EDITORIALE – C’è un virus pericoloso che si aggira nel mondo del vino italiano: quello dei vini bianchi e degli spumanti che sono «tutti buoni», a prescindere dal territorio e dalla vocazionalità dell’area, solo perché il mercato dei vini rossi è in estrema crisi (in Italia come all’estero, con pochi distinguo). Un cul-de-sac in cui rischia di essere banalmente risucchiato il Trebbiano Spoletino, forse tra i pochi vini bianchi italiani sotto ai riflettori come la “cosa nuova” del Bel Paese, sia a livello nazionale che internazionale, in buona compagnia di denominazioni luccicanti come il Derthona (Timorasso). Succede però che gli assaggi all’anteprima organizzata in questi giorni dal Consorzio Vini Montefalco e Spoleto non siano poi così all’altezza, nella media.
Il giudizio si riferisce a un numero tutto sommato limitato di Trebbiano Spoletino delle annate 2023, 2022, 2021 e 2020. Solo 22 campioni. Abbastanza, però, per dire ad alta voce che il lavoro compiuto sino ad oggi dai produttori non basta affatto per poter assicurare ai mercati una nuova stella. Il Trebbiano Spoletino, al momento, può vantare punte di qualità assoluta (poche), vini assolutamente nella media e lontani dal varietale (quasi il 50%) e un numero davvero preoccupante di vini che vanno dal banale al tecnicamente mediocre, soprattutto per la mancanza di precisione nella vinificazione (ancora troppi gli esempi in questa categoria, per un’appellazione che aspira a un posto d’onore tra le stelle del vino europeo e internazionale).
TREBBIANO SPOLETINO: PUNTE DI QUALITÀ SENZA MASSA CRITICA
Urge precisare che sono un amante dello “Spoletino” (a proposito: cosa ne è della proposta formale di modifica del nome del vitigno, ovvero dell’eliminazione della parola “Trebbiano” che andava di moda ai tempi della presidenza di “Sir” Filippo Antonelli?) e, proprio per questo, ritengo che la barra della qualità vada tenuta alta. Sul territorio, i punti di riferimento non mancano. Basti pensare (in rigorosissimo ordine alfabetico) ai Trebbiano Spoletino di Antonelli (ancora lui, pardon), Le Thadee, Ninni, Perticaia e Romanelli, da cui trarre spunto (e riferimenti assoluti) in termini di tipicità e carattere.
Troppa poca coerenza tra i campioni in degustazione, ben al di là dell’interpretazione aziendale, e una scarsa uniformità territoriale tra le vari “voci” del vitigno, rischia di bruciare sul nascere una denominazione che si appresta a raddoppiare la produzione nei prossimi anni, passando da 225 mila a mezzo milione di bottiglie, come annunciato nel discorso di apertura de “A Montefalco” dal presidente del Consorzio Tutela Vini Montefalco e Spoleto, Paolo Bartoloni.
Un motivo in più per credere nel Trebbiano Spoletino, con l’allargamento della zona di produzione che darà modo a diversi produttori – ne sono certo – di alzare ulteriormente il livello qualitativo medio di un vitigno che potrebbe rivelarsi decisivo per la stessa sussistenza economica di Montefalco (e Spoleto). Sempre, ovviamente, senza dimenticare i grandi, grandissimi vini rossi di quest’angolo d’Umbria. Se Dio vuole.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Un territorio, le sue caratteristiche e la sua sfida col tempo attraverso i suoi vini. Il territorio è quello di San Donato in Poggio, Uga (Unità geografica aggiuntiva) del Chianti Classico. Le sue caratteristiche risiedono nei terreni, nel clima e nella particolare posizione all’interno della denominazione. La sfida con il tempo nella verticale, 2009-2022, tenutasi presso Enoluogo di Milano lo scorso 27 maggio. A fare gli onori di casa la presidente dell’Associazione Viticoltori San Donato in Poggio, Natascia Rossini, e il portavoce, nonché titolare di Fattoria La Ripa, Nicolas Caramelli.
CHIANTI CLASSICO: L’UGA SAN DONATO IN POGGIO
Il territorio di San Donato in Poggio rappresenta la zona centro-occidentale del Chinati Classico, compresa fra i comuni di Barberino Tavernelle (Firenze) e Poggibonsi (Siena). L’areale comprende 18 produttori, riuniti dal 2018 nell’Associazione Viticoltori San Donato in Poggio. La geologia della regione è variegata, ma riconducibile per la gran parte a terreni sedimentati come il “Flysch”, successione alternata e friabile di più tipi sedimenti, ed il “Galestro“, scisti argillosi policromi.
In alcuni punti affiorano i così detti “Alberese“, calcari marnosi più compatti, che si alternano a sabbie e arenarie stratificate. L’orogenesi della zona ha poi determinato formazione di argille blu capaci di trattenere l’acqua negli strati profondi, fornendo una disponibilità naturale molto utile in stagioni siccitose ed evitando un eccesso di stress idrico. Un territorio ben definito, delimitato a est dalle colline che si elevano oltre i 600 metri e al confine con Castellina in Chianti, verso sud, creando un arco in direzione sud-ovest.
Un abbraccio collinare che racchiude un territorio dove i venti di maestrale del mar Tirreno attraverso il corridoio naturale del Monte Serra, tra Pisa e Lucca, influenzando il clima. Rispetto alle vallate interne del Chianti Classico, gli inverni dell’Uga San Donato in Poggio risultano più miti e le estati più fresche e ventilate. In primavera le vigne germogliano abitualmente con leggero anticipo, mentre le maturazioni tendono a essere più lente e le raccolte tardive.
LA VERTICALE DI CHIANTI CLASSICO UGA SAN DONATO IN POGGIO
Tutte peculiarità evidenti nella degustazione verticale di 17 Chianti Classico dell’Uga San Donato in Poggio, a rappresentare 17 delle 18 aziende produttrici lungo un arco temporale di 14 anni, dal 2009 al 2022. Filo conduttore fra le diverse referenze, la grande freschezza ed i tannini ben presenti ma mai aggressivi.
Le Filigare, 2022
Già dal naso si intuisce quello che sarà il suo comportamento al sorso. Arancia rossa viva, fresca croccante, che quasi sovrasta le note di frutta rossa matura e le leggere note speziate. In bocca è freschissimo, agile ma pieno con tannini ben marcati.
Isole e Olena e Poggio al sole, 2021
Vini dal naso elegante. Note di frutta rossa, prugna e ciliegia, con un tocco più balsamico per Isole e Olena e che strizza l’occhio alle erbe aromatiche per Poggio al Sole. Sorso succoso e sapido che nonostante il tannino vivo e scalciante resta scorrevole.
Casa Sola, Fattoria Cerbaia e Fattoria la Ripa, 2020
Naso leggermente più evoluto con frutti rossi maturi e note di spezie scure. In bocca è sempre la freschezza a guidare la degustazione accompagnando un tannino largo e morbido.
Torcilacqua, 2019
Naso concentrato col frutto che diviene pieno, quasi surmaturo, ed evidenti note boisé. In bocca è ancora una volta la viva acidità a guidare il sorso.
Quercia al Poggio, 2018
Pulito, elegante, fine. Profumi intensi di frutto rosso e scorza d’arancia che si accompagnano ad una nota fumé. Freschezza quasi tagliente ed una viva sapidità
I CHIANTI CLASSICO 2016, 2015 E 2009, UGA SAN DONATO IN POGGIO
Ricca ed articolata la batteria del 2016 rappresentata da Castello della Paneretta, Castello di Monsanto, Ciciano, Fattoria le Masse, Fattoria Montecchio, Il Poggiolino. Annata particolarmente vocata che esprime tutta la sua tenuta nel tempo e forza espressiva nei bicchieri. Tutti e sei i calici esprimono pienezza al naso. Frutto rosso fresco ed ancora croccante, arancia sanguinella ed una nota terziaria, tostata, che strizza l’occhio alla brace. Al sorso nasconde gli anni mostrando un vigore ed una spinta da vino giovane.
Casa Emma e Podere la Cappella, 2015
Naso molto intenso con note di frutta decisamente più matura dei precedenti. In bocca non tradisce l’età mostrandosi ancora in piena forma.
Fattoria Ormanni, 2009
L’”anziano” della compagnia gioca con note terziarie ed evolutive decisamente più marcate dei suoi compagni di degustazione. Confettura di frutti rossi, balsamicità eucaliptica marcata, pepe, cuoio, boisé. Se il naso è evoluto, il sorso non racconta dei sui 15 anni di età mantenendo quella freschezza che guidato tutta la degustazione.
I VITICOLTORI DELL’ASSOCIAZIONE SAN DONATO IN POGGIO
Le aziende che aderiscono al momento all’Associazione Viticoltori San Donato in Poggio sono Fattoria Montecchio, Quercia al Poggio, Poggio al Sole, Isole e Olena, Casa Sola, Castello Di Monsanto, Podere La Cappella. E ancora: Marchesi Antinori Badia a Passignano, Castello della Paneretta, Le Filigare, Casa Emma, Fattoria la Ripa, Torcilacqua, Il Poggiolino, Fattoria Ormanni, Le Masse, Fattoria Cerbaia e Cinciano.
La produzione di Trebbiano Spoletino raddoppierà nei prossimi anni grazie all’allargamento della zona Doc a tutti i Comuni dove è già possibile produrre il vino più noto della zona, il Sagrantino di Montefalco. Lo ha annunciato durante l’evento di apertura di “A Montefalco” il nuovo presidente del Consorzio Vini Montefalco e Spoleto, Paolo Bartoloni. «Il Sagrantino – ha dichiarato – è ormai è un must e grazie ad esso vogliamo entrare nella “Top 10” dei vini italiani. Ma non scordiamoci del Trebbiano Spoletino. Il Cda ha deciso di ampliare la zona Doc per passare dalle attuali 225 mila bottiglie a mezzo milione, nel giro dei prossimi anni».
MONTEFALCO SEMPRE PIÙ “BIANCO”
«Le tendenze cambiano – ha aggiunto Paolo Bartoloni – il bianco cresce. Con questo provvedimento resteremo comunque un’area di nicchia, capace di produrre 4,5 milioni di bottiglie sommando tutte le denominazioni. Per affrontare il mondo ci servono comunque i numeri». Al momento sono 450 gli ettari di terreni Doc Montefalco Rosso, 390 quelli del Sagrantino di Montefalco e solo 50 quelli destinati a Trebbiano Spoletino Doc.
«Oggi produciamo 1 milione di bottiglie di Sagrantino di Montefalco – ha concluso il presidente del Consorzio – ma siamo arrivati a produrne anche 2 milioni nella storia della denominazione. Anche grazie alla crescita del Trebbiano Spoletino possiamo dimostrare al mondo di essere una “terra del vino” unica in Italia, nella quale si possono produrre grandi vini rossi e grandi vini bianchi nello stesso fazzoletto di terra».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Nel 2023 la produzione mondiale di vino è stimata in 237 milioni di ettolitri, in forte calo sul 2022 (-9,6%). Il consumo mondiale in 221 milioni di ettolitri (-2,6%). La rimodulazione della domanda, indotta dal ricambio generazionale e dal diffondersi di modelli salutistici così come dai cambiamenti climatici, hanno causato un calo dei consumi di vino rosso, passati da una quota del 51,3% medio nel periodo 2000-2004 al 48,3% del 2017-2021. In controtendenza i consumi di vini bianchi (dal 40% al 42,2% +2,2 punti) e quelli di rosé (dall’8,7% al 9,5%+0,8 punti). Sono solo alcuni dei dati che emergono dall’Indagine sul settore vinicolo in Italia compiuta annualmente da Area Studi Mediobanca.
Il documento riguarda 253 principali società di capitali italiane con fatturato 2022 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati per 11,8 miliardi di euro, pari all’88,4% del fatturato nazionale del settore. Lo studio comprende un focus sui vini DOP e IGP, sulle principali operazioni di M&A e sulla sostenibilità. L’indagine completa è disponibile per il download sul sito Area Studi Mediobanca.
VINO, ITALIA IN LINEA CON LE TENDENZE MONDIALI
L’Italia segue la tendenza mondiale registrando -23,2% nella produzione rispetto al 2022 e -1,6% nei consumi, con 37,4 litri pro-capite all’anno). In attivo per l’Italia il saldo commerciale: in 20 anni è cresciuto a un tasso medio annuo del 5,5%, passando da 2,5 miliardi di euro del 2003 ai 7,2 nel 2023. L’Italia è il primo esportatore di vino in quantità (21,4 milioni di ettolitri nel 2023) e il secondo per valore (7,7 miliardi di euro dietro solo agli 11,9 miliardi della Francia) 1. Il 2023 e oltre per il settore vinicolo italiano I maggiori produttori di vino si attendono per il 2024 una crescita delle vendite complessive del +2,6%, +3% l’export.
FRONTE SPUMANTI, OTTIMISMO INARRESTABILE
Non si arresta l’ottimismo delle bollicine (+3,7% i ricavi complessivi), soprattutto oltreconfine (+6,8% l’export), mentre i vini fermi si aspettano un +2,3% (+2,2% l’export). Il 2023 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso senza variazioni significative (-0,2% sul 2022) con un leggero peggioramento sul mercato interno (-0,7%) rispetto a quello estero (+0,3%). Spiccano le buone performance oltreconfine dei vini frizzanti (+2,5%). L’Ebit margin ha riportato un aumento dell’1,4% sul 2022, il rapporto tra il risultato netto e il fatturato del 4,2%.
IL CALO DEI VINI A BASSO PREZZO
Nel 2023, in diminuzione del 4,5% i quantitativi venduti su tutti i canali. L’inflazione ha eroso il potere di acquisto delle famiglie penalizzando i vini di fascia intermedia (-10,1% sul 2022) a conferma di una maggiore polarizzazione del mercato. In leggero calo i vini di fascia bassa (- 1,7%, con una market share del 44,2%). Mercato sempre più premium (+12,7% i vini di fascia 1 Fonte: OIV–Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) molto alta sul 2022; market share del 18,6%) e sostenibile (+1,4% i vini biologici, 5,4% di market share; +9,6% i vini vegani, 2,7% market share, +1,8% i vini naturali, m.s. dell’1%).
LE MIGLIORI CANTINE ITALIANE PER PERFORMANCE NEL 2023
La leadership di vendite nel 2023 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a €670,6 milioni (-3,4% sul 2022). Al secondo posto si conferma il polo vinicolo Argea (€449,5 milioni, -1,2%), seguita da IWB con €429,1 milioni (-0,3% sul 2022). Fatturato 2023 superiore ai 400 milioni di euro anche per la cooperativa romagnola Caviro (423,1 milioni) in progresso dell’1,4% sul 2022.
Sette società rilevano ricavi compresi tra i 200 e 300 milioni di euro: la cooperativa trentina Cavit (fatturato 2023 pari a 267,1 milioni di euro, in aumento dello 0,9% sul 2022), la veneta Santa Margherita (255,4 milioni di euro, -2%), la toscana Antinori (250,3 milioni di euro, +1,9%), La Marca, specializzata nella produzione di spumanti, con fatturato 2023 pari 225,8 milioni di euro (-4%), la piemontese Fratelli Martini (219,6 milioni, +1,1%), la trentina Mezzacorona (217,7 milioni, +2%).
C’è poi il Gruppo Collis che, ampliando il proprio perimetro, ha raggiunto 209,4 milioni di euro, (+64,8% sul 2022). Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2023 vede in testa la toscana Frescobaldi (29%) seguita dalla veneta Santa Margherita (18,5%). Chiude il podio Antinori con un utile su fatturato del 17%, in aumento di 2,6 punti percentuali sul 2022. Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 96,4%, Ruffino il 91,1%, Argea l’89,9%.
ANDAMENTO DEI VINI DOC E DOCG NEL 2023
Nel 2023 il 47,7% del vino italiano è DOP (DOC e DOCG), in aumento dal 38,5% del 2013. Calano i vini IGP dal 35% del 2023 al 27% del 2023, avvicinandosi ai vini da tavola (25,3% nel 2023). A fare la parte del leone il Piemonte con 19 DOCG e 41 DOC, la Toscana (11 DOCG, 41 DOC e 6 IGT) e il Veneto (14 DOCG, 29 DOC e 10 IGT). In Toscana si concentra il 39,3% della produzione di vini DOP; in Piemonte il 94,6% della produzione regionale è DOP.
