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Nasce il Consorzio a tutela della birra artigianale Made in Italy


Con l’inizio dell’estate 2019 arriva il Consorzio a tutela della birra artigianale Made in Italy che garantisce l’origine delle materie prime, dal luppolo all’orzo e la lavorazione artigianale contro la proliferazione di finte birre artigianali e l’omologazione dei grandi marchi mondiali.

I fondatori sono Teo Musso del birrificio agricolo Baladin, Marco Farchioni del birrificio Mastri Birrai Umbri, Giorgio Maso del birrificio dell’Altavia, Vito Pagnotta del birrificio agricolo Serro Croce e Giovanni Toffoli della Malteria Agroalimentare Sud.

È quanto spiega la Coldiretti in occasione della nascita del primo Consorzio Birra Italiana per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana a Roma a Palazzo Rospigliosi proprio alla vigilia del solstizio con l’avvio dell’estate che è anche il periodo di massimo consumo della birra.

Lo scopo del Consorzio è la valorizzazione della filiera produttiva locale, creando un rapporto più solido tra la bevanda artigianale e le materie prime, tra i piccoli produttori di birra ed i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari.

Il Consorzio Birra Italiana per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana si pone l’obiettivo di raccontare e promuovere, in Italia ed all’estero, la qualità delle materie prime e delle birre artigianali italiane, vero elemento di distinzione e di legame con il territorio italiano favorendo la coltivazione di orzo, dal quale si ricava il malto, e del luppolo, principali materie di base per la preparazione della popolare bevanda.

Il movimento della birra artigianale italiana, nato attorno al 1996 – dichiara Teo Musso, Presidente del Consorzio Birra Italiana – ha prodotto, negli anni, un incredibile fermento che ha interessato più generazioni di imprenditori favorendone una crescita rilevante e concreta che ha coinvolto un importante indotto di aziende e forza lavoro.

“Stiamo vivendo oggi un momento molto delicato del suo sviluppo e consolidamento – continua Musso – e mai più di oggi è necessario fare chiarezza sul concetto di birra artigianale e di birra artigianale da filiera agricola italiana”.

Per il numero uno di Baladin, “rafforzare il concetto di italianità preferendo nella maggioranza degli ingredienti le materie prime nazionali, è la via concreta per sostenere la differenziazione del prodotto e per consolidare la tradizione di una bevanda che deve essere considerata, prima di tutto, un frutto della terra”.

“L’Italia – conclude Teo Musso – è riconosciuta come un’eccellenza nella produzione agricola e i suoi prodotti, frutto di trasformazione, un’unicità dal grande valore. Perché la birra, prodotto agricolo, non deve essere valorizzato allo stesso modo dei grandi prodotti agricoli italiani? Il Consorzio Birra Italiana, nasce con lo scopo di favorire questo passaggio culturale”.

LE ATTIVITÀ DEL CONSORZIO
Il Consorzio sostiene i birrifici nel reperimento di materia prima italiana, da filiera tracciata e garantita con gli associati che si impegnano a utilizzare nelle loro produzioni almeno il 51% di materia prima italiana creando una filiera dal campo al boccale con una collaborazione sempre più stretta con i coltivatori italiani di orzo e luppolo.

Il successo delle birre nazionali ha già favorito anche la produzione del malto italiano salita fino a 80 milioni di chili nel 2018. La produzione di orzo italiano per la filiera della birra – spiega il Consorzio per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana – rappresenta un’opportunità per l’agricoltura con il recupero anche di aree dismesse in fasce marginali, con una riqualificazione produttiva ed economica di quelle aree.

Per produrre il malto si fanno germinare i chicchi di orzo mettendoli a bagno in acqua per poi essiccarli in appositi forni, mentre il luppolo è una pianta rampicante alta fino a sei metri dalla quale si raccoglie il fiore che apporta alla birra il tipico gusto amarognolo, ha proprietà antiossidanti che migliorano la conservabilità e favorisce la persistenza della schiuma.

IL DISCIPLINARE
Il disciplinare del Consorzio per la tutela e la promozione della birra artigianale italiana si basa sulla definizione di “Birra Artigianale” stabilita per legge (art. 2 comma 4 bis della legge n. 1354 del 16.8.1962, come modificata dall’art. 35, comma 1, L. 28 luglio 2016, n. 154) che indica in tre fattori cardine i criteri da rispettare da parte del birrificio: indipendenza del birrificio, limite di produzione stabilita in un massimo di 200.000 ettolitri all’anno e integrità del prodotto che non deve essere sottoposto a  processi di pastorizzazione o di microfiltrazione.

Sul fronte dei consumi il Consorzio vuole spingere verso una maggiore trasparenza dei menù nei ristoranti, pizzerie, bar o pub, dove troppo spesso sotto la denominazione di birre artigianali vengono offerti marchi che sfruttano nomi o indicazioni geografiche che fanno pensare a bevande artigianali Made in Italy ma che in realtà – sottolinea il Consorzio – sono prodotte da colossi del settore a livello mondiale.

Il disciplinare del Consorzio prevede che alla denominazione di “Birra Artigianale” venga integrata l’indicazione “da filiera agricola Italiana”, laddove l’utilizzo di materia prima secca provenga in prevalenza dalla filiera agricola italiana, che la sede produttiva e legale dello stabilimento in cui viene prodotta e confezionata la birra sia situata sul territorio nazionale.

“Gli accordi di filiera – sottolinea il Presidente di Coldiretti Ettore Prandini – sono strumenti fondamentali per difendere la produzione, garantire un utilizzo sostenibile del territorio, valorizzare la distintività, assicurare la giusta distribuzione del valore, rafforzare l’identità del sistema Paese e conquistare nuove quote di mercato in Italia e all’estero con prodotti di alta qualità che hanno spinto la crescita del Made in Italy nel mondo”.

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Modena Champagne Experience 2019: aperta la vendita dei biglietti


MODENA –
Torna dopo l’estate l’appuntamento clou con lo Champagne in Italia. Modena Champagne Experience 2019 si terrà nella città emiliana il 13 e 14 ottobre. Due giorni dedicati agli operatori del settore alberghiero, della ristorazione, di enoteche e wine bar, ma anche agli appassionati, nei padiglioni di ModenaFiere.

Ad attenderli vigneron e produttori di altissima qualità: una lunga serie di banchi di degustazione con oltre 650 Champagne e più di 100 Maison, per le quali saranno presenti i produttori in prima persona.

Ricco anche il programma collaterale – spiega Lorenzo Righi, direttore di Club Excellence che organizza l’evento – che vedrà susseguirsi Master Class con relatori di spicco, oltre ad appuntamenti dedicati alle eccellenze gastronomiche italiane. Al food sarà dedicata anche una speciale area espositiva, che arricchirà ulteriormente il palinsesto dell’evento”.

Modena Champagne Experience, alla terza edizione, torna quest’anno dopo il successo del 2018, segnato da oltre 4 mila presenze. È possibile acquistare il biglietto in prevendita ad un prezzo ridotto fino al 30 settembre. Tutte le informazioni sulla manifestazione e sui ticket di ingresso sono disponibili sul sito www.champagneexperience.it.

La manifestazione Modena Champagne Experience è organizzata da Club Excellence, associazione nata nel 2012 con l’obiettivo di promuovere la cultura della distribuzione. Un “Club dell’Eccellenza” che riunisce quindici tra i maggiori importatori e distributori italiani di vini d’eccellenza.

Si tratta di Sagna SpA, Gruppo Meregalli, Cuzziol Grandivini Srl, Pellegrini SpA, Balan Srl. Sarzi Amadè Srl, Vino & Design Srl, Teatro del Vino Srl, Proposta Vini sas, Bolis Srl, Les Caves de Pyrene Srl, Premium Wine Selection PWS Srl, Ghilardi Selezioni Srl, Visconti 43 Srl, Première Srl.

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Associazione Vini Veronesi e Vinho Verde: accordo di collaborazione da 2,3 milioni

I vini veronesi a denominazione di origine controllata e il Vinho Verde portoghese uniscono le forze per una promozione comune in Germania, Danimarca e Francia nell’ambito di un ampio progetto triennale da 2,3 milioni di euro cofinanziato dall’Unione Europea.

L’accordo di collaborazione è stato siglato a Villafranca di Verona dal presidente del Vinho Verde, Manuel Pinheiro, che è anche a capo dell’Associazione nazionale delle denominazioni di origine vitivinicole del Portogallo, e da Franco Cristoforetti, presidente di Avive, l’Associazione dei Vini Veronesi a denominazione di origine, in rappresentanza dei Consorzi di tutela dell’Arcole, del Bardolino, del Custoza, del Garda, del Lessini Durello, del Lugana e del Soave (non aderisce invece all’iniziativa il Consorzio dei vini della Valpolicella).

“Il tratto distintivo che accomuna i vini veronesi e quelli portoghesi al centro di questa grande azione di promozione, una delle maggiori sin qui impostate dalle nostre realtà nel territorio europeo – spiega Franco Cristoforetti, che è anche Presidente del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino – è la loro capacità di unire nuove idee con una grande tradizione”.

“Le nostre denominazioni – prosegue – appartengono tutte ad aree storiche della viticoltura, e nel contempo si caratterizzano per una modernità di approccio che si fonda sulla freschezza gustativa e sull’estrema abbinabilità con le cucine sia dei Paesi di origine, sia delle aree di prevalente esportazione”.

“Tra queste – continua Franco Cristoforetti – la Germania è indubbiamente la principale destinazione sia per i vini veronesi che per il Vinho Verde, mentre la Danimarca rappresenta il ponte verso tutta la Scandinavia. Quanto alla Francia, è evidente che si tratta di un mercato vinicolo sotto i riflettori internazionali, nel quale vogliamo essere protagonisti”.

Il progetto, che si svilupperà sino al 2021, prevede la partecipazione alle maggiori fiere di settore, come il Prowein di Düsseldorf o Wine Paris, che dal prossimo anno si amplierà anche all’edizione parigina di Vinexpo, e una fitta serie di iniziative di comunicazione rivolte agli operatori, alla stampa e ai social network.

I vini veronesi sotto i riflettori saranno tre bianchi, ossia Custoza, Lugana e Soave, un vino rosa, il Chiaretto di Bardolino, due rossi, l’Arcole e il Bardolino, e due spumanti, il Garda Spumante e il Lessini Durello.

“Ci rivolgeremo ad un’ampia platea europea – afferma Cristoforetti – cui faremo comprendere quanto siano al passo coi tempi le nostre tradizioni vinicole che poggiano la loro essenza su importanti vitigni autoctoni come lo sono a Verona la Corvina e la Rondinella tra le uve rosse e la Garganega, la Turbiana e la Durella tra le bianche”.

“Mentre nel nord del Portogallo, terra della denominazione del Vinho Verde – conclude Cristoforetti – prevalgono altre varietà locali come Alvarinho, Trajadura, Loureiro e Arinto. Insomma, abbiamo molto da raccontare, insieme, agli appassionati di vino”.

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Chianti, l’export parla francese. E comunica coi giovani con il rebranding del logo


MILANO –
Il Chianti cresce nella terra dei grandi rossi: la Francia. E punta alla revisione del logo, utile a catturare l’attenzione delle fasce più giovani di consumatori internazionali, con la “C” che ricorda uno “Smile”. È quanto emerge dalla relazione sulle vendite dei vini rossi toscani in Europa, organizzata ieri dal Consorzio Vino Chianti a Palazzo Mezzanotte, a Milano.

La ricerca è stata affidata a Nomisma Wine Monitor. Ad esporla Manuela Savardi, esperta di mercati internazionali. Il quinquennio preso in considerazione è quello 2013-2018. Partendo da dati macroscopici del vino italiano si evidenzia una crescita del 16% a valore nell’import, che passa da 2.535,5 milioni di euro a 2.941,8 milioni di euro dello scorso anno.

La Germania si riconferma il primo Paese, anche se la sua crescita è quasi nulla rispetto al notevole registrato dalla Francia (+59%), che si stabilisce al quarto posto. Al secondo posto troviamo la Gran Bretagna, che cresce del 18%.

Ma è bene sottolineare che il 49% dell’import è costituito dagli spumanti. Sicuramente un dato interessante è quello relativo ai mercati minori, anche tenendo conto che i Paesi nei primi 5 posti (terzo posto per Svezia e quinto Paesi Bassi) costituiscono un market share del solo 33%, in cui la crescita della Polonia risulta esponenziale (+ 109%).

Andando nello specifico dei rossi imbottigliati italiani, il valore nel medesimo lasso di tempo riporta una crescita contenuta in Ue, con un +6% a valore e sempre con la Germania che si trova saldamente in testa, ma con una crescita bassa (4%), a dispetto della Francia che fa registrare la migliore performance (+13%) ed è al quinto posto, preceduta da Svezia, Danimarca e Uk.

SORPRESA: I MERCATI MINORI

La Germania è comunque il primo Paese di export per i rossi italiani, ma ancora una volta i dati più impressionanti arrivano da mercati minori: Polonia +51%, Finlandia +35%, Repubblica Cieca +38%.

L’export di vini rossi è sempre guidato saldamente dalla Francia, che nei 5 anni incrementa del 14% in valore. L’Australia fa un balzo di +52% e segue Spagna e Italia. Nel dettaglio delle Dop, re indiscussi sono i rossi di Bordeaux, che generano un valore di 15,8 milioni di euro, con grande distacco sui vini toscani che seguono e segnano un 9,1 milioni di euro, seguiti in modo compatto da Rioja, Borgogna, Veneto e Piemonte.

Nel dettaglio dei vini rossi toscani Dop, l’export è aumentato del 3%, generando un valore che era 501,2 milioni di euro nel 2013 per giungere a 518,6 milioni nel 2018, anche se la percentuale sull’Europa è diminuita dell’8% (dal 39% al 31%) rispetto ai paesi extra EU.


Si registrano perdite nei principali mercati europei, con un -30% sulla Germania, -5% sugli Uk, -7% sui Paesi Bassi, -19% sul Belgio, e -30% sulla Danimarca. A rafforzare i trend precedenti, l’unica eccezione è sulla Francia, al terzo posto e con un valore di 13 milioni di euro, in cui c’è un incredibile +49%.

Guardando poi ai competitors interni, sempre nei primi 5 paesi Eu precedenti, i vini rossi toscani Dop restano i più esportati, con la sola eccezione dei Paesi Bassi. Insomma, tirando le somme dopo aver dato i numeri, puntare su alcuni mercati non canonici può essere una delle strategie per allargare il bacino dell’export anche per il Consorzio del Chianti.

IL REBRANDING DEL LOGO
Il Presidente Giovanni Busi evidenzia come un’altra via potrebbe essere “l’avvicinamento alla fascia più giovane della popolazione, a partire dal rebranding del logo che ha la ‘C’ di Chianti simile a uno smile“.

Altro obiettivo dei tour internazionali è insegnare la versatilità del Sangiovese, facile da abbinare ai piatti tradizionali di diversi Paesi, nel mondo. Un imponente lavoro di “riqualificazione dei vigneti” è stato operato tra il 2001 e il 2018, anche grazie ai finanziamenti pubblici sia italiani che europei.

In tutto circa 850 ettari, il 75% della superficie totale. Se le vendemmie saranno buone si prevede di arrivare a una produzione di un milione di ettolitri nel 2025. Lo stesso presidente Busi suggerisce infine “il Chianti come vino da Happy Hour. Magari non una Riserva…”.

