VERONA – Sono 64 le Tenute Storiche con cantina che parteciperanno a Vinitaly 2018. L’Associazione Dimore Storiche Italiane (Adsi) vede così crescere il numero di adesioni alla più importante Fiera enologica italiana (lo scorso anno erano 55).
Tutte assieme, le cantine rappresentano una produzione annua di 35 milioni di bottiglie, provenienti da circa 30 mila ettari di proprietà.
I soci Adsi – alcuni dei quali operano anche nella Grande distribuzione organizzata – sono proprietari di beni culturali vincolati come “monumento nazionale” che, nel caso delle tenute viticole, comprendono giardini, vigneti, oliveti e boschi, oltre alle cantine. In un insieme di straordinaria bellezza al tempo stesso architettonica e paesaggistica.
“Una visita alle cantine storiche dei soci Adsi – sottolinea Gaddo della Gherardesca, presidente dell’Associazione Dimore Storiche Italiane – costituisce un vero e proprio Grand Tour. Un’opportunità unica di turismo esperienziale, in cui la scoperta di molti vitigni autoctoni nel loro ambiente naturale si combina all’offerta di eccellenze gastronomiche del territorio”.
Tutte le cantine storiche sono visitabili su prenotazione, e fra le partecipanti a Vinitaly 2018, oltre 50 sono anche agriturismi, con un’offerta complessiva di 800 camere. Paradisi dell’enogastronomia e dell’ospitalità che spaziano dal Trentino Alto Adige alla Sicilia.
“La partecipazione a Vinitaly – evidenzia Gaddo della Gherardesca – dimostra ancora una volta che i proprietari di dimore storiche dedicano un impegno costante non solo alla conservazione e tutela di una parte rilevante del nostro patrimonio culturale, ma anche, ove possibile, allo sviluppo e promozione di attività che hanno un impatto diretto sull’economia dei territori, in particolare all’interno delle comunità rurali”.
Il Grand Tour delle Cantine storiche diventa ancora più suggestivo se unito alla visita di affascinanti ville, castelli, palazzi, cascine e masserie aperti all’ospitalità e listati nel sito www.dimorestoricheitaliane.it. Sul sito, gli oltre 300 associati incontrano ogni mese 15-20 mila appassionati, italiani e stranieri.
LE AZIENDE ADSI PRESENTI A VINITALY 2018
Agricola Borgoluce, Agricola Colognole, Agricola Conti Bossi Fedrigotti, Agricola Foffani, Agricola Guerrieri Rizzardi (nella foto di copertina), Agricola La Collina, Agricola La Rocchetta, Agricola Marcello del Majno, Agricola Marcello del Mayno, Agricola Marina Danieli, Agricola Nesci, Agricola Perusini, Azienda Contucci, Azienda Leone de Castris.
Poi ancora: Azienda San Leonardo, Badia a Coltibuono, Badia di Morrona, Baglio di Pianetto, Banfi srl, Barone Ricasoli, Cantina Montevecchio Isolani, Castel di Salve, Castello di Cacchiano, Castello di Gabiano, Castello di Montegiove, Castello di Ripa d’Orcia, Castello di Roncade, Castello di Torre in Pietra, Castello di Verrazzano, Castello di Volpaia, Castello Sonnino, Castello Vicchiomaggio, Conte Emo Capodilista, Duca Carlo Guarini, Guicciardini Strozzi, Il Mosnel di E. Bardoglio.
E infine: Il Pollenza srl (nella foto a destra), La Barchessa di Villa Pisani, Le Corti Spa, Marchesi Alfieri, Marchesi Ginori Lisci, Marchesi Gondi, Marchesi Mazzei, Massimago S.S., Possessioni di Serego Alighieri, Principi di Porcia e Brugnera, Tasca d’Almerita, Tenuta Bellafonte, Tenuta di Bibbiano, Tenuta di Fiorano, Tenuta di Ghizzano, Tenuta di Montegiove, Tenuta di Pietraporzia, Tenuta il Corno, Tenuta la Marchesa, Terre dei Pallavicini, Vicara srl, Villa Angarano, Villa Calcinaia, Villa del Cigliano, Villa di Maser, Villa Vitas.
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Marilena Barbera 8 Marzo Festa della donna Vignaiola 3
Otto Marzo, Festa della Donna. Un paio di tette con una bella etichetta di vino in secondo piano, da pubblicizzare ben bene, avrebbe fatto contenti in molti. Ma noi siamo differenti. E chi ci segue lo sa.
Oggi, 8 Marzo, Festa della Donna, vogliamo raccontarvi il ruolo della Donna nel mondo del vino moderno.
E quando pensiamo a “donna” e “vino”, ci viene in mente un nome su tutti: Marilena Barbera. Per i pochi che non la conoscessero, Marilena è una donna del vino che ha saputo imporsi, come poche, nel panorama della viticoltura italiana di qualità.
Lo ha fatto senza scendere mai a compromessi. Con nessuno. Per di più in una regione difficile come la Sicilia. Marilena Barbera è una di quelle che si fanno fotografare in vigna, in canottiera. Senza trucco. Con in mano una cesoia. Mica l’ombretto.
Non produce vini per i supermercati, ma fa vini da Gdo: che – almeno per oggi, consentitecelo – sta per Grande Donna Orgogliosa. Della sua Sicilia. Dei suoi vini e dei suoi vigneti. Della sua Terra, nelle sue mille sfumature. E – lo diciamo noi – anche di sé stessa. Auguri a tutte le Donne del Vino come Marilena.
Non è semplice parlare del ruolo della donna nel mondo del vino di oggi. Almeno, non è semplice senza cadere nei clichés che accompagnano [quasi] ogni tentativo di analizzare le questioni di genere.
Chiedo venia per le generalizzazioni che sarò costretta a fare, ché sarebbero necessari volumi per affrontare un tema così delicato, e certamente sarebbero necessarie competenze in ambiti in cui non sono ferrata: sociologia, psicologia, macroeconomia ed altro ancora.
Vi offrirò, dunque, un punto di vista parziale ma sincero: quello di vignaiola, e di vignaiola del Sud.
Il mondo del vino è un settore economico e sociale in evoluzione continua, e probabilmente è anche uno di quelli che negli ultimi vent’anni ha vissuto cambiamenti epocali grazie all’ingresso di generazioni nuove che hanno profondamente trasformato il modo di produrre e di comunicare.
Guardiamo, ad esempio, all’impatto che i “nuovi” media (social, blog, le dinamiche della rete nel loro complesso) hanno avuto – e sicuramente continueranno ad avere – sulle abitudini di consumo del vino, al loro ruolo fondamentale nell’azzeramento della distanza fra i produttori, vignaioli o grandi aziende che siano, e le persone che il vino lo acquistano (mescitori, ristoratori e consumatori).
Una vera rivoluzione che si è consumata in pochissimi anni e che ha generato la necessità di profonde mutazioni nelle professioni che ruotano intorno al vino e nelle relazioni fra gli attori di questo mondo.
Le donne, di sicuro, questa trasformazione la stanno cavalcando: vedo intorno a me colleghe vignaiole che senza paura mostrano le mani segnate dal lavoro.
Vi sembra una trovata di marketing? Nemmeno per sogno: se pensate a come veniva dipinta la classica rassicurante “donna del vino” vent’anni fa, con il rossetto in ordine e la messimpiega fresca di parrucchiere, siamo ad anni luce di distanza.
Vedo enologhe che affermano con forza le proprie capacità direzionali in squadre di cantina composte da decine di uomini, vedo giornaliste che si infilano gli scarponi e vanno a raccontare il vino dove il vino si fa, in vigna.
Eppure, di fronte a questa radicale (e necessaria) trasformazione della professionalità femminile, che sempre più donne rivendicano con orgoglio e senza vezzi, il mondo del vino reagisce, spesso, come sempre ha fatto: con malcelata diffidenza, con sufficienza, con un atteggiamento (a volte insopportabile) di mera tolleranza.
I motivi sono tanti e – credo – siano per la maggior parte culturali. Perché questa rivoluzione di cui vi ho parlato poco fa è, in effetti, una rivoluzione incompleta. Non è solo il mondo del vino ad essere stato prevalentemente “maschile” fino a qualche anno fa, ma la gran parte del mondo del lavoro in Italia. E vorrei utilizzare, perché ritengo sia più appropriato, il termine “maschilista” o, ancor meglio, “sessista”.
Il mondo del lavoro in Italia è sessista, e il mondo del vino non fa eccezione.
Fatte salve alcune professioni che per tradizione sono state riservate alle donne da quando le donne sono entrate nel mondo del lavoro – pensiamo alla maestra dell’asilo o delle elementari, la commessa del negozio di articoli femminili, l’aiuto domestico, l’ostetrica, la baby sitter e poche altre – in nessuna professione le donne vengono trattate alla pari dei colleghi uomini: né per quanto riguarda le opportunità di accesso, né in relazione alla retribuzione, né per le reali possibilità di carriera. Questa condizione è comune alla maggior parte delle professioni e, dunque, esiste anche nel mondo del vino.
Nel mio caso specifico – perché un punto di vista parziale vi sto offrendo, e mi scuserete – le problematiche maggiori hanno riguardato il riconoscimento del mio potere decisionale nel settore della produzione.
Non sono entrata in questo mondo per scelta, ci sono entrata per necessità, alla morte di mio padre. La scelta è arrivata dopo, quando mi sono innamorata di questo lavoro.
Dunque, morto mio padre, ho ereditato una vigna, un mutuo, e una squadra di persone che faceva il vino. Riuscire a trasformare tutto questo in un’azienda che oggi riconosce, apprezza e trova [finalmente!] fondamentale il mio apporto è stato un percorso a ostacoli.
Per trasformare la vigna da convenzionale a biologica, e certificarla, ci sono voluti 10 anni; per utilizzare un sesto di impianto differente da quello che l’agronomo titolare aveva deliberato essere necessario ce ne sono voluti altrettanti; per smetterla con i lieviti selezionati in vinificazione ci sono voluti 4 anni, per abbandonare le chiarifiche 5, gli enzimi 7.
In tutti questi anni ho dovuto svolgere un lavoro di coinvolgimento, convincimento, blandimento (si dice? Beh, quello), dimostrazione dei risultati anno dopo anno. Non me ne pento affatto, ma nessuno mi toglie dalla testa che se fossi stata uomo ci avrei messo molto, ma molto di meno.
Non starò qui ad elencarvi tutte le alzate di sopracciglia durante le presentazioni commerciali, quando si tratta di firmare i contratti. Vi prego di credermi, in fiducia: nel mondo del vino per una donna è ancora molto difficile veder riconosciuti i propri meriti quale lavoratrice e professionista.
Vi faccio solo un ultimo esempio, per me illuminante: qualche tempo fa leggevo l’intervista di una enologa che lavora presso un’azienda toscana, che raccontava di come il titolare (uomo) fosse molto felice del fatto di averla assunta perché “l’ambiente si è ingentilito: in sala degustazione c’è sempre un fiore“. Ecco, questa è la forma mentis che le donne subiscono ancora oggi, e non è accettabile, non più.
Ci sono, per fortuna, fulgidi esempi del contrario, e ciascuna di noi – vignaiola, enologa, giornalista, sommelier, ricercatrice eccetera – ne può raccontare, ci mancherebbe. C’è la solidarietà di tanti colleghi uomini, l’apprezzamento dei clienti, la considerazione di molti, moltissimi professionisti che lavorano nel mondo del vino a diverso titolo.
Ma io sogno un mondo in cui le persone vengano apprezzate per il lavoro che svolgono, per i risultati che conseguono, per l’intelligenza, la flessibilità, la creatività, la visione, l’umanità, la generosità, al di là del genere che la natura, casualmente, ha loro assegnato.
Sogno un mondo che non abbia bisogno delle quote rosa. Oggi, festa della donna, brinderò a questo.
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GUARENE – Per l’edizione 2018, Roero Days punta su una location d’eccezione: il Castello di Guarene, in provincia di Cuneo. Ma non solo.
Per l’occasione, il Castello ospiterà infatti ben 75 produttori della Denominazione di origine controllata e garantita Roero.
Laboratori di degustazione, banchi d’assaggio e momenti di approfondimento e dibattito completano il programma. Appuntamento per domenica 8 e lunedì 9 aprile, dalle 10 alle 19.
IL PROGRAMMA
La manifestazione del 2018 mette al centro il rapporto tra vini e territorio e si arricchisce quindi di una ricca serie di eventi collegati: il Roero Tour sarà effettuato gratuitamente nella giornata di domenica 8 a bordo dell’Autobus Roero Docg, che collegherà Montà, Canale e Monteu Roero con la sede del Castello di Guarene.
Inoltre, a Montà, a partire da sabato 7 mattina alle ore 10, si terrà una grande mostra di libri, in parte anche acquistabili, sui diversi aspetti turistici, storici e culturali del Roero.
Consigliata anche la visita al Castello di Monteu Roero, che ospita l’avvincente mostra fotografica frutto di 35 anni di scatti di Carlo Avataneo. Da non perdere, tra le proposte culturali, la presentazione del volume “Davide Palluda”, chef stellato del Ristorante All’Enoteca di Canale, realizzato da Luciano Bertello per Sorì Edizioni.
È possibile accreditarsi sul sito: http://www.consorziodelroero.it/acquista-roero-days-2018/. L’ingresso è gratuito per i professionisti del settore (10 euro per i privati). E’ consigliato l’accredito sul sito per evitare code all’ingresso.
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Dopo le positive esperienze degli anni passati, anche in questo 2018 il Consorzio Vini di Romagna e diverse cantine associate saranno impegnati in un tour europeo di promozione dei vini. “Rispetto agli scorsi anni sono aumentate le tappe del nostro viaggio, a testimonianza che la formula della promozione direttamente nei Paesi interessati/interessanti per l’export dei nostri vini funziona ed è apprezzata dai nostri soci”, sottolinea Giordano Zinzani, Presidente del Consorzio.
LE TAPPE DEL TOUR Si parte dalla Germania, Francoforte, il 13 marzo, poi tappe successive in Olanda, ad Amsterdam il 15, in Belgio, ad Anversa il 16, per poi tornare in Germania a Düsseldorf per partecipare al ProWein in programma dal 18 al 20 marzo.
