Giorgio Piazza è stato riconfermato presidente del Consorzio Vini Venezia. Accanto al titolare dell’omonima azienda agricola siederanno nel ruolo di vicepresidenti Franco Passador (Vi.V.o Cantine) e Mauro Stival (Moletto Vini). Il nuovo consiglio di amministrazione sarà rappresentato inoltre da Andrea Masat (Ornella Bellia), Simone Cecchetto (Ca di Rajo), Brino Antonio (Cantina sociale di Tezze di Piave), Manfredo di Porcia e Brugnera (Principi di Porcia), Alberto Nadal (Az. Agr. Enologo Valerio Nadal) e Raffaele Foglia (Tenuta Planitia).
Il Consorzio, annuncia l’ente in una nota, lavorerà nel prossimo triennio «mantenendo e rafforzando in prospettiva la posizione raggiunta in questi anni, valorizzando le cinque denominazioni Malanotte del Piave Docg, Lison Docg, Piave Doc, Venezia Doc e Lison-Pramaggiore Doc». «Grazie all’impegno congiunto dei produttori e membri del consiglio – continua il Consorzio Vini Venezia – abbiamo ottenuto risultati significativi negli anni passati, ponendoci per il futuro un più ampio respiro internazionale attraverso iniziative mirate nei principali paesi target».
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Un weekend insolito per scoprire un territorio unico attraverso i suoi prodotti tipici: il vino Erbaluce, le mele, il riso di Baraggia, unica Dop di riso italiano e il miele. È l’occasione offerta dall’E-Bike Food Festival della Serra Morenica, kermesse alla prima edizione in programma a Roppolo, in provincia di Biella, sabato 11 e domenica 12 maggio. Promosso da Biella & Buona e Slowland Piemonte, l’E-Bike Food Fest della Serra Morenica è un viaggio tra sapori e paesaggi lungo le rive del Lago di Viverone, situato a meno di un centinaio di chilometri da Milano e a poco più di cinquanta da Torino.
IL PROGRAMMA DELL’E-BIKE FOOD FESTIVAL DELLA SERRA MORENICA
Sabato 11 maggio, con partenza dal Castello di Roppolo alle 14.30, è possibile scegliere tra due facili percorsi di 30 chilometri, uno sul lato biellese e uno sul versante canavesano. Per entrambi il costo è di 15 euro e include le degustazioni, il noleggio dell’e-bike e la guida ciclo-turistica. Per chi vuole partecipare con una propria bicicletta il costo è di 5 euro. La prenotazione è sempre obbligatoria e si può effettuare qui per entrambi i circuiti.
Domenica 12 maggio il tour del gusto prosegue nelle vie intorno all’antico e misterioso Castello di Roppolo con il mercato contadino e le altre specialità gastronomiche del luogo. Sarà inoltre disponibile uno spazio per il noleggio di e-bike per conoscere, questa volta in autonomia, tutte le aziende agricole visitate il giorno precedente. Qui maggiori dettagli e prenotazioni obbligatorie.
PAOLA GIANOTTI MADRINA DELL’EVENTO
“Gli itinerari dell’E-Bike Food Fest attraversano alcune delle aree più suggestive della Serra Morenica», spiega Paola Gianotti, madrina dell’evento e ultraciclista detentrice di quattro record del mondo registrati nel Guinness dei primati, incluso quello di donna più veloce del pianeta ad aver fatto il giro del mondo in bici.
«Le mie radici sono qui – continua – mi alleno qui da sempre. Per preservare questi luoghi è importante che siamo conosciuti da tutti, il turismo sostenibile e rispettoso dell’ambiente è la strada da percorrere. Roppolo è un paese che ben rappresenta l’attenzione per le nuove tendenze del turismo lento, non a caso sarà il centro di questo evento. Un paese che in questi ultimi anni è giustamente stato riscoperto per il suo castello, le vedute sul paesaggio e la natura».
E-BIKE FOOD FEST 2024
Mercoledì 8 maggio Convegno: Innovare nelle zone rurali. Area vasta tra Biellese, Vercellese e Canavese Ore 18.00, Salone Polivalente, Roppolo (BI) Via Marconi, Cortile della Posta
Evento gratuito. Interverranno: Filippo Barbera, RiAbitare l’Italia; Nazarena Lanza, Slow Food Travel Montagne Biellesi e Città Arcipelago Fondazione Pistoletto; Enrico Giacopelli, coordinatore del progetto del Museo a cielo aperto dell’architettura moderna d’Ivrea. Presenta: Pancrazio Bertaccini, Assessore al turismo Comune di Roppolo.
Sabato 11 maggio Itinerario 1: in e-bike dai produttori del Biellese con guida ciclo-escursionistica Partenza dal Castello di Roppolo alle 14 con rientro attorno alle 19 Lunghezza: 30 km – Difficoltà: facile Costo: 15 € con noleggio e-bike; 5 € con bici muscolare o assistita propria.
Visite: Ca’ Riunci –Canavese Doc Rosato Guerrini – Riso di Baraggia Dop Cascina Torrine – Erbe spontanee e allevamento Pozzo – Vino Erbaluce di Caluso Docg
Itinerario 2: in e-bike dai produttori del Canavese con guida ciclo-escursionistica Partenza dal Castello di Roppolo alle 14 con rientro attorno alle 19 Lunghezza: 30 km – Difficoltà: facile Costo: 15 € con noleggio e-bike; 5 € con bici muscolare o assistita propria. Prenotazione obbligatoria qui.
Visite: Il Frutteto di Marta e Maria – mele di antiche varietà Le Querce – miele con Presidio Slowfood Castello di Azeglio – Erbaluce Docg e vino passito Tenuta Campera – Vino della vigna di “Sape neire” – vino rosso e bianco dell’oste della Trattoria Tarello
Domenica 12 maggio – Castello di Roppolo Mercatino e bancarelle di produttori del Biellese e del Canavese Dalle 10:00 alle 16:00
Laboratorio di riparazione d’urgenza delle bici e e-bike Ore 11 e 15 presso lo stand di “A ruota libera”
Stand di noleggio e-bike per visite su appuntamento dai produttori: Agricola Pastoris – Vino Erbaluce di Caluso Docg biologico Azienda Agricola Pozzo – Vino Erbaluce di Caluso Docg Azienda Agricola Manfrinati – Vino biologico Azienda Agricola Davide Zola – Frutta e verdura Amedeo Ferragatta – zafferano
Strutture convenzionate a Roppolo
Per mangiare (prenotazione obbligatoria) Ristorante Tarello Tenuta Variselle
Per dormire Tenuta Variselle B&B Le Lune Casa del Movimento lento Villa Emilia
Per chi arriva in treno Navetta dalla stazione di Santhià (a pagamento con Bellotti autonoleggio)
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Maurizio Montobbio è stato riconfermato presidente del Consorzio Tutela del Gavi dal nuovo Cda. Si tratta del terzo mandato e del secondo consecutivo alla presidenza per Montobbio, chiamato ora ad allargare le maglie del disciplinare del Gavi Riserva, rendendolo più appetibile per i produttori. È infatti questa la via che sembra voler percorrere il Consorzio di tutela del noto bianco piemontese, con l’obiettivo di arrivare, entro qualche anno, a un milione di bottiglie di Riserva. E iniziare così a promuovere una caratteristica dei vini ottenuti dalle uve Cortese ancora sconosciuta ai più, in Italia come all’estero: la loro estrema longevità.
In questo compito – e in altri – Maurizio Montobbio sarà affiancato dai vicepresidenti Dario Bergaglio (Azienda agricola La Chiara) e Massimo Marasso (Fratelli Martini). Gli altri membri eletti sono Giancarlo Cazzulo, Cantina Produttori del Gavi, Roberto Ghio, Vigneti Piemontemare, Stefano Moccagatta, Villa Sparina, Alessandro Cazzulo, Cantina Produttori del Gavi, Fabio Scotto, Vite Colte, Claudio Manera Araldica Castelvero, Gianlorenzo Picollo Picollo Ernesto, Gianni Martini, Fratelli Martini. Due le produttrici che entrano a far parte del Consiglio: sono Francesca Rosina dell’azienda agricola La Mesma e Silvia Scagliotti di Castellari Bergaglio.
Il neopresidente, al suo secondo mandato consecutivo, il terzo se si conta anche il triennio dal 2015 al 2018, commenta così l’elezione: «Sono orgoglioso che ci sia nuovamente una rappresentanza femminile all’interno del Consiglio di Amministrazione, sostenuta con forza dai soci elettori. Vorremmo un futuro del Consorzio collettivo, inclusivo e partecipato, aperto alle opinioni e alle indicazioni dei consiglieri, delle singole produttrici e dei produttori. Bisogna intendere la nuova casa del Gavi e i 50 anni raggiunti dalla nostra Doc non come traguardi di forma: il Consorzio è un luogo dove ciascuno può mettersi a disposizione per governare i cambiamenti che la denominazione deve affrontare per guardare con serenità al futuro e tutelare l’eredità storica del Gavi e il suo successo a livello internazionale».
LA RICONFERMA DI MAURIZIO MONTOBBIO
Con oltre 180 soci, 14 milioni di bottiglie prodotte vendute in Italia e in oltre 100 paesi nel mondo, una filiera locale – che impiega oltre 5000 persone – il cui valore supera i 67 milioni di euro, il Gavi Docg è una denominazione forte, compatta che deve lavorare per presidiare il proprio posizionamento in un mercato altamente competitivo e fortemente dinamico. Nel corso del primo Consiglio del nuovo mandato è stata disposta la creazione del Comitato alle Sostenibilità, sociale e ambientale, che si aggiunge al Comitato Tecnico e a quello di Promozione: «Non saranno costituiti dai soli candidati eletti nel Cda – annuncia il rieletto presidente – ma anche da figure esterne che per competenza ed esperienza, potranno collaborare alle scelte di strategia per la governance della denominazione, in Italia e all’estero».
Coinvolto nelle attività del Consorzio anche il neoeletto presidente dell’Associazione Gavi Giovani Lorenzo Bisio. «È lodevole – sottolinea Montobbio – la determinazione dei giovani produttori a impegnarsi per la promozione del Gavi Docg. Attraverso il ruolo istituzionale possono così sperimentare, dall’interno, i complessi meccanismi che sottendono la governance di una denominazione. Un ringraziamento particolare va ai consiglieri uscenti, per l’armonia con cui si è lavorato e per gli ottimi risultati raggiunti, e a quelli riconfermati, che danno stabilità e continuità alla strategia avviata nello scorso mandato. Siamo pronti per i nuovi obiettivi che ci siamo prefissati, fra tutti le modifiche del disciplinare e il rafforzamento del mercato interno». Inoltre, Maurizio Montobbio si dice pronto a rafforzare la comunicazione interna, attivando nuovi strumenti di informazione ai soci, per consolidare la rete di intesa e di accordo con i produttori.
PIÙ GAVI RISERVA NEL FUTURO DEL BIANCO PIEMONTESE
Tornando agli obiettivi del prossimo mandato, tra i più pressanti c’è il consolidamento del Gavi Riserva, privo ad oggi di una massa critica capace di sostenere un consolidamento della tipologia sui mercati, soprattutto internazionali. Ad oggi solo quattro aziende investono in questa tipologia, affinando le loro Riserve oltre il limite minimo di un anno: La Mesma, La Raia, Roberto Ghio e Cascina Binè. Insieme, le quattro cantine raggruppano appena 30-40 mila bottiglie di Riserva, a fronte di un totale di circa 14 milioni di bottiglie di Gavi Docg prodotte annualmente. Il Gavi Riserva è un fantasma da trasformare, quanto prima, in una punta di eccellenza del vino italiano.
«La proposta di modificare il disciplinare della Riserva è stata discussa solo in sede di Cda e dovrà quindi passare al vaglio dell’assemblea dei produttori», spiegava negli scorsi mesi il presidente del Consorzio di Tutela del Gavi. «L’idea – precisava Maurizio Montobbio – è quella di alzare la resa dagli attuali 65 quintali all’ettaro ad 85 quintali all’ettaro, uniformandola a quella dei Gavi con menzione vigna. Il tutto considerando che la resa del nostro “base” è già molto bassa rispetto a quella di molti altri bianchi italiani, essendo fissata a 95 quintali all’ettaro. Inoltre, riteniamo che a fare la differenza per un vino come la Riserva possa essere non tanto la resa inferiore, quanto un periodo maggiore di affinamento, prima della commercializzazione».
GAVI, 50 ANNI “DOC” NEL 2024 E NON SOLO
Con le regole attuali, forse eccessivamente restrittive per un vino bianco, questa tipologia risulta poco “sostenibile” anche per il Consorzio, che non riesce a fare un’adeguata promozione, essendo prodotta da pochissime aziende. La Riserva dovrebbe essere invece il biglietto da visita della denominazione, il suo “grand cru”; il vino capace di dare un senso alla grande capacità di invecchiamento del Gavi Docg. Tutto questo senza voler ovviamente sminuire il resto della produzione “d’annata”, che piace ai consumatori ed è molto sostenibile economicamente».
Il 2024 potrebbe essere così un anno davvero speciale per il Gavi Docg, ben oltre le celebrazioni per i 50 anni dal riconoscimento della Doc (era il 1974, mentre risale al 1998 la promozione a Docg) e che potrebbe essere celebrato proprio con l’importante passo avanti sul fronte della longevità del Gavi, grazie al nuovo corso del Gavi Riserva. Una tipologia che valorizzerebbe l’intera comunità di 500 famiglie impiegate nella filiera, all’interno di 190 aziende associate al Consorzio, per un totale di 1.600 ettari e un giro d’affari complessivo di 65 milioni di euro. L’export, da queste parti, la fa da padrone, interessando in media l’85% della produzione, con punte che superano il 90-95%, destinata ad oltre 100 Paesi nel mondo.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La notizia era nell’aria da almeno un mese ed oggi è realtà: Alberto Marchisio lascia Vitevis per Cadis 1898 dove, a partire da maggio, sarà il nuovo direttore generale. L’enologo piemontese, originario di Alba, prende il posto di Wolfgang Raifer, con cui Cadis ha «interrotto il rapporto» nel mese di marzo in maniera inaspettata, tanto da portare molti a parlare di un vero e proprio «defenestramento». All’orizzonte ecco dunque profilarsi la possibile creazione di un maxi gruppo, in grado di stravolgere gli equilibri di mercato del triangolo compreso tra Soave, Bardolino e la Valpolicella. Non si parla al momento di una vera e propria fusione tra Cadis 1898 e il Gruppo Vitevis. Ma le due cantine, che insieme produrrebbero circa 52 milioni di bottiglie controllando 9.200 ettari, inizieranno un percorso comune sotto la guida manageriale di Alberto Marchisio.
