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Il Tavolo del Turismo enogastronomico è realtà: cos’è e chi ne fa parte

Il Tavolo del Turismo enogastronomico è realtà: cos'è e chi ne fa parte

Dopo il Patto di Spello, siglato sei mesi fa, si è costituito oggi ufficialmente il Tavolo del Turismo enogastronomico. Ne fanno parte le Associazioni Città del Vino e Città dell’Olio, il Movimento Turismo del Vino, il Movimento Turismo dell’Olio, la Federazione Italiana delle Strade del Vino, dell’Olio e dei Sapori e l’Unione Italiana Vini (Uiv).

Un accordo che ha visto per la prima volta le più importanti organizzazioni del settore del turismo enogastronomico mettere a punto un piano condiviso con l’obiettivo di «superare il terribile momento di crisi» e, soprattutto, «preparare nel migliore dei modi la ripartenza post pandemia».

Il comparto, drammaticamente segnato dagli effetti del Covid-19, ha mostrato anche oggi una forte voglia di ripresa. A seguito dell’invio di un documento congiunto, le sei organizzazioni hanno ottenuto un incontro con Gian Marco Centinaio, Sottosegretario di Stato per le Politiche Agricole e Forestali, nel corso del quale è stato costituito ufficialmente il Tavolo del Turismo Enogastronomico.

Siamo una realtà composita che ha superato gli interessi singoli a favore di un comune intento – spiegano i fondatori – derivante dalla consapevolezza del complesso universo che rappresentiamo.

Il nostro settore è strategico e chiediamo di essere considerati un interlocutore privilegiato che possa contribuire alla maggiore sintonia tra privato e pubblico.

Ci auguriamo di poter avviare una consultazione permanente con referenti istituzionale con cui poterci confrontare e ai quali fornire supporto es esperienza».

Dal canto suo, Centinaio ha sottolineato «l’assoluto bisogno di concretezza e necessità di accelerare, anche in vista dell’imminente stagione turistica estiva». Tra le prossime azioni, anche l’attuazione della legge sull’oleoturismo.

Ma sono tanti i temi sul tavolo. Dalla promozione alla digitalizzazione, dalle infrastrutture alla formazione professionale, dalla tutela ambientale alla comunicazione, passando per un portale nazionale dedicato e la creazione di un protocollo sulla cura e manutenzione del paesaggio, anche attraverso una segnaletica puntuale. Infine, la rivalutazione dei borghi.

«Il turismo e l’enogastronomia – commentano i sei promotori – soprattutto quando si uniscono in questo straordinario binomio, sono la spina dorsale del Paese, il motore che ci farà ripartire, il biglietto da visita che fa dell’Italia un unico assoluto».

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Riapertura sicura dell’Horeca: Federvini sostiene in Italia la campagna WeStandReady

WeStandReady è la campagna paneuropea lanciata da SpiritsEurope per chiedere azioni coordinate che aprano la strada a una riapertura sicura nonché a una ripresa sostenibile e a lungo termine dei settori dell’ospitalità e del turismo in Europa.

A sostegno della campagna anche Federvini, nella convinzione che la migliore risposta alla crisi generata dalla pandemia sia quella di una visione comune che orienti la ripresa e la crescita dell’intero comparto.

Per supportare questi obiettivi, SpiritsEurope ritiene fondamentale sviluppare una task force dell’Ue e un fondo per il recupero che riunisca rappresentanti intersettoriali, ministri nazionali e Commissione Europea.

Dopo l’avvio della campagna europea WeStandReady molti dei paesi aderenti hanno risposto al progetto rilasciando la propria versione nazionale, allo scopo di diffonderne i contenuti nei rispettivi stati.

BOSCAINI: ALLEANZE PER LA RIPARTENZA

In ambito nazionale – dichiara il Presidente di Federvini, Sandro Boscaini – puntiamo sulle alleanze con Federturismo convinti che sia nell’interesse del sistema Paese un impegno comune a ricominciare presto e bene in sicurezza».

«Federvini – prosegue Boscaini – è parte attiva per il rilancio dell’intero settore, facendo leva su alleanze per favorire la ripartenza. In questo senso, Federvini promuove la campagna europea volta a sensibilizzare la Commissione Ue a supportare al meglio quei settori che ruotano attorno all’universo Horeca e che sono stati tra i più penalizzati dalla pandemia».

«Per questo – conclude il Presidente – chiediamo al Governo il massimo sostegno nel rilanciare i settori legati all’ospitalità e di essere nelle condizioni di una definitiva riapertura e ripartire anche in virtù di un effettivo avanzamento della campagna vaccinale. Nel massimo rispetto delle regole di sicurezza, torniamo a godere della convivialità con serenità e senso di responsabilità».

IL GREEN PASS VACCINALE

Proprio in giornata, il premier Mario Draghi ha annunciato al G20 sul Turismo che «dalla seconda metà di giugno 2021 sarà pronto un Green pass europeo, mentre da metà maggio sarà in vigore il pass verde nazionale».

In questo scenario di difficoltà il passaporto vaccinale rappresenta una svolta per salvare un comparto strategico del Paese che conta 612mila imprese e rappresenta il 10,1% del sistema produttivo nazionale e il 12,6% dell’occupazione nazionale, secondo dati Unioncamere.

«Senza turismo – evidenzia la Coldiretti – sono a rischio anche i 5.266 i tesori alimentari tradizionali dei borghi d’Italia, custoditi da generazioni dagli agricoltori e salvati per sostenere la rinascita del Paese».

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Anbc-Fipe: «Immagini festa scudetto vergognose!»

«Le immagini della festa scudetto che i tifosi hanno messo in scena in Piazza Duomo a Milano ci lasciano senza parole! 30.000 persone, una sull’altra, senza alcun distanziamento e in molti casi senza mascherina». Questo il durissimo commento di Paolo Capurro, Presidente di Anbc-Fipe, Associazione Nazionale Banqueting e Catering sui fatti accaduti nella giornata di domenica a Milano.

«Non era forse un pericolo assolutamente prevedibile? E poi ci dicono che i nostri imprenditori – prosegue Capurro – fermi da 14 mesi, non potranno tornare a lavorare almeno fino ad agosto perché gli eventi creano il rischio di assembramenti. Con quale faccia le Istituzioni potranno addurre ancora questa motivazione dopo lo scempio a cui abbiamo assistito?».

«Mi auguro che questi comportamenti irresponsabili non provochino eventuali ulteriori restrizioni – aggiunge Capurro – Sarebbe veramente il colmo! La nostra Associazione promuove quotidianamente il rispetto della legalità, anche quando le norme imposte ci vedono in disaccordo, anche quando trovano nei nostri imprenditori il capro espiatorio da ben 14 mesi».

«Oggi, purtroppo, amarezza e rabbia sono i sentimenti che proviamo per una situazione che ci vede sull’orlo del collasso totale. Ogni qual volta crediamo di aver toccato il fondo accade qualcosa che ci fa ricredere. L’ennesima beffa – conclude il Presidente – che siamo costretti a digerire! Se le conseguenze di questa situazione saranno il fallimento delle nostre imprese e la disoccupazione di tutti i dipendenti, qualcuno dovrà assumersene la responsabilità».

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Aigrim: Riaprire al più presto anche la ristorazione al chiuso

«Si apra il prima possibile anche al chiuso, solo per chi ha un vero servizio al tavolo, verificando il rigido rispetto di tutte le regole previste e per le quali le nostre imprese hanno investito ingenti risorse in distanziamento, registrazioni e sistemi di aerazione». A parlare è Cristian Biasoni, vicepresidente di Aigrim (Associazione Imprese Grande Ristorazione Multilocalizzate) commentando il varo del nuovo DL Riaperture.

Aigrim registra la grande incongruenza tra le aperture dei ristoranti consentite solo all’aperto e il tollerare di assembramenti pericolosi accompagnati da vendite di bevande e alcolici, come hanno dimostrato le immagini giunte nel fine settimana da tutte le grandi città.

«Non è possibile assistere a questo spettacolo – spiega Biasoni – mentre i ristoratori e in particolare le grandi aziende della ristorazione a catena rappresentate dalla nostra associazione che rispettano pienamente le regole, sono costretti ad aprire solo all’esterno».

Per Aigrim il servizio al tavolo garantisce il rispetto delle regole sul distanziamento ed evita gli assembramenti. L’associazione registra con sorpresa anche la pesante discriminazione operata nei confronti dei centri commerciali, obbligati alla chiusura nel fine settimana.

«Questa decisione del tutto inattesa – spiega Biasoni – va a gravare ulteriormente su un settore fortemente compromesso da chiusure straordinarie che si protraggono da oltre un anno. Risulta del tutto incomprensibile come gli stessi protocolli di sicurezza che consentono ai centri commerciali di restare aperti da lunedì a venerdì, non risultino adeguati nel fine settimana, consentendo la stessa sicurezza nella gestione degli accessi e degli afflussi».

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Istituto Espresso Italiano: «Fondamentale riaprire anche il consumo al banco»

L’Istituto Espresso Italiano (Iei), nella giornata della parziale riapertura di molte attività di pubblico esercizio, sottolinea la fondamentale importanza di riaprire anche il consumo al banco.  Secondo Iei i bar hanno già dimostrato durante questo lungo periodo che il consumo, anche al banco, può essere fatto in totale sicurezza per i consumatori. Inoltre non tutti i bar dispongono di spazi esterni.

«Già nel primo lockdown siamo stati al tavolo nazionale della Prefettura di Brescia organizzando insieme le simulazioni delle prime riaperture, quindi siamo sicuramente a favore della ripartenza in sicurezza dei bar e ristoranti – dichiara Luigi Morello, presidente Iei – Gli esercenti nel 2020 hanno fatto investimenti per mettere in sicurezza i locali sia per i dipendenti sia per i clienti».

«Per questo – conclude Morello – riteniamo che il servizio al banco del caffè, per sua natura veloce, se impostato con i giusti distanziamenti e divisori possa essere svolto in totale sicurezza come d’altronde è stato sempre concesso in altri contesti persino durante i lockdown. Questo sia per non bloccare un punto di reddito fondamentale per i bar sia per permettere di lavorare a chi non ha spazi esterni».