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#oggirosa: un brindisi con il Chiaretto di Bardolino

Venerdì 21 giugno, primo giorno d’estate, si terrà #oggirosa, manifestazione promossa dal Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino per celebrare l’arrivo della bella stagione con il Chiaretto di Bardolino, il “vino rosa” della sponda veronese del lago di Garda.

L’iniziativa prevede una serie di aperitivi, cene e degustazioni e coinvolgerà cantine, enoteche, wine bar e ristoranti del territorio gardesano e della Valpolicella. A Torri del Benaco, sul Molo De Paoli, ci sarà l’aperitivo in rosa con AIDO, accompagnato dalla musica della Old Pepper Jess Band. Per l’occasione, grazie al Comune di Torri, all’imbrunire il Castello Scaligero verrà illuminato di rosa.

A Bardolino l’Hollywood Dance Club, tra i più celebri locali del lago di Garda, aprirà sulle note dei Friday Sinatra. A bordo piscina, durante l’happy hour, si festeggerà con il Bardolino Chiaretto Heaven Scent di Vigneti Villabella. L’azienda agricola Bigagnoli, invece, brinderà a #oggirosa sia a Calmasino di Bardolino, con un aperitivo in cantina, che a Garda, all’OsteriaA22.

Al ristorante Oseleta di Cavaion Veronese, una stella Michelin, lo chef Giuseppe D’Aquino abbinerà le sue creazioni al Chiaretto di Bardolino di Villa Cordevigo e Vigneti Villabella in una cena esclusiva, realizzata per l’occasione, a partire dalle ore 20.

Tenuta La Presa, invece, offrirà un aperitivo di Bardolino Chiaretto nei ristoranti El Brol a Costermano sul Garda, Bonaparte a Rivoli Veronese e Miralago a Pastrengo. In Valpolicella, a Pedemonte, al Wine Shop di Tommasi Family Estates, verrà offerto un calice di Bardolino Chiaretto Granara e sarà possibile acquistare i tre “vini rosa” prodotti sul lago di Garda, in Oltrepò Pavese e in Puglia ad un prezzo scontato. Sempre a Pedemonte, anche l’azienda Santa Sofia applicherà degli sconti sull’acquisto di Chiaretto di Bardolino.

Giunta alla sua seconda edizione, la campagna #oggirosa è nata per volontà dei sei Consorzi (Chiaretto di Bardolino, Chiaretto Valtènesi, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte, Salice Salentino, Cirò e Melissa) che hanno aderito a RosAutoctono, l’Istituto del “Vino Rosa” Autoctono Italiano. La manifestazione infatti è la risposta nazionale all’International Rosè Day, in programma il 28 giugno in Provenza e dedicato esclusivamente ai rosé provenzali.

Non solo a Bardolino e in Valpolicella dunque, ma anche negli altri territori della penisola si festeggerà l’estate con una serie di eventi e iniziative dedicate ai “vini rosa”.

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L’avvocato diventa mastro distillatore: Vincenzo Agostini e la Distilleria Le Crode


QUERO VAS (BL) –
Un avvocato stanco di udienze, tribunali e scartoffie. Una distilleria in vendita, destinata altrimenti a chiudere per sempre, ponendo fine a una tradizione centenaria. Certe storie iniziano perché ne finiscono altre e qualcuno vuole scrivergliene sopra di nuove. Con l’inchiostro dei sogni.

Dopo due anni da apprendista, Vincenzo Agostini può oggi definirsi “artigiano distillatore”. La distilleria Le Crode, rilevata nel 2014, è l’ultimo baluardo artigianale della Grappa Bellunese, un tempo tra le più rinomate d’Italia.

Siamo nel Comune di Quero Vas (BL), per l’esattezza in via Masetti 11, località Caorera. Appena dentro al territorio bellunese, a pochi passi dalla provincia di Treviso. Una zona in cui, un tempo, la viticoltura era fiorente. Oggi, il ritorno al vino è affidato a uno sparuto gruppo di vignaioli, tra cui molti giovani.

La vallata del Piave trucca gli occhi alle montagne circostanti, come una matita. Una terra di conquista e di battaglie, che oggi si presenta in tutta la sua bellezza sublime. Selvaggia e silenziosa. Ispiratrice. Ne è rimasto folgorato Vincenzo Agostini, bellunese di “città” che ha trovato l’habitat ideale per il suo cambio d’abito: da avvocato a mastro distillatore.

A Le Crode si distilla solo vinaccia fresca selezionata da piccoli produttori di vino del Trevigiano e del Bellunese. Le varietà sono quelle tipiche. Glera (l’uva che dà vita al Prosecco), Cabernet, Merlot, Raboso.

Ma anche le autoctone e preziosissime Recantina, Pavana e Gata. Varietà a bacca rossa originarie dei Colli Asolani (la prima) e delle cosiddette “Coste Feltrine”, poste alle spalle del Comune di Feltre (le ultime due). Circa 18 mila bottiglie, etichettate a mano ad una ad una, che riposano un anno prima della commercializzazione.

La distilleria Le Crode pare un giardino di rame, in cui Vincenzo Agostini si aggira con maestria. Costruito nel 1908 a Conegliano, conta 3 caldaie a ciclo discontinuo. Un pezzo di storia che il mastro distillatore coccola con lo sguardo.

Distillare con questi vecchi impianti non è facile – spiega Agostini – è un vero e proprio atto creativo. Devi mettere assieme l’udito, l’olfatto, la tecnica. È come avere a che fare con un’auto storica: il bello è sentire il motore, le valvole. Per condurre questo impianto occorre sensibilità e pazienza”.

La distillazione inizia con la Glera, attorno al 20 settembre. E si conclude con il Raboso, che a Le Crode arriva anche in versione “vendemmia tardiva”, per l’ottenimento di una grappa morbida e suadente.

Solo uno dei pezzi di bravura di Vincenzo Agostini, che conquista soprattutto con “La Nina”, ottenuta dalla distillazione di vinacce fresche di uve autoctone. Il vero pezzo di bravura di questo appassionato distillatore.

 

Una produzione che si distingue per l’assoluta finezza, che rende queste etichette uniche. La grappa Le Crode vanta una facilità di beva assoluta, grazie a una percezione “leggera” dell’alcol (43%) dovuta alla perfetta integrazione col resto dei sentori. Un aspetto garantito dall’artigianalità e “lentezza” del processo di distillazione.

“Negli anni d’oro – ricorda il patron de Le Crode – in questa zona c’erano 25 distillerie. Oggi siamo l’ultimo baluardo rimasto nella provincia di Belluno, eredi di una tradizione che è andata via, via scomparendo, nel segno di un’Italia che non è in grado di valorizzare i propri tesori”.

“Cosa vai a fare grappa bellunese?”, chiedevano gli amici di Vincenzo Agostini, prendendosi gioco di lui e della moglie. Una domanda che oggi trova risposta nella linea completa di grappe prodotte da Le Crode. Un tesoro che non poteva andare perduto. E che oggi è lì. Tutto da scoprire e assaporare.

Distilleria Le Crode
Loc. Caorera – via Masetti 11
32030 Quero Vas (BL)
Tel. e Fax: 0439 787 288
Cell: 393 9633833
E- mail: info@distillerialecrode.com

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Inycon Menfi 2019: il programma dell’evento del vino più importante in Sicilia


MENFI –
 Tutto pronto per l’inizio di Inycon 2019, la più antica manifestazione siciliana dedicata al vino di qualità, inserita nel calendario degli eventi ad alta rilevanza turistica della Regione Siciliana. Appuntamento a Menfi dal 21 al 23 giugno per la ventiquattresima edizione che, come ogni anno, inaugura la stagione del sole e del mare nel giorno del solstizio d’estate.

Il dialogo tra la città e la campagna rappresenta quel binomio perfetto tra storia e natura, cultura e coltura, attorno al quale ruota l’intera programmazione dell’edizione 2019. Un calendario ricco di iniziative che si estendono dal mare all’entroterra attraverso le colline con gli arazzi di vigneti dove nasce il vino di Menfi, la cui fama è ormai riconosciuta nel mondo.

Le grandi protagoniste di Inycon 2019 – afferma il Sindaco Marilena Maucerisaranno le contrade di Menfi, depositarie della tradizione, dell’ospitalità e della cultura di queste terre dove la sapienza contadina, elaborata dall’innovazione tecnologica, ha raggiunto livelli di eccellenza in campo vitivinicolo e agroalimentare”.

“Inycon 2019 – continua Mauceri – sarà una grande festa collettiva che vedrà tutti i contradaioli riuniti insieme per celebrare e condividere con il pubblico la bellezza di questo angolo felice di Sicilia, la cui espressione più autentica è rappresentata dalla comunità contadina, dai volti della gente di campagna e dai suoi prodotti enogastronomici”.

La città e la piazza di Menfi saranno il palcoscenico più importante dove le contrade e le loro aziende avranno modo di inaugurare un nuovo modo di prendere parte all’evento condividendo non solo i loro prodotti, ma anche il loro nuovo e virtuoso programma culturale che alterna, per tre giornate, wine tasting guidati, degustazioni di prodotti locali, convegni e laboratori di approfondimento, musica live e performance teatrali per un’offerta culturale ad ampio respiro.


Si inizia venerdì 21 giugno con il convegno di apertura di Inycon, a cui seguirà la cerimonia dedicata alla ventiduesima Bandiera Blu consecutiva assegnata al mare pulito di Menfi, il riconoscimento internazionale conferito alle località turistiche balneari che rispettano i criteri relativi alla gestione sostenibile del territorio.

Siamo molto orgogliosi del programma della nuova edizione di Inycon – aggiunge Nadia Curreri, Assessore al Turismo, Sport e Cultura, Attività Produttive e Artigianato del Comune di Menfi – dopo più di vent’anni la manifestazione è entrata nel calendario degli appuntamenti turistici italiani estivi da non perdere.

Inycon è ormai un potente ed efficace strumento di marketing territoriale che vede l’intera comunità coesa per raggiungere un obiettivo comune: illuminare e rendere visibili tutti i pregi dell’identità menfitana e del suo territorio”.

Il payoff “Menfi e i colori della sua terra” accompagna il logo di Inycon 2019 e racchiude la nuova visione della manifestazione che, già a partire dalla scorsa edizione, si propone come modello di turismo virtuoso e volano per l’intera economia del territorio: un centro al quale confluiscono e poi si irradiano tutte le azioni virtuose che fanno di Menfi e delle sue terre un’irrinunciabile esperienza da vivere in ogni stagione dell’anno.

Nel nuovo logo – afferma il direttore artistico di Inycon Francesco Bondìsono rappresentate le 7 contrade di Menfi, identificate attraverso l’uso dei colori, fino a costituire un mosaico composto da tessere diversissime tra loro e ognuna di esse, con la propria identità, concorre a quella visione panoramica che noi chiamiamo Menfi, ovvero una comunità che deve i suoi traguardi ai diversi modi di essere cultori e coltivatori delle sue terre”.

“Credo che, arrivati alla ventiquattresima edizione, dopo aver iniziato un nuovo percorso nel 2018 che dal particolare va al generale, sia sensibilmente chiaro il fatto che Menfi abbia iniziato a riconoscere le sue virtù e le sue eccellenze una per una, come una madre che chiama per nome i propri figli”, conclude Bondì.

La cultura della terra diventerà esperienza artistica nelle sere dell’evento, con l’obiettivo di infondere nel pubblico il calore della Storia e il desiderio del futuro, attraverso la musica e il teatro estremo di Meraviglia – in programma sabato 22 e domenica 23 -, uno dei grandi spettacoli dei SONICS, compagnia di acrobati tutta italiana, capace di incantare il pubblico di ogni età con emozionanti acrobazie aeree, ambientazioni fantastiche, grandi macchine sceniche ed effetti speciali capaci di sfidare i limiti dell’immaginazione.

PROGRAMMA INYCON 21/23 GIUGNO 2019

  • VENERDI’ 21 GIUGNO 

– 18.00 Convegno di apertura “Menfi e i colori della sua terra”.

Con Marilena Mauceri, Sindaco di Menfi – Nadia Curreri, Assessore al Turismo di Menfi – Francesco Bondì, Direttore Artistico Inycon 2019 – Roberto Lepori, giornalista – Giuseppe Giannone, Comandante del Circo Mare di Sciacca – Francesco Gagliano, Assessorato Regionale Agricoltura, Sviluppo Rurale e Pesca Mediterranea. Modera Toni Fisco.

A seguire Menfi Bandiera Blu 2019

Cerimonia per issare il vessillo turistico.

Area Talk – Palazzo di Città

– 19.00 Wine Bar

Mandrarossa – Piazza Vittorio Emanuele III

Terre Sicane – Viale della Vittoria

– 19.00 Wine tasting

Da Menfi all’Etna, le contrade e il loro terroir con Camillo Privitera, presidente AIS Sicilia (a cura dell’Associazione Enonauti).

Casa Planeta 

– 22:00 Il Vino in una Terra di Mare

A cura di Gloria Ciaccio voce, Grazia Montelione performer, Alessandra Balistreri canto, conduce Carla Vaccara.

Cortile n° 34 Via della Vittoria

– 22:00 Wine Sound

Via della Vittoria

22:00 Disìu

Performance di teatro canzone che medita sulle sonorità del Mediterraneo nel ritmo del sole e del sale di Ezio Noto. Con Mauro Cottone, Valeria Cimò, Eleonora Tabbì, Totò Randazzo, Roberto Ligammari, Pino Tortorici, Giuseppe Cottone, Francesco Barbata.

Piazza Vittorio Emanuele III

  • SABATO 22 GIUGNO

– 18:00 Convegno “Sviluppo sostenibile dell’agricoltura e del turismo sul territorio dalle parole ai fatti” con Marilena Mauceri Sindaco di Menfi – Giuseppe Bursi, Presidente Cantine Settesoli – Giovanni Ruggieri, Prof. Economia del Turismo Università di Palermo – Mauro Verner, Azienda Mezzacorona – Laurent De La Gatinais, Consorzio Doc Sicilia – Michele Alessi, Mipaaft.

Modera Clementina Palese.

Area Talk, Palazzo di città. Piazza Vittorio Emanuele III

– 18:30 Presentazione del romanzo “Caramelle Carrubba” dello scrittore menfitano Vito Falco.

Con Nino Cangemi (relatore), Salvo Ognibene (moderatore), Nino Sanzone (attore) e Calogero Genco (interventi musicali).

Casa Planeta

– 19:00 Wine tasting

Il vero protagonista sei tu con Francesca Ciancio, giornalista di Winenews (a cura dell’Associazione Enonauti).

Casa Planeta

– 19.00 Wine Bar

Mandrarossa – Piazza Vittorio Emanuele III

Terre Sicane – Viale della Vittoria

– 20.30 Wine tasting

Lo swing e i colori del Menfishire.

Aperitivo musicale tra le diverse espressioni del territorio di Menfi (a cura dell’Associazione Enonauti).

Casa Planeta

22:00 Wine Sound

Via della Vittoria

– 22:00 Il Vino in una Terra di Mare

A cura di Gloria Ciaccio (voce), Grazia Montelione (performer), Alessandra Balistreri (canto). Conduce Carla Vaccara.

Cortile n° 34 – Via della Vittoria

Dall’imbrunire a seguire prove aperte di MERAVIGLIA

Spettacolare favola moderna che nella retorica del teatro estremo osserva il mondo e le sue meraviglie (a cura dei SONICS).

Piazza Vittorio Emanuele III

  • DOMENICA 23 GIUGNO

– 11:30 Wine Tasting

Sicilia in Bolle, presentazione del nuovo progetto dedicato alla valorizzazione degli spumanti siciliani con Giovanni Alessi, Vicepresidente AIS Sicilia.

