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Assemblea annuale Fipe: calo del 40% del fatturato e persi 33 mld su 96 complessivi

Fipe-Confcommercio (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi) ha tenuto la sua assemblea annuale alla presenza del premier Giuseppe Conte e dei ministri Teresa Bellanova, titolare della delega all’Agricoltura, e Dario Franceschini, ministro del Turismo.

Un quadro preoccupante quello presentato da Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe, con un quarto trimestre del 2020 in forte calo, in cui si prevede una chiusura con una perdita di fatturato di 10 miliardi di euro, pari al 40%, ed un calo su base annuale di 33 miliardi di euro su 96 complessivi.

Nonostante le risorse messe fino ad ora dal governo – ha dichiarato il presidente Stoppani – lo sforzo non è sufficiente per prevenire le chiusure e gli scenari più catastrofici per il 2020, che parlano di 50 mila imprese a rischio e 300 mila posti lavoro in bilico”.

“A seguito delle nuove restrizioni – ha detto ancora Stoppani – occorre infatti rifinanziare i contributi a fondo perduto per compensare le perdite dei locali, occorre consolidare i crediti di imposta sulle locazioni commerciali e prevedere moratorie fiscali, contributive e creditizie”.

Stoppani ha anche sottolineato come, per dare un futuro al mondo della ristorazione, occorra lavorare su alcune debolezze del settore messe in luce dalla Pandemia. “La fragilità di tante imprese è il frutto dell’espansione quantitativa e non qualitativa cui abbiamo assistito negli ultimi anni, a partire da un processo di liberalizzazioni a tratti semplicistico. Da anni Fipe denuncia il rischio bolla dovuto a un eccesso di offerta: 4,6 imprese ogni mille abitanti. Troppe”.

Secondo il presidente Fipe occorre ripartire da un rafforzamento dei requisiti professionali per l’accesso al settore che deve essere accompagnato da una politica volta a sostenere la domanda del consumatore da un lato e l’imprenditoria di qualità dall’altro.

Il ricorso massiccio allo smart-working – ha sottolineato il presidente Stoppani – non si esaurirà con l’attenuarsi della pandemia. Per far fronte alle conseguenze negative che produce e continuerà a produrre sui pubblici esercizi è necessario lavorare non solo sul cash back, per stimolare i pagamenti elettronici, ma anche sull’azzeramento dell’Iva, almeno per tutta la durata della crisi”.

“Allo stesso tempo – ha concluso Stoppani – è essenziale dare vita a un’importante iniziativa di rinnovamento e aggiornamento del sistema dell’accoglienza turistica italiana, rafforzando l’integrazione fra le componenti ricettive e la parte dedicata alla ristorazione e ai servizi”.

Un modo per riconoscere ai Pubblici esercizi non solo l’importante ruolo di servizio, legato all’accoglienza e alla socialità, ma anche quello di componente essenziale delle filiere dell’agroalimentare e del turismo.

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Olio Extravergine: calo del 30% nella produzione nazionale

La nuova produzione nazionale di olio extravergine dovrebbe attestarsi attorno a 255 milioni di chili, con un crollo del 30%. Addio quindi a quasi una bottiglia Made in Italy su tre. È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti sulla base dell’aggiornamento previsionale elaborato da Ismea e Unaprol per la campagna 2020/21.

Una situazione produttiva preoccupante a fronte dell’aumento del 9,5% degli acquisti delle famiglie italiane che con l’emergenza Covid, nel primo semestre dell’anno, sono tornate a fare scorte in cucina con i prodotti base della dieta mediterranea. In Italia 9 famiglie su 10 consumano olio extravergine d’oliva tutti i giorni con una crescente attenzione verso il prodotto di qualità che ha favorito la nascita di corsi e iniziative.

L’Italia è il primo consumatore mondiale di olio di oliva con una media negli ultimi 5 anni di 504 milioni di chili, seguita dalla Spagna con 483 milioni di chili e dagli Stati Uniti con ben 320 milioni di chili. A sostenere la domanda mondiale sono certamente gli effetti positivi sulla salute associati al consumo di olio di oliva provati da numerosi studi scientifici che hanno fatto impennare le richieste di quel segmento di popolazione che nel mondo è attento alla qualità della propria alimentazione.

A condizionare la raccolta quest’anno è soprattutto l’andamento in Puglia, Calabria e Sicilia che fanno registrare contrazioni rispettivamente del 43%, 38% e 15%. Al Centro Nord si rilevano, invece, incrementi del 31% in Toscana, 8% nel Lazio, 70% in Umbria e del 100% in Liguria, dopo gli scarsi livelli dello scorso anno. In generale, comunque, ci si attende in tutta la Penisola un olio di elevata qualità grazie all’ottima fioritura, a condizioni meteo non avverse e ai limitati attacchi della mosca olearia.

Sul fronte del mercato, la minor produzione 2020 e la domanda delle famiglie sta spingendo in alto i listini nelle ultime settimane, con aumenti che riguardano anche gli oli Dop/Igp italiani. L’andamento dei prossimi mesi dipenderà come di consueto dalla situazione internazionale con la produzione mondiale stimata in linea a quella dello scorso anno ed i prezzi in Spagna, Grecia e Tunisi che mostrano tendenze al rialzo. La Spagna è di gran lunga il principale produttore mondiale seguito dall’Italia mentre sul podio al terzo posto si trova la Grecia.

L’andamento della raccolta è importante dal punto economico ed occupazionale per una filiera che conta oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia ma anche il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp), con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo.

Con l’82% degli italiani che con l’emergenza coronavirus sugli scaffali cerca prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio, il consiglio della Coldiretti è quello di diffidare dei prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è possibile assaggiare l’olio EVO prima di comprarlo e riconoscerne le caratteristiche positive.

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Coldiretti: crollo del 30% nella produzione di olio extravergine d’oliva

Addio a quasi una bottiglia di olio extravergine Made in Italy su tre. La nuova produzione nazionale dovrebbe attestarsi attorno a 255 milioni di chili, con un crollo del 30%. È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti sulla base dell’aggiornamento previsionale elaborato da Ismea e Unaprol per la campagna 2020/21.

Una situazione produttiva preoccupante a fronte dell’aumento del 9,5% degli acquisti delle famiglie italiane che con l’emergenza Covid, nel primo semestre dell’anno, sono tornate a fare scorte in cucina con i prodotti base della dieta mediterranea. In Italia 9 famiglie su 10 consumano olio extravergine d’oliva tutti i giorni con una crescente attenzione verso il prodotto di qualità che ha favorito la nascita di corsi e iniziative.

L’Italia è il primo consumatore mondiale di olio di oliva con una media negli ultimi 5 anni di 504 milioni di chili, seguita dalla Spagna con 483 milioni di chili e dagli Stati Uniti con ben 320 milioni di chili. A sostenere la domanda mondiale sono certamente gli effetti positivi sulla salute associati al consumo di olio di oliva provati da numerosi studi scientifici che hanno fatto impennare le richieste di quel segmento di popolazione che nel mondo è attento alla qualità della propria alimentazione.

A condizionare la raccolta quest’anno è soprattutto l’andamento in Puglia, Calabria e Sicilia che fanno registrare contrazioni rispettivamente del 43%, 38% e 15%. Al Centro Nord si rilevano, invece, incrementi del 31% in Toscana, 8% nel Lazio, 70% in Umbria e del 100% in Liguria, dopo gli scarsi livelli dello scorso anno. In generale, comunque, ci si attende in tutta la Penisola un olio di elevata qualità grazie all’ottima fioritura, a condizioni meteo non avverse e ai limitati attacchi della mosca olearia.

Sul fronte del mercato, la minor produzione 2020 e la domanda delle famiglie sta spingendo in alto i listini nelle ultime settimane, con aumenti che riguardano anche gli oli Dop/Igp italiani. L’andamento dei prossimi mesi dipenderà come di consueto dalla situazione internazionale con la produzione mondiale stimata in linea a quella dello scorso anno ed i prezzi in Spagna, Grecia e Tunisi che mostrano tendenze al rialzo. La Spagna è di gran lunga il principale produttore mondiale seguito dall’Italia mentre sul podio al terzo posto si trova la Grecia.

L’andamento della raccolta è importante dal punto economico ed occupazionale per una filiera che conta oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia ma anche il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp), con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo.

Con l’82% degli italiani che con l’emergenza coronavirus sugli scaffali cerca prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio, il consiglio della Coldiretti è quello di diffidare dei prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è possibile assaggiare l’olio EVO prima di comprarlo e riconoscerne le caratteristiche positive.

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Evadevano l’accisa: sequestrate 1.800 bottiglie di superalcolici e birra (VIDEO)

Circa 1800 bottiglie di bevande tra superalcolici come Rum e Vodka ed alcolici (birra), importate da paesi extra-Ue senza assolvimento dell’accisa in Italia. Ma anche una “montagna” di sacchi di prodotti alimentari destinati a ristoranti etnici operanti in Italia: ben 9 tonnellate il peso complessivo.

È quanto scoperto dai Finanzieri della Sezione Operativa Pronto Impiego della Guardia di Finanza di Como, al termine di una mirata attività info-investigativa a Cologno Monzese, in provincia di Milano. La merce, secondo gli inquirenti, sarebbe stata destinata alle numerose comunità di latinos, la cui presenza è forte soprattutto nell’hinterland milanese.

Frode in commercio, cattivo stato di conservazione di prodotti alimentari, sottrazione al pagamento delle accise sulle bevande alcoliche e inosservanza della normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro: queste le violazioni portate alla luce dalle Fiamme Gialle, che hanno sequestrato l’ingente quantitativo.

L’operazione rientra nel quadro delle attività svolte dalla Guardia di Finanza quale Polizia Economico-Finanziaria a contrasto delle frodi commerciali, a tutela delle entrate erariali, della concorrenza, del mercato, del consumatore e dei distretti industriali nel settore della produzione, dell’importazione e della commercializzazione di generi alimentari.