Secondo un’indagine dell’agenzia YouGov, commissionata da Iei, la pandemia non ha intaccato l’immagine del bar degli italiani che rimane per il 25% del campione intervistato l’occasione per passare tempo con gli amici e i colleghi (prima della crisi erano il 33%) e per un altro 25% un momento di pace e relax (stessa percentuale di prima dell’emergenza).

Gli Italiani tra l’altro si dichiarano disposti a pagare un prezzo maggiore per il caffè al bar: a fronte di una maggiore sicurezza del luogo di consumo (72% del campione intervistato) e in presenza di una qualità migliore (68%). Al primo posto tra gli accorgimenti più apprezzati l’igienizzazione continua dei tavoli (42%) e la pulizia di stoviglie con prodotti particolari (29%).

IL RITO DEL CAFFÈ
Il 58% di chi beve caffè espresso lo fa per trovare la carica necessaria ad affrontare la giornata. Espresso non è tuttavia solo fonte di energia, chi lo beve lo fa anche per il gusto (51%) ed in parte per abitudine (30%). Il caffè espresso evoca nell’immaginario dei consumatori momenti di relax (53%), un piacere (47%), ma al contempo un rito, una tradizione (37%). Il consumo di caffè espresso non è relegabile in un solo luogo, prevale piuttosto una modalità di consumo “multi-luogo”, il bar resta comunque quello preferito, scelto dal 72% del target di riferimento.

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Nestlè: nuove varietà di caffè per ridurre l’impatto ambientale delle coltivazioni

Gli scienziati di Nestlé, attraverso incroci di varie specie, hanno creato una nuova generazione di varietà di piante di caffè a bassa emissione di carbonio, che sfrutta la naturale biodiversità delle piante senza ricorrere ad alcun intervento di modificazione genetica (Ogm).

Rispetto allo standard, le due nuove varietà di Robusta offrono una resa fino al 50% in più per albero. Questo consente una maggiore produzione di caffè a parità di superficie agricola, fertilizzante ed energia utilizzata, contribuendo dunque a una riduzione fino al 30% dell’impronta di CO2e (biossido di carbonio equivalente) dei chicchi di caffè verde.

Dal momento che il 40-80% delle emissioni di CO2e per produrre una tazzina di caffè sono riconducibili alla filiera dei chicchi di caffè verde, queste varietà innovative potranno contribuire a ridurre in maniera significativa l’impronta di carbonio associata al consumo di caffè.

Con queste nuove varietà – dice Stefan Palzer, Chief Technology Officer (Cto) di Nestlé – contribuiremo in maniera significativa alla riduzione delle emissioni di CO2e legate al consumo di caffè. Inoltre, permetteremo agli agricoltori delle aree colpite dal cambiamento climatico di continuare a produrre un ottimo caffè».

Una di queste nuove varianti di Robusta è già stata sperimentata con successo ed è attualmente coltivata in America Centrale. Queste nuove varietà consentiranno agli agricoltori di aumentare il proprio reddito, permettendo loro di coltivare più caffè a parità di terra, in modo più sostenibile e con una minore impronta di carbonio.

Allo stesso modo, Nestlé sta sviluppando nuove varietà di Arabica ad alta resa, coltivate con l’obiettivo di resistere meglio alla “ruggine del caffè“, un parassita che ha devastato delle piantagioni in America. Anche in questo caso, la nuova gamma contribuisce a una resa più alta a parità di fertilizzante e di terreno utilizzati.

Inoltre gli scienziati di Nestlé hanno sviluppato anche una varietà di pianta di caffè resistente alla siccità attualmente in fase di sperimentazione nei campi dell’Africa Centrale, che garantirebbe una resa fino al 50% in più per pianta in condizioni di stress idrico da moderato a grave. Tutto ciò permetterà di continuare a coltivare il caffè anche nelle aree colpite dal cambiamento climatico.

Il lavoro sulle nuove varietà di piante è condotto dal Centro di Ricerca Nestlé per le scienze vegetali a Tours, in Francia. Attraverso la coltivazione classica, gli scienziati creano continuamente varietà di caffè di qualità superiore, che vengono poi testate nelle aziende agricole sperimentali dell’azienda in America Latina, Africa e Asia.

Infine, le nuove piantine vengono riprodotte e distribuite agli agricoltori di tutto il mondo attraverso i programmi di approvvigionamento sostenibile di Nestlé e le partnership con istituti e cooperative agricole locali. Dal 2011, Nestlé ha distribuito 235 milioni di piantine di caffè ad alte prestazioni attraverso il Nescafé Plan e le nuove varietà sono state incluse in questo programma di approvvigionamento sostenibile.

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Sciocolà: a Modena la terza edizione del Festival del cioccolato artigianale

Sciocolà – Festival del Cioccolato” torna per la terza edizione nel centro storico di Modena dal 29 Ottobre al 1° Novembre. Piazza Grande, Via Emilia Centro e Corso Duomo saranno protagoniste di un grande evento per tutti gli appassionati del Cioccolato Artigianale che potranno degustare, acquistare e scoprirlo in tutte le sue sfumature, grazie alle maestrie degli artigiani cioccolatieri che accompagneranno i visitatori in un viaggio tra tradizione e innovazione.

Un ricco palinsesto di eventi gratuiti animerà il capoluogo estense: disfide, showcooking, degustazioni, incontri di carattere gastronomico-culturale, laboratori per bambini e spettacoli itineranti che coinvolgeranno tutti i visitatori.

Tantissime le iniziative che vedranno protagonisti il pubblico della kermesse, un viaggio sensoriale dove sarà possibile conoscere il mondo del cioccolato, dai classici ai cremini, dai tartufi ai macarons, dai dragèes al liquore ai cunesi al rhum e le immancabili tavolette aromatizzate, fontane di cioccolato e creme spalmabili.

Non mancheranno i grandi appuntamenti per il quale ormai il festival è conosciuto a livello nazionale come le maxi sculture di cioccolato e la Fabbrica del Cioccolato dove si potrà assistere alle fasi di lavorazione che portano alla creazione del Nettare degli Dei.

Confermati anche i momenti di premiazione: anche quest’anno verrà assegnato lo Sciocolà d’Oro, il riconoscimento ad una personalità del mondo dello spettacolo, della cultura e dello sport che abbia contribuito col suo lavoro a promuovere l’immagine della città a livello nazionale ed internazionale.

La manifestazione è ad ingresso gratuito, promossa da Cna Modena, organizzata da Sgp Grandi Eventi in partnership con Acai e patrocinato dal Comune di Modena.

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Fipe: «Riaperture 26 aprile non risolvono i problemi della ristorazione»

«Ci aspettavamo maggiore coraggio» così la Federazione Italiana dei Pubblici esercizi, Fipe-Confcommercio, commenta a caldo le prime indicazioni sul prossimo provvedimento del Governo per cui l’attività dei pubblici esercizi potrà riprendere dal 26 aprile prossimo, ma solo all’aperto.

«Avere una data per poter ripartire e poter lavorare la sera sono certamente segnali che vanno nella giusta direzione – sottolinea la Federazione – eppure si tratta solo di un primo punto di partenza, perché troppe imprese restano tagliate fuori dalla limitazione del servizio ai soli spazi esterni, subendo così una discriminazione. Per queste realtà il lockdown non finirà il 26 aprile».

«È fondamentale – aggiunge Fipe – avere già nei prossimi giorni una road map molto precisa che indichi come e quando le riaperture potranno coinvolgere, nel pieno rispetto dei protocolli di sicurezza, anche tutti quei locali che hanno a disposizione solo spazi interni. Parallelamente sarà importante invitare i comuni a fare tutto quanto in loro potere per favorire la concessione di suolo pubblico agli operatori sfavoriti da questa riapertura parziale».

«In virtù di queste prime riaperture – conclude la Federazione – sarà essenziale che tutti quanti, imprenditori e avventori, dimostrino il massimo senso di responsabilità, rispettando pedissequamente le norme di sicurezza sanitaria stabilite dal Comitato tecnico scientifico. Non possiamo permetterci passi falsi. L’obiettivo comune deve essere quello di tornare a lavorare, e dunque a vivere, a pieno ritmo».

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Appello alle Istituzioni del mondo del Catering e Banqueting per la riapertura

L’Associazione Nazionale Banqueting e Catering è scesa in piazza, insieme a Fipe-Confcommercio, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, per far sentire la propria voce, in maniera pacata, civile ma ferma. Scopo della manifestazione è chiedere alle Istituzioni un piano ben definito per una ripartenza quanto mai necessaria e, soprattutto, una data certa a partire dalla quale si possa iniziare a pianificare il prossimo futuro.

«La nostra associazione ha partecipato con convinzione all’Assemblea straordinaria in piazza indetta ieri da Fipe-Confcommercio, e ha fatto parte della delegazione che a seguire ha incontrato il Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, che ringraziamo per averci dato ascolto», dichiara Paolo Capurro, Presidente di Anbc.

«Occorre un piano d’azione concreto e organizzato per una ripartenza il più veloce possibile – prosegue Capurro – così come occorre una data certa da cui farlo partire. Non è più possibile andare avanti nell’incertezza. Non mi stancherò mai di ripeterlo, le nostre aziende sono ferme da più di un anno e di ristori adeguati non si è vista nemmeno l’ombra».

Per Anbc è importante guardare al futuro e pianificare in modo certo le riaperture, «Siamo disposti – sottolinea il Presidente – a metterci ancora una volta intorno a un tavolo con gli organi competenti per ragionare insieme su come intensificare i controlli sui protocolli di sicurezza da rispettare, proprio per non colpire indiscriminatamente una intera categoria, ma solo chi sbaglia».

L’Associazione, inoltre, preme affinché vengano messe in campo importanti misure per alleviare il peso dei costi fissi, misure come «il prolungamento del credito d’imposta sugli affitti per tutto il 2021, la possibilità di estendere anche ai finanziamenti fino a 800 mila euro l’ammortamento a 15 anni e 48 mesi come già fatto per i finanziamenti fino a 30 mila euro, e in generale la necessità di prevedere indennizzi finalmente adeguati alle perdite», conclude Capurro.

