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Covid-19, appello dei Ristoranti del Buon Ricordo: “Tempo scaduto, sarà un disastro”

“I tempi sono scaduti! Se davvero i nostri locali dovranno rimanere chiusi per un altro mese in queste condizioni, sarà un disastro assoluto. Tanti di noi non riapriranno. Una volta tanto, sarebbe stato importante anticipare il problema, non rincorrerlo!”. Così, in una lettera inviata agli organi di stampa, i 103 ristoratori che fanno parte de L’Unione Ristoranti del Buon Ricordo, associazione che dal 1964 assicura “un viaggio tra i sapori e i colori della cucina italiana”. Un altro segnale preoccupante da un settore, quello della ristorazione, in ginocchio per via del lockdown dei decreti legati a Covid-19.

“Noi siamo da 56 anni ottimisti, vogliamo bene alla nostra Italia”, scrivono i ristoratori, divenuti celebri per l’omaggio dei piatti del Buon Ricordo a chi gusta il Menu del Buon Ricordo. “Faremo di tutto per non mollare. Ma da soli non possiamo farcela. Lo abbiamo detto in tempi ancora non così drammatici, ma nulla si è mosso”.

Il nostro è un grido d’allarme – si legge sulla lettera – che accomuna tutta la Ristorazione Italiana. Il Buon Ricordo grazie alla sua storia pensa di poter rappresentare le migliaia di colleghi sparsi per la penisola. Dateci un minimo di energia. Poi toccherà a noi di rimboccarci le maniche! W l’Italia, W la grande Ristorazione Italiana!”

All’inizio della lettera, i ristoratori del “Buon Ricordo” ripercorrono le tappe dell’emergenza Coronavirus. “Dal quel terribile 22 febbraio 2020 sono oramai trascorsi 38 giorni. Per tantissimi di noi ristoratori da quel momento gli incassi si sono azzerati. La paura ha iniziato a serpeggiare tra i clienti e gli eventi in programma sono stati tutti annullati. Subito abbiamo dovuto mettere il personale in ferie”.

Prima ci è stato ordinato di chiudere alla sera, poi di chiudere definitivamente quando oramai quasi tutti eravamo ovviamente già chiusi. Da allora sono passati giorni e settimane lunghissime. Tutto il Buon Ricordo, al pari dei colleghi della ristorazione italiana, ha aspettato aiuti rapidi e incisivi. Ancora nulla, eccetto una minima dilazione di pagamento delle tasse e contributi”.

“La cassa integrazione per i nostri dipendenti – precisano i ristoratori del Buon Ricordo – sta arrivando in queste ore. Nessun aiuto diretto da parte dello Stato a livello economico. I nostri colleghi all’estero ci fanno sapere di misure ‘importanti’ prese da governi come la Germania, la Francia, l’Ungheria. Per la ristorazione italiana, così come per la piccola e media impresa, quasi il nulla”.

Nel frattempo si moltiplicano in Italia le iniziative in sostegno della ristorazione. WineMag.it ha sposato quella, senza fini di lucro, nata dall’idea di un gruppo di giovani della provincia di Salerno. Il progetto, denominato Cucina Continua, mette in connessione i ristoratori con i clienti, sul modello dei Dining Bond in voga negli States.

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Covid-19 e gli aiuti alla ristorazione: parte da Salerno un vero progetto senza fini di lucro

La solidarietà è un gesto che stringe l’anima. Senza avvisare prima, o far clamore. Lo sanno bene i promotori di Cucina Continua, progetto pensato per i clienti che intendono sostenere il proprio ristorante, bar, o locale del cuore, scommettendo sulla sua riapertura al termine del lockdown dettato dall’epidemia Covid-19. Si tratta della trovata senza fini di lucro di Lettera7, studio campano di brand design e digital con sede a Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno. Il team di esperti del web, coordinati da Dario Volpe, ha rinunciato a qualsiasi guadagno o commissione pur di dare il proprio contributo alla ristorazione.

La piattaforma cucinacontinua.it, online da pochi giorni, si basa sulla logica dei Dining Bond, molto in voga negli Stati Uniti. Il cliente acquista un voucher che consente al ristorante prescelto di “sopravvivere” durante il periodo di chiusura dettata dai decreti, grazie a liquidità altrimenti non disponibili.

Ad emergenza superata, il locale sarà in grado di accogliere l’aficionado, consentendogli di “spendere” il buono per un pranzo, una cena o un aperitivo, un calice o una bottiglia di vino. Le caratteristiche del riscatto del “bond” variano dunque in base al tipo di attività della ristorazione prescelto. Se il ristorante non è ancora presente nella lista? Basta inviare una mail a info@cucinacontinua.it, segnalando il nome dell’attività che si vuole aiutare.

L’idea di scommettere sulla riapertura di ristoranti, locali e bar attraverso la logica dei Dining Bond – spiega Dario Volpe a WineMag.it – è nata negli Stati Uniti. Noi abbiamo pensato semplicemente di renderla italiana e riproporla, aprendo un dialogo con i ristoratori su tutto il territorio nazionale, partendo dalla Campania”.

“Stiamo progettando in divenire, giorno per giorno, aggiungendo pezzi per rendere sempre più utile Cucina Continua ai ristorati, ma ancor di più per smuoverli dalla stasi e dalla depressione”, commenta ancor Volpe.

Quello che oggi è online su cucinacontinua.it è il frutto di tre giorni e tre notti di lavoro di tutto il nostro team. L’obiettivo è di sensibilizzare e far mobilitare il settore, generando il prima possibile microeconomie, facendo leva su solidarietà e cooperazione”.

Ma i Dining Bond sono davvero una soluzione? “Non crediamo possano risollevare da soli le sorti della ristorazione, settore fortemente colpito dalle conseguenze dell’emergenza Covid-19 – risponde Dario Volpe – ma sicuramente far interrogare e mettere in moto il cervello su una ripartenza ‘alternativa’. Molti ancora non hanno iniziato a pensare al futuro, pertanto speriamo che progetti come Cucina Continua possano accendere la scintilla”.

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Agricoltura, Coronavirus “blocca” un milione di lavoratori stagionali nell’Ue

La chiusura delle frontiere scelta per fronteggiare Coronavirus “blocca” quasi un milione di lavoratori stagionali dell’agricoltura. Lo stima Coldiretti, nel ricordare le imminenti campagne di raccolta ortofrutticola. Dalla Germania alla Francia, dalla Spagna all’Italia è allarme per l’Ue, che rischia di perdere quest’anno l’autosufficienza alimentare e il suo ruolo di principale esportatore mondiale di alimenti per un valore si 138 miliardi di euro con un surplus commerciale nell’agroalimentare di 22 miliardi.

La soluzione? “Dopo le merci – afferma il presidente Coldiretti Ettore Prandini – è necessario creare corsie verdi alle frontiere interne dell’Unione Europea anche per la circolazione dei lavoratori agricoli”. A livello nazionale, l’associazione degli agricoltori chiede “una radicale semplificazione del voucher ‘agricolo’“.

L’obiettivo, per Coldiretti, è “consentire da parte di cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e molti lavoratori in cassa integrazione potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta nelle campagne”.

I NUMERI IN EUROPA E IN ITALIA

A causa del Coronavirus, i 200 mila stagionali rumeni, polacchi, tunisini, marocchini e di molti altri Paesi che ogni anno contribuiscono ai raccolti primaverili francesi non potranno raggiungere il Paese e la Fnsea, la Coldiretti d’Oltralpe, è in allarme con il ministro dell’agricoltura Didier Guillaume che ha invitato quanti si siano ritrovati senza lavoro per via delle restrizioni imposte dal covid-19, ad “unirsi alla grande armata dell’agricoltura francese!”.

Il Ministro dell’Agricoltura tedesco Julia Kloeckner propone di impiegare come lavoratori stagionali in agricoltura i lavoratori del settore alberghiero e della ristorazione per colmare il vuoto di circa 300 mila unità lasciato dagli stagionali polacchi e rumeni.

Un buco che pesa anche sulla Spagna rimasta, ad esempio, senza i soliti 10 mila lavoratori stagionali marocchini impegnati nella raccolta fragole e  sta cercando nella popolazione nazionale come coprire questi posti vacanti e quelli delle campagne successive.

In Italia, su sollecitazione del Presidente della Coldiretti Ettore Prandini, il Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova è intervenuto per prorogare i permessi di soggiorno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese proprio con l’inizio della stagione di raccolta nelle campagne.

La proroga, secondo la circolare del Ministero degli Interni dura fino al 15 giugno e riguarda i permessi di soggiorno in scadenza dal 31 gennaio al 15 aprile ai sensi dell’articolo 103 comma 2 del D.L. 18.

“Un’esigenza che – sottolinea la Coldiretti – è stata resa più urgente dal caldo inverno che ha anticipato la maturazione delle primizie come fragole e asparagi proprio nel momento in cui la chiusura della frontiere per l’emergenza sanitaria ha fermato l’arrivo nelle campagne italiane di lavoratori dall’estero”.

IL DOSSIER IMMIGRAZIONE

Con il blocco delle frontiere alla circolazione delle persone resta però a rischio, sempre secondo le stime Coldiretti, più di ¼ del Made in Italy a tavola che viene raccolto nelle campagne da mani straniere con 370 mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero.

Si registrano infatti disdette degli impegni di lavoro da parte di decine di migliaia di lavoratori stranieri che in Italia trovano regolarmente occupazione stagionale in agricoltura. Fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo l’analisi della Coldiretti.

Secondo le elaborazioni Coldiretti, che ha collaborato al Dossier statistico Immigrazione 2019 la comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è quella rumena con 107591 occupati, davanti a marocchini con 35013 e indiani con 34043, che precedono albanesi (32264), senegalesi (14165), polacchi (13134), tunisini (13106), bulgari (11261), macedoni (10428) e pakistani (10272).

Sono molti i “distretti agricoli” del nord dove i lavoratori immigrati rappresentano una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole e asparagi nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva, delle mele, delle pere e dei kiwi in Piemonte, dei pomodori, dei broccoli, cavoli e finocchi in Puglia fino agli allevamenti e i caseifici della Lombardia.

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Dieci ore sotto zero: la gelata di fine marzo distrugge frutta e verdura in mezza Italia

L’improvviso abbassamento delle temperature che sono scese anche di molti gradi sotto lo zero per oltre 10 ore ha provocato gelate estese nei campi coltivati da Nord a Sud in Italia, con pesanti danni a frutta e verdura, in grande anticipo per effetto di un inverno “bollente” sul fronte del meteo.

È quanto emerge da un monitoraggio della Coldiretti dal quale si evidenzia una situazione di difficoltà a macchia di leopardo lungo la Penisola con i danni più gravi dalla Lombardia al Emilia Romagna dal Veneto alla Puglia per l’arrivo della perturbazione dall’Europa sud orientale.

Ecco il ritorno della neve dopo un inverno che si è classificato in Italia come il secondo più caldo dal 1800 a livello climatologico, facendo registrare una temperatura addirittura superiore di 2,03 gradi rispetto alla media di riferimento.

Alcuni alberi di pesco, albicocco e mandorlo hanno addirittura già i frutticini, ciliegi e susini sono in fiore e tra i filari di pere, mele e kiwi ci sono le gemme pronte che sono state intrappolate dal ghiaccio e bruciate dal freddo mentre nei campi gravi danni si contano per le primizie di stagione dai carciofi agli asparagi, dalle bietole alle cicorie fino ai piselli.

Ma è allarme anche per 50 miliardi di api presenti sul territorio nazionale che sono state ingannate dal caldo e sono uscite dagli alveari ed ora rischiano di subire pesanti perdite.

“Siamo di fronte alle evidenti conseguenze dei cambiamenti climatici anche in Italia – sottolinea Coldiretti – dove l’eccezionalità degli eventi atmosferici è ormai la norma, con una tendenza alla tropicalizzazione che si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente”.

“Gli sfasamenti stagionali, le precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi – conclude l’associazione di categoria degli agricoltori – compromettono le coltivazioni nei campi con costi per oltre 14 miliardi di euro in un decennio, tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne”.

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L’Amatriciana riconosciuta Specialità tradizionale garantita dell’Unione Europea

L’Amatriciana è stata riconosciuta definitivamente Specialità tradizionale garantita (STG) dell’Unione Europea. Un provvedimento volto a tutelarla da imitazioni e falsi. Lo rende noto la Coldiretti, nell’annunciare la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Ue del 13 marzo l’iscrizione nel Registro europeo delle Denominazioni d’origine e Indicazioni geografiche (Dop-Igp) e Specialità tradizionali garantite (Stg) della celebre ricetta.

Si tratta del riconoscimento definitivo da parte dell’Ue di un piatto simbolo del terremoto del Centro Italia, con la salsa Amatriciana tradizionale ottenuta “secondo il metodo di produzione e la ricetta secolare del comprensorio di Amatrice“.