Casa Planeta

– 18.30 Wine tasting

Duttilità carattere e identità. Il nero d’Avola si confronta.

Degustazione guidata da Matteo Gallello di Porthos (a cura dell’Associazione Enonauti).

Casa Planeta

– 19.00 Wine Bar

Mandrarossa – Piazza Vittorio Emanuele III

Terre Sicane – Viale della Vittoria

– 21:30 Premiazione della contrada vincitrice del concorso “Menfi e la sua Terra”. Con Marilena Mauceri, Sindaco di Menfi – Nadia Curreri, Assessore al Turismo di Menfi – Michele Benfari, Sovrintendente Beni Culturali di Agrigento – Roberto Lepori, giornalista.

Area Talk, Palazzo di Città – Piazza Vittorio Emanuele III

– 21:30 Cromatismi

Concerto a cura di Giulia Cusumano (violoncello), Irene Girgenti (violino), Emmanuele Marchese (pianoforte) e con la direzione musicale di Michele Allegro.

Oratorio di Gesù e Maria

– 22:00 Wine Sound

Via della Vittoria

– 22:00 Il Vino in una Terra di Mare

Cortile n.34

– 23.00 MERAVIGLIA Spettacolare favola moderna che nella retorica del teatro estremo osserva il mondo e le sue meraviglie (a cura dei SONICS).

Piazza Vittorio Emanuele III

– 24.00 Summertime

Sipario pirotecnico dedicato al Solstizio d’estate (a cura dei fire disigners Vaccalluzzo).

EVENTI E MOSTRE

– dalle 18.00 alle 24.00

Natura esposta al sole

Installazione fotografica dedicata alle contrade di Menfi

Palazzo di Città

– dalle 18.00 alle 24.00

Dal villaggio al palazzo

Polo Museale di Palazzo Pignatelli

– dalle 18.00 alle 24.00

Mostra Malacologica

Polo Museale di Palazzo Pignatelli

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“Cinqueanni”, il Prosecco “lento” di Ruggeri che sfida il tempo (e l’industria)


VALDOBBIADENE –
Cinqueanni” di attesa. Di assaggi dalla vasca. Di dubbi e di certezze. Cinque anni per trasformare un’apparente follia in una sfida concreta. Un moto d’orgoglio per le colline vitate del Conegliano Valdobbiadene, ormai pronte al riconoscimento a Patrimonio dell’Unesco.

Dopo aver sorpreso tutti con “Vecchie Viti”, la storica casa vinicola Ruggeri lancerà sul mercato a luglio il suo nuovo Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut. Vendemmiato a settembre 2014, accolto in autoclave per la presa di spuma a primavera 2015 e rimasto a contatto coi lieviti sino a marzo 2019, quando è stato imbottigliato.

“Cinqueanni”, per l’appunto. Solo 4.500 bottiglie da 0,75 cl, al prezzo di 30-35 euro, cui va sommato qualche centinaio di magnum. La presentazione della nuova etichetta è avvenuta a Valdobbiadene, lo scorso fine settimana.

Memori delle interessanti evoluzioni della vendemmia 1995 – spiega l’ideatore di questo vino, Paolo Bisol, figlio di Giustino, fondatore della cantina Ruggeri – abbiamo preso spunto dal carattere dell’annata 2014 per cominciare questo percorso. Un’annata ricca di acidità e non facile da domare, ma proprio per questa ritenuta idonea al progetto”.

“Cinqueanni – continua Biosol – è connotato da quella che mi piace definire una ‘fresca giovinezza’, o una ‘matura freschezza’. Un Prosecco non convenzionale, ottenuto grazie all’entusiasmo di tutto il nostro team, guidato dall’enologo Fabio Roversi e dall’agronomo Gianluca Tognon“.

Ruolo fondamentale, al di là delle caratteristiche della vendemmia 2014, quello della scelta del vigneto. Per la produzione di questa “Cinqueanni”, Ruggeri ha selezionato una singola particella di un vigneto storico, posto in posizione eletta e nobilitato dalla presenza di viti centenarie, dalle radici profondissime. Un Prosecco unico.

LA DEGUSTAZIONE
Il Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cinqueanni” di Ruggeri si presenta nel calice di un giallo paglierino delicato, ravvivato da un perlage finissimo e molto persistente.

Il primo naso è delicato. Ricordi di pesca bianca, fiori di magnolia e acacia, accenni citrini preziosi, precisi. Ottima corrispondenza gusto-olfattiva, col palato invaso dalla carezzevole sinuosità della spuma.

È questo il vero tratto distintivo di “Cinqueanni”: una sensazione che porta alla mente la cremosità dei Satèn della Franciacorta. La sofficità della spuma, del resto, fa da contraltare alla gran freschezza del sorso, ancor più del risicato residuo zuccherino (2 g/l).

La finezza delle “bollicine” gioca con gli agrumi, prima di una chiusura di sipario salina, asciutta e leggermente ammandorlata.

Un Prosecco dall’anima “lenta” in bottiglia ma “svelta” nel calice: la facilità di beva è assoluta, il sorso non stanca mai e “Cinqueanni” finisce nel tempo d’accorgersi di essere di fronte a un capolavoro di vigna e cantina, come non se ne trovano tanti in Italia, anche in diverse tipologie. Per questo, senza dubbio, il voto è 96/100.

PRESENTE E FUTURO DI RUGGERI
E’ la prima volta che un Prosecco rimane a contatto coi propri lieviti per 46 mesi, prima di essere imbottigliato. Ma l’esperimento potrebbe essere ripetuto, proprio quest’anno. A confermarlo è la nuova proprietà di Ruggeri, il colosso tedesco Rotkäppchen-Mumm, che ha acquisito la cantina trevigiana nel 2017.

“L’andamento dell’annata 2019 ci fa ben sperare per la seconda edizione di questa etichetta”, annuncia Stephan Nienaber, responsabile del progetto di internazionalizzazione di Rotkäppchen-Mumm e membro del Cda di Ruggeri Spa.

“Nel frattempo – continua Nienaber – non ci resta che valutare l’evoluzione in bottiglia di ‘Cinqueanni’, continuando a proporre Ruggeri come marchio che si distingue in termini di qualità nell’area di produzione del Prosecco Superiore Docg di Valdobbiadene”.

Stephan Nienaber, membro di Rotkäppchen-Mumm e del Cda di Ruggeri Spa

E non è un caso se Rotkäppchen-Mumm abbia deciso di puntare molto su Ruggeri, cantina solida, rinomata e condotta con cuore ed esperienza manageriale da Paolo e Isabella Bisol. Si tratta infatti del primo passo mosso in Italia dal marchio leader in Germania nel settore degli spumanti e dei superalcolici.

“Proprio per la nostra vocazione spumantistica – spiega Stephan Nienaber – e visto il grande momento per il Prosecco, abbiamo individuato in Ruggeri la gemma di cui avevamo bisogno per entrare nel mercato italiano, inserendola nei nostri ‘Marchi del piacere‘ che vanno dal vino ai superalcolici”.

Il brand Rotkäppchen, del resto, si è fatto largo sui mercati internazionali come “Champagne della Germania dell’Est”. Non a caso era tra le “bollicine” preferite da Fidel Castro, prima dell’affermazione assoluta iniziata nel 1990, in seguito allo smantellamento della Cortina di Ferro.

Per la “Cappuccetto Rosso” tedesca (questa la traduzione di “Rot käppchen”), l’apertura all’estero, nel 2015, è stata un manna. La crescita è stata esponenziale: dal milione di bottiglie degli anni Novanta ai 270 milioni di bottiglie attuali (170 milioni in versione sparkling) senza l’apporto delle private label.

Inoltre Rotkäppchen-Mumm è diventata distributore esclusivo in Germania di grandi nomi del Made in Italy come Frescobaldi, attraverso Eggers&Franke. Un colosso tedesco da 1 miliardo di euro di fatturato a bilancio nel 2018, che è solo all’inizio.

Si rincorrono infatti le voci di un interessamento di Rotkäppchen-Mumm al mondo del Metodo Classico italiano, che potrà condurre in tempi non lunghissimi a un’acquisizione importante nel Bel paese. “Non posso parlarne adesso – spiga Stephan Nienaber a WineMag.it – ma quello che posso dire è che Ruggeri è solo il nostro primo passo in Italia”.

Ce ne sarà un altro? “Eventually”, risponde il manager (tradotto: “Eventualmente”). “Tutti devono sapere che questo gigante tedesco non è venuto in Italia per fare una cosa sola, ma probabilmente più d’una. E se parliamo di regioni, siamo focalizzati più sul nord Italia che al Sud. Sia ad Est che ad Ovest”. Il mercato è avvisato.

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Chi ha ucciso il vino Marsala? In Sicilia si cercano le risposte. Prima del rilancio


MARSALA –
La crisi del vino Marsala sotto la lente di ingrandimento al convengo organizzato venerdì 14 giugno nella città più vitata della provincia di Trapani. Su invito del presidente Gaetano Vita sono intervenuti studiosi e operatori della cooperazione e delle imprese private, invitati allo storico Circolo Lilybeo.

Un evento moderato da Giacomo Manzo, responsabile regionale del dipartimento Viticoltura ed Enologia “Fare Ambiente” Sicilia. Tra gli interventi più appassionati quello del professor Nicola Trapani, che in apertura ha denunciato “il pericolo del settore vinicolo marsalese avviato alla quiescenza”.

Dito puntato sulla gran confusione che è stata creata negli anni attorno al vino Marsala. Ventinove diverse tipologie previste dal disciplinare (prima erano soltanto 4) e una “tangibile mancanza di conoscenza degli stessi abitanti della città”.

Motivi per i quali il professor Trapani ha chiesto al sindaco Alberto Di Girolamo, presente in sala insieme ai deputati regionali Eleonora Lo Curto e Stefano Pellegrino “di stampare del materiale per  promuovere la cultura del più famoso vino liquoroso”.

Ercole Alagna (Alagna Vini), nel corso della sua relazione su “La crisi del vino Marsala: debolezze e possibili prospettive per il rilancio”, ha posto l’attenzione sulla ricostruzione del Consorzio di Tutela di Marsala.

“Un ente – ha evidenziato Alagna – che in questa nuova fase ha posto tra i suoi obiettivi anche quelli di semplificare il disciplinare e restringere l’area di produzione oggi composto da 21 comuni”.

Un folto pubblico ha fatto da cornice all’evento in cui sono intervenuti anche i produttori e rappresentanti di diverse cantine siciliane: Stefano Caruso (Caruso & Minini di Marsala), Gianfranco Paladino (Alcesti di Marsala), Roberta Urso (Cantine Settesoli di Menfi), Gaspare Baiata (Cantine Paolini di Marsala), Giuseppe Monteleone (Cantine Birgi di Marsala).

Grazie ai loro interventi è stato possibile allargare il quadro allo stato di salute del vino siciliano. Tra le problematiche più pressanti, il cambiamento delle abitudini dei consumatori, la riduzione del consumo di vino e la resa dell’uva all’ettaro nazionale, ritenuta molto alta.

La proposta è quella di abbassarla, “per ridurre le eccedenze di vino e nel contempo innalzare il valore dello stesso – hanno evidenziato diversi relatori – visto che i consumi di vino pro-capite sono sempre in diminuzione”.

Ma si è anche affrontato il nodo di una “burocrazia regionale che rallenta e non aiuta” e del “fallimento del mondo cooperativo dopo gli anni d’oro Cinquanta e Sessanta”. Un tessuto imprenditoriale, quello del vino siciliano, “spesso usato come bacino elettorale e che oggi, nella maggior parte dei casi, è stato svilito dal suo significato”.

IL RUOLO DELLA COOPERAZIONE
Le cantine sociali della Sicilia oggi risultano fortemente ridimensionate. Basti pensare che erano 251 nel 1985, di cui 125 solo in provincia di Trapani. Altri tempi per quella che, nonostante tutto, è la regione più vitata d’Italia, quarta per produzione dopo Veneto, Puglia ed Emilia Romagna.

Gli anni Ottanta e Novanta hanno rappresentato un crocevia importante per la viticoltura siciliana. L’Istituto Vite e Vino era fiorente e molte aziende, proprio in quel periodo, mettevano le basi per un successo che dura ancora oggi.

Dopo la debacle della cooperazione siciliana, dagli anni Novanta ai nostri giorni, sono cresciute le aziende a conduzione familiare che esportano in tutto il mondo come Caruso & Minini, Alcesti, Cantine Alagna.

Si consolidano alcune Cantine sociali locali, come Paolini e Birgi e Settesoli che vedono crescere il valore dell’imbottigliato. Cantine che guardano con attenzione al valore della sostenibilità ambientale e al risparmio energetico. Elementi indispensabili al fine di distribuzione reddito agli agricoltori.

“Il brand Sicilia è forte e la Doc isolana continua ad essere una grande risorsa – ha sottolineato Rino Bonomo, ex dirigente dell’Ente Sviluppo Agricolo di Marsala – ma ci sono ancora agricoltori che non fanno reddito. La speranza è la diversificazione, in un’isola che è naturalmente sostenibile e che ha tutte le opportunità per tornare ad essere vera protagonista”. Perché no? Ripartendo proprio dal famoso vino di Marsala.

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Andrea Rossi è il nuovo presidente del Consorzio Vino Nobile di Montepulciano


E’ Andrea Rossi il nuovo Presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano. A nominarlo il CdA del Consorzio, eletto lo scorso 16 maggio, che si è riunito nella serata di giovedì 13 giugno. Il Consiglio ha nominato anche i due Vicepresidenti, Susanna Crociani (Azienda Crociani) e Luca Tiberini (Azienda Tiberini).

“Queste nomine rappresentano la fine di un percorso cominciato a maggio con l’assemblea elettiva – queste le prime parole del neo Presidente Rossi – un percorso che ha visto fin da subito le aziende associate lavorare per un ricompattamento all’interno del Consorzio con un obiettivo comune che è quello dello sviluppo della denominazione in Italia e nel mondo”.

Tra le grandi novità per la prima volta nella storia del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano una giunta che vanta per il 60% quote rosa.

“Tra i principali obiettivi di questo mandato – continua Andrea Rossi – quello di lavorare sulla base sociale alla fine di rafforzare l’unità consortile. Anche per questo la giunta cercherà di coinvolgere il più possibile i consiglieri con un’organizzazione che prevedrà deleghe e mansioni al fine di snellire e velocizzare le azioni da mettere in campo sia a livello promozionale che di gestione della denominazione”.

Andrea Rossi, classe 1971, è stato eletto presidente come membro della Vecchia Cantina, della quale è alla guida. Diplomato al Liceo Classico “A. Poliziano” di Montepulciano si è poi laureato in Scienze Economiche e Bancarie all’Università degli studi di Siena.

Da sempre al fianco della famiglia nell’azienda agricola socia di Vecchia Cantina da oltre trent’anni. Nonostante la giovane età può vantare una lunga esperienza sia politica che come amministratore locale. Da giugno 1999 al 2011 viene infatti scelto dall’allora Sindaco del Comune di Montepulciano, Piero Di Betto, come assessore alla partecipazione, associazionismo e sport. Nel 2009 e nel 2014 è stato eletto sindaco del Comune di Montepulciano, carica che ha ricoperto fino alle elezioni del 26 maggio scorso.

E’ della sua legislatura la nascita del cosiddetto “Sistema Montepulciano”, un modello di governance basato sul coordinamento congiunto delle principali forze economiche e attrattive della città in un progetto di promozione premiato in Italia e nel mondo.

