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degustati da noi news vini#02

Da Solive a I Barisèi: in Franciacorta una nuova realtà


ERBUSCO – 
Si apre un nuovo capitolo in Franciacorta. La famiglia Bariselli ha presentato in mattinata la linea di Franciacorta “I Barisèi“, che andrà a sostituire nell’Horeca i vini sino ad oggi marchiati Solive.

A un secolo dalla prima vendemmia – il payoff della cantina, non a caso, è “in vigna dal 1898” – la storica famiglia di Erbusco ha deciso di “mettere la faccia”, anzi il cognome, sul nuovo brand.

“Barisèi” è infatti la contrazione dialettale di Bariselli. Ma si tratta di molto più di una semplice operazione di rebranding di Solive, marchio che sarà destinato esclusivamente all’altra attività dei Bariselli, l’agriturismo.

I quattro vini presentati da Gian Mario Bariselli (quarta generazione) segnano una vera rivoluzione rispetto alla precedente produzione. “Dal bozzolo è finalmente uscita una bella farfalla, figlia dell’esperienza maturata in trentanni di sperimentazioni”, ha riassunto benissimo l’enologo Paolo Turra, che da 5 anni affianca i Bariselli e il consulente enologo trentino Massimo Azzolini.

I “nuovi” Franciacorta hanno infatti uno sprint maggiore, frutto di una più attenta selezione delle uve e di una pressatura più soffice, utile ad estrarre dal mosto fiore solo le migliori caratteristiche.

Si tratta di micro vinificazioni dei vari appezzamenti a disposizione della famiglia Bariselli nell’anfiteatro morenico franciacortino, utili a comporre le migliori cuvée, per un totale complessivo di 30-35 mila bottiglie.

Un quadro completato dalla grande attenzione per l’ambiente, come confermato dall’agronomo Giuseppe Turrini, con i “Barisèi” dal 2003: “Siamo biologici da sempre, anche se la certificazione è arrivata solo nel 2014″. E nel calice pochissimi solfiti: secondo le analisi di laboratorio, tutte le etichette registrano un totale di solforosa che oscilla tra i 60 e i 70 milligrammi litro.

La mia non è sfida – ha commentato Gian Mario Bariselli – ma piuttosto un volermi mettere in gioco, senza timori. C’è tutta la mia vita nei calici de I Barisèi. Ed è quello che spero di trasmettere a chi vorrà degustare le nostre nuove etichette”.

Una gamma che, entro cinque anni, raddoppierà. Agli attuali Franciacorta “Sempiterre”, Satèn, Rosé e “Natura” saranno affiancati, entro il 2023, la Cuvée Millesimata “Mariadri”, un Rosé Riserva de saignée, una Riserva vendemmia 2011 e un Blanc de Noir vendemmia 2016.

A benedire il nuovo corso de I Barisèi anche Giuseppe Salvioni, amministratore delegato del Consorzio di Tutela del Franciacorta: “Si tratta di un progetto che può essere descritto con semplici parole. Quel cognome espresso in forma dialettale sta lì a ricordare il cuore, la passione, la voglia di fare e di dimostrare a se stessi e al mondo che il proprio lavoro vale e merita di essere considerato. Uno spirito che si ritrova poi nel calice”.

Il marchio “Solive” non scomparirà definitivanente: sarà usato per i vini prodotti per l’omonimo agriturismo, situato sempre ad Erbusco.

LA DEGUSTAZIONE


Franciacorta Docg Brut “Sempiterre”: 87/100

Non propriamente “millesimato”, anche se si tratta di una cuvée di uve della vendemmia 2015: 90% Chardonnay, 10% Pinot Nero. Poco più di 30 mesi su lieviti, dunque. Perlage fine, persistente. Naso per nulla condizionato dai sentori di lieviti. Pertanto agrumi, ma anche fiori, leggera percezione salina, unita a una vena cremosa.

In bocca molto equilibrato, fresco, corrispondente. Persistente. Quando si scalda un poco, il naso regala una nota netta di liquirizia dolce al naso. Molto più di un semplice vino “d’entrata”. Anzi, il segno che i Barisèi credono davvero in questa nuova avventura, nel nome della qualità.

Franciacorta Docg Satèn Millesimato 2014: 89/100
Oltre 40 mesi di affinamento sui lieviti per questo Chardonnay in purezza. Al naso una vena morbida più evidente rispetto al precedente: alle trame cremose fanno eco richiami preziosi di macchia mediterranea, che sfociano in venature mentolate intriganti. Si ragiona dunque sulla complessità.

In bocca sorprende per la verticalità non annunciata dal naso, pur sempre nei canoni del massimo equilibrio. Il gioco è sempre quello degli agrumi, sull’altalena col sale. Altro sorso lungo, che lascia il segno. E’ lo spumante de I Barisèi che segna il passo rispetto alla precedente gestione delle pressature.

Franciacorta Docg Rosé Millesimato 2013: 88/100
Siamo di fronte a un calice da 54 mesi sui lieviti, dunque alla soglia di una riserva (60 mesi).

Pinot nero in purezza: l’80% è vinificato in bianco, mentre il restante 20% viene lavorato tramite criomacerazione prefermentativa.

La firma sul colore, per intenderci, oltre al desiderio di conservazione degli aromi primari dell’uva. Frutto piuttosto preciso al primo naso, tendente a una leggera maturazione, invitante.

Leggera nota confettata, prima di una vena agrumata e floreale, fresca. Mineralità in questo caso un po’ coperta dal frutto rosso: prettamente fragola, lampone, con il ribes sul fondo. Un nettare che in bocca dà il meglio di sé. Ecco finalmente la vena salina, attesa.

Retro olfattivo carico di “colore”, lungo, preciso, delicato e forte al contempo, con ritorni di buccia d’arancia che si legano alla salinità, chiamando il sorso successivo. Qualche grammo in meno nel dosaggio (oggi a 6 grammi litro) e il calice sarebbe stato eccezionale.

Franciacorta Docg Millesimato 2013 “Natura”: 90/100
Dosaggio zero, 54 mesi sui lieviti, vendemmia 2013: 80% Chardonnay, 20% Pinto Nero. Bel perlage, fine, molto persistente. Il Pinot Nero marca bene il primo naso, mostrando sin da subito cosa sta lì a fare: molto più di un semplice completamento muscolare, pensato per rinvigorire il palato.

“Natura” è (giustamente) il più “pieno” dei Franciacorta de I Barisèi in ingresso di bocca, che si rivela potente. La spiccata mineralità disegna un vino di terroir, impreziosito da una venatura fumè leggera, tipica dei grandi di Franciacorta.

Palato giocato su note agrumate di gran precisione e pulizia. Lungo, ancora una volta, su frutto e sale. “Natura” ha il pregio di riuscire ad essere avvolgente, cremoso e al contempo dritto, verticale, forte. Il tutto in un quadro molto elegante, che lo rende perfetto per la tavola.

Franciacorta Riserva 2011 (sboccato a la volèe): 85/100
Sorpresa di giornata, con la decisione di sboccare a la volèe una delle quattro future etichette de I Barisèi. Un vino che se da un lato convince per la piacevolezza e l’estrema facilità di beva, dall’altro spiazza per un naso troppo poco di terroir, orientato prettamente sul frutto maturo. Considerazioni comunque superficiali e da prendere con le pinze, visto che si tratta di un vino sboccato da pochi secondi.

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Adi Apicoltura lancia “Biodiversità”

Oltre 150 anni nella produzione di miele, 20 anni di certificazione biologica e una storia di famiglia che parla di rispetto per l’ambiente e la natura, oltre che di salvaguardia delle api.

ADI Apicoltura lancia la nuova linea “Biodiversità” che contiene 5 mieli biologici 100% italiani frutto della pratica del nomadismo, che lascia le api libere di succhiare il nettare dai fiori in varie zone incontaminate d’Italia, a seconda dell’andamento stagionale delle fioriture. La nuova linea sarà lanciata ufficialmente il 26 marzo, in occasione dei 20 anni di certificazione biologica di ADI.

“Biodiversità” è un progetto che sostiene la Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus e punta a sensibilizzare i consumatori sul tema del rispetto dell’ambiente e degli animali, sottolineando il rapporto diretto fra la tutela della biodiversità e la sopravvivenza di molte specie ormai in via di estinzione.

Acacia, agrumi, castagno, millefiori e tiglio, queste le 5 varietà di miele presenti nella nuova linea. Sono racchiusi in vasetti da 250 grammi. Sull’etichetta le illustrazioni di altrettanti animali inseriti nella lista WWF fra quelli in via d’estinzione: il lupo italiano, la tartaruga delle Galapagos, il lemure del Madagascar, il panda gigante e il leopardo delle nevi.

“Con i mieli della nuova linea – spiega l’azienda produttrice in una nota – ADI prosegue e intensifica il suo impegno a favore della protezione dell’ecosistema e del mantenimento del suo delicato equilibrio, tema da sempre caro alla famiglia Iacovanelli“.

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Guida Locali Storici: un viaggio nel gusto italiano. Anche in digitale


Un viaggio nell’Italia più bella, quella da gustare nei locali che hanno fatto la Storia del nostro Paese e dove è nato il famoso “gusto italiano”. E’ un itinerario da scoprire quello contenuto nella 43esima edizione della Guida ai Locali Storici d’Italia, presentata all’Hotel Massimo d’Azeglio di Roma, in Via Cavour 18.

Dall’espresso alla pasta, dal risotto ai dolci: quello che oggi nel mondo è conosciuto come il “gusto italiano” è nato proprio qui, in questi prestigiosi caffè, ristoranti, hotel e pasticcerie con secoli di vita alle spalle. Questa nuova edizione della Guida ai Locali Storici d’Italia è un viaggi tra i locali che hanno fatto la storia del gusto in Italia (e non solo).

La nuova edizione della Guida ai Locali Storici d’Italia – oltre 200 esercizi e più di 300 pagine bilingue italiano/inglese – è dedicata all’eccellenza che attraversa la storia, viaggiando tra tradizione e modernità grazie a piatti esclusivi e semplicissimi che ancora oggi vengono realizzati nei Locali Storici.

Edita dall’Associazione Locali storici d’Italia, libero sodalizio culturale nato nel 1976 e presieduto dal 2017 da Enrico Magenes di Pavia, la Guida è illustrata al tratto dal pittore Gianni Renna, come usava nelle guide ottocentesche.

Viene distribuita gratuitamente dall’Associazione a chi ne fa richiesta, con il solo contributo delle spese di spedizione, ed è disponibile presso i locali associati.

Guida ai Locali Storici d’Italia è un viaggio da Nord a Sud, alla scoperta dei cibi che ci rendono unici e apprezzati in tutto il mondo. Un itinerario inedito, che si può vivere anche grazie ad una nuova applicazione per smartphone e tablet (scaricabile da App Store per iOs https://itunes.apple.com/us/app/locali-storici-ditalia/id1452784612?mt=8 e da Google Play Store per Android https://play.google.com/store/apps/details?id=com.localistorici).

Ed è la prima volta che un’edizione digitale affianca quella cartacea della guida, permettendone un utilizzo pratico e veloce, anche in viaggio per piacere o per affari.

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In Costiera Amalfitana l’Anteprima Campania Stories

CETARA – La Costiera Amalfitana, patrimonio dell’Umanità per l’Unesco, ospiterà l’Anteprima Campania Stories 2019. La rassegna pensata per presentare alla stampa nazionale ed internazionale e agli operatori di settore le nuove annate dei vini campani è in programma dal 28 marzo all’1 aprile.

La rassegna si aprirà giovedì 28 marzo, alle ore 17, all’Auditorium di Villa Rufolo di Ravello, uno dei luoghi più suggestivi della regione, affacciato sul mar Tirreno e sul golfo di Salerno. L’incontro di presentazione sarà preceduto da un esclusivo tour in motonave lungo la Costa d’Amalfi, riservato alla stampa di Campania Stories.

Un modo per mostrare dal mare l’incommensurabile bellezza di una terra unica al mondo. Al termine dell’incontro di presentazione è previsto il brindisi di benvenuto in collaborazione con il Consorzio Vita Salernum Vites.

Venerdì 29 e sabato 30 marzo saranno dedicati ai tasting tecnici, con l’assaggio dei vini delle aziende partecipanti. A seguire, i giornalisti saranno condotti in un tour in tutto il territorio regionale, per visitare le cantine ed incontrare i produttori.

Lunedì 1 aprile la giornata di chiusura, con il tradizionale momento dedicato agli operatori di settore. Si tratta del Campania Stories Day, dedicato all’assaggio dei vini delle aziende partecipanti.

Tre le fasce orarie disponibili, dalle ore 10 alle ore 12, dalle ore 15 alle ore 17 e dalle ore 18 alle ore 20. La rassegna è promossa da Miriade & Partners insieme alle aziende partecipanti, con il supporto della Regione Campania e in collaborazione con i sommelier Ais Campania.

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Gli Editoriali news

“Other area” a chi? Falstaff “declassa” l’Oltrepò pavese allo Sparkling Trophy 2018

EDITORIALE – D’accordo, diciamocelo. Ci sarà pure un po’ di paraculismo da parte dei tedeschi di Falstaff, per allargare la platea degli incoronabili. Ma la medaglia d’argento conferita alla Conte Vistarino allo Sparkling Wine Trophy 2018 ideato dalla rivista tedesca, a dire il vero, è un mezzo scandalo. E non perché non si tratta di un oro.

Il risultato è stato annunciato ieri, nella giornata di chiusura della Prowein Trade Fair 2019  di Düsseldorf.

Il premio ritirato dalla contessa Ottavia Giorgi di Vistarino per il Metodo Classico Oltrepò Pavese Docg Millesimato 2008 Pas Dosé “Cepage” rientra nella categoria “Other Areas Italy“. Ovvero: “Altre aree d’Italia“.

E’ un po’ come se una rivista di settore italiana creasse una categoria ad hoc per uno Champagne della Montagne de Reims, per premiare nella categoria “Francia” solo quelli della Cote Des Blancs o della Cote des Bar.

Per favore adesso qualcuno, dalle parti di Pavia, alzi la mano dal fondo della sala per ricordare ai tedeschi di Falstaff che l’Oltrepò pavese è una delle aree più vocate in Italia per la produzione di Metodo Classico.

Qualcuno alzi la mano, dalle parti di Pavia, per dire ai tedeschi che la famiglia Vistarino ha a disposizione 200 ettari di Pinot Nero e una modernissima cantina, inaugurata da pochi mesi.