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Il Lago Balaton come il Garda: l’Ungheria scommette sul binomio vino e olio

C’è chi finisce sui libri di storia per un episodio e chi per una vita di imprese. Dopo aver portato il Sangiovese in Ungheria per produrre “Tabunello“, l’unico vino ungherese che fa “rima” con Brunello, Török Csaba ha raggiunto un altro primato: produrre il primo olio d’oliva ungherese. Un’altra dimostrazione dell’innato amore per l’Italia del vignaiolo di Hegymagas, che avvicina – almeno idealmente – il Lago Balaton all’italianissimo Lago di Garda.

Similitudini, quelle tra i due specchi d’acqua, più che mai azzeccate. Considerato “il mare degli ungheresi”, il Lago Balaton costituisce una delle maggiori attrattive turistiche internazionali del Paese magiaro.

Lungo i 197 chilometri di sponde si sviluppa una larga fetta del fatturato del turismo ungherese, anche grazie alla vicinanza alla capitale Budapest, distante appena 100 chilometri: un’ora d’auto.

Largo spazio anche per la viticoltura da suoli vulcanici, tanto che il Balaton dà il nome a una vasta regione vinicola che ingloba 6 sottoregioni (Badacsony, Balatonboglár, Balaton-felvidék, Balatonfüred-Csopak, Nagy-Somló e Zala) per un totale di 32 mila ettari, di cui 10.718 vitati. Il tutto all’insegna di un vitigno principe: l’Olaszrizling, ovvero il Riesling italico.

Nome che rende già questo angolo d’Ungheria una sorta di succursale italiana. Oggi più di ieri, con il progetto rivoluzionario ideato da Török Csaba: accostare vino e olio alla cantina di sua proprietà, la 2HA Szőlőbirtok és Pincészet.

«Così come per il Sangiovese – spiega il vignaiolo ungherese a WineMag.it – sono l’unico e il primo in Ungheria a produrre olio di oliva! Non lo faccio per gloria, ma soprattutto perché mi piacciono queste piante per la forma magica, la loro longevità, nonché per la loro rilevanza culturale atavica».

D’altro canto, il cambiamento climatico non è un’invenzione fantasiosa. Da 20 anni in Ungheria abbiamo annate sempre più calde e questo aspetto gioca un ruolo fondamentale nel mio progetto legato all’ulivo.

I due ettari e mezzo di Török Csaba nella regione del Balaton, del resto, paiono un ecosistema a sé stante rispetto alla realtà magiara. «Ho subito diversi attacchi per la mia scelta di piantare qui varietà come il Sangiovese – commenta – ma le prove della mia coerenza sono evidenti: ho fichi, mandorle, un po’ di melograno e anche dell’oleandro».

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Da lì agli ulivi, il passo è stato breve. Il patron della cantina 2HA Szőlőbirtok és Pincészet ha acquistato dapprima 120 piante dalla Toscana, oltre 10 anni fa: «Moraiolo e Leccino – riferisce – ma ho commesso molti errori, tra cui la consegna a giugno e una piantumazione poco professionale. Per di più, l’inverno è stato più freddo del solito».

Il 90% è morto, ma non mi sono arreso. Negli anni successivi ho acquistato altri ulivi dal nord della Spagna, con lo stesso risultato. Ho quindi virato su alberi più piccoli, sperando in un adattamento migliore e ho avuto finalmente più fortuna».

Diverse le cultivar che hanno trovato casa sul Lago Balaton, molte delle quali parlano italiano. È il caso della Dolce Agogia e della Nostrale Rigali, originarie dell’Umbria. Spazio anche per la francese Moufla, nota anche come Mouflal.

«Ho comunque insistito anche con gli alberi vecchi, non solo per il colpo d’occhio estetico – rivela il vignaiolo magiaro – ma anche perché, al contrario delle piante giovani, hanno già superato diversi inverni rigidi. Anche queste sono ancora vive, con mia grande soddisfazione».

Nel mese di marzo scorso, il primo imbottigliamento storico di olio di oliva ungherese, interamente biologico. Solo 2,5 litri, ma quello che sembra un piccolo passo è un risultato gigante per l’Ungheria.

«Non ho velleità da olivicoltore professionista, ma voglio continuare a credere in questo progetto e produrre sempre più olio. Le quantità di quest’anno sarebbero potute essere superiori, ovvero attorno ai 10 litri, ma ho spremuto le olive senza un’attrezzatura adeguata. La qualità? Tutto sommato buona!».

Il nuovo oro giallo del Lago Balaton è al momento a disposizione solo in Ungheria, nella rete di un retailer gourmet. Anche alcuni ristoranti di alta cucina sono riusciti ad accaparrarsi qualche “goccia” del prezioso nettare.

Ma a Török Csaba interessa poco il business: «Grazie a questa nuova tappa, il mondo è ancora più rotondo attorno a me e degusterò il mio olio in cantina, assieme al Sangiovese e a un buon tagliere di salumi, con chiunque voglia venire a trovarmi, non appena sarà possibile viaggiare». L’invito è aperto, soprattutto agli amati italiani.

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Il ristorante sott’acqua di Andrea Berton alle Maldive

Andrea Berton si prepara ad aprire il suo primo ristorante sott’acqua alle Maldive. Lo chef, stella Michelin presso il Ristorante Berton Milano e al Ristorante Berton al Lago, entra così nell’olimpo degli “underwater restaurants“.

Nell’atollo di Raa alle Maldive lo chef avvia una nuova collaborazione che lo vedrà alla guida del ristorante H2O all’interno del resort You & Me by Cocoon, inaugurato circa un anno fa dal tour operator Azemar, specializzato in destinazioni nell’Oceano Indiano.

«Sono molto soddisfatto della collaborazione con You & Me by Cocoon – commenta Andrea Berton – non solo per l’altissimo livello di qualità che il resort offre, da quello gastronomico a quello esperienziale, ma anche per la natura unica del Ristorante, uno dei pochissimi ristoranti underwater al mondo, l’unico nell’atollo di Raa».

Il menù à la carte studiato ad hoc dallo Chef offre agli ospiti del meraviglioso resort maldiviano un’esperienza gastronomica caratterizzata da suggestioni italiane unite a un twist internazionale, alternano alcuni piatti signature dello chef a nuove creazioni ispirate dalla bellezza e dall’unicità della location.

Lo chef resident del ristorante sarà Alessandro Sciarrone, già parte dello staff del Ristorante Berton Milano per tre anni, mentre Corporate chef del Gruppo Cocoon è Giovanni De Ambrosis.

La cucina dello chef Berton sarà valorizzata dal contesto esclusivo: ampie vetrate immerse nei fondali corallini della laguna e da arredi di design come i tavoli sospesi, in ceramica dipinta a mano.

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Il business della finte uova di Pasqua artigianali, comprate al discount (VIDEO)

Compravano uova di Pasqua nei discount e le rivendevano su Facebook, spacciandole per uova artigianali di cioccolato. Due le persone indagate nell’ambito di un’operazione di contrasto alla contraffazione alimentare e alle frodi commerciali del Nas Carabinieri di Pescara.

In seguito a una perquisizione compiuta a casa della coppia di pescaresi, i militari hanno scoperto un vero e proprio laboratorio clandestino per il riconfezionamento delle uova di Pasqua.

Sotto sequestro, su disposizione della Procura della Repubblica di Pescara, anche gadget e materiale di confezionamento e imballaggio, oltre alla documentazione amministrativa e bancaria.

Le indagini hanno dimostrato che i due indagati rivendevano i dolci acquistati a basso prezzo nei discount a un prezzo quadruplicato, spacciandoli per artigianali.

Dalla ricostruzione dei movimenti bancari, gli inquirenti hanno appurato che solo negli ultimi 15 giorni erano riusciti a vendere oltre 300 uova pasquali, per un valore di circa 8 mila euro. Il tutto grazie a Facebook e altri canali social su cui la coppia pubblicizzava i dolci contraffatti.

Allo scopo di attrarre i possibili acquirenti venivano utilizzati gadget e involucri riproducenti famosi personaggi di una notissima serie cinematografica per ragazzi.

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Rito della Spremitura del Vino Santo del Trentino 2021: il video e le immagini

La pandemia non ferma il Rito della Spremitura del Vino Santo del Trentino. Le Aziende Agricole Pedrotti, Pisoni, Giovanni Poli, Maxentia, Pravis e Francesco Poli hanno deciso di celebrare il momento incontrandosi, alla giusta distanza, attorno a un piccolo tornio, nella Casa Caveau Vino Santo, a Padergnone.

Un Rito che i Vignaioli hanno voluto raccontare per immagini, condensando in poco meno di un minuto una storia lunga secoli. «Un invito a festeggiare insieme il tempo dell’attesa che si fa vino nobile, di dolce eleganza e di straordinaria longevità», spiega il gruppo di produttori.

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Gli Sanshoku Dango di chef Hiro: dedica al nuovo videogame Monster Hunter Rise

Hirohiko “Hiro” Shoda, ambasciatore ufficiale della Cucina Giapponese in Italia, dedica la sua ricetta dei Sanshoku Dango al nuovo videogame Monster Hunter Rise per Nintendo Switch.

I giocatori potranno ritrovare questi tradizionali gnocchi di riso anche all’interno del gioco, parte di una saga che fa della cucina una delle sue componenti fondamentali e che da oltre 16 anni impazza nel Paese del Sol Levante.

Caratterizzata da battaglie epiche contro gigantesche creature mostruose, la serie è sempre più amata anche in Occidente, tanto da diventare un blockbuster cinematografico con Milla Jovovich.

Da sempre la cucina giapponese è fulcro di tantissime produzioni di intrattenimento provenienti dal Paese del Sol Levante: dai film, ai manga, passando per gli anime e arrivando fino ai videogiochi.

La serie videoludica Monster Hunter, vera e propria istituzione in Giappone, si inserisce in questo solco e ha reso il cibo una parte integrante delle meccaniche di gioco.

Ed è così che i giocatori si ritrovano a scegliere con cura i piatti virtuali da consumare prima di partire all’avventura, per avere i bonus più utili e adatti a portare a termine con successo le proprie missioni.