Complessivamente, il valore delle DOP e IGT imbottigliate è pari a 4,3 miliardi di euro in Veneto, seguito dal Piemonte con 1,4 miliardi e dalla Toscana con 1,2 miliardi. Le eccellenze regionali, del resto, spingono i bilanci delle aziende: alle aziende toscane tocca il più alto Ebit margin (16,5%) e il miglior Roi (6,3%). Veneto e Piemonte in seconda posizione (entrambe 6,1%). In Toscana anche la maggiore solidità finanziaria, con i debiti finanziari pari ad appena il 18,4% del capitale investito. Grandi esportatori i produttori piemontesi (64,5% del fatturato) e toscani (60,6%).
L’EXPORT DI VINO ITALIANO NEL 2023 SECONDO L’INDAGINE MEDIOBANCA
Nel 2023 l’export ha trainato la crescita delle imprese friulane (+6,1% le vendite complessive e +22,3% oltreconfine), lombarde (+4,4%; +7,4%) e dell’Emilia-Romagna (+1,6%; +8,6%). Ottimismo per il 2024 per l’Emilia-Romagna (+4,6%), Puglia (+4,3%) e Piemonte (+4,2%). Carta d’identità: impresa familiare in difficoltà sulla Sostenibilità Al controllo familiare spetta il 64,8% del patrimonio netto, quota che sale all’81,4% se si considerano anche le cooperative. Gli investitori finanziari partecipano al 10,9% dei mezzi propri: le banche e assicurazioni (5,2%) sono assenti nelle imprese più piccole, mentre i fondi di private equity (4,1% del patrimonio netto) partecipano nei capitali delle principali imprese vinicole indipendentemente dalla loro dimensione.
Al diminuire della dimensione cala anche l’incidenza di possesso non italiano, pari al 7,6% dei mezzi propri. Trascurabile il rapporto con i mercati finanziari: solo due società sono quotate all’AIM dal 2015 (Masi Agricola e IWB). La sostenibilità, da migliorare. Solo il 34,9% delle maggiori imprese vinicole italiane redige un Bilancio di Sostenibilità (38,6% i produttori con più di 50 milioni di fatturato). Le principali motivazioni, sempre secondo l’Indagine sul settore vinicolo in Italia di Area Studi Mediobanca sono la complessità del processo di validazione o consuntivazione (per il 26,8% delle imprese); mancanza di benchmark o best practice di riferimento (14,3%); non ultima, la difficoltà a coinvolgere le funzioni aziendali rilevanti e carenza di competenze specifiche (10,7%).
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Stefano Chiarlo è stato confermato presidente dell’Associazione Produttori del Nizza. «L’ordine del giorno del prossimo mandato – commenta il produttore – rimarrà fedele agli sforzi passati dell’associazione. Questa responsabilità è significativa e sono grato per la fiducia accordatami. Dopo aver raggiunto nel 2o23 il traguardo di un milione di bottiglie di Nizza Docg prodotte, siamo pronti a ideare nuove strategie di comunicazione per questo gioiello del Monferrato, che ha catturato l’attenzione dei consumatori esigenti».
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Il Collio, mezzaluna al confine della Slovenia, è ormai identificata come l’area di produzione di grandi vini bianchi italiani. Merito del lavoro intenso e assiduo dei viticoltori che, dal 1964, si sono riuniti in quel Consorzio che nel 2024 festeggia i suoi 60 anni di vita. Il nuovo logo celebrativo su sfondo oro viene utilizzato da quasi tutti i produttori sulle etichette ed è stato presentato dalla direttrice del Consorzio, Lavinia Zamaro, in precedenti occasioni istituzionali. Come ha spiegato in occasioni delle celebrazioni del 1 giugno a Villa Russiz (Capriva del Friuli, Gorizia) nel corso del talk moderato da Licia GranelloMichele Formentini, memoria storica del Consorzio che scrisse di suo pugno l’atto costitutivo: «Eravamo nel 1963, era stata appena emanata la legge sulle Doc e noi ci siamo subito attivati per ottenere il “consorzio”: la base democratica degli agricoltori, che nacque nel 1964 con venti adesioni».
«Da anni – continua Zamaro – faccio parte del cda e, in questo periodo, abbiamo ottenuto ottimi risultati. Abbiamo incentivato l’imbottigliamento dei vini, che fino a quel momento venivano venduti sfusi, e abbiamo incrementato la produzione, piantando nuovi vigneti. La Regione Friuli-Venezia Giulia ci ha supportato, emanando una legge regionale che prevedeva contributi a chi impiantava vigneti nella zona del Collio». Un’altra peculiarità è stata l’istituzione di un laboratorio analisi per aiutare i produttori a fare buon vino, al fine di alzare l’asticella della qualità e di creare un’immagine vincente.
L’ASCESA DEL COLLIO IN 60 ANNI DI CONSORZIO
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Il Collio attualmente è un giardino pettinato di filari che si rincorrono a perdita d’occhio sulle colline che lo circondano, anche su terrazzamenti, per una superficie di circa 1.500 ettari. Mentre le case coloniche sono diventate punto di riferimento importante per le cantine, l’ospitalità e per l’enoturismo. Piccoli e grandi produttori hanno contribuito all’ascesa del Collio nei 60 anni di storia del Consorzio. Alessandro Dal Zovo, direttore ed enologo della Cantina produttori di Cormons, ha snocciolato alcuni dati della cooperativa, da sempre punto fermo della viticoltura friulana. Nel cuore della cantina spiccano tanto le antichissime vasche di cemento quanto le botti decorate da diversi artisti.
«La Cantina – ha sottolineato Dal Zovo – fino a qualche anno vantava 250 soci. Ora sono 100, con la stessa superficie vitata. È subentrata la seconda generazione che ha preso in carico molte particelle di chi si è ritirato o non c’è più. Complessivamente abbiamo circa 350 ettari di superficie vitata, 100 ettari a Doc Collio e 250 ettari nella pianura isontina, quindi da Cormons a occidente». Dal Zovo ha sottolineato la ricerca della qualità dei viticultori attuali: «Se un tempo il socio conferiva l’uva alla Cooperativa, ora per la maggior parte vive di questa attività, quindi è molto più consapevole di immettere uve di qualità nei conferimenti. Si intende dare ad ogni vigneto una destinazione enologica ben precisa per alzare la qualità della cooperativa seguendo il modello altoatesino e trentino».
VINI DEL COLLIO: PIACEVOLEZZA E LONGEVITÀ
Nel corso della degustazione di tre batterie di vini “Assaggi di Storia del Collio”, condotta dal sommelier Michele Paiano, si è inoltre potuto constatare la freschezza e la piacevolezza dei vini più giovani e contestualmente la longevità dei bianchi di diversi produttori. Tanto che ci si è chiesto se la politica di molti produttori di uscire sul mercato un anno e mezzo dopo la vendemmia sia positiva o meno. Le caratteristiche dei vini degustati? L’equilibrio tra i profumi e il gusto, tra l’intensità dei colori e la persistenza in bocca. La longevità del Collio Bianco è evidente soprattutto nei colori brillanti che si scatenano nel calice e dalle note aromatiche. Merito del microclima, del terroir, del vento, della composizione del suolo in cui si alternano marna e arenaria, che conferiscono ai vini un gusto particolare di mineralità e sapidità.
Il Collio risente della vicinanza del mare e della corrispondente vicinanza alle Alpi, un ambito in cui si crea una particolarissima zona climatica. Oltre ai bianchi giovani e a quelli più evoluti, si è potuto degustare anche i Collio Rosso, blend di Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon che ha testimoniato come l’affinamento e l’evoluzione dei vini sia fondamentale. In batteria, due i vini della vendemmia 2018 ancora giovani: i ricordi di susina, al palato, sono più croccanti che maturi; un vino in evoluzione, già elegante e piacevole. Con il 2013 si raggiungono vette davvero notevoli. Al naso si percepiscono piacevoli sensazioni di frutti rossi, mentre al palato si percepiscono pepe e note balsamiche che si mescolano all’intensità del sottobosco e delle ciliegie sotto spirito.
NON SOLO VINI BIANCHI IN COLLIO
Il Merlot 2021 è austero, elegante, persistente, addirittura un filo di tannino verde, ma nel calice regala sensazioni uniche. Pur essendo stata un’annata difficile in vigna, il 2008 (Merlot e Cabernet Franc) è molto complesso: frutta rossa, marasca, cuoio, tabacco, un vino maturo che con gli anni ha saputo esprimere bene le sue qualità intrinseche. Quindi il Collio non è solo terra di bianchi, ma anche di vini rossi. Del resto, i vitigni allevati nel Collio sono molti. Tutto o quasi partì dal “Tocai”, ora “Friulano”, al quale si aggiunsero la Ribolla Gialla e la Malvasia. Poi i vitigni internazionali come il Pinot Nero e il Pinot Grigio i Sauvignon, lo Chardonnay, che hanno contribuito a modificare un po’ i gusti e i consumi. Ma com’era fare il vino sessant’anni fa? È la domanda posta all’enologo Gianni Bignucolo, ospite assieme a Bruno Pizzul della conferenza d’avvio delle celebrazioni.
«Ci sono stati cambiamenti notevoli in questi anni – ha risposto – sia dal punto di vista viticolo che enologico. Si sono modificate le forme di allevamento, si sono abbandonate quelle tradizionali e adottati sistemi innovativi che razionalizzassero la produzione. Le colline sono diventati giardini e hanno plasmato il lavoro nell’agricoltura. Le bollicine? È impossibile fare spumanti nel Collio in quanto le uve hanno scarsa acidità e alte gradazioni. Il Collio rappresenta un unicum in Italia di cui dobbiamo essere fieri». I vini bianchi rappresentano l’80-90% della produzione. Ne è ben consapevole Tiziana Frescobaldi, di una delle case produttrici storiche della Toscana che ha investito nell’area nel 2000 «perché questo è il luogo dove si fanno bianchi straordinari».
VITIGNI E DISCIPLINARI DEL COLLIO PROTAGONISTI SULLA STAMPA
Ma proprio il numero di vitigni previsti dal disciplinare e il loro rapporto con i vitigni autoctoni può essere motivo di dibattito. Il presidente del Consorzio del Collio David Buzzinelli ha cercato così di stemperare la questione: «Il nostro territorio nasce con i vini bianchi (le uve sono per l’80-90% a bacca bianca) per influenza tedesca che mira alla valorizzazione delle monovarietali, che sono 17». Perché non si riducono i vitigni presenti nel disciplinare?
«Ci sono alcune varietà – ha risposto Buzzinelli – che ormai si stanno autoescludendo. Il Consorzio è focalizzato sulla promozione del Pinot Grigio, del Friulano, della Ribolla gialla, del Sauvignon e della Malvasia, che sono le varietà più importanti del nostro territorio insieme al blend Collio Bianco. Ci dimentichiamo spesso del Traminer, del Riesling e del Muller Thurgau, che non si possono eliminare perché sono ormai molto diffusi». E per quanto riguarda i rossi? «Il Collio non è solo terra di ottimi vini bianchi, anche con i Merlot si riescono ad ottenere grandissimi risultati».
La due giorni del Collio si è conclusa con l’attribuzione del 17° Premio Collio, dedicato al conte Sigismondo Douglas Attems di Petzenstein, primo presidente del Consorzio, presentato da Stefano Cosma. La sezione dedicata ai giornalisti ha visto primeggiare il direttore di winemag.it Davide Bortone e il giornalista canadese Michael Godel per i loro articoli sul Collio Bianco e sui vini friulani. Sono state pure premiate le giovani dottoresse Antonella Fontanel, per una tesi discussa all’Università di Udine, sui lieviti naturali e Evelyn Riturante per una tesi di marketing esperienziale sulla vendemmia turistica.
Giornalista, ex direttore di giornali e riviste, autore di due libri, blogger, sommelier e da qualche anno viticoltore sulle colline di San Colombano al Lambro. I miei interessi sono focalizzati sul mondo del vino e del buon cibo. Proprio per questo motivo presto molta attenzione ai giusti abbinamenti.
“ADO – Areali delle quattro D.O. Abruzzo per una caratterizzazione moderna”. È il nome dell’ l’innovativo progetto di valorizzazione del patrimonio viticolo abruzzese e delle nuove varietà resistenti Piwi in Abruzzo presentato dal Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo. Uno studio applicato per l’appunto alla selezione di nuove varietà, grazie alle sperimentazioni condotte su vigneti di varietà resistenti alle malattie fungine della vite, con il prezioso supporto dell’Istituto tecnico agrario Ridolfi-Zimarino di Scerni. Quest’anno sono state piantate 18 varietà resistenti, messe a confronto con le varietà autoctone per verificare la possibilità di introdurle nel registro regionale e poterle utilizzare nella produzione a IGT.
PIWI IN ABRUZZO
Un progetto che nell’arco di 5 anni darà la possibilità ai viticoltori di ampliare le scelte viticole soprattutto in areali più soggetti a fitopatologie. Grazie al supporto della piattaforma Enogis, vengono incrociati i dati metereologici delle 47 stazioni climatiche sparse nell’intero territorio, con lo schedario viticolo, la carta dei suoli e le serie climatiche. Attraverso quest’analisi approfondita, Consorzio e singola azienda avranno modo di valutare la vocazione di ogni singolo appezzamento di vigneto, traendone conclusioni sulle varietà piantate, orientamento e fabbisogno idrico.
Promosso in collaborazione con Ager e finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2020 del Dipartimento Agricoltura della Regione Abruzzo, “ADO – Areali delle quattro D.O. Abruzzo per una caratterizzazione moderna” vede per la prima volta in assoluto declinata in chiave territoriale, l’applicazione delle più moderne tecnologie in vigneto, con l’obiettivo di mappare un’intera regione. Con l’integrazione del nuovo supporto del bollettino fitopatologico viticolo emanato dalla Regione, ogni viticoltore avrà in mano un potentissimo strumento di valutazione a breve e lungo termine. In questo progetto sono coinvolte al massimo livello tutte le filiere collegate alla produzione integrata nel vigneto quindi produttori, tecnici di campagna e istituzioni.
NUOVE VARIETÀ E PATRIMONIO VITIVINICOLO ABRUZZESE
«I nostri viticoltori – spiega Alessandro Nicodemi, presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo – avranno a disposizione con un solo click tutte le informazioni utili per prendere scelte non solo in campo fitosanitario ma anche in fase di nuovi impianti o rinnovo degli stessi. Scelte che orientano la produzione verso una duplice sostenibilità: da un lato quella ambientale, attraverso la tutela dell’operatore su tutto il comprensorio di riferimento, per ridurre al minimo l’uso di fitofarmaci solo quando necessari, dall’altro quella economica, con la possibilità di piantare vigneto e varietà nel posto giusto».
«Sperimentazioni fondamentali – continua Nicodemi – in un contesto di cambiamento climatico, anche alla luce di quanto successo lo scorso anno con i focolai di peronospora, di cui stiamo ancora attendendo i risarcimenti. Dobbiamo quindi trovare soluzioni preventive per preservare la redditività dei nostri viticoltori e sostenere così la produzione vitivinicola abruzzese».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
È giallo sul nome del nuovo direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese. Riccardo Binda avrebbe accettato l’incarico da oltre una settimana. L’annuncio ufficiale da parte dell’ente di Torrazza Coste (Pavia) tarda però ad arrivare. Lo stesso vale per la smentita del direttore (potenzialmente) uscente, Carlo Veronese, che preferisce non rilasciare commenti, tanto sul suo presente quanto sul suo futuro. Secondo verificate indiscrezioni raccolte da winemag.it, l’arrivo del nuovo direttore Riccardo Binda e l’annuncio ufficiale del suo nuovo incarico di direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese sarebbero in bilico per via delle resistenze del Consorzio Bolgheri e Bolgheri Sassicaia, dal quale proviene.
BINDA IN OLTREPÒ? BOLGHERI NON MOLLA
L’ente toscano presieduto da Albiera Antinori non vorrebbe privarsi di Binda, che ricopre il ruolo di direttore dal gennaio 2014 ma che ha origini oltrepadane, per l’esattezza di Voghera. Da qui il giallo sul nuovo direttore del Consorzio Oltrepò pavese, dopo le rivoluzionarie elezioni dello scorso marzo che hanno portato all’elezione della nuova presidente Francesca Seralvo (Tenuta Mazzolino). Una scelta che ha fatto vacillare – sin dalle prime ore – la possibile riconferma del direttore Carlo Veronese, uomo ritenuto da molti vicino alla corrente che ha sostenuto – senza successo – il terzo mandato della presidente uscente Gilda Fugazza, considerata la figura più apprezzata dal mondo degli imbottigliatori operanti in Oltrepò.
