la produttività. Parola del Ceo della Napa Valley. E’ la “feet and wine” revolution

Divieto di bere alcolici durante l’orario di lavoro e rigoroso dress code sono alcune delle regole vigenti in diverse aziende italiane ed internazionali. Ci ha incuriosito, dunque, la notizia diffusa dal Ceo della società Fantasy, in Napa Valley, California.

Da buon appassionato di vini rossi, ha deciso di mettere a disposizione dei dipendenti dell’azienda un angolo “wine bar”, tra le mura stesse del posto di lavoro. I dipendenti sono liberi di aprire qualsiasi cosa durante la giornata, bollicine incluse. Possono degustare un calice di vino, ma anche portarsi a casa un bottiglia, per “fare serata” in famiglia, o con gli amici.

Notizia davvero sorprendente, considerato il proibizionismo a stelle e strisce in materia di alcolici. Ma non poteva mancare la vena “trash“, in pieno stile americano. Oltre al vino, i dipendenti e i clienti sono liberi di togliersi le scarpe e girare scalzi per l’azienda, per “sentirsi a proprio agio”. Un po’ come a casa. Una sorta di “feet & wine”, che forse sarà preso in considerazione anche in altre parti del mondo. Chi vuole cominciare, in Italia? Fatecelo sapere. Anche perché la decisione del Ceo, seppur rivoluzionaria, affonda le radici in una ricerca scientifica. E’ stato infatti provato “l’aumento dell’efficienza dei dipendenti legato ad un piccolo consumo di alcol durante l’orario di lavoro”. Prosit!

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Analisi e Tendenze Vino

Leggi sulla viticoltura: presentato il Codice della Vite e del Vino 2016

La nuova normativa dell’Unione europea sul sistema autorizzativo degli impianti vitati, oltre a quella italiana, che sarà pienamente operativa dal 1° gennaio 2016; il decreto legislativo numero 61 dell’8 aprile 2010, relativo alla tutela delle Denominazioni di origine e Indicazione geografica; nonché tutti i decreti applicativi collegati, che completano il quadro delle norme nazionali sulle denominazioni di origine dei vini italiani.

Sono solo alcune delle preziose informazioni che si potranno consultare sulla nuova edizione del “Codice della Vite e del Vino”, una sorta di “opera omnia” in cui è stato rielaborato e aggiornato l’intero panorama normativo comunitario collegato all’Ocm vino, ovvero la regolamentazione unica dell’Unione Europea per il settore vitivinicolo, sia in termini di produzione che per i contributi a fondo perduto assegnati alle aziende del settore. Si tratta dunque di uno strumento utile per i produttori, di facile consultazione, che consente di restare aggiornati sulla normativa vitivinicola e muoversi con sicurezza nelle scelte aziendali.

La guida è stata presentata oggi da Domenico Zonin, presidente di Unione Italiana Vini, la principale organizzazione di settore del comparto, espressione della rappresentanza nazionale e unitaria di tutti i soggetti imprenditoriali e professionali della filiera vitivinicola, che assieme rappresentano oltre il 50% del fatturato nazionale nel settore del commercio vinicolo e l’85% dell’export.

“Il Codice della Vite e del Vino 2016 – spiega Zonin – è il frutto del notevole sforzo editoriale del Servizio giuridico normativo dell’Unione Italiana Vini, per raccogliere tutta la normativa dell’unione europea e nazionale italiana, comprese anche le circolari inedite e poco conosciute che, spesso, forniscono utili elementi interpretativi. Un volume – aggiunge Domenico Zonin, nella foto – che si propone quale innovativo servizio di consultazione e aggiornamento legislativo che può contare su continui aggiornamenti on line sul sito Uiv sul supporto di una newsletter che informa tempestivamente l’operatore professionale della pubblicazione di nuovi provvedimenti Ue e nazionali. Uno strumento moderno che si aggiunge all’Osservatorio del vino per fornire un quadro completo sotto tutti i punti di vista a chi opera in questo settore, quindi sotto i profili: tecnico, legislativo, economico”.

Accanto alla legislazione Ue e alle norme che da esse discendono direttamente, esistono anche disposizioni nazionali che disciplinano l’attività di produzione e commercializzazione delle bevande e che fanno parte anch’esse della realtà legislativa in cui si muovono gli operatori nella loro normale attività (legge 82/2006, accise, disciplina igienica degli alimenti, produzione con metodo biologico. codici doganali, preimballaggi, etc.).

DOVE ACQUISTARLO
“Con questa edizione del Codice – conclude Zonin – si inaugura una nuova stagione editoriale dell’Unione Italiana Vini che ha promosso una originale ‘collana’ di pubblicazioni dedicate alle tematiche di politica e normativa vitivinicola italiana ed europea. Un ambito culturale e tecnico in continua evoluzione che trova nell’Unione Italiana Vini un punto di riferimento ormai storico, forte di un’esperienza quarantennale, di editoria specializzata, che vedrà presto nuovi titoli arricchire la Collana dedicata a questi temi, al servizio del mondo vitivinicolo nazionale”.

Il volume può essere richiesto direttamente all’Unione Italiana Vini inviando una mail a: serviziogiuridico@uiv.it, oppure telefonando al numero: 06-44.23.58.18. Titolo: Codice della Vite e del Vino; Editore: Unione Italiana Vini – Confederazione Italiana della Vite e del Vino; Autore: Antonio Rossi; costo: 290,00 euro (Iva inclusa), comprensivo del volume cartaceo e della consultazione degli aggiornamenti on line.

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L’Amarone della Valpolicella sbarca a Bologna

A pochi giorni dalla presentazione dell’Amarone 2012 un nuovo appuntamento per conoscere e apprezzare questo grande vino della Valpolicella. La manifestazione, curata dal Consorzio di Tutela dei Vini di Valpolicella, Ais Emilia Romagna, Associazione Arte e Vino e You Wine ha lo scopo di far scoprire e approfondire le grandi emozioni che può regalare il “Re della Valpolicella” che a seconda della vinificazione, del terroir e dello stile delle diverse aziende colpisce tutti per la sua qualità unica. Unica data quella del 6 marzo, aperta sia agli operatori del settore che agli appassionati.

Dalle 10.30 alle 19 al Palazzo Albergati di Zola Predosa, Bologna, saranno presenti cantine con banchi di assaggio di vino e prodotti tipici. In programmazione, previa prenotazione, anche due interessanti laboratori con degustazione. Alle 15 sarà la presidentessa dell’Ais Annalisa Barison a proporre una degustazione a tema “le declinazioni dell’Amarone”, mentre alle 17,30 sarà il maestro sommelier Roberto Gardini a guidare gli appassionati tra “Esuberanza, sensualità, personalità dell’Amarone”.

