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Enoturismo virtuale: Domìni Veneti inaugura il museo Valpolicella VR 360

Un museo virtuale che valorizza il patrimonio agroalimentare del Veneto e abbatte le distanze, unendo narrazione e visione. Nasce Valpolicella VR 360, il progetto di tour virtuale alla scoperta della terra dell’Amarone, realizzato da Cantina Valpolicella Negrar grazie a fondi regionali.

Quando la pandemia allenterà la sua morsa, le enoteche Domìni Veneti di Cavaion Veronese (VR) e Sirmione (BS) allargheranno i loro orizzonti spaziali, grazie ai visori 3D (in tutto 6) e al sistema audio surround sperimentabili dai visitatori su prenotazione (eventi@dominiveneti.it).

Il progetto Valpolicella VR 360, curato dall’artista veronese Marco Ambrosi, offre la possibilità di accedere a una mappa interattiva e selezionare diversi itinerari tra i comuni storici della Valpolicella Classica: Negrar, Marano, Fumane, Sant’Ambrogio e San Pietro in Cariano.

“In un periodo in cui l’attività di accoglienza dei turisti è fortemente penalizzata dalla pandemia, la cantina ha voluto progettare il prossimo futuro con creatività, dando origine ad un viaggio emozionale che consente di scoprire la Valpolicella Classica ancora troppo poco conosciuta per la sua storia, le sue peculiarità e la sua bellezza”, spiega Marina Valenti, responsabile del progetto per la cantina.

«Siamo felici del riconoscimento regionale di buona pratica del nostro progetto – commenta al riguardo Renzo Bighignoli, presidente di Cantina Valpolicella Negrar: – in questo momento di incertezza generale, diffondere il valore di un’eredità sedimentata nel tempo dà speranza e rappresenta per noi un riferimento tangibile che aiuta a connettere il passato con il presente e il futuro”.

“La Valpolicella – ricorda Daniele Accordini, direttore generale ed enologo della cantina – non è solo una Doc riconoscibile nel mondo del vino, ma un luogo ben preciso con la sua storia e la sua identità culturale”.

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Lilt e Città dell’Olio: protocollo d’intesa per promuovere salute e prevenzione

Firmato un protocollo d’intesa fra Lilt, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, e Città dell’Olio, Associazione Nazionale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio olivicolo e della cultura dell’olio, per la promozione, fianco a fianco, di iniziative e progetti volti a sensibilizzare e coinvolgere la cittadinanza sul tema della protezione della salute a partire dalla “dieta mediterranea” e dai suoi principi fondamentali, tra cui, in primis, il consumo di olio Evo italiano di qualità.

La sottoscrizione del protocollo nasce dal comune impegno per la diffusione della cultura della salute e del benessere che vede già entrambe le parti, ciascuna secondo le proprie competenze e specificità, attive su più fronti attraverso manifestazioni, campagne, servizi alla persona e progetti che interessano da vicino il cittadino, con particolare attenzione ai giovani e ai giovanissimi.

“Un’adeguata alimentazione, unita all’abitudine al movimento e allo stop al fumo, è essenziale per la tutela della nostra salute e per la prevenzione di tutti i tipi di tumore, è quindi importante scegliere cibi sani e di provenienza controllata – commenta Francesco Schittulli, Presidente della Lilt Nazionale – l’olio extra-vergine di oliva italiano, ricco di proprietà benefiche e protettive, re della nostra dieta mediterranea, non dovrebbe mai mancare sulla tavola e il suo consumo deve diventare un’abitudine quotidiana fin da bambini”.

“Non a caso l’extra-vergine di oliva è da anni il simbolo della nostra Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica, la campagna di sensibilizzazione ai corretti stili di vita che ci vede impegnati ogni anno nel mese di marzo – conclude Schittulli – In virtù di questo protocollo siglato con Città dell’Olio prevediamo di dar vita ad iniziative ad alto valore educativo, volte alla diffusione della cultura della corretta nutrizione, dell’attività motoria e del tempo di qualità per una vita più sana”.

“Siamo sempre più consapevoli – aggiunge Michele Sonnessa, Presidente Città dell’Olio – che la nostra salute dipende da uno stile di vita sano ed una dieta equilibrata. Cibo e salute sono strettamente correlati e l’olio Evo rappresenta un alleato prezioso nella prevenzione delle malattie, perché è nutrimento del corpo ma anche ingrediente curativo per le sue proprietà nutraceutiche e l’accordo sottoscritto con la Lilt impegna entrambe le nostre organizzazioni a promuovere un uso consapevole dell’olio Evo”

“Punteremo soprattutto alla formazione – conclude il presidente – in particolare rivolta alle nuove generazioni, perché crediamo che sia necessario promuovere la dieta mediterranea ed educare i cittadini ad una corretta e sana alimentazione”.

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Olio e salute: firmato il protocollo d’intesa fra Lilt e Città dell’Olio

Lilt, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, e Città dell’Olio, Associazione Nazionale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio olivicolo e della cultura dell’olio, hanno firmato un protocollo d’intesa che li vedrà impegnati, fianco a fianco, in iniziative e progetti volti a sensibilizzare e coinvolgere la cittadinanza sul tema della protezione della salute a partire dalla “dieta mediterranea” e dai suoi principi fondamentali, tra cui, in primis, il consumo di olio Evo italiano di qualità.

«Un’adeguata alimentazione, unita all’abitudine al movimento e allo stop al fumo, è essenziale per la tutela della nostra salute e per la prevenzione di tutti i tipi di tumore, è quindi importante scegliere cibi sani e di provenienza controllata – commenta Francesco Schittulli, Presidente della Lilt Nazionale – l’olio extra-vergine di oliva italiano, ricco di proprietà benefiche e protettive, re della nostra dieta mediterranea, non dovrebbe mai mancare sulla tavola e il suo consumo deve diventare un’abitudine quotidiana fin da bambini».

«Non a caso l’extra-vergine di oliva è da anni il simbolo della nostra Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica, la campagna di sensibilizzazione ai corretti stili di vita che ci vede impegnati ogni anno nel mese di marzo – conclude Schittulli – In virtù di questo protocollo siglato con Città dell’Olio prevediamo di dar vita ad iniziative ad alto valore educativo, volte alla diffusione della cultura della corretta nutrizione, dell’attività motoria e del tempo di qualità per una vita più sana».

La sottoscrizione del protocollo nasce dal comune impegno per la diffusione della cultura della salute e del benessere che vede già entrambe le parti, ciascuna secondo le proprie competenze e specificità, attive su più fronti attraverso manifestazioni, campagne, servizi alla persona e progetti che interessano da vicino il cittadino, con particolare attenzione ai giovani e ai giovanissimi.

«Siamo sempre più consapevoli – aggiunge Michele Sonnessa, Presidente Città dell’Olio – che la nostra salute dipende da uno stile di vita sano ed una dieta equilibrata. Cibo e salute sono strettamente correlati e l’olio Evo rappresenta un alleato prezioso nella prevenzione delle malattie, perché è nutrimento del corpo ma anche ingrediente curativo per le sue proprietà nutraceutiche e l’accordo sottoscritto con la Lilt impegna entrambe le nostre organizzazioni a promuovere un uso consapevole dell’olio Evo».

«Punteremo soprattutto alla formazione – conclude il presidente – in particolare rivolta alle nuove generazioni, perché crediamo che sia necessario promuovere la dieta mediterranea ed educare i cittadini ad una corretta e sana alimentazione».

