Porte aperte in oltre ottanta cantine toscane domenica 28 maggio. L’edizione 2017 di Cantine Aperte, l’evento dell’anno per gli appassionati di vino promosso dal Movimento Turismo del Vino Toscana, scalda i motori. Fra tradizione e novità. Come il coinvolgimento dei fumettisti della Scuola Internazionale di Comics di Firenze.
Una edizione particolare questa, perché proprio in Toscana, 25 anni fa, nasceva in via sperimentale questa iniziativa che nel tempo ha contribuito a cambiare l’approccio al vino da parte del consumatore.
Dalla Maremma del Morellino, alle terre dell’Orcia Doc, da Carmignano a Pisa, da Cortona ad Arezzo, senza dimenticare le grandi Docg, Brunello, Chianti Classico e Vino Nobile di Montepulciano. Sarà una vera festa del vino toscano, accompagnata anche da una colonna sonora speciale scritta e cantata dal cantautore fiorentino Lorenzo Baglioni.
“Tante novità per questa storica edizione di Cantine Aperte – dichiara il presidente del Movimento Turismo del Vino Toscana, Violante Gardini – dal nuovo sito pensato come strumento di ‘navigazione‘ verso le cantine, all’inno di Cantine Aperte che ha già riscosso un grande successo di visualizzazioni, fino ad arrivare alla collaborazione con i fumettisti della Scuola Internazionale di Comics, tutto con l’obiettivo di cambiare la comunicazione del vino pensando soprattutto ai giovani appassionati”.
IL VINO A FUMETTI
La grande novità di questa venticinquesima edizione, sarà appunto la collaborazione tra il Movimento Turismo del Vino Toscana e la Scuola Internazionale di Comics di Firenze, la più importante accademia internazionale per la formazione di artisti del fumetto. Alcune delle cantine partecipanti avranno per tutta la giornata un fumettista che racconterà attraverso le immagini il vino “a fumetti” e la giornata di Cantine Aperte. Un modo per coinvolgere il visitatore, ma anche per dimostrare che la comunicazione di questo grande prodotto, il vino, sta cambiando.
Oltre alle dimostrazioni artistiche dei fumettisti, le cantine che parteciperanno all’evento organizzeranno molte attività collaterali per fare da sfondo alle degustazioni. Dal trekking nel vigneto, alla musica live in cantina.
Poi le degustazioni sensoriali, o le verticali di vecchie annate, fino a passare per la tavola con la riscoperta di piatti della tradizione abbinati ai grandi vini toscani.
E ancora la natura che incontra il vino, fino ad arrivare addirittura a incontri con vini stranieri. Nelle oltre ottanta cantine sparse per le provincie Toscane ce ne saranno per tutti i gusti e passioni, basterà solo scegliere la cantina. Sarà anche più facile farlo grazie al nuovo sito di MTV Toscana che con la geo referenziazione delle cantine permetterà a tutti di localizzare l’elenco delle cantine più vicine a dove si troveranno facendo partire la navigazione con le indicazioni stradali per arrivare direttamente a destinazione.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Torna Cantine Aperte, la festa del vino organizzata in tutta Italia dal Movimento Turismo del Vino e che quest’anno spegne 25 candeline. Ideata nel 1992, Cantine Aperte è diventata una delle manifestazioni di fine primavera più attese da winelover ed esperti del bere bene. Con uno sguardo attento sulla solidarietà.
In Puglia l’appuntamento, realizzato in collaborazione con la Regione Puglia – Assessorato alle Risorse Agroalimentari, è per domenica 28 maggio dalle 10 fino a sera in 58 cantine socie di MTV Puglia.
“Il vino è un pretesto autentico per raccontare il nostro territorio, la storia e le tradizioni pugliesi – commenta l’assessore alle Risorse agroalimentari della Regione Puglia, Leonardo di Gioia -. E’ uno dei prodotti agroalimentari che meglio di altri ci offre il privilegio di vivere un vero e proprio percorso esperienziale, con tutti i cinque i sensi, dalla vigna al calice. E Cantine Aperte, oramai rinomato appuntamento, regala ai visitatori la possibilità non solo di degustare vini certificati e di qualità, ma, soprattutto, di scoprire ove e come nascono, vivendo da vicino un pezzo importante della storia produttiva della nostra regione”.
IL PROGRAMMA
Da nord a sud della regione, enoturisti e winelovers potranno entrare nel cuore della produzione del vino, visitare i vigneti, le bottaie, degustare etichette storiche o nuove produzioni in anteprima, nella cornice di un ricco programma di iniziative culturali, musicali, eventi e attività.
Tutto il territorio regionale sarà protagonista attraverso i suoi vignaioli che, con passione e costante impegno, disegnano il volto dell’enologia regionale. Come ogni anno, naturalmente, saranno centinaia le etichette in degustazione, dalle annate storiche alle ultimissime novità sul mercato, con laboratori e mini corsi guidati da enologi e sommelier.
Per i neofiti, invece, Cantine Aperte rappresenta l’inizio di un viaggio alla scoperta delle varietà e delle peculiarità di Negroamaro, Primitivo, Nero di Troia e dei tanti bianchi e rosati che, in una regione tradizionalmente legata ai rossi, stanno registrando un crescente apprezzamento. Insieme al vino, tante proposte di abbinamento con prodotti tipici locali.
APPUNTAMENTO IMPERDIBILE PER GLI ENOAPPASSIONATI “Con le sue 25 edizioni e le 800 cantine aderenti in tutta Italia – dichiara il Presidente del Consorzio MTV Puglia Sebastiano de Corato – Cantine Aperte si conferma l’evento dedicato agli appassionati di vino più importante e radicato nel territorio del nostro paese. Anche in Puglia, Domenica 28 maggio, 58 cantine socie di MTVPuglia – apriranno le porte a turisti ed enoappassionati, favorendo l’incontro diretto fra chi il vino lo produce e chi lo apprezza e vuole meglio conoscere, attraverso il contatto personale con i produttori, i luoghi di produzione, le tecniche enologiche, i segreti e le curiosità che sono dietro l’impegno per interpretare e valorizzare del territorio attraverso i vini”.
“Di anno in anno – conclude de Corato – questa manifestazione ha consolidato il proprio successo grazie all’eccellente standard di accoglienza in cantina garantito dall’appartenenza al Movimento; in questo senso, la Puglia ha vissuto uno straordinario percorso di crescita, che ne ha rafforzato la notorietà rendendola una meta enoturistica d’eccezione”.
SPAZIO ALLA SOLIDARIETA’
Per i 25 anni Cantine Aperte grande risalto sarà dedicato alla solidarietà e in particolare a due iniziative a sostegno delle popolazioni del Centro Italia colpite dal sisma. Debutterà in questa edizione la “Bottiglia Solidale”, il progetto realizzato dal Movimento Turismo del Vino Marche e adottato da tutte le regioni italiane. Le cantine aderenti di tutta Italia, infatti, apporranno sui loro vini l’etichetta solidale (“Un Mare diVino al Cuore delle Marche”) realizzata dall’artista marchigiano “Ago” (Andrea Agostini), vendendoli al prezzo simbolico unitario di 10 euro, interamente devoluto all’acquisto di un’ambulanza attrezzata.
La “Bottiglia Solidale” potrà essere acquistata presso le cantine: Rivera – Andria; Santa Lucia – Corato (Ba); La Cantina di Ruvo di Puglia/Grifo – Ruvo di Puglia; Pietraventosa – Gioia del Colle (Ba); Varvaglione – Leporano (Ta); Due Palme – Cellino San Marco (Br); Altemura – Torre Santa Susanna (Br); Cantina di San Donaci – San Donaci (Br); Mottura – Tuglie (Le); Castel di Salve – Depressa di Tricase (Le); De Falco – Novoli (Le).
E per un’iniziativa solidale che inizia un’altra si conclude. Cantine Aperte 2017 sarà infatti l’ultima occasione per sostenere il progetto “Mtv per Amatrice”, la raccolta fondi indetta lo scorso settembre dal Movimento Turismo del Vino Italia, a cui la Puglia partecipa devolvendo una quota per ogni calice venduto (acquisto possibile in ogni cantina, calice con portacalice € 5,00). La somma raccolta verrà consegnata ad Amatrice in occasione di un evento organizzato da MTV.
L’ELENCO DELLE CANTINE APERTE DAUNIA: Cantina Le Grotte – Apricena (Fg) | Valentina Passalacqua – Apricena (Fg) | Paglione – Lucera (Fg) | Alberto Longo – Lucera (Fg) | d’Alfonso del Sordo – San Severo (Fg) | d’Araprì – San Severo (Fg) | Teanum – San Severo (Fg)
MURGE: La Cantina di Andria / Vignuolo – Andria | Rivera – Andria | Villa Schinosa – Trani | Tor de’ falchi – Minervino Murge (Bt) | Tormaresca Bocca di Lupo – Minervino Murge (Bt) | Ognissole Tenuta Cefalicchio – Canosa di Puglia (Bt) |Santa Lucia – Corato (Ba) | Torrevento – Corato (Ba) | Imperatore – Adelfia (Ba) | Pietraventosa – Gioia del Colle (Ba) |Botromagno – Gravina in Puglia (Ba) | La Cantina di Ruvo di Puglia / Grifo – Ruvo di Puglia (Ba) | Mazzone – Ruvo di Puglia (Ba) | Terre di San Vito – Polignano a Mare (Ba) | Cantina dei Fragni – Sammichele di Bari (Ba) | Coppi – Turi (Ba)
SALENTO: Carvinea – Carovigno (Br) | Due Palme – Cellino San Marco (Br) | Li Veli – Cellino San Marco (Br) | Masseria Altemura – Torre S. Susanna (Br) | Cantina San Donaci – San Donaci (Br) | Apollonio – Monteroni di Lecce (Le) |Bonsegna – Nardò (Le) | Schola Sarmenti – Nardò (Le) | De Falco – Novoli (Le) | Cantele – Guagnano (Le) | Castel di Salve – Depressa di Tricase (Le) | Castello Monaci – Salice SaLentino (Le) | Cupertinum – Copertino (Le) | Duca Carlo Guarini – Scorrano (Le) | Feudi di Guagnano – Guagnano (Le) | Leone de Castris – Salice SaLentino (Le) | Petrelli – Carmiano (Le) | Marulli – Copertino (Le) | Menhir – Minervino di Lecce (Le) | Mottura – Tuglie (Le) | Moros – Guagnano (Le) | Palamà – Cutrofiano (Le) | Cosimo Taurino – Guagnano (Le) | Tenuta Merico – Otranto (Le).
CHIUSE PER LAVORI IN CORSO
L’Antica Cantina – San Severo (Fg) | Coppadoro – San Severo (Fg) | Conte Spagnoletti Zeuli – Andria | San Magno – Corato (Ba) | Cardone – Locorotondo | Masseria Tagaro – Locorotondo (Ba) | Cantine San Giorgio – San Giorgio Ionico (Ta) | Masseria Surani Tommasi Family Estates – Manduria (Ta) | Antica Masseria Jorche – Torricella (Ta) | Ognissole Tenute di Manduria – Sava (Ta) | Tormaresca Masseria Maime – San Pietro Vernotico (Br) | Agricole Vallone – Carovigno (Br) | Le Vigne di Sammarco – Cellino San Marco (Br) | Hiso Teleray Libera Terra – Mesagne (Br) | Paolo Leo- San Donaci (Br) | Santi Dimitri – Galatina (Le) | Mocavero – Arnesano (Le).
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Medaglie di argento e bronzo per gli studenti del corso per enotecnici della Fondazione Edmund Mach nell’ambito della dodicesima edizione del campionato europeo della vite e del vino che ha visto sfidarsi nei giorni scorsi, in Francia, 74 alunni provenienti da 37 scuole di 12 nazioni europee.
La scorsa settimana il Centro Istruzione e Formazione si è aggiudicato anche il terzo posto nel concorso nazionale “Bacco e Minerva” che ha visto concorrere ad Avellino una trentina di scuole produttrici di vino. La scuola di San Michele ha vinto la medaglia di bronzo con i vini dell’azienda agricola Pinot bianco 2016 e Trentino rosso Castel San Michele 2015.
Nell’ambito del campionato europeo della vite e del vino, Valentino Pedrotti e Luca Balboni (nella foto), studenti del corso per enotecnici del Centro Istruzione e Formazione, si sono classificati rispettivamente al secondo e al terzo posto nella classifica generale. La competizione “European Wine Championship” si è svolta presso l’istituto agrario di Avize, nella rinomata regione viticola della Champagne in Francia.
Erano coinvolte Italia, Austria, Belgio, Francia, Germania, Inghilterra, Ungheria, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia, Spagna e Svizzera, per un totale di 37 scuole enologiche, con due studenti dell’età compresa tra i 17 e i 25 anni. L’Italia era rappresentata da cinque scuole: Ascoli Piceno, Conegliano, Laimburg, Ora e San Michele all’Adige. Quest’ultima con i due studenti Valentino Pedrotti e Luca Balboni, accompagnati dal docente Luca Russo.
I giovani si sono sfidati, in lingua inglese, sulle conoscenze tecniche, dall’enologia alla viticoltura, dalla potatura alle malattie della vite, dalle analisi chimiche alla degustazione. Lo scorso anno la Fondazione Mach si era classificata al terzo posto con la studentessa Ada Fellin.
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La voglia di sperimentare, la convinzione che il whisky possa offrire un ottimo accompagnamento a tavola e la convinzione che i distillati meritino di tornare ad avere un ruolo di rilievo nella ristorazione sono uno dei motori principali del Whisky Gourmet Tour.
Nuova tappa: 11 Maggio 2017 presso il ristorante La Rimessa di Mariano Comense (CO).
La Rimessa è sito all’interno di Villa Besana, complesso dell’ottocento lombardo nato come residenza nobiliare di campagna e divenuto poi parte del tessuto urbano in seguito allo sviluppo delle cittadina di Mariano Comense. Nella raffinata cornice della vecchia rimessa delle carrozze, da cui il nome, il ristorante è un piacevole luogo d’incontro conviviale, all’insegna della tradizione gastronomica lombarda e italiana.
La Rimessa nasce nel luglio del 1989 per volere di Sergio Mauri, affermato chef italiano, che è riuscito a portare in Brianza una ventata di aria nuova arrivando ad ottenere importantissimi riconoscimenti tra i quali la Stella Michelin (arrivata nel 1994 e mantenuta fino all’anno 2000).
Nel 2013 Sergio Mauri decide di passare il testimone a due giovani pieni di voglia di fare e dal curriculum prestigioso. Nel febbraio 2013 Francesco Palumbo e Stefano Ierardi rilevano il ristorante La Rimessa ed iniziano un nuovo percorso puntato su tradizione e innovazione.
Francesco, anima del locale, porta con sé la sua lunga esperienza maturata presso i grandi nome della ristorazione, quali Sadler, Peck e Cracco, e ci accoglie subito in modo caldo, familiare, ma sempre professionale. I convenuti non hanno alcuna difficoltà a sentirsi a proprio agio e così dopo i primi finger food offerti per rompere il ghiaccio viene spontaneo mettersi a tavola in un clima rilassato.
Apre le danze il salmone marinato alla svedese (per ben 58h) con carote, scalogno maionese e timo. Il piatto è delicato. Alla scioglievolezza del salmone ben si sposa la morbidezza della maionese e ben si contrappone la croccantezza della carota. In abbinamento Nikka Coffey Malt 45%, whisky giapponese prodotto nella distilleria di Miyagikyo tramite un vecchio distillatore a colonna Coffey dei primi anni 60 ed ancora in funzione che conferisce al whisky le sue particolari note. Fresco, come il salmone, con note dolci di banana e vaniglia (ottime con la maionese) e note speziate di tabacco e pepe che completano il piatto. Il finale e lungo ed invoglia ad un altro boccone prima ancora che ad un altro sorso.