Qualcuno alzi la mano, va bene anche da Garlasco (ex targa “PV”, per l’appunto) per dire ai tedeschi che è un insulto all’Italia inserire uno spumante dell’Oltrepò pavese nella categoria “Other Areas Italy”.

Qualcuno, da Torrazza Coste o giù di lì, inviti i tedeschi a farsi un giro in Oltrepò. Per scoprire, se non altro, quanto ben di vino c’è da quelle parti, non solo con le bollicine. A meno che l’eterno ruolo di “serbatoio” non faccia stare un po’ zitti tutti. Allora sarebbe il caso di berci su, anche in questa “Other Area of Italy”. Cin, cin.

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Perché non dobbiamo avere paura del vino della Cina. Assicura Great Wall Wine


DÜSSELDORF –
Due motivi e una speranza, per non avere paura del vino della Cina. Dalle parti di Pechino il vino è “uno status symbol“. Roba da ricchi, un po’ come le auto negli anni del boom economico. Impossibile concepirlo come un qualsiasi prodotto di largo consumo.

Secondo: i costi di produzione sono più alti rispetto ad altri Paesi industrializzati. Ecco dunque la speranza: che il manager di Great Wall Wine interpellato da WineMag.it alla Prowein Trade Fair di Düsseldorf non racconti storielle mentre, alle sue spalle, la Cina arma i cannoni (del vino) per invadere come un fiume in piena l’Occidente.

Le dichiarazioni trovano però conferme importanti. Di recente, Great Wall Wine, uno dei maggiori player cinesi del settore, detenuto dal colosso Cofco, ha tagliato il 40% della propria gamma. Si tratta delle referenze più economiche.

Una scelta dettata non solo dalla necessità di semplificazione del portafoglio, negli anni in cui la Cina inizia a mettere i piedi fuori dai propri confini, con le proprie etichette di vino.

I consumatori cinesi sono entrati in una nuova era: cercano la qualità e non amano seguire i grandi brand”, spiegava nel 2017 Li Shiyi, general manager di Great Wall Wine, intervenendo a Prowine China.

E in effetti ne è passato di tempo da quando la viticoltura comparve nella Repubblica Popolare, sul finire del 1800. “Oggi bevono vino un po’ tutti in Cina – spiega il rappresentante di Great Wall Wine interpellato a Prowein – dai giovani agli anziani. Il consumo pro capite è cresciuto negli ultimi 20 anni grazie ai film“.

“I protagonisti di queste sceneggiature – continua la fonte di WineMag – erano per la maggior parte di abitanti di Hong Kong, molto ricchi, intenti a degustare del vino, con il loro bel calice in mano. A dare la spinta ai consumi è stato il ceto medio cinese e nessuno intende abbassare il prezzo del vino importato, né tanto meno di quello prodotto in Cina da un numero sempre più crescente di cantine”.

Ma chi ci assicura che il vino cinese non farà la fine della moda, o dei giocattoli taroccati e senza certificazioni che alimentano il mercato nero mondiale? “Conosco bene il problema, ma questo non accadrà mai per il business del vino. Anche perché il nostro obiettivo è arrivare a produrre vini di qualità che possano competere con l’Occidente“.

A questo punto il nostro interlocutore si alza e torna svelto, con una bottiglia di vino in mano. “Do you know Mr Michel Rolland?“, chiede il nostro interlocutore cinese mostrando una elegante etichetta di Cabernet Sauvignon, vendemmia 2012.

Si tratta di un enologo francese di fama mondiale, che sta lavorando per diverse cantine del Nuovo Mondo, tra cui proprio Chateau Sungod, uno dei fiori all’occhiello di Great Wall Wine. “Questo vino – continua – è in vendita a 250 euro in Cina. E’ a questo tipo di prodotti che guardiamo con interesse”.

E c’è poi l’altro aspetto da considerare. “I costi di produzione del vino, in Cina, sono attualmente più alti che in Occidente. Quindi sarà difficile trovare, anche fuori dal Paese, dei vini che costino meno di 10 euro”.

LA DEGUSTAZIONE

D’accordo, ma come sono i vini cinesi? Buoni? Pessimi? La risposta migliore è corretti. Nessun difetto – non si può dire lo stesso di altri territori presenti al Prowein 2019 di Düsseldorf, come la volatilissima Georgia o la Grecia – ma al contempo una grande difficoltà ad emozionarsi davvero, al cospetto del calice.

Sono tutto sommato buoni il Riesling Italico allevato a 1200 metri d’altezza, nella regione del Ningxia, e quello Renano cinese, che cresce nel Shacheng. Così come è interessante, per restare tra le varietà a bacca bianca, il vino prodotto dalla varietà autoctona Longyan: la vendemmia 2018 ricorda per la parte erbacea un Sauvignon Blanc, dalla chiusura vagamente tannica dovuta a una leggera macerazione.

Tutti internazionali i vitigni dei rossi degustati, dal Marselan, la verità ottenuta dall’incrocio tra Cabernet Sauvignon e Grenache, ai veri e propri Cabernet, passando per la grande “Selection” elaborata da Rolland “con” Great Wall Wine (preposizione “con” su cui il nostro interlocutore pone l’accento) e un buon uvaggio Merlot-Cabernet, vendemmia 2012.

La Cina, in definitiva, sembra essere nella fase della presa di coscienza di sé stessa e dei propri mezzi. Quello stato morale del calciatore senza infamia e senza lode, che in allenamento corre, si impegna e sa di poter contare sulla fiducia del mister. Che però non lo schiera, la domenica.

In campo, ancora per un po’, ci finiranno sempre quelli col codino o il numero 10 sulle spalle. Che se non è il 10 è il 7. I campioni, insomma. Quelli capaci di metterla all’incrocio, cambiando il risultato con una magia. Del resto, con dei titolari così al mondo, nessuno vuole mettere fretta alla Cina. O no? Cin, cin.

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Centinaio al Prowein: “Italia armata Brancaleone. All’estero serve unità”

DÜSSELDORF – “Secondo voi, un buyer cinese, australiano o americano, ascolta l’armata Brancaleone Italia o chi si presenta in modo organizzato? Io, se fossi un buyer, ascolterei chi si presenta in maniera organizzata”.

Non usa giri di parole il ministro delle Politiche Agricole Alimentari, Forestali e del Turismo, Gian Marco Centinaio, alla presentazione dell’edizione 2019 della Milano Wine Week (Milano, 6-13 ottobre), andata in scena ieri sera al Hyatt Regency Hotel di Düsseldorf, città che ospita ancora per oggi la più importante fiera enologica del mondo, Prowein (17-19 marzo).

Una vetrina internazionale, quella scelta dall’ideatore della Mww Federico Gordini, in cui il ministro Centinaio ha figurato come ospite d’onore, lasciando il segno. Contrastanti i pareri sull’intervento raccolti tra i numerosi produttori presenti in sala: qualche mugugno per aver “parlato male del Paese, in un palcoscenico estero”.

Nel settore del vino, così come in tanti altri in Italia – ha evidenziato il Ministro – ognuno si promuove secondo le sue strategie, le sue indicazioni, i suoi obiettivi, senza fare mezzo passo indietro col quale si risolverebbe tutto. Noi italiani andiamo in giro per il mondo a promuoverci con tantissime voci e proposte diverse, senza pensare che il nostro interlocutore apprezzerebbe una voce unica”.

“Regione, Consorzio, Camere di Commercio, Camere di Commercio estere, privati, eccetera, eccetera, eccetera, eccetera. Tutti vanno all’estero e ognuno dice qualcosa di diverso dall’altro. Questo è il sistema Italia. Arriva il sistema Francia e ce ne sono uno, due, tre di interlocutori, al massimo. Arriva la Spagna? Stessa cosa. La Germania? Stessa cosa”, ha aggiunto Centinaio.

Evidente il richiamo (più o meno esplicito) ad organismi come il Gambero Rosso, cui oggi si deve gran parte della promozione all’estero di molte aziende del vino, proprio per l’assenza di un’unica centrale di comando e coordinamento dell’export italiano.

A ribadire l’importanza del tema, sempre tra i relatori della serata di presentazione della Milano Wine Week 2019 a Düsseldorf, è stata Silvana Ballotta, amministratore unico BS Business Strategy che ha coordinato, lo scorso anno, il Business Forum della Mww.

Al tavolo di internazionalizzazione – ha sottolineato la dirigente – il bisogno più pressante espresso dal settore del vino italiano riunitosi a Milano è stato quello di avere un player unico, che crei condivisione su obiettivi di medio e lungo termine. Una cabina di regia per l’export italiano nel mondo”.

“Siamo ancora lontani da questo risultato”, ha risposto Centinaio, che nella sua giornata di visita al Prowein ha notato “la mancanza del tricolore tra gli stand dei vari Consorzi del vino italiano”. “Forse dovremmo partire da qui e capire se ci teniamo, altrimenti ognuno vada per la sua strada”, ha concluso il ministro.

LE NOVITA’ DELLA MILANO WINE WEEK

Un linguaggio diretto che ha scaldato la platea dello Hyatt Regency Hotel di Düsseldorf, riunita appunto per assistere alle prime anticipazioni dell’edizione numero uno della Milano Wine Week – “The Milanese Way of Wine“.

“L’edizione ‘zero’ è stata quella dello scorso anno – ha evidenziato Federico Gordini – organizzata in pochissimi mesi. E la cosa che mi rende orgoglioso è aver ritrovato i partner al mio fianco, in questo 2019”.

Dal 6 al 13 ottobre, Milano vivrà l’ebrezza di un’intera settimana di vino. La città sarà divisa in 12 distretti, i “Wine District”, gestiti ognuno da un diverso Consorzio italiano. Tutte le enoteche e wine bar dei distretti meneghini saranno coinvolti in attività collaterali della Milano Wine Week 2019.

Ma la vera novità, oltre al filo diretto della Mww con il Merano Wine Festival – presente a Düsseldorf il patron Helmuth Köcher – sono i “Wine Bus“. “Grazie alla partnership con alcuni tour operator – ha spiegato Gordini – saremo in grado di collegare Milano alle zone più vocate della viticoltura non solo lombarda, ma anche delle regioni limitrofe, dal Veneto al Piemonte, offrendo tour guidati alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche”.

Tra le altre saranno interessate la Valtellina, così come le Langhe, l’area del Gavi o dei Colli Piacentini. Una grande occasione che non si è lasciata scappare la Franciacorta, definita appunto da Cristina Ziliani (Berlucchi) “il giardino di Milano”. Un ruolo soffiato a un Oltrepò pavese geograficamente più vicino, eppure sempre più lontano dalle rotte del vino che contano.

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degustati da noi news vini#02

Lacrima di Morro d’Alba by Lucchetti: tre interpretazioni del rosso del futuro


MORRO D’ALBA –
In una terra senza vie di mezzo, dove il caldo è caldo e basta e il freddo porta spesso la neve, Mario e Paolo Lucchetti hanno trovato l’equilibrio. In una cantina, la loro. Tra il mare e la collina. E con un vitigno, strepitoso: la Lacrima di Morro d’Alba.

Un autoctono dai mille volti, capace come pochi in Italia di mostrare la mano del vignaiolo. Il suo tocco, in base alle scelte compiute durante la vinificazione. Per questo il Lacrima di Morro d’Alba è il vino rosso del futuro.

Versatile e mutevole, come le scelte dei consumatori moderni, pronti a balzare da un fiore all’altro, come api. Un caleidoscopio evidente nell’assaggio di tre vini dell’Azienda agricola dell’entroterra della provincia di Ancona.

Fiore” (etichetta nera), “Guardengo” (etichetta azzurra) e “Mariasole” (etichetta arancione). Tutti vini prodotti in purezza con quell’uva dal nome romantico, dovuto alle gocce di succo che l’acino “piange”, quando è maturo. Tre espressioni diverse di un vitigno che sembra giocare col gusto, assecondando i palati più disparati.

Con il plus del tappo: Paolo Lucchetti, infatti, ha scelto lo screw cap, il tappo a vite, per due delle tre etichette oggi sotto la nostra lente di ingrandimento. Una scelta coraggiosa, nel segno del futuro. La prova che si può cambiare, rimanendo sempre se stessi. Un po’ come il Lacrima di Morro d’Alba.

LA DEGUSTAZIONE

Lacrima di Morro d’Alba Doc 2017 “Fiore”: 87/100
Rubino poco trasparente. Naso piuttosto ruffiano, ma non per questo sgarbato o scomposto. A dominare la scena è il frutto, maturo.

Una nota d’amarena netta, ma anche di albicocca sotto sciroppo. Bel fiore, assimilabile alla rosa.

La speziatura è delicata, così come la venatura di liquirizia che fa capolino con l’ossigenazione. Ingresso di bocca austero, teso, verticale.

Una percezione “tannica” che, pur non disturbando il sorso, lo condiziona in termini di lunghezza e complessità, con il retro olfattivo giocato sulla liquirizia.

Un tannino evidente, appunto, anche al naso, nella sua fase vegetale. Un bell’inizio per comprendere le potenzialità del vitigno.

Vigne di 20 anni, con raccolta manuale a fine settembre. Diraspatura e pigiatura soffice. Vinificazione in acciaio e affinamento in vetro per 3 mesi, prima della commercializzazione.


Lacrima di Morro d’Alba Doc Superiore 2017 “Guardengo”: 90/100
Il vino più dirompente, per certi versi, della batteria. Il frutto (mora e ciliegia su tutti) è maturo e intenso. E’ intensa anche la nota “verde”, assimilabile al tannino.

Così come è netta la componente salina. Di accennata c’è solo la spezia. La fotografia di una Lacrima di Morro d’Alba giovane e di gran prospettiva.

Ingresso di bocca dirompente, scapigliato. Dritto, sulla freschezza. Duro, sul tannino e sul sale. Testardo, sull’accenno di spezia verde e nera.

Un nettare pronto ad ammansirsi in centro bocca, dove finalmente trova l’atteso equilibrio.

Lunghissimo il finale, freschissimo, tra acidità e venatura speziata, che lo rende addirittura balsamico. Una bella Lacrima d’allungo, da aspettare negli anni e da aspettare – anche oggi – nel calice, per valutarla nel gioco positivo e divertente, con l’ossigeno.

“Guardengo” è il vigneto più vecchio dell’Azienda agricola Lucchetti (40 anni), con impianto a sylvoz e guyot. I grappoli vengono raccolti a mano, a metà ottobre. Diraspatura e pigiatura soffice. Fermentazione in acciaio e successiva permanenza in cemento vetrificato per 6 mesi. Stesso periodo in bottiglia, prima della commercializzazione.