Un riconoscimento che arriva con consenso unanime visto che nei tre mesi a disposizione per eventuali osservazioni nessuno ha sollevato obiezioni di sorta. Il carattere tradizionale dell’Amatriciana è legato agli ingredienti impiegati e al metodo specifico di preparazione utilizzato tradizionalmente nel comprensorio dei Monti della Laga, dai quali la preparazione trae origine.

“Con l’iscrizione nel registro delle STG – rileva Coldiretti – diventa ancora più importante garantire l’utilizzo di ingredienti al 100% Made in Italy, dal grano nazionale per la pasta al pomodoro, dal pecorino fino al guanciale ottenuto da maiali allevati in Italia”.

Di fatto, si riconosce che la popolazione di Amatrice ha dato vita ad uno dei piatti più conosciuti della tradizione italiana rielaborando ed arricchendo un’antica preparazione pastorale, con l’introduzione del pomodoro intervenuta all’inizio del 1800.

“L’amatriciana – ricorda la Coldiretti – era il pasto principale dei numerosi pastori che vivevano sulle montagne di Amatrice che portavano nei loro zaini, pezzi di pecorino, sacchette di pepe nero, pasta essiccata, guanciale e strutto per preparare la cosiddetta gricia che con l’aggiunta del pomodoro è diventata l’amatriciana”.

Con questo riconoscimento l’Italia consolida il primato europeo nelle produzioni di qualità con 301 denominazioni Dop/Igp e Stg, ma anche 415 vini Doc/Docg, 5155 prodotti tradizionali regionali censiti lungo la Penisola.

Leadership italiana che riguarda anche il biologico, con oltre 60 mila aziende agricole biologiche, 40 mila aziende agricole impegnare nel custodire semi o piante a rischio di estinzione e il primato della sicurezza alimentare mondiale. Il tutto a fronte della decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (Ogm).

“La tradizione gastronomica italiana – sottolinea Coldiretti – è il motore di una filiera agroalimentare estesa, dai campi agli scaffali e alla ristorazione, che raggiunge in Italia una cifra di 538 miliardi di euro, pari al 25% del Pil ed offre lavoro a 3,8 milioni di occupati”.

COME PREPARARE L’AMATRICIANA: LA RICETTA DEL COMUNE DI AMATRICE

Le dosi per 4 persone: 500 g di spaghetti, 125 g di guanciale di Amatrice, un cucchiaio di olio di oliva extravergine, un goccio di vino bianco secco, 6 o 7 pomodori San Marzano o 400 grammi di pomodori pelati, un pezzetto di peperoncino, 100 g di pecorino di Amatrice grattugiato, sale.

Mettere in una padella, preferibilmente di ferro, l’olio, il peperoncino ed il guanciale tagliato a pezzetti: la proporzione di un quarto, rispetto alla pasta, è “tradizionale e sacra” per gli esperti.

Inoltre, o si mette il guanciale – vale a dire la parte della “ganascia” del maiale – o non sono spaghetti all’Amatriciana. “Solo con esso avranno una delicatezza e una dolcezza insuperabili”, assicurano ad Amatrice.

Rosolare a fuoco vivo. Aggiungere il vino. Togliere dalla padella i pezzetti di guanciale, sgocciolare bene e tenerli da parte possibilmente in caldo, si evita il rischio di farli diventare troppo secchi e salati e resteranno più morbidi e saporiti.

Unire i pomodori tagliati a filetti e puliti dai semi (meglio prima sbollentarli, cosi si toglierà più facilmente la pelle e poi tagliarli). Aggiustare di sale, mescolare e dare qualche minuto di fuoco. Togliere il peperoncino, rimettere dentro i pezzetti di guanciale, dare ancora una rigirata alla salsa.

Lessare intanto la pasta, bene al dente, in abbondante acqua salata. Scolarla bene e metterla in una terrina aggiungendo il pecorino grattugiato. Attendere qualche secondo e poi versare la salsa. Rigirare e per chi lo desiderasse, passare a parte altro pecorino. [*foto dalla ricetta originale dello chef Cristiano Tomei]

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Coronavirus: 112 ristoranti ed enoteche di Milano e Pavia vogliono chiudere

Chiudere del tutto gli esercizi di somministrazione”, senza distinzioni: “Meglio un periodo di contenimento più severo, ma più limitato nel tempo”. Poi, un fondo d’emergenza per le imprese in difficoltà; cassa integrazione in deroga per i prossimi tre mesi per i dipendenti del settore; sospensione delle tasse per i prossimi 3 mesi, compresi quelli comunali, come il Cosap; infine, moratoria per il credito bancario e sospensione delle bollette.

Sono le richieste avanzate dai titolari di 112 esercizi di Milano e Pavia che si riconoscono nel Comitato Ristoratori Responsabili, in risposta alle disposizioni previste dal DPCM 8 Marzo 2020 per contenere l’epidemia Coronavirus Covid-19.

Destinatari della lettera aperta, della “massima urgenza”, sono il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Regione Lombardia, il Ministro della Salute e il Sindaco della Città Metropolitana di Milano.

“Ci rendiamo tutti conto della gravità della situazione – scrivono i ristoratori – e siamo pronti a fare i sacrifici necessari, laddove siano dettati da logiche opportunità. La decisione di consentire l’apertura dei bar e ristoranti pone tuttavia delle grandi perplessità”.

Per la natura del servizio offerto da esercizi di somministrazione la richiesta di mantenere il metro di distanza interpersonale è praticamente impossibile da far rispettare. La promiscuità è ineliminabile tra personale di servizio e cliente e tra i clienti stessi anche nel caso si dispongano di tavoli delle misure adeguate”.

“Lasciare i gestori delle attività come baluardo di prevenzione del contagio che impongono la suddetta distanza a rischio di sanzione – continua il Comitato Ristoratori Responsabili – è un provvedimento che facciamo fatica a condividere”.

La maggior parte di questi esercizi opera nelle ore serali. Lasciare la possibilità di tenere aperto fino alle 18 crea una disparità significativa tra esercizi che lavorano durante il giorno e altri che lavorano prevalentemente la sera”.

“Mantenere gli esercizi aperti e raccomandare alla popolazione di non muoversi da casa propria equivale a condannare tali esercizi al fallimento. Non si contempla la possibilità di poter effettuare il delivery anche oltre le ore 18, misura questa che potrebbe almeno mitigare l’effetto crisi per alcune tipologie di attività”.

In sintesi, “nel miglior scenario possibile, l’inevitabile crollo degli incassi porterebbe alla chiusura e al licenziamento di molti addetti”, ammoniscono i titolari dei 112 esercizi di Milano e Pavia.

“Ci chiediamo pertanto – continua la lettera – se abbia senso chiudere tutto tranne i ristoranti e i bar. Se il fine ultimo è quello di evitare la socialità tout court, per quale motivo si vuole lasciare la possibilità di contatto e contagio in luoghi dove è intrinsecamente più difficile regolamentarla? Paradossalmente musei e cinema che devono rimanere chiusi hanno più possibilità di far rispettare le distanze regolamentando gli accessi”.

Siamo preoccupati come cittadini circa l’effettiva efficacia di misure prese a metà e come imprenditori della sopravvivenza delle nostre aziende. Chiediamo di essere ascoltati quanto prima e di lavorare insieme per trovare una soluzione più intelligente possibile”.

“Non affrontare questi nodi – aggiunge il Comitato Ristoratori Responsabili – porterebbe a una situazione di completa incertezza e probabili effetti negativi anche sul contenimento del contagio e una quasi certa emorragia di imprese che o licenziano in massa o soccombono senza poter più contribuire”.

Il mondo ci sta guardando –  concludono i ristoratori – cogliamo l’occasione per dimostrare a tutti che sappiamo rispettare le regole ed essere responsabili per la comunità. Non vorremmo in un futuro essere additati come coloro che hanno sacrificato il bene pubblico per il proprio orticello”.

Di seguito l’elenco delle attività commerciali che hanno firmato la lettera aperta: Peck, Milano; Trippa, Milano; Ratanà, Milano; Princi, Milano; Il Liberty, Milano; Røst, Milano; Spazio, Milano; Poporoya, Milano; Al Pont de Ferr, Milano; Ca-ri-co Milano; Dabass, Milano; Il Nemico, Milano; Infernot, Pavia; Cascina Vittoria, Pavia;  Vineria Eretica, Milano; Mestè, Milano; Antica Osteria del Mare, Milano; Onest, Milano; Botticella, Pavia; Bicerin, Milano.

E ancora: Fingers, Milano; Pastamadre, Milano; Kanpai, Milano; Bar Banco, Bar Elettrocadore, Milano; Nebbia, Milano; Wood Banco e Cucina, Milano; Deus Cafè, Milano; Shannara3, Milano; Shannara Ristorante, Milano; Taglio, Milano; Burbee Artisanal Burger&Beer, Milano; Loolapaloosa, Milano; Besame Mucho, Milano; Gialle&Co, Milano; Neta, Milano; Il Cavallante, Milano; Cibi di Strada, Pavia; Mandarin 2, Milano; Ciotto, Milano; *drinc, Milano.

La lista prosegue con Tàscaro, Milano; Ciz Cantina e Cucina, Milano; Cafè Gorille, Milano; Trattoria del Nuovo Macello, Milano; Tipografia Alimentare, Milano; Erba Brusca, Milano; Antica Osteria dei Sabbioni, Milano; Solo Crudo, Milano; Frigoriferi Milanesi, Milano; The Botanical Club, Milano; Elita Bar, Milano; 142 Restaurant, Milano; Trattoria dei Cacciatori, Peschiera Borromeo; Mu Dimsum, Milano; Gennaro Esposito, Milano; Pizza Bistrot, Milano.

Ancora: Trattoria Mirta, Milano; La Cantina di Franco, Milano; Caffè del Lupo, Milano; Esco Bistro Mediterraneo, Milano; 28 Posti, Milano; Altrimènti, Milano; Motelombroso, Milano; Flor, Milano; Fratelli Torcinelli, Milano; La Brisa, Milano; Trattoria del Gallo, Vigano di Gaggiano; Trattoria Angolo di Casa, Pavia; Dell’Angolo, Vittuone; Da Martino, Milano; Hygge, Milano; Ral Coctail Bar, Milano; Plaza Cafè, Milano; Osteria al Coniglio Bianco, Milano.

Nella lista: Bussarakham, Milano; Bullona, Milano; Vino al Vino, Milano; Upcycle Bike Cafè, Milano; Osteria della Madonna, Pavia; Hu Hancheng, Milano; Kandoo, Milano; Le Api Osteria, Milano; Ristorante Zibo, Milano; Insieme, Milano; Cantine Isola, Milano; La Ravioleria Sarpi, Milano; Manna, Milano; Sushi Kòboo, Milano; Asola e Gerri, Milano; Chinesebox, Milano; Bob, Milano; Aguasancta, Milano; Sine Ristorante Gastrocratico, Milano.

Infine: Nuova Arena, Milano; Torre degli Aquila, Pavia; Trattoria Caselle, Morimondo; Lon Fon, Milano; Osteria Nuovo Convento, Milano; Ta Hua, Milano; Locanda del Carmine, Pavia; Antica Mescita Origini, Pavia; Lacerba, Milano; Vinoir, Milano; Testina, Milano; Valhalla la Brace degli Dei, Milano; Vinyl Pub, Milano; Gelateria Vier Bar, Pavia; La Taverna Anzani, Milano; La Taverna Gourmet, Milano; Muzzi, Milano; Alvolo, Pavia; DistrEat, Milano.

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Coronavirus: un terzo del Made in Italy agroalimentare nel decreto del governo

I territori delimitati dal nuovo Decreto pensato per arrestare la diffusione di Coronavirus (Covid-19) interessano la “food valley” italiana che garantisce l’approvvigionamento sui mercati nazionali ed esteri con la produzione di circa un terzo del Made in Italy agroalimentare. Dal latte alla carne, dai formaggi ai salumi, dal riso alla pasta, dalla frutta alla verdura fino al vino e alle conserve di pomodoro.

È quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento al provvedimento noto come “DPCM 8 marzo 2020″ varato dal Governo per contenere l’emergenza Coronavirus, che introduce misure speciali per la regione Lombardia e 14 provincie di Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna, dove si concentra il maggior valore della produzione nazionale alimentare di qualità (Dop/Igp).

“Per assicurare le necessarie forniture alimentari al Paese – dichiara il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – è importante che siano stati recepite nel decreto le nostre sollecitazioni al Ministro delle Politiche Agricole Teresa Bellanova per dare continuità alle attività produttive nelle campagne dove vanno seguiti i cicli stagionali, dalla semina alla raccolta e garantita la cura delle piante e l’assistenza e l’alimentazione degli animali allevati nelle stalle”.

“Fondamentali – continua Prandini – anche i mercati di vendita diretta, la trasformazione industriale e le consegne per la distribuzione commerciale. Piena disponibilità a collaborare con le autorità regionali e di governo per non compromettere la mobilità di merci e persone necessarie all’attività produttiva, nel rispetto delle norme di sicurezza”.