Ravioli ripieni di ricotta di capra e salsa alla mela verde è la proposta del primo piatto. Al primo impatto sembra un poco troppo spessa la pasta dei ravioli ma in bocca si comporta bene perché dona la giusta consistenza. In abbinamento Balvenie 12 y.o. Single Barrel 47,8%, maturato in botti ex-bourbon first fill. Note dolci, mielose, e speziate per questo whisky. La logica dell’abbinamento sembra quella dell’affinità, il dolce del whisky con la salsa di mele, la nota speziata col formaggio di capra. Ed invece in bocca il tutto lavora a contrasto per riportare la bocca in equilibrio. Durante il lungo finale sentiamo una nota di nocciola che non appartiene né al piatto né al bicchiere. L’abbinamento ha creato un piacevole nuovo sentore.
Manzo maturato nel sale Maldon (per due settimane) cotto al punto rosa a bassa temperatura con tortino di patate. A financo un classico del whisky insulare: Highland Park 18 y.o. 43%. Il manzo è tenero succoso e dolce, le patate appena speziate. Inconfondibile la nota di torba di Highland Park, unica e particolare, così come le sue note floreali. Note di frutta esotica e miele completano il quadro olfattivo. Al palato il whisky è cremoso assecondando la succulenza della carne, le note di spezia caramello e torba accompagnano le patate. Il finale è lungo, più lungo per il whisky che per la carne.
Chiude il dolce, a base di cioccolato e vaniglia. Morbido nella consistenza. Tomatin 14 y.o. Port Wood Finish 46%. Whisky che ha trascorso 13 anni in botti ex bourbon e poi un ulteriore anno in botti che hanno contenuto Porto Towny, il famoso vino liquoroso portoghese. Il colore ambrato del whisky tradisce da subito l’uso di legno da vino. Profumi di albicocca, prugna, pesca e noce. Palato morbido. Finale lungo. Un gran whisky, un buon dolce. L’abbinamento forse un pizzico troppo spostato sul bicchiere, ma poco male.
La serata volge così al termine. C’è ancora il tempo di un bis del proprio whisky più gradito. C’è ancora un poco di tempo per chiacchierare con i compagni di tavolo, persone che non si conoscevano fino a due ore prima che ora parlano amabilmente e si scambiano i contatti. Potere della tavola. Potere del buon cibo. Potere del buon bere. Convivialità è solo una parola, ma porta tanto dentro di se. Slainte!
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Dopo l’allarme lanciato da Coldiretti e la richiesta, da parte di Fivi, di una conta dei danni ufficiale, è Assoenologi a delineare il quadro delle conseguenze dell’ondata di freddo che si è abbattuta sulle vigne italiane. Il gelo, proveniente dal Nord Europa, ha colpito il Belpaese tra martedì 18 e venerdì 21 aprile. Un “nuovo inverno” per le viti di mezza penisola, in piena maturazione.
“Spesso siamo preda dell’ossessione del clima che cambia – commenta Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi -. Le gelate tardive sono una costante che ha accompagnato le vicende della viticoltura europea fin dalle sue origini. Ma in effetti la gelata dello scorso aprile non può essere considerata il risultato di un fenomeno meteorologico normale. Lo dimostra la dimensione europea dell’evento e la gravità del danno. Molto raramente, infatti, si associano gli effetti di un raffreddamento dovuto allo spostamento di grandi masse fredde dall’Artico, con quelli della perdita di calore dal suolo per irradiamento e, in molti casi, per la caduta di aria fredda lungo le pendici verso le zone più basse. La situazione – precisa Cotarella – è stata poi aggravata dall’avanzato sviluppo dei germogli per le favorevoli condizioni del mese di marzo”.
LA CONTA DEI DANNI
Dalle prime stime, secondo le rilevazioni effettuate da Assoenologi, i danni sembrerebbero ingenti. Si tratta di vigneti colpiti a macchia di leopardo, soprattutto nei terreni a fondovalle e in quelli pianeggianti, oltre che i nuovi impianti, particolarmente sensibili. “Come è facile prevedere – ha detto Cotarella – le conseguenze per la viticoltura italiana saranno, sul piano produttivo, molto gravi, anche perché sono stati colpiti alcuni distretti viticoli i cui vini sono destinati soprattutto all’esportazione. Il risultato degli interventi agronomici per il recupero della produzione dell’annata in corso si prospettano molto aleatori e potranno essere valutati solo dopo la risposta delle piante, tra qualche settimane. È opportuno invece che le scelte dei viticoltori si orientino verso il ripristino della struttura produttiva per la prossima annata”.
LA SITUAZIONE PIEMONTE. In tutto il Piemonte si stima un 5-8% di ettari di vite colpiti dalle gelate e una perdita media del 3-5% della produzione. Nella zona del Gavi i danni sono a macchia di leopardo e sembra che siano stati colpiti il 10-15% degli ettari ma con differenti problematiche, dal 5 al 100%. Mediamente la perdita complessiva non dovrebbe essere di oltre il 7-10% della produzione.
Nei comuni di Nizza, Agliano, Mombaruzzo, zona tipica del Barbera d’Asti, le gelate hanno interessato, in alcuni casi, i vigneti sino a metà collina. La prima stima dà un danno dall’8 al 10% della produzione totale. Per la zona del Barbaresco preoccupante è stata la grandinata del 16 aprile su una parte del comune di Neive.
Le gelate hanno colpito il fondovalle, mentre le posizioni ben esposte, da Nebbiolo, non sono state colpite o solo marginalmente. Stima del danno 5-7% della produzione. Anche nella zona del Barolo le gelate hanno colpito a macchia di leopardo. (Enol. Alberto Lazzarino – Presidente Sezione Piemonte Assoenologi).
LOMBARDIA. In generale i vigneti della Lombardia posizionati in zone pianeggianti o comunque con poco ricircolo d’aria sono state maggiormente penalizzate. Per effetto di inversione termica sono stati molto più limitati i danni in zone collinari e comunque sempre in forme di allevamento con capo a frutto più distante da terra. La Franciacorta è probabilmente la zona più colpita vista la precocità dei vitigni e la posizione.
Si stima dal 40 al 50% di germogli colpiti in particolare in zone pianeggianti e su tutti e tre i vitigni. Sorte migliore ai vigneti allevati a Sylvoz e in prossimità del lago d’Iseo. Per le vigne Lugana e Garda, la vicinanza del lago ha molto limitato i danni che vengono stimati in circa 15/20% dei germogli in particolare sulle varietà a bacca bianca e rossa precoce. Nel comune di Botticino, essendo quasi esclusivamente uve rosse danni limitati a un 10-12%, mentre in Valcalepio sono sati pochi i danni e limitati a posizioni particolari di fondovalle o esposizioni poco soleggiate.
In Oltrepò la situazione risulta molto difforme sia per posizione che per vitigno. Le gelate hanno causato un danno sui germogli pari a circa 20% Ad essere colpiti sono stati in particolare vigneti nelle vallate dove il danno arriva anche al 90- 95%. In Valtellina pochi se non nulli i danni e comunque limitati a posizioni particolare o esposizioni poco soleggiate. Pochi danni anche in Liguria in prossimità di fondovalle: stima 10-15% di germogli persi (Enol. Alessandro Schiavi – Presidente Sezione Lombardia Liguria Assoenologi).
TRENTINO. Nella notte tra il 19 e il 20 aprile si è verificata una gelata che ha colpito varie zone del vigneto Trentino. Dei 10500 ettari vitati in provincia di Trento, ne sono stati in vario modo colpiti circa 2400, di essi circa 1000 hanno avuto danni più importanti. L’entità del danno alla produzione risulta comunque di difficile stima in questa fase, poiché la gelata ha colpito vigneti con stadi fenologici diversificati per zona e varietà.
Si ritiene che in parte dei vigneti colpiti vi sia una ripresa vegetativa anche grazie alle piogge cadute negli ultimi giorni e alla ripresa delle temperature. Attualmente si stima un danno consistente almeno su 1000 ettari pari a circa il 10% della superficie totale. Le zone più colpite sono state il basso Trentino con Ala, la piana di Rovereto, qualche zona della Valle dei Laghi, danni minori a nord di Trento e in Valle di Cembra dove risultano colpiti i vigneti a gouyot rispetto alla tradizionale pergola trentina. (Enol. Goffredo Pasolli – Presidente Sezione Trentino Assoenologi).
ALTO ADIGE. In Alto Adige la superficie colpita dal gelo è di circa il 10% della superfice vitata (5.350 ettari), cioè circa 530 ettari. I danni qualitativi e quantitativi sono attualmente stimabili dal 5-8%. Le zone più colpite sono l’alta Val Isarco e la zona Oltreadige, con qualche zona vicino a Ora (Bassa Atesina). (Enol. Stephan Filippi – Presidente Sezione Alto Adige Assoenologi).
VENETO CENTRO ORIENTALE. Nel Veneto Centro Orientale le basse temperature dell’ultima decade di aprile hanno determinato in alcuni casi solo un arresto della vegetazione, in altri anche danni da gelo a carico dei germogli. La diffusione dei veri e propri danni gravi, ha comunque colpito a macchia di leopardo il territorio, prova ne è che all’interno dello stesso appezzamento si trovano zone con filari con viti danneggiate mentre altre con una vegetazione normale, questo sia in collina che in pianura. In collina risultano colpite solo alcune viti dei filari di fondovalle mentre quelli lungo il crinale risultano indenni.
Le viti allevate con vari sistemi di allevamento sono state indifferentemente colpite, l’unico sistema di allevamento su cui sembra non si segnalano problemi risulta essere il Bellussi probabilmente per la sua forma molto espansa e arieggiata. Quantificare gli eventuali danni da gelata è oggi prematuro, perché il ciclo vegetativo è ancora molto lungo e la vite ha ancora tempo per recuperare, importante sarà l’andamento delle temperature nelle prossime settimane. (Enol. Celestino Poser- Presidente Sezione Veneto Centro Orientale Assoenologi).
VENETO OCCIDENTALE. Dal 1984 non avvenivano gelate , questo ha contribuito a far piantare vigneti in zone poco vocate alla viticoltura specialmente “viti nane” alte 60 cm da terra, la meccanizzazione ha favorito questi sistemi d’impianto, dimenticando che la vite è una pianta rampicante. Danni: a prima vista sembrava un danno enorme, dopo 6 giorni, si nota che la vite riprende la cacciata, siamo ancora in aprile, e sono convinto che oltre a salvare il capo a frutto per l’anno prossimo si riuscirà a fare una vendemmia non di quantità, ma certamente di qualità, con leggero ritardo di maturazione.
Le zone più alte e le colline di tutte le Province di Verona e Vicenza sono intatte e la pioggia di questi giorni è stata una vera manna. Per essere sintetici delle zone colpite, Valpolicella solo parte della bassa, Soave solo parte la pianura a est, e zona Arcole, Vicentino; parte zona nord di Lonigo e Meledo, Brendola, Montebello. Fra 15 giorni si potrà meglio giudicare che il danno non è così enorme di come poteva apparire giorni fa. (Enol. Luigino Bertolazzi – Presidente Sezione Veneto Occidentale Assoenologi).
FRIULI VENEZIA GIULIA. Dobbiamo ritornare al 20 aprile 1981, lunedì di Pasqua, per trovare una gelata così importante in Friuli Venezia Giulia (-2°/3° C). La superficie interessata è stata di oltre duemila ettari, pari al 10% dell’intero “Vigneto Friuli”. Fortunatamente, questo grande freddo, ha colpito i vigneti a macchia di leopardo diluendo i danni sull’intera superficie vitata regionale.
In Friuli l’inverno è stato mite e siccitoso mentre, le alte temperature nelle prime due decadi di aprile, hanno sviluppato anticipatamente l’apparato fogliare della pianta evidenziando, soprattutto nelle varietà precoci, i giovani germogli.
Da qui l’importante danno causato dal gelo improvviso in particolare nelle zone del fondo valle e nelle pianure lungo i corsi d’acqua e nelle varietà di Pinot Grigio, Glera, Refosco e Verduzzo. Occorre attendere sia la ripresa vegetativa della vite, ancora oggi bloccata dalle basse temperature, che lo sviluppo vegetativo del futuro grappolo. (Enol. Rodolfo Rizzi – Presidente Sezione Friuli V. G. Assoenologi).
EMILIA. Il danno medio in Emilia è stimabile tra il 20 e il 30% della superficie vitata. Le varietà più colpite sono l’Ancellotta e le uve bianche in generale. Il 90% dei danni hanno riguardato impianti a spalliera con filo di banchina dai 90 ai 120 cm. Pochi invece sui sistemi a Belussi e a doppia cortina con filo di banchina maggiore di 180 cm. Anche nella pianura del bolognese i danni sono significativi, ma manca ancora una stima attendibile. (Enol. Sandro Cavicchioli – Presidente Sezione Emilia Assoenologi).
ROMAGNA. L’avvio di stagione aveva offerto una primavera da manuale in Romagna, con fioriture splendide e anticipi di vegetazione, anche se la siccità iniziava a dare qualche preoccupazione. Poi l’acqua è arrivata, ma con lei anche i guai: tra il 15 e il 17 aprile si sono manifestati due importanti eventi grandinigeni in Emilia-Romagna, che hanno avuto ripercussioni anche sul vigneto. I danni più importanti partono dalla collina faentina (Zattaglia, Casola Valsenio in particolare) per continuare verso quella imolese, fino a devastare le vigne tra Castel San Pietro e Ozzano, scendendo verso la pianura bolognese.
Nell’Imolese si parla di circa 700 ettari coltivati (non solo vite) interessati dall’evento. Come se non bastasse, si è poi assistito ad un ribasso delle temperature che nelle mattine del 20 e 21 aprile sono scese anche leggermente sotto zero. La situazione in merito ai vigneti è variegata: si può supporre che su una superficie vitata di circa 27 mila ettari, compreso l’Imolese, almeno 4 mila ettari siano stati interessati da grandinate e gelate tardive, ma l’incidenza di questi eventi sugli esiti produttivi di questa vendemmia sono tutti da determinare.
Cosa sia successo dentro questi grappolini al momento non è dato saperlo e si attende con ansia il momento della fioritura, ma soprattutto dell’allegagione. (Enol. Pierluigi Zama – Presidente Sezione Romagna Assoenologi).
TOSCANA. Anche la Toscana è stata colpita duramente dal gelo degli ultimi giorni. Si evidenziano danni a macchia di leopardo su tutta la regione, in particolare nei fondovalle mentre si sono salvati i vigneti posizionati in zone più collinari. In alcuni areali i germogli colpiti sono stati completamente “bruciati” compromettendo in modo significativo la produzione 2017 anche se la speranza è nelle gemme di sottocchio.
Fenomeni contenuti si sono registrati nel litorale ( Bolgheri- bassa Maremma). Alcuni dati: Zona Chianti 25-30%; Zona Chianti Classico 20%; Zona San Gimignano 20%; Zona Montalcino 10-15%; Zona Montepulciano 20-25%. (Enol. Ivangiorgio Tarzariol – Presidente Sezione Toscana Assoenologi).
MARCHE. Nelle Marche i danni nelle vigne sembrano piuttosto limitati con una situazione piuttosto variegata. Nel Pesarese/Urbinate non si rilevano danni di rilievo, così come nell’Anconetano, nelle zone del verdicchio e del Conero quantificabile, al massimo, intorno al 10%.
Nel comune di Matelica, le gelate notturne dei giorni scorsi, dopo un marzo eccezionalmente caldo che ha fatto sviluppare in anticipo le gemme, hanno danneggiato in maniera variabile a seconda delle zone, fino ad un 40%. Nel Fermano/Ascolano, qualche danno si è registrato su giovani germogli soprattutto nel fondo valle delle zone più interne dove, in qualche caso, sono stati ingenti, con perdite fino al 50% nella porzione di vigneto adiacente alla valle.
A livello regionale è emerso che questi abbassamenti repentini delle temperature hanno influito sul germogliamento delle varietà tardive (Montepulciano, Trebbiano T. e Passerina) in cui si assiste a livello generale ad un germogliamento disforme, oltre ad un rallentamento vegetativo generalizzato. (Enol. Luigi Costantini – Presidente Sezione Marche Assoenologi).