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Christo in Franciacorta, fiumi di spumante in vista per The floating piers. Ma prima le polemiche

Christo divide la Franciacorta. Sarà aperta al pubblico il 18 giugno l’opera degli artisti statunitensi Christo Vladimirov Yavachev e Jeanne-Claude Denat de Guillebon, ma è già polemica nel bresciano. “The floating piers”, questo il nome dell’installazione, consisterà in una passerella galleggiante sul lago d’Iseo, che consentirà di passeggiare sull’acqua, sul tragitto che collega Sulzano a Peschiera Maraglio e Sensole all’isola di San Paolo. Un’occasione da non perdere per il Consorzio Franciacorta, che si strofina le mani in previsione dell’arrivo di migliaia di turisti, non solo dall’Italia. Ma c’è chi non vede di buon occhio l’opera d’arte del duo statunitense.

Piovono infatti le critiche sul profilo Facebook del Consorzio Franciacorta, che ha dato risalto alla notizia della prossima apertura dell’installazione. Perplessi soprattutto i residenti della zona, preoccupati per il “caos” che sarà causato dall’afflusso di migliaia di persone lungo le sponde del lago d’Iseo. C’è poi chi critica l’opera d’arte in sé, giudicandola una “mera trovata pubblicitaria”. Chi, invece, se la prende con la politica, per aver concesso le autorizzazioni.

I costi di “The floating piers” saranno comunque sostenuti dallo stesso artista e dagli sponsor. “Una installazione che non fa danni, non è permanente, non costa, porta tantissima gente: perché c’è sempre qualche fenomeno che deve criticare tutto a prescindere?”, si chiede un altro residente della zona, evidentemente a favore di Christo. Resta il fatto che per il Consorzio Franciacorta, questa sarà un’ottima occasione per mettere in mostra le tanto rinomate bollicine.

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“Parchi eolici fuorilegge”, la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti scrive al ministro Martina

La nascita dei parchi eolici non rispetta l’iter previsto dalla legge. E’ la denuncia della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi), che osserva come “negli ultimi anni in varie regioni d’Italia decine di vignaioli e di agricoltori in genere si sono trovati davanti a una notifica di esproprio senza essere stati in alcun modo avvisati e tanto meno interpellati prima dell’avvio del procedimento”. Per questo i Vignaioli Indipendenti hanno scritto al Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina per chiedere un suo interessamento alla vicenda, precisando che la Fivi non è in alcun modo contraria ai parchi eolici e ritiene anzi di grande importanza la ricerca di fonti di energia rinnovabile.

“Parchi eolici fuorilegge”, Fivi scrive al ministro Martina

Il punto rilevato dai Vignaioli è il rispetto dei tempi di comunicazione dei progetti, che permetterebbero agli interessati di formulare le proprie osservazioni all’attenzione dell’autorità espropriante. “Siamo di fronte – spiega Matilde Poggi, presidente Fivi – a svariati casi di parchi eolici autorizzati senza che venisse interpellato il territorio e senza aver dato opportuna comunicazione dell’avvio dei procedimenti, come gli innumerevoli parchi eolici autorizzati negli ultimi anni dalla Regione Campania”.

Agli agricoltori non resta pertanto che appellarsi al Tar, ma anche nel caso in cui fosse accolto il loro ricorso, pur avendo diritto ad un rimborso, si vedrebbero comunque espropriati per anni dei terreni e negata di fatto la possibilità di tornare alle condizioni antecedenti. “Il nostro auspicio – aggiunge Guido Zampaglione, vignaiolo in Calitri (Avellino) e consigliere nazionale Fivi – è che ci sia maggiore attenzione su questa vicenda e un interessamento che riguardi tutti i soggetti coinvolti a vari livelli, come i sindacati e le associazioni di categoria”.

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Vino, quote rosa per legge nei Cda dei Consorzi Dop e Igt

E’ notizia dei giorni scorsi la presentazione da parte di Colomba Mangiello, membro della Commissione Agricoltura della Camera, di un emendamento al patto di stabilità che vorrebbe obbligare i consorzi di tutela dei prodotti Dop e Igt a riservare una quota iniziale del 20% – che dovrà salire a regime al 30% – alle quote rosa nei loro consigli di amministrazione. Tale proposta riguarderebbe anche i Consorzi di tutela del vino. Secondo Giuseppe Liberatore, presidente Aicg si tratta di un provvedimento “astruso e incomprensibile e per giunta inapplicabile, mancando le persone che rappresentano in modo paritario i due generi”.

Quote rosa nei consorzi vino?

Il presidente di Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro, ha aggiunto che “pur rilevando nel mondo del vino una presenza femminile maggiore rispetto ad altri comparti, non è accettabile un’imposizione del genere dall’alto senza un confronto con i Consorzi rappresentativi della base”. “Non è imponendo percentuali di genere nei Cda dei Consorzi – ha precisato ancora Riccardo Ricci Curbastro – che si afferma la presenza delle donne nel mondo dell’agricoltura”,  esprimendo altresì “vivamente dubbio e stupore in merito alla ragione di tale provvedimento”.

Donatella Cinelli Colombini, presidentessa dell’Associazione le Donne del vino ha ammesso da un lato una certa soddisfazione per l’approvazione dell’emendamento, ma dall’altra ha auspicato “una concertazione di tutte le parti interessate per una riscrittura più aderente alla realtà dei consorzi stessi”.

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Oltrepò Pavese protagonista al GoWine italian tour

Nuovi scenari di mercato per vini e spumanti dell’Oltrepò Pavese, ma anche per la prima zona vitivinicola di Lombardia che rivendica “il proprio valore aggiunto, con 13500 ettari a vigneto e una produzione che rappresenta il 60% dell’intera regione”. Il Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese lancia “GoWine Italian Tour”, per portare all’attenzione di professionisti, esercenti e appassionati al mondo del vino delle grandi città italiane le migliori etichette del territorio pavese. Si partirà da Genova, Milano,
Torino e Roma. Il primo evento della serie si svolgerà mercoledì 24 febbraio allo StarHotel President del capoluogo ligure. Sarà prevista un’apertura dei banchi d’assaggio ad accesso riservato agli operatori di settore, dopodiché le porte si apriranno a stampa e appassionati della rete GoWine.

