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Torrevilla: nuova cantina per il Pinot Nero Metodo classico. Si chiamerà La Genisia

CODEVILLA – Una nuova cantina per puntare tutto sul Metodo classico da uve Pinot Nero, vera eccellenza dell’Oltrepò pavese. E’ il progetto della cooperativa Torrevilla di Torrazza Coste (PV). La cantina si chiamerà La Genisia, nome che oggi indica la linea top di gamma della cantina oltrepadana.

Un investimento da oltre un milione di euro, in parte finanziato dal Programma di Sviluppo Rurale (Psr), il circuito di sostegno all’agricoltura dell’Unione europea, attraverso Regione Lombardia.

La cantina non sarà realizzata ex novo. Per volere del presidente della cooperativa, Massimo Barbieri, sarà infatti ristrutturata l’imponente struttura in cemento della cantina di Codevilla, già di proprietà di Torrevilla.

L’adiacente Torre Vinaria potrà così diventare un importante polo di attrazione enoturistica, assieme alla nuova sala di degustazione pensata per winelovers e professionisti del settore. La spettacolare volta in mattoncini della cantina Codevilla sarà recuperata. E valorizzata, nella parte sottostante, da 500 metri quadrati dedicati esclusivamente al Metodo classico dell’Oltrepò pavese.

“Sino ad ora – spiega Massimo Barbieri (nella foto sotto, a sinistra) – la produzione di spumanti Metodo classico di Torrevilla è rimasta relegata alla linea top di gamma La Genisia. Con questo progetto vogliamo scommettere sull’eccellenza dell’Oltrepò pavese, puntando sul Pinot Nero che in questa zona si esprime in maniera unica”.

“L’idea di Torrevilla – aggiunge il direttore Gabriele Picchi – è quello di alzare il livello attraverso una linea di etichette che rappresenti il territorio e il terroir, sullo stile delle cooperative dell’Alto Adige. Senza però dimenticare il resto della produzione, su cui continueremo a credere e a garantire elevati standard qualitativi”.

IL PROGETTO DI ZONAZIONE

La nuova cantina La Genisia sarà il fiore all’occhiello del progetto di zonazione dei vigneti di Torrevilla. Uno studio che ha visto coinvolto il prof. Leonardo Valenti (nella foto, a destra), agronomo, enologo e docente dell’Università degli Studi di Milano.

“Siamo partiti dal Pinot Nero – spiega Valenti – per poi allargare la ricerca a tutte le altre varietà presenti nei 600 ettari di vigneto della cooperativa. L’obiettivo era quello di capire le caratteristiche dei singoli appezzamenti a disposizione dei 200 soci di Torrevilla, per individuare quelli più adatti al produrre vini di eccellenza”.

Il risultato è una vera e propria mappa, in cui sono riuniti sotto lo stesso colore i vigneti con le medesime caratteristiche microclimatiche e pedologiche. Il “Programma qualità” affidato da Torrevilla al prof. Valenti sarà anche la base di partenza di un nuovo sistema di remunerazione delle uve conferite alla cooperativa.

“Entro il prossimo mese – annuncia il presidente Barbieri – porteremo in assemblea una revisione dell’attuale sistema di pagamento dei nostri soci, che saranno retribuiti per superficie e non più per quantità di uva conferita”.

“In questo modo – precisa il presidente di Torrevilla – contiamo di poter intervenire in maniera più specifica sulla qualità della produzione, favorendo per esempio i diradamenti, che col sistema attuale risultano piuttosto invisi dai soci”. Tanta carne al fuoco, insomma, al 112° anno dalla fondazione della cooperativa di Torrazza Coste.

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Clamoroso Oltrepò: pace fatta tra Distretto e Consorzio. Ma solo con 9 poltrone a Giorgi


Pace fatta, ma alle condizioni di Fabiano Giorgi & Co. Clamorose indiscrezioni dall’Oltrepò pavese. Il Distretto del Vino di Qualità sarebbe pronto a ricucire la frattura con il Consorzio di Tutela, a patto che questo accetti alcune condizioni.

La notizia non è confermata da fonti ufficiali. Secondo ben informati, tuttavia, sulla scrivania dell’assessore Fabio Rolfi sarebbe già presente una lettera d’intenti che sancirebbe la ritrovata unità istituzionale dell’Oltrepò. Una trattativa in cui rientrerebbe anche Ersaf, attraverso il direttore regionale Massimo Ornaghi.

Ora la palla passa al Consorzio di Tutela, che dovrà accettare le condizioni dettate dal presidente del Distretto, Fabiano Giorgi. Tra queste, sempre secondo indiscrezioni, ci sarebbe l’aumento del numero di Consiglieri del Cda di Riccagioia, da 15 a 20 teste. Ben 9 di queste dovrebbero provenire dal Distretto, col benestare di Regione Lombardia.

Sempre su suggerimento di Rolfi dovrebbero essere rivisti i meccanismi di rappresentatività all’interno del nuovo Consorzio, in modo da allargare il potere decisionale della base.

Un aspetto sollevato sul finire del 2018 dallo stesso esponente del governo regionale, in un’intervista esclusiva rilasciata all’altra testata del nostro network, vinialsupermercato.it.

Nel mirino del Distretto ci sarebbero poi le finanze consortili. Un tema caldissimo, per il quale sarebbe stato silurato l’ormai ex direttore del Consorzio di Tutela, Emanuele Bottiroli, che ha comunque impugnato il provvedimento.

E I TAVOLI DI DENOMINAZIONE?
E mentre l’Oltrepò del Buttafuoco Storico si prepara all’esordio in massa a Milano, altre indiscrezioni giungono dai Tavoli di Denomazione, lo strumento avallato da Regione Lombardia per fare ordine tra le vigne oltrepadane.

Clamoroso quanto starebbe avvenendo in un tavolo relativamente “minore” come quello del Riesling. L’Italico, l’unico vero Riesling autoctono dell’Oltrepò pavese, rischia di non essere incluso nell’elenco dei vitigni della Doc e dell’Igt Pavia.

Le etichette prodotte con Riesling Italico sarebbero dunque relegate al ruolo di “vino da tavola”. L’obiettivo sarebbe quello di favorire l’affermarsi della produzione di Riesling Renano dell’Oltrepò pavese.

Una scelta che guarda alla notorietà qualitativa e (soprattutto) commerciale del Renano, che fa a pugni con l’obiettivo di valorizzare il terroir e i vitigni locali, primo obiettivo dichiarato dei Tavoli di Denominazione.

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Sorgentedelvino Live 2019: Liguria al centro del mondo naturale


PIACENZA –
 Torna a Piacenza Sorgentedelvino Live.
L’edizione della svolta, che segue i festeggiamenti per il decennale dell’evento dedicato ai “vini naturali”, è in programma sabato 9, domenica 10 e lunedì 11 febbraio 2019 negli spazi di Piacenza Expo.

Appuntamento nella giornata d’apertura solo dalle 12 alle 18. Domenica, invece, porte aperte dalle 10 alle 18. Lunedì, di nuovo, dalle 12 alle 18. L’ingresso è di 15 euro per ogni singola giornata. Cosa aspettarsi?

“Tre giorni di festa, lavoro, assaggi, degustazioni, approfondimenti  – assicurano gli organizzatori – per crescere e divertirsi insieme. Un viaggio attraverso profumi e sapori, territorio dopo territorio per riscoprire quell’Italia meravigliosamente ricca di differenze, di sapori autentici e di tradizioni vitali e radicate che ancora resiste alle tentazioni dell’omologazione”.

Qui i migliori assaggi dell’edizione 2018, pubblicati dall’altro sito del nostro network, Vinialsupermercato.it

L’EDIZIONE 2019
Quest’anno, in particolare, il focus sarà sul territorio della Liguria, con l’approfondimento Terroir Liguria previsto all’interno del Padiglione 2 nel corso delle tre giornate del salone.

“Questa meravigliosa striscia di terra – evidenziano gli organizzatori – offre una grande varietà di sapori legati di volta in volta ai monti dell’entroterra o al mare. Anche dal punto di vista enologico in Liguria esiste una grande varietà e una lunga e radicata tradizione”.

Pensare alla Liguria è pensare ai vigneti eroici abbarbicati sulle pendici ripide, alle terrazze affacciate sul mare. “Terroir Liguria vuole essere un’occasione per andare oltre i preconcetti – evidenzia ancora il team di Sorgentedelvino – per esplorare questa bellissima regione con tutte le sue differenze e le sue particolarità”.

Per questo l’edizione 2019 sarà popolata da numerosi vignaioli liguri: Casa del Diavolo, Castiglione Chiavarese (GE), La Casetta, Ranzo (IM), La Bettigna, Castelnuovo Magra (SP), La Felce, Ortonovo (SP), La Ricolla, Ne’ (GE), Possa, Riomaggiore (SP), Fausto De Andreis Le Rocche del Gatto, Albenga (SV), Terra della Luna, Isola di Ortonovo (SP), Vis Amoris, Imperia (IM).

“In queste 10 edizioni di Sorgentedelvino Live – dicono gli organizzatori – abbiamo fatto conoscere tanti vignaioli, ma sono sempre più numerosi i produttori che scelgono la strada delle vinificazioni all’antica. Abbiamo osservato anche un netto miglioramento della qualità, segno di una maggiore padronanza delle tecniche di vinificazione sia da parte dei vignaioli più affermati che da parte dei tanti giovani che si sono avvicinati a questo lavoro”.

L’ELENCO DEI VIGNAIOLI DI SORGENTEDELVINOLIVE 2019

Emilia Romagna

Friuli Venezia Giulia

Liguria

Lombardia

Piemonte

Trentino Alto Adige

Valle d’Aosta

  • Priod Fabrizio, Issogne (AO)

Veneto

Abruzzo

  • Amorotti, Loreto Apruntino (PE)
  • Podere San Biagio, Controguerra (TE)
  • Q500, Penne (PE)
  • S.M.S. Pistis Sophia, Ortona (CH)
  • Stefania Pepe, Torano Nuovo (TE)

Marche

  • Aldo di Giacomi, Castorano (AP)
  • Allevi Maria Letizia, Castorano (AP)
  • Benforte Valori e Verdicchio, Cupramontana (AN)
  • Fontorfio, Cossignano (AP)
  • Mattoni Walter, Castorano (AP)
  • Musighin, Urbania (PU)
  • PS Winery, Offida (AP)
  • Sauro Carletti, Camerano (AN)
  • Tenuta Ca’ Sciampagne, Urbino (PU)
  • Tenuta San Marcello, San Marcello (AN)

Sardegna

  • Cantine Pub Agricolo, Mamoiada (NU)
  • Famiglia Orro, Tramatza (OR)
  • Sannas, Mamoiada (NU)
  • Sedilesu Giuseppe, Mamoiada (NU)
  • Tenute Rossini, Laerru (SS)

Toscana

  • Buccia Nera, Arezzo (AR)
  • Casale, Certaldo (FI)
  • Fattoria Castellina, Capraia e Limite (FI)
  • Fattoria le Montanine, Impruneta (FI)
  • La Busattina, San Martino Sul Fiora (GR)
  • Le Calle, Poggi del Sasso (GR)
  • Podere Fornace Prima, Cerreto Guidi (FI)
  • Sagona, Loro Ciuffenna (AR)
  • Vanempo, Montemurlo (PO)
  • Villa Cilnia, Arezzo (AR)

Umbria

  • Eraldo Dentici, Montefalco (PG)

Calabria

  • Brigante, Cirò (KR)
  • Cantine Lucà, Bianco (RC)
  • Casa Comerci, Nicotera (VV)
  • Diana, Saracena (CS)
  • Fezzigna Vini, Umbriatico (KR)
  • Giuseppe Calabrese, Saracena (CS)
  • Maradei, Saracena (CS)
  • Salvatore Caparra, Cirò Marina (KR)

Campania

  • Bosco Sant’Agnese, Calvi (BN)
  • Monte di Grazia, Tramonti (SA)

Puglia

  • Cantina Giara, Adelfia (BA)

Sicilia

  • Agricola Virà, Trapani (TP)
  • Armosa, Scicli (RG)
  • Cantina Gabriele Antonio, Pantelleria (TP)
  • Cantina Malopasso, Zafferana Etnea (CT)
  • Cantine Barbera, Menfi (AG)
  • Fenech, Malfa (ME)
  • Ferracane, Marsala (TP)
  • Sallemi, Caltagirone (CT )
  • Tenuta Enza La Fauci, Messina (ME)
  • Vini Eno Trio, Randazzo (CT)

 

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Asolo Montello, continua la crescita: oltre 12 milioni di bottiglie nel 2018

I numeri del Consorzio Vini Asolo Montello continuano a crescere, confermando il trend positivo. Nel 2018 sono state oltre 12 milioni le bottiglie consortili di Asolo Prosecco Superiore DOCG prodotte e immesse nel mercato.

Anche le piccole produzioni locali sono aumentate. Dal 2014 ad oggi quella di Montello DOCG è passata da 3 mila a 51 mila bottiglie, raddoppiando il dato del 2017.

L’incremento della produzione non ha comunque modificato il paesaggio unico dei Colli di Asolo e del Montello, conservandone le peculiarità.

La superficie vitata, che comprende sia i vigneti a bacca bianca che quelli a bacca rossa, è pari a poco più di 2.100 ettari e rappresenta solo il 9 per cento dell’intera superficie dell’Asolo Montello.

“Quelli registrati nel 2018 sono dei risultati che ci danno grande soddisfazione – spiega Armando Serena, Presidente del Consorzio Vini Asolo Montello – la crescita costante dell’Asolo Prosecco Superiore DOCG ribadisce che il nostro vino è apprezzato dal mercato sia nazionale che internazionale”.

“Per il Consorzio, però – conclude Serena – è altrettanto fondamentale la tutela dell’ambiente e del territorio e la promozione delle varietà storiche che vi si trovano, come Cabernet e Merlot, uvaggio alla base del Montello DOCG”.

Nata nel 2009, quella dell’Asolo Prosecco Superiore DOCG è la Denominazione meno estesa delle tre votate al Prosecco, ma è l’unica che può definire la tipologia Extra Brut nelle bottiglie prodotte con la DOCG.

La DOCG Montello è nata nel 2011 per valorizzare l’alta qualità di questo vino e della zona in cui viene prodotto. Il Montello DOCG è ottenuto dal classico taglio tra Merlot, Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon con vitigni internazionali, che in questi luoghi assumono un’identità ben precisa.

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Anteprima Vernaccia San Gimignano: focus su vendemmia 2018 e Riserva 2017


SAN GIMIGNANO –
 Toscana terra di rossi, ma anche di un bianco d’eccezione. Domenica 10 e mercoledì 13 febbraio i produttori di San Gimignano presentano alla stampa, agli operatori e al pubblico di winelovers le nuove annate in Anteprima di Vernaccia di San Gimignano. Si tratta della vendemmia 2018 e della Riserva 2017.

Quaranta i produttori presenti nelle sale del Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Grada. Circa cento le etichette di Vernaccia di San Gimignano proposte ai banchi di assaggio e nella sala della degustazione tecnica riservata alla stampa. E’ previsto anche l’assaggio di molte altre annate precedenti.

GLI OBIETTIVI
“L’Anteprima è il più importante appuntamento promozionale che organizziamo sul territorio – dichiara Letizia Cesani la presidente del Consorzio di Tutela – e con molta soddisfazione ogni anno registriamo una crescita nel numero di partecipanti, italiani e stranieri, appartenenti alle tre categorie alle quali ci rivolgiamo: stampa, operatori e consumatori”.

Il nostro obiettivo è fare conoscere la Vernaccia di San Gimignano e le nostre colline in tutto il mondo, siamo consapevoli di rappresentare una importante voce economica per il territorio, non solo per la produzione e commercializzazione del vino, ma anche per l’indotto enoturistico che il nostro lavoro promuove”.

