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Associazione Vignaioli delle Colline di Riparbella gioca “in casa” con Ripa Wine 2024

L’Associazione Vignaioli delle Colline di Riparbella si presenta per la prima volta “in casa” per Ripa Wine 2024. L’evento che mette insieme vino, arte, artigianato e agricoltura e si terrà a Riparbella, in provincia di Pisa, nel fine settimana dal 12 al 14 luglio. In collaborazione con i sommelier Fisar, le otto cantine aderenti alla neonata compagine toscana – Podere La Regola, Duemani, Tenuta Pakravan Papi, Colline Albelle, Tenuta Prima Pietra, Urlari, Caiarossa e La Cavaabbineranno i loro vini tipicità alle tipicità gastronomiche dell’Alta Maremma. Una terra vocata alla viticoltura, che degrada verso il mare, ben nota ai turisti che popolano Volterra, i calanchi e le spiagge dorate dalla costa etrusca.

IL PROGRAMMA DI RIPA WINE 2024

Per facilitare l’accesso, è stato previsto un servizio di navetta (venerdì 12 e sabato 13 luglio, dalle 19 alle 1, domenica dalle 19 alle 00.30) per collegare il parcheggio in località San Martino al centro di Riparbella, dove sono stati allestiti gli stand per degustazioni, assaggi ed acquisti. L’evento vede insieme il gruppo di cantine dell’Associazione Vignaioli delle Colline di Riparbella, unite per promuovere un territorio unico a livello vitivinicolo con un banco d’assaggio dal quale partirà anche il messaggio di questa associazione di viticoltori appassionati del loro territorio.

GLI OBIETTIVI DELL’ASSOCIAZIONE VIGNAIOLI DELLE COLLINE DI RIPARBELLA

«Il nostro obiettivo – spiega il presidente dei Vignaioli delle Colline di Riparbella, Flavio Nuti, avvocato e amministratore di Podere la Regola – è mettere in atto un’azione collettiva efficace di promozione e comunicazione del territorio e delle produzioni di qualità delle aziende vitivinicole delle colline del Comune di Riparbella e zone limitrofe e per valorizzare in maniera collettiva l’immagine e la rappresentatività del terroir vitivinicolo nel suo complesso. Per la prima volta dalla nostra nascita lo faremo in casa».

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Vendemmia 2024 in Australia: crollo Shiraz, crescono uve bianche

Secondo il National Vintage Report 2024 di Wine Australia, nel 2024 la produzione di uva da vino australiana è aumentata del 9% rispetto all’anno precedente, raggiungendo una stima di 1,43 milioni di tonnellate. Con una sorpresa: per la prima volta dal 2014, le uve bianche superano quelle rosse in occasione della vendemmia 2024 in Australia, seppur di pochissimo (51% vs 49%). Determinante il crollo del Shiraz, compensato dalla crescita dello Chardonnay (+31%). L’annata 2024 fa seguito al minimo storico di 23 anni registrato nel 2023. Nonostante la crescita, la produzione di quest’anno è ancora ben al di sotto della media decennale di 1,73 milioni di tonnellate.

«Questa è la terza annata delle ultime cinque che è stata al di sotto della media decennale – sottolinea Peter Bailey, responsabile del settore Market Insights di Wine Australia. Negli ultimi anni si è infatti registrata una tendenza alla diminuzione della produzione di uva da vino australiana. Negli ultimi due anni, la media quinquennale è diminuita di oltre 100 mila tonnellate. «Tuttavia – continua Bailey – la riduzione della produzione non riflette necessariamente una diminuzione dell’offerta. Non ci sono indicazioni che la superficie viticola sia diminuita in modo significativo; quindi, il potenziale per un raccolto abbondante esiste ancora senza una gestione attiva delle rese”.

Un tema che non lascia insensibile il governo australiano, che ha di recente annunciato un pacchetto di sostegno alla redditività a lungo termine del settore vitivinicolo, che prevede tra l’altro lo sviluppo di un catasto nazionale dei vigneti. L’obiettivo è aiutare i viticoltori ad avere un quadro più chiaro della reale offerta a livello nazionale.

AUSTRALIA: CRESCE LA PRODUZIONE DI UVE BIANCHE

L’aumento complessivo della raccolta rispetto all’anno precedente è stato di 112 mila tonnellate e interamente determinato dalle varietà di uve bianche, che sono aumentate di 117 mila tonnellate (19%), raggiungendo le 722 mila tonnellate. Nonostante ciò, la quantità delle varietà bianche è rimasta del 10% inferiore rispetto alla media decennale, classificandosi come la seconda più scarsa degli ultimi 17 anni. La vendemmia delle uve rosse è diminuita di poco meno di 5 mila tonnellate (1%), attestandosi a 705 mila tonnellate, la più bassa dall’annata 2007, colpita dalla siccità, e il 40% in meno rispetto al picco di 1,2 milioni di tonnellate raggiunto nel 2021. La quota complessiva di uva bianca è aumentata al 51% e, per la prima volta dal 2014, la è stata superiore a quella rossa.

«La riduzione complessiva delle uve rosse in occasione della vendemmia 2024 in Australia – spiega ancora Bailey – è dovuta interamente allo Shiraz, che è diminuito di quasi 48 mila tonnellate, mentre la maggior parte delle altre varietà rosse è aumentata. Questa diminuzione non è stata causata solo dalle regioni interne, con le valli di Barossa e Clare che hanno rappresentato un terzo della riduzione. Più in generale, i fattori stagionali hanno contribuito a far sì che il 2024 sia un’altra annata scarsa. Tuttavia, l’ulteriore e significativa riduzione della produzione di vino rosso può essere in gran parte attribuita alle decisioni prese dai viticoltori e dalle aziende vinicole di ridurre la produzione. Queste decisioni sono dettate dai bassi prezzi dell’uva, dal notevole eccesso di scorte di vino rosso e dalla riduzione della domanda globale di vino».

PREZZI DELLE UVE E INCOGNITE DEL VINO AUSTRALIANO NEL 2024

Lo Chardonnay è aumentato del 31%, raggiungendo le 333 mila tonnellate, superando lo Shiraz e riprendendo il titolo di varietà regina in occasione della vendemmia 2024, detenuto l’ultima volta nel 2013. Lo Shiraz è diminuito del 14%, passando a 298 mila tonnellate, la cifra più piccola dal 2007. Il South Australia ha rappresentato la quota maggiore della raccolta (49%), ma è diminuito del 4% e ha perso 6 punti percentuali rispetto agli altri Stati. Tutti gli altri Stati, ad eccezione dell’Australia Occidentale, hanno incrementato le loro rese rispetto al 2023, con la Tasmania che ha registrato un aumento del 42%, raggiungendo una resa record di 16.702 tonnellate.

Il valore della vendemmia 2024 in Australia è stimato in 1,01 miliardi di dollari, con un aumento del 2% rispetto all’anno precedente. L’aumento del 9 % del quantitativo è stato compensato da una diminuzione complessiva del valore medio, passato da 642 dollari per tonnellata a 613 dollari per tonnellata. Nelle regioni calde dell’entroterra, sia i rossi che i bianchi hanno subito un calo del valore medio del 5%, mentre nelle regioni fredde e temperate si è registrato un piccolo aumento (3%) dei bianchi, mentre il valore medio dei rossi è rimasto invariato. Bailey afferma che il calo complessivo del valore medio è stato determinato principalmente dalla diminuzione dei prezzi medi pagati per le uve rosse e bianche provenienti dalle regioni calde dell’entroterra e dall’aumento della quota di tonnellate provenienti da queste regioni.

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Contraffazione e frode in commercio: Piacenza Wine Group sotto inchiesta


Cantine Casabella
di Castell’Arquato e A.v.p.g. – Azienda Vitivinicola Gazzola Pietro e Stefania di Travo sono al centro di un’inchiesta dei carabinieri del Nas di Parma coordinata dalla Procura di Piacenza, che ha avuto anche riflessi su personalità di spicco dell’ente certificatore Valoritalia. L’ipotesi è la contraffazione di vini Dop dei Colli Piacentini e la frode in commercio. Gutturnio, Ortrugo, Barbera, Malvasia e Trebbianino sarebbero stati mescolati con vini di altre zone – le percentuali che variano dal 20 al 53% – contro quanto stabilito dai disciplinari di produzione dei vini a denominazione di origine controllata (Doc) o a Indicazione geografica protetta (Igp).

COLLI PIACENTINI: CONTRAFFAZIONE E FRODE SU 500 MILA BOTTIGLIE

Secondo l’accusa, le aziende avrebbero contraffatto 60 mila litri, per un totale ipotizzabile di circa 80 mila bottiglie. Le due cantine, che operano in modo assiduo con la Grande distribuzione, per esempio con insegne come Carrefour Italia, sono riconducibili alla holding Piacenza Wine Group, di cui è titolare l’imprenditore Pietro Gazzola. La notizia dell’indagine è stata diffusa per la prima volta nei giorni scorsi dal quotidiano locale Libertà.

PIACENZA WINE GROUP DI PIETRO GAZZOLA NEL MIRINO

Il gruppo è stato fondato nel 2019 dall’unione della cantina di Gazzola, A.v.p.g., e Cantine Casabella. Un’operazione che non è passata inosservata nel mondo del vino piacentino ed emiliano-romagnolo: 7 milioni di euro il patrimonio netto della holding e 11,5 milioni di euro il valore stimato della produzione, all’epoca dell’accordo. In seguito alle prove raccolte dai Nas di Parma nelle due aziende vinicole, sono dodici le persone indagate dalla Procura di Piacenza. Si tratta del titolare e di alcuni dipendenti, tra cui un agronomo e un enologo.

SILURATO IL DIRIGENTE DI VALORITALIA A PIACENZA 

Nel mirino anche il dirigente dell’ufficio di Piacenza di Valoritalia, silurato dai vertici dell’ente con licenziamento per giusta causa. Allontanati anche due ispettori dell’agenzia piacentina, consulenti esterni responsabili di negligenze durante i controlli effettuati nelle cantine. Pratiche scorrette scoperte grazie a un’indagine interna dell’ente certificatore, che dichiara di aver collaborato sin da subito con gli inquirenti. Alla base della contraffazione di vini Dop dei Colli piacentini ci sarebbe infatti una sistematica alterazione dei registri di cantina, utile a giustificare le giacenze dei vini Dop e Igp.

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Dimissioni imbottigliatori, Consorzio Oltrepò a muso duro: «Supereremo ogni ostacolo»


Una notte per pensare, digerire, rispondere. A muso duro. È arrivata a metà mattinata odierna la risposta del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese alle dimissioni rassegnate ieri da cinque consiglieri, tutti rappresentanti della categoria imbottigliatori. L’ente di Torrazza Coste (Pavia) intende «superare ogni ostacolo che si opponga al progresso e alla crescita del Consorzio» e liquida così la decisione assunta dai consiglieri dimissionari Quirico Decordi, Federico Defilippi, Renato Guarini, Pierpaolo Vanzini e Valeria Vercesi .

«Le aziende dimissionarie rappresentano la sola fase dell’imbottigliamento di tutta la filiera – recita il “comunicato stampa” pubblicato sulla pagina Facebook del Consorzio e non inviato a questa testata – che rappresenta ora il vero focus di tutela e promozione del Consorzio, talune nemmeno presenti sul territorio e rappresentano in termini di rappresentatività della produzione Doc/Docg solo il 12,4%, diversamente da quanto comunicato da talune testate (le aziende dimissionarie parlavano del 30%, ndr). Inoltre, stiamo già lavorando per dare una forma più moderna e performante al Consorzio, con una nuova direzione volta alla valorizzazione della filiera e della qualità».

«Il nostro obiettivo – continua il comunicato sottoscritto dalla presidente Francesca Seralvo – è riportare l’Oltrepò Pavese al prestigio che avrebbe sempre dovuto avere, attraverso un rinnovato impegno per l’eccellenza e l’innovazione. Il Consiglio di Amministrazione, con il sostegno della maggioranza dei suoi membri, continuerà a lavorare con determinazione per il bene comune di tutti i consorziati, superando ogni ostacolo che si opponga al progresso e alla crescita del Consorzio. Il nostro obiettivo rimane quello di promuovere e valorizzare le eccellenze del nostro territorio, assicurando che ogni azione intrapresa sia volta a realizzare gli scopi istituzionali per cui il Consorzio è nato».

«GESTIONE OPACA»: LA REPLICA DEL CONSORZIO

Nella nota anche un commento alle accuse, mosse dagli imbottigliatori dimissionari, di un «gestione opaca da parte della presidenza e di alcuni membri del Cda». «La presidenza – replica il Consorzio – desidera ribadire con forza i propri obiettivi di trasparenza, etica e lealtà tra tutti gli associati. Il nostro impegno è rivolto a garantire una gestione trasparente, rispettosa delle norme di legge e focalizzata sull’interesse collettivo di tutte le categorie rappresentate dal Consorzio. Il nostro Consiglio di Amministrazione ha intrapreso un percorso volto a rendere l’azione del Consorzio sempre più efficiente ed efficace, adottando decisioni strategiche per il raggiungimento dei fini istituzionali».

«Queste decisioni – continua il Consorzio – mirano a valorizzare le varie denominazioni del territorio e a sostenere le imprese della filiera vitivinicola che operano con serietà e impegno nell’Oltrepò Pavese. Riteniamo imprescindibile l’adesione a principi di lealtà commerciale, rispetto delle norme e correttezza professionale. Il Consorzio promuove un ambiente di collaborazione e unità, in cui ogni comportamento deve contribuire alla valorizzazione dell’immagine e del prestigio delle nostre denominazioni. Ogni consorziato – termina così il comunicato stampa del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese – è tenuto a rispettare questi principi, sanciti dallo Statuto del Consorzio, per garantire l’armonia e il successo collettivo».

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Ribaltone Consorzio Vini Oltrepò, gli imbottigliatori: «Ecco perché ci siamo dimessi»


Con le dimissioni di cinque consiglieri dal Cda del Consorzio Tutela vini Oltrepò pavese, «il 30%» della produzione perde la rappresentatività nell’ente di Torrazza Coste (Pavia) e a rischio finisce l’Erga Omnes, ovvero il senso stesso dell’esistenza dell’ente di tutela. Ne sono ben consapevoli i dimissionari, rappresentanti di
Vinicola Decordi, Agricola Defilippi Fabbio, Losito e Guarini, Azienda Vitivinicola Vanzini e Società Agricola Vercesi Nando e Maurizio, che in un comunicato si definiscono «in polemica con una gestione del Consorzio poco trasparente, guidata da interessi di parte e caratterizzata da una condotta non sempre rispettosa delle regole statutarie».

«Sono mesi che assistiamo a una gestione del Consorzio, da parte della presidenza e di alcuni membri del Cda, opaca e governata da logiche riconducibili a interessi particolari di qualche azienda, contrarie al rispetto dell’interesse collettivo di tutto il territorio che il Consorzio dovrebbe tutelare – dichiarano i dimissionari – dove è stato mortificato il ruolo del CdA, ridotto a mero luogo di ratifica di decisioni prese in altre sedi, e sono stati adottati provvedimenti che rischiano di portare verso un preoccupante dissesto finanziario».

OLTREPÒ: CHI SONO I CINQUE CONSIGLIERI CHE HANNO RASSEGNATO LE DIMISSIONI

Con queste motivazioni, Quirico Decordi, Federico Defilippi, Renato Guarini, Pierpaolo Vanzini e Valeria Vercesi hanno rassegnato oggi le proprie irrevocabili dimissioni da Consiglieri del Consorzio con una missiva inviata alla presidente del Consorzio, Francesca Seralvo e al presidente del Collegio Sindacale. «È stata una decisione sofferta e un passo importante – dichiarano ancora i dimissionari – che abbiamo cercato in tutti i modi di evitare e che non avremmo voluto adottare, ma che oggi diventa necessaria non solo per tutelare le nostre persone in quanto componenti dell’organo di gestione del Consorzio davanti a pratiche e comportamenti contrari alle regole dettate dallo statuto, ma anche per dare un segnale inequivocabile sulla necessità di cambiare rotta, restituendo al Cda il ruolo di governo del Consorzio che deve mirare alla tutela e salvaguardia degli interessi collettivi di tutti i produttori del territorio».