A Francoforte, Amsterdam e Anversa – dove parteciperanno rispettivamente 9, 13 e 11 aziende – i produttori avranno la possibilità d’incontrare importatori, distributori, esponenti del mondo Ho.Re.Ca, giornalisti chiamati a partecipare a seminari di presentazione della Romagna e dei suoi vini tipici DOP e IGP, per poi degustare i vini e dialogare direttamente con le aziende.
A Francoforte, inoltre, il noto sommelier Helmut Knall terrà una degustazione guidata per gli invitati.
A Düsseldorf, come anticipato, il Consorzio Vini di Romagna parteciperà al ProWein, una delle fiere enologiche più importanti a livello mondiale, assieme a 16 aziende romagnole.
LE AZIENDE PARTECIPANTI
Non tutte le aziende impegnate in questo tour europeo parteciperanno a tutte e quattro le tappe. Nel complesso sono comunque 23 le aziende che rappresenteranno la Romagna enologica fra Francoforte, Amsterdam, Anversa e Düsseldorf: San Valentino di Rimini e Tenuta Sant’Aquilina di Coriano (RN); Tenuta Casali, Cantina Braschi di Enoica e Tenuta Santa Lucia di Mercato Saraceno (FC); Cantina Sociale Cesena e Tenuta Colombarda di Cesena (FC); Tenuta La Viola e Celli di Bertinoro (FC); Cantina Forlì-Predappio e Condè di Predappio (FC); Piccolo Brunelli di Galeata (FC); Poderi dal Nespoli di Civitella di Romagna (FC); Fiorentini vini di Castrocaro Terme (FC); Drei Donà di Forlì (FC); Torre San Martino di Modigliana (FC); Poderi Morini, Fattoria Zerbina, La Sabbiona e Trerè di Faenza (RA); Randi di Fusignano (RA); Tenuta Uccellina di Russi (RA); Poderi delle Rocche di Dozza (BO).
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CARRARA – Con 4,5 euro a tazzina è la Norvegia che si aggiudica il primato di caffè più caro al mondo. Ci vogliono oltre 3 euro in più rispetto a quello comprato a Lisbona dove una “tazzulella” costa in media 0,90 euro, meno che in Italia che con 1,03 euro di media è al secondo posto della classifica per caffè meno caro al mondo.
Numeri curiosi quelli che emergono dai padiglioni di Carrara Fiere dove fino al 28 febbraio sono in corso le fiere Tirreno C.T. e Balnearia, i due grandi appuntamenti dedicati all’ospitalità e al food&wine promossi da Tirreno Trade.
Anche se l’Italia è tra i principali produttori al mondo di miscele e macchine da caffè, tuttavia il primato dei consumi pro capite va ai finlandesi che consumano oltre 11 kg di caffè all’anno a testa. E’ la tecnologia protagonista a Tirreno C.T., insieme alla qualità delle miscele realizzate dalle principali torrefazioni italiane.
“Tra i padiglioni della nostra fiera si incontrano dei veri e propri gioielli – spiega il responsabile di Tirreno C.T., Paolo Caldana – ed è importante vedere come nel corso di questi anni, complice anche un cambiamento dello stile dei consumi, le torrefazioni si siano indirizzate verso la ricerca delle materie prime”.
I NUMERI DEL CAFFE’ L’Italia è la patria del caffè. E si distingue anche per il prezzo della tazzina visto che è la seconda meno cara al mondo dopo Lisbona con 0,90 centesimi a tazzina.
Se infatti, il prezzo di un caffè in Thailandia supera, solo di poco quanto pagato in Italia, a Bangkok è di 1,03 euro, a Tokio occorrono, al banco, oltre tre euro, si sale a 3,19 euro in Australia mentre quello decisamente più salato si beve in Norvegia dove per una tazzina occorre sborsare 4,5 euro.
In Italia, secondo i dati dalla Camera di Commercio di Milano, International Coffee Organization e De’Longhi, il 97% degli italiani beve almeno uno caffè al giorno, ma la media nazionale è di quattro. Al bar il prezzo della tazzina di caffè oscilla a seconda della latitudine. A Roma una tazzina al bar costa 1,03 euro mentre il prezzo più alto si paga a Torino, dove lo scontrino è di 1,10 euro.
Oltre l’euro a tazzina ci sono Milano, 1,08 euro, e Firenze 1,04 euro, mentre sotto a un euro il primato della tazzina di caffè espresso più economica al bar spetta a Napoli con 0,91 euro cui fa seguito Palermo con 0,94 euro. Il prezzo medio del cappuccino è di 1.30 euro.
I CONSUMI Solo espresso, quasi esclusivamente al bar. In Italia il caffè non conosce altre declinazioni tanto che il caffè consumato al bar rappresenta l’’80% del valore anche se in quantità rappresenta solo il 23%.
Il 41% della popolazione italiana adulta consuma una tazza di caffè al bar almeno una volta a settimana. L’Italia è al quinto posto fra i maggiori Paesi importatori ed è al decimo posto in Europa per consumi pro-capite vista la modalità di consumo, per colazione e dopo pranzo e non come bevanda per accompagnare i pasti e la giornata come invece avviene negli altri Paesi.
Complessivamente i consumi mondiali pro-capite all’anno si aggirano sui 4,4 chilogrammi e si va dagli 11,4 chili della Finlandia ai 2,37 del Portogallo per passare attraverso i 4,20 chili degli Usa e i 5,20 della media nell’area Ue dove emerge il dato tedesco, 7,60 chili a testa.
In Italia chi consuma più caffè sono gli abitanti del Meridione, 34% il 25% lo prende al bar, seguiti dalla popolazione del Nord Ovest, 27% dei consumi e 33% al bar, mentre Nord Est e Centro si attestano attorno al 20% di consumo di caffè.
I BAR Il bar rappresenta una delle articolazioni forti della rete dei pubblici esercizi. Nei registri delle Camere di Commercio si contano 149.429 imprese appartenenti al codice di attività 56.3 (bar e altri esercizi simili senza cucina).
In sei regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio e Campania) si concentrano i due terzi delle imprese del settore. Il 54,2% di queste imprese è una ditta individuale e la variabilità regionale intorno a questo valore medio è assai sostenuta.
La forbice va dal valore minimo dell’Umbria (42,5%) al massimo della Calabria (77,8%). Il 32,4% delle imprese è attiva come società di persone, mentre la quota delle società di capitale è di poco al di sopra del 12%. In tale contesto merita una segnalazione il 12,3% della Lombardia al Nord, il 26,0% del Lazio al centro e il 14,7% della Campania al Sud.
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SONDRIO – E’stato presentato oggi a Sondrio dal Ministro Maurizio Martina il marchio identificativo del regime di qualità “Prodotto di montagna”. Lo comunica il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
Il logo, realizzato dal Mipaaf, è verde con una montagna stilizzata e potrà essere utilizzato sui prodotti previsti dal regime di qualità.
L’indicazione facoltativa di qualità “Prodotto di montagna”, infatti, è utilizzata per le materie prime che provengono essenzialmente da zone montane e nel caso degli alimenti trasformati, quando trasformazione, stagionatura e maturazione hanno luogo in montagna.
Secondo i dati forniti dalla Fondazione Montagne Italia, il valore dell’agricoltura montana in Italia è di 9,1 miliardi di euro, di cui 6,7 miliardi Appennini e 2,4 miliardi Alpi. Il numero di occupati nelle province alpine, tra il 2011 e il 2016, ha subito un incremento a doppia cifra: +10%.
“Il nostro obiettivo – ha dichiarato il Ministro Martina – è valorizzare meglio il lavoro dei produttori delle zone montane. Parliamo del 17% del totale delle imprese agricole italiane e di un terzo degli allevamenti. L’economia agricola della montagna è un pilastro fondamentale per la tenuta dei nostri territori, anche contro il dissesto idrogeologico”.
Con il regime di qualità e questo nuovo marchio, continua Martina, “i consumatori potranno riconoscere più facilmente dalle etichette le produzioni e supportare queste attività e il loro valore non solo economico, ma sociale e ambientale”.
“In questi anni – precisa il ministro – abbiamo messo in campo una serie di interventi utili per supportare le aziende agricole di montagna. Penso alla scelta di aumento dei fondi degli aiuti diretti europei passati da 2 a quasi 3 miliardi di euro complessivi fino al 2020. Penso all’aiuto accoppiato che ha destinato circa 30 milioni di euro all’anno agli allevatori delle aree montane e all’aiuto straordinario di 14 milioni di euro erogato come misura di contrasto alla crisi del prezzo del latte”.
“Penso anche al Testo unico delle foreste – conclude Martina – che dopo anni imposta una strategia di gestione e valorizzazione dei nostri boschi. Ora è cruciale dare continuità a questo lavoro, perché il futuro delle nostre montagne è il futuro di una parte importante della nostra identità”.
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Maria Teresa Basile Varvaglione movimento turismo vino puglia Copia
BARI – Cambio ai vertici del Movimento Turismo del Vino Puglia. La presidenza è stata conferita a Maria Teresa Basile Varvaglione.
“Accetto con grande piacere questo nuovo incarico – dichiara la neo presidente -. Ringrazio Sebastiano de Corato e il Consiglio uscente per aver portato a livelli di maturità il Consorzio. Mi impegno a far sì che il Movimento Turismo del Vino Puglia continui ad essere il motore della crescita dell’enoturismo regionale, valorizzando le eccellenze dei nostri territori vitivinicoli e condividendo a fondo obiettivi, progetti e opportunità”.
Alla vicepresidenza del Consorzio nominato Gianvito Rizzo. Resta in carica il direttore Vittoria Cisonno. I soci, giunti da ogni parte della regione Puglia, si sono riuniti in Assemblea presso la sede legale a Bari, per eleggere il nuovo Consiglio che resterà in carica per il mandato 2018-2020.
IL CONSIGLIO
Si amplia a 10 il numero dei consiglieri, data la corrispondente crescita del numero delle cantine associate al Consorzio con tante riconferme e alcune new entry. Nominati: Gianfelice d’Alfonso del Sordo (Cantina d’Alfonso del Sordo) per la provincia di Foggia; Sebastiano de Corato (Rivera) per la provincia di Barletta – Andria – Trani; Doni Coppi (Casa Vinicola Coppi) eAlessandra Tedone (Torrevento) per la provincia di Bari; Maria Teresa Basile Varvaglione (Varvaglione 1921) e Giuseppe Sportelli (Amastuola) per la provincia di Taranto; Giuseppe Palumbo (Tormaresca) per la provincia di Brindisi; Marcello Apollonio (Apollonio Casa Vinicola), Piernicola Leone de Castris (Leone de Castris), Gianvito Rizzo (Feudi di Guagnano) per la provincia di Lecce.
Il nuovo Consiglio ha quindi eletto il nuovo presidente del Movimento, a cui va l’importante compito di guidare 70 tra le migliori aziende vinicole di Puglia, la più ampia rappresentanza della regione, “con l’intento di avvicinare i consumatori al mondo della produzione e far conoscere i territori, la storia e la tradizione enologica locale”.
Maria Teresa Basile Varvaglione raccoglie il testimone da Sebastiano de Corato che ha guidato MTV Puglia per due mandati consecutivi, limite ultimo fissato da Statuto per la guida del Consorzio.
“Lascio la Presidenza in ottime mani. In questi ultimi 6 anni – ha dichiarato Sebastiano de Corato – il settore è cresciuto ed ha raggiunto una sua maturità, ma c’è ancora molto da fare per potenziare questa rete di azienda. In pochi anni abbiamo sviluppato un nuovo modo di fare turismo, legato al territorio, alle sue bellezze paesaggistiche e alle eccellenze enologiche della nostra regione. Sono certo – ha concluso de Corato – che il nuovo presidente saprà lavorare egregiamente in questa direzione”.
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tirreno ct e balnearia carrara toscana capitale ospitalità
CARRARA –Tutto pronto per Tirreno C.T. e Balnearia (Carrara Fiere 25-28 febbraio 2018), i due eventi che declinano a tutto tondo il concetto di ospitalità e che saranno inaugurati domani, domenica 25 febbraio, a Carrara Fiere.
Il taglio del nastro è previsto per le ore 11. Tirreno C.T. è la fiera dedicata alle ultime novità nel settore delle forniture per alberghi, ristoranti, bar, pasticcerie, gelaterie e in generale strutture ricettive, giunta al 38esimo taglio del nastro.
Balnearia, arrivata all’edizione 19, presenterà tutti i settori merceologici relativi agli stabilimenti balneari, attrezzature, arredi e impianti, prodotti e accessori per la vita all’aria aperta, tutto il comparto dell’outdoor design e dello SPA & Wellness.
Due fiere, diventate un appuntamento irrinunciabile per più di 60 mila visitatori, 410 espositori e 850 marchi presenti, 4 padiglioni occupati, per 35 mila metri quadrati complessivi.
I numeri del settore. Tirreno C.T. e Balnearia arrivano in un momento più che positivo, stando ai numeri. La ristorazione è un settore che ha ricominciato a crescere negli ultimi tre anni e con 41 miliardi di euro di valore aggiunto, è il comparto trainante della filiera agroalimentare italiana, più importante di Agricoltura e Industria Alimentare.
Secondo i dati 2016 della Federazione italiana Pubblici Esercizi, le imprese della ristorazione hanno superato quota 325 mila. L’Italia è al primo posto al mondo per densità di imprese di ristorazione, di cui oltre la metà (53,1%) ristoranti, ma anche attività di ristorazione mobile come lo street food.
Sempre secondo Fipe, il numero di italiani che consumano pasti fuori casa supera i 39 milioni. In particolare, sono circa 34 milioni coloro che pranzano saltuariamente fuori casa durante i giorni lavorativi (per cinque milioni si tratta di un’occasione abituale), mentre sono poco meno di due milioni gli abitanti della penisola che hanno cenato fuori casa almeno tre volte alla settimana.