“La ricerca della qualità – continua Cesani – prima di tutto nei nostri vini, ma anche nella cura dell’ambiente e nell’offerta turistica, è la nostra cifra stilistica: solo la grande qualità rende duraturo il fenomeno del turismo legato al vino”.

COSA ASPETTARSI DAL CALICE
La caratteristica dell’annata 2018 è di rientrare nella norma dopo le tante bizzarrie climatiche degli ultimi anni.

Ha fatto freddo al momento giusto, è piovuto abbastanza da ripristinare le riserve idriche (abbondantemente nei primi sette mesi del 2018, quando sono caduti a San Gimignano 586,5 millimetri di pioggia – in tutto il 2017 ne erano caduti 532,42 -, per i produttori sono stati momenti impegnativi).

Primavera ed estate hanno registrato temperature nella media con caldo asciutto e piogge rinfrescanti. Nella norma sono state anche tutte le fasi vegetative delle piante, che hanno portato ad una vendemmia iniziata nella seconda decade di settembre e ad un quantitativo di uve nella media.

Quindi dopo la difficile annata 2017, che aveva fatto registrare un calo di produzione pari al 26%, nella vendemmia 2018 dai 720 ettari di vigneto rivendicati per la produzione di Vernaccia di San Gimignano sono stati prodotti 39.600 ettolitri di vino, più del 25% rispetto al 2017, numeri che riportano la produzione nella media.

Dal punto di vista organolettico, le Vernacce di San Gimignano 2018 si presentano con un grado alcolico più contenuto rispetto agli ultimi anni, mentre acidità e struttura dipendono dal momento della vendemmia scelto dai produttori.

Quelle che provengono da uve raccolte nella prima metà di settembre sono più leggere, fresche e acide, quelle della seconda metà del mese hanno più struttura. Al momento è difficile fare previsioni sulla longevità dell’annata, occorre aspettare ancora un po’ di tempo per poterla valutare.

In generale comunque i prodotti 2018 si presentano abbastanza pronti già in questo periodo dell’anno grazie alle fermentazioni partite bene e proseguite senza intoppi, anche se per esprimersi completamente necessitano di un ulteriore periodo di affinamento. I vini Vernaccia di San Gimignano Riserva 2017 si presentano in genere molto potenti, alcolici, con una struttura importante.

I NUMERI E I MERCATI
Come era prevedibile dato il calo produttivo del 2017 (-26%), i dati dell’imbottigliamento nel 2018 segnano una flessione nonostante parallelamente si sia registrata una diminuzione delle giacenze.

sono state prodotte 4.630.241 bottiglie di Vernaccia di San Gimignano, con un calo di produzione del 10% rispetto all’anno 2017, del 12,5% rispetto alla media dell’ultimo quinquennio.

Numeri che inevitabilmente si sono ripercossi anche sul giro di affari della denominazione, che si è attestato sui13,2 milioni di euro (circa il 40% del valore totale del settore vinicolo a San Gimignano), con una calo del 15% rispetto allo stesso dato del 2017.

Nel 2018 la percentuale di Vernaccia di San Gimignano destinata all’export è rimasta invariata, restando su circa il 52%, di cui il 27,5% è venduto sul mercato europeo, il 18,9% su quello americano, mentre il 4,7% è destinato ai mercati asiatici.

In Europa il maggiore mercato si conferma quello tedesco che da solo assorbe il 9,8% dell’esportazione, seguito da Svizzera (3,8%), Inghilterra (2,7%) e Olanda (2,6%). Ma il migliore mercato in assoluta resta quello statunitense, a cui è destinato il 16,3% della produzione.

Del 42% di Vernaccia destinata al mercato italiano circa la metà viene venduta a San Gimignano, direttamente nelle aziende e nei locali del territorio.

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Gerry Scotti e Cantine Giorgi: altra beffa all’Antritrust a Chi Vuol Essere Milionario


Gerry Scotti
 ci ricasca. E questa volta calca la mano, come non mai. Nuova sfacciata pubblicità ai vini di Cantine Giorgi a Chi Vuol Essere Milionario. Il conduttore fa chiaro riferimento ai vini dell’Oltrepò pavese di cui è testimonial. Nel mirino la puntata di venerdì 1 febbraio.

Grande sfacciataggine anche da parte di Cantine Giorgi, che pubblica sul profilo Facebook il video della trasmissione. Con un commento che non lascia spazio a interpretazioni: “A Chi Vuol Essere Milionario si parla del nostro Oltrepò Pavese e del mitico Pinot Nero! Grazie Gerry, sei un vero grande testimonial!”.

Eppure, in Oltrepò, c’è chi continua a pensare che il conduttore possa portare visibilità all’intero territorio. Non a caso, Scotti è stato di recente nominato cittadino onorario di Canneto Pavese (PV), Comune dove ha sede proprio Cantine Giorgi.

Nel dettaglio, è proprio Gerry (come dimostra il video della puntata, che pubblichiamo sotto) a spostare l’attenzione degli spettatori di Chi Vuol Essere Milionario dall’Oltrepò (inteso come “territorio”) ai vini di Cantine Giorgi che in etichetta riportano il suo viso.

“Allora hai assaggiato i miei vini? Avete capito perché lo ho invitato? solo per parlare bene dei miei vini”. Una beffa bella e buona all’Antitrust, che tra i suoi compiti ha il “contrasto alle pratiche commerciali scorrette nei confronti dei consumatori e delle microimprese”, oltre alla “tutela delle imprese dalla pubblicità ingannevole e comparativa“.

 

Come recita il vademecum dell’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, “sono incluse nella nozione di pubblicità quelle forme di comunicazione che, anche se non tendono immediatamente a spingere all’acquisto di beni o servizi, promuovono comunque l’immagine dell’impresa presso il pubblico dei consumatori. La pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale”.

La pubblicità – continua l’Agcm – può trarre un indebito vantaggio se si ‘traveste’ da qualcos’altro. Infatti, se pensiamo che quella che stiamo osservando sia informazione o spettacolo, quindi una comunicazione neutrale o comunque non finalizzata a stimolare l’acquisto di prodotti, saremo molto più portati a credere che ciò che ci viene detto sia vero o che almeno sia detto in modo disinteressato”.

“La stessa considerazione vale anche per il comunicatore del messaggio. Il giornalista che fornisce informazione, o il protagonista di uno spettacolo, non deve, o non dovrebbe, perseguire gli interessi economici di alcuna impresa, mentre svolge il suo specifico lavoro. Il comunicatore pubblicitario è invece, in qualche modo, il portavoce dell’impresa che lo retribuisce”.

Ma il passaggio più interessante è quello che segue: “Questi ruoli devono restare ben distinti, ma non sempre ciò accade. Può darsi che quello che si presenta come un imparziale professionista stia in realtà facendo pubblicità senza dichiararlo esplicitamente“.

LE REGOLE SONO CHIARE, EPPURE…
Sempre dal vademecum Agcm: “Come si è visto, non vi è nulla da obiettare, almeno dal punto di vista dell’ingannevolezza, se un personaggio famoso fa da testimonial per una impresa: la pubblicità è ormai entrata nel costume. È grave però se il consumatore non viene avvertito, da elementi che lo segnalano con evidenza, che quello che gli giunge è un messaggio pubblicitario”.

Per questo motivo gli stacchi pubblicitari al cinema, alla radio o in televisione sono introdotti da un’apposita sigletta musicale, oppure riportano l’indicazione ‘pubblicità’, ‘messaggio promozionale’. Ciò risponde a un generale obbligo di evidenziare in maniera trasparente quando lo scopo della comunicazione è pubblicitario e non informativo”.

Proprio sul rispetto di quest’obbligo verte il controllo sulla trasparenza della pubblicità esercitato dall’Autorità garante. “Un’altra forma insidiosa di pubblicità non trasparente – conclude l’Agcm – è quella che, in termini tecnici, viene chiamata product placement. Consiste nello sfruttare l’immagine insistita o la ripetuta citazione di un prodotto o di un marchio, senza un particolare motivo, durante una trasmissione o un film che non ha scopi pubblicitari”. Chi ha ancora dubbi sul caso Gerry Scotti – Cantine Giorgi alzi la mano.

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Amarone 2015: è davvero una grande annata? I migliori assaggi all’Anteprima


VERONA –
 Doveva essere un’annata speciale per l’Amarone, la 2015. Sarà soprattutto il mercato a dare ragione ai tecnici del Consorzio di Tutela Vini Valpolicella e del Crea di Conegliano, che parlano di una vendemmia speciale, quasi irripetibile. La “migliore degli ultimi 30 anni”.

Di certo si fatica a vedere tutta quest’eccellenza nei calici dell’Anteprima Amarone 2015, andata in scena ieri al Palazzo della Gran Guardia di Verona. Sessantanove etichette che il pubblico di winelovers e appassionati potrà gustare oggi, dalle 10 alle 19: sessantacinque le aziende della Valpolicella protagoniste, anche con annate più vecchie (porte aperte anche il 4 febbraio, ma solo per gli operatori del settore).

La verità è che molti campioni di botte promettono meglio dei vini già in bottiglia. Segno di un nuovo stile di produzione, che pare incentrato su una sorta di alleggerimento dei toni più “mascolini” dell’Amarone.

Il risultato (spesso) non è male. Ma a rimetterci è la tipicità della Denominazione, alla luce delle richieste del mercato. E’ un fenomeno tutto italiano. Di fatto, all’Anteprima di Verona 2019, si è assistito al medesimo “trend” in voga dall’altra parte del pianeta dei fine wines italiani: il Piemonte.

All’Anteprima “Barolo, Barbaresco e Roero” di Alba di inizio settimana (qui i migliori assaggi) è parso evidente l’assottigliarsi delle differenze tra Nebbiolo “base” e Nebbioli più affinati, atti a diventare Barolo o Barbaresco.

Così, in Valpolicella, sin troppi Amaroni paiono l’emblema (cosciente) di un’occasione persa: quella di una “annata perfetta”. Le scelte enologiche di molti produttori sembrano aver privilegiato la bevibilità rispetto alla struttura. E a sentire gli stessi vignaioli (tanti), questo era – appunto – l’obiettivo.

Ecco dunque le valutazioni effettuate ieri sui campioni in degustazione all’Anteprima Amarone 2015, suddivise tra vini “già imbottigliati” e “campioni di botte”. Un tasting avvenuto rigorosamente alla cieca, senza cioè conoscere il nome del produttore e dell’etichetta prima di valutarla. Enjoy.

AMARONE DELLA VAPOLICELLA DOCG GIA’ IMBOTTIGLIATO

Zanoni Pietro 2015 “Zovo”: 92/100
Roccolo Grassi 2015: 91/100
Boscaini Carlo 2015 “San Giorgio”: 90/100 — Giovanni Ederle 2015: 90/100

Monte del Frà Classico 2015 “Lena di Mezzo”: 86/100
Albino Armani Classico 2015 “Albino Armani”: 86/100
Tinazzi 2015 “Cà de’ Rocchi La Bastia”: 86/100

Antiche Terre Venete 2015: 85/100
Corte Figaretto Valpantena 2015 “Graal”: 85/100
Riondo-Collis 2015 “Castelforte”: 85/100
Vigneti di Ettore Classico 2015: 85/100
Gamba Classico 2015 “Campedel”: 85/100
Fratelli Degani Classico 2015 “La Rosta”: 85/100

Gerardo Cesari Classico 2015 “Cesari”: 84/100
Corte Archi Classico 2015 “Gli Archi”: 84/100
Bertani Valpantena 2015: 84/100
La collina dei ciliegi 2015: 84/100
Bottega 2015 “Il Vino degli Dei”: 84/100
Accordini Stefano Classico 2015 “Acinatico”: 84/100

Cà dei Maghi Classico 2015 “Camparsi”: 83/100
Zeni 1870 Classico 2015 “Vigne Alte”: 83/100
San Cassiano 2015: 83/100
Domini Veneti Classico 2015 “Domini Veneti”: 83/100
Capurso 2015: 83/100

Pasqua Vigneti e Cantine 2015 “Famiglia Pasqua”: 82/100
Recchia Classico 2015 “Masùa di Jago”: 82/100
Fratelli Degani Classico 2015: 82/100

Aldegheri Classico 2015: 81/100
Ilatium 2015 Campo Leòn: 81/100

CAMPIONI DA BOTTE: VALUTAZIONI 02/02/2019

Valentina Cubi Classico 2015 “Morar” (campione di botte): 90/100
I Tamasotti 2015 (campione di botte): 90/100
Giacomo Montresor Classico 2015 “Capitel della Crosara” (campione di botte): 89/100

Zýmē Classico 2015 (campione di botte): 86/100
Massimago 2015 “Massimago” (campione di botte): 86/100
Cantina Valpantena 2015 “Torre del Falasco” (campione di botte): 86/100

Cà dei Frati 2015 “Pietro Dal Cero” (campione di botte): 85/100
Cà la Bionda Classico 2015 “Vigneti di Ravazzòl” (campione di botte): 85/100
Famiglia Cottini – Montezovo 2015 (campione di botte): 85/100

Monteci Classico 2015 (campione di botte): 84/100
Secondo Marco Classico 2015 (campione di botte): 84/100
Selùn di Marconi Luigi Classico Riserva 2015 (campione di botte): 84/100
Tenuta Chiccheri 2015 “Campo delle Strie” (campione di botte): 84/100
Santi Classico 2015 “Santico” (campione di botte): 84/100
Tenuta Santa Maria di Gaetano Bertani Classico 2015 (campione di botte): 84/100
Novaia Classico 2015 “Corte Vaona” (campione di botte): 84/100
Corteforte Classico 2015 “Corteforte” (campione di botte): 84/100
Fasoli Gino 2015 “Alteo” (campione di botte): 84/100
Fattori 2015 (campione di botte): 84/100
Flatio Classico 2015 (campione di botte): 84/100

Dal Cero in Valpolicella 2015 “Dal Cero” (campione di botte):: 83/100
Falezze Luca Anselmi 2015 (campione di botte): 83/100
Marinella Camerani 2015 (campione di botte n. 50 Vigneto Adalia): 83/100
Clementi Classico 2015 (campione di botte): 83/100
Corte Archi Classico 2015 Riserva “Is” (campione di botte): 83/100
Ceschi Brugnoli Classico 2015 “Cà del Mato” (campione di botte): 83/100
Scriani Classico 2015 (campione di botte): 83/100
Bolla Classico 2015 (campione di botte): 83/100
Santa Sofia Classico 2015 (campione di botte): 83/100

Vigna ‘800 Classico 2015 “Virgo Moron” (campione di botte): 82/100
Marinella Camerani 2015 (campione di botte n. 57 Vigneto Dietro Casa): 82/100
Le Bignele Classico 2015 (campione di botte): 82/100
Cà Rugate 2015 “Punta Tolotti” (campione di botte): 82/100
Benedetti Corte Antica Classico 2015 (campione di botte): 82/100
Cà Botta 2015 “Tenute Cajò” (campione di botte): 82/100

Villa San Carlo 2015 (campione di botte): 81/100
Sartori Classico 2015 “Reius” (campione di botte): 81/100
Le Guaite di Noemi 2015 (campione di botte): 81/100

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Gli Editoriali news

Altro che Gerry Scotti e l’assessore Rolfi. All’Oltrepò servono “fame” e Dalai Lama


EDITORIALE –
C’è una metafora che funziona bene per l’Oltrepò pavese del vino che si appresta a ricevere 600 mila euro in tre anni di fondi pubblici dalla Regione Lombardia, nei giorni in cui Canneto Pavese conferisce la cittadinanza onoraria al faccione di Gerry Scotti, presente sulle etichette del produttore più influ(encer) della zona: Fabiano Giorgi. La metafora, senza sforare troppo dalla viticoltura, è quella “competizione radicale“.