Sempre secondo i cinque consiglieri che oggi hanno rassegnato le dimissioni dal Cda del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese, «sono state molte in questi mesi le domande lasciate senza risposta, le contestazioni ignorate – relative anche a scelte importanti operate dal Consorzio quali il cambio di direzione, la verifica dello stato finanziario, il corretto utilizzo dei fondi per la promozione, l’adempimento di alcune deliberazioni assembleari – così come i comportamenti adottati da parte del presidente e di alcuni consiglieri che rischiano di compromettere la relazione del consorzio con istituzioni quale ASCOVILO e la Regione Lombardia».

DIMISSIONI DAL CDA: A RISCHIO L’ERGA OMNES DEL CONSORZIO VINI OLTREPÒ

«Atteggiamenti non più tollerabili – continuano i dimissionari – che ci obbligano ad una presa di distanza netta soprattutto quando si arriva addirittura a negare la stessa possibilità del confronto, rigettando l’istanza di convocazione di Cda, da noi formulata nei giorni scorsi nel rispetto delle disposizioni statutarie, che è stata respinta con motivazioni pretestuose». Si apre adesso una fase difficile perché i numeri produttivi e dell’imbottigliato delle aziende dimissionarie sono decisivi per mantenere l’Erga Omnes e la rappresentatività del Consorzio, cioè la possibilità di ricevere ed utilizzare i fondi per la promozione e gestire le attività di tutela che rappresentano i due asset primari dell’attività consortile.

«Per senso di responsabilità verso il territorio e la tutela della denominazione – concludono i rappresentanti dimissionari – non siamo usciti dal Consorzio con le nostre imprese, consapevoli che questo gesto avrebbe potuto portare al tracollo del Consorzio stesso. Ma se il governo del Consorzio non cambia indirizzo e non ritorna sui binari della correttezza formale e del rispetto delle regole statutarie, recuperando in primis il Cda alle sue prerogative, ci vedremo costretti a prendere ulteriori provvedimenti».

REGIONE LOMBARDIA: TAVOLO DI CONFRONTO CON L’OLTREPÒ DOPO DIMISSIONI

«Il sistema vitivinicolo dell’Oltrepò Pavese rappresenta un pilastro dell’agroalimentare lombardo e credo sia nell’interesse di tutti che quanto accade in queste ore all’interno del Consorzio di Tutela sia il prima possibile oggetto di un confronto con le istituzioni. Regione Lombardia è da sempre a fianco di questo mondo e per questo ci attiveremo da subito per un confronto rapido e mi auguro risolutivo con i rappresentanti del settore vinicolo pavese» Lo dichiara l’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste di Regione Lombardia, Alessandro Beduschi, commentando la notizia delle dimissioni di cinque rappresentanti dal CdA del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese.

«Già nei prossimi giorni – prosegue Beduschi – mi recherò presso la sede del Consorzio per fare sentire la presenza di Regione Lombardia e soprattutto per proseguire con l’ascolto e il sostegno, che da parte nostra non è mai mancato. Il mondo del vino lombardo sta vivendo un periodo di crescita, soprattutto sui mercati internazionali, che è simbolo di quanto potenziale è ancora in grado di esprimere. Lo deve fare insieme, ragionando come sistema: un sistema di cui l’Oltrepò è parte integrante».

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Consorzio Oltrepò: si dimettono dal Cda cinque consiglieri imbottigliatori


Come preannunciato nei giorni scorsi da winemag.it, non c’è pace per l’Oltrepò pavese. È di poche ore fa la notizia delle dimissioni di cinque consiglieri della categoria imbottigliatori dal Consiglio di amministrazione del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese. Un vero e proprio ribaltone ai piedi della nuova presidente Francesca Seralvo, che ancora attende di poter annunciare il nome del nuovo direttore Riccardo Binda, dopo l’addio a Torrazza Coste di Carlo Veronese, conseguente alla mancata rielezione della presidente uscente, Gilda Fugazza. I cinque consiglieri dimissionari sono rimasti in carica meno di cinque mesi. Il nuovo Cda che ha poi scelto Seralvo alla presidenza era stato eletto mercoledì 28 febbraio 2024.

I nomi dei dimissionari fanno rumore. Si tratta del vicepresidente Renato Guarini (Losito e Guarini Srl), Federico Defilippi (Agricola De Filippi Fabbio), Pier Paolo Vanzini (Az. Vitivinicola Vanzini Sas), Valeria Vercesi (Società Agricola Vercesi Nando e Maurizio SS) e di Quirico Decordi (Vinicola Decordi del Borgo Imperiale Cortesole Spa). I cinque esponenti della categoria imbottigliatori lasciano così soli in Consorzio Paolo Tealdi (Castello del Poggio Sarl – Zonin) e Luca Bellani (Azienda agricola Cà di Frara).

CDA CONSORZIO VINI OLTREPÒ: CHI RESTA CON SERALVO

Insieme a loro, in attesa del rimpasto, restano in carica nel ruolo di consiglieri del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese per la categoria viticoltori: Cristian Calatroni (Calatroni di Calatroni Cristian), Caterina Cordero (Cordero SSA), Camillo Dal Verme (Az.Agr. Dal Verme Camillo e Filippo SS), Luigi Gatti (Legoratta), Daniele Passerini (Molino di Rovescala),  Valeria Radici Odero (Frecciarossa Srl Società Agricola) e Paolo Verdi (Az.Agr. Verdi Paolo).

Per la categoria vinificatori: Antonio Achilli (Az. Agr. Manuelina SSA), Massimo Barbieri (Torrevilla Vit. Associati Soc. Coop Agr), Umberto Callegari (Terre d’Oltrepò Scapa), Fabiano Giorgi (Giorgi Srl), Ottavia Giorgi Vimercati di Vistarino (Conte Vistarino SS), Roberto Lechiancole (Prime Alture Srl), Francesca Seralvo (Agricola Mazzolino Srl). Al collegio sindacale siedono attualmente Vittorino Orione (presidente), Elena Cavallotti e Giovanni Giorgi.

Ribaltone Consorzio Vini Oltrepò, gli imbottigliatori: «Ecco perché ci siamo dimessi»

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Angelo Gaja scrive a Sergio Germano: scossa al Consorzio Barolo-Barbaresco


Con una lettera indirizzata al neo presidente Sergio Germano, Angelo Gaja dice la sua sulle recenti vicende del Consorzio di tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani. Diversi i riferimenti all’operato del predecessore di Germano, Matteo Ascheri e alla bocciatura delle proposte di modifica del disciplinare dei due grandi vini rossi delle Langhe. Angelo Gaja arriva quindi a suggerire l’istituzione di un «Comitato Senior»: «Non lo invoco per me – precisa – non ho più l’età per farne parte. Vi farei confluire di diritto i past-President, che sono i preziosi depositari della memoria storica del Consorzio. Assieme mi piacerebbe vedere invitati anche soggetti che hanno conoscenze storiche ed attuali del mercato. Giusto per fare un esempio, Ernesto Abbona, già past-President di Uiv; Gianni Gagliardo, Presidente di Deditus; Piero Quadrumolo per le cantine sociali; Luca Currado Vietti, che ha viaggiato ovunque nel mondo; Oscar Farinetti ad immaginare il futuro…. Il “Comitato Senior” non potrà interferire con l’attività del Cda, avrebbe unicamente una funzione consultiva».

GAJA: PRESIDENTE TUTTO FARE VS PRESIDENTE SUPER PARTES

Nell’esordio della lettera, Gaja si congratula con Germano per il nuovo incarico, per poi fare una distinzione precisa tra i «presidenti tutto fare» e il «presidente super partes». «Caro Sergio – si legge nella missiva – complimenti e grazie per esserti preso un badò e di volerlo portare avanti con entusiasmo. “Presidenti tutto-fare”. Continuiamo su questa strada, è così da sempre, e grazie a trovarli quelli che si sacrificano a fare il Presidente-tutto-fare. Una volta eletti si insediano in ufficio e portano avanti il lavoro avvalendosi del sostegno dei collaboratori. Ma il “peso” resta principalmente sulle spalle del Presidente-tutto-fare. Si può pensare anche ad un altro progetto?», si chiede Angelo Gaja prima di definire cosa sia un «presidente super partes».

«Avere un Presidente super partes – spiega Gaja – che vigila sul CdA, affidando al Direttore il compito di creare/costruire/ispirare l’azione sociale?  Ma un simile direttore è da inventare: che conosca almeno tre lingue estere, portatore di progetti innovativi e realizzabili, che abbia scritto libri, dotato di capacità oratorie, creatore di entusiasmo, una voglia matta di lavorare…  e così il Presidente tutto-fare che è uno dei NOSTRI, ci rassicura, ci dà molte più garanzie, ne andiamo orgogliosi e ce lo teniamo stretto».

LA LETTERA DI GAJA A SERGIO GERMANO: «GUARDARE AVANTI» E «VIGNETI A NORD»

Altro “capitolo” della lettera di Gaja a Sergio Germano è intitolato «Guardare avanti». «In uno dei discorsi di fine anno – si legge nella missiva – il Presidente Mattarella invitava a “leggere il presente con gli occhi di domani”. In effetti voleva essere uno stimolo ad osare. Si è spesso portati a “leggere il presente con gli occhi di ieri”. Perché conosciamo il passato, sappiamo cosa è stato utile e cosa no, abbiamo acquisito delle sicurezze, ad avviare il “nuovo” siamo prudenti».

Ecco poi il nodo dell’apertura del disciplinare ai vigneti a Nord, naufragata tra le polemiche. «La questione – scrive Angelo Gaja nella lettera indirizzata a Sergio Germano – ha generato un refolo irriverente in un bicchier d’acqua. Ci sono produttori che già da tempo avevano piantato dei vigneti di Nebbiolo nel versante Nord. Sottoporre i vini che si producono da quei vigneti al giudizio della commissione di degustazione aiuterebbe a capire».

GAJA: «IGP PIEMONTE? LA CASELLA MANCANTE DEL VINO PIEMONTESE».

Sempre nella missiva indirizzata a Sergio Germano, Angelo Gaja allarga il cerchio e affronta una tematica “calda” del vino piemontese, ovvero la mancanza di una “denominazione di ricaduta” regionale, a fronte della presenza della Doc Piemonte. «Avevo invano sostenuto a lungo l’istituzione dell’Indicazione geografica tipica. Al Piemonte del vino manca una casella… sembra che siano in pochi ad accorgersene». L’accusa, nemmeno troppo velata e condivisa da diversi produttori regionali, è che la Dop Piemonte venga utilizzata, in assenza dell’Igp Piemonte, come “denominazione di ricaduta”. Con conseguente danno di immagine per il brand “Piemonte”.

LA STOCCATA A FONDAZIONE CRC E I GIOVANI

È ricchissima di tematiche la lettera di Gaja a Germano. L’iconico produttore suggerisce anche una diversa gestione di Barolo en Primeur. «I proventi delle bottiglie offerte all’asta dai produttori, unitamente a parte (da definire) di quelli delle barriques di Vigna Gustava – si legge – debbono andare interamente/esclusivamente al Consorzio di tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e non essere lasciati nella più ampia disponibilità della Fondazione CRC».

Infine, il nodo delle nuove generazioni: «Aiutare i produttori giovani a partecipare è il compito più difficile. Gli strumenti moderni però sono quelli già ampiamente utilizzati dai giovani. Dotare il Consorzio di un Blog, sul quale i produttori identificabili per nome e cognome possano comunicare, avviare confronti sui temi di interesse dei nostri vini». Le ultime righe della lettera al neo presidente Sergio Germano paiono un disclaimer: «Facile, comodamente seduti a casa propria, fare il grillo parlante.  Non volevo essere arrogante. Caro Sergio, ti ringrazio in anticipo per il lavoro che svolgerai a beneficio di tutti noi. Con amicizia, Angelo Gaja».

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Chianti Slim, l’ultima trovata di Piccini: poco alcol, tutto gusto e tappo a vite

Mario Piccini ne ha “combinata” un’altra delle sue. Da qualche settimana è in vendita nei supermercati Carrefour il Chianti Slim Piccini, ultima interpretazione di quella che è la denominazione per eccellenza della cantina toscana. Un Chianti Docg “Slim” nel contenuto di alcol, pari a soli 11 gradi, “Slim” per la facilità di apertura della bottiglia (dotata di un comodissimo tappo a vite) e “Slim” nelle calorie (il 15% in meno rispetto ai vini rossi più classici, da 13% vol.). Tutto “Slim” tranne il gusto, che premia due delle componenti – il sapore di frutta fresca a polpa rossa e nera e i profumi di fiori come le viole e le rose – che rendono il Chianti Docg una delle denominazioni del vino italiano più amate e conosciute a livello internazionale.

A “dieta” finisce così anche il prezzo, per la felicità dei portafogli dei tanti amanti del vino costretti oggigiorno, in tempi di crisi e inflazione, a rinunciare (loro malgrado) a una bottiglia di vino per dedicarsi a spese più pressanti. Il Chianti Slim Piccini è infatti in vendita a soli 5,90 euro nei supermercati Carrefour Italia. E, nei periodi di promozione, può arrivare a costare quasi la metà: in questi giorni è infatti in vendita sugli scaffali dell’insegna francese a 3,89 euro, con uno sconto del 34% sul prezzo pieno fissato dal produttore e dal retailer. È il momento giusto, insomma, per provarlo e lasciarsi convincere da un’interpretazione stilistica “diversa” e controcorrente della nota denominazione di origine controllata e garantita toscana.

MARIO PICCINI: «CHIANTI SLIM, COME QUELLO DEI NONNI»

Se la scelta di produrre un Chianti a basso tenore alcolico strizza l’occhio ai nuovi trend di consumo, ovvero ai giovani e a quelle (ampie) fasce di consumatori che privilegiano sempre più vini rossi freschi e beverini a quelli alcolici, potenti e concentrati, tutt’altro che scontato è il tappo a vite. Un sistema di tappatura che, grazie agli incredibili progressi della tecnologia, consente la conservazione di vini di assoluta qualità, tanto da essere scelta da alcuni dei migliori produttori italiani, anche per vini molto costosi e pregiati.

«Pur assecondando gli ultimi trend del mercato – commenta Mario Piccini – Chianti Slim ci riporta alle origini di questo vino antichissimo. In passato, infatti, il Chianti ha sempre avuto una gradazione contenuta. Il vino dei nostri nonni raramente eccedeva i 10-11%: la maggiore leggerezza esaltava il profilo fruttato, accendendo le serate in compagnia. Questo ci ricorda che per rompere le regole e riscrivere il futuro è essenziale guardare indietro. Una filosofia che Piccini percorre da sempre: innovativi per tradizione».

Valutazione Vinialsuper: (5 / 5)

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Adriano: 30 anni e video-ricordo di Vittorio per lancio Barbaresco Riserva 2014 Basarin


Una cantina nata dall’intuizione di due fratelli, in grado di comprendere la grandezza e le sfumature dei terroir delle Langhe. Nel 2024 compie 30 anni la Adriano Marco e Vittorio di San Rocco Seno d’Elvio, piccola frazione di Alba nota a livello internazionale per i propri vini rossi e per essere ricompresa nella Docg Barbaresco. Sono le “nozze di perla” di una
famiglia tanto eccezionale quanto normale, capace di presentarsi con la purezza e l’elegante semplicità di un’italianità ormai perduta. Il volto e l’immagine dell’azienda è oggi Michela Adriano. Alla figlia del compianto Vittorio – scomparso prematuramente all’età di 56 anni, nel maggio del 2022 – classe 1995, è affidata la svolta “in rosa” della cantina, sempre più proiettata sull’ospitalità e sui mercati internazionali. Non senza sorprese: proprio in onore del papà Vittorio Adriano, lo scorso 25 giugno è stato presentato in anteprima il Barbaresco Docg Riserva 2014 Basarin.