LE SFIDE DI RICCARDO BINDA IN OLTREPÒ PAVESE
Di certo, per Riccardo Binda, l’avventura in Oltrepò pavese costituirebbe una sfida professionale dalle tinte completamente differenti rispetto a quelle di Bolgheri e Sassicaia. Non solo dal punto di vista della percezione delle denominazioni a livello di marketing nazionale e internazionale, ma anche del valore medio di mercato effettivo della produzione, sostenuta nel pavese da molti meno brand blasonati e da cantine che operano in assenza di una chiara piramide della qualità, ancora tutta da costruire nel pavese. Altro nodo che attenderebbe il nuovo direttore Riccardo Binda è quella dell’export dei vini dell’Oltrepò pavese, per via del peso meno rilevante della produzione oltrepadana rispetto a quella di Bolgheri e Sassicaia. Elementi che portano l’ennesimo “giallo pavese” ad infittirsi. Giorno dopo giorno.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Incetta di medaglie in Ungheria per l’Italia che, per la prima volta, con l’Oltrepò pavese, ha preso parte all’unico concorso transnazionale sul vitigno Riesling italico. Si tratta di Grow du Monde 2024, competizione enologica itinerante in corso fino a stasera in Ungheria, in una delle terre più vocate alla viticoltura in terra magiara, Balatonfüred, lungo le sponde del Lago Balaton. Cantina Scuropasso – Roccapietra di Fabio Marazzi è l’unica italiana ad aggiudicarsi una medaglia d’oro, con una media di ben 91,33 punti. Ottimi anche i Silver di Colle del Bricco del “giovane ribelle” oltrepadano Matteo Maggi e di Azienda agricola La Sbercia, che conquista anche due bronzi grazie ai suoi spumanti.
La Sbercia risulta dunque tra le aziende più premiate a Grow du Monde 2024. Il concorso ha visto in gara oltre 350 vini prodotti per la maggior parte in purezza con il vitigno Riesling italico (ammessi anche gli uvaggi e le cuvée, in una particolare categoria). Sette i Paesi partecipanti: oltre all’Italia, in gara Ungheria, Croazia, Slovenia, Repubblica Ceca, Serbia e Slovacchia. Con ben 1.200 ettari di Riesling italico, l’Oltrepò pavese si candida a ospitare una delle prossime edizioni di Grow du Monde, a conferma dell’interesse di un nutrito gruppo di produttori di dare avvio a una vera e propria rivoluzione della comunicazione e del marketing legato al vitigno, il cui unico “genitore” conosciuto è italiano (la Coccalona nera).
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Una «visione comune della nostra identità», ovvero «chi siamo e i punti di condivisione con il resto del mondo Prosecco». Franco Adami, eletto nuovo presidente del Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, ha le idee chiare sui primi passi da muovere insieme al nuovo Cda. Le esprime, scegliendo accuratamente le parole, a poche ore dalla sua elezione, che anticipa quella dei vicepresidenti. «Il lavoro che ci aspetta – commenta il neo presidente Franco Adami – sarà impegnativo ma sono convinto che partendo dalla definizione di questi punti saremo capaci di promuovere al meglio i nostri valori immateriali e farli così emergere in modo deciso. I nostri primi passi concreti saranno intervenire sul disciplinare di produzione, perché la resa unica, un territorio una sola denominazione, è possibile e utile per promuoverla in modo compatto».
FRANCO ADAMI AL MONDO PROSECCO: «FRANCHEZZA, TRASPARENZA E COERENZA»
«Naturalmente – aggiunge il neo presidente del Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg – occorre anche continuare il percorso intrapreso sino ad ora per una denominazione sempre più sostenibile, nonostante i grandi passi compiuti negli ultimi anni, il nostro impatto sull’ambiente, deve, per quanto possibile, progressivamente diminuire. Infine, dovremo concentrarci sulla conservazione delle Rive, luogo identitario e distintivo».
Durante il primo Consiglio di amministrazione, Franco Adami ha pronunciato un appello chiaro, «affinché il dialogo in seno alla Denominazione sia condotto con franchezza, trasparenza e coerenza, che saranno le linee guida di condotta che il consiglio si darà nello svolgimento del proprio lavoro. Trasparenza – sottolinea ancora Franco Adami – significa anche riconoscere che in alcune occasioni è importante accettare il limite di un interesse singolo in favore dell’interesse dell’intera comunità. Nel medio periodo questo comportamento collettivo premierà l’intera comunità».
CONEGLIANO VALDOBBIADENE DOCG VERSO LA CONSERVAZIONE DELLE RIVE
Secondo le prime anticipazioni, il Consorzio a guida Adami si impegnerà da subito a favore della conservazione delle Rive. «Le “Rive-Rive”», le definisce Adami. «Su ciò – precisa il nuovo presidente del Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg – sarà importante intraprendere un duplice percorso che consenta da un lato il lavoro sulla valorizzazione del prodotto, ad esempio creare cuvée che possano riportare in etichetta i diversi luoghi di provenienza, dall’altro lato lavorare sull’assetto paesaggistico soprattutto sul versante della conservazione».
Le Rive, sempre secondo Adami, si reggono su un «equilibrio delicato». «La loro bellezza e produzione – commenta – va preservata in particolare dagli smottamenti che le minacciano ormai costantemente, viste le piogge più tropicali che mediterranee. I viticoltori sono sentinelle e operatori attivi delle nostre colline, ma vanno messi nella condizione di poter agire con maggior facilità pur nel rispetto delle norme vigenti. Su questo punto – conclude Franco Adami – si lavorerà con le amministrazioni locali per trovare un punto di incontro che consentirà alle Rive di continuare a essere luoghi di produzione e di bellezza».
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Il Consorzio Tutela Vini Collio festeggerà i suoi 60 anni organizzando un evento esclusivo. La fondazione dell’ente, avvenuta il 31 maggio 1964, sarà celebrata con un ricco programma dal 31 maggio al 1 giugno 2024. «Questo traguardo ci riempie di orgoglio – afferma Lavinia Zamaro, direttrice del Consorzio – quindi abbiamo deciso di consacrarlo con un evento unico che coinvolgerà, tra gli altri, alcuni dei protagonisti storici della Denominazione e alcuni personaggi dello spettacolo e del mondo del vino». «I produttori del Collio – aggiunge il presidente David Buzzinelli – insieme con il nostro Consorzio si sono distinti per l’impegno e la tenacia con cui hanno valorizzato la viticoltura, il territorio e l’accoglienza enoturistica. Un viaggio lungo 60 anni, condiviso in ogni momento e noi riteniamo che ci sia ancora molto da fare per il futuro».
60 ANNI DI CONSORZIO COLLIO: LE CELEBRAZIONI
Le celebrazioni dei 60 anni del Consorzio Tutela Vini Collio sono un momento fondamentale per la denominazione e per tutte le persone che lavorano ed investono quotidianamente nel comparto enologico della regione vinicola, tra le più vocate al mondo. Venerdì 31 maggio, si inizierà con la masterclass “Assaggi di storia del Collio”, guidata dal sommelier professionista Michele Paiano. Un percorso attraverso il Collio di ieri e di oggi in tre momenti: “Il Collio oggi – Ribolla Gialla, Pinot Grigio, Friulano, Sauvignon, Collio Bianco“, “La longevità del Collio Bianco“, “Il Collio Rosso“. Seguirà il convegno “Collio, un viaggio lungo 60 anni”, moderato dalla giornalista e scrittrice Licia Granello. Si parlerà di vino, di terroir, di storia e di enologia con quattro ospiti illustri che vantano un legame profondo con il Collio.
I PROTAGONISTI DEL COLLIO
I relatori infatti saranno il Conte Avv. Michele Formentini, testimone in prima persona della firma dell’atto di costituzione del Consorzio Tutela Vini Collio; Tiziana Frescobaldi, presidente dell’azienda Frescobaldi, la prima azienda esterna al Collio ad aver creduto ed investito sul territorio acquisendo la storica azienda Attems; Gianni Bignucolo, storico enologo del Collio; Bruno Pizzul, udinese di nascita, giornalista e telecronista sportivo italiano, prima voce per la Rai degli incontri della nazionale italiana di calcio dal 1986 al 2002. La giornata si concluderà con il GALA presso Fondazione Villa Russiz, con menù ad opera dello Chef Cristian Nardulli in abbinamento ai grandi vini bianchi e rossi del Collio. Sabato 1 giugno, presso Tenuta Borgo Conventi verrà assegnato il XVII Premio Collio, dedicato al Conte Sigismondo Douglas Attems di Petzenstein, presentato da Stefano Cosma.
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Anche la Slovenia svolta sul Riesling italico e sui vitigni resistenti Piwi. All’inizio del prossimo anno, Burja– tra le cantine icona della Vipava Valley, poco lontano dal confine con l’Italia – immetterà sul mercato il primo vino che menziona l’Italico con il nome tradizionale Grašica, al posto del più comune Laški rizling (Riesling italico, per l’appunto). Il nome di fantasia richiama in realtà la tradizione e si avvicina al termine Graševinautilizzato in Croazia e, ancor più, al termine Grašac, declinazione di “Riesling italico” in Serbia.
È una rivoluzione silenziosa per la Slovenia quella che Burja ha deciso di avviare, che farà la storia della viticoltura e dell’enologia nel paese e che potrebbe avere risvolti anche in Italia, qualora l’Oltrepò pavese seguisse l’esempio e decidesse di dare il via a un percorso per l’individuazione di un sinonimo utile a costruire un marketing efficace sui vini prodotti con l’Italico. Nel Pavese sono infatti presenti oltre 1200 ettari di Riesling italico, varietà neppure menzionabile in etichetta e spesso, erroneamente, confusa con il Riesling Renano, con cui l’Italico non ha nulla a che fare dal punto di vista ampelografico.
IL GRAŠICA 2023 BATIČ E LA CUVÉ PIWI DI MARLON BATIČ
Un’altra notizia arriva dalla Slovenia e, in particolare, dalla Vipava Valley. Riguarda il Piwi prodotto da Miha Batič (Marlon Batič), in vendita a circa 50 euro. Un prezzo che dice molto sull’interesse per il movimento che riguarda i “vitigni resistenti” e il loro lento ma progressivo posizionamento accanto ai vini da varietà tradizionali, anche nel segmento top di gamma.
I due vini – Grašica 2023 di Burja e Kakovostno Vino Belo Suho Zgp Vipava di Batič, ottenuta da una “cuvée segreta” di Piwi – costituiscono un ottimo esempio della vitalità enologica della Vipava Valley (in italiano Valle di Vipacco), regione vinicola slovena che brilla per un utilizzo sapientemente dosato della macerazione, al punto da elevare all’ennesima potenza le caratteristiche primarie delle varietà locali, internazionali e dei vitigni resistenti alle malattie fungine.
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Tante le iniziative in programma in diverse regioni italiane in vista di Cantine Aperte 2024., in calendario il 25 e 26 maggio. Iprogrammi regionali di MTV – Movimento Tursimo del vino sono in aggiornamento, ma è già possibile conoscere alcuni appuntamenti nelle singole regioni italiane. «La cultura del vino e la passione per l’ospitalità sono da sempre i nostri pilastri – sottolinea Nicola D’Auria, presidente del Movimento Turismo del Vino – e la combinazione vincente che ci ha reso il brand di riferimento dell’enoturismo. E anche questa edizione di Cantine Aperte sarà una grande occasione per celebrare il meglio dell’enoturismo nazionale integrando la passione per il vino all’approfondimento della storia e delle tradizioni che sono dietro ogni produzione e tante attività naturalistiche, culturali e artistiche, organizzate con creatività dai produttori di ogni regione».
«Sempre più partecipazione e coinvolgimento – continua D’Auria – dimostrano l’impegno delle nostre cantine di offrire un’esperienza enoturistica più immersiva e sfaccettata, in linea con le esigenze, in continuo mutamento, dell’enoturista del terzo millennio. Non ci resta che invitare tutti gli appassionati alla scoperta delle realtà del vino del Bel Paese in due giornate imperdibili, per degustare le migliori etichette e vedere da vicino la passione per il vino e per l’ospitalità dei produttori del Movimento».
CANTINE APERTE 2024 IN BASILICATA, ABRUZZO, CALABRIA E CAMPANIA
Abruzzo: sono 52 le cantine abruzzesi che non vedono l’ora di accogliere il pubblico di enoturisti tra degustazioni e cene all’insegna della convivialità, immersi nella natura più incontaminata e nei suggestivi paesaggi della regione, con escursioni all’aria aperta, passeggiate tra i vigneti, musica e visite culturali. Scopri le attività in programma di ogni cantina su:bit.ly/3ydrBaP.
Basilicata: le 25 cantine sono pronte ad accogliere enoturisti ed appassionati, tra degustazioni, incontri con i produttori, pic-nic, passeggiate in vigna e molte altre attività, per vivere insieme il weekend più atteso dagli enoturisti di tutta Italia alla scoperta degli affascinanti paesaggi e sapori della Lucania. Tutti i programmi su: bit.ly/3K46SJf.
Calabria: 13 le cantine calabresi da scoprire in occasione di Cantine Aperte 2024 tra aperitivi, assaggi di piatti tipici, degustazioni al tramonto, musica, attività speciali alla scoperta del miele e passeggiate tra i filari in compagnia di un immancabile calice di vino per scoprire i vitigni e i territori enologici più interessanti della regione. Scopri tutte le attività regionali su: bit.ly/3UFfA5A.
Campania:25 le cantine campane pronte per accoglierti tra i filari e per raccontare la loro storia, i loro vini e il loro territorio attraverso degustazioni delle migliori etichette, escursioni a cavallo, passeggiate tra i vigneti, laboratori alla scoperta delle tradizioni e dei prodotti locali. Info e dettagli su: bit.ly/4au4WEz.
CANTINE APERTE 2024 IN EMILIA ROMAGNA, FVG E LAZIO
Emilia Romagna: le 31 cantine aprono le porte agli enoturisti per condividere momenti indimenticabili tra le vigne, degustazione i vini e i prodotti tipici della regione. Ma anche tante attività immersi nella natura, momenti divertimento, laboratori sensoriali e tante altre iniziative da scoprire su: https://bit.ly/44P9ioF.
Friuli- Venezia Giulia: 75 cantine che non vedono l’ora di accogliere con entusiasmo il popolo di enoturisti tra tour nei vigneti, degustazioni in abbinamento alle grandi ricette del territorio, laboratori di pittura e di giardinaggio, visite culturali e tante altre attività immersive, dalla scoperta del mondo delle api ai corsi di ceramica. Tutte le attività in programma in occasione di Cantine Aperte 2024 su: bit.ly/3WHBqYJ.
Lazio: 6 le cantine laziali che ti guideranno alla scoperta dei grandi vini della regione tra passeggiate nei vigneti e visite tra grotte e bottaie. Non mancheranno gli assaggi dei prodotti tipici dell’agricoltura locale accompagnati da un immancabile calice di vino, da degustare all’aria aperta scoprendo i paesaggi più suggestivi del Lazio.Tutti i programmi sui canali social regionali:bit.ly/3yo6wug.
CANTINE APERTE 2024 IN LOMBARDIA, MARCHE, MOLISE E PIEMONTE
Lombardia: è tutto pronto nelle 17 cantine lombarde per condividere un weekend insieme al popolo di enoturisti all’insegna delle degustazione dei grandi vini in abbinamento ai prodotti dell’orto e delle tipicità regionali. Ma anche tante attività ricreative per i più piccoli, pic-nic in vigna, percorsi in e-bike e tante altre attività immersive nei paesaggi più iconici della Lombardia. Tante iniziative tutte da scoprire su: bit.ly/44PqjyZ.
Marche: tante e per tutti i gusti le attività da vivere nelle 74 cantine marchigiane, lasciandosi guidare dai produttori tra botti e vigneti per scoprire tutti i grandi vini della regione in abbinamento ai tradizionali sapori del territorio. Ma anche iniziative per i più piccoli, tour tra i filari, musica e tanti momenti di relax e divertimento tutti da scoprire su: bit.ly/4bEjPW2.