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Etichette salumi: scatta nel weekend l’indicazione obbligatoria di provenienza

Scade nel weekend il termine di 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.230 del Decreto interministeriale sulle Disposizioni per “l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell’etichetta delle carni suine trasformate“. Entra quindi finalmente in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’indicazione di provenienza su salami, mortadella, prosciutti e culatello per sostenere il vero Made in Italy e smascherare l’inganno della carne tedesca o olandese spacciata per italiana.

Si tratta di un appuntamento atteso dall’82% degli italiani che, secondo un’indagine Coldiretti/Ixè, con l’emergenza Covid vogliono portare in tavola prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio. Una tendenza confermata dal successo della campagna #mangiaitaliano promossa da Coldiretti e Filiera Italia che ha coinvolto industrie e catene della grande distribuzione.

L’obbligo scatta proprio ad una settimana dalla pubblicazione del decreto Filiera Italia che per la prima volta stanzia un bonus salva Made in Italy a favore della ristorazione colpita dall’emergenza Covid per l’acquisto di prodotti alimentari italiani al 100 % per un importo complessivo di 600 milioni di euro, compresi i salumi da animali nati, allevati e macellati in Italia.

Una norma che consente di fare chiarezza in una situazione in cui 1 prodotto alimentare su 4 sugli scaffali richiama all’italianità, stando ad un’analisi dell’Osservatorio Immagino, senza però avere un legame con la produzione agricola nazionale, dalle coltivazioni agli allevamenti.

“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta il Paese d’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy – ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – L’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa grazie alla leadership nella qualità e nella sicurezza alimentare”.

Il provvedimento, che consente lo smaltimento delle scorte fino ad esaurimento, è importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno ogni settimana portano in tavola salumi ma anche per sostenere i 5 mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale.

A preoccupare è infatti l’invasione di cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

La norcineria è un settore di punta dell’agroalimentare nazionale che contribuisce al prestigio del made in Italy nel mondo grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi.

Il decreto sui salumi prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a:

  • Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali)
  • Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali)
  • Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali)

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma:

  • Origine: (nome del paese)

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione Europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma:

  • Origine: UE
  • Origine: extra UE
  • Origine: UE e extra UE.
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Salumi: entra in vigore l’obbligo di indicazione di provenienza in etichetta

Entra finalmente in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’indicazione di provenienza su salami, mortadella, prosciutti e culatello per sostenere il vero Made in Italy e smascherare l’inganno della carne tedesca o olandese spacciata per italiana. Scade infatti nel weekend il termine di 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.230 del Decreto interministeriale sulle Disposizioni per “l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell’etichetta delle carni suine trasformate“.

Si tratta di un appuntamento atteso dall’82% degli italiani che, secondo un’indagine Coldiretti/Ixè, con l’emergenza Covid vogliono portare in tavola prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio. Una tendenza confermata dal successo della campagna #mangiaitaliano promossa da Coldiretti e Filiera Italia che ha coinvolto industrie e catene della grande distribuzione.

L’obbligo scatta proprio ad una settimana dalla pubblicazione del decreto Filiera Italia che per la prima volta stanzia un bonus salva Made in Italy a favore della ristorazione colpita dall’emergenza Covid per l’acquisto di prodotti alimentari italiani al 100 % per un importo complessivo di 600 milioni di euro, compresi i salumi da animali nati, allevati e macellati in Italia.

Una norma che consente di fare chiarezza in una situazione in cui 1 prodotto alimentare su 4 sugli scaffali richiama all’italianità, stando ad un’analisi dell’Osservatorio Immagino, senza però avere un legame con la produzione agricola nazionale, dalle coltivazioni agli allevamenti.

In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta il Paese d’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy – ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – L’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa grazie alla leadership nella qualità e nella sicurezza alimentare”.

Il provvedimento, che consente lo smaltimento delle scorte fino ad esaurimento, è importante per garantire trasparenza nelle scelte ai 35 milioni di italiani che almeno ogni settimana portano in tavola salumi ma anche per sostenere i 5 mila allevamenti nazionali di maiali messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale.

A preoccupare è infatti l’invasione di cosce dall’estero per una quantità media di 56 milioni di “pezzi” che ogni anno si riversano nel nostro Paese per ottenere prosciutti da spacciare come Made in Italy. Si stima, infatti, che tre prosciutti su quattro venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.

La norcineria è un settore di punta dell’agroalimentare nazionale che contribuisce al prestigio del made in Italy nel mondo grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi.

Il decreto sui salumi prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a:

  • Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali)
  • Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali)
  • Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali)

Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma:

  • Origine: (nome del paese)

La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione Europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma:

  • Origine: UE
  • Origine: extra UE
  • Origine: UE e extra UE.
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Fipe: “Bene gli sforzi del governo ma le risorse stanziate dal DL Ristori bis non sono sufficienti”

“Apprezziamo la velocità con cui sono arrivati i primi accrediti, ma purtroppo con l’accentuarsi della seconda ondata epidemiologica le risorse stanziate dal decreto Ristori bis non sono sufficienti a supportare i pubblici esercizi costretti a interrompere nuovamente l’attività dopo l’ulteriore stretta. Questo nonostante il testo preveda un incremento di circa il 50% per le imprese delle zone con maggiori restrizioni, rispetto a quanto predisposto per il precedente decreto ristori”. Si legge in una nota di Fipe-Confcommercio.

“La catastrofe che ha colpito il nostro settore avrebbe purtroppo bisogno di cifre diverse – continua la nota – Basti pensare che le risorse stanziate ad oggi solo per i ristori per i mesi di lockdown e il mese di novembre, dal DL Rilancio e dai DL Ristori e Ristori bis messi insieme, esclusi gli interventi sugli ammortizzatori sociali, arrivano a poco più di 1,6 miliardi di euro. Una cifra importante ma che non riesce a coprire i costi sostenuti dalle aziende nel periodo in questione (affitti, utenze, tfr, servizi, ecc.) che da soli si attestano a 2,4 miliardi“.

Secondo Fipe appare evidente “che gli sforzi fatti dal Governo, seppur apprezzabili per le intenzioni, non sono sufficienti a sostenere un comparto in profondissima crisi che non riesce a vedere alcuna luce in fondo al tunnel”. Per effetto delle ultime restrizioni, infatti, che vedranno la chiusura forzata dei pubblici esercizi per il prossimo mese nelle regioni rosse e arancioni (il 38% del totale nazionale) andranno in fumo ancora tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro.

“Confidiamo – conclude Fipe – nella prossima legge di bilancio per scelte ancor più coraggiose per salvare quante più imprese e posti di lavoro possibili”.

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Fipe-Confcommercio: “Le risorse stanziate dal DL Ristori bis non sono suffienti”

“Apprezziamo la velocità con cui sono arrivati i primi accrediti, ma purtroppo con l’accentuarsi della seconda ondata epidemiologica le risorse stanziate dal decreto Ristori bis non sono sufficienti a supportare i pubblici esercizi costretti a interrompere nuovamente l’attività dopo l’ulteriore stretta. Questo nonostante il testo preveda un incremento di circa il 50% per le imprese delle zone con maggiori restrizioni, rispetto a quanto predisposto per il precedente decreto ristori”. Si legge in una nota di Fipe-Confcommercio.

“La catastrofe che ha colpito il nostro settore avrebbe purtroppo bisogno di cifre diverse – continua la nota – Basti pensare che le risorse stanziate ad oggi solo per i ristori per i mesi di lockdown e il mese di novembre, dal DL Rilancio e dai DL Ristori e Ristori bis messi insieme, esclusi gli interventi sugli ammortizzatori sociali, arrivano a poco più di 1,6 miliardi di euro. Una cifra importante ma che non riesce a coprire i costi sostenuti dalle aziende nel periodo in questione (affitti, utenze, tfr, servizi, ecc.) che da soli si attestano a 2,4 miliardi“.

Secondo Fipe appare evidente “che gli sforzi fatti dal Governo, seppur apprezzabili per le intenzioni, non sono sufficienti a sostenere un comparto in profondissima crisi che non riesce a vedere alcuna luce in fondo al tunnel”. Per effetto delle ultime restrizioni, infatti, che vedranno la chiusura forzata dei pubblici esercizi per il prossimo mese nelle regioni rosse e arancioni (il 38% del totale nazionale) andranno in fumo ancora tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro.

“Confidiamo – conclude Fipe – nella prossima legge di bilancio per scelte ancor più coraggiose per salvare quante più imprese e posti di lavoro possibili”.

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Istituto Espresso Italiano: “Bar e ristoranti luoghi sicuri, mentre non si fa nulla per i trasporti sovraffollati”

L’Istituto Espresso Italiano (IEI) è rammaricato nel constatare l’accanimento da parte del governo nei confronti della categoria degli operatori dell’ospitalità. I sacrifici e gli investimenti fatti dagli imprenditori per mettere in sicurezza i locali sono resi vani da questo nuovo Dpcm, che mette a rischio la sopravvivenza di alcune decine di migliaia dei 350.000 locali pubblici.

“Dov’è il razionale nel chiudere luoghi regolamentati come bar, ristoranti, cinema e teatri e poi far viaggiare la gente in autobus e metropolitane in condizioni di sovraffollamento? – sottolinea Luigi Morello, presidente IEI – L’economia ha bisogno di certezze mentre qui si parla di ingenti misure di sostegno ma sempre in modo vago sia in termini di entità sia di tempistiche. Inoltre, perché non si riconosce il valore sociale, oltre a quello economico, dei luoghi di consumo come i bar e i ristoranti?”.

L’Istituto Espresso Italiano è sorpreso dalle modalità con cui si è proceduto a emanare le nuove direttive. La collaborazione tra associazioni di categoria e autorità sembra essere stata accantonata. “Avevamo collaborato con piacere al tavolo nazionale gestito dalla Prefettura di Brescia per riaprire le attività al termine del primo lockdown – ha continuato Morello – era stato un momento utile anche per preparare noi stessi alla riapertura, ora invece assistiamo a una comunicazione unidirezionale”.