Le imprese attive nel 2017, tra bar e ristoranti, erano 326.670 con un calo delle cessazioni registrato negli ultimi tre anni. Erano state 27.422 nel 2014, 26.777 nel 2015 e sono state 26.313 nel 2016. Resta elevato il turnover imprenditoriale: nel 2016 hanno avviato l’attività 15.714 imprese, mentre circa 26.500 l’hanno cessata, con un saldo negativo per oltre 10mila unità.
Nei primi nove mesi del 2017 hanno aperto l’attività 10.835 imprese, mentre 19.235 l’hanno cessata, determinando un saldo negativo pari a 8.400 unità. La Lombardia è la prima regione con il 15,4% del totale delle imprese, seguita da Lazio (10,9%) e Campania (9,5%).
Bar e ristoranti confermano la propria dimensione sociale con il forte ruolo delle imprese familiari (oltre il 51%), la rilevante presenza di donne tra gli imprenditori (il 54,1%) e i lavoratori (53,3%), così come di stranieri tra gli imprenditori (17,1%) e i lavoratori (24,7%). Senza dimenticare che circa il 50% dei dipendenti sono giovani con meno di 30 anni.
IL PROGRAMMA Il programma della giornata di apertura di domani, domenica 25 febbraio, è fitto. Ore 11, inaugurazione della 38esima edizione di Tirreno Ct e della 19esima edizione di Balnearia.
E in occasione del taglio del nastro, la F.I.B. Federazione Italiana Barman propone alle 11:30 Aperitivo Time e alle 14 “Sparkling Tour” selezione regionale Toscana; i primi tre classificati accederanno alle finali nazionali 2018 in Basilicata.
Quindi dimostrazione su come preparare, servire e abbinare il Sushi presso lo stand Amira. Alle 17 Aspi Associazione della Sommellerie Professionale Italiana, propone Il Tè con l’esperto Lorenzo Radaelli.
La Cucina Saperi Sapori Conoscenze, offre alle 12 l’incontro “2025 Vision: nuovi trend della Ristorazione” con il professor Emiliano Citi, consulente e formatore in area Food&Beverage, docente Scuola Internazionale di Cucina “Alma”, Colorno, Parma.
Pizza e Pasta Italiana Scuola Italiana Pizzaioli propone la nuova frontiera per la pizza senza glutine con Masterclass a cura di Alessandro Gatti. A Tirreno Ct è subito sfida con la Federazione Italiana Pasticceria Gelateria Cioccolateria e il Campionato Italiano Cake Designers FIPGC per decretare la nazionale che gareggerà durante il Cake Designers World Championship FIPGC 2019 che si svolgerà a Milano presso Host 2019.
Inoltre dimostrazioni live degli associati della Federazione sulla Pasticceria ed il Cake Design, esami per l’abilitazione al rilascio del Certificato FIP per i corsi base e dimostrazioni dell’Equipe Eccellenze Pasticceria e Cake Design Fipgc.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
BOLOGNA – Sono 178 i Paesi in cui si pratica l’agricoltura biologica, 87 dei quali con una specifica normativa nazionale.
La fotografia della produzione biologica restituita dal salone Biofach appena chiusosi a Norimberga (9 padiglioni affollati da 3.200 espositori da una novantina di Paesi del mondo, molti rimasti in lista d’attesa) è impressionante. E conferma ancora una volta che si tratta del comparto più in crescita di tutto l’agroalimentare a livello globale.
I NUMERI DEL BIO
57,8 milioni gli ettari complessivi (erano 11 milioni nel 1999, sono 1,8 milioni in Italia), che pesano per l’1,2% della superficie agricola mondiale (ma per il 21,9% in Austria, per il 18,9% in Estonia, per il 19% in Svezia e per il 14,5% in Italia), 2,7 milioni di produttori (72.154 gli operatori in Italia nel 2016).
Un mercato che vale oltre 80 miliardi di EUR, che equivale a un consumo pro capite di 11 EUR/anno a livello globale, ma è di 274 EUR in Svizzera, 227 in Danimarca, 197 in Svezia. Nell’Unione Europea, la superficie coltivata senza un grammo di sostanze chimiche di sintesi è aumentata nell’ultimo anno del l’8,2% (del 20,3% in Italia, record assoluto in Europa), i produttori del 7% (del 20,3% in Italia, altro record).
Quest’anno l’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane ha organizzato la partecipazione collettiva di circa 25 aziende (olio di oliva e aceto balsamico, pasta fresca e secca, dolciumi, pasticceria, cereali, farina e riso, formaggio e vino, conserve di frutta e verdura, ortofrutta e specialità regionali).
ITALIA AI VERTICI
L’Italia, maggior esportatore europeo (prodotti per un controvalore di quasi 2 miliardi di EUR venduti in tutto il mondo, che si aggiungono agli oltre 3 miliardi di consumi sul mercato interno), è stata ancora una volta il primo Paese per numero di espositori, dopo i padroni di casa tedeschi.
“La politica agricola comune europea deve orientarsi spendendo il denaro dei contribuenti per sostenere gli agricoltori che proteggono l’ambiente, gli animali, l’acqua, la biodiversità e il clima. Gli agricoltori biologici dimostrano anno dopo anno che la loro scelta è vincente dal punto di vista ecologico, ma anche economico”, commenta Matteo Bartolini, vice presidente di FederBio.
FederBio è stata chiamata a presentare la propria esperienza nell’ambito di due convegni tecnici del Congresso internazionale. In particolare si è trattato del convegno di presentazione dei risultati del progetto biennale BIOFOSF “Strumenti per la risoluzione dell’emergenza ‘fosfiti’ nei prodotti ortofrutticoli biologici”, che vede FederBio partner del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, di organizzazioni di produttori biologici (BRIO, Apofruit, BioTropic) e di Assofertilizzanti.
Le conclusioni del progetto hanno indotto il ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali a un intervento a tutela dei consumatori e dei produttori biologici, con un aumento dei controlli sui concimi organici e sui prodotti per la protezione delle piante attualmente in commercio, rivedendo la normativa nazionale sui concimi e fornendo direttive sull’interpretazione dei referti delle analisi.
LA RICERCA L’altro incontro tecnico al quale FederBio è stata chiamata a presentare la sua esperienza ha avuto come argomento il livello raggiunto dalla ricerca sulla trasformazione dei prodotti biologici, tema particolarmente centrale, dato che nella produzione biologica non solo si evitano i pesticidi chimici di sintesi, ma è drasticamente ridotto il numero di additivi.
La ricerca delle aziende biologiche italiane ha portato alla ripetuta vittoria del premio per il prodotto più innovativo e a decine di brevetti internazionali, garantendo al settore nazionale una forte posizione sul mercato globale.
La federazione, che ha sede a Bologna, ha anche incontrato le organizzazioni sorelle di altri Paesi per rafforzare i rapporti e definire forme di cooperazione internazionale, soprattutto in seno alle attività di IFOAM EU.
“Fruttuosi scambi di opinioni” sono avvenuti in particolare tra la delegazione di FederBio e quelle tedesca, francese, olandese e spagnola, gettando le basi per sempre più strette collaborazioni sin dal prossimo futuro.
LA PAC
Il dialogo si è incentrato principalmente sulla riforma della PAC, con un focus particolare sull’obiettivo “Public money for public goods”, sulla base della convinzione comune che sia necessario agire immediatamente, con proposte forti, concrete e condivise, al fine di influenzare quanto più possibile il testo finale del nuovo regolamento di settore che il Parlamento europeo esaminerà a marzo, con l’obiettivo di farne un valido strumento per lo sviluppo e il successo del settore negli anni a venire.
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MILANO – Contiene più caffeina un caffè lungo o un espresso? Che sapore ha la caffeina? Quante varietà di caffè esistono, oltre alle note Arabica e Robusta?
Dubbi che si potranno chiarire in un sorso al Milano Coffee Festival, in programma il 19, 20 e 21 maggio. Appuntamento al Base di via Tortona, 54.
Un’occasione per scoprire come la concezione stessa di caffè stia cambiando, anche in Italia. Avvicinandosi al concetto di “slow coffee”. Avete letto bene. Quello che all’apparenza può sembrare un ossimoro, in realtà è l’espressione più moderna della “pausa caffè”. La versione 2.0.
Ad assicurarlo è Francesco Masciullo, campione italiano Baristi 2017 ospitato ieri da Zodio, a Rescaldina (MI). “Città come Londra e Melbourne – evidenzia il 26enne di origini salentine – sono avanti anni luce rispetto all’Italia su un’idea diversa del caffè. Le caffetterie specializzate sono moltissime, nel mondo. Qui da noi se se contano solo una decina”.
Si può trovare Masciullo dietro al bancone di Ditta Artigianale, a Firenze. A Milano i punti di riferimento sono due: Cofficina e Orso Nero. A Brescia c’è Tostato. Il sud è ancora più restio al “cambiamento”. Ma Quarta Caffè di Lecce sta provando a portare vento nuovo, dopo anni di produzione intensiva di caffè base Robusta (meno qualitativa rispetto all’Arabica e dai sentori meno fini, anche se apprezzabilissimi).
“Esistono 150 specialità botaniche di caffè – ricorda Francesco Masciullo – eppure quella che più si adatta per caratteristiche e qualità alla concezione di ‘slow coffee’ è l’Arabica. Quando parliamo di slow coffee ci riferiamo a un modo nuovo di concepire il caffè: quello che tecnicamente viene definito ‘caffè filtro’ e che, nel gergo comune, è noto come ‘infuso di caffè'”.
Per ottenerlo esistono almeno due metodi: il V 60 e la french press. A differenza dell’espresso classico, che finisce in tazza per pressione, il caffè si ottiene per “macerazione” o, meglio, per “infusione”.
Un procedimento simile a quello del the o del vino, se si pensa al contatto – più o meno prolungato – del filtro con l’acqua calda, o del mosto con le bucce, per favorire l’estrazione di sostanze come polifenoli e antociani.
In realtà, c’è una sostanziale differenza anche tra V 60 e french press. Il V 60 è tecnicamente definito “drip”: il caffè si ottiene per percolazione. La “V” ricorda la forma di questo semplice marchingegno, nel quale si poggia il filtro e si versa l’acqua calda. Il numero 60 rappresenta l’ampiezza dell’angolo di questa sorta di piramide rovesciata.
I METODI SLOW A differenza del V 60, il metodo per ottenere un buon caffè attraverso la french press prevede due passaggi: infusione ed estrazione. Cambia dunque il gusto. “L’esame visivo non basta per definire la qualità di un caffè – spiega il campione italiano Francesco Masciullo – occorre infatti assaggiarlo, per definirne l’equilibrio e il corretto bilanciamento”.
Dalla french press possiamo aspettarci un corpo maggiore rispetto al V 60. Prevede infatti una fase di pressione (come l’espresso classico, ma ben più delicata e prolungata) operata dallo stantuffo, definito tecnicamente plunger. In particolare sono tre i passaggi necessari per concedersi un caffè con la french press:
1) Blooming: la pre infusione, che serve a eliminare buona parte della Co2 e dei gas volatili contenuti naturalmente nei chicchi di caffè
2) Infusione
3) Estrazione
Fondamentale il giusto tipo di macinatura. In una scala da uno a dieci:
1) La macinatura 1 è quella del’espresso da bar
2) La macinatura 4 è quella della Moka
3) La macinatura 6 è adatta al V 60
4) La macinatura 8 è perfetta per french press e syphon
Perché è importante la macinatura? “Tra un metodo di estrazione e l’altro – spiega Masciullo – il fattore determinante è il ‘tempo di contatto’ del caffè macinato con l’acqua, all’interno del filtro. Più il metodo richiede tempi lunghi di estrazione, più la grana del caffè dev’essere grande”.
Basti pensare che il tempo di estrazione di un caffè espresso classico è di circa 30 secondi (macinatura fine). Occorrono 2-3 minuti per ottenere un caffè da V 60 (macinatura media). Con il syphon, il tempo di estrazione aumenta, toccando soglia 3-3½ minuti (macinatura media-grossa). Il metodo french press prevede infine 4-5 minuti di contatto (grana grossa).
La prima fase di estrazione è la più delicata, in quanto determina i fattori alla base di un buon caffè:
1) Acidità
2) Dolcezza
3) Amarezza
Anche le dosi di caffè ed acqua sono parte di una vera e propria “ricetta”, utile a ottenere un perfetto slow coffee. Il parametro standard è di 60 grammi di caffè per un litro d’acqua.
Quale metodo privilegiare? “Per una tazza delicata e a suo modo corposa – risponde Masciullo – consiglio di usare il metodo V 60, che trasforma il caffè in un vero e proprio rito. Per una tazza standard, quotidiana e più facile da preparare, sceglierei la french press, che potrebbe tranquillamente prendere il posto della moka, se solo iniziassimo a pensare al caffè in maniera innovativa”.
LA TAZZINA GIUSTA
Fa bene Masciullo a parlare di “tazze”. C’è forse un materiale o una forma migliore per godere appieno degli aromi di un caffè? “Per l’espresso classico – assicura il campione italiano Baristi – fidatevi di tazze con la base convessa, più stretta rispetto alla parte alta”.
“Per quanto riguarda il materiale – conclude Masciullo – consiglio la ceramica, che trattiene più calore del vetro. Lo spessore della tazza è invece legata più a un fattore di estetica che alle capacità di garantire una perfetta degustazione”. Già, “degustazione”. Altro che le veloci “pause caffè”. Alzi la mano, allora, chi è pronto per per la slow coffee revolution.
Francesco Masciullo campione italiano baristi 2017 caffe filtro intervista
macinatura caffe Milano Coffee Festival Slow Coffee
v 60 caffe filtro Milano Coffee Festival Slow Coffee 3
v 60 caffe filtro Milano Coffee Festival Slow Coffee
v 60 caffe filtro Milano Coffee Festival Slow Coffee 2
french press Milano Coffee Festival Slow Coffee 8 1
french press Milano Coffee Festival Slow Coffee 3 1
french press Milano Coffee Festival Slow Coffee 1
french press Milano Coffee Festival Slow Coffee 2
v 60 caffe filtro Milano Coffee Festival Slow Coffee 4
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Non solo uno dei vini italiani più famosi al mondo, ma anche uno di quelli storicamente più importanti. Troviamo tracce storiche del Chianti già nel XVI secolo, passando poi per la prima definizione dei confini della zona di produzione nel 1716 e attraverso la prima forma di definizione dell’uvaggio, grazie al Barone Bettino Ricasoli nella prima metà del 1800.