Si tratta di un aspetto connesso alla densità d’impianto del vigneto. In sintesi, più le viti vengono piantate vicine, più le radici delle singole piante entreranno in “competizione” tra loro, pescando in profondità le sostanze nutritive migliori per sopravvivere.

All’Oltrepò servirebbe questo: competizione radicale tra una cantina e l’altra, al posto delle continue secchiate d’acqua scintillante (tradotto: cash, liquidità, dinero, 钱) dal Pirellone. Se non fosse ancora chiaro: l’Oltrepò ha bisogno di essere messo alla fame, al posto di essere continuamente “alimentato” dalla politica.

La cosa che mi lascia letteralmente sconvolto, in merito alla questione dei “Tavoli di Denominazione” avallati dalla Regione e descritti da alcuni produttori come la “panacea” di tutti i mali dell’Oltrepò pavese, è la presenza di piccoli e validissimi produttori, accanto a noti big e imbottigliatori.

Gente, quest’ultima, che parla di “qualità” e di “rilancio del territorio” mentre firma la bolla di consegna di 10 bancali di Bonarda “primo prezzo” ai supermercati Gulliver, che finiranno a scaffale per pochi miseri euro di “rilancio” e di “qualità” per il proprio portafogli.

Cosa ci fanno a quei “Tavoli” dei vignaioli come Matteo Maggi, Alessio Brandolini o Fabio Marazzi di Cantina Scuropasso, per citarne solo alcuni? “Tavolo” per “tavolo”, sedia per sedia, non era meglio discutere all’interno del Consorzio?

Fa sorridere l’Oltrepò che parla di “rivoluzione” e “qualità” per bocca di imbottigliatori e prestanome. Basta spulciare i tavoli per vedere nel ruolo di coordinatori i rappresentanti di cantine come Losito & Guarini, che conta più vigneti in Puglia che nel pavese.

Fa davvero incazzare, invece, che dei produttori di straordinari Metodo classico base Pinot Nero come Fabio Marazzi accettino di essere rappresentati, al tavolo degli “spumanti”, dal direttore della Tenuta oltrepadana di Zonin.

Sì, Zonin, il banchiere sotto processo a Vicenza che ha ceduto ai figli i possedimenti vitivinicoli, per salvare il salvabile in caso di mayday. Lo stesso che ha appena stretto una succosa partnership con Benetton, chiamato a rilanciare il brand veneto nel mondo.

L’assessore Rolfi, bresciano e franciacortino dalla nascita, queste cose le sa. E sa bene, in cuor suo, che saranno gettati nel water anche questi 600 mila euro in tre anni, nonostante la promessa di elagirne degli altri “ma solo se fanno i bravi”.

Quel che è certo è che a qualcuno, ormai da generazioni e generazioni di Pirelloniani governi, basta dire: “Ci ho provato anch’io a salvare l’Oltrepò”. E allora “Cin, cin“, anche stavolta. Aspettando il Dalai Lama.

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Sicuri di volere sempre il vino bianco d’annata? La lettera di Fausto De Andreis


ALBENGA –
Incontriamo Fausto De Andreis in una mattinata uggiosa di fine gennaio. Ci accoglie a Le Rocche del Gatto col sorriso di sempre. I capelli spettinati di sempre. Lo sguardo intelligente di sempre. Ma con qualche “tubo in più”.

“Ho fatto il cambio dei tubi, sai?”. Si fa male a pensare a qualche lavoro di ammodernamento della cantina. “Stavo finendo all’altro mondo, mi hanno messo quattro bypass“. Tutto chiaro, adesso.

Fausto, a luglio, è stato operato d’urgenza al cuore, appena in tempo. A pochi giorni dall’intervento era già in “pista”. Come sempre. Tra i suoi vini. E tra i gatti (della moglie).

LA NUOVA ETICHETTA
Dopo gli assaggi dalle vasche delle nuove annate di Vermentino, Pigato e “Spigau”, Fausto De Andreis annuncia la nascita di una nuova creatura.

Una nuova etichetta, con il marchio di fabbrica di sempre: la provocazione. Si chiamerà “…..ntin Crociata”.

I puntini di sospensione nascondo le lettere “v”, “e”, “r”, “m”, “e”, di “Vermentin“. Il nuovo Vermentino anarchico di Fausto De Andreis, che sarà presto messo in commercio.

Si tratta di un vendemmia 2016 dal naso suadente, armato delle consuete durezze (spezie, zenzero candito, buccia di pompelmo). Alcol integrato, nonostante i 15% vol. Chiusura ammandorlata. Un altro capolavoro.

Ma soprattutto un vino che rispetta appieno la filosofia di questo straordinario vignaiolo ligure: produrre vini di impressionante longevità. Altro che bianchi freschi e d’annata, come vorrebbe il mercato.

Non a caso, di lì a poco, dopo aver stappato uno Spigau 1999 in stato di forma eccezionale, mostra la lettera che ha messo sul tavolo di un’osteria della zona. Un vero e proprio manifesto del vino, secondo Fausto De Andreis. Eccola pubblicata integralmente di seguito.


Caro ospite,
la mia cantina produce vino da oltre 60 anni e questa passione ritengo mi permetta di scriverti alcune note sul vino.

E’ ormai prassi talmente comune sedersi a tavola in un locale e chiedere un vino bianco che sia dell’anno prima, da destare stupore e meraviglia quando ti senti proporre un vino bianco più vecchio, tanto che alcuni addirittura storicono il naso credendo di essere imbrogliati da un ristoratore che cerca di “sbolognare” un vino “rimasto lì”.

Nulla di più errato: dovresti sapere alcune cose sulla produzione del voino che sono note solo agli appassionati e totalmente sconosciute alla massa dei “bevitori”.

Sul consumo del vino oggi siamo a degli assurdi, dettati da convenienze di mercato e produttive che soprattutto nei vini bianchi recano danno alla qualità del bere stesso.

Così il vino non è più espressione di un territorio, di una tradizione, del metodo del cantiniere, ma è diventato una bevanda fresca, da bere subito, banale come una bibita.

Grazie a queste convenienze, i vini bianchi sono diventati molto simili, indifferentemente dalla loro varietà, dalle varie località geografiche di produzione e dall’andamento climatico…

L’etica professionale ricevuta in eredità e maturata in decenni di vendemmie mi impedisce di proporre e di realizzare questo tipo di vini, banali e senza carattere.

Trovo scorretto fare le corse per immettere sul mercato ai primi di gennaio il vino vendemmiato pochi mesi prima, per accaparrarsi il maggior numero di clienti, vantandosi di avere il vino nuovo e giovane quando di giovane, quel vino, non ha nulla perché è già vecchio, dal momento che la sua vita ben difficilmente supererà l’anno o due.

Trovo più corretto che i vini siano prodotti nell’ottica di una loro potenziale evoluzione positiva, che possa durare tranquillamente oltre i 10 anni.

I vini della mia cantina che vi sono serviti in questo locale sono stati prodotti in questo modo, ecco perché ad oggi non è stato ancora imbottigliato nessun nostro vino della vendemmia dell’anno scorso, che vedrete su questa tavola solo in autunno.

Se fosse possibile assaggiare assieme il vino dell’anno scorso e quello dei due anni precedenti, molto probabilmente vi rendereste conto che il primo avrebbe bisogno di tempo per raggiungere le qualità degli altri due.

Infine, un piccolo consiglio: per assaporare al meglio la qualità, il vino va bevuto ad una temperatura non inferiore ai 15 gradi, perché il freddo taglia e nasconde mentre un buon vino non ha nulla da nascondere, anzi!!!!!!

Fausto De Andreis, Le Rocche del Gatto


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E’ il tempo delle “Barolo Girls”. Grandi Langhe 2019 all’insegna delle “quote rosa”


ALBA –
Pink power. Anzi, “Barolo Girls” power. Sono tanti i Barolo e i Barbaresco delle produttrici piemontesi a convincere a Grandi Langhe 2019. In grande spolvero le etichette di diverse winemaker, tra l’altro giovani e – in qualche caso – alle prime vendemmie, anche se supportate da famiglie di lunga tradizione enologica.

“Quote rosa” e numeri soddisfacenti per l’ultima edizione della kermesse, andata in scena il 28 e 29 gennaio ad Alba. La manifestazione dedicata alle nuove annate di Barolo (2015)Barbaresco (2016)Roero (2016) e agli altri vini Doc del territorio – su tutti un Dolcetto d’Alba in netta crescita qualitativa – ha visto raddoppiare gli ingressi. Il modo migliore per dare il via, in Piemonte, alle Anteprime del vino italiano del 2019.

Siamo molto soddisfatti dall’edizione 2019 di Grandi Langhe – dichiara Matteo Ascheri (nella foto sotto), presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani -. Ci sono state molte novità, prima fra tutte l’anticipo al mese di gennaio che oggi posso dire essersi rivelata decisione assolutamente indovinata”.

I NUMERI
“Dati alla mano possiamo dire che le novità introdotte in questo Grandi Langhe abbiano portato ottimi risultati, ma noi stiamo già pensando al futuro: in particolare ai prossimi eventi del 2019, dichiarato dalla Regione Piemonte ‘Anno del Dolcetto’, e naturalmente alla prossima edizione di Grandi Langhe”.

Duecentosei cantine presenti al Palazzo Mostre e Congressi “G. Morra” di Alba, 21 sommelier under 35 provenienti da dieci nazioni, 150 tra giornalisti e addetti internazionali del settore, oltre a 6 seminari di approfondimento. Questi i numeri che hanno contribuito a rendere l’esperienza di Grandi Langhe memorabile.

Abbiamo lavorato in sinergia con il Consorzio Turistico Langhe Monferrato Roero – evidenzia Andrea Ferrero, direttore del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani – per offrire un’edizione all’insegna delle novità e di alto livello qualitativo con l’obiettivo di perfezionarci sempre più e affermarci come appuntamento imperdibile per il mondo del vino nazionale e internazionale”.

I MIGLIORI ASSAGGI DI BAROLO E BARBARESCO
Oltre 800 gli assaggi effettuati in due giorni da WineMag ai banchi di 180 produttori, sui 206 presenti a Grandi Langhe 2019. Queste le etichette più convincenti di Barolo e Barbaresco, spaziando tra nuove e vecchie annate.

Barolo Docg 2015 “La Tartufaia”, Giulia Negri – Serradenari (94/100)
Giulia (nella foto) ha 39 di febbre ma tiene duro al secondo giorno di Grandi Langhe. Ed è in gran forma anche la sua batteria di vini, con “Tartufaia” 2015 a spiccare su tutti. Naso generoso, palato succoso e al contempo verticale, di gran prospettiva. Ottima la persistenza. Giulia è diventata grande.

Barolo Docg 2015, Trediberri (93/100)
Altro Barolo dal tocco femminile: Stefania Brocco è il braccio destro del marito Nicola Oberto. La loro prima vendemmia risale al 2010 e di Trediberri si sentirà parlare a lungo. E bene. Ottime prospettive per il Barolo 2015 (assemblaggio delle vigne Berri e Capalot), capace di coniugare in maniera ineccepibile il nuovo corso della Denominazione con quello tradizionale. Old & New style in un solo calice.

Barolo Brunate Docg 2015, Oddero Poderi e Cantine (92/100)
Terzo gradino del podio per il Brunate di un’altra winemaker, Mariacristina Oddero, che nelle vesti di enologa ha raccolto l’eredità del padre Giacomo. Un nettare giocato su una mentolata freschezza, che invita al sorso successivo senza stancare. Eppure mai banale. Ottima, tra le annate meno recenti, anche la Riserva 2012 Bussia, ben più austera, tannica e aristocratica.

Barolo Bussia 2015, Poderi Luigi Einaudi (89/100)
Buon compromesso tra Cannubi e Vigna Costa Grimaldi (Terlo) con il Bussia Einaudi. Frutto, mineralità e tannino di prospettiva per un Barolo molto elegante e verticale, che entro 5-6 anni inizierà a offrire anche una gran beva.

Barolo Scarrone Docg 2010, Bava (89/100)
Il coraggio di rispettare il vino, fregandosene del mercato. Già, perché l’annata di Barolo di Bava in commercio è proprio questa: la 2010. E dopo l’Albarossa (altro vino da provare) ecco il re dei rossi piemontesi a esaltare le scelte di questo validissimo produttore. Il cru di Castiglione Falletto racconta nel calice un’elegante, dolce potenza.

Barolo Docg 2015, Negretti (88/100)
Freschezza, frutto, bella prospettiva. Non manca davvero nulla al Barolo 2015 dei fratelli Negretti, tra i più agili e verticali, nonché minerali, in degustazione a Grandi Langhe 2019. Frutta e alcol trovano perfetti alleati nel terreno in evidenza e nei tannini.

Barolo Docg 2015, Rizieri (87/100)
Gran precisione del frutto per il Barolo di Barbara e Arturo Verrotti di Pianella. Tannino dolce, su eleganti note di cannella e liquirizia. Longevità assicurata da un’ottima freschezza. Un Barolo spensierato, ma fatto con la testa.

Barolo Riserva Docg 2011, Demarie (87/100)
Seimila bottiglie per questa Riserva 2011 che regala una beva agile, su note di agrumi, cacao e tannino integrato.

Barolo Docg del Comune di Serralunga d’Alba 2015, Tenuta Cucco (85/100)
Il Barolo qualità prezzo della manifestazione, poco più di 20 euro in cantina. Siamo a Vughera, cru di Serralunga, per un rosso dalla gran bevibilità, fresco e fruttato.

Barbaresco Riserva 2013, Manera (92/100)
Un Barbaresco deciso, potente, eppure così preciso e fresco, che si inizia ad apprezzare adesso ma ha una vita lunghissima davanti. Frutto sotto spirito, spezie. E, al contempo, balsamicità per un sorso equilibrato e di gran persistenza.

Barbaresco Docg Asili 2016, Ca’ del Baio (91/100)
Campione di botte in gran spolvero. Vigna esposta a Sudovest pieno. Frutto profondo, scuro. Agrumi, speziatura netta, ma anche petali di rosa e viola secchi. In bocca corrispondente: struttura ben marcata, senza perdere neppure un millimetro in termini di eleganza. Sarà grande.

Barbaresco Docg Rabajà-Bas 2015, Castello di Verduno (90/100)
Un’altra chicca nella “carta dei vini” di Castello di Verduno. La nuova etichetta riflette le caratteristiche del terroir. Bel frutto, sale, mineralità spiccata e una bocca che risulta assieme grassa ed elegante. Solo 1.800 bottiglie. Castello di Verduno, per ora, è l’unica cantina a produrre questa menzione dall’ottimo rapporto qualità prezzo (25 euro).

Barbaresco Docg Asili 2015, Cascina Luisin (90/100)
Ben più concentrato e del “fratello” Paulin, su note esaltanti di frutto di bosco, arancia rossa e giusta vena amara data dal tannino. Giovane, ma diventerà grande alla grande.

Barbaresco Docg Gallina 2016, Francone (88/100)
Un Barbaresco giocato nettamente sull’eleganza, più che sulla potenza. Le armi vincenti sono la gran freschezza, unita alla pulizia e precisione delle note fruttate e dei terziari integrati.


LA SORPRESA DOLCETTO E GLI ALTRI ROSSI
Che i produttori piemontesi stiano tornando a dare centralità al Dolcetto? E’ una speranza di tutti i veri amanti di questo vino e di questo vitigno, espiantato per fare spazio al Nebbiolo e, in alcuni casi, anche ad altri vitigni internazionali. Uno su tutti sorprende Grandi Langhe 2019: eccolo di seguito, assieme agli altri rossi.