Il consiglio di amministrazione di Cadis 1898 non ha solo trovato l’accordo con il manager per la direzione generale ma anche stabilito che possa mantenere «un rapporto di consulenza con Cantine Vitevis, l’azienda di provenienza». Il Cda di Vitevis, inoltre, «con la prospettiva di dare continuità al percorso intrapreso da Marchisio, distribuiràdeleghe ai responsabili di diversi settori presenti all’interno della cantina, in una logica di valorizzare delle competenze acquisite e delle risorse interne», si legge in una nota diffusa ieri dallo staff di Marchisio.
CANTINA DI SOAVE E VITEVIS: NASCE UN NUOVO COLOSSO DEL VINO ITALIANO?
L’eventuale formalizzazione della nascita di un gruppo che riunisca sotto a un unico “cappello” i due giganti del vino del Veneto, porterebbe alla leadership assoluta del Soave, nonché della denominazione spumantistica del Lessini Durello. Non solo: esclusa la Valpolicella Classica, il colosso controllerebbe gran parte della produzione della Valpolicella, oltre ad avere la maggioranza quasi assoluta di Custoza e un’ampia fetta dell’areale di Bardolino e del Bardolino Chiaretto (interessato da una vera e propria rivoluzione che ha portato al sorprendente allontanamento di Franco Cristoforetti dal Consorzio, con la presidenza affidata lo scorso anno a Fabio Dei Micheli). L’eventuale influenza sul territorio potrebbe essere paragonabile a quella esercitata da Cavit, in Trentino, riferita però alle maggiori Doc della provincia di Verona.
“Fantavino” o qualcosa di più? Marchisio e Cadis, al momento, non si sbilanciano: «Dopo l’interruzione del rapporto di lavoro con l’ex direttore generale Wolfgang Raifer, avvenuta lo scorso marzo – sottolinea Roberto Soriolo, presidente di Cantina di Soave – il Cda ha maturato la convinzione che la figura di Alberto Marchisio fosse quella più idonea a guidare la nostra realtà. In lui abbiamo riscontrato eccellenti capacità comunicative nel dialogo e nell’ascolto delle persone, abilità nell’individuare strategie commerciali efficienti, nonché doti organizzative, di visione ed enologiche. Questi principi e valori sono le fondamenta su cui intendiamo costruire un solido futuro per Cadis 1898. Lo accogliamo fiduciosi nella nostra grande famiglia e gli auguriamo un avvenire ricco di successi».
LA CRESCITA DI VITEVIS CON ALBERTO MARCHISIO
Marchisio dal 2012 ricopre la carica di direttore generale di cantina Colli Vicentini, oggi Cantine Vitevis, realtà giuridica nata nel 2015 dalla fusione di tre cooperative vicentine (Colli Vicentini di Montecchio Maggiore, Cantina di Gambellara e Cantina di Malo) e a seguire con l’acquisizione di Cantina di Castelnuovo del Garda in provincia di Verona nel 2019. «Un importante percorso di consolidamento sviluppato e diretto personalmente», si legge nella nota stampa con la quale viene ufficializzato il nuovo incarico in Cadis.
«Devo molto a Cantine Vitevis – commenta Alberto Marchisio – per l’esperienza maturata sia dal punto di vista manageriale che umano. Il mio ruolo all’interno della cooperativa è stato quello di individuare una nuova strategia per le realtà vinicole che la componevano, valorizzando le singole cantine, ciascuna per la propria identità e peculiarità senza cancellarne la storia, per organizzare una realtà innovativa e credibile sul mercato attraverso prodotti di qualità rappresentativi del territorio. A mio avviso, il ruolo di un direttore generale è quello di lavorare in una prospettiva di medio lungo periodo, come è avvenuto in Vitevis, tracciando un percorso ben preciso che può proseguire anche assumendo un nuovo incarico».
MARCHISIO A SOAVE: VITEVIS SI RIORGANIZZA
La posizione in Cadis1898 rappresenta per il nuovo direttore generale «una sfida stimolante in una delle più significative realtà del panorama vinicolo nazionale; il confronto costruttivo con il territorio e il dialogo con le persone che lo rappresentano saranno fondamentali, così come il coinvolgimento dei collaboratori e il lavoro di squadra quotidiano», commenta Alberto Marchisio. A continuare il progetto manageriale avviato da Marchisio, in Vitevis ci saranno figure già presenti in azienda a partire dal direttore Guido Allione, che dallo scorso agosto si occupa di ottimizzare i processi produttivi, dell’organizzazione interna e del personale.
Ad affiancarlo per il mercato estero saranno Valeria Quagiotto che, oltre alla vendita si occuperà del coordinamento dei brand aziendali e Roberto Sembenini che si dedicherà anche ai marchi privati. Per il mercato domestico sarà Stefano Argenton a promuovere la vendita del prodotto confezionato, mentre Stefano Lovato, enologo di esperienza, si occuperà di coordinare il comparto enologico e delle vendite dei vini sfusi. Le nuove direzioni opereranno in sinergia all’interno di un consiglio direttivo guidato dal presidente Silvano Nicolato.
«Siamo convinti che la strada individuata sia funzionale alle esigenze di crescita della cantina – evidenzia proprio quest’ultimo – garantendo continuità e valorizzando le risorse interne, figure capaci ed esperte del settore del vino, con una profonda conoscenza dei meccanismi aziendali della nostra realtà. Una squadra che ha dimostrato in questi anni di avere la capacità e di tenere il passo in un mercato in continua evoluzione. Ringraziamo Alberto Marchisio per il suo impegno, apporto e dedizione – conclude Silvano Nicolato – che hanno fatto crescere la nostra cooperativa a beneficio dei suoi soci. Il fattore umano è da sempre al centro della nostra storia e lo dimostra anche questa scelta, siamo una cooperativa del territorio, rappresentiamo oltre mille soci, lavorare in squadra in condivisione è una condizione che conosciamo da sempre».
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La marcia di avvicinamento a Sicilia en Primeur 2024 è quasi terminata. Oggi a Palermo è stato presentato il “palinsesto” dell’annuale anteprima dei vini siciliani organizzata da Assovini Sicilia, in programma a Cefalù dal 9 all’11 maggio. “Cultivating the future“, il tema di Sicilia en Primeur 2024, ripercorre le tappe più significative di Assovini Sicilia – dalla nascita ad oggi – proiettandosi verso il futuro. «Sarà un’edizione speciale con un doppio compleanno – anticipa Mariangela Cambria, presidente di Assovini Sicilia -: venticinque anni dalla fondazione di Assovini Sicilia e vent’anni anni dalla prima edizione di Sicilia en Primeur. L’associazione, che oggi riunisce cento aziende vitivinicole, è protagonista della storia della vitivinicoltura siciliana e della sua rivoluzione, grazie alla straordinaria visione dei suoi fondatori e all’impegno dei successori e delle aziende che in questi anni hanno lavorato per promuovere il vino siciliano come ambasciatore culturale nel mondo, valorizzando la diversità del continente vinicolo siciliano».
SICILIA PRIMA IN ITALIA PER ETTARI DI VIGNETI BIOLOGICI
Saranno oltre cento i giornalisti, tra stampa italiana ed estera, che parteciperanno alla kermesse; a questi si aggiungono cinquantanove aziende associate e la presenza di Pietro Russo, neo Master of Wine, insieme a professionisti del settore che guideranno i seminari tecnici in programma. L’evento, ideato ed organizzato da Assovini Sicilia sin dal 2004, si conferma l’appuntamento più importante per il vino siciliano. Intanto l’Osservatorio sulla competitività delle Regioni del Vino – Sicilia, realizzato da Nomisma Wine Monitor in collaborazione con UniCredit, fotografa la Sicilia quale secondo “vigneto” d’Italia per estensione, con 95.760 ettari coltivati, ed è la prima regione per superfice vitata bio.
Il 2023 è stato un anno complesso per il settore del vino, con un calo nelle importazioni a livello mondiale legato a ragioni sia di carattere congiunturale che strutturale. Ad un overstock di acquisti da parte degli importatori, generato da timori nelle rotture delle catene di approvvigionamento e di rialzi dei prezzi, si sono aggiunti gli effetti del rallentamento economico e del calo nella capacità di spesa dei consumatori, messa sotto pressione da fenomeni inflattivi. Accanto a questi impatti di natura congiunturale, si sono resi più evidenti gli effetti dei cambiamenti strutturali che da tempo affliggono i consumi di vino: riduzione degli acquisti di vino rosso, minor propensione al consumo da parte delle giovani generazioni, maggior attenzione al contenuto di alcol e orientamento delle preferenze verso vini più leggeri e a minor gradazione alcolica.
CRESCE L’EXPORT DEI VINI BIANCHI SICILIANI
I vini bianchi e le colture biologiche trainano la Sicilia che resiste alla contrazione dei raccolti di uve dell’ultima vendemmia dovuta agli eventi climatici estremi e all’attacco della peronospora. Sul fronte delle esportazioni in Sicilia nel 2023, flettono le esportazioni di vini rossi DOP (-4%) mentre cresce l’export di vini fermi bianchi DOP (+ 7%). L’export di vini bianchi DOP siciliani cresce negli Stati Uniti (+29%), seguito dal Canada (+13,9%) e dalla Germania (+6,8%). Per i rossi DOP siciliani la maggiore crescita dell’export si ha con la Francia (+7,5%), seguito dal Regno Unito (+6,8%).
È comunque da precisare che i dati Istat di export tengono conto del luogo di spedizione all’estero, per cui sfuggono i quantitativi di vino siciliano che non partono direttamente dalla Sicilia per l’estero, ma partono da porti ubicati in altre regioni alle quali questi volumi di prodotto vengono computati come export vinicolo. Per cui si stima che in realtà il commercio estero di vini e mosti siciliani sia superiore rispetto ai dati ufficiali Istat.
BENE IL VINO SICILIANO AL SUPERMERCATO
I dati positivi arrivano anche dalla grande distribuzione organizzata dove le vendite di vini Dop regionali sono cresciute del 5,3% a valore (contro una media nazionale del +3,4%) e del +0,3% a volume (contro un calo del -1,9%). L’edizione 2024 dell’Osservatorio si è arricchita dei risultati di una survey che ha coinvolto 1.000 consumatori italiani di vino, rappresentativi della popolazione italiana per genere, età e residenza territoriale. Gli obiettivi dell’indagine sono stati, tra gli altri, quelli di valutare la notorietà dei principali vini a denominazione presso il consumatore, identificare le regioni maggiormente apprezzate nella produzione di vini per tipologia e mostrare i comportamenti di consumo a livello territoriale (frequenza, canali di acquisto, ecc). percezione del brand Sicilia.
Le etichette siciliane si sono piazzate al quinto posto dietro i vini di Piemonte, Toscana, Veneto, Toscana e Friuli Venezia Giulia. Fra i vini rossi l’Isola scende al sesto posto ma risale al terzo per i vini bianchi. A guidare questa crescita “bianca” è il Grillo. «Lo studio UniCredit-Nomisma – sottolinea Salvatore Malandrino, Regional Manager Sicilia di UniCredit – mette in luce un mercato globale e domestico del vino in continua evoluzione, sia per ragioni interne al settore che per dinamiche più ampie afferenti alla sfera economica e geopolitica».
«Proprio per questo UniCredit si è impegnata a rinnovare la gamma di strumenti di sostegno per il settore, da affiancare al tradizionale supporto creditizio. Penso per esempio al plafond da 1 miliardo di euro nell’ambito dell’iniziativa ‘UniCredit per l’Italia’ a supporto degli investimenti delle imprese agricole e agroalimentari, alle emissioni obbligazionarie di minibond e al rinnovato assetto della nostra rete con la presenza di gestori e specialisti agribusiness, che sono in grado di supportare in modo ancora più mirato le realtà del settore».
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Ecco InGravel Morellino 2024, dopo il grande successo della prima edizione del 2023. L’appuntamento è per il 20, 21 e 22 settembre a Scansano. La manifestazione cicloturistica non competitiva organizzata da Asd Orbetello Bike Tribe in collaborazione con Gbc Ride costituisce una modalità nuova per scoprire la terra del Morellino di Scansano, la Maremma, valorizzando l’enogastronomia dell’entroterra maremmano in una forma inedita. Nel segno delle peculiarità delle biciclette “gravel”, i tre percorsi ad anello – della lunghezza variabile tra i 45 e gli 80 chilometri – saranno di carattere misto asfalto-strade bianche-strade sterrate, con tappe tra i vigneti e le cantine del territorio.
«Il Morellino di Scansano – commenta Bernardo Guicciardini Calamai, presidente del Consorzio di Tutela del rosso toscano – è un vino che ben sa distinguersi dalle altre denominazioni, che nasce e matura in un territorio unico, incontaminato e autentico, meta ideale per l’enoturismo e gli sport outdoor. Un vino che sa esprimersi dentro e fuori dal calice e che si abbina perfettamente ad altri mondi come, ad esempio, quello dello sport».
MORELLINO E SPORT, LEGAME SEMPRE PIÙ FORTE
«Il ciclo turismo – conferma Alessio Durazzi, direttore del Consorzio – è in forte crescita. Sfruttando l’onda lunga del suo successo e la bellezza dei paesaggi che caratterizzano il territorio della nostra denominazione, abbiamo deciso di promuovere il brand Morellino di Scansano anche attraverso le tante esperienze che il turista ha la possibilità di vivere nel territorio. Ad accompagnarlo nella scelta c’è il portale dedicato, “Visitmorellino”. Il mondo della bici è per noi una leva strategica e la sua presenza nella nostra area è sempre più diffusa. Per questo, anche quest’anno, saremo partner di InGravel».
L’edizione 2024 è stata presentata dal Consorzio proprio in occasione di Vinitaly. Presenti gli ideatori di InGravel Morellino, Andrea Gurayev e Werner Peruzzo, oltre ad altri importanti personaggi del mondo delle due ruote, tra cui Alessandro Ballan, campione del mondo in linea 2008, e Riccardo Magrini, telecronista di Eurosport. L’appuntamento è dunque in Maremma dal 20 al 22 settembre, con la possibilità di registrarsi già a questo link.