Il Consiglio di Amministrazione del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, oltre che dal Presidente Andrea Rossi (Vecchia Cantina), dai Vicepresidenti Susanna Crociani e Luca Tiberini, è composto dai consiglieri eletti dall’assemblea lo scorso 16 maggio: Miriam Caporali (Valdipiatta), Maria Caterina Dei (Dei), Luca De Ferrari (Boscarelli), Andrea Lonardi (Tenuta Trerose – Bertani Domains), Antonio Donato (Tenute del Cerro). Per Vecchia Cantina di Montepulciano sono stati eletti nel CdA, Carlo Paolini, Ilaria Chiasserini, Rino Fontana e Filippo Neri. Il Collegio sindacale è composto dal presidente Roberta Coveri, poi da Federico Carletti (Poliziano) e Alessandro Gonzi.

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Milano, è l’ora del rosato. Marina Cvetic Masciarelli: “E’ il vino dei giovani”


MILANO –
Sempre più vini rosati nelle scelte dei turisti internazionali che popolano Milano. Ma non è solo merito dell’arrivo dell’estate. Lo conferma Paolo Porfidio, sommelier dell’Excelsior Hotel Gallia Milano, location prescelta da Marina Cvetic Masciarelli, donna simbolo del vino d’Abruzzo, per la presentazione alla stampa di tre etichette della cantina teatina.

Per la produttrice, il Rosato Colline Teatine Igt “Linea Classica” e i Cerasuolo d’Abruzzo Doc “Gianni Masciarelli” e “Villa Gemma” non sono “né rosati, né rosé, né vini rosa: la corretta definizione dei Cerasuolo è ‘vino rosso leggero di colore rosato’, come indicavamo in etichetta fino a qualche anno fa. La vera tradizione abruzzese”.

Vini che sanno essere al contempo semplici, freschi e beverini e adatti ai giovani, che li amano sempre più per la loro semplicità – evidenzia Marina Cvetic Masciarelli – o più strutturati e gastronomici, perfetti per essere abbinati ai piatti della tradizione italiana e internazionale”.

Al Terrazza Gallia – Rooftop Bar Milano i rosati vanno forte. “Ho notato un vero e proprio cambiamento all’inizio dell’inverno scorso – spiega il sommelier Paolo Porfidio -. Al termine della stagione avevo una convinzione: il 2019 sarebbe stato l’anno dei rosati. Già all’inizio dell’anno ho assistito a un vero e proprio cambio di rotta verso questa tipologia”.

“Con l’esplosione dell’estate, che si è fatta davvero desiderare molto, soprattutto per noi qui in Terrazza Gallia, l’incremento del consumo del rosato è stato sensibile. I più continuano a considerarlo un vino dell’estate – continua Porfidio – ma la verità è che molti amanti dei rossi stanno virando direttamente sui rosati, senza passare più dai vini rossi ‘da frigorifero’. Questo per merito dell’indubbia qualità crescente dei rosati italiani”.

Rosati, sì. Ma di che “rosa”? “I produttori che hanno iniziato a spingere sui vini rosati – risponde il sommelier del Gallia Hotel Milano – si sono orientati sul rosa provenzale. Il rosato troppo carico spaventa i consumatori, ancora scottati dai rosati ‘vecchia scuola’, troppo strutturati. I nostri clienti si orientano su colori tipici dei rosati d’Oltralpe, e quindi su etichette di sapore piacevole e fresco”.

E il Cerasuolo, allora? “Questa tipologia resta un must – spiega Paolo Porfidio – sempre molto richiesta e dal forte impatto sul mercato. L’incremento dei vini in stile provenzale, tuttavia, è un dato di fatto. In generale, qui in Terrazza i vini rosati accompagno il più delle volte l’aperitivo o il dopo cena. Ma vengono richiesti anche a tavola, in abbinamento al nostro menu come un vino a tutti gli effetti gastronomico e da abbinamento”.

I ROSATI MASCIARELLI

Ce n’è per tutti i gusti e per tutti i “momenti” della tavola, anche tra i rosati presentati da Marina Cvetic Masciarelli all’Hotel Gallia Milano. Più informale quello della “Linea Classica” (10 euro), mentre risultato più adatti al piatto “Gianni Masciarelli” (11-15 euro) e “Villa Gemma” (12-15 euro).

Tutti vini ottenuti da Montepulciano d’Abruzzo in purezza, vinificato in bianco e in acciaio, con differenti tempi di permanenza a contatto con le bucce, in base all’annata e alle relative caratteristiche organolettiche dell’uva.

Rosato Colline Teatine Igt 2018 “Linea Classica”
Rosa salmone. Naso femminile, vanitoso il giusto. Floreale e fruttato, ma anche minerale. In bocca è delicato, fresco, molto equilibrato. Conferma una salinità che chiama il sorso successivo. Vino a tutto pasto, informale, perfetto per l’aperitivo e per i piatti a base di verdure, pasta con pomodorini, pizza. Coraggiosa e azzeccata la scelta del tappo a vite (Stelvin) che ne garantisce la perfetta conservazione.

Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2018 “Gianni Masciarelli”
Colore tipico che ricorda appunto le “cirasce”, ovvero le ciliegie. Naso intenso, sui frutti rossi. In bocca molto consistente, croccante, carico. Un rosato che fa della freschezza assoluta la sua arma vincente, unita a un carattere deciso ma elegante. I vigneti di Montepulciano d’Abruzzo si trovano a Cocciapazza a Loreto Aprutino (PE).

Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2018 Villa Gemma
Conferma il colore tipico e al palato è il più consistente e pieno. Fresco, da abbonamento più importante, rivela un bouquet di fragolina di bosco, lampone e ciliegia. La vena dolce, zuccherina, compensa in chiusura l’importante vena acido-fresca. Lunga la chiusura, sferzata da una leggera salinità. Un Cerasuolo che si abbina a piatti di carne, pesce, pasta e verdure.

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VinoVip Cortina 2019: sulle Dolomiti il gotha del vino italiano


CORTINA –
VinoVip Cortina, la biennale del vino italiano, celebra i suoi ventidue anni il 14 e 15 luglio 2019 e accoglie sulle Dolomiti il Gotha della produzione enologica italiana. La manifestazione è organizzata da Civiltà del bere, la storica rivista enologica italiana, che anima una due giorni di seminari, masterclass e degustazioni ad alta quota.

Anche per questa edizione sono attesi nomi di fama internazionale, in una delle mete turistiche più amate. A VinoVip Cortina partecipano personalmente i grandi nomi del vino tricolore, dal Piemonte alla Sicilia. Questi gli appuntamenti clou del 2019.

Domenica 14 luglio (pomeriggio e sera) è prevista la proiezione in anteprima nazionale del docu-film “Vino, l’eterna ricerca di eccellenza“, cortometraggio realizzato da Foragri – Fondo Interprofessionale per la Formazione in Agricoltura – con la consulenza di Civiltà del bere.

Sarà presentata la ricerca Variabili del successo, a cura del Centro Studi Management DiVino di Studio Impresa. Seguirà il talk show Vino tra desiderio e mercato, che coinvolgerà gli imprenditori vinicoli presenti, al cospetto di opinion leader e stampa (estera e nazionale). La giornata si chiude con la cena delle stelle, ai 2123 metri del Rifugio Faloria.

Lunedì 15 luglio (mattina) masterclass Una leggenda del nostro tempo: André Tchelistcheff. Proiezione in prima assoluta nazionale del film “André – The Voice of Wine” (2017, 98 minuti), diretto da Mark Tchelistcheff, nipote del celebre enologo.

Il racconto del viaggio epico di un emigrato russo che ha cambiato per sempre il mondo del vino. Conosciuto come il “decano del vino americano”, André Tchelistcheff, è fra i padri dell’enologia californiana (e non solo: Ornellaia è fra i suoi capolavori).

Al termine della proiezione, dibattito con testimoni della straordinaria carriera dell’enologo (Piero Antinori, Giovanni Geddes da Filicaja, Gelasio Lovatelli, Joel Aiken). Al termine, degustazione di una selezione di vini da lui creati o a lui ispirati.

IL WINE-TASTING DELLE AQUILE

Lunedì 15 luglio (pomeriggio) chiude la manifestazione, come sempre, il leggendario Wine-tasting delle Aquile al Rifugio Faloria con i 54 Protagonisti di VinoVip Cortina 2019: sarà l’occasione per assaggiare i 164 gioielli enologici (fra vini e distillati) delle aziende che hanno scritto la storia di uno dei prodotti simbolo del made in Italy.

Le 54 Cantine protagoniste del Wine-tasting delle Aquile (Rifugio Faloria, lunedì 15 luglio) sono Marchesi Antinori, Argiolas, Banfi, Guido Berlucchi, Bertani Domains, Bisol1542, Bortolomiol, Boscarelli, Bottega, Castagner, Castelfeder, Castello di Querceto, Famiglia Cecchi, Cleto Chiarli, Cantine Due Palme, Eleva, Livio Felluga.

E ancora: Ferrari – Tenute Lunelli, Frescobaldi, Gruppo Italiano Vini, Gualdo del Re, Lungarotti, Mandrarossa, Masi Agricola, Mastroberardino, Mezzacorona, Monteverro, Pasqua, Pio Cesare, Planeta, Poggio Cagnano, PuntoZero, Rocca delle Macìe, Ruffino, Tenuta San Guido, Tenuta Santa Caterina.

Infine: Santa Margherita Gruppo Vinicolo, Cantina Santadi, Siddùra, Tasca d’Almerita, Tenuta L’Impostino, Tenuta di Fiorano, Terra Moretti, Tommasi Family Estates, Torre Rosazza, Torrevento, Cantina Tramin, Umani Ronchi, Velenosi, Villa Matilde Avallone, Villa Sandi, Vite Colte, Zenato, Zorzettig.

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Orvieto Doc: lo spumante “scaccia crisi” si presenta al pubblico


ORVIETO –
Due anni di blocco dei nuovi impianti di vigneti e una novità “spumeggiante”, per risollevare le sorti del vino Doc di Orvieto. Domenica 16 giugno il borgo umbro ospita “Benvenuto Orvieto diVino” 2019, che porterà con sé una novità assoluta: la presentazione del nuovo spumante Doc Orvieto, sul mercato entro i prossimi 3 anni.

Si tratta del frutto dell’accordo tra i produttori del Consorzio di Tutela per rilanciare la Denominazione, alle prese con l’ennesimo stato di crisi. Lo stop agli impianti è stato avallato dalla Regione Umbria in seguito al crollo dell’imbottigliamento e all’aumento delle giacenze.

Strascichi della vendemmia 2018, in cui è stata varata la diminuzione della resa da 80 a 75 quintali all’ettaro nei 18 Comuni aderenti alla Doc Orvieto. Un provvedimento che riguarda circa 2.400 ettari complessivi, distribuiti tra le province di Terni e Viterbo.

Sarà il mercato a dire se la scelta del Consorzio è quella corretta. Di certo, la scelta di introdurre la tipologia “Spumante Doc Orvieto” è conseguenza del “fenomeno Prosecco”, il metodo Martinotti (Charmat) del Veneto che sta facendo sfaceli in tutto il mondo.

In particolare, la sperimentazione è stata eseguita sul Trebbiano Biotipo T34, storicamente utilizzato per l’Orvieto Doc. Il nuovo spumante dovrebbe rispecchiare le caratteristiche di differenti terroir a disposizione dei viticoltori: vulcanico, argilloso, alluvionale e sabbioso.

D’altro canto, un gruppo di cinque aziende della zona di Orvieto sta cercando di risollevare le sorti della Denominazione facendo fronte comune, con l’obiettivo di ridare lustro a uno dei vini bianchi da lungo affinamento più interessanti d’Italia. Si tratta di Cantine Neri, Madonna del Latte, Palazzone, Sergio Mottura e Tenuta di Salviano.

Un fronte comune – spiegano i cinque produttori – per sostenere un modo condiviso di fare vino: assoluto rispetto ed esaltazione del territorio, minimo impatto ambientale, sapiente gestione del vigneto. E, in cantina, un’attenzione maniacale per conservare in maniera naturale il patrimonio varietale che rappresenta il carattere di questa terra”.

La chiave nella riscoperta di varietà locali come il Procanico, il Verdello e il Drupeggio, accanto alle più note Malvasia Toscana, Grechetto e Trebbiano Toscano, piuttosto che nel lancio di un nuovo prodotto.

L’EVENTO
L’inaugurazione di “Benvenuto Orvieto diVino” 2019 è prevista per le 9 al pozzo di San Patrizio. Interverranno l’onorevole Filippo Gallinella, presidente commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, il giornalista Rai Bruno Vespa, Michele Zanardo, presidente del Comitato nazionale vini del ministero delle Politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e Riccardo Cotarella, presidente del Comitato scientifico di Orvieto diVino.

Sarà possibile degustare il primo spumante metodo Martinotti (Charmat) prodotto con lo stesso uvaggio della denominazione dell’Orvieto Doc. Un tasting guidato dall’enologo Mattia Vezzola e dal giornalista Alberto Lupetti.

A seguire il percorso di degustazione all’interno del pozzo. Protagonisti gli Orvieto Doc Classico prodotti dalle 22 cantine associate al Consorzio tutela vini. Alle 11, nel centro storico della città, avverrà la posa della Formella celebrativa della prima edizione dell’evento.

A mezzogiorno, nella sala congressi della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto, si terranno le relazioni di Bruno Vespa (“Storia dell’Orvieto dai tempi antichi ai giorni nostri”), Giuseppe Cerasa (presentazione della Guida di Repubblica “Orvieto Doc Classico”, Alessandro Masnaghetti (“Orvieto – Vigneti e Zone di Produzione), Daniele Cernilli (“Orvieto Doc – Storie, Territorio e Cantine”) e Attilio Scienza (“Futuro della viticoltura Orvietana”).

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Fivi tris: tre giorni (al posto di due) per il Mercato Vignaioli Indipendenti a Piacenza


PIACENZA –
Era nell’aria già da tempo, visto il crescente interesse e riscontro di pubblico. Il Mercato dei Vignaioli Indipendenti cresce a Piacenza e aggiunge un giorno di apertura nel 2019.

La nona edizione della manifestazione, realizzata in collaborazione con Piacenza Expo, si svolgerà infatti da sabato 23 a lunedì 25 novembre 2019. Un giorno in più per permettere ai visitatori di incontrare e conoscere meglio 600 Vignaioli Indipendenti e i loro vini, nell’atmosfera festante del Mercato.

Attualmente sono circa 1200 i produttori associati, da tutte le regioni italiane, per un totale di circa 11.000 ettari di vigneto, per una media di circa 10 ettari vitati per azienda agricola. Quasi 80 milioni di bottiglie commercializzate e il fatturato totale si avvicina a 0,7 miliardi di euro, per un valore in termini di export di 280 milioni di euro. Gli 11.000 ettari di vigneto sono condotti per il 51% in regime biologico/biodinamico.

I Vignaioli aderenti alla FIVI sono i rappresentanti di una viticoltura artigianale che vuole farsi custode del territorio e delle tradizioni, che seguono l’intera filiera produttiva dalla coltivazione delle vigne fino alla produzione e all’imbottigliamento del vino.

IL MERCATO FIVI PIACENZA 2019
Anche quest’anno saranno oltre 500 i carrelli a disposizione dei visitatori per rendere più agevoli gli acquisti. Confermata anche l’area food al Padiglione 2, dopo l’esperienza positiva dello scorso anno, dove troverà spazio una selezione ancor più ampia di Artigiani del Cibo.