Dolcetto di Diano d’Alba Docg Superiore 2016 “Garabei”, Abrigo Giovanni (90/100)
Esposizione diversa per questo Dolcetto rispetto all’altro della gamma, “Sorì dei Crava” 2017, pur ottimo ma con meno prospettiva. “Garabei” è concentrato, potente, di gran struttura, eppure conserva un’ottima bevibilità. Vino dal gran potenziale a tavola.

Nebbiolo d’Alba Superiore Doc 2016 “Sansteu”, Ghiomo Azienda agricola (92/100)
Vini da masticare quelli di Giuseppino Anfossi, che a Guarene (CN) nega di far miracoli racchiusi in bottiglia: “Interpreto solo il terreno”.

Poi, però, una mezza ammissione: “Le cose belle sono quelle diverse, altrimenti faremmo tutti Coca-Cola”. Al limite dei concetti vinnaturisti la produzione di Ghiomo, ma guai a dirlo. Su tutti questo Nebbiolo Superiore 2016 già bellissimo al palato, ma che si può dimenticare in cantina.

Roero Docg Riserva 2015 “Ciabot San Giorgio”, Negro Angelo & Figli (92/100)
Nebbiolo, of course. E di quelli da ricordare. Naso fruttato di gran eleganza e precisione, impreziosito da una vena speziata. Ingresso di bocca verticale, che poi si allarga sul frutto e su una dosata vena salina, chiudendo su agrumi, tannino e mentuccia. Gran prospettiva e ottimo rapporto qualità prezzo, attorno ai 20 euro.

Barbera d’Alba Superiore Doc 2015 “Rocca delle Marasche”, Deltetto 1953 (90/100)
La barrique usata in maniera davvero sapiente conferisce il giusto apporto a questa Barbera giovanissima, di grande prospettiva e davvero tipica, in tutte le sue componenti.

Barbera d’Alba Doc Superiore 2013 “Vigna veja”, Renato Buganza (89/100)
Un rosso capace di unire più anime, dalla vena floreale alla potenza, conservando eleganza. Frutto, spezia, legno molto ben integrato e gran bella struttura per una Barbera dai tratti decisamente gastronomici.

Nebbiolo d’Alba Doc 2015, Rizieri (88/100)
Finalmente un Nebbiolo che è un Nebbiolo vero e non un “piccolo Barolo” o un wannabe Barolo. Nebbiolo preciso, veritiero, ben fatto, elegante. Cinquemila bottiglie complessive.


BIANCHI E SPUMANTI
Non solo rossi, ovviamente, a Grandi Langhe 2019. Ecco la nostra selezione di spumanti e bianchi.

Roero Arneis Spumante Docg 2011, Negro Angelo & Figli (89/100)
Terreno e vitigno in gran evidenza in questo spumante davvero sensato, prodotto solo nelle migliori annate. Ottantaquattro mesi sui lieviti per un Metodo classico da Arneis in purezza. Ottimo rapporto qualità prezzo, attorno ai 18 euro.

Metodo Classico Brut Rosè Vsq “Maria Teresa”, Antica Cascina dei Conti di Roero (86/100)
Trentasei mesi sui lieviti per questo millesimato croccante, ottenuto da uve Nebbiolo in purezza.

Langhe Doc Arneis 2018 “Montebertotto”, Castello di Neive (92/100)
Il vitigno nella sua massima espressione. Ancora da esprimere appieno, ovviamente, trattandosi di un vino in bottiglia da pochissimo, ma già capace di mettere in mostra la stoffa del campione. Tre diverse epoche di maturazione e di raccolta poi assemblate, per un Arneis che in bocca sembra fatto a gradoni espressivi, tra loro sequenziali. Chapeau.

Roero Arneis Docg 2018, Mauro Molino (90/100)
Un Arneis capace di coniugare un naso e un palato allo stesso tempo alpino e marino. In bottiglia da poco, ma già molto espressivo su venature di macchia mediterranea, erbe medicinali, mineralità e frutto.

Langhe Doc Sauvignon 2017, Silvano Bolmida (89/100)
Un Sauvignon giocato sui primari, sulla frutta, ma senza la minima sbavatura. Leggero accenno alla foglia di pomodoro. Un manifesto della grande attenzione in vigna e in cantina di questo viticoltore, che segue scrupolosi protocolli nel segno del rispetto della natura, ma sopratutto del terroir e dell’espressività del vitigno.

Nascetta 2017, Renato Buganza (88/100)
Non molte le espressioni di Nascetta presenti a Grandi Langhe 2019. Questa decisamente la più veritiera e rispettosa del vitigno autoctono piemontese.


LA SORPRESA

Linea vini Az. Agr. Chiesa
Su tutti? Il Roero Arneis Docg 2017 dal naso suadente, ben oltre il frutto, verso la radice di liquirizia, la camomilla, i fiori di campo e un accenno fumé. Ma è tutta ottima, fresca e beverina, la linea di vini dei fratelli Davide e Daniele Chiesa di Santo Stefano Roero, tra le migliori soprese “young” di Grandi Langhe 2019.

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Il Moscato di Scanzo ha il suo calice ufficiale


SCANZOROSCIATE – È stato presentato lo scorso 24 gennaio il bicchiere ufficiale del Moscato di Scanzo. L’idea di sviluppare un calice dedicato all’unico Moscato passito rosso d’Italia nasce da due considerazioni diverse, ma egualmente importati.

Da un lato l’esigenza tecnica di un calice in grado di esaltare a pieno tutto il ricco bouquet del vino bergamasco, la più piccola Docg d’Italia. Dall’altra l’esigenza di comunicare in modo corretto, univoco e dedicato il Moscato di Scanzo al mercato nazionale e internazionale. Armonizzando lo “strumento” ed uscendo da una situazione in cui ogni produttore fa a modo suo, con un suo calice.

LA SELEZIONE
Nelle parole di Paolo Russo, presidente del Consorzio di tutela del Moscato di Scanzo, tutto l’impegno messo dai vari attori coinvolti per arrivare al risultato. Un processo di sviluppo e selezione che ha visto coinvolti in primis i produttori.

Attraverso i loro suggerimenti sono state selezionate 5 tipologie di bicchiere. Versioni poi ridotte a 4, in seguito alle prime considerazioni dei produttori. Quindi a 2, per una sorta di finalissima.

Identificato il calice “corretto” è stata quindi contatta un’azienda produttrice, l’Italiana (scelta volutamente nazionalista) Luigi Bormioli, grazie ai cui consigli tecnici è nato il calice ufficiale.

Un processo complesso. “Ma la complessità ben gestita porta alla qualità”, evidenzia bene Davide Casati, sindaco di Scanzorosciate. Ciò che caratterizza il neonato calice non è tanto la serigrafia “Consorzio di tutela Moscato di Scanzo” sulla base, quanto la forma del bevante.

L’ansa e la forma del “camino” sono realizzati in modo da trattenere i vapori dell’alcool nella parte più bassa e liberare i profumi che possono così giungere al naso, nella loro purezza e complessità. Non resta che provare.

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Anteprime del vino 2019: gli appuntamenti di febbraio aperti agli amanti del vino


Buona la prima, anzi l’Anteprima. Italia del vino in fermento per l’avvio delle Anteprime di Toscana, a metà tra quelle di Barolo, Barbaresco e Roero (dedicate solo alla stampa e agli operatori del settore), AmaroneSagrantino di Montefalco, Romagna Sangiovese e Albana. Ecco gli appuntamenti da non perdere dedicati ai winelovers.

AMARONE DELLA VALPOLICELLA
La giornata aperta al pubblico è quella del 3 febbraio. In degustazione l’Amarone 2015, dalle 10:00 alle 19:00 al Palazzo della Gran Guardia di Verona. Biglietto di ingresso 40 euro (35 euro con acquisto online). Qui l’elenco delle cantine partecipanti, che metteranno a disposizione anche le vecchie annate.

Ma la “Red Week” si apre martedì 29 gennaio con il Valpolicella education program (Vep) 2019, il corso di formazione sulla prima Dop di vino rosso del Veneto, rivolto agli operatori internazionali del settore ideato dal Consorzio Tutela Vini Valpolicella per creare una rete di “Valpolicella wine specialist” nel mondo.

ANTEPRIME DI TOSCANA
Dopo la PrimAnteprima riservata a stampa e operatori del settore, sabato 9 febbraio, dalle 9.30 alle 17.30 alla Fortezza da Basso di Firenze (Padiglione Cavaniglia, viale Filippo Strozzi, 1), il programma delle Anteprime di Toscana aperto al pubblico si apre con Chianti Lovers, il 10 febbraio.

Appuntamento sempre alla Fortezza da Basso, dalle 16.00 alle 21.00, con la degustazione delle nuove annate Chianti Docg 2018 e Riserva 2016, in uscita nel 2019.

Per il prossimo appuntamento dedicato ai winelovers occorre sposarsi a San Gimignano (SI), per la presentazione delle nuove annate in uscita sul mercato nel corso del 2019: la Vernaccia di San Gimignano 2018 e la Riserva  2017.

Due le date utili: domenica 10 febbraio, dalle 14.00 alle 19. al Museo di Arte Moderna e Contemporanea De Grada (Via Folgore 11, San Gimignano), i banchi di assaggio con i produttori, a ingresso gratuito. Stessa location mercoledì 13 febbraio, dalle 15.00 alle 17.00.

Tutti a Montepulciano, nel cuore della Toscana, per l’Anteprima del Vino Nobile di Montepulciano, aperta al pubblico e agli operatori del settore sabato 9 dalle ore 15.00 alle ore 19.30, domenica 10 dalle ore 11.00 alle ore 18.30 e lunedì 11 dalle ore 10.30 alle ore 18.30.

SAGRANTINO DI MONTEFALCO
L’Anteprima Sagrantino 2015 si svolgerà a Montefalco (PG) dal 18 al 20 febbraio 2019, evento promosso dal Consorzio Tutela Vini Montefalco. Tasting, visite in cantina, approfondimenti, iniziative e masterclass per un focus completo su Montefalco, le sue aziende ed i suoi produttori.

Una panoramica completa sulla nuova annata ma anche sulle capacità evolutive del Montefalco Sagrantino Docg, sugli abbinamenti gastronomici con il coinvolgimento diretto di chef provenienti da tutta Italia, sulla corretta comunicazione all’interno di un ristorante, con il coinvolgimento dei sommelier italiani.

I banchi d’assaggio aperti al pubblico sono in programma al Chiostro di Sant’Agostino, dalle ore 16 del 19 febbraio. Spazio anche per la cucina d’autore, il 18 febbraio. Dalle ore 10.30 si svolgerà la finale del Concorso nazionale “Sagrantino nel piatto” dedicato agli chef di tutta Italia.

Il Concorso ha l’obiettivo di selezionare e premiare il miglior piatto che abbia come ingrediente il Montefalco Sagrantino Docg e che abbia in abbinamento uno dei vini di Montefalco. Le ricette dovranno essere inviate entro il 4 febbraio prossimo (info e modulistica sul sito www.consorziomontefalco.it).

“Quest’anno – ricorda Filippo Antonelli, presidente del Consorzio Tutela Vini Montefalco – celebriamo i 40 anni dal riconoscimento delle denominazioni Montefalco Doc e Montefalco Sagrantino Docg, istituite nel 1979, testimonianza di un lungo ed importante processo di osmosi tra vitivinicoltura e territorio da valorizzare e tutelare sempre di più, da rafforzare evento dopo evento, iniziativa dopo iniziativa”.

“VINI AD ARTE” 2019, ANTEPRIMA SANGIOVESE DOC ROMAGNA
Al Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza in scena l’Anteprima della Doc Romagna. L’appuntamento per il pubblico e gli addetti del settore è il 17 e 18 febbraio con 50 produttori che presenteranno le nuove annate di Sangiovese e Albana.

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Autoctono si nasce 2019: buona la prima di Go Wine a Milano. I migliori assaggi

MILANO – Non poteva scegliere tema migliore l’associazione Go Wine per aprire a Milano la nuova stagione enoica. “Autoctono si nasce2019 – in passerella oltre 60 varietà di vitigni autoctoni italiani – è stato un successo ieri pomeriggio all’Hotel Michelangelo di Milano.

“La nostra associazione promuove la cultura del vino – ha precisato Massimo Corrado, presidente di Go Wine – oltre al turismo. Il nome scelto dice tutto: il vino fa viaggiare le persone. Il vino ci fa diventare mobili. Si assaggia per esempio un buon vino in città e poi si avverte il piacere di andare a vedere dove nasce”.

“Autoctono si nasce – continua Corrado – è una diretta conseguenza di questo nostro credo: gli autoctoni sono legati a tanti territori, hanno radici profonde e sviluppano quel concetto di identità e diversità che per noi è centrale nell’approccio al vino”.

E mentre Go Wine scalda i motori del secondo appuntamento meneghino, con Barolo, Barbaresco e Roero protagonisti il 21 febbraio sempre a Milano, ecco i migliori assaggi ad “Autoctono di nasce” 2019.

I MIGLIORI ASSAGGI
Dolcetto d’Alba Doc 2017, Azienda Agricola Baldissero. Uber alles. Un Dolcetto di emozionante perfezione quello di Baldissero.

Bel rubino brillante nel calice, da cui si sprigionano precisi e intensi sentori fruttati, prima di una chiusura in cui appare il tannino, nascosto da una vena di mandorla amara.

Colli Tortonesi Doc Terre di Libarna Timorasso 2013 “L’Archetipo”, Azienda Vinicola Poggio. Il Timorasso che non t’aspetti, ma solo se non conosci il Poggio, unica azienda dei Colli Tortonesi operante in Val Borbera, al confine estremo della Doc con la Liguria.

Balsamicità, vena talcata e mentolata sono le caratteristiche di un Timorasso unico nel suo genere nel panorama della Denominazione, degustato in magnum.

Doc Friuli Colli Orientali Pignolo 2008, Adriano Gigante. Ennesima dimostrazione delle potenzialità di questo straordinario autoctono friulano.

Un vino che mostra ancora risvolti giovanili, nonostante gli 11 anni già sulle spalle. Un rosso elegante e allo stesso tempo potente, sia al naso sia al palato. Il Friuli di finezza, con tanta strada ancora davanti.

Riviera Ligure di Ponente Doc Vermentino 2012, Tenuta Maffone. Un Vermentino ligure che sembra strizzare l’occhio al piemonte, per l’eleganza che ricorda certe punte di qualità dell’Arneis. Richiami minerali netti al naso, vicini all’idrocarburo, ne denotano una certa evoluzione. Ma in bocca è ancora tutta frutta, freschezza e prospettiva. Meraviglioso.

Buttafuoco Storico Vigna Sacca del Prete Doc 2013, Fiamberti. Poco meno di 4 mila bottiglie per questa “chicca” che esalta le grandi potenzialità rossiste dell’Oltrepò pavese (Croatina, Barbera, Ughetta di Canneto e Uva Rara). Un vino giocato su garbate note di frutti rossi sotto spirito e terziari dovuti al lungo affinamento in legno. Ancora giovane, ma già dotato di una gran bella gastronomicità.

Morellino 2016 “Heba” / Maremma Toscana Rosso 2015 “Sinarra”, Fattoria di Magliano. Si cambia zona e stile. Andiamo in Toscana, più esattamente in Maremma, per una linea di vini tutto frutto, ma tutt’altro che banali. Fattoria di Magliano riesce infatti a coniugare come pochi nel panorama nazionale la tipicità e rappresentatività del proprio terroir e l’eleganza del frutto, che esalta naso e beva.

“Heba” 2016 e “Sinarra” 2015 sembrano solo all’apparenza due vini agli antipodi: pronto e fresco il primo, più sui terziari e destinato all’allungo il secondo. Li lega un pregevole fil rouge: la capacità di portarti col pensiero sulle vigne, affacciate sul mare.