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Istituto Espresso Italiano: “Nuovo Dpcm è un inutile accanimento contro l’ospitalità”

“Dov’è il razionale nel chiudere luoghi regolamentati come bar, ristoranti, cinema e teatri e poi far viaggiare la gente in autobus e metropolitane in condizioni di sovraffollamento?”, con queste parole Luigi Morello, presidente dell’Istituto Espresso Italiano (IEI), esprime il rammarico per “l’accanimento da parte del governo nei confronti della categoria degli operatori dell’ospitalità.”

L’economia – prosegue Morello – ha bisogno di certezze mentre qui si parla di ingenti misure di sostegno ma sempre in modo vago sia in termini di entità sia di tempistiche. Inoltre, perché non si riconosce il valore sociale, oltre a quello economico, dei luoghi di consumo come i bar e i ristoranti?”.

I sacrifici e gli investimenti fatti dagli imprenditori per mettere in sicurezza i locali sono resi vani da questo nuovo Dpcm, che mette a rischio la sopravvivenza di alcune decine di migliaia dei 350.000 locali pubblici. L’Istituto Espresso Italiano è sorpreso dalle modalità con cui si è proceduto a emanare le nuove direttive. La collaborazione tra associazioni di categoria e autorità sembra essere stata accantonata.

Avevamo collaborato con piacere al tavolo nazionale gestito dalla Prefettura di Brescia per riaprire le attività al termine del primo lockdown – ha continuato il presidente– era stato un momento utile anche per preparare noi stessi alla riapertura, ora invece assistiamo a una comunicazione unidirezionale”.

L’Istituto Espresso Italiano, di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 37 aziende aderenti con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro.

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Al giovane Ruggiero Carli il premio Miglior Panettone Classico del Mondo 2020

Il giovane Pastry Chef Ruggiero Carli ha conquistato la medaglia d’oro per il suo Panettone Classico al “Concorso Mondiale Miglior Panettone del Mondo” organizzato dalla Federazione internazionale pasticceria gelateria cioccolateria (Fipgc), che si è svolto lo scorso fine settimana a Roma presso il CineCittà World, in ottemperanza delle norme di distanziamento richieste dall’emergenza Covid-19.

“È un’emozione indescrivibile! Sono molto contento non solo per me ma anche per i miei colleghi Angela e Aleandro, che lavorano al mio fianco tutti i giorni – afferma Ruggiero Carli – Questo è un riconoscimento importante che dedico alla famiglia Muzzi e alla mia famiglia, che mi hanno sempre sostenuto. Questa medaglia d’oro è una spinta ad andare avanti ed è la giusta motivazione che ci vuole in questo periodo molto difficile per il settore della pasticceria e della ristorazione”.

Un nuovo importante successo per Ruggiero Carli, che opera alla Pasticceria Emporio Borsari a Badia Polesine ormai da qualche anno, dopo la Medaglia d’Argento conquistata nel 2019 allo stesso concorso e alla Tenzone del Panettone a Parma nel 2018. Pugliese di origine e veneto d’adozione Carli coltiva la sua passione fin da ragazzo, passione affinatasi poi accanto a grandi nomi della pasticceria quali Emanuele Saracino e Angelo Musa sino all’importante periodo di insegnamento in una scuola prestigiosa come la Boscolo Etoile Academy.

“È una medaglia che vale il doppio – afferma Andrea Muzzi Ceo di Idb srl e Pasticceria Emporio Borsari di Badia Polesine – perché coincide anche con i 20 anni dal nostro acquisto della Borsari. Ne siamo orgogliosi, anche se sappiamo che ci aspettano mesi difficili con il peso delle restrizioni emanate dal recentissimo Dcpm e per ora impossibilitati a festeggiare come vorremmo con tutti i nostri clienti ed amici”.

La giuria del concorso era formata da quattro campioni del mondo di pasticceria: Roberto Lestani presidente di giuria, insieme a Matteo Cutolo, Paolo Molinari ed Enrico Casarano. A completare la giuria Claudia Mosca, Maurizio Santilli e Gianni Pina.

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Miglior Panettone Classico del Mondo 2020: vince il giovane Ruggiero Carli

Il giovane Pastry Chef Ruggiero Carli ha conquistato la medaglia d’oro per il suo Panettone Classico al “Concorso Mondiale Miglior Panettone del Mondo” organizzato dalla Federazione internazionale pasticceria gelateria cioccolateria (Fipgc), che si è svolto lo scorso fine settimana a Roma presso il CineCittà World, in ottemperanza delle norme di distanziamento richieste dall’emergenza Covid-19.

È un’emozione indescrivibile! Sono molto contento non solo per me ma anche per i miei colleghi Angela e Aleandro, che lavorano al mio fianco tutti i giorni – afferma Ruggiero Carli – Questo è un riconoscimento importante che dedico alla famiglia Muzzi e alla mia famiglia, che mi hanno sempre sostenuto. Questa medaglia d’oro è una spinta ad andare avanti ed è la giusta motivazione che ci vuole in questo periodo molto difficile per il settore della pasticceria e della ristorazione”.

Un nuovo importante successo per Ruggiero Carli, che opera alla Pasticceria Emporio Borsari a Badia Polesine ormai da qualche anno, dopo la Medaglia d’Argento conquistata nel 2019 allo stesso concorso e alla Tenzone del Panettone a Parma nel 2018. Pugliese di origine e veneto d’adozione Carli coltiva la sua passione fin da ragazzo, passione affinatasi poi accanto a grandi nomi della pasticceria quali Emanuele Saracino e Angelo Musa sino all’importante periodo di insegnamento in una scuola prestigiosa come la Boscolo Etoile Academy.

“È una medaglia che vale il doppio – afferma Andrea Muzzi Ceo di Idb srl e Pasticceria Emporio Borsari di Badia Polesine – perché coincide anche con i 20 anni dal nostro acquisto della Borsari. Ne siamo orgogliosi, anche se sappiamo che ci aspettano mesi difficili con il peso delle restrizioni emanate dal recentissimo Dcpm e per ora impossibilitati a festeggiare come vorremmo con tutti i nostri clienti ed amici”.

La giuria del concorso era formata da quattro campioni del mondo di pasticceria: Roberto Lestani presidente di giuria, insieme a Matteo Cutolo, Paolo Molinari ed Enrico Casarano. A completare la giuria Claudia Mosca, Maurizio Santilli e Gianni Pina.

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Trovata un’anfora greco-romana sui fondali di Civitavecchia: risale al II-III Secolo a.C.

La Stazione Navale della Guardia di Finanza ha riportato alla luce un’anfora greco-romana dai fondali del mare di Civitavecchia. L’anfora, di produzione tirrenica centro-meridionale, era utilizzata per il commercio del vino italico, esportato in tutto il mediterraneo.

La scoperta ha permesso di identificare una zona di ricerca subacquea che potrebbe condurre a nuovi ritrovamenti di interesse storico, utili per la ricostruzione e lo studio delle antiche rotte commerciali.

Il reperto, trasportato presso gli ormeggi della Stazione Navale della Guardia di Finanza di Civitavecchia, siti nella storica “Darsena Romana” di Civitavecchia, è stato immediatamente periziato e identificato in un’anfora vinaria in terracotta, di tipo “Greco-Italico“, databile al III-II sec. A.C., mancante di parte dell’orlo, ma perfettamente conservata.

L’anfora ritrovata dai sommozzatori della Stazione Navale di Civitavecchia, in collaborazione con il responsabile del settore subacqueo della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la Provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale si trovava per la precisione in prossimità della foce del fiume Marangone.

Il manufatto in terracotta era adagiato tra le rocce e ricoperto da numerose concrezioni marine, testimonianza della secolare permanenza in mare. Vista la posizione precaria e la possibilità di imminenti mareggiate, il bene archeologico è stato recuperato dai finanzieri e dall’archeologa intervenuta, prima del trasbordo sulla vedetta di servizio.

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Fedeltà fiscale nella ristorazione: Fipe risponde alle accuse di Pierluigi Bersani

“Non oso proporre l’assegno mensile ai ristoratori sulla base del reddito. Perché metto nei guai qualche milione di italiani, non cento. Diverso se fossimo in un Paese di fedeltà fiscale: in quel caso sarebbe una cosa automatica”.

Non ci sta Fipe Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, ad accusare in silenzio le parole di Pierluigi Bersani. L’ex dem ha messo in dubbio la correttezza delle dichiarazioni dei redditi nel settore della ristorazione, nella puntata del 20 ottobre “Di Martedì“, programma in onda su La 7.

“Le parole di Bersani hanno fatto più male alla categoria dei ristoratori di quanto abbia fatto il coronavirus. Non tanto e non solo perché dimostrano un retro pensiero superficiale e falso, ma soprattutto perché nascondono la voglia di una certa politica di dividere tra imprese di serie A, che meritano di essere salvate, e imprese che possono essere lasciate morire”, commenta Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe.

Non intendiamo accettare questa logica vergognosa e pretendiamo le scuse pubbliche immediate da parte dell’ex ministro Bersani che, è bene non dimenticarlo, con le sue riforme ha contribuito a penalizzare le realtà più piccole, cambiando il volto dei centri storici delle nostre città”.

“Bersani – continua Cursano – si dovrebbe scusare per queste parole, pronunciate in un momento in cui ci sono 400mila lavoratori dei pubblici esercizi a casa in cassa integrazione e il rischio concreto che entro fine anno muoiano 50 mila imprese“.

Non per colpa del virus, ma per la mancanza di un’adeguata copertura finanziaria necessaria a compensare le perdite delle imprese. Perché una cosa deve essere chiara: il governo ha il diritto di attivare le restrizioni che ritiene necessarie, ma non quello di scaricare i costi solo sui privati”.

“Il settore dei pubblici esercizi, in barba ai luoghi comuni di Bersani – conclude Cursano – ha contribuito a tenere in piedi il sistema fiscale del Paese e ora chiediamo solo che un po’ di quanto abbiamo dato ci venga restituito per permetterci di sopravvivere. Il nostro settore conta 1,3 milioni di lavoratori, in larga maggioranza donne, e crea un valore aggiunto di oltre 90 miliardi di euro l’anno e merita qualcosa di più delle livorose parole di Bersani”.