Il nuovissimo videogame Monster Hunter Rise, disponibile da oggi su Nintendo Switch, rafforza ulteriormente questo legame tra gaming e cucina introducendo nel videogioco un famoso dolce della tradizione giapponese, i dango.

GUARDA LA VIDEORICETTA

In particolare, lo chef Hirohiko “Hiro” Shoda ha realizzato la sua ricetta dei piccoli gnocchi giapponesi su stecco, con farina di riso glutinoso. Il procedimento prevede la realizzazione di tre palline fatte con un impasto composto da farina di riso mochigome giapponesezucchero semolato e acqua tiepida, poste poi su uno stecco.

I sanshoku dango sono un dolce tipicamente primaverile e lo dimostrano i tre colori che li contraddistinguono: bianco, rosa, che rappresenta i fiori di ciliegio che caratterizzano la primavera nipponica, e verde, colore collegato alla natura e alla stagione del “risveglio degli insetti“, come spesso la definiscono i giapponesi.

All’interno di Monster Hunter Rise, i dango sono il piatto tradizionale del villaggio di Kamura e i giocatori potranno gustarli prima di ogni caccia insieme ad altre prelibatezze della capocuoca Yomogi.

L’obiettivo è ottenere nuove risorse per forgiare armi e armature di ogni tipo utili alla prossima caccia, per proteggere così il villaggio di Kamura dalla minaccia definitiva: il temibile mostro Magnamalo.

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Umbria: piantato “l’Ulivo della Rinascita” nei primi dieci comuni

Domenica 21 marzo nei comuni di Assisi, Bevagna, Campello sul Clitunno, Castiglione del Lago, Città della Pieve, Massa Martana, Spoleto, Spello, Todi e Trevi si sono celebrati l’arrivo della primavera e la “Giornata internazionale della Poesia” piantando “l’Ulivo della Rinascita“. Un ulivo per ognuno dei dieci comuni, prima azione per la costruzione dell’Itinerario Oleoturistico tra Borghi, Poesia e Ulivi lungo la Strada dell’Olio e.v.o. Dop Umbria.

La piantagione degli ulivi è stata accompagnata da diversi gesti creativi. Accanto ad ogni ulivo è stata apposta una targa ricordo che riporta un poema selezionato dall’artista di origini umbre Costanza Ferrini, che accompagnerà la crescita dell’ulivo.

Ogni amministrazione ha coinvolto poi diversi soggetti del territorio, per accompagnare il momento della celebrazione, ad esempio a Città della Pieve l’attore e cantante lirico David Petri ha letto le poesie del poeta, giornalista, scrittore e critico televisivo Gaio Fratini, nato 100 anni fa proprio a Città della Pieve e considerato uno dei maggiori epigrammisti italiani.

A Massa Martana sono stati coinvolti i bambini dell’Asilo Nido “Il Giardino delle Fiabe” per “vestire a festa” l’ulivo piantato con i loro disegni e l’Ass. Culturale Actor Mattis che ha partecipato con la lettura delle poesie della staffetta di poesia.

I Comuni di Bevagna, Campello sul Clitunno, Massa Martana e Trevi con il coinvolgimento delle Biblioteche dell’Unione dei Comuni “Terre dell’Olio e del Sagrantino” hanno organizzato una staffetta poetica dal titolo “Ri-Nascere”: durante tutta la giornata, cittadine/i, poetesse e poeti del territorio si sono alternati nella lettura di vari poemi, fruibile al pubblico tramite social network.

In vista del progetto di creare un Itinerario Oleoturistico tra Borghi, Poesia e Ulivi lungo la Strada dell’Olio e.v.o. Dop Umbria, gli ulivi sono stati piantati in luoghi con un valore simbolico all’interno dei percorsi in ogni borgo, in modo da far percepire anche ai futuri visitatori l’indissolubile legame del territorio a questa coltivazione, che disegna il paesaggio umbro.

L’evento collettivo di piantare un ulivo, oltre al significato simbolico legato alla rinascita post pandemia, è stato infatti proposto dalla Strada dell’Olio e.v.o. Dop Umbria, proprio per ribadire il legame che il territorio umbro ha con la pianta di ulivo, che fa dell’Umbria terra vocata per eccellenza all’oleoturismo.

Per tale ragione questa iniziativa istituzionale è stata accolta con favore dalle amministrazioni comunali che, in base al territorio di appartenenza, hanno piantato ulivi di varietà autoctone e che di fatto differenziano la Dop Umbria nelle 5 sottozone di coltivazione in cui è suddivisa la nostra regione.

Ad Assisi è stato piantato un ulivo di cultivar Moraiolo, a Bevagna di cultivar Frantoio, a Campello sul Clitunno di varietà Moraiolo, a Castiglione del Lago di cultivar Dolce Agogia, a Città della Pieve di cultivar Frantoio, a Massa Martana di varietà Leccino, come anche a Spoleto, Spello, Todi e Trevi.

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Finally Brunello: riparte il programma del Consorzio per la promozione negli Usa

Riparte il cartellone di Finally Brunello, il progetto di promozione digital e in presenza messo in campo dal Consorzio del vino Brunello di Montalcino per supportare a New York la ripresa della domanda nella ristorazione, uno dei settori più colpiti dalle chiusure imposte dalla pandemia anche oltreoceano.

«New York è la piazza americana più rappresentativa del Brunello di Montalcino – ha detto il presidente del consorzio toscano, Fabrizio Bindocci – e la ristorazione è storicamente il canale naturale per la penetrazione dei nostri vini negli Usa. Da un’indagine da noi realizzata a inizio 2020 con Nomisma Wine Monitor, nella Grande Mela si contano infatti quasi 2 mila referenze di Brunello nei 350 top ristoranti».

Dopo gli appuntamenti in streaming dello scorso mese si riparte in presenza il 22 marzo con Finally Graduating: Class of ’16, un appuntamento al ristorante newyorkese Il Gattopardo, vincitore del Leccio d’Oro 2021, e dedicato all’annata 2016 del Brunello.

In filo diretto con New York, dove saranno parteciperanno in presenza, Silvia Limoncini, Console generale aggiunto, e Antonino Laspina, Italian Trade commissioner nel mercato statunitense, il racconto sulla denominazione a cura del presidente del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci. In collegamento anche l’Ambasciatore italiano negli Stati Uniti, Armando Varricchio.

Il calendario di Finally Brunello prosegue in presenza a maggio con le degustazioni dedicate agli stakeholder newyorkesi. Tra i tasting, quello organizzato dalla Wine Media Guild, che vedrà la partecipazione di 40 giornalisti della stampa di settore, cui seguiranno quelli guidati dall’Institute of Culinary Education della New York University e dalla fondazione James Beard, questi ultimi previsti a maggio con 25 partecipanti ciascuno.

Si stappa anche su Instagram con le dirette in compagnia di Wanda Mann, Certified Specialist of Wine e wine blogger fondatrice di Wine With Wanda, che guiderà i tasting virtuali in programma per il 25 marzo e il 1° aprile.

Il progetto di promozione del Consorzio si chiuderà con la Brunello week dal 14 al 20 giugno, dove in oltre 30 top ristoranti newyorkesi il Brunello e il Rosso di Montalcino saranno protagonisti di abbinamenti culinari e degustazioni anche al bicchiere.

Nella stessa settimana focus anche sul Rosso di Montalcino nel ruolo di “giovane” ambasciatore del territorio in due club house esclusivi, il Core House e il Soho Club. In programma, anche in questo caso, degustazioni al bicchiere abbinate ai piatti tipici dei locali per circa 60 ospiti in presenza.

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Il Rito del caffè espresso Italiano tradizionale candidato a Patrimonio dell’Unesco

Si è conclusa ieri l’istruttoria delle proposte di candidature che ha portato il Rito del caffè espresso italiano tradizionale e la Cultura del caffè espresso napoletano ad essere già inserite nell’Inventario dei Prodotti agroalimentari italiani (Inpai).

Ora il Mipaaf presenta le candidature a patrimonio culturale immateriale dell’umanità del Rito del caffè espresso italiano tradizionale, che è anche vera e propria arte, e in subordine quella della Cultura del caffè napoletano, realtà tra rito e socialità.

Il Gruppo di lavoro Unesco del Mipaaf ha quindi deciso all’unanimità di proporre le candidature e di inviare la documentazione alla Commissione Nazionale dell’Unesco che dovrà decidere l’avvio del procedimento per l’inserimento nel patrimonio immateriale dell’umanità di un elemento che ha importanti risvolti culturali, sociali, storici e di tradizione.

La priorità per l’elemento Rito del caffè espresso italiano tradizionale, a parità degli elementi costitutivi del dossier, è stata determinata dalla presentazione della relativa proposta all’inizio del 2019 mentre quella della Cultura del caffè espresso napoletano è stata presentata alla metà dello scorso anno.

«Siamo consapevoli che la strada da percorrere non è finita e che ora la palla passerà alla Commissione Nazionale Unesco, e poi ancora a Parigi – dichiara Giorgio Caballini di Sassoferrato, Presidente del Consorzio di tutela del caffè espresso Italiano Tradizionale – Eppure questo è un riconoscimento importante da parte delle Istituzioni che fa seguito all’appoggio trasversale dimostrato da tutte le parti politiche già dallo scorso 2019».

Dopo la scadenza del termine per la presentazione delle candidature, prevista per il 31 marzo, l’Unesco sarà chiamata a pronunciarsi sulla proposta di candidatura.

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Il Mipaaf candida ufficialmente il Rito del caffè a patrimonio immateriale Unesco

Il Mipaaf presenta le candidature a patrimonio culturale immateriale dell’umanità del Rito del caffè espresso italiano tradizionale, che è anche vera e propria arte, e in subordine quella della Cultura del caffè napoletano, realtà tra rito e socialità.

Si è infatti conclusa ieri l’istruttoria delle proposte di candidature che ha portato il Rito del caffè espresso italiano tradizionale e la Cultura del caffè espresso napoletano ad essere già inserite nell’Inventario dei Prodotti agroalimentari italiani (Inpai).