LAZIO E UMBRIA. Nel Lazio e in Umbria le giornate del 20 aprile e poi del 22 aprile sono state caratterizzate da mattinate con temperature inferiori allo zero e venti freddi. Nella provincia di Latina si ipotizzano danni che vanno da un 10% al 40-50% nelle zone più colpite specie nei fondovalle. Nell’areale dei Castelli Romani si ipotizza in maniera molto generale una perdita del 10-15% anche se i tecnici sono fiduciosi su un possibile recupero, anche per le vigne più colpite. In quest’area infatti, le varietà autoctone, generalmente più tardive, si trovano in una fase fenologica anticipata rispetto ad altre varietà.
In Umbria, ci sono stati ingenti danni sui vigneti di fondo valle e pianura dove si stimano perdite anche oltre il 60% e verosimilmente le varietà a bacca bianca sono le più penalizzate; meglio le zone di media e collina che sono scampate ai danni anche se nella zona di Montefalco (notoriamente più fredda del perugino) alcuni vigneti di Sagrantino, seppur a 300-350 m s.l.m, hanno subito perdite anche oltre il 30%. Si segnala anche una forte difformità dei danni nell’ambito dello stesso vigneto o filare. (Enol. Riccardo Cotarella – Presidente Sezione Lazio Umbria Assoenologi).
ABRUZZO. Poiché in Abruzzo l’andamento vegetativo della vite risulta essere in ritardo di circa 10-12 giorni, a causa di un inverno rigido e temperature al di sotto della media stagionale, i danni da gelo sono stati circoscritti nelle zone del fondo valle e sulle sole varietà precoci: Chardonnay, Pinot Grigio, Pecorino, Passerina. Sul Trebbiano e Montepulciano i danni, nella maggior parte della regione, non sono significativi.
La provincia dell’Aquila e parte dell’entroterra Pescarese, che già lo scorso anno nello stesso periodo hanno avuto danni da gelo molto importanti, hanno subito lo stesso abbassamento di temperatura (-3°C/-5°C) ma con danni minori perché la schiusura delle gemme è avvenuta con ritardo. Occorrerà però aspettare il completo germogliamento per definire eventuali cali di produzione. (Enol. Nicola Dragani – Presidente Sezione Abruzzo Molise Assoenologi).
CAMPANIA. L’inizio del 2017 in Campania è stato contraddistinto da temperature di circa 1°C, inferiori rispetto alla media del periodo e piogge abbondanti. Ciò faceva ben sperare in una campagna vendemmiale “nella norma” e cioè non contrassegnata da altalenanti e disattesi cambiamenti climatici.
Ma non è stato così perché già negli ultimi tre giorni di gennaio si sono registrate impennate termiche anomale con giornate piuttosto calde e soleggiate. Temperature miti (non in linea con le medie stagionali) hanno caratterizzato anche i successivi mesi di febbraio e marzo. Queste condizioni, sull’intero territorio regionale, hanno favorito un germogliamento della vite leggermente anticipato di qualche giorno, nella prima decade di aprile. Nel fine settimana tra il 18 e il 21 aprile pesanti gelate notturne hanno gravemente condizionato le prime fasi vegetative della vite in quasi tutti gli areali di produzione.
L’eterogeneità delle prime fasi di sviluppo dei germogli ha limitato fortunatamente il danno, interessando buona parte dei germogli già accresciuti e risparmiando così le gemme che appena si aprivano. Nei vigneti più giovani la gelata ha fatto più danni. Le viti più vecchie invece hanno mostrato una maggiore resistenza. Al momento si può stimare mediamente un danno pari al 15-20%. (Enol. Roberto Di Meo – Presidente Sezione Campania Assoenologi).
PUGLIA. In Puglia l’accrescimento regolare dei germogli è stato incentivato da alcune giornate di caldo intenso dei primi quindici giorni di aprile. Improvvisamente però, un’ondata di gelo nelle date del 20-23 del mese ha interrotto la crescita della vegetazione, in alcuni casi stroncandola. Di difficile analisi il fenomeno, per la forte eterogeneità delle condizioni territoriali.
Il forte sbalzo termico e le basse temperature hanno colpito in particolare la zona della Valle d’Itria, con un danno sui vigneti stimabile al 40-50%; l’areale compreso tra Cerignola e Minervino Murge, con un danno sui vigneti stimabile al 10- 20% e il Nord Puglia fino ai confini regionali, con un danno sui vigneti stimabile del 5-10%. Il resto della regione è stato sostanzialmente trascurate dal fenomeno, con qualche sporadica eccezione data da zone più fredde o esposte a correnti. In Basilicata e Calabria i danni sono stati molto limitati.
SICILIA. In Sicilia si registrano piccoli focolai in poche zone particolari. Nulla di grave, si è nell’ordine dell’1% di danni (Enol. Giacomo Salvatore Manzo – Presidente Sezione Sicilia Assoenologi).
foto da lanuovasardegna.it
SARDEGNA. L’ondata di mal tempo anomalo, con un improvviso abbassamento delle temperature di molti gradi, con sbalzi di 22-23 C°, hanno danneggiato gravemente i vigneti, dove sono andati distrutti completamente i giovani germogli fruttiferi.
Danni a partire dai fondovalle da 25 m.s.l.m ai 650 m.s.l.m.i che hanno interessato gran parte della Sardegna in modo particolare la Gallura patria del Vermentino Docg, per arrivare alle vigne di Cannonau dell’Ogliastra, Orgosolo, Dorgali, sino ad arrivare ai 650 metri di Mammoiada, nell’Oristanese casa della Vernaccia , nel Sulcis-Inglesiente terra del Carignano.
Danni che arrivano al 100% della produzione sino ad un 20- 50% nelle aree meno colpite . Un vero e proprio bollettino di guerra , che ha messo in ginocchio molte aziende vitivinicole. Ad oggi si stanno stimando ancora i danni che potranno essere più precisi fra una quindicina di giorni, quando la vite ricaccerà e si potrà stimare la nuova produzione. In tutti i casi si ipotizza che siano oltre 3000 gli ettari interessati dal flagello del gelo. (Enol. Andreino Addis – Presidente Sezione Sardegna Assoenologi).
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Daniele Simoni Amministratore Delegato Schenk Italian Wineries 1 1024x683
“Il 2016 è stato per noi un anno più che positivoe i dati confermano che abbiamo intrapreso la strada giusta. Il forte legame col territorio, sempre più al centro del nostro percorso, unito all’impegno e alla professionalità di tutto il nostro personale, ha contribuito a rendere Schenk Italian Wineries un gruppo solido e strutturato, in grado di competere sul mercato esprimendo al meglio le potenzialità dell’Italia del vino attraverso prodotti che sempre più conquistano consensi nel mercato interno e all’estero”.
Così Daniele Simoni, Amministratore Delegato Schenk Italian Wineries, commenta i ricavi consolidati al 31 dicembre 2016 del gruppo di Ora (BZ), pari a 108,3 milioni di euro. Un incremento del 7% rispetto ai 100,5 milioni registrati nell’esercizio precedente.
Significativi i dati di crescita dell’export (+9,3%), pari a 80,1 milioni di euro rispetto ai 73,3 milioni del 2015. L’export, che rappresenta il 74% del fatturato totale, risulta trainato soprattutto dalle ottime performance sia del mercato europeo, che di quello nordamericano (Stati Uniti e Canada). Bene anche il mercato domestico, dove Schenk Italian Wineries registra ricavi pari a 28,2 milioni rispetto ai 27,3 milioni al 31 dicembre 2015, con un incremento pari al 3,6%. In netta crescita anche il numero delle bottiglie vendute, che raggiungono i 57,3 milioni di unità rispetto al 31 dicembre 2015, quando erano pari a 55,2 milioni.
LA STRATEGIA
Schenk Italian Wineries ha da poco siglato un importante accordo di partnership strategica con CDA (Consorzio Distributori Alimentari), riferimento italiano nel comparto del beverage di primaria importanza focalizzato sul mercato Horeca, che conta 100 aziende associate, una rete di oltre 83 mila esercizi distribuiti su 104 provincie, circa 6000 brand gestiti e oltre 9,5 milioni di ettolitri distribuiti all’anno.
“L’accordo di partnership strategica con CDA – prosegue Simoni – ci darà la possibilità di penetrare in un segmento di mercato, quello Horeca, tra i più competitivi,ampliando ulteriormente il nostro business in modo capillare. Confidiamo infatti di chiudere il 2017 con una crescita a doppia cifra, continuando a raccogliere i frutti di un lungo percorso evolutivo che ci ha condotti fino ad oggi, grazie anche alle collaborazioni poste in essere dal nostro staff di agronomi ed enologi con produttori locali di alto livello, insieme all’acquisizione delle cantine Bacio della Luna a Vidor – Valdobbiadene (Treviso) nel 2011, e Lunadoro a Valiano di Montepulciano (Siena) nel 2016. Al momento stiamo inoltre vagliando ulteriori opportunità di espansione e alcuni progetti di acquisizione sono in fase di studio, opportunità queste che danno nuovo impulso al nostro progetto e ci permettono di guardare al futuro con fiducia”.
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Obama brinda con Ferrari al Global Food Innovation di Milano
“Really delicious!”. Così Barack Obama ha commentato il Ferrari degustato in occasione della cena di gala a Palazzo Clerici, organizzata l’8 maggio dalla Obama Foundation e orchestrata dalla famiglia Cerea del ristorante Da Vittorio.
L’ex Presidente USA in questi giorni è a Milano, ospite d’onore di Seeds&Chips – The Global Food Innovation Summit, il summit internazionale sulla food innovation ideato da Marco Gualtieri, dove oggi ha parlato di fronte a una platea di 4 mila persone di alimentazione sana, lotta allo spreco e cibo del futuro insieme allo chef Sam Kass.
In questa occasione Matteo e Camilla Lunelli delle Cantine Ferrari hanno avuto l’onore di incontrare Obama, che ha ribadito il suo apprezzamento per il Ferrari Maximum Brut, che Francesco Cerea ha proposto in apertura della cena a Palazzo Clerici.
Barack Obama aveva già brindato con le bollicine Ferrari in occasione del G8 dell’Aquila nel 2009, ma questa volta lo ha fatto in una veste diversa, dove l’enogastronomia ha giocato indubbiamente un ruolo fondamentale.
Dopo Expo Milano 2015, le Cantine Ferrari partecipano a Milano Food City, in cui rientra anche Seeds& Chips, per riportare l’attenzione sui temi sottoscritti da cittadini e istituzioni nella Carta di Milano, vera eredità culturale dell’Esposizione Internazionale.
Un’ulteriore conferma della profonda attenzione della casa trentina verso i temi della sostenibilità, della qualità della materia prima e del processo produttivo, che l’hanno portata, proprio quest’anno, ad ottenere la certificazione biologica di tutti i vigneti di proprietà.
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Vinitaly protagonista unico per la promozione del vino nell’ambito del comparto agroalimentare. Lo hanno ribadito ieri a Milano il ministro per le Politiche agricole alimentari e forestali Maurizio Martina e il presidente dell’ICE Michele Scannavini nei rispettivi interventi di apertura a TuttoFood, dove Veronafiere organizza WineDiscovery by Vinitaly.
Il prodotto vitivinicolo con 5,6 miliardi di export nel 2016 rappresenta la punta di eccellenza per il fatturato e l’immagine di uno dei settori a maggior tasso di innovazione e rappresentativi del Made in Italy.
“UN PERCORSO VIRTUOSO”
Per il ministro per Le Politiche agricole Martina: “Le fiere italiane a maggior rappresentatività per il comparto devono massimizzare le potenzialità nel settore food, di cui Verona attraverso Vinitaly rappresenta l’espressione più completa per il settore a livello internazionale con un percorso virtuoso di partnership al servizio del made in Italy inclusa l’importante esperienza del Padiglione del Vino ad Expo 2015 e la grande focalizzazione sui mercati internazionali”.
“Con il Piano per la promozione straordinaria del Made in Italy – ha detto il presidente dell’ICE, Michele Scannavini – abbiamo investito molto nel food perché esistono ampi margini di crescita per esportazioni, fatturato e immagine. Ci stiamo concentrando in particolare su due grandi mercati come quello degli Stati Uniti, dove il nostro export è aumentato del 24%, della Cina e del Sud Est Asiatico, dove però è necessario aumentare la cultura e la conoscenza del prodotto italiano. In questa strategia le fiere sono leve fondamentali e Vinitaly è quella designata per il vino”.
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A TuttoFood, dall’8 all’11 maggio a Milano, per la prima volta è presente uno spazio dedicato al vino con WineDiscovery by Vinitaly, curato da Veronafiere: due “biblioteche del vino” per i bianchi e rossi di tutte le regioni italiane, con degustazioni ad accesso libero, un’enoteca con servizio di sommelier per le bollicine e soprattutto i seminari e la formazione con i wine expert e i wine ambassador diplomati alla Vinitaly International Academy.
Per Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere: “In questi giorni a Milano, come in occasione di Expo 2015 con il Padiglione sulla vitivinicola italiana, Vinitaly ribadisce il proprio ruolo guida nella promozione del vino all’interno del comparto food nazionale, mettendo il proprio know how a servizio di aziende, istituzioni e del sistema-Paese. Una mission che portiamo avanti sia in Italia sia all’estero, dove collaboriamo attivamente con Governo e ICE, in particolare sui mercati di Stati Uniti e Cina”.
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Record storico nelle esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy che nel 2017 hanno fatto segnare un balzo del 10%. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti presentata all’apertura di Tuttofood, alla Fiera di Milano, sulla base dei dati Istat sul commercio estero a gennaio 2017 che migliora il dato mensile dello scorso anno dopo che nell’intero 2016 era stato raggiunto il massimo di sempre di 38,4 miliardi di euro.
Il prodotto alimentare italiano piu’ apprezzato all’estero – sottolinea la Coldiretti – è il vino con un valore di 5,6 miliardi nel 2016, seguito dalla frutta fresca e trasformata con 4,6 miliardi, dagli ortaggi freschi e trasformati per 3,7 miliardi, da animali, carni e salumi per 3 miliardi, latte e derivati per 2,7 miliardi, la pasta con 2,3 miliardi e olio di oliva per 1,2 miliardi
Quasi i due terzi delle esportazioni nel 2017 interessano i Paesi dell’Unione Europea con il mercato comunitario che aumenta del 6%, ma il Made in Italy a tavola continua a crescere su tutti i principali mercati, dal Nordamerica all’Asia fino all’Oceania. Un balzo del 59% si registra in Russia dove tuttavia i valore restano contenuti a causa dell’embargo che ha colpito gran parte dei prodotti alimentari ad eccezione del vino e della pasta ma gli Stati Uniti – sottolinea la Coldiretti – sono di gran lunga con una crescita dell’11% il principale mercato fuori dai confini dall’Unione, ed il terzo in termini generali dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna.
LA POLITICA INTERNAZIONALE Sul successo del Made in Italy agroalimentare all’estero pesano dunque in misura rilevante i cambiamenti in atto nella politica internazionale che potrebbero tradursi in misure neoprotezionistiche.
Se il risultato delle elezioni francesi – con la vittoria dell’ europeista Emmanuel Macron – dovrebbe scongiurare scossoni, nel rapporto con la Gran Bretagna si attendono gli effetti della Brexit mentre si attendono gli effetti degli annunci del successore di Barack Obama alla guida degli Stati Uniti.
Il neopresidente Donald Trump, sempre secondo quanto sostiene Coldiretti, starebbe infatti per scegliere i prodotti dell’Unione Europea da colpire come risposta alla controversia generata dalla questione della mancata importazione di carne dagli Usa in Europa, per la disputa sugli ormoni iniziata con il ricorso al Wto nel 1996.
Nella black list all’interno della quale scegliere pubblicata dall’United States Trade Representative sul Registro federale ci sono – precisa la Coldiretti – le acque minerali che complessivamente hanno fatto segnare un valore dell’export in Usa di 147 milioni di euro nel 2016 seguite dalle polpe e dai pomodori pelati per 78,9 milioni di euro, i tartufi freschi o refrigerati per 9,7 milioni di euro, le castagne per 5 milioni e le barrette di cioccolata per appena un milione di euro.