“Certi del fatto che alla nostra zona vitivinicola occorra rafforzare la rete vendita e la qualità percepita dei suoi vini e spumanti – spiega Emanuele Bottiroli, direttore del Consorzio Tutela vini Oltrepò pavese – abbiamo deciso di promuovere una serie di degustazioni soprattutto orientate al mondo del business”. In virtù di questa intesa, nel corso del 2016, il Consorzio darà alle aziende l’opportunità di essere protagoniste con i rispettivi marchi aziendali e le loro etichette in contesti importanti.

IL PROGRAMMA
“Gli appuntamenti – spiega Bottiroli – saranno promossi e divulgati capillarmente per favorire un miglior posizionamento delle referenze Oltrepò Pavese nel canale hotel, ristoranti e catering, oltre che sugli scaffali delle principali enoteche. Inoltre l’obiettivo è quello di raccontare a professionisti, ‘winelovers’ e agli opinion leader italiani un territorio, la sua identità e la sua storia”. Il partner sarà l’associazione Go Wine, nata nel 2001 da un’idea semplice, che prende ispirazione da come è cambiata, e velocemente, l’immagine del vino. Vino non solo inteso come prodotto di qualità ed espressione della cultura agroalimentare di un Paese, ma come prodotto che “mobilita e che fa viaggiare”.

Go Wine guarda “al consumatore di qualità che ama viaggiare per il vino, per conoscere i luoghi della produzione e si propone di costruire un progetto che gradualmente possa coinvolgerlo e stimolarlo”. “Il socio Go Wine – precisa Bottiroli – è sempre un professionista o un appassionato altamente preparato che promuove e pratica il turismo del vino ed è consapevole del particolare rapporto che lega ogni vino al suo territorio, con quei caratteri di tipicità ed unicità che sono alla base delle motivazioni del turismo del vino”.

LA RIBALTA NAZIONALE
Un Oltrepò che guarda dunque al futuro, cercando di levarsi di dosso l’etichetta di zona di produzione di vini di largo consumo. Un cammino lungo, che a Roma ha affondato nei giorni scorsi radici ben solide: il premio per il Miglior Spumante Metodo Charmat d’Italia nella guida “I Migliori vini italiani 2016” del noto critico, sommelier e giornalista Luca Maroni se l’è aggiudicato di fatto il Pinot Nero Spumante Extra Dry dell’azienda Vanzini di San Damiano al Colle. L’ennesima conferma del buon operato di un’azienda che opera dal 1890 nel territorio dell’Oltrepò Pavese, che per l’ottavo anno consecutivo si aggiudica il prestigioso riconoscimento.

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Analisi e Tendenze Vino

Gdo e Horeca, nemici per la pelle nel nome del vino?

Oggi vi racconto una storia, purtroppo vera. Stavo imboccando l’Autostrada, ieri mattina, dirigendomi da Milano verso il Piemonte. “Caro Bortone…”. E’ l’incipit, falsamente cordiale, di un messaggio ricevuto su Facebook da un operatore Horeca, conosciuto nei mesi scorsi in occasione di una manifestazione organizzata in un hotel milanese dall’associazione Go Wine.

“Quando pubblico (su Facebook, ndr) recensioni o fotografie di vini presso i miei clienti è pacifico che sono io che li propongo e loro ce l’hanno in carta. Ho clienti e produttori che, oltre al sottoscritto e al suo entourage, sono allergici alla Gdo. La tengo negli amici, ma cerchi di trattenersi dal proporre vini da Gdo e soprattutto in contesti legati a ristoranti citati in tag”.

Facciamo un passo indietro, sorvolando sulle infantili implicazioni del messaggio. Nei giorni scorsi, questo operatore Horeca (che, ricordiamo, è l’acronimo di Hotellerie-Restaurant-Café e riguarda la distribuzione diretta di prodotti in contesti alternativi alla grande distribuzione organizzata, come hotel, ristoranti, catering e bar-caffetterie) pubblica la foto di un vino dell’Oltrepò Pavese, in un ristorante.

Oltre al “like”, decido ci commentare, suggerendo al soggetto in questione di provare il Bonarda fermo dell’Oltrepò Pavese dell’azienda agricola vitivinicola Bagnoli, una perla in un territorio pressoché vocato ai grandi numeri. Tale produttore non opera nella Gdo, bensì in contesti di alta ristorazione e gastronomia.

Volevo suggerire, in sostanza, un assaggio di qualità. Vinialsupermercato.it, del resto, si occupa anche di questo, grazie alla sezione “Vigne d’Italia”: oltre alle recensioni dei vini “da supermercato”, nostro “core business“, siamo sempre a caccia di realtà che – a prescindere dalla distribuzione o meno nei canali gdo – offrano prodotti da non perdersi.

IL BONARDA DELLA DISCORDIA

Al di là della scarsa vena social, è la “violenza” del contenuto del messaggio ricevuto dall’operatore Horeca che mi ha lasciato di stucco.  Portandomi oggi a questa riflessione: Gdo e Horeca sono davvero così lontane?

O, per lo meno: lo sono ancora? Si può davvero “essere allergici” alla Gdo, lavorando in Horeca? Il mondo del vino, fondato a nostro avviso sulla condivisione dei saperi e del gusto, può ammettere tali prese di posizione meramente fondate su un discorso commerciale e di business?

Personalmente ritengo di avere una risposta a queste domande. Se ancora oggi c’è gente “allergica” alla Gdo non è colpa degli antistaminici poco efficaci in commercio. E a proposito di farmacie, credo che certi operatori Horeca, se potessero, si batterebbero per l’eliminazione delle cantine della Gdo, un po’ come la lobby delle case farmaceutiche si sta battendo per i farmaci di fascia C nei supermercati.

Ma si tratta di una minoranza: perché chi ha polso e coscienza del proprio ruolo in Horeca sa benissimo – come ci ha confermato la totalità degli operatori sin ora intervistati – che i due “canali” operano in parallelo, come binari che non si incontrano mai, pur andando (per certi versi) nella stessa direzione: il vino. Insomma: se qualche operatore Horeca starnutisce ancora, nel 2016, al cospetto della Gdo, è un problema tutto suo. Sinceri auguri, di pronta guarigione.

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Il sommelier online è già realtà in Giappone grazie ad Amazon. E la gdo italiana sta a guardare

Secondo una recente ricerca di mercato Nielsen, gli italiani acquistano su Internet soprattutto “beni durevoli”. Più bassi i livelli raggiunti dai beni di consumo: cosmetici (25%), vino e alcolici (9%), cibo da asporto (6%), prodotti per l’infanzia (6%) e cibi freschi (2%). Non sorprendiamoci, allora, se un giorno Amazon vorrà fornire anche in Italia il servizio “Sommelier on line”, già attivo in Giappone. La compagnia di Jeff Bezos si dimostra ancora una volta all’avanguardia, mettendo a disposizione un professionista del vino che, telefonicamente, supporta i clienti nipponici nella scelta fra le 8 mila bottiglie dell’assortimento virtuale delle “cantine Amazon” in Giappone.