Un’edizione limitata, prodotta in sole 500 bottiglie e 100 magnum, fortemente voluta dal compianto viticoltore albese in risposta alle «critiche generalizzate della stampa di settore» sulla qualità delle uve della vendemmia 2014. Un vero e proprio tuffo nel tempo la proiezione del video ritrovato da Michela Adriano tra i ricordi del padre. Le immagini, girate nel vigneto Basarin, mostrano Vittorio intento alla vendemmia di splendidi grappoli di Nebbiolo, a riprova che il “millesimo” 2014 ha saputo offrire grandi risultati ad alcuni vigneron delle Langhe: «Stiamo vendemmiando il Nebbiolo – spiega il vignaiolo nella clip di repertorio – uva che diventerà Barbaresco. Siamo nel vigneto Basarin, a Neive, e devo dire che sono veramente sorpreso di vendemmiare dell’uva bellissima, sana, matura al punto giusto».

IL VIDEO RICORDO DI VITTORIO ADRIANO NEL VIGNETO BASARIN


«Abbiamo avuto un’estate molto difficile – continua – con un luglio molto piovoso. Però, ad agosto, le condizioni sono cambiate e dalla metà del mese in poi il clima è stato favorevole. Un settembre molto bello ci ha permesso di essere fortunati col Barbaresco […] e sono convinto che avremo poi degli ottimi vini dall’annata 2014. Sono molto contento e soddisfatto del lavoro che abbiamo fatto». Una previsione che si è rivelata quantomai azzeccata.

L’immagine finale del video sfuma tra i vigneti e il cielo plumbeo, mentre in sala – in un gioco quasi mistico tra passato, presente e futuro – parte un applauso commosso, tra le lacrime di molti partecipanti e quelle di Michela Adriano, per la prima volta alla conduzione dell’assaggio dei vini aziendali di fronte agli ospiti chiamati a celebrare i 30 anni dell’azienda. Un esordio emozionante e coraggioso, vista la scelta di presentare – in onore e memoria del padre – solo vini dell’annata 2014, compreso un Sauvignon Blanc e un Moscato secco in stato di grazia.

IL VIGNETO DI ADRIANO A BRIC MICCA: ALTA LANGA O PINOT NERO IN ROSSO?

Il tempo, per i due vini bianchi, sembra essersi fermato in bottiglia a un decennio fa. E tutt’attorno, in cantina, a quel 1994, anno in cui i fratelli Marco e Vittorio Adriano presero le redini dell’azienda agricola del padre Aldo, fondata nei primi del Novecento dal nonno Giuseppe Adriano e dalla moglie Teresa. Fu loro la scelta, rivelatasi cruciale, di iniziare a vinificare e imbottigliare le uve dei vigneti di proprietà, al posto di venderle ad altri produttori della zona. Il successo della cantina Adriano, negli ultimi 30 anni, è stato tale da consentire di allargare l’azienda agricola – entrata nel frattempo nella Federazione italiana Vignaioli indipendenti, Fivi – sino agli attuali 53 ettari: 33 di vigna, 12 di noccioleto e la parte restante a bosco.

Radici saldissime ad Alba e nelle Langhe per la famiglia Adriano, pronta oggi a investire in denominazioni e vini ancora inesplorati. Promette molto bene il nuovo piccolo vigneto di Nebbiolo, Moscato e Pinot Nero in località Bric Micca, a Neive, dove la cantina Adriano Vini potrebbe cimentarsi nella produzione di Pinot Nero vinificato in rosso (Langhe Doc) e nell’Alta Langa Docg, in una zona particolarmente vocata sia per la qualità dei suoli – un mix tra la “Formazione di Lequio” e le “Marne di Sant’Agata” – sia per l’altitudine, che si assesta attorno ai 400 metri sul livello del mare. Le idee sul futuro della parcella non sono ancora chiare, ma il potenziale è di assoluto rilievo.

DAL DOLCETTO AL BARBARESCO: LO STILE “SEMPLICE” DI ADRIANO

Lo spirito imprenditoriale, del resto, è quello di sempre. «I miei nonni hanno capito che volevano e dovevano stare qui – racconta Michela Adriano – e lavorare duramente per fare qualcosa di buono. Con grande concretezza hanno tirato su le vigne dal nulla. Dopo di loro, mio papà Vittorio e mio zio Marco si sono resi conto che era ora di dare una rivincita a quella generazione di contadini “classici”, che stavano zitti di fronte a chi faceva loro “il prezzo” delle uve. Hanno voluto dare valore alle loro fatiche, iniziando ad imbottigliare in proprio e a premiare l’espressione dei singoli vigneti, in un’ottica di qualità e non più di quantità».

«Più vado avanti – aggiunge Michela – più mi rendo conto che la mia missione è quella di dare ulteriore valore a tutto quello che è stato fatto in passato in azienda, mettendolo a confronto con il resto delle produzioni più prestigiose del mondo nell’ottica di migliorarci sempre più, costantemente, rimanendo tuttavia noi stessi e continuando a proporre vini che ci diano una soddisfazione, su tutte: la bottiglia che finisce sul tavolo, tra una chiacchiera e l’altra, sulla tavola dei nostri amici e clienti». Idee chiare in casa Adriano, dal Dolcetto al Barbaresco: verso nuovi anniversari, con la forza della semplicità.


Adriano Marco e Vittorio

San Rocco Seno d’Elvio, 13A
12051 Alba (CN)
Tel. +39 0173 362294
Email: info@adrianovini.it

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Ruchè Vigna del Parroco 1964-2024: Ferraris celebra i 60 anni con un cofanetto

Il Ruchè Vigna del Parroco è un vino complesso, la cui bottiglia riproduce la forma originale del rosso prodotto dal parroco Don Giacomo Cauda. Era il 1964 e nasceva così la storia moderna del Ruchè di Castagnole Monferrato. Oggi, “La Vigna del Parroco” è l’unico cru della denominazione, valorizzato dalla cantina Ferraris Agricola di Luca Ferraris. Non un’etichetta qualunque, bensì il simbolo dei 60 anni del Ruchè: un traguardo che la piccola Docg piemontese taglia proprio nel 2024. Per festeggiare il sessantesimo, Ferraris ha deciso di mettere in commercio un cofanetto speciale contenete la verticale di 4 annate: 2017, 2018, 2019, 2020.

«Se non ci fosse stato Don Giacomo Cauda – sottolinea Luca Ferraris, patron della cantina – oggi non esisterebbe il Ruchè. Questo vino ha un crescente successo e non conosce crisi, nonostante il momento di riflessione per il comparto enologico. Oggi se ne producono poco più di 1 milione di bottiglie vendute in tutto il mondo a un prezzo sempre crescente. Merito anche dell’introduzione della tipologia Riserva, che noi produttori abbiamo fortemente voluto».

IL RUCHÈ VIGNA DEL PARROCO

Don Giacomo Cauda è artefice della riscoperta, a inizio anni Sessanta, del Ruchè. Una piccola perla enologica che non conosce crisi, prodotta in sette comuni dell’astigiano – Castagnole Monferrato, Grana, Montemagno, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi – e inclusa nel novero delle denominazioni gestite dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato. Una denominazione speciale, con una storia speciale. Il suo artefice, Don Giacomo Cauda, è una figura a metà strada tra Dom Pérignon – che la leggenda vuole artefice della nascita dello Champagne – e Don Camillo, per il suo carattere eccentrico.

Don Cauda diede una nuova speranza a un piccolo territorio del Monferrato che rischiava di essere abbandonato. È questa la storia che oggi festeggia il vino Vigna del Parroco Ruchè di Castagnole Monferrato Docg. A celebrare questo traguardo è Luca Ferraris che la ereditò quasi “in dote” nel 2016, con la promessa di portare avanti e continuare a valorizzare questo vigneto, parte delle proprietà della parrocchia un tempo gestita da Don Giacomo Cauda. Pochi filari di un vitigno allora rude ma che, nel tempo, il religioso seppe trasformare in un prodotto straordinario, inconfondibile per le sue note speziate e floreali.

IL RUCHÈ, DAGLI ESORDI ALLA DOCG

Gli esordi non furono facili tanto che, all’acquisto della Vigna del parroco, si fece promettere dai parrocchiani che, se necessario, avrebbero acquistato dieci vendemmie delle uve per non mandare in bancarotta la chiesa. Lavorando duramente, salendo sul trattore anche il Venerdì Santo e dedicando ogni momento libero alla coltivazione della vigna, riuscì a costruire con i proventi delle vendite del vino servizi per la comunità locale, facendo rifiorire il paese. Un impegno che lo portò ad arrivare fino a Roma, al Ministero, per richiedere la Doc, evoluta in Docg nel 2010 grazie al sindaco di Castagnole Monferrato Lidia Bianco.

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Peronospora, soci e Cda in fuga: trema Terre d’Oltrepò


Trema Terre d’Oltrepò, a poche settimane dall’inizio della vendemmia 2024. Due membri del Cda, l’agronomo Alessandro Fiamberti e il viticoltore Giulio Romanini, hanno dato le dimissioni nelle scorse ore. Spaventa anche la peronospora, che secondo dati raccolti in Oltrepò pavese starebbe falcidiando la zona, limitando di parecchio la capacità produttiva di molti vigneti. Dall’inizio dell’anno, inoltre, decine di soci conferitori – una sessantina – avrebbero chiesto di liberarsi dal vincolo che li lega alla cooperativa di Casteggio – con sedi a Broni e Santa Maria della Versa – a quanto pare senza averne pienamente diritto. Poche le disdette andate effettivamente a buon fine, mentre lo scorso anno – giugno 2023 – la cantina aveva già perso una sessantina di soci.

CDA TERRE D’OLTREPÒ: DIMISSIONI DI DUE CONSIGLIERI

Le acque, insomma, rimangono molto turbolente a Terre d’Oltrepò, nonostante la presentazione di un piano industriale che avrebbe dovuto rilanciare l’azienda e dare fiducia a soci e investitori. I due consiglieri dimissionari non intendono comunque rilasciare dichiarazioni alla stampa in merito alla propria decisione. Alessandro Fiamberti risponde al telefono con un «no comment», mentre Giulio Romanini è irraggiungibile. In un recente comunicato, il Ceo Umberto Callegari, che dirige la cantina sotto l’ala del padre presidente, Lorenzo Callegari, il Cda si era scagliato contro la precedente gestione, con parole molto pesanti che potrebbero aver scatenato reazioni a catena.

IL COMMENTO DI TERRE D’OLTREPÒ

“Terre d’Oltrepò – commenta il direttore generale – rassicura tutti i propri stakeholder che l’azienda è in una posizione finanziaria estremamente solida, sostenuta da un piano industriale robusto e da un’esecuzione operativa che rispetta pienamente le aspettative prefissate. È importante sottolineare che Tdo si è prontamente attivata per affrontare l’emergenza climatica e fitosanitaria, collaborando attivamente sul punto con l’Assessore Beduschi e con Regione Lombardia. Questo dimostra l’impegno proattivo e il ruolo di leadership di Terre d’Oltrepò nel settore».

«Per quanto riguarda l’uscita dei consiglieri Romanini e Fiamberti – continua Callegari – si desidera esprimere il ringraziamento dell’azienda e dei soci per l’impegno e la dedizione dimostrati nell’ultimo anno. Tali dimissioni sono attribuibili esclusivamente a motivazioni personali e non riflettono in alcun modo la stabilità e la solidità della nostra azienda. Vogliamo inoltre chiarire che non esiste alcun esodo di Soci; la nostra azienda continua a operare con il pieno supporto e la fiducia di tutti i membri del nostro team. Rinnoviamo il nostro impegno verso i soci e auguriamo a tutti buon lavoro, ringraziandoli per la continua fiducia e collaborazione».

CONSORZIO VINI OLTREPÒ: VIA VERONESE, ARRIVA BINDA MA…

L’uscita dei due consiglieri è solo l’ultimo segnale dell’irritazione di alcune cantine oltrepadane, stuzzicate dal recente sbarco in Oltrepò del colosso siciliano Cantine Ermes, che a marzo 2024 ha finalizzato l’acquisto all’asta della Cantina Sociale di Canneto pavese (a proposito: ai soci sarà liquidato il 27,6% del credito). Venti bollenti anche nei corridoi del Consorzio Tutela Vini Oltrepò pavese, che ha da poco salutato il direttore Carlo Veronese, pur tardando ad annunciare il suo sostituto. Come già pubblicato da winemag.it lo scorso 4 giugno, si tratta di Riccardo Binda, che potrebbe essere ufficializzato all’inizio del mese di settembre nonostante le resistenze di Bolgheri, Consorzio toscano dal quale Binda – originario di Voghera, in provincia di Pavia – proviene.

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news news ed eventi Vini al supermercato

I vini in promozione al supermercato fino a metà luglio: dai bianchi ai rossi da grigliata

ALDI, volantino fino al 30 giugno

Teroldego Rotaliano Doc Coppiere: 2,49 euro (3 / 5)
Chianti Riserva Docg: 4,39 euro (3,5 / 5)


BENNET, volantino fino al 10 luglio
Gato Negro – Cabernet Sauvignon: 3,96 euro (3,5 / 5)
La Finca Malbec: 3.96 euro (4 / 5)
Chateau La Rose Montauran – Bordeaux: 4.45 euro (4,5 / 5)
Aetos – Carmenere: 8.99 euro (5 / 5)
Bordeaux Superiore Chateau Tour de Perrigal: 9.34 euro (5 / 5)
Villiera – Chenin Blanc: 9.68 euro (5 / 5)
Chateau Bordenave – Sauternes: 22.99 euro (4,5 / 5)
Tawny – Porto Delaforce: 7.48 euro (5 / 5)
Spumante Magnum Larousse: 6.99 euro (3,5 / 5)
Louis Tollet – Champagne Brut: 19.98 euro (4 / 5)
Vignabaldo Vignabaldo – Montefalco Rosso Doc: 4.99 euro (4 / 5)
Custoza Doc Superiore: 3.89 euro (3,5 / 5)
La Gioiosa La Gioiosa – Prosecco Treviso Doc: 4.98 euro (3,5 / 5)

CARREFOUR IPERMERCATI, volantino fino al 10 giugno

50% su tutta la linea vini La Calenzana: (3 / 5)
Rosso o Bianco Borgocolorato: 3,99 euro (3,5 / 5)
Vini Cantine Maschio: 2,69 euro (3,5 / 5)
Orvieto / Chardonnay / Merlot Igp Picco d’Umbria: 3,69 euro (3,5 / 5)
Pinot Nero Alto Adige Doc Erste+Neue: 9,99 euro (5 / 5)
Sauvignon Alto Adige Doc Erste+Neue: 8,99 euro (5 / 5)
Bonarda / Barbera Oltrepò pavese Doc “Alte Le Cascine”, Losito e Guarini: 2,99 euro (3 / 5)
Falanghina del Sannio Doc Mastroberardino: 6,99 euro (5 / 5)
Bianco / Rosso Sicilia Doc La Segreta, Planeta: 6,29 euro (5 / 5)
Campania Igt Bianco / Rosso Feudi di San Gregorio: 5,99 euro (5 / 5)
Roero Arneis Docg Fontanafredda: 5,99 euro (4 / 5)
Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Campo del Passo: 3,99 euro (3,5 / 5)
Raim Torbato Brut Doc Sella & Mosca: 5,49 euro (5 / 5)
Raim Vermentino / Rosato Doc Sella&Mosca: 4,29 euro (4 / 5)
Chardonnay Spumante Brut Borgocolorato: 3,99 euro (3 / 5)
Chianti Docg, Vecchia Cantina di Montepulciano: 2,99 euro (4 / 5)
Valdobbiadene Prosecco Spago Docg, La Gioiosa: 5,79 euro (3,5 / 5)
Pignoletto Modena Doc / Lambrusco Doc Vecchia Modena, Cleto Chiarli: 3,79 euro (3,5 / 5)
Franciacorta Saten Docg Filari del Lago, Terre d’Italia: 15,90 euro (5 / 5)


COOP ITALIA, volantino fino al 3 luglio
Cavit – Vino Pinot Bianco Trentino Doc Mastri Vernacoli: 3.49 euro (4 / 5)