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Bufala de L’Empordà: sequestrata falsa Mozzarella di bufala catalana

La bufala era una bufala. Le autorità spagnole hanno denunciato per frode contro la salute pubblica, frode alimentare e pubblicità ingannevole il caseificio produttore della Bufala de L’Empordà, venduta a Barcellona e in Catalogna come “mozzarella 100% latte di bufala“, ma in realtà realizzata con percentuali di latte vaccino comprese tra il 9,35% e il 22,10%.

Finisce con un successo per l’Italia l’azione intrapresa dall’Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi del Ministero delle Politiche agricole (Icqrf), in seguito alla segnalazione fatta dal Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop nell’ottobre del 2018 sull’irregolarità della mozzarella spagnola, che in maniera fraudolenta erodeva così quote di mercato alla bufala campana.

La svolta era arrivata dai nuovi esami, effettuati dal laboratorio spagnolo Merieux Nutrisciences – Silliker Iberica, che avevano certificato ancora una volta la presenza di latte vaccino in ulteriori campioni di prodotto iberico sottoposti a controlli.

Nei giorni scorsi c’è stato poi l’intervento delle autorità spagnole, in particolare degli investigatori del Seprona (Servicio de Protección de la Naturaleza), che ha portato alla denuncia del caseificio di Palau-Saverdera, comune catalano della provincia di Girona.

«Esprimiamo grande soddisfazione per il positivo riscontro all’azione di tutela in Spagna e un sentito ringraziamento all’Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi del ministero, che si è immediatamente attivato a difesa della Mozzarella di Bufala Campana Dop», commenta il direttore del Consorzio, Pier Maria Saccani.

Proprio il Consorzio, nell’ambito dell’attività di monitoraggio dei mercati esteri, già nell’estate 2018 eseguì i primi esami sul prodotto catalano, rilevando la presenza di latte vaccino.

Le analisi in Italia furono effettuate prima da un laboratorio privato e poi dall’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno con sede a Portici, che confermò l’anomalia. E per contrastare la presenza del prodotto catalano fu inviata una comunicazione al Ministero, con richiesta di intervento operativo attraverso l’Icqrf, con l’obiettivo di bloccare la pratica concorrenziale scorretta.

Dal canto suo, il ministero delle Politiche agricole si mise subito in moto, segnalando il caso sulla piattaforma Europea Food Fraud Network per allertare le autorità spagnole a tutela dei consumatori iberici e del buon nome dell’autentica “mozzarella di bufala”. L’ultimo atto della vicenda ha visto la Spagna confermare la sussistenza dell’irregolarità segnalata e contestare l’illecito.

«Questa vicenda rappresenta un caso esemplare sia della collaborazione virtuosa tra ministero e Consorzi sia dell’alleanza internazionale messa in campo a tutela delle eccellenze del Made in Italy, come la mozzarella di bufala campana Dop», commenta Oreste Gerini, direttore generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica del Ministero della Politiche agricole.

La rete di sinergie creata a livello europeo ha reso possibile smascherare una vera e propria frode ai danni dell’autentica mozzarella di bufala. L’Italia è in prima linea in questa lotta contro ogni tentativo di imitazione e contro ogni inganno.

Anche in questo periodo difficile, il Mipaaf ha proseguito nella tutela delle nostre produzioni agroalimentari di qualità, anche al di fuori dei confini nazionali. Un ringraziamento va alle autorità spagnole, che hanno dimostrato rigore e tenacia nell’azione».

Soddisfazione anche dal presidente del Consorzio di Tutela, Domenico Raimondo: «Il sistema dei controlli italiano si conferma tra i migliori al mondo – commenta – siamo un esempio in Europa e siamo fieri di aver contribuito a frenare una frode per i consumatori e una concorrenza sleale nei nostri confronti. Restiamo in prima linea nella difesa della qualità e dell’originalità del nostro prodotto».

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“Ripartiamo in sicurezza subito o sarà troppo tardi”, Anbc fa appello al Ministro Patuanelli

“Restituire dignità all’intero settore della ristorazione”. È chiaro il messaggio lanciato da Anbc, Associazione Nazionale Banqueting e Catering, nell’unirsi all’appello fatto da Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti al Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli.

“Dopo un periodo così lungo di inattività forzata, per noi del catering si parla nel 2020 di 9 mesi su 12, è necessario pianificare una riapertura il più veloce possibile e in totale sicurezza – dichiara Paolo Capurro, Presidente di Anbc – anche a costo di rendere ancor più stringenti i protocolli di sicurezza già vigenti, sempre in accordo con il Ministero della Sanità e il Cts“.

“A questo proposito non posso non ricordare che la nostra associazione aveva già adottato misure più rigide di quelle previste dalla legge, a partire dal mese di settembre. Va da sé – continua Capurro – quanto sia fondamentale rafforzare le misure economiche a sostegno delle imprese in difficoltà rivedendo i meccanismi di calcolo dei contributi a fondo perduto che non possono più essere parametrati sulla perdita di fatturato del mese di aprile 2020 su aprile 2019, ma su base annua e a prescindere dai limiti di fatturato”.

“Sono necessari – dice ancora il Presidente – interventi di sgravio fiscale, esentando le aziende dal pagamento dell’Imu 2021, così come interventi per prolungare gli ammortizzatori sociali fino al termine del periodo di crisi. E ancora, va prorogato il credito d’imposta incentivando i locatori a ridurre i canoni, e va facilitato l’accesso alla liquidità estendendo a 15 anni il periodo di ammortamento anche dei prestiti fino a 800 mila euro garantiti dal Fondo Centrale di garanzia, con un preammortamento di almeno 48 mesi”.

“Insomma – conclude Capurro – urgono misure straordinarie per far fronte a una crisi senza precedenti, in particolare per tutte quelle realtà che, come le nostre, dovranno aspettare ancora dei mesi prima di ripartire, proprio per la particolarità del settore che vive di prenotazioni a medio-lungo termine. Confidiamo nel fatto che questa ennesima richiesta di aiuto non cada nel vuoto e che, finalmente, si faccia tutto ciò che è necessario, prima che sia troppo tardi per le nostre aziende e per i lavoratori”.

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Banqueting e Catering, Anbc: «Ripartiamo in sicurezza subito o sarà troppo tardi»

Anbc, Associazione Nazionale Banqueting e Catering, si unisce all’appello fatto da Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti al Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, per «Restituire dignità all’intero settore della ristorazione».

«Dopo un periodo così lungo di inattività forzata, per noi del catering si parla nel 2020 di 9 mesi su 12, è necessario pianificare una riapertura il più veloce possibile e in totale sicurezza – dichiara Paolo Capurro, Presidente di Anbc – anche a costo di rendere ancor più stringenti i protocolli di sicurezza già vigenti, sempre in accordo con il Ministero della Sanità e il Cts».

«A questo proposito non posso non ricordare che la nostra associazione aveva già adottato misure più rigide di quelle previste dalla legge, a partire dal mese di settembre. Va da sé – continua Capurro – quanto sia fondamentale rafforzare le misure economiche a sostegno delle imprese in difficoltà rivedendo i meccanismi di calcolo dei contributi a fondo perduto che non possono più essere parametrati sulla perdita di fatturato del mese di aprile 2020 su aprile 2019, ma su base annua e a prescindere dai limiti di fatturato».

«Sono necessari – dice ancora il Presidente – interventi di sgravio fiscale, esentando le aziende dal pagamento dell’Imu 2021, così come interventi per prolungare gli ammortizzatori sociali fino al termine del periodo di crisi. E ancora, va prorogato il credito d’imposta incentivando i locatori a ridurre i canoni, e va facilitato l’accesso alla liquidità estendendo a 15 anni il periodo di ammortamento anche dei prestiti fino a 800 mila euro garantiti dal Fondo Centrale di garanzia, con un preammortamento di almeno 48 mesi».