Suggerisce abbinamenti col cibo, ma anche – per esempio – le bollicine migliori da apprezzare per brindare a un evento speciale. Insomma: il sommelier tascabile è ormai realtà. Viene allora da chiedersi come mai, in un Paese come l’Italia – che è sì di santi, poeti e navigatori, ma anche di enologi defunti compianti e giustamente celebrati addirittura da ministri – le catene della grande distribuzione organizzata investano così poco nel vino, preferendo settori come la profumeria e la cosmetica. Sono rare le eccezioni in cui è possibile incontrare un sommelier professionista tra le cantine della gdo.

CHIEDI ALLA CASSIERA
Presente in alcune catene della gdo solo in giorni e orari stabiliti (Esselunga, Carrefour) oppure sostituito da computer che suggeriscono il corretto abbinamento (Coop), una figura qualificata sul mondo del vino farebbe da traino alle vendite. E fornirebbe al Paese intero un’evoluzione della coscienza (e conoscenza) enogastronomica del cliente tipo del supermercato. Una coscienza che, certamente, non può essere retaggio di addetti generici (per non dire delle “cassiere”, pardon “hostess di cassa“) del reparto Scatolame – Grocery: quelli a cui, comunemente, si rivolge la clientela italiana della gdo per chiedere consigli sul vino, ricevendo informazioni sommarie che non invogliano certo all’acquisto.

A quando, dunque, un investimento serio sul mondo del vino da parte dei grandi gruppi di supermercati che celebrano appena possibile la propria “italianità” e l’italianità dei prodotti venduti? Fa così paura alla gdo vendere qualche bottiglia in meno di Bonarda o Nero D’Avola a 1,99 euro, in favore d’un paio di bottiglie di vini di qualità? Gli americani, come quelli di Amazon, hanno già risposto. E allora “See you soon in Italy, sommelier online”. La gdo ti aspetta, al contrario.

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Toscana, il Consorzio Cortona Doc cresce e si presenta al Buy Wine

Sarà presente anche il Consorzio Vini Cortona alla quarta edizione di Buy Wine, il workshop B2B, organizzato dall’Agenzia regionale Toscana Promozione per favorire l’incontro tra la Toscana del vino e il trade internazionale, che si tiene ogni anno a febbraio. Il 13 febbraio, presso lo Star Hotel Michelangelo di Firenze, undici aziende della Cortona Doc avranno modo di incontrare da vicino i 240 buyer stranieri tra importatori, distributori, Gdo e HoReCa, provenienti da mercati storici, ma anche da piazze nuove, per un totale di 36 paesi rappresentati. Tra questi un ruolo importante è giocato da Stati Uniti (44), Canada (39), Cina (25), Brasile (12), Australia (12), Giappone (11), Danimarca (10), Germania (8), Corea del Sud (7) e Messico (7) che, complessivamente, rappresentano oltre il 72.9% dei buyer internazionali partecipanti.

Oltre agli operatori saranno presenti anche circa 150 giornalisti della stampa di settore, anche in questo caso provenienti da tutto il mondo. “Un’occasione importante per una realtà come quella di Cortona – spiega Marco Giannoni, presidente del Consorzio (nella foto sopra) – perché ci permette in una sola occasione di poter presentare la nostra denominazione e il nostro territorio a centinaia di operatori di vari mercati internazionali e proprio promuovere l’internazionalizzazione è uno degli obiettivi di questo consorzio”. A presentare i vini sarà la miglior sommelier d’Italia della Fisar, Anna Cardin, per tutto il giorno di sabato impegnata presso il desk del Consorzio.

UN WORKSHOP NEL TERRITORIO
Dalla giornata di domenica 14 febbraio, 35 operatori in rappresentanza dei principali Paesi del mondo, saranno a Cortona partendo proprio da uno dei simboli della storia del borgo toscano in provincia di Arezzo, il Museo dell’accademia etrusca e della città (Maec). Proprio qui, dopo una visita del museo, potranno degustare i prodotti tipici accompagnati dai vini del territorio nella suggestiva Sala della Roccia. Nel pomeriggio la delegazione sarà divisa in piccoli gruppi che visiteranno alcune aziende vitivinicole. La giornata si concluderà con una cena tradizionale dopo la quale gli operatori avranno modo di soggiornare in alcuni agriturismi di Cortona. Il tour proseguirà il 15 febbraio con la visita ad altre aziende del territorio.

IL NUMERI DEL CORTONA DOC
Il vino a Cortona rappresenta sempre di più un importante indotto economico. Dalla creazione della Cortona Doc le aziende si sono moltiplicate di anno in anno e il settore ha richiamato numerosi investimenti. Attualmente vengono prodotte in media oltre un milione di bottiglie all’anno, mentre il valore economico, con un fatturato medio che supera i 3 milioni di euro. Oltre 500 sono gli addetti ai lavori coinvolti, senza contare l’indotto (tra turismo e aziende artigiane) che rappresenta per questo borgo

toscano. A livello di mercati nel 2015 la bilancia è protesa verso l’estero per il 60% circa. Usa, Nord Europa sono i principali mercati, ma sono in crescita il Canada, Brasile, Cina e Giappone. La restante fetta percentuale va in Italia, Toscana, Lombardia e Lazio in particolare.

IL CONSORZIO CORTONA DOC
Costituito nella primavera del 2000, è il Consorzio che svolge la funzione di controllo e tutela dei vini a Doc Cortona e ne diffonde la conoscenza con un’efficace attività culturale, divulgativa e promozionale. Protegge l’immagine ed il prestigio della denominazione con continui controlli di qualità e intraprende iniziative di carattere culturale tendenti a far conoscere nel mondo Cortona, il suo territorio ed i suoi vini. Attualmente le aziende consociate sono ventinove e rappresentano la quasi totalità dei produttori.

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Birra Peroni sarà venduta ai giapponesi di Asahi? Offerti 3 miliardi

L’offerta giapponese per il marchio italiano Peroni è spinta dall’aumento delle esportazioni di birra italiana nel mondo, che crescono del 17% nel 2015 ma che sono praticamente triplicate nell’arco di un decennio.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti di fronte all’offerta di 400 miliardi di yen (poco più di 3 miliardi di euro) fatta dal produttore giapponese di birra Asahi per rilevare il marchio italiano Peroni dal gruppo SabMiller, sulla base dei dati Istat relativi ai primi dieci mesi dell’anno.