Una lunga storia che giunge a noi attraverso la costituzione del consorzio del Gallo Nero nel 1924 e dall’introduzione della specifica “classico” nel 1932, e un disciplinare modificato l’ultima volta nel 2013.
È il tempo, quindi, a consegnarci il Chianti Classico. Ma, all’atto pratico, come si comporta il vino alla sfida col tempo? È stata la sezione di Varese dell’Onav a tentare di dare una risposta. Organizzando una splendida verticale di Chianti Classico Riserva “Il Poggio” di Castello di Monsanto, lo scorso 26 gennaio. Cinque vini, uno per decennio. Per assaporare lo scorrere del tempo.
LA VERTICALE Riserva Il Poggio 2013. 14,2% per un vino nato in un’annata fresca ed equilibrata. Vinificazione in tonneaux sia di primo che di secondo passaggio, delestage per una estrazione dolce. Uvaggio 90% Sangiovese e 10% Colorino.
Colore rubino non particolarmente inteso, unghia lievemente aranciata. Molto intenso al naso, pulito. Quasi non avvertiamo sentori terziari, ma grandi note fruttate. Ciliegio, viola, una leggera nota terrosa. Solo dopo un po’ avvertiamo un leggero sentore tostato o di legna da camino. In bocca è piacevole con un tannino leggermente aggressivo ed amaricante. Molto fresco grazie alla viva acidità.
Riserva Il Poggio 2006. 14% figli di un’annata altalenante con stagione di raccolta ottimale. 18 mesi in tonneaux.
Più colorato del precedente, più carico, più coprente. Anche al naso è più intenso e regala sensazioni diverse. Marmellata di lamponi, vaniglia, fiori appassiti, marasca. Iniziamo a percepire una maggiore presenza di note terziarie come pepe, chiodi di garofano, cacao, terra. Chiude una nota mentolata.
In bocca il tannino è vivo, deve ancora evolvere. Meno amaro del 2013 il sorso è pulito e chiude con una lunga persistenza.
Riserva Il Poggio 1999. 13,8%. il 40% del vino fa barrique per 8 mesi, 60% botti di slavonia da 50hl. Vent’anni iniziano a farsi sentire e il vino cambia registro. Colore integro, al naso si avvertono subito sentori di rabarbaro e radici ed agrume (chinotto).
I terziari si spendono in note di pepe, terra, ruggine, tamarindo e legni balsamici. Profumi molto diversi rispetto ai due fratelli minori assaggiati in precedenza. All’assaggio è integro, nessuna ossidazione, fresco ed armonico accompagna la persistenza con un retro olfattivo ricco di caffè e marasca.
Riserva Il Poggio 1982. 13,9%. Tre anni e mezzo in botti Slavonia da 50hl. Un’annata che già all’epoca fu considerata “di allungo”, capace di dare vini longevi.
Nobile color aranciato al naso somiglia più al 2006 anche al 1999. Marmellata di frutti rossi, terra, grafite, cacao, caffè, tabacco ed una nota balsamica. Agile in bocca, di buona acidità e tannino vellutato. Persistente. Stupisce per la sua gioventù e per la sua schiettezza.
Riserva Il Poggio 1977. 13,8%. Tre anni e mezzo in botti Slavonia da 50hl. Annata regolare. Colore che tende al bruno. Al naso è difficile e contrastante. Radici, tamarindo, liquirizia, rabarbaro. Una nota dolciastra che può ricordare l’assenzio o il vermuoth ma sempre in contrasto con le note secco/amare.
Pulito, senza “danni”, fa sentire i suoi anni. In bocca è meno integro del precedente ma l’acidità ancora supporta il sorso. Equilibrato ed armonico il tannino ancora “asciuga” la bocca.
CASTELLO DI MONSANTO, “CRU” IL POGGIO
Il Castello di Monsanto risale alla metà del 1700, ma è molto più recentemente che il suo nome diventa iconico nel mondo del Chianti.
Nel 1961 viene acquistato da Aldo Bianchi, incantato dalla vista che si gode dal suo terrazzo, e lo donò al figlio Fabrizio in occasione del suo matrimonio.
Stregato dai vini della tenuta Fabrizio iniziò a dedicarsi ad essi. Nel 1968, in controtendenza con quanto era in uso allora, decise di eliminare le uve a bacca bianca dall’uvaggio.
Il messaggio era chiaro: è il Sangiovese la vera ricchezza di questa terra. Nello stesso anno la scelta di eliminare i raspi per ottenere un vino più complesso ed equilibrato.
Tutto questo applicato alle uve provenienti dal vigneto Il Poggi. 5,5 Ha, il primo “cru” di Chianti Classico.
Vigneto collinare che insiste su galestro, un terreno scistoso argilloso che tende a sfaldarsi naturalmente e che dono al vino i suoi particolarissimi sentori.
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Lunedì 12 febbraio il Consorzio del vino Orcia accoglierà a San Quirico d’Orcia un gruppo di importatori esteri alla scoperta del vino Orcia Doc e del suo territorio, patrimonio Unesco e destinazione del vino 2018 per Wine Enthusiast.
L’incoming è inserito nel programma di Buy Wine 2018, la più grande iniziativa commerciale per il settore vitivinicolo in Toscana giunto alla sua ottava edizione e organizzato dalla Regione Toscana, in collaborazione con PromoFirenze.
IL PROGRAMMA
Il programma di quest’anno prevede ben 6 educational tour della durata di 2 giorni in cui i buyers avranno la possibilità di conoscere i territori del vino con degustazioni e visite guidate in azienda, grazie all’organizzazione dei Consorzi del vino toscani.
Nelle splendide e originali sale affrescate di Palazzo Chigi a San Quirico d’Orcia, il Consorzio del vino Orcia accoglierà circa 20 importatori di ben 10 nazionalità diverse, fra cui Azerbaijan, Taiwan e Messico.
“Si tratta della quinta esperienza di incoming di buyers nel nostro territorio e riteniamo che sia di grande utilità per le cantine che fanno parte della denominazione Orcia per avvicinarsi ai mercati esteri e per ampliare il proprio portafoglio clienti” spiega Donatella Cinelli Colombini, Presidente del Consorzio vino Orcia.
Ad aprire la giornata di lunedì, patrocinata dal Comune di San Quirico d’Orcia, ci sarà la presentazione della denominazione a cura della Presidente del Consorzio Orcia e una masterclass di 9 vini Orcia guidata dalla sommelier professionista Suzanne Branciforte.
A seguire, i buyers incontreranno le aziende partecipanti (Atrivm, Bagnaia, Campotondo, Capitoni Marco, Donatella Cinelli Colombini, Loghi, Roberto Mascelloni, Poggio Grande e SassodiSole) in una degustazione “around the table” accompagnata da assaggi di prodotti tipici preparati dalla Bottega delle Carni (Sapore di Valdorcia) di San Quirico d’Orcia. E ancora, i buyers andranno in visita nelle cantine del vino Orcia insieme ai produttori.
Una sinergia fra più soggetti che condividono gli stessi obiettivi volti alla promozione del territorio (dal 2004 riconosciuto Patrimonio dell’Umanità Unesco e inserito recentemente nella Top 10 della classifica 2018 delle destinazioni del vino della rivista statunitense Wine Enthusiast) e delle sue eccellenze.
IL CONSORZIO DEL VINO D’ORCIA
La denominazione Orcia è nata il 14 febbraio 2000, comprende le varietà Orcia ottenuto da uve rosse con almeno il 60% di Sangiovese e Orcia “Sangiovese” con almeno il 90% di questo vitigno, entrambe anche nella tipologia “Riserva” oltre a tipologie Bianco, Rosato e Vin Santo.
I vini nascono in una quarantina di cantine e manifestano l’impegno e la passione dei produttori che nella stragrande maggioranza fanno tutto direttamente: dalla vigna alla vendita delle bottiglie. In un’epoca di globalizzazione, il vino Orcia è ancora un prodotto familiare, fatto da chi vive in mezzo alle vigne, nel rispetto della natura e con ottime competenze di enologia e viticultura.
Il vino Orcia è prodotto in uno dei comprensori agricoli più belli del mondo e in parte iscritto nel patrimonio dell’Umanità Unesco. Dodici comuni: Buonconvento, Castiglione d’Orcia, Pienza, Radicofani, San Quirico d’Orcia, Trequanda e parte di Abbadia San Salvatore, Chianciano Terme, Montalcino, San Casciano dei Bagni, Sarteano e Torrita di Siena.
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TRENTO – Dopo Vancouver 2010 e Sochi 2014, Ferrari torna alle Olimpiadi invernali come bollicina ufficiale di Casa Italia. Questa volta l’appuntamento è a PyeongChang, in Corea del Sud, dal 9 al 25 febbraio.
Anche in questa occasione, a meno di due anni dalle Olimpiadi di Rio 2016, il CONI ha voluto coinvolgere le eccellenze italiane dell’enogastronomia, dell’arte e del design, trasformando Casa Italia in una vera “ambasciata” dello stile di vita italiano, punto di riferimento di tutta la delegazione italiana.
All’interno della Club House del Yongpyong Golf Club, cuore dell’Alpensia Resort, centro nevralgico delle competizioni e delle cerimonie olimpiche, Casa Italia è stata inaugurata il 7 febbraio con un brindisi Ferrari e sarà il luogo dove si celebreranno, sempre con Ferrari, tutte le vittorie dell’Italiateam.
Dopo Horizontal, il progetto di Rio 2016, Casa Italia a PyeongChang seguirà un concept altrettanto forte: Prospectum. Se infatti l’invenzione della prospettiva si deve ai pittori rinascimentali italiani, ancora oggi il punto di vista italiano è universalmente riconosciuto come creatore d’eccellenza.
Per questo Casa Italia non sarà solo il luogo di accoglienza di tutta la delegazione italiana, ma rappresenterà una vera summa del “Bello e del Buono” che caratterizza il nostro Paese.
La proposta gastronomica, accompagnata dalle bollicine Ferrari Trentodoc e dai vini delle Tenute Lunelli, sarà coordinata da due chef di montagna: Graziano Prest, dello stellato Tivoli e Fabio Pompanin del Ristorante Al Camin, entrambi ristoranti di Cortina d’Ampezzo, che nel 2021 ospiterà i Mondiali di Sci Alpino. Dopo il brindisi di apertura, l’augurio è che a Casa Italia saltino molti altri tappi per festeggiare le vittorie degli atleti azzurri.
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VERONA – Giunge alla quinta edizione il Premio Poesia Cantina Valpantena, un appuntamento biennale ideato e organizzato dalla cooperativa di Quinto di Valpantena (Verona) che si ripete dal 2010.
Il concorso, aperto a tutti, è nato per sottolineare il legame tra opera letteraria e attività vitivinicola. Radici è il tema scelto e proposto dalla giuria di questa edizione per sottolineare il rapporto tra operosità contadina e creazione poetica, entrambe espressioni della cultura popolare.
Ogni partecipante potrà inviare un solo componimento inedito e mai premiato in altri concorsi di lunghezza non superiore ai 15 versi. Nell’ultima edizione sono state raccolte in totale 600 poesie arrivate da tutta Italia, testimoni di molteplici territori.
La giuria di quest’anno sarà presieduta dal professore e poeta Antonio Seracini e composta da Bruno Avesani, docente e storico, Annamaria Fraccaroli, docente e socio della Cantina, dalle poetesse Nerina Poggese e Fabiola Ballini e da Alessandro Arnesano, segretario del concorso.
La poesia vincitrice diventerà la nuova etichetta di una bottiglia celebrativa, realizzata in edizione limitata. I primi tre classificati riceveranno rispettivamente premi del valore di 1200 euro, 600 euro e 300 euro in vino e olio tra cui l’Amarone della Valpolicella Docg Torre del Falasco, il Recioto della Valpolicella Docg Tesauro e l’olio Extra Vergine di oliva Dop Villa Torre del Falasco.
Sono previste anche menzioni speciali per venti poesie meritevoli. La cerimonia di premiazione si terrà nella sede della Cantina, a Quinto di Valpantena, nel mese di ottobre 2018. I componimenti vanno inviati entro il 31 marzo 2018 a concorsopoesiavalpantena@virgilio.it.
La partecipazione è gratuita e rivolta a tutti. Maggiori informazioni al sito www.cantinavalpantena.it e regolamento completo su www.concorsiletterari.it.
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LAZISE – Le sponde del Garda si colorano di rosa in occasione di Lake Garda in Love. Sabato 10 e domenica 11 febbraio 2018 le cittadine di Lazise, Bardolino, Garda e Torri del Benaco ospiteranno l’evento dedicato agli innamorati, che brinderanno al loro amore con il Chiaretto di Bardolino.
Il rosé gardesano sarà protagonista durante le due inaugurazioni della giornata di sabato: alle 10.30 il brindisi davanti alla Passeggiata d’Amore, il percorso pedonale sul lungolago che collega Bardolino a Garda, e alle 18.30 l’accensione del Castello Scaligero di Torri del Benaco, che per l’occasione si tinge di rosa diventando il Castello degli Innamorati.
Lake Garda in Love si concluderà a Garda, sul Lungolago Regina Adelaide, con l’esplosione dei Soffi d’Amore: una cascata di coriandoli rossi cadrà sui partecipanti, che potranno vincere ricchi premi. I fortunati che troveranno i cuori rosa riceveranno in regalo una bottiglia di Chiaretto offerto dal Consorzio Tutela del Chiaretto e del Bardolino, mentre con i coriandoli gialli si avrà diritto a dei dolcetti marchiati Lidl.
Durante le due giornate, inoltre, non mancheranno i momenti dedicati a show cooking e degustazioni: nella Vela del Cuore, in Piazza del Municipio di Garda, si potranno assaggiare il risotto con il Radicchio di Verona IGP e i Nodini nel Pastificio Avesani abbinati ad un calice di Chiaretto.