Molise: Azienda Agricola Cianfagna e Cantina Principe Delle Baccanti sono felici di accogliere enoturisti e appassionati per raccontare la storia, il territorio e i vini identitari della regione attraverso la visita in cantina e la degustazione ma anche assaggi dei prodotti tipici tra pranzi e pic-nic in vigna, nonché attività culturali e visite nel museo della civiltà contadina. Il tutto per un’immersione a tutto tondo nei sapori e nei profumi dei vini del Molise in un weekend di festa e divertimento. Scopri i programmi sui canali social regionali: bit.ly/3QL7Gqc.
Piemonte: nelle 29 cantine aderenti a Cantine Aperte 2024, un weekend all’insegna della tranquillità e del relax nella splendida cornice dei paesaggi piemontesi. Tra degustazioni di vini d’eccellenza e distillati, visite in barricaia, passeggiate sensoriali nel bosco, pic-nic tra i filari, mostre, cene e spettacoli musicali goditi i luoghi del vino del Piemonte con l’inconfondibile accoglienza dei produttori. Tutti i programmi su: bit.ly/3UPC9pi.
CANTINE APERTE 2024 IN PUGLIA, SARDEGNA, SICILIA E TOSCANA
Puglia: le 32 cantine pugliesi sono pronte ad accoglierti in due giornate ricche di degustazioni, pic nic in vigna, aperitivi al tramonto e gli immancabili incontri con i produttori, per un weekend all’insegna del buon vino e del buon cibo, immersi nei magnifici paesaggi della Puglia, dall’entroterra alla costa. Per scoprire tutte le cantine vai sulle pagine social: bit.ly/3UZoOuK.
Sardegna: sono 14 le cantine sarde pronte a regalarti un weekend all’insegna del vino di qualità e della scoperta dei paesaggi e delle destinazioni più suggestive della Sardegna. Degustazioni accompagnate dal racconto dei produttori, laboratori per scoprire le produzioni artigianali e tradizionali e tante altre attività dall’entroterra alla costa alla scoperta di tutte le bellezze dell’isola. Per conoscere tutti i programmi delle cantine vai su: bit.ly/3V83CTt.
Sicilia: sono 25 le cantine della Sicilia che accompagneranno il pubblico di enoturisti alla scoperta delle grandi eccellenze enologiche dalla costa ionica alla costa tirrenica dell’isola.Tra una degustazione e un po’ di relax immersi nella natura, una visita in cantina e una passeggiata in riva al mare, goditi un weekend memorabile alla scoperta dei vini e delle produzioni tradizionali siciliane. Scopri i programmi su: bit.ly/3wfgo9e.
Toscana: un tour alla scoperta delle 50 cantine toscane pronte ad accoglierti tra degustazioni, passeggiate tra vigneti e uliveti, musica live, escursioni in bici o a cavallo, ricette dolci e salate della regione in abbinamento ai prestigiosi vini e ai grandi oli Evo del territorio. Ma anche tanta cultura a Cantine Aperte 2024, con visite nei borghi storici e divertimento assicurato con attività nei parchi d’avventura e wine trekking. Per scoprire le attività di tutte le cantine vai su: bit.ly/4dxXtqY.
CANTINE APERTE 2024 IN TRENTINO ALTO ADIGE, UMBRIA, VALLE D’AOSTA E VENETO
Trentino-Alto Adige: 21 le cantine che apriranno le porte agli enoturisti con due imperdibili giornate di vini d’eccellenza, tra visite in malga e pic-nic immersi nel verde dei paesaggi trentini, degustazioni in abbinamento a taglieri di salumi e formaggi tipici, nonché laboratori su misura per i più piccoli, con divertimento assicurato per tutti. Tutte le info su: bit.ly/3UPIBvA.
Umbria: le 46 cantine umbre non vedono l’ora di far entrare i visitatori in vigna e in cantina per portarli alla scoperta dei pregiati vini e i sapori prelibati della regione con attività per tutti i gusti e tutte le età: dal trekking a visite culturali a momenti di apprendimento e laboratori sensoriali. Per scoprire tutti i programmi visita il sito: bit.ly/3yiDdcC.
Valle d’Aosta: 7 cantine sono entusiaste di accogliere i wine lover per accompagnarli alla scoperta dei vini della regione in un weekend all’insegna del contatto con la natura e del buon cibo. In occasione di Cantine Aperte 2024 anche tanti appuntamenti d’arte, di musica, relax e attività su misura per grandi e piccoli appassionati. Info e dettagli su: bit.ly/44HLDGt.
Veneto: le 30 cantine ti aspettano per condividere esperienze suggestive tra i filari, masterclass e degustazioni guidate dal racconto dei produttori, visite negli enomusei e nelle fattorie didattiche, pic-nic e aperitivi in vigna, escursioni in bici e attività sportive immerse nel verde. Non perdere l’occasione di vivere l’ultimo week-end di maggio all’aria aperta. Programmi in progress su: bit.ly/4b6ZMiN.
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Custoza Doc è l’unico vino partner di FIPE-Confcommercio in occasione della presentazione alla Camera della 2° edizione della Giornata della Ristorazione Italiana, in programma il 18 maggio. Il Custoza, vino bianco prodotto sulle colline moreniche tra Verona e il Lago di Garda, ha scelto di sostenere questo evento della Federazione Italiana Pubblici Esercizi «perché fortemente convinto che la ristorazione sia la migliore ambasciatrice della denominazione». Con questa giornata «migliaia di ristoranti ne conosceranno le caratteristiche». Nella Sala della Regina a Montecitorio, dopo gli interventi del presidente della Camera, l’onorevole Lorenzo Fontana, e dei ministri Francesco Lollobrigida e Adolfo Urso, è intervenuta la presidente del Consorzio Tutela Vino Custoza Doc Roberta Bricolo.
«Siamo orgogliosi di sostenere questo importante evento – ha dichiarato – perché con la ristorazione condividiamo molti valori, dallo spirito di servizio alla cultura dell’ospitalità, dal rispetto dell’identità alla protezione dei territori. Assieme possiamo affrontare anche gli attacchi che vengono dall’esterno, primo fra tutti, nel nostro caso, il dibattito sulla componente alcolica e sugli aspetti salutistici del vino, che sviliscono e negano il valore che vino e cibo, da sempre, hanno in quanto elementi della storia e della cultura italiana. Nel caso del Custoza, poi, questo territorio ha anche un significato storico e ha contribuito a “fare l’Italia”. Basti pensare alle due battaglie che qui si sono svolte nell’ambito delle Guerre di Indipendenza».
IL CONSORZIO CUSTOZA CON FIPE
La denominazione Custoza riconosce inoltre l’importanza economica del comparto della ristorazione, essenziale per la filiera agroalimentare e per i prodotti agricoli. Essi sono anche gli ambasciatori della cultura del bere consapevole e il Custoza è al loro fianco. Vino contemporaneo e versatile, è capace di affiancare le più svariate preparazioni gastronomiche. «La nostra presenza in Parlamento al fianco di Fipe-Confcommercio oggi – continua Roberta Bricolo – si inserisce in più ampio progetto a favore della categoria. Nel corso degli ultimi anni abbiamo avviato un programma di corsi di formazione gratuiti a favore del personale di sala, a partire dalle scuole alberghiere, per accrescere la professionalità e valorizzare le denominazioni storiche italiane.
«I produttori del vino Custoza sono al fianco della ristorazione – conclude la presidente del Consorzio – ed esprimono oggi i migliori auguri di successo per la realizzazione dei progetti qui presentati. Certi che insieme, come diceva Mario Soldati, il “buon cibo” e il “bere bene” diano ancora più sapore all’esistenza. Auguriamo un grande successo a Fipe-Confcommercio per la Giornata della Ristorazione Italiana e ci auguriamo di proseguire assieme questo cammino».
AMPIO CONSENSO PER FIPE NELLA GIORNATA DELLA RISTORAZIONE
Il consenso è ampio. «La ristorazione – evidenzia Maurizio Grifoni (nella foto, sopra)presidente di Fondo Fon.Te., il fondo pensione complementare per i dipendenti di aziende del terziario – è un settore fondamentale in quanto svolge un importante ruolo di alfiere del Made in Italy contribuendo a valorizzare i prodotti e le eccellenze del nostro Paese. Fondo Fon.Te. crede molto in questo comparto che costituisce uno dei volani dell’economia italiana».
«In tal senso affianca e supporta i progetti della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (FIPE) dedicati alla filiera agroalimentare e alla promozione dei valori che caratterizzano la cucina italiana. È necessario, pertanto – conclude Grifoni – fare sistema, rafforzare gli investimenti e adottare misure di carattere fiscale per sostenere un comparto strategico come la ristorazione sul quale occorre puntare per rilanciare le imprese e l’occupazione nel nostro Paese».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Anima veneta, cuore toscano. “Donna Gloria” è il nome della linea di Prosecco Doc e Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene Docg che Piccini 1882 lancia sul mercato dopo l’accordo stipulato con Vinicola Cide. L’azienda di Mareno di Piave (Treviso), nota anche come “Vini Cide” – oltre 40 anni di esperienza nella produzione di vini a marchio – realizzerà per la «famiglia del vino italiano» guidata da Mario Piccini una serie di prodotti destinati al segmento Horeca. Al vertice un Valdobbiadene Docg Extra Dry, un Prosecco Doc Extra Dry e un Prosecco Doc Rosè Extra Dry. «Precisione enologica e profondo rispetto per il territorio – commenta il patron e amministratore delegato di Piccini 1882 – costituiscono i due pilastri che governano la filosofia produttiva dei vini “Donna Gloria”, nati per celebrare ed esaltare il ricco patrimonio enologico del Veneto».
«Il nostro team di enologi supervisiona meticolosamente tutte le fasi della produzione – assicura Mario Piccini – garantendo un prodotto di alta qualità che rispetta e interpreta l’essenza della sua terra d’origine. Del resto, da oltre tre secoli le colline che cingono Valdobbiadene rappresentano la culla di uno dei più apprezzati vini italiani: il Prosecco. La sua fortunata posizione, abbracciata dal mare e dalle Prealpi, assicura un clima temperato, accarezzato da una costante ventilazione. È da questo patrimonio naturale, che prendiamo in custodia, che nascono le nostre uve».
DONNA GLORIA PROSECCO DOC, ROSÉ E VALDOBBIADENE DOCG
I Prosecco “Donna Gloria” si caratterizzano per freschezza, leggerezza e versatilità e risultano ideali per ogni occasione. Conservano, insomma, il tratto caratteristico dei vini targati Piccini 1882, pensati per accompagnare ogni piatto, in questo caso con una “bollicina”. Il Prosecco Doc Extra Dry Donna Gloria rappresenta un’eccellente interpretazione dello stile classico del Prosecco. Una “cuvée” ottenuta principalmente dalla varietà autoctona Glera, con un saldo di Chardonnay.
Eleganza e vivacità sono invece le parole d’ordine del Prosecco Doc Rosé Extra Dry Donna Gloria: un trionfo di freschezza ed esuberanza, grazie a un 15% di Pinot Nero accostato alla Glera. Il Valdobbiadene Docg Extra Dry Donna Gloria esibisce infine tutta la raffinatezza tipica del Prosecco Superiore: ancora una volta freschezza ed equilibrio caratterizzano il sorso.
IN VENETO L’ULTIMO INVESTIMENTO DI PICCINI 1882
«Abbiamo pensato a questa linea – spiega Mario Piccini – come un autentico viaggio attraverso i luoghi che caratterizzano questo straordinario territorio, arricchito dalla “ricetta italiana” firmata Piccini 1882, con l’obiettivo di creare un prodotto fresco e moderno». La famiglia italiana del vino traccia così una nuova rotta: creare delle bollicine uniche, declinate secondo la propria formula, per veicolare i valori in cui Piccini crede da oltre 140 anni, nel segno della convivialità e della condivisione.
La nuova collezione di Prosecco Doc e Superiore Docg Donna Gloria è l’ultimo investimento del gruppo vitivinicolo della famiglia Piccini, che ha sede a Casole d’Elsa, in provincia di Siena. La storia dell’azienda affonda le radici nel cuore del Chianti Classico, dove, nel 1882, il capostipite Angiolo Piccini fondò una piccola vinicola. Da allora, l’azienda si è ritagliata una posizione di prestigio all’interno del palcoscenico vitivinicolo nazionale ed estero, potendo oggi vantare una solida presenza in oltre 90 paesi del mondo.
Oltre allo storico brand “Piccini”, il gruppo si compone di molte anime, tra cui spicca lo storico marchio del “Chianti Geografico” e “Generazione Vigneti”, il progetto, guidato dalla quinta generazione, che racchiude le cinque tenute di famiglia, dal Chianti Classico, alla Maremma, passando per Montalcino e le terre vulcaniche del Vulture e dell’Etna. Nel 2022, infine, la famiglia è sbarcata nelle Langhe con l’acquisizione del celebre brand piemontese “Cantina Porta Rossa”.
Oltre sessanta produttori, 500 vini, due laboratori di degustazione, la presentazione di un volume sulla zona e la mostra delle nuove etichette istituzionali, all’ombra del Duomo di Milano. Il 3 giugno iRoero Days tornano a Milano (Palazzo Giureconsulti) per la seconda volta nella storia della denominazione piemontese, che quest’anno festeggia l’ingresso nel secondo decennio dalla fondazione del Consorzio: il momento giusto per iniziare a promuoversi tra professionisti e grande pubblico in tutte le sfaccettature. A dispetto di quanto si ritenga – in Italia come all’estero – il Roero non è solo la terra del vitigno bianco Arneis, ma anche di grandi vini rossi prodotti con uve Nebbiolo.
La stretta vicinanza con i territori di Barolo e Barbaresco, giusto al di là del fiume Tanaro, è un indizio. Ma i suoli del Roero Docg sono diversi, molto più ricchi di sabbie. I vini che nascono in questa fetta del Piemonte di 1.750 ettari godono di un’autenticità propria. I vini rossi del Roero risultano generalmente fini e meno tannici rispetto all’espressione delle vicine denominazioni, come dimostrato dal Roero Doc 2000 “Printi” di Monchiero Carbone, abbinato insieme ad altri tre vini al menu del Ristorante Sadler di Milano, dove ieri si è tenuta la presentazione dei Roero Days 2024. Il volto “rossista” della zona sarà dunque il filo conduttore dell’evento.
GRANDE LONGEVITÀ ANCHE PER L’ARNEIS NEL ROERO
Solo la prima tappa individuata dal Consorzio Tutela Roero, che vuole rendere la manifestazione itinerante per l’Italia. Una giornata di assaggi insieme ai produttori del Roero con i loro vini Docg e due laboratori di degustazione, durante i quali verranno proposte due verticali di Roero Bianco e Roero Rosso, in un viaggio tra vecchie e nuove annate (la lista delle cantine partecipanti è disponibile qui).
Da non perdere, ovviamente, anche i vini bianchi base Arneis, tra cui il Roero Docg Metodo classico 2018 “Giovanni” di Angelo Negro, il Roero Docg 2022 “San Michele” di Deltetto e il Roero Docg “Renesio” di Malvirà, presente in occasione del pranzo da Sadler con l’annata 2013, a riprova della longevità dei bianchi della denominazione, oltre che dei vini rossi.
IL PROGRAMMA DEI ROERO DAYS 2024
La location scelta dal Consorzio del Roero, oggi guidato da Massimo Damonte, riflette le ambizioni delle oltre 260 cantine associate. Palazzo degli Affari ai Giureconsulti sorge sulle mura dell’antico palazzo della Credenza di Sant’Ambrogio di Milano. A partire dall’Ottocento, è sede della Borsa Valori, poi del Telegrafo, della Banca Popolare di Milano e della Camera di commercio. Porte aperte al pubblico ai Roero Days lunedì 3 giugno, dalle 11 alle 19, con i banchi d’assaggio (ultimo ingresso alle ore 18).
Alle 11 è prevista la presentazione del volume “Un mare nel Roero” Trenta Editore, nel Parlamentino del palazzo. Alle ore 12 l’inaugurazione della mostra dedicata alle nuove etichette istituzionali del Consorzio, con la premiazione degli artisti vincitori in Sala Colonne. Doppia verticale guidata di Roero Docg in bianco e in rosso in Sala Esposizioni, alle ore 14. Alle 15.30 presentazione del volume “Roero, terra del Nebbiolo e dell’Arneis” edito da DeAgostini, ancora una volta nel Parlamentino. Alle 17 spazio per la seconda doppia verticale guidata di Roero Docg in bianco e in rosso, in Sala Esposizioni.