Anche grazie all’immagine conquistata nel mondo la birra italiana – sottolinea la Coldiretti – va forte nei paesi tradizionali consumatori, dalla Gran Bretagna (+2%) alla Germania (+10 per cento) fino alla Svezia (+24 per cento) ma anche negli Usa.

A tirare – continua la Coldiretti – è pero’ anche il mercato italiano che nel 2015 ha fattor registrare un aumento record delle vendite del 6%, in controtendenza alla crisi dei consumi.

Sono oltre 30 milioni gli appassionati consumatori di birra presenti in Italia dove – precisa la Coldiretti – con un consumo pro capite di 29 litri c’è spazio per crescere considerato che Paesi come la Repubblica Ceca ne bevono 144 litri pro capite, l’Austria 107,8, la Germania 105, l’Irlanda 85,6, il Lussemburgo 85 o la Spagna 82.

I RISCHI
Secondo Coldiretti, “nell’operazione internazionale c’è in gioco un indotto rilevante”. A garantire la produzione italiana di birra ci sono infatti le coltivazioni nazionali con una produzione di circa 860.000 tonnellate di orzo su una superficie complessiva investita di circa 226.000 ettari. Per quanto concerne la produzione di birra, la filiera cerealicola unitamente al Ministero delle Politiche Agricole ipotizzano un impegno annuo di granella di orzo pari a circa 90.000 tonnellate.

In questa situazione di grande dinamicità, a supporto della trasparenza dell’informazione dei consumatori, è pero’ necessario – conclude la Coldiretti – qualificare le produzioni nazionali con l’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine, per evitare che vengano spacciati come Made in Italy produzioni straniere.

L’operazione in corso non è in realtà l’ennesimo passaggio di marchi italiani storici in mani straniere poichè la Birra Peroni era già stata ceduta nel 2003 ed entrata a far parte del Gruppo sudafricano SabMiller plc al quale è stata ora fatta l’offerta del gruppo giapponese Asahi, la cui strategia di mercato si concentra sull’Asia e l’Oceania e intende espandersi su mercati dalla lunga tradizione che le consentirebbero anche una maggiore penetrazione della sua etichetta Super Dry.

ILGRUPPO PERONI
Il Gruppo Birra Peroni è oggi uno dei player principali nel settore dell’industria birraria ed è parte del Gruppo SabMiller plc che in Italia SabMiller è presente con tre stabilimenti produttivi (Roma, Padova e Bari), e la malteria Saplo. Birra Peroni opera da oltre 160 anni con impegno e passione, raggiungendo una produzione annua di birra che ammonta a 4,8 milioni di ettolitri.

I suoi marchi principali sono: Peroni, Nastro Azzurro e Pilsner Urquell. A questi si aggiungono altri marchi di prestigio sia nazionali che internazionali, come Miller Genuine Draft, Peroni Gran Riserva, Raffo e Wuhrer. L’azienda nasce nel 1846 a Vigevano, allora appartenente al Regno dei Savoia, quando Francesco Peroni avvia l’attività di una piccola fabbrica di birra.

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“Vendemmia 2015 da record? Solo per l’industria del vino”. La denuncia di Francesco Paolo Valentini

Francesco Paolo Valentini non è mai stato uno di quelli che, per dirla in gergo, la mandano a dire. Produttore di successo di vini e di olio nel suo Abruzzo, è stato ospite nei giorni scorsi della trasmissione Tg2 Insieme. Un’occasione imperdibile per cantarle manco fosse a San Remo. Nel mirino del vignaiolo, prima di tutto anche agricoltore, le pompose “dichiarazioni giornalistiche” in base alle quali, quella del 2015, è stata una vendemmia straordinaria.

“Bisogna sfatare il mito dell’annata siccitosa come garanzia di elevata gradazione alcolica del vino – ha dichiarato Valentini – perché non è vero: sussiste piuttosto una fittizia gradazione zuccherina, dovuta a disidratazione dell’acino, ma in realtà non c’è evoluzione, perché qualunque organismo vivente, vegetale e animale, per eccesso di caldo blocca la propria crescita”.

A tal proposito, Valentini ha eseguito uno studio delle vendemmie delle varietà Trebbiamo d’Abruzzo e Montepulciano della propria azienda, dal 1817 al 2007. “Fino agli anni Settanta del Novecento – ha spiegato Valentini – la vendemmia avveniva durante la prima metà del mese di ottobre. Poi un crollo, che corrisponde all’aumento dell’industrializzazione con ricadute dirette, evidentemente, sull’effetto serra”.

Nel 2007 abbiamo addirittura vendemmiato le nostre varietà il 31 agosto, perché a quella data avevano raggiunto la giusta maturazione zuccherina . Il problema è che la maturazione dell’uva non è solo quella zuccherina”.

C’è anche quella fenolica, importantissima, perché riguarda il corretto sviluppo nell’acino di aromi, colori e profumi che saranno poi trasferiti al vino. “Se noi andiamo ad analizzare i vinaccioli, cioè i semini dell’uva che ha la corretta maturazione zuccherina – ha evidenziato Valentini – vediamo che questi sono verdi, cioè non evidenziano più una corretta maturazione fenolica. Non hanno una colorazione marrone, cioè non c’è un processo di lignificazione. La stessa polpa, che aderisce ai vinaccioli, è aspra. E la materia colorante, le materie polifenoliche, sono instabili, cioè non mature”.

A RISCHIO LE PRODUZIONI ARTIGIANALI

Ma le anomalie non si fermerebbero qui. “Abbiamo assistito a un crollo di parametri come quello dell’acido malico – ha aggiunto il viticoltore – e i Ph tendono ad alzarsi. Durante la fermentazione tumultuosa, ovvero la fermentazione alcolica, chi non utilizza lieviti estranei come l’artigiano, nota che i lieviti hanno subito una trasformazione, ovvero hanno maggiore virulenza: le temperature di fermentazione spontanea, cioè non controllata, risultano particolarmente elevate. Noi artigiani siamo un avamposto e notiamo tutto”.

Per questo, secondo Francesco Paolo Valentini, “gli agricoltori dovrebbero avere il coraggio di raccontare le cose come stanno al posto di seguitare a raccontarci tutti gli anni la solita storiella dell’annata migliore di sempre“.

“Ci sono giornalisti con proprietà chiaroveggenti – ha denunciato Valentini – che sembrano predire l’esito di una vendemmia due o tre mesi prima che venga portata a termine. Nella vita ci sono priorità e l’utile non è solo quello economico. Abbiamo il dovere di informare l’opinione pubblica su quello che sta accadendo, in modo che si possano prendere provvedimenti“.