“MERCE DI SCAMBIO”
ll settore agroalimentare troppo spesso è considerato merce di scambio nelle trattative internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale.” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “l’andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare da una piu’ efficace tutela nei confronti della ‘agropirateria’ internazionale che fattura oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale”.
All’estero sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati ci sono i formaggi a denominazione di origine Dop a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l’Asiago o la Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso ‘clonati’, ma anche gli extravergini di oliva, le conserve e gli ortofrutticoli come il pomodoro San Marzano. Se gli Stati Uniti sono i ‘leader’ della falsificazione, le imitazioni sono molto diffuse dall’Australia al Sud America, ma anche sul mercato europeo.
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L’agroalimentare “made in Italy” nel mondo vale 38 miliardi di euro all’anno e cresce del 3,5%, secondo i dati della Camera di commercio di Milano. Ma per sapere dove va e da dove parte l’export, quali sono i maggiori mercati di sbocco e i prodotti più apprezzati arriva la mappa: “L’agroalimentare italiano nel mondo”, realizzata dalla Camera di commercio di Milano e Coldiretti, con Promos, azienda speciale della Camera di commercio per le Attività Internazionali. La mappa, disponibile in italiano e inglese, è scaricabile in Internet (http://www.promos-milano.it/Informazione/Note-Settoriali/Mappa-Export-Agroalimentare.kl). Un documento che arriva a poche ore da “Milano Food City”, la settimana dedicata al cibo e alla cultura della sana alimentazione, in programma dal 4 all’11 maggio, con oltre 320 eventi.
L’EXPORT DI VINO E UVA
L’export di vino e uva italiana vale 5,6 miliardi e segna un +4,3%. Il maggiori partner sono gli USA (24%), seguiti da Germania (17,4%) e Regno Unito (13,6%). I mercati emergenti sono quelli di Polonia (+27%), Repubblica Ceca (+20,1%) e Cina (+13,8%). Trai primi 20: Svizzera, Canada e Francia.
Per quanto riguarda uva e agrumi, il valore dell’export dell’Italia raggiunge i 3,4 miliardi, con un +2,9%. I maggiori partner sono Germania (29,6%), Francia (9,5%) e Spagna (5,6%). I mercati emergenti Austria (+13,7%), Arabia Saudita (+13,3%) e Slovenia (+12%). Tra i primi 20: Regno Unito, Svezia, Egitto.
L’AGROALIMENTARE Spiega Giovanni Benedetti, Direttore della Coldiretti Lombardia e membro di giunta della Camera di commercio di Milano: “Expo ha dato un contributo significativo al confronto sul mondo dell’alimentazione che bisogna mantenere come punto di riferimento per le iniziative della città. Non è un caso che nel mondo il patrimonio eno gastronomico italiano sia tra i più copiati, con un valore che ogni anno raggiunge i 60 miliardi di euro, che vengono sottratti all’economia del nostro Paese”.
“Con un export agroalimentare che ha raggiunto i 38 miliardi di euro totali – continua Benedetti – parlare di cibo in Italia non è più solo un tema per addetti del settore, ma significa ragionare su quelli che possono essere, per tutti, gli sviluppi economici e occupazionali di un comparto sempre più importante”.
Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Svizzera concentrano la metà dell’export. Tutte le principali destinazioni sono in crescita, in particolare Stati Uniti (+5,7%), Francia e Germania (+3%). In ascesa anche la Spagna 6° (+7,2%) e i Paesi Bassi 7° (+6,2%). Ma i prodotti “made in Italy” raggiungono anche Giappone (al 10° posto), Canada (11°), Australia (16°) e Cina (20°).
In aumento soprattutto Romania (+16%) e Repubblica Ceca (+13%) ma torna a crescere anche la Russia, +10% (19°). E se la Germania e la Francia sono i primi acquirenti per quasi tutti i prodotti, gli Stati Uniti eccellono per vini, acque minerali e oli, la Spagna per pesce fresco, le Filippine e la Grecia per alimenti per animali.
In forte crescita la Corea del Sud per prodotti da forno e lattiero caseari, l’Austria e l’Arabia Saudita per uva e agrumi, la Cina per gelati e oli, la Romania per cioccolato, caffè, piatti pronti e pesce lavorato, la Libia per frutta e ortaggi, Hong Kong per carni, Etiopia e Kenya per granaglie, la Russia per alimenti per animali, il Belgio per cereali e riso, la Polonia per vini e la Spagna per acque minerali. Emerge da elaborazioni della Camera di commercio di Milano su dati Istat, anni 2016 e 2015.
I PRODOTTI MADE IN ITALY PIU’ ESPORTATI
Cioccolato, tè, caffè, spezie e piatti pronti con 6,2 miliardi di euro, seguiti dai vini con 5,6 miliardi di euro, vengono poi pane, pasta e farinacei con 3,6 miliardi di euro ma anche frutta e ortaggi lavorati e conservati, uva e agrumi con 3,4 miliardi di euro. Gli aumenti più consistenti si registrano per cioccolato, latte e formaggi, pesca e acquacoltura (+6%), oli e gelati (+5%), vini e granaglie (+4%).
I maggiori esportatori italiani? Verona con 2,9 miliardi di euro, Cuneo con 2,5 miliardi e Parma con 1,6 miliardi, Milano è quinta con 1,4 miliardi, il 4% del totale. Bolzano 4°, Salerno 6° e Modena 7°. Tra le prime venti posizioni la maggiore crescita a Venezia (+15%), Padova (+12%), Firenze, Torino e Bergamo (+11%).
LA LOMBARDIA
Con 5,9 miliardi di export, la Lombardia rappresenta più di un settimo del totale italiano. Oltre a Milano, 5° in Italia, tra le prime 20 ci sono anche Bergamo 12° e Mantova 18°. A crescere di più sono Lodi che raddoppia il suo export (+103,8%), Sondrio (+16,1%), Cremona e Varese (+11%).
La Lombardia per peso sul totale nazionale si distingue in pesci, crostacei lavorati e conservati, con il 38%: Como leader italiana (31%, +12,1%), Brescia 10° e Milano 14°, ma anche in prodotti lattiero-caseari dove rappresenta il 36,8% del totale con Mantova 3°, Lodi 4°, Cremona 6°, Brescia 7°, Bergamo 9°, Pavia 14° e Milano 15°. Pavia è invece al primo posto per granaglie, amidi e prodotti amidacei (16% nazionale).
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L’arrivo anche in Francia dell’etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti mette a rischio 4,2 miliardi di euro di esportazioni Made in Italy nel paese transalpino, secondo partner commerciale del nostro Paese, e rappresenta una deriva preoccupante rispetto alla quale l’Ue deve ora intervenire. E’ quanto afferma la Coldiretti dopo che il governo francese ha notificato alla Commissione europea il decreto che fissa le specifiche del ‘Nutri-score’, l’etichetta a semaforo che classifica gli alimenti con cinque colori secondo il loro contenuto di ingredienti ‘buoni’ (fibre, frutta, verdura) o ‘cattivi’ (grassi, zuccheri).
Il provvedimento del Paese transalpino segue – ricorda la Coldiretti – l’adozione del sistema di informazione visiva, fuorviante discriminatorio ed incompleto, adottato in Gran Bretagna, che finisce per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta. In questo modo si mette in pericolo l’85% del Made in Italy a denominazione di origine (Dop) che la stessa Unione Europea dovrebbe invece tutelare e valorizzare.
Ad essere bocciati dal semaforo rosso ci sono, infatti, tra gli altri – spiega la Coldiretti – le prime tre specialità italiane Dop piu’ vendute in Italia e all’estero come il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano ed il prosciutto di Parma, ma si arriva addirittura a colpire anche l’extravergine di oliva, considerato il simbolo della dieta mediterranea.
Con l’inganno delle etichette a semaforo si rischia di sostenere, con la semplificazione, modelli alimentari sbagliati che mettono in pericolo, non solo la salute dei cittadini italiani ed europei ma anche un sistema produttivo di qualità che si è affermato pure grazie ai riconoscimenti dell’Unione Europea. In gioco – ha precisato – c’è la leadership italiana in Europa nelle produzioni di qualità con 289 riconoscimenti di prodotti a denominazione (Dop/Igp)
Rischia pero’ di essere messo all’indice solo nelle produzioni a denominazione di origine (Dop) – precisa la Coldiretti – un sistema di eccellenza del Made in Italy che genera un volume di affari al consumo di 11,5 miliardi di euro, con 70 mila operatori, ma il conto è in realtà ben piu’ salato e riguarda interi settori chiave che vanno dai salumi ai formaggi fino all’olio di oliva. L’etichetta semaforo indica – conclude la Coldiretti – con i bollini rosso, giallo o verde il contenuto di nutrienti critici per la salute come grassi, sali e zuccheri, ma non basandosi sulle quantità effettivamente consumate, bensì solo sulla generica presenza di un certo tipo di sostanze, porta a conclusioni fuorvianti arrivando a promuovere cibi spazzatura come le bevande gassate senza zucchero e a bocciare elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva.
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Si è svolto oggi alla Fondazione Edmund Mach il convegno patrocinato dall’Accademia italiana della vite e del vino, prestigiosa istituzione fondata nel 1949 per promuovere il settore vitivinicolo italiano. Al centro dell’incontro, che ha riunito presso il Palazzo della Ricerca e della Conoscenza un centinaio di accademici del vino, il tema della genomica e post genomica, con focus sulle prospettive e applicazioni per la viticoltura italiana.
Sono intervenuti in apertura il presidente FEM, Andrea Segrè, e il presidente dell’Accademia, Antonio Calò, alla presenza del direttore generale, Sergio Menapace, e del dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico, Michele Pontalti.
“L’originalità italiana è profonda – ha spiegato Antonio Calò– perché fra i vini “di vitigni” e “di zona”, sono stati valorizzati vitigni particolari in zone particolari. Sul pilastro costituito dai vitigni vi sono all’orizzonte prospettive formidabili sostenute dai progressi della genetica e ciò è fondamentale per la sostenibilità delle coltivazioni. Ma, attenzione, a non perdere il patrimonio di variabilità oggi esistente”. Riccardo Velasco, responsabile del dipartimento genomica e biologia piante da frutto, ha parlato di applicazioni biotecnologiche per una viticoltura sostenibile. La genetica ed ancor più la genomica hanno caratterizzato, infatti, la conoscenza scientifica di questo ultimo decennio, forse più nella vite che per qualunque altra specie coltivata. Il genoma della vite, pubblicato nel 2007 e oggetto di continuo affinamento da parte di numerosi gruppi internazionali, ha avuto, in particolar modo dall’Italia, una grande attenzione e numerosi contributi alla sua approfondita conoscenza, ed è stato anche in un certo qual modo pioniere per l’intero comparto orto-viti-frutticolo. “Grazie a questi studi – ha spiegato Velasco- è oggi possibile pensare ad un approccio radicalmente diverso alla gestione della vite, a prospettive del tutto nuove della viticoltura del futuro” . Nuovi approcci biotecnologici forniscono oggi alternative al miglioramento genetico classico, pur supportato dai marcatori molecolari. I prodotti dei due approcci sono egualmente utili ed interessanti”.
E’ stata la volta poi di Marco Stefanini, responsabile dell’unità genetica e miglioramento genetico della vite, che ha illustrato l’attività di miglioramento genetico della vite con la tecnica dell’incrocio presso la FEM che ha riguardato la produzione di nuovi genotipi maggiormente tolleranti alle principali patologie fungine della vite.
“Il valore dell’attività di incrocio, oltre ad ottenere viti con produzioni qualitativamente interessanti e adatte a ridurre gli interventi fitosanitari, permettono di rintracciare caratteri di adattamento a condizioni climatiche in evoluzione o esigenze di mercato in continua mutazione. Anche in questa ottica è importante l’attività di selezione di nuovi genotipi ottenuti da incrocio di Vitis vinifera e selezionati come primo carattere la maggiore tolleranza alla botrite. Presso la FEM si producono circa 15.000 semenzali per ogni anno, provenienti da circa 50-60 combinazioni di incrocio, selezionati per la tolleranza alle patologie fungine e qualità della produzione. Sono in fase di raccolta dati per l’iscrizione al Registro nazionale delle Varietà di Vite da vino 30 incroci di Vitis vinifera di cui 4 già iscritte (IASMA ECO 1;2;3;4) , 10 resistenti a peronospora e oidio.
Infine, Arturo Pironti, consulente legale in-house FEM, ha fatto un breve excursus storico-giuridico in tema di proprietà intellettuale, parlando nello specifico di tecniche di protezione giuridica dell’innovazione nel settore vegetale offerte dall’ordinamento, uno strumento necessario per una efficace valorizzazione. “Il recente e sempre più vivo dibattito sui nuovi approcci biotecnologici in tema di miglioramento genetico del materiale vegetale rappresenta la cartina di tornasole ideale attraverso cui misurare e valutare lo stato attuale del rapporto tra la disciplina sui brevetti biotecnologici e quella sulle privative per nuove varietà vegetali”.
L’Accademia Italiana della Vite e del Vino, una tra le più prestigiose istituzioni in campo vitivinicolo, è stata costituita il 30 luglio 1949 dal Comitato Nazionale Vitivinicolo con decreto firmato dall’allora Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, ed eretta a Ente Morale il 25 luglio 1952. L’appartenenza all’Accademia è considerata come il raggiungimento di un traguardo professionale di prestigio e di onore: attualmente comprende circa 500 membri. L’Accademia ha tra i suoi compiti statutari quello di promuovere gli studi, le ricerche e i dibattiti sui principali problemi della viticoltura e dell’enologia nonché quello di organizzare convegni (Tornate) per discutere dei più importanti problemi di ordine tecnico, economico e giuridico che interessano la vitivinicoltura
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Dopo il successo a Expo Milano 2015, dove sono state protagoniste sia come brindisi di tutti i momenti ufficiali del Padiglione Italia, sia con il Ferrari Spazio Bollicine, le Cantine Ferrari scelgono di supportare Milano Food City attraverso l’iniziativa della Fondazione Feltrinelli “Food for All! Dalla Carta di Milano al cibo del futuro, per tutti”.
Il progetto vuole riportare l’attenzione sui temi sottoscritti da cittadini e istituzioni nella Carta di Milano, l’eredità culturale lasciata da Expo Milano 2015, che le Cantine Ferrari sposano con il loro impegno verso la tutela dell’ambiente e la salute di chi lavora in vigna.
Da oltre un secolo, Ferrari è frutto della continua ricerca dell’eccellenza e dello stretto legame con il territorio trentino e le sue montagne, dove vengono coltivati tutti i vigneti per la produzione dei Trentodoc Ferrari. Ciascun filare è espressione del profondo rispetto per la natura e del contatto continuo dell’uomo con la terra. Per questo le Cantine Ferrari hanno lavorato a lungo con dedizione e passione per ottenere quest’anno la certificazione biologica di tutti i vigneti di proprietà e hanno formato sui temi della sostenibilità anche le 500 famiglie conferenti di uva grazie all’introduzione di un protocollo denominato “Il Vigneto Ferrari: per una viticoltura di montagna salubre e sostenibile”.
Le bollicine Ferrari saranno dunque il brindisi degli appuntamenti più significativi della settimana di Milano Food City, a partire dall’inaugurazione del 3 maggio presso la Fondazione Feltrinelli negli spazi di Viale Pasubio. Qui sono attesi 150 rappresentanti del mondo delle istituzioni, delle imprese, della ricerca e della società civile che si confronteranno sulle trasformazioni in atto e sui trend futuri in campo agroalimentare.
“Food for All! – ha commentato Matteo Lunelli, Presidente delle Cantine Ferrari – mira a sensibilizzare sulla dimensione etica del cibo ed è coerente con il nostro impegno sul fronte della sostenibilità in termini ambientali ma anche sociali ed economici. La Carta di Milano chiude dicendo che futuro sostenibile e giusto è anche nostra responsabilità; per un imprenditore significa gestire un’azienda non solo per gratificare gli azionisti ma anche per produrre benessere, sicurezza e bellezza per tutti gli stakeholder e per la comunità che ci ospita”.