Prosecco Superiore Valdobbiadene Docg Rive di Guia “Otreval”, La Tordera. Unconventional Prosecco, tradotto: Prosecco vero. Dosaggio zero che esalta in maniera ineccepibile il terroir, senza uccidere la semi aromaticità della Glera. Forza e coraggio prosecchisti, la strada è questa: quella della qualità.

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Al via la Red Week: il Valpolicella Education Program apre l’Anteprima Amarone 2015

VERONA – Sono 60 le candidature per il Valpolicella education program (Vep) 2019, il corso di formazione sulla prima Dop di vino rosso del Veneto, rivolto agli operatori internazionali del settore ideato dal Consorzio Tutela Vini Valpolicella in collaborazione con i docenti delle Università degli studi di Verona, Università Cattolica di Milano, Alma – Scuola internazionale di cucina italiana, Nomisma e SIB (Società Italiana Brevetti).

Un programma unico in Italia per un Consorzio che martedì 29 gennaio dà il via alla Red Week di Anteprima Amarone 2015 (palazzo della Gran Guardia 2-4 febbraio) e che punta a creare una rete di “Valpolicella wine specialist” nel mondo.

Un titolo al quale aspirano 25 “studenti” selezionati tra gli iscritti, provenienti da 14 paesi: Usa, Brasile, Giappone, Corea del Sud, Cina, Repubblica Ceca, Canada, Germania, Svezia, Ucraina, Taiwan, Emirati Arabi, Regno Unito e Russia.

Due le giornate di lezioni (29 e 30 gennaio) presso la sede del Consorzio (Villa Brenzoni Bassani, Sant’Ambrogio di Valpolicella), suddivise in 5 ambiti tematici: dagli aspetti legali di etichettatura e promozione allo scenario di mercato, dalle caratteristiche del terroir alle nozioni enologiche, fino alla degustazione.

Tra i professori in cattedra Osvaldo Failla, direttore del Dipartimento di scienze agrarie e ambientali dell’Università degli studi di Milano, Denis Pantini, direttore Nomisma Agroalimentare e Wine Monitor, Paolo Veronesi, avvocato specializzato in diritto della proprietà intellettuale dello studio legale SIB di Verona, Maurizio Ugliano, docente di chimica enologica ed enologia dell’Università di Verona.

E ancora: Pier Luigi Gorgoni, docente di degustazione ed enografia alla scuola Alma e Filippo Bartolotta, giornalista di Decanter Magazine e Spirito di Vino. L’esame finale è previsto per giovedì 31, con verifica scritta e prova pratica in modalità blind tasting, al termine delle quali solo gli studenti con punteggio positivo riceveranno il certificato di specialist.

L’ANTEPRIMA AMARONE 2015
Ricco anche il programma dell’Anteprima Amarone 2015, che si apre sabato 2 febbraio al Palazzo della Gran Guardia di Verona, con il consueto assaggio riservato agli operatori, dalle ore 10 alle 17 (accredito dalle ore 9) con servizio sommelier dedicato.

Alle 11 è previsto il convegno dal titolo “Brand, Valore, Export e Turismo: il poker per l’Italia nel calice”. Un dialogo tra Andrea Sartori, Presidente Consorzio Tutela Vini Valpolicella e il senatore Gian Marco Centinaio, Ministro delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo.

Segue “Red Passion e sorsi di Cultura” con Giordano Bruno Guerri, scrittore, giornalista e storico e Laura Delli Colli, giornalista e scrittrice (moderatore:Andrea Andreoli, vicedirettore di Telenuovo). Dalle 12.30 si apre la degustazione ai banchi delle aziende, al pianterreno. In vetrina l’annata 2015 e quelle precedenti.

Il 3 febbraio l’Anteprima Amarone 2015 apre al pubblico, dalle 10:00 alle 19:00. Biglietto di ingresso 40 euro (35 euro con acquisto online). Il 4 febbraio è l’ultima giornata dedicata agli operatori di settore, dalle 10:00 alle 17:00. Biglietto di ingresso: 40 euro (30 euro con acquisto online). Qui l’elenco delle aziende partecipanti.

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Sicilia in debito con Veronafiere: 3,3 milioni “evasi” per l’affitto a Vinitaly dal 2011 al 2014

VERONA – L’accordo di massima sarebbe stato raggiunto su una transazione da 3 milioni di euro. Ma lo sblocco dei fondi regionali tarda ad arrivare. E lo scontro Veneto-Sicilia è inevitabile.

Ha i contorni del giallo la vicenda a tre che vede coinvolte Veronafiere, ente promotore di Vinitaly a Verona, l’Istituto Regionale Vini e Oli di Sicilia (Irvo) e la governance della Regione Sicilia.

A farne le spese sono soprattutto i dipendenti dell’Istituto responsabile della certificazione dei vini e degli oli siciliani, senza stipendio da 5 mesi. Pronto l’ennesimo sciopero, proclamato per tre giorni dalla sigla sindacale UgL: lunedì 28 gennaio, giovedì 31 gennaio e venerdì 1 febbraio. Domani l’attesa udienza giudiziale che potrebbe mettere la parola fine su una vicenda che ha i contorni dell’assurdo.

COSA SUCCEDE IN SICILIA
Per tracciare i contorni del giallo occorre tornare indietro di alcuni anni. Dal 2011 al 2014, l’Ivro non ha versato a Veronafiere le somme per l’affitto degli spazi occupati all’interno dei padiglioni di Vinitaly Verona.

Dopo diversi tentativi di conciliazione, Veronafiere ha dato corso a un maxi pignoramento giudiziario presso la Banca Cassiere dell’Istituto Regionale del Vino e dell’Olio – Irvo, per l’importo di 5.281.500 euro.

Tutte le risorse economiche presenti e future dell’Istituto, comprese le somme dovute ai dipendenti, sono state congelate. Tradotto: niente stipendi e tredicesima per il personale amministrativo e per i tecnici siciliani.

Con un emendamento alla Legge regionale 08/08/2018, la Regione ha ripianato il debito dell’Istituto Regionale Vini e Oli di Sicilia. Un organismo “di centrale importanza” per il presidente della Regione, Sebastiano Musumeci. Il suo rilancio, di fatto, risulta tra gli obiettivi del Documento di Economia e Finanza 2019/2021.

Almeno a parole. I fondi stanziati, infatti, non sono stati messi ancora a disposizione. Veronafiere ha dunque tutto l’interesse di proseguire nella battaglia legale, per ottenere i crediti vantati nei confronti dell’Irvo.

LE REAZIONI
“Sono vicino a tutti i dipendenti dell’Istituto Regionale Vini e Oli di Siclia – commenta Vincenzo Cusumano, direttore generale dell’Irvo – e comprendo il loro grande disagio dovuto al mancato percepimento di diversi stipendi”.

“La trattativa con Veronafiere è positivamente in corso – assicura Cusumano – attraverso costanti e frequenti interlocuzioni. Il problema è il mancato sblocco dei fondi, per i quali speriamo di giungere al più presto a una soluzione. I tempi tecnici sono purtroppo incomprimibili”.

Cusumano, tra l’altro, è l’unica figura di riferimento della governance dell’Ivro, senza un Cda da diversi anni. Tra i compiti assegnati al commissario ad acta dell’Istituto, Alessia Davì, non figura infatti quello di gestire il debito dell’Ivro e il caso Veronafiere.

“La mia nomina – ricorda Davì – risale al 3 dicembre 2018. Sulla base dell’incarico conferitomi devo occuparmi di atti come bilanci e rendiconti, ma non del contenzioso con Veronafiere, sul quale non mi posso esprimere”.

Ed è curioso come la figura di riferimento dell’Ivro, nel suo ruolo di commissario, sia stata esonerata dall’assessore all’Agricoltura Edgardo “Edy” Bandiera da questo preciso incarico, che riguarda in maniera diretta i conti dell’Istituto.

DIPENDENTI SENZA STIPENDIO
“Nonostante l’assegnazione di un contributo straordinario di 3 milioni di euro per la situazione di grave criticità finanziaria dell’Irvo – commenta Alberto Manzo, enologo e referente del sindacato UgL – non si è riscontrato alcun mutamento della situazione che vede i dipendenti senza gli stipendi di ottobre, novembre, dicembre, tredicesima mensilità, ed ogni altro emolumento accessorio loro spettante per l’anno 2018″.

“Chiediamo dunque l’intervento del Prefetto di Palermo – conclude Manzo – prima di attivare le procedure di raffreddamento e di conciliazione nei confronti del Direttore Generale dell’Irvo, dell’Assessore Regionale dell’Economia e dell’Assessore Regionale dell’Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca, anche per scongiurare il rischio di non ricevere lo stipendio del mese di gennaio 2019 e seguenti”.

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“Tavoli di Denominazione”, “Codice etico” e tanti soldi: l’Oltrepò pavese riparte. Forse

TORRAZZA COSTE – Sei gruppi di lavoro riuniti in altrettanti “Tavoli di Denominazione”. Un vero e proprio “Codice Etico” da rispettare. E tanti soldi. Riparte da qui (forse) l’Oltrepò pavese. Si tratta della prima pietra del progetto “Un Tavolo Oltrepò per il Vino” voluto da Regione Lombardia per iniziativa dell’Assessorato all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi con il coordinamento tecnico di Ersaf.

Proprio dal “Pirellone” arriveranno in Oltrepò 600 mila euro in tre anni, per “progetti di comunicazione ancora da definire”. Con la promessa dell’assessore Fabio Rolfi di “investire ulteriori risorse in futuro se vedremo che il territorio risponderà in maniera positiva”.

Motivo in più per non perdersi il meeting di questa mattina, al centro Riccagioia di Torrazza Coste (PV). Quaranta, di fatto, le cantine presenti per formare i 6 gruppi di lavoro che corrispondono ai “Tavoli di Denominazione”: Metodo Classico DOCG, Pinot Nero e Oltrepò Pavese Rosso riserva, Riesling, Bonarda, Sangue di Giuda e Buttafuoco.

“Ho voluto incontrare anche i sindaci della zona – ha spiegato l’assessore regionale Fabio Rolfi – per fare squadra e per condividere un percorso istituzionale di ampio respiro. Il vino deve essere strumento di promozione di tutto il territorio, di turismo, di valorizzazione ambientale”.

“Una svolta storica per questo territorio – ha evidenziato l’assessore Rolfi -. Regione Lombardia vuole aiutare l’Oltrepó Pavese a sprigionare le sue straordinarie potenzialità attraverso un nuovo importante capitolo tecnico, politico e operativo”.

Non a caso è stato sottoscritto un vero e proprio “Codice Etico”. “Una sottoscrizione di impegno personale di tutti noi – ha sottolineato il direttore di Ersaf, Massimo Ornaghi – consapevoli del rispetto di regole condivise secondo comuni valori, a tutela del Territorio e dei suoi prodotti”.

“Sono particolarmente soddisfatto per questa giornata di lavoro – ha commentato Luigi Gatti, presidente del Consorzio Oltrepò – che avvia un processo di rinnovamento lungo e importante per il nostro Oltrepò, passando dalle parole ai fatti”.

“Oggi – ha aggiunto Gatti – abbiamo dato il segnale che ci stiamo identificando in un territorio, anche al di là delle previsioni, e c’è gente seria che vuole lavorare bene per costruire un futuro che ci coinvolge tutti, a diverso titolo. Un territorio che aveva la necessità di voltare pagina, dotandosi anche di strumenti di lavoro precisi e puntuali”.

Per il presidente del Consorzio di Tutela Vini, “il valore aggiunto è il team ‘istituzionale’ ben attrezzato, che in questi mesi ha lavorato in grande accordo iniziando una strada che deve andare avanti con convinzione e porterà risultati significativi”.

“I tavoli di denominazione che puntano alla qualità e alla valorizzazione del mondo del vino in Oltrepò non sono altro che il primo passo per promuovere il territorio attraverso prodotti più nobili (qualità) anche dal punto di vista commerciale e di comunicazione, secondo strategie ben ragionate”, ha concluso Luigi Gatti.

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Gli Editoriali news

Eureka! Ecco perché “Prosecco” è diventato sinonimo di “spumante”

EDITORIALE – “Cià, dai, cosa prendiamo? Prosecchino per tutti?”. Mano alla calcolatrice. Quante volte avete sentito questa domanda al bar, al ristorante o in osteria?

Ogni volta il dubbio amletico che al posto del Prosecco (quello vero) non arrivi una Ribolla Gialla, un Pinot Nero vinificato in bianco, o addirittura un Negroamaro ottenuto col Metodo Martinotti (Charmat), lo stesso delle “bollicine” veneto-friulane.

Sarò anche scemo, ma ci ho messo un po’ a capire qual è (forse) il motivo della confusione dei consumatori che considerano “Prosecco” sinonimo di “Spumante”: troppi Charmat italiani sono uguali tra loro, indipendentemente dalle uve con le quali sono prodotti e dai territori dai quali provengono.

Spumanti tristi. Senza personalità. Standardizzati sullo zucchero, o meglio su un “dosaggio” (l’Extra Dry, proprio come il “vero” Prosecco) che ammazza il varietale nel nome della facilità di… vendita.

Il punto è che non lo consiglia il dottore di produrre spumante. Ma le logiche del mercato, si sa, si giocano tutte sulla domanda e sull’offerta. C’è chi deve arrivare a fine mese con la propria cantina.

LA BEFFA E L’ECCEZIONE
Come tutte le storie tristi, anche questa ha il suo paradosso: il Prosecco autentico, ottenuto da Glera in perfetto stato fitosanitario, magari da vigne vecchie e poco produttive – insomma, il Prosecco senza trucchi e senza inganni – spesso non viene più riconosciuto.

Un problema che non riguarda solo i consumatori, ma anche (e soprattutto) i ristoratori meno attenti. Anche in Veneto e in Friuli. Ci è capitato più volte di incontrare produttori di Glera che preferiscono etichettare come Igt il loro vino, al posto della Doc: “Tanto i ristoratori a cui la propongo mi dicono che non è Prosecco, perché non è dolce”. Game. Set. Match.

Peccato che così perdono un po’ tutti. Tranne una: la Franciacorta, divenuta sinonimo di “Metodo Classico” e di “Champagne”. In parte a buona “ragione”. La Doc bresciana è quella che si mostra più compatta in tutti i contesti, nazionali e internazionali. Anche a costo di sembrare sgarbata e presuntuosa.

Come al recente concorso dedicato agli spumanti italiani andato in scena in Abruzzo (Spumantitalia), dove non ha figurato neppure un’etichetta di Franciacorta. Una scelta degna del Marchese del Grillo. Quando all’estero si parla di spumanti di qualità, è proprio in Franciacorta che va il pensiero. Ubi maior, Prosecco cessat.

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degustati da noi news vini#02

Non di solo Torcolato vive Breganze. Punteggi al Vespaiolo spumante e fermo


BREGANZE –
Se scimmiotti non vale. La Breganze 2.0 guarda allo spumante come nuova frontiera. Ma è ancora tanta la strada da fare con la Vespaiola, l’uva locale. Soprattutto perché troppi considerano il Prosecco (etichettabile in zona) come riferimento. Una battaglia persa in partenza.

La Vespaiola non è la Glera. E il risultato sono dosaggi che disarmonizzano naso e sorso. Fa meglio (benino, per ora) chi investe sul Metodo Classico. E’ il caso della Cantina Beato Bartolomeo di Breganze.

E’ la cooperativa sociale del posto a tracciare la via corretta ai vignaioli della Doc vicentina, con un Metodo classico sensato. E in grado di superare piuttosto bene la prova del tempo. “Bosco Grande”, millesimato 24 mesi sui lieviti, accende i lampioni sulla strada da percorrere. Senza se e senza ma.

E’ la via che conduce più alla Durella che alla Glera, per restare in Veneto e citare un’uva dalle caratteristiche più simili alla Vespaiola. Gran bella acidità. Nerbo. E capacità di rappresentare nel calice il terroir vulcanico. Senza badare troppo a un mercato ormai saturo di bollicine italiane scadenti.