Lacrima di Morro d’Alba Doc 2016 “Mariasole”: 89/100
Rubino poco trasparente. Naso molto intenso, che vira da un principio di frutta matura (mora, lampone, ciliegia) a percezioni floreali nette, di rosa e di viola. Non manca una punta di spezia, unita a un bell’accento marino, salino.

Ingresso di bocca piuttosto verticale, fresco, per certi versi inatteso data la componente di frutta matura avvertita al naso.

In centro bocca il nettare trova la sua corrispondenza, anche grazie a un alcol che si fa sentire, ma senza disturbare.

Il tutto prima di una virata su un tannino dosato, dolce ma di prospettiva, e su una leggera vena salina che chiama il sorso successivo, in un pregevole e complesso allungo. Alla cieca, un “Amarone” del centro italia: per la compresenza tra polpa e freschezza, ma anche per la scelta di cogliere gli acini surmaturi e appassirli naturalmente in fruttaio.

Prodotta a partire dal 2007 solo nelle migliori annate, la Lacrima di Morro d’Alba “Mariasole” dell’Azienda agricola Lucchetti viene raccolta all’inizio di ottobre e macerata per 30 giorni. Il mosto resta in cemento vetrificato per 6 mesi e affina in bottiglia per 2 anni, prima della commercializzazione.

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Vola lo Champagne: vendite record a 4,9 miliardi di euro

MILANO – Champagne da record anche nel 2018. Nell’ultimo anno, le vendite del celebre vino francese hanno raggiunto i 4,9 miliardi di euro (+ 0,3% rispetto al 2017).

L’Italia segna un +4,2% rispetto all’anno precedente, con un fatturato di 158,6 milioni di euro (tasse escluse, franco cantina). Stabili i volumi, con 7.362.506 bottiglie. Il nostro Paese si conferma il quinto mercato mondiale all’export per giro d’affari.

I volumi di Champagne sono in calo (-1,8% con 301,9 milioni di bottiglie), a fronte di una flessione più contenuta del fatturato  grazie alla migliore valorizzazione delle cuvée. A livello globale, le esportazioni restano orientate al rialzo (+0,6% a volume e +1,8% a valore).

Fuori dall’Unione Europea la domanda è più dinamica, soprattutto in mercati come gli Stati Uniti (23,7 milioni di bottiglie, +2,7%), il Giappone (13,6 milioni di bottiglie, +5,5%) e l’area cinese (Cina, Hong Kong, Taiwan: 4,7 milioni di bottiglie, +9,1%).

Dopo un’evoluzione molto sostenuta negli ultimi 10 anni (+134%), l’Australia ha registrato un leggero calo (8,4 milioni di bottiglie, -1,8%), a causa di un tasso di cambio meno favorevole. Altri Paesi confermano il loro potenziale: il Canada con 2,3 milioni di bottiglie (+4,8%), il Messico con 1,7 milioni di bottiglie (+4,3%).

Da segnalare anche il Sudafrica, che supera per la prima volta il milione di bottiglie e segna un significativo incremento del 38,4%. La vendemmia 2018, senza precedenti dal punto di vista agronomico e di qualità eccezionale è di buon auspicio per le future cuvée della Champagne.

Il Comité Champagne, creato dalla legge francese del 12 aprile 1941, ha sede a Epernay e riunisce tutti i viticoltori e tutte le Maison di Champagne. L’organizzazione interprofessionale rappresenta uno strumento di sviluppo economico, tecnico e ambientale. Il Comité Champagne mette le due professioni in relazione tra loro e conduce una politica di qualità costante e di valorizzazione del patrimonio comune della denominazione.

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Italia sul podio del Concorso Mondiale del Sauvignon 2019

Si chiude così la decima edizione del Concorso Mondiale del Sauvignon, con l’Italia che sale sul podio arrivando terza dopo Francia e Austria.

La manifestazione, organizzata dall’agenzia belga Vinopres si è tenuta dal 7 al 9 marzo scorsi ad Udine in Friuli Venezia Giulia, regione ospitante per la seconda volta dopo l’edizione del 2015.

Un incremento del 66% rispetto allo scorso anno in termini di medaglie vinte con a farla da padrone proprio il Friuli Venezia Giulia che si è aggiudicata i due terzi delle medaglie italiane.

I risultati dei vincitori, consultabili qui, sono stati comunicati oggi al ProWein di Düsseldorf alla presenza, oltre che degli organizzatori, anche dell’assessore regionale alle risorse agroalimentari, Stefano Zannier, dell’assessore alle Attività Produttive, Turismo e Grandi eventi del Comune di Udine, Maurizio Franz, e di Renato Pontoni della Pregi, società incaricata dall’Ersa (Ente Regionale per lo sviluppo rurale del Fvg) di organizzare in loco la manifestazione.

ORGOGLIO FRIULANO
Grande soddisfazione espressa dall’Assessore Regionale alle Risorse Agroalimentari del Friuli Stefano Zannier che ha così commentato:”I risultati della 10ª edizione del Concorso Mondiale del Sauvignon ci riempiono di soddisfazione e dimostrano, ancora una volta, la qualità dei nostri vini . Le 35 medaglie che l’Italia si è aggiudicata, con un incremento di oltre il 60% rispetto alla scorsa edizione, di cui ben 26 al Friuli Venezia Giulia, sono motivo di orgoglio così come lo è sapere che il trofeo Rivelazione Sauvignon italiano è stato conferito a un’azienda vinicola del nostro territorio. Si tratta di risultati che confermano la capacità dei nostri produttori e danno lustro all’intera regione”.

LE MEDAGLIE ASSEGNATE
In tutto, su 1.010 vini in gara valutati da una giuria composta da una settantina di esperti internazionali, sono state assegnate 122 Medaglie d’Oro e 180 Medaglie d’Argento a Sauvignon provenienti da Francia, Austria, Italia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Spagna, Cile, Bulgaria, Germania, Stati Uniti, Slovenia, Slovacchia, Romania, Svizzera, Repubblica Ceca, Turchia, Grecia e Argentina.

La Francia è ancora in testa alla classifica con 157 medaglie vinte (il 24% in più, rispetto al 2018). Con 45 medaglie, l’Austria si è assicurata il secondo posto. L’Italia, con le sue 35, si è classificata terza, con un notevole incremento del 66% rispetto all’anno scorso.

Due terzi delle medaglie italiane sono state assegnate a Sauvignon provenienti dal Friuli Venezia Giulia che si è aggiudicato in tutto 26 medaglie, 12 d’oro e 14 d’argento. Con il 31% in più di medaglie rispetto all’anno precedente, la Nuova Zelanda è salita al quarto posto (21), seguita dal Sudafrica (14).

I TROFEI RIVELAZIONE E IL TROFEO DUBOURDIEU
Oltre alle 302 medaglie, la giuria internazionale ha assegnato 6 trofei Rivelazione ad altrettanti vini che hanno ottenuto il più alto punteggio, distinguendosi per l’eccellenza del Sauvignon bianco nelle diverse categorie.

Unico in Italia è stato premiato come Rivelazione il Sauvignon 2018 Braida Santa Cecilia della Cantina Pitars di San Martino al Tagliamento in provincia di Pordenone.

Gli altri Trofei rivelazione sono stati assegnati a Sauvignon non barricato Weingut Dreisiebner Stammhaus, 2017 Sauvignon blanc Hochsulz, Stiria meridionale, Austria; Sauvignon barricato St. Supery Estate Vineyard & Winery, Dollarhide Sauvignon Blanc 2017, Napa Valley, Stati Uniti;  Blend Château Magence, 2015 Château Magence, Graves, Francia;Sauvignon biologico Domaine des Emois, 2018 Domaine des Emois, Sancerre, Francia.

Trofeo Dubourdieu 2019 creato nel 2017 come tributo al prof. Denis Dubourdieu, padrino della prima edizione del concorso, è Domaine Delobel, 2017 Cuvée Exponentielle, Touraine, Francia. Il Trofeo va al vino capace di rivelare l’essenza più pura e raffinata del Sauvignon.

IL CONCORSO MONDIALE DEL SAUVIGNON
La decima edizione del Concorso è stata ospitata per la seconda volta in regione dopo la prima nel 2015, con il supporto organizzativo della Pregi e la collaborazione di Regione, Ersa, Comune di Udine e Consorzi delle Doc Fvg.

Una tre giorni che ha visto, oltre alle degustazioni ospitate a palazzo D’Aronco, sede del Comune di Udine, anche un ricco programma di visite guidate, conferenze, visite guidate alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche artistiche e paesaggistiche del Friuli Venezia Giulia.

Un programma che si è concluso con la cena di gala al Castello di Spessa con un menù firmato anche dallo chef stellato Alberto Tonizzo.

Tra i soggetti che hanno contribuito alla manifestazione Anag assaggiatori di grappe, Assoenologi, Ais, i ragazzi dello Stringher e dello Ial, il Consorzio del San Daniele e del Montasio, il personale dell’hotel Astoria, guide, interprete e i quattro relatori della conferenza-degustazione con cui il 7 si è aperta la manifestazione udinese (Marco Simonit, Rodolfo Rizzi, Enzo Di Zorzi e Fulvio Mansutti).

Nel 2020, il Concours Mondial du Sauvignon tornerà in Touraine, già sede della competizione nel 2013.

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Il Consorzio Vini Asolo Montello chiede il blocco delle rivendiche dei nuovi impianti

Il Consorzio Vini Asolo Montello ha deliberato la richiesta di invio, alla Regione Veneto, del blocco delle rivendiche riguardante i nuovi impianti a dimora dal 31 luglio 2019 nella zona di produzione dell’Asolo Prosecco Superiore Docg.

La misura, approvata a larghissima maggioranza dall’Assemblea dei Soci, è stata adottata con il preciso scopo di tutelare il paesaggio ed il territorio dei Colli di Asolo.

Se approvato, il blocco delle rivendiche avrà la durata di tre anni agrari e potrà essere sbloccato nel caso in cui cambino le condizioni di mercato, in un’ottica di equilibrio tra domanda e offerta.

VERSO UN’AGRICOLTURA SOSTENIBILE
Il Consorzio ha inoltre avviato un progetto per giungere alla definizione del “Metodo Viticolo Asolo Montello”, documento programmatico che ha lo scopo di istituire una serie di best practices volte anch’esse a tutelare il paesaggio,  a favorire la qualità delle produzioni vitivinicole e a ridurre gli stress fisiologici e parassitari delle piante contenendo le epidemie.

“Il blocco delle rivendiche e il nuovo metodo – spiega Armando Serena, Presidente del Consorzio Vini Asolo Montello – non sono che il primo passo di un percorso più lungo. Una strada, quella intrapresa dal Consorzio, che ha l’obiettivo di rendere la viticoltura più sostenibile. Il fine ultimo è quello di preservare il territorio ed il paesaggio asolani: è nostro dovere tutelare un patrimonio unico al mondo, che deve essere consegnato intatto alle generazioni future”.

Il progetto è stato reso noto durante l’incontro pubblico Il Metodo Asolo Montello per un vigneto sostenibile, tenutosi giovedì 14 marzo alla Fondazione La Fornace dell’Innovazione di Asolo. I relatori – Michele Borgo, redattore del programma, fitopatologo e membro dell’Accademia italiana della vite e del vino, Giovanni Pascarella e Davide Genovese – hanno illustrato i punti salienti del documento.

Il programma si rivolge in particolare alle cantine consorziate, ai conferenti delle Cantine Cooperative socie e a tutti i viticoltori che intendono avvalersi delle indicazione tecniche di produzione integrata e sostenibile per il distretto vitivinicolo collinare e di pianura.

ASOLO MONTELLO
Quella dell’Asolo Montello è la denominazione meno estesa delle tre votate al Prosecco ed è l’unica che può definire la tipologia Extra Brut nelle bottiglie prodotte con la Docg. Grazie alla modifica del disciplinare adottata dal Consorzio nel 2018, si prevede che l’Asolo Prosecco Superiore Docg sui lieviti possa essere prodotto nella versione Brut Nature o relativi sinonimi a partire dalla vendemmia 2019.

Con la convalida delle modifiche i produttori potranno inoltre scegliere se applicare in etichetta la dicitura di Asolo Prosecco Superiore Docg o la più semplice Asolo Docg, legando ancora di più il vino alla sua zona di produzione.

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Mirabella Franciacorta: parola d’ordine Pinot Bianco. Da sempre


RODENGO SAIANO –
Acqua che scorre, silenziosa. Plasmando i sassi di un greto che porta lontano. Non c’è immagine migliore per descrivere il lavoro, operoso, tenace e coraggioso, della famiglia Schiavi con Mirabella Franciacorta. Già, perché in Pinot Bianco they trust. Da sempre. Dall’inizio. Non da ieri. Dal 1979.

Mentre tutti, in zona, estirpavano la varietà per puntare solo su Chardonnay e Pinot Nero – uve meno problematiche che compongono la cuvée dello Champenoise bresciano – Teresio Schiavi, nel silenzio, come un fiume che scorre invisibile, sotto la falda, continuava a credere nelle potenzialità di quel vitigno, “maltrattato e bistrattato”.

L’ORA DEI PIONIERI

E oggi che in tanti, in Franciacorta, sono tornati a impiantare Pinot Bianco, Mirabella ha deciso di uscire allo scoperto. Di farsi conoscere. Di alzare la mano. Di dire “ci siamo anche noi”. Anzi: che Mirabella c’è sempre stata. Se non altro perché è tra le aziende fondatrici del Consorzio.

Quell’acqua e quei sassi, che i figli Alberto e Alessandro hanno voluto rappresentare attraverso le forme plastiche delle etichette, oggi scorrono e rotolano alla luce del sole. Sotto gli occhi di tutti. Tanto che il Pinot Bianco, l’orgoglio di Mirabella, sarà presto messo in vendita “in purezza”. Un unicum per l’intera Denominazione, pur non rientrando così tra le tipologie catalogabili come “Franciacorta” Docg.

“E il nostro modo per comunicare in maniera estrema la bontà delle scelte fatte da nostro padre negli anni Novanta – spiegano all’unisono Alberto e Alessandro Schiavi – quando scoprì che tra le barbatelle comprate in Germania come Chardonnay, impiantate negli anni Settanta, si nascondevano in realtà ben 8 ettari di Pinot Bianco“.

Le due varietà, fino ai primi anni Novanta, venivano infatti spesso confuse. Un po’ come Cabernet Franc e Carménère, sui Colli Berici. “Al posto di espiantare lasciai il Pinot Bianco, perché è una varietà straordinaria“, evidenzia con la determinazione di un adolescente il 70enne Teresio Schiavi. Una scelta che oggi si rivela più che mai vincente, se non altro sul fronte della comunicazione del brand Mirabella.