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Si chiama Grow du Monde e nel 2024 è in programma in Ungheria. Si tratta del concorso enologico che valorizza uno dei vitigni più sottovalutati d’Italia, ovvero il Riesling italico. “Grow” è l’acronimo che sintetizza gran parte dei nomi internazionali di questa varietà, che ha un ruolo centrale in diverse nazioni dei Balcani e nell’Europa dell’est: “Gr” per Graševina (Croazia) e Grašac (Serbia) , “O” per Olaszrizling (Ungheria) e “W” per Welschriesling (Austria, Germania, Svizzera). Diffuso anche in Repubblica Ceca (Ryzlink vlašský), Romania (Riesling italiano) Slovacchia (Rizling Vlašský), Slovenia (Laški Rizling) – oltre che in Cina – il Riesling italico sarà al centro di Grow du Monde International Wine Challenge 2024 a Balatonfüred, in Ungheria, dal 29 maggio al 2 giugno.
A valutare i campioni provenienti dai principali Paesi produttori sarà una giuria internazionale di esperti del settore, tra cui figurano anche alcuni master of wine. L’Italia partecipa alla giuria con il direttore di winemag.it, Davide Bortone e, per la prima volta, con i campioni di almeno cinque aziende, tutte dell’Oltrepò pavese (la regione vinicola conta oltre 1.100 ettari di Riesling italico). Si tratta di Colle del Bricco, Perego&Perego, Cantina Scuropasso, Losito e Guarini e Azienda agricola La Sbercia. Per l’iscrizione dei campioni e il loro invio in Ungheria c’è tempo fino al 30 aprile (info@growdumonde.eu) e, dunque, la rappresentanza italiana al concorso può diventare ancora più corposa.
Grow du Monde 2024 sarà ospitato dalla regione vinicola del Balaton, che si trova a circa 1 ora e mezza ad ovest di Budapest e prende il nome dal lago che è considerato «il mare degli ungheresi». Nella zona è presente una denominazione tra le più articolate del Paese, Csopak, che vede al centro proprio l’Olasrizling e i suoli vulcanici della zona. La cerimonia di premiazione e la degustazione aperta al pubblico si terranno il 31 maggio presso il Centro Congressi di Balatonfüred. Il prossimo Paese ospitante, nel 2025, sarà la Repubblica Ceca, mentre Grow du Monde 2026 si terrà nuovamente in Serbia – dopo l’edizione del 2022 tenutasi a Petrovaradin/Novi Sad – con l’idea che ogni evento successivo sarà ospitato da un Paese diverso. Non è escluso che un’edizione di Grow du Monde, prossimamente, si tenga anche in Italia, in particolare proprio in Oltrepò pavese.
IL RIESLING ITALICO: UN VITIGNO MISTERIOSO
Intanto, il concorso continua a promuovere la grande varietà ampiamente diffusa in Europa centrale e nel bacino del Danubio, di cui poco si conosce a livello scientifico. Lo studio più recente e articolato sul Riesling italico, condotto dal Cnr italiano e da ricercatori del calibro di Stefano Raimondi, ha stabilito il nome di uno dei due “genitori” della varietà – la Coccalona Nera, quasi estinta e un tempo diffusa nell’areale compreso tra Tortonese, Oltrepò pavese e Colli piacentini – mentre è ancora sconosciuto l’identikit dell’altro vitigno da cui il l’Italico ha avuto origine.
Lo studio del Cnr pone le basi per un futuro nuovo per il Riesling italico e per la sua valorizzazione, che potrebbe innanzitutto passare da un suo effettivo riconoscimento nei disciplinari di produzione della sua area di elezione, l’Oltrepò, dove al momento non può essere menzionato come tale ma solo – genericamente – come “Riesling” (in netta confusione con il Riesling Renano, con cui l’Italico non ha nulla a che fare). Le eventuali modifiche al disciplinare oltrepadano dipendono dalla legislazione nazionale legata ai due Riesling, che da un lato impedisce di menzionare l’Italico e dall’altro invita i produttori a non utilizzare il termine “Renano”, facendo riferimento all’areale vitivinicolo tedesco, protetto e riconosciuto a livello giuridico dall’Ue.
«In Italia – commenta a winemag.it il professor Attilio Scienza – il Riesling italico è coltivato praticamente solo in Oltrepò e un po’ in Friuli. Quasi un ricordo degli anni Sessanta e Settanta, quando era la base per gli spumanti metodo italiano dei piemontesi. Nel futuro si può ipotizzare l’uso di qualche suo sinonimo autorizzato, quale ad esempio “Risli” o “Rismi“. Il nome “italico” è di fatto la traduzione del termine tedesco “walsch”, con il quale si aggettivavano i vitigni stranieri, tra cui quelli italiani, coltivati nei territori di lingua tedesca». Insomma, una delle tante partite aperte in Oltrepò pavese, territorio che sarà certamente sotto i riflettori a Grow du Monde 2024.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Era il 23 aprile del 1974 quando Giorgio Lungarotti e sua moglie Maria Grazia Marchetti inaugurarono il Museo del Vino di Torgiano. Sono trascorsi 50 anni da quel taglio del nastro e oggi la famiglia Lungarotti festeggia questo compleanno speciale con la Mostra fotografica “Cinquanta anni del Museo del Vino a Torgiano MUVIT” che avvia una nutrita serie di eventi celebrativi che si susseguiranno durante l’anno. La rassegna fotografica, che resterà aperta fino al 31 ottobre 2024, ripercorre i momenti più significativi di questo mezzo secolo di storia attraverso l’evoluzione delle collezioni, visite di personaggi illustri, mostre in sede e presenze nel mondo, convegni a tema, pubblicazioni. Una storia a tappe raccontata attraverso fotografie, dislocate nelle sale museali, che testimoniano il processo di costante evoluzione del MUVIT attraverso ampliamenti, acquisizioni, allestimenti.
Natoda un’idea di Giorgio e Maria Grazia Lungarotti, lui fondatore dell’omonima azienda vitivinicola che ha reso l’Umbria del vino famosa nel mondo, lei storica dell’Arte e archivista, il MUVIT di Torgiano è stato definito dal New York Times «il migliore museo del vino in Italia» per la qualità delle collezioni esposte: oltre 3 mila manufatti, tra reperti archeologici, contenitori vinari in ceramica di età medievale, rinascimentale, barocca e contemporanea, incisioni e disegni dal XV al XX secolo e altre testimonianze che documentano l’importanza del vino nell’immaginario collettivo dei popoli che hanno abitato il bacino del Mediterraneo e l’Europa continentale.
UN MUSEO IN CONTINUA EVOLUZIONE
«Il Museo del Vino di Torgiano – ricorda Maria Grazia Marchetti Lungarotti, direttrice della Fondazione Lungarotti – ha superato barriere, affrontato realtà mai focalizzate, sempre affiancate da opere, immagini, piante, corredi tecnici oltre che da una lineare musealizzazione in suggestivi ambienti, continuamente accresciuto nelle collezioni ed ampliato, sempre aggiornato. Sotto la mia “materna” direzione ha vissuto in questi cinquanta anni una vita culturale intensamente attiva, senza cedimenti».
«Un anniversario significativo, mezzo secolo di storia – aggiunge Teresa Severini, che affianca la madre Maria Grazia nella direzione della Fondazione Lungarotti – che però non è un traguardo ma una tappa: un museo che attesta un così profondo legame tra vino, storia, arte, mito e leggenda non può arrestarsi. Valido impulso alla diffusione di una cultura della vite e del vino e della consapevolezza ad un bere responsabile, non a caso è stato scelto dal Ministro Lollobrigida per rappresentare, insieme a capolavori di altri importanti musei, il binomio vino-cultura nell’area del MASAF a Vinitaly 2024».
Museo del Vino di Torgiano
Palazzo Graziani Baglioni Corso Vittorio Emanuele II, 31, 06089 Torgiano (PG) Tel. 075 988 0200 prenotazionimusei@lungarotti.it
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Francesco Montalbano, senese, classe 1980, è il nuovo direttore di Castello di Meleto (Gaiole in Chianti, Siena). Non un nuovo arrivo ma un «ritorno gradito», dal momento che Montalbano aveva coperto il ruolo di direttore amministrativo fino al 2017. Dopo le esperienze in Biondi Santi e nel mondo degli spirits, torna con un nuovo bagaglio da mettere a disposizione di un’azienda divenuta un modello produttivo unico nel proprio genere. Le linee guida che seguirà sono legate alla valorizzazione delle singole vigne, creazione di una cantina all’avanguardia, sviluppo di un turismo da “wine resort”, conservazione e valorizzazione del patrimonio architettonico e storico. Il nuovo incarico arriva dopo il cambio al vertice, con il passaggio di consegne tra il nuovo presidente di Castello di Meleto, Stefano Ilari, e la presidente uscente Lucia Pasquini.
MONTALBANO E IL NUOVO CORSO DI CASTELLO DI MELETO
«Castello di Meleto – afferma Montalbano – è sempre rimasto nel mio cuore. Quando mi è stato chiesto di assumere la guida di una realtà che in questi anni è cresciuta molto, ho accettato con entusiasmo. Proseguiremo con ancora maggior impegno lo splendido lavoro impostato da Michele Contartese, che ringrazio e che stimo da sempre». Molti i progetti in fase di sviluppo. Proseguirà l’impegno nella valorizzazione delle cinque sottozone vitate, Casi, Meleto, San Piero, Poggiarso e Moci, e delle singole selezioni di vigna. Un lavoro che si farà ancora più accurato grazie al rinnovamento della cantina, che unirà efficienza produttiva alla possibilità di organizzare visite e tour aperti al pubblico.
Un impegno importante è dedicato alla conservazione e valorizzazione del patrimonio architettonico e culturale di Castello di Meleto. A maggio è prevista l’apertura della Torre Parabuio, luxury suite che prende nome dal vino più iconico dell’azienda. Situata in una delle torri del Castello, dotata di ogni confort, dalla vista mozzafiato alla Spa privata, segnerà un nuovo passo verso l’enoturismo di alto livello. Sempre nell’ottica della valorizzazione del patrimonio architettonico e culturale, a breve si concluderanno i lavori di restauro della Pieve di Spaltenna, che sarà riconsegnata agli abitanti di Gaiole in Chianti e a tutti i visitatori che vorranno scoprire questa splendida chiesa dell’XI secolo.
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Sarà l’Armenia ad ospitare la prossima Conferenza mondiale sul turismo del vino 2024, che si svolgerà dall’11 al 13 settembre. Ad annunciarlo è UN Tourism, l’organizzazione del Turismo delle Nazioni Unite. Rinomata per le sue ricche e antiche tradizioni vinicole, l’Armenia, come paese ospitante, offre uno sfondo ideale per il meeting internazionale. L’ottava edizione della conferenza rappresenta un’opportunità unica per gli operatori turistici di individuare tendenze emergenti e opportunità di sviluppo. L’evento riunirà una variegata gamma di partecipanti internazionali, tra cui rappresentanti di enti pubblici, organizzazioni per la gestione delle destinazioni (Dmo), organismi globali e intergovernativi, rinomati esperti del settore vinicolo e vari altri attori chiave.
Si tratta di un forum innovativo per collaborare e ideare soluzioni concrete e una risorsa inestimabile per l’industria internazionale del turismo enogastronomico. L’Armenia, con il suo mix di antiche tradizioni vinicole, varietà di uve autoctone, terroir diversificati e un profondo legame culturale con il vino, è l’host ideale per la conferenza del 2024. Tra le molte esperienze emozionanti che attendono i partecipanti di questa conferenza, ci sarà l’opportunità di esplorare la caverna di Areni-1, dove è stata ritrovata la più antica cantina al mondo, risalente a 6.100 anni fa.
«La conferenza, destinata ad attirare appassionati e professionisti del vino a livello mondiale, promette di essere una pietra miliare per il settore. Non vediamo l’ora di dare il benvenuto a tutti in Armenia, dove i nostri paesaggi risuonano con le storie dei nostri vigneti e lo spirito dell’ospitalità scorre generosamente come i nostri migliori vini», dichiara Sisian Boghossian, a capo della Commissione Turismo del Ministero dell’economia della Repubblica d’Armenia.
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Negli ultimi 15 anni, la filiera dello Champagne ha ridotto le emissioni di CO2 per singola bottiglia del 20% e del 50% l’impiego di fitosanitari. La denominazione spumantistica francese tratta e recupera ad oggi – dati aggiornati a novembre 2023 – il 90% dei rifiuti industriali e riutilizza il 100% di effluenti del vino e di sottoprodotti vinicoli. Il tutto avendo raddoppiato le superfici inerbite – il 70% delle superfici della denominazione è in fase di certificazione ambientale – e, in cantina, a partire dal 2010, ha alleggerito il peso della bottiglia del 7%, (da 900 a 835 grammi). L’effetto su imballaggi e trasporti ha permesso una riduzione delle emissioni pari a 17 mila tonnellate di CO2 all’anno.
«La Champagne è dunque una regione pioniera nello sviluppo sostenibile», sintetizza Gaëlle Jacquet, direttrice Protezione e Valorizzazione della denominazione Champagne, che ieri sera ha incontrato a Milano un gruppo ristretto di giornalisti, in occasione di una cena organizzata al ristorante Innocenti Evasioni dal Bureau du Champagne Italia, rappresentato per l’occasione dal direttore Domenico Avolio. Nel 2003, la Champagne è stata la prima filiera viticola al mondo a calcolare la sua impronta carbonica e ha scritto la storia, in Francia, come prima zona viticola nazionale ad avere attuato in vigna la pratica della “confusione sessuale”, con conseguente eliminazione quasi totale dei trattamenti insetticidi.
Altro primato riguarda l’utilizzo di un parco di trattori elettrici. Linea green anche con l’apertura della prima rotta merci transatlantica “oil-free”. Nel 2017, la goletta Avontuur è partita con un carico di Champagn dal porto francese di La Rochelle per arrivare nel porto di Montreal, in Canada. Questo primo viaggio ha aperto una possibile rotta marina verde tra l’Europa e l’America del Nord, che potrebbe diventare la prima linea commerciale transatlantica senza petrolio. Sul fronte viticolo, sono infine in corso sperimentazioni con la varietà Piwi Voltis, inserita nel disciplinare a titolo sperimentale per un massimo del 10%.
IL LANCIO DI CHAMPAGNE EDUCATION
Dati e curiosità snocciolate dalla direttrice Gaëlle Jacquet in occasione di una cena che ha avuto anche scopo ludico ed educativo, che ha visto l’abbinamento – talvolta ardito – di 6 Champagne con le creazioni dello chef di Innocenti Evasioni, Tommaso Arrigoni: Bruno Paillard Rosé Prèmiere Cuvée, Duval Leroy Rosé Prestige Premier Cru, Laurent-Perrier Blanc de Blancs Brut Nature, Michel Nicaise Brut Tradition, Pommery Apanage Blanc de Noirs e Roger Coulon Heri Hodie. Un format che sarà riproposto in occasione di Champagne Education, il primo programma completo di formazione creato dal Comité Champagne, l’ente che riunisce tutte le Maison e tutti i viticoltori della regione viticola, con l’obiettivo di formare i professionisti del vino e di rafforzare le loro competenze nel dialogo con i consumatori.