CONAD, volantino fino al 9 luglio
Cantine Maschio – Prosecco Extra Dry: 4.19 euro (3,5 / 5)
Civ & civ Civ & Civ – Garzellino: 1.78 euro (3 / 5)
Giacobazzi – Spumante Metodo Martinotti: 2.99 euro (3 / 5)
Cantina Valtidone – Barbera Piacentino Doc: 3.59 euro (3,5 / 5)
Tavernello – Vino Frizzante: 2.39 euro (3,5 / 5)
Vini Settesoli: 3.99 euro (5 / 5)
Brigl – Vini Dop Pinot Bianco Terlano / Sauvignon Sudtirol: 7.99 euro (5 / 5)
Tasca D’Almerita – Regaleali Vino Doc: 6.29 euro (5 / 5)
Verga – Sauvignon Tre Venezie Igt: 3.79 euro (3,5 / 5)
Casabella – Gutturnio Frizzante Doc: 14.94 euro (6 bottiglie) (3 / 5)

ESSELUNGA, volantino fino al 3 luglio
La Cappuccina – Soave: 3.64 euro (5 / 5)
Citra – Passerina: 3.34 euro (3,5 / 5)
Duchessa Lia – Piemonte Brut: 3.89 euro (3,5 / 5)
Cantina Valpolicella Negrar – Bardolino Chiaretto: 2.79 euro (4 / 5)
Lambrusco / Pignoletto Vecchia Modena: 3.58 euro (3,5 / 5)
Nadarìa – Grecanico / Nero d’Avola: 2.24 euro (5 / 5)
Cantine di Dolianova – Monica / Nuragus: 2.69 euro (4 / 5)
Paul Mas – Valmont Fruité: 2.80 euro (3 / 5)
Cecchi – Chianti Docg: 3.54 euro (5 / 5)
Cantine Due Palme – Negroamaro: 2.34 euro (4 / 5)

EUROSPIN, volantino fino al 30 giugno
Integralmente Prodotto Rosato / Negroamaro / Chardonnay Salento Igp: 1.89 euro (3 / 5)

FAMILA SUPERSTORE, volantino fino al 3 luglio

Nessun vino a volantino con indicazione dello sconto


GALASSIA IPERMERCATI E SUPERMERCATI, volantino fino al 10 luglio

Dragani Montepulciano d’Abruzzo Doc / Pecorino Igt / Passerina Igt: 3 euro (3,5 / 5)


GULLIVER SUPERMERCATI, volantino fino al 4 luglio
Astoria – Spumante Ribolla Gialla: 3.79 euro (3,5 / 5)
Giacobazzi – Lambrusco di Sorbara Doc: 3.99 euro (3,5 / 5)
Giacobazzi – Pignoletto Doc: 3.29 euro (3,5 / 5)
Santa Margherita – Gewürztraminer Docg: 6.99 euro (5 / 5)
Vignaioli del Tortonese – Cortese Doc: 2.59 euro (5 / 5)
Il Poggio dei Vigneti – Nero D’Avola Sicilia Doc: 2.19 euro (3 / 5)
Capetta – Barbera del Monferrato Doc / Dolcetto d’Acqui Doc: 3.49 euro (3,5 / 5)
Cantina Valtidone – Bonarda Amabile/Secco Doc: 2.99 euro (3,5 / 5)
Cantine Rasore – Barbera Asti Docg: 2.49 euro (3,5 / 5)
Cantine Rasore – Vino Bianco/Rosato Frizzante Allegro: 1.69 euro (3 / 5)
Fratelli Maggi – Pinot Nero Vinificato Bianco Igt: 1.99 euro (1,5 / 5)
Mionetto – Prosecco Valdobbiadene: 6.99 euro (3,5 / 5)

IL GIGANTE, volantino fino al 10 luglio (volantino 1+1)

Chianti Docg Fattoria il Palagio: 6,98 euro (3,5 / 5)
Dolcetto / Barbera Produttori di Portacomaro: 8,98 euro (5 / 5)
Fiano di Avellino Docg, Falanghina / Aglianico / Rosato Igt Ancile, Conti Uttieri: 7,98 euro (3,5 / 5)
Grechetto / Sangiovese Terre Augustee Umbria Igt, Castello delle Regine: 5,98 euro (3,5 / 5)
Bonarda / Chardonnay / Riesling Oltrepò pavese Doc Le Cascine, Losito e Guarini: 4,78 euro (3 / 5)
Vini Grave del Friuli Doc Il Borgomastro: 5,98 euro (3 / 5)
Chardonnay / Merlot I Fioriti: 4,98 euro (3,5 / 5)
Barbera / Pinot Grigio Oltrepò pavese Doc, Pastori: 4,78 euro (1,5 / 5)
Cabernet Franc o Sauvignon Blanc Isonzo Doc, Borgo dei Vassalli: 10.98 euro (5 / 5)
Cabernet / Sangiovese Rubicone Igt Renaissance: 4,78 euro (3,5 / 5)
Vini Borgo dei Filari: 3,98 euro (3,5 / 5)
Vini Colli Piacentini Doc Borgo al Tidone: 4,98 euro (3,5 / 5)
Vini Piemonte Doc Cantina di Rosignano: 5,58 euro (4 / 5)
Vini Abruzzo Casalbordino: 5,98 euro (4,5 / 5)
Prosecco Doc / Prosecco Doc Rosé Coste Petrai: 9,58 euro (3,5 / 5)
Spumante millesimato Gran Cuvée Gilda: 4,78 euro (3 / 5)
Asolo Prosecco Superiore Docg De Angeli: 9,38 euro (3,5 / 5)


IPERAL, volantino fino al 2 luglio

Pinot Bianco, Cielo: 2 euro (3 / 5)
Chardonnay frizzante Il Roccolo: 2 euro (3 / 5)
Bonarda Oltrepò pavese Doc Le Cascine, Losito e Guarini: 3 euro (3 / 5)
Lambrusco di Sorbara Doc Cavicchioli: 3 euro (3,5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc Rue di Piane, Spinelli: 3 euro (5 / 5)
Falanghina del Sannio Dop, La Guardiense: 3,79 euro (3,5 / 5)
Orvieto Doc Classico, Bigi: 2,99 euro (3,5 / 5)
Sauvignon Ca’ del Vescovo, Zonin: 4,29 euro (5 / 5)
Chianti Docg, Piccini: 2,99 euro (4 / 5)
Spumante Oro Blanc de Blancs, Valdo: 3,90 euro (3,5 / 5)
Muller Thurgau Doc Grigolli: 3,59 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Aragosta: 3,89 euro (3 / 5)
Fira Rosso Igt Sartori: 4,79 euro (3,5 / 5)
Susumaniello Igp Pianerosse: 4,69 euro (4 / 5)
Bonarda dell’Oltrepò pavese Doc Terre Bentivoglio, Cantine Pirovano: 3,49 euro (3 / 5)
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry, Bolla: 5,19 euro (3,5 / 5)
Vermentino Igt Calaforte, Frescobaldi: 5,69 euro (4 / 5)
Tavernello: 1,45 euro (3,5 / 5)


IPERCOOP, volantino fino al 10 luglio

50% sulla linea vini Madaudo: (3,5 / 5)
40% sulla linea vini Clavesana: (5 / 5)
Le Bolle – Spumante Müller Thurgau Traminer Brut, Losito e Guarini: 3.79 euro (4 / 5)
Marca Oro – Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry: 5.39 euro (3,5 / 5)
Terre De La Custodia – Umbria Igt Rosso Vocante: 3.15 euro (5 / 5)
Müller Thurgau Trentino Doc Mastri Vernacoli: 3.49 euro (4 / 5)


IPER LA GRANDE I, volantino fino al 3 luglio
Gasparetto – Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut / Extra Dry: 5.79 euro (3,5 / 5)
La Gioiosa – Prosecco Superiore Asolo / Rosé Doc: sconto linea 25% (3,5 / 5)
Astoria – Spumante Ribolla Gialla Brut: 3.39 euro (3,5 / 5)
Rive Della Chiesa – Prosecco Doc Treviso Brut: 4.99 euro (3,5 / 5)
Casa Al Pruno – Valpolicella Superiore Ripasso Doc: 6.99 euro (4 / 5)
Agriverde – Pecorino Igt, Montepulciano D’Abruzzo, Cerasuolo Biologico Natum: 3.49 euro (3 / 5)
Falcaia – Traminer Igt Trevenezie, Sauvignon, Refosco / Cabernet Doc Venezia: 3.99 euro (3,5 / 5)
Trida – Lambrusco Secco / Amabile Igp Provincia di Mantova: 2.99 euro (3,5 / 5)
Vigne del Colle – Passerina Marche Igt / Montepulciano D’Abruzzo Doc: 2.49 euro (3 / 5)
Vigna Nuova – Spumante Brut Blanc de Blancs / Brut Rosè Imperial: 2.19 euro (3 / 5)
Villa Degli Olmi – Spumante Soave Extra Dry Doc: 2.39 euro (3 / 5)
Cantine Ronco – Trebbiano / Sangiovese Rubicone Igt 5 litri: 15.99 euro (3 / 5)
Lamberti – Trevenezie IGT Bianco / Rosè Tura: 2.49 euro (3 / 5)
Civ & Civ – Garzellino Frizzante Secco / Amabile Igt: euro 1.69 (3 / 5)
Cantina Pedres – Vermentino Di Gallura Docg Sangusta: 5.99 euro (3 / 5)
Concilio – Gewürztraminer / Pinot Nero DOC Trentino: 6,49 euro (4,5 / 5)
Heredis – Langhe Nebbiolo / Barbera D’Alba Doc: 6.49 euro (3 / 5)
Piccini – Chianti Riserva / Superiore Docg: 3.99 euro (5 / 5)
Roccarosa – Grillo Sicilia / Nero d’Avola Doc: 2.49 euro (3 / 5)
Crobara – Barbera / Bonarda Doc dell’ Oltrepò pavese: 2.99 euro (3,5 / 5)
Alpa – Cortese Doc, Barbera d’Asti Docg, Dolcetto di Ovada Doc: 2.99 euro (3 / 5)
Feudi di San Gregorio – Greco, Fiano, Falanghina, Aglianico Dop del Sannio: 4.49 euro (5 / 5)
Alpa – Traminer Aromatico Igt / Chianti Docg Trevenezie: 2.99 euro (3 / 5)
Le Cascine, Losito e Guarini – Chardonnay, Bonarda Amabile / Sangue di Giuda Doc Oltrepò pavese: 2.49 euro (3 / 5)
Notte Rossa – Primitivo di Manduria / Negroamaro di Terra d’Otranto Dop: 5.99 euro euro (5 / 5)

LIDL, volantino fino al 3o giugno

Teroldego Dolomiti Igp: 2.79 euro (3 / 5)
Salento Igp Rosato: 1.49 euro (3 / 5)
Cimarosa – Zinfandel Rosé California: 2.99 euro (3,5 / 5)


MD, volantino fino al 30 giugno
Lettere dall’Italia – Pignoletto Doc: 2.89 euro (3,5 / 5)
Gewürztraminer: 2.59 euro (3 / 5)
I 7 Siciliani: 2.89 euro (3,5 / 5)
Spumante Garganega Glera: 2.44 euro (3 / 5)

PENNY, volantino fino all’11 luglio
Gavi D’Alleramo: 4.69 euro (4 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo: 1.79 euro (3 / 5)
Spumante dolce: 1.75 euro (3 / 5)

TIGROS, volantino valido fino al 9 luglio

Vini Tavernello: 2 pezzi, 3 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Doc Fortenero: 2,79 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Antica Sala: 2,99 euro  (3,5 / 5)
Vini frizzanti Doc Castelli del Duca: 2 pezzi, 6 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Extra Dry, Zonin: 3,49 euro (4 / 5)
Vini Doc Villa Borghetti: 3,49 euro (3,5 / 5)
Vini Conti Buneis: 3,49 euro (3,5 / 5)
Vini Terre Siciliane Igt, Corvo: 4,49 euro (3,5 / 5)
Vini Sardegna Cantine Pedres: 4,49 euro (3 / 5)
Ribolla Gialla Brut La Gioiosa: 4,90 euro (3,5 / 5)
Vini Notte Rossa: 5,49 euro (5 / 5)
Vini Le Cascine, Losito e Guarini: 2 pezzi 5 euro (3 / 5)

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Vinitaly.Usa 2024 raddoppia a Chicago. Veronafiere: «Più cantine e buyer»


Dopo l’esordio dello scorso anno, Vinitaly.Usa 2024 si candida a diventare la prima fiera del vino italiano negli Stati Uniti, con la firma di una «cooperazione compatta» tra Veronafiere, Ice-Agenzia e Camera di Commercio Italiana Americana con sede a Chicago.
Tra gli obiettivi della manifestazione, in programma il 20 e 21 ottobre, c’è infatti quello di raggiungere gli 11 mila mq di superficie espositiva. Non solo. Si punta anche a «raddoppiare sia il contingente di aziende italiane che quello dei buyer americani rispetto all’edizione 2023» e ad «accrescere il programma di promozione bidirezionale». È quanto anticipa oggi Veronafiere, in una nota che conferma il «piano di sviluppo di Vinitaly».

GLI OBIETTIVI DI VERONAFIERE NEGLI USA CON VINITALY.USA

Da un lato, l’obiettivo di Vinitaly.Usa 2024 a Chicago  è la «scalata delle aziende italiane in un’area con ampi margini di crescita». Dall’altro «la profilazione e la selezione di buyer e distributori in vista di Vinitaly 2025 a Verona», in programma dal 6 al 9 aprile (57ª edizione). Un’attività di incoming che all’ultimo Vinitaly, in aprile di quest’anno, ha confermato la pole position degli Stati Uniti nella classifica delle presenze di operatori esteri con 3.700 buyer americani in fiera (+8% sul 2023).

VINITALY.USA 2024 È IN PROGRAMMA A CHICAGO IL 20 E 21 OTTOBRE

In programma, nella due giorni di Chicago, anche masterclass, walk around tasting, seminari e focus di mercato e tre sessioni della Vinitaly international Academy. «Vinitaly.Usa 2024 a Chicago – commenta il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo – costituisce un posizionamento chiave e individua in questa metropoli un ponte strategico tra l’Italia e la prima destinazione per il Made in Italy enologico che, nel 2023, ha totalizzato complessivamente circa 2 miliardi di dollari di import. Tutto questo, senza dimenticare che la piazza di Chicago si presta a intercettare buyer anche dal vicino Canada, con ulteriori possibilità di crescita per le nostre aziende».

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Colomba Bianca punta sullo Spumante Metodo classico Sicilia Doc

Inizia una nuova sfida per la cantina Colomba Bianca in Sicilia: quella della «spumantizzazione con Metodo Classico Made in Sicily». Durante l’International Sales Meeting, in programma dal 28 al 30 giugno tra Marsala e le isole Egadi, la cantina di Mazara del Vallo (Trapani) animerà un dibattito sulla strategia di posizionamento dello “Spumante Sicilia Doc“. L’obiettivo è quello di rendere sempre più distintiva e riconoscibile la produzione spumantistica dell’isola sui mercati internazionali, anche attraverso un confronto con le etichette di altre affermate regioni italiane ed estere.

LE NUOVE FRONTIERE DELLO SPUMANTE IN SICILIA

Protagonisti del talk all’International Sales Meeting saranno il presidente di Colomba Bianca, Dino Taschetta, il direttore vendite e sviluppo commerciale Giuseppe Gambino e la marketing manager Cristina Genna. La tre giorni dedicata al racconto dell’innovazione contemporanea di Colomba Bianca – che presenterà i rivelerà le recenti scelte della cantina cooperativa, che conta 2.500 viticultori nell’area di Mazara del Vallo e 6.900 ettari di vigneto, con 6 impianti di vinificazione e affinamento.