“Siamo felici – spiega Franco Cristoforetti, Presidente del Consorzio Tutela del Chiaretto e del Bardolino – che il nostro rosé sia uno dei protagonisti di Lake Garda in Love. È un vino leggero, adatto ad accompagnare giornate di festa sul lago di Garda, e il suo colore lo rende particolarmente adatto a questa occasione. Senza dimenticare che le quattro cittadine in cui si svolge l’evento fanno parte della zona di produzione di questo vino”. Tutte le informazioni su www.lakegardainlove.it
INFO IN BREVE | Lake Garda in Love
Data: sabato 10 e domenica 11 febbraio 2018.
Luogo: Lazise, Bardolino, Garda e Torri del Benaco
Biglietto: Ingresso gratuito. Biglietto €5 per la degustazione di risotto al Radicchio di Verona IGP, Nodini nel Pastificio Avesani e calice di Chiaretto
Info: www.lakegardainlove.it
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Notturno di Meteri eccellenza e terroir sul Brenta
VENEZIA – Una nuova sede, un simposio sui vini mitteleuropei e ancora più vignerons. La quarta edizione di Notturno – Ambasciatori del Terroir si prepara ad accogliere professionisti ed appassionati che lunedì 26 marzo 2018, a Villa Foscarini Rossi di Strà (Venezia), potranno conoscere e degustare i vini di oltre cinquanta produttori provenienti da tutta l’Europa.
Il salone, quest’anno aperto dalle 12.00 alle 22.00, sarà anticipato da un simposio a numero chiuso in programma dalle 10.00 alle 12.00 e dedicato ai vini della Mitteleuropa. Relatore del convegno sarà Niko Dukan, giornalista croato esperto di vini naturali, interverranno inoltre il critico gastronomico Paolo Vizzari, gli Chef Christian e Manuel Costardi e Dario Spezzamonte, gestore dell’osteria “Estro – Vino & Cucina” a Venezia. Al termine del Simposio sarà servito un piatto preparato dagli Chef Costardi.
Ad ospitare l’evento sarà Villa Foscarini Rossi, palazzo secentesco di Strà che sorge lungo la Riviera del Brenta. Le sale affrescate della villa accoglieranno alcuni dei maggiori viticoltori europei, selezionati da Meteri per la straordinarietà dei vini.
Tutti i produttori si distinguono infatti per il forte legame con il terroir di appartenenza, la coltivazione secondo pratiche biologiche e biodinamiche, la valorizzazione dei vitigni autoctoni e le lavorazioni in cantina nel rispetto dell’identità del vino.
Durante tutta la giornata si potranno inoltre degustare alcune specialità gastronomiche e sarà presentata la nuova linea SALE, una selezione delle migliori materie prime e di alcune eccellenze alimentari d’Italia.
In cucina si alterneranno tre brigate di chef che, utilizzando come base i prodotti di SALE, realizzeranno diversi piatti in degustazione per il pubblico. Per info: bit.ly/Notturno2018 e www.meteri.it.
INFO IN BREVE | NOTTURNO – AMBASCIATORI DEL TERROIR
Data: lunedì 26 marzo 2018
Simposio sui vini della Mitteleuropa dalle 10.00 alle 12.00
Ingresso clienti di Meteri dalle 16.00 alle 22.00
Ingresso operatori Ho.re.ca dalle 12.00 alle 22.00
Luogo: Villa Foscarini Rossi – Via A. Pisani Doge, 1/2, 30039 Stra (Venezia)
Biglietto: l’ingresso è a numero chiuso e riservati ai clienti di Meteri. La quota di partecipazione al Simposio è di € 50 e lo stesso biglietto sarà poi valido per partecipare all’evento Notturno.
Info: bit.ly/Notturno2018 e www.meteri.it
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
BOLOGNA – “Il futuro della vitivinicoltura dell’Emilia Romagna tra cambiamenti climatici e innovazione” è il titolo del seminario organizzato a Bologna da Regione Emilia Romagna ed Enoteca Regionale Emilia Romagna.
Appuntamento lunedì 12 febbraio alle ore 10 (Sala Poggioli, Terza Torre – Viale della Fiera, 8). Aprirà i lavori Pierluigi Sciolette, Presidente di Enoteca Regionale, con un intervento dal titolo “Il sistema vitivinicolo regionale”.
Seguiranno i contributi di Mauro Catena, consulente Enoteca Regionale “Base ampelografica e adattamento ambientale per una viticoltura competitiva e sostenibile”; Stefano Poni, Docente Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, su “Innovazione per la difesa e l’incremento di competitività della viticoltura regionale”.
Il convegno sul futuro della vitivinicoltura dell’Emilia Romagna proseguirà con gli interventi di Claudio Biondi, Presidente Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena, e Giordano Zinzani, Presidente Consorzio Vini di Romagna, che parleranno di “Un’evoluzione coerente con esigenze di tutela della qualità e del reddito dei produttori”.
Roberta Chiarini, Dirigente Servizio Organizzazioni di Mercato e Sinergie di Filiera Regione Emilia-Romagna, parlerà invece di “Programmi e opportunità a sostegno del settore”.
Dopo il dibattito, le conclusioni saranno affidate a Simona Caselli, Assessore Agricoltura della Regione Emilia-Romagna. Modera il seminario Mario Montanari, Dirigente Servizio Innovazione, Qualità, Promozione e Internazionalizzazione del Sistema Agroalimentare Regione Emilia Romagna.
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Enovitis in campo 2018 tappa in Emilia Romagna Fiera Verona
VERONA –L’appuntamento è per il21 e il 22 giugno 2018 in Emilia Romagna, a Fabbrico (RE) presso la Società Agricola Il Naviglio dei F.lli Fantini. Ma “la grande affluenza ai convegni organizzati a Enovitis in Fiera è espressione di un forte interesse per la prossima edizione in Emilia Romagna di Enovitis in Campo, alla quale si sono già iscritti molti tra i massimi espositori del settore proprio in questi giorni a Verona”.
Con queste parole Paolo Castelletti, segretario generale di Unione Italiana Vini, commenta il successo di Enovitis in Fiera, progetto nato dalla collaborazione diUnione Italiana Vini con Fieragricola tenutosi durante la 113ª edizione della rassegna internazionale dedicata all’agricoltura a Fiera di Verona, che anticipa la prossima edizione di Enovitis in campo in Emilia Romagna.
“Ciò dimostra molta voglia da parte degli operatori di mettersi alla prova in un vigneto così all’avanguardia come quello emiliano, dove alta specializzazione e tecnologia sono diventati fattori fondamentali che hanno contribuito alla crescita del Lambrusco in tutto il mondo”.
“Siamo quindi molto soddisfatti per la strada intrapresa e che Enovitis in Campo cresca ogni anno di più – conclude Castelletti – attraendo il comparto con una proposta di novità concreta. Sarà un’edizione imperdibile, che già si preannuncia da record”.
I DETTAGLI Nell’area espositiva di Enovitis in Fiera i convegnie gli workshop sulle tematiche più calde del settore vitivinicolo hanno registrato il tutto esaurito.
Oltre 200 presenze per la giornata inaugurale di giovedì 1 febbraio, con grande partecipazione al convegno “I cambiamenti climatici e la difesa del vigneto”, tema di grande attualità, durante il quale è stato affrontato e approfondito per la prima volta questo aspetto fondamentale per il settore.
Plauso anche per “Sostenibilità in cifre. Il progetto SOS.t”, dove è stata presentata la prima certificazione multi-aziendale relativa al progetto di alcune imprese della Maremma (Castello d’Albola, Cantina di Pitigliano, Cantina I Vini di Maremma, Podere San Cristoforo e Tenuta Rocca di Montemassi) che hanno promosso soluzioni atte a migliorare la sostenibilità della filiera vitivinicola.
Ieri, 2 febbraio, è stata invece la volta del seminario “Dal campo al calice di vino: digitale + sostenibilità per lo sviluppo della produzione viticola”, occasione per tracciare una fotografia su quali siano gli strumenti digitali a disposizione del viticoltore per una produzione sostenibile in vigneto.
Il convegno nasce all’interno di Tergeo, progetto promosso da Unione Italiana Vini per la raccolta, la qualificazione e la divulgazione di soluzioni innovative per migliorare la sostenibilità dell’impresa vitivinicola e dell’intera filiera.
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ROMA – Sono 13.141 i beni immobili confiscati e restituiti alla collettività, di cui il 29% sono terreni (3.800 beni).
E’ stato firmato oggi, al Palazzo dell’Agricoltura, il Protocollo d’intesa tra il Mipaaf, l’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) e l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. (ANBSC).
Il protocollo, che rappresenta un ulteriore tassello del percorso di collaborazione intrapreso dal Ministero con l’ANBSC già dal 2015, intende facilitare una più efficiente gestione dei terreni e delle aziende agricole confiscate.
Incentivando la condivisione del patrimonio informativo, l’intesa ha una portata strategica poiché consente di conoscere, e di conseguenza valorizzare, il patrimonio fondiario che in questi anni è stato soggetto a sequestro e confisca proprio grazie allo scambio dei dati di cui ciascun soggetto dispone. ANSBC attualmente ha in gestione quasi 7.000 beni classificati come terreni.
Attraverso questo modello operativo è dunque possibile mettere a sistema più informazioni e restituire una fotografia reale dei territori, facendo emergere la vocazione dei terreni e gli strumenti più appropriati di valorizzazione, stante l’alto valore simbolico.
Grazie a questa collaborazione, inoltre, è possibile mettere in campo le azioni necessarie per prevenire eventuali frodi connesse a un utilizzo improprio dei fondi comunitari ricadenti sui terreni o sul patrimonio dell’azienda agricola oggetto di sequestro e confisca.
“L’intesa raggiunta oggi fa parte di un percorso di consapevole riappropriazione di beni della collettività, da riportare a valore della collettività – ha dichiarato il Vice Ministro Andrea Olivero -. Ricollocare un bene confiscato ha un notevole livello di complessità, basta solo pensare alla pluralità di soggetti necessari per una corretta gestione. Allo stesso tempo, dobbiamo sostenere e accrescere il riconoscimento del valore sociale ed economico del bene stesso dal momento della sua rinascita”.
“Per questo – continua Olivero – ritengo che la rete attivata oggi possa contribuire al rafforzamento dei principi etici e legali. Infine voglio sottolineare la stretta connessione tra i beni confiscati in agricoltura e l’agricoltura sociale come nuova forma di coalizione, di solidarietà e anche modello di welfare nelle aree rurali. È questo l’obiettivo che ho da sempre sostenuto nel mio mandato governativo, già con la promozione della Legge 141/2015 e con le attività dell’Osservatorio dell’Agricoltura Sociale”.
IL PROTOCOLLO NEL DETTAGLIO – LE AZIONI – Aggiornamento del database di Agea con i dati delle confische dei terreni (per la sospensione e l’eventuale recupero delle erogazioni non dovute)
– Arricchimento della conoscenza da parte della ANBSC delle caratteristiche specifiche dei terreni confiscati e delle colture associate per la programmazione delle destinazioni
– Accesso al fascicolo aziendale da parte dell’Agenzia per la gestione delle imprese agricole confiscate
– Pubblicazione e divulgazione dei dati specifici dei terreni ai fini dell’incentivazione da parte degli enti territoriali (e altri aventi diritto) alle richieste di destinazione
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Angiolino Maule vinialsupermercato credits Lorenzo Rui
Millenovecentottantotto, duemiladiciotto. Trent’anni di sacrifici e battaglie. Trent’anni di strade in salita, costellate da pozzanghere e buche grosse come crateri. Di quelle capaci di trasformarti da solista a capo del coro. Oppure da sognatore a fallito.
Chi dice che i vini naturali non esistono, forse, semplicemente, non hai mai incontrato in vita sua Angiolino Maule. Uno capace di metamorfosi kafkiane. Pazzo scatenato e ignorante (per molti) negli anni Novanta. Oggi, definitivamente, un pioniere.
Un “estremista”, fino a ieri. Poi diventato un “equilibrato del naturale” (parole sue). Eppure Maule non è cambiato mai. Qualche capello bianco in più, certo. Qualche ruga sul volto, dovuta ai troppi vaffanculi sottaciuti da un carattere pacato e meditativo, più che agli anni sul groppone. Roba rara da trovare tra i veneti.
Mentre l’Italia lo prendeva per scemo, Angiolino Maule e la moglie Rosamaria, sul finire degli anni Novanta, cominciavano a raccogliere i primi successi della loro azienda agricola: La Biancara di Montebello Vicentino.
Oggi Maule è presidente di VinNatur, l’Associazione Vini Naturali da lui fondata nel 2006, che dal luglio 2016 ha stilato un vero e proprio disciplinare per i propri associati (scaricabile integralmente qui).
Non sono troll le migliaia di visitatori che ogni anno, tra Genova e Vicenza, affollano gli stand degli oltre 170 produttori di vini naturali (italiani ma non solo, alcuni dei quali mappati da Decanter) che si riconoscono nei principi dell’associazione. E non è un troll neppure Angiolino Maule, che concede a vinialsuper questa intervista in esclusiva.
Che cos’è il vino naturale? E’ il vino prodotto senza utilizzo di prodotti di sintesi, né in vigna né in cantina. E con il minor impatto possibile sull’ecosistema
Quali sono gli strumenti a garanzia del consumatore, circa l’effettiva “naturalità” del vino? Quali strumenti ha messo in campo, in questo senso, VinNatur?
VinNatur da 10 anni effettua analisi a tutti gli associati su residui di pesticidi e solforosa totale all’interno dei vini. I produttori che hanno vini con residui e con livelli di anidride solforosa superiori ai 50 mg/l vengono allontanati dall’associazione in un percorso di due anni al massimo.
Ora abbiamo sviluppato anche un disciplinare interno e ci stiamo attrezzando per farlo rispettare in ogni sua parte, tramite controlli alle aziende associate che saranno eseguiti da enti certificatori esterni. Per quanto riguarda altri vini naturali non sono a conoscenza delle eventuali garanzie.
Quante bottiglie produce all’anno il “vigneto naturale” italiano? Su quanti ettari? Proprio per il fatto che non esiste una normativa è difficile stabilirlo. VinNatur in Italia “produce” nel suo insieme circa 5 milioni di bottiglie suddivise su 150 produttori, che in media posseggono 10 ettari vitati.