Sempre secondo Valentini, il danno riguarderebbe direttamente solo le piccole imprese vitivinicole. “Riuscire a gestire i cambiamenti climatici è difficile per noi, cerchiamo piuttosto di assecondare quello che accade, anche perché le nostre sono produzioni artigianali ed è fondamentale mantenere il pieno rispetto della materia prima, al contrario delle lavorazioni industriali che interferiscono con la materia prima. Riuscirci è sempre più difficile e sempre più improbabile e, alla lunga, non sappiamo come andrà a finire”.

“Nella lavorazione industriale – ha evidenziato Valentini – si riesce a sopperire a maturazioni che non sono complete, in un modo o nell’altro. Nella lavorazione artigianale questo non può avvenire”. Insomma, per Valentini la vendemmia 2015 sarà sì straordinaria. Ma solo per gli enologi delle grandi cantine.

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Il vino è “femmina”. Ecco la Festa delle Donne del Vino

Sabato 5 marzo, in oltre venti cantine e luoghi del vino di tutta la Toscana, si celebra per la prima volta in Italia la Festa delle Donne del Vino. Un appuntamento unico nel suo genere, nato da un’idea di Donatella Cinelli Colombini, neo presidente nazionale dell’Associazione Donne del Vino, la realtà che raggruppa produttrici, enologhe, enotecarie, giornaliste, esperte e sommelier, legate al mondo del vino al femminile, e promosso dalla delegazione toscana. “Un appuntamento che mancava e che abbiamo deciso di far nascere proprio in Toscana, patria del vino al femminile – spiega la delegata toscana delle Donne del Vino, Antonella D’Isanto – con l’obiettivo di inaugurare un percorso che renda la donna sempre più protagonista anche nella scelta e nell’abbinamento di questo prodotto, fino a oggi ancora troppo declinato al maschile”.

“IL VINO IN TAVOLA”
Le aziende aderenti promuoveranno nell’arco della giornata eventi di diversa natura. Si va dal corso di bon ton a tavola, all’abbinamento vino e cibo (rigorosamente fatto tra chef, produttrice e sommelier donna), passando per veri e propri corsi su come si comunica il vino alle donne e tanto altro ancora. Oltre venti cantine condotte da donne daranno vita a un evento primo in Italia che insieme vuol celebrare l’importanza della donna nella società, ma ancor più in un settore, quello del vino, che ancora oggi è visto dal punto di vista dell’uomo. “Un’iniziativa che vale anche una scommessa – dice la Presidente delle Donne del Vino, Donatella Cinelli Colombini – ma che potrà essere un punto di riferimento nel tempo per sviluppare un cambiamento di approccio delle consumatrici di vino che oggi sono sempre in numero maggiore e sempre più esigenti”.  L’elenco delle cantine partecipanti e i relativi programmi sarà disponibile su www.festadonnedelvino.it.

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Enovitis, successo a Verona per la Fiera delle tecnologie per la viticoltura. Ed è boom per le “Università della terra”

Ha chiuso con un grande successo di pubblico la prima edizione di Enovitis, l’evento organizzato da Unione Italiana Vini e Veronafiere presso la Fieragricola di Verona. Il programma di promozione delle tecnologie per la viticoltura ha infatti catalizzato l’attenzione degli operatori della filiera che in gran numero hanno partecipato ai diversi eventi in programma dal 3 al 6 febbraio scorsi. “Innovazione” e “aggiornamento professionale” sono state le parole d’ordine dei workshop tecnico-scientifici e dei seminari Tergeo, che hanno puntato i riflettori su tematiche di grande attualità “con lo scopo di rispondere in modo concreto alle esigenze della viticoltura e olivicoltura moderna”.

Grande affluenza anche al Sensory Bar curato Unione Italiana Vini dove, attraverso degustazioni guidate e sessioni formative di analisi sensoriali, è stata posta all’attenzione del pubblico un’ampia selezione di vini e olii italiani. All’appuntamento scaligero il Sensory Bar si è presentato con la nuova brand identity, volta a sottolineare il suo ruolo attivo quale attività originale di servizio nella promozione del food & beverage. “A Fieragricola, con Enovitis, è nato un nuovo ‘luogo’ – ha commentato Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – dove l’esposizione della migliore tecnologia di settore ha trovato il suo naturale completamento. La partnership con Unione Italiana Vini per identificare nel brand Enovitis un punto di riferimento europeo per la promozione delle tecnologie per la viticoltura ha centrato l’obiettivo”.

PROSSIMA TAPPA: LA PUGLIA
Il prossimo appuntamento in questa direzione sarà la prossima edizione di “Enovitis in campo“, che si svolgerà in Puglia, a Corato, provincia di Bari, nella tenuta Torrevento. Il 17 e 18 giugno prossimi sarà dunque dato largo spazio alle sperimentazioni in campo delle diverse attrezzature per l’impianto e la gestione del vigneto e dell’oliveto, con un’attenzione sempre alta anche all’aspetto della formazione e aggiornamento degli operatori. “Il successo di Enovitis a Fieragricola – ha commentato Francesco Pavanello, direttore generale di Uiv – conferma come per gli operatori della filiera sia sempre più strategico e irrinunciabile poter accedere a contenuti qualificati di innovazione che possano favorire lo sviluppo e la crescita del settore in un’ottica di sostenibilità globale. Ma conferma anche come la vera innovazione nasce solo quando sono coinvolti, in un sistema di relazioni forte e sinergico, tutti i soggetti e i livelli della filiera. La ricerca teorica che accoglie e studia i bisogni delle aziende e la ricerca applicata, quella dei fornitori di servizi, prodotti e attrezzature, che li interpreta e li concretizza in soluzioni produttive”.

BOOM DI ISCRIZIONI ALLE “UNIVERSITA’ DELLA TERRA”
Un interesse, quello per la terra e per le tecnologie legate alla sua coltura, che viene confermato anche dai dati diramati in mattinata da Coldiretti, anche se riferiti alla sola Lombardia. E ‘ un vero e proprio boom, di fatto, quello che registrano le cosiddette  “Università della terra”. Negli ultimi cinque anni gli iscritti alla facoltà di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali della Cattolica nei campus di Piacenza e Cremona sono aumentati di quasi il 60%, mentre alla Statale di Milano la crescita sfiora il 48%: si è passati da 2.712 a oltre quattromila studenti. E’ quanto emerge da una ricerca di Coldiretti Lombardia sul successo delle facoltà agricole, tanto che dal 2010 a oggi sono cresciute anche le nuove immatricolazioni: +86% per le Scienze agrarie in Cattolica, +47% per Veterinaria alla Statale di Milano e +13% per Scienze agrarie e alimentari sempre nell’ateneo meneghino.