L’immagine della locandina della nona edizione è stata disegnata da Marco Cazzato, già autore nel 2013 della prima immagine illustrata del Mercato. Cazzato, classe 1975, torinese di adozione, è un noto illustratore dalla forte identità. È autore di libri, album e manifesti per numerosi eventi e vanta diverse collaborazioni in ambito musicale e cinematografico.

“Questa illustrazione – dichiara Cazzato – è nata con l’idea di raccontare ciò che il Mercato rappresenta per me: il rapporto con la natura e il territorio dove il vignaiolo lavora e dal quale riesce a cogliere ogni sfumatura condensandola nei suoi vini. Ma vuole rappresentare anche il Mercato inteso come festa e lo spirito stesso che la anima”.


INFO IN BREVE | Mercato FIVI a Piacenza:
Quando:
 sabato 23, domenica 24 e lunedì 25 novembre 2019
Dove: PiacenzaExpo – Località le Mose, Via Tirotti, 11 – Piacenza
Orario di apertura al pubblico: sabato e domenica dalle 11.00 alle 19.00, lunedì dalle 10.00 alle 16.00
Ingresso giornaliero: € 15.00 comprensivo di bicchiere per degustazioni
Ingresso ridotto: € 10.00 per soci AIS – FIS – FISAR – ONAV e SLOW FOOD (il socio deve mostrare tessera valida dell’anno in corso) e possessori del biglietto della manifestazione MareDivino 2019
Parcheggio: gratuito
Info utili: 500 i carrelli disponibili per gli acquisti
I minorenni non pagano l’ingresso e non possono effettuare degustazioni.

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Gli Editoriali news news ed eventi

E se il vino naturale fosse quello da “bere” col cuore, al posto della bocca?


EDITORIALE –
“So benissimo che i miei vini hanno dei difetti. Ma è sempre meglio un vino naturale difettato che un vino fatto con le polverine”. Natalino Del Prete, pioniere del movimento dei vini naturali pugliesi, è uno di poche parole ma dai concetti schietti e affilati, espressi col candore dell’autentico puro di cuore.

Lo intercettiamo a Sannicandro di Bari, al termine di una degustazione di sei vini della sua cantina di San Donaci (Brindisi). Un appuntamento con la viticoltura più verace e rurale, inserito nell’ambito del programma di Radici del Sud 2019, il Salone dei vini e degli oli del Meridione.

Ho sempre creduto nei vini naturali – racconta il vignaiolo salentino – perché sono uno che si batte per il bene comune. Per me il vino naturale è quello che fornisce gli anticorpi alla persona. È una medicina“. E i difetti? “Tutti abbiamo pregi e difetti – commenta Del Prete – e poi bisogna capire cosa si intende per difetti”.

“Tutti gli esseri viventi hanno dei difetti e anche i miei vini ne hanno, per carità. Ma se per correggerli devo usare delle porcherie o delle cose che non sono genuine, preferisco lasciarli come sono“.

“Eppure – ammette Natalino Del Prete – il vino naturale sta diventando una moda. E le mode non sempre rispecchiano le esigenze delle persone, che ne sono attratte, coinvolte, assorbite. Pure gli Scapigliati erano una moda. I Sofisti erano una moda”.

“Dopo la moda, credo rimarranno in piedi solo quelli che se la sentono di pagare di persona. Rimane sempre in piedi quello che fa le cose per amore, per vocazione e con i sacrifici. In alcune annate perdo l’uva e quindi non ne faccio un discorso economico. Se non facessi vino naturale farei volontariato, missioni, cose così. Ogni morte di uomo mi diminuisce perché sono parte dell’umanità”.

Quindi è una missione fare il vino? “Per me sì – risponde Natalino Del Prete, fissandoti negli occhi – e quindi missione e imprenditoria nel mio caso vanno a braccetto. Io sono trattato da imprenditore, ma sono un lavoratore. È dalle 4 di questa mattina che sono in piedi (sono le 22.30, ndr). Quando sono in vigna e sento il profumo dell’uva, penso sia impagabile. Chi ti paga queste emozioni?”.

Un noto portale e-commerce inserisce le etichette di Natalino Del Prete nella categoria “vini coraggiosi“. Sarebbe meglio chiamarli “vini intimisti” o “di concetto”. Difettati perché puri. E puramente difettati, seguendo il discorso di Del Prete, al netto delle carenze tecnico-scientifiche delle sue affermazioni.

Le nostre note di degustazione de “Il Pioniere“, “Anne“, “Jolly” e “Sorso Antico” confermano di fatto una schiera di difetti che evitiamo di pubblicare. Una coltre che nasconde la purezza del frutto, complica la bevibilità e fa arrossire le portate proposte in abbinamento dal bistrot in cui si è tenuto il tasting.

Eppure, pensare alla passione del vignaiolo e alla profondità del suo agire in vigna fa bene all’anima e all’animo. Mentre l’ultima snasata acetica punge il cervello come un ago in un pagliaio di eterei punti di domanda, profumi e sapori passano in secondo piano.

Il cuore si allarga. E il candore intimo del generoso Natalino inebria la mente e scende giù, fin sopra allo stomaco. È il Naturali’s karma: che senso ha bere con la bocca quando si può bere col cuore?

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Gli Editoriali news news ed eventi

Chi dice che i vini di Cotarella sono tutti uguali non ha mai assaggiato questi

EDITORIALE – Riccardo Cotarella è uno degli enologi italiani più noti e, al contempo, più dibattuti. Settantuno anni, 51 di carriera, è presidente di Assoenologi dal 2013 e consulente di diverse cantine italiane, dalle realtà cooperative alle aziende private.

È apprezzato a livello internazionale. Ma nominarlo nell’ambiente vinnaturista scatena reazioni paragonabili solo ai nitriti di cavallo  di Frau Blücher in Frankenstein Junior, il capolavoro degli anni Settanta diretto da Mel Brooks.

Molti concordano tuttavia su un punto: i vini firmati dell’enologo umbro peccherebbero di “omologazione”. Cotarella tenderebbe a “calcare troppo la mano” nelle sue etichette. Un tocco che, secondo i detrattori, sovrasterebbe il vitigno e il terroir, rendendole tutte piuttosto simili, pur essendo realizzate con vitigni diversi e in diverse regioni.

Una posizione in parte condivisibile. Ma esistono delle eccezioni assolute. E’ caso dei vini di San Salvatore 1988. Giuseppe “Peppino” Pagano, imprenditore del settore alberghiero, ha iniziato a collaborare con Cotarella sin dalla fondazione della cantina di Giungano (SA), negli anni Ottanta. Pagano ha messo subito le cose in chiaro.

Giuseppe Pagano, fondatore della cantina San Salvatore 1988

“Volevo il massimo dai miei vini – spiega – e per questo ho scelto Riccardo Cotarella, enologo che gode di fama internazionale, consigliatomi da molti esperti del mondo del vino. L’obiettivo era ed è quello di produrre vini di alto profilo, ma anche e soprattutto di territorio, che rispecchiassero l’identità della terra d’origine”. Detto, fatto.

Cotarella accetta l’incarico e inizia a collaborare con San Salvatore 1988. Ma non basta. Giuseppe Pagano è un perfezionista, un cosiddetto “maniaco del controllo”. Alla cantina serve qualcuno che segua quotidianamente i vigneti e le vasche.

Qualcuno che coccoli i grappoli dalla mattina alla sera, nel loro processo di trasformazione in vini d’eccellenza. Il nome giusto arriva dalla Francia. E’ Charly Annes. Giovane, dinamico, intraprendente. Preparato.

Il vigneto Cannito di San Salvatore 1988

E’ lui l’anello di congiunzione tra il progetto imprenditoriale (e affettivo) di “Peppino” Pagano e Cotarella. Ed è così che si concretizza, nel calice, l’aspettativa di una linea di etichette “di territorio”.

A Cotarella ho chiesto di fare semplicemente quello che gli riesce meglio – spiega Pagano – ovvero il suo lavoro. Ma il Fiano deve essere Fiano. L’Aglianico deve essere Aglianico. Il Greco deve essere Greco. E così via. Obiettivo raggiunto? Questo lo devono dire i giornalisti. Io credo proprio di sì”.

Non è un caso se i vini San Salvatore 1988 siano risultati tra i migliori degustati alla cieca da WineMag.it in occasione dell’ultima edizione di Campania Stories, nella categoria “bianchi e spumanti” e “rossi“.

Tra i parametri del tasting, una voce a cui diamo particolare rilevanza è proprio la tipicità e la riconoscibilità del vitigno, oltre alla correttezza enologica del campione degustato. Chi pensa che i vini di Cotarella siano “tutti uguali”, beh: non ha mai assaggiato quelli di San Salvatore 1988. Cin, cin.

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Mosnel, nuova cantina “interrata” in Franciacorta


CAMIGNONE –
Mosnel, storica cantina della Franciacorta, cresce e si evolve. Espiantato il vigneto di Chardonnay Brolo del Roccolo, sono stati ricavati 3 mila metri quadrati  interrati di cantina. Tre piani sotto terra, da destinare all’affinamento dei vini, a contatto coi lieviti.

A Giulio e Lucia Barzanò, fratello e sorella alla guida di Mosnel, piace definirlo “un nuovo spazio-tempo”. Una culla, nella pancia della terra franciacortina, in cui il trascorrere del tempo dona ai vini il carattere distintivo dell’area spumantistica più nota e rinomata d’Italia.

Ma nulla è lasciato al caso, anche all’esterno. Appena fuori dalla nuova cantina è stato realizzato un Agri-BioBed, che funge da filtrante naturale per i residui di rame e zolfo presenti nelle botti. Si tratta di un sistema che sfrutta le radici di alcune piante, disposte su un letto impermeabilizzato.

I 40 ettari vitati di Mosnel, certificati biologici dal 2014, danno vita a circa 250 mila bottiglie. Si trovano attorno alla sede storica, a Camignone, che raggruppa alcune dimore del ‘500 e del ‘600. Un fattore più unico che raro nella frammentazione della Franciacorta.

“Sappiamo di non poter ottenere spumanti di grande corpo come in altre zone della Denominazione – commenta Giulio Barzanò – ma grazie alle caratteristiche dei nostri vigneti possiamo puntare su eleganza e mineralità”.

LA DEGUSTAZIONE

Continua invece sul filo della tradizione la collaborazione con l’enologo Flavio Polenghi, che in occasione dell’inaugurazione della nuova cantina ha guidato una verticale di 6 annate di Parosè, il Rosé dosaggio zero millesimato che tanto ha fatto discutere nel 2001: uno dei primi di questa tipologia a entrare in commercio in Italia.

Si tratta di una cuvée composta al 70% da Chardonnay e al 30% da Pinot Nero, che subisce una breve macerazione pellicolare in pressa, per estrarre il colore. Un rosa tenue che diventa di un ambrato ipnotico e luminoso, con la bottiglia “numero uno”.

Al naso è ampio e profondo, le note burrose scemano man mano col passare del tempo, lasciando più spazio anche ai sentori terziari. In bocca è equilibrato e composto, elegante. La rivelazione è però la 2008: da un’annata ottima, Mosnel ha saputo tirare fuori il meglio dai due vitigni, valorizzandoli al massimo.

Sessantuno mesi sui lieviti e sboccatura a maggio 2014. Un’esplosione di profumi intensi, dai frutti rossi maturi a note di spezie dolci. In bocca è morbido ed equilibrato, ben bilanciato e con un finale lungo e persistente.

L’ultima annata in degustazione, la 2014, ha certamente delle ottime potenzialità di invecchiamento. Oggi mostra la sua delicatezza con accenni di frutti rossi, soprattutto ribes, e una mineralità bilanciata su un finale sapido.

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I vini vincitori di Radici del Sud 2019 per la giuria dei buyer e della stampa


SANNICANDRO DI BARI –
Sono stati ufficializzati i nomi dei vini vincitori di Radici del Sud 2019, per la giuria dei buyer e della stampa nazionale e internazionale. Le degustazioni da parte delle commissioni si sono tenute mercoledì 5 e giovedì 6 giugno nelle sale del Castello di Sannicandro di Bari. Di seguito l’elenco completo dei vini premiati all’edizione numero 14 del Salone dei vini e degli oli del Mezzogiorno.

“Radici del Sud – commenta l’ideatore del format, Nicola Campanile – si conferma anche nel 2019 una grande finestra sull’immenso patrimonio ampelografico del Sud Italia. I giornalisti e buyer invitati, da domani, diffonderanno il verbo nei loro Paesi, contribuendo a far conoscere il nostro patrimonio enologico”.

“Anche questa edizione è stata segnata dal grande entusiasmo di tutti i partecipanti – conclude Campanile – che ci dà fiducia per le edizioni future. Il premio assegnato ai migliori vini va letto soprattutto in questo senso”.

L’evento ora si apre al pubblico. Per tutta la giornata di lunedì 10 giugno si potrà assaggiare i prodotti di oltre 125 realtà enologiche, olearie e gastronomiche meridionali, riunite al Castello di Sannicandro.

Dalle 21.00 alle 24.00 l’appuntamento sarà invece con il grande banco d’assaggio nel cortile del Castello di Sannicandro di Bari, dove ad accompagnare oltre 300 vini ci saranno le specialità preparate dagli chef Nazario Biscotti, Leonardo Vescera, Michele di Palma, Antonio Scalera e Donato Calvi del Ristorante Calvi.