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Istituto Espresso Italiano: l’industria italiana del caffè è una questione “di famiglia”

Oggi le fiorenti aziende dell'”espresso italiano“, che per oltre il 50% esportano in centinaia di paesi in tutto il mondo, hanno raggiunto almeno la terza generazione portando avanti il concetto di tradizione unita all’innovazione, non solo di prodotto. Famiglie che hanno dato vita al “Museo del Caffè”, altre che puntano su una nuova comunicazione o sul passaggio al biologico.

Torrefazioni italiane, oggi famose in tutto il mondo e gioielli esemplari dell’industria nazionale, nate spesso dentro “botteghe” scomode in qualche vicolo di qualche città di provincia. È quanto emerge da una analisi che l’Istituto Espresso Italiano ha voluto portare avanti tra i propri associati (37 aziende che rappresentano circa 800 milioni di fatturato all’anno) per capire quanto sia importante in questo settore il concetto di famiglia.

Come tutte le eccellenze made in Italy, penso all’agroalimentare, ma anche alla moda, all’artigianalità, abbiamo compreso da questa analisi che alla base di successi anche di caratteri industriali ci sia sempre una persona con la sua famiglia – ha commentato Luigi Morello, presidente Iei – il risultato è appunto un chiaro esempio di come anche nel mondo del caffè e dell’espresso siano proprio le tradizioni locali e familiari a estendere il prodotto alla globalizzazione di cui oggi gode l’espresso italiano”.

UNA QUESTIONE DI FAMIGLIA
È il caso per esempio di Caffè Haiti Roma, giunto oggi alla terza generazione che come distintivo ha puntato tutto sull’etica non solo del prodotto (oggi biologico), ma anche della gestione dell’impresa e del personale, puntando sul concetto di sostenibilità. Dersut Caffè, storico marchio trevigiano, ha voluto raccontare la propria storia di famiglia nel Museo del Caffè, uno dei pochissimi musei che racconta la storia dell’amata bevanda a partire dalla pianta sino ad arrivare alla tazzina, simbolo della cultura italiana del caffè.

Ad Albenga la famiglia Borea da tre generazioni porta avanti quella che all’inizio era una bottega e oggi conta una industria che per il 50 per cento esporta all’estero. Ha puntato sulla comunicazione la terza generazione della famiglia Milani, storico marchio fondato da Celestino che da piccola torrefazione lo ha trasformato in una delle più innovative imprese del settore, oggi capitanata dai nipoti.

LA “FABBRICA” DEL CAFFÈ IN ITALIA
L’industria italiana del caffè è uno dei settori industriali più brillanti del food & beverage del nostro Paese. In Italia, nel Settore Caffè, operano oltre 800 torrefazioni con circa 7.000 addetti e un fatturato vendite 2017 di 3,9 miliardi di euro di cui 1,35 derivanti dall’esportazione. L’Italia rappresenta il terzo Paese al mondo, dopo la Germania e Belgio, per i volumi di esportazione di caffè in tutte le sue forme.

Nel 2017 l’export di caffè torrefatto è arrivato, secondo i dati del Comitato Italiano Caffè, a 249 Mln kg di caffè verde equivalente, con un aumento del 5% rispetto al 2016. Analizzando i dati storici del Comitato Italiano del Caffè negli ultimi 10 anni le esportazioni di caffè torrefatto si sono più che raddoppiate. L’export italiano di caffè torrefatto ha superato nel 2017 i 1.350 Mln €.

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Aumenta del 12% la produzione di Asiago Dop

Chiude in positivo la stagione d’alpeggio 2020 dei soci del Consorzio Tutela Formaggio Asiago, grazie al lavoro di malghe e caseifici che hanno anche messo in campo un grande sforzo organizzativo per garantire le misure di prevenzione, le forme di Asiago Dop Prodotto della Montagna sono aumentate dalle 46.874 della stagione d’alpeggio 2019 alle 52.536 del 2020 con un incremento produttivo del 12%.

“Asiago Dop è un formaggio unico – afferma Fiorenzo Rigoni, Presidente del Consorzio Tutela Formaggio Asiago – perché esprime la forza e l’identità del suo territorio. Proprio la produzione di Asiago Dop è oggi l’ambasciatrice di questi luoghi in tutto il mondo e la testimonianza tangibile di come sia possibile puntare ad uno sviluppo sostenibile dove paesaggio, natura, uomini e animali possano vivere ed operare in equilibrio”.

L’Asiago Dop Prodotto della Montagna, dal 2006 riconosciuto e protetto dall’Unione Europea e tutelato dal nuovo disciplinare del Consorzio Tutela Formaggio Asiago entrato recentemente in vigore, è una specialità prodotta sopra i 600 metri. Un prodotto in grado di promuovere e valorizzare l’intero comprensorio e capace di attrarre turisti interessati a conoscere il formaggio d’alpeggio ed appassionati cheeselover.

La ricchezza dell’ambiente naturale unita alle antiche tecniche di produzione rendono l’Asiago Dop un prodotto dalle caratteristiche organolettiche distintive a seconda delle varie stagionature, come ad esempio l’Asiago Dop Stravecchio stagionato almeno 18 mesi, prodotto con latte estivo di vacche al pascolo, riconosciuto Presidio Slow Food e prezioso alleato per la salute.

Studi dell’Università di Padova hanno infatti dimostrato come l’Asiago Dop possieda diverse proprietà nutraceutiche importanti tra le quali significative piccole quantità di Cla, i coniugati dell’acido linoleico, in grado di ridurre i tessuti adiposi di riserva in soggetti sani in moderato sovrappeso.

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Cresce la produzione di Asiago Dop

Chiude in positivo la stagione d’alpeggio 2020 dei soci del Consorzio Tutela Formaggio Asiago, grazie al lavoro di malghe e caseifici che hanno anche messo in campo un grande sforzo organizzativo per garantire le misure di prevenzione, le forme di Asiago Dop Prodotto della Montagna sono aumentate dalle 46.874 della stagione d’alpeggio 2019 alle 52.536 del 2020 con un incremento produttivo del 12%.

Asiago Dop è un formaggio unico – afferma Fiorenzo Rigoni, Presidente del Consorzio Tutela Formaggio Asiago – perché esprime la forza e l’identità del suo territorio. Proprio la produzione di Asiago Dop è oggi l’ambasciatrice di questi luoghi in tutto il mondo e la testimonianza tangibile di come sia possibile puntare ad uno sviluppo sostenibile dove paesaggio, natura, uomini e animali possano vivere ed operare in equilibrio”.

L’Asiago Dop Prodotto della Montagna, dal 2006 riconosciuto e protetto dall’Unione Europea e tutelato dal nuovo disciplinare del Consorzio Tutela Formaggio Asiago entrato recentemente in vigore, è una specialità prodotta sopra i 600 metri. Un prodotto in grado di promuovere e valorizzare l’intero comprensorio e capace di attrarre turisti interessati a conoscere il formaggio d’alpeggio ed appassionati cheeselover.

La ricchezza dell’ambiente naturale unita alle antiche tecniche di produzione rendono l’Asiago Dop un prodotto dalle caratteristiche organolettiche distintive a seconda delle varie stagionature, come ad esempio l’Asiago Dop Stravecchio stagionato almeno 18 mesi, prodotto con latte estivo di vacche al pascolo, riconosciuto Presidio Slow Food e prezioso alleato per la salute.

Studi dell’Università di Padova hanno infatti dimostrato come l’Asiago Dop possieda diverse proprietà nutraceutiche importanti tra le quali significative piccole quantità di Cla, i coniugati dell’acido linoleico, in grado di ridurre i tessuti adiposi di riserva in soggetti sani in moderato sovrappeso.

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A tutto Marzemino: il Trentino si veste di rosso con la Strada del Vino e dei Sapori

Archiviata la vendemmia 2020, è tempo di festeggiare il vino. L’occasione è offerta da A tutto Marzemino, rassegna di iniziative a cura dei soci della Strada del Vino e dei Sapori del Trentino che anticipa e accompagna la manifestazione “La Vigna Eccellente. Ed è subito Isera“, nata proprio per valorizzare questo vitigno indissolubilmente legato alla storia della Vallagarina, porta meridionale del Trentino.

E così, dall’1 all’11 ottobre si susseguiranno oltre una ventina di iniziative che proporranno degustazioni e momenti di approfondimento a tema, dalla Vallagarina alla Valsugana, dal Lago di Garda alla Piana Rotaliana, dalla Valle del Chiese a Trento.

Si parte con Proposta Roccabruna speciale Marzemino: da giovedì 1 a sabato 3 e da giovedì 8 a sabato 10 ottobre, le sale di Palazzo Roccabruna-Enoteca Provinciale del Trentino di Trento ospiteranno una selezione di etichette di Marzemino e di grappa di Marzemino in degustazione.

Sabato 3, martedì 6 e venerdì 9 ottobre, a partire dalle 16.00, presso Cantine Mezzacorona di San Michele all’Adige, si svolgerà Centosedicesima vendemmia, visita esclusiva incentrata sulla storia del vitigno Marzemino, con degustazione delle versioni Classica e Superiore del Marzemino Castel Firmian nella scenografica Cantina Storica dell’azienda.

E ancora, sabato 3 e sabato 10 ottobre, a partire dalle ore 15.00, la Distilleria Marzadro di Nogaredo proporrà Dal vigneto all’alambicco, viaggio alla scoperta delle evoluzioni del Marzemino, passando dal grappolo fresco alla vinaccia, per terminare con una degustazione, tra le altre, del distillato di monovitigno.

Sabato 3 e sabato 10 ottobre, dalle 9.30 in poi, è inoltre in programma Taste&Bike – Speciale Marzemino, una giornata alla scoperta del lato più enogastronomico della Vallagarina, tra Rovereto, Mori, Isera e Nogaredo.

Il tour, che prevede tappe in diverse aziende della Strada del Vino e dei Sapori del Trentino raggiungibili autonomamente in e-bike o, se si preferisce, in auto o in scooter, può essere seguito per intero (27 km totali) o solo per la tratta del mattino o del pomeriggio.