Roero Days 2024
3 giugno – Palazzo Giureconsulti
Piazza dei Mercanti, 2 Milano Qui le info sui biglietti
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
EDITORIALE – Mettiamola così, per capirci una volta per tutte e dare il giusto peso alla sconsiderata esultanza delle fanfare della politica: fossimo su un campo di calcio, la vittoria del Prosecco contro il Prosek sarebbe da classificare al pari di un successo del Paris Saint-Germain, la corazzata parigina infarcita di petrodollari degli sceicchi, contro un’outsider del livello della FeralpiSalò, che quest’anno retrocederà dalla serie B alla serie C. Nulla a che fare con il salvataggio della patria da chissà quale minaccia, in quanto la minaccia del Prosek per l’Italia non esiste e non è mai esistita. Anzi, ha più le sembianze d’un auto-sgambetto italiota, utile per distogliere l’attenzione da problemi ben più seri e strutturali del nostro sistema vino.
IL GRANDE BLUFF DEL PROSEK: UNA MINACCIA INESISTENTE
I politici che nelle ultime ore stanno esultando come se avessero vinto la Champions League del vino per conto dell’Italia, dopo la pubblicazione del testo del Regolamento Ue nella Gazzetta Ufficiale Europea che «limita definitivamente l’uso ingannevole del nome Prosek sulle etichette croate o di qualsiasi altro Stato membro, generando confusione tra i consumatori», in realtà stanno bluffando. Con la complicità, ça va sans dire, di tutta la stampa asservita ai piaceri, alle gioie e agli umori delle suddette fanfare, nonché di diverse associazioni di categoria.
Oltre che di «imitazione» del nome del brand Prosecco (fandonia inaudita, essendo “Prosek” un nome tradizionale), si parla infatti di possibile «confusione», da parte dei consumatori, tra i due prodotti: onestamente, chi di voi confonderebbe su uno scaffale un Prosek, con la sua tipica bottiglia da vino dolce passito, e un Prosecco (che si tratti o meno del “Gold” di Bottega)? La risposta è nella gallery che segue: fotografie scattate presso l’aeroporto di Zagabria, ovvero in una delle poche location in cui le due referenze coesistono!
PROSEK, ALTRO CHE “ITALIAN SOUNDING”: È UN VINO DOLCE STORICO DELLA DALMAZIA
Il Sistema Prosecco è una corazzata da quasi un miliardo di bottiglie che, per scopi evidentemente politici, ha avviato e sostenuto con diversi complici una campagna denigratoria nei confronti del Prosek, vino dolce storicamente prodotto in Dalmazia (Croazia) in un numero tanto risicato di bottiglie da mettere in ridicolo gli sforzi inauditi messi in campo dall’Italia per vincere questa “fondamentale” battaglia: appena 80 mila bottiglie annue, confezionate da piccoli vignaioli innamorati della loro terra e volenterosi di dare seguito a una tradizione centenaria che nulla ha a che fare con il Prosecco (che ha le bollicine) e che è impossibile da confondere – sia per packaging sia per sapore – con lo spumante a denominazione originario del Veneto e del Friuli.
L’Italia del Prosecco, che mai come oggi assomiglia al Paris Saint Germain, ha vinto la sua battaglia contro il Prosek-FeralpiSalò ed esulta come se questo successo fosse la panacea di tutti i suoi mali: quelli di una Doc costretta ancora, nel 2024, a spiegare a Londra (a suon di manifesti nelle metropolitane) che «quello in lattina o alla spina» non è il suo vino a denominazione, mentre una parte dei suoi produttori spinge – in Italia – per cambiare i disciplinari e aprire a nuove forme di confezionamento del prodotto. Una Denominazione che, al contempo, prova a riposizionarsi (all’insù) sui mercati attraverso un progetto di menzioni geografiche naufragato, o dimenticato in qualche cassetto, come le cose che hanno poco senso di essere dibattute e sviscerate, una volta per tutte.
A nulla sono servite le prove e le testimonianze portate a Bruxelles dalla Croazia, Paese offeso e svilito per mesi dai nostri politici nell’anima più profonda, sino alla capitolazione odierna. E allora ecco che la vittoria del Paris contro FeralpiSalò diventa vitale (per l’Italia), per scrivere altre pagine di un racconto deviato. Rinfrancato da dichiarazioni roboanti: «Il nuovo Regolamento europeo sulle indicazioni geografiche Ig mette la parola fine a una sgradevole vicenda e questo risultato è frutto di una grande lavoro di squadra tra istituzioni, associazioni di categoria e Consorzi che in tutte le sedi hanno difeso non solo un brand, ma un vino che esprime la storia e l’identità del Veneto», ha detto all’Ansa Luca Zaia. Governatore di un Veneto mai come oggi provincia d’Italia. Prosit.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Torna la rubrica dedicata ai vini in promozione al supermercato, presenti sui volantini delle maggiori insegne della grande distribuzione operanti in Italia. Ecco i vini in offerta da non perdere.
ALDI, volantino fino al 19 maggio
Merlot Igt Veneto: 2,29 euro (3 / 5) Garda Doc Frizzante Villa Alberti: 1,79 euro (3,5 / 5) Cava Brut Jaume Serra: 3,59 euro (4 / 5)
BENNET, volantino fino al 15 maggio
Notte rossa – Primitivo Bio: 4,89 euro (5 / 5) Settesoli Settesoli – Chardonnay Sicilia IGT O Syrah Rosé: 3,49 euro (5 / 5) Segnavento – Negroamaro: 3,84 euro (3,5 / 5) Prosecco Treviso Doc Brocca dei Dori: 4,19 euro (3,5 / 5) Lago Caldaro Cantina Doc di Cortaccia: 5,94 euro (5 / 5)
CARREFOUR IPERMERCATI, volantino fino al 15 maggio
Gewurzatraminer Trentino Doc Cavit: 5,99 euro (3,5 / 5) Collezione Privata Rosso Toscana Igt Piccini: 4,99 euro (5 / 5) Raim Vermentino Doc Sella & Mosca: 3,99 euro (3,5 / 5) Linea Salento Igt Notte Rossa: 3,99 euro (5 / 5) Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Bortolomiol: 7,29 euro (4 / 5) Metodo classico Blanc de Blancs Millesimato Brut Lebollè, Losito e Guarini: 7,49 euro (4 / 5) Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut Malpasso: 4,49 euro (3,5 / 5)
COOP ITALIA, volantino fino al 22 maggio
Corvina Veronese Igt Ulisse, Cantina di Negrar: 3,69 euro (4 / 5) Spumante Muller Thurgau, Cavit: 3,89 euro (4 / 5)
CONAD, volantino fino al 14 maggio
Cantina valtidone Cantina Valtidone – Barbera Piacentino Doc: 5.25 euro (2×1) (3,5 / 5) Villa Diana – Nero D’Avola Gattopardo Doc: 4,59 euro (4 / 5) Mionetto – Spumante Prosecco: 7,89 euro (3,5 / 5) Castellino bianco/rosso: 1,69 euro (3,5 / 5) Riunite Riunite – Lambrusco Emilia: 1,89 euro (3,5 / 5) Sensi Sensi – Vernaccia San Gimignano Docg: 4,49 euro (4 / 5) Fratelli Maggi – Bonarda Vivace Oltrepò Pavese Doc: 11,94 euro (6 bottiglie) (2 / 5) Duchessa Lia – Gavi Docg: 5,99 euro (3,5 / 5) Santa Cristina – Giardino Rosè Toscana: 5,89 euro (4 / 5) Vermentino Maremma Canneta: 4,99 euro (3,5 / 5) Astoria – Cuvee Brut Dabon: 3,99 euro (4 / 5)
ESSELUNGA, volantino fino al 22 maggio
Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg, Cantina di Valdobbiadene: 5,39 euro (4 / 5) Vermentino di Gallura Docg, Cantina del Giogantinu: 4,45 euro (4 / 5) Rosé Lancers: 3,49 euro (3,5 / 5) Chardonnay / Cabernet-Merlot, Pasqua: 3,45 euro (3,5 / 5) Bonarda San Zeno, Zonin: 3,89 euro (4 / 5) Barbera d’Asti Superiore Docg Govone: 3,19 euro (4 / 5) Chianti Docg Piccini: 2,84 euro (4 / 5) Lago di Caldaro Terresomme: 2,95 euro (3,5 / 5) Nero di Troia Grifo: 2,64 euro (3,5 / 5)
EUROSPIN, volantino fino al 19 maggio
Falanghina del Sannio Dop: 2,69 euro (3 / 5) Lambrusco di Modena Dop frizzante Rosé: 1,69 euro (3,5 / 5)
FAMILA SUPERSTORE, volantino fino al 22 maggio
Le Vie Dell’uva – Chianti DOCG: 2,99 euro (3,5 / 5)
Le Vie Dell’uva – Merlot Friuli Grave: – 0,80 euro (3,5 / 5)
Bolla – Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Extra Dry: 5,49 euro (3,5 / 5)
GALASSIA IPERMERCATI E SUPERMERCATI, volantino fino al 15 maggio
Salice Salentino Le Vie dell’Uva: 3,99 euro (3,5 / 5) Marta P. Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Brut Millesimato: 6,98 euro (3,5 / 5)
GULLIVER SUPERMERCATI, volantino fino al 20 maggio
Nessun vino con indicazione del prezzo promozionale
IL GIGANTE, volantino fino al 15 maggio
Dolcetto o Barbera d’Alba Produttori di Portacomaro: 4,49 euro (5 / 5) Rosso di Montefalco Doc Ligajo: 4,99 euro (4 / 5) Barbera / Pinot Grigio Oltrepò pavese Doc, Pastori: 2,39 euro (1,5 / 5) Bonarda / Chardonnay / Riesling Oltrepò pavese Doc Le Cascine, Losito e Guarini: 2,39 euro (3 / 5) Cabernet Franc / Sauvignon Blanc Isonzo Doc, Borgo dei Vassalli: 5,49 euro (5 / 5) Marzemino Trentino Doc / Teroldego Igt Concilio: 4,79 euro (4 / 5) Chianti Docg Vecchia Cantina di Montepulciano: 2,99 euro (4 / 5) Barbera, Dolcetto, Rosso Monferrato / Cortese Doc Piemonte: 2,59 euro (3,5 / 5) Bardolino Chiaretto / Bardolino Doc Cantine Pasqua: 3,19 euro (3,5 / 5) Ortrugo, Bonarda amabile / Gutturnio frizzante Colli Piacentini Doc, Poggio al Tidone: 2,49 euro (3,5 / 5) Cerasuolo, Montepulciano d’Abruzzo Doc / Pecorino Igt Colline Pescaresi, Tenuta del Priore: 3,49 euro (3,5 / 5) Moscato dolce / Sangue di Giuda “C’era una volta”, Losito e Guarini: 3,89 euro (4,5 / 5) Spumante millesimato Extra Dry Stefano Bottega: 3,89 euro (3,5 / 5) Prosecco Rosé Doc Treviso, Coste Petrai: 4,79 euro (3,5 / 5) Prosecco Superiore millesimato Conegliano Valdobbiadene Docg, Porta Leone: 5,79 euro (3,5 / 5) Chianti Riserva Docg Piandaccoli: 6,98 euro (3,5 / 5) Vermentino di Toscana Igt Fattoria il Palagio: 4,49 euro (3,5 / 5) Rosso Toscana Igt Il Prugnolo, La Pieve: 8,99 euro (4 / 5) Vin Santo del Chianti Doc, La Pieve: 7,99 euro (3,5 / 5)
SELEZIONE EMILIA ROMAGNA-TOSCANA: Vini Tenute del Cerro: 8,39 euro (5 / 5) Vini Galassi: 2,79 euro (5 / 5) Vino Nobile di Montepulciano Docg Campone, Frescobaldi: 8,99 euro [4.5] Vini La Valorosa: 3,29 euro (5 / 5) Gutturnio Doc L’intenso, Piani Castellani: 5,29 euro (3,5 / 5) Brunello di Montalcino Docg, Villa Poggio Salvi: 21,90 euro (5 / 5) Malvasia / Bonarda Doc Colli Piacentini, Dante 45: 3,39 euro (5 / 5) Albana Romagna Doc, Azienda agricola Branchini: 5,79 euro (5 / 5)
IPERAL, volantino fino al 21 maggio
Pinot frizzante Igt Maschio: 3 euro (3,5 / 5) Lambrusco Emilia, Cavicchioli: sconto 16% (3,5 / 5) Trebbiano Doc Setabianca: sconto 33% (3,5 / 5) Ortrugo Doc Castelli del Duca: sconto 23% (3,5 / 5) Lambrusco di Modena Doc Il Baluardo: sconto 24% (3 / 5) Primitivo Salento Igp Notte Rossa: 3,59 euro (5 / 5) Negroamaro Igt Settearchi: 3,25 euro (3,5 / 5) Chianti Riserva Docg Piccini: 3,65 euro (5 / 5) Montepulciano d’Abruzzo Doc Riparosso: 5,19 euro (5 / 5) Rosso Classico Superiore Cirò Riserva, Caparra&Siciliani: 4,19 euro (5 / 5) Vermentino Toscana Igt Giglio del Duca: 3,29 euro (3,5 / 5) Pinot Grigio Bacchichetto: 3,69 euro (3,5 / 5) Barbera d’Asti Docg, Dezzani: 3,89 euro (3,5 / 5) Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Valdo: 5,49 euro (3,5 / 5) Verdeca Salento Igp, Feudo Apuliano: 3,45 euro (4 / 5) Muller Thurgau Trentino Doc, Mezzacorona: 3,99 euro (3,5 / 5) Valpolicella Superiore Doc La Rotonda, Cantina di Illasi: 4,99 euro (3,5 / 5) Ruché di Castagnole Monferrato Docg, Dezzani: 7,49 euro (4 / 5) Catarratto Igt Terre Siciliane Matinata, Cantine Madaudo: 2,49 euro (3,5 / 5)
IPERCOOP, volantino fino al 15 maggio
Vini Barbanera: sconto 40% (4 / 5) Vini Villa Folini: sconto 40% (3,5 / 5) Lancers Lancers – Rosé / Bianco: 3,69 euro (3,5 / 5) Turà – Bianco O Rosato Trevenezie Frizzante Igt: 2,15 euro (3,5 / 5) Cantine Riunite – Lambrusco Emilia Igt: 2,63 euro (3 / 5) Sant’Anna – Prosecco Doc Brut: 4,74 euro (3,5 / 5) Sartori – Ripasso Valpolicella Superiore D.O.C. Vigneti Di Valdimezzo: 6,70 euro (3,5 / 5)
IPER LA GRANDE I, volantino fino al 26 maggio
Terre Nardin – Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG Extra Dry: 5,99 euro (3,5 / 5)
Gasparetto – Asolo Prosecco Superiore DOCG Brut o Extra Dry: 5,39 euro (3,5 / 5)
Babulle – Spumante Millesimato Blanc De Blancs o Rosè Extra Dry: 2,79 euro (3,5 / 5)
Gasparetto – Prosecco DOC Treviso Extra Dry o Prosecco Rosè DOC Brut: 4,39 euro (3,5 / 5)
Vini al supermercato è la rubrica dedicata al vino in vendita nelle maggiori insegne di supermercati presenti in Italia. Nella Gdo viene venduta la maggior percentuale di vino italiano. Qui potrai trovare recensioni, punteggi e opinioni sui migliori vini in vendita nella Grande distribuzione organizzata, valutati con cognizione di causa, spirito critico costruttivo e l’indipendenza editoriale che ci caratterizza. Inoltre, una rubrica sempre aggiornata sui migliori vini in promozione presenti sui volantini delle offerte delle maggiori insegne di supermercati italiani. Vini al Supermercato è la guida autorevole ai vini in vendita in Gdo, con una pubblicazione annuale delle migliori etichette degustate alla cieca dalla nostra redazione. Seguici anche su Facebook ed Instagram. Sostieni la nostra testata giornalistica indipendente con una donazione a questo link.