I VINI VINCITORI DI RADICI DEL SUD 2019

Spumanti Bianchi
Wine Writers
Primo Classificato I Cinque Cerri 2015 Tenuta I Gelsi
Secondo Classificato Couvée Brut Millesimato 2017 Cantine Strapellum

Wine Buyers
Primo Classificato  I Cinque Cerri 2015 Tenuta I Gelsi
Secondo Classificato Frenesia Rossovermiglio


Spumanti Rosé
Wine Writers
Primo Classificato Dovi Rosè 2015 Ferrocinto
Secondo Classificato Centocamere Rose’ 2017 Tenute Barone G.R. Macrì

Wine Buyers
Primo Classificato La Stipula 2014 Cantine Del Notaio
Secondo Classificato Leggiadro 2015 Produttori Di Manduria


Greco
Wine Writers
Primo Classificato Greco Basilicata 2018 Cantine Strapellum
Secondo Classificato Greco Di Tufo Claudio Quarta D.O.C.G. 2018 Sanpaolo Di Claudio Quarta

Wine Buyers 
Primo Classificato Greco Di Tufo Claudio Quarta D.O.C.G. 2018 Sanpaolo Di Claudio Quarta
Secondo Classificato Greco Basilicata 2018 Cantine Strapellum


Fiano
Wine Writers
Primo Classificato Contrada Sant’aniello 2015 Vigne Guadagno
Secondo Classificato Zoe 2018 Terracalò

Wine Buyers
Primo Classificato Contrada Sant’aniello 2015 Vigne Guadagno
Secondo Classificato Biancofiore 2018 Cantine Kandea


Falanghina
Wine Writers
Primo Classificato Falanghina Del Sannio 2017 Rossovermiglio
Secondo Classificato Costanza 2017 Cantine Kandea

Wine Buyers
Primo Classificato Civico 2 2018 Tenuta Fontana
Secondo Classificato Levata 2018 Monserrato 1973


Malvasia
Wine Writers
Primo Classificato Serralto 2018 Casa Vinicola Coppi
Secondo Classificato 12 E Mezzo 2018 Varvaglione 1921

Wine Buyers
Primo Classificato 12 E Mezzo 2018 Varvaglione 1921
Secondo Classificato Serralto 2018 Casa Vinicola Coppi


Gruppo Misto Vini Bianchi
Wine Writers
Primo Classificato Pollino Bianco 2018 Ferrocinto
Secondo Classificato Rocci 2017 Cantina Coppola 1489

Wine Buyers
Primo Classificato Grillo Magaddino 2018 Magaddino
Secondo Classificato Adènzia Bianco 2018 Baglio Del Cristo Di Campobello


Rosati
Wine Writers
Primo Classificato Terra Cretosa Aleatico 2018 Borgo Turrito
Secondo Classificato Kreos 2018 Castello Monaci

Wine Buyers
Primo Classificato Ex Aequo Pescarosa 2018 Elda Cantine
Primo Classificato Ex Aequo Cirò Rosato Doc 2018 Librandi
Primo Classificato Ex Aequo Talenti Rosato 2017 Cantina Gentile
Secondo Classificato Rosati Ventifile 2018 Cantine Tre Pini


Taurasi
Wine Writers
Primo Classificato Taurasi Docg 2013 Antico Castello
Secondo Classificato Pentamerone 2012 Cantine Delite

Wine Buyers
Primo Classificato Pentamerone 2012 Cantine Delite
Secondo Classificato Taurasi Docg 2013 Antico Castello


Nero Di Troia
Wine Writers
Primo Classificato Felice Ceci 2012 Giancarlo Ceci
Secondo Classificato Donna Clelia San Severo Nero Di Troia Dop 2013 Leonardo Pallotta

Wine Buyers
Primo Classificato Troqué 2017 Borgo Turrito
Secondo Classificato Exaequo Otre Nero Di Troia 2016 Teanum
Secondo Classificato Exaequo Cherrug 2013 Cantine Kandea


Negroamaro
Wine Writers
Primo Classificato Selvarossa 2015 Due Palme
Secondo Classificato Danze Della Contessa Rosso 2017 Cantine Bonsegna

Wine Buyers
Primo Classificato Salice 2016 Varvaglione 1921
Secondo Classificato Danze Della Contessa Rosso 2017 Cantine Bonsegna


Aglianico
Wine Writers
Primo Classificato Naima 2010 Viticoltori De Conciliis
Secondo Classificato Ex Aequo Irpinia Aglianico Doc 2015 2015 Tenuta Del Meriggio
Secondo Classificato Ex Aequo Nonna Seppa 2013 Cantine Delite

Wine Buyers
Primo Classificato Nonna Seppa 2013 Cantine Delite
Secondo Classificato Valentinia 2013 Viticoltori Lenza


Nero d’Avola
Wine Writers
Primo Classificato Lu Patri 2016 Baglio Del Cristo Di Campobello
Secondo Classificato Baglio Chitarra Nero D’avola 2018 Cantina Chitarra

Wine Buyers
Primo Classificato Lu Patri 2016 Baglio Del Cristo Di Campobello
Secondo Classificato Nero D’avola Magaddino 2017 Magaddino


Gruppo Misto Vini Rossi
Wine Writers
Primo Classificato Barbera Del Sannio 2018 Monserrato 1973
Secondo Classificato Gran Tiati Gold Vintage 2013 Teanum

Wine Buyers
Primo Classificato Piscriddi 2015 Tenuta Cobellis
Secondo Classificato Duca Sanfelice 2015 Librandi


Primitivo
Wine Writers
Primo Classificato Papale Oro 2016 Varvaglione 1921
Secondo Classificato Tumà 2017 Masseria Cuturi

Wine Buyers
Primo Classificato Artas 2016 Castello Monaci
Secondo Classificato Tumà 2017 Masseria Cuturi


Aglianico Del Vulture
Wine Writers
Primo Classificato Likos 2015 Vigne Mastrodomenico
Secondo Classificato Forentum 2015 Vitis In Vulture

Wine Buyers
Primo Classificato Il Nibbio Grigio 2013 Cantine Strapellum
Secondo Classificato Exaequo Stupor Mundi 2014 Carbone Vini
Secondo Classificato Exaequo Calaturi 2014 Tenuta I Gelsi


Vini Biologici
Wine Writers
Primo Classificato Fiano Puglia 2018 Caiaffa Vini
Secondo Classificato L’insolito 2018 Michele Biancardi Cantine E Vigne Daune
Terzo Classificato Clara Fiano 2017 Giancarlo Ceci

Wine Buyers
Primo Classificato Fiano Puglia 2018 Caiaffa Vini
Secondo Classificato Segreto Di Bianca 2017 Masseria Cuturi
Terzo Classificato Civico 2 2018 Tenuta Fontana

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birra news news ed eventi

La riduzione delle accise sulla birra diventa realtà: dal 1° luglio taglio del 40%

Il Ministro Tria ha firmato il Decreto, previsto dalla Legge di Bilancio 2019, che riduce del 40% l’accisa sulle birre dei microbirrifici con produzione annua inferiore ai 10 mila ettolitri e sposta definitivamente l’accertamento di accisa dal momento della produzione del mosto al prodotto finito.

Il provvedimento, che entrerà in vigore il 1 Luglio 2019, era atteso dal 30 dicembre dello scorso anno, quando la Camera dei Deputati aveva approvato definitivamente la manovra economica elaborata dal governo Conte.

“Questa è una grande notizia per il nostro comparto – dichiara Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai, associazione che raggruppa quasi 300 piccoli birrifici indipendenti italiani – che ci ripaga del lavoro che abbiamo portato avanti con determinazione da molti anni sempre ed esclusivamente con lo scopo di tutelare e creare sviluppo per tutti i Piccoli Produttori Indipendenti di Birra in Italia.”

Nei giorni scorsi Unionbirrai aveva inviato una lettera al Ministro Tria, controfirmata da 200 birrifici aderenti, sollecitando la firma del decreto che era inizialmente previsto entro il 28 febbraio. L’Associazione ha anche partecipato ai lavori di stesura del testo, che si sono conclusi il 2 aprile dopo un confronto finale con l’Agenzia delle Dogane.

Unionbirrai da anni infatti lavora per sensibilizzare il mondo politico, è presente ai tavoli tecnici dei Ministeri coinvolti e opera attivamente nella divulgazione della cultura birraria. Il comparto della birra artigianale italiana è ora a fianco dei tanti piccoli produttori di birra europei che, da anni, vedono riconosciuto il proprio lavoro tramite agevolazioni specifiche sull’accisa.

L’Italia infatti era uno dei pochi paesi dell’Unione Europea dove non esistevano normative a supporto dei birrifici di piccole dimensioni. Fin dal 1992 esiste una Direttiva Europea a favore di queste realtà, ma in Italia prima di oggi non era stato ancora approvato nulla in tal senso.

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Chianti Classico: crescono le vendite, trainate dalla Gran Selezione


Numeri positivi dalla terra del Gallo Nero: ad oggi il 2019 segna un aumento del 8% delle vendite, confermando lo stato di ottima salute della denominazione preannunciato a febbraio durante l’anteprima Chianti Classico Collection.

Clima di serenità e positiva partecipazione ieri all’Assemblea ordinaria dei soci del Consorzio Chianti Classico, in cui il Presidente Giovanni Manetti ha comunicato i dati alla base sociale.

Nei primi cinque mesi del 2019, confrontati con lo stesso periodo dell’anno precedente, si rileva un aumento dell’8% di bottiglie sul mercato, nelle tre tipologie di Chianti Classico. In particolare, la Gran Selezione segna un +19%, arrivando al 6% della produzione totale, guadagnando un punto percentuale sul 2018.

Nel 2019 infatti, anno in cui può essere immessa al commercio la vendemmia 2016,  Trecentesimo Anniversario della zona di produzione, numerose aziende hanno introdotto nel proprio portfolio questa tipologia o hanno rilasciato sul mercato nuove etichette: ad oggi 136 aziende producono o hanno prodotto negli anni scorsi Gran Selezione, per un totale di 155 etichette.

Le tipologie premium Riserva e Gran Selezione sono un asset importante per la denominazione, in termini di volumi e di valore: nel 2018 hanno rappresentato, congiuntamente, il 37% della produzione e circa il 50% del fatturato.

IL PREZZO DELLO SFUSO
Manetti ha inoltre portato l’attenzione al prezzo del vino sfuso: da dicembre 2017 non si osservano fluttuazioni nel prezzo, confermandosi costante a una media di 300 euro a ettolitro. Obiettivo programmatico del Presidente è una “equa e stabile remunerazione per tutta la filiera”.

Un fattore indispensabile per la programmazione aziendale nel medio-lungo periodo ed elemento fondamentale in un processo di crescita del valore globale della denominazione. Dichiarato l’obiettivo di un posizionamento più alto del prodotto Chianti Classico in termini di valore: qualità, prezzo, visibilità.

Il quadro economico positivo è frutto di una ricerca di qualità che, secondo Manetti, “è un percorso tutt’altro che concluso”: “L’attenzione alla compatibilità della viticoltura con l’ecosistema della regione del Chianti Classico è una chiave per assicurare lunga vita a un territorio vocato”.

Territorio che sarà ulteriormente valorizzato dalle attività del Distretto Rurale del Chianti (costituitosi il 4 maggio scorso) e dalla candidatura Unesco del Paesaggio. Prosegue il lavoro dell’Osservatorio Economico, che ormai aggrega i dati di oltre 50% della produzione, per delineare un ritratto del Chianti Classico e dei suoi mercati di interesse.

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Il Primitivo di Morella: la vigna nel calice


“Quando vi porgo i vini di Morella, in realtà vi sto mostrando le mie vigne di Manduria“. Dopo tante peregrinazioni, e soprattutto dopo un lungo viaggio che l’ha portata dall’Australia all’Italia, più di vent’anni fa, Lisa Gilbee ha imparato l’arte del pragmatismo.

Mentre nei calici respirano quattro annate di Primitivo “La Signora“, “Old Vines” e “Mondo Nuovo“, lei se ne esce con una frase tanto semplice, quanto diretta. Un manifesto ideologico del vitigno pugliese più famoso al mondo. La sua celebrazione più intima. E, al contempo, la sua decostruzione sintattica, grammaticale.

Del resto, non ci si può aspettare che la rivoluzione da una capace di sentirsi a casa a Manduria, pur arrivando dall’altra parte del globo. Quello di Morella, la cantina fondata dall’enologa Lisa Gilbee e dal marito Gaetano Morella nel 2000, è un Primitivo (di Manduria) senza Doc: in etichetta recita “Salento Igp”. Per molti versi una outsider-insider della Denominazione.

La cantina non fa parte del Consorzio di Tutela, del quale non condivide le scelte strategiche, a partire dal disciplinare di produzione “dalle maglie larghe”. Senza contare che si tratta di un Primitivo (di Manduria) “Gioioso”: assimilabile cioè – per caratteristiche di finezza, freschezza ed eleganza – più ai “parenti” baresi di Gioia del Colle, che ai conterranei tarantini.

La nostra è un’azienda che si muove da sola – sintetizza la pragmatica Lisa Gilbee – per scelta. Abbiamo le nostre idee e per quelle mettiamo la faccia e il nome. Siamo biodinamici, ma ormai una decina di anni fa, dopo aver capito che avevamo a che fare con troppi ‘talebani’, siamo usciti pure dal mondo dei vini naturali, che ci sembrava il più affine alla nostra idea produttiva”.

“Una nicchia – continua la fondatrice di Morella – in cui si parla troppo di pratiche di cantina, piuttosto che di vigna. Di solforosa, di puzze spacciate per pregi e di macerazioni, piuttosto che di vigneto. È lì che nascono i nostri vini. Ed è di vigna che vorremmo sempre parlare con chi li assaggia”.

L’occasione a Radici del Sud 2019, l’evento giunto quest’anno alla 14a edizione. In Puglia, fino al prossimo 10 giugno, un folto gruppo di giornalisti e buyer italiani e internazionali, alla scoperta delle bellezze enogastronomiche della regione.

LA DEGUSTAZIONE E I PUNTEGGI


Salento Igp Primitivo 2015 “La Signora”: 89/100

Rosso rubino carico. Naso intenso, tipico, frutto rosso compostissimo (ciliegia senza accenno di surmaturazione). Richiami balsamici, di mentuccia e chiodo di garofano. In bocca potente, altrettanto tipico. Speziatura molto elegante. Alcol presente non disturbante. Accenni di cioccolato nel retro olfattivo. Vino scultoreo e al contempo ammaliante.

Salento Igp Primitivo 2015 “Old Vines”: 92/100
Rosso rubino carico. Vino connotato da una gran concentrazione, in tutte le sue sfaccettature. In bocca si rivela molto consistente, tattile. Note di arancia candita, sulla ciliegia matura. In bocca è fresco, l’alcol ben integrato. Il frutto rosso è di gran croccantezza, impreziosito da ricordi di radice di zenzero. Lunghissimo. Chapeau.

Salento Igp Primitivo 2015 “Mondonuovo”: 90/100
Rosso rubino carico per questo vino di terroir che, al naso, proprio per la magrezza del terreno, lascia spazio ai terziari conferiti dal legno (tostato più che vaniglia). In bocca un bel gioco tra verticalità e polpa. Il succo rotola su un tannino ruvido, senza sminuire un nettare che ha trova nella facilità di beva e nella freschezza il suo valore aggiunto. Un Primitivo immediato, diretto: straight to the point.

Salento Igp Primitivo 2011 “Old Vines”: 89/100
Rosso rubino carico, primi riflessi granati. Al naso è il campione della batteria dai risvolti salini e minerali più marcati, accanto a ricordi di cioccolato. In bocca il tannino è ancora una volta vivo e di prospettiva, ma elegante e ben integrato. Chiusura sulla macchia mediterranea, con sbuffi di spezia e pepe.

Salento Igp Primitivo 2005 “Old Vines”: 97/100
Rosso tendente al granato. Primo naso che regala leggerissimi sentori selvatici tipici del vitigno, ma anche una macchia mediterranea netta. Frutto rosso tra il polposo e il croccante, di grandissima precisione. In bocca la corrispondenza è perfetta. Il frutto è succosissimo, i tannini sono distesi, la freschezza straordinaria. Un vino emozionante.

Salento Igp Rosato 2018 “Mezzarosa”: 85/100
La novità di casa Morella, che dopo le resistenze di Lisa Gilbee ha deciso di mettere sul mercato la prima etichetta di rosato salentino. Negroamaro e Primitivo si dividono il blend, con leggera predominanza del primo. Color rosa antico. Naso di frutto di bosco e ciliegia, con accenni agrumati.

Richiami minerali e freschi, che ricordano la brezza marina. In bocca salato, forse troppo. Sicuramente un rosato giocato sulle durezze, a caccia di una veste elegante ed essenziale non centrata appieno. Accenni di polpa solo in chiusura, “coperta” da sale e alcol.

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Solo vino della Lombardia negli agriturismi lombardi. Lo ha stabilito la Regione

MILANO – Presto gli agriturismi lombardi serviranno solo vino prodotto in Lombardia. Lo ha annunciato l’assessore regionale all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi Fabio Rolfi.

Un importante provvedimento che riguarda le carte dei vini dei 1.688 agriturismi presenti in Lombardia. “L’obiettivo è chiaro – commenta Rolfi – negli agriturismi lombardi devono esserci prodotti lombardi. Grazie a questa legge, gli agriturismi saranno veri e propri ambasciatori del nostro territorio”.

Alziamo la soglia minima di prodotti dell’azienda agricola – continua Rolfi – e anche quella dei prodotti lombardi. Sono molto soddisfatto di un aspetto: con questa norma gli agriturismi della nostra regione serviranno 100% vini lombardi e pesce lombardo”.