DEGUSTAZIONE CON PUNTEGGI VESPAIOLO SPUMANTE E FERMO

Vespaiolo Doc Spumante Extra Dry, Col Dovigo: 82/100
Charmat 90 giorni, millesimo 2017. Naso morbido, frutta bianca e agrumi tendenti al maturo. Note di pera e pompelmo rosa corrispondenti al palato, con chiusura di mandorla.

Vespaiolo Doc Spumante Brut, Transit Farm: 84/100
Charmat da unico vigneto, vendemmia a mano. Già al naso l’idea è quella di uno spumante morbido, tondo. Ricordi di glicine e accenni minerali. L’ingresso di bocca è proprio su queste note di terroir. Centro bocca e chiusura virano invece sull’esotico maturo e la mandorla.

Metodo classico Vespaiolo Doc Breganze Brut selezione “Bosco Grande” 2014, Cantina Beato Bartolomeo da Breganze: 86/100
Giallo paglierino intenso, perlage fine e persistente. Naso di frutta gialla e spinta minerale decisa, con leggero accenno di gesso e idrocarburo. La “bollicina” risponde bene al palato, contribuendo a una beva piacevole ma non banale. Freschezza e morbidezza in buon equilibrio per uno spumante versatile, adatto anche a un consumatore esigente. La cantina, tra l’altro, sta sperimentando affinamenti più prolungati sui lieviti. Ottimo il rapporto qualità prezzo (12 euro).

Vespaiolo Doc Superiore 2018 “Savardo”, Cantina Beato Bartolomeo da Breganze: 82/100
Un bianco semplice, a tutto pasto, giocato su morbidezza e florealità al naso. Vino ancora molto giovane, con note smaltate e di banana. Chiusura ammandorlata, leggermente speziata. Da aspettare.

Vaspaiolo Doc 2017, Maculan: 89/100
Giallo paglierino, luminoso. Naso fine, di frutta matura e fiori di acacia, con richiami minerali netti. In sottofondo, quando il nettare si scalda un poco, emergono intriganti contrasti tra la frutta esotica e la foglia di pomodoro. L’ingresso di bocca è piuttosto verticale, giocato più sulla mineralità che sul frutto. In chiusura (lunga) il focus torna sul frutto, corroborato da una buona salinità. Manca un po’ di emozione. Rapporto qualità prezzo interessante, inferiore ai 9 euro.

Vespaiolo Doc 2017, Col Dovigo: 83/100
Colore giallo paglierino non carichissimo. Naso di frutta matura, come pera e banana. Ingresso di bocca morbido e allungo moderatamente fresco, di sufficiente persistenza.

Vespaiolo Doc 2017, Azienda Agricola Vitacchio Emilio: 80/100
Colore che denota un inizio ossidativo. Il naso, infatti, è già piuttosto evoluto. Racconta di nocciole e, in generale, di frutta secca, sollevati da una volatile evidente. Al palato manca di freschezza, pur giocando su note agrumate. Il meno convenzionale degli assaggi, proprio per la cifra ossidativa.

Vespaiolo Doc 2017, Ca’ Biasi: 86/100
Giallo paglierino luminoso con riflessi verdolini. Naso preciso, di agrumi e vaniglia leggera, su sottofondo floreale. Ingresso connotato da una buona freschezza e verticalità vulcanica, che poi tende ad ammorbidirsi. Sufficiente la persistenza.

Vespaiolo Doc 2017 “Angarano Bianco”, Villa Angarano: 92/100
Un trentino a Breganze. Vino ottenuto nella zona Est della Denominazione, ai confini col Brenta. Naso illuminante, elegantissimo, su pompelmo rosa e speziatura leggera, di pepe bianco. Richiami di the verde e pesca appena matura completano un quadro olfattivo davvero prezioso. In bocca perfetto equilibrio tra note fruttate e mineralità. Un vino decisamente gastronomico, tutto giocato sull’eleganza del sorso.

Vespaiolo Doc Superiore, Io Mazzucato: 88/100
Giallo luminoso, riflessi verdolini. Bel naso elegante, tutto giocato su note d’agrumi. I sei mesi di barrique lo rendono unico nel suo genere e si esprimono su venature di vaniglia. Perfetta corrispondenza al palato. Un vino piacevole, chiaramente pensato per la tavola e per un consumatore internazionale, senza perdere di vista la tipicità.

Vespaiolo Doc 2017 “Soarda”, Vignaioli Contrà Soarda: 94/100
Impronta vulcanica netta per questo Vespaiolo che lascia il segno in batteria per l’equilibrio tra le sue componenti, l’eleganza e la complessità. Un Vespaiolo da attendere nel calice, per ammirarne la positiva apertura sulla macchia mediterranea. Bella consistenza tattile al palato, tra acidità, frutto e salinità, con richiami di radice di liquirizia e rabarbaro. Chiusura sassosa, piacevolmente amaricante e astringente, sulla buccia di pompelmo. La prova delle punte di qualità raggiungibili con la Vespaiola. Chapeau.

Vespaiolo Doc 2016, Firmino Miotti: 86/100
Giallo paglierino intenso, luminoso. Al naso evidenti richiami mielosi e di frutta matura. L’ingresso di bocca, invece, racconta bene il terroir vulcanico. Alle note morbide avvertite all’olfatto fa infatti eco una venatura minerale netta, al palato. Un vino semplice e beverino, che non mira certamente alla longevità, avviato verso la fase calante dell’evoluzione.

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Enoturismo: l’accordo Italia-Spagna è realtà


ROMA –
Sarà siglato giovedì 24 gennaio l’importante accordo di collaborazione tra Nicola D’Auria, presidente del Movimento Turismo del Vino, e Josè Antonio Vidal, presidente della AEE, l’associazione spagnola di enoturismo, volto allo sviluppo e alla promozione del settore enoturistico tra i due Paesi.

Un “patto” fortemente voluto dal Mipaaft, che non a caso sarà rappresentato dal ministro Gian Marco Centinaio alla giornata inaugurale del del FITUR 2019 di Madrid, evento che apre la stagione delle più importanti fiere internazionali dedicate al settore turistico, mercoledì 23 gennaio.

La novità della delegazione che rappresenterà l’Italia in Spagna dal 23 al 27 gennaio, è senza dubbio la presenza nel padiglione numero 9 (c15-c17) dello stand del Mipaaft realizzato in collaborazione con il Movimento Turismo del Vino, associazione che rappresenta oltre 900 cantine e che da 25 anni riveste un ruolo centrale nella scena enoturistica italiana.

Una partecipazione fortemente voluta dal ministro Gian Marco Centinaio (nella foto sopra) per dare continuità all’importante lavoro di integrazione tra le politiche di sviluppo agroalimentare e quelle turistiche che, proprio per volontà del Ministro, sono recentemente diventate di competenza del Mipaaft.

Agricoltura e turismo – evidenzia Centinaio – sono due pilastri fondamentali nell’economia del nostro Paese. Un binomio vincente per far crescere il territorio. In quest’ottica, l’enoturismo è un esempio perfetto di turismo esperienziale, dove gusto, storia e bellezza si uniscono e si rafforzano reciprocamente e questa fiera rappresenta un’occasione importante per promuovere e valorizzare l’intero settore”.

“L’obiettivo che abbiamo – sottolinea il ministro – è quello di permettere al sistema Paese di promuoversi all’estero in modo competitivo e, infine, quello di far partire entro fine mese la legge sull’enoturismo, attesa da tutto il settore, necessaria per promuovere e proteggere l’intero comparto, a vantaggio sia dei clienti che dei produttori”.

“Per il Movimento Turismo del Vino – sottolinea il presidente Nicola D’Auria (nella foto a sinistra) – questa fiera rappresenta una grande opportunità di crescita ma allo stesso tempo un punto di partenza per il futuro lavoro di strutturazione del sistema enoturistico nazionale per il quale vogliamo essere un punto di riferimento con le 900 cantine che rappresentiamo”.

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degustati da noi news vini#02

Torcolato Doc Breganze: degustazione con punteggi delle annate 2011-2015


BREGANZE –
Undici campioni di Torcolato in degustazione all'(Ante) Prima di sabato 19 gennaio, a Breganze (VI). A ospitare l’evento è stata Cantina Maculan, vera e propria azienda-bandiera mondiale della Denominazione vicentina, grazie al lungimirante lavoro avviato negli anni Settanta dal patron Fausto.

Numeri da “chicca” oggi per il Torcolato, ottenuto dall’appassimento e successiva spremitura dei grappoli di uva Vespaiola. Nella pedemontana vicentina, su un totale di 600 ettari vitati, sono circa 65 quelli destinati a questa varietà. Nel 2017 sono state prodotte circa 380 mila bottiglie, di cui 50 mila di Torcolato.

Un nettare che si abbina alla perfezione alla pasticceria secca e da forno, ma anche a preparazioni al cucchiaio. Da provare l’accostamento a formaggi erborinati come il Gorgonzola, Roquefort e Bleu, oppure al foie gras.

Di seguito le valutazioni delle etichette in degustazione nel programma della Prima del Torcolato 2019. Seguiranno, sempre su WineMag, quelle alle vecchie annate di Torcolato (1972-2007) e agli spumanti e vini fermi ottenuti dal vitigno Vespaiola.

TORCOLATO 2011-2015: LE VALUTAZIONI

Torcolato 2015, Cantina Col Dovigo: 82/100
Giallo dorato, naso preciso, leggera riduzione. Buon rapporto frutto-dolcezza-acidità. Un Torcolato equilibrato, giocato sulla facilità e prontezza della beva. Torco-flash: corto.

Torcolato 2015, Azienda agricola Vitacchio Emilio: 80/100
Colore tendente all’ambrato. Al naso note di nocciola tostata che evidenziano una fase ossidativa precoce. Acescenza rimarcata da una volatile che, nel complesso, non compromette definitivamente l’olfatto. Eppure, sotto questa coltre, c’è la stoffa di un buon Torcolato. Intenso l’ingresso al palato, dove è ancora più marcata la nota acetica. Ne risente la struttura del nettare. Peccato. Ottanta punti di incoraggiamento a un controllo delle ossidazioni in cantina.

Torcolato 2015, Azienda Agricola Ca’ Biasi: 92/100
Giallo dorato. Impronta vulcanica netta al naso, che prende le forme della pietra focaia. Un Torcolato “fresco” già al naso: talcato, mentolato, leggermente speziato. Ingresso di bocca largo, su colate laviche di miele. In centro bocca, al momento giusto, s’irrigidisce sull’attesa freschezza, in perfetto equilibrio con le note dolci. Preziosa chiusura di liquirizia, lunghissima, con un tocco di zafferano. Un Torcolato di personalità, vero, sincero come il sorriso e gli occhi di chi lo produce: Innocente Dalla Valle. Contadino vero.

Torcolato Riserva 2015 “San Biagio”, Villa Angarano: 88/100
Giallo dorato. Naso tra i più eleganti ed essenziali della batteria, giocate su agrumi (buccia di pompelmo) e note di vaniglia. Evidente vena balsamica di menta e liquirizia dolce, garbatissima, che col trascorrere dei minuti si arricchisce di ricordi d’idrocarburo. Il sorso è pieno, eppure manca qualcosa: forse un po’ di struttura. Ma è la cifra da pagare, a volte, quando si nasce vino e si vuole girare per forza in cravatta. Gastro-Torcolato.

Torcolato 2014, Io Mazzucato: 86/100
Giallo dorato, riflessi ambra. Naso con impronta dolce netta, di miele, ma anche di agrumi. Una punta di idrocarburo. In bocca l’acidità spinge, mettendo in luce uno spirito impetuoso. In centro bocca una nota fumè intrigante, che accompagna verso un retro olfattivo nuovamente dominato da un’eccessiva freschezza. Vago ricordo di tannino in chiusura di sipario. Torco-ribelle.

Torcolato 2014, Cantina Beato Bartolomeo da Breganze: 80/100
Naso semplice, mieloso. Legno evidente, poi confermato da un palato corrispondente. Freschezza che tenta di prendere al lazzo lo zucchero, finendo per vincere solo per la mancanza di concentrazione di aromi del nettare. Torcolato ineccepibile a livello di pricing (il più conveniente della Denominazione). Tor-convenience.

Torcolato 2014, Firmino Miotti: 84/100
Giallo dorato e naso piuttosto complesso, con note di datteri e uva passa in grande evidenza, oltre all’albicocca sciroppata e a una leggera nota d’idrocarburo. Tuttavia eccessiva percezione alcolica. Ingresso di bocca un po’ troppo zuccherino, non supportato dalla necessaria freschezza. Non un campione in lunghezza.

Torcolato 2015, Maculan: 89/100
Tra i “nasi” più complessi ed equilibrati della batteria per quello che si definirebbe un Torcolato da “istruzioni per l’uso”. In bocca pieno, ma dal ventaglio meno espressivo del naso. Un nettare fine, equilibrato e gastronomico, che sfodera un bell’idrocarburo nel retro olfattivo.

Torcolato 2015, Transit Farm: 78/100
Giallo dorato tendente all’ambra. Naso dominato dalla frutta secca, con l’affinamento in legno che fa capolino sotto forma di una nota tostata. In bocca corto, poco complesso, quasi scheletrico per i ricordi minerali: unico squillo, ma in solitario. Rapporto qualità prezzo sbilanciato.

Torcolato 2012, Le Vigne di Roberto – Terre di Confine: 84/100
Oro con riflessi ambra. Naso di frutta secca, con ricordi di arachidi e nocciola. Leggera nota ossidativa, piacevole, che si unisce a quella mielosa. Non particolarmente complesso al palato e apparentemente all’apice della curva evolutiva.

Torcolato Riserva 2011 “Sarson”, Vignaioli Contrà Soarda: 90/100
Giallo ambrato, destinato a rimanere tale ancora a lungo. La percezione è quella di trovarsi di fronte a un Torcolato dalla lunga vita, nonostante si tratti del più “anziano” in degustazione. Il piatto forte è il perfetto equilibrio tra freschezza, dolcezza e mineralità vulcanica, pronta a divenire sempre più evidente. Torcolato di prospettiva, che benedice il bel lavoro di Mirco Gottardi nella zona Est della Denominazione.

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Veneto, la replica del degustatore Slow Wine. E la nostra

Egregi Signori,
in data 15.1.2019 sul vostro sito internet www.winemag.it è stato pubblicato l’articolo – a firma di Davide Bortone (direttore del periodico on line e titolare del dominio/testata) dal titolo “Degustazione slow wine stipendiato da una distribuzione di vino naturale” e dal sottotitolo, in evidente caratterizzazione grafica, “SUCCEDE IN VENETO. CONFLITTO D’INTERESSI PER IL DOPPIO RUOLO DI GIANPAOLO GIACOBBO, TRA CHIOCCIOLE E ARKÉ” in cui viene attaccata del tutto ingiustificatamente la mia persona.

I giudizi espressi rispetto alla mia attività, al mio ruolo sono falsi ed evidentemente inventati (nell’articolo si fa riferimento ad un rapporto di dipendenza con la distribuzione Arkè che non esiste oltre ad attribuirmi il potere di conferire premi nella Guida Slow Wine che non c’è) e con ciò dunque già integrandosi gli estremi del reato di diffamazione; a ciò si aggiunga che la diffusione a mezzo web del predetto articolo costituisce elemento di particolare ed odiosa perniciosità. Sono difatti state diffuse affermazioni non solo false, ma anche di estrema gravità, e tali da incidere in maniera negativa sul mio lavoro e professionalità e sulla mia persona. L’eco provocata dal vostro ingiustificato  attacco personale mi ha costretto a dover  dedicare tempo ed energie per chiarire un’attitudine (quella del “marchettaro”) che non mi appartiene e che mi ha costretto ad intervenire per difendere la mia moralità con conseguenti gravi ripercussioni anche con colleghi e clienti.