Il Gruppo di lavoro Unesco del Mipaaf ha quindi deciso all’unanimità di proporre le candidature e di inviare la documentazione alla Commissione Nazionale dell’Unesco che dovrà decidere l’avvio del procedimento per l’inserimento nel patrimonio immateriale dell’umanità di un elemento che ha importanti risvolti culturali, sociali, storici e di tradizione.

La priorità per l’elemento Rito del caffè espresso italiano tradizionale, a parità degli elementi costitutivi del dossier, è stata determinata dalla presentazione della relativa proposta all’inizio del 2019 mentre quella della Cultura del caffè espresso napoletano è stata presentata alla metà dello scorso anno.

«Siamo consapevoli che la strada da percorrere non è finita e che ora la palla passerà alla Commissione Nazionale Unesco, e poi ancora a Parigi – dichiara Giorgio Caballini di Sassoferrato, Presidente del Consorzio di tutela del caffè espresso Italiano Tradizionale – Eppure questo è un riconoscimento importante da parte delle Istituzioni che fa seguito all’appoggio trasversale dimostrato da tutte le parti politiche già dallo scorso 2019».

Dopo la scadenza del termine per la presentazione delle candidature, prevista per il 31 marzo, l’Unesco sarà chiamata a pronunciarsi sulla proposta di candidatura.

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Apre a Ostia il Komorebi Ramen Bar

Ha aperto i battenti venerdì 5 marzo Komorebi Ramen Bar. Figlio dello stesso team di Komorebi Restaurant, i titolari Cristian De Luca e Luca Leoni e gli chef Giorgio Migliardi e Fabio Villano, è il primo della sua tipologia in tutto il X Municipio.

Con la forza di un team tutto under 30 Komorebi nei suoi primi due anni di vita è diventato un punto di riferimento per tutti gli avventori di uramaki, sashimi, nigiri, hosomaki e le altre specialità tipiche della cucina giapponese, e adesso si apre anche al mondo del ramen, della yakisoba e dei dumpling.

Da appassionati di manga e karate, entrambi i cuochi hanno sorta di devozione recondita nei confronti del Giappone e finalmente hanno la possibilità di interpretare uno dei piatti spesso richiesti e che ancora mancava da Komorebi: il ramen. Per farlo si sono spostati di qualche chilometro aprendo una cucina satellite che gli permettesse di sviluppare tutte le linee che non riuscivano a gestire al ristorante madre.

Il nuovo laboratorio sarà così dedicato principalmente alla preparazione della famosa zuppa giapponese a base di carne, spaghetti, uova e spezie tipiche orientali. Destreggiandosi tra soli 10 posti a sedere, il business di Komorebi Ramen Bar sviluppa e raffina il concetto di prendere a portar via supportato dalle piattaforme di delivery che coprono tutta la superficie di Ostia.

Il piatto principale del selezionato menu è il Tonkotsu, varietà di ramen diffusa a Fukuoka, città sull’isola giapponese di Kyushu famosa per i suoi numerosi allevamenti di maiali. Questo ramen ha la particolarità di avere un brodo di ossa di maiale e di gallina, molto denso e saporito che cuoce circa 18 ore e viene accompagnato con dei noodles molto fini e un uovo marinato.

Una proposta carica di sapori e sapientemente interpretata con tecniche di tendenza e vantaggiose per gli alimenti, come per la cottura dell’uovo che, invece di essere marinato in soia e acqua, è stato cotto a bassa temperatura e aromatizzato con polvere di soia per conferirgli più carattere e gusto.

La somministrazione di questo main course per il take away e il delivery è stata pensata in una originale e funzionale schiscetta alla giapponese, organizzata con una box per la pasta precotta e sbollentata in acqua fredda e un contenitore termico per mantenere a temperatura costante il brodo caldo.

Oltre a questa specialità, vengono proposti bao , soffici panini originari questa volta della Cina del Nord cotti a vapore e ripieni di carne o di verdure, e 5 tipi di gyoza: di maiale; di gamberi cotti a bassa temperatura con il miso; di verdure di stagione italiane; di agnello e funghi; di manzo e un mix di spezie con peperoncino. Questi sfiziosi ravioli del Sol Levante sono ripieni di carne, pesce o in versione vegetariana, ciascuno chiuso meticolosamente a mano e al momento, infine cotto al vapore o alla piastra.

A chiudere il menu un altro piatto gustosissimo della tradizione giapponese, la yakisoba, ovvero noodles di grano saraceno serviti sulla piastra e generosamente conditi con elementi caratteristici come il katsuobushi, tonnetto fermentato e affumicato, o il beni shoga, sottaceto di zenzero giapponese.

A valorizzare questa offerta anche una carta di dolcetti tipici giapponesi , come mochi e dorayaki, una selezione di birre artigianali giapponesi e una lista di pregiati sakè sia per pasteggiare che come fine pasto.

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Nasce il Consorzio Movimento Turismo dell’Olio

Con la firma dell’atto costitutivo è ufficialmente nato il Movimento Turismo dell’Olio (Mto), Consorzio nazionale che per i prossimi sei anni sarà guidato dal Presidente Donato Taurino  dalla Direttrice e ideatrice Vittoria Cisonno affiancati dal Vicepresidente Conte Franco Silvano Toni di Cigoli (Umbria), dai consiglieri Piercarmine Tilli (Abruzzo), Raffaele Maria Maiorano (Calabria), Nicoletta Manestrini (Lombardia), Sebastiano de Corato (consigliere Mtv) e dal presidente del comitato tecnico, Angela Canale.

Obiettivi principali della neonata realtà, illustrati presso la Sala Caduti di Nassirya del Senato della Repubblica alla presenza del senatore Dario Stefàno, sono, sull’esempio del Movimento Turismo del Vino, la promozione degli straordinari territori olivicoli del Bel Paese e la valorizzazione della cultura dell’olio extravergine d’oliva italiano.

La regione Puglia, in particolare, per prima ha avvertito la necessità di mettere a sistema il lavoro e la passione di tutti i frantoiani costituendo un Consorzio, MTOlio Puglia, che ha dato vita agli eventi ABC Olio e Ulivo Day rivolti ai turisti gourmet curiosi di conoscere le qualità olfattive e gustative dell’olio evo. Il progetto complessivo dell’oleoturismo nasce dunque da un progetto ideato localmente che oggi vuole essere esteso a tutta l’Italia olivicola di qualità.

«La costituzione ufficiale del Movimento Turismo dell’Olio quale Consorzio nazionale – ha detto il neopresidente Donato Taurino – rappresenta non solo un atto formale, ma l’attuazione di un vero gioco di squadra e indica la volontà chiara di tutti noi di voler aprire le porte delle nostre aziende al turismo».

«Questo significa – conclude Taurino – fare sistema per promuovere le eccellenze del nostro agroalimentare con la convinzione che il turismo legato alle terre dell’olio Extravergine, rappresenti un fiore all’occhiello del made in Italy e dunque un volano strategico per l’economia del nostro Paese, che vanta un patrimonio olivicolo unico al mondo per varietà, con circa 500 cultivar, e fascino paesaggistico».

Il futuro del Movimento Turismo dell’Olio, secondo Vittoria Cisonno, ideatrice e Direttrice del Mto Nazionale, si articola su quattro parole chiave: sostenibilità, nuove tecnologie, in-formazione, fare rete.

«Oggi finalmente siamo pronti per avviare un lavoro sinergico che rispetti le regole che sono alla base di questa start up – dichiara Vittoria Cisonno – Il comparto produttivo oleicolo italiano si è dimostrato pronto ad accogliere la realizzazione di un sogno, un progetto che coltivavo da tempo. E oggi finalmente siamo pronti per avviare un lavoro sinergico che rispetti le regole che sono alla base di questo progetto».

«La sostenibilità in primis – prosegue le Direttrice – perché vogliamo dare impulso a iniziative green ed ecosostenibili per promuovere l’oleoturismo come modalità di turismo slow. L’utilizzo delle nuove tecnologie, perché i canali digitali sono lo strumento più importanti per la promozione dell’oleoturismo, e vanno sfruttati al meglio».

«E poi ancora in-formazione – conclude la Cisonno – perché la chiave di tutto è formare e informare i consumatori ma anche i singoli operatori, aiutandoli a costruire una proposta interessante. E, in conclusione, fare rete perché fondamentale sarà unire pubblico e privato per costituire un coordinamento tra Mtv, Mto, Città del Vino, Città dell’Olio e una rete di ristoratori per dialogare come un’unica voce con le istituzioni locali e nazionali».

Un board, quello dei consorziati, attualmente capitanato da Puglia, Umbria, Calabria, Lombardia e Abruzzo (soci fondatori insieme al Movimento Turismo del Vino). Regioni a forte vocazione olivicola, capaci di sintetizzare al meglio gli obiettivi alla base del Mto.

«L’Italia dell’olio extravergine – ha aggiunto il senatore Dario Stefàno – è un brand vincente, senza dubbio capace di competere con l’ampia offerta del mercato globale per la sua indiscussa qualità, per la sua storia millenaria e per le sue varietà territoriali che ne costituiscono un innegabile valore aggiunto».

«Per molti anni, però, il turismo dell’olio nel nostro Paese non ha avuto modo di esprimere appieno le sue enormi capacità – prosegue il senaotre – e non solo perché al traino dell’enoturismo. Occorreva dare una spinta decisiva partendo con un vero e proprio riconoscimento di dignità attraverso una norma di rango primario che disciplinasse e rendesse esercitabile questa importante attività».

«In questo senso – conclude – interpreto la nascita del Movimento Turismo dell’Olio, con la sua cabina di regia unica, come il migliore strumento per dare finalmente seguito alla necessità di mettere a rete le nostre ricchezze e presentarsi così, anche a livello internazionale, con una proposta più strutturata e una ritrovata maggiore incisività».

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Il Rito del Caffè Espresso Italiano candidato a Patrimonio dell’Unesco

I principali attori della filiera del caffè espresso promuovono la candidatura del Rito del Caffè Espresso Italiano a Patrimonio immateriale dell’Umanità presso l’Unesco. Sostegno per una candidatura che proprio in queste ultime ore è stata promossa per l’ulteriore iscrizione ad un inventario istituzionale come richiesto da Unesco.