Disponibile in cinque lingue, inclusa la versione in italiano, Champagne Education è accessibile al link www.champagne.education/it ed è un progetto interattivo che consente di seguire un percorso di formazione completo a partire dal proprio livello di conoscenze. Dai quiz per testare le proprie competenze iniziali fino alla formazione certificata, il portale è strutturato in cinque aree. Per conoscere al meglio il re dei vini, il passaggio iniziale è Champagne MOOC, il primo strumento di formazione online sullo Champagne. Il corso ha una durata di circa cinque ore, è accessibile 24 ore su 24 e sette giorni su sette ed è articolato in 54 video divisi in quattro aree tematiche: “Diversità e degustazione”, “L’elaborazione dello Champagne”, “Il Terroir Champenois” e “Storia ed Economia dello Champagne”.
LA NUOVA FIGURA DELLO CHAMPAGNE SPECIALIST
Al termine di ogni sezione è previsto un test per verificare i progressi e misurare il grado di apprendimento. L’area quiz e giochi è pensata per testare le conoscenze sullo Champagne e imparare in modo divertente e interattivo. Per mettersi alla prova basta sceglie un argomento tra vinificazione, viticoltura, Champagne nel mondo, turismo in Champagne, storia e gastronomia e rispondere a un set di 10 domande con diversi livelli di difficoltà. “A Champagne Story” è invece un “serious game” che consente ai partecipanti di simulare un anno di attività in Champagne nei panni del personaggio Julie che, insieme ai suoi fratelli, rileva la tenuta dei genitori per rilanciare il marchio di famiglia. Dalla vendemmia all’assemblaggio, i giocatori si cimenteranno in diverse attività.
Il portale www.champagne.education/it presenta anche un’ampia sezione di risorse per la didattica da scaricare gratuitamente. Dalle schede tematiche che vanno dalla storia allo sviluppo sostenibile fino ai video didattici e alle mappe della regione. Il portale è inoltre il punto di partenza per le attività di formazione in presenza. “Champagne Specialist” è il corso che consente di ricevere una certificazione rilasciata dal Comité Champagne attraverso la rete di centri partner selezionati in tutto il mondo e la formazione personalizzata. Con questa modalità distributori, enoteche, catene di hotel e ristoratori, così come insegnanti di scuole alberghiere, potranno mettersi in contatto con il Bureau in Italia per accedere alle attività programmate dal Bureau in Italia.
CHAMPAGNE: NUOVE TENDENZE E MERCATI EMERGENTI
Sempre in occasione della cena con la stampa a Milano, Gaëlle Jacquet ha passato in rassegna le ultime tendenze di mercato dello Champagne. «I consumi e i mercati – ha spiegato – si stanno evolvendo. Da sottolineare il forte aumento degli Champagne rosé, che sono cresciuti di 5 volte negli ultimi 20 anni. Nel 2002 rappresentavano solo il 4% delle vendite all’esportazione, nel 2022 rappresenteranno più del 10% con 20 milioni di bottiglie. In fortissima crescita sono anche gli Champagne a basso dosaggio (Extra Brut e non dosati), il cui volume è aumentato di quasi 70 volte nello stesso periodo, per raggiungere 6,4 milioni di bottiglie nel 2022. Con 171,7 milioni di bottiglie, le esportazioni rappresentano oggi quasi il 60% delle vendite totali, rispetto al 45% di dieci anni fa. Oggi, comunque, l’80% dello Champagne è ancora venduto in otto Paesi».
Canada, Messico e Corea del Sud sono tra i Paesi che stanno dimostrando un forte interesse verso lo Champagne, con una notevole crescita negli ultimi 10 anni. Rispetto al 2022, in Canada, il consumo è raddoppiato per raggiungere i 3,5 milioni. In Messico, l’aumento è stato ancora più sorprendente, triplicando i volumi e raggiungendo i 2,3 milioni di bottiglie. Anche in Corea del Sud la crescita è stata esemplare, aumentando di 4,5 volte e toccando i 2,3 milioni di bottiglie.
NUOVI “BUREAU CHAMPAGNE” IN CANADA E SVEZIA
«A dimostrazione del dinamismo di alcuni mercati – continua la direttrice Gaëlle Jacquet – stiamo estendendo la nostra rete dei Bureau, che potremmo definire le “ambasciate dello Champagne”. Stiamo aprendo un nuovo ufficio a Stoccolma, in Svezia, che lavorerà sui paesi scandinavi (Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca). L’apertura di questo ufficio è fondamentale per il nostro sviluppo futuro, poiché nei Paesi nordici il settore ha grandi ambizioni. Gli scandinavi sono amanti del vino e dello Champagne, come dimostra la crescente domanda di informazioni e, soprattutto, l’eccezionale crescita dei consumi: +67% in 10 anni».
Nonostante i dati 2023 delle spedizioni non del tutto confortanti, per certi versi segnale della congiuntura internazionale, lo Champagne rimane dunque «un punto di riferimento per i consumatori». «Ciò emerge anche dallo studio qualitativo realizzato nel 2023 da un istituto di ricerca indipendente come Ipsos – sottolinea Jacquet – che conferma l’immagine eccezionale dello Champagne e la sua posizione di leader indiscusso del lusso e del prestigio. I consumatori, insieme alla qualità, riconoscono allo Champagne il ruolo simbolico di prodotto iconico e la sua forte carica emozionale».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Manca sempre meno all’Asta Vini e Distillati di Nomisma Aste, l’appuntamento annuale della casa d’aste veronese dedicato alla vendita all’incanto di prestigiosi vini e rari distillati da collezione. L’asta si svolgerà domenica 5 maggio 2024 a partire dalle ore 15 nella meravigliosa cornice di Villa Mosconi Bertani, location meravigliosa nel cuore della Valpolicella. Verrà esitata una selezione di 213 lotti tra vini e distillati, sia italiani che stranieri. La partecipazione potrà avvenire in presenza, previa prenotazione, oppure comodamente da casa, collegandosi alla piattaforma Bid Inside. Un appuntamento imperdibile sia per gli amanti del vino, che per gli estimatori dei distillati.
Tra i vini che verranno battuti, impossibile non citare il Brunello di Montalcino Biondi Santi Riserva 1955, un’annata incredibile, una bottiglia unica. Fu proprio questa la sola bottiglia italiana ad essere inserita nell’elenco dei dodici grandi vini del ventesimo secolo firmato da Wine Spectator. Le bottiglie in Asta, in perfetto stato di conservazione, sono state ricolmate nel 2001, lo testimonia il certificato ufficiale rilasciato dalla cantina.
NON SOLO VINO: ALL’ASTA ANCHE NUMEROSI SPIRITS
Un altro vino che si distingue, inserito tra i rossi più importanti, rari e prestigiosi al mondo, è il Masseto Tenuta dell’Ornellaia. Tra le bottiglie di questa referenza che verranno vendute, merita particolare attenzione il doppio magnum del 2015. Ma non solo. Tra le etichette che gli appassionati potranno aggiudicarsi troviamo anche Sassicaia, Barolo Gaja Sperss, gli Champagne Krug, Dom Pérignon, Salon Cuvée S Brut Blanc de Blancs Le Mesnil, il re dei Pinot Noir Domaine de la Romanée-Conti, e ancora Château d’Yquem, Château Mouton Rothschild e Château Margaux. Anche tra i distillati spiccano grandi nomi: i rarissimi rum Skeldon 1973 e 1978, della leggendaria distilleria del Guyana e il rum Caroni, dell’ex distilleria caraibica divenuta un mito.
Come non menzionare poi il Cognac Grande Champagne Louis XIII Rémy Martin, un cognac speciale, venerato in tutto il mondo, creato con oltre 1.200 diverse acquaviti del terroir della Grande Champagne, alcune delle quali vecchie più di un secolo. Un’opera d’arte dentro e fuori: il decanter, infatti, è realizzato in cristallo Baccarat. E poi ancora l’iconico Macallan Red Ribbon 1950 Handwritten label Edition, un single malt del 1950 conservato in modo impeccabile e la Collezione Completa Uè Grappa Nonino Monovitigno Picolit, 27 decanter millesimati, prodotti in una serie estremamente limitata di pezzi, le cui bottiglie sono state disegnate da Venini, Riedel e Baccarat.
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L’affascinante borgo medievale di Castell’Arquato, eletto tra i “Borghi più belli d’Italia” e Bandiera Arancione del Touring Club Italiano, si prepara ad ospitare nel weekend 27-28 aprile 2024 l’11a edizione del Monterosso Val d’Arda Festival, un evento imperdibile per gli amanti della compagnia e della leggerezza, del buon vino genuino e della buona tavola. Un weekend di degustazioni, incontri, musica e cultura. Nella suggestiva cornice del centro storico, tra vicoli acciottolati, torri merlate e palazzi signorili, il Festival offrirà l’occasione di degustare il Monterosso Val d’Arda DOC, un vino bianco autoctono prodotto in Val d’Arda, che non solo è diverso da cantina a cantina, ma è caratterizzato da tre diverse tipologie:
Monterosso Val d’Arda DOC: il classico, fresco e leggero
Monterosso Val d’Arda DOC Frizzante: una versione vivace
Monterosso Val d’Arda DOC Spumante: il bollicine locale
I VINI MONTEROSSO VAL D’ARDA DOC
Il vino è ottenuto da uve locali Ortrugo, Malvasia di Candia Aromatica, Moscato Bianco e Trebbiano Romagnolo. Si presenta con un colore giallo paglierino, un profumo floreale e fruttato e un gusto fresco e armonico. Un vino importante per il territorio, con una antica tradizione. Era infatti il “vino buono, quello delle Feste”, che per tradizione le “rasdore” (le massaie) offrivano agli ospiti, magari abbinato ad una fetta di “boslano” (la ciambella tipica).
Un legame forte quello tra Castell’Arquato ed il vino, si narra che il cantiniere di Papa Paolo III Farnese Sante Lancierio, accompagnando il pontefice durante una visita al borgo avesse scritto: “Castell’Arquato fa vini perfettissimi e in gran pregio, et è un gran peccato che questa collina non sia tutta vigna”.
Per due giorni circa 30 cantine locali presenteranno e faranno degustare le loro migliori produzioni, che sarà anche possibile acquistare, lungo l’antica e suggestiva via in pietra della “barricaia”, che sarà animata inoltre da mostre d’arte, esibizioni musicali e dalle degustazioni della gastronomia locale.
VINI E GASTRONOMIA DEL PIACENTINO SOTTO I RIFLETTORI
«L’entusiasmo e l’amore per il nostro bellissimo paese e territorio – commenta Franco Ticchi, responsabile dell’organizzazione del Festival e presidente dell’associazione di volontari La Goccia APS – ci spinge ogni anno a imbarcarci in un progetto faticoso, ma emozionante quando alla fine si sentono i commenti dei visitatori e degli operatori. Siamo felici di poter far conoscere le nostre bellezze, bontà ed eccellenze e dare occasione di svago e leggerezza in gioia, ritrovo e compagnia a tanti giovani, donne e famiglie. È un percorso all’interno delle nostre tradizioni che si rinnovano. Far vivere così ogni anno il borgo medioevale con allegria e rispetto ci riempie di orgoglio».
Il territorio La Val d’Arda è un territorio collinare situato in provincia di Piacenza. Il territorio è caratterizzato da un clima temperato e da un terreno fertile, ideale per la coltivazione della vite. Un viaggio alla scoperta del territorio piacentino Il Festival non sarà solo un’occasione per degustare il vino, ma anche per scoprire le bellezze del territorio piacentino. I turisti enogastronomici potranno cogliere l’occasione del viaggio – previo verifiche e prenotazioni – per partecipare a visite guidate al borgo di Castell’Arquato, con la sua Rocca Viscontea del XIV secolo, la Collegiata di Santa Maria Assunta e il Palazzo del Podestà, ai castelli della Val d’Arda e alle aziende agricole locali, immersi nella natura. Inoltre, da quest’anno si instaura una collaborazione con l’istituto professionale per l’agricoltura “Marcora” di Cortemaggiore e l’istituto professionale alberghiero Marcora-Raineri di Piacenza.
IL PROGRAMMA DEL MONTEROSSO VAL D’ARDA FESTIVAL 2024
L’edizione 2024 del Festival sarà ricca di eventi, tra cui:
Degustazioni guidate di vini, con focus sulle diverse tipologie di Monterosso Val d’Arda DOC e abbinamenti con i prodotti tipici locali
Incontri con esperti di enologia e gastronomia, per approfondire la conoscenza del vino e del territorio
Master Class dedicate alle eccellenze enologiche del territorio
Show cooking con chef locali, che proporranno ricette tradizionali e innovative con il Monterosso Val d’Arda DOC
Concerti e spettacoli musicali, per allietar il Festival
Mostre d’arte e artigianato, per scoprire le eccellenze artistiche del territorio
Un focus sulla sostenibilità ambientale, con iniziative per ridurre l’impatto dell’evento, come l’utilizzo di bicchieri riutilizzabili e la raccolta differenziata
Passeggiate naturalistiche
Un programma di eventi per bambini, per coinvolgere tutta la famiglia
NON SOLO MONTEROSSO VAL D’ARDA
Prodotti gastronomici tipici locali piacentini Il territorio piacentino è ricco di prodotti gastronomici tipici, che si potranno degustare ai banchi o nei ristoranti, tra cui:
Salumi piacentini DOP
Coppa piacentina DOP
Pancetta piacentina DOP
Formaggio Grana Padano DOP
Tortelli piacentini
Anolini in brodo
Pisarei e fasò
Non solo Monterosso Val d’Arda. L’obiettivo è quello di fare conoscere tutti i vini del territorio: le cantine selezionate porteranno anche altre eccellenze locali, con un occhio di riguardo alla Malvasia di Candia Aromatica, che è alla base dell’uvaggio del Monterosso Val d’Arda. La domenica il Festival ospiterà il Malvasia Day dedicato appunto al Malvasia di Candia. Nelle due giornate sarà inoltre presente un banco per la degustazione delle migliori bollicine della Val d’Arda. Un Festival per tutti Il Monterosso Val d’Arda Festival è un evento aperto a tutti, dagli appassionati di vino ai semplici curiosi. È una festa molto amata dai giovani, dalle donne e dalle famiglie.