In Italia, lei è un precursore dei vini naturali: come ha visto evolversi il mercato, in Italia e all’estero?
Per quanto riguarda la mia azienda, fino al 2010 lavoravo prevalentemente all’estero, dove tutt’ora ci sono ottime prospettive anche per aziende piccole o sconosciute. Oggi vedo anche in Italia una bella evoluzione.
Si è passati dal parlarne tanto con pochi consumi, al parlarne e fare economia. Vedo sempre più ristoranti di alto livello proporre vini naturali anche non blasonati e questo mi rende felice.
Esistono vini naturali del tutto privi di quelli che, in una degustazione professionale, sarebbero considerati difetti? Direi proprio di si!
In percentuale, quanti vini naturali “difettati” riscontra ogni 10 assaggi? E in passato? Potrei dire 1 su 10, mentre in passato erano sicuramente di più.
Spesso la critica che viene mossa ai produttori di vini naturali è che facciano passare per “pregi” i difetti del vino: cosa risponde? Purtroppo ci sono ancora colleghi che la pensano così e quindi la critica è più che giusta. I difetti nascondono il vero terroir e la vera espressività del vino, non dobbiamo mai dimenticarlo. Io e molti altri che hanno l’umiltà delle proprie azioni abbiamo sempre ammesso i nostri errori.
Per primi ce ne scusiamo e ci impegniamo ad affrontarli e capire come non ripeterli. Quando presento i miei vini sono il primo a dire “buono, però ora che lo assaggio, lo avrei fatto diversamente e forse migliore!”.
I vini naturali attirano sempre più l’interesse del pubblico, ma sembrano destinati a restare comunque un fenomeno di nicchia, per pochi eletti: perché? Pensa che qualcuno sbagli a comunicarli? Qual è, secondo lei, il modo migliore per avvicinare al mondo dei naturali chi non li conosce? Non credo rimarranno fenomeni di nicchia. Già il Bio sta arrivando alle grandi cooperative vinicole più intraprendenti. Il “naturale” si sta allargando lentamente ma ritengo sia meglio così! Dobbiamo presentarci con umiltà, dicendo quello che facciamo, senza denigrare l’altro.
Sottolineare le differenze tra naturali e convenzionali come ha fatto di recente Live Wine è positivo, oppure ostacola il graduale avvicinamento dei due “mondi”? L’idea del confronto tra diversi approcci non è nuova, è un’idea già utilizzata in passato da altri. Ad una prima vista è fuorviante e per questo non mi è mai piaciuta particolarmente.
Lei beve vini “convenzionali” / “biologici”? Raramente bevo convenzionali e non mi voglio esprimere. Troppi “biologici / tradizionali” che mi capita di bere hanno un gusto per me simile al convenzionale, quindi senza personalità. Credo sia un vero peccato.
Gli additivi presenti nel “vino convenzionale/biologico/biodinamico” possono essere considerati pericolosi per la salute? Ad eccezione di solforosa in eccesso e pesticidi (soprattutto se ci sono più principi attivi) gli altri non sono pericolosi.
Qual è il prezzo di un vino naturale? Dipende dalla qualità. Ci sono vini naturali entry level da 10 euro, ma anche top di gamma da 100 euro in enoteca.
Cosa risponde a chi, provocatoriamente, sostiene che i vini naturali “non esistono”? Siamo costantemente “sotto l’attacco” di esperti ed enologi che sostengono l’inesistenza del vino naturale e l’inadeguatezza di questa definizione. Siamo anche circondati da altri enologi e studiosi che ci danno una mano o che ci osservano con curiosità e voglia di confronto. Per questo vado avanti per la mia strada senza guardare ad inutili polemiche. Ormai è una parola di uso comune, se ne faranno una ragione spero.
Qualche anticipazione sulla prossima edizione di VinNatur a Villa Favorita Verrà dato più spazio agli importatori e ai giornalisti dall’estero che vogliono scoprire le nuove aziende associate. Sarà inoltre strutturata un’area food più efficiente e con produttori di alto livello.
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Con un’avanzata da 400mila ettari l’anno e con un incremento di superfici dedicate all’agricoltura bio del 18,7%, il settore più dinamico dell’agricoltura europea è quello biologico. I dati rilevati da Eurostat fotografano un settore che, dal 2012 al 2016, è in costante crescita con risultati da record relativi all’incremento delle superifici coltivate e al sempre più consistente numero di produttori che decidono di lasciare l’agricoltura tradizionale per abbracciare il metodo biologico.
I DATI DEL BIO 11,9 milioni di ettari certificati bio o in via conversione pari al 6,7% della superficie agricola totale utilizzata (Sau) sono gestiti da 295.600 produttori biologici registrati, che operano in un solido mercato comunitario dal valore di 27 miliardi di euro: il 125% in più rispetto a 10 anni fa. Un settore florido che ha trovato nell’Italia uno dei Paesi più ricettivi ad accogliere le innovazioni del biologico. Il Bel Paese si posiziona ai primi posti della classifica europea per le maggiori estensioni coltivate, il maggior numero di produttori e per la quota più elevata di aree a biologico sul totale delle superfici coltivate.
Secondo le elaborazioni effettuate dal Sinab, il comparto biologico italiano ha mostrato una crescita senza precedenti: dal 2015 al 2016 le superfici e gli operatori bio sono aumentati del 20% arrivando a coprire 1,8 milioni di ettari e circa il 14,5% della superficie agricola utilizzata, mentre si registrano oltre 70mila aziende bio, vale a dire il 4,4% del totale nazionale. Una crescita che trova la sua giustificazione nei risultati di mercato: nel 2016 le vendite dei prodotti
biologici hanno toccato quota 3 miliardi di euro, registrando dal 2015 un +14% sul mercato interno e un +15% sul mercato esterno, con un aumento dell’export per circa 2 miliardi di euro.
UN’ALTERNATIVA SOSTENIBILE
L’Unione Europea riconosce il valore dell’agricoltura biologica come alternativa per un modello agricolo comunitario più sostenibile e competitivo e lo fa attraverso fondi specifici previsti nei programmi di sviluppo e nuove regole su produzione e commercializzazione dei prodotti bio.
Queste novità si pongono l’obiettivo di garantire ai prodotti importati gli stessi standard di qualità di quelli europei, di ridurre i costi per le piccole aziende attraverso l’introduzione di certificazioni di gruppo e, infine, di estendere i controlli a tutta la filiera riducendone la frequenza ai produttori che si sono dimostrati in regola dopo diverse ispezioni.
“A questi dati eclatanti della crescita delle superfici coltivate a biologico in UE va aggiunto il fatto che il biologico è l’unico settore che sta contrastando la perdita di occupazione e imprese nell’agricoltura europea, dunque è necessario che la discussione in corso sulla riforma della politica agricola comune (PAC) tenga conto del ruolo strategico della conversione al biologico per l’agricoltura e i territori rurali di tutta Europa” ha commentato Paolo Carnemolla, presidente di FederBio.
FEDERBIO Federazione di rilevanza nazionale nata nel 1992, per iniziativa di organizzazioni di tutta la filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica, ha l’obiettivo di tutelarne e favorirne lo sviluppo. FederBio è riconosciuta quale rappresentanza istituzionale di settore nell’ambito di tavoli nazionali e regionali. È socia di IFOAM e ACCREDIA, l’ente italiano per l’accreditamento degli Organismi di certificazione. Attraverso le organizzazioni attualmente associate, FederBio raggruppa la quasi totalità della rappresentanza del settore biologico, in cui si riconoscono le principali realtà attive in Italia nei settori della produzione, trasformazione, distribuzione, certificazione, normazione e tutela degli interessi degli operatori e dei tecnici bio.
La Federazione è strutturata in sezioni soci tematiche e professionali: produttori, organismi di certificazione, trasformatori e distributori, operatori dei servizi e tecnici, associazioni culturali. FederBio è dunque un’entità multiprofessionale, tesa a migliorare e ad estendere la qualità e la
quantità del prodotto alimentare ottenuto con tecniche di agricoltura biologica e biodinamica, attraverso regole deontologiche e professionali, in linea con le norme cogenti e con le direttive IFOAM. In particolare, FederBio intende garantire la rigorosità e la correttezza dei comportamenti degli associati, vincolati in questo senso da un Codice Etico e si preoccupa di verificare l’applicazione degli standard comuni.
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Anche i vini della Doc Cortona saranno protagonisti sabato 27 e domenica 28 gennaio al Wine&Siena. Al banco d’assaggio promosso dal Consorzio Vini Cortona alla Rocca Salimbeni – Tavolo 61 entrata Rotonda sarà possibile scoprire i vini del territorio di Cortona a partire dal Syrah, vitigno principe della Doc con numerose etichette di varie aziende della Doc in degustazione.
“Stiamo promovendo con il Consorzio numerosi incontri territoriali – spiega il presidente del Consorzio Vini Cortona, Marco Giannoni – in parte in collaborazione con le associazioni dei sommelier, in parte con istituzioni come questa del Merano Wine Festival con l’obiettivo di incontrare da vicino il consumatore e prima ancora gli operatori del settore, portando a crescere la presenza della denominazione nel mercato nazionale”.
WINE & SIENA
L’evento, ideato da Gourmet’s International, la struttura di selezione e valorizzazione di eccellenze che sta dietro al successo internazionale di manifestazioni quali il Merano WineFestival e da Confcommercio Siena è giunto alla terza edizione. Protagonisti di questo evento esclusivo i prodotti vincitori “The WineHunter Award”, il premio di qualità certificata assegnato dalla commissione d’assaggio “The WineHunter”.
IL CONSORZIO CORTONA DOC
Costituito nella primavera del 2000, è il Consorzio che svolge la funzione di controllo e tutela dei vini a D.O.C. Cortona e ne diffonde la conoscenza con un’efficace attività culturale, divulgativa e promozionale. Protegge l’immagine ed il prestigio della denominazione con continui controlli di qualità e intraprende iniziative di carattere culturale tendenti a far conoscere nel mondo Cortona, il suo territorio ed i suoi vini. Attualmente le aziende produttrici sono circa 60. Tra di esse si annoverano marchi nati e radicati nella regione, altri di tradizione più recente ed altri ancora di importanza internazionale.
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spirito di vino movimento turismo vino friuli fvg udine 1
UDINE – Dopo il grande successo di pubblico riscontrato durante l’esposizione a Palazzo Morpurgo, le graffianti opere del concorso Spirito di Vino sbarcano in un’inedita location per regalare nuovi sorrisi.
Da domani, 25 gennaio, la mostra “Spirito di Vino 18 years” sarà visitabile nelle sale dell’Accademia di Belle Arti “G.B. Tiepolo” di viale Ungheria 22, a Udine.
All’inaugurazione, prevista per le ore 11.00, saranno presenti il Direttore dell’Accademia, Fausto Deganutti, e la presidente del Movimento Turismo del Vino FVG, Elda Felluga.
Oltre alle opere selezionate per l’edizione 2017, si potrà ammirare una selezione delle più belle vignette realizzate nel corso dei 18 anni del concorso, rivivendo così alcuni dei principali fatti storici, politici e culturali attraverso gli occhi ironici e irriverenti della satira. L’esposizione sarà visitabile fino al fino 28 febbraio 2018 (orari: 9.00-17.00 dal lunedì al venerdì, 9.00-12.00 il sabato).
Spirito di Vino è un concorso internazionale, indetto annualmente dal Movimento Turismo del Vino Friuli Venezia Giulia, che celebra le più graffianti e originali vignette satiriche sul tema del vino.
“La scelta di affidare un messaggio sul vino all’espressione pungente della satira – spiega il Mtv del Friuli – è ciò che contraddistingue da sempre questo concorso, un’originale e accattivante sfida che viene lanciata ogni anno in tutto il mondo, in cui il tema del vino si rivela un elemento culturale in grado di essere spunto infinito di inedite creazioni”.
Fin dal suo esordio, una giuria d’eccezione composta dai grandi maestri italiani della satira, Forattini, Krancic, Giannelli e Marini, ha sostenuto con entusiasmo questo progetto. La presenza della mostra in questa sede si inserisce nell’ambito della prestigiosa collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Udine “G.B. Tiepolo”.
Dal 2018, infatti, Spirito di Vino dedicherà particolare spazio all’illustrazione satirica, riportando l’attenzione sulla manualità del tratto e del disegno. La mano che materializza l’idea su un foglio bianco come la mano del contadino che coltiva la terra per raccogliere i suoi frutti.
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MILANO – Dev’essere colpa della politica o del calcio. Per osmosi, anche il mondo del vino registra derive degne di una tribuna d’ultras o di un’aula parlamentare. Da una parte i puri. Gli eno vergini. Quelli che il vino si fa da solo (e l’aceto, di conseguenza, non esiste). Dall’altra, chi riesce ad apprezzare anche i vini cosiddetti “convenzionali”.
Battaglie tra intolleranze mentali più che alimentari, combattute sulla linea Maginot dei social. Eno allergie scatenate dall’utilizzo di “additivi” dipinti come armi chimiche di distruzione di massa. Roba che manco Bram Stoker.
https://youtu.be/3xivuKINhoU
L’ultima pagina di questo wine horror l’hanno scritta gli organizzatori di Live Wine. E dove, se non sui social? La pagina ufficiale dell’evento in programma il 3, 4 e 5 marzo al palazzo del Ghiaccio di Milano, ha diffuso un’immagine che sintetizza bene il contenuto di altre mille cronache di eno guerre tra “puristi” e amanti dei vini convenzionali.
“Quanti additivi ci possono essere in un vino a parte i solfiti? Troppi, ed è per questo che a Live Wine invitiamo solo produttori che scelgono di non utilizzarli”. Segue l’infografica, nemmeno troppo leggibile nelle parti testuali (ma questo non conta ai fini dello sputtanamento) con l’elenco di una sfilza di additivi utilizzati per la produzione dei vini convenzionali, biologici, biodinamici.