Tutto pronto per Bologna Wine Week 2024, cinque giorni che vedranno protagoniste venticinque cantine. L’evento ideato dall’enotecario bolognese Gian Marco Gabarello – quest’anno alla sua seconda edizione – inizia mercoledì 15 e giovedì 16 maggio con Enoteca Bww presso Palazzo Isolani, con sponsorclass riservate agli operatori del settore e degustazioni guidate aperte al pubblico, oltre a un esclusivo Opening party. Il programma completo dell’evento è disponibile qui. «Bologna Wine Week – spiegano gli organizzatori – si impegna a creare un’esperienza unica coinvolgendo la città e i suoi abitanti, abbattendo le tradizionali barriere tra eventi per addetti ai lavori e offrendo a tutti l’opportunità di celebrare e scoprire il mondo del vino, immergendosi nella bellezza del contesto cittadino».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Era il 1998 quando Diego Planeta, Lucio Tascad’Almerita e Giacomo Rallo firmarono l’atto costitutivo di Assovini Sicilia. A sposare quella visione lungimirante, coraggiosa, rivoluzionaria, che ha creduto nell’associazionismo come strategia vincente per promuovere la Sicilia sono state otto aziende, le prime a fare parte dell’associazione che ha celebrato nei giorni scorsi un doppio anniversario: i 25 anni dalla propria fondazione e i 20 anni dalla prima edizione di Sicilia en Primeur. Un appuntamento speciale, celebrato a Cefalù dal 9 all’11 maggio proprio durante Sicilia en Primeur 2024, l’anteprima dell’ultima annata dei vini siciliani, dedicata alla stampa. Un’edizione da record con oltre cento giornalisti, tra stampa nazionale ed estera, dieci enotour, cinque masterclass, cinquantanove aziende e oltre trecento etichette in degustazione.
Il momento clou delle celebrazioni si è tenuto sabato 11 maggio, al complesso monumentale di San Domenico di Cefalù. Alessio Planeta, Antonio Rallo e Alberto Tasca, figli dei tre fondatori di Assovini, hanno accolto il testimone e portato avanti il disegno iniziale: quel «fare squadra» che ha gettato le basi del vincente sistema Assovini Sicilia. Momenti di commozione e applausi scrocianti durante gli interventi degli eredi delle famiglie fondatrici di Assovini, che guardano al futuro all’insegna del claim “Cultivating the future“, scelto per l’edizione 2024 di Sicilia en Primeur a testimonianza del ruolo di Assovini Sicilia nel rinascimento vitivinicolo siciliano. Dopo venticinque anni, il sogno dei padri fondatori di attribuire un valore culturale, di promozione e di storytelling al vino siciliano è realtà.
MARIANGELA CAMBRIA: «25 ANNI DI CORAGGIO E ASSOCIAZIONISMO»
«Sono orgogliosa di rappresentare un’associazione che ha sempre veicolato e promosso un’immagine contemporanea della Sicilia – ha affermato Mariangela Cambria presidente di Assovini Sicilia – legata alle tradizioni, dinamica, elegante. Grazie al coraggio di chi ha creduto nell’associazionismo sfidando ogni resistenza culturale e mettendosi in gioco senza protagonismi, credendo nel fare squadra, oggi la Sicilia nel mondo è un brand dal potente e profondo valore culturale e dall’appeal internazionale. Assovini Sicilia è nata da una visione e progettualità che ha spinto l’isola verso orizzonti nuovi, l’ha fatta conoscere nel mondo per le sue bellezze, per la sua storia. Una storia – ha concluso Cambria – il cui racconto è stato affidato al potere narrativo e simbolico del vino. La grande rivoluzione di Assovini Sicilia è stata quella di aver creduto nel vino come un prodotto culturale, dal potenziale straordinario e unico, prima che economico».
Con Assovini Sicilia, l’isola ha superato i confini approdando nei mercati di tutto il mondo, rappresentata dalla qualità del vino. A parlare di storia, cultura e valori sono le etichette degli associati. Tutti puntano all’export: l’Europa si conferma il principale mercato di esportazione, per il 95.7% delle imprese, seguito dal Nord America. Alessio Planeta ha definito l’arco temporale e storico del vigneto siciliano attraverso tre epoche emblematiche: l’incanto del passato, il fervore degli anni ’80 e la vitalità del nuovo millennio. «Ogni fase racconta una storia – ha evidenziato il ceo e presidente di Planeta Winery nonché past president di Assovini Sicilia – intessuta con numeri, tendenze e varietà che riflettono il nostro impegno per il futuro. Non è solo un esercizio di riflessione, ma un ponte verso il domani, plasmato dall’esperienza familiare e dall’innovazione. In un mondo in cui esportiamo in 75 mercati, operando in cinque regioni siciliane diverse, ci affidiamo alla saggezza dei nostri predecessori, come mio zio Diego Planeta, e alla nostra visione».
SOSTAIN SICILIA: SOSTENIBILITÀ CARDINE DEL VINO SICILIANO
In questi venticinque anni, la capacità di Assovini Sicilia è stata quella di innovarsi e rinnovarsi, abbracciando lo spirito del tempo come le nuove frontiere del green e contribuendo alla nascita della Fondazione SOStain Sicilia. «L’esperienza della Fondazione SOStain – ha sottolineao Alberto Tasca, presidente della Fondazione SOStain Sicilia – integra e si inserisce perfettamente nell’associazionismo di Assovini Sicilia. Ed è così che, proseguendo nel solco della positiva esperienza di associazionismo insegnataci da Assovini, nel 2020 è nata la Fondazione SOStain Sicilia, il cui obiettivo è accompagnare le cantine verso la misurazione dell’impatto che la loro azione ha sull’ecosistema. Alla Fondazione SOStain Sicilia ad oggi hanno aderito ben 43 cantine siciliane che, facendo rete, si confrontano su temi diversi utilizzando il contradditorio non più come presa di posizione ma come crescita reciproca».
A testimoniare l’attenzione per la sostenibilità c’è anche il primato della Sicilia, prima regione vinicola del mondo nel rapporto tra ettari vitati ed ettari vitati biologici. «Sono sempre stato convinto che collaborare e condividere obiettivi di lungo termine sia il modo giusto per creare valore e per promuovere i nostri straordinari contesti viticoli. L’associazionismo incarna concretamente lo spirito di collaborazione dei produttori siciliani. Il nostro “fare squadra” ha orientato la vitivinicoltura siciliana all’eccellenza, contribuendo al suo successo», ha aggiunto Antonio Rallo, past president di Assovini e attuale presidente del Consorzio di Tutela Doc Sicilia. Non solo produzione di qualità, promozione all’estero. Assovini Sicilia ha vinto la scommessa sull’enoturismo come strumento di racconto del territorio e del patrimonio storico e vitivinicolo.
NASCE IL GRUPPO GENERAZIONE NEXT DI ASSOVINI SICILIA
Oggi, l’84.8 % delle imprese associate ha implementato all’interno delle proprie cantine una serie di servizi enoturistici che sono delle vere e proprie wine experience contribuendo ad evolvere l’offerta enoturistica, che da semplice degustazione è diventata una parte del turismo esperienziale. Con le radici solide nella tradizione e nel passato, Assovini Sicilia getta le basi per il futuro continuando a seguire la traiettoria e la strategia vincente che ha condotto l’associazione a celebrare con successo questi primi venticinque anni.
Le aziende si preparano – o sono già interessate – al grande passo della transizione generazionale: circa il 78% delle cantine associate ha già integrato un esponente della “nuova generazione” nella gestione aziendale. All’interno dell’associazione è nato così il gruppo “Generazione Next”, che rappresenta le nuove generazioni di produttori di Assovini Sicilia. Giovani under 40 anni che, guidati dall’esempio di Assovini, si stanno impegnando a dar vita ad una squadra, definendo strategie nei settori della comunicazione, formazione e valorizzazione de territorio.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Immagini hot nelle stories del Consorzio Roero, il cui profilo Facebook è stato hackerato da oltre un anno. Ha scatenato l’ilarità, tra gli utenti del social del gruppo Meta, la pubblicazione di alcune immagini che ritraevano modelle in bikini. Nulla a che fare con l’attività del Consorzio di Tutela del Roero, che promuove e valorizza la Docg Roero. La pagina hackerata conta tuttora 46.951 follower e pubblica da oltre un anno post con spezzoni di video e film tratti da Netflix e da altre piattaforme, ma continua ad utilizzare l’immagine del profilo e le informazioni pubbliche dell’ente piemontese.
Il Consorzio di Canale (Cuneo), nato nel 2014 e guidato oggi dal presidente Massimo Damonte, è in realtà reperibile su Facebook da settembre 2023 su un’altra pagina, quella ufficiale, denominata “Consorzio Tutela Roero“. Il consiglio dei tecnici di Meta agli utenti è quello di segnalare il profilo falso per l’utilizzo improprio del nome e del brand dell’ente piemontese. In questo modo la piattaforma riuscirà a bloccare gli hacker, cancellando la pagina fake.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La Sicilia è la prima regione vinicola biologica al mondo per numero di ettari certificati biologici rispetto al totale degli ettari vitati. È quanto emerge dal report sull’annata 2023 presentato durante Sicilia en Primeur 2024, presentazione delle ultime annate dei vini siciliani in corso a Cefalù fino a domani, sabato 11 maggio. Secondo quanto riferisce il rapporto stilato dalla società di consulenza vitivinicola Uva Sapiens, la Sicilia ha registrato nel 2023 37.650 ettari di viticoltura biologica, rappresentando il 28% della viticoltura bio in Italia.
Un dato che porta la regione all’8% della produzione biologica viticola del mondo e al terzo dopo La Mancha (Spagna) e l’Occitania (Francia). Ma in Sicilia il rapporto tra viticoltura biologica e viticoltura convenzionale è del 38%. Significa che ogni 10 vigneti, circa 4 sono certificati biologici. In Occitania il rapporto è di due su dieci e nella Mancha si scende all’1,5. Grazie a questi dati, la Sicilia risulta la prima regione al mondo per viticoltura biologica rispetto alla viticoltura generale.
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Sergio Germano è il nuovo presidente del Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba Langhe e Dogliani. Il titolare della cantina Ettore Germano di Serralunga d’Alba è stato scelto dal consiglio di amministrazione del Consorzio piemontese. Sergio Germano succede a Matteo Ascheri e sarà chiamato a gestire cambiamenti che potrebbero risultare epocali per le denominazioni tutelate dall’ente, soprattutto sul fronte del Barolo che pensa di estendere la produzione ai versanti Nord delle colline. Altro tema caro a Germano è quello del tappo a vite, con le prime prove anche sul Barolo dopo il recente ingresso nell’associazione Gli Svitati.
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Quante anime ha il Lagrein? Di certo più d’una. La più intima è però quella di Gries, quartiere di Bolzano in cui il vitigno simbolo dell’Alto Adige ha trovato una casa d’elezione e un interprete d’eccezione della tipologia “Riserva”: Rottensteiner. Tra le case della più popolosa circoscrizione del capoluogo sudtirolese si nascondono piccoli appezzamenti di vigneti, tramandati da padre in figlio. Vere e proprie gemme, dal valore inestimabile. «Comprare oggi un ettaro di Lagrein nella zona Classica può arrivare a costare 1 milione e mezzo di euro», spiega Hannes Rottensteiner, nel precisare che si tratta per lo più di piccole parcelle frammentate. Gries come Barolo e Montalcino, nel segno di un’uva, il Lagrein, che dà ancora “da mangiare” ai viticoltori. Come Nebbiolo e Sangiovese delle zone più vocate. «La redditività è alta per i vigneti situati in questo quartiere di Bolzano: si arriva ai 40-50 mila euro ad ettaro, pur con rese contenute a 70-80 quintali per il Lagrein».
Il vigneto della famiglia Pichler è ordinato come il cassetto di una nonna premurosa. Le reti antigrandine disegnano come linee di matita il perimetro dei filari, incastonati tra le rocce nere e le generose chiazze di boschi delle montagne circostanti. I tetti delle case di Bolzano iniziano e finiscono tra un corridoio e l’altro, come in un puzzle bucolico. Si tratta di uno degli appezzamenti dal quale provengono le uve del Lagrein Grieser Riserva Select di Rottensteiner. Ormai da due generazioni, i Pichler seguono il rigido protocollo della cantina fondata nel 1956 da Hans Rottensteiner, oggi gestita dai coniugi Hannes e Judith. L’uva delle tradizione locale ha un peso determinante nella produzione: circa un terzo delle 450 mila bottiglie complessive sono di Lagrein. Numeri che fanno di Rottensteiner una delle dieci cantine private altoatesine più importanti, in una zona in cui le cooperative non mancano e fanno scuola sul fronte della qualità.
GRIES, IL QUARTIERE DI BOLZANO “CASA” DEL LAGREIN
I calici della verticale di 10 anni di Lagrein Grieser Riserva Select Rottensteiner riflettono uno dopo l’altro, con punte di eccellenza sfavillante, lo scintillio di un “ecosistema” – quello di Gries – che ha quasi parvenze extraterrestri. In un periodo in cui Bordeaux si interroga su quanto vigneto estirpare e i vini rossi soffrono nel mondo l’avanzata galoppante dei vini bianchi e degli spumanti, l’esclusiva degustazione proietta nelle sale dell’Italia del vino un film inatteso. Un modello, di valore e di principi, che parte dal vigneto e finisce dritto nelle mani di chi si ritrova a sorseggiare un Lagrein dai tratti costantemente unici, lungo i saliscendi delle sfide climatiche di un decennio. La formula magica del Lagrein Riserva di Rottensteiner è la ricerca dell’equilibrio tra frutto e tannino, abolendo le sovraconcentrazioni divenute negli anni una costante nell’interpretazione altoatesina del vitigno.
Ne sono un fulgido esempio le annate 2010, 2011, 2018 e 2021 del Lagrein Grieser Riserva Select, i calici più sorprendenti della verticale organizzata da Rottensteiner (in batteria anche l’anteprima 2022, insieme ai “millesimi” 2020, 2019, 2017, 2016 e 2014). «Le nostre vendite vanno controcorrente – sottolinea Hannes Rottensteiner, enologo della cantina – nel senso che il nostro Lagrein non ha subito la flessione di cui si parla riferendosi ai vini rossi, su scala nazionale e internazionale. Per il futuro speriamo di poter selezionare cloni che non necessitino, come gli attuali, di un controllo spasmodico delle rese per garantire qualità assoluta. Nel frattempo, rispetto agli esordi, abbiamo abolito qualsiasi protocollo sull’utilizzo dei legni, in cantina: ogni dicembre degustiamo alla cieca le singole botti, per lo più usate, e selezioniamo le migliori per il nostro Lagrein Riserva Select». Solo 30 mila bottiglie l’anno per questa etichetta, che sorprende anche nella positiva evoluzione.
2022 (anteprima, prova di botte)
Annata classica, estremamente siccitosa, fino a fine vendemmia. Al naso ciliegia e frutti neri, al palato una densità inattesa. Vino goloso, dal profilo più leggero di altri, come riflette in maniera piuttosto netta lo stesso colore. Sarà in commercio dal gennaio 2025 e promette di un profilo aperto e generoso, sin dai primi anni, al pari di una capacità di invecchiamento presumibilmente inferiore rispetto ad altre annate in degustazione in occasione della verticale.
2021
Vendemmia più tardiva rispetto alla 2022: primavera fredda, estate calda con luglio tormentato dal maltempo. Settembre abbastanza caldo, ottobre con un nuovo calo delle temperature. Annata che, al contrario della 2021, si preannuncia molto longeva. Pregevole il gioco tra la densità del frutto (ciliegia matura) e i ricordi di arancia sanguinella. Gran tensione acida, sapidità, lunghezza. Tra le annate top del tasting.
2020 Estate calda. Poco prima della vendemmia ecco la pioggia. Cioccolato netto, ciliegia sotto spirito. Vino al palato più graffiante degli altri, con una nota tannica e una bella ruvidità. Convince nel segno dell’elegante rusticità, ossimoro che spesso è sinonimo di grandi vini, capaci di superare la prova delle lancette.
2019
Molto tardiva come annata per il Lagrein. Pioggia anche a luglio e agosto che non ha risparmiato Gries. Frutto ancora una volta nel segno del bilanciamento tra surmaturo e tensione acida, amalgamati da un sapiente utilizzo dei legni.
2018 Annata precoce: aprile secco e caldo, a maggio pioggia, poi un’estate calda, con qualche pioggia ad agosto ed un autunno splendido. Il vino è il campione di giornata, con risvolti che, per certi versi, ricordano la 2020 e mostrano forse dove potrà andare anche quell’annata. Palato goloso, sferzato da una vibrante acidità e da una trama tannica elegantissima. Vino che ha ancora molto da dire e ne avrà ancora per diversi anni.