Un’occasione unica per vivere un weekend all’insegna del gusto, della cultura e della scoperta, in uno dei borghi più belli d’Italia. Castell’Arquato si trova tra Piacenza e Parma, è facilmente raggiungibile da Milano, Brescia, Pavia, Reggio Emilia, Modena, Bologna, ma anche da Genova e Verona. Il Monterosso Val d’Arda Festival è stato ideato dai volontari di Castell’Arquato per promuovere il vino tipico del territorio. Con gli anni, la manifestazione è diventata anche l’occasione per favorire il turismo nella Val d’Arda e dare impulso a tutto quanto il Piacentino ha di meglio da offrire.
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Anche la Grappa del Trentino sarà tra i protagonisti della 72° edizione del Trento Film Festival (già Festival della Montagna) che si svolgerà dal 26 aprile al 5 maggio nella città. Il 26 aprile, giornata di apertura, a Palazzo Roccabruna, sede delle eccellenze enologiche e non solo del territorio, una degustazione di grappe e soprattutto di cocktail a base di grappa del Trentino.
«La grappa è forse il prodotto più rappresentativo del nostro territorio di montagna e da qualche anno vogliamo celebrarla in una delle vetrine forse più appropriate, il festival dedicato proprio al territorio montano – spiega il presidente dell’Istituto Tutela Grappa del Trentino, Alessandro Marzadro – continuiamo a farlo parlando naturalmente attraverso i nostri prodotti, ma anche in una chiave più futurista che è quella di inserire la grappa come ingrediente principale di cocktail di qualità, in questo caso realizzati da uno dei mixologist più famosi in Italia e non solo, Leo Veronesi».
COCKTAIL A BASE DI GRAPPA AL TRENTO FILM FESTIVAL
“Ve.nto”, “Sembra Pera”, “Ginger Jazz”, “Colomba’s (Territorial Paloma)” e “Di Colori del Trentino”, saranno i cocktail a base di grappa del Trentino realizzati da Leo Veronesi, famoso mixologist che già da qualche anno collabora con l’Istituto Tutela Grappa del Trentino. La Grappa del Trentino, uno dei distillati più conosciuti al mondo, bevanda spiritosa prediletta come accompagnamento dei momenti conviviali e dopo il pasto. Oggi questo prodotto è invece entrato nel mondo della mixology e grazie alle sue caratteristiche, la Grappa del Trentino ha dimostrato come si presti anche come ingrediente principale in cocktail particolari, capaci di regalare emozioni intense e uniche. La degustazione inizierà alle ore 18 fino alle 21.30 e sarà accompagnata da musica live in sottofondo.
Alessandro Marzadro, Presidente ITGT Credits ITGT ph. Nicola Boi
Il Trento Film Festival, ovvero il Festival della Montagna, è in calendario a Trento dal 26 aprile al 5 maggio 2024. Fondato nel 1952, il Trento Film Festival è il primo e più antico festival internazionale di cinema dedicato ai temi della montagna, dell’avventura e dell’esplorazione. Per questa 72° edizione il Manifesto è firmato da Ludovica Basso, in arte Clorophilla. La sezione Destinazione di quest’anno è dedicata all’Irlanda, terra di migrazioni e paesaggi incantevoli, con uno sguardo inedito sulla contemporaneità. Il progetto Destinazione all’interno del Trento Film Festival ha ricevuto il patrocinio dell’Ambasciata di Irlanda in Italia e di Turismo Irlandese. Trento così si prepara ad accogliere il Festival della Montagna nei cinema, nelle piazze e in altri luoghi della città con proiezioni, presentazioni letterarie, laboratori per bambini e serate alpinistiche.
L’ISTITUTO TUTELA GRAPPA DEL TRENTINO
L’Istituto Tutela Grappa del Trentino è stato fondato nel 1960 con l’obiettivo di tutelare e promuovere il prodotto. Oggi conta 24 soci che rappresentano la quasi totalità della produzione trentina ed ha il compito di valorizzare la produzione tipica della Grappa ottenuta esclusivamente da vinacce prodotte in Trentino e di qualificarla con un apposito marchio d’origine: il tridente con la scritta “Trentino Grappa”.
Quello della grappa in Trentino è un settore di non piccolo conto, soprattutto se calato nell’economia locale. Ogni anno vengono prodotti in Trentino circa 7.500 ettanidri di grappa (il 10% del totale nazionale in bottiglie da 70 cl) vale a dire circa 2,5 milioni di bottiglie equivalenti, distillando 13000 tonnellate di buccia d’uva. Tre le tipologie principali di grappa prodotta: quella da uve bianche e aromatiche (60% del totale) e il restante 40% uve a bacca rossa.
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Milleduecento euro. Una “paghetta” più che mai ragguardevole per un ragazzino di 11 anni, guidato passo dopo passo dal padre vignaiolo nella realizzazione del suo primo vino. Con quei soldi, Jacopo Bonanini avrebbe potuto finalmente comprarsi il tanto desiderato paio di “Jordan”, celebre brand di scarpe Nike intitolate al campione di basket Michael Jordan, del costo di 400 euro, già indossate da qualche compagno di scuola. E regalarsi pure l’agognato volante nuovo, per sfrecciare ancora più veloce con la PlayStation. Ma una volta terminato il lavoro, ha deciso di donare l’intero ricavato delle vendite delle sue prime bottiglie di vino delle Cinque Terre al reparto di oncologia dell’ospedale Gaslini di Genova, vera eccellenza italiana nella cura delle patologie dei bambini.
Non è un caso se questa bella storia arrivi dall’angolo più fragile e al contempo più suggestivo della Liguria. E non è un caso che il protagonista sia proprio Jacopo, 11 anni, figlio di Samuele Heydi Bonanini, titolare dell’Azienda agricola Possa, a Riomaggiore. Siamo a casa di uno dei grandi interpreti dei vini eroici delle Cinque Terre, in una cantina che è molto più di una fucina artigianale dedita alla produzione dello Sciacchetrà e degli altri nettari tipici della zona. Possa, già “Cantina dell’Anno Nord Italia 2023” per la Guida Top 100 Migliori Vini italiani di winemag.it, è teatro di numerose iniziative benefiche sul proprio territorio, che coinvolgono bambini delle scuole locali e migranti. Un guardiano del territorio, Samuele Heydi Bonanini, che rifiuta di essere definito «eroe», preferendo i fatti e il cuore alle facili lusinghe.
JACOPO E IL SUO PRIMO VINO: RICAVATO IN BENEFICENZA AL GASLINI
«Mi aspettavo che il passaggio dalle scuole elementari alle scuole medie fosse cruciale per mio figlio – spiega a winemag.it il vignaiolo custode delle Cinque Terre – così come per tutti gli adolescenti. Un periodo che è coinciso con l’inizio di alcune richieste particolari, che non aveva mai fatto prima. A fronte di quella di un paio di scarpe Jordan da 400 euro, a quanto pare indossate da alcuni compagni di scuola, ho cercato di farlo ragionare sulla somma, ma anche sul fatto che, nell’ultimo anno, aveva cambiato già tre taglie! Dopo un po’ si è presentato con un’altra richiesta: un volante nuovo per la PlayStation».
«Eravamo sotto vendemmia – continua Bonanini – e ho colto la palla al balzo per un patto: gli ho detto che avrebbe potuto realizzare il suo primo vino e comprarsi quello che voleva con il ricavato. Ha accettato subito e ha lavorato sodo, seguendo passo dopo passo le mie indicazioni in cantina. A vendite quasi ultimate delle 60 bottiglie prodotte, se ne è uscito con l’idea di devolvere tutto il ricavato al Gaslini, al posto di comprarsi le scarpe Nike e l’accessorio per la Play: una bella lezione data da un bambino di 11 anni». Jacopo conosce i corridoi del noto ospedale di Genova, dove è già stato operato due volte. La prima a 23 giorni dalla nascita e la seconda un anno fa.
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IL VINO BIANCO “U PAPU” DI AZIENDA AGRICOLA POSSA
«È molto curioso – evidenzia il patron di Possa – e, come sempre, ha riempito di domande i suoi interlocutori, in quel caso i medici del Gaslini. Ha scoperto così il sistema delle donazioni, che consentono alla struttura di dotarsi di nuovi macchinari all’avanguardia, oltre che di nuove sale e stanze dove vengono poi accolti e curati altri bambini come lui. Una storia che deve averlo impressionato, tanto da convincerlo a donare il ricavato del suo primo vino proprio in favore dell’ospedale dove lui stesso ha ricevuto delle cure. Ora ci stiamo organizzando con il primario per la consegna della somma: una sorta di breve cerimonia, alla quale mio figlio non vede l’ora di partecipare».
Il primo vino di Jacopo Bonanini, dalla caratteristica etichetta che contraddistingue i vini dell’Azienda agricola Possa, è ottenuto dalla vinificazione di 80 chilogrammi di uve di varietà locali a bacca bianca, diraspate chicco per chicco dal giovane winemaker. Si chiama “U papu“, contrazione dialettale del nome “Jacopo” col quale il neo vignaiolo provetto viene chiamato dagli anziani di Riomaggiore. Per le strade del paese delle Cinque Terre lo conoscono in tanti. Ma da qualche giorno Jacopo ha un tratto distintivo in più: delle Jordan nuove fiammanti, che gli ha regalato papà. «Modello da 100 euro!», tiene a precisare Samuel Bonanini. Suole antishock d’ordinanza, per reggere i battiti di un cuore “grande così”. Quello ereditato da mamma e papà.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Si chiama Irresistibile Piwi ed è la prima Fiera dei vini Piwi organizzata in Italia. Un Wine Festival e Fiera Mercato interamente dedicata ai vini Piwi italiani ed internazionali e alla produzione da varietà di vitigni resistenti. L’appuntamento è per venerdì 24 e sabato 25 maggio, dalle ore 10 alle ore 18, presso la Sala Margherita di PalaExpo – Fiera Verona, uno degli spazi che ha accolto di recente Vinitaly 2024. Gli organizzatori Luca De Palma e Igor Bonvento, entrambi enologi, lavorano da anni con i vitigni resistenti, collaborando con tutte le associazioni della nicchia di mercato dei Piwi. Inoltre sono attivi nell’organizzazione di incontri e degustazioni tecniche per ampliare la conoscenza sulle nuove varietà e per la loro promozione, anche con la divulgazione sui social media, con PiwiTastingFriends.
«Da qualche mese – spiegano De Palma e Bonvento – insieme al dottor Marco Stefanini della Fondazione Edmund Mach di San Michele All’Adige, fresco presidente di Piwi Italia, ci siamo impegnati ad organizzare un evento ufficiale, il primo in Italia. Lo scopo di Irresistibile Piwi è multiplo: ospitare la prima assemblea generale annuale di Piwi Italia, avvicinare i soci iscritti ai produttori non ancora tesserati (ad oggi sono circa 200 le aziende che producono uve o vini da varietà resistenti), organizzare momenti di aggiornamento tecnico per attirare pubblico e professionisti, valorizzare il lavoro viticolo dei vivaisti, breeder ed enti impegnati nella promozione dei loro lavori di selezione, e fare una fiera-mercato per tutte le aziende italiane che vogliano esporre le loro produzioni».
A IRRESISTIBILE PIWI ANCHE LE CANTINE EUROPEE
Visto l’interesse espresso da Piwi International, l’invito è stato subito esteso anche alle cantine europee produttrici di vini da varietà resistenti e alle associazioni consorziate. L’evento Irresistibile Piwi in programma a Verona diventa così la sintesi di un percorso di conoscenze e progetti che riunisce viticoltori, enologi, esperti, ricercatori e le associazioni Piwi nazionali e regionali. Al suo interno i visitatori, oltre ai vini e al mercato dei vini, troveranno momenti tecnici formativi, vivaisti e preparatori di materiale Piwi, breeder e selezionatori, degustazioni da microvinificazioni sperimentali, tastings.
«La viticoltura Piwi – sottolineano gli organizzatori di Irresistibile Piwi – è già il presente in molte aziende e sarà il futuro per tante altre. Sono ormai sfumate le perplessità. I vitigni resistenti si stanno diffondendo, offrono novità, variabilità e biodiversità, rispondono egregiamente alla necessità di sostenibilità e salubrità ecologica, possono aiutare con le esigenze del climate change, permettono la produzione in contesti complicati».
«Inoltre – aggiungono Luca De Palma e Igor Bonvento – alleviano i costi dove i problemi sono strutturali, aprono la fantasia ai produttori e la curiosità ai consumatori, si prestano alle nuove tendenze di mercato e gusto. I vini sono buoni, tanti e diversi, ce ne sono per ogni filosofia e stile. Il consumatore forse ancora tentenna sui nomi, ma al buon bicchiere non abbassa lo sguardo. È tempo di agire, insieme, aprirsi senza indugi e abbattere gli ultimi muri della burocrazia. Senza innovazione, restare fermi è già una sconfitta».
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EDITORIALE – Come molti mi hanno suggerito, mai proverbio fu mai azzeccato per raccontare il “ritorno sulla scena” di winemag.it come entità indipendente e testata giornalistica a sé stante: «Sbagliare è umano, perseverare è diabolico». La recente “fusione” con un altro gruppo editoriale è andata a finire come molti lettori e osservatori del settore avevano prospettato.
Ho voluto credere alle promesse e ai verbi al futuro, coniugati al plurale, di una realtà troppo lontana da ciò che sono, troppo lontana da ciò che è la mia storia umana e professionale, che negli ultimi dieci anni (circa) ha preso una direzione opposta e contraria a quella del 99,9% del giornalismo e della critica enogastronomica italiana ed internazionale.
L’affetto dimostratomi dai lettori, dagli operatori del settore e da tantissimi colleghi è addirittura superiore alle attese e mi riempie di orgoglio e di fiducia. Ho comunque bisogno di qualche settimana per riordinare le idee e tornare a macinare informazione e giornalismo al fianco di vecchi e nuovi colleghi, che vorranno salire a bordo della testata.
Sono determinatissimo a rialzare definitamente la testa, dopo una batosta più psicologica che professionale che, a quasi 38 anni, non ho (stupidamente) avuto la capacità di preventivare, pur tutelandomi nel limite del possibile. Non me lo perdonerò mai, credo. Ma non posso e non potrò che imparare da questa lezione di vita. Grazie ancora a chi c’era, a chi c’è oggi, e a chi ci sarà, a partire dal dopo Vinitaly 2024. Winemag.it è tornato: e questa è la sola cosa che conta, insieme a “grazie”. A presto.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Grandi Langhe 2024 giunge alla VIII edizione, che vedrà l’esordio assoluto dell’Alta Langa, accanto alle denominazioni tutelate dal Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e del Roero. L’evento si prepara da oggi ad accogliere i professionisti del mondo del vino a Torino, lunedì 29 e martedì 30 gennaio 2024, dalle 10:00 alle 17:00 alle OGR Torino. Buyer, enotecari, ristoratori e importatori internazionali potranno da oggi iscriversi alla più grande degustazione dedicata alle denominazioni di Langhe e Roero, compilando il form sul sito ufficiale.