Solo “anidride solforosa” per quelli che saranno presenti a Live Wine. Chapeau. Perché io so’ io. E voi non siete un cazzo. Chi garantisce? Il più delle volte non si sa. In fondo, è anche una questione di Fede: basta crederci. Un po’ come non si smette mai di credere nella squadra del cuore.
“Parlare e scrivere di additivi e coadiuvanti nell’enomondo 3.0, dove dopo 4 post su Instagram e 100 like su Facebook prendi la patente da degustatore, è un’impresa coraggiosa”, commenta a vinialsuper l’enologa romagnola Claudia Donegaglia.
“Sull’onda dell’estremismo, del tutto e del contrario di tutto, si è persa la visione d’insieme del vino – continua – demonizzando, invece di cercare di conoscere la materia vino in tutte le sue sfaccettature. Come mi capita di dire spesso, con tutte questa ansia comunicativa si è persa la visione d’insieme del bicchiere”.
UN PO’ DI STORIA: COSA SONO GLI ADDITIVI DEL VINO
Come siamo arrivati a tanto? Perché si insiste a creare muri al posto di costruire ponti tra le due fazioni? Ma soprattutto: perché non partire dal “buono” racchiuso in entrambi gli schieramenti?
Questo è proprio il modello editoriale di noi di vinialsuper, in un eno mondo della stampa e dei wineblogger sempre più avvelenato dalla violenza di certi commentatori frustrati.
“Il mondo del vino è estremamente normato – spiega l’enologa Claudia Donegaglia – ma non da tempi recenti e con l’avvento del vino industriale. Leggete con attenzione: nel 1487 un decreto reale autorizzò in Germania l’aggiunta dello zolfo al vino. Se ne parlava anche in precedenza, ma fino ad allora non era stata stabilita la quantità da utilizzare”.
Calcolando quanto indicato nel decreto, si arriva a 18,8 mg/l. “L’aggiunta – precisa Donegaglia (nella foto) – avveniva impregnando dei trucioli di legno con una miscela di zolfo, erbe aromatiche ed incenso, bruciati nella botte vuota prima di riempirla di vino. Alla luce di tutto questo, vogliamo smettere di bere Riesling?”.
L’uso dei contenitori di legno, secondo l’enologa piemontese, è da far risalire ai tempi degli antichi Greci. “Per avere le prime botti con le doghe dobbiamo ringraziare i Celti e la barrique come contenitore da trasporto era pratica comune ai commerciati di Bordeaux. Cosa facciamo, basta bere vino francese?”.
“Del vino delle sue malattie e de i suoi rimedi è un libro di Giovanni Pozzi del 1816. Di due metodi per levare al vino l’odore di acido solforicodi Giuseppe Gatti risale al 1868. In questi trattati trovate l’indicazione dell’utilizzo del tartrato di potassio per stabilizzare il vino d’inverno, nonché quella di utilizzare la gelatina per limitare la durezza dei vini. Si parla anche dell’uso dell’olio di oliva per eliminare il gusto di fusto, dell’acqua di calce per limitare l’acescenza. Quindi, di additivi e coadiuvanti, mi sembra che si parli da tempo”.
Ai giorni nostri la normativa di riferimento sono: DPR 162/85; Legge UE 817/70; Regolamento UE 822/87; Codice enologico internazionale regolamenta le varie pratiche enologiche.
“Additivo”, come ricorda Donegaglia, “è qualunque sostanza che non è consumata di per sé come alimento, né utilizzata come ingrediente tipico di un alimento, la cui aggiunta intenzionale durante ogni qualsiasi fase della produzione, comporti la sua incorporazione e che influenza le caratteristiche di tale alimento”.
IL VADEMECUM DEGLI ADDITIVI
“L’enologia della demonizzazione e della contrapposizione – continua l’enologa Donegaglia – dovrebbe lasciare il posto alla conoscenza, alla visione d’insieme ed al buonsenso. Gli additivi esistono, così come si sono evoluti la tecnica enologica, la conoscenza, il gusto e le esigenze del consumo finale”. Ecco dunque le spiegazioni dell’esperta sull’utilizzo degli additivi demonizzati da Live Wine.
Acido tartatico, acido malico, acido lattico, acido citrico Acidi organici naturalmente presenti del mosto e nel vino, che possono esse aggiunti per rendere più equilibrato un vino dal punto di vista organolettico ed agevolarne la longevità. Perché, ammettetelo, è l’equilibrio una delle caratteristiche che ricercate.
L’acidificazione ha la funzione di aumentare l’acidità totale e diminuire il pH. L’aggiunta di acido citrico non deve portare il contenuto totale superiore a 1 gr/l. Questo acido ha anche la funzione di chelante (perdita di tossicità) dei metalli.
Colla di pesce Chiarificante ottenuto dalla vescica natatoria dei pesci, viene utilizzato sia in regime biologico che convenzionale, trova il suo uso più diffuso nella chiarifica dei vini bianchi. Rispetto alla gelatina, non dà surcollaggio e fa meno deposito, flocculando in maniera più compatta.
Acido ascorbico Grazie alle proprietà antiossidanti del prodotto, protegge il vino dall’influenza dell’ossigeno e generalmente viene utilizzato a ridosso dell’imbottigliamento. E’ un valido aiuto per le vinificazioni in riduzione e viene utilizzato in regime convenzionale e biologico. La dose aggiunta non deve oltrepassare i 100 mg/l.
Alginato di potassio
Con funzione chiarificante, usato come rifinitore a ridosso dell’imbottigliamento, viene estratto dalle alghe brune e viene utilizzato sia in regime convenzionale che biologico.
GILY: “LIVE WINE? COMUNICAZIONE SBAGLIATA” Sul tema interviene a vinialsuper anche Maurizio Gily dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.
“Per me – sottolinea Gily – il concetto è che questo modo di comunicare allontana il consumatore dal vino, da tutto il vino. Si cerca un vantaggio competitivo attraverso una forma subdola di diffamazione dei concorrenti”.
“Subdola – continua – perché si suggerisce che un vino convenzionale contenga tutti quegli additivi che poi in gran parte nemmeno sono tali. Inoltre i produttori che ‘scelgono di non utilizzarli’ non hanno modo di dimostrare che è vero, non essendo sottoposti ad alcun controllo. Ci si basa su una dichiarazione, del tutto priva di rischi se si dichiara il falso”.
“Come ho già avuto modo di sottolineare in passato – precisa ancora Maurizio Gily – quella di Live Wine è una una sparacchiata che non giova, in ultima analisi, nemmeno ai produttori di vini ‘naturali'”.
“Infatti – spiega Maurizio Gily – è noto anche a chi, come me, abbia solo minime nozioni di marketing e comunicazione, che pensare di valorizzare il proprio prodotto suggerendo (sia pure senza dichiararlo esplicitamente) che quello degli altri è ‘sporco’ e pericoloso non è soltanto una mancanza di etica della concorrenza. Soprattutto è una strategia da perdenti, che attira su di sé il sospetto di millanteria e quindi non fa vendere di più. Forse il contrario”.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
“Soddisfacenti, ma non vincenti. Definirei così i numeri del vino italiano di questo 2017, fotografati da “Vino in Cifre 2018″, l’annuario del Corriere Vinicolo, edito da Unione Italiana Vini in partnership con l’Osservatorio del Vino. I dati ci consegnano un anno complesso per il settore che ha ritrovato un’ottima spinta nel mercato interno, con la ripresa dei consumi confermata durante le festività natalizie, ma ha sofferto in competitività sul fronte export, dove siamo stati rallentati da un sistema burocratico e amministrativo che ha causato la nostra perdita di leadership in Usa. Il 2018 rappresenta quindi una nuova sfida, che siamo pronti ad accogliere per un nuovo salto di qualità del nostro comparto”.
Con queste parole Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini, commenta i numeri del settore vitivinicolo nazionale, fotografati dai dati statistici elaborati dal Corriere Vinicolo nell’ottava edizione dell’annuario “Vino in Cifre”. Nelle 72 pagine di tabelle, grafici ed elaborazioni esclusive, viene presentata l’evoluzione del settore vitivinicolo a livello mondiale, europeo e italiano: dal potenziale produttivo ai consumi, dal commercio ai prezzi e, novità quest’anno, la sezione “Vino in Cifre Bio”, dedicata al segmento dei vini biologici.
“Se la scarsa produzione del 2017 sta facendo sentire i suoi effetti sul fronte prezzi, con ripercussioni potenzialmente negative sui mercati internazionali – aggiunge Paolo Castelletti, segretario generale UIV – il settore sta però assistendo ad un risveglio della fase produttiva, con richieste di nuovi impianti che stanno contribuendo a compensare l’erosione strutturale delle superfici. Infatti, pur con un sistema autorizzativo che ha mostrato diverse problematiche nei primi anni di applicazione, abbiamo finalmente un “vigneto Italia” che si sta stabilizzando attorno ai 640.000 ettari. Un dato che ci fa ben sperare per il futuro, soprattutto se i correttivi che abbiamo richiesto al Ministero saranno implementati nel bando 2018, consentendo alle imprese di ottenere le superfici necessarie a realizzare i propri progetti”.
“La messa in sicurezza del potenziale in vigna va però difesa puntando su una migliore qualità delle nostre vendite – precisa Ernesto Abbona. Se possiamo, infatti, dirci soddisfatti delle prestazioni del comparto spumanti – a settembre in Gran Bretagna abbiamo per la prima volta superato i francesi anche in termini valoriali, a quota 179 milioni di sterline (+24%) – e delle prestazioni dei vini in bottiglia italiani in Cina e in Russia, c’è molto invece da fare per tornare ad essere leader in mercati strategici come gli Usa, dove stiamo patendo il ritorno dei vini francesi e il successo di quelli neozelandesi. E’ quindi importante – conclude il presidente Abbona – tornare ad investire come Sistema Paese sul vino italiano, avendo il supporto delle Istituzioni in una logica di sinergia, e a riflettere come filiera unita, attuando strategie di lungo termine che valorizzino tutti i soggetti coinvolti”.
VINO IN CIFRE 2018. NUMERI IN PILLOLE Il consumo di vino nel mondo: 281 milioni di ettolitri su un totale alcolici di 2,5 miliardi (11%)
Il primo Paese per consumi di rosso: La Cina (16 milioni di ettolitri)
Il primo Paese per consumi di bianco: Gli Usa (13 milioni di ettolitri)
Il primo Paese per consumi di spumanti: La Germania (3 milioni di ettolitri)
Primo esportatore a valore di spumanti: Francia (3,2 miliardi di dollari). Ma l’Italia è quella con i tassi di crescita più alti: +13%
Il primo fornitore di vino in bottiglia nell’UE: Il Cile (1,6 milioni di hl)
La regione più vitata in Italia. Sicilia: 99.000 ettari su un totale di 646.000
La regione che è cresciuta di più negli ultimi 15 anni. Veneto: 87.000 ettari (+13.200)
La superficie del vigneto biologico in Italia:104.000 ettari, il 16% sul totale, di cui 39.000 in Sicilia.
La varietà più prodotta nel 2017: Glera (19 milioni di barbatelle)
Numero di bottiglie di vino Dop prodotte nel 2016: 1,1 miliardi
La Dop più imbottigliata in assoluto: Prosecco Doc (410 milioni di bottiglie nel 2016)
Il peso delle prime 5 Dop sul totale imbottigliato a denominazione di origine: 44% (Prosecco Doc, Chianti,Montepulciano d’Abruzzo, Prosecco Superiore CV, Asti/Moscato)
Prime 5 destinazioni vini fermi bottiglia italiani: Usa, Germania, UK, Canada, Svizzera
Prime 5 destinazioni spumanti: UK, Usa, Germania, Svizzera, Francia
Prime 5 destinazioni frizzanti: Germania, Usa, Austria, Messico, UK
Prime 3 destinazioni vini bag-in- box: Svezia, Norvegia, UK
La quota valore del Prosecco sull’export Italia: 60% su totale spumanti, 13% su totale export Paese (dato settembre 2017, 550 milioni di euro)
Primo fornitore di vini in bottiglia e spumanti in Italia: Francia. Prezzo medio 21 euro/litro spumante, 4,90 vini in bottiglia
Primo fornitore di vino sfuso in Italia: Spagna. Prezzo medio 0,39 euro/litro
Il consumo pro capite di vino in Italia: 36 litri (31 la birra)
Quota dei consumatori di vino sul totale popolazione: 52% (28 milioni di persone)
Consumatori quotidiani: 13 milioni contro 15 di saltuari
Spesa annua in vino delle famiglie italiane: 4 miliardi di euro
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MONTEPULCIANO – Tuscany Barrique Art. Ovvero “arte in botte”. Concetto non nuovo, certo. Nasce tuttavia a Montepulciano, borgo senese patria della prima Docg d’Italia (il Vino Nobile), un nuovo modo di recuperare le botti esauste realizzando opere d’arte di varie dimensioni.
La novità è la tecnica innovativa, progettata da un giovane residente in queste terre. Massimo Pagliai, 28 anni, geometra di professione, comincia a studiare questa idea girovagando per le aziende vitivinicole del territorio. E spostandosi per il suo lavoro anche in Chianti, in Val d’Orcia e nei territori del vino toscano.
L’IDEA
“All’interno della sala degustazione di una di queste cantine – spiega Pagliai – vidi uno spaccato di barrique, riciclato come tavolo e rifinito da una luce che la illuminava e da un vetro come appoggio”.
EL’effetto della luce puntata sulla barrique risaltava il colore del vino rimasto attaccato al legno e faceva brillare i ‘cristallini’ lasciati anch’essi dal vino sul legno. Pensai che questa barrique era l’oggetto che stavo cercando come simbolo del territorio”.
Da qui la sperimentazione di varie tecniche di impressione sulla barrique, fino alla scelta della fresatura. La Barrique Tuscany Art consiste cioè nel ripulire il colore porpora lasciato dalla vinaccia, fino a realizzare immagini a contrasto, lasciando inalterate le caratteristiche tipiche di una barrique, tra cui le sfumature e i profumi rilasciati dal legno usato.
Le opere firmate Bta rappresentano luoghi, paesaggi, monumenti, ma anche oggetti simbolo della Toscana e dell’Italia. Si va dalla collina di Vitaleta ai paesaggi con i cipressi, passando per la Vespa e altre icone italiane.