2017
Annata per certi versi sottovalutata, in quanto arrivata dopo due annate considerate “grandi”. Primavera calda, germogliamento precoce. Gelate tardive che lambiscono in parte il Lagrein di Rottensteiner destinato a diventare Grieser Riserva. L’evidenza è nel calice, con note da uva surmatura che rendono il calice piacevole e bilanciato oggi, ma a cui non conviene concedere tempo ulteriore. Si lascia apprezzare per la beva, equilibrata e agevole, ma pecca in profondità.
2016 Un’annata splendida, piuttosto tardiva, caratterizzata da una primavera calda, un giugno freddo e piovoso e un luglio nella media. Si prosegue nella normalità sino a settembre, seguito da un ottobre fresco e asciutto, assolato. Siamo di fronte a un altro Lagrein bello da bere oggi, per freschezza e precisione del frutto, nel bilanciamento tra acidità e polpa. Lungo, fresco, mostra di avere ancora vita davanti. Con un filo in più di concentrazione sarebbe stato l’apoteosi.
2014
Annata considerata da tutti difficile, che Rottensteiner ha interpretato con coraggio. Il vino si discosta completamente dagli altri 9 campioni in degustazione in occasione della verticale del Lagrein Grieser Riserva Select. Per certi versi, l’acidità molto spinta, e il tannino piuttosto asciutto in chiusura portano lontano dall’idea del vitigno. Vino sottile, con poca polpa, tutto freschezza e verticalità. Un’annata di cui potersi innamorare o su cui poter nutrire più d’un dubbio.
2011
Annata precoce, con primavera calda e secca. Nella seconda metà di maggio arriva la pioggia tanto attesa, seguita da un principio d’estate più “nuvoloso” che piovoso. Più sole ad agosto, in preparazione di un autunno caldo e secco. All’epoca era stata definita la sesta annata del secolo per qualità. Nell’interpretazione di Rottensteiner si coglie qualche similitudine con la 2017, superata in precisione e “grip” grazie a una più che mai positiva terziarizzazione degli aromi. Vino che cambia continuamente nel calice, con il profilo che va e torna sulle note già avvertite nella grande 2018. Un’altra annata top della verticale.
2010
Annata piuttosto tardiva, con primavera fredda in grado di determinare un ritardo nel germogliamento. Poi caldo e secco fino a fine di luglio. Agosto fresco e piovoso. Vino da bere oggi, arrivato al vertice della propria curva evolutiva ma ancora lassù, ben stabile e pronto a rimanerci ancora per qualche tempo. Tanto cioccolato e liquirizia dolce in retro olfattivo, a segnare i contorni di un tannino soffice, pur palpabile. Preziosi ricordi di zafferano chiudono un naso infinito. L’annata più “vecchia” della verticale è un messaggio forte e chiaro sul lavoro intrapreso dalla cantina sulla varietà del cuore dei Rottensteiner: il Lagrein.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“Zerozecco“: un po’ “Prosecco” (pardon, ProZecco) e un po’ “alcohol free sparkling white“. Non passa inosservata la novità nell’assortimento dei vini di Aldi. Il nome di fantasia scelto dall’insegna tedesca rinforza il concetto di “ingresso in gamba tesa” del discount nel mondo dei vini e spumanti “No-low alcohol”, in Italia. “Zerozecco” costa meno di un terzo dello spumante senz’alcol in vendita nei supermercati Esselunga, ovvero il “Virgola Zero” Alcohol Free Sparkling del brand Dr. Fischer, salito nel 2024 a 11,50 euro rispetto ai 10,90 euro con cui aveva fatto il suo esordio sugli scaffali del retailer milanese, nell’estate 2022.
ZEROZECCO RICHIAMA LA DOC PROSECCO?
La mossa di Aldi è significativa sotto diversi aspetti. In primis colpisce per il sostanziale “sprezzo” nei confronti della Doc veneto-friulana, il Prosecco per l’appunto, richiamato in maniera piuttosto netta dal nome di fantasia “Zerozecco”, così come avviene nel mondo con altri prodotti da catalogare nel mare magnum del cosiddetto “italian sounding“. Va detto che, ad oggi, non risultano azioni legali o diffide del Consorzio a tutela della denominazione nei confronti dell’utilizzo di un simile nome di fantasia, come dimostra il cospicuo stock della referenza in diversi punti vendita Aldi.
Lo scaffale è ben rifornito e l’etichetta è presente a banco nella zona riservata ai vini più “pregiati” dell’assortimento, adagiati in eleganti cassette di legno. Nulla, insomma, fa pensare a un’avvenuto o pronosticabile ritiro preventivo del prodotto, dettato dal potenziale nervosismo del “Sistema Prosecco” nei confronti dell’insegna tedesca, messo nero su bianco per vie legali. In sintesi, tutto tace dalle parte di Treviso. E Aldi vende la sua etichetta.
IL PREZZO DI ZEROZECCO, ALCOHOL FREE SPARKLING WHITE DI ALDI
Altro elemento che salta all’occhio è il prezzo di sell-out di “Zerozecco”, decisamente aggressivo se si pensa che 3,49 euro è il prezzo pieno ma, all’inizio di aprile 2024, l’alcohol free sparkling white in questione era a volantino ad appena 2 euro (42% di sconto). Un posizionamento ben diverso da quello dello spumante senz’alcol proposto da Dr. Fischer Group in Esselunga (vino su cui c’è lo zampino del produttore altoatesino Martin Foradori – Hofstätter), prodotto con uve Riesling della Mosella. Si cominciano dunque a intravedere le prime schermaglie di una guerra al ribasso sulla categoria dei dealcolati, per lo meno nella grande distribuzione organizzata.
Come si orienteranno le altre insegne? Lo vedremo. Interessante, poi, anche il confronto dell’etichetta nutrizionale dei due “spumanti senz’alcol”. Zerozecco sparkling white è più “calorico” di “Virgola Zero” alcohol free sparkling: 25 kcal contro 19 kcal per 100 ml. L’etichetta di Aldi contiene di fatto più zucchero di quella di Esselunga: 5,7 grammi contro 4. Dettagli tecnici confermati anche dall’assaggio della nuova referenza, prodotta in esclusiva per il discount multinazionale tedesco da Peter Herres Wein und Sektkellerei GmbH (nota anche come Herres Sekt – House of Sparkling) a Trier. Notato nulla? La zona di produzione è, ancora una volta, la Mosella.
L’ASSAGGIO DI ZEROZECCO: COM’È IL NUOVO SPUMANTE SENZ’ALCOL DI ALDI?
(3 / 5) Partiamo dalla definizione. Come precisa Aldi, “Zerozecco” è un «vino spumante analcolico ottenuto da vino dealcolizzato». Tra gli “ingredienti”, il vino dealcolato figura con una percentuale del 70%, ma non viene precisata la varietà di uva utilizzata dal produttore. Lo abbiamo provato per il lettori di Vinialsuper, assegnando un punteggio di 3 “cestelli della spesa” sui 5 a disposizione. Grana del “perlage” – ovvero grandezza della “bollicina” – piuttosto fine, ma davvero poco persistente alla vista. Naso dolce, aromatico, molto fruttato. “Zerozecco” ricorda, per certi versi, alcune espressioni di spumante ottenuto con uve Moscato in Piemonte o in Oltrepò pavese.
Più in sottofondo, ecco una vena erbacea: memorie di fieno e salvia si uniscono armoniosamente ai fiori di sambuco. Bollicina piuttosto integrata al palato, non disturbante e capace di dare verve a un sorso tendenzialmente morbido, su ritorni di frutta molto matura come albicocca, pesca e frutta esotica a polpa gialla, più che bianca. In definitiva, Zerozecco è uno sparkling white alcohol free piuttosto equilibrato e godibile. Da consumare in occasione dell’aperitivo, con una temperatura di servizio compresa tra gli 8 e i 10° centigradi. Conservazione di circa un anno e mezzo, sulla base della “data di scadenza” che va apposta per legge sull’etichetta del prodotto, regolarmente presente (nel caso della bottiglia degustata, 09/2025).
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Due squadre, anzi due “parrocchie”: sostenitori e detrattori. Ad oltre vent’anni dall’inizio delle prime sperimentazioni, l’Erbamat continua a dividere la Franciacorta tra produttori che investono in nuovi impianti (ancora pochissimi) e generale scettiscismo (il sentimento imperante). A dirlo sono i dati del vigneto dell’Erbamat, ancora inchiodati nel 2024 tra i 10 e i 12 ettari. Una cifra irrisoria, se si considera che il vitigno è stato riscoperto negli anni Ottanta, quando si pensava di poterne ottenere dei vini bianchi fermi, più che degli spumanti. Risale invece agli anni Novanta la consacrazione dell’Erbamat come varietà «capace di apportare acidità e finezza alle cuvée»: parola del Centro Vitivinicolo Provinciale di Brescia che, in collaborazione con il professor Attilio Scienza, era arrivato a una conclusione che molti sembrano ancora ignorare. Soprattutto quando si accosta il termine «finezza» all’Erbamat, noto per lo più per l’alto contenuto di acido malico.
Del 2023 l’identificazione dei primi due cloni certificati, che potrebbero dare ulteriore spinta alla sperimentazione. «Il progetto Erbamat è stato avviato un po’ “a porte chiuse”, con il coinvolgimento di un numero limitato di aziende che ne hanno fatto quasi un vessillo, mentre molte altre cantine si sono sentite un po’ tagliate fuori almeno in quella fase, iniziando così, per certi versi, a “remare contro” e portando avanti ancora oggi dello scetticismo», ammette a winemag.it Mario Falcetti, dal 2022 coordinatore del Gruppo di lavoro Ricerca e Sviluppo del Consorzio Tutela del Franciacorta, nonché direttore ed enologo di Quadra Franciacorta. «Io stesso ero tra i grandi scettici – continua – perché sostanzialmente si assaggiavano vini diversi, di aziende diverse, prodotti in annate diverse, con composizioni varietali, assemblaggi e tipi di affinamento differenti. Quindi era difficile trarre un filo conduttore».
L’ERBAMAT TRA CURIOSITÀ E SCETTICISMO IN FRANCIACORTA
Alla fine, però, ha vinto la curiosità a casa di una delle cantine più meticolose e all’avanguardia della denominazione, non a caso dirette da uno degli enologi più preparati e controcorrente d’Italia. L’occasione per il primo impianto di Erbamat di Quadra arriva nel 2021, quando emerge la necessità di reimpostare il vigneto sul tetto della moderna cantina di Via Sant’Eusebio, 1 a Cologne (Bs). Un piccolo appezzamento con terreno di riporto, che Falcetti decide di dedicare all’antica varietà autoctona bresciana.
«Nel 2022 – spiega – i primi grappolini ci hanno consentito di realizzare una micro vinificazione: abbiamo ottenuto 150 bottiglie, che assaggiamo in test interni o confronti con esperti del settore, senza nessuna velleità commerciale. Oggi, a maggio 2024, hanno circa un anno di permanenza sui lieviti. Con lavendemmia 2023 dell’Erbamat, più generosa, abbiamo applicato il protocollo di vinificazione “Franciacorta”: vendemmia manuale, pressatura soffice e fermentazione nelle medesime vasche della gamma Quadra. Nei prossimi giorni ne faremo una tiratura un po’ più importante: circa un migliaio di bottiglie, che intendiamo mettere in commercio a un prezzo capace di convincere i curiosi all’assaggio, per amplificare il messaggio dell’Erbamat tra i tanti visitatori che già ce lo chiedono».
L’ERBAMAT DI QUADRA FRANCIACORTA: LA DEGUSTAZIONE
Degustate in anteprima, i due millesimi di Erbamat di Quadra (entrambi in purezza e non dosati) appaiono diversi tra loro pur registrando tenore alcolico e acidità simle (10,50/10,80% vol. e 8 g/l). La 2022 inizia oggi a distendersi nel calice, presentando un deciso profilo “semi-aromatico” mai avvertito in altri campioni del vitigno, prodotti da altre cantine. Molto lontano dall’idea del Franciacorta, si lascia apprezzare a partire dal secondo sorso, per il sostanziale equilibrio tra la componente “aromatica”, davvero non sottovalutabile e fine, e la verve fresca e masticabile – più che tagliente – dell’acidità. Uno spumante, in definitiva, di assoluta dignità.
La base 2023 dell’Ebamat di Quadra, incredibilmente (o forse no), appare più vicina all’idea di Franciacorta di quanto si possa immaginare. Il profilo semi-aromatico è più attenuato e la percezione della sapidità – presente anche nel 2022 – fa il paio con la freschezza, sul fronte delle “durezze”. Ancora una volta c’è equilibrio, sapore, carattere deciso. E non manca, per l’appunto, una certa “identità territoriale”, specie se si pensa all’approccio di Quadra al Franciacorta e all’assoluta riconoscibilità dello stile della cantina situata all’ombra del Monte Orfano. Il tutto al netto della differenza tra il vitigno ancestrale e le varietà Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco. Per tirare le somme, un altro spumante più che mai promettente e da provare.
«Ovviamente – precisa Mario Falcetti – trattandosi di spumanti 100% Erbamat non possono aderire alla denominazione Franciacorta e la 2023 sarà necessariamente messa in commercio come VSQ. Il senso di queste bottiglie è capire il potenziale dell’Erbamat. Al di là che incuriosito, nel mio ruolo di direttore aziendale, mi sento particolarmente investito del ruolo di investigazione e di valorizzazione dell’Erbamat, in qualità di coordinatore del Gruppo di lavoro Ricerca e Sviluppo del Consorzio Tutela. Voglio essere un ponte tra questo team e il Consiglio di amministrazione e mi piacerebbe che questo tipo di esperienza non avesse padroni, promotori unici o ricettori del concetto che sta alla base dell’Erbamat. Vorrei che questo tema fosse visto come un campo neutro di confronto, sul quale affidarsi semplicemente al bicchiere».
FRANCIACORTA, SENTI FALCETTI: «DUE MOTIVI PER CREDERE NELL’ERBAMAT»
Perché altre aziende dovrebbero investire nell’Erbamat? «Abbiamo un’acidità che mantiene una gran persistenza anche in un periodo di raccolta così ritardato – risponde Falcetti – che quindi, con i cambiamenti climatici, diventerà sempre più un patrimonio. L’altro aspetto che io giudico interessante in un’ottica futura di vini più aderenti alle esigenze del consumatore, o al cambiamento del gusto, è che l’Erbamat non è una macchina da accumulo zuccherino come il Pinot Noir o lo Chardonnay: fatica a raggiungere gli 11 gradi in volume naturali, perfetti per le nostre basi Franciacorta».
«Lo osservo con la neutralità del ricercatore – aggiunge Falcetti – cercando di avere risposte dalla pianta e dal bicchiere. Mi auguro possa fare proseliti, non tanto perché auspico o immagino uno stravolgimento del panorama ampelografico della Franciacorta, ma in quanto la percentuale del 10% massimo nella cuvée stabilita nel 2017 dal disciplinare potrebbe essere aumentata. E mi riferisco, in particolare, alle cuvée della tipologia Brut, alle quali potrebbe dare un contributo senza andare a spostare gli equilibri ai quali siamo abituati».
BRESCIANINI SULL’ERBAMAT: «ANCORA PRESTO, MA ALL’ESTERO È GIÀ UNA CHANCE»
Silvano Brescianini, presidente del Consorzio Franciacorta e ceo di Barone Pizzini – foto credits Vinitaly International
Sull’argomento interviene anche Silvano Brescianini, in duplice veste: quella di presidente del Consorzio Tutela del Franciacorta e di direttore generale di Barone Pizzini, che dal 2008 ha impiantato il vitigno autoctono bresciano ed è tra le aziende che stanno sperimentando di più sulla varietà: «Ho sempre sostenuto che l’Erbamat è un regalo che ci fa la storia: non capita a tutti di trovare un vitigno già presente nel bresciano sin dalla metà del Cinquecento».