DALLA VIGNA ALL’ETICHETTA VARIETALE

Da qui la scelta di presentare ieri alla stampa, in anteprima, tre etichette mono varietali: un Pinot Bianco, uno Chardonnay e un Pinot Nero. Solo il primo entrerà presto nel ventaglio della gamma della cantina di Rodengo Saiano. E le sperimentazioni sul Pinot Bianco, di fatto, continuano.

“Tra i 9 ettari che stiamo per acquistare – annuncia Alessandro Schiavi – una quota di 33 filari andrà a formare un vigneto sperimentale, nel quale pianteremo 11 diversi cloni di Pinot Bianco provenienti da diversi angoli d’Europa e d’Italia, oltre a quelli selezionati tra i 12 ettari già di nostra proprietà”.

Una cifra rilevante, che costituisce oltre il 20% della superficie vitata di Mirabella. E di Pinot Bianco, in Franciacorta, ce n’è davvero poco oggi. Secondo i dati forniti dall’Ufficio Tecnico del Consorzio di Erbusco (BS), aggiornati al 5 marzo 2019, il vitigno a bacca bianca più presente nell’areale della Docg resta lo Chardonnay, con 2.313,61 ettari.

Al secondo posto il Pinot Nero, con 457,10 ettari. Terza piazza per il Pinot Bianco, con 78,26 ettari, seguito solo dall’Erbamat (3,41 ettari) la varietà autoctona su cui la Franciacorta sta scommettendo, dopo aver iniziato le prime prove di vinificazione nel 2011 e averla inserita nel Disciplinare di produzione nel 2017 (massimo del 10%, ad eccezione della versione Satèn).

Sperimentazioni che riguardano solo in maniera marginale Mirabella, che “l’autoctono” ce l’ha in casa da 40 anni, dalla fondazione: il Pinot Bianco, per l’appunto. E non è l’unica scelta rivelatasi vincente.

Già, perché Mirabella può contare “indoor” su numerose vasche di cemento, oggi vetrificato, utili per conservare e amplificare gli aromi primari delle uve, in anni in cui quel materiale, ormai caduto in disuso, sta tornando di moda tra i vignaioli.

Mentre gli altri le dismettevano in favore dell’acciaio, il buon patron di Mirabella le conservava gelosamente. Stai a vedere allora che in quel fiume, silenzioso e dirompente, simbolo della famiglia, Teresio ha trovato pure sfera e bacchetta magica.

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Biodiversità significa vino di qualità. In Franciacorta il primo studio al mondo


PROVAGLIO D’ISEO –
E’ la differenza che passa tra una bellezza naturale e una costruita dal chirurgo. Da un ambiente sano e ricco di biodiversità, non ritoccato dai “ferri” della chimica, nasce un vino “naturalmente” buono.

E’ quanto conferma per la prima volta al mondo uno studio avviato in Franciacorta dall’Università della California di Davis, in collaborazione con il professor Leonardo Valenti dell’Università degli Studi di Milano. Un progetto avviato tra i vigneti di Barone Pizzini, azienda pioniera della sostenibilità in Italia, poi diffuso in altre aree vinicole del Paese.

Non a caso Barone Pizzini ha affidato all’enologo Valenti la presentazione dei primi risultati dello studio, in occasione dell’assaggio delle basi spumante 2018 della maison franciacortina. L’analisi dei terreni dei “cru” – oltre 40 quelli a disposizione di Barone Pizzini – dà infatti vita a micro vinificazioni, utili alla perfetta composizione delle cuvée.

Un approccio che avvicina la cantina bresciana ad alcune note realtà cooperative dell’Alto Adige, che da anni vinificano separatamente le uve dei propri conferitori, per arrivare al miglior blend. La marcia in più è costituita dall’attenzione alle diverse condizioni registrabili nelle micro porzioni di ogni singolo vigneto.

Un puzzle nel puzzle, che si traduce per esempio in scelte differenti sui livelli di pressatura delle uve del medesimo “cru”, da stabilire in base alle caratteristiche di “croccantezza” ed elasticità della buccia.

Sembra una cosa ovvia la connessione tra la vitalità del suolo e la qualità del vino – spiega Silvano Brescianini, direttore generale di Barone Pizzini e neo presidente del Consorzio per la Tutela del Franciacorta – ma in realtà non sempre questo viene considerato”.

“Per di più – sottolinea Brescianini – non esistono pubblicazioni ufficiali su questo tema. Dobbiamo essere dunque orgogliosi, come italiani, di essere stati i primi a lavorarci. E un grande merito va al nostro enologo, il prof Valenti, e al nostro agronomo, Pierluigi Donna”.

I PUNTEGGI DI BIODIVERSITÀ
“Quando una vite è in equilibrio con l’ambiente – spiega Leonardo Valenti – lo dimostra con un comportamento vegetativo corretto e una tendenza a generare uve di qualità. Non abbiamo fatto altro che analizzare i fattori alla base di questa correlazione, nel sottosuolo”.

Sono stati messi sotto osservazione i differenti appezzamenti di Barone Pizzini, ritenuti più o meno in grado, secondo le evidenze storiche raccolte in occasione delle diverse vendemmie, di produrre uve di maggiore o minore qualità.

Abbiamo dunque assegnato dei veri e propri punteggi di biodiversità ai diversi terreni – aggiunge Valenti – provando per la prima volta al mondo le precise assonanze tra i valori di vitalità del suolo e la qualità dei vini da esso prodotti. Il medico non tratta tutti i pazienti alla stessa maniera. Conoscere le caratteristiche di ogni singolo terreno ci aiuta a comprendere come aiutarlo naturalmente a produrre meglio”.

L’ASSAGGIO DELLE BASI E L’ERBAMAT

Dal campo alla bottiglia, insomma, il passo è breve. E promette benissimo l’annata 2018 di Barone Pizzini, sulla base degli assaggi delle basi spumante dell’ultima vendemmia. Si tratta di prelievi di “botte”, che andranno a comporre i Metodo Franciacorta passando per il tiraggio e la successiva sboccatura.

Le uve atte alla produzione di spumante – ricorda il professor Valenti – devono raggiungere un’immaturità matura. Potremmo anche definirla una ‘maturità adolescenziale’, di un giovane che ha un carattere abbastanza formato, anche se ancora malleabile”.

E’ così che lo Chardonnay del “cru” Roncaglia, utile alla produzione dell’etichetta “Animante” (20-30 mesi sui lieviti) rivela una buona acidità, equilibrata col resto del corredo. Sarà infatti “tirato” a breve.

Più torbida la base dello Chardonnay di Ronchi, che finirà nella cuvée del “Satèn” o del “Naturae”. Una storia a sé per questo vino, ottenuto grazie a una selezione di lieviti indigeni compiuta in un magazzino sterile di Barone Pizzini, fino a individuare – tra 10 diversi – quello più capace di garantire elevati standard qualitativi in fermentazione.

Ben 5, ovvero la metà, sono risultati “gravemente problematici”: una riprova che anche tra i lieviti indigeni delle uve occorre fare selezione, per evitare arresti fermentativi o altri problemi indotti. Un progetto che Barone Pizzini intende comunque estendere ad altri vigneti.

Altro campione altra base: lo Chardonnay del “cru” del Roccolo è perfetto per il Franciacorta Riserva “Bagnadore”, prodotto di punta della cantina bresciana. Si tratta infatti delle ultime uve raccolte nel comprensorio aziendale.

Una maturazione più lenta che garantisce l’ottenimento di un vino base di potenza, struttura e maturità, grazie ad un accumulo di zucchero che non penalizza l’uva in termini di acidità e ph.

Non a caso le radici affondano in un suolo misto, dove parti profonde e sottili si mescolano. Una situazione simile a quella della fascia centrale della Borgogna, dove si trovano appunto i preziosi Grand Cru e i Premier Cru.

Tra gli assaggi più significativi anche quello dell’Erbamat, l’autoctono riscoperto da Barone Pizzini ed entrato ufficialmente tra i vitigni del Franciacorta dalla vendemmia 2017, con un massimo del 10%.

Un vitigno che dà vita a vini duri, ma dotati al contempo di una certa aromaticità, avvertibile nel retro olfattivo. In Italia può essere paragonato solo alla Durella, l’uva “tosta” con cui si produce il Metodo classico dei Monti Lessini.

“Il campanello d’allarme delle caldissime vendemmie 2003 e 2007 – spiega Silvano Brescianini – ci ha spinto ad interrogarci ancora più seriamente sui cambiamenti climatici. Tra le 18 varietà autoctone disponibili per la Denominazione abbiamo scelto l’Erbamat. Una scelta dovuta al fatto che matura 6-8 settimane dopo lo Chardonnay e mostra un’acidità malica elevata, oltre ad essere citata dall’agronomo bresciano Agostino Gallo già nel 1564″.

Barone Pizzini ha iniziato a reimpiantarlo nel 2008 in località Timoline (vigneto Prada). Nel 2011 le prime prove di vinificazione e nel 2016 i nuovi vigneti, per aumentare la massa critica. La cantina di Provaglio di Iseo, assieme a Berlucchi, detiene oggi la nursery dell’Erbamat.

Ci vorrà del tempo per capire se la sperimentazione avrà avuto gli effetti sperati – evidenzia ancora Brescianini – ma di sicuro avere un vitigno così sul territorio ci consente di presentarci all’estero con una storia autentica e di territorio da raccontare, oltre ai vantaggi garantiti dalle caratteristiche di questa uva”.

Secondo l’enologo Leonardo Valenti, la quota perfetta di Erbamat nella cuvée del Franciacorta è tra il 20 e il 25%, meglio se con Chardonnay e Pinot Noir. Sorprendenti, appunto, anche gli assaggi di Pinot Nero della vendemmia 2018 di Barone Pizzini: potenti, salini e dotati del giusto apporto di frutto.

Quel che è certo è che tutti i Franciacorta della cantina di Provaglio d’Iseo siano “ipocalorici”, come piace definirli al direttore Silvano Bresciani. Ovvero sostanzialmente privi di percezioni zuccherine. La “coda” dolce della liqueur d’expedition è poco percettibile ed è semplice capire perché: il vino “più dosato” è il Satèn, che registra tra i 4 e i 5,5 grammi di residuo.

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Consorzio Tutela Lugana, Ettore Nicoletto nuovo presidente: “Consolideremo la Doc a livello mondiale”

PESCHIERA DEL GARDA – Ettore Nicoletto è il nuovo presidente del Consorzio Tutela Lugana Doc. Inizia un nuovo capitolo per l’istituto che dal 1990 difende, valorizza e promuove questo piccolo territorio-gioiello, situato a sud del Lago di Garda, e i suoi vini, facendo leva sulla loro preziosa unicità.

Amministratore Delegato di Santa Margherita Gruppo Vinicolo dal 2008, Amministratore Delegato di Cà Maiol S.r.l., Vicepresidente di Italia del Vino – Consorzio e del Gruppo Vini di Federvini, Ettore Nicoletto si dice “onorato dalla recente nomina” ed “entusiasta nell’intraprendere un percorso all’insegna della continuità con l’ottimo lavoro svolto dal suo predecessore, Luca Formentini, nell’ottica di un continuo miglioramento in termini di creazione di valore, innovazione e ampliamento del mercato”.

Nicoletto sarà affiancato dal nuovo CdA formato da Igino Dal Cero, Francesco Montresor, Nunzio Ghiraldi e Luca Formentini (Imbottigliatori), Emanuele Urbani, Sonia Brunello, Francesco Franzoni, Marida Benedetti (Viticoltori) e da Francesco Mascini, Alberto Zenato, Roberto Girelli e Piergiuseppe Crestani (Vinificatori)

I nostri obiettivi sono molto chiari ed in linea con la strategia del precedente mandato – dichiara Nicoletti – iniziando da un ulteriore sviluppo del valore economico della Denominazione, favorendo un’equilibrata ripartizione dello stesso attraverso tutti i comparti della filiera vitivinicola, e impegnandoci a consolidare il trend positivo registrato negli ultimi anni, con un rafforzamento dell’attività di comunicazione e promozione al livello internazionale”.

Una linea d’azione tesa quindi al “consolidamento e al rafforzamento della conoscenza e consapevolezza della Doc a livello mondiale. La Doc Lugana gode già, del resto, di una forte presenza nei mercati internazionali con un export che raggiunge il 70%, e che si traduce in una strategia di allargamento degli orizzonti distributivi oltre la “home area”.

In Italia e nei Mercati Terzi (USA ed Estremo Oriente in particolare), la Denominazione ora guidata da Nicoletto registra una presenza al momento marginale, ma dove si intravede “un grandissimo potenziale di crescita”.

Il Lugana – evidenzia il neo presidente – per le qualità organolettiche che lo caratterizzano, si presenta come la scelta perfetta del consumatore di oggi, giovane e attento, che cerca un prodotto fresco, fragrante, approcciabile, moderno. Il suo stile piacevole e contemporaneo lo rende, potenzialmente, uno dei vini del futuro.

“Un potenziale che dovrà essere pienamente sfruttato – conclude Ettore Nicoletto – nel raggiungimento degli obiettivi del nuovo Consiglio, che dovrà lavorare compatto, al fianco di una filiera unita e consapevole, per trasformare il Lugana da DOC emergente a territorio protagonista dello sviluppo del vino italiano di qualità nei nuovi mercati”.

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Bolgheri, è iniziata la “terza era”: il Consorzio approva l’aumento della produzione


A venticinque anni dal riconoscimento della Doc, Bolgheri punta al “consolidamento”. Il Consorzio di Tutela, che rappresenta oltre il 90% delle aziende e dei vigneti, annuncia infatti l’ingresso nella “terza era“. Quella della “maturità”, che sarà contraddistinta da un “aumento della produzione“. È quanto ha stabilito all’unanimità l’Assemblea dei soci del Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri Doc. L’aumento delle bottiglie non passerà tuttavia attraverso un aumento della superficie vitata. Sarà piuttosto allargata la possibilità di rivendicare la Denominazione di origine controllata ai vigneti atti alla produzione di Igt Toscana.

Molti dei nuovi ettari in realtà non si tradurranno in nuovi impianti – spiega il Consorzio livornese – ma nella possibilità di produrre Doc dalle vigne idonee già esistenti che, non essendo rivendicabili, al momento possono produrre solo Igt. La differenza tra superficie Doc e Igt a Bolgheri è di 185 ettari e il piano prevede l’assegnazione massima per 190″.