«Insomma – conclude Capurro – urgono misure straordinarie per far fronte a una crisi senza precedenti, in particolare per tutte quelle realtà che, come le nostre, dovranno aspettare ancora dei mesi prima di ripartire, proprio per la particolarità del settore che vive di prenotazioni a medio-lungo termine. Confidiamo nel fatto che questa ennesima richiesta di aiuto non cada nel vuoto e che, finalmente, si faccia tutto ciò che è necessario, prima che sia troppo tardi per le nostre aziende e per i lavoratori».

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Decreto legge “Quinques” e Ristorazione, Fipe Confcommercio incontra Patuanelli

È fissato per lunedì prossimo alle 16 l’incontro tra i vertici di Fipe-Confcommercio, Fiepet Confesercenti, i sindacati dei lavoratori del settore e il Ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli.

L’incontrò era stato richiesto con una lettera dalle stesse associazioni delle imprese del settore e dai sindacati dei lavoratori – Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil- il 4 gennaio scorso.

Obiettivo dell’incontro è quello di «individuare un piano di interventi efficaci e coordinati a sostegno dei lavoratori e delle imprese della ristorazione e dell’intrattenimento, messi in ginocchio – lamenta Fipe – da mesi di sostanziale inattività, da una perdurante incertezza e misure di indennizzo non sufficienti».

«Presenteremo un documento unitario – sottolineano Fipe e Fiepet – con proposte immediatamente implementabili nel decreto legge “Quinques”, in fase di predisposizione da parte del Governo, sui temi degli affitti, del lavoro, della liquidità, delle concessioni e dei ristori».

Sono proposte che stiamo avanzando da tempo, ci auguriamo che portarle all’attenzione del Ministro in modo unitario e organico possa rappresentare la svolta necessaria per mettere la categoria nelle condizioni di lavorare con continuità, sicurezza e serenità».

«Siamo una componente essenziale del Prodotto Interno del Paese, con 300mila imprese e più di un milione di addetti. Noi presenteremo le nostre proposte, dall’incontro vorremo uscire con un impegno e un cronoprogramma preciso su indennizzi e aperture».

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Fipe-Confcommercio: «Ristori in grave ritardo, attendiamo ancora novembre»

Il Direttore Generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Roberto Calugi ribadisce con forza come «ogni giorno riceviamo decine di chiamate da parte di ristoratori e imprenditori che lamentano ritardi nell’erogazione dei ristori promessi dal governo».

«Quelli di Natale non si sono ancora visti, ma in moltissimi casi non sono stati corrisposti nemmeno quelli di novembre. In questo modo le imprese, impossibilitate a operare a causa di provvedimenti sempre più restrittivi e la totale assenza di pianificazione di medio periodo, non riescono a sopravvivere», prosegue il Direttore.

«Le promesse non sfamano le persone. Prendiamo atto delle dichiarazioni del Ministro Di Maio e della Vice Ministro Castelli e ci auguriamo che si trasformino al più presto in versamenti sui conti correnti. Esiste poi un altro aspetto che non può più essere sottovalutato: nella ristorazione abbiamo oltre 3 mila imprese esodate».

«Mi riferisco – conclude Calugi – a tutte quelle attività che, pur essendo chiuse per lockdown ad aprile 2020, non hanno potuto fare alcun raffronto con il fatturato di aprile 2019 in quanto inattive per varie ragioni (ristrutturazione, trasferimento di sede,ecc), rimanendo così tagliate fuori sia dalla prima che dalla seconda tranche autunnale di ristori. Il governo dia seguito al più presto anche alle richieste di aiuto di queste realtà».

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Confagricoltura: no al latte congelato per la mozzarella di bufala campana Dop

Confagricoltura è contraria alla proroga al disciplinare di produzione, fino al 30 giugno, dell’utilizzo di latte congelato da parte dei caseifici per la mozzarella di bufala campana Dop. La decisione, secondo Confagricoltura, non aiuta il settore dell’allevamento e non valorizza l’immagine del prodotto verso i consumatori.

Il provvedimento inizialmente approvato a marzo scorso in epoca di lockdown, non ha portato, secondo Confagricoltura, benefici ai produttori ed ha generato una situazione di confusione e poca trasparenza che andava corretta e non accresciuta, completando «il percorso definito dal decreto ministeriale 9406 del 2014, della tracciabilità del latte di bufala».

“Riscontriamo – afferma Confagricoltura in una nota stampa – mancanza della certezza dei dati sui quantitativi di latte che i caseifici hanno stoccato e sui prodotti semitraformati (le cagliate) che ne sono derivate e di quante di queste ne siano state finora utilizzate. E, di fatto, si è sminuito decisamente il rigido sistema di controllo previsto tra latte Dop munto e prodotto Dop trasformato”.

“Chiediamo attenzione, trasparenza e tracciabilità per il comparto dell’allevamento della bufala decisamente strategico – conclude la nota – che coinvolge oltre 2600 allevamenti, 400 mila capi, 100 caseifici e più di 20.000 addetti, con 47 milioni di kg di mozzarelle e con oltre il 30% del prodotto esportato. Numeri che dimostrano come la mozzarella di bufala campana sia il più importante marchio Dop del Centro-Sud Italia”.

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Confagricoltura: stop al latte congelato per la mozzarella di bufala campana Dop

Confagricoltura si schiera apertamente contro la proroga al disciplinare di produzione, fino al 30 giugno, dell’utilizzo di latte congelato da parte dei caseifici per la mozzarella di bufala campana Dop. La decisione, secondo Confagricoltura, non aiuta il settore dell’allevamento e non valorizza l’immagine del prodotto verso i consumatori.

«Riscontriamo – afferma Confagricoltura in una nota stampa – mancanza della certezza dei dati sui quantitativi di latte che i caseifici hanno stoccato e sui prodotti semitraformati (le cagliate) che ne sono derivate e di quante di queste ne siano state finora utilizzate. E, di fatto, si è sminuito decisamente il rigido sistema di controllo previsto tra latte Dop munto e prodotto Dop trasformato».

Ad avviso di Confagricoltura il provvedimento, inizialmente approvato a marzo scorso in epoca di lockdown, non ha portato benefici ai produttori ed ha generato una situazione di confusione e poca trasparenza che andava corretta e non accresciuta. Per Confagricoltura «la strada da perseguire dovrà essere quella di completare il percorso definito dal decreto ministeriale 9406 del 2014, della tracciabilità del latte di bufala».

«Chiediamo attenzione, trasparenza e tracciabilità per il comparto dell’allevamento della bufala decisamente strategico – conclude la nota – che coinvolge oltre 2600 allevamenti, 400 mila capi, 100 caseifici e più di 20.000 addetti, con 47 milioni di kg di mozzarelle e con oltre il 30% del prodotto esportato. Numeri che dimostrano come la mozzarella di bufala campana sia il più importante marchio Dop del Centro-Sud Italia».

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Firmato il Decreto a copertura degli interessi sui mutui per il settore oleario

La Ministra Bellanova ha firmato il Decreto che destina 5 milioni di euro per la copertura, totale o parziale, dei costi degli interessi maturati nel 2019 sui mutui bancari contratti entro 31 dicembre 2018 dalle imprese del settore oleario. “Con questo Decreto – dice la Ministra Bellanova – vogliamo contribuire con ulteriori risorse alla ristrutturazione del settore oleario, anche alla luce delle condizioni di particolare criticità produttive e per rilancio della produttività e della competitività”.

“Rispondiamo alle difficoltà che la filiera agroalimentare sta affrontando con un solo obiettivo strategico: mettere in sicurezza l’intera filiera e ogni singolo segmento, condividendo con l’intero settore anche le modalità attuative delle misure quanto a semplificazione e sburocratizzazione perché ogni provvedimento sia capace di rispondere sempre più e meglio alle esigenze e difficoltà specifiche”.