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Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che si è tenuta il 26 Aprile al Mipaaf una riunione della filiera vitivinicola alla presenza del Ministro Maurizio Martina. All’incontro erano presenti le principali rappresentanze ed organizzazioni del settore per un confronto su alcune priorità del comparto.
In particolare sono stati tre gli assi di lavoro: attuazione del testo unico del vino, nuovo decreto Ocm promozione per la campagna 2017/2018 e operatività del registro telematico del vino. Sul primo punto si è stabilito un metodo di lavoro per la partecipazione di tutti i soggetti della filiera nella fase di adozione dei decreti attuativi, che prevede un confronto stringente da svolgersi già nelle prossime settimane sul pacchetto di provvedimenti pronti. C’è stata una prima analisi delle esigenze di miglioramento del decreto relativo alla promozione, che sarà condiviso anch’esso con le rappresentanze del settore. Sul fronte del registro telematico è stata confermata la proroga dello stop alle sanzioni fino al 30 giugno, che verrà adottata con decreto del Ministro già nelle prossime ore.
“È stato un incontro positivo – ha dichiarato il Ministro – per aiutare concretamente il settore vitivinicolo a consolidare la leadership italiana. Il nostro metodo di lavoro è di massima condivisione con la filiera dei provvedimenti che dovranno essere utili a semplificare la vita delle aziende e a rafforzare la promozione internazionale. Allo stesso tempo il confronto operativo deve avere tempi certi, procedendo con le priorità individuate dal tavolo”.
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Ci sono fiumi che raccontano storie e lo fanno attraversando regioni e territori, panorami a volte omogenei altre volte diversi fra loro. Il Nilo, il Danubio, Il Mississippi: li abbiamo studiati anche a scuola con i popoli e le vicende ad essi legati. Così è anche per il più lungo fiume di Francia, la Loira, che con il suo bacino idrografico ne copre circa un quinto del territorio. Lungo i suoi 1.020 Km la Loira incontra territori diversi, dalle sorgenti presso il vulcanico MontGerbier de Jonc fino al suo gettarsi nell’Oceano Atlantico con un estuario sabbioso. Nel mezzo 5 regioni diverse ed una parte importante della storia Francese, testimoniata dai famosi castelli oggi patrimonio dell’UNESCO.
Altrettanto variegata è la produzione vinicola della Loira. Seguendone il corso incontriamo il Pouilly Fumé ed il Sancerre (forse i più famosi Sauvignon Blanc del mondo), piccole produzioni di Pinot Noir, il Gamay ed i Cabernet Franc, Malbec e Chardonnay fino ad arrivare alla foce dove col Melon de Bourgogne si produce il Muscadet.
Tutti nomi noti agli amanti del vino, ma tra i vitigni meno conosciuti e più sottovalutati della regione c’è ne è un altro: lo Chenin Blanc. L’occasione per conoscerlo ce l’ha fornita l’ONAV, sezione di Bergamo, che lo scorso 19 Aprile presso lo Starhotels Cristallo Palace di via Ambivieri 35, Bergamo, ha organizzato una interessante degustazione sui vini prodotti da questo vitigno.
Coltivato nelle zone di Anjou e Touraine, ha una brutta fama che deriva principalmente dal pessimo utilizzo che se ne è fatto in passato quando rese massive, vinificazioni “di quantità” ed uso eccessivo di solforosa lo hanno relegato al ruolo di vino ordinario. In realtà questo vitigno, il cui nome deriva dal Mont-Chenin, nel distretto di Touraine, è estremamente versatile e se coltivato-vinificato correttamente, con basse rese, può regalare grandi emozioni. È dotato di grande acidità, seconda solo al Riesling, che lo rende adatto a lunghi affinamenti. L’uva è naturalmente ricca di zuccheri, il che la rende adatta alla produzione di spumanti. Infine lo Chenin Blanc è, in alcuni casi, soggetto all’attacco di muffa nobile con conseguente produzione di vini Botrytizzati.
LA DEGUSTAZIONE
25Sette i vini presentati da ONAV. Ad aprire la serata l’AOC Touraine Azay Le Rideau, “Premier Nez” 2014 di Marie Thibault, azienda biologica certificata della zona centrale della Touraine. Di colore paglierino carico il vino al naso si presenta chiuso, con sentori salmastri poco piacevoli che non svaniscono neppure dopo lungo tempo. Solo in sottofondo sono presenti deboli note fruttate. In bocca è piuttosto denso, poco sapido e nel fin di bocca avvertiamo profumi di frutta esotica ma è l’elevata acidità che sorprende e che accompagna nel finale con una nota piacevolmente amaricante.
Forse non eccelso il vino di apertura ma a farci ricredere ci pensa il secondo, un vero fuoriclasse: AOC Jasnières, “Calligramme” 2014, Domaine de Bellivière. Nasce da una vigna di oltre 50 anni su terreno argilloso e ricco di silici, vinificato in barrique. Il naso è incredibilmente pulito e ricco, fiori bianchi (tiglio), frutta tropicale come melone e mango, grande mineralità. Rotondo al palato, caldo, con una grande acidità “secca” che accompagna per tutto il lungo finale. Ottimo così com’è, giovane, ma con ampi margini di miglioramento negli anni.
AOC Saumur, “Clos Romans” 2012, Domaime des Roches Neuves è il terzo assaggio. È quello che si dice un Cru, nato da una singola parcella (Parnay) costituita da circa 30 cm di terreno sabbioso che insistono su di un suolo roccioso. L’azienda bio certificata utilizza botti da 400 litri, la fermentazione dura 2 mesi dopo di che il vino riposa 9 mesi “sur lie”. Il colore è dorato pieno, il profumo prevalente ricorda la mela “ammaccata” ed una leggera ossidazione quasi si trattasse di uno champagne a sboccatura tardiva. In bocca l’acidità la fa da padrone. È un vino difficile da descrivere: al naso sembra avere almeno 5 anni sulle spalle, in bocca non gli si da più di sei mesi. Contrasto interessante.
Per l’AOC Vouvray Sec è proposto un 2014 del Domaine du Clos Naudin. Paglierino scarico ha naso semplice e neutro, solo un poco di frutta fresca. Più tardi anche note di frutta tropicale. Anche in questo caso è l’acidità a guidare l’analisi gustativa.
Forse il vino più famoso presentato durante la serata: AOC Savennières, “Coulée de Serrant” 2010, Domaine Nicolas Joly. Azienda estremamente biodinamica il Domaine Nicolas Joly in cui la cura dei vigneti non avviene con mezzi meccanizzati ma solo con l’uso di cavalli ed in cui tutti i processi produttivi in cantina avvengono per caduta, senza ausilio di pompe. Il Coulée de Serrant è un Clos di poco meno di 7 ettari dal terreno vulcanico ricco di scisti di gres e di minerali metallici con una vigna che supera i 60 anni d’età e resa bassissima. Il vino è complesso, si direbbe “da meditazione” per come ha bisogno di evolversi nel bicchiere, ma la sorpresa è che evolve rapidamente. Non è un Orange Wine, non fa macerazione, eppure il colore è dorato carico, pieno, e trae in inganno. I profumi sono ricchi, mela cotogna, pera, erbe aromatiche come timo e salvia ed un sentore balsamico. In bocca è pieno, riempie il palato, quasi un rosso vestito di bianco. Torniamo al naso e la rapida evoluzione fa emergere note di marmellata di albicocche, ancora pera, ed appare una piacevole nota di arancia amara.
La sesta proposta è dolce, moelleux come dicono i francesi. Quarts de Chaume Grand Cru 2014, Château Pierre-Bise. Vigneto di 55 anni, uve parzialmente botrytizzate, fermentazione di almeno 6 mesi, utilizzo di barrique. Tipico colore dorato da vino passito rivela un naso ampio ma garbato. Marmellata di prugne e di mele, miele, buccia d’arancia e sentori di canfora e zafferano che rivelano la presenza della Botrytis. Morbido in bocca, rotondo e molto dolce.
L’ultimo vino è AOC Coteaux du Layon Beaulieu, “Le Rouannières” 2014, Château Pierre-Bise. Stesso produttore del precedente ma sottozona diversa. Qui il terreno è composto da uno strato di 60-70cm di argille e scisti su di un fondo basaltico duro. Colore dorato carico al naso profuma di miele di castagno, erbe mediterranee, agrumi, zafferano, forse meno ricco del precedente ma più elegante. In bocca è meno dolce del precedente e con una bella acidità. Se il Quarts de Chaume è più “orizzonatale”, Le Rouannières è nettamente più verticale.
Il Coulée de Serrant, la quinta proposta, è un vino che evolve rapidamente e così prima di terminare la serata ci mettiamo ancora il naso. È cambiato, o forse siamo cambiati noi, ora sentiamo di più gli agrumi e la frutta surmatura. Ma la cosa interessante è scoprire che questo vino regge al palato dopo ben due assaggi di passito. Una rivelazione.
Si chiude la serata, con la certezza di aver incontrato un vitigno ancora poco conosciuto con le sue diverse declinazioni.
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Nella frenesia del Vinitaly, avere la possibilità di condividere un po’ di tempo con un produttore, per chiacchierare di vino, degustare in modo costruttivo, bere bene e approfondire argomenti è davvero una benedizione. E benedetta fu la nostra sosta allo stand di Corte Archi di Marano di Valpolicella, con il titolare Fernando Campagnola e consorte.
Si fa presto a scrivere frasi fatte nelle brochure di presentazione delle cantine eppure le tre parole con le quali comincia quella di Corte Archi, “Dedizione, Entusiasmo e Amore” sono la sintesi effettiva, efficace e sincera di questa azienda.
Un “dandy” del vino Fernando, inteso come “maestro” di eleganza, che però, diversamente dai dandy inglesi, non ha nulla da ostentare. Tutta sostanza la sua e quella della sua azienda. Con le sue mani “sporche” di terra ci ha condotto con pacatezza in un viaggio emozionale tra i suoi vini.
Dal Valpolicella Classico base annata 2016, schietto e fine, giocato sul frutto e prontezza della beva, alla complessità del Ripasso rifermentato per circa 12 giorni sulle vinacce dell’Amarone ed invecchiato in botti di rovere di Slavonia per 18 mesi fino al suo top di gamma: l’Amarone IS, dedicato alla figlia Isabella.
Blend Corvina 40%, Corvinone 30%, Rondinella 25% e Oseleta al 5% affina per ben 40 mesi. Un Amarone a 5 stelle, intensamente profumato di ciliegia sotto spirito, caffè, cioccolato e spezie che al palato è regale, mai stucchevole e con una buona acidità che invoglia la beva. L’Amarone da meditazione, che ti apri così, perchè vuoi gratificarti.
Di Corte Archi consigliamo tutti i vini dal primo all’ultimo, anche quelli delle annate che Fernando chiama “zoppe” come la 2014. Una visita alla sua cantina è certamente tra le cose da fare appena possibile perché lo stand del Vinitaly non basta. Fernando è davvero un uomo d’altri tempi, proiettato al futuro con i valori del passato.
Dal Veneto siamo approdati alla regione della capitale, il Lazio, dove abbiamo incontrato una persona altrettanto squisita, ma di tutt’altra pasta.
Il “romanissimo” Fabrizio Santarelli, spiritoso ed esuberante, che ci ha condotto alla scoperta del Frascati e degli altri vini ella sua azienda, Castel De Paolis. “So meio della sciampagna i vini de ste vigne, ce fanno la cuccagna dal tempo de Noe”.
Una canzone scritta nel 1926 che ben si addice ai vini di questa azienda, nata in tempi più recenti e per la quale ha collaborato anche Attilio Scienza. Il suo Frascati Doc è un vino dai sentori intensi: note di frutta a pasta bianca con sfumature agrumate, note floreali e tanta mineralità. Sorprendente al palato, fresco, acido, bello sapido e soprattutto persistente. Un Frascati che ti fa riconsiderare l’intera denominazione (inflazionata). Non solo bianchi, ma anche rossi da Castel De Paolis tra i quali “I quattro mori”.
Nulla a che vedere con la Sardegna: i mori sono quattro vitigni: Shiraz, Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot. La combinazione di questo taglio è strepitosa. Tra le cartucce sparate da Castel De Paolis memorabile il “Muffa Nobile”, “Sauternes” made in Lazio di tutto rispetto: un concentrato di frutta disidratata, caramello e spezie che avvolge il palato con la sua densità. Ma anche il loro Moscato rosa RosaThea: una vera e propria rivelazione. Una spremuta di piccoli frutti rossi, petali di rosa con una spolverata di cannella.
In Emilia Romagna, regione dai grandi numeri, la famiglia Zeoli della Fattoria Monticino Rosso di Imola ci ha accolto con la tipica solarità dei romagnoli. Menzione speciale per i piatti della tradizione proposti in accompagnamento ai vini tra i quali una lasagnetta di quelle che vorresti chiedere una porzioncina da portare a casa.
Abbiamo degustato diversi loro vini, dall’Albana al Pignoletto della linea classica fino al Sangiovese della linea riserva. Ma due vini hanno davvero una marcia in più. Il primo che ci ha colpito è il Codronchio,: Albana secco da uve vendemmiate tardivamente e attaccate da muffa nobile.
Vino che “dribbla”: nonostante sia indicato in etichetta e presentato come secco, l’associazione mentale albana, vendemmia tardiva, muffa nobile induce a pensare quasi ad vino dolce. Ma è tutt’altro. Intenso, al naso e al palato, fruttato, floreale, profumato di erbe aromatiche con tanta mineralità: una beva davvero interessante, ma secca.
Il secondo outsider è una visione della Fattoria Monticino Rosso dove hanno l’occhio lungo: hanno prodotto uno spumante metodo classico con sosta sui lieviti di trenta mesi con l’Albana. Bolla mediamente fine e persistente per questo questo Blanc de Blanc che al palato ha mostrato carattere pur non rivelandosi impetuosa. Di acidità allettante, un metodo classico assolutamente godibile.All’Alto Piemonte siamo affezionati, la tappa è stata quasi scontata. Siamo passati allo stand di Paride Iaretti “figlio d’arte del vino”, che ci ha raccontato il terroir di Gattinara. E’ una storia che ci affascina quella di Gattinara e del suo territorio, tutti gli amanti del vino dovrebbero conoscerla.
Paride è una persona essenziale, pragmatica, concisa. A Napoli direbbero “E’ trasuto sicc e s’è mis chiatt”, ovvero è entrato magro ed è diventato grasso. Timidamente ci ha sfoderato un “crescendo” di tre vini pazzeschi. Il primo degustato è stato Uvenere, vino da tavola perché in Piemonte non ci sono Igt.
Un blend composto da uve Vespolina, Croatina, Nebbiolo e Bonarda provenienti da vigneti quasi centenari. Vinificato in acciaio, un prodotto fresco e fragrante, con note di violetta, amarena, ciliegia che si esprimono all’unisono regalando grande piacevolezza gustativa. Il secondo è un Coste della Sesia Doc: misurato in alcolicità e tannino è scattante e verticale. Davvero un’ottima espressione di questa doc.
Il “grasso” del trittico non è una sorpresa: è il Gattinara Docg Pietro. “Il seduttore guarda alla vita come fa il guerriero. Vede in ogni individuo un castello cinto da mura da assediare” citava Robert Greene nel libro “L’arte della seduzione”.
Il Gattinara Docg Pietro è proprio un guerriero seducente: provocante il suo colore granato, tentatore all’olfatto che è un tripudio di ciliegie sotto spirito, violette essicate e spezie dolci. Al palato sorso dopo sorso esprime tutta la sua complessità. L’apoteosi dell’eleganza. In parole povere: buonissimo.
Giornate intense dunque quelle del Vinitaly. Tanti assaggi tra cui nè segnaliamo anche altri. Forse uno dei migliori tagli bordolesi per eleganza e struttura: il Tenuta San Leonardo Terre di San Leonardo 2013 Vigneti delle Dolomiti Igt.
Il Perlè Bianco di Ferrari 2007 seppur appena sboccato e quindi diverso da quello che potrà essere. Ha un’elevata acidità, superiore al 2006, meno struttura, ma un bouquet floreale e una freschezza memorabili.