«Inoltre – continua – è anche una varietà che ha caratteristiche “tecniche” interessanti per fare Franciacorta. Oggi si parla solo della sua acidità, ma un altro aspetto molto interessante è il suo basso contenuto di polifenoli: in parole povere, non ha sostanze che “invecchiano”. Ossida molto poco. Dunque, più si aumenta la percentuale di Erbamat, più cresce la necessità di far perdurare l’affinamento sui lieviti, perché ha una sorta di “effetto antiage”. Lo stiamo studiando e abbiamo solo una possibilità all’anno, ovvero la vendemmia, per fare progressi in termini analitici. Oggi, come presidente della Franciacorta, mi sento di dire che ci stiamo mettendo il nostro impegno per capire se il vitigno possa dare maggiore personalità alle nostre cuvée».
«Come produttore, per conto di Barone Pizzini – aggiunge Silvano Brescianini – mi sento invece di dire che la varietà è molto interessante e che, a mio avviso, in un’epoca in cui lo storytelling ha un certo valore, soprattutto all’estero, parlare di una varietà presente nel Bresciano sin dal Cinquecento e sottolineare che i nostri Franciacorta possono essere ottenuti da un vitigno che abbiamo solo noi, è un aspetto da non sottovalutare. Posso assicurare che a New York, parlare di Erbamat, fa un certo effetto e gli Stati Uniti sono un nostro mercato che non si può sottovalutare». Una storia, insomma, ancora tutta da scrivere.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Gavi Docg e Timorasso Doc Derthona per la prima volta insieme e a confronto con blasonati Chardonnay e Riesling da Borgogna, Mosella e Franken (Franconia). L’appuntamento da non perdere è Abaccabianca 2024, annuale edizione dell’evento organizzato dal 2016 da Ais Piemonte che andrà in scena sabato 11 e domenica 12 maggio a Villa La Bollina (via Monterotondo 60, Serravalle Scrivia – AL). Settanta i produttori delle due denominazioni coinvolti, con circa 150 etichette. «Gavi e Tortona – ricordano Maurizio Montobbio e Gian Paolo Repetto, rispettivamente presidente del Consorzio Tutela del Gavi e del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi – sono due territori separati geograficamente dal Torrente Scrivia. Abaccabianca costruisce un ponte tra le due denominazioni che, seppur con storie differenti, sono due eccellenze che esercitano un’importante influenza nel contesto enologico dei bianchi in Italia e nel mondo».
ABACCABIANCA, UN “PONTE” TRA GRANDI BIANCHI DEL PIEMONTE
«Con questo evento, grazie all’Ais Piemonte – concludono Montobbio e Gian Paolo Repetto – i due vini raccontano insieme la loro unicità, con la consapevolezza di una nuova forza identitaria che nasce dall’unione». Il Gavi, con il suo prestigio internazionale, è presente in oltre cento Paesi al mondo e punta a consolidarsi sul territorio nazionale. La recente rielezione del presidente Maurizio Montobbio dovrebbe poi portare il Gavi verso l’incremento del valore. Una mission da centrare anche grazie alle necessarie modifiche al disciplinare di produzione, che consentirebbero un aumento della produzione del Gavi Riserva, il vino al vertice della piramide qualitativa della denominazione, senza intaccarne la qualità.
Il Derthona è invece simbolo della rinascita di un vitigno dimenticato, il Timorasso, sempre più conosciuto e ricercato in Europa e nel mondo grazie al recupero della varietà avviato negli anni Novanta da un manipolo di produttori, tra cui Walter Massa. Sotto i riflettori di Abaccabianca 2024 ci saranno dunque due vini progonisti indiscussi dell'”isola bianca” del Piemonte, il comprensorio che abbraccia i Colli Tortonesi e le Terre del Gavi Docg, interamente incluso nella provincia di Alessandria, lembo meridionale della regione, incastonato tra Liguria e Lombardia. A Villa La Bollina, dimora gentilizia e resort a Serravalle Scrivia, è previsto un fitto calendario di degustazioni, assaggi e incontri sia sabato 11 – dalle 11.00 alle 19.00 – sia domenica 12 maggio, dalle 11.00 alle 18.00.
GAVI E TIMORASSO A CONFRONTO CON BORGOGNA, MOSELLA E FRANKEN
Sono inoltre in programma due masterclass che mettono a confronto Gavi Docg e Derthona Timorasso rispettivamente con alcuni Chardonnay e Riesling internazionali (sabato e domenica solo su prenotazione sul sito dell’Ais Piemonte). “Gavi e Chardonnay: longevità a confronto, tra Italia e Francia” è la prima delle masterclass: tra gli 8 vini in degustazione, ecco lo Chablis 1er cru Forêts 2018 di Patrick Piuze e lo Chassagne-Montrachet 1er cru Champgains 2016 di Domaine Fernand et Laurent Pillot.
“Così lontani, così vicini: il Timorasso sfida il Riesling del Reno” è la masterclass che metterà alla prova il Timorasso Derthona con il Riesling Trocken Sauer-Escherndorfer 2021 di Weingut Horst Sauer, Kreuznacher Kahlenberg Riesling Trocken 2021 di Helmut Donnhoff, Mosel QbA Riesling Kabinett Brauneberger Juffer 2020 di Fritz Haag e Riesling Mosel Kabinett Graacher 2018 di Dr. Loosen. L’ingresso al pubblico ad Abaccabianca 2024 ha un costo di 25 euro per il pubblico, mentre i soci dell’Associazione italiana sommelier potranno accedere al prezzo agevolato di 20 euro. Ingresso gratuito per gli operatori del settore Horeca, tramite prenotazione via email a eventi.aisasti@gmail.com.
Abaccabianca 2024
Villa La Bollina, via Monterotondo 60 – Serravalle Scrivia (AL)
Sabato 11 e domenica 12 maggio 2024
Ingresso: 25 euro per il pubblico; 20 euro soci Ais: gratuito per gli operatori Horeca
Ingresso masterclass e operatori Horeca su prenotazione
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Ludwig 2021 di Elena Walch è il Miglior Pinot Nero italiano, seguito da Vom Lehm Pinot Noir Riserva 2021 della Tenuta Rohregger e da Arthur Rainer 2021 Pinot Noir della Tenuta Seeperle, a pari merito con il Pinot Noir Riserva 2021 Linticlarus di Tiefenbrunner. Quinto posto per il Pinot Nero DeSilva Private Reserve 2021 di Tenuta Peter Sölva. Sono i risultati del Concorso Nazionale del Pinot Nero, che ha decretato i migliori Pinot Nero dell’annata 2021, nelle scorse ore. Appuntamento ora con la 26° edizione delle Giornate Altoatesine del Pinot Nero 2024 a Egna e Montagna, in programma dal 10 al 13 maggio.
A raggiungere la finale sono stati anche i Pinot Nero di Castelfeder, Pfitscher, St. Quirinus, Cantina Kurtatsch, Cantina Girlan, Cantina Tramin, Erste+Neue, Castel Sallegg, Rametz, Tenuta Volpare, Cantina Kaltern, Cantina Bozen, Colterenzio, Cantina Merano, Vivallis, Castello di Spessa, Salurnis, Maso Poli, Tenuta Kollerhof, Tenuta Stroblhof e Himmelreich.
«Visitatrici e visitatori apprezzano moltissimo la possibilità di degustare e confrontare questa grande varietà di Pinot Nero di una singola annata e delle più diverse regioni vinicole; è un’occasione unica per poter mettere a confronto terroir, tradizioni e stili», commenta Ines Giovanett, presidente delle Giornate Altoatesine del Pinot Nero.
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VDP.Weinbörse compie 50 anni. L’evento dell’anno per il settore del vino in Germania è stato celebrato domenica 28 e lunedì 29 maggio presso la Rheingoldhalle di Mainz, moderno padiglione fieristico che si affaccia sulle sponde del fiume Reno. Protagonisti assoluti i 200 produttori aderenti all’associazionedi vini di qualitàpiù antica del mondo, provenienti dalle regioni Ahr, Baden, Franken, Mittelrhein, Mosel-Saar-Ruwer, Nahe, Pfalz, Rheingau / Hessische Bergstrasse, Rheinhessen, Saale-Unstrut, Sachsen e Württemberg. Un’occasione imperdibile per importatori e rappresentanti della stampa tedesca ed internazionale, invitati a degustare in anteprima l’annata 2023. Festeggiamenti in parte rovinati dalle gelate che hanno interessato diverse regioni vinicole tedesche, con danni ingenti, tra il 70 e il 100%, in particolare sul Riesling in Mosella.
ANTEPRIMA VENDEMMIA 2023 IN GERMANIA: PAROLA D’ORDINE LONGEVITÀ
La speranza, ritenuta vana da molti osservatori, è quella di un secondo germogliamento che possa salvare almeno in parte la vendemmia 2024, che si preannuncia molto scarsa in termini quantitativi in Germania. Nel frattempo, sul mercato iniziano ad essere disponibili diversi vini della vendemmia 2023. Le centinaia di assaggi effettuati durante i cinque giorni di programma di celebrazioni dei 50 anni della VDP.Weinbörse di Mainz consentono di tratteggiare le caratteristiche di una grande annata per i vini tedeschi. Ottimi soprattutto i bianchi, caratterizzati da acidità affilate e grande potenziale in termini di longevità.
Un millesimo dalle caratteristiche climatiche tutt’altro che semplici, con i vignaioli della Vdp costretti a un grande lavoro di selezione, che molti calici hanno saputo evidenziare e premiare. In assaggio anche parecchi vini delle due vendemmie precedenti: la 2022 risulta più “pronta” e dall’acidità più bilanciata, ovviamente con i dovuti distinguo tra i produttori – sempre di più – che privilegiano freschezza e bassi tenori alcolici.
Un’annata definita da diversi produttori «esemplare» per la mancanza di ostacoli evidenti nel portare in cantina uve sane. Diverso il discorso per la vendemmia 2021, ancora una volta all’insegna di un’acidità spiccata – ben oltre la 2023 – e da un equilibrio non sempre ottimale con le altre componenti. Insomma, vista la probabile carenza di vino della vendemmia 2024, fare scorte dei vini targati 2023 è più di un consiglio (seguirà nei prossimi giorni un report sui migliori assaggi, incentrati sulla Mosella).
I 50 ANNI DELLA VDP.WEINBÖRSE DI MAINZ
Molto più di una passerella dei migliori vini tedeschi. I 50 anni della VDP.Weinbörse di Mainz si sono confermati l’occasione perfetta per ribadire i successi di mezzo secolo di anticipazioni di trend e dibattito essenziale per il mondo del vino tedesco. La “Borsa del Vino” delle 200 cantine aderenti alla VDP è termometro e cartina tornasole dello stato di salute del settore, capace di offrire una fotografia esaustiva del segmento dei fine wines in Germania. A sottolinearlo sono stati anche i numerosi relatori intervenuti in occasione della cerimonia di apertura al Rheingoldhalle di Mainz.
«Gli scopi della VDP.Weinbörse di Mainz sono cambiati negli anni – ha evidenziato Steffen Christmann, presidente dell’associazione VDP (nella foto) – ma sono sempre stati nobili, sin dalla prima Weinbörse del 1974. Oggi i vini presentati dalle cantine VDP alla Weinborse di Mainz sono venduti in buona parte in assegnazione, specie quando ci si riferisce ai Grosses Gewächs (GG) e siamo lontani dai tempi in cui costavano meno di una “birra calda”. Nuove regioni si sono affacciate a grandi livelli sul panorama internazionale e non riesco a immaginare come questo sarebbe potuto accadere senza la Borsa del Vino di Mainz, divenuta un punto di riferimento, di scambio e dialogo non solo tra cantine produttori, ma anche tra produttori».
«Non c’è altro evento in Germania che rifletta cambiamenti e trend del vino tedesco come la VDP.Weinborse di Mainz», ha ricordato Daniel Deckers dell’Università di Geisenheim. «Quanto arrivai a Castell nel 1980 – ha aggiunto Michael Prinz zu Salm-Salm, presidente VDP dal 1990 al 2007 e fondatore nel 1989 di Salm-Salm & Partner – la cosa che mi soprese di più fu scoprire che “export” significava “fuori dai confini di Franken o della Bavaria”. In altre parole, le vendite erano concentrate fortemente sul mercato locale. Capii subito che c’era bisogno di portare Franken nel resto della Germania e quindi dell’Europa. Quale occasione migliore della Weinborse?».
DAL CALICE CONDIVISO AI 5O ANNI VDP.WEINBÖRSE NEL 2024
Tanti gli aneddoti raccolti durante le celebrazioni dei 50 anni della VDP.Weinbörse di Mainz. Negli anni Settanta, ad attendere gli ospiti della Borsa del vino organizzata sulle sponde del Reno c’era una lunga fila di tavoli. Da una parte i rappresentanti delle cantine e, dall’altra, gli agenti e i buyer in fila, in attesa di poter assaggiare i vini proposti. I vini venivano riposti in contenitori di polistirolo, capaci di conservare in modo “artigianale” la temperatura dei vini bianchi. Non c’erano vini rossi all’epoca: si contavano sulle dita di una mano.
Il tasting era focalizzato su bianchi semidolci e dolci, ottenuti anche da uve botritizzate. Una situazione che non cambiò fino agli anni Novanta. I buyer avevano a disposizione un solo bicchiere, un vecchio “Knopfkelch”, da cui tutti assaggiavano il vino. Quando il bicchiere era vuoto, veniva riempito nuovamente, dando il via al walzer degli assaggi condivisi. C’era un ufficio amministrativo che gestiva tutti gli ordini dei buyer.
Per VDP, l’appuntamento di Mainz è divenuto in poco tempo un modo per mostrarsi (e promuoversi a livello internazionale) come Davide contro Golia, proponendo scelte controcorrente sia sulle pratiche viticole che enologiche, come la valorizzazione dei vini espressione delle singole vigne e il no netto alla pratica dello zuccheraggio.
DALLO SFUSO AI “GG”: IL VINO TEDESCO FOTOGRAFATO DALLA VDP.WEINBÖRSE
«C’era un volume impressionante di vini di scarsissimo livello – ha ricordato Joachim Ress, agente di commercio presente sin dagli esordi alla Borsa del Vino di Mainz – ai prezzi più bassi immaginabili, che nessuno voleva bere. I prezzi dello sfuso, negli anni Settanta, erano così bassi che i produttori non potevano vivere solo di quello. Aumentò così il vino in bottiglia, ma non tutte le cantine erano pronte per questo passo».
«Non avevano gli strumenti necessari per la vendita – ha aggiunto Ress – come negozi o sale degustazioni. Il ruolo di “direttore marketing” ancora non esisteva, almeno come lo conosciamo oggi. Molte etichette furono un flop. E un’altra cosa che era assolutamente impossibile da reperire erano i buoni vini rossi: oh, come sono cambiati oggi i tempi! Quanto ai Riesling, erano quasi tutti dolci o con botrite. Le cose sono nettamente cambiate negli anni e, con esse, la qualità dei vini presentati alla Weinborse».
Tanto che oggi sono i vini rossi tedeschi, soprattutto ottenuti da Pinot Nero, a contendersi in molte regioni lo scettro con i territori internazionalmente più vocati, come la Borgogna. La promessa di una nuova era per i 200 produttori aderenti alla VDP, il cui modello rischia di essere replicato su scala nazionale da una nuova, contestata legge sul vino in corso di approvazione da parte del governo.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Giorgio Piazza è stato riconfermato presidente del Consorzio Vini Venezia. Accanto al titolare dell’omonima azienda agricola siederanno nel ruolo di vicepresidenti Franco Passador (Vi.V.o Cantine) e Mauro Stival (Moletto Vini). Il nuovo consiglio di amministrazione sarà rappresentato inoltre da Andrea Masat (Ornella Bellia), Simone Cecchetto (Ca di Rajo), Brino Antonio (Cantina sociale di Tezze di Piave), Manfredo di Porcia e Brugnera (Principi di Porcia), Alberto Nadal (Az. Agr. Enologo Valerio Nadal) e Raffaele Foglia (Tenuta Planitia).
Il Consorzio, annuncia l’ente in una nota, lavorerà nel prossimo triennio «mantenendo e rafforzando in prospettiva la posizione raggiunta in questi anni, valorizzando le cinque denominazioni Malanotte del Piave Docg, Lison Docg, Piave Doc, Venezia Doc e Lison-Pramaggiore Doc». «Grazie all’impegno congiunto dei produttori e membri del consiglio – continua il Consorzio Vini Venezia – abbiamo ottenuto risultati significativi negli anni passati, ponendoci per il futuro un più ampio respiro internazionale attraverso iniziative mirate nei principali paesi target».
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