Si inizia presso Moja Ristorante di Rovereto per lo “sprint” di inizio giornata e, pedalando tra i vigneti in direzione sud, si raggiunge la Cantina Mori Colli Zugna per un calice di Marzemino abbinato ai formaggi del Caseificio sociale di Sabbionara e al miele di Apicoltura Girardelli.

Per pranzo si raggiungerà la Locanda delle Tre Chiavi di Isera dove, dopo un benvenuto a base di prodotti del Panificio Moderno e di Naturgresta, si imparerà a fare i canederli, che verranno gustati a pranzo in abbinamento a un calice di Marzemino di Letrari Società Agricola.

Dopo pranzo, percorrendo antiche strade di collegamento, si raggiungerà la Distilleria Marzadro di Nogaredo per una visita in azienda. Infine si imboccherà la ciclabile lungo Adige in direzione Sacco di Rovereto per il finale alla scoperta della Cantina di Isera con degustazione di Marzemino abbinato ai salumi della Macelleria Moschini.

Sabato 3 e sabato 10 ottobre, alle ore 10.30, presso la Cantina Mori Colli Zugna, è inoltre in programma Gelso e Marzemino: percorso tra i vigneti a conduzione biologica, illustrazione del percorso informatizzato di conferimento uve, visita in cantina e bottaia con focus sul processo di vinificazione.

Previsti anche momenti di riflessione sui temi della sostenibilità in azienda, certificazioni e legame con il territorio, a cui seguirà una degustazione di Marzemino linea Gelso e Marzemino Superiore d’Isera in abbinamento a formaggio e lucanica trentini.

Martedì 6 e giovedì 8 ottobre, dalle 10.00 alle 11.30 e delle 15.00 alle 17.00, presso la Cantina Sociale di Trento, è la volta di Momenti di Marzemino, una speciale visita guidata con degustazione dedicata al Marzemino Trentino Superiore dei Ziresi prodotto nella vocata e storica zona di Volano, in abbinamento ai prodotti del Panificio Sosi, a cui seguirà l’assaggio di altri vini identitari del territorio.

Infine, per tutti i giorni della rassegna, presso la Cantina d’Isera, è in programma Marzemino a tutto tondo (link), speciali degustazioni di una selezione di etichette di Marzemino, che prendono il via dalla visita al vigneto passando per la cantina e con degustazione guidata finale in enoteca.

Non mancano, al solito, le proposte enogastronomiche, attive durante tutti i giorni della rassegna. Quattro, in particolare, le occasioni a Trento: Marzemino e Sapori di Montagna, presso il Ristorante al Vò, con il Marzemino di Cantina d’Isera, e A tavola col Marzemino, presso il Ristorante Antica Trattoria Due Mori, con il Marzemino di Azienda Agricola Donati.

Oltre a Nomi incontra Trento, presso l’Osteria a “Le Due Spade” e Nomi incontra Piedicastello, presso Il Libertino – Osteria Tipica Trentina, entrambe con il Marzemino di Azienda Agricola Grigoletti.

La rassegna “A tutto Marzemino” fa parte del calendario di manifestazioni enologiche provinciali denominato #trentinowinefest ed è organizzata dalla Strada del Vino e dei Sapori del Trentino in collaborazione con il Consorzio La Trentina che metterà a disposizione degli ospiti le sue mele in alcune delle iniziative in programma.

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Provola dei Nebrodi, da oggi Dop

La Provola dei Nebrodi è Dop. Ad annunciare l’iscrizione della nuova Denominazione di Origine protetta è la Ministra Teresa Bellanova: “Un’altra eccellenza agroalimentare italiana entra a far parte del registro Ig Food dell’Unione Europea: è la Provola dei Nebrodi Dop, prodotta in alcuni comuni della provincia di Catania, Enna e Messina, in Sicilia“.

È il prodotto numero 306 che ottiene questo importante riconoscimento, ha sottolineato Bellanova, non solo dell’altissima qualità del nostro Made in Italy ma anche del valore fondamentale delle nostre tradizioni agroalimentari”.

“Ancor di più in un territorio che per troppo tempo è stato soggetto alle speculazioni di mafia e criminalità organizzata e che oggi può guardare avanti, puntando sulle sue eccellenze per assicurare a lavoratori e imprese un’importante leva di sviluppo per il futuro. Complimenti a chi ci ha creduto e oggi vede riconosciuto l’impegno e il lavoro”, ha concluso la Ministra. [foto dipasqualeformaggi]

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Acetaie Aperte 2020: ripartono visite e degustazioni nel post-Covid

La Food Valley modenese riparte dall’edizione 2020 di Acetaie Aperte, manifestazione organizzata dal Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena Igp e dal Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop che andrà in scena domenica 27 settembre in 30 luoghi di produzione. L’evento di punta del calendario annuale delle attività divulgative e promozionali dei due Consorzi, è quindi confermato e si erge anzi a baluardo di quella ripartenza che l’intero distretto auspica possa avvenire in tempi brevi.

L’Aceto Balsamico di Modena, pur se in modo contenuto rispetto ad altre filiere produttive, ha infatti subito inevitabilmente i contraccolpi del lockdown, tuttavia i produttori non hanno voluto mancare l’appuntamento con l’eccellenza di fine settembre, carico più che mai di significati. Le prospettive per il futuro prossimo del settore sembrano andare nella direzione di un recupero, anche se non quantificabile nell’immediato.

“Acetaie Aperte come simbolo di rinascita – spiega Mariangela Grosoli, Presidente del Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena Igp – già nel nome stesso dell’evento si legge la voglia di continuare a esserci. Il distretto modenese ha dovuto superare negli ultimi dieci anni due situazioni che avrebbero potuto metterlo in ginocchio: un terremoto nel 2012 che ha danneggiato molte strutture ed una pandemia nel 2020 che ha bloccato la circolazione di persone e merci tra i Paesi del mondo per molti mesi”.

“Siamo stati messi a dura prova più volte – aggiunge – ma ne siamo usciti sempre più forti di prima. Modena ed i modenesi non si arrendono, confermare l’appuntamento con Acetaie Aperte è per noi il modo migliore per ribadire che ci siamo, con tanta forza e la volontà di ripartire”.

Le fa eco Enrico Corsini, Presidente del Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop il quale sottolinea come “la perseveranza nel continuare a portare avanti il proprio lavoro, resistendo in mezzo alle difficoltà oggettive di gestione intervenute con l’emergenza Covid, è l’atteggiamento che ha caratterizzato negli scorsi mesi l’attività dei produttori. I quali oggi sono pronti ad aprire di nuovo con visite guidate, degustazioni ed intrattenimento, nel pieno rispetto delle prescrizioni di sicurezza, le porte dei propri impianti di produzione, non solo ai visitatori che domenica ivi transiteranno, ma idealmente a tutto il mondo”.

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Acetaie Aperte 2020: riparte la Food Valley modenese

La Food Valley modenese riparte dall’edizione 2020 di Acetaie Aperte, manifestazione organizzata dal Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena Igp e dal Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop che andrà in scena domenica 27 settembre in 30 luoghi di produzione.

L’evento di punta del calendario annuale delle attività divulgative e promozionali dei due Consorzi, è quindi confermato e si erge anzi a baluardo di quella ripartenza che l’intero distretto auspica possa avvenire in tempi brevi.

Acetaie Aperte come simbolo di rinascita – spiega Mariangela Grosoli, Presidente del Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena Igp – già nel nome stesso dell’evento si legge la voglia di continuare a esserci. Il distretto modenese ha dovuto superare negli ultimi dieci anni due situazioni che avrebbero potuto metterlo in ginocchio: un terremoto nel 2012 che ha danneggiato molte strutture ed una pandemia nel 2020 che ha bloccato la circolazione di persone e merci tra i Paesi del mondo per molti mesi”.

“Siamo stati messi a dura prova più volte – aggiunge – ma ne siamo usciti sempre più forti di prima. Modena ed i modenesi non si arrendono, confermare l’appuntamento con Acetaie Aperte è per noi il modo migliore per ribadire che ci siamo, con tanta forza e la volontà di ripartire”.

Le fa eco Enrico Corsini, Presidente del Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop il quale sottolinea come “la perseveranza nel continuare a portare avanti il proprio lavoro, resistendo in mezzo alle difficoltà oggettive di gestione intervenute con l’emergenza Covid, è l’atteggiamento che ha caratterizzato negli scorsi mesi l’attività dei produttori. I quali oggi sono pronti ad aprire di nuovo con visite guidate, degustazioni ed intrattenimento, nel pieno rispetto delle prescrizioni di sicurezza, le porte dei propri impianti di produzione, non solo ai visitatori che domenica ivi transiteranno, ma idealmente a tutto il mondo”.

L’Aceto Balsamico di Modena, pur se in modo contenuto rispetto ad altre filiere produttive, ha infatti subito inevitabilmente i contraccolpi del lockdown, tuttavia i produttori non hanno voluto mancare l’appuntamento con l’eccellenza di fine settembre, carico più che mai di significati. Le prospettive per il futuro prossimo del settore sembrano andare nella direzione di un recupero, anche se non quantificabile nell’immediato.

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Valoritalia certifica l’olio Dop Chianti Classico

Il Consorzio di Tutela Olio Dop Chianti Classico ha incaricato Valoritalia, società leader in Italia nelle certificazioni agroalimentari, di effettuare i controlli sulla produzione dell’Olio Dop Chianti Classico e della verifica del rispetto delle norme previste dal relativo disciplinare di produzione. L’incarico è stato autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole con un Decreto pubblicato lo scorso 31 agosto e avrà durata triennale.

“La lunga collaborazione con gli enti di certificazione ha permesso ai nostri soci di comprendere che lo strumento del controllo non è soltanto un obbligo imposto dalle leggi, ma è innanzitutto utile alla crescita professionale e tecnica degli operatori. In questi anni le imprese hanno compreso che le verifiche previste dal piano dei controlli sono un’opportunità per migliorare la gestione della tracciabilità e la stessa tutela del prodotto nei confronti del consumatore”, afferma Gionni Pruneti, Presidente del Consorzio Dop Chianti Classico.