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Berlucchi e la Franciacorta: tuffo nelle bollicine di Corte Franca

Ci sono parole che raccontano da sole più di un libro intero. E altre che è meglio non usare più. Negli ultimi vent’anni, la Franciacorta sta scrivendo pagine importanti dell’enologia italiana. Un successo tanto grande da permettere a qualcuno di spingersi anche un po’ più in là del proprio “naso”. Nel territorio del lessico e della grammatica.

Dei sinonimi e dei contrari. Giovanni Felini, sommelier Ais del servizio Accoglienza e Ospitalità di Berlucchi, riceve il gruppo di visitatori del sabato mattina con la scioltezza del Cicerone navigato. A nessuno verrebbe in mente di pensare che è reduce da un concerto heavy metal. Ma a 37 anni non si dicono più bugie ed è lui stesso ad ammetterlo, per rompere il ghiaccio. In azienda dal 2005, sa come tenere gli occhi incollati a sé.

Con la gestualità tipica di chi ama quello che racconta. Perché ce l’ha dentro. Bollicine miste a sangue, nelle vene. Attenti, però, a parlare con lui di “spumante” Berlucchi. Nella casa del fondatore Guido, la parola d’ordine – ed ecco la magia del vino che scrive vocaboli nuovi sui dizionari – è “Franciacorta”.

“Un territorio – spiega Giovanni Felini (nella foto a destra) – che si sta muovendo negli ultimi 55 anni con la sicurezza della qualità. Un prodotto che non vuole essere una succursale di qualche altra zona che produce Metodo Classico, bensì un’entità propria, a sé stante. E’ un’identità vera, che dev’essere assolutamente contraddistinta. La Franciacorta sta facendo passi da gigante, passi veri. Sta portando benefici a un territorio dalla vocazione agricola in maniera sostenibile. Presto arriveremo a percentuali di vigneti a conduzione sostenibile e biologica tra le più alte d’Europa. Una grande qualità che si sta concentrando attorno a una grande personalità: quando bevete un Franciacorta non bevete un Metodo Classico o uno spumante, o qualcosa che dev’essere necessariamente paragonato a produzioni simili. Bevete Franciacorta, punto. Un prodotto di qualità certa e comprovata, fiero della propria etichetta”.ù

Dire Franciacorta significa, insomma, raccontare la storia di un territorio unico al mondo, dotato di un “terroir magico”, per dirla con le parole di Felini. “Chardonnay e Pinot Nero – spiega al principio del tour alla Berlucchi – vengono prodotti in tutto il mondo. Come in tutto il mondo esistono ottimi enologi. La vera peculiarità della Franciacorta è il terroir, ovvero quel limbo di terra, ora coltivato a vite, tra il ‘nulla’ della Pianura Padana a sud e la zona montagnosa a nord, dove un tempo esisteva un enorme ghiacciaio, poi ritiratosi, lasciando al terreno caratteristiche uniche. L’ago della bilancia in questa zona è costituito dal lago d’Iseo, che grazie a particolari correnti ascensionali provenienti dalla Valcamonica soffia su questa zona aria che regala benefici unici alla vite”.

LA STORIA DI UN MITO
In Franciacorta, territorio che comprende 19 Comuni tra cui una fetta di territorio della città di Brescia, i vigneti hanno caratteristiche ben precise. La vite viene allevata a cordone speronato o guyot. Le piante sono una accanto all’altra, in modo da costringere le radici a spingersi verso il fondo del terreno, fino a 20-25 metri di profondità, alla ricerca di nutrimento. Si chiama “competizione radicale”.

Alla Berlucchi, in particolare, le uve vengono raccolte in cassette da 18 chilogrammi, per evitare che la pressione di un grappolo sull’altro crei fermentazioni spontanee. La resa per ettaro è di circa 9.500 chilogrammi, per un sesto d’impianto di 10 mila piante per ettaro. All’avanguardia la tecnologia nelle cantine Berlucchi. Il passaggio che fa la differenza è la pressatura, eseguita con moderne presse chiamate Coquard, simili ad un “torchio ribaltato”.

“La pressione avviene da destra verso sinistra – spiega Giovanni Felini – causando la caduta per gravità del mosto. Il 35% costituirà il mosto fiore A, che andrà a costituire la base per le nostre riserve e millesimati e a discendere fino alle basi. Nel secondo frazionamento avremo un massimo del 60% per il mosto fiore B, utilizzato per millesimati e basi. Segue la fase di fermentazione, prevalentemente in acciaio e soltanto un 3-4% del totale in legno vecchio, oltre al quarto passaggio. La scelta dell’acciaio è scontata, in quanto si tratta di un materiale che lascia intatte le proprietà organolettiche, esaltando in questo modo le differenze e le sfumature tra zone diverse appartenenti allo stesso terroir Franciacorta”.

Giovanni Felini guida poi il gruppo nella “cantina vecchia”, dove viene tracciata la storia della Berlucchi. Tutto comincia negli anni Cinquanta, quando Guido Berlucchi, proprietario di 9 ettari di terreni vitati a bacca bianca, decide di chiedere la collaborazione di un giovane enologo, Franco Ziliani, per offrire maggiore stabilità alla produzione.

Il maggiordomo mi scortò nel salotto di Palazzo Lana Berlucchi. Le note di “Georgia on my mind” vibravano nell’aria: Guido Berlucchi era al pianoforte. Rimasi incantato dall’eleganza della sua figura, dalla maestria con cui le sue mani accarezzavano i tasti. Volsi lo sguardo ai muri secolari, ai ritratti di famiglia; notai gli arredi preziosi. Tutto emanava raffinatezza non ostentata. Berlucchi richiuse il piano, mi salutò con calore e iniziò a interrogare me, giovane enologo, sugli accorgimenti per migliorare quel suo vino bianco poco stabile. Risposi senza esitazione alle sue domande, e nel salutarlo osai: “E se facessimo anche uno spumante alla maniera dei francesi?”. (Franco Ziliani)

Nasce così il Pinot del Castello, poi divenuto il Pinot di Franciacorta Guido Berlucchi. Nel 1968 il riconoscimento della Doc, sostenuta da numeri che testimoniano una crescita impressionante. Nel 1961 le bottiglie prodotte in Franciacorta non superavano le 3 mila unità.