IL MINISTERO
“L’attività degli operatori addetti al trasporto è un’esigenza lavorativa: il personale che conduce i mezzi di trasporto può entrare ed uscire dai territori interessati e spostarsi all’interno di essi, limitatamente all’esigenza di consegna o prelievo degli stessi prodotti”.

Questo il commento del ministro alle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Teresa Bellanova in relazione all’articolo 1 del DPCM 8 marzo 2020. Bellanova si augura che le Linee Guida sulla movimentazione delle merci, siano messe a disposizione in maniera “auspicabilmente rapida”.

Obiettivo: dare risposte concrete “alle numerose richieste giunte nelle ultime ore dalle Associazioni di categoria del settore agroalimentare al Ministero”. “I prodotti agroalimentari – ha aggiunto Bellanova – possono entrare e uscire dai territori interessati dal decreto”.

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Delight, l’atelier del gusto: a Corbetta il nuovo ristorante dello chef Fabio Zanetello

Delight, l’atelier del gusto apre in via Verdi 18, a Corbetta. Lo chef Fabio Zanetello ha scelto la periferia di Milano per il suo nuovo progetto. Un locale sui generis per la provincia, dal tocco gourmet. Un menu irriverente, sin dai nomi giocosi che coniuga i sapori del nord Italia e della “cucina delle nonne” padane con i sapori fusion di tutto il mondo, frutto dei viaggi dello “chef vagabondo” che dopo numerosi anni come consulente e volto televisivo ha finalmente trovato casa a Corbetta, la cittadina natale.

Qui le vere ricette della tradizione milanese vengono rivisitate con le tecniche più innovative di ristorazione e l’aggiunta di spezie provenienti dall’altra parte del mondo. L’idea è nata dalla famiglia Corvino, già imprenditori da più di trentanni a Corbetta: troviamo Davide Corvino, patron in sala ad accogliere i clienti e Christian Marcone come sommelier, direttamente dalla sala del ristorante stellato D’O di Davide Oldani, poco lontano dal Delight.

Un piccolo locale dal design elegante e moderno, “una cucina a vista, nata per prima a cui si è aggiunto tutto il resto”, 25 coperti, un dehors nel giardino interno e un grande terrazzo. Una moderna trattoria alla milanese per appassionati gourmand.

Non a caso il nuovo ristorante si chiama Delight. La delizia del gusto si inserisce nel solco della tradizione di ricette del nord Italia, per sentirsi a casa con una cucina gourmet. La luce è l’elemento chiave che accompagna il design del locale: Delight come diletto, piacere culinario, e “light”.

Si può dire davvero, in questo caso, di trovarsi davanti a un sapiente mix tra tradizione e innovazione: ricette della tradizione più radicata del territorio, ingredienti autoctoni trattati con innovative tipologie di cottura ma anche tocchi proveniente dai poli opposti del globo, dall’estremo nord fino all’Oriente.

Uno chef che ha iniziato la propria carriera nel mondo della mixology e degli alambicchi ha seguito poi il suo amore per i fornelli. Si può cenare al bancone (su prenotazione) sbirciando dalla cucina in stile industrial, tono su tono, ogni mossa dello chef, ma attenti alle sue battute e al suo sarcasmo, che non mancano mai.

Tre menu degustazione da cinque portate (terra e mare) o da sette (a mano libera dello chef). Tanti piatti che raccontano di tradizioni e di esperienze da globe trotter, con nomi divertenti: “Di solito è dolce”, un antipasto di Cheesecake di stracciatella e composta al pomodoro.

E ancora: “Un milanese al mare” ovvero Risotto allo zafferano con ossobuco di calamaro; “Stai Camo! Tonno subito” ovvero Tonno alle mandorle, camomilla e wasaby con carote alla parigina; “Un taglio giapponese”, dove il tagliolino all’uovo con porcini è abbinato al fungo shiitake e alla soia.

Per dessert non prendere d’esempio per tracciare l’esempio dell’intero menu “Era una torta di mele”, non la tradizionale torta di sempre, ma la sua versione a semifreddo, servita ed accompagnata da una salsa al cioccolato bianco, mirtillo con un crumble di parmigiano o, giocando sempre tra le portate la “ Dolcemente Norma” ovvero il Pacchero con ricotta senza lattosio, melanzana fritta, marmellata dolce di pomodoro e scaglie di cioccolato fondente.

IL DESIGN

“Un ristorante pensato per includere e avvolgere – spiega l’architetto Alessandro D’Andrea – dove l’accoglienza è la parola d’ordine: una luminosa cucina a vista, vero e proprio laboratorio di sperimentazione culinaria, rimane lo spettacolo permanente dello chef e della sua brigata all’opera”.

La cucina, oltre al suggestivo scenario d’atmosfera è stata pensata in un’ottica sostenibile per ottenere il massimo risparmio energetico. Tavoli rettangolari in legno naturale si alternano ad altrettanti in marmo bianco di Carrara; specchi, lampade ed un grande lampadario centrale, generano giochi di luce sono sono identificativi del ristorante, che insieme ai colori dal grigio antracite al bronzo generano l’ allusione al nome stesso.

Al piano superiore al ristorante tre camere eleganti e dotate di ogni genere di comfort permettono ai viaggiatori gourmet di fermarsi per il pernottamento e bere qualche bicchiere in più.

Delight è un locale che vuole rispecchiare Corbetta, una cittadina elegante, ricca di ville ed edifici storici. In ogni via si respira la concreta autenticità di un borgo raffinato, alle porte di Milano.


Orari
Da martedí a sabato: 19.30 – 22.30 / domenica: 12 – 14.30
Giorno di chiusura lunedì

Indirizzo
Via Verdi 18, Corbetta (Mi)

Contatti
Cell. 3518545672
info@ristorantedelight.com

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Food Bag obbligatoria nei ristoranti: petizione del Festival del Giornalismo Alimentare

Food bag obbligatoria nei ristoranti. Nella giornata nazionale contro gli sprechi, il Festival del Giornalismo Alimentare lancia una petizione su Change.org. Ma perché un festival giornalistico promuove una campagna per rendere obbligatoria una scatola per portare a casa gli avanzi di cibo pagati?

Perché in Italia meno del 20% dei frequentatori dei ristoranti, delle fiere e delle mense richiede un contenitore per portare a casa gli avanzi di cibo che ha pagato, che, così, vanno sprecati. E perché molte ricerche di mercato dicono che i consumi di cibo fuori casa aumenteranno nel prossimo decennio.

In Francia da 4 anni è in vigore una legge che obbliga i ristoranti a consegnare il cibo avanzato dai clienti se questi lo richiedono. In Italia noi ci vergogniamo a chiederlo e il ristoratore non ce lo propone: così buttiamo via soldi e alimentiamo la piaga degli sprechi alimentari.

La petizione vuole spingere una vera proposta di legge del Parlamento per introdurre in tutta la ristorazione l’obbligo di consegnare al cliente una food bag con materiali adeguati al contatto con gli alimenti e al trasporto che mostri, stampato, un decalogo per la corretta conservazione del cibo. Il decalogo è un forte richiamo all’educazione antispreco e all’educazione alla sicurezza alimentare.

L’oggetto fisico Food bag – nella foto sopra, quella che sarà distribuita a tutti i partecipanti al Festival del Giornalismo Alimentare, in programma dal 20 al 22 febbraio al Centro Congressi Lingotto di Torino – rappresenta di per sé “un formidabile strumento di comunicazione di una buona pratica: quella di mettere da parte per un altro pranzo il cibo avanzato nel piatto”.

Ma anche perché la scatola della Food bag si presta ad essere veicolo di informazione, in particolare per la corretta conservazione dei cibi (in questo caso dei cibi avanzati). L’hashtag è #foodbagobbligatoria.

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Olio Officina Festival 2020: Milano capitale dell’oro giallo dal 6 all’8 febbraio

Olio Officina Festival, il grande happening dedicato agli oli d’oliva e ai condimenti, giunto quest’anno alla nona edizione, celebrerà dal 6 all’8 febbraio 2020 il 60° anniversario della categoria merceologica “Olio extra vergine di oliva” e il 10° anno di attività del progetto culturale Olio Officina, ideato da Luigi Caricato (nella foto, sotto). Due anniversari nel nome di un alimento-condimento universale, che lega popoli e culture differenti.

Non a caso il tema portante della nuova edizione sarà proprio “L’olio dei popoli“. OOF 2020 si svilupperà come sempre su tre giorni, con un ricco programma nel consueto Palazzo delle Stelline di Corso Magenta 61, a Milano, dove gli incontri, i laboratori di assaggio, le mostre d’arte e tutte le attività si svolgeranno distribuite in sei sale e nel chiostro interno.

Per la prima volta Olio Officina Festival sarà a ingresso libero, salvo le sessioni delle scuole di assaggio, dove per ragioni organizzative è richiesto un numero limitato di partecipanti per ciascuna sala. Dopo il successo degli anni passati, questa volta le sale dedicate agli assaggi saranno tre. Oltre alla prevendita on line, il sito web dell’evento offre la possibilità di acquisto diretto nei giorni della manifestazione fino a esaurimento dei posti.

Ci sono gli assaggi di olio in purezza, ma anche degli oli in abbinamento, l’assaggio delle olive da tavola e dei paté, come pure sessioni dedicate all’olio e al gelato e occasioni per apprezzare l’olio con finger food inusuali.

Nel pomeriggio di giovedì 6 febbraio, in sala Leonardo saranno assegnati i premi Olio Officina Cultura dell’olio a sei personalità del nostro tempo: da Antonio Mela a Cristina Santagata, Lucio Carli, Massimo Cocchi e Guido Conti.

Alle 18 si terrà una rappresentazione scenica da titolo “L’olio è servito. Sul palco”, dove Francesca Raviola, maître di Palazzo di Varignana si cimenterà nel servizio di degustazione, come al ristorante.

Venerdì 7 e sabato 8 febbraio saranno invece i due giorni cardine del festival, dalle 9 del mattino fino alle 19.30, in un lungo non stop. Nel chiostro sarà possibile degustare gli oli provenienti da diverse regioni italiane. Solo venerdì gli oli del resto del mondo, perfino gli extra vergini giapponesi, una rarità.

Cresce intanto l’attesa per la nuova collaborazione con l’Istituto europeo del Design. Saranno infatti gli allievi dello IED di Milano a interpretare con illustrazioni e videoclip il tema portante della nona edizione di OOF: “L’olio dei popoli” dopo avere creato la nuova immagine di questa edizione.

I SEMINARI CONSIGLIATI DA WINEMAG.IT

– Dramma del sottocosto, un mercato avvilito
Se è a tutti gli effetti un grande alimento, da tutti universalmente ritenuto un functional food, il mercato tuttavia non riesce ad assegnare il giusto valore a un prodotto come l’olio extra vergine di oliva cui, addirittura una corrente di pensiero attribuisce il ruolo di alimento “nutraceutico”.

Nonostante ciò, malgrado le grandi virtù riconosciute dalla scienza, viene di fatto minacciato il valore e l’onorabilità stessa degli oli. L’occasione dei 60 anni dell’extra vergine è quella che consente a maggior ragione di dire stop al sottocosto praticato in maniera selvaggia dalla Grande distribuzione organizzata.

Possibili soluzioni e alternative ci sarebbero, e proprio per questo a OOF 2020 si elaborerà un documento ufficiale da porre all’attenzione dei buyer della Gdo. A discuterne vi saranno tra gli altri il direttore generale di Assitol Andrea Carrassi, il direttore commerciale di Salov Mauro Tosini, l’analista di mercato Daniele Tirelli e altri imprenditori del settore.

– L’olio per la donna
Venerdì alle ore 15 in sala Leonardo c’è “You, l’olio per te donna”, un progetto tutto al femminile di Sommariva Tradizione Agricola. A parlarne sul palco di OOF 2020 sarà la stessa ideatrice e promotrice, Alice Sommariva, e con lei la giornalista televisiva Francesca Carollo e la cantautrice e conduttrice televisiva Jo Squillo, dell’Associazione Wall of Dolls.

You è un olio evo monocultivar Taggiasca pensato per tutte le donne che ogni giorno combattono una propria personale battaglia, o contro una malattia, o contro la violenza fisica, psicologica e sessuale, o contro la discriminazione di genere o contro il body shaming.

Le olive da cui l’olio viene estratto provengono da terreni appartenenti a donne e sempre da loro stesse coltivati. Il progetto ha un’importante valenza simbolica, anche in ragione del fatto che parte del ricavato della vendita sarà devoluto in beneficenza.

– A scuola di abbinamenti
Quest’anno cresce anche l’attenzione al corretto impiego degli oli, con la sezione di approfondimento denominata “A scuola di abbinamenti”. Si va dall’abbinamento classico tra oli e pani, con degustazione comparata tra pani e oli differenti, a cura di Aibi-Assitol, all’olio per i gelati.

Tre le tipologie di gelato realizzate con olio evo: dal gusto vegano al gusto tradizionale, realizzati con olio evo al posto di grassi animali, al gusto all’olio da olive taggiasche, una specialità della gelateria Toldo Milano, a cura del mastro gelataio Antonio Cipriano.