IL NUOVO SPUMANTE 595 100 MESI DI COLOMBA BIANCA

La nuova frontiera produttiva è appunto quella del Metodo classico, rappresentato in casa Colomba Bianca dalla linea 595 di spumanti, che oggi conta un Blanc de Blanc, un rosè da Nero d’Avola e la limited edition “595” 100 mesi sui lieviti, ancora una volta base Chardonnay. «La nuova etichetta – anticipa il presidente Dino Taschetta – incarna il desiderio di valorizzare il percepito qualitativo dei vini di cooperazione. Innoviamo creando valore per il nostro territorio, andando oltre i preconcetti e le difficoltà». Secondo i dati dell’Osservatorio del Vino Uiv-Ismea, nel  2023 sono state vendute circa 936 milioni le bottiglie di spumante italiano,  il 70% delle quali – 655 milioni – sono state posizionate nei mercati esteri.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Campania Stories 2024, vini bianchi in grande spolvero: Falanghina e Greco, prova di maturità

“Napule è mille culure” cantava Pino Daniele. Definizione che si addice perfettamente alla vendemmia 2023 nelle denominazioni campane. Il quadro presentato presso Tenute del Gheppio a Dugenta (Benevento) da Assoenologi durante Campania Stories 2024, evento organizzato come ogni anno da Miriade&Partners, descrive una vendemmia eterogenea in tutta la regione. L’andamento climatico incerto e caratterizzato da eventi climatici estremi, come negli ultimi anni, ha determinato significative differenze nella qualità e quantità delle uve, anche in territori fra loro limitrofi. Una produzione mediamente più bassa, in quantità, rispetto al 2022, ma di alta qualità. Con punte di eccellenza.

LA VENDEMMIA 2024 IN CAMPANIA

Una stagione invernale mite e siccitosa con temperature sopra la media, dovute ad un anticiclone africano nel Mediterraneo, seguita da ampie precipitazioni nel periodo aprile-giugno che hanno azzerato il deficit pluviometrico dei mesi precedenti. Repentini abbassamenti della temperatura fra marzo ed aprile hanno portato ad un ritardo della ripresa vegetativa, in vista della vendemmia 2023 in Campania. Le forti ondate di calore a luglio hanno causato un recupero dei tempi di invaiatura e maturazione.

In generale, le condizioni climatiche avverse hanno creato una forte pressione per la peronospora. Un’annata che, a fronte di un clima mutevole ed incerto, ha dato vita ad una vendemmia 2023 con rese decisamente inferiori in Campania, ma di buona qualità. Con le uve bianche dall’aromaticità meno pronunciata, ma di grande freschezza e sapidità. Ed uve rosse dalla buona maturità fenolica e grande concentrazione.

LE DEGUSTAZIONI A CAMPANIA STORIES 2024

Se davvero “Napule è mille culure” i vini della regione sembrano invece andare in una direzione molto più monocromatica. Sono infatti i bianchi, in grande spolvero nelle annate presentate, a segnare il passo con particolare nota di merito per Falanghina e Greco. Più affaticati i rossi, che risultano a tratti un po’ “pesanti” seppur con eccezioni degne di nota, come nel caso dei Piedirosso.

ANTEPRIMA CAMPANIA STORIES 2024: I MIGLIORI ASSAGGI

Campania Bianco Igp, Monseratto 1973, 2023. Naso fresco, con una balsamicità mentolata che torna anche al sorso accompagnando le note fruttate e floreali.

Falanghina del Sannio Dop, Mustilli, 2023. Naso floreale. In bocca rivela una mineralità che si fa ricordare.

Falanghina del Sannio Dop, Rossovermiglio, 2022. Nota minerale talcata la naso, grande sapidità al sorso.

Campi Flegrei Falanghina Dop Luce Flegrea, Cantine del Mare, 2022. Naso armonico. Fiori e frutta bianca. Sorso pulito, scorrevole, sapido e fresco.

Campi Flegrei Falanghina Dop Vigna Astroni Cru, Astroni, 2019. Tutta la mineralità di un vino vulcanico con qualche anno sulle spalle. Altro vino da annoverare tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.

Fiano di Avellino Dop, Colli di Lapio, 2023. Ricco ed aromatico al naso. Frutta e fiori di grande intensità. Sorso pulito ed avvolgente.

Fiano di Avellino Dop, Tenuta del Meriggio, 2015. Ottima prova di tenuta nel tempo per questo fiano datato 2015.

Fiano di Avellino Riserva Dop Colle del Cerri, Di Meo, 2008. Il bianco più “vecchio” presentato nella cieca di Campania Stories 2024 regge bene il confronto con “ragazzini” della stessa denominazione mostrando grande capacità di invecchiamento.

Paestum Greco Igp Calpazio, San Salvatore 1988, 2023. Godibile, fresco. Un vino che invoglia ed invita al sorso successivo.

Greco di Tufo Dop, Vesevo. 2023. Naso quasi “didattico” ed un sorso avvolgente. Di lunga persistenza.

Greco di Tufo Riserva Dop 888, Le Otto Terre, 2021. Grande verticalità ed una freschezza da vino d’annata.

Greco di Tufo Riserva Vittorio, Di Meo, 2010. Come il suo “fratello” Colle del Cerri nasconde meravigliosamente i suoi anni a Campania Stories 2024, mostrando un’agilità ed uno slancio invidiabili.

Galluccio Bianco Dop Petratonda, Porto di Mola, 2022. Note di agrume e frutta bianca. Sorso pieno ma con un’acidità tagliente che rende il sorso straordinariamente agile. Tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.

Sannio Coda di Volpe Dop, Fattoria la Rivolta, 2023. Naso intenso, fiori e frutta. Pesca e Albicocca. Fresco in bocca ma al contempo rotondo.

Catalanesca del Monte Somma Igp Summa, Cantine Olivella, 2022. Naso semplice e piacevolmente intenso su note floreali. Succoso in bocca.

Ischia Biancolella Dop, Casa D’Ambra, 2023. Naso timido, ma al sorso ripaga con una sapidità degna di nota.

Costa d’Amalfi Furore Bianco Dop Fiorduva, Marisa Cuomo, 2022. Naso ricco, sapido, rotondo in bocca eppur verticale. Già bella da bere questa etichetta “abbonata” alla Guida Top 100 Migliori vini italiani, da annoverare anche tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.

Falerno del Massico Bianco Dop Arianna, Tenute Bianchino, 2020. Quattro anni e non sentirli. Profumi freschi e frutto ancora croccante, grande verticalità in bocca.

Lacryma Christi del Vesuvio Rosato Dop Munazei Rosato Bio, Casa Setaro, 2023. Naso che gioca fra piccoli frutti rossi e fiori come violetta e geranio. Sorso pulito e scorrevole.

Campania Rosato Igp Rosa di Sera, Tenute Bianchino, 2022. Colore cerasuolo carico che preannuncio un naso ricco e goloso. Avvolgente al palato ma che resta agile in virtù della spiccata acidità.

Campania Piedirosso Igp Sabbia Vulcanica, Agnanum. Naso croccante di piccoli frutti rossi. Sorso pulito e persistente.

Campi Flegrei Piedirosso Dop, Agnanum, 2023. Più sapido e minerale di “Sabbia Vulcanica”, altrettanto piacevole in bocca. Altro Piedirosso tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.

Pompeiano Rosso Igp Agathos, Bosco De’ Medici, 2022. Frutta fresca, prugna, ciliegia, ribes. Sorso fresco e tannini ben addomesticati.

Campi Flegrei Piedirosso Dop Ichnos, Cantavitae, 2022. Composto, ordinato, elegante. Un Piedirosso in abito da sera che si concede un leggera “sbavatura” minerale.

Campi Flegrei Piedirosso Dop, Contrada Salandra, 2020. Naso balsamico e mentolato con fresca nota di agrume, arancia rossa. Sorso agile e coinvolgente.

Costa d’Amalfi Ravello Rosso Riserva Dop Selva delle Monache, Ettore Sammarco, 2019. Rosso pieno e di corpo che profuma di mare.

Campania Aglianico Igp Core Rosso, Montevetrano, 2021. Giovane, quasi “arrogante”, ma che promette un’evoluzione non trascurabile. Da annoverare tra i migliori assaggi a Campania Stories 2024.

Sannio Aglianico Dop, Rossovermiglio, 2019. Naso di frutta e di spezie che introducono ad un sorso fresco dove con tannini non invasivi.

Aglianico del Taburno Riserva Dop Terra di Rivolta, Fattoria la Rivolta, 2017. Elegante, ordinato, preciso. Vino nel pieno della sua evoluzione con un tannino morbido ed avvolgente.

Irpinia Aglianico Dop Generoso, Delite, 2017. Fresco e pulito tanto al naso quanto al sorso, convince per eleganza e beva e si merita un posto tra i nostri migliori assaggi a Campania Stories 2024.

Taurasi Dop Bosco Faiano, I Capitani, 2019. Il naso che strizza l’occhio ad un frutto fresco e croccante nasconde in realtà un centro bocca pieno ed importante. Un vino che chiama l’abbinamento gastronomico.

Taurasi Riserva Dop Principe Lagonessa, Amarano, 2015. Grande freschezza per un vino che nasconde i suoi anni tanto al naso, con terziari appena accennati, quanto in bocca, con un’agilità non scontata.

Benevento Falanghina Passito Igp Malaca, Terre Stregate, 2019. Frutta matura, note mielate ed un sentore tostato, quasi di brace, che rendono particolarmente accattivante. Piacevolissimo il sorso.

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Cesarini Sforza compie 50 anni e presenta un Trento Doc affinato 19 anni sui lieviti

Cinquant’anni e non sentirli. Cesarini Sforza, rinomata cantina trentina fra i pionieri del Trentodoc, festeggia i suoi primi 50 anni di attività. Una realtà fondata nel 1974 per volontà del Conte Lamberto Cesarini Sforza, che diede il nome all’azienda, e di Giuseppe Andreaus, personaggio di rilievo nella produzione di spumante metodo classico. L’azienda dedica il suo marchio, l’Aquila, al simbolo della casata di cui porta il nome, anche stemma della città di Trento.

La selezione delle migliori zone del Trentino per la produzione di uve Chardonnay base spumante, unita alla ricerca enologica e a una forte passion,e danno vita nel 1976 al primo spumante Cesarini Sforza elaborato secondo il Metodo Classico, lo stesso dello Champagne. Nel 1985 viene lanciato sul mercato un Rosé metodo classico prodotto unicamente con uve Pinot Nero, coltivate sulle colline della Valle di Cembra.

CESARINI SFORZA: NEL 1986 LA PRIMA RISERVA AQUILA REALE

La continua ricerca viticola ed enologica e il desiderio di dar vita a un Metodo Classico di altissimo livello, prodotto in poche bottiglie, ma in grado di condensare in sé tutta l’energia e il potenziale del territorio trentino, porta alla nascita, nel 1986, della prima Riserva Aquila Reale, da sole uve Chardonnay coltivate sopra i 500 metri di altitudine.

Nel 2001 la casa spumantistica viene acquisita da parte di Cantina di La-Vis. Nello stesso anno, l’Aquila Reale diviene un “cru”, creato con le sole uve del vigneto “Maso Sette Fontane” in Valle di Cembra. Nel 2019 Cesarini Sforza entra a far parte del Gruppo Cavit, che dà inizio a una fase di grandi investimenti sia nella struttura produttiva sia nella valorizzazione del brand.

«In questi ultimi anni – racconta Andrea Buccella, enologo e responsabile di produzione (nella foto, sopra) – ci si è focalizzati sul potenziamento tecnologico in cantina, al fine di garantire costanza e qualità del prodotto. Sono stati numerosi gli acquisti di macchine di ultima generazione. Il tutto a garanzia di una perfetta preparazione dello spumante. Inoltre, quest’anno, installeremo anche un impianto fotovoltaico, simbolo della nostra attenzione all’efficientamento energetico e alla sostenibilità ambientale».

AQUILA REALE 2004: EDIZIONE LIMITATA PER I 50 ANNI DI CESARINI SFORZA

Per suggellare l’importante traguardo Cesarini Sforza ha presentato un’edizione limitata di sole 1.200 bottiglie di Trento Doc Aquila Reale Riserva 2004. Uve Chardonnay del Cru del Maso Sette Fontane, in Valle di Cembra, a una quota di circa 500 metri sul livello del mare, con affinamento sui lieviti di 228 mesi (19 anni).

Figlia di un’annata segnata da un inverno piovoso a cui è seguito un clima, Aquila Reale 2004 si presenta come uno Spumante di grande complessità ed evoluzione olfattiva. Affianca a note agrumate e di frutta candita la piacevolezza di sentori evoluti di pasticceria e panificazione. Ancora timido al naso, il tempo post sboccatura non potrà che giovare a questo Trento Doc già ora estremamente godibile.

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Trafficante di droga e collezionista di vini pregiati: in cantina 9 mila bottiglie top


Novemila bottiglie di vino pregiato
, per un valore stimato di circa 1 milione mezzo di euro. È quanto hanno sequestrato gli uomini della Guardia di Finanza di Milano, su delega della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, a uno dei malviventi accusati a vario titolo di traffico internazionale di sostanze stupefacenti, riciclaggio, esercizio abusivo del credito e frode fiscale. Un’indagine iniziata nell’ottobre 2023, che ha condotto le Fiamme Gialle all’esecuzione di 46 ordinanze di custodia cautelare e al sequestro di beni, aziende e disponibilità finanziarie per oltre 129 milioni di euro a carico di un gruppo di italiani, spagnoli e cinesi.

LA CANTINA DEL TRAFFICANTE: 9 MILA BOTTIGLIE PREGIATE

Nella mattinata odierna gli sviluppi di uno dei filoni dell’inchiesta, che ha visto coinvolta una delle persone rimaste a piede libero. L’uomo, residente in provincia di Bergamo, ha insospettito le forze dell’ordine per via del tenore di vita troppo elevato rispetto ai redditi dichiarati. A seguito di mirati accertamenti patrimoniali, la Guardia di Finanza ha scoperto e sequestrato la collezione di oltre 9 mila bottiglie di vino pregiato (di cui la più costosa è risultata avere un prezzo di listino di 15 mila euro), oltre ad ulteriori disponibilità finanziarie su diversi conti correnti bancari riconducibili all’indagato ed ad un’immobile in provincia di Bergamo del valore di circa 200 mila euro.

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Valpolicella, svolta bianchista per la Valpantena: ecco “Prea” Bianco Verona Igt


La Collina dei Ciliegi presenta la prima annata di “Prea“, il Bianco Verona Igt vendemmia 2021 ottenuto da un blend di Garganega, Pinot Bianco e Chardonnay. Il vino prende il nome dall’omonima parcella del vigneto di Erbin (4 ettari complessivi), situata tra i 570 e i 620 metri sul livello del mare. Un’etichetta ambiziosa che, per Collina dei Ciliegi,
rappresenta «un grande bianco da invecchiamento, evoluzione inaspettata della Valpantena, sottozona della Doc Valpolicella». Prea” Bianco Verona Igt è anche il primo vino della Collezione “Alta”, il progetto vitivinicolo nato dalla collaborazione del patron Massimo Gianolli con Lydia e Claude Bourguignon, agronomi e studiosi di terroir di fama internazionale.

UN BIANCO DA INVECCHIAMENTO IN VALPANTENA

Il desiderio della cantina è quello di «ampliare ed elevare la visione aziendale, spingendo la ricerca enologica al di fuori dei confini della Doc». Il progetto Alta darà vita a quattro innovativi vini definiti «super Igt» nelle terre della Valpolicella-Valpantena, per una produzione integralmente biologica che a regime non supererà le 90 mila bottiglie. Le rese programmate di 40-60 quintali per ettaro garantiscono da un lato longevità alle vigne e dall’altro la massima qualità delle uve, che l’enologo Paolo Posenato trasforma nelle diverse partite di vino, seguendo in cantina l’impostazione parcellare del vigneto, affidando ciascuna a uno o più periodi di affinamento in vasca di cemento, in anfora di terracotta, in clyver di ceramica, o in botte, tonneaux e barrique di rovere francese.