Cifra oggi lievitata a 16 milioni, su un totale di 37-38 milioni di Metodo Classico in Italia. Un cammino che porta nel 1990 alla nascita del Consorzio, che cinque anni più tardi, nel 1995, battezza la neonata Docg Franciacorta. L’espressione di questo territorio a firma di Berlucchi è legato – oltre alla sottozona del terroir – soprattutto al grado zuccherino, volutamente dosato al minimo degli standard.

“Per il Brut, per esempio – spiega Giovanni Felini – sono consentiti da 6 a 15 grammi per litro di zuccheri. Berlucchi si attesta alla base, 5,5-6 g/l. Zero grammi per i Pas Dosè, 3 per l’Extra Brut, 12 per gli Extra Dry e 40 per i Demi Sec, nonostante il limite di 50 g/l. Accompagniamo questo sciroppo con pochissime dosi di vini maturati in barrique”.

BERLUCCHI IN GDO

Un tratto distintivo che caratterizza Berlucchi anche in grande distribuzione organizzata, ovvero nella linea di prodotti acquistabili al supermercato. Una gdo di cui il colosso di Corte Franca si ‘serve’, sfruttandola come “volano” per il top di gamma. “Il rischio di lavorare con la grande distribuzione – ammette Giovanni Felini – è quello di abbassare la percezione di qualità.

L’opposto, ovvero la grande qualità della gdo, è quella di essere capillare, arrivando direttamente all’interno di una famiglia. La nostra azienda si suddivide in quattro linee di produzione. Quella ‘base’ è destinata ai supermercati ed è denominata Cuvée Imperiale: troviamo Brut, Max Rosè, Demi Sec e Vintage millesimato. Ci presentiamo dunque alla gdo con una qualità vera”.

“Immaginiamo – continua il responsabile Accoglienza e Ospitalità di Berlucchi – di andare in una cantina e di scoprire la perla rara, la grande riserva, di cui si producono solamente cento bottiglie. Ovvio che quella bottiglia sarà perfetta, ma quello che dà veramente carattere e sicuramente dà importanza a un’azienda è la base. Se noi dovessimo sbagliare una produzione come la Cuvée Imperiale, sbaglieremmo il 60% di quello che produciamo, con ricadute certe sul 60% del fatturato dell’intera azienda”.

Dare dunque il meglio nella produzione del prodotto base, destinato ai supermercati, risulta per noi il primo incentivo per arrivare in modo credibile nelle case dei consumatori, invogliandoli al contempo ad avvicinarsi al resto della gamma, verso l’alto. Se la persona si lega al prodotto base, di per sé dall’ottimo rapporto qualità prezzo, si affeziona al brand e sarà in grado, una volta sperimentati gli altri nostri prodotti, di confermare certamente la grande validità della stessa Cuvée Imperiale”.

Riguardo al prezzo, Felini ammette che “il posizionamento si sta rivalutando negli ultimi anni”, per via del successo crescente della Docg. “Ad oggi – precisa – vendiamo il Metodo Classico di riferimento al prezzo più basso, che però stiamo cercando di aumentare dal momento che siamo nati in Franciacorta e abbiamo messo la Franciacorta in etichetta. Oggi il listino della Gdo corrisponde ai volumi delle singole catene, con relativa scontistica legata al giro d’affari”.

Sono 4 milioni e 200 mila le bottiglie Berlucchi che ogni anno finiscono nei calici dei consumatori. La parte del leone spetta ovviamente alla Cuvée Imperiale, con 2 milioni e mezzo di bottiglie. Le restanti sono suddivise tra le linee ’61, Cellarius e Palazzo Lana.

Quest’ultima definita in pochissime migliaia di bottiglie e solo nelle annate eccezionali. Un giro d’affari che per il 90% resta tra i confini italiani, considerato che fuori dall’Italia non viene spedita la Cuvée imperiale.

L’ERBA DEL VICINO
Da attento osservatore delle dinamiche italiane, Giovanni Felini si spinge a fornirci la propria visione sulle dinamiche di un territorio vicino, l’Oltrepò Pavese, che a differenza della Franciacorta fatica a trovare spazio e rilevanza nazionale.

“Da consumatore – spiega – ritengo che l’Oltrepò Pavese non riesca a emergere per una questione culturale. Sono sempre stati legati a un vino di massa, o comunque a un vino di consumo di massa e di basso profilo. Per loro emergere significa spolverarsi da dosso questo aspetto. Un po’ come fare la ristrutturazione di una casa: diventa più bella, ma perde il fascino antico. Ora: meglio la funzionalità o il fascino? Sarebbe perfetto ricostruirla rendendo questo fascino più funzionale. L’Oltrepò Pavese si contraddistingue tuttavia anche per grandi produzioni di Pinot Nero in purezza. Quello che dovrebbero fare è essere un po’ meno tosti, un po’ meno cocciuti e collaborativi. Tra di loro, innanzitutto”. Un consiglio che sarà considerato dalle parti di Pavia?

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Ostuni e Milano, gemellaggio a “colpi” di vino pugliese per Carnevale

Imperdibile e soprattutto gratuito l’evento in programma per il 12 e il 13 febbraio al Siam di via Santa Marta 18, a Milano. Sarà sufficiente versare la cauzione per bicchiere e borsina per poter degustare vini rossi e rosati direttamente dalla Puglia, portati in degustazione dalla città bianca di Ostuni. Un’ottima opportunità per conoscere e apprezzare una realtà storicamente votata al vino da tavola, che negli ultimi anni ha saputo tuttavia produrre “nettari” unici, per corpo e qualità: Castel del Monte e Primitivo per citarne solo alcuni. Una regione, la Puglia, attenta a cogliere le proprie potenzialità in ambito vinicolo e anche turistico: l’evento infatti è concepito come una sorta di fuori salone della Bit.

Per chi non ha più l’età per festeggiare il carnevale ambrosiano, per chi vuole dare un contenuto diverso al consueto “giro in centro” e respirare un po’ di “mediterraneo2 a Milano, Wine at 5Vie sembra una buona occasione. Durante la manifestazione sarà possibile degustare, oltre a un’attenta selezione di prodotti pugliesi, anche vini di produttori provenienti da tutta Italia tra cui Bussi Piero, Tenuta Mazzolino, il Gruppo Vignaioli La Castellana (Tenuta Salvaterra e Villa Giona), Marchese Luca Spinola, Corte Fusia, Tenute Pacelli, Tenuta San Giaime, Torre degli Alberi, Tenuta Castello di Grumello, Marcato Vini. In programma, inoltre, showcooking di piatti tipici della cucina pugliese, musica e pizzica di artisti locali, oltre all’immancabile mozzarella che sarà preparata “live”.

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