Interessanti anche le due sessioni dal titolo “L’olio e il pesto”. Dimostrazione pratica con assaggi”, dove l’olio Dop Riviera Ligure verrà utilizzato nella preparazione del pesto con Basilico Genovese DOP. Entrambe le sessioni di assaggio saranno a cura di Flavio Corazza.

– Spazio agli aceti
Non mancano ovviamente gli aceti a Olio Officina Festival. A raccontare e far degustare una molteplicità di tipologie è l’Acetificio Mengazzoli, con sedi a Levata Curtatone, in provincia di Mantova, e a Mirandola, in provincia di Modena.

Si degusteranno pertanto alcune innovazioni di prodotto, come il Parpaccio, l’aceto solido da grattugiare, o gli aceti balsamici di Modena Igp, oppure, modulati in altre versioni, la crema di Balsamico o la perla di aceto Balsamico IGP, nonché i classici aceti di vino o gli aceti di vino monovitigno, come pure gli aceti di mele.

Imparare a degustare e apprezzare gli aceti è un altro passo importate che il consumatore è chiamato a fare, perché non può rifugiarsi nella categoria merceologica “aceti” senza nemmeno curiosare tra le tante formulazioni e distinte qualità. A condurre gli assaggi guidati saranno Elda Mengazzoli ed Eleonora Vincenti.

-Il turismo dell’olio
Per una guida alla corretta comprensione del significato di “turismo dell’olio”, anche alla luce della nuova legislazione in materia, verranno messi in evidenza i buoni esempi di Garda, Liguria e Puglia.

Si va da Laura Turri che interviene sul tema “La cura del territorio, tra gli olivi e i frantoi che diventano attrattiva e polo culturale”, all’assessore del comune di Vieste Dario Carlino, il quale interviene su “La settimana dell’olio a Vieste e su come rendere fruibile il territorio e aprirlo al grande pubblico”.

Per finire con Alessandro Giacobbe, del Consorzio dell’olio Dop Riviera Ligure, che racconta l’iniziativa “Oliveti aperti”, un nuovo modo di scoprire l’olio a partire da dove nasce la materia prima. La Liguria è inoltre protagonista con il presidente di AIS nazionale il sommelier Antonello Maietta, e con lui il presidente del movimento culturale TreDream, Flavio Lenardon.

– Laboratori di assaggio
Ad Olio Officina Festival 2020 le sezioni dedicate agli assaggi si incrementeranno sensibilmente. Se l’ingresso alla manifestazione per la prima volta è libero, le sessioni di assaggio sono invece a pagamento, proposte al prezzo di 5 euro per ciascuna sessione. Ricca e variegata la proposta.

Visto il tema portante del festival, “L’olio dei popoli”, particolarmente efficace è la proposta di due sessioni dedicate venerdì 7 febbraio agli oli dal mondo, a cura del capo panel e vicepresidente Onaoo Marcello Scoccia.

Interessanti le provenienze degli oli che saranno messi in degustazione, si andrà dalla Spagna alla Grecia e alla Turchia, dalla Tunisia al Marocco, dal Cile all’Argentina, dall’Australia alla California, fino a considerare anche gli oli del Giappone e Israele. C’è modo di farsi un’approfondita cultura delle diverse origini, soprattutto di quelle aree produttive più inconsuete.

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Dazi Trump massacrano agroalimentare italiano negli Usa: -7,7% delle esportazioni

Con i dazi di Trump entrati in vigore il 18 ottobre crollano del 7,7% le esportazioni Made in Italy negli Usa a dicembre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, in netta controtendenza rispetto all’andamento generale. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio extra Ue sul quale pesano le misure tariffarie già decise dal Presidente Usa che ha minacciato peraltro di estenderle per lo scontro sulla web tax.

Dopo una crescita sostenuta delle esportazioni italiane in Usa dell’11,3% nei primi dieci mesi del 2019 si è verificato un brusco calo sia novembre (-10,5%) che a dicembre (-7,7%) successivi ai  dazi aggiuntivi del 25% che hanno colpito tra l’altro per un valore di mezzo miliardo di euro prodotti agroalimentari italiani come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello.

Una situazione che, secondo Coldiretti, potrebbe ulteriormente peggiorare se i dazi dovessero aumentare fino al 100% ed estendersi ad altri prodotti per effetto dei braccio di ferro tra Usa e Ue sulla web tax e sulla disputa nel settore aereonautico che coinvolge l’americana Boeing e l’europea Airbus dopo che il Wto ha autorizzato gli Usa ad applicare un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari delle sanzioni alla Ue.

“Una eventualità devastante per il Made in Italy agroalimentare che mette a rischio  il principale mercato di sbocco dei prodotti agroalimentari Made in Italy fuori dai confini comunitari e sul terzo a livello generale dopo Germania e Francia”, denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

“L’Unione Europea – continua – ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia che come ritorsione ha posto l’embargo totale su molti prodotti agroalimentari che è costato al Made in Italy oltre un miliardo in cinque anni ed è ora paradossale che l’Italia si ritrovi nel mirino proprio dello storico alleato”.

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Espresso Italiano: al Sigep di Rimini incontri ravvicinati con il prodotto made in Italy per eccellenza

L’Istituto Espresso Italiano (IEI) sarà a Sigep 2020 con una serie di appuntamenti che faranno esplorare al pubblico della fiera a 360 gradi il mondo dell’espresso italiano.

Non solo degustazioni, ma anche cultura e divulgazione del prodotto a partire da sabato 18 gennaio quando alle ore 16:30 Barbara Chiassai, amministratore delegato dello IEI, interverrà nell’ambito del talk ideato da Bargiornale e moderato da Nadia Rossi all’interno di Vision Plaza.

Il cammino dentro al Sigep prosegue quindi durante la domenica e il lunedì, quando lo IEI insieme a realtà di primo piano del settore della caffetteria, guiderà professionisti e amatori alla scoperta dell’Espresso Italiano Certificato, l’unico espresso che in tutto il mondo si può riconoscere dal logo apposto su vetrine e macchine delle caffetterie e dei bar.

In tutto otto seminari di analisi sensoriale per imparare a riconoscere la qualità al banco semplicemente assaggiandola. I visitatori della fiera saranno così coinvolti nell’assaggio e nella valutazione di diverse miscele qualificate utilizzando il metodo dell’Istituto Internazionale Assaggiatori Caffè (IIAC), sotto la guida di Carlo Odello.

Un momento da dedicarsi per esplorare l’espresso in tutte le sue caratteristiche sensoriali attraverso la mappa sensoriale dell’espresso creata da IIAC e Centro Studi Assaggiatori.

IL CALENDARIO DEI SEMINARI DI IEI
– PulyCaff: domenica 19 ore 13:15 – Pad D1 stand 055
– Attibassi: domenica 19 ore 15:00 – Pad D1 stand 076
– Brita: domenica 19 ore 16:30 – Pad D1 stand 107
– Dersut Caffè: lunedì 20 ore 10:30 – Pad D3 stand 107
– Di Giampaolo Caffè: lunedì 20 ore 11:30 – Pad A1 stand N066
– Gruppo Cimbali: lunedì 20 ore 12:30 – Pad D1 stand 77
– Essse Caffè: lunedì 20 ore 15:15 – Pad A1 stand 035
– Mokador: lunedì 20 ore 16:30 – Pad D3 stand 40

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B/Open in The Organic Trade Fairs Alliance, alleanza delle fiere sul biologico

VERONA – Si chiama The Organic Trade Fairs Alliance la nuova alleanza internazionale che unisce le fiere b2b del biologico italiane ed estere. In prima fila nel promuovere il progetto c’è B/Open, la manifestazione organizzata da Veronafiere (1-3 aprile 2020) insieme a Bio-Beurs (Zwolle-Olanda, 22-23 gennaio 2020), Organic&Natural Products Expo (Johannesburg-Sudafrica, 8-10 maggio 2020) e Natexpo (Lyon-Francia, 21-22 settembre 2020).

L’importanza di un progetto di squadra è spiegata dai numeri. Secondo gli ultimi dati disponibili diffusi dal Fibl (istituto di ricerca tedesco dell’agricoltura biologica) e relativi al 2017, la filiera “organic” mondiale ha raggiunto un fatturato di 92 miliardi di euro, con 70 milioni di ettari coltivati da 2,9 milioni di produttori.

In Italia il comparto bio dà lavoro a 76 mila aziende, sviluppa un fatturato di 3,6 miliardi di euro e rappresenta circa il 4% della spesa alimentare globale degli italiani. Accanto al settore dell’agro-alimentare, anche il mercato della cosmesi biologica sta vivendo un periodo di crescita economica.

Secondo gli ultimi dati di Cosmetica Italia, il fatturato green nel 2017 delle aziende intervistate tocca 1 miliardo di euro, pari al 9,5% del fatturato cosmetico italiano (10,9 miliardi di euro).

IL PROGETTO

The Organic Trade Fairs Alliance è una piattaforma globale e un forum di scambio di conoscenze, che mira a fornire sostegno al settore dell’agricoltura biologica, dell’industria alimentare biologica e dei cosmetici naturali.

Con un obiettivo ben definito: diffondere e supportare un modello di nutrizione e di personal care focalizzato su tutto ciò che è sano e salutare, sull’attenzione all’ambiente, al clima globale e al rispetto dei lavoratori.

“Veronafiere, attraverso B/Open, ha intercettato uno spazio di mercato rivolto al segmento b2b del mondo biologico, che risultava ancora scoperto e andava presidiato”, è il commento del direttore commerciale di Veronafiere Flavio Innocenzi.

“Questa alleanza internazionale – continua – che ha mosso i suoi primi passi nel 2019 e si consoliderà nel 2020, vuole supportare il settore del biologico attraverso azioni sinergiche di promozione, in chiave professionale e mettendo a sistema le competenze e le conoscenze trasversali, acquisite dai vari partner internazionali”.

B/Open, in programma a Verona dall’1 al 3 aprile 2020, è la prima fiera in Italia esclusivamente b2b, rivolta agli operatori del food certificato biologico e del natural self-care.

Dalle materie prime al prodotto finito al packaging, la nuova manifestazione di Veronafiere presenta tutta la filiera, frutto di un’accurata selezione delle aziende espositrici studiata sulle esigenze dei compratori professionali.

Tra le tante conferme, nell’organic food, Cereal Docks, Agricola Grains, Altalanga oltre al gruppo Specchiasol (con i marchi Larico e San Demetrio) e Chiara Cantoni, partner di Ringana, per la cosmesi naturale e il settore fitoterapico.

Patrocinata da Aiab (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) e da Regione Veneto e supportata da Ass.O.Cert.Bio (Associazione Organismi di Certificazione del Biologico italiani), Bioagricert (Organismo di controllo e certificazione biologica), Ccpb (Consorzio Controllo Prodotti Biologici ), la rassegna si svolgerà nei padiglioni 1 e 2 di Veronafiere.

Più specificatamente, nel segmento dell’alimentazione biologica saranno rappresentati anche i prodotti nutraceutici, dietetici, integratori, pet food, servizi, packaging ecologici; ingredientistica per prodotti bio, ma anche prodotti per il benessere; bellezza e cura della persona comprenderanno cosmesi, trattamenti naturali, piante officinali e derivati, prodotti per la salute e la cura della persona, servizi.

B/Open sposa inoltre un format interattivo, con numerosi momenti di networking e formazione, esclusivamente dedicati a produttori, trasformatori e operatori professionali.

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Puglia, tre parole per il post Xylella: indennizzi, investimenti, ricerca

ROMA – Indennizzi, investimenti, ricerca. Sono le parole chiave del post Xylella – la rigenerazione olivicola della Puglia – che la Ministra alle Politiche agricole, alimentari e forestali Teresa Bellanova ha voluto ribadire ancora una volta ieri, aprendo l’incontro convocato con istituzioni e associazioni per l’illustrazione del Piano straordinario.

Nessuna modifica, tranne nell’aumento delle risorse sugli indennizzi ad agricoltori e frantoiani. È stata proprio Bellanova a spiegare la strategia: “A chi chiede che le risorse vadano solo a questa misura – ha detto – ricordo che la norma impone una scelta diversa. Questo non è possibile”.

Capitolo investimenti. “Per rigenerare l’olivicoltura e l’agricoltura servono imprese agricole che investano – ha proseguito Bellanova – che possano fare i reimpianti, piantare altre colture, lavorare in ottica di territorio con imprese di trasformazione e commercializzazione”.

Per questo sono previste misure specifiche. E anche la parte sui contratti di distretto, per favorire la progettazione territoriale. Serve o no riprogettare un territorio dove prima c’era una coltura identitaria e adesso il deserto? Io rispondo sì. E’ necessario capire dove, cosa e quali procedure gli agricoltori devono affrontare per fare il loro mestiere”.