La Collina dei Ciliegi

Località Erbin 31
37023 Grezzana (VR)
Tel +39 0459814900
info@lacollinadeiciliegi.it

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Benvenuti a Chamlija, il paradiso dei vini turchi: così Mustafa Camlica scrive la storia


La colonna sonora di Star Wars parte a tutto volume mentre la Tesla di Mustafa Camlica si lascia alle spalle i vigneti di Chardonnay, Pinot Nero e Kelecik Karasi, su cui batte un sole d’inferno. Il parco del massiccio dello Strandja, confine naturale tra Turchia e Bulgaria, sembra d’improvviso quella «galassia lontana, lontana» immaginata sul finire degli anni Settanta da George Lucas. Le rocce granitiche riflettono una luce magmatica accecante lungo la strada piena di buche – d’improvviso così simili a crateri lunari – che il produttore schiva con maestria.

«E adesso perché questa musica? Questa macchina fa tutto da sola», borbotta il re dei vini turchi, poco avvezzo al display della sua auto elettrica. Se la cava decisamente meglio in vigna e in cantina, Mustafa Camlica. I 100 ettari di Chamlija, azienda a conduzione famigliare alla terza generazione, sono l’insieme delle sfumature di suoli studiati sino all’ultimo granello di polvere, per individuare la varietà migliore da piantare, con relativo portainnesto.

CHAMLIJA E IL RE DEI VINI TURCHI, MUSTAFA CAMLICA

Si passa dalle terre bianche scelte per le varietà borgognotte, alle terre rosse in cui i vitigni bordolesi e del Rodano hanno attecchito con risultati straordinari. Tanto da far guadagnare al brand Chamlija un posto d’onore tra i pochi “fine wines” turchi noti a livello internazionale. Undici i villaggi della Strandja Mountain (in turco Yıldız Dağları o Istranca Dağları) in cui Camlica ha acquistato terreni, a partire dal 2008.

«Nella nostra regione – spiega abbassando il volume della radio, smorzando “l’effetto Star Wars” – si producono i vini più costosi della Turchia. Dopo di me sono arrivati qui altri imprenditori. tutti turchi. Comprare anche solo terra nuda, da queste parti, è diventato molto costoso. Del resto, abbiamo i suoli migliori di tutto il Paese».

La “Montagna delle Stelle” – questa la traduzione di Yıldız Dağları – è così chiamata per la presenza di quarzo lungo le pendici, che la farebbe riluccicare. Scendendo verso valle ecco più calcare, misto a detriti marini e conchiglie, con pochi centimetri di terra fertile e argilla (le terre bianche) e formazioni contraddistinte da depositi alluvionali sassosi, dove le concentrazioni di ossidi colorano la superficie, intaccando profondi strati di suolo (le terre rosse).

VINI TURCHI? ZONAZIONE E STUDIO DEI SUOLI PER PRODURRE “FINE WINES”

«Non abbiamo lasciato nulla al caso – commenta Mustafa Camlica con un sorriso fiero stampato sul volto – perché l’idea iniziale di Chamlija, che ancora portiamo avanti, è quella di produrre “fine wines”, non vini qualunque. Cosa serve per produrre “fine wines”? Tre cose: innanzitutto l’individuazione del luogo adatto in cui piantare la varietà corretta; la seconda regola è l’individuazione del luogo adatto in cui piantare la varietà corretta; la terza regola è l’individuazione del luogo adatto in cui piantare la varietà corretta. Petrus – esemplifica il patron di Chamlija – non sarebbe Petrus senza luogo. L’ho imparato nella mia precedente vita da mediatore di vini di lusso ed è la mia, la nostra, dottrina».

L’approccio alla parcellizzazione e alla zonazione non è poi così diffuso in Turchia – Paese in cui si contano poco più di 350 mila ettari di vigneto complessivo, l’Italia ne ha circa 630 mila – ma sembra essere una delle caratteristiche che accomunano le cantine che propongono vini di qualità superiore. Il mercato interno non offre grandi soddisfazioni, per ovvi motivi (religiosi). Per questo, le aziende più lungimiranti e ambiziose, come Chamlija, puntano sulla valorizzazione delle peculiarità di suoli e microclimi vocatissimi alla viticoltura.

CHAMLIJA, PRESENTE E FUTURO DEL VINO IN TURCHIA

«L’investimento della nostra cantina Chamlija in nuovi cloni di Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon, nonché in nuovi vitigni come Touriga Nacional, Assyrtiko, Xynomavro e Kadarka – sostiene con sicurezza il re dei vini turchi, Mustafa Camlica – plasmerà l’industria vinicola turca nei prossimi decenni. I recenti impianti, che superano i 20 ettari, sono uno dei più grandi investimenti effettuati da una cantina in Turchia». 

Parole confermate dalla prova dei calici, in cui le varietà francesi – senza dimenticare Albariño e Riesling, quest’ultimo fresco di medaglia d’oro alla Balkans International Wine Competition and Festival 2024 – al pari delle varietà autoctone turche – Papaskarasi, per citare una tra le più promettenti – e di quelle greche e originarie dei Balcani (come il Mavrud) paiono aver trovato una nuova dimensione internazionale da queste parti.

Ovvero tra vigneti come Akoren, İslambeyli, Poyrali Parpara, Poyrali Duzdag, Poyrali Kartalkaya, Poyrali Camtepe, Poyrali Dikalan, Poyrali Karadere, Sogucak-Kurtçatagi, Tozaklı, Sutluce, Akçakoy e Kuçukkariştiran, tutti posti tra i 115 e i 450 metri sul livello del mare, nel circondario del massiccio dello Strandja. È il “nuovo” che si fa largo e che farà certamente parlare di sé, anche in Italia: tutto tranne che una «galassia lontana, lontana».

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Sardegna, Oniverse (Calzedonia-Signorvino) acquisisce la cantina Podere Guardia Grande ad Alghero


È in Sardegna l’ultimo investimento del patron di Signorvino, Federico Veronesi, che da qualche giorno ha assunto il ruolo di amministratore delegato di Podere Guardia Grande, tramite la società Oniverse-Calzedonia (che controlla Signorvino).
Una cantina interrata visitabile dal pubblico, con wine shop e vigneto a Guardia Grande, borgata del Comune di Alghero incastonata tra la baia di Porto Conte e Capo Caccia. Tre le etichette – Saldenya, Nascimento e L’Alghè, base Vermentino, Cannonau e Cagnulari -prodotte in una zona rimasta incontaminata e selvaggia, colorata da una terra argillosa di colore rosso mattone.

«Lavoreremo i nostri vigneti rispettando questo territorio generoso e unico – commenta l’ad della cantina Guardia Grande, Federico Veronesi – senza l’utilizzo di diserbanti chimici, come conseguenza di quello che dovrebbe essere ormai un “normale” approccio all’agricoltura. La priorità è farlo secondo i principi di sostenibilità, rispetto per il territorio, dedizione alla vigna: vorremmo offrire la possibilità di scoprire la bellezza e l’unicità della Sardegna, della splendida vista su Capo Caccia».

LA CANTINA GUARDIA GRANDE

Come spiega in una nota il gruppo Signorvino, il progetto della struttura Podere Guardia Grande, firmato dallo studio sardo Casciu – Rango architetti, contempla la fusione tra scenografici aspetti naturalistici e di produzione: il podere, infatti, si trova su uno dei rari promontori da cui è possibile godere della vista di Capo Caccia, di Porto Conte e della costa ad ovest. In questo territorio, cantina, vigneti e casa agricola godono di una componente scenografica unica: 25 ettari esposti alla luce e alla brezza di maestrale e salsedine su tutti i lati.

La struttura della cantina è articolata su tre piani collegati da una scala circolare e non sviluppati in altezza, ad eleggere il suolo come custode affidabile delle attività produttive. Una scelta che rinnova la promessa di rispetto per il territorio, che definisce una presenza che sa essere discreta, nascosta: un percorso in cantina che diventa così un viaggio al centro di Guardia Grande, nel suo stesso sottosuolo.

I SUOLI CHE CIRCONDANO GUARDIA GRANDE AD ALGHERO

Molto caratteristico è il colore rosso rubino presente nel calcestruzzo e negli intonaci materici. Una continuità col terreno circostante ma anche un richiamo al vino stesso. La volontà è stata quella di utilizzare materiali non lineari, a tratti quasi imperfetti, per dare un senso di movimento e vita che muta, matura col passare del tempo. «L’edificio – spiega Mario Casciu di Casciu-Rango architetti – si rifà alle forme razionali tipiche di questi luoghi, inserendosi nel paesaggio garantendo una continuità tra suolo e superfici verticali costruita nel rispetto delle cromie della terra: il persistente colore rosso violaceo delle argille siltose rimanda alla tradizione architettonica della bonifica e ai poderi e le case coloniche della vicina Fertilia».

L’unico piano fuori terra è la grande sala di accoglienza: una stanza vetrata circondata da un ampio portico affacciato sulla baia di Porto Conte, Capo Caccia, Porticciolo e il monte Doglia. Da questo spazio si accede al piano ammezzato, dal quale è possibile vedere i locali di lavorazione del piano sottostante. Al piano -2 c’è la macchina produttiva della cantina, con i locali di fermentazione e di affinamento delle uve, e le salette per degustazioni private a ridosso della barricaia. All’interno della cantina, al piano -1, c’è anche una sala multimediale completamente immersiva dove verranno trasmessi video e testimonianze sul territorio di Alghero.

Gli arredi interni portano la firma e il colore dello stilista e designer algherese Antonio Marras, con il quale si è scelto di collaborare al fine di creare una ancora più stretta sinergia col territorio. «Tutto intorno – evidenzia il gruppo Signorvino – è vegetazione in dialogo costante col mare, ripopolata laddove ve ne era mancanza come promessa ad un terreno che ha tanto da offrire e a cui si deve molto: vigne, piante aromatiche autoctone, vento e nuraghi sardi di calcare, pietra arenaria, trachite».


Podere Guardia Grande

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Barolo e Barbaresco blindati: no a versante Nord e imbottigliamento all’estero


I produttori di Barolo e Barbaresco hanno deciso di non autorizzare la coltivazione del Nebbiolo sui versanti Nord delle colline. La zona di imbottigliamento dei due vini è stata limitata all’areale di produzione, mettendo un freno alle mire dei commercianti che potevano importare vino sfuso e imbottigliarlo anche all’estero (clamorosi i casi del Ticino, in Svizzera e di Denver, negli Stati Uniti). C
hi produce Barolo non potrà tuttavia imbottigliarlo a Barbaresco, e viceversa. Porte sbarrate, dunque, all’interscambiabilità – quella che tecnicamente viene definita “reciprocità” – dei due areali, che contano rispettivamente 2258 e 859 ettari.

Queste le principali novità che arrivano dalle Langhe, in seguito alla votazione delle modifiche al disciplinare di produzione di Barolo e Barbaresco che ha visto impegnati i rappresentanti delle cantine locali. Di fatto, le principali proposte approvate dal Cda guidato da Matteo Ascheri sono state bocciate dalla base sociale, oggi rappresentata ai vertici dal nuovo presidente Sergio Germano.

BAROLO E BARBARESCO: NO AL NEBBIOLO SUI VERSANTI NORD DELLE COLLINE

Chiusa, dunque, la querelle che ha visto scendere in campo una trentina di produttori contro la possibile apertura ai versanti Nord, considerata una scelta pericolosa per l’ambiente e per la biodiversità delle Langhe. I cambiamenti climatici e le mutate condizioni di maturazione delle uve Nebbiolo atte a produrre vini Barolo e Barbaresco avevano spinto il Cda a proporre un allargamento della zona ai versanti settentrionali, ma alla fine hanno avuto la meglio i detrattori e la difesa delle aree boschive, che si trovano principalmente sui pendii affacciati a Nord. L’eventuale eliminazione del divieto di impiantare Nebbiolo sui versanti Nord non avrebbe comunque comportato un aumento la superficie vitata delle due denominazioni, legata al contingentamento stabilito dai bandi regionali per l’iscrizione dei vigneti.

INTERSCAMBIABILITÀ-RECIPROCITÀ DELLE ZONE DI PRODUZIONE

Interessanti anche i risvolti del voto sull’interscambiabilità-reciprocità della zona di vinificazione, affinamento e imbottigliamento dei due grandi vini rossi a denominazione di origine controllata e garantita. La maggioranza dei produttori di Barbaresco ha votato “no”; ancora più scettiscismo a Barolo, con la base sociale del Consorzio che si opposta a larga maggioranza alla proposta di autorizzazione varata dal Cda. Sul fronte dei grandi formati, Barolo non ha raggiunto il quorum, mentre si potrà produrre (e vendere) Barbaresco fino al formato cosiddetto “Melchior” (18 litri).

NO AI GRANDI FORMATI DI BAROLO, SÌ AL BARBARESCO

Il disciplinare stabilisce che «su richiesta delle ditte interessate, a scopo promozionale, può essere consentito, con specifica autorizzazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, l’utilizzo di contenitori tradizionali di capacità di litri 6, 9, 12 e 15». Lo scopo promozionale non ammette dunque la vendita. La modifica avrebbe permesso ai produttori delle due Docg di utilizzare formati di capacità superiore a 6 litri e sino a 18 «anche per la vendita». Barbaresco ha votato sì. Barolo è invece rimasto al palo, votando contro la modifica.

BOCCIATE LE MENZIONI COMUNALI DEL BARBARESCO

Importante anche il voto che avrebbe introdotto le menzioni comunali a Barbaresco, sul modello del Barolo. La proposta non è stata approvata, soprattutto – secondo rumors raccolti da winemag.it – per via della reticenza delle cantine di Barbaresco del comune di Neive, timorose di poter essere in qualche modo “penalizzate” da un’eventuale etichettatura “Barbaresco del Comune di Barbaresco“. Non solo: a dividere, sul fronte delle menzioni comunali, sarebbe stato anche il potenziale “Barbaresco del Comune di Alba“, il cui territorio è incluso nella Docg delle Langhe solo in piccola parte, con la frazione di San Rocco Seno d’Elvio (218 abitanti). Restano invece invariate le 66 mga comunali del Barbaresco, frutto del lavoro concluso dal Consorzio nel 2007.

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Provveditore entra ne Gli Svitati e fa scuola col Morellino di Scansano


Un approccio pragmatico e moderno ai vini bianchi, tutti dotati di tappo a vite, e una cura particolare per i vini rossi, capaci di rimanere fedeli alla tradizione e al territorio pur strizzando l’occhio ai consumatori moderni, in termini di freschezza e agilità di beva. L’apporto di Cristina Bargagli alla gamma di vini targati Azienda Agricola Provveditore è evidente ancor prima di versare nei calici uno a caso tra Trebbiano, Vermentino, Ansonica, Chardonnay, Syrah rosato o gli iconici Morellino di Scansano: tutto tranne che una questione di “etichette”, pur oggetto di un profondo restyling grafico in vista della messa in commercio delle nuove annate, dalla 2023 dei bianchi alla 2022 dei rossi.

Cristina Bargagli ha raccolto ormai da oltre 15 anni il testimone (pesante come un macigno) di uno dei fondatori del Consorzio Tutela Morellino di Scansano, il padre Alessandro Bargagli, presidente dell’ente portato in vent’anni da trecentomila a 10 milioni di bottiglie. Nel 2024, i vini Provveditore raccontano la determinazione di una donna predestinata, a cui la vita non ha tuttavia mai regalato nulla. «Ricordo ancora il mio primo Vinitaly – spiega incontrando la stampa a Milano, nell’accogliente sala de La Cucina dei Frigoriferi Milanesi di via Piranesi – avevo 15 anni. Mio padre mi lasciò a più due chilometri dall’ingresso, nonostante avessi le stampelle per via di una gamba rotta».

«Gli sono grata – continua – per avermi consentito di crescere senza agi nel settore, facendomi fare la gavetta necessaria e dandomi la possibilità di capire il giusto valore del lavoro e dei sacrifici che richiede». Il valore è quello di 40 ettari vitati nell’areale di Scansano, tutti lavorati a mano in vendemmia. «Una raccolta manuale – spiega ancora Cristina Bargagli – che sintetizza il nostro orientamento alla selezione estrema, più che alla quantità». La produzione totale è di circa 150 mila bottiglie annue.