Il Gruppo di Lavoro Unesco del Mipaaf ha infatti espresso all’unanimità parere favorevole all’iscrizione del Rito (Arte) del caffè espresso italiano nell’Inventario nazionale del patrimonio agroalimentare italiano. Dunque una buona notizia in vista della valutazione della Commissione Nazionale Unesco, step decisivo nell’iter di candidatura.

Consorzio di Tutela Del Caffè Espresso Italiano Tradizionale, Comitato Italiano del Caffè di Unione Italiana Food, Iei – Istituto Espresso Italiano, Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Gruppo Italiano Torrefattori Caffè, Associazione Caffè Trieste e Consorzio Torrefattori delle Tre Venezie lanciano un appello al Neoministro delle politiche Agricole, Stefano Patuanelli a sostegno della candidatura.

Una richiesta unanime e accorata, che arriva in un momento di enorme difficoltà per tutto il paese che mai come ora ha bisogno di sentirsi Comunità, anche attraverso un riconoscimento che dia valore a un patrimonio di tutti gli Italiani, quel rito del caffè espresso che tanto è stato colpito dalle restrizioni imposte dalla terribile pandemia che stiamo vivendo.

Non è un caso che, proprio durante le difficoltà, tutti gli attori che condividono questo elemento come Cultura Identitaria, si siano uniti per trovare nuovo slancio per un risultato che avrebbe il sapore della rinascita. Perché è di rinascita che la Cultura del caffè ha bisogno per recuperare la sua quotidianità.

Tutti coloro che contribuiscono alla realizzazione di questo rituale con le loro competenze, sono stati colpiti in maniera spaventosa dalla crisi. Crisi evidentemente non solo economica, ma soprattutto sociale, caratterizzata dall’impossibilità di vivere a pieno la socialità insita nel nostro modo di vivere.

Sostegno forte alla candidatura Unesco non solo dai protagonisti della filiera ma anche da parte dei consumatori stessi, che potranno continuare fino al 18 marzo a sostenere la candidatura lasciando sul sito www.ritodelcaffe.it una firma e un proprio contributo creativo che racconti un’esperienza personale legata al rito quotidiano per eccellenza, sotto forma di poesia, fotografia, racconto scritto o disegno.

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Valpolicella: 7 aziende su 10 intendono investire in enoturismo

Sette aziende della Valpolicella su 10 intendono investire in enoturismo nei prossimi anni. A dirlo l’indagine interna del Consorzio di tutela vini della dop veneta realizzata in occasione della Valpolicella annual conference, la due giorni di convegni, degustazioni e approfondimenti live in formato completamente digitale del 26 e 27 febbraio.

Secondo i dati raccolti su un campione di circa un terzo delle aziende del territorio, dopo un 2020 chiuso a -9,6% sul fronte delle vendite di vino made in Valpolicella, sarebbe proprio l’ospitalità la chiave di volta per la ripartenza nello scenario post-Covid. Un asset importante, su cui l’area vitivinicola ha ancora molto potenziale inespresso.

Se infatti la vendita diretta al pubblico è una prassi diffusa su tutto il territorio e in ogni tipologia di azienda, praticata dal 98% dei rispondenti, rappresentano solo il 28% le realtà che si sono lanciate nell’hospitality, per lo più con B&B (nel 39% dei casi) e visite e degustazioni in cantina (32%), e ancora meno (il 13%) quelle che offrono servizi di ristorazione. Si tratta inoltre di formule attivate in media da 15 anni, tanto che 2 su 3 tra quelle già inserite nel circuito enoturistico prevedono nuovi investimenti.

«La propensione all’investimento è un dato molto positivo per l’economia di tutto il nostro territorio – dice il un presidente del Consorzio, Christian Marchesini – segnale di rilancio forte che, per concretizzarsi, ha bisogno del supporto di tutti gli attori istituzionali che ruotano attorno alla gestione del prodotto turistico. Il Consorzio sarà in prima fila per supportare le aziende che decideranno di investire in questa direzione attraverso un cospicuo lavoro di rete, ma anche attraverso la formazione e la promozione».

Valutando l’incidenza sul fatturato, le aziende hanno stimato un impatto medio dell’enoturismo pari al 17%, dato che sale oltre al 21% per le aziende con una produzione inferiore a 100 mila unità che, con un terzo già impegnato in attività enoturistiche, sono quelle a dimostrare il più alto tasso di ricettività. La quota scende invece rispettivamente all’11% e 4% per le medie e grandi aziende.

Il Consorzio Vini Valpolicella vanta oltre l’80% della rappresentatività della denominazione. La Valpolicella detiene quasi 8.400 ettari vitati dislocati nei 19 comuni della Doc veronese ed esprime ogni anno un giro d’affari di circa 600 milioni di euro. Aperta a tutte le aziende del territorio, l’indagine censimento ha coinvolto un centinaio di realtà vitivinicole che sono state suddivise in piccole (fino a 100 mila bottiglie prodotte, 71% del campione), medie (100-500 mila bottiglie, 18% del campione) e grandi (più di 500mila bottiglie, 11% del campione).

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Ristoranti chiusi, Zaia: «Covid non è Dracula». Attriti Veronafiere-Uiv su ripartenza

I 222 miliardi di euro del Recovery Fund? Dovranno servire ad aiutare anche le imprese del vino, che hanno giacenze di magazzino importanti per via delle chiusure della ristorazione internazionale. È quanto sottolineato dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, in collegamento poco fa alla Valpolicella Annual Conference 2021. Non solo.

«Gli operatori dell’Horeca sono stati massacrati – ha aggiunto Zaia – ma rappresentano il settore in sui le nostre imprese vitivinicole generano il loro fatturato. Dobbiamo mettere le imprese nelle condizioni di ripartire. Non si capisce poi perché la ristorazione debba rimanere chiusa la sera, come se il virus, come Dracula, col buio uscisse allo scoperto».

Zaia ha poi affrontato il nodo dei vaccini: «Alla fine avrò ragione io. Sono della teoria che “male non fare, paura non avere”, per questo bisogna andare al Vedo. Non è possibile che 20 intermediari continuino a dire che i vaccini ce li hanno».

«Con questo ritmo – ha concluso Zaia alla Valpolicella Conference – finiremo di vaccinare tra 2 anni, mentre noi in 100 giorni saremmo in grado di vaccinare 5 milioni di veneti. Serve fare in fretta perché chi si vaccina per primo acquisirà i mercati».

Restando in Veneto, il presidente del Consorzio tutela Vini Christian Marchesini ha annunciato un «accordo con un noto istituto bancario, grazie al quale sarà garantito del credito alle piccole imprese in difficoltà, non meno di 258 cantine sulle 329 totali.

I dettagli saranno forniti nelle prossime settimane, ma potrebbe trattarsi di una misura simile a quella intrapresa nelle Langhe dal Consorzio di Tutela di Barolo e Barbaresco.

LA RIPRESA
Sul fronte delle tempistiche della ripresa, da segnalare le differenti visioni di Veronafiere e Unione italiana vini. Mentre Giovanni Mantovani, general manager di Veronafiere, continua a ritenere strategico lo svolgimento di Vinitaly dal 20 al 23 giugno prossimi, il segretario generale di Uiv, Paolo Castelletti, individua nella fine del 2022 il momento nel quale si riuscirà a uscire dalla pandemia, tornando alla situazione pre Covid-19.

«Il sistema sta reggendo – ha affermato Castelletti – dal momento che il settore vitivinicolo italiano è fatto di aziende ben patrimonializzate. Ma il perdurare della crisi le porterà in sofferenze. Per questo, il migliore auspicio è una pronta ripresa dell’Horeca: un segmento che, su scala mondiale, vale 176 miliardi di dollari, ovvero il 52% del valore complessivo. Calcoliamo che il danno cumulato dal 2020 al 2022 supererà i 100 miliardi di dollari».

Castelletti ha annunciato inoltre un incontro con il ministro Patuanelli, in cui Uiv ribadirà – tra gli altri argomenti – la sua contrarietà al divieto di asporto di vino da parte delle enoteche, dalle ore 18.

VINITALY 2021

«Stiamo registrando da parte di nostri interlocutori sui mercati europei e internazionali una grande aspettativa di poter partecipare a Vinitaly, perché Vinitaly manca», ha sottolineato Giovanni Mantovani intervenendo alla Valpolicella Annual Conference.

Pensiamo a un Vinitaly a fine giugno diverso da quello visto in passato a cui hanno preso parte oltre 100 mila visitatori. L’intensità sarà diversa da quella a cui siamo abituati».

«Una manifestazione – ha precisato Mantovani – in cui a partire dagli stand, ovvero allo spazio riservato agli espositori, ci sia il più grande rispetto delle misure di distanziamento e, in generale, sia garantita la massima salubrità per le persone».

«Per cogliere il vantaggio competitivo con i mercati già vaccinati, immaginiamo un evento molto focalizzato a ospitare buyer selezionati dall’Europa e soprattutto capace di guardare con molta attenzione ai mercati extraeuropei che potranno essere presenti in quel momento», ha concluso il rappresentante di Veronafiere.

FRONTE EUROPA
Sempre alla Valpolicella Wine Conference, l’intervento dall’europarlamentare Paolo De Castro, sul tema dei dazi Usa, del piano anti cancro della Commissione Ue, e sulla Brexit, definita «una enorme sciocchezza dei cittadini britannici, che noi comunque rispettiamo per la loro decisione».

«Sul tema dei dazi Usa-Ue – ha detto il primo vice presidente della commissione Agricoltura – proprio in questi giorni abbiamo avuto un confronto in commissione con il responsabile del Commercio, Valdis Dombrovskis che ha assicurato l’impegno europeo per una moratoria di 6 mesi su tutti i dazi che intercorrono tra i 2 alleati. La speranza è ora che la richiesta europea sia accolta dall’amministrazione Biden, con cui lavoreremo non appena la sua squadra si insedierà definitivamente».