Trecento cantine presenteranno le proprie etichette nei suggestivi spazi delle OGR Torino, luogo strategico confermato per il terzo anno di seguito per rimarcare la crescita nazionale e internazionale della manifestazione e consolidare il rapporto con la città di Torino. Dopo aver avuto come ospiti il Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte, quest’anno la novità sarà la partecipazione attraverso un grande banco d’assaggio del Consorzio Alta Langa. L’intenzione, infatti, è quella di «tendere la mano ad altri territori per rappresentare al meglio l’intera regione vitivinicola piemontese».
A GRANDI LANGHE 2024 LA TERZA EDIZIONE DI CHANGES
Si rafforza la presenza internazionale: più di 90 buyer selezionati da oltre 30 Paesi tra cui USA, Canada, Australia, Brasile, Giappone, India. Sarà presente inoltre una delegazione di 20 buyer da Cina e Hong Kong, a chiudere le attività avviate a settembre 2023 per il paese Cina con il progetto BBWO2023 Cina.
Ad apertura della due giorni, si organizzerà la terza edizione di CHANGES che tratterà il tema ‘Langhe (not) for sale’ attraverso la presentazione della ricerca svolta quest’anno dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e che ha coinvolto più di 200 cantine delle Langhe proprio per approfondire il tema del cambio generazionale e l’interesse di capitali stranieri nei confronti delle nostre zone.
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FOTONOTIZIA – «Il 2024 sarà un anno speciale per il nostro Consorzio! Festeggeremo i 60 anni dalla sua nascita e vogliamo celebrare questo importante traguardo di impegno, promozione e valorizzazione dei nostri vini e del nostro meraviglioso territorio presentando con orgoglio il logo del Consorzio Tutela Vini Collio dedicato all’anniversario». L’ente con sede a Cormons (GO), presieduto da David Buzzinelli, ha annunciato così, nelle scorse ore, i preparativi per il prossimo anno, lanciando la nuova effige che celebra le “Nozze di Diamante” del Consorzio goriziano.
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È morto Piergiorgio Cielo, ideatore del vino Freschello. Con un’abilità naturale nel commercio, si conquistò la fiducia tra le osterie del basso vicentino, collocando con successo il vino prodotto nella cantina di famiglia. A 20 anni, ritornò alla sua terra natale, determinato a far crescere l’azienda di famiglia. Con l’aiuto dei suoi fratelli, Piergiorgio trasformò l’impresa in un successo nazionale, dando vita al vino Freschello, per oltre 15 anni il vino in bottiglia più venduto nella grande distribuzione italiana.
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Pau Roca, direttore generale dell’OIV, l’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino, è morto ieri, 7 dicembre 2023. Aveva 65 anni ed era affetto da anni da una malattia che non gli ha lasciato scampo. A darne notizia, dalla Francia, è lo stesso organismo che fornisce ai Paesi produttori e importatori di uva e vino informazioni per sviluppare normative, ridurre al minimo gli ostacoli al commercio, promuovere una produzione sostenibile e proteggere i consumatori. Roca lascia la moglie Diana e i tre figli.
«L’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino – comunica l’OIV – è rattristata e profondamente addolorata nell’annunciare la morte, all’età di 65 anni, di Pau Roca, eletto alla guida dell’OIV per un mandato quinquennale durante l’Assemblea Generale dell’OIV del 2018 in Uruguay. Dal 1992 è stato delegato spagnolo all’OIV e tra il 2010 e il 2016 è stato presidente del gruppo di esperti “Diritto e informazione dei consumatori” (DROCON), nonché vicepresidente del gruppo di esperti “Sviluppo sostenibile e cambiamento climatico” tra il 2016 e il 2018».
Dopo l’esperienza nel settore dell’olio d’oliva e nella ricerca scientifica nel campo dell’oceanografia, Pau Roca ha maturato una conoscenza specifica e approfondita del settore vitivinicolo globale alla guida della Federazione spagnola del vino (FEV), che ha diretto per oltre 20 anni. Poliglotta in francese e inglese, Pau Roca ha favorito lo sviluppo della digitalizzazione non solo all’interno del settore vitivinicolo, ma anche per la stessa OIV, promuovendo nuovi strumenti di comunicazione interna all’interno di un dipartimento che ha notevolmente sviluppato. È stato inoltre determinante per il trasferimento della sede dell’OIV a Digione e ha avviato la gestione dell’Anno del Centenario dell’OIV.
MORTO PAU ROCA, IL RICORDO DI LUIGI MOIO
«Desideroso di ottenere il riconoscimento dell’OIV, del suo ruolo e delle sue attività in un mondo sempre più globalizzato – lo ricorda il board dell’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino – Pau Roca ha anche rafforzato i legami con altre istituzioni mondiali come l’Organizzazione Mondiale del Commercio, l’Organizzazione Mondiale del Turismo, l’Ocse, la Fao, il Ciheam e il Codex Alimentarius. Ha inoltre accolto 3 nuovi Stati membri, Regno Unito, Ucraina e Albania, portando l’OIV a un totale di 50 Stati».
Regina Vanderlinde e Luigi Moio, che hanno presieduto l’OIV durante il mandato di Pau Roca, ne lodano «l’impegno nei confronti del settore vitivinicolo mondiale, che ha reso l’Organizzazione pronta a intraprendere le proprie attività per un nuovo secolo». Solo pochi mesi fa, Pau Roca aveva accolto un’azienda italiana, Masi Agricola, nel suo prestigioso Consortium, il Consorzio che comprende altre 5 prestigiose realtà vitivinicole internazionali allo scopo di sviluppare progetti nel campo della ricerca e dello sviluppo.
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FOTONOTIZIA – Il governo italiano ha posticipato l’applicazione delle nuove norme europee sull’etichettatura dei vini. Una risposta al pericolo di dover distruggere milioni di etichette già stampate, sulla base del regolamento che sarebbe dovuto entrare in vigore l’8 dicembre. Il provvedimento, comunicato dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, raccoglie il plauso di Federvini, Unione italiana vini – UIV e Coldiretti.
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EDITORIALE – Spesso si dimentica che un territorio può essere la somma dei suoi brand, ma non sempre i brand vogliono essere il territorio. In Italia più che altrove, indossare la maglia di una Doc, o di una Docg simbolo di una zona vinicola, è prima di tutto un esercizio imprenditoriale che risponde a precise leggi di mercato, ancor più che alla vocazionalità del territorio stesso o alla “visione” di una famiglia del vino. A stabilire un confine netto tra i valori che un brand può assumere per un territorio, oppure no, sono Tommasi e Tenuta di Caseo.
Un cognome, il primo, che basta da solo per evocare a livello internazionale un territorio, la Valpolicella; e un brand, il secondo, sempre di proprietà dei Tommasi, in Oltrepò pavese, che non si cura minimamente del territorio in cui opera. Tendendo, anzi, a decontestualizzare e a portare avanti una linea di comunicazione “geograficamente” asettica, al solo scopo di targhettizzare il binomio giovani-spumanti.
La distanza tra il “mondo Tommasi” e il “mondo Caseo” è siderale, quasi come se si trattasse di due entità che non hanno nulla in comune. Tommasi è Valpolicella, è Amarone, è Verona, è orgoglio delle proprie radici. È un brand ed è una famiglia da narrare attraverso l’orgogliosa assonanza con i “Puoti” di Palazzo Turchi, che «incorniciano in un’armonia architettonica l’Amarone Ca’ Florian», in un post di qualche giorno fa, oppure nel parallelismo con la casa di Romeo, «l’innamorato shakesperiano più conosciuto al mondo».
BRAND E TERRITORIO: L’APPROCCIO DI TOMMASI IN OLTREPÒ PAVESE
La “consociata” Tenuta di Caseo si guarda bene, invece, dal narrare il territorio nelle campagne di comunicazione finanziate con i medesimi fondi (quelli europei, in accordo con il regolamento 1308/2013). In estate, social invasi dal “meme” di una bella ragazza che incrocia due fidanzati che passeggiano per strada. Lui la nota, si gira e le fa un fischio, incurante dell’altra donna che tiene per mano. Il testo del meme: «Caseo Wines, zero sbatti». E ancora: «Sbattimenti? Meglio la bolla».
La «bolla» anti rotture di maroni sarebbe il Metodo classico dell’Oltrepò pavese, territorio che forse meriterebbe uno storytelling più dignitoso. Nonché brand e grandi famiglie del vino italiano che investano nel racconto degli spumanti di collina, dei palazzi e dei castelli che puntellano la provincia di Pavia, offrendo incredibili occasioni (uniche in Italia) sul fronte dell’enoturismo. A mio avviso ben più di un territorio di conquista, da vendere ai ragazzini in cerca dell’accompagnamento perfetto per l’aperitivo. Certo, anche l’Oltrepò ha più d’un motivo per ragionare e interrogarsi sui motivi di questa “resa”. Il tutto, nell’ottica del valore di un brand per un territorio. Oppure no.
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Lo sguardo della spumantistica italiana sembra tutto rivolto sul Pinot Meunier. Dopo la Lombardia, che in Oltrepò pavese ha avviato l’Iter per l’introduzione del vitigno nella cuvée del Metodo classico Docg base Pinot Nero (qui l’approfondimento pubblicato pochi giorni fa da winemag.it), l’ultima regione ad aver messo gli “occhi addosso” alla varietà della Champagne è il Piemonte dell’Alta Langa. Nello specifico, la cantina Enrico Serafino, produttrice di Metodo classico dal 1878, si è fatta interamente carico dei costi di un progetto sperimentale, volto a inserire il Pinot Meunier nel registro viticolo piemontese.
I dettagli sono stati presentati lunedì nella sede storica dell’azienda, a Canale. Nel corso del mese di giugno 2023, i tecnici della Enrico Serafino hanno sovrainnestato il Pinot Meunier clone Entav 865 – proveniente da un vivaio francese specializzato nelle selezioni della Champagne – in due porzioni di vigneti di Pinot Nero. Il primo è localizzato nei vigneti della Scuola Enologica di Alba e fa parte degli impianti sperimentali degli inizi degli anni 90 per il progetto Alta Langa; il secondo è di proprietà della Enrico Serafino ed è iscritto alla Docg Alta Langa, a Cerretto Langhe. I due impianti si trovano rispettivamente a 150 e 520 metri di altitudine, con esposizione a est e a ovest.
A partire dalla primavera 2024, le due tesi saranno oggetto di verifiche e confronti dal punto di vista tecnico. Nelle successive tre vendemmie si svolgeranno le rispettive microvinificazioni sperimentali, proprio a cura della Scuola Enologica, per la valutazione delle caratteristiche del Pinot Meunier in Piemonte. I dati rilevati saranno poi sottoposti, presumibilmente ad inizio 2027, al Tavolo Vitivinicolo Regionale per la validazione e per la prima iscrizione ufficiale come vitigno in osservazione e successivamente per quella definitiva.
L’ALTA LANGA PUNTA SUL PINOT MEUNIER CON ENRICO SERAFINO
«Il Pinot Meunier – afferma Nico Conta, presidente della Enrico Serafino – è una delle varietà più utilizzate per la produzione di spumanti Metodo classico a livello mondiale, ma attualmente vietata in Piemonte. Anche alla luce dello sviluppo della denominazione Alta Langa Docg, riservata esclusivamente al Metodo classico, ci sembra importante dare alla nostra regione un’ulteriore opportunità di sviluppo».
Si tratta di un progetto di lungo periodo, fortemente voluto da Kyle Krause, proprietario di Enrico Serafino, da sempre impegnato nella comunità locale. Infatti, l’investimento sarà interamente sostenuto dall’azienda che si farà anche carico di tutte le attività, dalla progettazione del vigneto sperimentale sino al risultato finale che sarà poi disponibile per tutti i viticoltori piemontesi.
In questo percorso, oltre alla Scuola Enologica di Alba, Enrico Serafino ha coinvolto la Regione Piemonte. «Siamo abituati a stare tranquilli – commenta l’assessore regionale MarcoProtopapa – a stare comodi, perché sembra la via migliore. Ma questa non è la filosofia dell’azienda che ha nuove idee e azzardi, che è innovativa e vuole vedere se si può aprire una nuova strada. La Regione condivide questa visione di miglioramento continuo».
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Resistente e popolare: l’Oltrepò pavese scopre il Pinot Meunier
L’Oltrepò pavese scopre il Pinot Meunier: resistente e popolare. L’uva della Champagne nella cuvée del Metodo classico Docg oltrepadano
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Saranno disponibili a partire da gennaio 2024 i vini italiani di Messi. Un viaggio da nord a sud della Penisola per l’8 volte Pallone d’oro e capitano dell’Argentina, che ha scelto Veneto, Campania, Puglia e Sicilia per la nuova linea di vini denominata Lionel GOAT 10 Collection. Il viso del calciatore Lionel Messi campeggerà sulle etichette di Prosecco, Pinot Grigio, Chardonnay, Sauvignon Blanc, Cabernet Sauvignon, Merlot, Taurasi, Aglianico del Sannio, Negroamaro, Primitivo, Syrah, Grillo e Nero d’Avola.
Tra le novità anche due vini rossi della linea Lionel GOAT 10 Titanium, un Primitivo e un Syrah. Infine, due vini di punta della linea Lionel Diamond Collection, un Taurasi Docg e un Aglianico del Sannio Doc. I prezzi dei vini del “GOAT” – acronimo di Greatest of all times – variano da 32 a 495 euro a bottiglia.
La gamma nasce dalla collaborazione di Lionel Messi con MM Winemaker SA, società con sede a Rue du Fort-Barreau, 15 a Ginevra, in Svizzera. Dietro alle lettere “MM” si cela l’enologo Marco Maci – classe 1967 originario di Cellino San Marco (Brindisi), figlio di Angelo Maci, fondatore di Cantine Due Palme – che sembra condividere con il noto calciatore e campione del mondo una certa confidenza di sé.
I VINI ITALIANI DI LIONEL MESSI: CHI È MM WINEMAKER
«La notorietà acquisita “sul campo”, unita a solidi valori nella vita e nel lavoro – scrive di sé Marco Maci sul sito web che porta il suo nome – lo portano a creare importanti relazioni, a conoscere celebrità di ogni tipo e a frequentare amici ed estimatorispeciali tra i quali ama ricordare: Papa Giovanni Paolo II, Diego Armando Maradona, Tom Hanks, il presidente Cinese Xi Jinping… e molti altri».