La nuova legge andrà in aula martedì per l’approvazione definitiva. Non dovrebbero esserci colpi di scena, dal momento che il testo è stato approvato senza alcun voto contrario.

“Abbiamo semplificato le procedure burocratiche sugli agriturismi, introducendo agevolazioni su numero di pasti serviti e di posti letto” aggiunge l’assessore.

“Gli agriturismi sono in forte crescita – evidenzia Rolfi – e la Lombardia è una meta turistica da sfruttare. Il turista cerca sempre di più una esperienza sensoriale e per questo dobbiamo puntare sulla distintivitá della nostra offerta agroalimentare”.

“Alzare la soglia minima dei prodotti locali significa anche bloccare i furbi che si nascondono dietro all’etichetta di agriturismo. Dall’altro lato si valorizza davvero chi crede in questa attività”.

I NUMERI
La provincia lombarda in cui si registra il maggior numero di agriturismi è Brescia, con 348 aziende. Seguono Mantova (236), Pavia (224), Bergamo (170), Como (166), Milano (133), Sondrio (121), Varese (90), Lecco (79), Cremona (72), Lodi (33), Monza e Brianza (16).

Evidente come questi numeri, uniti a quelli delle cantine presenti sul territorio della Lombardia, abbiano anche a che fare con l’enoturismo. “La Lombardia – conclude Rolfi – vuole sfruttare il forte legame tra vino e attrattività turistica. Nella nostra regione ci sono 176 agriturismi che già fanno degustazione di vino o di altre bevande”.

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Irina Guicciardini Strozzi è la nuova Presidente del Consorzio del Vino Vernaccia di San Gimignano

Dopo i tre mandati consecutivi della Presidente uscente, Letizia Cesani, un’altra donna sarà alla guida del Consorzio del Vino Vernaccia di San Gimignano per il prossimo triennio. Il Consiglio di Amministrazione eletto dall’Assemblea dei Soci lo scorso 28 maggio ha votato ieri nel corso della prima seduta per eleggere al proprio interno il Presidente.

La scelta è caduta su Irina Guicciardini Strozzi: poco più che trentenne, laureata alla Bocconi in Economia Aziendale e specializzata in Amministrazione Finanza e Controllo, con esperienze lavorative alla Commisisone Europea, nella banca d’affari JP Morgan e nella società di revisione KPMG, già durante gli studi si occupava dell’azienda di famiglia, Tenute Guicciardini Strozzi, che nella Fattoria di Cusona a San Gimignano ha la sede principale, che da cinque anni è diventata il suo unico impegno, occupandosi dei mercati esteri.

A questo curriculum, Irina aggiunge un fattore familiare: è figlia di Girolamo Guicciardini Strozzi, che fu tra i firmatari della richiesta della doc (che ricordiamo la Vernaccia di San Gimignano ottenne per prima in Italia nel 1966), tra i fondatori del Consorzio nel 1972 e primo Presidente, carica che ricoprì ininterrottamente fino al 1987 e poi nuovamente dal 1993 al 2000.

“Questo incarico per me rappresenta un doppio onore – dichiara Irina Guicciardini Strozzi subito dopo l’elezione – Prima di tutto lo è proseguire la tradizione inaugurata dalla Presidente uscente, quella di una donna a presiedere il Consiglio di Amministrazione di un Consorzio vinicolo, un settore ancora molto maschile. In secondo luogo per me è un grande onore continuare una tradizione familiare.”

“Mio padre e la mia famiglia hanno sempre creduto nella Vernaccia di San Gimignano – prosegue la neo presidente – alla sua importanza non solo per il territorio di produzione, ma anche per la Toscana e l’Italia intera; la sua storia unica e centenaria, il fatto di essere un vino bianco in una terra di rossi, la rendono capace di essere il motore della crescita economica, il perno su cui innestare questa crescita.”

“L’obiettivo che con il Consiglio di Amministrazione ci siamo quindi proposti di raggiungere è quello di fare crescere la denominazione, di portare il vino e il vitigno all’altezza che gli competono – conclude la Strozzi – Papà è stato il primo Presidente del Consorzio, la Vernaccia di San Gimignano è nel mio patrimonio genetico. Ci crediamo, ci credo”.

Il Consiglio di Amministrazione ha anche eletto due Vicepresidenti, Nadia Betti e Manrico Biagini, già membri del Consiglio uscente. Con la loro elezione il Consiglio, profondamente rinnovato rispetto al passato (nove consiglieri su tredici sono al loro primo mandato, quasi tutti molto giovani), ha voluto dare un importante segnale di continuità rispetto al percorso intrapreso fino ad oggi e che ha portato a grandi risultati per la Denominazione e per tutto il territorio.

Di seguito l’elenco dei tredici membri del Consiglio di amministrazione:
Davide Ancillotti – Cantina Sociale di Certaldo
Nadia Betti – Azienda La Lastra
Manrico Biagini – Azienda Signano
Lisanna Boschini – Azienda Collemuccioli
Andrea Ciappi – Azienda Casa alle Vacche
Marco Giannelli – Azienda San Benedetto
Luca Giannotti – Azienda Pietrafitta
Alessio Gragnoli – Azienda Teruzzi
Avio Guidi – Azienda Guidi
Simone Niccolai – Azienda Panizzi
Lorenzo Rosi – Azienda Collina dei Venti
Irina Strozzi – Azienda Guicciardini Strozzi
Alessandro Zanette – Azienda Melini

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Raffaele Librandi rieletto Presidente del Consorzio del vino Doc Cirò e Melissa


Raffaele Librandi
è stato riconfermato Presidente del Consorzio di tutela e valorizzazione del vino Doc Cirò e Melissa, la più importante e conosciuta area vitivinicola calabrese. Tre anni sono passati dal maggio 2016, data del suo primo insediamento, che ha segnato una cesura, un vero e proprio cambio di passo e l’apertura di una nuova fase che ha coinvolto gran parte delle aziende della zona.

“Ringrazio tutti coloro che hanno rinnovato la loro fiducia nei miei confronti – dice il Presidente Raffaele Librandi – Questi ultimi tre anni sono stati importanti, densi e sfidanti. Insieme alle tante aziende del territorio abbiamo cercato con entusiasmo, professionalità e passione di proporre un nuovo modo di fare sistema realizzando un vero e proprio svecchiamento dell’immagine e della comunicazione del nostro territorio.”

“Da qualche mese è iniziato l’iter che – prosegue Librandi – ci auspichiamo farà diventare presto il Cirò una Docg e il 2019 sembra essere l’anno giusto, quello che celebra, tra l’altro, i cinquant’anni della Doc. L’obiettivo che ci poniamo resta quello di dare più appeal ai nostri vini sui mercati, aumentarne l’immagine ed il livello dei prezzi. Condizioni essenziali per risolvere il vero problema della viticoltura locale che è il prezzo dell’uva ancora poco remunerativo per i viticoltori.”

“Continueremo quindi – conclude il Presidente – con convinzione il lavoro che il Consorzio sta portando avanti per valorizzare il ricco patrimonio che caratterizza il nostro territorio anche attraverso attività di incoming al fine di far conoscere da vicino e comunicare al meglio il valore ma anche le potenzialità della nostra area.”

Vicepresidente del Consorzio è stato eletto Cataldo Calabretta, giovane viticoltore e titolare dell’omonima azienda nata nel 2008. Calabretta è tornato a Cirò dopo gli studi di enologia a Milano e diverse esperienze lavorative in giro per l’Italia.

Oggi, la Doc Cirò rappresenta Circa l’80% del vino doc calabrese. Il potenziale produttivo del distretto, che conta 530 ettari (nei quattro Comuni di Cirò, Cirò Marina, Melissa e Crucoli), con 300 viticoltori e 60 cantine, è di oltre 3 milioni di bottiglie (3,1 quelle certificate nel 2018). La filiera della Doc Cirò e Melissa è composta prevalentemente da piccole e medie aziende e il prodotto che genera è assorbito per il 65% dei volumi dall’Italia e all’estero la penetrazione commerciale è concentrata sui mercati più maturi.

I membri del Consiglio direttivo che resterà in carica per tre anni fino al 2022 sono:

VITICOLTORI
Paolo Librandi
Giuseppe Sicilia
Salvatore Caparra junior
Domenico Spataro

VINIFICATORI
Vincenzo Ippolito
Armando Susanna
Carlo Siciliani
Massimiliano Capoano
Imbottigliatori
Raffaele Librandi
Cataldo Calabretta
Salvatore Caparra senior

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Consorzio Asolo Montello: Ugo Zamperoni è il nuovo presidente

Il consiglio d’amministrazione del Consorzio Vini Asolo Montello ha eletto all’unanimità il nuovo presidente. È Ugo Zamperoni, 39 anni, viticoltore di Maser e vicepresidente della Cantina Montelliana dal 2016.

“Ringrazio il mio predecessore Armando Serena – ha dichiarato Zamperoni – per il lavoro svolto in questi sette anni, periodo in cui la denominazione è cresciuta repentinamente. Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo lavorato con energia su alcuni importanti progetti, avendo a cuore in particolare la tutela dell’ambiente e del paesaggio del nostro territorio. Così continueremo fino al termine del mandato, nella primavera del 2021, operando in sinergia tra grandi aziende e piccoli produttori, come abbiamo sempre fatto”.

Tra le attività svolte da Zamperoni come consigliere vi è il coordinamento di un gruppo di lavoro agronomico per la definizione del nuovo Metodo Viticolo Asolo Montello. Si tratta di un documento programmatico, elaborato in modo collegiale e coordinato dal professor Michele Borgo, che ha lo scopo di istituire una serie di buone pratiche agricole per una viticoltura responsabile e sostenibile.

Un risultato pervenuto attraverso un’ampia partecipazione dei produttori e che il nuovo presidente intende estendere ad altre tematiche, garantendo la disponibilità al dialogo e all’inclusione di tutte le aziende attive nella denominazione.

“Vogliamo istituire alcune commissioni su temi specifici – prosegue – in grado di coinvolgere tutte le aziende che hanno a cuore il territorio. Abbiamo aperto un confronto sulle tematiche sulle quali sarà opportuno lavorare, tra queste ci sarà sicuramente il tema della sostenibilità ambientale”.

È stato avviato inoltre un nuovo progetto di promozione del Consorzio, che ha lo scopo di consolidare gli obiettivi raggiunti negli ultimi anni grazie a una comunicazione e a un marketing efficaci.

Il consiglio d’amministrazione ha infine cooptato Valter Porcellato dell’azienda agricola La Caneva dei Biasio come consigliere in sostituzione del dimissionario Armando Serena.

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Distilleria Marzadro cresce ed investe nel 4.0


NOGAREDO –
Il Consiglio di amministrazione di Distilleria Marzadro ha approvato il bilancio d’esercizio 2018. L’azienda di Nogaredo (Trento), produttrice di distillati, ha chiuso il 2018 con un fatturato di 20,9 milioni di euro, in leggera crescita rispetto al 2017.

Aumenta il valore aggiunto dell’azienda, che mantiene saldamente il quarto posto nella top ten dei player italiani: crescono utile netto, Ebitda e Ebit. Mentre si consolida la stabilità finanziaria della società grazie ad una disponibilità liquida più che raddoppiata.

Nel 2018 sono proseguiti, come nei due anni precedenti, gli investimenti in pubblicità e in ammodernamento degli impianti. L’anno ha confermato la forza dei brand di Distilleria Marzadro, in primis la grappa “Le Diciotto Lune”, e ha premiato la capillarità distributiva della rete di vendita.

“Nel 2018 abbiamo raccolto i frutti di ciò che abbiamo seminato negli anni precedenti – commenta il presidente di Distilleria Marzadro, Stefano Marzadro (nella foto) -. Restiamo un’azienda sana e stabile, con una visione di business in continuo rinnovamento”.

GLI INDICATORI 2018
I ricavi netti salgono nel 2018 a 20,9 milioni di euro, a fronte dei 20,6 milioni di euro del 2017, registrando una crescita dell’1,5%. L’Ebitda (il margine operativo lordo) si attesta sul 14,9% dei ricavi contro il 12,2% dell’anno precedente. Mentre l’Ebit sale al 10,7% contro l’8,3% del 2017.

Il risultato economico netto (l’utile) cresce da 1,076 milioni di euro a 1,542 milioni di euro, il 7,4% dei ricavi (a fronte di una percentuale del 5,2 nel 2017). Per quanto riguarda la destinazione dell’utile d’esercizio, esso verrà interamente mantenuto in azienda per investimenti futuri.

Distilleria Marzadro conferma la sua solidità finanziaria: nel 2018 ha registrato disponibilità di cassa per 5,188 milioni di euro, a fronte dei 2,370 milioni del 2017 (dato più che raddoppiato). Il patrimonio netto, dato dalla somma del capitale sociale e delle riserve accantonate negli scorsi anni, è pari a 11,058 milioni di euro, in aumento del 16% rispetto ai 9,516 milioni di euro del 2017.


La PFN (Posizione finanziaria netta) è migliorata: l’indice è passato dagli 8,64 milioni del 2017 ai 5,86 milioni del 2018, segnando un rapporto sul patrimonio netto dello 0,5% anziché dello 0,9%.

Riguardo alle quote di mercato, c’è una predominanza di vendita sul fronte domestico – sui 20,9 milioni di euro di ricavi, l’81,3% di essi riguarda il mercato Italia (17 milioni di euro) – e una quota di estero pari al 18,7% – il 16,2% nel mercato dell’Unione Europea (3,4 milioni di euro) e il restante 2,5% nel resto del mondo (0,5 milioni di euro).

LE PREVISIONI PER IL 2019
Per il 2019 le previsioni sui ricavi restano ottimistiche. I risultati ottenuti nel primo quadrimestre dell’anno segnano un incremento del fatturato rispetto allo stesso periodo del 2018 (+2,5). “Questo ci rende prudentemente ottimisti – dichiara ancora il presidente Stefano Marzadro – pur proseguendo sulla strada dell’impegno nel controllo dei costi di gestione”.

Il 2019 è anche l’anno del 70esimo anniversario: Distilleria Marzadro incentra il piano di sviluppo, da un lato, sul lancio dei prodotti destinati a segmenti di mercato meno consolidati come miscelazione o cocktail bar; dall’altro lato, sul potenziamento dei brand classici e top level, come la linea “Affina”, la linea “Espressioni” e la linea “Giare”, equiparabili ai distillati internazionali.

“Quest’anno – continua il presidente – vogliamo puntare sulla diversificazione di prodotto, spingendo sulla linea “Infusioni”, sul “Luz Gin” e su “Altolago Vermut”, destinati ad un pubblico più giovane. Tutti prodotti che hanno alla base una materia prima a chilometro zero, sostenibile, proveniente dal territorio trentino”.

“E poi sul potenziamento dei brand della nostra alta gamma – prosegue il presidente – come le linee “Affina”, “Espressioni” e “Giare”, che non hanno nulla da invidiare per ricercatezza, qualità e prestigio agli invecchiati stranieri. Anche il nostro brand di punta “Le Diciotto Lune” sarà oggetto di innovazione: ci sarà un restyling del marchio e una maggiore spinta de “Le Diciotto Lune Botte Porto”, versione più invecchiata del brand più conosciuto”.

Sul fronte produzione, l’azienda sta preparando un piano di investimenti, da realizzarsi nel secondo semestre 2019, in ottica Industry 4.0, per circa 800mila euro, con l’obiettivo di ottimizzare al meglio i processi produttivi in ambito tecnologico e digitale.