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Settore oleario: firmato il Decreto a copertura degli interessi sui mutui

La Ministra Bellanova ha firmato il Decreto che destina 5 milioni di euro per la copertura, totale o parziale, dei costi degli interessi maturati nel 2019 sui mutui bancari contratti entro 31 dicembre 2018 dalle imprese del settore oleario. «Con questo Decreto – dice la Ministra Bellanova – vogliamo contribuire con ulteriori risorse alla ristrutturazione del settore oleario, anche alla luce delle condizioni di particolare criticità produttive e per rilancio della produttività e della competitività».

«Rispondiamo alle difficoltà che la filiera agroalimentare sta affrontando con un solo obiettivo strategico: mettere in sicurezza l’intera filiera e ogni singolo segmento, condividendo con l’intero settore anche le modalità attuative delle misure quanto a semplificazione e sburocratizzazione perché ogni provvedimento sia capace di rispondere sempre più e meglio alle esigenze e difficoltà specifiche».

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Ristorazione: persi 37,7 mld ed il 40% del fatturato nel 2020

Il 2020, l’annus horribilis della ristorazione italiana, si è chiuso con 37,7 miliardi di euro di perdite, circa il 40% dell’intero fatturato annuo del settore andato in fumo. Per questo la Fipe – Confcommercio, Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, insieme alle principali sigle sindacali del Commercio e del Turismo, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, ha scritto al Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, chiedendo un incontro urgente.

La ristorazione italiana – dichiara Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio – non ha pace: ogni volta che si avvicina la scadenza delle misure restrittive, ne vengono annunciate di nuove e si riparte da zero. Così anche il primo provvedimento del 2021 ha disposto la chiusura di bar e ristoranti nei fine settimana, lasciando gli imprenditori nell’incertezza dall’11 gennaio in poi, con i danni e le distorsioni che ne conseguono”.

Chiediamo a Governo e Comitato Tecnico Scientifico di dare prospettive diverse, più certe ma anche più motivanti, ad un settore che ha pagato un prezzo altissimo, ma soprattutto che ha già dimostrato di poter lavorare in totale sicurezza».

L’incontro, richiesto al ministro Patuanelli allo scopo di elaborare un piano organico di interventi per le imprese e i lavoratori dei Pubblici Esercizi per poter programmare una riapertura in sicurezza dei locali, avrà come punto di partenza i conti di fine anno elaborati dall’Ufficio Studi di Fipe, che mostrano come il colpo più duro al settore sia arrivato dalle chiusure di novembre e dicembre.

Storicamente, nel periodo delle festività dicembrine per una parte rilevante dei locali si arriva a generare fino al 20% del fatturato annuo: nel quarto trimestre 2020, invece, le perdite registrate hanno superato i 14 miliardi di euro, con un meno 57,1% dei ricavi, peggio ancora di quello che era successo nel secondo trimestre, quello del primo lockdown.

Questa fine anno ha di fatto vanificato gli sforzi estivi che pure avevano portato ad un contenimento delle perdite in alcune aree turistiche del Paese. Le grandi città, ed in particolare le città d’arte, dove ha pesato di più l’assenza del turismo internazionale, non hanno invece beneficiato nemmeno della tregua estiva, registrando perdite complessivamente superiori all’80%.

«Non è più accettabile – prosegue Stoppani – che i pubblici esercizi, insieme a pochi altri settori, siano i soli a farsi carico dell’azione di contrasto alla pandemia, richiesti di un sacrificio sociale non giustificato dai dati e non accompagnato da adeguate e proporzionate misure compensative».

«È indubbio – conclude – che per uscire da questa crisi ci sia bisogno del contributo di tutti, ma proprio per questo non si può imputare sulle spalle sempre delle stesse categorie il peso del contenimento della pandemia, affossando nel frattempo un settore strategico per l’economia del Paese e per la vita quotidiana delle persone».

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Duemila chef e ristoratori scrivono a Biden per rimuovere i dazi sul vino europeo

Bruxelles non è sola nella battaglia alle tariffs aggiuntive imposte dagli Stati Uniti, in risposta alla controversia Airbus-Boeing. E gli alleati sono proprio all’ombra della Casa Bianca. Attraverso una lettera inviata al neo presidente Joe Biden, duemila chef e ristoratori di tutti gli Stati americani chiedono al Governo Usa di «eliminare i dazi sul vino europeo».

Si tratta della prima delle azioni della neonata Coalition to Stop Restaurant Tariffs, che si batte non solo per il vino ma tutti i prodotti agroalimentari sottoposti a dazi doganali dall’ormai ex presidente Donald Trump.

A capo della “coalizione” ci sono nomi noti della ristorazione americana come Daniel Boulud, Chris Bianco, Nina Compton, Mark Firth, Andrew Fortgang, Thomas Keller, Cheetie Kumar, Mike Lata, Neal mccarthy, Danny Meyer, Kwame Onwuachi, Steven Satterfield, Chris Shepherd, Alice Waters, nonché Mashama Bailey & Johno Morisano. Una battaglia sostenuta dall’Us Wine Trade Alliance (Uswta).

L’associazione guidata da Benjamin Aneff (nella foto sotto) raccoglie importatori, grossisti, agenti di vendita, ristoranti e produttori di vino americani e ha già ottenuto l’appoggio del Washington Post, che attraverso due editoriali ha esortato il presidente eletto Biden a «rimuovere i dazi sul vino europeo nell’ambito di uno sforzo complessivo volto a portare un rapido sollievo all’industria della ristorazione».

Al contempo, l’Us Wine Trade Alliance lavora già ai “commenti” da sottoporre all’attenzione dell’Ustr all’apertura della discussione delle tariffs di febbraio 2021. Un altro appuntamento fondamentale per migliaia di produttori di vino europei, in cui i dazi potrebbero essere rivisti – al rialzo o al ribasso – eliminati, o confermati senza modifiche.

L’obiettivo dell’Alleanza è fare in modo che il team di Joe Biden faccia il suo ingresso all’agenzia del Commercio degli Stati Uniti (Ustr) accompagnato da un largo movimento di protesta contro le tariffs, sostenuto da più fronti.

Una battaglia contro il tempo, dal momento che l’ufficializzazione della candidatura dell’esponente favorito da Biden e dai Democratici per i vertici dell’Ustr, Katherine Tai, non avverrà in tempo per supervisionare il carosello dei dazi di metà febbraio 2021. Attendere agosto 2021, data successiva per la discussione delle tariffs, sarebbe un azzardo.

Dobbiamo convincere il presidente eletto Biden che lo sgravio tariffario dovrebbe essere una delle principali priorità delle sue prime settimane in carica, e questo non è un compito da poco», ammette Benjamin Aneff per conto dell’United State Wine Trade Alliance».

Dazi Usa sul vino, Coldiretti: “Italia graziata, ora Ue dialoghi con Biden”

Nel frattempo, il 31 dicembre, l’Ustr ha annunciato la revisione dei dazi a carico di Francia e Germania. Nelle modifiche, che vedono ancora una volta graziato il vino italiano, sono incluse le nuove categorie di vini fermi e distillati come il Cognac, provenienti dai due Paesi.

In precedenza venivano calcolate tariffs del 25% sui vini fermi non oltre i 14% di alcol in volume e con formati non superiori ai 2 litri, provenienti da Francia, Germania, Spagna e Regno Unito.

Nell’elenco sono stati inclusi anche i vini fermi di Francia e Germania con una percentuale di alcol superiore ai 14% in volume, oltre a quelli di imbottigliati in contenitori superiori ai 2 litri.