Sempre sul proprio portale, Marco Maci winemaker parla del suo «innovativo ed unico sistema enologico, il Metodo Marco Maci®, che contraddistingue ogni sua bottiglia e che gli ha fatto vincere la doppia Medaglia d’oro, impresa mai riuscita a nessun enologo al mondo». Nel curriculum del winemaker brindisino che ha realizzato i vini italiani di Messi anche «una condanna a cinque anni e due mesi per la bancarotta della sua azienda vinicola», come riferiscono diversi articoli di cronaca del marzo 2017.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il Comune di Entracque, circa 800 abitanti in provincia di Cuneo, in Piemonte, ha dato vita insieme a Réva Winery, azienda vitivinicola delle Langhe, al primo vigneto della Valle Gesso, a 1042 metri sul livello del mare. Nascerà così il primo Riesling di Montagna della zona, per l’esattezza in località Tetti Violino, nella comunità montana delle Alpi del Maree del Parco delle Alpi Marittime. Le prime bottiglie dovrebbero essere pronte nel 2027. «Si tratta di una piccola produzione, più o meno duemila bottiglie, con vino affinato in buona parte in anfore», spiega Daniele Scaglia, general manager del Gruppo Réva che, a Monforte d’Alba, gestisce oltre 35 ettari di proprietà a conduzione biologica, su sei diversi terroir delle Langhe del Barolo e dell’Alta Langa.
«Abbiamo scelto il Riesling – continua Scaglia – perché, dopo diverse analisi, crediamo che la varietà d’uva e il terreno siano perfetti l’uno per l’altra. Avremmo potuto semplificarci la vita piantando una varietà più resistente, come fanno in altre valli, ma questo non ci darebbe modo di lavorare su un prodotto di qualità come vogliamo che sia questo vino». Per il Riesling di Montagna di Entraque, la cantina ha messo a disposizione l’agronomo Roberto Abbate e l’enologo Beppe Caviola. Il progetto nasce dalle preoccupazioni di Miroslav Lekes, proprietario di Réva Winery originario di Brno, in Repubblica Cieca, sui cambiamenti climatici, oltre che dal suo desiderio di produrre un Riesling di declinazione tedesca.
IL RIESLING DELLA COMUNITÀ MONTANA
A condividere il progetto Gian Pietro Pepino, sindaco di Entracque, luogo in cui nessuno, prima, aveva mai pensato di fare vino. Le temperature in aumento spingono a pensare a nuove soluzioni e a sfide diverse. Iniziano così la ricerca e le analisi dei terreni e il progetto prende forma. Con il sostegno ufficiale del Comune di Entracque, il 18 luglio 2023 sono state piantumate 2.300 piante di Riesling. Il terreno argilloso è perfetto per la coltivazione della vite e ha una colorazione rossastra, caratteristica che indica la presenza di ferro e sedimenti rocciosi da erosione, graditi dal Riesling. Altro importante fattore è la temperatura, che in estate va dai 14-16° ai 28-30°, capace di fornire la giusta concentrazione di zuccheri in ogni acino e un notevole sviluppo degli aromi.
Il progetto prevede un vino portavoce dei tempi odierni e delle sue mode: ecco perché è in corso lo studio sull’affinamento di questo Riesling di Montagna in anfore e piccole botti. «Siamo fiduciosi sui risultati, ma lo siamo ancora di più per il grande potenziale di un progetto che sta dando una seconda occasione a terre ormai in disuso da anni, creando un nuovo potenziale prodotto tipico. Una nuova proposta per i visitatori di Entracque e delle zone limitrofe e una nuova possibilità di lavoro per i giovani e i meno giovani. In poche parole stiamo creando un nuovo futuro per la nostra comunità». Non a caso, l’intera produzione sarà realizzata nel territorio di Entracque, coinvolgendo piccole realtà locali «per fare sì che diventi un progetto capace di rappresentare l’intera comunità e, in prospettiva, un’alternativa per i territori montani».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Si sono tenute ieri le premiazioni della III Rassegna vini Piwi, concorso che ha sancito quali siano i Migliori Piwi italiani 2023. I numeri forniti dagli organizzatori – Fondazione Mach di San Michele all’Adige (Trento) – confermano la crescita del movimento dei vitigni resistenti in Italia, con 110 etichette in gara in sette categorie, rispetto agli 82 vini iscritti da 37 cantine alla II Rassegna, nel 2022. I vini Piwi sono ottenuti da uve prodotte da piante selezionate per avere dei caratteri di resistenza alle principali malattie fungine. Richiedono dunque un numero ridotto di interventi fitosanitari da parte del viticoltore.
I VITIGNI RESISTENTI PIWI IN ITALIA
A livello europeo queste varietà sono state ammesse in diverse Dop. In Italia, diverse regioni non hanno ancora autorizzato la coltivazione delle uve Piwi, nemmeno per produrre vino generico, da tavola, o Igt. Il Registro Nazionale delle Varietà di Vino comprende al momento 36 varietà Piwi e la superficie coltivata è di poche migliaia di ettari. La regione più progressista è il Veneto, con il numero più elevato di ettari.
MIGLIORI PIWI ITALIANI 2023 – VINI BIANCHI
CLASSIFICA
VINO
CANTINA
1
Weinberg Dolomiten Solaris IGT 2022
Weingut tenuta Ploner
2
Arconi Bianco 2022
Terre di Ger
3
Planties Weis mitterberg IGT 2022
St. Quirinus
MENZIONI PER:
Limine Bianco IGP Venezia Giulia 2022
Terre di Ger
Cigno Bianco 2022
Parco del Venda
Mybrid 2022
Postumia vini
Athol 2022
Az. Agr. Sartori Michele
Solaris 2022
Az. Menel Giuliano
M’ama 2022
Soc. Agr. Albafiorita
Sauvignon Nepis Igt Veneto Piwi Bio Vegano 2022
Le Carline
Balbo 2022
Ca’ da Roman
Natus 2021
Cantina Ritterhof
Bronner IGT mitterberg 2022
Gruberhof
Souvignier Gris IGT Veneto 2021
Soc. Agr. Gentili
Johanniter 2022
Az. Agri. El Zeremia di Zadra Lorenzo
Igt Vigneti delle Dolomiti Piwi 2022 “White rock”
Vivallis
Aromatta
Villa Persani – Clementi Silvano
Ca de la Luce 2021
Rocche dei Vignali
La Ciòla 2022
Az. Agr. Bondaion
MIGLIORI PIWI ITALIANI 2023 – VINI ROSSI
CLASSIFICA
VINO
CANTINA
1
Olympus 2022
Cantina Trezero di Gri Alessio
2
El Masut 2021
Terre di Ger
3
Rosso Resiliens Piwi Bio Vegano 2022
Le Carline
MENZIONI PER:
Caliere 2021
Terre di Ger
Urano 2020
Le Carezze
Plonties Rot Mitterberg Igt 2019
St. Quirinus
Rosso Igt Veneto senza solfiti aggiunti 2022 “Kontiki”
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Torna al mittente la proposta di “inglobare” nella Doc Spoleto i territori di produzione della Doc Montefalco Bianco, incentrata sul vitigno Trebbiano Spoletino. Il presidente del Consorzio, Giampaolo Tabarrini, nega che la discussione sia ufficialmente avviata tra i produttori. Il promotore dell’iniziativa, Gianluca Piernera, sostiene invece di averla formalmente presentata al Cda dell’ente Tutela Vini di Montefalco, in qualità di presidente della Commissione tecnica Spoleto. Secondo il titolare di Cantina Ninni, l’assoggettamento alla Doc Spoleto di territori che oggi ricadono sotto l’egida della Doc Montefalco – come Bevagna, Gualdo Cattaneo e Giano dell’Umbria – consentirebbe al Trebbiano Spoletino di «raggiungere in 5 anni oltre un milione di bottiglie, contro le attuali 200 mila circa».
Sempre secondo Piernera, «chi oggi imbottiglia lo Spoletino ricorrendo all’Umbria Igt, per scarsa fiducia nelle potenzialità della Doc Montefalco Bianco, domani virerebbe volentieri alla Doc Spoleto, consentendo al vitigno e al territorio di farsi conoscere meglio nel mondo e di rispondere alle richieste dei buyer». Un braccio di ferro, quello tra Spoleto e Montefalco (territori uniti dal 2019) che rischia di avere ripercussioni sulle prossime elezioni del Consorzio Vini umbro, con Giampaolo Tabarrini che si dice già sicuro di fare un passo indietro. «Rappresentare i colleghi come primo presidente montefalchese eletto nella storia è stato un onore e un’esperienza bellissima, gloriosa, gratificante. Ma a 7 mesi dalla scadenza del mandato posso già dire che non mi ricandido», rivela l’attuale numero uno in esclusiva a winemag.it.
TABARRINI NON SI RICANDIDA, MA INDICA LA VIA
La decisione, tuttavia, non riguarda la questione Trebbiano Spoletino. «Non la voglio affrontare – commenta Tabarrini – perché di concreto, al momento, non c’è nulla. Quel che so è che, per legge, nessuna denominazione può sostituire un’altra. Nessuna denominazione può essere abrogata. Sostenere che la Doc Montefalco Bianco possa essere sostituita dalla Doc Spoleto, o viceversa, è sostanzialmente improprio. Che sul Trebbiano Spoletino ci siano dei problemi è vero, ma sono legati al campanilismo mascherato da discorsi “puristi”. Non si può parlare di apertura e condivisione e, al contempo, discutere di “zona classica” per il Trebbiano Spoletino. A Spoleto c’è chi dice di voler condividere, volendo tuttavia rimanere “principe”».
Tabarrini esamina però i dati disponibili delle ultime vendemmie. «Nel 2021 – spiega – la Montefalco Bianco ha registrato 49.432 bottiglie. Nel 2022: 58 mila. La Spoleto Doc, nel 2021 si è assestata su 180.608 e, nel 2022, 162.161. Estrapolando risulta che, nel 2021, nel Comune di Montefalco è stato prodotto il 92% della Trebbiano Spoletino Spoleto Doc e nel 2022 il 94%. Ipotizzando una media del 93%, a Montefalco, sommando le due Doc, sono state prodotte 217.397 bottiglie nel 2021 e 208.810 mila nel 2022. Dati che lasciano chiaramente intendere come la massa critica del Trebbiano Spoletino viene prodotta nel Comune di Montefalco e non a Spoleto. Il cuore nevralgico, storico e produttivo del vitigno è ben definito. Ed è lì che si trovano le vigne, non altrove».
CAPRAI E PARDI, PRODUTTORI DIVISI SUL FUTURO DEL TREBBIANO SPOLETINO
La discussione tiene banco tra i produttori, fuori dalle sale consortili. «La Doc Spoleto è nata in maniera prepotente – afferma Marco Caprai, intercettato a Milano in occasione di una cena stampa organizzata dall’agenzia Vino à la carte di Francesca Negri – cercando di dividere Montefalco, di spaccarlo, coprendo in parte lo stesso territorio geopolitico, con violenza politica piuttosto pesante e con un disciplinare dal quale solo ora si vuole prendere le distanze. Le denominazioni non possono nascere come sopraffazioni. Per entrare in un’altra denominazione bisogna chiedere il permesso a tutti, non consultare solo la componente politica, che non ha titolo di discutere di vino».
«Le denominazioni – continua Caprai – nascono sulla tradizione. Senza tradizione non c’è denominazione, perché quest’ultima non nasce da meri impulsi di mercato. La Montefalco Bianco ha la sua tradizione trentennale e il suo progetto. Non vedo perché qualcuno voglia permettersi di chiudere con la tradizione. Faccio gli auguri alla Spoleto Doc ma, per quanto ci riguarda, noi continueremo a utilizzare la Montefalco Bianco». Di tutt’altro avviso Alberto Pardi, intercettato ancora una volta a Milano, in occasione di un pranzo stampa organizzato dall’agenzia Pr Comunicare il Vino di Riccardo Gabriele.
«Penso che non sia sbagliata l’idea di “accorpare” le due Doc – commenta l’esponente della Cantina Fratelli Pardi – perché è inutile avere contemporaneamente una denominazione come Montefalco Bianco e la Doc Spoleto Trebbiano Spoletino. Oltretutto, quest’ultima è gestita oggi dal Consorzio Tutela Vini di Montefalco. La nostra azienda si trova in quella porzione di territorio di Montefalco inclusa nella Doc Spoleto, quindi abbiamo una visione “di parte”. Ma è giusto chiedersi che Doc sei se conti quattro produttori? A livello mediatico e produttivo, trovo giusta la proposta di accorpamento». Palla al centro, allora, nella partita che sembra destinata a decidere le sorti del Consorzio umbro.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Un quadro sul quale pesano le incertezze legate alla limitata crescita del PIL e al trend dell’inflazione, che mette a rischio la resilienza dei comparti cardine della Federazione. È la fotografia generale che emerge dall’analisi dei dati della nuova release dell’Osservatorio Federvini a cura di Nomisma e TradeLab, che rileva come il flebile segno più del prodotto interno lordo nazionale (+0,7% nel 2023 con previsione di +0,8% per l’anno prossimo) sia di fatto neutralizzato dal trend inflattivo (+1,8% sul 2022). Scenario in chiaroscuro che ha influenzato il clima di fiducia di imprese e consumatori: dopo una parziale stabilità nel primo semestre dell’anno, si registra una flessione a partire dall’estate.
«Dopo un 2022 caratterizzato da una forte ripresa post pandemia, l’andamento di quest’anno era in larga parte previsto, anche alla luce di un quadro caratterizzato da tensioni geopolitiche e dal rallentamento più marcato nell’Eurozona – dichiara Micaela Pallini, Presidente Federvini – I dati del nostro Osservatorio evidenziano nel complesso la capacità di resilienza del settore dei vini, degli spiriti e degli aceti italiani che si conferma un pilastro fondamentale dell’agroalimentare nazionale».
«Oggi più che mai – sempre secondo Pallini – è il momento di fare sistema di fronte alle sfide internazionali. La posizione dell’Italia in difesa di uno dei suoi settori più rappresentativi dovrà trovare costanza e continuità, non solo a partire dalla discussione sulla proposta di regolamento imballaggi, che torna in agenda il prossimo 18 dicembre al Consiglio UE dopo un primo esito positivo al Parlamento europeo, ma anche nel corso di altri processi normativi quali quelli relativi a etichettatura e QR Code».