“Inizialmente il progetto Barrique Tuscany Art prevedeva la decorazione dei soli ‘tappi’ delle botti – spiega il giovane geometra – ma poi ho pensato di lavorare sulle singole doghe. Le botti potrebbero essere utilizzate sia come parti di arredo di case o locali, sia come rivestimenti di contropareti e banconi, con disegni e rappresentazioni dell’Italia”.
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VENEZIA – I sommelier di AIS Veneto portano a Venezia la tradizione vetraria dell’azienda Riedel con l’evento RIEDEL: il bicchiere, uno strumento di precisione.
In programma per mercoledì 17 gennaio 2018 presso il Novotel Venezia Mestre Castellana, la degustazione ospiterà i vini delle aziende vitivinicole californiane Robert Mondavi e Gallo, e della cantina australiana Penfolds.
La scelta del calice sarà il fulcro del tasting condotto da Georg Riedel, proprietario dell’omonima azienda austriaca che da dieci generazioni è un’autorità nel mondo dell’arte vetraria per la ristorazione e la sommelierie.
Proprio Riedel è colui che, più di trent’anni fa, ha ideato la serie Vinum, prima linea di bicchieri realizzati a macchina pensati per le diverse tipologie di vino. I partecipanti alla degustazione avranno a disposizione tre calici della linea Riedel Veritas realizzati per Cabernet/Merlot, Pinot Nero New World e Syrah Old World.
I tre vini proposti durante il tasting saranno: Napa Valley Cabernet Sauvignon 2013 dell’azienda Robert Mondavi, Bin 128 Coonawarra Shiraz 2014 del produttore Penfolds, e Signature Series Santa Lucia Highlands Pinot Noir 2013 della cantina Gallo. In conclusione, una bollicina “inaspettata”.
“Scopo dell’evento – spiega Gianpaolo Breda, Delegato AIS Veneto della Provincia di Venezia – è quello di analizzare quanto il bicchiere può fare la differenza durante una degustazione. Siamo felici di poter ospitare un’eccellenza in questo campo come Georg Riedel per analizzare uno strumento a cui non sempre il consumatore dà la giusta importanza”.
La degustazione avrà inizio alle 19.45 ed è rivolta prevalentemente ai degustatori ufficiali e al gruppo servizi AIS, dato il carattere formativo dell’evento, ma anche ai soci e ai simpatizzanti. Info e prenotazioni sul sito di AIS Veneto: www.aisveneto.it.
INFO IN BREVE | RIEDEL – Il bicchiere, uno strumento di precisione
Data: mercoledì 17 gennaio 2018
Luogo: Novotel Venezia Mestre Castellana, Mestre (VE), Via Ceccherini, 21
Info: www.aisveneto.it
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PERGINE – Il Catalogo 2018 di “Proposta Vini” segna il “Rinascimento italiano”. Così lo descrive Gianpaolo Girardi, fondatore della società trentina specializzata nella selezione e commercializzazione di vini, spumanti, distillati e olio.
La presentazione della nuova “carta” è in programma per domenica 21 e lunedì 22 gennaio 2018 al Montresor Hotel Tower di Bussolengo (Verona). Sarà l’occasione per scoprire, attraverso la degustazione e i focus dedicati, i prodotti delle 135 aziende presenti in rappresentanza di 19 regioni italiane.
Tredici le new entry, provenienti per la maggior parte da Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia, Basilicata, Emilia Romagna e Sicilia. Ma tra le novità c’è anche una nutrita delegazione di produttori esteri, cappeggiata dalla Francia e seguita da Austria, Bulgaria, Georgia, Germania, Grecia, Perù Polonia e Portogallo, a testimonianza di un interesse crescente nei confronti dell’attività di Proposta, che in questa occasione ha scelto di mettere in vetrina i Grand Crus e una selezione di Borgogna e Rodano.
La presentazione del Catalogo “offre uno spaccato significativo delle 250 realtà vitivinicole selezionate dalla ricerca di Proposta Vini, che della valorizzazione della biodiversità, della tradizione e della storia della viticoltura italiana ha fatto il proprio tratto distintivo”.
Al centro del progetto trentennale c’è infatti “il preciso intento di scovare ciò che rende un vino unico e diverso da tutti gli altri. Una singolarità che affonda le sue radici nei territori d’origine e nel recupero di vitigni storici di cui, attraverso progetti specifici, viene incoraggiata la rimessa a coltura laddove essi sono stati dimenticati, messi da parte o scomparsi”.
Proposta Vini, come sottolinea il fondatore Gianpaolo Girardi, “è al servizio soprattutto dei piccoli produttori, per conto dei quali cura la commercializzazione e la distribuzione dei prodotti, permettendo loro in questo modo di dedicarsi esclusivamente al lavoro in campagna e in cantina”.
GLI OBIETTIVI
“Il nostro obbiettivo – spiega Girardi – è contribuire a dare visibilità alle realtà vitivinicole storiche e agli uomini che le rappresentano, portando con sé la consapevolezza del valore del patrimonio enologico italiano, promuovendo le zone vinicole di antica tradizione, i paesaggi che anche visivamente le rappresentano e i vitigni storici. Ecco perché amiamo affiancare concretamente chi intraprende nella propria azienda coraggiosi percorsi sperimentali o personali che vanno in questa direzione”.
“Proposta Vini è una realtà commerciale con una missione culturale – aggiunge il fondatore – e per questo auspichiamo che tutti gli attori della filiera siano sempre più consapevoli dell’importanza di far conoscere, attraverso il proprio lavoro, i vini e i loro luoghi di provenienza, protagonisti a pieno titolo di quello che, enologicamente parlando, si può definire il nuovo Rinascimento italiano”.
I NUMERI Duecentocinquanta le cantine italiane rappresentate da Proposta Vini, facenti capo a tutte le 21 regioni. Un centinaio le aziende estere, la maggior parte europee (46 in Francia, 16 in Spagna, 11 in Slovenia) ma anche in Australia, Libano e Cile. Sette i distributori esteri: in Francia, Belgio, Austria e Svizzera.
Non solo vino: nel catalogo figurano anche 10 birrifici, 7 oleifici e due realtà che producono sidro. Novanta gli agenti diretti con copertura su tutte le province d’italia. Venticinque, infine, i dipendenti di Proposta Vini.
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“La nuova edizione 2017 del ‘Codice della Vite e del Vino’, rafforza il progetto della collana editoriale sui temi giuridici avviata lo scorso anno da UIV. Iniziativa, questa, che sta accompagnando la riorganizzazione e il potenziamento del nostro Servizio Giuridico Normativo, tesa a valorizzarne la lunga esperienza maturata in decenni di lavoro a fianco delle imprese vitivinicole italiane. Un ottimo strumento per stimolare dibattito e confronto culturale sui grandi temi della legislazione del comparto”.
Con queste parole, Ernesto Abbona, Presidente di Unione Italiana Vini, commenta la pubblicazione della tredicesima edizione del “Codice della Vite e del Vino”, edito da UIV a cura di Antonio Rossi, responsabile del Servizio giuridico normativo, che raccoglie la rielaborazione e l’aggiornamento dell’intero panorama normativo nazionale, inclusi la legge n. 238 del 12 dicembre 2016 e i decreti attuativi fino ad ora approvati.
“La nuova edizione del ‘Codice della Vite del Vino’ – prosegue Abbona – costituisce un prezioso mezzo di promozione di una moderna cultura giuridica della vitivinicoltura, presentando, insieme agli aggiornamenti della legislazione italiana ed europea, un focus sul ‘Testo Unico’, la più importante ‘riforma’ del nostro settore che sta diventando una ‘best practice’ anche per altri ambiti dell’agroalimentare, insieme ai primi recentissimi decreti attuativi approvati dal Ministero delle Politiche Agricole”.
Il volume raccoglie, inoltre, gli ultimi regolamenti comunitari collegati all’OCM vino (regg 1149/16 e 1150/16), riportando tutte le disposizioni nazionali applicative collegate alle misure di sostegno, la normativa Ue e nazionale sul sistema autorizzativo degli impianti vitati con i recenti aggiornamenti al decreto attuativo nazionale e le relative circolari interpretative.
“La nostra nuova collana editoriale, coordinata da un comitato scientifico composto da esperti di legislazione e professionisti, comprenderà sia pubblicazioni storiche che nuovi titoli, attraverso i quali vogliamo fare della nostra casa editrice un punto di riferimento culturale per il settore – conclude Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini. Un’ambizione alla quale stiamo lavorando da tempo, ampliando gli strumenti a disposizione del comparto con una newsletter periodica di informazione e aggiornamento normativo ma anche di dibattito e confronto di cultura giuridica. Un impegno editoriale che la nostra Associazione sta portando avanti da 50 anni, dal Codice Comunitario vitivinicolo del 1977, e che prosegue ininterrottamente fino ad oggi”.
L’emanazione del Testo unico del Vino rappresenta un passo fondamentale per la regolamentazione del settore vitivinicolo, gettando le basi per una normativa più aderente alle concrete necessità del comparto e apportando al contempo un’ampia semplificazione normativa e di burocrazia in tutte le fasi di produzione, commercializzazione, tutela delle denominazioni, fino al sistema di controllo e promozione. Il volume si pone al centro di tale contesto, mettendo a disposizione degli operatori uno strumento sempre aggiornato e completo.
Titolo: Codice della Vite e del Vino
Editore: Unione Italiana Vini – Confederazione Italiana della Vite e del Vino
Autore: Antonio Rossi
Costo: 290,00 euro (IVA inclusa)
Il volume può essere richiesto a Unione Italiana Vini – Confederazione Italiana della Vite e del Vino, www.uiv.it – tel. 06 44 23 58 18 – email: serviziogiuridico@uiv.it
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Bilancio record per Cantina Valpantena Verona, azienda cooperativa tra i principali attori della denominazione Valpolicella di cui rappresenta circa il 10% della produzione totale. L’assemblea dei soci nei giorni scorsi ha approvato il bilancio 2016-2017 (chiuso il 31 agosto) con un fatturato consolidato di 50.008.622, il 5,68% in più rispetto all’anno precedente. Le vendite sono state dirette per oltre il 60% all’estero, con la Danimarca che si conferma il primo mercato, seguita da Svizzera, Gran Bretagna, Germania e Olanda.
L’ATTIVITÀ IN DETTAGLIO
La remunerazione ai circa 360 soci conferitori è cresciuta del 18,5% rispetto all’anno precedente, con un prezzo medio delle uve di 130 euro al quintale. Merito anche di un’annata particolarmente favorevole in cui sono stati raccolti, tra aziende associate e terreni gestiti direttamente dalla cantina, oltre 107.000 quintali di uve, con una reddito medio dei vigneti della denominazione Valpolicella che supera i 20 mila ad ettaro. L’azienda ha quindi accantonato un utile di 2.028.000 (+36% rispetto all’anno scorso) che ha portato il patrimonio consolidato a sfiorare i 20 milioni di euro (19.755.000).
Durante l’anno appena concluso l’azienda diretta da Luca Degani ha compiuto importanti investimenti, come l’acquisto dello stabile del punto vendita diretto a San Giovanni Lupatoto e del centro di appassimento a Montorio che la rende autonoma per questa importante fase di lavorazione delle uve. Nel bilancio si evidenzia anche il ruolo di sostegno al territorio compiuto da Cantina Valpantena, che appoggia attraverso sponsorizzazioni e omaggi associazioni culturali, sportive e aggregative operanti nel proprio territorio.
Tra le manifestazioni sostenute: Tocatì giochi antichi, le corse podistiche Christmas Run e Rainbow Young Run e l’evento annuale dell’Associazione Nazionale Alpini. Cantina Valpantena è infatti un’azienda fortemente radicata su un’area circoscritta: l’85% dei soci risiede nel comune di Verona (per la maggior parte tra Val Squaranto, Montorio e Quinto di Verona) la quota restante per lo più nel comune limitrofo di Grezzana ed è leader assoluto della sottodenominazione Valpolicella Valpantena.
I PROGETTI FUTURI
“Come cooperativa agricola – spiega il presidente Luigi Turco – ci sentiamo debitori verso il territorio che ci fornisce il prodotto che trasformiamo e vendiamo. Una comunità coesa che vive in un territorio relativamente piccolo e circoscritto a cui sentiamo il dovere di restituire ricchezza attraverso il sostegno a tante associazioni che operano con persone svantaggiate o semplici manifestazioni culturali, nella consapevolezza che il benessere di una comunità non è solo quello materiale”.
Nella stessa direzione va quindi l’impegno dell’azienda per il rispetto ambientale, reso possibile, tra l’altro, dall’adozione del protocollo Tre Erre (riduci, risparmia, rispetta) promosso dal Consorzio della Valpolicella con lo scopo di utilizzare pratiche agronomiche che riducono l’utilizzo di prodotti chimici. In direzione della valorizzazione della biodiversità va invece la ricerca su cui Cantina Valpantena è impegnata per l’identificazione e la riproduzione del vitigno autoctono Elmo.
“Il nostro impegno per il futuro – conclude Turco – è quello di consolidare la crescita che ci ha portato negli ultimi 15 anni a passare da 11 a 50 addetti. Oggi il nostro marchio è più conosciuto all’estero che in Italia, vogliamo affermarci anche nel nostro paese e ribadire il ruolo di azienda guida del proprio territorio”.
CANTINA VALPANTENA
Cantina Valpantena Verona è nata nel 1958 e si è consolidata in breve tempo attirando a sé quasi interamente la produzione del territorio che si estende tra la Valpantena e la Val Squaranto. Oggi conta 250 aziende agricole associate e copre un’estensione di 780 ettari di vigneto. A queste, dal 2003, si sono aggiunte circa 110 aziende olearie con 200 ettari di oliveto, grazie alla fusione con l’Oleificio delle Colline Veronesi che ha dato origine ad un importante polo oleovinicolo con un numero complessivo di 360 aziende associate. La produzione annua supera le 9.500.000 bottiglie per un fatturato che nel 2017 è stato di 50 milioni di Euro, generato per oltre il 60% dall’export.
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