Sin dalla sua costituzione nel 1975, l’obiettivo del Consorzio è stato sempre quello di proteggere e promuovere la denominazione, salvaguardando il territorio e i caratteri del prodotto: buon sapore fruttato con sentori di carciofo crudo ed erba fresca e gradevolmente piccante. Profumi e sapori strettamente legati alle cultivar “Frantoio“, “Correggiolo“, “Moraiolo” e “Leccino” che possono essere usate da sole o congiuntamente, o unitamente ad altre varietà autorizzate dal disciplinare di produzione per un massimo del 20%.

Realizzare un olio Dop con un elevato valore qualitativo richiede un impegno continuo ed un rigore tecnico che copra tutto il processo produttivo, dal campo al frantoio, perché solo prestando una costante attenzione si riesce a conservare quelle proprietà organolettiche che restituiscono l’identità di un terroir così particolare come quello della Dop Chianti Classico. La certificazione è un’ulteriore garanzia per il consumatore che.

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L’olio Dop Chianti Classico si certifica con Valoritalia

Il Consorzio di Tutela Olio Dop Chianti Classico ha incaricato Valoritalia, società leader in Italia nelle certificazioni agroalimentari, di effettuare i controlli sulla produzione dell’Olio Dop Chianti Classico e della verifica del rispetto delle norme previste dal relativo disciplinare di produzione. L’incarico è stato autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole con un Decreto pubblicato lo scorso 31 agosto e avrà durata triennale.

La lunga collaborazione con gli enti di certificazione ha permesso ai nostri soci di comprendere che lo strumento del controllo non è soltanto un obbligo imposto dalle leggi, ma è innanzitutto utile alla crescita professionale e tecnica degli operatori. In questi anni le imprese hanno compreso che le verifiche previste dal piano dei controlli sono un’opportunità per migliorare la gestione della tracciabilità e la stessa tutela del prodotto nei confronti del consumatore”, afferma Gionni Pruneti, Presidente del Consorzio Dop Chianti Classico.

Sin dalla sua costituzione nel 1975, l’obiettivo del Consorzio è stato sempre quello di proteggere e promuovere la denominazione, salvaguardando il territorio e i caratteri del prodotto: buon sapore fruttato con sentori di carciofo crudo ed erba fresca e gradevolmente piccante. Profumi e sapori strettamente legati alle cultivar “Frantoio“, “Correggiolo“, “Moraiolo” e “Leccino” che possono essere usate da sole o congiuntamente, o unitamente ad altre varietà autorizzate dal disciplinare di produzione per un massimo del 20%.

Realizzare un olio Dop con un elevato valore qualitativo richiede un impegno continuo ed un rigore tecnico che copra tutto il processo produttivo, dal campo al frantoio, perché solo prestando una costante attenzione si riesce a conservare quelle proprietà organolettiche che restituiscono l’identità di un terroir così particolare come quello della Dop Chianti Classico. La certificazione è un’ulteriore garanzia per il consumatore che.

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Massimo Bottura e 24 chef italiani alla settima edizione di “Al Meni”

Massimo Bottura, 12 chef stellati emiliano-romagnoli e 12 talenti della gastronomia italiana contemporanea tornano a Rimini per “Al Meni“, l’evento gastronomico che è sintesi autentica tra cuochi, idee e prodotti di qualità, messi attorno allo stesso tavolo dallo chef che ha scalato le vette del mondo.

Dal 25 al 27 settembre showcooking stellati, streetfood d’autore, mercati dedicati ai prodotti d’eccellenza del territorio, labstore di manufatturieri, incontri e laboratori, si danno appuntamento per una grande celebrazione della cucina italiana e dei prodotti dell’Emilia Romagna, nel clima spontaneo di una festa di strada.

Protagoniste di questa festa saranno sempre loro: “le mani” (“Al Mèni”, in dialetto romagnolo, dal titolo di una poesia di Tonino Guerra) di 24 cuochi d’eccezione chiamati a rotazione ad esibirsi con i loro showcooking in due grandi cucine a vista: una fra i banchi di marmo della Vecchia Pescheria, l’altra nel circo 8 e ½ che si alzerà nel Giardino delle Mimose.

Il circo 8 e ½ dei sapori quest’anno, per la prima volta, propone una speciale edizione nel cuore della città di Rimini, in una Piazza Cavour e nel vicino giardino delle Mimose trasformate dalle circensi atmosfere felliniane, nell’anno del centenario dalla nascita del Maestro del cinema.

GLI CHEF DELLA SETTIMA EDIZIONE DI AL MENI
Al Meni ha sempre puntato sui talenti più interessanti e freschi del panorama gastronomico internazionale e sui capisaldi della cucina gastronomica della regione. In questo anno particolare, che ha visto dilatarsi tutte le distanze, si è scelto di raccontare l’Italia, attraverso la visione di una gastronomia nazionale contemporanea da parte di interpreti della ristorazione d’autore di estrazioni diversissime che, nel complesso, ci daranno un ritratto molto preciso della direzione della cucina del nostro Paese dei prossimi anni.

Ai fornelli del circo 8 e ½ partiamo da Marco Ambrosino, uno chef che ha fatto della sua idea di Mediterraneo una bandiera inconfondibile, passando per Stella Shi che, italianissima, distilla le sue origini in una interpretazione contemporanea degli ingredienti migliori. Jessica Rosval, Canadese, emiliana di adozione, è la chef che guida l’espressione di Casa Maria Luigia mescolando emozionalmente la sua cultura di origine e i migliori ingredienti italiani.

Giuseppe Rambaldi sta rivoluzionando il Piemonte con una cucina Neoclassica poggiata sui migliori ricordi degli anni 80 gastronomici con un piede in Emilia e uno sulla testa dei Savoia. Chiara Pavan è una delle figure di riferimento della cucina italiana contemporanea, nel silenzio di Mazzorbo, nella laguna veneziana, ha tracciato una linea di cucina italiana che gioca sulle note più identitarie della nostra tradizione, reimpostandone le preparazioni dalle basi.

Non poteva mancare una visione sulla tradizione come quella di Sarah Cicolini a Roma o una creatività libera come quella di Ziantoni forte di importanti e solide esperienze in Italia e all’estero. Troppo poco si parla della Liguria e dei suoi incredibili prodotti, ecco quindi Giorgio Servetto interprete eccellente di un territorio magico fra mare e montagna. Appena rientrato in Italia Lorenzo Lunghi ci mostrerà come gli anni in Francia abbiano influenzato la sua estrazione e la sua sensibilità.

Giuliano Baldessarri ci porterà con uno sguardo sempre avanguardistico sui migliori prodotti della penisola. Antonio Zaccardi, dopo anni accanto a Enrico Crippa, ha inaugurato una nuova stagione nella sua natale Puglia alla ricerca di una linea di cucina fresca e moderna in una regione dalle radici profonde. La triade del Giglio si è fatta amare più di chiunque altro fra i giovani di tutta italia, Rullo, Stefanini e Terigi non sono secondi a nessuno per personalità e impostazione di cucina.

Fra gli storici banchi della Vecchia Pescheria troveranno spazio sia alcuni degli chef che esprimono il meglio della contemporaneità come i romagnoli Gianluca Gorini, Stefano Ciotti e Takahiko Kondo di Osteria Francescana, ma anche i migliori interpreti della classicità come Claudio Di Bernardo o Emilio Barbieri. Ma non solo: la grande visione creativa dello stellato Mariano Guardianelli o la rigorosa espressione di Luigi Sartini saranno sempre abbinate alle proposte dei migliori vini della nostra regione.

Poi ci saranno le visioni di mare di Omar Casali o l’espressione libera di Dario Picchiotti, fra il pesce e il manierismo anni 80 bolognese. Oppure la precisione stilistica di Gianluca Esposito. Finiamo con uno dei territori a volte dimenticati della nostra regione, la bassa che abbraccia le provincie di Ferrara e Ravenna, quella pianeggiante attesa del mare, Alessio Malaguti della antica Trattoria La Rosa e Daniele Baruzzi rappresentano questa visione, della terra che è un po’ la mezzaluna fertile della gastronomia italiana, fra il Po e l’Adriatico.

Anche quest’anno l’enoteca di Al Meni ospita il meglio dell’espressione gastronomica regionale, abbinata ai vini dei produttori dell’associazione Chef to Chef, che unisce, per l’appunto, il meglio di chi produce e degli chef che interpretano il nostro territorio, e della Strada dei vini e dei sapori di Rimini.

LO STREET FOOD STELLATO
Uno spazio fra piazza Cavour e il Giardino delle Mimose avrà come protagonista lo street food stellato a cura dei sous chef di Osteria Francescana Davide e Taka, lo chef di Franceschetta58 Francesco Vincenzi e lo chef Silver Succi: dal fritto ai panini, l’importante è che sia da passeggio.

Ad arricchire il programma, la presenza ad Al Meni degli chef stellati protagonisti del racconto di questi anni di Rimini Street Food: Riccardo Monco di Enoteca Pinchiorri, Franco Pepe di Pepe in grani, Alessandro Roscioli di Roscioli Roma, Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore di Senigallia, Alessandro Negrini di Aimo e Nadia Milano e Max Mascia del San Domenico di Imola, saranno a Rimini per una jam session a sorpresa: i cuochi portano con sé solo le loro giacche bianche e i piatti vengono pensati al mattino seguendo l’ispirazione della spesa fatta dal padrone di casa, scegliendo fra i prodotti di alta qualità dei Presìdi Slow Food.

Anche i pescatori riminesi saranno protagonisti in piazza Cavour con i loro piatti a base di fritto di pesce, spiedini di gamberi e calamari con la postazione targata “Rimini per tutti“.