Non possiamo non citare il Metodo Classico Brut Pinot Bianco delle Terre di San Rocco. 36 mesi di sboccatura per un non dosato con un naso complesso di fiori bianchi e frutta tropicale. Difficile trovare chi vinifica Pinot Bianco in purezza. Sempre in tema di bollicine, menzione speciale per il Blanc de Noir “Farfalla” di Ballabio.
Un pas dosè fatto benissimo, già tre bicchieri Gambero Rosso: una cantina che dà lustro all’Oltrepò Pavese, punto di riferimento assoluto del territorio. Tra i rossi, portiamo a casa un assaggio del Barolo Docg di Oddero, Vigneto Brunate: non ha bisogno di presentazioni, sicuramente, a dispetto di altri Barolo regala qualcosa di più al palato, un vino elegante di altissimo livello. Tra i vini passiti, nei quali è raro trovarne di non stucchevoli, ci ha ammaliato il passito Nectaris di Kerner Valle Isarco.
Davvero un bel bere, con la giusta presenza aromatica. Ci siamo fatti nuovamente sedurre dall’Oseleta di Zymè: naso balsamico, tannino presente, molto vigoroso conserva allo stesso tempo acidità e freschezza, un equilibrio non facile, ma un grande vino.
Lo avevamo già degustato durante la nostra visita in cantina. Infine, consigliamo un Montello Colli Asolani Doc, il Rosso dell’Abazia di Serafini e Vidotto a base di Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot: un rosso che non deluderà mai. C’è poco da dire, un grande vino robusto e potente con un naso ineguagliabile e grandi note speziate. (Viviana Borriello – Johnny Iannantuono)
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Nella giornata di ieri, durante l’inaugurazione ufficiale della Sagra del Vino di Casarsa della Delizia, sono stati proclamati i vincitori di Filari di Bolle, Selezione degli Spumanti del Friuli Venezia Giulia, suddivisi a seconda del metodo di spumantizzazione nelle categorie Metodo Charmat Prosecco DOC, Metodo Charmat Spumante Monovarietale, Metodo Charmat Cuvée e Metodo Classico. I vincitori, insieme agli altri vini selezionati potranno essere degustati nell’Enoteca Regionale istituita nel giardino di Palazzo Burovich de Zmajevich, sede principale dell’evento che ha avuto un successo di pubblico durante il suo primo weekend e che si protrarrà fino al 2 Maggio.
A giudicare i vini, alla cieca, una giuria presieduta da Venanzio Francescutti, ambasciatore nazionale Città del Vino e coordinata dalla vicepresidente della Pro Casarsa della Delizia Elisa Rosa. Tra i membri della giuria Renzo Zorzi (presidente Ais Fvg), Gianni Ottogalli (referente Fvg per il Gambero rosso), Giampaolo Gravina (wine writer e noto degustatore), Franco Pallini (sito web di riferimento vinicolo WineNews.it), Simona Migliore (vicedelegata Onav Fvg), Pier Dal Mas (Jeunes Restaurateurs d’Europe), Daniele Calzavara (consigliere nazionale Assoenologi Fvg).
VINI PREMIATI
Metodo Charmat Prosecco Doc: Prosecco Doc Extra Dry dell’azienda Pitars di San Martino al Tagliamento.
Metodo Charmat Spumante Monovarietale: Ribolla Gialla Brut dell’azienda Ronco dei Pini di Prepotto.
Metodo Charmat Cuvée: Naonis Jadér Cuvée Brut dei Viticoltori friulani La Delizia di Casarsa della Delizia. di Codroipo.
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Nessuna partita in corso, non preoccupatevi. Sono solo il numero delle referenze in vendita sullo shop on line delle cantine Fabio Cordella, sezione Selezione dei campioni dei due giocatori di Galatasaray e Juventus.
3 vini per Wesley Sneijder e 3 per Gigi Buffon. Del progetto vini del capitano avevamo parlato anche noi, nell’aprile del 2016. A quasi un anno da quel primario annuncio il portiere ha reso nota dell’effettiva messa in vendita della sua linea tramite i socialTwitter e Facebook.
Un Salento Igp Primitivo di 14,5 gradi affinato 15 mesi in tonneau di rovere, un Salento Igp Negramaro Rosato che affina sei mesi in vasche d’acciao ed un Salento Igp Chardonnay vinificato in acciaio. Anche sul prezzo, parità assoluta: 30 euro per il Primitivo, 25 euro per il Negramaro Rosato e 20 euro per lo Chardonnay di entrambi i brand. Solo qualche piccola piccola differenza negli affinamenti e nel blend per il rosso che nel caso di Snejjder è anche a base di Malvasia come previsto dai disciplinari.
25000 tra pollici alzati, cuoricini, wow e 905 commenti in risposta al suo post che ci siamo divertiti a leggere.
Tra complimenti, congratulazioni, commenti spiritosi a sfondo calcistico anche qualche critica. “30 euro la bottiglia ? Solo perché c’è scritto Buffon …. Ma vuoi scherzare .. io qui in France a quel prezzo mi compro un ” Chateauneuf du pape grand cru ” .. con tutto il rispetto per Gigi .. che resta communque il migliore “grand cru ” dietro una difesa” . Cordella Vini risponde ed invita ad assaggiare prima. Il fan risponde con tante faccine sorridenti “Bella risposta da commercialista .. bravo …mi mandi un campionario. . Poi vi dico .”
Non entriamo nel merito del posizionamento, ma un appunto, da sommelier dobbiamo proprio farlo. Nella foto il calice di Primitivo è abbinato ad un piatto di insalata da condire con mezzo limone. Forse si intravede una fettina di bresaola. “De gustibus non est disputandum”, ma ci pare un accostamento da cartellino rosso. Limone e insalata sono inabbinabili. Sulla bresaola (senza limone) ci avremmo messo un Valtellina Superiore Sassella. Caro Gigi, potevi almeno proporre il tuo vino con un piatto di bombette pugliesi! Perchè ricorda, l’abbinamento regionale salva sempre.
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Nell’ultima Assemblea Generale dei Soci del Consorzio Vini di Romagna – ente che riunisce cantine, aziende vinicole e produttori di vino al fine di tutelare la produzione di vino della Romagna, con lo scopo di sostenere la qualità, l’equilibrio dei prezzi e la promozione del prodotto e del suo territorio – sono state elette le nuove cariche sociali per il triennio 2017-2019. Presidente è stato confermato l’enologo Giordano Zinzani.
Per Zinzani, in carica dal 2008, si tratta del quarto mandato al timone del Consorzio: «Ringrazio i colleghi soci del Consorzio e del nuovo Consiglio di Amministrazione che hanno voluto la mia rielezione a presiedere il Consorzio Vini di Romagna per il prossimo triennio e a cui assicuro l’impegno a proseguire gli sforzi per l’affermazione del vino di Romagna. E’ un Consiglio di Amministrazione che si è anche in buona percentuale rinnovato e che certamente porterà nuovo fermento positivo nelle idee e nella vita consortile. Il nostro Consorzio ha fatto molto in questi ultimi tempi per comunicare un nuovo volto della Romagna ed è così cresciuta l’immagine dei nostri vini a Denominazione di Origine e a Indicazione Geografica; aumentando anche il numero di bottiglie prodotte nel 2016. Serve comunque un’unità d’intenti, perché tutti gli attori della filiera (l’azienda piccola come la grande, i produttori di tutte le denominazioni e le istituzioni) siano protagonisti nel far cambiare e accrescere il percepito di un territorio come la Romagna e dei suoi vini».
I Consiglieri, tra novità e conferme, sono: Sirri Mauro, Azienda Celli di Bertinoro (FC), Morini Alessandro, Poderi Morini di Faenza (RA), Montanari Giacomo, Ca’ di Sopra di Marzeno di Faenza (RA), Bordini Francesco, Villa Papiano di Modigliana (FC), Perdisa Alberto, Insia – Palazzona di Maggio di Ozzano nell’Emilia (BO), Casali Valerio, Tenuta Casali di Mercato Saraceno (FC), Monti Roberto, Cantina Forlì Predappio, Manzoni Silvia, Cavim di Sasso Morelli (BO), Castellari Fabio, Cantina di Faenza (RA), Emiliani Achille Andrea, Agrintesa di Faenza (RA), Rossi Daniele, Cantina dei Colli Romagnoli di Imola (BO), Nannetti Marco, Cevico di Lugo (RA), Giuliani Scipione, Poderi dal Nespoli di Cusercoli (FC), Prugnoli Enrico, Cantina Sociale di Cesena (FC), Sarti Roberto, Caviro di Faenza (RA).
Giordano Zinzani, faentino, formato all’Istituto la viticoltura e l’enologia di Conegliano Veneto e successivamente ha ottenuto il titolo di Enologo. Dal 1984 lavora alla CAVIRO dove attualmente è Dirigente, con incarico su normative e tecniche enologiche. Relatore in diversi convegni e seminar sia in Italia sia in Europa, ha pubblicato articoli di carattere tecnico, riguardanti aspetti innovativi della tecnologia enologica. Ha collaborato in molte ricerche e sperimentazioni effettuate in Romagna e in particolare con l’Università di Bologna. Dal 1990 al 2013 è stato Presidente della sezione Romagna Assoenologi, Consigliere nazionale e dal 1999 al 2013 delegato all’Union Internationale des Œnologues. Dal 2008 vice-presidente di Enoteca Regionale Emilia Romagna e componente del C.d.A. di Federdoc. Dal 2014 Consigliere del Consorzio Pignoletto Emilia e Romagna e dal 2015 del Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena. Nel 2014 ha scritto assieme a Beppe Sangiorgi il libro “Sangiovese vino di Romagna”. Accademico corrispondente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino. Da marzo 2017 nominato consigliere nel Consiglio di Amministrazione di Valoritalia s.r.l.
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Whisky Gourmet Tour On The Road birrificio carrobiolo birra 244x300
Sabato 8 Aprile, con il primo dei 3 appuntamenti in programma, è ufficialmente iniziato il Whisky Gourmet Tour On the Road, fratello “minore” del Whisky Gourmet Tour. Non serve aver letto Kerouac per capire che “On the Road” vuol dire “Viaggio” e che ogni viaggio porta con se una ricerca ed una scoperta. Un viaggio alla ricerca di quegli Artigiani del Gusto che con la loro passione ci guidino all’interno di tradizioni e territori, alla scoperta dei loro prodotti, di nuove sensazioni, di nuovi orizzonti enogastronomici.
È Piero Fontana ad accoglierci presso il Birrificio Carrobiolo di Monza, piazza Indipendenza 1. Mastro Birrario ed anima del Birrificio, Piero sembra quasi intimidito dalla presenza di tutti i suoi numerosi ospiti, ma appena varcata la soglia della sala cotte cambia espressione, più a suo agio in quell’ambiente. Inizia così a raccontarci la storia del Birrificio, nato nel 2008 all’interno del Convento del Carrobiolo di Monza e cresciuto fino al 2014 quando è stato necessario inaugurare la nuova sede, quella in cui ci troviamo. Nel mezzo ci son stati la vincita del premio “Birraio dell’anno” ed un riconoscimento da parte di Slow Food.
Piero racconta la storia della Birra, racconta e talvolta sfata miti e leggende, arrivando fino ai giorni nostri e spiega cosa prevede la legislazione italiana in fatto di birra artigianale e micro birrifici. Lo fa con quella semplicità propria di chi conosce bene l’argomento e vuole renderlo accessibile a tutti, anche a noi non addetti ai lavori. Apprendiamo che per legge la birra deve essere composta da almeno il 60% di malto d’orzo, che per essere definita “artigianale” non deve essere sottoposta a processi di pastorizzazione e microfiltrazione, che il birrificio non può produrre più di 200.000 ettolitri anno e deve essere indipendente (quindi senza partecipazioni in capitale). Ma più ancora, apprendiamo che lo scopo di Piero è andare oltre i vincoli di legge. Il suo obiettivo è quello di creare un ottimo prodotto sulla base del massimo rispetto delle materie prime. Beh, sospettavamo che un vero Artigiano del Gusto fosse davvero legato a questi valori, ma qui abbiamo capito cosa significhi in concreto, apprendendo ad esempio la differenza fra l’utilizzo di luppoli freschi o di oli essenziali di luppolo, l’importanza dei tempi di maturazione, la scelta di rifermentare o meno una data birra in bottiglia.
Con questa sua idea in testa oggi Piero produce 20 birre diverse, dalle più tradizionali alle più ricercate. Le 10 spine dell’attiguo Brewpub sono collegate a serbatoi refrigerati direttamente nel birrificio a meno di 30 metri. Altro che Km Zero! Ed è al Brewpub che possiamo degustare alcune delle birre durante il pranzo: 5 piatti con 5 birre in abbinamento.
LA DEGUSTAZIONE
Apre le danze un piatto semplice, ma gustoso: ossocollo di Mangalica. La birra in abbinamento è la I.G.A., Italian Grape Ale, birra prodotta con uve di Moscato di Scanzo. Colore rosato intenso, sorprendente. Al naso è aromatica, fruttata, con una leggera nota di spezie. In bocca contrasta bene la sapidità dell’ossocollo e ne sposa la dolcezza.
Segue una caprese di ricotta di bufala con datterini. Birra I.T.A., cioè Italian Tomato Ale, prodotta con il 33% di pomodori datterini di Scicli e dry hopping (luppolatura a mosto freddo) al basilico e origano. Il colore è dorato, limpido. Il profumo? È come mettere il naso in una pizza margherita (di quelle buone) appena sfornata!
Hamburger di tartare di piemontese con crema di burrata e pane nero. La birra ha un nome evocativo, “Una Botte e via”. Si tratta di una Tripel affinata in botti ex Barolo. Di colore dorato carico leggermente velato rivela sentori vagamente vinosi. In bocca ha elevata acidità e bassa carbonazione, può sembrare sgraziata ma non è così, le sue caratteristiche contrastano bene la morbidezza del piatto. Abbinamento riuscito! È una birra impegnativa cui occorre lasciare il tempo in bocca per esprimersi pienamente.
Sono pochi i birrifici che si cimentano con la bassa fermentazione. Carrobiolo è uno di questi e ci offre la ”Black Hallertau”, lager scura a bassa fermentazione che conquista con note tostate ed una piacevolissima persistenza che ci accompagna quando assaggiamo il Tataki di tonno rosso al malto chocolate.
Chiude il menù la birra OG1111, Barley Wine ottenuta da malti torbati ed invecchiata in legno, anno 2010. Birra alcolica, molto complessa, le cui note olfattive arrivano ben compatte. Morbida e vellutata con un lieve e piacevole sentore di ossidazione. Da meditazione, si completa vicendevolmente con l’assaggio di cioccolato fondente.
A chiudere il convivio l’immancabile, il Whisky….e che Whisky! Kilchoman Cask Strength Sherry PX 58.6%. Distillato il 15 Settembre del 2011 ed imbottigliato a gradazione piena il 10 Ottobre 2016, dopo 5 anni e 24 giorni passati in una botte che ha precedentemente contenuto Sherry Pedro Ximénes, prodotto da una distilleria agricola, artigianale, attenta alle materie prime.
È un Whisky estremo ed estremamente piacevole. È un Whisky fatto di contrasti: Torba e Sherry. Profumi di frutta disidratata, note dolci e persino floreali che si contrappongono a note speziate, legnose e di tabacco. Sapori dolci di frutta passita contro una calda spalla affumicata e resinosa di legno. Il finale, lunghissimo, è una danza fra tutte queste note in continuo alternarsi. Ianus Bifrons, il Dio con due volti dei Latini, sembra aver trovato dimora nella più grande delle isole Ebridi. La soddisfazione, la sorpresa, la gioia la leggi sui volti dei presenti.
L’arte che diventa artigianalità, la passione che diventa enogastronomia, la scoperta che diventa esperienza, la condivisione che diventa amicizia. Sono questi gli ingredienti che hanno reso la prima tappa del WGT On the Road speciale e che fanno fremere in attesa della seconda.