Sul discusso piano anticancro delle Commissione Ue, che punirebbe alcolici e carni rosse, equiparandole a sigarette p bevande gassate ricche di zuccheri: «Si tratta di un piano sacrosanto che però può avere declinazioni pericolose per alcuni prodotti del made in Italy e della dieta mediterranea, come carne rossa e vino».

Abbiamo in atto una serie di iniziative a partire da quella importante in programma nei prossimi giorni a Bruxelles assieme a Coldiretti e Filiera Italia con esperti da tutta Europa per far capire quanto è importante affrontare questo tema in maniera seria.

Come Parlamento europeo e commissione Agricoltura lavoreremo per evitare che ci siano conseguenze sia sul versante promozione che sull’etichettatura su un piano che a oggi non ha alcuna proposta legislativa”.

Sul nodo della la Brexit, che per Paolo De Castro «si sta rivelando un dramma, non solo per noi ma soprattutto per i britannici, che se ne stanno accorgendo ogni giorno di più, registriamo molte problematiche di ordine burocratico-amministrative, quali strascichi che a fronte del positivo no-deal».

L’europarlamentare ha infine annunciato che con l’Intergruppo vino ha richiesto «una sospensione fino alla messa a sistema di una piattaforma elettronica per i certificati di esportazione, accettati ora solo in forma cartacea, che risolva i grandi problemi che stiamo accusando nell’export vitivinicolo».

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Il Giro d’Italia torna a Montalcino e Siena

Il 19 e 20 maggio 2021 il Giro d’Italia, edizione 104 in cui si celebrano i 90 anni della maglia rosa, farà nuovamente tappa in terra di Siena. La tappa n. 11 Perugia – Montalcino, la “Brunello di Montalcino wine stage”, del 19 maggio (163 km) arriverà nella terra del Brunello dopo aver percorso 70 km tra le eroiche strade bianche e i passaggi della Valdorcia.

La tappa n. 12 Siena – Bagno di Romagna del 20 maggio (209 km) che partirà proprio dalla Piazza del Campo della città del Palio. Il Giro a Montalcino mancava da 11 anni (2010) a Siena addirittura da 35 anni (1986).

Un appuntamento, atteso da appassionati e residenti voluto fortemente dal Comune di Montalcino e dal Comune di Siena, grazie alla partnership con il Consorzio del vino Brunello di Montalcino e che sarà preceduto da un mese di appuntamenti di avvicinamento sul territorio che saranno presentati nelle prossime settimane.

«La nostra scelta è stata sin da subito quella di esserci, non solo per il valore dell’evento, ma anche perché da sempre il Consorzio del vino Brunello di Montalcino e le sue aziende rappresentano un unicum con il loro territorio», dice Fabrizio Bindocci, presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino.

«Grazie al vino – prosegue Bindocci – Montalcino è oggi un brand globale e la sua economia si basa su un moderno modello di comunità agricola in grado di generare occupazione, valore aggiunto e turismo di fascia alta proveniente da tutto il mondo. Il ciclismo è uno sport che richiede passione e abnegazione ma che è capace di dare grandi soddisfazioni, le stesse di un Brunello dopo anni di lavoro in vigna da parte dei nostri soci».

«Per tutti noi aver riportato la corsa rosa a Montalcino, in un anno così difficile, è motivo di orgoglio e vuole essere il segnale che guardare con ottimismo e fiducia ad una ripartenza del nostro territorio, è possibile – spiega il Sindaco di Montalcino Silvio Franceschelli – L’Amministrazione comunale ha fatto un grande investimento in termini infrastrutturali e di coordinamento. Ci auguriamo che il Giro d’Italia, a maggio, possa essere l’occasione per segnare un nuovo inizio».

«Abbiamo giocato di squadra altrimenti una manifestazione importante come questa non saremmo riusciti ad intercettarla – ha aggiunto Alberto Tirelli assessore al turismo del Comune di Siena – Sarà sicuramente un palcoscenico nazionale sul quale ci andremo a proporre come territorio. Se pensiamo al turismo di prossimità che riteniamo di poter andare ad intercettare nei prossimi mesi, è sicuramente è un buon investimento».

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Aceto Balsamico Made in Slovenia: «Scippo da 1 miliardo di euro»

«L’inaccettabile scippo del nome di “aceto balsamico” da parte della Slovenia mette a rischio un miliardo di euro di valore al consumo e rappresenta un attacco all’intero sistema del Made in Italy di qualità». È quanto denuncia la Coldiretti nel commentare la decisione del Governo sloveno di varare una norma con la quale qualsiasi miscela di aceto di vino con mosto concentrato si potrà chiamare, e vendere, come “aceto balsamico”.

Una scelta, peraltro già notificata alla Commissione Europea, «che va contro – rileva Coldiretti – le attuali norme comunitarie che tutelano Dop e Igp e disciplinano il sistema di etichettatura e informazione del consumatore».

La questione è arrivata sul tavolo del neo Ministro delle Politiche Agricole, Senatore Stefano Patuanelli e proprio in queste ultime ore, la Direzione Qualità del Mipaaf sta predisponendo la documentazione tecnica necessaria per completare il dossier che dovrà essere notificato alla Commissione.

Il tempo non è molto perché l’atto di opposizione dovrà essere notificato in Commissione entro il 3 marzo 2021 e la preoccupazione dei Consorzi cresce con il passare dei giorni.

Secondo la Confederazione nazionale Coltivatori diretti, l’iniziativa slovena «rischia di andare a ingrossare il mercato internazionale del falso Made in Italy, che fattura già oltre 100 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che, secondo un’analisi Coldiretti e Filiera Italia, si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale».

Un’industria del falso sempre più fiorente che ha i suoi centri principali in Paesi come Australia, Canada e Stati Uniti e in tutto il Sudamerica. Una spinta importante alle imitazioni sarebbe stata data proprio dai dazi aggiuntivi nei confronti dei formaggi e salumi italiani, che hanno favorito le “brutte copie” locali.

La manovra slovena sull’aceto balsamico rischia dunque di diventare un precedente pericoloso contro il quale occorre – sottolinea Coldiretti – attivarsi immediatamente a livello comunitario per garantire la difesa di uno dei prodotti simbolo del Made in Italy».

Sono riconosciuti e tutelati dall’Unione Europea l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Dop, l’Aceto Balsamico di Modena Igp (Indicazione Geografica Protetta), l’Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Dop, e l’Aceto Balsamico di Reggio Emilia Igp. Prodotti ottenuti nel rispetto di specifici disciplinari di produzione, il cui savoir-faire è trasmesso di generazione in generazione.

LE REAZIONI DEL SETTORE

Non ci gira attorno il il direttore del Consorzio Aceto Balsamico di Modena, Federico Desimoni, che parla di «grande offesa della tradizione e degli sforzi fatti dai produttori delle eccellenze modenesi e dell’insieme di attività di divulgazione dei Consorzi, che lo hanno reso famoso nel mondo».

L’operazione della Slovenia viene definita «illegittima ed in contrasto con i regolamenti comunitari che tutelano Dop e Igp e disciplinano il sistema di etichettatura e informazione del consumatore». Un «attacco diretto al sistema agroalimentare di qualità europeo, al diritto dei consumatori ad un’informazione corretta e trasparente e degli operatori commerciali ad una concorrenza leale».

Ci troviamo nuovamente di fronte ad una situazione che rischia di danneggiare non solo il comparto dell’Aceto Balsamico di Modena ma tutto il sistema delle Dop e delle Igp italiane – commenta il Presidente del Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena Igp Mariangela Grosoli – e sarà fondamentale, anche stavolta, fare leva sulla collaborazione delle Istituzioni».

Il riferimento è al Ministero Politiche Agricole, ed in particolare la Direzione Qualità, che Grosoli ringrazia «per il prezioso sostegno nella tutela del nostro settore, già direttamente coinvolta e al lavoro sul dossier».

Grande sostegno è arrivato dall’associazione di riferimento dei Consorzi di Tutela, OriGIn Italia, che si è immediatamente attivata chiedendo al Governo di opporsi formalmente a livello comunitario alla proposta slovena.

«Chiediamo al Governo che formalizzi al più presto l’atto di opposizione – afferma il Presidente del Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena Enrico Corsini – e con l’occasione rivolgiamo a nome dei due Consorzi i più sentiti auguri di buon lavoro al nuovo titolare del Dicastero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali».

Alla voce dei Consorzi si affianca quella della politica a difesa del mondo delle Dop e Igp, e in particolare dell’Aceto Balsamico di Modena: “La problematica evidenziata dal Consorzio è grave ed urgente e rappresenta una priorità per la tutela del sistema Paese ed in particolare di un asset fondamentale del sistema economico nazionale», afferma con decisione l’onorevole Benedetta Fiorini, Segretario della Commissione Attività Produttive.

Proprio per questo chiediamo al Governo di assicurare un intervento formale puntale e tempestivo che garantisca una tutela efficace. La salvaguardia delle produzioni tipiche italiane, vere eccellenze nel mondo come l’aceto balsamico di Modena, deve essere una assoluta priorità.

Inoltre, è necessario rafforzare concretamente l’azione di tutte le strutture della filiera per garantire sostegno, tutela e promozione. Tutelare la qualità significa garantire identità».

Il supporto e la richiesta di un’azione decisa e tempestiva del Governo arriva anche dalla Regione Emilia-Romagna. «Le due Dop dell’Aceto Balsamico tradizionale, di Modena e di Reggio Emilia, e l’Igp Aceto Balsamico di Modena rappresentano un solidissimo legame con il territorio emiliano e una risorsa preziosa per l’economia regionale», sottolinea l’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi.

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Ristoranti, Fipe: «Apertura serale in zona gialla non più rinviabile»

«La riapertura serale, almeno nelle zone gialle, dei pubblici esercizi in grado di garantire il servizio al tavolo non è più rinviabile». Lo sottolinea Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi.

«Chiediamo ai nostri imprenditori di applicare con rigore i protocolli sanitari e chiediamo alle Istituzioni controlli a tappeto perché tutti li rispettino. Tutto questo per consentirci di poter riaprire anche alla sera, fino alle 22, in zona gialla e fino alle 18 in zona arancione».