IL MERCATO, GLI INCONTRI E I LABORATORI
Piazza Cavour sarà lo scenario di viaggio unico e straordinario fra le eccellenze gastronomiche emiliano-romagnole e fra prodotti che sono autentiche gemme del territorio più ricco d’Europa per Dop e Igp. Al mercato di Al Meni si potrà fare la spesa fra questo patrimonio gastronomico meraviglioso che va dal Parmigiano Reggiano, ai salumi di Mora Romagnola e alle coppe piacentine, il Culatello di Zibello, i Grani Antichi della Valmarecchia, insieme ai produttori di miele e frutta, di verdura e biscotteria.

Con loro ci saranno i produttori del tartufo di Sant’Agata Feltria il miele, altri insaccati, il riso del Delta e gli splendidi prodotti ortofrutticoli del territorio. Una ricchezza di sapori e di cose buone da assaggiare, conoscere e scoprire, e da portare con sé nella propria dispensa per trasformarla in autentico scrigno. La selezione dell’evento è curata da CheftoChef Emiliaromagnacuochi, in collaborazione con Slow Food Emila-Romagna e con la Strada dei vini e dei sapori di Rimini.

Fra la Vecchia Pescheria e il circo, Slow Food Emilia Romagna inviterà a immaginare nuovi scenari agricoli e gastronomici sostenibili, insomma il cibo che verrà nelle “Terre Future“. Quale sarà il nostro cibo di domani, quali scelte implicherà, ci piacerà? Sarà possibile scoprirlo incontrando scienziati ed esperti di ambiente e di cambiamenti climatici, oltre che allevatori e produttori, scoprendo e sperimentando nuovi cibi nei laboratori didattici.

Accanto al Mercato di Al Meni ci sarà spazio per il labstore itinerante dell’artigianato, del design e delle buone idee. Uno spazio espositivo poliedrico che racchiude creatività, arte e ricerca, contraddistinte dal marchio “Fatto a mano“. I manufatturieri di Matrioska portano ad Al Mèni illustrazioni, ceramiche, abbigliamento, accessori, arredi: tutto ciò che unisce innovazione, manualità e amore per il fare.

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Massimo Bottura e 24 chef italiani a Rimini

Massimo Bottura, 12 chef stellati emiliano-romagnoli e 12 talenti della gastronomia italiana contemporanea tornano a Rimini per “Al Meni“, l’evento gastronomico che è sintesi autentica tra cuochi, idee e prodotti di qualità, messi attorno allo stesso tavolo dallo chef che ha scalato le vette del mondo.

Dal 25 al 27 settembre showcooking stellati, streetfood d’autore, mercati dedicati ai prodotti d’eccellenza del territorio, labstore di manufatturieri, incontri e laboratori, si danno appuntamento per una grande celebrazione della cucina italiana e dei prodotti dell’Emilia Romagna, nel clima spontaneo di una festa di strada.

Protagoniste di questa festa saranno sempre loro: “le mani” (“Al Mèni”, in dialetto romagnolo, dal titolo di una poesia di Tonino Guerra) di 24 cuochi d’eccezione chiamati a rotazione ad esibirsi con i loro showcooking in due grandi cucine a vista: una fra i banchi di marmo della Vecchia Pescheria, l’altra nel circo 8 e ½ che si alzerà nel Giardino delle Mimose.

Il circo 8 e ½ dei sapori quest’anno, per la prima volta, propone una speciale edizione nel cuore della città di Rimini, in una Piazza Cavour e nel vicino giardino delle Mimose trasformate dalle circensi atmosfere felliniane, nell’anno del centenario dalla nascita del Maestro del cinema.

GLI CHEF DELLA SETTIMA EDIZIONE DI AL MENI
Al Meni ha sempre puntato sui talenti più interessanti e freschi del panorama gastronomico internazionale e sui capisaldi della cucina gastronomica della regione. In questo anno particolare, che ha visto dilatarsi tutte le distanze, si è scelto di raccontare l’Italia, attraverso la visione di una gastronomia nazionale contemporanea da parte di interpreti della ristorazione d’autore di estrazioni diversissime che, nel complesso, ci daranno un ritratto molto preciso della direzione della cucina del nostro Paese dei prossimi anni.

Ai fornelli del circo 8 e ½ partiamo da Marco Ambrosino, uno chef che ha fatto della sua idea di Mediterraneo una bandiera inconfondibile, passando per Stella Shi che, italianissima, distilla le sue origini in una interpretazione contemporanea degli ingredienti migliori. Jessica Rosval, Canadese, emiliana di adozione, è la chef che guida l’espressione di Casa Maria Luigia mescolando emozionalmente la sua cultura di origine e i migliori ingredienti italiani.

Giuseppe Rambaldi sta rivoluzionando il Piemonte con una cucina Neoclassica poggiata sui migliori ricordi degli anni 80 gastronomici con un piede in Emilia e uno sulla testa dei Savoia. Chiara Pavan è una delle figure di riferimento della cucina italiana contemporanea, nel silenzio di Mazzorbo, nella laguna veneziana, ha tracciato una linea di cucina italiana che gioca sulle note più identitarie della nostra tradizione, reimpostandone le preparazioni dalle basi.

Non poteva mancare una visione sulla tradizione come quella di Sarah Cicolini a Roma o una creatività libera come quella di Ziantoni forte di importanti e solide esperienze in Italia e all’estero. Troppo poco si parla della Liguria e dei suoi incredibili prodotti, ecco quindi Giorgio Servetto interprete eccellente di un territorio magico fra mare e montagna. Appena rientrato in Italia Lorenzo Lunghi ci mostrerà come gli anni in Francia abbiano influenzato la sua estrazione e la sua sensibilità.

Giuliano Baldessarri ci porterà con uno sguardo sempre avanguardistico sui migliori prodotti della penisola. Antonio Zaccardi, dopo anni accanto a Enrico Crippa, ha inaugurato una nuova stagione nella sua natale Puglia alla ricerca di una linea di cucina fresca e moderna in una regione dalle radici profonde. La triade del Giglio si è fatta amare più di chiunque altro fra i giovani di tutta italia, Rullo, Stefanini e Terigi non sono secondi a nessuno per personalità e impostazione di cucina.

Fra gli storici banchi della Vecchia Pescheria troveranno spazio sia alcuni degli chef che esprimono il meglio della contemporaneità come i romagnoli Gianluca Gorini, Stefano Ciotti e Takahiko Kondo di Osteria Francescana, ma anche i migliori interpreti della classicità come Claudio Di Bernardo o Emilio Barbieri. Ma non solo: la grande visione creativa dello stellato Mariano Guardianelli o la rigorosa espressione di Luigi Sartini saranno sempre abbinate alle proposte dei migliori vini della nostra regione.

Poi ci saranno le visioni di mare di Omar Casali o l’espressione libera di Dario Picchiotti, fra il pesce e il manierismo anni 80 bolognese. Oppure la precisione stilistica di Gianluca Esposito. Finiamo con uno dei territori a volte dimenticati della nostra regione, la bassa che abbraccia le provincie di Ferrara e Ravenna, quella pianeggiante attesa del mare, Alessio Malaguti della antica Trattoria La Rosa e Daniele Baruzzi rappresentano questa visione, della terra che è un po’ la mezzaluna fertile della gastronomia italiana, fra il Po e l’Adriatico.

Anche quest’anno l’enoteca di Al Meni ospita il meglio dell’espressione gastronomica regionale, abbinata ai vini dei produttori dell’associazione Chef to Chef, che unisce, per l’appunto, il meglio di chi produce e degli chef che interpretano il nostro territorio, e della Strada dei vini e dei sapori di Rimini.

LO STREET FOOD STELLATO
Uno spazio fra piazza Cavour e il Giardino delle Mimose avrà come protagonista lo street food stellato a cura dei sous chef di Osteria Francescana Davide e Taka, lo chef di Franceschetta58 Francesco Vincenzi e lo chef Silver Succi: dal fritto ai panini, l’importante è che sia da passeggio.

Ad arricchire il programma, la presenza ad Al Meni degli chef stellati protagonisti del racconto di questi anni di Rimini Street Food: Riccardo Monco di Enoteca Pinchiorri, Franco Pepe di Pepe in grani, Alessandro Roscioli di Roscioli Roma, Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore di Senigallia, Alessandro Negrini di Aimo e Nadia Milano e Max Mascia del San Domenico di Imola, saranno a Rimini per una jam session a sorpresa: i cuochi portano con sé solo le loro giacche bianche e i piatti vengono pensati al mattino seguendo l’ispirazione della spesa fatta dal padrone di casa, scegliendo fra i prodotti di alta qualità dei Presìdi Slow Food.

Anche i pescatori riminesi saranno protagonisti in piazza Cavour con i loro piatti a base di fritto di pesce, spiedini di gamberi e calamari con la postazione targata “Rimini per tutti“.

IL MERCATO, GLI INCONTRI E I LABORATORI
Piazza Cavour sarà lo scenario di viaggio unico e straordinario fra le eccellenze gastronomiche emiliano-romagnole e fra prodotti che sono autentiche gemme del territorio più ricco d’Europa per Dop e Igp. Al mercato di Al Meni si potrà fare la spesa fra questo patrimonio gastronomico meraviglioso che va dal Parmigiano Reggiano, ai salumi di Mora Romagnola e alle coppe piacentine, il Culatello di Zibello, i Grani Antichi della Valmarecchia, insieme ai produttori di miele e frutta, di verdura e biscotteria.

Con loro ci saranno i produttori del tartufo di Sant’Agata Feltria il miele, altri insaccati, il riso del Delta e gli splendidi prodotti ortofrutticoli del territorio. Una ricchezza di sapori e di cose buone da assaggiare, conoscere e scoprire, e da portare con sé nella propria dispensa per trasformarla in autentico scrigno. La selezione dell’evento è curata da CheftoChef Emiliaromagnacuochi, in collaborazione con Slow Food Emila-Romagna e con la Strada dei vini e dei sapori di Rimini.

Fra la Vecchia Pescheria e il circo, Slow Food Emilia Romagna inviterà a immaginare nuovi scenari agricoli e gastronomici sostenibili, insomma il cibo che verrà nelle “Terre Future“. Quale sarà il nostro cibo di domani, quali scelte implicherà, ci piacerà? Sarà possibile scoprirlo incontrando scienziati ed esperti di ambiente e di cambiamenti climatici, oltre che allevatori e produttori, scoprendo e sperimentando nuovi cibi nei laboratori didattici.