“Ho chiesto al mio ufficio legislativo di lavorare con Beni culturali, Ambiente e Regione – ha aggiunto la ministra Bellanova – per chiarire definitivamente cosa è consentito e cosa no. Abbiamo fatto un protocollo che ha sbloccato i reimpianti di ulivi con le 2 specie resistenti. Credo si debba ripartire dall’ulivo ma che gli agricoltori devono essere liberi di fare impresa, rispettando le norme”.

Quindi la ricerca, vera e propria chiave di volta: “E’ essenziale”, ha concluso la Ministra Bellanova, “nel dare prospettiva alla rigenerazione agricola. Servono risorse adeguate ma soprattutto dobbiamo trovare un coordinamento”,

Con un obiettivo chiaro: “La ricerca – ha spiegato Bellanova – deve aiutare gli agricoltori. Non essere fine a sé stessa, non essere scoordinata, non essere in competizione. È indispensabile. Se oggi si può sperare nella tenuta di due specie individuate come resistenti è perché si è fatta ricerca”.

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Ecco InGruppo Lombardia: 20 ristoranti stellati a prezzi per tutti. Ma solo per 4 mesi

MILANO – Mangiare nei ristoranti stellati a prezzi “per tutti” non è più un’impresa. Aprono domani, mercoledì 8 gennaio, le prenotazioni di InGruppo, l’iniziativa che dal 14 gennaio al 30 aprile vede 20 chef della ristorazione lombarda unire le forze per sostenere l’ottava edizione del progetto. Si tratta di 2 tristellati, 8 stellati e 10 ristoranti di alta cucina.

L’obiettivo è quello di proporre a giovani e non, curiosi e appassionati, spesso intimoriti da prezzi elevati, la degustazione a pranzo o a cena di un menù completo che valorizzi le specialità del territorio. Il tutto a un prezzo prestabilito “Prête a manger“.

Il format, infatti, propone un menu di 4 portate (con acqua, caffè e vino, in alcuni casi anche con entrèè e pre-dessert, disponibili da domani sul sito web dell’evento) al prezzo di 60 euro a persona. Per Da Vittorio, Sadler e Bartolini, il prezzo è di 120 euro a persona.

I menu InGruppo sono disponibili tutti i giorni, sia a pranzo sia a cena, eccezion fatta solo per San Valentino e Pasqua, il 12 aprile. La prenotazione può essere effettuata via telefono o via e-mail, a partire dal 7 gennaio, contattando direttamente il ristorante prescelto, specificando anticipatamente la richiesta del menu “InGruppo”.

Novità di questa nuova edizione è l’ingresso del neostellato ristorante Impronte di Bergamo ( che con il giovane chef Cristian Fagone, classe 1988) e dello stellato più in quota d’Italia, il Cantinone di Madesimo (1550 mt d’altitudine, guidato da Stefano Masanti e il suo sous chef Stefano Ciabarri).

L’edizione 2020 nasce sulla scia della 65° Guida Michelin Italia che ha incoronato la Lombardia come la regione più stellata d’Italia con ben 62 ristoranti premiati. Da Vittorio e il Mudec di Enrico Bartolini sono i fiori all’occhiello di InGruppo, che può vantare ben 2 dei 3 chef tristellati della Lombardia (11 in Italia).

E ancora Sadler, Casual, Frosio, Il Saraceno, Loro e Osteria della Brughiera, tutti con una stella Michelin. Completano il gruppo, Collina, La Caprese, Lio Pellegrini, Al Vigneto, Antica Osteria dei Camelì, Posta, Roof Garden Restaurant, Tenuta Casa Virginia, Pomiroeu e Cucina Cereda.

In totale, 16 ristoranti della provincia di Bergamo, 2 ristoranti di Milano, uno di Monza-Brianza e, da quest’anno, uno della provincia di Sondrio, favorendo così la massima valorizzazione del territorio lombardo e delle sue eccellenze enogastronomiche. Un firmamento che di anno in anno riscuote sempre più successo.

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Natale 2019, il più “casalingo” degli ultimi 50 anni. Dilaga lo Show Cooking

Natale 2019 sarà il più “casalingo” degli ultimi 50 anni, grazie alla nuova moda dello Show Cooking. Lo rivela l’analisi Coldiretti/Ixe’. Tornano così le tavolate a casa di amici e parenti, scelte dall’85% delle famiglie italiane. Per la preparazione del pasto principale del Natale è stato stimato un tempo medio di 3,8 ore. Uno storico ritorno al “fai da te”, con una spesa media di 98 euro a famiglia. Il 9% in più rispetto allo scorso anno.

Ai fornelli, sempre secondo l’analisi Coldiretti, anche tanti giovani, che vivono la cucina come “primaria attività di svago, relax e affermazione personale”. “Lo show cooking per gli amici viene vissuto come appuntamento dei momenti di festa e spinge anche verso una scelta attenta degli ingredienti, con una tendenza elevata alla ricerca di materie prime fresche e genuine”, evidenzia lo studio.

Da qui la tendenza a rivolgersi direttamente ai produttori, “per assecondare la crescente voglia di conoscenza sulle caratteristiche del prodotto e sui metodi per ottenerlo, da raccontare a tavola a parenti e amici”.

Lo spumante si conferma come il prodotto immancabile per nove italiani su dieci (91%) mentre il panettone – con il 79% – batte di misura nelle preferenze il pandoro, fermo al 72%. Ma le tavole si arricchiscono soprattutto dei prodotti regionali tipici della ricorrenza.

Tra i più gettonati ci sono il panone di Natale in Emilia Romagna, u piccilatiedd in Basilicata, il panpepato in Umbria, la pizza di Franz nel Molise, lu rintrocilio in Abruzzo, le pabassinas con sa sapa in Sardegna, la carbonata con polenta in Valle D’Aosta, il pangiallo nel Lazio, le carteddate in Puglia.

O, ancora, i canederli in Trentino, la brovada e muset con polenta in Friuli, i quazunìelli in Calabria, il pandolce in Liguria, la pizza de Nata’ nelle Marche, i buccellati in Sicilia, il brodo di cappone in tazza in Toscana e l’insalata di rinforzo in Campania.

Sono tuttavia 6 milioni gli italiani senza regali a Natale a causa principalmente delle difficoltà economiche. Aumenta in Italia, infatti, la forbice tra le fasce della popolazione benestante e quella a rischio povertà.

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A Palazzo Chigi si brinda alle Feste con il panettone e la guida delle Donne del Vino

ROMA – È il panettone delle Donne del Vino, distribuito con la guida ai vini dolci realizzata dalle sommelier dell’Associazione, quello scelto dal cerimoniere Alessandro Scorsone per celebrare le Feste di fine anno 2019, a  Palazzo Chigi. Come consuetudine, il Presidente Mattarella, riunirà i ministri e i sottosegretari per il brindisi.

“Il Panettone e l’Arte del Vino” è una guida scritta in italiano e inglese che verrà omaggiata assieme al panettone al Presidente Mattarella e ai ministri. Un modo per trasformare l’assaggio dei dolci da ricorrenza in un’esperienza (anche) culturale, al fine di far conoscere il variegato patrimonio enologico italiano.

La guida, curata dalle Donne del Vino Cinzia Mattioli, Camilla Guiggi e Antonietta Mazzeo, propone un’ampia gamma di vini da dessert di ogni regione d’Italia, spumantizzati, ma anche fermi e passiti ottenuti in prevalenza dalla grande varietà di vitigni autoctoni presenti su tutto il territorio nazionale.

Sono ben 72 gli abbinamenti proposti nel prezioso libro “Il panettone e l’arte del vino”, che vanno dal Fiori d’Arancio Colli Euganei Spumante, ottimo con il pandoro classico, al Gewurztraminer Passito Doc perfetto con il Panettone albicocche e cioccolato.

E ancora: dal Moscato d’Asti abbinato al Panettone curcuma e zenzero all’Erbaluce di Caluso Passito per il Panettone glassato alle nocciole IGP fino ai Campi Flegrei Falanghina  Passito Doc ma anche l’Aglianico Passito e il Lambrusco di Modena Spumante Rosato Extra Dry, solo per citarne alcuni.

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Radicchio al posto della coca in Colombia: così il Rosso di Treviso soppianta i narcos

TREVISO – Altro che armi, polizia e squadre d’assalto. In Colombia i narcos si combattono a colpi di Radicchio Rosso di Treviso Igp. C’è anche il pregiato ortaggio del Veneto, immancabile sulle tavole degli italiani a Natale e Capodanno, tra le colture utili a soppiantare le piantagioni di coca, nello stato sudamericano. Paga il Governo.

L’iniziativa del presidente Juan Miguel Santos, in carica fino all’agosto 2018, prevede un sussidio di 330 dollari al mese ai contadini che decidono di convertirsi al Radicchio, così come ad altri ortaggi o frutti. Estirpando la coca.

Un modo per togliere linfa ai narcos, attraverso un provvedimento che riguarda 50 mila ettari di terreno e 75 mila famiglie di campesinos cocaleros, costretti a vivere tra l’incudine della Stato e il martello dei guerriglieri.

Il successo dell’operazione “Radicchio di Treviso Igp” in Colombia, evidenziato in occasione del Radicchio d’Oro 2019, è ancora tutto da dimostrare. Ma una delegazione di uomini d’affari colombiani ha visitato il “Triangolo d’oro” compreso tra Treviso, Padova e Venezia. Con l’obiettivo di comprendere la fattibilità dell’operazione.

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Da queste parti, il Radicchio è una gallina dalle uova… biancorosse. Il giro d’affari è di 50 milioni di euro l’anno. Diverse le varietà, ma le più pregiate sono il Radicchio Rosso di Treviso Igp, che si divide in Tardivo e Precoce, il Radicchio Variegato di Castelfranco Veneto e il Radicchio di Chioggia.

Cinquecento le imprese dell’indotto, si apprende da Cesare Bellò del direttivo Opo – Ortoveneto, l’Organizzazione Produttori Ortofrutticoli Veneto di Zero Branco (TV): “Un fenomeno incredibile: vent’anni fa si parlava di 2,5 milioni euro di fatturato e di appena 2 mila ettari, diventati ormai duemila per il nostro radicchio. Un ortaggio umile e buono“.

Un fermento che non passa inosservato nelle cabine di regia dell’Unione Europea, che nel triennio 2018/2020 promuove una campagna tra i consumatori, per ribadire l’importanza dei marchi sinonimo di eccellenza e di alta qualità.

In Italia, il progetto vede protagonista anche l’Asparago verde d’Altedo Igp, la Ciliegia di Vignola Igp, la Pesca e la Nettarina di Romagna Igp, l’Insalata di Lusia Igp e la Pera dell’Emilia Romagna Igp.

IL RADICCHIO D’ORO 2019
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Organizzato dal Consorzio Ristoranti del Radicchio, il Radicchio d’oro” è la più importante celebrazione annuale del noto ortaggio del Veneto. Protagonista è il “Fiore che si mangia” e tutto il territorio trevigiano, dove convergono per due giorni alcuni tra i maggiori esponenti del Gusto, dello Spettacolo, dello Sport e della Cultura italiana. Una rassegna giunta alla 21° edizione che, in questo 2019, si è tenuta il 18 e 19 novembre.

Quanto sia prezioso il radicchio, del resto, lo testimoniano i numeri. Quasi l’80% della pianta, al momento della raccolta, viene scartata in favore del solo “cuore” del prodotto, tenero al contempo croccante. Fondamentale un elemento, su tutti: l’acqua, in particolare quella del fiume di sorgiva Sile.

Importante saper riconoscere quello autentico. Il Radicchio Rosso di Treviso Igp Tardivo ha foglie lunghe e affusolate di colore rosso vinoso intenso e una costa bianca centrale. La varietà Precoce si distingue per il cespo voluminoso di colore rosso intenso, con la nervatura principale bianca e molto accentuata.

Al gusto, risultano gradevolmente amarognoli. In cucina, le due varietà sono perfette nelle preparazioni a crudo. Eccezionali nelle loro declinazioni, dagli antipasti ai primi piatti, passando per i secondi e i sorprendenti dessert.

Accanto al Radicchio di Treviso Igp, il Radicchio Variegato di Castelfranco Igp si caratterizza invece per foglie espanse con nervature poco accentuate, bordo frastagliato e lembo leggermente ondulato. Il sapore varia dal dolce al gradevolmente amarognolo, sempre molto fresco e delicato.

Come indicato nel Disciplinare di Produzione, il Radicchio di Treviso Igp e il Radicchio di Castelfranco Igp possono essere infatti coltivati solo in  comuni delle province di Treviso, Padova e Venezia per garantire la provenienza, le caratteristiche peculiari e tutta la qualità del prodotto. Per la Colombia si farà un’eccezione. Pur col divieto di immetterlo sul mercato come Igp.

IL RISTORANTE DOVE PROVARLO
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Tra le tappe imperdibili per scoprire la bontà del radicchio, nel suo territorio d’elezione, c’è il Ristorante Ca’Amata Golf Club di Castelfranco Veneto (TV). E non è un caso se Egidio Fior, patron di questo vero e proprio scrigno del gusto, tra i promotori del Radicchio d’Oro, abbia scelto per la sua cucina un giovane chef, nato e cresciuto nella zona per la sua cucina.