«È significativo che anche l’Anci, e dunque i sindaci di tutta Italia, si sia detta favorevole a un allentamento delle restrizioni – continua Fipe – nei confronti di bar e ristoranti. Sta crescendo la consapevolezza che è più facile far rispettare le misure di distanziamento e di sicurezza sanitaria all’interno di un locale, piuttosto che nelle piazze e nelle strade dove le persone finiscono per assembrarsi senza alcuna precauzione.

Ci auguriamo che il primo Dpcm del nuovo governo segni un cambio di passo nelle politiche di mitigazione del contagio da covid19, che da troppo tempo stanno penalizzando solo alcune categorie caricandole di responsabilità che non gli spettano».

«Da un anno – prosegue la Federazione italiana pubblici esercizi – portiamo avanti la battaglia a difesa della dignità di centinaia di migliaia di imprese che non possono essere aperte o chiuse con un’ordinanza pubblicata nella notte e valida dalla mattina successiva».

Secondo Fipe «occorre rispetto per il lavoro di oltre un milione di persone e per un’intera filiera che proprio in bar e ristoranti ha un fondamentale punto di riferimento». Richieste che arrivano «mentre i contagi si stanno diffondendo a macchia di leopardo sul territorio, con piccoli focolai e città pressoché immuni».

In virtù della situazione attuale, la Federazione pubblici esercizi chiede che le azioni siano a misura locale: «Chiediamo che le aperture possano essere regolate anche su base locale, di modo che le misure restrittive siano efficaci e selettive».

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Dolce Milano: la Lombardia candida il panettone a patrimonio Unesco

Regione Lombardia candiderà il panettone come Patrimonio immateriale dell’umanità Unesco. Il dolce rappresenta Milano, la Lombardia e l’Italia nel mondo. «È il risultato di una forma d’arte – commenta l’assessore regionale Fabio Rolfi – che si tramanda da secoli e che è conservata e valorizzata dai nostri maestri pasticcieri, che saranno ambasciatori straordinari di questa candidatura».

Abbiamo già avviato interlocuzioni con le associazioni di categoria e con gli altri enti istituzionali. C’è unità di intenti per dare la giusta valorizzazione a un simbolo del nostro territorio. Il panettone è cultura e tradizione, ma anche economia. Crediamo che l’arte artigianale con cui viene realizzato meriti un riconoscimento mondiale».

Rolfi, assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia, ha partecipato oggi a palazzo Bovara, a Milano, alla finale Italia della Coppa del mondo di panettone.

«La collaborazione della Regione Lombardia con Confcommercio e con l’associazione Maestro Martino è sempre più stretta e fattiva – ha aggiunto – con l’obiettivo unico di promuovere i prodotti di eccellenza del nostro territorio, grazie ai quali la Lombardia si fa conoscere a livello internazionale per qualità e sicurezza alimentare».

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Gruppo Italiano Torrefattori Caffè lancia l’allarme: perso il 40% di fatturato nel 2020

Gruppo Italiano Torrefattori Caffè (Gitc), associazione che riunisce 225 imprese del settore, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai Ministeri in cui prende posizione contro la mancanza di prospettiva e di proporzionalità delle ultime misure restrittive e si fa portavoce di un’intera filiera italiana ormai sull’orlo del baratro.

Arriva ad un picco del 40% la perdita del fatturato nel 2020 per il comparto del caffè, vera eccellenza del Made in Italy nel mondo, che soffre insieme alla ristorazione delle limitazioni imposte nel corso dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

Ad impedire ancora oggi la ripresa e l’organizzazione del settore Horeca sono soprattutto gli orizzonti temporali di massimo due settimane dettati dagli ultimi decreti, che non consentono alcun margine di programmazione per i pubblici esercizi. Uno scenario allarmante che annienta la possibilità di fronteggiare lo tsunami economico che sta travolgendo bar, ristoranti, hotel e tutte le filiere collegate, che nel 2019 rappresentavano il 18% del Pil italiano.

«A tutela delle Torrefazioni italiane e vicini ai pubblici esercizi, abbiamo interpellato il Presidente del Consiglio e i Ministeri di competenza affinché si impegnino ad agire ora, per arginare l’ondata di fallimenti che rischia di diventare inarrestabile», afferma Alessandro Bianchin, Presidente del Gruppo Italiano Torrefattori Caffè.

«Siamo disponibili ad un serio confronto – prosegue Bianchin – che porti alla revisione delle direttive e all’adozione di nuovi protocolli che permettano alle imprese di programmare e di lavorare. Non è più sostenibile, a quasi un anno dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, continuare ad adottare un metodo che non consente alcun margine di programmazione per gli imprenditori, dettando aperture e chiusure da un giorno all’altro».

Tendendo una mano a sostegno della ristorazione Gitc porta in evidenza a Draghi e ai Ministeri dell’Economia e Finanze, Sviluppo Economico, Politiche Agricole Alimentari e Forestali il malcontento diffuso tra i commercianti e sottolinea come le nuove disposizioni stiano assumendo ormai un sapore oppressivo e punitivo per i pubblici esercizi.

Tra le proposte avanzate dal Gruppo Italiano Torrefattori Caffè, vi è l’ampliamento delle fasce orarie di fruizione per evitare il rischio di assembramenti, connesse ad accessi contingentati e su prenotazione per determinati tipi di servizi. Un modo per garantire il distanziamento e il tracciamento, pur permettendo ai ristoratori di lavorare.

Nella lettera sono quattro i punti di interesse sui quali Gitc accende l’attenzione: più chiarezza e certezza sui ristori, indennizzi e maggior inclusione a beneficio delle filiere collegate e quindi delle torrefazioni del caffè, apertura dei pubblici esercizi con un ampliamento della fascia oraria anche a condizione di nuovi e aggiornati protocolli, inserimento del caffè espresso italiano nel contributo a fondo perduto Mipaaf dedicato al canale Horeca per l’acquisto di prodotti italiani.

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Gruppo Italiano Torrefattori Caffè: «Il settore è sull’orlo del baratro»

È con una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai Ministeri che Gruppo Italiano Torrefattori Caffè (Gitc), associazione che riunisce 225 imprese del settore, prende posizione contro la mancanza di prospettiva e di proporzionalità delle ultime misure restrittive e si fa portavoce di un’intera filiera italiana ormai sull’orlo del baratro.

Arriva ad un picco del 40% la perdita del fatturato nel 2020 per il comparto del caffè, vera eccellenza del Made in Italy nel mondo, che soffre insieme alla ristorazione delle limitazioni imposte nel corso dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

Ad impedire ancora oggi la ripresa e l’organizzazione del settore Horeca sono soprattutto gli orizzonti temporali di massimo due settimane dettati dagli ultimi decreti, che non consentono alcun margine di programmazione per i pubblici esercizi. Uno scenario allarmante che annienta la possibilità di fronteggiare lo tsunami economico che sta travolgendo bar, ristoranti, hotel e tutte le filiere collegate, che nel 2019 rappresentavano il 18% del Pil italiano.

«A tutela delle Torrefazioni italiane e vicini ai pubblici esercizi, abbiamo interpellato il Presidente del Consiglio e i Ministeri di competenza affinché si impegnino ad agire ora, per arginare l’ondata di fallimenti che rischia di diventare inarrestabile», afferma Alessandro Bianchin, Presidente del Gruppo Italiano Torrefattori Caffè.

«Siamo disponibili ad un serio confronto – prosegue Bianchin – che porti alla revisione delle direttive e all’adozione di nuovi protocolli che permettano alle imprese di programmare e di lavorare. Non è più sostenibile, a quasi un anno dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, continuare ad adottare un metodo che non consente alcun margine di programmazione per gli imprenditori, dettando aperture e chiusure da un giorno all’altro».

Tendendo una mano a sostegno della ristorazione Gitc porta in evidenza a Draghi e ai Ministeri dell’Economia e Finanze, Sviluppo Economico, Politiche Agricole Alimentari e Forestali il malcontento diffuso tra i commercianti e sottolinea come le nuove disposizioni stiano assumendo ormai un sapore oppressivo e punitivo per i pubblici esercizi.

Tra le proposte avanzate dal Gruppo Italiano Torrefattori Caffè, vi è l’ampliamento delle fasce orarie di fruizione per evitare il rischio di assembramenti, connesse ad accessi contingentati e su prenotazione per determinati tipi di servizi. Un modo per garantire il distanziamento e il tracciamento, pur permettendo ai ristoratori di lavorare.

Nella lettera sono quattro i punti di interesse sui quali Gitc accende l’attenzione: più chiarezza e certezza sui ristori, indennizzi e maggior inclusione a beneficio delle filiere collegate e quindi delle torrefazioni del caffè, apertura dei pubblici esercizi con un ampliamento della fascia oraria anche a condizione di nuovi e aggiornati protocolli, inserimento del caffè espresso italiano nel contributo a fondo perduto Mipaaf dedicato al canale Horeca per l’acquisto di prodotti italiani.

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Fipe contro Speranza per le chiusure di bar e ristoranti: «Offensive e senza preavviso»

Dura reazione di Fipe Confcommercio sulle nuove ordinanze del Ministro della Salute, Roberto Speranza. «Situazione inaccettabile e offensiva», tuona di fatto la Federazione italiana pubblici esercizi.

«Con pochissime ore di preavviso, bar e ristoranti di Toscana, Liguria, Abruzzo e provincia autonoma di Trento apprendono del provvedimento che blocca le loro attività», sottolinea Fipe.

Turni di lavoro già organizzati per migliaia di lavoratori e decine di migliaia di clienti prenotati appesi a decisioni ufficializzate a poche ore dalla scadenza, a testimonianza dell’assoluta mancanza di attenzione e rispetto verso chi, con fatica, cerca di resistere ad una crisi senza precedenti».

«A questo si devono aggiungere decine di milioni di euro di prodotti alimentari già acquistati che finiranno nella spazzatura. Inaccettabile ufficializzare i provvedimenti con una manciata di ore di preavviso – conclude la Federazione italiana pubblici esercizi – come peraltro segnalato dai governatori delle regioni interessate tra cui Toti, che ha fatto nel pomeriggio un’istanza al ministro Speranza per far partire l’ordinanza da lunedì 15 febbraio». (foto LaPresse)

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