LEGGERA FLESSIONE PER I VINI, SOFFRONO GLI ACETI. RALLENTANO GLI SPRIRITS
Sul fronte delle esportazioni dei vini, l’Italia registra nei primi otto mesi del 2023 una flessione pari allo 0,7% a valore ma una tenuta sul fronte dei volumi (+0,8%). Un dato che in ogni caso va ponderato alla luce del record registrato nel 2022, anno in cui si è concretizzata una forte ripresa dopo il periodo pandemico, tanto è vero che rispetto alle esportazioni pre-Covid (2019), l’incremento nelle quantità risulta vicino al +4%. Inoltre, se guardiamo agli altri grandi Paesi esportatori, solo la Nuova Zelanda mostra una “flebile” tenuta, mentre la Spagna perde il 2,5% a valore, l’Australia il 16%, gli USA il 23,4% e il Cile in decisa picchiata con -25,5%.
Positivo il trend delle esportazioni in quantità di vini italiani in Francia (+15,5%) mentre flettono gli altri mercati di riferimento quali Stati Uniti (-11,5%), Regno Unito (-1,9%) e Giappone (-16,3%). Nota confortante dagli spumanti che crescono in Francia (+24,8%) e Svezia (+20,8%). Luci ed ombre per il mondo degli spirits, con una crescita a valore del 5% rispetto al 2022 con un peso complessivo superiore al miliardo di euro, ma con flessioni in volume (-2,4%).
I liquori crescono marginalmente in valore negli USA con un +1,4% mentre perdono qualcosa a volume (-0,7%). Infine, l’export totale di Grappa che si contrae a volume di oltre il 12%, a fronte di una riduzione a valori del 6%. Quanto agli aceti, l’export nei primi otto mesi dell’anno si riduce in modo particolare negli Stati Uniti, il principale mercato di sbocco (-19% a valore e -28% a volume). A volume si registra una dinamica positiva in Austria (+92%), Regno Unito (+7,5%) e Germania (+2,7%).
VINO: RALLENTAMENTO DEI VOLUMI AL SUPERMERCATO
Nei primi nove mesi del 2023, il vino registra un +3,3% sul 2022 per un ammontare superiore ai 2 miliardi di euro. Sul totale delle vendite la categoria dei fermi e frizzanti ricopre la quota più ampia (77%) seguiti dagli spumanti (21,8%) e dal vermouth (0,7%). Positivo il trend di vendita degli spumanti (+6,2% a valori) con la categoria dei fermi e frizzanti che cresce del 2,6% a valore, sostenuta dal gradimento dei vini a marchio Igp (+3,5% a valore) e Dop (+2,7% a valore).
Segno più per gli spiriti italiani (+2,6%) rispetto allo scorso anno con un valore di circa 900 milioni di euro. Tra le categorie i distillati e le acquaviti rappresentano il 44,9% del totale, seguono liquori dolci (19,8%), aperitivi alcolici (19,1%) e amari (16,3%). Grappa e whisky si attestano tra i prodotti più venduti in GDO. Quanto ai liquori dolci in testa il limoncello, la sambuca e i liquori cremosi. Spicca la crescita dei prodotti a base d’uovo (+12,5% a valori) e al caffè (+9,9% a valori). Tra gli aperitivi, si evidenzia un vero e proprio boom per gli alcolici pre-miscelati (+25% a valori e +23,8% a volumi).
+2,7% per gli aceti sul 2022 per un valore totale di 105 milioni di euro nei primi tre trimestri dell’anno. L’aceto di vino è il più consumato (46,7% del totale), con l’Aceto Balsamico di Modena IGP al 34,3% e l’aceto di mele al 19%. Quanto al trend di vendita in GDO, l’aceto di mele si mette in luce (+5,9% a valori) ed è l’unica categoria che tiene anche a volumi (+0,6%) insieme all’aceto di vino (+1,5%).
APERTIVI E DOPO CENA: È CRISI DEL “FUORI CASA” IN ITALIA
Il trend evidenziato dall’approfondimento a cura di TradeLab nell’ambito dell’Osservatorio Federvini rivela un incremento di spesa di 2,5 miliardi di euro rispetto all’anno scorso (+4,3% in termini di valore del mercato). In totale è aumentato anche il numero di visite (+0,7%). Nel periodo tra gennaio e settembre in dettaglio gli aperitivi serali crescono del 3% in termini di presenze e del 5% a valore, la cena vede un +1% di presenze e un +4% a valore, mentre crollano le occasioni dopocena e notturne (-14% in presenze e consumi).
Numeri che cambiano se guardiamo esclusivamente ai mesi estivi: il trimestre luglio-settembre del 2023 si è chiuso infatti con un dato di contrazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il trend negativo (-6% a visite e -4% a valore) è il risultato di più fattori concomitanti quali il quadro economico e inflattivo sfavorevole, il benchmark molto positivo del 2022, le condizioni meteo altalenanti durante la stagione nonché l’aumento del numero degli italiani che hanno scelto di trascorrere le vacanze all’estero.
In termini di consumazioni le bevande alcoliche hanno rappresentato il 12% del totale dei consumi (1,1 miliardi di consumazioni di vino e spiriti nel corso dei primi tre trimestri dell’anno). Il consumo di vino e dei cocktails alcolici è cresciuto dell’1%, quello delle bollicine del 9%. Riscontro al ribasso invece per amari (-7%) e spiriti lisci (-11%).
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EDITORIALE – C’era da aspettarselo, o forse no. Il Cava Meeting 2023, l’evento dell’anno per la denominazione spumantistica spagnola che nel 2022 ha venduto 249,135 milioni di bottiglie (+ 4.58% rispetto al 2021) esportandone il 69%, avrebbe potuto trasformarsi nell’esercizio di autocelebrazione ormai così consueto nel settore da rischiare di passare inosservato, al giudizio dei più. È andata, invece, pressoché all’opposto, tra inutili criticismi e punti rimasti oscuri sul futuro. Nella tre giorni di Barcellona del 26, 27 e 28 novembre, c’è chi è riuscito a massacrare (a parole, s’intende) il vino simbolo di una nazione intera, con il pressapochismo e lo snobismo tipico di chi è abituato ad analizzare il vino in giacca e cravatta; senza calarsi mai (m-a-i) tra la gente, o immaginarsi seduto a una tavola diversa da quella di un ristorante stellato, in compagnia di persone appartenenti al proprio “rango”. Magari dopo il tè delle 5.
Non farò i nomi perché, questa volta, contano poco alla fine dei conti. A preoccuparmi, tout court, è il messaggio che arriva dal settore e da alcuni dei suoi “specialisti”. In un periodo in cui ci si interroga su come coinvolgere le nuove generazioni nella cultura del bere e in cui si è costretti a spiegare la differenza tra “consumo” e “abuso” di alcolici, c’è ancora troppa gente a cui viene dato un microfono per parlarsi addosso, in sostanza per dire (o provare a suggerire) “quanti euro/dollari/sterline” dovrebbe costare una “buona bottiglia” (guarda caso sempre tanto), senza concentrarsi, invece, sul “dove, quando, cosa, chi, perché”.
Il risultato? Sempre più consumatori si allontano dal vino, spaventati dal costo minimo (presunto) di una “bottiglia buona” e – ancor più – dalla retorica dell’artigianalità e “dell’integralmente prodotto” come sinonimo di qualità assoluta e garantita: la Docg delle dimensioni che contano, a livello inversamente proporzionale. La più grande panzana del marketing enoico dei giorni nostri diventa regola d’oro per approfittare di un palco. Ergersi a paladini del “vino per pochi”. E sostenere, tronfi, “costa tanto, dunque è buono, questa è la strada, ergo sum“.
FANTASIE SNOB: «MENO CAVA E SOLO PER L’ALTA GASTRONOMIA»
Al Cava Meeting 2023 ho sentito chiaramente dire che, «per aumentare la redditività del prodotto bisognerebbe produrne di meno». Facile, no? Soluzioni dal sala del tè delle 5, snocciolate “aggratis” dal palco di uno degli eventi mondiali dell’anno. In realtà, per chiunque abbia un minimo di contatto con la realtà quotidiana del settore, l’idea che il Cava, per risollevare le proprie sorti – o, meglio, la propria immagine logorata dagli entry level venduti nel mondo a prezzi da discount per un Metodo classico – debba seguire l’esempio di Bordeaux (650 milioni di bottiglie commercializzate all’anno, 5 mila chateau, 52 cooperative e 125 mila ettari complessivi, contro i 38.274 della DO spagnola) è aberrante. Se in Francia ci si può permettere di espiantare “per decreto” 9.500 ettari, in Spagna una decisione simile scatenerebbe (giustamente) la rivoluzione.
E se è davvero questa la panacea prospettata degli “esperti del settore”, allora servirebbe anche il coraggio di finire la frase: chiedendo pubblicamente ad aziende come Freixenet, Codorniù, Garcia-Carrion o Vallformosa – che da sole o, meglio, grazie a migliaia di soci viticoltori, producono oltre il 70% delle bottiglie del Cava – di abbandonare il Consejo Regulador, spianando la strada ai soli Elaborador integral, i “piccoli” produttori di filiera (il che sarebbe l’ennesima follia). Altro capitolo, quello del target del Cava: a chi dovrebbe rivolgersi lo spumante spagnolo per accrescere la propria reputazione? Secondo alcuni degli esperti intervenuti al Meeting 2023, «dovrebbe concentrarsi solo sull’alta ristorazione, per riposizionarsi ad alti livelli d’immagine, soprattutto all’estero e in Uk».
Peccato che la quota relativa all’apice della piramide produttiva (Cava de Superior Reserva, Cava de Superior Gran Reserva e, ancor più, Cava de Superior Paratge Qualificat – a proposito: qualcuno si è chiesto quanto sono difficili da memorizzare questi nomi all’estero?!) riguardi una minuscola percentuale del totale della produzione, incapace al momento di fare massa critica. Abbandonare il target “festeggiamenti” / “celebrazioni”, in cui si inseriscono i “base” con affinamento di 9 mesi – segmento fortemente presidiato nelle politiche di marketing nazionali e globali delle grandi case spumantistiche spagnole – sarebbe un po’ come rinnegare l’origine stessa del Cava, in voga dal 1872 come “bollicina” delle feste, da preferire allo Champagne francese.
IL CAVA E LE SUE 4 “SOTTOZONE”: VALORE OPPURE OSTACOLO?
Dubbi, da parte di qualche relatore, anche sulle potenzialità della valorizzazione dell’origine e delle sottozone (Comtats de Barcelona, Valle del Ebro, Viñedos de Almendralejo e “Zona de Levante“). In Spagna – a differenza di quanto sta cercando di fare faticosamente il Consejo Regulador guidato da Javier Pagés , uscito fieramente a testa alta dal Cava Meeting 2023 proprio grazie alla mancanza di soluzioni logiche a problemi reali come la redditività e la ridistribuzione di un valore uniforme su tutta la base consortile – c’è chi è convinto che questa non sia la strada da seguire: «Troppo difficile, il mercato non riconoscerebbe le sottozone e i consumatori si confonderebbero».
Oibò: qualcosa non torna (ancora una volta, e non è la prima) perché l’origine dei vini è da sempre – e lo è oggi, a maggior ragione – una peculiarità nelle carte dei vini dell’alta ristorazione e nella differenziazione dei vini di qualità. Che fare, allora? Piangersi un po’ addosso, di sicuro. Già, perché nella retorica spagnola – molto più comunemente di quanto si possa immaginare – competitor diretti come gli italiani sono semplicemente considerati «migliori venditori», al di là del prodotto. E sarebbe questa la principale ragione del successo dei nostri (e di altri) vini (Prosecco in primis). «Noi spagnoli siamo così incapaci di “venderci” – ha dichiarato uno dei relatori del Cava Meeting 2023 – che altri hanno prodotti peggiori, ma li vendono meglio».
Il tutto, a seguito di una delle frasi più scioccanti (in termini di banalità del concetto) arrivate dal palco del convegno: «Il Prosecco è fatto da una macchina, il Cava è molto più difficile da produrre, essendo un Metodo classico». Eppure è proprio una scelta degli spagnoli quella di continuare ad accostare il Cava al Prosecco (chiaramente per via dello scarso posizionamento prezzo medio del Metodo classico Made in Spain, misconoscendo – tra gli altri aspetti – la costante progressione del valore del Conegliano Valdobbiadene). Pagés, stuzzicato sull’argomento dal sottoscritto, ammette in maniera molto onesta che «il continuo accostamento del Cava al Prosecco è un errore».
CAVA CHIAMA PIANETA TERRA: GLI INTERVENTI REALISTICI DI MESTRES E FREIXENET
Della stessa opinione sembrano essere anche altri interpreti di grande visione come Jaume Vial, direttore vendite di Mestres, e Pedro Ferrer, vicepresidente di HenkellFreixenet Group (che in Italia produce Prosecco con Mionetto), secondo i quali servirebbe un cambio di passo nella forma-mentis dei viticoltori locali. «Un Cava di 9 mesi è uguale a uno di 18, 24 o 36? Certo che no. Ma possono coesistere e, per ognuno, bisogna creare una linea di comunicazione differente, capace di raggiungere il determinato target di consumatori, senza esclusioni. Spesso, nel mondo del vino, ci parliamo addosso senza capire chi abbiamo di fronte», ha chiosato coraggiosamente Vial, confermandosi profondo conoscitore delle (reali) dinamiche del mercato internazionale, ben al di là delle sale da tè e dei salotti “bene”.
«Come si fa ad alzare il prezzo del Cava?Il valore di una bottiglia risiede spesso nel brand. E il Cava ha molti brand di valore. Non si può pensare di incrementare il valore riducendo semplicemente la produzione. Al contrario, le produzioni al vertice della piramide qualitativa devono spingere verso l’alto quelle alla base della piramide qualitativa, per generare maggiore redditività lungo tutta la catena. Ascoltare i consumatori deve essere una priorità: nel mondo del Cava possono coesistere diverse anime e interpretazioni», ha fatto eco Ferrer.
Nel frattempo, tanto tra le giovani generazioni di produttori spagnoli quanto tra le aziende che godono di una certa storicità nel mondo Cava, si fa avanti lo “spettro” del Pét-Nat. Vini più esili, immediati e meno costosi da produrre, che piacciono ai giovani di mezzo mondo e sono in grado di catturare facilmente l’attenzione per la loro attitudine spensierata e funky, proponendosi come alternativa di qualità alla birra. La formula vale per i “big” tanto quanto per aziende più di nicchia e certificate biologiche come Alta Alella, passate da 2 a 15 mila bottiglie di Pét-Nat in 6 anni, pur continuando a credere (fortemente e con ottimi risultati) nei Cava da lungo affinamento. E se il segreto del successo del Cava fosse un passo indietro, per farne 10 in avanti?
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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