Tra i codici doganali inseriti anche quello che riguarda il “vino frizzante” – dunque non lo spumante – non particolarmente in voga nelle importazioni Usa dall’Ue. I vini provenienti dalla Spagna o dal Regno Unito con una percentuale di alcol superiore al 14% o di dimensioni superiori a 2 litri rimangono esenti da dazi. Lo stesso vale per gli sparkling, compreso lo Champagne.

«Questa non è la notizia che volevamo sentire – commenta Benjamin Aneff – ma sottolinea la necessità per l’amministrazione di Joe Biden di apportare modifiche alle politiche tariffarie ricevute in eredità dal suo predecessore, in particolare quelle che arrecano danni sproporzionati alle imprese statunitensi, in questo momento di crisi».

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I pizzaiuoli napoletani festeggiano Sant’Antuono e il Vera Pizza Day su Facebook

Domenica 17 gennaio 2021, in occasione della Festa di Sant’Antuono, patrono dei pizzaiuoli napoletani, andrà in scena la prima edizione del Vera Pizza Day, Giornata Mondiale della Vera Pizza Napoletana. Una maratona globale ideata dall’Associazione Verace Pizza Napoletana (AVPN) e dedicata al più iconico dei cibi del Bel Paese.

La tradizionale accensione del “fuoco” di Sant’Antuono, presso la sede AVPN di Napoli, darà il via all’evento: 24 ore di diretta streaming con 15 masterclass gratuite tenute dai rappresentanti AVPN di ben 13 nazioni, in 12 lingue differenti. Impasto, stesura e cottura della pizza saranno le tematiche trattate, tutto ovviamente secondo disciplinare AVPN, per dare vita alla vera pizza napoletana.

Da Capodimonte, sede AVPN, il testimone di questa virtuale e golosa staffetta passerà a Melbourne, in Australia, e poi, da Oriente a Occidente, seguendo il sorgere del sole, ai pizzaiuoli di Giappone, Corea, Thailandia, Russia, Egitto, Turchia, Polonia, Italia, Francia, Spagna, Brasile e Usa. A tutto ciò si aggiungerà un importante convegno durante il quale saranno coinvolti i principali player dell’universo pizza.

Per finire, nell’ambito dell’iniziativa, sarà promossa una raccolta fondi per la realizzazione di un’opera celebrativa dell’arte del pizzaiuolo napoletano realizzata dal Maestro Lello Esposito. Un’opera che sarà il simbolo tangibile del riconoscimento UNESCO, avvenuto nel 2017, de “L’Arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano” come patrimonio immateriale dell’umanità.

“Si tratterà – sottolinea Antonio Pace, Presidente AVPN – della più grande operazione di diffusione, a livello globale, della vera pizza napoletana e dell’arte del pizzaiuolo napoletano”.

La Festa di Sant’Antuono, recentemente riscoperta quale momento di celebrazione per un’intera categoria, valicherà per la prima volta i confini di Napoli e dell’Italia.

Sarà una giornata importante per una professione che in passato è stata troppo spesso denigrata e che invece oggi può giustamente essere considerata un vanto per tutto il Paese”.

“Un’iniziativa – continua Pace – che vuole anche essere di sostegno a chi sta patendo più di altri le conseguenze economiche del delicato periodo storico che stiamo affrontando. Ogni masterclass potrà essere seguita sulle pagine Facebook di AVPN, delle sue delegazioni, dei suoi partner istituzionali e commerciali e su quelle di tutti gli affiliati sparsi nel mondo”.

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Casaliva, l’olio del Garda Trentino con il “certificato di nascita”

Per le olive del Garda Trentino c’è ora una “carta di identità” che traccia in modo univoco l’origine dell’olio extravergine, ma anche il “certificato di nascita” dalla varietà Casaliva. In particolare, il legame della varietà Casaliva con il territorio dell’Alto Garda è evidenziato da una serie di analisi genetiche condotte nei laboratori di Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, che hanno riguardato oltre cento piante di olivo tra i 204 e 584 anni e 151 alberi più giovani, facendo luce sulla composizione varietale.

La forte prevalenza della varietà Casaliva sia nei vecchi oliveti che negli impianti più recenti, inclusi i più antichi patriarchi, sostiene quindi l’impegno a produrre un olio di fatto monovarietale.

L’indagine genetica è stata attuata nell’ambito di un accordo di ricerca sottoscritto tra Fondazione Edmund Mach e Agraria Riva del Garda che ha permesso di far emergere chiaramente l’antica presenza della Casaliva nell’areale più a nord della coltivazione tradizionale di olivo in Europa.

Considerando la scarsa propensione dell’olivo a generare frutti per autofecondazione è necessario il polline di altre cultivar per portare a termine la fruttificazione. La ricerca pubblicata sulla rivista Genes e per la quale ha collaborato il Centro Agricoltura Alimenti Ambiente (Unitrento–FEM) ha inoltre indagato la provenienza del polline che porta alla formazione delle olive dai fiori di Casaliva.

L’analisi degli embrioni estratti da 550 noccioli di Casaliva ha rivelato che oltre il 90% delle olive si sviluppa dalla fecondazione con polline di altre varietà presenti sporadicamente nella zona.

Tra queste compaiono cultivar note, come il Pendolino (10% dei casi) ma soprattutto varietà di olivo che non corrispondono a cultivar conosciute, con frequenze diverse nelle varie località considerate (Monte Brione, Arco, Torbole, Linfano, Fraveggio).

I risultati di questo studio introducono nuovi elementi per l’interpretazione dei fenomeni di scarsa o abbondante produzione delle olive nell’Alto Garda trentino, suggerendo l’adozione di piante impollinatrici di identità certa con caratteristiche di fioritura contemporanee a quelle della Casaliva ai fini di favorire la fecondazione efficace della varietà predominante.

Fem ha inoltre avviato una sperimentazione sulla gestione sostenibile della mosca olearia, in collaborazione con Agraria di Riva e Pat. L’obiettivo è quello di cercare soluzioni tecniche di controllo migliorative, la gestione ottimale dell’irrigazione nei periodi di siccità che talvolta si verificano in prossimità della raccolta.

Non ultima, la carta di identità isotopica che è in grado di identificare univocamente l’olio extravergine d’oliva del Garda Trentino, nonché il protocollo di produzione per esaltare le caratteristiche nutrizionali e sensoriali dell’olio Casaliva.

Tutte queste attività sono contenute e valorizzate in una recente pubblicazione edita da Fondazione Edmund Mach, che sintetizza le ultime ricerche e sperimentazioni sviluppate negli ultimi anni.

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Catering, Anbc: “A dicembre in fumo 450 milioni di euro”

Il mondo del catering vede per il mese di dicembre perdite pari al -100% rispetto allo stesso mese del 2019. Le festività natalizie corrispondono infatti a circa il 18% del totale annuo per il settore: 450 milioni su 2,5 miliardi complessivi.

Come possiamo andare avanti in queste condizioni”, dichiara Paolo Capurro, Presidente di Anbc, Associazione Nazionale Banqueting e Catering. “Ci siamo impegnati a fare il massimo per offrire un servizio in totale sicurezza – continua – adottando protocolli ancora più rigidi di quelli previsti dalla legge stessa, eppure dall’inizio della pandemia siamo riusciti a riprendere l’attività solo a settembre, e comunque lavorando a regimi più che ridotti con perdite del 70%“.