E’ scritto da Jack Kerouack nel libro On the Road del 1957: “Sal, dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati”. ”Dove andiamo, amico?’’. ”Non lo so, ma dobbiamo andare” …
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Le gelate di questi giorni hanno risparmiato la viticultura di collina e la produzione più pregiata dei soci del Consorzio Vini Colli Berici Vicenza. Qui, dove è concentrata la produzione di vitigni a bacca rossa identificativi di questo territorio come Tai Rosso, Cabernet e Merlot, i problemi sono contenuti e poco consistenti. Le gelate si sono localizzate perlopiù nei vigneti a fondovalle e nelle aree pianeggianti con una diffusione a macchia di leopardo.
In questo momento rimane comunque difficile fare una stima, ma dai primi sopralluoghi i tecnici del Consorzio Vini Colli Berici e Vicenza sono fiduciosi. Il fenomeno è apparso in una fase precoce dello sviluppo della vite, questo permetterà alla germogliatura di tornare produttiva in fase di ricaccio, recuperando gran parte della produzione di uve per il vino.
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Tarlant e Domaine Laherte Frères. Sono le due maison di Champagne che ci hanno convinto di più all’edizione 2017 di Villa Favorita – Vinnatur. Vediamole dunque nel dettaglio, dopo aver stilato la lista dei migliori vini bio italiani degustati all’ultima edizione della preziosa rassegna veneta.
CHAMPAGNE TARLANT
“Crediamo sia importante che il nostro vino sveli la ricchezza del sottosuolo, delle vigne e degli uvaggi. Ogni partita ha la sua particolare identità ed è proprio questa che desideriamo far ‘cantare’ in ogni nostro vino”. Parole e musica della famiglia Tarlant (Jean-Mary, la moglie Micheline e i figli Benoit e Melanie), che al 21 della Rue Principale di Oeuilly custodisce i segreti di dodici generazioni di vignaioli. Una storia iniziata nel lontano 1687.
A Villa Favorita brilla la stella dello Champagne Cuvee Louis, Brut Nature prodotto assemblando parti uguali di Chardonnay e Pinot Noir. Un vendemmia 2000, sorretto da vini di riserva delle annate 1999, 1998, 1997 e 1996, provenienti dal vigneto “Les Crayons” di Oeuilly, Valle della Marna, terreni gessosi. Sessantacinque anni l’età media delle viti. Una Cuvee messa in bottiglia nel maggio del 2001, ma di sboccatura recente: settembre 2016, recita la contro etichetta.
Alla vista di un giallo dorato, perlage finissimo. Naso e bocca si rivelano corrispondenti nella loro esplosività. Note d’agrumi, frutta secca, grande mineralità. Al palato una struttura da gigante. Adatto all’alta cucina, lo Champagne Cuvee Luois è un perfetto nettare da meditazione.
DOMAINE LAHERTE FRÈRES “Cominicia tutto dalla vigna”. Il segreto di Domaine Laherte Frères sta tutto nel principio fondante la maison: “produrre il miglior vino utilizzando direttamente l’uva da loro prodotta, fin dal 1889”. Sotto la nostra lente di ingrandimento finisce, in particolare, lo Champagne Extra Brut 2006 Le Millésime.
Metodico assemblaggio delle migliori uve Chardonnay (85%) Pinot Meunier (15%), provenienti dai vigneti più vocati. La straordinaria ricchezza e pienezza dell’olfatto si tramuta in densità palpabile al palato: una grande armonia e freschezza, esaltata dai 4,5 grammi/litro del dosaggio zuccherino, tutt’altro che disturbanti. Uno Champagne meno muscoloso del precedente, che ha nella persistenza la sua carta vincente.
Una storia antica anche quella della tenuta Laherte. Fondata nel 1889 da Jean-Baptiste Laherte, può contare su undici ettari di vigneti, per la maggior parte situati nella zona originaria del villaggio di Chavost.
Alla quinta generazione, quella di Michel Laherte, si deve l’iniziale ampliamento della tenuta. Oggi la maison è guidata da Christian e Thierry, che possono anche contare sull’apporto del figlio di quest’ultimo, Aurélien, profondo sostenitore delle tecniche di viticoltura biodinamica.
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Sassicaia superstar a Vinitaly, con una degustazione dal titolo insolito per quello che negli anni, grazie alla capacità del marchese Mario Incisa della Rocchetta, alla lungimiranza di suo figlio Nicolò e alla maestria dell’enologo Giacomo Tachis, è diventato uno dei più prestigiosi simboli del Made in Italy.
L’appuntamento che questa mattina al 51° Vinitaly ha coinvolto giornalisti, sommelier, enologi, pochi e fortunati wine lover, oltre a cinque ambasciatori del vino italiano nel mondo, diplomati alla Vinitaly International Academy (VIA), che ha organizzato la degustazione insieme alla Tenuta San Guido, era un seminario sul tema “Indietro nel tempo con il Sassicaia – le annate dimenticate”.
“Annate non dimenticate, ma considerate un po’ più ‘piccole’ rispetto alle altre”, spiega Priscilla Incisa della Rocchetta, che ha ricordato la nascita del Sassicaia come “vino da bere in famiglia, voluto dal nonno Mario Incisa della Rocchetta, che comprese come il territorio di Bolgheri fosse vocato alla coltivazione di vigneti come il Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc”. Solamente dal 1968 il Sassicaia si apre al mercato e dal 1994 trascina il territorio alla conquista della Doc Bolgheri.
“È un prodotto che rappresenta le nostre origini e la nostra famiglia – ha continuato Incisa della Rocchetta -. Negli anni si è trasformato in uno dei simboli del Made in Italy di alto livello nel mondo e per noi è una grande responsabilità portare avanti questo progetto, seguendo sempre le filosofie originali”.
A rendere omaggio al Sassicaia era presente anche il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani. «La degustazione di oggi organizzata da Vinitaly International Academy è una straordinaria occasione per un incontro con il Sassicaia, nato grazie all’intuito di Mario Incisa della Rocchetta, che creò un vino sul modello bordolese e che divenne un vino-icona».
“La storia della Tenuta San Guido – ha proseguito Mantovani – si incrocia con un altro grande uomo, l’enologo Giacomo Tachis, che abbiamo ricordato l’anno scorso a Vinitaly. Grazie a loro il Sassicaia è divenuto un modello che non solo ha dato vita ai cosiddetti ‘Super-Tuscan’, ma ha creato dal nulla il distretto vitivinicolo di Bolgheri, nella Maremma che prima non aveva alcuna storia e che è diventata uno dei grandi territori del vino. Oggi siamo a celebrare i 50 anni di commercializzazione del Sassicaia e la 30ª partecipazione a Vinitaly”.
Un vino che è un simbolo, in grado di competere anche in chiave economica con i grandi vini francesi e che sostiene il confronto senza alcun complesso di inferiorità. “È uno dei grandi vini ricercati in Cina, proprio per la sua qualità e la grande storia alle spalle”, ha ricordato Stevie Kim, managing director di Vinitaly International Academy, presente insieme al direttore scientifico di VIA, Ian D’Agata, che ha condotto la degustazione insieme a Carlo Paoli, direttore generale tecnico di Sassicaia e Tenuta San Guido.
Per gli amanti di date e numeri, le annate degustate, di altissimo livello, nonostante siano figlie di «stagioni complicate sul versante meteorologico», hanno spiegato Ian D’Agata e Carlo Paoli, sono state: 1992, 1994, 2002, 2005, 2007, 2008, 2010, 2014.
I NUMERI
Tenuta San Guido produce ogni anno a Bolgheri 180-200 mila bottiglie di Sassicaia. “Poco più della metà viene esportata e il resto rimane in Italia – ha precisato Priscilla Incisa della Rocchetta -. È una scelta, perché è un prodotto italiano e riteniamo che chi viene nel nostro Paese lo debba trovare”. Una curiosità. Mario Incisa della Rocchetta fu il proprietario di un altro simbolo italiano: il cavallo Ribot, uno tra i galoppatori più forti di tutti i tempi.
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È sempre più forte l’interesse dei buyer stranieri per i vini della Lombardia. Il Padiglione lombardo a Vinitaly, il Salone internazionale dei vini e dei distillati in corso a Verona fino a domani, sta infatti registrando una presenza sempre più ampia e qualificata di operatori esteri interessati ad approfondire la conoscenza e ad acquistare le produzioni regionali, con il fenomeno Lugana in testa.
L’eccezionale incremento dell’export registrato dai vini di qualità della Lombardia, che negli ultimi quindici anni hanno visto crescere il valore sui mercati esteri del 66,8%, arrivando a quota 258 milioni di euro, con punte estreme in Cina (+8.686,5%), Hong Kong (+1.508,8%), Spagna (+722,6%) e Belgio (+709,4%), è quindi destinato a proseguire anche in futuro.
NUMERI RECORD
“Stiamo vedendo un pubblico molto qualificato e stiamo registrando parecchie presenze di operatori provenienti da Stati Uniti, Canada, Corea e Paesi del Nord Europa”, spiega il direttore del Consorzio Tutela Lugana, Carlo Veronese. Un fenomeno, quello del Lugana, citato come esempio dall’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava, durante la conferenza stampa di presentazione del padiglione Lombardia a Vinitaly.
Centocinquanta milioni di euro di fatturato, 14 milioni di bottiglie nella vendemmia 2015, 1.675 ettari coltivati, un lungo tour promozionale negli USA con 10 tappe e tanti progetti in cantiere, in Italia e all’estero, per festeggiare nel 2017 i 50 anni della DOC, la prima della Lombardia. Questi i numeri più che positivi di un Consorzio, quello del Lugana Doc, che ha chiuso un 2016 in forte crescita, confermando un trend che dura ormai dal 2006. Con una produzione raddoppiata in dieci anni.
GLI OUTSIDER IN CRESCITA
“Gli stranieri stanno dimostrando un grande interesse per un territorio che all’estero è poco conosciuto, ma che stanno scoprendo insieme ai nostri vini”, conferma Emanuele Medolago Albani, presidente del Consorzio Tutela Valcalepio. “In questi tre giorni abbiamo ricevuto diverse delegazioni straniere, soprattutto da Cina, Regno Unito e Paesi del Nord Europa”.
Ma l’interesse dei buyer esteri è forte anche verso i vini eroici della Valtellina, dove “le aziende stanno facendo incontri interessanti con operatori provenienti prevalentemente da Svizzera e Stati Uniti”, spiega Mamete Prevostini, presidente del Consorzio Tutela Vini di Valtellina, così come verso le produzioni di nicchia che contribuiscono a rendere la Lombardia la regione con la più ampia possibilità di scelta a livello nazionale.
È il caso, ad esempio, del Montenetto, piccola denominazione bresciana che a Vinitaly “sta attirando sempre più interesse da parte dei buyer stranieri, soprattutto cinesi”, spiega la presidente del Consorzio Montenetto, Maria Grazia Marinelli.
“Negli ultimi due anni la scelta di Vinitaly è stata quella di andare in maniera sempre più netta verso la vocazione di momento di business: la soddisfazione delle aziende per la presenza qualificata di delegazioni di buyer stranieri dimostra che la scelta sta pagando”, commenta il presidente di Unioncamere Lombardia, Gian Domenico Auricchio.
“Oggi che la sfida si gioca più che mai sui mercati internazionali il nostro obiettivo è quello di sostenere i produttori lombardi a fare ‘fronte comune’: il Padiglione Lombardia a Vinitaly – ha concluso Auricchio – dove è riunito l’85% delle aziende lombarde presenti in fiera, è un esempio positivo di come si possa lavorare insieme per un obiettivo comune”.
“La sfida dell’internazionalizzazione è un percorso ineluttabile per i nostri vini, anche alla luce di consumi che sul mercato domestico non mostrano grandi segni di vitalità – dichiara l’assessore all’Agricoltura della Lombardia, Gianni Fava –. L’elevata qualità dei vini lombardi e la varietà così ampia ha attirato operatori qualificati e buyer esteri, a conferma di un interesse che sta crescendo”.
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Padiglione 9 (Toscana), Stand D12 – D13. Le coordinate per trovare a Vinitaly i produttori di Vino Nobile di Montepulciano presso lo stand del Consorzio che li riunisce sono sempre le stesse, ma le novità che si potranno incontrare dal 9 al 12 aprile, a Veronafiere, saranno diverse.
A partire dallo stand che per quest’anno ha subito un restyling, in linea con l’evoluzione grafica dell’immagine del Consorzio stesso. Oltre che presso le postazioni delle aziende presenti in forma diretta, i visitatori potranno degustare il “Nobile” al banco d’assaggio consortile che rappresenterà l’intera denominazione.
IN BICICLETTA
E’ a Verona infatti che il Consorzio del Vino Nobile presenta la “E(co)Bike”, una bici dal design unico, realizzata da artigiani su pezzi singoli, che potrà essere “pedalata” allo stand dai visitatori che con un minuto di attività e una foto ricordo potranno dire di aver contribuito al progetto di sostenibilità ambientale che porterà entro il 2018 la Docg toscana a essere tra le prime con la certificazione Zero CO2. «Una provocazione, naturalmente, che abbiamo voluto lanciare al pubblico che raggiungerà la nostra area – spiega il presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano, Andrea Natalini – per spiegare concretamente quello che i nostri produttori, insieme al Consorzio e all’Amministrazione Comunale stanno facendo per sostenere il territorio d’origine del nostro vino».
Ogni anno arrivano a Montepulciano migliaia di enoturisti. Come sarebbe arrivare in cantina potendo godere di un viaggio “sostenibile”? E’ da questa riflessione che il Consorzio del Vino Nobile, in collaborazione con Urban Bikery di Montepulciano, start up del settore, ha pensato di studiare un progetto di sensibilizzazione per i winelovers e non solo a partire proprio dalla vivibilità del territorio. All’interno dello stand del Consorzio sarà presente quindi una bici di design che potrà essere “pedalata” sul posto dai visitatori per un minuto. In cambio i “wine lovers” otterranno un voucher per un calice di Nobile presso l’Enoliteca consortile e un buono per una “gita” in bici.
UN NOBILE “SOSTENIBILE”
Gli investimenti diretti praticati dalle aziende produttrici di Vino Nobile negli ultimi dieci anni per la sostenibilità ambientale hanno superato gli 8 milioni di euro. Oltre il 70% delle imprese (circa 60) ha già investito in progetti sostenibili, mentre il 90% ha in corso progetti di realizzazione di impianti. Entrando nel dettaglio, delle 76 aziende consorziate, oltre il 70% ha un impianto fotovoltaico e il 35% si è dotato di solare termico per la produzione di calore. Il 20% ha sistemi di recupero delle acque reflue, mentre un 10% delle imprese ha investito nella geotermia. Negli ultimi anni circa la metà delle aziende ha sviluppato pratiche naturali, come la fertilizzazione, l’inerbimento, l’utilizzo di metodi di coltivazione meno impattanti. Questo si lega al concetto di biodiversità che vede oltre il 40% delle aziende di Vino Nobile praticare una agricoltura sotto il regime del biologico, alcune biodinamiche. Montepulciano vanta anche il primo caso in Italia di cantina “off grid” e altri casi esemplari già presi come modello da altre realtà vitivinicole.
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Scoprire e riscoprire. Chissà se è questo che hanno pensato gli organizzatori dell’evento ”Verticale di Bas Armagnac Domain de Labatut de Haut Vs Unconventional Guest” tenutosi lo scorso 31 marzo presso il Bao Bab Caffè di via Pietrasanta 14 a Milano, in cui a 3 Armagnac del Domain de Labatut de Haut sono accostati altri 3 altri distillati anonimi, alla cieca, da svelarsi solo a fine degustazione.
Scoprire.Perché l’Armagnac è probabilmente il distillato più vecchio del mondo, documenti ne attestano l’esistenza (e le proprietà medicinali) fin dal 1310, ma anche poco conosciuto, superato in notorietà sia dal cugino Cognac che dai più noti Rum e Whisky.