“Gli obiettivi principali – continua il Consorzio diretto da Federico Zileri Dal Verme– sono infatti due: il primo è quello di consentire a quei vigneti che sono da anni sul territorio e presentano tutte le caratteristiche produttive idonee alla Doc di poterla utilizzare. Dall’altro quello di dar modo ai produttori e soprattutto alle aziende medio-piccole di poter incrementare la loro capacità produttiva, per far fronte alle richieste crescenti dei mercati”.

“Ciò che preme e che serve a Bolgheri ora è fare in modo che i suoi produttori possano valorizzare al massimo i loro terreni, le loro vigne e i loro vini nell’ambito della Denominazione e sui mercati“, continua il Consorzio.

CHI NE BENEFICERÀ

La proposta è stata avanzata sulla base di quanto previsto dalla nuova legge regionale 73/2017 per la disciplina delle produzioni vitivinicole. Ma è da oltre un anno che il Consorzio Doc Bolgheri ha avviato consultazioni sul territorio, sfociate in Regione.
“Il piano è innovativo anche a livello pratico – evidenzia il Consorzio – in quanto non è previsto un classico bando con graduatoria. Tutti i beneficiari in possesso dei requisiti previsti potranno infatti fare domanda per quanto gli spetta direttamente su Artea, in tempo utile da poter ottenere le nuove superfici rivendicabili per la prossima campagna vitivinicola”.

Secondo i dati più aggiornati a disposizione, risultano 1.370 gli ettari impiantati nel comprensorio della Doc. Di questi, 1.218 ha risultano intestati a soci del Consorzio: 1.163 sono rivendicabili a Doc, mentre il resto come Igt Toscana. Facendo riferimento alla superficie vitata iscritta ad albo Doc, il Cabernet Sauvignon risulta la varietà di uva più presente (36,67%), seguita da Merlot (23,42%), Cabernet Franc (11,98%), Petit Verdot (6,46%), Syrah (6,65%) e Sangiovese (1,48%). Quanto alle uve a bacca bianca, è netta la predominanza del Vermentino (8,84%) seguito da Viognier (1,43%) e Sauvignon Blanc (0,59%).

“LA TERZA ERA” DEI VINI DI BOLGHERI, TRA HORECA E GDO

Dal 1994 ad oggi, il Consorzio è passato dai sette soci fondatori agli attuali 55. Con loro sono cresciuti anche gli ettari, a partire dagli iniziali 280. Il numero di bottiglie è cresciuta in maniera graduale, grazie all’entrata in produzione dei vigneti, che a Bolgheri hanno un’età media di 14 anni e mezzo. “Questa tendenza produttiva – evidenzia il Consorzio – è andata di pari passo anche con l’apprezzamento del valore di Bolgheri da parte non solo della stampa ma anche dei mercati. Negli ultimi due anni il prezzo al dettaglio Horeca dei vini Doc Bolgheri è cresciuto del 10%, mentre nella Grande distribuzione organizzata sono raddoppiati i volumi di vendita e il fatturato, con un prezzo medio aumentato del 19% negli ultimi 5 anni”. “Si tratta di uno scenario incoraggiante – commenta il Consorzio – che però non deve portare a stravolgimenti di alcun tipo, per non comprometterne gli equilibri esistenti, dato che è grazie a questi che Bolgheri si è sviluppata in questo senso”.

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Summa 2019: 100 vignaioli da tutto il mondo alla Tenuta Alois Lageder. Il programma

MAGRÈ – Oltre 100 vignaioli d’eccellenza provenienti da oltre dieci Paesi attendono il pubblico di appassionati e operatori alla 22esima edizione di Summa. Si tratta del consueto appuntamento organizzato a Magrè, in Alto Adige, dalla Tenuta Alois Lageder.

Nell’idilliaco borgo situato a 30 chilometri da Bolzano sono attese circa 2 mila persone, tra esperti del settore, appassionati e giornalisti. Il pubblico potrà conoscere personalmente i produttori e assaggiare vini di grande fama. Summa 2019 offrirà anche un fitto calendario di visite guidate, seminari e degustazioni.

I visitatori possono registrarsi per tutti gli eventi esclusivamente sul posto, dopo essersi accreditati per l’evento sul portale online (www.summa-al.eu). Queste le quote a persona: operatori del settore (HoReCa, distributori e agenti, import, produttori di vino) euro 30 per 1 giorno, euro 40 per 2 giorni. Visitatori privati (posti limitati) euro 80 per 1 giorno, euro 140 per 2 giorni. Persone sotto i 25 anni: euro 40 per 1 giorno, euro 60 per 2 giorni.

IL PROGRAMMA
Teatro dell’evento saranno Casòn Hirschprunn, palazzo rinascimentale del 17° secolo, e Tòr Löwengang. Al debutto quest’anno alcuni produttori da Cina, Ungheria e Repubblica Ceca che si uniranno ai viticoltori provenienti da Germania, Austria, Francia, Italia, Nuova Zelanda, Portogallo e Slovenia.  La Tenuta è particolarmente soddisfatta dell’incremento dei viticoltori certificati Demeter, che avranno nuovamente un’area tutta dedicata.

Anche questa edizione di Summa sarà caratterizzata dalla consueta atmosfera familiare e conviviale che anima l’evento con tante opportunità di dialogo e di confronto”, commenta Alois Clemens Lageder la sesta generazione che lavora nella Tenuta di famiglia.

“Non vedo l’ora di incontrare vecchi e nuovi amici qui a Magrè, lo scambio di idee tra vignaioli è molto stimolante e prezioso per il mio nuovo ruolo in azienda”, dice Helena Lageder, la figlia più giovane di Alois Lageder e Veronika Riz, che dallo scorso anno è responsabile di diversi mercati internazionali. Summa sarà organizzata anche quest’anno dalla figlia primogenita Lageder, Anna Lageder, che gestisce un’agenzia di organizzazione di eventi.

Quest’anno Summa offre un programma ancora più variegato rispetto alle passate edizioni: degustazioni guidate e esclusive verticali tenute da vignaioli ed esperti, seminari,  visite alla cantina (costruita in base a criteri ecologici), ai vigneti coltivati e al “Giardino all’ombra del Paradeis”.

Oltre all’opportunità di degustare vini eccezionali, ai partecipanti verranno offerti anche abbinamenti di specialità culinarie preparate al momento da numerosi partner del settore alimentare.  Come negli anni precedenti, parte del ricavato sarà devoluto alla Casa della Solidarietà (HdS) di Bressanone, organizzazione che si occupa di persone bisognose da oltre quindici anni.

ELENCO PRODUTTORI

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A Vinitaly un percorso di 120 etichette per scoprire il Pignoletto


VERONA – Un intero territorio si presenta al Vinitaly 2019 presso il Padiglione dell’Emilia Romagna (Pad.1, Stand C11) con un grande percorso di degustazione: circa 120 etichette di Pignoletto, che dalla Doc prodotta nei territori tra Modena e Faenza passa alla Colli Bolognesi Pignoletto Docg, al vertice della piramide qualitativa, e alle tipologie della Colli Bolognesi Doc – Bologna Bianco, Bologna Rosso, Barbera – prodotte nel territorio dei Colli Bolognesi.

Si presentano così all’appuntamento enologico dell’anno il Consorzio Vini Colli Bolognesi e il Consorzio Pignoletto Emilia Romagna, offrendo ai visitatori di Verona Fiere la possibilità di scoprire il 95% della produzione del territorio dove Emilia e Romagna si incontrano.

I NUMERI
Se sul Pignoletto e la sua costante crescita molto è stato detto – i dati 2018 parlano di 14 milioni di bottiglie, con un incremento del 15% – tutti da scoprire sono i vini DOC prodotti nel territorio dei Colli Bolognesi, realtà artigianali di produttori che negli ultimi anni hanno compiuto un decisivo passo nella direzione della qualità.

Dal Bologna Bianco, frutto dell’incontro tra varietà internazionali (almeno il 50% Sauvignon) e locali, con la sua miscela sapida, fine ed elegante di aromi intensi di frutta gialla e note minerali, al Bologna Rosso (base minima 50% Cabernet Sauvignon), vino strutturato con tannini eleganti e aromi intensi.

E infine la Barbera, della quale i Colli Bolognesi sono la principale area di coltivazione dopo il Piemonte, con le sue versioni frizzante, dal sapore asciutto e tannico, e ferma, quest’ultima sia d’annata che Riserva (con 36 mesi di affinamento dei quali almeno 5 in bottiglia), con i suoi aromi complessi e speziati e il sapore morbido ed asciutto.

Un territorio da scoprire anche per la straordinaria notorietà di cui sta godendo a livello internazionale la città di Bologna come meta di turismo slow, in cui il patrimonio enogastronomico gioca un ruolo di primo piano: sempre maggiore è l’attenzione alla territorialità, non solo nel piatto ma pure nel bicchiere, per un’offerta che voglia sempre più mirare ad offrire la piena esperienza del luogo ai numerosi turisti che oggi passeggiano per le vie del capoluogo emiliano romagnolo.

“I Colli Bolognesi – sottolinea il Direttore del Consorzio Vini Colli Bolognesi Giacomo Savorini– possiedono uno straordinario panorama, oltre che essere eredi di una storia e di un patrimonio culturale unico. Un territorio conosciuto in tutto il mondo per la grande qualità del suo cibo e dei suoi vini, che oggi portiamo al Vinitaly nella convinzione che sapranno conquistare sempre più attenzione da parte del pubblico e degli operatori”

“Siamo sempre più convinti – continua Savorini – che la sinergia tra le cantine dei Colli Bolognesi e i grandi produttori del Consorzio Pignoletto sia la scelta vincente per valorizzare prodotti che stanno conquistando sempre più consumatori, sia in Italia che all’estero. Non solo Pignoletto dunque, che è oggi uno dei vini più interessanti della nostra industria vinicola, ma l’intera espressione di un territorio che da sempre è culla della viticultura”.

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Il vino per il bacalà alla vicentina? Ce l’ha “Io Mazzucato”. Adesso anche Metodo Classico

(4 / 5) E’ al momento il vino più interessante della cantina “Io Mazzucato“, giovane realtà che, nel giro di 5 anni, è diventata la terza “forza” di Breganze, dopo mostri sacri come Maculan e la Cantina sociale Beato Bartolomeo. Parliamo di “Io e il bacalà“, La Cuvée Brut pensata da Andrea Mazzucato per benedire (anzi bagnare) la collaborazione con la Confraternita del Bacalà alla Vicentina. Un matrimonio che funziona, eccome.

LA DEGUSTAZIONE
Si tratta di un Metodo Martinotti, quello che i francesi chiamano Charmat, ottenuto dall’uva tipica di Breganze, la Vespaiola (la stessa che dà vita, una volta appassita, al Torcolato), unita a Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Grigio.

La vinificazione prevede una spremitura soffice e la decantazione statica del mosto. La fermentazione alcolica avviene a basse temperature, per preservare gli aromi. Fondamentale la maturazione sulle fecce fini. Cinque mesi di autoclave, prima dell’imbottigliamento.

Nel calice, “Io e il bacalà” rivela un perlage fine e persistente. Note d’agrumi al naso, dominato dal Pinot Bianco. Non manca l’apporto dello Chardonnay, che ingentilisce il quadro con la sua vena cremosa. Bello l’accenno minerale.

Al palato, la dirompente freschezza della Vespaiola è addomesticata dall’impronta fruttata ed elegante delle altre uve che compongono la La Cuvée Brut. Un quadro di perfetto equilibrio in cui il residuo zuccherino fa da spettatore, senza disturbare il sorso e la bella chiusura minerale-salina.

Davvero perfetto l’abbinamento di questo spumante di Breganze con il Bacalà alla vicentina, tra le prelibatezze della gastronomia italiana da provare almeno una volta nella vita. Con un avvertimento necessario: crea dipendenza.

IL METODO CLASSICO
(3,5 / 5) Un’etichetta, “Io e il bacalà”, che Io Mazzucato produce dal 2014. Gli ultimi arrivati sono invece due Metodo Classico, presentati oggi alla Porta del Vino di piazza Cinque Giornate, a Milano. I primi Champenoise della cantina breganzese, che effettua tutta la lavorazione in proprio, nella moderna struttura di via San Gaetano, 21.

Si tratta ancora una volta di una cuvée, con la Vespaiola a dividersi il palco con il Pinot Nero, in due versioni: bianco e rosé. Ed è proprio la versione “in bianco” del Pinot Nero quella che, ad oggi, si esprime meglio nel calice.

Passione e territorio sono le due parole che meglio sintetizzano il mio progetto sul Metodo classico”, spiega Andrea Mazzucato. Territorialità che ritroviamo al centro del sorso della versione “bianca”, con il Pinot Nero a fare da vera spalla elegante e raffinata, alla ruvida Vespaiola.

Non si può dire lo stesso della versione Rosé, dove il frutto rosso del Noir prende troppo la scena, rendendo questo Metodo classico adatto al gusto moderno più comune.

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Paolo Fiorini nuovo presidente del Consorzio Lessini Durello

SOAVE – Paolo Fiorini è il nuovo presidente del Consorzio Tutela Lessini Durello. Un Consorzio tutto nuovo quello uscito dall’assemblea dei soci dell’11 marzo e che ha visto l’elezione del consiglio d’amministrazione 2019/2021.

Eletto all’unanimità, Paolo Fiorini classe 1964, agronomo ed enologo, responsabile tecnico di Cantina di Soave, ha acquisito negli anni una profonda esperienza come amministratore in diversi consorzi veronesi.

Succede ad Alberto Marchisio (Vitevis Cantine) che lascia un Consorzio in salute, traghettato nella storica scelta di distinguere il Lessini Durello Metodo Italiano dal Monti Lessini Metodo Classico.

IL CONSIGLIO
Con Fiorini sono stati eletti come vicepresidente Matteo Fongaro e Diletta Tonello, mentre l’elenco dei consiglieri, allargato per i prossimi 3 anni a 15 membri, vede l’entrata di 8 nuovi produttori, con Stefano Argenton, Roberta Cecchin, Nicola Dal Maso, Giulia Franchetto, Francesco Gini, Antonio Magnabosco, Maria Patrizia Niero, Silvano Nicolato, Wolfgang Raifer, Luca Rancan, Massimino Stizzoli, Federico Zambon. Confermato invece in toto il collegio dei revisori dei conti.

Un Consiglio fortemente rinnovato, caratterizzato da una presenza di tanti giovani produttori e quote rosa, “pronti a portare avanti le istanze intraprese dal precedente consiglio, dalle modifiche del disciplinare di produzione alla spinta promozionale”.

Per questo la scelta da parte del Consiglio della figura di grande esperienza tecnica di Fiorini, che diventa strategica in questo periodo di cambiamento della Denominazione.