Accanto al Mercato di Al Meni ci sarà spazio per il labstore itinerante dell’artigianato, del design e delle buone idee. Uno spazio espositivo poliedrico che racchiude creatività, arte e ricerca, contraddistinte dal marchio “Fatto a mano“. I manufatturieri di Matrioska portano ad Al Mèni illustrazioni, ceramiche, abbigliamento, accessori, arredi: tutto ciò che unisce innovazione, manualità e amore per il fare.

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Dal 7 al 20 settembre torna La Paganella del Gusto

Da lunedì 7 a domenica 20 settembre torna la quarta edizione de La Paganella del Gusto, kermesse che ha contribuito a consolidare l’immagine dell’Altopiano non solo come destinazione family e outdoor ma anche gourmet, organizzata dagli operatori locali, dal Comune di Andalo e da Andalo Vacanze con il supporto dell’Apt Dolomiti Paganella e della Strada del Vino e dei Sapori del Trentino.

Il format prevede la possibilità di degustare speciali menù ispirati alle migliori tradizioni locali opportunamente rivisitati in chiave moderna e abbinati a vini del territorio. Il tutto studiato nel segno di una filosofia di recupero di quanto fa da sempre parte dell’anima del territorio, utilizzando prodotti a filiera corta e di stagione e valorizzando il patrimonio di biodiversità delle piccole produzioni locali, la memoria, la tradizione e la saggezza del luogo.

Per via dell’attuale situazione sanitaria non sarà possibile organizzare la tradizionale sfida finale per la preparazione della miglior torta di patate, piatto simbolo del territorio, ma è stata introdotta una serata speciale, in programma per sabato 19 settembre, che vedrà protagonisti prodotti locali e chef per un momento di confronto e degustazione.

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Al via la quarta edizione di La Paganella del Gusto

Dopo il successo degli scorsi anni, torna la quarta edizione de La Paganella del Gusto, kermesse che ha contribuito a consolidare l’immagine dell’Altopiano non solo come destinazione family e outdoor ma anche gourmet, organizzata dagli operatori locali, dal Comune di Andalo e da Andalo Vacanze con il supporto dell’Apt Dolomiti Paganella e della Strada del Vino e dei Sapori del Trentino.

L’appuntamento è da lunedì 7 a domenica 20 settembre e il format prevede la possibilità di degustare speciali menù ispirati alle migliori tradizioni locali opportunamente rivisitati in chiave moderna e abbinati a vini del territorio.

Il tutto studiato nel segno di una filosofia di recupero di quanto fa da sempre parte dell’anima del territorio, utilizzando prodotti a filiera corta e di stagione e valorizzando non solo il patrimonio di biodiversità delle piccole produzioni locali ma anche la memoria, la tradizione e la saggezza del luogo, nel segno di quella genuinità di cui è in cerca chi sceglie l’Altopiano.

Per via dell’attuale situazione sanitaria non sarà possibile organizzare la tradizionale sfida finale per la preparazione della miglior torta di patate, piatto simbolo del territorio, ma è stata introdotta una serata speciale, in programma per sabato 19 settembre, che vedrà protagonisti prodotti locali e chef per un momento di confronto e degustazione.

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Associazione Locali storici d’Italia: riaprono i locali “come fari nella nebbia”

Riaprono in questi giorni alcuni luoghi simbolo dell’ospitalità, aggiungendosi alla ripresa delle attività post lockdown della grande maggioranza dei 220 locali appartenenti all’Associazione Locali storici d’Italia. “Si tratta più di un segnale di speranza che di convenienza, visto che questi avamposti dell’ospitalità italiana – ognuno con una storia che sfiora mediamente i 2 secoli di vita – si sentono come dei fari nella nebbia, lasciati soli dal Governo e dai ministeri competenti”, ha commentato Enrico Magenes, presidente dell’associazione.

I Locali storici chiedono una legge con strumenti di protezione dedicati a contributi con rateazione a lungo termine, e sgravi fiscali al condono fiscale per non capitolare.

Secondo un recente sondaggio dell’Associazione, gli epicentri dell’ospitalità di Venezia, Torino, Firenze, Milano, Bologna, Roma, ma anche delle province storiche hanno accusato negli ultimi 6 mesi un calo del fatturato tra il 50% e l’80%, e lo stesso trend si può calcolare sul numero di addetti impiegati.

I nostri alberghi, ristoranti, confetterie, pasticcerie, caffè letterari e fiaschetterie, sono tra le principali vittime del virus – ha proseguito Magenes – Hanno, in gran parte, condiviso il destino delle loro città d’arte, dello smart-working, della mancanza di turisti esteri che notoriamente cercano angoli di cultura e di storia in questi luoghi, del distanziamento difficile da gestire in queste ‘gallerie’ aperte al pubblico, con arredi d’epoca e opere d’arte”.

Tra le testimonianze, quella del Caffè Florian di Venezia, che ha riaperto solo 2 mesi fa proprio nel’anno in cui dovrebbe festeggiare i 3 secoli di vita, o la storica Pasticceria Lanfranchi di Cremona – mai una chiusura nemmeno per le 2 Guerre Mondiali – che si è chiamata presente a Pasqua coi i suoi concittadini per il delivery delle colombe.

Per non parlare degli alberghi icona di Venezia, Milano, Torino, Rapallo; di ristoranti e caffè di Verona e Ferrara, delle pasticcerie di Napoli e Milano, cui non bastano più iniezioni di capitali da parte dei soci o prestiti bancari.

Veneto, Lombardia, Toscana, Piemonte, Liguria e Campania sono le regioni con la più alta presenza di locali storici, da secoli baluardi di stile e gusto made in Italy e frequentatissimi dai grandi della storia. In media attivi da circa 180 anni, sono guidati nella metà dei casi da 2 o più generazioni della stessa famiglia, con storie che scavano nel passato fino a toccare le 12 generazioni.

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Nasce Kinder Plumcake con yogurt alla greca

Arriva Kinder Plumcake preparato con Yogurt alla Greca. Tradizione e innovazione si incontrano nella reinterpretazione in chiave moderna del grande classico di Kinder.

Realizzato con ingredienti selezionati: uova da allevamenti a terra, latte, farina, zucchero e yogurt. Senza conservanti e coloranti. Per la prima volta un Plumcake, preparato con il 10% di yogurt colato secondo la ricetta greca.

Lo Yogurt alla Greca è infatti caratterizzato da una tecnica produttiva che si differenzia da quella utilizzata per lo yogurt tradizionale: viene sottoposto ad un processo chiamato “colatura” che consente di rimuovere il siero in eccesso, ottenendo uno yogurt concentrato, dalla consistenza più densa.

La cottura in teglia e l’impasto preparato con Yogurt alla Greca, che con la sua consistenza densa e cremosa contribuisce ad offrire un’esperienza di gusto appagante, lo rendono particolarmente soffice.

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Grottaglie sempre più “Città delle Uve”: presto un Centro Servizi per l’agricoltura

Grottaglie, in provincia di Taranto, è insignita del titolo di Città delle uve. La sua coltivazione rappresenta uno dei principali asset economici della città. Proprio per questo, a breve sarà attivo il Centro Servizi per l’agricoltura.

“Il completamento del Centro Servizi per l’agricoltura – annuncia Mario Bonfrate, assessore con delega al bilancio, turismo, attività produttive e agricoltura del Comune di Grottaglie – è in agenda. Il complesso, nato nel lontano 1994 per volere della Regione, in accordo con le precedenti amministrazioni, nasce con l’idea di fornire un servizio a tutti gli agricoltori. La nostra amministrazione è riuscita a portare a termine il progetto attraverso un finanziamento regionale. Prossimamente inaugureremo il Centro direzionale“.

“Abbiamo candidato Grottaglie per ricevere un importante finanziamento che sarà utile per mettere a disposizione della piattaforma logistica il nostro centro servizi per agricoltura, facendolo diventare così un’importante hub per la filiera agroalimentare”, aggiunge Ciro d’Alò sindaco del Comune di  Grottaglie.

Agromed, società benefit interamente partecipata dalla camera di commercio di Taranto, si occuperà di ricezione, lavorazione e stoccaggio dei prodotti agricoli. Offrendo alla provincia di Taranto, una piattaforma logistica interamente dedicata alla produzione della filiera agroalimentare.

Grottaglie potrebbe svolgere un ruolo importante in questo quadro, avendo a disposizione l’aeroporto che, nella sua funzionalità cargo, permetterebbe la spedizione delle produzioni ortofrutticole verso mercati esteri. Grazie alla costruzione della rete Agromed si potranno iniziare a movimentare merci per diversi milioni di euro.

“Questo significa sviluppo e occupazione – evidenziano i promotori dell’iniziativa – ma anche riconversione. È un punto di partenza necessario per avviare quella riconversione economica che tutti attendono, puntando così alle produzioni locali, alla logistica e ai fattori di intermodalità che favorirebbero l’apertura verso nuovi mercati”.

Grottaglie, del resto, è una delle regine dell’uva da tavola italiana. La città delle ceramiche è uno dei centri pugliesi più importanti per la produzione e commercializzazione dell’uva da tavola.

L’attività si sviluppa su circa 2 mila ettari vitati, con una produzione di 500 mila quintali e un fatturato di quasi 38 milioni di euro. L’uva da tavola grottagliese, da luglio fino a settembre, riempie le tavole di tutta Europa.

La fa da padrona la varietà Vittoria e a seguire in minor superficie la varietà di uva apirene (acini senza semi) a bacca bianca. Infine, una nicchia di produttori continua a coltivare la varietà Regina.

L’uva Vittoria si distingue per i suoi grappoli a forma di piramide, per i suoi chicchi grandi e la lieve dolcezza. Interessante l’alto gradiente di digeribilità dell’uva Vittoria. Nutriente, energetica, ricca di virtù come la capacità antiossidante, disintossicante e diuretica.

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