L’estrema superficialità e leggerezza con cui avete scritto l’articolo disinteressandovi completamente di effettuare una ricerca puntuale rispetto al contenuto di quanto pubblicato, oltre all’uso di scelte lessicali e accostamenti errati (il “conflitto di interessi“ è ravvisabile solo in situazioni specifiche che nulla hanno a che fare con il caso di specie), disattende il dovere di informare correttamente il pubblico dei lettori, principio fondante dell’attività giornalistica di cui vi fate portatori.

Vorrete pertanto procedere a rimuovere entro la giornata odierna dal sito internet, da tutti i sociali network l’articolo predetto e i relativi commenti e a procedere a deindicizzarlo dai motori di ricerca affinché non sia più rintracciabile nel circuito della rete internet. Parimenti vorrete eliminare tutte le fotografie che ritraggono la mia persona mai autorizzate.

Parimenti sempre entro la giornata odierna vorrete pubblicare, nel rispetto della Legge Stampa, sul vostro sito una rettifica finalizzata a riequilibrare l’informazione da voi artificiosamente distorta. Riservandomi in ogni caso di agire per il risarcimento dei danni in seguito alla vostra condotta.

In difetto di un positivo riscontro, senza l’obbligo di alcuna preventiva comunicazione da parte mia, agirò nelle sedi competenti per tutelare i miei diritti.

Distinti saluti
Gianpaolo Giacobbo


Gent.mo Giacobbo,
innanzitutto la ringrazio per aver replicato in prima persona all’articolo in questione, come richiesto dal sottoscritto all’ufficio stampa di Slow Food e al portale Slow Wine. Come vede ho proceduto a pubblicare la replica entro i termini da Lei richiesti, ovvero la giornata odierna: sono le 23:59 del 19/01/2019.

Aggiungo queste poche righe di commento per esprimere quanto ritengo fuori luogo la richiesta di cancellazione dell’articolo in questione: a casa mia, come di tanti italiani, questa si chiama “censura”.

Una proposta ancor più grave se rivolta da un comunicatore a un altro comunicatore che ha esercitato in maniera più che mai lecita il diritto di stampa, il diritto di cronaca e il diritto di critica, nel pieno svolgimento della propria mansione e degli ideali più nobili del giornalismo.

Vorrei per questo cambiare argomento e alleggerire un po’ questo clima di minaccia, che non apprezzo affatto. Proporrei, per esempio, di parlare di questioni più attinenti al nostro mestiere: gli abbinamenti cibo-vino.

Per esempio: lei, Giacobbo, cosa abbinerebbe agli asparagi? Sì, proprio gli asparagi. In questi giorni mi trovo a Breganze per un press tour e ho saputo (da fonti accreditatissime e documentate) che, nell’ambito della manifestazione “Asparagi & Vespaiolo”, invitato come relatore, lei ha proposto l’abbinamento con la Lugana.

Meglio dunque la Lugana del Vespaiolo? Io mi fido parecchio del suo giudizio. E in effetti conosco un’ottima Lugana. Lei è ancora “consulente enogastronomico” di Cà dei Frati? Ecco, la loro Lugana a me fa impazzire. Anche secondo me si sposa benissimo con gli asparagi.

E anche io, invitato qui a Bassano del Grappa (suo paese natio, o sbaglio?) avrei proposto proprio la Lugana in abbinamento agli asparagi, fottendomene delle centinaia di persone (vignaioli e ristoratori) che con fatica, ogni anno, organizzano “Asparagi & Vespaiolo” (quella del 2019 sarà la 39a edizione).

In fondo, dell’etica, chi si preoccupa più a questo mondo? E poi, a dirla tutta, suona pure meglio “Asparagi & Lugana” di “Asparagi & Vespaiolo”. Tutti sul lago di Garda e via. No?

Buon lavoro Giacobbo
Sempre cordialmente

Davide Bortone – direttore responsabile winemag.it

 

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Doc Sicilia: dal 2021 arriva la fascetta di Stato

 PALERMO – dal 1 gennaio 2021, i vini della Doc Sicilia saranno garantiti dal contrassegno di Stato, la fascetta numerica che consentirà di tracciare tutte le fasi della vita di una bottiglia.

La decisione è stata presa dal C.d.A del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia, che ha così accolto  le diverse richieste dei produttori.

Delibera che, nonostante la consapevolezza dei costi correlati, privilegia i benefici che si avranno, anche sulla base delle esperienze già avviate da tante altre Doc italiane.  

La programmazione dell’adozione della fascetta con largo anticipo consentirà alle aziende di dotarsi dei macchinari necessari.

LA SCELTA DELLA FASCETTA
Il contrassegno di Stato, obbligatorio solo per le Docg, è ormai patrimonio delle più importanti Doc italiane e consentirà di concludere il percorso dei controlli anti contraffazione, offrendo una maggiore tutela sia alle aziende che ai consumatori.

La continua crescita della produzione di bottiglie Doc Sicilia, vendute in Europa e nel resto del mondo premia il valore e la quantità generata dalle aziende, ma espone anche al rischio di contraffazioni con possibili danni economici e di immagine ai produttori. 

Ad avvalorare la scelta anche l’esperienza di altri comparti del Made in Italy, come quello agroalimentare, che spesso hanno dovuto fare i conti con episodi di contraffazione che hanno causato ingenti danni economici. Il successo del Made in Italy, ha implicato la necessità, per i consumatori, di esssere garantiti su qualità e provenienza dei prodotti.  

 “Per le aziende l’applicazione delle fascette significa poter avere un controllo su tutto il percorso di lavorazione dell’uva, dal vigneto alla bottiglia. Ciò consente anche di valutare l’andamento dell’offerta del prodotto per mantenere ad un giusto livello la retribuzione delle uve che gli agricoltori conferiscono alle cantine. L’introduzione delle fascette può sembrare un ostacolo per le piccole aziende che devono obbligatoriamente attrezzare le loro linee di imbottigliamento con le macchine fascettatrici. Ecco perché credo che vada offerta alle aziende, attraverso i bandi Ocm investimento, una corsia preferenziale per l’acquisto dei macchinari“ ha dichiarato Filippo Paladino, vice presidente del Consorzio Doc Sicilia e vice presidente della Cantina Colomba Bianca.

UNA TUTELA PER LE AZIENDE
Sulla scelta del contrassegno si è pronunciata anche Lilli Ferro, di Fazio Wines: “La fascetta è un ulteriore passaggio, secondo me obbligato, per tutelare i vitigni siciliani: abbiamo spesso riscontrato un uso improprio del nome dei nostri vini nei mercati esteri, come ad esempio nel caso del Nero d’Avola. E‘ chiaro che per ogni azienda sarà un impegno doversi dotare dei macchinari per la fascettatura delle bottiglie: con i tempi necessari, e l’assistenza delle strutture del Consorzio, sono certa che l’obiettivo sarà raggiunto. Io lo considero un salto di qualità per la valorizzazione e la tutela dei nostri vini. Poter intensificare i controlli di qualità dei nostri prodotti è importante. So che nei mercati esteri come la Cina, che conosco bene, verificare che tutto sia in regola non è semplice. Ma la fascetta sulla bottiglie è uno strumento in più per far capire al consumatore che si trova tra le mani un prodotto di qualità. Il consumatore cinese, che rappresenta un target medio alto ed è già molto attento al packging delle bottiglie, percepirà come un valore aggiunto la presenza del codice numerico. Parlo, non a caso, di un mercato dove il cliente sa che la fascetta non è un elemento decorativo ma di tutela.

Un valore aggiunto secondo Flora Mondello di Gaglio Vignaioli, membro anche dell’associazione Doc Mamertino: “La fascetta viene percepita dal consumatore come testimonianza di un prodotto migliore, pregiato e controllato. L’introduzione del codice numerico è anche un ottimo modo per tutelare le nostre produzioni da chi falsifica i vini, specialmente sui mercati esteri che sono un approdo importante ma dove i prodotti sono esposti al rischio di contraffazione. Le piccole aziende, inoltre, non possono sostenere da sole i costi per le iniziative legate ai controlli di qualità: aderire quindi al sistema delle fascette della Doc Sicilia sarà un’opportunità per beneficiare di un servizio così importante“

E’ d’accordo anche Nino di Marco della Cantina Terre di Noto, Doc Eloro: “Anche se la mia non è una grande azienda, sono d’accordo sul principio di tutelare in maniera globale il prodotto Doc Sicilia utilizzando le fascette. So, dall’esperienza della Docg Cerasuolo di Vittoria – un territorio che confina con quello dove c’è la mia cantina –, che grazie a questo sistema si sono avuti effetti positivi sia dal punto di vista del potenziamento dei controlli sia del miglior posizionamento sul mercato dei loro vini. L’unico aspetto che provoca un certo impatto per le aziende è il fatto che devono dotarsi di un macchinario che ha un costo non previsto: questa criticità può essere superata con azioni concrete di aiuto alle cantine. Si può coinvolgere la politica prevedendo bandi o finanziamenti agevolati, o promuovendo azioni presso il mondo delle banche in modo da poter ottenere finanziamenti a tassi. Di certo, per tornare all’esperienza della Docg Cerasuolo di Vittoria, c‘è che i produttori di quella zona guardavano con diffidenza all’introduzione delle fascette: i risultati positivi che hanno ottenuto li hanno indotti a cambiare idea. Sono quindi certo che anche le aziende di piccole dimensioni possono avere benefici dall’introduzione della fascetta per le bottiglie Doc Sicilia“.

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“Io bevo così” 2019: i migliori assaggi


MILANO –
Se c’è una manifestazione di vini naturali che, negli anni, è cresciuta senza il clamore degli slogan e gli slogan del clamore, quella è “Io bevo così”. Andrea Pesce e Andrea Sala, imprenditori con la testa sulle spalle, ne hanno dato prova lo scorso lunedì all’hotel Excelsior Gallia di Milano, location prescelta per la sesta edizione della kermesse meneghina.

Buono il riscontro di pubblico, con 650 operatori intervenuti tra Horeca e stampa e 450 attività commerciali coinvolte. Buono anche il livello dei vini in degustazione, anche se i veri “lampi di luce” si contano sul palmo di una mano. E permane il punto di domanda dell’attendibilità del vino naturale nella ristorazione.

Una parte consistente dei vignaioli dimostra grande dimestichezza nelle pratiche in vigna e in cantina. Ma c’è anche una buona fetta di produttori che alza le mani ancor prima di versare il vino nel calice.

Frasi come “La bottiglia ha fatto un bel viaggio, si deve un po’ sistemare”, oppure “E’ stata un’annata difficile, se non volevamo intervenire sul vino ‘chimicamente’ questo è il massimo che potevamo ottenere”, non depongono certo in favore dell’auspicabile proliferazione dei vini naturali (quelli buoni, of course) sulle carte dei vini dei ristoranti.

I MIGLIORI ASSAGGI A IO BEVO COSI’ 2019

Spazio alle realtà meno conosciute nella nostra scaletta dei migliori assaggi di “Io bevo così 2019“. Doverose le menzioni ai friulani di Vignai da Duline e agli umbri di Raína: vignaioli che si confermano sempre ad altissimi livelli nel panorama dei vini naturali italiani.

IL PODIO
1) Refosco dal Peduncolo Rosso 2014 “Morus Nigra”, Vignai da Duline  (5 / 5)
Il vero Vino manifesto di Vignai da Duline, capace di racchiudere ed esemplificare la filosofia produttiva della cantina di San Giovanni al Natisone (UD). Ovvero: recupero e conservazione di vecchi cloni, sostenibilità, rispetto del terroir e della tipicità del vitigno, esaltate da un Refosco esemplare in termini di equilibrio organolettico.

2) Umbria Rosso Igt / Sagrantino di Montefalco Docg 2014 “Campo di Raína”, Raína  (5 / 5)
Doppia indicazione (Igt e Docg) per questo rosso potente dell’Umbria. Doppia perché la commissione tecnica della Docg ha pensato di bocciare (la prima volta) il campione di Francesco Mariani. Per poi ripensarci, riassaggiandolo. Il vino è dunque in commercio attualmente come Umbria Igt Rosso. Ma da febbraio sarà Docg.

3) Valtellina Superiore Docg 2008, Le Strie  (5 / 5)
Tre vini di altissimo livello nella gamma di questa piccola azienda agricola di San Gervasio di Teglio (SO). Su tutti il Valtellina Superiore Docg: bello per il frutto e per il naso finissimo, ma soprattutto perché il terreno dà la netta impressione di prevalere sul legno. Un rosso valtellinese che pare aver fatto un patto col Diavolo in termini di longevità. Del resto, l’Inferno è dalle parti di Sondrio. “Regalato” in cantina: 17 euro (13,40 all’Horeca).

LE SCOPERTE
1) Ghemme Docg 2011 “Il Motto”, La Torretta. Colpisce questo rosso dell’Alto Piemonte per la precisione del disegno, in un’annata calda come la 2011. Freschezza, tannino integrato ma ancora in evoluzione, splendida chiusura, lunga, balsamica, con ricordi fumé e di cioccolato. Prezzo incredibile: 13 euro all’Horeca, 20 euro in cantina.

2) Brandisio 2010, Oreste Tombolini. “B” come “Brandisio”, da mettere sul dizionario dei sinonimi sotto la voce “Primitivo”. Un esemplare di rara finezza il 2010 di Oreste Tombolini, fiero “vitivinicoltore per vocazione” di Grottaglie (TA). Una chicca: appena 1.500 bottiglie sulle 10 mila prodotte complessivamente nei 2 ettari di proprietà.

3) Colli del Limbara Bianco Igt 2017, “Fria”, Deperu Holler. Un Vermentino “old style“, che a un naso fruttato e minerale fa seguire un palato pieno, caldo e strutturato, succoso e al contempo verticale.

4) Igt Toscana Sangiovese 2013 “Il Bruno”, Le Verzure. Per vicinanza ai colli di Montalcino, un Brunello in miniatura, anche nel prezzo: 17,40 euro per questo rosso di Murlo (SI), davvero intrigante per la trama di frutti di bosco, spezie e il tannino di gran prospettiva.

5) Ravenna Igt Bianco 2017 “Sabbiagialla”, Cantina San Biagio Vecchio. Un rosso vestito da bianco questa Albana prodotta nella zona di Faenza (RA). Note di sambuco nette al naso, avvolgenti come la frutta. In bocca, tannino e freschezza. Vino “wow”.

6) Vino Bianco 2017 “Brezza”, Luca Fedele. C’è sostanza oltre al volto “social oriented” di Luca Fedele. Una bella linea quella del giovane produttore friulano di Corno di Rosazzo (UD). In particolare, nel mare magnum del Pinot Grigio, si distingue il suo “Brezza”. Un bianco pieno, carico, giocato su una sapiente permanenza sui lieviti. Certamente uno dei bianchi più gastronomici di “Io bevo così” 2019. Di Fedele, ottimo anche il Refosco 2016 “Clap Ros”.

7) Vino Bianco 2017 “Fùnambol”, Podere Sotto il Noce. Massimiliano “Max” Brondolo ha trovato l’amore e le vigne in Emilia, nella zona di Castelvetro (MO). Il bianco fermo “Fùnambol” 2017 è il suo biglietto da visita: un Trebbiano di Spagna femminile, che regala un naso e un palato di suadente aromaticità e gran persistenza. Ottimo anche “Franzes”, il fruttato blend di uve Lambrusco di questo vignaiolo determinato (a buona ragione) a imporsi sul mercato con una produzione di qualità.