Il Lessini Durello viene indicato infatti come esempio di coerenza per la sua capacità non solo di avere creato un prodotto dal forte carattere identitario, ma anche di essere stato in grado di fare scelte coraggiose in un contesto di velocissima evoluzione data dalle mode e dal metodo.

“Il Consorzio del Lessini Durello ha delle dimensioni tali da poter assicurare un grande dialogo e una genuinità nei rapporti tra i produttori – dichiara il nuovo presidente Fiorini -. Nei prossimi 3 anni ci aspetta un grande lavoro per dare concretezza a quanto ha deciso lo scorso consiglio”.

“Le aziende hanno intrapreso un percorso che come Consiglio vogliamo appoggiare – conclude Fiorini – dando anche un supporto tecnico che vada verso la sostenibilità, una scelta che deve partire da tutti i produttori che amano la propria terra e che si traduce con un rispetto verso l’ambiente”.

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“Chiamatelo vino rosa”. I migliori assaggi all’Anteprima Chiaretto 2018 (Bardolino + Valtènesi)


LAZISE –
Quarantatré Chiaretto di Bardolino e 27 Valtènesi Chiaretto in degustazione a Lazise (VR), all’Anteprima della vendemmia 2018 del vino più “rosa” d’Italia, come vuole la nuova linea di comunicazione pensata per i due vini. In mattinata, nello splendido borgo affacciato sul Lago di Garda, i 63 produttori di Chiaretto hanno messo a disposizione della stampa i campioni dell’ultima vendemmia, in commercio da poche settimane.

Vi raccontiamo i migliori assaggi all’evento organizzato dal Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino, mentre alla Dogana Veneta di Lazise è ancora in corso l’Anteprima 2018. Per degustare un totale di 120 vini rosati prodotti nell’area a cavallo tra le province di Verona e di Brescia c’è ancora tempo domani, dalle 14 alle 20.

L’ingresso sarà tuttavia consentito solo agli operatori del settore, che oltre al Chiaretto di Bardolino e della Valtènesi 2018 potranno degustare le annate precedenti, oltre al Bardolino Chiaretto Spumante e al Garda Rosé Brut.

UNA DENOMINAZIONE IN CRESCITA

“Il clima è decisamente improntato al bello per il Chiaretto – spiega Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio di Tutela Chiaretto e Bardolino (nella foto) – che si è conquistato una solida leadership nel mondo dei vini rosa italiani e che vede incrementare continuamente l’interesse da parte dei consumatori italiani ed esteri, aprendo prospettive interessanti negli Stati Uniti, in Canada e in Scandinavia”.

Sono 10 i milioni di bottiglie dell’area aggregata, con la quota dell’export che si aggira al 60%. “Mi preme sottolineare proprio questa definizione di ‘vini rosa’ – aggiunge Cristoforetti – perché come esistono i vini rossi e i vini bianchi, non vedo perché non si debba parlare di ‘vino rosa’ anziché di ‘rosato’, un termine che ha invece un senso compiuto solo in alcune denominazioni, come quelle della Puglia e della Calabria, o di rosè che invece riguarda la Francia e lo spumante”.

La degustazione dei vini dell’area gardesana è infatti iniziata a Parigi con Wine Paris ed è proseguita con un tour in cinque città degli Stati Uniti. Un viaggio che conferma la collaborazione tra il Chiaretto di Bardolino e l’area della Valtènesi, suggellata appunto dall’Anteprima congiunta della vendemmia 2018.

Il tour proseguirà in Germania, al Prowein di Düsseldorf, dove il Chiaretto sarà protagonista insieme agli altri cinque “vini rosa” italiani, con i quali il Consorzio di Tutela ha sottoscritto un patto di collaborazione per la promozione congiunta.

I MIGLIORI ASSAGGI DI CHIARETTO 2018

CHIARETTO DI BARDOLINO 2018
1) Bardolino Chiaretto 2018 “Granara”, Tommasi: 87/100
Un “vino rosa” che sorprende per la sua capacità di essere pronto, ma con ampi margini di miglioramento. Macchia mediterranea al naso, origano. In bocca un bel frutto, impreziosito da ricordi di cera d’api.

2) Bardolino Chiaretto 2018, Cavalchina: 86/100
Naso complesso su agrumi e accenno di speziatura, In bocca grasso e al contempo verticale, bel frutto e bella mineralità, in equilibrio.

3) Bardolino Chiaretto 2018, Corte Gardoni: 86/100
Un rosato giocato sulle durezze, in particolare sulla salinità, senza rinunciare al frutto. Bella chiusura su liquirizia e sale e frutto, lungo e addirittura con filo di tannino.

4) Bardolino Chiaretto Classico 2018 “Villa Cordevigo” Bio, Villabella: 85/100
Bell’espressione, tipica e non ruffiana, di un godibilissimo Chiaretto. Su durezze, insomma, senza perdere di vista il frutto. Bello il retro olfattivo, lungo.

5) Bardolino Chiaretto 2018, Albino Piona: 85/100
Giovanissimo, ma già in grado di mostrare un gran carattere e, soprattutto, distintività.

5+) Bardolino Chiaretto Castelnuovo 2018, Cantina Castelnuovo del Garda: 84/100
La sorpresa assoluta. Bellissima figura nella nostra degustazione alla cieca per il Chiaretto della Cantina Sociale Veronese del Garda, in vendita a soli 2,20 euro nella Grande distribuzione organizzata: i supermercati della zona del Garda.

VALTÈNESI CHIARETTO 2018

1) Valtènesi Chiaretto 2018, Cantrina: 88/100
Teso, verticale, fine, elegante. Un 100% Groppello da assaggiare, anzi da non perdere assolutamente.

2) Riviera del Garda Classico Chiaretto 2018 “Sinìgol”, La Torre: 87/100
Viti tra i 40 e i 60 anni per questa “chicca” gardesana. Il terreno, ricco di scheletro, si riflette in un calice che marca sulla verticalità, senza perdere di vista la “materia”. Blend ottimamente riuscito di Groppello gentile, Marzemimo, Barbera e Sangiovese.

3) Riviera del Garda Classico Chiaretto 2018, Cà dei Frati: 86/100
Foglia di pomodoro, idrocarburo leggero. Bel frutto anche in bocca, compensato da una vena leggera di tannino e dalla mineralità già avvertita al naso.

4) Riviera del Garda Classico Chiaretto 2018, Selva Capuzza: 86/100
Tra i Chiaretto più equilibrati dell’intera batteria, al momento, eppure con buoni margini di ulteriore affinamento nel tempo. Bella chiusura su note saline, leggera spezia e radice di liquirizia.

5) Riviera del Garda Classico Chiaretto 2018, Conti Thun: 85/100
Cantina giovane della Denominazione, con ottimi margini per fare un buon lavoro. Un’ottima “base” di partenza.

LO SPUMANTE
La sorpresa è il Metodo Classico “Ceppo 326 Rosé” della cantina Pasini San Giovanni. Un Pas Dosé da uve Groppello (70%) con un 30% di Chardonnay. Cinquanta mesi sui lieviti, sboccatura ottobre 2018. In vendita in cantina a soli 20 euro, regala un palato verticale, unito ai caratteristici sentori fruttati del Groppello. Della stessa cantina, da provare l’ottimo il Valtènesi 2018 “Rosagreen”, sempre da uve Groppello.

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Conclusa l’edizione record del Concorso Mondiale del Sauvignon. I vincitori al Prowein di Düsseldorf


UDINE –
“Sono convinto che, grazie anche all’eccellente programma del Concorso Mondiale del Sauvignon messo a punto dalla Regione Friuli Venezia Giulia e dagli organizzatori, tutti i giornalisti e i degustatori che hanno partecipato ritorneranno a casa propria con impressa nelle loro menti non soltanto la grande qualità dei vini, ma tutto quello che hanno visto in loco e con la voglia di ritornare”.

Così Thomas Costenoble, direttore del Concorso che si è concluso proprio stasera, sabato 9 marzo a Udine. Nel capoluogo friulano una settantina di esperti internazionali impegnati a valutare oltre mille campioni di Sauvignon in gara.

Non resta ora che attendere il 17 marzo, data in cui, al salone ProWein a Düsseldorf (Germania), saranno proclamati i risultati e verranno assegnate tutte le medaglie.

“Questa è la seconda volta che torniamo in Friuli Venezia Giulia dal 2015 – ha aggiunto Costenoble – ed è stato un grande piacere constatare da parte dei degustatori l’apprezzamento per i vini e, in generale, per tutta questa magnifica regione e il suo ricco patrimonio artistico e naturale”:

La decima edizione del Concorso Mondiale del Sauvignon ha visto un nuovo record con 1.010 vini provenienti da diversi Paesi. “Abbiamo notato che l’espressione del Sauvignon nel mondo è molto interessante – ha evidenziato il direttore del Concorso – per quanto riguarda la varietà e la diversità di questo vitigno. Qualità aromatiche, di freschezza e raffinatezza che abbiamo ritrovato in tutti i vini in gara”.

Apprezzamento anche dall’assessore regionale alle Risorse agroalimentari, Stefano Zannier: “La presenza di una commissione qualificata di esperti che ha giudicato i migliori Sauvignon in concorso ha rappresentato una straordinaria opportunità per far apprezzare una delle eccellenze per cui il Friuli Venezia Giulia è riconosciuto a livello internazionale”.

“Mi riferisco alla qualità dei suoi vini – ha precisato Zannier – ma anche la possibilità di aver fatto conoscere agli esperti le eccellenze del territorio, dando vita a quel connubio tra enogastronomia e paesaggio che sono elementi fondamentali per il turismo e che troveranno spazio su riviste di ogni parte del mondo”.

Soddisfatti per la tre giorni udinese anche il sindaco Pietro Fontanini e l’assessore comunale alle Attività Produttive, Turismo e Grandi eventi, Maurizio Franz.

“Il Concorso Mondiale del Sauvignon che si è tenuto a Udine in questi giorni – commentano all’unisono – è stata un’occasione importante per la promozione della città e un modo per far conoscere ai partecipanti giunti da ogni parte del mondo i migliori prodotti vinicoli del nostro territorio. Sono certo che gli ospiti sono rimasti affascinati dall’incredibile varietà paesaggistica ed enogastronimica che il Friuli è capace di offrire”.

La decima edizione del Concorso, organizzato dall’agenzia belga Vinopres con il supporto organizzativo della Pregi e la collaborazione di Regione, Ersa, Comune di Udine e Consorzi delle Doc Fvg, si è conclusa dopo una prima conferenza e cena di benvenuto, due intere mattinate di degustazioni tenutesi nella suggestiva cornice di Sala Ajace di Palazzo D’Aronco, sede del Comune.

Non sono mancati i momenti in cui gli ospiti sono stati accompagnati in visite guidate a tema, alla scoperta delle eccellenze enogastronomiche, artistiche e paesaggistiche regionali: dalla scuola Mosaicisti di Spilimbergo al Centro Vivai Cooperativi di Rauscedo, dalla Balsameria Midolini di Manzano a un viaggio nella storia longobarda di Cividale del Friuli.

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Daniele Arcangeli in lizza come Miglior Sommelier del Mondo

Daniele Arcangeli sarà l’unico candidato italiano a competere per il titolo di Miglior Sommelier del Mondo. Ad organizzare il concorso, giunto alla sedicesima edizione, è Asi – Association de la Sommellerie Internationale. La gara decisiva è in programma ad Anversa dal 10 al 15 marzo.

Daniele Arcangeli dovrà vedersela con altri 65 sommelier provenienti da tutto il mondo, uno per ciascuno dei 63 Paesi delle associazioni nazionali affiliate all’Asi e tre vincitori dei titoli continentali.

Il calendario della gara prevede lunedì 11 e martedì 12 marzo le prove tecniche e i test pratici che determineranno l’accesso alla semifinale in programma mercoledì 13, giorno con il quale saranno decretati i nomi dei finalisti che si contenderanno il titolo di Miglior Sommelier del Mondo 2019. La finale si terrà venerdì 15 marzo presso l’Elisabeth Center di Anversa.

Il candidato italiano – riferisce una nota – è già vincitore del titolo di Miglior Sommelier d’Italia Aspi nel 2015. Nella giuria internazionale del concorso sarà presente l’italiano Giuseppe Vaccarini, Miglior Sommelier del Mondo Asi 1978 e presidente di Aspi- Associazione della Sommellerie Professionale Italiana.

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Vinitaly 2019: cresce l’adesione dei vignaioli Fivi. Saranno 212, ecco la lista “Fivitaly”


VERONA –
Cresce il numero di Vignaioli Indipendenti FIVI che parteciperanno a Vinitaly 2019. Quest’anno saranno 212, tutti riuniti nell’area comune al Padiglione 8, in uno spazio espositivo di 1200 metri quadri. Nel 2018, durante l’edizione che ha festeggiato i dieci anni di attività di FIVI, i vignaioli presenti erano 158, in 830 metri quadri.

Le porte del più importante salone internazionale d’Italia dedicato a vini e distillati si apriranno domenica 7 aprile per chiudersi mercoledì 10. All’interno del Padiglione 8 le 212 aziende del collettivo FIVI presenteranno al pubblico e agli operatori i loro vini.

Frutto di una “viticoltura artigianale che vuole farsi custode del territorio in cui nasce e delle sue tradizioni”. Il vignaiolo FIVI, infatti, “è colui che coltiva le proprie vigne, produce e imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto”.

“Undici anni – dichiara la Presidente Matilde Poggi – in cui abbiamo lottato e sostenuto tenacemente numerose istanze hanno portato la FIVI a essere un punto di riferimento per chi crede in una viticoltura rispettosa del territorio e della tradizione”.

“L’aumento delle adesioni e dello spazio espositivo rispetto alla precedente edizione di Vinitaly – continua Poggi – riflette un consenso profondo e sempre più diffuso per la natura delle nostre richieste e per lo stile con cui le conduciamo”.

“Le occasioni di confronto costruttivo che abbiamo sempre ricercato con le istituzioni a livello locale, nazionale ed europeo hanno accresciuto la nostra credibilità ai loro occhi e, di conseguenza, agli occhi di pubblico e produttori. Questo ci sprona a continuare con entusiasmo e sempre nuova energia nel nostro lavoro”, conclude la presidente Matilde Poggi.

LA LISTA
L’Area FIVI è al Padiglione 8, stand B8/B9, C8/C9, D8/D9, E8/E9, F8/F9/F10, G8/G9, H8/H9/H10. Di seguito la lista completa dei vignaioli della Federazione italiana Vignaioli Indipendenti presenti a Vinitaly 2019.