“Dopo settembre ancora uno stop. Se guardiamo indietro – prosegue Capurro – abbiamo potuto lavorare solo 3 mesi su 12. Una sciagura che impone sostegno maggiore da parte delle Istituzioni, che finora hanno purtroppo fatto troppo poco. Ricordiamo a tutti che il nostro comparto, per cui abbiamo chiesto lo stato di crisi senza ricevere peraltro alcuna risposta, conta 1.400 imprese per 135.000 addetti e 2,5 miliardi di fatturato stimato. Possiamo permetterci di abbandonarlo così? Io non lo credo”.

Urgono ristori – conclude Paolo Capurro – che prendano in esame tutto il periodo della crisi, da marzo a dicembre, e non il solo mese di aprile. Ma sono tante le misure necessarie, dal prolungamento della cassa integrazione per tutto il 2021, all’estensione del credito d’imposta sugli affitti, anch’esso per tutto il 2021. Infine un suggerimento sul fronte del credito bancario, con finanziamenti garantiti con rientro in 20 anni. Aspettiamo un segnale d’attenzione che finora non c’è stato, sperando che non sia troppo tardi”.

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“Ristoranti aperti a Natale e Capodanno”: la richiesta di Fipe al governo

Nei mesi scorsi solo lo 0,18% dei 6,5 milioni di controlli effettuati nel complesso delle attività commerciali, ristoranti compresa, ha generato sanzioni. Un dato che viene accolto col favore della Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, che ora “chiede in cambio al governo di lasciar lavorare le imprese del settore”.

“Non si possono spegnere dall’oggi al domani – è la denuncia – come se fossero automobili: molti locali hanno già iniziato ad acquistare le merci per le feste e organizzato il personale. Chi li risarcirà in caso di chiusura?”.

Fipe – Confcommercio interviene dunque sul dibattito in corso all’interno del governo, su eventuali misure restrittive da adottare durante le feste natalizie. “Noi vogliamo lavorare – aggiunge la Federazione – ma se il governo dovesse decidere di seguire il modello tedesco, si prepari a farlo al 100%”.

Per il mondo della ristorazione il mese di dicembre vale 7,9 miliardi di euro, mentre i soli pranzi di Natale e Capodanno valgono 720 milioni. Per ammortizzare queste perdite, secondo Fipe, “occorrono misure come quelle adottate in Germania: ristoro al 75% dei fatturati calcolato sui mesi di novembre e dicembre, riduzione dell’iva al 5% e tutela dagli sfratti”.

Una richiesta che arriva proprio dai dati positivi dei controlli effettuati negli ultimi mesi. “Un segno – sottolinea la dirigenza della Federazione – che i protocolli adottati a maggio sono stati rispettati e che le nostre imprese sono luoghi sicuri”.

“Per noi – conclude Fipe – la salute pubblica è al primo posto ma siamo pronti a fare di più, garantendo un maggiore distanziamento tavoli e concedendo a Natale e nel periodo festivo l’accesso ai ristoranti solo su prenotazione, dando così una mano sulla raccolta dei dati e rendendo più semplice ed efficace il tracciamento”.

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I “Guerrieri” del vino: Tenuta San Leonardo compie 250 anni in Trentino

Il motto di famiglia recita “Belli ac Pacis Amator“, ovvero “Amante della Guerra e della Pace”. Deposte definitivamente le armi, la famiglia Guerrieri Gonzaga può festeggiare in questo 2020 un traguardo importante: Tenuta San Leonardo ha infatti compiuto 250 anni di età, il 5 dicembre scorso.

Impossibile immaginare che i Terzi, antico cognome della famiglia, avrebbero un giorno dato vita a una delle cantine più prestigiose d’Italia. Uomini d’arme con la pace nelle vene, capaci con Niccolò figlio di Ottobono di guadagnarsi sul campo di battaglia il soprannome di “Guerriero”. Cognome aggiunto nel 1506 a quello di Gonzaga, in segno di riconoscenza da parte del Marchese Francesco, signore di Mantova.

La storia di Tenuta San Leonardo è poco più recente. Era il 5 dicembre del 1770 quando il possedimento di Avio, in provincia di Trento, venne ceduto alla famiglia da parte della Chiesa Tridentina.

“Ancora oggi, dopo ben 250 anni – spiega il Marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga – lo stesso sentimento ci lega a questa enclave del Basso Trentino baciata dal sole, accarezzata dal vento e protetta dagli imponenti bastioni dei Monti Lessini e del Monte Baldo, dove la vigna ci regala grandi vini che parlano di Terroir e amore per la terra”.

Più di mille anni fa, Tenuta San Leonardo era un monastero; oggi la residenza dei Marchesi Guerrieri Gonzaga. Più che un vigneto, un giardino di vigne e rose. Le montagne, a nord, proteggono dai venti freddi. E a fondovalle il campo è aperto per accogliere il tepore del lago di Garda.

Una cantina che è molto più del mero business. Le prime tracce della famiglia Guerrieri Gonzaga in qualità di viticoltori a San Leonardo risalgono al XVIII secolo e vengono gelosamente custodite dall’attuale proprietà.

Una prima riorganizzazione della tenuta avvenne tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, grazie al padre del Marchese Carlo, appassionato di enologia. Ma è proprio Carlo il primo vero enologo della famiglia.

Appassionato di grandi vini, da cinquant’anni dedica a San Leonardo gran parte delle sue attenzioni e del suo tempo. Ha trasmesso passione e amore per la vite e il vino anche al figlio Anselmo, che oggi amministra l’azienda in Trentino “ascoltando in ogni scelta sempre il cuore che batte per questa Tenuta amata da tutta la famiglia”.

La formazione di Carlo Guerrieri Gonzaga risulta fondamentale per la storia moderna di San Leonardo. Fu dettata non solo dalla prospettiva di gestire in prima persona il patrimonio agricolo familiare, ma soprattutto da una viva curiosità per i grandi vini, Bordeaux in primis.

Decise così di studiare enologia a Losanna e di approfondire le sue conoscenze con viaggi di studio in Francia ed in Toscana. Proprio presso la Tenuta San Guido di Bolgheri, madre del Sassicaia, iniziò il lungo e proficuo rapporto con Mario Incisa della Rocchetta, che lo introdusse a tutti i segreti del blend bordolese e divenne a tutti gli effetti il suo “padrino enologico”. Una storia con molti capitoli ancora tutti da scrivere.

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La Mozzarella di Gioia del Colle fra le denominazioni protette dell’Ue

È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il regolamento di esecuzione recante l’iscrizione della Dop “Mozzarella di Gioia del Colle” nel registro europeo delle denominazioni di origine protetta e delle indicazioni geografiche protette, diventando così la 311° denominazione italiana registrata.

Con la Mozzarella di Gioia del Colle Dop – sottolinea la Ministra Bellanova – si riconosce la qualità di uno straordinario prodotto pugliese, inimitabile, che rappresenta una storia produttiva ed economica, e una rilevante occasione occupazionale per quelle comunità pugliesi”.

“Ed è importante rimarcare – conclude la Ministra – come negli ultimi anni l’intera filiera abbia visto il fiorire di nuove attività imprenditoriali condotte anche da giovani, sempre più proiettati sui mercati comunitari ed internazionali”.

Eccellenza del patrimonio gastronomico e culturale pugliese ed italiano, la Mozzarella di Gioia del Colle, la cui presenza storica è comprovata da numerose evidenze tra cui un documentario prodotto dall’Istituto Luce a Gioia del Colle il 28 agosto 1950, è espressione del territorio forte della produzione del latte che della sua trasformazione secondo l’antica tradizione locale della pasta filata.

Le caratteristiche del latte sono legate alla qualità della flora pabulare tipica del territorio delle Murge, alla base dell’alimentazione della popolazione bovina che con la produzione del proprio latte conferisce caratteristiche uniche al prodotto trasformato seguendo la tecnica tradizionale, storica, con l’utilizzo solo di latte fresco e l’aggiunta di innesto autoctono.