Si tratta del 24enne Simone Pozzebon (nella foto sotto),capace di condensare Davide Oldani e Massimo Bottura in un percorso tra tempura, marinatura, saor, fino a culminare negli Zaeti (i biscotti tipici veneti e veneziani) e nel dessert celebrativo “Ops, mi si è rotta la crostata”, torta al limone con marmellata di radicchio.

Alla base del menu studiato da Fior e Pozzebon, una filosofia che guarda alla sostenibilità. Incollata alla tradizione, ma proiettata nel futuro. “Non ammetto gli sprechi – spiega il giovane chef – anzi tendo a riciclare moltissimo. Un modo per dare sfogo alla mia fantasia e creatività, fondamentali nel mia idea di cucinare il Veneto”.

Ottima anche la carta dei vini, tra cui figura il “Falconera” di Loredan Gasparini: un Merlot Colli Trevigiani Igt 2015 di gran carattere e pulizia, frutto dell’omonimo vigneto storico di Vergazzù. Solo una delle “chicche” dell’area del Montello, nota per la produzione dell’Asolo Prosecco Superiore, ma capace di regalare anche grandi rossi.

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Hiromi Cake sbarca a Milano

Un anno di grande successo nella Capitale ha certificato come il palato italiano, dopo quello internazionale a Londra, Parigi e Berlino, sia stato piacevolmente conquistato dal gusto, dalla leggerezza e dalla bellezza di questi piccoli gioielli dolci.

L’approccio segue la vecchia tradizione, la maggior parte delle materie prime viene inizialmente lavorata con l’utilizzo delle mani, limitando il più possibile l’intervento delle macchine, trasmettendo così quel calore umano unico. Assolutamente caratteristico è lo scarso utilizzo di zuccheri e grassi per un prodotto finito che stupisce per leggerezza e per la tanto apprezzata consistenza soffice.

Il progetto vuole proporre nel look e nelle proposte esattamente ciò che si trova in Giappone in una tipica pasticceria. Oltre ai tradizionali Wagashi con i Mochi, dolci a forma di piccole sfere a base di riso proposti con 5 farciture, tutte senza glutine, ed i Dorayaki, simili a pancake proposti in 9 versioni, le vetrine sono caratterizzate anche dai più innovativi Yougashi, ricette occidentali rivisitate in stile giapponese.

Questi ultimi hanno iniziato a comparire in Giappone nei primi anni del Novecento e sono ormai diventati patrimonio della migliore gastronomia; seguono assiduamente la filosofia kaizen volta al continuo miglioramento, per loro indole sono quindi in continua evoluzione e sperimentazione, anche e soprattutto all’interno di Hiromi Cake.

Le vetrine sono quindi colorate e popolate anche da Tiramisù al tè verde, Yuzu tarte, Mousse al cioccolato Valrhona 64% con zenzero e nocciole, Cheesecake al mango ed altri dolci che rievocano l’Occidente. Gli ingredienti caratteristici sono la farina di riso, i fagioli azuki, le patate dolci, il sesamo, la soia, ma ciò che è importante sottolineare è come Wagashi e Yougashi siano accomunati dalla maniacale attenzione per il dettaglio come fossero piccole opere d’arte e, come detto, dall’approccio healthy con meno zuccheri e grassi.

L’ideatrice, Machiko Okazaki, sposata con un italiano da 15 anni, dopo aver brillantemente avviato due noti ristoranti di Roma, nell’autunno del 2018 ha deciso di aprire la prima pasticceria del Sol Levante in Italia insieme a Mitsuko Takei ed altre tre pastry chef giapponesi. Ora ha aperto a Milano continuando a coltivare il suo sogno di far conoscere la pasticceria giapponese al mondo intero.

Il nome Hiromi Cake nasce dai ricordi di infanzia di Machiko. Da piccola, sotto la sua casa di Osaka, c’era una minuscola pasticceria dove passava ogni giorno perché un’anziana signora di nome Hiromi le regalava un dolcetto ed un sorriso ogni giorno.

Machiko ha voluto così rivivere quel bellissimo ricordo con questo progetto, prima a Roma e pochi giorni anche a Milano grazie a Lorenzo Ferraboschi e Maiko Takashima, esperti sviluppatori di format del mondo giapponese che hanno voluto immediatamente sposare il progetto per la sua autenticità.

Hiromi Cake è aperto tutti i giorni dalla prima colazione con la caffetteria ed i suoi tipici cornetti al tè matcha, al pranzo con il caratteristico obento, alla merenda con piccole creazioni che accompagnano la tradizionale cerimonia del tè per chiudere poi alle 22:00 con torte e monoporzioni da gustare comodamente anche a casa.

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Proseguono le iniziative della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba

Il 24 Novembre scorso si è conclusa l’89° edizione della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, ma non è mai cessata l’attività dell’Ente Fiera del Tartufo Bianco d’Alba. Sono tantissime infatti le iniziative che vedono coinvolta l’organizzazione albese nella diffusione dell’eccellenza enogastronomica delle colline di Langhe Monferrato e Roero.

Dopo l’evento “La Nocciola In Tavola” a Benevello, che ha visto protagonista la Nocciola insieme al Tartufo Bianco d’Alba, lo scorso 3 dicembre l’Ente Fiera ha partecipato ad una tavola rotonda dal titolo: “Shopping ed enogastronomia: un binomio perfetto” che si è tenuta a Milano allo Shopping Tourist Forum – il forum italiano organizzato a Palazzo Castiglioni da Confturismo-Confcommercio.

Il Direttore dell’Ente Fiera del Tartufo Stefano Mosca ha portato l’esempio virtuoso del distretto albese nel collegamento fra turismo e shopping e nel coinvolgimento sinergico degli operatori di tutta la vastissima filiera nella promozione del territorio. In particolare è stato importante sottolineare che il rapporto fra turismo e commercio, sempre più sfaccettato e complesso, è oggi una opportunità da cogliere per offrire ai turisti una esperienza indimenticabile e un servizio sempre più qualificante.

Nell’ambito delle iniziative previste dal Protocollo d’Intesa per la valorizzazione del Tartufo Bianco d’Alba e della Fontina DOP, sabato 7 dicembre l’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba è stata protagonista al Forte di Bard, durante il “Modon d’orConcorso Nazionale Fontina d’Alpage finalizzato alla valorizzazione del prodotto simbolo della Valle d’Aosta.

Il territorio albese, rappresentato dal Presidente dell’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero Luigi Barbero e dal Direttore dell’Ente Fiera Stefano Mosca, ha fatto parte della giuria d’eccellenza per l’assegnazione del Modon d’Or alle tre Fontine Dop. Nella stessa giornata è stata inaugurata la mostra “La Penultima Cena e altre storie” organizzata dal collettivo Anotherview e allestita presso le scuderie del Forte di Bard, che resterà aperta fino al 6 gennaio 2020.

Il Protocollo di intesa prevedeva infatti oltre alle iniziative di valorizzazione dei due prodotti di eccellenza (la Fontina DOP e il Tartufo Bianco d’Alba), anche iniziative culturali e di promozione turistica. Nella stessa giornata è stato inoltre presentato il breve video realizzato dalla Regione Valle d’Aosta per la promozione congiunta del Tartufo Bianco d’Alba e della Fontina DOP e dei rispettivi territori di origine.

La terza edizione dei Foodcommunity Awards, evento organizzato da foodcommunity.it, testata giornalistica del Gruppo LC Publishing, ha premiato lunedì 9 dicembre a Milano 38 eccellenze imprenditoriali nel mondo del food & beverage e della ristorazione che si sono particolarmente contraddistinte, nell’ultimo anno, per la crescita del business.

La manifestazione ha visto la partecipazione di alcuni tra i principali protagonisti della filiera del gusto, chef e imprenditori che con il loro lavoro, oltre ad aumentare la reputazione della cucina di alto livello in Italia e all’estero, hanno creato valore per il territorio. La presidente dell’Ente Fiera Liliana Allena, accompagnata dal direttore Stefano Mosca, a nome dell’intero territorio hanno ricevuto il prestigioso premio “Best Practice Business del Territorio per l’incontro tra cultura, territorio e gastronomia – connubio tra pubblico e privato – esempio di promozione sostenibile che genera una crescita costante dell’indotto della regione.”

Sabato 14 dicembre, infine, insieme alla Regione Piemonte e alla Città di Alba e in occasione del 70° anniversario del conferimento della medaglia d’oro al Valor Militare, si terrà l’assegnazione del Tartufo dell’Anno alla senatrice Liliana Segre. Appuntamento alle ore 12 al Teatro Sociale “G. Busca” di Alba.

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Milan, il Bistrot dello Sport è di Casa al Portello

MILANO – Diciassette monitor per gustarsi le partite del club rossonero e i principali appuntamenti calcistici e sportivi. Cento sedute per il ristorante, 80 per il bar, una sala privé, un dehors che si affaccia su Piazza Gino Valle e 2 impasti biologici per le pizze. Sette giorni su sette di apertura. Sono i numeri di Casa Milan – Bistrot dello Sport, nuovo punto di riferimento della ristorazione meneghina, dedicato agli sportivi ma non solo.

Il bar ristorante e pizzeria è nato dalla partnership tra Casa Milan e Gruppo Ethos, nel quartiere Portello. La nuova gestione, affidata all’azienda di ristorazione lombarda, si è insediata lo scorso 9 novembre nel building rossonero.

Con il “Bistrot dello Sport” il Gruppo Ethos, marchio consolidato nella ristorazione milanese e attivo sul territorio lombardo da trent’anni, apre il suo terzo ristorante in città, dopo Grani&Braci e Karné.

LA LOCATION
Il nuovo Bistrot dello Sport, ospitato all’interno del building Casa Milan, si affaccia sulla Piazza Gino Valle, una delle più grandi della città e parte della rinascita del quartiere Portello. Intende proporre una versione inedita del binomio cibo/sport: un luogo per gustare a tutto tondo un ambiente moderno e di design e una cucina curata e di qualità.

I 17 monitor presenti all’interno del ristorante celebreranno il Club calcistico di casa, ma daranno spazio anche ai più importanti match calcistici del campionato italiano e delle coppe internazionali.

Quello del calcio non sarà un monopolio. il Bistrot dello Sport proporrà i più importanti appuntamenti sportivi: ciclismo, rugby, pallavolo, pallacanestro, sport outdoor e specialità invernali.

IL MENU

Il menu propone un percorso tra piatti di terra e mare, il cui filo conduttore è quello di una cucina contemporanea, che attinge alle eccellenze italiane e propone ricette classiche, come il risotto alla zucca e porcini o la cotoletta alla milanese, insieme a piatti con accostamenti intriganti, per esempio la tartare di manzo Fassone Garronese con maionese alla nocciola, polvere d’olio di oliva e crostini di pane al timo.

Il Bistrot popone anche le pizze con due diversi impasti: lievito madre e farina di canapa. Concludono il menu i dessert, elevati alla dignità di una portata principale. Ci sono i grandi classici, come il tiramisù, ma anche proposte più estrose come la Bavarese al the verde matcha con crumble ai semi di canapa.

È disponibile anche un menu con piatti senza glutine e un menu per bambini. Il Bar apre alle 8 con le colazioni, con caffè biologico a marchio Torrefazione Libera, tostato artigianalmente dal mastro torrefattore del Gruppo Ethos, da accompagnare con croissant, dessert monoporzione, centrifugati di frutta e verdura.

Durante l’orario del pranzo, integra l’offerta del ristorante con panini, piadine e bowls a base di riso basmati e verdure. All’ora dell’aperitivo, il Bar propone un cocktail con un tagliere di stuzzicherie abbinato (10 euro).

I COMMENTI
“Siamo felici di iniziare questa attività con un partner importante come Ac Milan – commenta Beppe Scotti, amministratore delegato del Gruppo – la nostra azienda ha come punti di forza la duttilità e l’efficienza, e siamo stati scelti dal Club Rossonero proprio per la competenza che abbiamo costruito in trent’anni di attività nella ristorazione. Non sono tante le aziende ristorative che vantano questa longevità”.

Il Gruppo, con un fatturato di 18,5 milioni di euro per il 2018, costituisce un caso sui generis nell’ambito della ristorazione commerciale: ha dei tratti in comune con la ristorazione di catena – della quale ha assimilato l’organizzazione aziendale – distanziandosene allo stesso tempo, visto che ogni ristorante è un format caratterizzato da brand, arredi e menu distinti dagli altri.

“Sono particolarmente orgoglioso della partnership che abbiamo instaurato con il Gruppo Ethos – sottolinea Casper Stylsvig, Chief Revenue Officer di AC Milan – un punto di riferimento della ristorazione milanese”.

“Grazie a questo accordo, nato dalla comune passione per lo sport e per la buona cucina – continua Stylsvig – la nostra sede si propone sempre di più come un vivace polo di attrazione per i tifosi rossoneri e per tutti i cittadini di Milano. Sono sicuro che questo legame con il Gruppo Ethos darà ottimi risultati e sarà apprezzato dai nostri futuri ospiti”.