PODERE DELLA TORRE ABRUZZO PE
VINI CORDONI ABRUZZO TE
VIGNE MASTRODOMENICO BASILICATA PZ
TENUTE PACELLI CALABRIA CS
ANTICO CASTELLO CAMPANIA AV
CANTINE MATRONE CAMPANIA NA
GENNARO PAPA CAMPANIA CE
LE CANTINE DELL’AVERNO CAMPANIA NA
MAFFINI LUIGI CAMPANIA SA
MUSTILLI CAMPANIA BN
TERRE DEL PRINCIPE CAMPANIA CE
ANCARANI EMILIA ROMAGNA RA
CANTINA SAN BIAGIO VECCHIO EMILIA ROMAGNA RA
GIOVANNINI EMILIA ROMAGNA BO
LA TOSA EMILIA ROMAGNA PC
LODI CORAZZA EMILIA ROMAGNA BO
MANARESI EMILIA ROMAGNA BO
MARENGONI EMILIA ROMAGNA PC
MARTA VALPIANI EMILIA ROMAGNA FC
BARATTIERI EMILIA ROMAGNA PC
TENUTA COLOMBARDA EMILIA ROMAGNA FC
TENUTA SANT’AQUILINA EMILIA ROMAGNA RN
TERRAQUILIA IL METODO ANCESTRALE da Vigne in Alta Quota EMILIA ROMAGNA MO
AQUILA DEL TORRE FRIULI VENEZIA GIULIA UD
BORGO DELLE OCHE FRIULI VENEZIA GIULIA PN
FERLAT SILVANO FRIULI VENEZIA GIULIA GO
FLAIBANI FRIULI VENEZIA GIULIA UD
IL CARPINO FRIULI VENEZIA GIULIA GO
VILLA JOB FRIULI VENEZIA GIULIA UD
ALBERTO GIACOBBE LAZIO FR
PALAZZO PROSSEDI LAZIO LT
BIOLOGICA CIUCCI LAZIO VT
CASALE CERTOSA LAZIO RM
DE SANCTIS LAZIO RM
IL TORCHIO LIGURIA SP
LA COLOMBIERA LIGURIA SP
VisAmoris LIGURIA IM
ALESSIO BRANDOLINI LOMBARDIA PV
CANTRINA LOMBARDIA BS
CASCINA MADDALENA LOMBARDIA BS
CAVALLERI LOMBARDIA BS
CORTE FUSIA LOMBARDIA BS
LA PIOTTA LOMBARDIA PV
LAZZARI LOMBARDIA BS
MOSNEL LOMBARDIA BS
PERLA DEL GARDA LOMBARDIA BS
RIZZINI LOMBARDIA BS
SAN CRISTOFORO LOMBARDIA BS
TENUTA LA VIGNA LOMBARDIA BS
ZATTI LOMBARDIA BS
ANGELI DI VARANO MARCHE AN
BROCCANERA MARCHE AN
CA’ LIPTRA MARCHE AN
CANTINA BASTIANELLI (CVP) MARCHE FM
MAZZOLA MARCHE AN
COL DI CORTE MARCHE AN
CONVENTINO MONTECICCARDO MARCHE PU
DIANETTI EMANUELE MARCHE AP
FAILONI MARCHE AN
FIORANO MARCHE AP
FONTORFIO MARCHE AP
LA VALLE DEL SOLE MARCHE AP
MALACARI MARCHE AN
PANTALEONE (CVP) MARCHE AP
PS WINERY MARCHE AP
SOCCI MARCHE AN
TENIMENTI SPINSANTI MARCHE AN
TENUTA SAN MARCELLO MARCHE AN
VIGNETI VALLORANI MARCHE AP
ADRIANO MARCO E VITTORIO PIEMONTE CN
ALEMAT PIEMONTE AL
ANGELINI PAOLO PIEMONTE AL
ANTICA CASCINA DEI CONTI DI ROERO PIEMONTE CN
AZIENDA BARBAGLIA PIEMONTE NO
BENITO FAVARO PIEMONTE TO
CASCINA I CARPINI PIEMONTE AL
CASTELLO DI GRILLANO – ORGANIC WINERY PIEMONTE AL
CERUTTI PIEMONTE AT
CIECK PIEMONTE TO
EMILIO VADA PIEMONTE AT
FILIPPA PIEMONTE CN
GHIO ROBERTO – VIGNETI PIEMONTEMARE PIEMONTE AL
L’ARMANGIA PIEMONTE AT
LA CONTRADA DI SORANO PIEMONTE CN
LA GIRONDA PIEMONTE AT
FONTANASSA PIEMONTE AL
LA ZERBA PIEMONTE AL
MONTARIOLO PIEMONTE AL
OLTRETORRENTE PIEMONTE AL
SILVIA CASTAGNERO PIEMONTE AT
SOBRERO FRANCESCO PIEMONTE CN
TENUTA SANTA CATERINA PIEMONTE AT
ANNA MARIA ABBONA PIEMONTE CN
AGRICOLE PIETRAVENTOSA PUGLIA BA
ATTANASIO LUCA PUGLIA TA
CANTINE CARPENTIERE PUGLIA BA
DUCA CARLO GUARINI PUGLIA LE
LAMA DI ROSE PUGLIA TA
MORELLA PUGLIA TA
TENUTA PATRUNO PERNIOLA PUGLIA BA
PLANTAMURA PUGLIA BA
SAN RUGGIERO PUGLIA BT
ANTONELLA CORDA SARDEGNA CA
CANTINA BERRITTA SARDEGNA NU
CANTINA VIKEVIKE SARDEGNA NU
CALI’ PAOLO SICILIA RG
FENECH FRANCESCO SICILIA ME
FEUDO RAMADDINI SICILIA SR
GASPARE DI PRIMA SICILIA AG
GURRIERI VINI  – di Battaglia Graziella SICILIA RG
MARILENA BARBERA SICILIA AG
SPADAFORA DEI PRINCIPI DI SPADAFORA SICILIA PA
TENUTA LA FAUCI SICILIA ME
TENUTA VALLE DELLE FERLE SICILIA CT
CARUS VINI TOSCANA FI
CASA SOLA – CHIANTI WINERY TOSCANA FI
CASINA DI CORNIA TOSCANA SI
CASTELLO DI RIPA D’ORCIA TOSCANA SI
CIVETTAIO TOSCANA GR
FABIO MOTTA TOSCANA LI
FABRIZIO DIONISIO TOSCANA AR
FATTORIA DI POGGIOPIANO TOSCANA FI
POGGERINO TOSCANA SI
FORCONI FABRIZIO – PODERE DELL’ANSELMO TOSCANA FI
I FABBRI TOSCANA FI
ISTINE TOSCANA SI
LA PIANA – ISOLA DI CAPRAIA TOSCANA LI
LA SALCETA TOSCANA AR
LE CINCIOLE TOSCANA FI
LE VERZURE TOSCANA SI
MAJNONI GUICCIARDINI TOSCANA FI
MARCO BENVENUTI TOSCANA GR
MONTECHIARI TOSCANA LU
MONTECIVOLI TOSCANA GR
MONTENERO TOSCANA GR
PALAZZO DI PIERO – VINI NATURALI DI TOSCANA TOSCANA SI
PIEVE DE’ PITTI TOSCANA PI
PODERE ALBERESE TOSCANA SI
PODERE RIPARBELLA TOSCANA GR
POGGIO L’APPARITA TOSCANA GR
POMONA TOSCANA SI
SOLATIONE TOSCANA FI
TENUTA MARIANI TOSCANA LU
TREGOLE TOSCANA SI
TREVISAN TOSCANA AR
VALLONE DI CECIONE TOSCANA FI
BALTER TRENTINO TN
BONGIOVANNI TRENTINO TN
BORGO DEI POSSERI TREN TINO TN
CESCONI TRENTINO TN
DE TARCZAL TRENTINO TN
DE VESCOVI ULZBACH TRENTINO TN
DE VIGILI TRENTINO TN
EREDI DI COBELLI ALDO TRENTINO TN
FRANCESCO POLI TRENTINO TN
GRIGOLLI BRUNO TRENTINO TN
LE FONTANELLE TRENTINO TN
LONGARIVA TRENTINO TN
MARTINELLI TRENTINO TN
CASTEL NOARNA TRENTINO TN
MASO FURLI TRENTINO TN
MAXENTIA TRENTINO TN
PISONI TRENTINO TN
TENUTA MASO CORNO TRENTINO TN
VIGNAIOLO FANTI TRENTINO TN
VILLA PERSANI TRENTINO TN
ZANOTELLI TRENTINO TN
ZENI TRENTINO TN
ENRICO NERI UMBRIA TR
NAPOLINI UMBRIA PG
PALAZZONE UMBRIA TR
ROCCAFIORE ORGANIC WINES UMBRIA PG
ANCILLA LUGANA VENETO VR
ANTOLINI VENETO VR
BELE CASEL VENETO TV
BORGO STAJNBECH VENETO VE
BRESOLIN-BIO VENETO TV
CA ROVERE VENETO VI
CA’ DEL FAGGIO VENETO TV
CASA CECCHIN VENETO VI
CASARETTI VENETO VR
CASE PAOLIN VENETO TV
CLEMENTI GNIREGA VENETO VR
COL DEL LUPO VENETO TV
COL MIOTIN VENETO TV
CONTE EMO CAPODILISTA – LA MONTECCHIA VENETO PD
CORTE MERCI VENETO VR
CORTE QUAIARA VENETO VR
CORTE SCALETTA VENETO VR
COSTA DEGLI ULIVI VENETO VR
DAMA DEL ROVERE VENETO VR
FIRMINO MIOTTI VENETO VI
FRANCHINI AGRICOLA VENETO VR
FRATELLI COLLAVO VENETO TV
GIOVANNI EDERLE VENETO VR
LA FRASSINA VENETO VE
LE FRAGHE VENETO VR
LE GUAITE DI NOEMI VENETO VR
LE VIGNE DI SAN PIETRO VENETO VR
MIZZON VENETO VR
MONGARDA VENETO TV
MONTEVERSA VENETO PD
MORETVINI VENETO TV
PIEROPAN VENETO VR
PIETRO ZARDINI VENETO VR
PUNTOZERO VENETO VI
RUGE VENETO TV
TAMELLINI VENETO VR
VETTORI VENETO TV
VIGNE AL COLLE VENETO PD
VILLA CRINE VENETO VR
ZYMĒ VENETO VR
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A Live Wine 2019 “Mr. Brett”: il vino brettato “per intenditori” che costa 8 euro

MILANO – Brettato è bello. Si chiama “Mr. Brett” il vino rosso più controverso scovato e degustato a Live Wine Milano 2019, il Salone Internazionale del Vino Artigianale andato in scena domenica 3 e lunedì 4 marzo (qui i migliori assaggi).

Un vino chiaramente infestato dal brettanomyces, messo comunque in vendita dal produttore alla “modica” cifra di 8 euro. A conti fatti, più di quanto possa costare a un milanese un giro in stalla, in qualche cascina o agriturismo del Parco del Ticino.

Roba da far impallidire pure il Rosario Scimoni (alias Alberto Sordi) di quel capolavoro che è “L’Arte dell’arrangiarsi”.

“Io cerco di avere prezzi abbastanza democratici su tutta la linea”, sostiene di fatto il “papà” del vino rosso da tavola “Mr. Brett”, un Cabernet Sauvignon vendemmia 2013.

Si chiama Mathieu Ferré ed è il figlio del cantautore, poeta ed anarchico monegasco Léo Ferré. Mathieu è titolare dell’Azienda Agricola San Donatino di Castellina in Chianti (SI). E non ci gira troppo intorno, nel spiegare “il senso” dell’etichetta: “Faccio il vino come viene. Aiuto solo l’uva a trasformarsi in vino, senza cambiare l’essenza della natura”.

Non fa una grinza. Ma il rischio, chiediamo a Mathieu, non è quello di danneggiare l’immagine dei vignaioli naturali attraverso l’esaltazione di un palese difetto, proclamato a chiari “versi” in etichetta?

Non sono poi così famoso – replica Ferré – sono un vignaiolo piuttosto sconosciuto. Non sono nella vetta dei nomi celebri. E non mi interessa neanche esserci, tra l’altro.

Il brett è considerato un difetto ma secondo me, in certi limiti, è quello che fa il successo di alcuni vignaioli, come dimostrano alcuni casi in Borgogna. Il brett fa bene al vino. Lo struttura, gli dà una complessità che potrebbe non avere”.

LA GENESI DI “MR. BRETT”
Come è nata l’idea di imbottigliare “Mr. Brett”? “Nel 2013 ho avuto un serbatoio che ha preso una strada in modo autonomo, non è stata una cosa voluta. E’ stato un po’ un problema per me. Probabilmente c’era fin dalla vigna, perché quei lieviti sono già lì. Lo buttavo via o lo imbottigliavo?”.

No doubt. “Ho deciso di metterlo in bottiglia con questa etichetta esplicita, per ben avvertire il consumatore di cosa si tratta, anche se molta gente non sa neppure cosa sia il Brett”.

Del resto, sostiene Mathieu Ferré, “questo è un vino per le persone che se ne intendono, per gli addetti ai lavori“. Mica poco.

“Ricordo che quando l’ho imbottigliato era ancora più evidente la devianza dovuta al brettanomyces – dichiara il vignaiolo intervistato a Live Wine Milano 2019 – ma è una cosa volatile che col tempo è svanita, sebbene il vino sia modificato nella fibra, nel suo Dna, nella sua natura profonda”.

Chi lo compra? “Qualche enoteca, qualche ristorante. Si lavora molto anche con la vendita diretta. Ne ho fatte solo 600 bottiglie, dunque poche. Diciamo che non è il vino che si vende maggiormente”, conclude Mathieu, sorridendo. E voi, che fate? Versate? Cin, cin.

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Best Wine Stars: vino protagonista alla Milano Food City 2019

MILANO – Saranno i chiostri della Rotonda della Besana a Milano ad ospitare da sabato 4 a lunedì 6 maggio 2019 la seconda edizione di Best Wine Stars, l’evento-degustazione dedicato alle eccellenze enologiche italiane, organizzato da Prodes Italia durante la Milano Food City.

Best Wine Stars sarà aperto a pubblico e agli operatori sabato e domenica dalle 13.00 alle 23.00, mentre il lunedì dalle 10.00 alle 18.00.

Il costo per l’open wine-tasting sarà di 20 euro e comprenderà il calice da degustazione e il catalogo completo degli espositori. Con un acquisto minimo di cinque bottiglie di vino, il biglietto sarà integralmente rimborsato.