QUALITA’ PREZZO

Senza dubbio il modo migliore per definire l’intera linea di Tenuta Lenzini, piccola realtà di Capannori, in provincia di Lucca. Ottimo rapporto qualità prezzo per il “vino base”, il Colline Lucchesi Doc “Casa e Chiesa” 2016: frutto, consistenza e gran pienezza per questo Merlot affinato in acciaio (10 euro).

Serviva un vino dell’estate nella gamma. Ecco come nasce “Casa e Chiesa B-Side” 2017, il rosato di Tenuta Lenzini: da bere col secchiello questo Merlot vinificato in rosa (12 euro). Poteva mancare il vino da dolce o da meditazione? Il Toscana Igt 2003 “Dolcemente Lenzini” è un’altra etichetta interessante: un Merlot passito che non stanca mai (29 euro).

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Grandi Langhe 2019: in assaggio le nuove annate di Barolo, Barbaresco e Roero

ALBA – Edizione ricca di novità quella di Grandi Langhe 2019. L’evento di riferimento per buyer, enotecari e professionisti del mondo del vino è in programma ad Alba, al Palazzo Mostre e Congressi, il 28 e 29 gennaio.

Per la sua quarta edizione, la manifestazione organizzata dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e dal Consorzio del Roero è anticipata al mese di gennaio e vedrà per la prima volta protagonisti, oltre alle nuove annate di Barolo, Barbaresco e Roero, gli altri vini a Denominazione di Origine Controllata delle Langhe.

Un focus di due giorni in un’unica location dove i partecipanti avranno la possibilità di degustare in anteprima i vini delle oltre 200 aziende partecipanti in entrambe le giornate e incontrare i produttori ai banchi d’assaggio.

Una due giorni ricca di attività, animata da degustazioni e, per la prima volta, anche da seminari tecnici tenuti da esperti di settore, organizzati con l’obiettivo di offrire ai partecipanti, in accompagnamento alle degustazioni, una vera full immersion e approfondimenti a 360 gradi sulle principali tematiche legate al territorio che dà vita ai vini delle Langhe.

Di seguito la scaletta dei seminari in programma presso il Palazzo Mostre e Congressi, a cui i partecipanti potranno assistere, presentandosi all’orario indicato, senza iscrizione preventiva e fino a esaurimento posti:

  • Le vigne dal fondale marino: la geologia dei terreni di Langhe e Roero – lunedì 28 alle ore 11,00 tenuto da Edmondo Bonelli
  • Nebbiolo, il vitigno autoctono dei grandi rossi – lunedì 28 alle ore 14,00 tenuto da Edoardo Monticelli
  • I mille volti del Dolcetto – lunedì 28 alle ore 16,00 tenuto da Edoardo Monticelli
  • Barbera, la rossa “regina” del Piemonte – martedì 29 alle ore 11,00 tenuto da Edoardo Monticelli
  • I vitigni storici riscoperti tra mito e nuove opportunità di business – martedì 29 alle ore 14,00 tenuto da Edmondo Bonelli
  • Arneis, il bianco autoctono che piace ai millennials – martedì alle ore 16,00 tenuto da Edmondo Bonelli
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Slow Wine, Molise meglio del Veneto: il degustatore lavora per una cantina


CAMPOBASSO –
Italia, Paese di poeti, navigatori. E santi degustatori. Pare infatti che il “conflitto d’interessi” sia l’ultimo dei problemi di chi giudica il vino nel Bel Paese. Almeno è l’impressione che dà Slow Wine, la costola enologica di Slow Food, movimento fondato da Carlo Petrini. Quello che succede in Molise fa il solletico al caso del Veneto portato alla ribalta da WineMag, lo scorso lunedì.

Pierluigi Cocchini, attuale responsabile regionale Slow Wine Abruzzo e Molise, è anche uno dei due fondatori della cantina Vinica di Contrada Costa Bianca 4, a Ripalimosani (CB).

Una realtà vicina al mondo della produzione “sostenibile e naturale”, che per accreditarsi sul mercato sottopone alle Guide il giudizio dei propri vini.

Risultato? La Guida Slow Wine 2017 assegna la menzione di “vino quotidiano” alla Tintilia del Molise “Lame del Sorbo” 2013.

Secondo quanto risulta dal sito web della cantina, si tratta dell’unico riconoscimento nazionale ottenuto. Un vino che Pierluigi Cocchini, da agronomo e wine maker di Vinica, avrà visto nascere, crescere. E premiare con la “Chiocciola” del “vino quotidiano”.

Peraltro, il referente Slow Wine Abruzzo e Molise risulta anche dipendente ARSIA Molise, ex Ente Regionale di Sviluppo Agricolo per il Molise, nella sezione di Termoli (CB), dove attualmente rivestirebbe la qualifica di “Funzionario (area quadri) e specializzato nei settori vitivinicolo, frutticolo, marketing delle produzioni agroalimentari e microfiliere produttive”. Di nuovo in alto le Chiocciole: cin, cin!

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Brexit: allarme Prosecco in Gran Bretagna


Con quasi una bottiglia esportata su due consumata dagli inglesi è il Prosecco il prodotto simbolo del Made in Italy in Gran Bretagna che rischia di essere pesantemente colpito dalle barriere tariffare e dalle difficoltà di sdoganamento che potrebbero nascere da una Brexit senza accordo.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia una accelerazione degli ordini proprio per paura di dazi e ritardi doganali che scatterebbero in caso di mancata intesa con la Ue. Le vendite di Prosecco Dop nel 2018 in Gran Bretagna sono vicine ai 350 milioni di euro secondo le stime della Coldiretti che evidenziano un aumento in valore del 6% rispetto all’anno precedente.

Si tratta del risultato di una crescita ininterrotta da circa un ventennio che ha reso il Prosecco la bevanda italiana preferita dagli inglesi. Un prodotto che traina l’intero Made in Italy agroalimentare che nel 2018 ha fatturato ben 3,4 miliardi di euro oltremanica.

La mancanza di un accordo – afferma  il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – è lo scenario peggiore perché rischia di rallentare il flusso delle ma a preoccupare è anche il rischio che con l’uscita dall’Unione Europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane”.

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Bomba alla pizzeria Sorbillo di Napoli

Una bomba è stata fatta esplodere nella notte davanti all’ingresso della storica pizzeria Sorbillo di via Tribunali, nel cuore del centro di Napoli. “Riapriamo presto”, assicura Gino Sorbillo alla vigilia della giornata internazionale della pizza italiana che si festeggia in tutto il mondo domani, 17 gennaio.

Un vile attacco della malavita che colpisce un intero settore dal fatturato stimato in 15 miliardi, in grado di sostenere l’occupazione di 200 mila addetti a tempo pieno e nel weekend, come si è affrettata a precisare la Coldiretti.

La pizza in Italia è il settore di punta dell’agroalimentare dove il volume d’affari delle agromafie è salito a 21,8 miliardi con attività che riguardano l’intera filiera del cibo, compresa la ristorazione.

Un business molto appetibile grazie alle 127.000 pizzerie presenti in Italia nel 2018 con la Campania che è la regione che ha il maggior numero di attività inerenti alla pizza, con il 16% sul totale delle pizzerie (e simili).

L’impatto dei circa 5 milioni di pizze sfornate al giorno, secondo i dati Coldiretti, si fa sentire anche sulla produzione agroalimentare in termini di ingredienti utilizzati durante tutto l’anno con circa 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

Non a caso la pizza, anche per la spinta del riconoscimento Unesco, è stata tutelata nel 2018 attraverso l’obbligo di indicare l’origine in etichetta, per impedire che vengano spacciati prodotti importati come Made in Italy.

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Adesso il vino naturale è “un incanto come Venezia”. Ma solo perché “ogni tanto puzza”


EDITORIALE –
“Incipit dell’anno: i vini naturali sono un po’ come Venezia: a volte puzzano un po’, ma sono sempre un incanto“. La sparata è comparsa sui social, a fine 2018. Non su uno dei gruppi di intransigenti e ultras del “vino naturale“, bensì sulla pagina di Arké, la distribuzione “green” della famiglia Maule. La stessa che organizza “Villa Favorita” (oggi VinNatur Tasting), con il patron Angiolino Maule.

Seguono, come spesso accade sui social, i relativi hashtag: #vininaturali #naturalwine #venezia #arché #arke #maulismo #puzza #stinking” e la traduzione in inglese: la ciliegina sulla torta dell’epic fail.

Domande spontanee, non me ne vogliano i promotori del post: le cantine distribuite da Arké producono vini che “a volte puzzano”? Il “vino naturale” deve “puzzare“? Il bello del vino naturale è la “puzza”?

Sembra incredibile leggere tali affermazioni se si pensa al ruolo di grande rilevanza e credibilità di Angiolino Maule nel segmento “di nicchia” dei vini naturali. Tutto tranne che un estremista o un amante dei vini con i difetti, almeno per come ho avuto modo di conoscerlo in questi anni.

Tanto è vero che VinNatur si è dotata di un protocollo produttivo ristrettissimo. Un vero e proprio Disciplinare. Con tanto di enti certificatori e ispezioni (a sorpresa) in cantina. Qualcuno, di fatto, ci ha già rimesso “le penne”.

I difetti nascondono il vero terroir e la vera espressività del vino, non dobbiamo mai dimenticarlo. Io e molti altri che hanno l’umiltà delle proprie azioni abbiamo sempre ammesso i nostri errori.

Per primi ce ne scusiamo e ci impegniamo ad affrontarli e capire come non ripeterli. Quando presento i miei vini sono il primo a dire “buono, però ora che lo assaggio, lo avrei fatto diversamente e forse migliore!” Angiolino Maule, intervista del 27/01/2018

VIGNAIOLI IN OSTAGGIO
Che le responsabilità dei figli non debbano ricadere sui padri è vero quanto il contrario: Arké è “gestita” da Francesco Maule, figlio di Angiolino, e sua moglie Erica Portinari. Ma il collegamento tra la distribuzione di famiglia e la kermesse VinNatur è intellettualmente doveroso.

La verità è che ogni giorno, in Italia, un vignaiolo si sveglia e prende 3 pastiglie di Malox a colazione, a causa degli ultras del vino naturale. Ma non può dirlo ufficialmente, perché è (anche) in loro ostaggio. Come se non bastassero la burocrazia, i costi di gestione e le avversità di un clima pazzo.

Il modo di comunicare il “vino naturale”, a fronte di una sempre maggiore necessità di regolamentazione del termine, va cambiato. Parliamo di vino buono e basta. E basta con tutte queste menate della “puzza”. Neppure le fogne e le stalle puzzano più, grazie ad alcuni accorgimenti all’avanguardia (vedi sotto). Figurarsi se debba puzzare il vino.

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Gli Editoriali news

Degustatore Slow Wine stipendiato da una distribuzione di vino naturale

EDITORIALE – Momento Marzullo, ma neanche troppo. Seduti comodi, per favore. Domanda: se foste vignaioli, affidereste il giudizio dei vostri vini a una Guida che annovera, tra i degustatori, gente stipendiata da una distribuzione di vino?

Ecco, lo dicevo. Più che una domanda “marzulliana”, questa è a tutti gli effetti una domanda retorica. Eppure, così accade. In Veneto.

La distribuzione di “vini naturali” Arké, fondata dalla famiglia Maule e gestita da Francesco – figlio dell’Angiolino patron di VinNatur – e dalla moglie Erica Portinari, ha annunciato in pompa magna l’ingresso “in pianta stabile” di Gianpaolo Giacobbo. Un “amico”.

Peccato si tratti di uno dei referenti del Veneto di Slow Wine, piattaforma enologica di Slow Food, il movimento nazionale fondato da Carlo Petrini. Al di là della correttezza e della professionalità di Giacobbo, che forse solo il Padre Eterno potrà e dovrà giudicare, pare evidente il conflitto d’interessi tra i due ruoli. Un po’ come se il commercialista, in pausa pranzo, facesse il finanziere.

Una vicenda su cui qualcuno, in Veneto, chiacchiera ormai da anni. Il rapporto di collaborazione tra il degustatore di Slow Wine e la distribuzione Arké non è infatti nato ieri. Eppure tutti tacciono e hanno taciuto, almeno ufficialmente. Produttori, stampa, amici, colleghi.

E’ quella che mi piace definire omertà del pezzo di terra.

In Italia (e circoscrivo geograficamente perché vivo qui, mangio e bevo qui) parlano e denunciano solo due categorie: quelli che non hanno niente da perdere (ma proprio niente) e quelli che, più semplicemente, hanno una Coscienza (questi ultimi sono tutto tranne che eroi: fanno solo il giusto, sempre).

Chi ha un “pezzo di terra” da difendere, seppur piccolo e ormai quasi sterile, non apre bocca in Italia per paura di perdere quel poco che si è guadagnato.

Non importa come, l’importante è conservarlo. Anche col silenzio.

Chi ha una Coscienza (e una Coscienza dovrebbero averla tutti quelli che scrivono, giudicano, editano, organizzano eventi e influenzano in maniera varia i consumi dei lettori, anche potenziali) invece parla (e scrive) senza temere conseguenze: ovviamente se ha qualcosa di sensato da dire, o da scrivere.

E allora perché la stampa, in Italia, raramente denuncia? La risposta è semplice. E voglio restare nel campo della dell’enogastronomia, per non allargare troppo il cerchio. In Italia, di giornalismo e di vino, non si campa.

LA STAMPA ENOGASTRONOMICA IN ITALIA
Molti giornalisti enogastronomici vengono pagati (quando vengono pagati) pochi euro ad articolo. Pagamenti che tardano ad arrivare, contratti a tempo determinato che saltano (“Sotto al prossimo, chi è il numero 744? Prego, questa è la sua scrivania da stagista”), giornali che chiudono, portali offline, sono all’ordine del giorno.

La penna di chi scrive di vino e di cibo, in italia, rischia di rimanere spesso senza inchiostro, in un vorticoso e beffardo gioco del destino che porta il writer di turno a scrivere di beni che non può neppure lontanamente permettersi.

La vita stessa della testata che state leggendo è a rischio e fa i conti ogni fine mese con la cinica matematica dettata dall’illogicità del sistema dell’informazione. Non a caso abbiamo aperto un form per le donazioni dei lettori: gli unici che potrebbero premiare la nostra quotidiana guerra per un’informazione libera e indipendente (sapete quanti ci vorrebbero “chiusi” domani mattina? Da oggi qualcuno in più!).

PER CHI NON LO SAPESSE
Giornalisti e winewriter
(nella categoria rientrano ormai anche le graziose donzelle che necessitano di due sedute dall’estetista prima dello scatto alla bottiglia, o della partenza della #wineporn diretta su Instagram) vengono invitati a dei tour dai Consorzi e dalle cantine.

Vitto e alloggio pagato, per scrivere di questa o quella Denominazione. Di questo o di quel produttore. Mettetevi nei panni degli invitati: dareste mai problemi ai padroni di casa? E a chi vi invita? Ecco, appunto: fareste di testa vostra, in caso di necessità, solo se foste molto dotati (della Coscienza di cui sopra, s’intende). E vi assicuriamo che non finisce sempre così.

Eppure è vero anche il contrario: dall’altra parte della barricata, nel Paese del Bengodi della critica enogastronomica italiana, esistono tuttora personaggi alla moda che girano per cantine col Suv e il rimborso spese, pure per la moglie (cosa che avviene pure le compagne di certi fighissimi wine & food influencer).

Beati quelli con lo specchio del bagno di casa sporco
sin dalla mattina, quando se la lavano. La faccia.

Tutta questa spataffiata sull’omertà e sul “pezzo di terra” mica per fare caciara. Piuttosto per dire che, in fondo, pure il buon degustatore di Slow Wine Veneto deve arrivare a fine mese. E per questo non lo biasimiamo. Siamo tutti sulla stessa barca. Ma l’etica, beh. Quella è un’altra cosa. E non siamo noi a insegnarla. In alto le Chiocciole. Cin, cin.

 

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