Anche in questa nuova apertura, il Gruppo Ethos propone i punti di forza della propria offerta: una ristorazione di qualità basata sulla ricerca di materie prime biologiche, un’offerta ampia in grado di incontrare i gusti di una clientela eterogenea, attenzione verso le esigenze alimentari dei clienti.

Molteplice anche l’offerta dei servizi, dedicati ai pranzi di lavoro durante la settimana, alle famiglie, alle persone con intolleranze alimentari e, questa volta, in particolar modo, agli appassionati dello sport.


Casa Milan Bistrot dello Sport
Via Aldo Rossi, 8 Milano
Tel. 02.62285616
https://www.bistrotdellosport.it/
Aperto 7 giorni su 7
Da lunedì a giovedì: Bar 8-20 | Ristorante 12-15
Venerdì: Bar 8-20 | Ristorante 12-15 e 19-23
Sabato, domenica e giorni di partite: Bar 9-20 | Ristorante 12-15 e 19-23

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TavoleDoc Veneto: un nuovo percorso gastronomico tra le eccellenze del territorio

PADOVA – TavoleDoc Veneto, pronti a partire. Lunedì 2 dicembre, il Ristorante Valbruna di Limena, in provincia di Padova, è stato culla dell’assemblea inaugurale del progetto al quale hanno già aderito 51 ristoranti della regione.

Diversi i temi affrontati nel corso della giornata, presentati da Mario Cucci, editore della guida, Elio Ghisalberti direttore editoriale, e Marco Colognese, autore e curatore del volume.

“TavoleDoc Veneto – ha sottolineato Mario Cucci – si inserisce in un più ampio progetto che, a livello nazionale, vede al suo attivo la Guida TavoleDoc Liguria che ha già ottenuto un grande successo ed è alla sua seconda edizione”.

Elio Ghisalberti ha raccontato la sua esperienza in Lombardia. “Il Veneto – ha precisato Marco Colognese – è caratterizzato da diverse specificità, ognuna in grado di esprimere eccellenze: si passa dal territorio montano e dolomitico all’aria marina di Venezia, apprezzata e nota in tutto il mondo”.

TavoleDoc Veneto diventa così un vero e proprio racconto enogastronomico, volto a promuovere la cucina dei diversi ristoranti aderenti. Ad ogni attività verranno dedicate quattro pagine, contenenti la presentazione del ristorante, un servizio fotografico ad hoc e la ricetta più rappresentativa.

In occasione di due periodi di promozione (15 marzo / 15 aprile e 15 ottobre / 15 novembre), i ristoranti di TavoleDoc Veneto proporranno i loro menu TavoleDoc ad un prezzo concordato e fisso, con l’obiettivo di proporre un’offerta gastronomica di rilievo ad un importo accessibile.

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Tutto pronto per la 6a edizione di Beer&Food Attraction

RIMINI – La 6° edizione di Beer&Food Attraction, la manifestazione dedicata a tutta la filiera dell’eating out targata Italian Exhibition Group, si terrà alla Fiera di Rimini dal 15 al 18 febbraio 2020.

Beer&Food Attraction si conferma riferimento di un comparto nel quale il mondo delle birre e delle bevande dialoga con quello food, per proporre a tutti gli operatori dell’out of home un’esperienza unica. Si consolida come piattaforma per tutti i nuovi e contemporanei modi del bere e mangiare fuori casa, anticipando le esigenze del mercato dei prossimi anni e lanciando tendenze e novità.

Non è un caso che Löwengrube, la nota catena italiana di ristoranti birreria, che promuove lo stile originale della bierstube bavarese con oltre 25 punti vendita in franchising, abbia scelto proprio Beer&Food Attraction. Sempre in ambito food sono di rilievo le conferme da parte di aziende leader come Marr, Pregis, Greci, Demetra e Menù.

Lo sviluppo di nuovi modelli di eating out è confermato anche da aziende che fanno il loro esordio in fiera: Fiorucci con gli hot-dog, Heinz e Develey con le salse, per fare qualche nome, sono un chiaro segnale del nuovo posizionamento della manifestazione.

Vanno in questa direzione anche le novità in tema di eventi: il Pizza Experience, format che si terrà all’interno della Pizza Arena (padiglione A3), vedrà una serie di show cooking, contest e academy con alcuni dei più grandi pizzaioli italiani e non, evento organizzato da IEG in collaborazione con la rivista Pizza e Pasta Italiana.

Italian Exhibition Group e la Federazione Italiana Cuochi riaffermano inoltre a Beer & Food Attraction per i prossimi tre anni i Campionati della Cucina Italiana, che vedranno il confronto tra i più grandi cuochi provenienti da tutte le regioni italiane.

Novità 2020 sarà il contest dedicato allo Street Food, ormai un must, con ricette che spesso nascono dalla tradizione e sono poi rivisitate con ingredienti e gusti innovativi. Una sfida tra chef a colpi di profumi e sapori con un unico obiettivo: proclamare il miglior Street Food d’Italia.

Eccezionale è anche la risposta da parte dei birrifici artigianali, che hanno già superato le vendite di spazi del 2019 e si confermano il cuore pulsante della manifestazione. Da segnalare le conferme di Baladin, Nuovo Birrificio Italiano, Birrificio Lambrate e dei Mastri Birrai Umbri.

Vanno alla grande anche le aree dedicate alle birre speciali, con gli importanti ritorni, tra gli altri, di Menabrea e Bitburger e le conferme di Forst, Warsteiner, Birra Castello, Birra del Borgo e Birra Amarcord. Crescono anche gli spazi di Interbrau, Radeberger, Brewrise, Ales & Co. e Cuzziol, per citarne alcuni.

Riconfermato a Rimini l’International Ho.Re.Ca Meeting di Italgrob – Federazione Italiana Distributori HoReCa – con un’importante crescita del settore del beverage. Appuntamento immancabile per Coca-Cola, Red Bull e Pepsico, che hanno già confermato di esserci per il secondo anno consecutivo.

A conferma che l’arte della Mixology cresce sempre di più in una manifestazione che ambisce a diventare capitale dell’Ho.Re.ca.

Non poteva inoltre mancare la contemporaneità con BB TECH Expo, fiera professionale delle tecnologie per birre e bevande. In esposizione le più innovative tecnologie processing e di imbottigliamento.

Anche l’edizione 2020 si rivolge esclusivamente agli operatori professionali della filiera. La sola giornata di sabato 15 febbraio sarà aperta al mondo dei foodies e beer lovers.

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Il Whiskey che rigenera la città

Un’idea diversa per promuovere il whiskey. Di più, un progetto in cui il brand quasi passa da attore principale a supporter del progetto stesso. È “Il Whiskey del tuo quartiere“, la nuova iniziativa di Jameson Irish Whiskey.

L’idea di fondo si discosta dal solito modo di promuovere il prodotto. Non più solo un proporre il proprio whiskey attraverso campagne spot e prezzi aggressivi ma la voglia di integrare il consumo con il tessuto sociale di un quartiere.

Il progetto sostiene iniziative sociali per rigenerare otto quartieri fra Roma, Milano e Napoli, un brindisi alla volta. Tre iniziative selezionate (da settembre ad oggi) per ogni quartiere attraverso il sito di Jameson Loves neighborhood. Fare qualcosa di concreto per quei luoghi, zone abitate ed amate dai residenti.

Da novembre a giugno, in alcuni locali selezionati, cuore di riferimento di ogni quartiere, è possibile votare la proposta più amata e partecipare attivamente all’operazione di crowdfunding. Per ogni drink a base Jameson, infatti, una quota sarà devoluta all’iniziativa vincente.

Il progetto riflette l’anima informale, laboriosa e audace di Jameson. Sine Metu, ‘senza paura’ in latino, è infatti il motto dell’Irish blended whiskey. Un’esortazione a collaborare per migliorare insieme il quartiere che si ama ed un modo per integrare il consumo di Jameson al tessuto sociale.

Winemag ha avuto modo di assaggiare, durante la presentazione relativa al progetto Milano Navigli presso Ral Cocktail Bar, due dei drink rappresentativi del progetto-quartiere.

Stone Street (Jameson, Vermoth rosso, Aphrodite bitter) è una sorta di boulevardier a base Jameson. Incisivo come deve essere conquista con note agrumate per poi spostari su note più calde e secche.

Jameson Basil Smash (Jameson, basilico, sciroppo di zenzero, lemon) si presenta fresco ed erbaceo. Lo zenzero dona una leggera piccantezza e lo rende accattivante al sorso.

LE INIZIATIVE DE “IL WHISKEY DEL TUO QUARTIERE”

MILANO
NOLO
1. Abbellire e valorizzare Piazza Morbegno
2. Regalare un’opera di street art a NoLo
3. Illuminare con le luminarie di Natale il quartiere

PORTA VENZIA
1. Nuovi punti luce in Via Paolo Frisi
2. Opere di street art in Via Paolo Frisi
3. Regalare un’installazione creativa al quartiere

NAVIGLI
1. Installare nel quartiere panchine/cestini creativi
2. Ripulire e valorizzare portoni/muri
3. Adottare i ponti del Naviglio Grande

NAPOLI
CHIAIA

1. Recupero urbano del marciapiede in Vico II Alabardieri
2. Intervento di manutenzione presso Piazza Vittoria
3. Intervento di recupero sito storico nel quartiere

CENTRO STORICO
1. Nuove luminarie per il miglioramento del quartiere
2. Recupero Vico Giuseppe Orilia
3. Creazione di targhe in ferro celebrative per le strade più famose

ROMA
MONTI E DINTORNI
1. Creare la prima via “plastic free” con contenitori dedicati alla plastica
2. Potenziamento dell’illuminazione nel quartiere
3. Posaceneri artistici nei maggiori centri di aggregazione del quartiere

PIGNETO
1. Miglioramento dell’illuminazione pedonale
2. Bonifica aiuola Via del Pigneto
3. Creazione guida ai luoghi e storia del quartiere

CENTOCELLE
1. Potenziamento dell’illuminazione grazie ad artisti locali
2. Regalare fioriere artistiche al quartiere
3. Valorizzare Piazza dei Gerani

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Tutto pronto per la seconda edizione del Milan Coffee Festival

MILANO – Degustazioni gratuite, workshop interattivi, performance di baristi, torrefattori e mixologist. Persino una mostra fotografica, dal titolo emblematico “People of Milan“: la poliedrica cultura del caffè dei milanesi attraverso alcuni scatti di persone immortalate in luoghi iconici della città in svariate situazioni in cui sono alle prese con la bevanda più amata al mondo.

Questo e altro sarà il “Milan Coffee Festival” che persegue anche quest’anno l’obiettivo di celebrare il caffè artigianale nelle sue molteplici declinazioni e, per la sua seconda edizione, si trasferisce in una location più grande. Da sabato 30 novembre a lunedì 2 dicembre a ospitare l’evento sarà il celebre Superstudio Più di via Tortona.

Forte del successo riscosso al debutto italiano, il format internazionale ideato da Allegra Events, approdato lo scorso anno a Milano dopo aver spopolato a Londra, Amsterdam, New York, Los Angeles e Cape Town, intende consolidare anche in Italia il suo posizionamento come evento di riferimento per gli amanti del caffè e gli operatori del settore.

“L’Italia – dichiara Ludovic Rossignol-Isanovic, co-founder di Allegra Events e ideatore del Coffee Festival – è al culmine di una rivoluzione del mondo del caffè e siamo molto orgogliosi di esserne parte integrante, rappresentando il cambiamento e colmando il divario tra la cultura del caffè espresso tradizionale e il movimento emergente degli ‘specialty’. Si tratta di un momento importante anche perché ci trasferiremo nella nostra nuova casa, il Superstudio Più; uno spazio così bello, in una posizione strategica, a dimostrazione di quanto l’evento sia cresciuto rapidamente. Abbiamo grandi progetti per il ‘Milan Coffee Festival’, per cui il nostro consiglio è di stare bene attenti ai prossimi sviluppi”.

Molteplici anche quest’anno saranno le esperienze e le attività in cui potranno cimentarsi i visitatori nelle diverse aree espositive. THE LAB, POWERED BY LAVAZZA e supportato dai macinacaffè EUREKA interamente dedicati al filtro, offrirà un programma interattivo comprensivo di dimostrazioni, workshop, degustazioni, conferenze e dibattiti live su svariati argomenti.

LA MARZOCCO TRUE ARTISAN CAFE’ sarà invece il pop-up in cui si alterneranno le migliori caffetterie e torrefazioni indipendenti, italiane e non, che proporranno bevande e cocktail d’autore offrendo al pubblico la possibilità di incontrare gli artigiani del caffè.

Sempre a cura de La Marzocco, ma all’esterno dell’area espositiva, sarà allestito anche un Winter Garden per immergersi nell’atmosfera natalizia tra abeti, caldarroste e vin brulé.