PROVVEDITORE ENTRA NE GLI SVITATI

Una prova di maturità, quella dell’Azienda Agricola Provveditore coniugata al femminile, che si traduce in coerenza e determinazione: «La scelta del tappo a vite per i vini bianchi è filosofica – spiega “La Provveditrice” Cristina Bargagli – non di convenienza: tutta la produzione dei bianchi è tappata con lo “stelvin”, indipendentemente dal mercato di riferimento della singola etichetta. Si tratta di una tecnologia assolutamente affidabile, in cui crediamo molto e che ci porterà a entrare, a breve, ne Gli Svitati».

«Si tratta del gruppo di produttori di cui fanno già parte Graziano Prà, Mario Pojer, Fiorentino Sandri, Silvio Jermann, Walter Massa, Franz Haas Jr e Sergio Germano – precisa la vignaiola toscana – che promuove la cultura del tappo a vite in Italia». L’annuncio ufficiale dell’ingresso di Provveditore ne Gli Svitati è atteso a settimane, forse a giorni. Ed è l’ennesimo riconoscimento per la prima azienda vitivinicola della Maremma a credere nelle potenzialità dello screwcap.

I VINI DELL’AZIENDA AGRICOLA PROVVEDITORE

Ottimi i vini, anche alla prova del calice. Trebbiano “Piperino” e Vermentino “Il Bargaglino” 2023 sono molto più di semplici bianchi “da spiaggia”, da sbicchierare – certamente con successo – lungo la Costa Toscana o qualsivoglia lungomare o “lungo piscina”. Sono nettari che poggiano su una solida spina dorsale minerale, capaci di leggere suolo e territorio e offrire sorsi di una Toscana ancora tutto sommato nascosta – anche se in netta ascesa – se non altro per la predominanza storico-culturale dei rossi regionali. L’Ansonica 2023 “La Madda” è il più promettente, in termini di stratificazione e complessità, ma è anche l’etichetta che soffre di più il recente imbottigliamento: vale però la pena di iniziare a metterlo in cantina (è già sul mercato) perché darà grandi soddisfazioni.

Semplici e piuttosto longilinei lo Chardonnay “Purosole” e il rosato da uve Syrah “CaSaiolo”, con quest’ultimo capace di fare da apriporta allo stile asciutto, leggermente speziato e freschissimo del Morellino di Scansano Docg 2022 “Irio”: da provare – nemmeno troppo provocatoriamente – su piatti (o zuppette) a base di pesce. Porta con sé l’approccio aziendale, orientato sulla beva, anche il vino rosso di punta “Provveditore”, Morellino di Scansano che non a caso riconduce al nome dell’azienda. Bandiera del brand e bandiera di un territorio che da anni si interroga su come tornare veramente in auge nel segmento Horeca, mentre continua ad essere premiato nelle scelte dei clienti del canale moderno (Gdo). La ricetta è già scritta in casa Provveditore, sempre più apostrofo rosso tra le parole “Morellino” e “Scansano”. Prosit.


AZIENDA PROVVEDITORE
Loc. Salaiolo, 174
58054 Scansano (GR)
(+39) 348 7018670
info@provveditore.net

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Presentato il Bilancio di sostenibilità 2023 del Consorzio Tutela Vini del Trentino


«Non può esistere un’azienda sostenibile in un territorio non sostenibile». Un concetto alla base del Bilancio di Sostenibilità 2023 del Consorzio Tutela Vini del Trentino, che si fonda su tre pilastri: «Percorso, Qualità e Comunicazione». L’ente di Trento dimostra così il suo impegno verso una viticoltura sostenibile. Un modello di eccellenza a livello nazionale e internazionale, presentato lunedì 17 giugno 2024 al Museo delle Scienze – Muse.
Il Consorzio di Tutela Vini del Trentino è l’unico ad editare il Bilancio di sostenibilità, giunto quest’anno alla sua seconda edizione. I dati si riferiscono all’annata agraria 2021/22 e raccontano quel che si è fatto «sul territorio e per il territorio» negli anni appena trascorsi, spiegando le scelte coerenti con la tutela dell’ambiente, dal risparmio energetico alla lotta agli sprechi, sino agli obiettivi futuri.

Insomma, una “summa” di buone pratiche che fanno del Trentino una gemma. L’evento è stato condotto dalla giornalista Linda Pisani. Come ha affermato il presidente del Consorzio, Albino Zenatti: «Questo Bilancio è la conclusione di un lavoro partito negli anni Novanta,  in cui ci siamo prefissi il rispetto e la tutela del territorio e della salute dei cittadini e dei lavoratori dei campi». Un riferimento all’impegno e alla lungimiranza del past president e senatore Pietro Patton. «Sono tre  le parole chiave che sintetizzano questo documento: “Impatto, Cultura Aziendale e Transizione energetica con l’utilizzo di tecnologie green e fonti rinnovabili e Cambiamento unendo il pensiero strategico a quello creativo», ha affermato Laura Ricci, fondatrice di Linfa Consulting e Trentino Green Network.

I NUMERI DEL VINO DEL TRENTINO

Nel concreto, la presentazione del Bilancio di Sostenibilità 2023 del Consorzio Tutela Vini del Trentino è stata curata da Stefano Rizzi dell’Ufficio Tecnico e da Lara Bontempelli di Trentino Green Network. Il Consorzio conta 91 cantine e aziende agricole associate con una superficie vitata totale di 10.299 ettari, di cui il 15% sopra i 500 metri di altitudine. La superficie media per azienda è di 1,6 ettari, con il 13% delle aziende certificate biologiche e l’80% certificate SQNPI (Sistema di qualità nazionale di produzione integrata).

L’uva raccolta nel 2022 è stata di 1.240,115 quintali, di cui il 76% di bacca bianca e 23,1% di bacca nera. Nel 2021/22 la raccolta è stata di 1,13 milioni di quintali di uva con una quantità di vino prodotto pari a 927.828 ettolitri. Nel corso del 2021/22 il valore economico generato è stato di 707,8 milioni di euro, registrando una crescita pari al 4,20% rispetto all’anno precedente. Gli utili delle cantine sono pari a 88,6 milioni di euro nel 2021/22. Tra le spese sostenute la parte del leone va ai fornitori di beni e servizi (62,10%), ai fornitori di servizi (20,32%), ai collaboratori (9,82%), e all’azienda (4,58%).

PAROLA D’ORDINE «SOSTENIBILITÀ» PER I VINI DEL TRENTINO

Gli investimenti per attività di promozione istituzionali ammontano a 852.872,07 euro, mentre sono stati 72 i controlli sui vari canali di vendita. Altri dati: il vigneto più elevato è situato a quota 1.044 metri di altitudine ed è coltivato con la varietà Solaris. La forma di allevamento prevalente è la pergola trentina con circa il 75% nella variante semplice, mentre le altre forme (guyot, spalliera, ecc) sono pari al 25% della superficie coltivata. La varietà più allevata è il Pinot grigio, assieme allo Chardonnay e al Müller Thurgau.

Il Bilancio di Sostenibilità 2023 del Consorzio Vini del Trentino si riflette una serie di provvedimenti e di scelte etiche messe in campo con il diretto coinvolgimento degli stakeholder. In primo luogo l’impegno a garantire la qualità e la sicurezza delle produzioni vitivinicole e delle denominazioni. In secondo luogo, l’impegno a monitorare, gestire e ridurre l’uso dei fitofarmaci in vigna. E in questo senso di particolari accorgimenti in campo, come la confusione sessuale. In tal modo si evita l’uso di pesticidi e agenti chimici impattanti in vigna, conservando intatti gli ecosistemi e tutelando le biodiversità.

LA COLLABORAZIONE CON FONDAZIONE E. MACH

In questi anni il Consorzio ha avviato significative collaborazioni per la gestione responsabile e sicura dei prodotti fitosanitari, rinnovando la convenzione con la Fondazione E. Mach di San Michele all’Adige (TN) al fine di valutare l’efficacia dell’attività antiperonosporica. Sono attive altre collaborazioni con enti specializzati nella gestione sostenibile degli effluenti zootecnici, ovvero dei rifiuti e degli scarti, allo scopo di ridurne il possibile impatto sull’ambiente. Inoltre sono state promosse una serie di iniziative per assicurare l’uso razionale delle risorse idriche, evitando gli sprechi e il rilascio di acque non depurate. Solo il 2% dell’acqua utilizzata viene scaricata nella rete fognaria, il resto viene trattata da depuratori aziendali o rilasciata in acque di superficie.

Inoltre si presta maggiore attenzione allo smaltimento dei rifiuti, evitando anche in questo caso sprechi o smaltimenti sbagliati. Impegno rilevante quello dei consumi energetici. L’energia elettrica proviene – in buona parte – da fonti rinnovabili o viene prodotta da impianti fotovoltaici installati in cantina. Nel 2022 le cantine associate hanno emesso 17.084 tonnellate di CO₂ equivalente, in parte dovuta al rilascio del metano (45%) o dei mezzi aziendali (3,1%).

IDENTITÀ E IMMAGINE GREEN DEL VINO DEL TRENTINO

Il secondo Bilancio di Sostenibilità si propone poi di raggiungere, con una serie di impegni per il futuro, tracciati lungo una road map, una migliore sostenibilità ambientale, qualità e sicurezza delle produzioni vitivinicole al fine di rafforzare l’identità e l’immagine della viticoltura trentina. Tra gli impegni vi è anche la necessità di informare i consumatori sul valore del vino, innovare la filiera  attraverso assistenza tecnica e informazione e aumentare la resilienza agricola nei confronti del cambiamento climatico. La maggior parte del vino trentino finisce sul mercato americano (44,7%), nel Regno Unito (17%), in Germania (10,5%), in Belgio (7,7%) e in Olanda (3,9%).

Sono ancora da esplorare il mercato cinese (0,3%) e giapponese (0,8%) e asiatico in generale. Un altro aspetto sottolineato durante la presentazione del Bilancio di Sostenibilità 2023 del Consorzio Tutela Vini del Trentino è la partnership con l’Istituto tutela Grappa del Trentino. In primo luogo l’impegno è quello di incrementare congiuntamente la visibilità e la reputazione dei vini e della grappa trentina. Un segnale di circolarità e di sostenibilità senza uguali, in quanto la grappa è una bevanda che si ottiene da un sottoprodotto della vinificazione (vinaccia) senza “consumo di territorio”, con riciclo di materiali  e massimo recupero energetico. In Trentino sono presenti 27 distillerie sulle 120 attive in Italia.

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Colli Piacentini, successo in Lituania per la Malvasia di Candia Aromatica


L’Est Europa sta vivendo un momento magico in termini di interesse nei confronti del vino italiano. Un fermento che non passa inosservato agli occhi dei Consorzi più attenti. È così che la
Malvasia di Candia Aromatica dei Colli Piacentini si è resa protagonista di un momento di approfondimento a Vilnius, martedì 18 giugno. Il vino di punta del territorio, elegante e di grande personalità, ricco di storia ma con un’anima contemporanea e fortemente versatile negli abbinamenti a tavola, è finito sotto i riflettori nella giornata di promozione organizzata dal Consorzio Tutela Vini Doc Colli Piacentini nella capitale lituana. Lo scopo: far conoscere e assaggiare le produzioni d’eccellenza del piacentino a buyer e importatori interessati a introdurre nei propri canali di distribuzione nuovi vini di qualità dalla forte identità territoriale.

Non finisce qui. Dopo la vendemmia 2024, nel mese di novembre, l’ente piacentino tornerà nuovamente nell’Est Europa in occasione del Warsaw Wine Experience 2024, una due giorni di riferimento per il settore. I Colli Piacentini, secondo quanto evidenzia il Consorzio in una nota, sono stati scelti come territorio ospite e partner ufficiale. «Un’opportunità preziosa – sottolinea il presidente Marco Profumo – per proseguire nel lavoro di ampliamento e differenziazione dei mercati per i nostri vini, una delle nostre priorità».

COLLI PIACENTINI: NON SOLO MALVASIA

Intanto, ad aprire la giornata a Vilnius è stato un momento di approfondimento sul mercato del vino in Lituania. Il valore dell’export enologico Made in Italy annuale, da queste parti, ammonta a quasi 254 milioni di euro. Con un export complessivo di circa 71 milioni di euro e una fascia di prezzo compresa tra i 15 e i 30 euro, l’Italia figura come secondo Paese di riferimento. «Si tratta di un mercato interessante – commenta ancora il presidente Marco Profumo – che sta crescendo annualmente dell’8-10% e in cui sono presenti diversi ristoranti, bar e hotel che dedicano i loro menù alla cucina italiana. Nel corso della giornata abbiamo potuto toccare con mano l’interesse e la preparazione dei numerosi operatori presenti, che hanno dimostrato di apprezzare le caratteristiche di tipicità e bevibilità dei nostri vini».

Nel corso della giornata Gutturnio, Barbera, Bonarda, Ortrugo e le altre produzioni Doc del territorio piacentino sono state al centro di una sessione di assaggi dedicata a buyer. In un Paese in cui i 2,5 milioni di abitanti hanno un consumo pro capite annuo pari a 12,1 litri, si tende a privilegiare vini aromatici, dall’alto residuo zuccherino. Rosé e rossi strutturati vanno per la maggiore, mentre è in crescita la qualità richiesta sul fronte di quelli dolci e spumanti. Un segmento in cui i vini piacentini hanno convinto per versatilità e carattere. La masterclass dedicata alla Malvasia di Candia Aromatica e al Moscato del Piemonte è stata la bandiera del vino aromatico italiano di qualità, permettendo ai produttori di raccontare l’alta vocazionalità dei Colli Piacentini alle produzioni di valore.

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Rosso di Montalcino, raddoppia la produzione: fino a 6,6 milioni di bottiglie


Via libera all’aumento del vigneto Rosso di Montalcino. Il vigneto della Doc (attualmente di 519,7 ettari) potrà essere incrementato fino a 364 ettari (+60%). L’ampliamento, inoltre, non comporterà l’impianto di nuove vigne: gli ettari aggiuntivi rivendicabili fanno infatti già parte delle mappe del territorio come quota di vigneti coltivati a Sangiovese ma liberi da albi contingentati. In termini di bottiglie, la produzione potenziale aggiuntiva del Rosso sarà di poco superiore ai 3 milioni che si andranno a sommare alla media attuale di circa 3,6 milioni di pezzi l’anno.

ROSSO DI MONTALCINO VERSO I 3 MILIONI DI BOTTIGLIE

Lo ha deliberato la Regione Toscana che ratifica formalmente l’ampliamento della superficie rivendicabile per la D.o. approvato dall’assemblea dei soci del Consorzio del vino Brunello di Montalcino lo scorso dicembre. La notizia arriva a pochi giorni da Red Montalcino, l’evento organizzato dall’ente consortile dedicato al Rosso contemporaneo della denominazione in programma venerdì 21 giugno (dalle ore 18) alla Fortezza del borgo toscano. 

«La delibera della Regione arriva proprio in occasione dei quarant’anni del Rosso di Montalcino. I nostri produttori potranno così ufficialmente ampliare la propria produzione così da rispondere alla crescente richiesta di mercato, anche internazionale – ha dichiarato il presidente del Consorzio Fabrizio Bindocci -. Infatti, il Rosso è un prodotto versatile, di pronta beva che però si presta bene anche all’invecchiamento. Un vino in cui i vignaioli hanno sempre creduto e che ora sta ottenendo il giusto riconoscimento anche da buyer e consumatori».

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Moio allo Sparkling Wine Forum: «Vino modello di diversità in un mondo che si omologa»


Si è aperta ieri pomeriggio a Brescia l’edizione 2024 dello Sparkling Wine Forum, seconda edizione dell’evento promosso dalla società francese Effevent, partecipata tra gli altri dalla Camera di Commercio e dell’Industria della Marne, in Champagne. Il Consorzio Franciacorta si conferma ancora una volta partner ideale per i transalpini. Davvero ricco il programma che, a partire dalle ore 14, ha animato le sale della Camera di Commercio bresciana, in via Einaudi 23. Significativa la presenza del presidente dell’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino (Oiv), Luigi Moio, che ha partecipato ai lavori e si è reso protagonista di un intervento, durante la cena organizzata ieri sera presso la cantina Antica Fratta di Monticelli Brusati (Bs).