A livello storico-culturale esiste un legame profondo tra il prodotto e la tipologia degli allevamenti, aziende zootecniche di piccole e medie dimensioni a conduzione prevalentemente familiare e strutturate secondo usi locali, che prevedono lunghi periodi di pascolamento.

Il paniere costituito da 60 prodotti Dop e Igp del food e del vino pugliesi si arricchisce dunque di un prodotto rappresentativo di una filiera agricolo-zootecnica importante. Si prospetta quindi un salto di qualità che significa anche ricaduta economica. Se la mozzarella pugliese registra, ad oggi, un valore alla produzione di circa 80 milioni di euro, il riconoscimento comunitario potrà significare un aumento stimato intorno al 20% della produzione.

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Fipe-Confcommercio: “Troppo pochi 3 miliardi sul turismo”

Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, commenta le prime bozze del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza in circolazione in queste ore sottolineando l’inadeguatezza delle misure prese a favore del turismo e dell’ospitalità.

“Il Covid ha completamente spazzato via l’economia nazionale legata al turismo – afferma Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio – Eppure il Recovery Plan destina solo 3,1 miliardi di euro a questo settore, l’1,58% dei 196 miliardi complessivi”.

Una cifra assolutamente insufficiente – prosegue il presidente – che denota una mancanza di strategia per il potenziamento e la valorizzazione di una risorsa che da sola produce il 13% del Pil nazionale. Come se non bastasse, in questi 3 miliardi non c’è nulla per il mondo dell’accoglienza e della ristorazione che è completamente assente”.

Secondo Stoppani “se vogliamo difendere le posizioni erose da una concorrenza internazionale sempre più agguerrita, rafforzare e migliorare la nostra offerta turistica, dobbiamo investire sulla destagionalizzazione, integrando i differenti turismi che rendono unica l’Italia”.

Un piano che deve comprendere “dalle città d’arte, al mare, alla montagna, all’enogastronomia, all’intrattenimento. Servono investimenti sul sistema dell’accoglienza e dell’ospitalità, che ha nella ristorazione e nei pubblici esercizi, diffusi e qualificati, un forte elemento di identità e attrattività”.

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Cantina Bolzano: la winery “al cubo” dell’Alto Adige

Sono 223 i soci viticoltori protagonisti di Cantina Bolzano, una realtà che dalla sua fondazione persegue lo stesso obiettivo: produrre e commercializzare i migliori vini dell’Alto Adige, in particolare gli autoctoni Lagrein e Santa Maddalena.

Una “winery” che è divenuta simbolo della città, ancor più dalla realizzazione del cubo, la struttura che la contraddistingue e la rende riconoscibile tra mille, a livello internazionale. L’unica parte visibile di un nuovo edificio produttivo perfettamente integrato nella natura, ai piedi delle montagne del quartiere San Maurizio di Bolzano.

“La tradizione che si rinnova, per inseguire nuovi traguardi di eccellenza”, come amano sintetizzare all’unisono il presidente Michael Bradlwarter, il direttore Klaus Sparer e l’enologo Stephan Filippi.

UNA STORIA DI OLTRE UN SECOLO

La storia di Cantina Bolzano inizia nel 1908, quando 30 viticoltori del quartiere bolzanino di Gries decisero di fondare una cooperativa vinicola con lo scopo di vinificare uno dei vitigni più importanti della zona: l’autoctono Lagrein.

Qualche anno dopo, nel 1930 viene fondata da 18 viticoltori un’altra piccola cooperativa a Santa Maddalena, all’interno della quale i soci riuscirono a produrre da uve Schiava un vino di grande pregio: il Santa Maddalena.

Dalla fusione di queste piccole realtà vinicole nel 2001 nasce Cantina Bolzano, la cantina di produttori che si fa portavoce delle due varietà autoctone principi della zona: il Lagrein e il Santa Maddalena.

Di pari passo alle due realtà riunite sotto il nome di Cantina Bolzano, cresce anche il numero di soci, ad oggi 224, e si rende necessario unificare anche fisicamente le due sedi produttive. Nel 2015 viene posata la prima pietra della nuova cantina nel quartiere di San Maurizio alle porte della città di Bolzano.

L’edificio produttivo, costruito rispettando i più moderni principi di sostenibilità, viene completato nel 2018 quando per la prima volta le uve vengono consegnate e lavorate all’interno della nuova cantina.

LA “NUOVA” CANTINA BOLZANO

Il nuovo sito produttivo è perfettamente integrato nella superficie collinare circostante. Grazie alla sua strutturazione su 5 livelli, sfrutta la gravità per realizzare il processo di lavorazione a caduta dell’uva.

L’edificio unisce i principi di funzionalità e valorizzazione del vino a quelli di ecosostenibilità e tutela del paesaggio. Cantina Bolzano è infatti la prima cantina produttori certificata CasaClimaWine®.

Lo stabile è costruito sotto il livello del terreno ed è coperto in superficie da terrazze coperte da vigneti, per mimetizzare totalmente la struttura. L’unica costruzione in superficie è la parte centrale, dominata dal cubo che è diventato il simbolo della nuova Cantina Bolzano, anche grazie ai “filamenti” che ricordano una foglia di vite.

L’aumento dello spazio di lavoro con il nuovo stabilimento ha permesso di valorizzare maggiormente le caratteristiche delle selezioni. I vari “Cru” sono infatti lavorati in serbatoi separati per esaltare al meglio le proprietà di ciascuna zona di produzione.

CANTINA BOLZANO IN SINTESI

  • Fondazione: 1908 Cantina di Gries, 1930 Santa Maddalena, 2001 fusione in Cantina Bolzano, 2018 trasferimento nella nuova sede di San Maurizio
  • Posizione & territorio: Bolzano e dintorni. La zona vinicola di Bolzano è una delle principali aree vinicole della regione. I terreni di fondovalle sono ben ventilati, caratterizzati da forti escursioni termiche tra il giorno e la notte e beneficiano della vicinanza ai fiumi Adige e Isarco. Qui le uve, che crescono sui pendii ai piedi delle Dolomiti ad un’altitudine che va dai 200 ai 1000m. s.l.m., acquisiscono caratteristiche d’eccellenza. Ne sono esempio i due vini di punta della regione vinicola: Lagrein e Santa Maddalena (Schiava).
  • Modello aziendale: Cooperativa di produttori
  • Direttore: Klaus Sparer
  • Presidente: Michael Bradlwarter
  • Enologo: Stephan Filippi
  • Soci: 224
  • Superficie vitata: 340 ettari
  • Impianto: sistema a pergola per alcuni vigneti di Santa Maddalena; sistema a spalliera per la maggior parte dei vigneti.
  • Vitigni: Lagrein, Schiava/Santa Maddalena, Cabernet, Merlot, Pinot Nero, Pinot Bianco, Sauvignon, Chardonnay, Gewürztraminer, Pinot Grigio, Sylvaner, Müller Thurgau, Kerner, Riesling, Moscato Rosa, Moscato Giallo.
  • Terreni: sui versanti terreni prevalentemente sabbiosi, a fondovalle terreni alluvionali.
  • Produzione: 3 milioni di bottiglie
  • Export: ca. 20%
  • Fatturato: 20 milioni di euro
  • Vini più rappresentativi: TABER Lagrein, PRESTIGE Lagrein, BARON CARL EYRL Lagrein, HUCK AM BACH Santa Maddalena, MUMELTER Cabernet, Pinot Nero Riserva, SIEBENEICH Merlot, MAURITIUS Lagrein-Merlot, MOCK Sauvignon; DELLAGO Pinot Bianco, KLEINSTEIN Chardonnay, VINALIA Moscato Giallo, ROSIS Moscato Rosa.
  • Hospitality: visite guidate in cantina con successiva degustazione.
  • Visite guidate: per gruppi privati su richiesta
  • Info e contatti:
    Cantina Bolzano
    Via San Maurizio, 36
    39100 Bolzano (BZ), Italia
    +39 0471 27 09 09
    info@cantinabolzano.com
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Cantine Pellegrino inaugura la Sala dei Manifesti Storici

Le Cantine Pellegrino, in occasione dei 140 dalla fondazione, inaugurano una nuova sala dedicata ai suoi Manifesti Storici, un luogo dove riscoprire il volto e l’immagine che nel tempo ha caratterizzato questa cantina, creata a Marsala nel lontano 1880 da Paolo Pellegrino.