LA KERMESSE
Il complesso milanese ospiterà appassionati e professionisti del settore vitivinicolo, che potranno entrare in contatto con produttori provenienti da tutta Italia.

Un centinaio le cantine presenti e un ricco programma di degustazioni guidate e showcooking organizzato in collaborazione con la sommelier e winewriter Adua Villa.

Verranno riproposte le tre masterclass che lo scorso anno hanno registrato il tutto esaurito: Sparkling dress, un viaggio tra le migliori etichette di bollicine italiane, tra metodo classico e metodo charmat; Think Pink, dedicata alla scoperta dei rosati della Penisola; Green is the new black si concentrerà sul mondo del vino e sui progetti sostenibili delle cantine, non solo biologico certificato, ma anche vini vegani, naturali e biodinamici.

Accanto all’Istituto Marchigiano di Tutela Vini e al Consorzio Vini Piceni, già presenti con alcune delle loro migliori aziende nel corso della prima edizione di Best Wine Stars, si aggiunge quest’anno la partecipazione diretta del Consorzio Tutela Lugana Doc. Durante i tre giorni la realtà consortile sarà impegnata nel banco d’assaggio e in una masterclass dedicata alla presentazione dei propri vini.

Per consolidare la collaborazione iniziata nel 2018, FISAR e Prodes Italia organizzeranno durante l’anno a Milano numerose cene aperte al pubblico per far conoscere le aziende del progetto Best Wine Stars, la prima delle quali si terrà mercoledì 20 marzo al ristorante Daniel di Milano.

Ogni azienda partecipante al progetto, verrà inserita all’interno del libro Best Wine Stars 2019. Il volume sarà distribuito nelle librerie italiane e in quelle delle maggiori capitali europee, inoltre sarà spedito a 5000 importanti realtà del settore, tra cui: buyer, distributori, enoteche, hotel, ristoranti, giornalisti, sommelier, blogger di tutto il mondo.


Info in breve | BEST WINE STARS
Quando: 4, 5 e 6 maggio 2019
Dove: Rotonda delle Besana (Via Enrico Besana, 12 – Milano)
Orari: Sabato e domenica dalle 13.00 alle 23.00, lunedì dalle 10.00 alle 18.00
Biglietto Open Wine Tasting: 20 euro
Info: info@bestwinestars.com – www.bestwinestars.com
Facebook e Instagram: @BestWineStars

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La Maremma nel calice a “mareMMMa, la Natura del vino”: 400 vini in degustazione

GROSSETO – Va in scena lunedì 11 marzo “mareMMMa, la Natura del vino“, la più grande selezione di etichette di vino della Maremma. Un territorio ampio, variegato e incontaminato, vocato alla viticoltura sin dal tempo degli Etruschi.

Per la prima volta 85 Aziende, con i loro quasi 400 vini, si riuniscono per dar voce a questa Toscana del Vino alternativa, che ha molto da raccontare. Nel salone centrale del Granaio Lorenese a Spergolaia, nella frazione Alberese del Comune di Grosseto, le denominazioni Maremma Toscana, Montecucco e Morellino di Scansano presenteranno la produzione vitivinicola delle loro Aziende insieme a tipicità gastronomiche del territorio.

I professionisti del settore sono attesi dalle 14.30 alle 19.30. Dalle 17.30 l’evento sarà aperto anche al pubblico di appassionati che vorrà approcciarsi all’altra frontiera della Toscana del Vino. Un’incredibile degustazione: rossi, bianchi e rosati emblemi della migliore produzione vitivinicola di quest’area.

“L’unione fa la forza! Raccontare insieme le molteplici sfaccettature di un luogo unico, dove si coltiva la vite fin dall’antichità, seguendo i ritmi della natura e rispettandone le sue peculiarità”, questo è l’obiettivo per Francesco Mazzei.

Il Presidente del Consorzio Tutela Vini della Maremma Toscana aggiunge: “Vitigni autoctoni e varietà internazionali si affiancano, esaltando la biodiversità, su un territorio incontaminato con caratteristiche climatiche, pedologiche e morfologiche molto diverse tra loro, dunque l’offerta enologica che ne risulta è variegata ed estremamente interessante, tutta da scoprire”.

Dalle varietà tradizionali – Sangiovese, Ciliegiolo, Alicante, Pugnitello, Vermentino, Ansonica – a quelle internazionali – Cabernet Sauvignon, Cabernet franc, Merlot, Syrah, Petit Verdot, Viognier, Sauvignon, Chardonnay – la scelta è davvero ampia all’interno della grande provincia di Grosseto.

“E’ straordinario vedere che così tanti attori – aziende prestigiose assieme a grandi e piccoli vignaioli intraprendenti – abbiano deciso di proporre, per la prima volta, in un’unica degustazione, quasi quattrocento diversi vini, simboli di questa Maremma in cui mare, montagna e collina si incontrano rendendola incomparabile”.

“Questo evento – afferma il Presidente del Consorzio Tutela Vini Montecucco, Claudio Tipa – rappresenta la volontà di crescere di questo territorio, è un ulteriore passo avanti nelle sinergie fra i consorzi della Maremma, che anche grazie agli sforzi compiuti dai singoli fin qui, comincia ad essere considerata come un’area enologica dalle grandi potenzialità”.

“La nostra denominazione affonda le proprie radici nella storia del territorio: sono passati oltre quarant’anni dall’assegnazione nel 1978 della prima DOC, poi diventata DOCG dalla vendemmia 2007, ma i riferimenti alla viticoltura nell’area di produzione risalgono al tempo degli Etruschi con reperti che dimostrano in modo inequivocabile un grande commercio di vino dalla Valle dell’Albegna verso i porti della Francia”, commenta Rossano Teglielli, Presidente del Consorzio Tutela Morellino di Scansano.

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Live Wine 2019: i migliori assaggi al Salone Internazionale del Vino Artigianale a Milano


MILANO –
Live Wine Milano 2019 nel solco delle altre Fiere del vino “artigianale” (leggi “naturale”) d’Italia: cresce la qualità media dei vini in degustazione e l’interesse del pubblico, soprattutto giovane e piuttosto preparato sull’argomento. Mal disposto, cioè, ad accettare come dogmi difetti spacciati per virtù.

C’è tempo ancora oggi, dalle 10 al Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi, per degustare i vini di 150 produttori provenienti da tutte le regioni d’Italia e da alcuni territori ad alta vocazione vitivinicola in Europa. Ecco gli assaggi da non perdere.

I MIGLIORI ASSAGGI A LIVE WINE 2019

Barolo Docg Riserva 2011 Perno, Elio Sandri: 96/100
Semplicemente delizioso. Nel 2011 Elio Sandri decide di imbottigliare solo la riserva del Barolo: il perché è nel calice, a distanza di 8 anni.

Vigneti delle Dolomiti Igt 2016 “Granato”, Elisabetta Foradori: 96/100
Il Teroldego, in una delle sue massime espressioni di sempre. Un calice di estrema eleganza.

Toscana Igp 2015 “Il Bilaccio”, Il Borghetto: 94/100
Si legge Igp, ma si consideri pure Chianti Classico a tutti gli effetti: misteri delle fatidiche commissioni di degustazione, che bocciano vini come si trattasse di scolaretti indisciplinati, a fronte di colpi di classe assoluta come questa selezione di Sangiovese. Della medesima cantina, da non perdere “Montigiano” 2016 e “Montedesassi” 2015.

Costa Toscana Rosso Igt 2015, Ampeleia: 92/100
Un Cabernet “d’altura”, allevato a 500 metri sul livello del mare. Se ne assaggiano tanti, così, tra i premiatissimi cileni. Questo li ricorda, in termini di finezza. Anzi: ne lascerebbe alle spalle tanti. Un fuoriclasse tra i rossi di Toscana.

Terre Siciliane Igt 2017 “Nakone”, Le Sette Aje: 92/100
Tra i vini più emozionanti e sorprendenti di Live Wine 2019. Si tratta di un rosato, ottenuto dal blend tra un’antica varietà presente nel vigneto storico de Le Sette Aje, nella zona di Santa Margherita di Belice (AG), e uve Moscato.

Forlì Igt Bianco 2017, Marta Valpiani: 92/100
Un’Albana dall’assoluta gastronomicità, qui in una delle sue vesti più tipiche, eleganti e di prospettiva.

Cirò Doc Rosato 2017, Tenuta del Conte: 91/1000
Ci sono le Donne del Vino che si ricordano per lo smalto e i capelli cotonati. E poi c’è Mariangela Parrilla (nella foto sotto), che preferisce farsi ricordare nel calice. Straordinaria la padronanza di questa giovane vignaiola con le varietà storiche di Cirò, dal Gaglioppo al Greco. Una linea (intera) che racconta una Calabria vera e tradizionale. Chapeau.

Emilia Igt 2017 “Fricandó”, Al di là del fiume: 90/100
Avete presente quando vi raccontano che l’Albana è un rosso travestito da bianco? Questione di mercato. La vinificazione in anfora aiuta il varietale e i primari a esplodere, sopra i tannini. Un bianco di carattere, a tutti gli effetti.

Soave Doc 2017, Garganuda – Andrea Fiorini Carbognin: 90/100
La Garganega come mamma l’ha fatta. Nuda. Ma non per questo timida. Anzi. Esibizionismo allo stato puro del varietale, nell’interpretazione veristica e cruda di un Soave che mancava nel panorama della Denominazione.

Vermentino Doc Colli di Luni 2014 “Plinio”, Terra della Luna: 89/100
Vendemmia considerata tra le più sfortunate in Italia. Provare per ricredersi questo bianco della Liguria, nella verticale proposta da questa Azienda agricola di Isola di Ortonovo (SP).

Vsq Metodo Classico Rosé Dosaggio Zero 2003 “Estia”, Famiglia Mario Gatta: 89/100
Sua maestà il Pinot Nero, in Franciacorta. O quasi. Guai a parlare di Chardonnay a Mario Gatta, che ha fatto del Noir il colore di una vita. E di una vigna. Con risultati eccezionali. Tappa obbligata a Live Wine 2019.

Vsq Metodo Classico 2016 “Omomorto”, Giovanni Menti: 88/100
Uva Durella come poche, con l’aggiunta di un tocco di mosto di Garganega passita (3%) utile alla rifermentazione. Quattordici mesi sui lieviti per questo spumante della zona di Gambellara, da non perdere.

Vsq Metodo Classico Rosato 2015, Le More Bianche: 88/100
Uno dei pochi “esemplari” sensati di Barbera spumantizzata in circolazione. L’assaggio vale la sosta, per assaggiare l’intera linea. Roero Docg “Vigna San Bernardo” 2016 in primis.

Nero d’Avola Doc Sicilia 2017, Mastro di Baglio: 88/100
E’ una “sicilianità” coinvolgente quella con cui si viene accolti al banco di Mastro di Baglio.

La stessa che, poi, si ritrova nel calice di questo splendido Nero d’Avola 2017: frutto da masticare e mineralità salina a chiamare il sorso successivo.

Amarone della Valpolicella 2013 “Valmezzane”, Corte Sant’Alda: 87/100
Freschezza e beva i punti forti di questa etichetta, che rappresenta appieno il nuovo corso del re dei rossi del Veneto.

Igp Terre Siciliane Grecanico 2017 “Sketta”, Cantina Marilina: 87/100
Tanto timida al naso (ma sarebbe meglio dire austera) quanto croccante e vogliosa di esibirsi al palato: “Sketta” è una fanciulla dall’animo tosto e ribelle, che si rivela solo dietro a un velo di tannino. Vino gastronomico.

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Barone Pizzini acquista La Contessa di Capriano del Colle: focus sui vini rossi


CAPRIANO DEL COLLE –
Rotolando verso Sud. Barone Pizzini, azienda tra le più in vista della Franciacorta, ha annunciato ieri il suo ultimo investimento nella Bassa Bresciana. Si tratta dell’Azienda Vitivinicola La Contessa di Capriano del Colle (BS), proprietà di Alessia Berlusconi dal 2009.

Un’operazione che consolida la presenza di Barone Pizzini nella provincia di Brescia. La cantina dell’area del Monte Netto va infatti ad affiancarsi alla casa madre di Provaglio d’Iseo. Le due aziende sono separate tra loro da soli 32 chilometri.

Ma se in Franciacorta il focus è ovviamente quello dello spumante Metodo Classico (anzi, Metodo Franciacorta), a Capriano del Colle si producono principalmente vini rossi. Un segno evidente della scarsa “fiducia” con la quale molte aziende franciacortine affrontano il mercato, con i loro Curtefranca Doc.

La Denominazione di Origine controllata “Capriano del Colle”, di fatto, è ad oggi una scommessa. Con i suoi 68 ettari complessivi arroccati sul Monte Netto (in realtà una collina, il cui punto più alto raggiunge appena 133 metri sul livello del mare) la zona può diventare entro i prossimi 10 anni lo scrigno di una nuova enologia bresciana. Fondata, come un tempo, sui vini rossi fermi.

Potrà dare certamente il suo contributo un “brand” come Barone Pizzini, che ha già dimostrato di saper proporre vini di qualità anche lontano dalla Franciacorta. In Toscana, con Poderi di Ghiaccioforte, e soprattutto nelle Marche, dove è presente la consociata Pievalta, capace di firmare nobilissime etichette di Verdicchio dei Castelli di Jesi.

E tra le novità che potranno determinare il lancio definitivo dei vini della Bassa Bresciana c’è la decisione, già approvata da parte del Cda del Consorzio di Tutela, di cambiare il nome della Doc da “Capriano del Colle” a “MonteNetto”, più rappresentativo di un areale che comprende altri 2 Comuni oltre allo stesso Capriano: Poncarale e Flero.

LA NUOVA ACQUISIZIONE DI BARONE PIZZINI
In particolare, l’Azienda Vitivinicola La Contessa conta 8,5 ettari di vigneti attorno alla struttura della Cascina Colombaroli. Le varietà di uva presenti sono principalmente rosse.

Il vitigno coltivato maggiormente è il Marzemino, con cui La Contessa realizza attualmente “9.9”, il suo prodotto di punta.

Seguono Merlot, Cabernet Sauvignon, Syrah, Barbera, Sangiovese e Rebo, ottenuto dall’incrocio tra Teroldego e Merlot elaborato nel 1920 da Rebo Rigotti, ricercatore dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige.

Tra le varietà a bacca bianca sono presenti lo Chardonnay e il Trebbiano. Una produzione certificata biologica dall’estate 2014. A cinque anni, cioè, dall’acquisizione de La Contessa da parte di Alessia Berlusconi (nella foto), figlia di Paolo e nipote di Silvio Berlusconi.

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