«Lo Sparkling Wine Forum 2024 – ha ricordato Moio – è uno degli eventi organizzati in occasione dei 100 anni dell’Oiv. Il vino, del resto, cos’è? È tutto questo. I numerosi cambiamenti degli ultimi anni hanno creato un’atmosfera un po’ confusionaria nel settore. Nonostante ciò, la forza e il valore del vino continua ad essere il suo legame con il territorio. È il territorio che genera valore e non bisogna mai dimenticarlo. Tanto è vero che una delle missioni dell’Oiv è essere custode di questo valore. In questo modo il vino affascina, perché diventa un modello e un paradigma di diversità. Esistono infiniti vini, legati ai territori, alla varietà e ai Paesi. E tutto questo affascina ancora oggi, in un mondo che sta andando sempre più verso l’omologazione».

AD OTTOBRE L’INAUGURAZIONE DELLA NUOVA SEDE OIV A DIGIONE

«Viviamo in un mondo che si omologa – ha aggiunto il presidente Oiv Luigi Moio – mentre il vino è un modello di diversità. Produco vino anche io, ormai da cinque generazioni e ho ben presente che si tratta di un’invenzione meravigliosa degli uomini, che bisogna custodire e tramandare alle future generazioni. Questo è uno dei nostri compiti, forse il più arduo, perché ormai si sta interrompendo questo naturale trasferimento generazionale. Bisogna intervenire e trasmettere tutta la cultura che ruota attorno al vino».

Moio, accompagnato nel suo intervento da Mario Falcetti, direttore ed enologo di Quadra Franciacorta, ha infine ricordato che a ottobre, a Digione, si terrà il congresso Oiv al quale parteciperanno oltre 800 addetti del mondo del vino. I Paesi membri hanno infatti approvato la decisione di spostare la sede dell’Organisation internationale de la vigne et du vin da Parigi alla città capoluogo della Côte-d’Or. Il congresso sarà l’occasione per inaugurare la nuova sede dell’Organizzazione internazionale della Vigna e del Vino. «La nuova casa mondiale del vino», come l’ha definita il presidente Luigi Moio.

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Tenuta Castelbuono & Co.: il Sagrantino di Montefalco cambia (drasticamente) volto


Dal legno ai primari. Dalle (sovra) concentrazioni al frutto. Tenuta Castelbuono – Carapace è il volto più clamoroso del “nuovo corso” del Sagrantino di Montefalco e del Montefalco Rosso in Umbria. I vini umbri della famiglia Lunelli – ben più famosa per i Trento Doc Ferrari – sono cambiati in maniera drastica negli ultimi anni, spostando il paradigma enologico dai terziari alla freschezza: non più vini “pesanti”, “grassi” e molto tannici, a beneficio di eleganza e beva. Il tutto senza perdere di vista il varietale.
Un segnale di attenzione ai mercati, che prediligono sempre più i rossi meno strutturati, al pari dei vini bianchi e degli spumanti. È quanto emerge in maniera netta dagli assaggi effettuati nei giorni scorsi “A Montefalco“, nuovo format studiato dal Consorzio Vini Montefalco e Spoleto e dall’agenzia di comunicazione Miriade & Partners, che prende il posto della storica “Anteprima Sagrantino“.

Un restyling dell’evento clou che richiama ogni anno, nella regione del centro Italia, un centinaio tra giornalisti e operatori del settore, per l’assaggio delle nuove annate dei vini locali. Il Sagrantino di Montefalco perde così la sua centralità – non in senso assoluto, ma relativo – per lasciare spazio soprattutto ai vini bianchi (in primis il Trebbiano Spoletino, ma anche il bistrattato Grechetto) e, in un certo senso, anche alle bollicine: dai pét-nat ai Metodo classico (chiedere per credere a Scacciadiavoli, passato in 20 anni da 2 a 80 mila bottiglie con ottimi risultati), che iniziano ad abbondare in zona. Del resto, nel 2023, i produttori di Sagrantino hanno dovuto fare i conti con pesanti cali delle vendite dei vini rossi di punta, in alcuni dei mercati principali.

MIGLIORI ASSAGGI “A MONTEFALCO” 2024: ANTEPRIMA SAGRANTINO CAMBIA VOLTO

È così che Tenuta Castelbuono – Carapace finisce per svettare tra i migliori assaggi dell’annata 2020 di Sagrantino di Montefalco, dentro e fuori dal calice. Il cambio di rotta stilistico della famiglia Lunelli in Umbria va infatti letto e interpretato come un segnale forte, da parte di una delle famiglie “forestiere” che ha deciso di investire in questo angolo di Umbria, sin dal 2001. Risale al 2012 l’apertura al pubblico dell’imponente cantina denominata “Carapace”, prima scultura al mondo «in cui si vive e si lavora», ad opera dell’artista Arnaldo Pomodoro.

Al netto della buona prova dei vini della famiglia Lunelli, il restyling di “Anteprima Sagrantino” porta con sé una diminuzione drastica dei campioni in degustazione – non solo per la mancanza delle “prove di botte” -. Solo 25 i Sagrantino di Montefalco Docg 2020 in degustazione, due i passiti. Diverso il discorso per il Montefalco Rosso Doc: solo 5 i 2022 (tra cui spicca ancora, appunto, Tenuta Castelbuono), 15 i 2021, 8 i 2020, 6 i 2019 e un 2018. I Montefalco Rosso Riserva Doc in degustazione in occasione de “A Montefalco” 2024 sono risultati solo 6, suddivisi in maniera equa tra 2021 e 2020.

I MIGLIORI SAGRANTINO 2020 E MONTEFALCO ROSSO 2022, 2021, 2020 E 2019

Nelle tre tipologie, oltre ai vini targati Lunelli, spicca l’ottima performance di Cantine Briziarelli, altra realtà che sembra aver deciso un alleggerimento del profilo dei propri rossi, senza dimenticare il varietale. Colpisce, in particolare, “Rosso Mattone” 2021 della casa vinicola fondata nel 2000 a Montefalco. Altra garanzia assoluta sono i vini di Arnaldo Caprai (“25 anni” e “Valdimaggio“, senza dimenticare il rapporto qualità prezzo dell’ottimo “Collepiano“) e Tabarrini (“Colle alle Macchie” e “Campo alla Cerqua” e il Rosso “Boccatone”).

L’ormai ex “presidente in ciabatte” lascia sbalorditi con “Il Bisbetico domato“, 100% Sagrantino di Montefalco che si conferma un faro per una denominazione che punta ad “alleggerire” il proprio profilo e a promuoversi sui mercati per la propria versatilità. superando l’ostacolo dei tannini. Molto bene anche i Sagrantino 2020 di Agricola Mevante, Antonelli, Goretti, Lungarotti, Romanelli, Scacciadiavoli e il “Vinum Dei” di Terre San Felice.

Tra i Montefalco Rosso 2021 spiccano, oltre ai già citati, il “Terrebianche” di Cesarini Sartori, Colpetrone, Tenuta Bellafonte con “Pomontino“, nonché – riecco – Terre di San Felice e Agricola Mevante (due aziende da tenere in ampia considerazione per il futuro). Tra i Montefalco Rosso 2020 ecco Fattoria Colsanto, ma è il solito Romanelli ad primeggiare con “Capo De Casa“. Tra i Montefalco Rosso 2019 la spunta “Giulio II” de Le Thadee, al pari di Perticaia.

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Birra: consumo in calo del 5% a causa di costi, accise e inflazione

Flessione della produzione (-5,02%), dei consumi (-5,85%), dell’export (-5,36%) e ell’import (-7,5%) di birra. Questi i chiari segnali di un settore che ha sofferto lungo tutto l’asse della filiera produttiva, agricola e della distribuzione fino ai punti di consumo. Dati che emergono dall’Annual Report 2023 di AssoBirra, presentato a Roma, alla presenza del Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

Nei primi mesi del 2024 il trend di decrescita sembrerebbe essersi fermato. Qualora la stagione estiva dovesse segnare una ripresa, le prospettive di lungo periodo tornerebbero positive.

«Il settore brassicolo – dichiara il Ministro Urso – potrà oltretutto rafforzarsi e innovarsi ulteriormente beneficiando del piano transizione 5.0. Piano che coniuga per la prima volta in Europa transizione digitale, energetica e ambientale. Oltre 13 miliardi di crediti fiscali utilizzabili dalle imprese nel biennio 2023-24. Sarà importante poi sviluppare le competenze idonee. A tal fine, il provvedimento prevede che il 10% delle risorse possono essere utilizzate per la formazione del personale».

Molti i fattori che impattano sulla possibilità di tornare a crescere, quali il cambiamento climatico, con i conseguenti rincari e la difficile reperibilità di alcune materie prime, l’aumentato costo dell’energia. Ultimo ma non per importanza, la spinta inflattiva di tutti i prodotti, incluso il largo consumo.

Questi fattori hanno generato una riduzione del potere di acquisto generalizzata, particolarmente sentita dal settore birrario a causa del peso aggiuntivo delle accise.

MONDO DELLA BIRRA E ISTITUZIONI A DIALOGO

Il sostegno richiesto da AssoBirra è, in primis, un percorso di riduzione strutturale delle accise a cui la birra è soggetta. Riduzione necessaria per poter confermare gli investimenti, e così stimolare la ripresa del mercato, generando ricchezza per il nostro Paese.

L’obiettivo è ottenere una politica fiscale più equa, che possa consentire agli attori del settore di fare innovazione, proseguire i piani di sostenibilità e l’utilizzo di tecnologie avanzate, essenziali per la crescita organica, sostenibile e di lungo periodo del comparto birrario. Occorre affrontare questa problematica evidenziando come le accise influiscano negativamente sia sulla capacità di investimento delle aziende che sulla competitività del settore.

Il settore brassicolo ricopre un ruolo centrale per l’economia italiana, capace di creare valore e indotto economico e posti di lavoro. Il comparto occupa, infatti, oltre 100 mila operatori in oltre 1.000 aziende (1.012 realtà del settore tra birrifici, microbirrifici e malterie). La birra crea un valore condiviso di 10,2 miliardi di euro (equivalente allo 0,54% del PIL) e, unica fra le bevande da pasto, versa all’Erario oltre 700 milioni in accise annue che si sommano alla contribuzione fiscale ordinaria.

LE SFIDE DEL COMPARTO BIRRA IN ITALIA

È proprio sul versante fiscale che AssoBirra pone una delle sfide del comparto. Occorre prendere decisioni fiscali certe e positive che consentano alle aziende della filiera di tornare a dedicare risorse economiche, generare una crescita sostenibile nel tempo e competere sui mercati internazionali. Mercati oggi meno rallentati da tassazione e burocrazia e dunque più liberi di investire.

Le marginalità sono strutturalmente sotto pressione lungo tutta la catena del valore. Agricoltura, trasformazione, produzione, logistica, trasporti, grande distribuzione e ristorazione hanno bisogno di tornare ad investire sul proprio business, per generare ricchezza per il Paese.

«Ci auspichiamo, un alleggerimento della pressione fiscale specifica – dichiara Alfredo Pratolongo, Presidente di AssoBirra -. Le accise in particolare, anacronistiche per una bevanda da pasto e incongrue, perché la birra è l’unica su cui gravano, risultano tanto più afflittive poiché penalizzano le aziende italiane rispetto a quelle che lavorano in Paesi maggiormente beer friendly in termini di tassazione».

«Per il futuro rimango positivo – dichiara Alfredo Pratolongo, Presidente di AssoBirra – perché la birra in Italia è ormai diventata una bevanda da pasto apprezzata per le sue caratteristiche di leggerezza, versatilità, naturalezza e basso contenuto alcolemico, oppure analcolica. Quest’ultimo, non è un fattore da sottovalutare, perché a monte delle libere scelte di consumo la birra è una scelta di piacere che consente di consumare quantità certe e moderate o nulle».

BIRRA ITALIANA IN CIFRE: I DATI ASSOBIRRA

Secondo i dati di AssoBirra, nel 2023 la produzione di birra in Italia ha raggiunto 17,4 milioni di ettolitri, registrando una contrazione del 5,02% rispetto ai 18,3 milioni di ettolitri del 2022, ma superando i livelli pre-pandemici del 2019 (17,3 milioni di ettolitri) e quasi eguagliando il 2021 (17,8 milioni di ettolitri).

I consumi, seppur in calo rispetto al record del 2022 (22,5 milioni di ettolitri), si sono attestati a 21,2 milioni di ettolitri nel 2023, facendo segnare un decremento del 5,85% ma mantenendo una quota che supera il massimo storico di consumo registrato fino all’anno scorso (21,2 milioni di ettolitri nel 2019) e che supera quella del 2021, delineando una crescita di oltre 20 punti percentuali (20,9%) rispetto a dieci anni fa (17,5 milioni di ettolitri nel 2013).

L’import di birra ha registrato allo stesso modo una flessione del 7,55% rispetto all’anno precedente, pari a 600 mila ettolitri, con 7,4 milioni di hl a fronte dei circa 8 milioni del 2022. La Germania, che gode di una tassazione 4 volte inferiore a quella italiana, rimane il principale Paese di origine dell’import, con il 41,7% del totale delle importazioni. Seguono Belgio (20,7%), Paesi Bassi (9,8%) e Polonia (9,4%).

Tra i paesi non comunitari, che assommano un dato globale del 2,2% dell’import, il maggior esportatore verso il nostro Paese è il Regno Unito, con quasi 95 mila ettolitri su circa 135 mila del totale non-UE.

Anche l’export mostra un aggregato inferiore a quello del 2022 (3,6 milioni di hl nel 2023, con un -5,36% rispetto ai 3,8 dell’anno precedente). La distribuzione dell’export vede un calo della quota verso il Regno Unito (44,1% vs il 48,2% del 2022, pari a -250 mila ettolitri nel 2022), ma un aumento delle esportazioni verso Albania e soprattutto Francia, con un dato in crescita del 57%.

Tra i canali distributivi e di consumo riemerge il fuori casa, che nel 2023 registra un +1,8% rispetto all’anno precedente, di fatto mantenendo gli stessi volumi, con consumi complessivi leggermente inferiori agli 8 milioni di ettolitri. Dato che bilancia in parte l’ampia flessione di consumo domestico del canale Gdo.

SOSTENIBILITÀ, TRANSIZIONE ECOLOGICA E INNOVAZIONE

Sostenibilità e transizione ecologica rimangono una priorità per AssoBirra. L’associazione incentiva pratiche produttive sostenibili e l’uso di tecnologie avanzate. Promuove inoltre la gestione delle risorse idriche e la riduzione dell’impatto ambientale come obiettivi fondamentali per il settore.

«Il processo di transizione ecologica – commenta Federico Sannella, Vice Presidente di AssoBirra con delega a Transizione Ecologica e Sostenibilità – attiene anche al primario, a quel settore agricolo che da tempo si impegna nell’ambito della ricerca nel campo delle materie prime e di un più sostenibile uso del territorio».

«Innovazione tecnologica e sviluppo, tuttavia, si nutrono soprattutto di investimenti economici, ed è qui che il ruolo del comparto di trasformazione è strategico, centrale, imprescindibile. In tempi ove i costi dell’energia incidono a tal punto, il cammino verso la neutralità carbonica necessita di un cambio di strategia. Un’azione non più solo individuale, bensì sistemica, del comparto industriale nella sua interezza. Non perdiamo di vista come il riuso, e in generale ogni trasformazione, imponga forti investimenti», conclude Sannella.

Per AssoBirra la sostenibilità non è solo economica e ambientale, ma anche sociale. La categoria è infatti impegnata a promuovere comportamenti in linea con uno stile di consumo responsabile delle bevande alcoliche, ad esempio con investimenti in prodotti a zero o bassa gradazione alcolica. In linea con un consumo italiano votato alla moderazione, i consumi di birra low e no alcol nel 2023 hanno rappresentato l’1,86% del totale.

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