“Sul solco dell’innovazione che da sempre ci caratterizza – ancora Marzadro – proseguiamo sulla strada dell’ottimizzazione dei processi produttivi, investendo circa 800mila euro principalmente su una linea di imbottigliamento che verrà riammodernata e integrata con nuove tecnologie legate al mondo 4.0 e con annesso software per la gestione e il continuo monitoraggio del processo produttivo stesso”.

Entro il 2019, Distilleria Marzadro conta di raggiungere l’obiettivo di arrivare a produrre un milione di litri di invecchiato. Cifra che corrisponde ad un fabbisogno di mercato di più di tre anni. Si tratta di una garanzia per il futuro e della conferma che il mercato nazionale e internazionale apprezza sempre di più la grappa invecchiata.

IL GRUPPO

Distilleria Marzadro nasce nel 1949 a Brancolino di Nogaredo, in provincia di Trento, grazie alla tenacia e alla bravura di Sabina Marzadro. Sabina fonda la distilleria e la fa crescere assieme al fratello Attilio. La seconda generazione è composta da Stefano, Anna e Andrea, i figli di Attilio.

La terza, invece, è rappresentata attualmente da Mattia, Alessandro (figli di Stefano) e Luca (figlio di Andrea). Presidente di Distilleria Marzadro è Stefano Marzadro, che ricopre anche la carica di amministratore delegato e Cfo. L’azienda ha 73 dipendenti e produce 1,5 milioni di bottiglie l’anno. Può contare su 3mila botti di proprietà.

Il Gruppo Marzadro comprende anche Madonna Delle Vittorie, azienda vitivinicola acquistata nel 2016. Nel 2018 Madonna Delle Vittorie ha prodotto 30mila bottiglie di Trento Doc e 20mila di Gewürztraminer. Vi lavorano 25 dipendenti.

LA PRODUZIONE
Distilleria Marzadro ha sempre puntato sulla qualità, scegliendo di distillare solo vinaccia fresca e solo 100 giorni l’anno (da settembre a novembre, giorno e notte), per un totale di 50mila quintali lavorati. A cui vanno sommate le lavorazioni di vinacce di amarone, qualche mese più tardi.

Tra i prodotti di punta di Distilleria Marzadro ci sono: “Le Diciotto lune”, che prende il nome dal numero dei mesi di invecchiamento; “Giare”, una linea di grappe invecchiate 36 mesi; “Espressioni”, dove l’invecchiamento varia dai 4 ai 6 anni.

“Affina”, il prodotto più prestigioso, per consumatori che apprezzano un invecchiamento di dieci anni; “Anfora”, dove viene affinata la tecnica di micro-ossigenazione della grappa attraverso l’invecchiamento in anfore di terracotta. La linea “Diciotto Lune Botte Porto”, è frutto di un invecchiamento della Diciotto Lune, per altri 18 mesi, in botti usate precedentemente per il Porto, il vino liquoroso portoghese.

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Paolo Valle nuovo presidente del Consorzio Doc Friuli Colli Orientali e Ramandolo

Paolo Valle, dell’azienda Valle di Buttrio, è il nuovo presidente del Consorzio di tutela della Doc Friuli Colli Orientali e Ramandolo. Al suo fianco, per i prossimi tre anni, i vicepresidenti Demis Ermacora e Maurizio Zaccomer.

Valle, che succede a Michele Pavan, ha 54 anni e gestisce l’azienda vitivinicola di famiglia, con una storia importante alle spalle iniziata nel 1954 dal conosciutissimo papà Gigi, con 42 ettari dedicati alla coltivazione dell’uva da vino.

Lo spirito con cui mi appresto ad affrontare questo nuovo ruolo – spiega Valle – è quello della continuità, innanzitutto, con l’impegno svolto dal presidente e dal consiglio precedente, con un occhio attento a mantenere ben saldo l’equilibrio di bilancio del Consorzio.

Di sicuro, fin da subito, c’è la voglia di aprirsi e collaborare con gli altri Consorzi di tutela della regione, per ottenere, insieme, sempre nuovi risultati che devono portare, certamente, ad aumentare la qualità dei nostri vini, ma anche la redditività per le aziende che li producono, in particolare quelle collinari, più ‘difficili'”.

Il nuovo Consiglio, per buona parte rinnovato, ha dato ampio spazio ai giovani vignaioli del territorio con l’elezione di: Filippo Butussi, Federico De Luca, Alessio Dorigo, Filippo Felluga, Matteo Lovo, Claudio Novello, Michele Pace Perusini, Michele Pavan, Federico Stroppolatini e Alessio Zorzettig.

I NUMERI DEL CONSORZIO
Il Consorzio riunisce circa 200 soci, dei quali circa tre quarti sono imbottigliatori. Dai loro vigneti (2 mila ettari iscritti all’albo) producono oltre 80 mila ettolitri di vino Doc, dei quali almeno il 30 per cento viene commercializzato all’estero. Un’esportazione destinata prevalentemente ai paesi europei, ma che non esclude paesi quali gli Stati Uniti o il Giappone.

La superficie rivendicata a Doc Friuli Colli Orientali e Ramandolo è pari a 1.774 ettari. Il vitigno più coltivato è il Tocai friulano (16,7 per cento), con una forte crescita della Ribolla gialla (+4 per cento sull’anno precedente). La produzione di vino Doc supera i 77.700 ettolitri: 65 per cento da uve a bacca bianca, 35 per cento da uve a bacca rossa.

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Vigneto ritrovato nel centro di Asolo: piantate barbatelle antico clone di Glera


ASOLO –
Da vigneto abbandonato a “Vigneto ritrovato” il passo è breve, ad Asolo. Montelvini, l’azienda dell’ex presidente del Consorzio Tutela Vini Asolo Montello, Armando Serena, ha inaugurato nel weekend la fase conclusiva del progetto “Vigneto ritrovato”.

Si tratta di un terreno di 3 mila metri di proprietà della famiglia Contarini, che ad Asolo fece edificare nel 1558 quella che oggi è conosciuta come “Villa degli Armeni”. È su Villa Contarini e sul celebre giardino all’italiana di Villa De Mattia di Asolo che si affaccia il “Vigneto ritrovato”, dimenticato per oltre 60 anni.

TRE ANNI DI STUDI

Il recupero è stato avviato nel 2017, nel segno di tre parole care a Montelvini: “Ricerca, biodiversità e territorio”. Già censito dalle mappe napoleoniche, il “Vigneto ritrovato” ha restituito alla luce settanta viti, di cui solo una decina in perfetto stato fitosanitario.

Le analisi del Crea-Ve (Centro di Ricerca per la Viticoltura e l’Enologia) hanno consentito di individuare un clone di Glera tipico dell’area, praticamente scomparso negli anni perché poco produttivo.

Grazie al pool di agronomi ed enologi è stato preparato il terreno per mettere a dimora le barbatelle e dare il via alla propagazione. L’uva darà vita a una vera e propria etichetta del “cru”, in commercio dal 2023.

Nello specifico, il clone è l’Isv Va8, “selezione di Glera di origine asolana – evidenziano i tecnici – che presenta caratteristiche qualitative interessanti e tipicamente rappresentative del territorio”. Sono state rinvenute inoltre piante di Friulano (ex Tocai) e Verdea, tipica dell’Oltrepò pavese e del Milanese (San Colombano).

“Quello del Vigneto Ritrovato è un progetto che ha richiesto tempo, risorse e dedizione”, sottolinea Alberto Serena, che ha dato il via al progetto fresco dell’incarico da amministratore delegato di Montelvini, come successore del padre Armando.

“Ogni scelta e ogni azione è stata calibrata con attenzione, mantenendo il delicato equilibrio tra paesaggio, enologia, storia e territorio”. Il vino di Asolo, del resto, era noto già ai tempi della Serenissima Repubblica di Venezia per la sua qualità. I vini provenienti dalla cittadina erano i più pagati e ricercati dell’area di Treviso.

[URIS id=34847]

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Consorzio Alta Langa nel segno della continuità: riconfermati Giulio Bava e Giovanni Carlo Bussi

Il Consiglio di amministrazione del Consorzio Alta Langa ha riconfermato presidente e vicepresidente. Si tratta di Giulio Bava (Giulio Cocchi) che inaugura così il suo terzo mandato consecutivo come presidente del Consorzio Alta Langa, e Giovanni Carlo Bussi, viticoltore di San Marzano Oliveto (Asti), che come lui proseguirà il suo ruolo di vicepresidente, per la terza volta.

Enologo astigiano, classe 1962, già presidente dell’Assoenologi Piemonte e Val d’Aosta e titolare con la famiglia della centenaria casa vinicola Cocchi, tra i fondatori del Consorzio Alta Langa, Giulio Bava legge questa rielezione come un riconoscimento per gli obiettivi centrati in questi anni.

“Nel 2016 il proposito del Consorzio era quello di completare il raddoppio della superficie vitata per arrivare a circa 200 ettari di vigneto Alta Langa – commenta Bava – oggi ne abbiamo più di 230 e abbiamo superato il milione e trecentomila bottiglie (vendemmia 2018) a fronte delle 650 mila che producevamo tre anni fa. Dalle 19 cantine del 2016 siamo saliti a 42, benché non tutte ancora in produzione. La base agricola dei soci resta salda, con circa 80 viticoltori“.

“Come avevamo promesso – prosegue Giulio Bava – abbiamo lavorato molto sulla promozione della denominazione, scegliendo eventi sul territorio nazionale in cui la nostra presenza fosse particolarmente di rilievo e qualificata. Nell’ultimo biennio abbiamo instaurato una partnership con la Fiera internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, alla quale prendiamo parte come Official Sparkling Wine”.

“L’autorevolezza dell’Alta Langa – continua Bava – oggi si misura anche con il successo de La Prima dell’Alta Langa, evento dedicato al mondo dell’horeca, a giornalisti di settore e opinion leader che ha registrato circa 1000 presenze selezionate e su invito nell’edizione dello scorso aprile e più di 60 testate italiane e internazionali accreditate”.

Conclude il presidente Bava: “Considerando la crescita del vigneto, supereremo a breve i due milioni di bottiglie: l’impegno e la sfida dei tre anni a venire consisteranno nell’accrescere ancora la conoscenza dell’Alta Langa Docg e la sua diffusione, consci di non poter flettere minimamente sulla qualità del prodotto”.

È stato rinnovato in questi giorni anche il consiglio d’amministrazione che guiderà l’ente fino al 2022. Alessandro Picchi (F.lli Gancia) entra al posto di Paola Visconti nella compagine, mentre sono stati confermati gli altri consiglieri: Alberto Lazzarino (Banfi), Sergio Germano (Germano Ettore).

E ancora: Piero Bagnasco (Fontanafredda) e Mariacristina Castelletta (Tosti). Per la parte agricola: Luciano Chiarle (viticoltore di Borgomale), Luciano Ferrero (viticoltore di Mango), Gianpaolo Menotti (viticoltore di Castel Rocchero), Giacinto Balbo (viticoltore di Bubbio e Cassinasco), Loredana Penna (viticoltrice di Loazzolo).

Il collegio sindacale è composto dal presidente Barbara Carrero, da Terenzio Ravotto e Franco Brezza in qualità di sindaci effettivi.

IL CONSORZIO ALTA LANGA DOCG
Quello dell’Alta Langa è oggi un Consorzio molto attivo: viticoltori e produttori sono coinvolti nello sviluppo di un vino, di una denominazione e di un territorio. Tutti legati da una grande scommessa: quella di un vino che non sarà pronto prima di sei anni dall’impianto e che per questo deve necessariamente essere un vino importante.

Una denominazione spumantistica dalla produzione contenuta, con una storia molto lunga: fu il primo metodo classico a essere prodotto in Italia, fin dalla metà dell’Ottocento, nelle “Cattedrali Sotterranee”, dal giugno 2014 riconosciute Patrimonio dell’Umanità Unesco.

È fatto di uve Pinot Nero e Chardonnay, in purezza o insieme in percentuale variabile; può essere bianco o rosé, brut o pas dosé e ha lunghissimi tempi di affinamento sui lieviti, come prevede il severo disciplinare: almeno 30 mesi. L’Alta Langa è esclusivamente millesimato, riporta cioè sempre in etichetta l’anno della vendemmia.

LE TERRE DELL’ALTA LANGA DOCG
Un territorio che guarda le cime innevate delle Alpi e respira il mare. Una terra che raccoglie l’eredità conservata dagli avi, mantenuta intatta per molto tempo senza subire trasformazioni radicali come è avvenuto invece nelle basse colline.

L’Alta Langa è una zona preziosa, fragile, da sostenere, in cui salvaguardare la biodiversità. Terra letteraria, terra straordinaria di resistenze – di guerre e di culture -, che ha fatto fronte ai cambiamenti e li ha assecondati, senza perdere il suo bagaglio di memoria e la sua forte identità.

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Approvate le Unità Geografiche Aggiuntive della Doc Soave: sono 33


SOAVE –
Il Comitato Vini del Ministero delle Politiche Agricole ha approvato in via definitiva l’inserimento delle Unità Geografiche Aggiuntive nel disciplinare della Doc Soave, un percorso iniziato nel 2017 dall’assemblea del Consorzio che aveva approvato con grande coesione questo ulteriore passo per la valorizzazione della denominazione.

Le unità geografiche aggiuntive sono distribuite nell’intera area del Soave, 29 nella zona classica, 2 nei suoli scuri della Val d’Alpone e 3 nei suoli calcarei delle vallate a ovest. I nomi sono: Castelcerino, Colombara, Froscà, Fittà, Foscarino, Volpare, Tremenalto, Carbonare, Tenda, Corte Durlo, Rugate, Croce, Costalunga, Coste, Zoppega, Menini, Monte Grande, Ca’ del Vento, Castellaro,Pressoni, Broia, Brognoligo, Costalta, Paradiso, Costeggiola, Casarsa, Monte di Colognola, Campagnola, Pigno, Duello, Sengialta, Ponsarà, Roncà – Monte Calvarina.

Possono essere considerate dei veri e propri “cru”, fino a ieri valorizzati dalle singole aziende e dal Consorzio, “per la particolare capacità di produrre vini con una forte caratterizzazione della zona pedoclimatica nella quale nascono”.

Un progetto, quello delle Unità Geografiche Aggiuntive della Doc Soave, che interessa meno del 40% dell’intera superficie vitata della Denominazione. I cru si trovano esclusivamente nell’area collinare. La vinificazione dovrà avvenire separatamente rispetto agli altri vini dell’azienda, assicurando sia la tracciabilità sia una produzione limitata. L’obiettivo è infatti “acquisire una forte riconoscibilità del singolo cru sul mercato”.

L’approvazione delle Unità Geografiche è un altro grande passo avanti per la nostra denominazione – commenta Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio di Tutela – che da sempre ha avuto nella caratterizzazione in etichetta dei luoghi geografici un punto di forza comunicativo nei confronti del consumatore.

Ora siamo sempre più in grado di parlare di ciò che ci rende unici, della nostra forte identità. Potremo ufficializzarle anche all’estero, a New York, Tokyo e Londra: le tappe che ci aspettano nei mesi di giugno del nostro tour promozionale”.

Un lavoro che affonda le radici nel 2000, con la pubblicazione delle “Vigne del Soave“. La puntuale zonazione ha consentito non solo di individuare i differenti suoli ma anche altitudini, pendenze, incidenza della pergola veronese sul guyot e altri dati che hanno permesso di creare quelle che sono le unità geografiche del Soave.

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