Eppure questo distillato, prodotto in un fazzoletto di terra a sud della Francia, in Guascogna, ha molto da raccontare. Scopriamo così che l’Armagnac ha un processo produttivo del tutto particolare. Ottenuto il vino base dai vitigni che nel medioevo furono introdotti nella zona (in prevalenza Ugni Blanc) il processo di distillazione utilizza un alambicco unico e particolare, l’armagnaçais appunto: alambicco continuo a colonna, completamente in rame, che sfrutta una sorta di ”recupero energetico” ante-litteram per preriscaldare il vino che sarà distillato e contemporaneamente raffreddare il prodotto ottenuto. Questi alambicchi anticamente erano posizionati su carri per poter essere trasportati da un Domain all’altro; erano i mastri distillatori a viaggiare fra un possedimento e l’altro, fra una fattoria e l’altra, portandosi dietro la loro attrezzatura. L’armagnac infatti nasce come ”esigenza” di conservare a lungo il frutto del lavoro nei campi (il vino) per poterlo lasciare in eredità a figli e nipoti.
Da qui deriva anche la particolare forma di invecchiamento. Il distillato nuovo, bianco, viene da prima posto in botti di rovere nuove (della Guascogna e della Limousine), dove rimarrà per il tempo che il maestro di cantina reputerà opportuno in base alle condizioni della cantina stessa. Quando la ”parte degli angeli” ed i composti tannici del legno nuovo hanno fatto il loro lavoro l’Armagnac passa in botti già usate precedentemente per proseguire la sua lenta maturazione. Infine, quando il maestro di cantina considererà arrivato il momento ottimale, l’acquavite verrà posta in vetro in grosse damigiane. Eh si, in vetro! E da qui fino all’imbottigliamento finale (non è inusuale trovare millesimi anche risalenti al XIX secolo) le damigiane riposeranno in cantine dette ”Paradiso”.
Leggenda narra che la Regina Giovanna (Reine Jeanne, in francese) dovette scappare da Napoli nel 1347 dirigendosi in Guascogna. Durante il viaggio però una sera venne sorpresa da un’improvvisa tempesta e trovò rifugio nell’abitazione di un mastro vetraio. Il mattino seguente la sovrana chiese al vetraio di mostrarle la sua arte e lui, per dar prova di destrezza, soffiò con tutte le sue forze realizzando una bottiglia enorme da ben 10 litri. La Regina si congratulò e lui decise di dedicare alla Nobil Donna, alla Dama, la sua creazione: la Dame-Jeanne appunto.
Non sappiamo se sia vero, ma fatto sta che le damigiane sono uno dei segreti di questo distillato.
È una scoperta poterlo degustare in verticale: VS, Hors d’Age e Millesimo 1989. Si ha modo di capire l’evoluzione del prodotto. Dai sentori più diretti e più legati all’acquavite d’origine, più fruttati ed all’alcolicità più pungente tipici del VS (invecchiato 2 anni e mezzo) ai sentori più rotondi, complessi, morbidi e legati alle note di tabacco e caffè dell’Hors d’Age (più di 10 anni di invecchiamento). Si chiude col millesimo 1989 che amplifica i terziari, in cui l’alcool da solo calore in bocca ma non lo avverti al naso perché è perfettamente integrato nei profumi.
E poi il confronto con “l’ospite inusuale”, e qui si apre il secondo capitolo della serata.
Riscoprire. Perché svelando le bottiglie scopriamo che si tratta di Grappa, Distilleria Schiavo, Costabissara, Vicenza. Riscoprire la Grappa, prodotto italiano, motivo di orgoglio di casa nostra, come il tricolore o l’inno di Mameli. Distillazione discontinua, alambicchi in rame, bassa pressione, grande attenzione alla materia prima.
La prima, contrapposta al VS, è ”La Quaranta”. Grappa giovane, bianca, ottenuta da vinacce di Cabernet e Merlot. Note floreali e di frutta matura, in bocca è estremamente pulita, morbida ma non carica di glicerina e molto asciutta nel finale.
La seconda, di spalla all’Hors d’Age, è la ”Old’s”. Invecchiata in barrique usate, per mantenere i profumi originali. Cabernet, Merlot, Garganega e Moscato le vinacce di partenza. Il colore è paglierino scarico, al naso è floreale con una spiccata nota di miele d’acacia. Morbida, pulita, profumata anche in bocca con un finale delicato che invoglia alla beva. La grappa che non ti aspetti.
Chiude ”Tentazione”, non una grappa ma un’acquavite di uva. È affiancata al millesimato 1989 ma è un prodotto radicalmente diverso. Ottenuta da Moscato Giallo, Pinot Bianco e Raboso profuma di rosa, di frutta fresca, di fiori bianchi. Tutti profumi che si ritrovano poi in bocca.
Tre assaggi che invogliano a bere grappa, dimenticando lo stereotipo dell’alcolico del nonno, dell’alpino che lo beve per scaldarsi o per lasciarsi andare all’ebbrezza.
”Meravigliarsi di tutto è il primo passo della ragione verso la scoperta”. Parole di Pasteur. Ecco il valore aggiunto della serata, meravigliarsi nello scoprire il semi-sconosciuto Armagnac e riscoprire la Grappa, così vicina eppur così lontana. Perchè non si finisce mai di imparare in generale ed anche nel mondo dei distillati, del vino o della birra.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Schenk Italian Wineries si prepara per Vinitaly, la fiera italiana del vino per eccellenza, in programma a Verona da domenica 9 a mercoledì 12 aprile 2017, dove sarà pronta ad accogliere esperti, appassionati e buyer presso il Padiglione 3 – E 6 per le illustrare le novità 2017 e per raccontare il modello Schenk Italian Wineries, “basato su territorio, qualità, sostenibilità”.
“Quest’anno Vinitaly sarà per noi un momento ancora più significativo –spiega Daniele Simoni, Amministratore Delegato di Schenk Italian Wineries – perché celebreremo il 65esimo anniversario dalla nascita della prima azienda italiana del gruppo Schenk nel 1952 a Reggio Emilia. Da allora, dopo aver spostato la sede a Ora (BZ) nel 1960, è cominciato il progetto Schenk Italian Wineries: un lungo percorso evolutivo che ha messo al centro il territorio, investendo impegno e competenze nelle regioni italiane più vocate alla vitivinicoltura come l’Alto Adige, la Toscana, il Veneto, la Sicilia il Piemonte, la Puglia e l’Abruzzo”.
“Le collaborazioni poste in essere dal nostro staff di agronomi ed enologi con produttori locali di alto livello – continua Simoni – insieme all’acquisizione delle cantine ‘Bacio della Luna’ a Vidor – Valdobbiadene (Treviso) nel 2011, e ‘Lunadoro’ a Valiano di Montepulciano (Siena) nel 2016, hanno dato impulso a questo progetto che procede con passo spedito”.
65 ANNI DI STORIA Le celebrazioni del 65° anniversario si terranno nel prestigioso contesto del Palazzo Verità Poeta, a Verona, dimora patrizia del Settecento, con un evento riservato cui prenderanno parte il board del Gruppo Schenk e tutte le aziende europee che ad esso fanno capo.
“A Verona – commentaRoberta Deflorian, Direttore Commerciale Schenk Italian Wineries – tra le novità dell’anno presenteremo anche un vino che sta già cominciando a riscuotere i primi riconoscimenti e apprezzamenti da parte della critica. È ‘Masso Antico’, da vitigni 100% Primitivo“.
In questa edizione di Vinitaly, appassionati, buyer ed esperti del settore avranno la possibilità di conoscere e degustare tutti i ‘Marchi del Territorio’ e i ‘Marchi Premium’ di Schenk Italian Wineries. Non mancheranno inoltre le novità ‘Bacio della Luna’ che verranno presentate in anteprima per l’Italia: il Cartizze DOCG Dry, il Prosecco DOCG Millesimato Extra Dry e il Prosecco DOCG Millesimato Brut. Lunadoro porterà invece il Rosso di Montepulciano Prugnanello 2015; il Nobile di Montepulciano Pagliareto 2013 e il Nobile di Montepulciano Riserva Quercione 2012, fiore all’occhiello di Lunadoro, che già hanno riscosso un grande successo sia in occasione dell’Anteprima del Nobile, sia a Prowein.
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Da una storia antica e prestigiosa che lo consacrò come “vino da meditazione”, alla sua diversità e vastità territoriale tra terra e mare, alla sua pianta, l’alberello, la forma più antica di coltivazione della vite e a chi con amore lo sta valorizzando con le moderne tecnologie, alle sue tre varietà previste e al suo sapore e colore autenticamente unico. Sono queste le tante anime del Primitivo di Manduria, la più importante doc pugliese, che verranno raccontate dal Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria in occasione della 51° edizione del Vinitaly.
Qual è la differenza tra le diverse varietà? Cosa si cela dietro questa bacca rossa che, nonostante nasca in terreni diversi e produca perle enologiche dalle mille sfaccettature, riesce ad esprimere un’unica denominazione? Queste risposte saranno svelate da Adua Villa, scrittrice sommelier (domenica 9 aprile) e Andrea Gori giornalista sommelier (lunedì 10 aprile) in due degustazioni alla cieca dal titolo Rosso Mediterraneo: in un calice la diversità di un territorio.
Un vero e proprio viaggio olfattivo in un grande territorio vitivinicolo – che abbraccia Taranto e Brindisi, per un totale di 3.140 ettari di vigneti tra terra e mare – dove il vino Primitivo sembra assimilarne la cultura e incorporarne i profumi e i sapori. La terra si presenta rossa, calcarea, tufacea, collinare e perfino sabbiosa vicino al mare, e qui la pianta cresce rigogliosa nelle forme dell’alberello.
“Per la prima volta abbiamo conquistato un nostro spazio all’interno della grande kermesse di Verona – spiega Roberto Erario, presidente del Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria – e come debutto abbiamo voluto puntare sui mille volti del Primitivo. Un vino che pur nella varietà territoriale e nella diversità di interpretazione aziendale, riesce a presentare un profilo olfattivo e gustativo facilmente identificabile. Ed è questa la prima condizione per poter parlare di territorio vitivinicolo”.
“Il nostro successo – conclude Erario – è dato da tutti i produttori, grandi e piccoli ed è proprio dall’intesa tra queste due anime del vino che stiamo realizzando grandi risultati”. Ma le iniziative del Consorzio di Tutela del Primitivo di Manduria non si fermano solo alle degustazioni guidate. Dal 9 al 12 aprile, presso lo stand istituzionale (Padiglione 11, isola 32) sarà, inoltre, possibile assaggiare una selezione dei migliori Primitivo di Manduria delle cantine.
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La Franciacorta torna anche quest’anno a Vinitaly con una rappresentanza significativa della realtà che sempre più si conferma un’eccellenza nel panorama vitivinicolo internazionale. Saranno 70 le aziende presenti dal 9 al 12 Aprile alla 51esima edizione dell’evento veronese, per portare in degustazione le loro migliori etichette, raccontando l’impegno e la passione che caratterizza il loro vino.
In un’area espositiva interamente dedicata, Franciacorta celebrerà, insieme a quanti sceglieranno di vivere questa esperienza, l’eleganza di un prodotto riconosciuto come uno dei più autorevoli ambasciatori del Made in Italy e la bellezza di un territorio ricco di storia, cultura, tradizioni capaci di affascinare e coinvolgere ogni appassionato del buon gusto.
Nella Sala degustazione riservata, allestita all’interno dell’area Franciacorta, si terranno vari appuntamenti, tra cui la conferenza di presentazione del Festival Franciacorta d’Estate, uno degli eventi più attesi dagli amanti del Franciacorta, che si terrà il 17 e 18 giugno, ogni anno coinvolge appassionati e curiosi in un weekend all’insegna di visite in cantina, itinerari in bicicletta tra le colline e cene suggestive con gli chef del territorio.
Non potranno ovviamente mancare momenti di confronto, verticali e degustazioni di vario tipo, come quella interamente dedicata al Satèn, per scoprire l’espressione unica del vino più morbido ed elegante prodotto esclusivamente in Franciacorta.
GLI EVENTI
SALA DEGUSTAZIONI • STAND B/C 16 • AREA FRANCIACORTA
Lunedì 10 Aprile, 12.00 – 13.00 – SINERGIA TRA DUE ECCELLENZE ITALIANE
Degustazione guidata di tre tipologie di Franciacorta in abbinamento a tre stagionature di Parmigiano Reggiano. Posti limitati. Prenotazione obbligatoria a: mail@franciacorta.net
Martedì 11 Aprile, 15.00 – 16.00: SATÈN, UNICITÀ IN FRANCIACORTA
Degustazione di 6 diverse interpretazioni della tipologia più elegante e morbida prodotta esclusivamente in Franciacorta. Posti limitati. Prenotazione obbligatoria a: mail@franciacorta.net
Alla manifestazione, in programma dal 9 al 12 aprile 2017 presso Veronafiere, Franciacorta sarà presente all’interno del Palaexpo nel padiglione Lombardia (lato Nord, 2° piano) con 46 cantine (area Franciacorta) e con altre 24 presenti nei padiglioni esterni al Palaexpo.
LE CANTINE PRESENTI NEL PADIGLIONE LOMBARDIA
Antica Fratta, Az. Agr. Fratelli Berlucchi, Az. Agr. Santo Stefano, Barboglio De Gaioncelli, Bariselli Gabriella, Barone Pizzini, Bellavista, Contadi Castaldi, Berlucchi Guido, Biondelli, Bonfadini, Bosio, Ca Del Bosco, Camossi, Cantina Chiara Ziliani, Cascina San Pietro, Castello Bonomi – Tenute In Franciacorta, Castelveder, Clarabella, Corte Aura, Faccoli Lorenzo, Ferghettina, La Fioca, La Fiorita, La Montina, La Rotonda, La Torre, La Valle, Lantieri De Paratico, Le Cantorie, Le Marchesine, Le Quattro Terre, Marzaghe, Mirabella, Quadra, Ricci Curbastro, Romantica, Ronco Calino, Santus, Santa Lucia, Solive, Tenuta Montedelma, Tenuta Moraschi, Ugo Vezzoli, Vezzoli Giuseppe, Vigna Dorata, Villa Franciacorta.
LA FRANCIACORTA NEI PADIGLIONI ESTERNI
1701, Abrami Elisabetta, Bellavista, Contadi Castaldi, Bersi Serlini, Ca’ D’or, Castel Faglia, Castello Bonomi, Tenute In Franciacorta, Castello Di Gussago La Santissima, Castelveder, Cavalleri, Corte Fusia, Derbusco Cives, Lo Sparviere, Lovera, Marchese Antinori Tenuta Montenisa, Monte Rossa, Monzio Compagnoni, Mosnel, Plozza Ome, Sullali, Uberti, Villa Crespia.
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“Declinare il Grillo in tutte le sue forme, sfruttando l’estrema versatilità del vitigno e giocando con le zone di produzione in cui i vigneti sorgono per esprimerne al meglio le caratteristiche”. Da questa idea nasce il nuovo vino della Casa vinicola Fazio, il “Grillo di Mare”, il vino frizzante prodotto con uve di Grillo in purezza.
Il territorio è quello della Doc Erice, nella Sicilia Nord occidentale, sulle colline che guardano il golfo di Trapani da un lato e il Monte Erice dall’altro. Qui, nel vigneto a 450 metri di altitudine affacciato sul Mediterraneo, vengono coltivate le uve di Grillo che danno vita a Grillo di Mare.
PAROLA ALL’ENOLOGO FAZIO
“I vigneti con cui produciamo questo nuovo vino – spiega l’enologo dell’azienda Fazio, Giacomo Ansaldi – si affacciano sul mare e risentono dei benefici dell’influenza marina. Qui le uve riescono ad avere una gradazione alcolica moderata, mantenendo acidità e PH ottimali per produrre un vino frizzante”.
Un vino ideale per l’estate, che si abbina al pesce, carni bianche, crostacei e frutti di mare, dagli antipasti ai secondi. Le caratteristiche principali del Grillo di Mare sono la freschezza, l’acidità e la piacevolezza gustativa legata all’equilibrio tra sapidità e acidità.
“E’ una scommessa che la Casa vinicola Fazio sta facendo su questo vitigno – aggiunge dice l’enologo Ansaldi -. Il Grillo è la varietà che produciamo maggiormente e l’obiettivo è declinarlo in base ai vari territori di produzione. Potrebbe essere la premessa per una nuova scommessa futura dell’azienda: una bollicina prodotta con uve Grillo”.
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