Per i puristi dell’espresso sarà d’obbligo una sosta al LA CIMBALI & FAEMA ESPRESSO BAR, dove oltre al caffè tradizionale all’italiana sarà possibile sorseggiare anche deliziosi monorigine di alcuni dei torrefattori italiani più apprezzati, imparando da loro i segreti per la preparazione dell’espresso perfetto.

Oltre al “blind tasting” di una gamma di espressi estratti a regola d’arte dagli esperti Faema, si potranno degustare gli abbinamenti con il cioccolato proposti dal maestro pasticciere Gianluca Fusto, i dolci senza zucchero del laboratorio di pasticceria Eutopia Milano o il panettone delle feste con MUMAC Academy.

Da non perdere l’Espresso Negroni con Campari, una rivisitazione a base di caffè di un classico senza tempo.

Anche quest’anno non mancherà LATTE ART LIVE, un’area interamente dedicata alla Latte Art con una serie di dimostrazioni e competizioni fra i maggiori esperti in tecniche di decorazione della superficie di espressi e cappuccini tramite l’uso del latte, quest’anno realizzata in partnership con l’azienda leader nei macinacaffè Eureka, in postazione con il grinder più compatto e silenzioso sul mercato, l’Atom Specialty 75.

Saranno riproposti inoltre THE BREW BAR, in collaborazione con BRITA, dove protagoniste saranno le preparazioni a filtro – Chemex, Aeropress, V60 e French Press – e l’acqua, elemento importante per valorizzare l’aroma e il gusto del caffè, e THE ROASTER VILLAGE, punto di incontro dei piccoli torrefattori italiani di qualità (quest’anno saranno presenti His Majesty The Coffee, Tomassi Coffee Roaster, Cafezal Specialty Coffee, Nero Scuro, Flash Back e Il Manovale), che avranno la possibilità di servire e far conoscere i loro pregiati “specialty coffee” utilizzando le macchine del modello Linea Mini de La Marzocco.

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Vertical Choco-Whisky Lab

MILANO – Tre praline di cioccolato. Tre calici di whisky. Abbinamento scontato? Abbinamento forzato? A proporre il gioco sono stati T’a Milano e The Glenlivet in occasione dello scorso Milano Whisky Festival. Una doppia verticale, whisky da un lato, praline d’altro, in un crescendo di intensità e consistenze.

Stefano Bettelli, Maître Chocolatier di T’a Milano, ha mostrato al pubblico come preparare le diverse praline ripiene in uno show cooking semplice ed istruttivo. Alain Winchester, Master Distiller di The Glenlivet, ha guidato la degustazione dei tre dram.

Ad ognuno dei presenti la possibilità di assaggiare e valutare come cioccolato e whisky lavorano al palato. Com’è andata? Ecco l’opinione di Winemag.

GLI ABBINAMENTI
The Glenlivet 12 y.o – pralina al cioccolato equadoreño 55% con cuore morbido al Glenlivet. Croccante e scioglievole la pralina sviluppa in bocca la sua aromaticità floreale. The Glenlivet 12 y.o. è il punto di riferimento di se stesso, lieve e delicato con l’inconfondibile sentore di mela e legno.

Nel pairing il cioccolato risulta troppo dolce e troppo poco avvolgente rispetto al whisky. La bocca tende ad avvertire un sapore amaricante che predomina sulle altre sensazioni e taglia di netto la persistenza. Due ottimi prodotti che però, purtroppo, non lavorano bene insieme.

The Glenlivet 15 y.o. French Oak – Pralina al cioccolato Madagascar 55%. Aromatico, fruttato e con una viva acidità il cioccolato seduce subito il palato. Segue il whisky che, forte del suo invecchiamento in rovere francese, risulta morbido e rotondo.

L’abbinamento, che sulla carta rischia di finire con un nulla di fatto come il precedente, si rivela invece più azzeccato. Certo si crea ancora quella spiacevole sensazione amara ma le reciproche persistenze di pralina e scotch riescono a sgattaiolarne fuori regalando un finale più piacevole.

Chiude la verticale The Glenlivet Nadurra First Fill Selection abbinato ad una pralina con blend di cioccolati fondente al 66%. Pralina intensa, aromatica, con note di frutta e spezia. Nadurra è un gradazione piena a 60,3% invecchiato in sole botti ex bourbon di primo passaggi: arancia candita, vaniglia, frutta fresca ed una nota burrosa.

L’abbinamento stavolta è vincente. Il whisky pulisce bene il palato e si integra con gli aromi del cioccolato. Ne risultano avvantaggiati entrambi invogliando ad un secondo assaggio.

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Cremonini Chef Express e Percassi, ecco C&P Srl: accordo per sviluppare ristorazione

Ecco C&P Srl. Chef Express, società che gestisce le attività di ristorazione del Gruppo Cremonini, e Percassi, società leader nello sviluppo immobiliare e nella gestione di reti commerciali di importanti brand, hanno concluso un accordo per la creazione di un operatore di riferimento nell’offerta di ristorazione multi-brand, dedicato al settore dei Centri Commerciali, Shopping Mall, Outlet e Retail Park.

In base all’accordo, Chef Express ha rilevato il 60% della Percassi Food&Beverage, che viene rinominata appunto C&P Srl, mentre il restante 40% rimane in mano a Percassi per il tramite di Odissea Srl.

Il perimetro della C&P Srl al momento riguarda 16 punti vendita di ristorazione nei principali shopping mall e nei centri urbani italiani con i marchi Casa Maioli (format di piadineria artigianale, 9 locali), Caio Antica Pizza Romana (format di pizza romana, 5 locali), e il celebre marchio di ristorazione asiatica Wagamama (2 locali), per un fatturato totale annuo superiore ai 10 milioni di euro.

Chef Express ha inoltre acquisito direttamente due punti vendita – uno a marchio Caio Antica Pizza Romana, l’altro a marchio Wagamama – presso l’aeroporto di Milano Malpensa, prima gestiti dalla Percassi Food&Beverage.
Fuori del perimetro di C&P rimane il marchio Starbucks, che continuerà il proprio sviluppo in Italia esclusivamente all’interno di Percassi.

Nasce così un operatore che si posiziona come punto di riferimento per gli sviluppatori e gestori dei centri commerciali, shopping mall, outlet e retail park con un’offerta di ristorazione moderna ed efficiente, competitiva e diversificata su più marchi. C&P Srl ha un importante piano di sviluppo che prevede di aprire una ventina di nuovi punti vendita all’anno.

Chef Express potrà sviluppare anche i marchi di C&P nell’ambito della concessione, all’interno di aeroporti, stazioni e autostrade e, allo stesso tempo, avrà l’opportunità di esportare alcuni dei suoi 30 marchi in portafoglio all’interno del segmento di mercato finora presidiato dalla Percassi Food&Beverage.

Vincenzo Cremonini: “La nascita di C&P rappresenta una importante sinergia tra due grandi gruppi italiani, che permette di unire le competenze gestionali e operative di Cremonini nella ristorazione con il know-how di Percassi nello sviluppo immobiliare e nel retail”.

In più – aggiunge Cremonini (nella foto) – è coerente con i piani di sviluppo del nostro settore ristorazione, che negli ultimi anni ha performato molto bene ed è quello che è cresciuto più velocemente all’interno del Gruppo grazie all’espansione dei brands controllati da Chef Express Spa all’interno di stazioni, aeroporti e autostrade, e allo sviluppo delle nostre catene Roadhouse e Calavera.

L’accordo con Percassi, quindi, attraverso l’allargamento del portafoglio dei brands di ristorazione, ci permetterà di cogliere ulteriori opportunità di crescita”.

“Siamo felici di aver stretto un accordo con la famiglia Cremonini – continua Matteo Percassi, Consigliere della holding Odissea ha dichiarato – con cui sviluppare ulteriormente i brand Wagamama, Casa Maioli e Caio Antica Pizza Romana. Siamo certi che lavoreremo in modo sinergico per lo sviluppo anche dei marchi controllati da Chef Express, mettendo a fattor comune le specifiche competenze, dando in particolare il nostro contributo nello sviluppo retail grazie alla nostra esperienza nel settore”.

La nuova C&P avrà anche una funzione di incubatore e sviluppatore di concept di ristorazione nuovi, oppure aggregandone altri già esistenti, anche di operatori esteri interessati a sviluppare i loro marchi nel nostro Paese.

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Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba: raccolti 420 mila euro

ALBA – I migliori esemplari di Tartufo Bianco d’Alba, in abbinamento a prestigiose bottiglie di Barolo e Barbaresco, presentati nei grandi formati magnum, sono stati mandati all’incanto in occasione della XX edizione dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba®, rinnovando il collaudato connubio tra questo magnifico prodotto della terra e la solidarietà internazionale. Il ricavato complessivo dell’edizione 2019 dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba ammonta a 420 mila euro, una delle somme più alte raccolte nella storia dell’evento.

Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani: “Il successo di un’altra Asta Mondiale conferma l’interesse e la passione del mondo nei confronti dei prodotti dell’eccellenza piemontese come il tartufo bianco e i nostri grandi vini Barolo e Barbaresco. Il sistema Piemonte del food and wine si dimostra ancora una volta vincente e unico”.

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Obbligo etichettatura d’origine salumi, Coldiretti: “Varare subito decreto”

L’obbligo dell’etichettatura d’origine su tutti i salumi è attesa dal 93% degli italiani che ritengono importante conoscere l’origine degli alimenti e dire finalmente basta all’inganno di prosciutti e salami fatti con carne straniera ma spacciati per Made in Italy.

Ad affermarlo è il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, l’unico presidente nazionale delle organizzazioni agricole presente all’incontro al Ministero delle Politiche agricole sull’etichettatura dei prodotti trasformati a base di carne suina.

“Un provvedimento che va fatto e va fatto subito – sottolinea Prandini –, in una situazione che vede oggi tre prosciutti sui quattro venduti in Italia fatti con cosce di maiali provenienti dall’estero all’insaputa dei consumatori e facendo concorrenza sleale agli allevatori nazionali”.

L’Italia, che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità, ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie” conclude Prandini nel sottolineare che si tratta di un impegno portato avanti dalla Coldiretti che è stata capofila nella raccolta di 1,1 milioni di firme di cittadini europei.

Obiettivo della raccolta, chiedere alla Commissione Ue di estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta a tutti gli alimenti con la petizione europea “Eat original! Unmask your food (Mangia originale, smaschera il tuo cibo) promossa assieme ad altre organizzazioni europee.

L’Italia è, infatti, all’avanguardia in Europa proprio grazie al pressing della Coldiretti che ha fatto scattare anche l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro.

Il 13 febbraio 2018 era entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello comunitario – conclude la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca.

Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei. 

L’ETICHETTA DI ORIGINE SULLA SPESA DEGLI ITALIANI
Cibi con l’indicazione origine                                        E quelli senza
Carne di pollo e derivati                                                  Salumi
Carne bovina                                                                     Carne di coniglio
Frutta e verdura fresche                                                 Carne trasformata
Uova                                                                                    Marmellate, succhi di frutta, ecc
Miele                                                                                   Fagioli, lenticchie, piselli in scatola, ecc.
Extravergine di oliva                                                       Pane
Pesce Derivati del pomodoro e sughi pronti (*)        Insalate in busta (IV° gamma), sottoli
Latte/Formaggi (*)                                                          Frutta e verdura essiccata
Pasta (*)
Riso (*)
Tartufi e Funghi spontanei
(*) grazie a norme nazionali
Fonte: Elaborazioni Coldiretti

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Stella Michelin per lo chef Paolo Griffa al Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur

Con la stella Michelin il giovane chef Paolo Griffa chiude un 2019 decisivo, che lo proclama tra i migliori chef italiani. Il riconoscimento, ufficializzato oggi, consacra il 28enne come fiore all’occhiello dell’alta ristorazione della Valle d’Aosta e d’Italia.

“Sono orgoglioso per me, per la mia intera brigata e per tutto lo staff dell’Hotel Grand Royal di Courmayeur di ricevere oggi quello che per me è il punto più alto della mia carriera fino ad ora – dice Paolo Griffa – l’emozione che provo mi dà conferma di tutto il lavoro svolto in questi anni insieme al mio team, che di certo non si fermerà qui. Non è un punto di arrivo, ma una grandissima partenza per tutti noi”.

A soli 28 anni, con già una carriera strabiliante alle spalle, Paolo Griffa ha portato la struttura ricettiva più antica della Valle d’Aosta tra i Luxury Resort che si avvalgono del prestigio dell’alta ristorazione, grazie alla sua cultura e alla sua forza creativa, con una cucina eccezionale e raffinata.

Il Grand Hotel Royal e Golf ha infatti chiuso una stagione estiva esplosiva con un successo inaspettato che ha visto i ristoranti Petit Royal, Bistrot e Grand Royal diventare veri e propri cult a Courmayeur e in Valle d’Aosta, riconosciuti per la ricchezza della loro offerta enogastronomica, per la cura del servizio e per l’altissima qualità dell’accoglienza.

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