La visita alla cantina si snoda lungo diverse sale prima di giungere ai Manifesti Storici, appesi alle pareti l’uno accanto all’altro, per consentire ai visitatori di cogliere le differenze di stile e di linguaggio usate dalla pubblicità nel corso degli anni. Un tunnel buio conduce ai manifesti, che illuminati singolarmente, si stagliano in una scenografica atmosfera.

Tra le linee più rigorose degli anni Venti del secolo scorso e lo stile pop e colorato degli anni Sessanta e Settanta si giunge alle immagini dei giorni nostri, con la definizione di uno stile New Vintage che è la cifra attuale della cantina, rappresentato dalla silhouette di una elegante donna che come abito veste una bottiglia di vino. Un poster ideato appositamente per la Pellegrino negli anni Sessanta da Dady, uno degli illustratori più celebri dell’epoca, come era consuetudine tra i grandi marchi.

La Sala Manifesti Storici, ubicata nella parte terminale delle bottaie storiche di Marsala, arricchisce e completa il percorso di visita in cantina di nuovi e interessanti contenuti. Con l’inaugurazione di questo ambiente infatti, il percorso di visita attraverso i luoghi sacri della produzione del vino si chiude in maniera del tutto nuova, approfondendo il colorato stile di comunicazione della cantina.

I Manifesti Storici non sono l’unica collezione custodita ed esposta nei locali delle Cantine Pellegrino. Cinque carretti siciliani dell’Ottocento perfettamente restaurati fanno bella mostra di sé in una sala dedicata, oltre a un magnifico calco in gesso originale della Nave Punica di Marsala, esposto in tutta la sua grandezza. Senza dimenticare una nutrita raccolta di attrezzi ultracentenari appartenuta a Mastri Bottai del luogo e la totalità del celebre Archivio Ingham-Whitaker, che custodisce la cronaca dei primi scambi commerciali del liquore marsala con l’Inghilterra.

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Gurrida e il magico vigneto “subacqueo” sull’Etna: vendemmia 2020 da supereroi

L’Alicante? Un vitigno da “apnea”. Chiedere per credere a Gurrida, cantina proprietaria di un vigneto “subacqueo”. Da circa 200 anni, da novembre ad aprile, le piante “a piede franco” vengono sommerse dall’acqua. Non siamo su un nuovo pianeta scoperto dalla Nasa, ma a Randazzo. Sul versante nord dell’Etna.

Dopo dodici anni – spiega fiero a WineMag,it Gaetano Cesarò, patron di Gurrida – la vendemmia in azienda è stata ripresa ed abbiamo raccolto circa 60 quintali di Alicante dalle nostre vigne secolari”.

Qualità o quantità? Non scherziamo: “È stata una vendemmia discreta, caratterizzata da una quantità minima ma di ottima qualità: come prima annata non si poteva pretendere più di tanto”, chiosa ancora Gaetano Cesarò.

Una realtà che non è solo un’azienda vinicola, ma un vero e proprio concentrato della storia vitivinicola della Sicilia. Il vigneto di Alicante fu voluto dall’ammiraglio Horatio Nelson, che lo fece realizzare dopo essere stato nominato Duca di Bronte dal Re di Napoli. Un riconoscimento per aver sedato una rivolta nella città partenopea.

Nelson, la cui idea era di costituire un nuovo polo vinicolo nell’isola, ben nota agli inglesi che controllavano il commercio del Marsala, fece impiantare dall’enologo francese Fabre mille ettari di Alicante.

Un vitigno noto anche come Grénache. Tra queste nuove piantagioni, ecco il vigneto di Gurrida, sopravvissuto all’arrivo della fillossera grazie ad un fenomeno unico nel suo genere, che ne rivela le doti da “subacqueo”.

Ogni anno, da novembre ad aprile, le viti finiscono in apnea, ricoperte dall’acqua piovana che poi, lentamente, si riversa nei fiumi Alcantara e Simeto grazie alla porosità del terreno. Ancora oggi, seppur con qualche difficoltà dovuta alla riduzione delle piogge, è possibile ammirare il fenomeno.

All’interno dell’azienda, che si presenta con una particolare cantina posta su tre livelli, anche un piccolo museo rurale, che offre la possibilità di vedere le vecchie botti grandi dove veniva custodito il vino negli anni ’40.

“Le hanno forate a colpi di pistola i soldati tedeschi di stanza sull’Etna- spiega ancora a WineMag.it Gaetano Cesarò – per sversare gli oltre 3 mila ettolitri di vino durante la Liberazione da parte delle forze alleate”. Una storia di resistenza che si mescola a quella del vigneto subacqueo di Alicante.

All’interno dell’azienda di Randazzo, anche una fermata della ferrovia Circumetnea, la seconda linea ferrata italiana costruita dopo quella di Napoli, oltre a un vastissimo parco dominato dal lago Gurrida. Un gioiello incastonato nel territorio del Parco dell’Etna, che è possibile visitare grazie ad un sentiero immerso. Nella natura, s’intende.

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Torna la Stella Michelin a Montalcino dopo 11 anni di assenza

“La riconquista della stella Michelin a Montalcino dopo 11 anni è di per sé un’ottima notizia, ma il fatto che questa sia stata assegnata a un gruppo che fa del vino la propria identità ci rende ancora più orgogliosi”. Lo ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci, commentando la stella assegnata oggi dalla Guida Michelin al ristorante Sala dei Grappoli di Castello Banfi-Il Borgo, guidato dallo chef Domenico Francone.

“Banfi – ha proseguito – è l’esempio di quanto il sistema vino a Montalcino sia complesso e radicato nel tessuto sociale della comunità ben oltre il proprio prodotto. Il brand Brunello di Montalcino è legato a doppio filo al suo borgo e allo sviluppo che la sua principale economia è stata in grado di dare e che ne ha fatto una bandiera dello stile di vita italiano, della sua storia, della sua biodiversità e della sua cucina”.

“Questo riconoscimento è la prova della grande crescita della ristorazione montalcinese, che punta con impegno a raggiungere l’eccellenza del suo vino di punta. Anche nell’anno più difficile – ha concluso Bindocci – registriamo un’altra bella notizia dopo quelle dell’eccellente vendemmia e delle prime recensioni internazionali dell’annata 2016, in commercio dal prossimo gennaio, considerata tra le migliori di sempre”.

In occasione della presentazione della Guida Michelin 2021 il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, che ha partecipato come partner della manifestazione, ha assegnato il Premio Michelin Sommelier 2021 a Matteo Circella, sommelier del ristorante La Brinca (Ne, Genova). Oltre al riconoscimento, al vincitore anche una mathusalem da 6 litri di Brunello di Montalcino 2015.

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Dopo 11 anni torna la Stella Michelin a Montalcino

“La riconquista della stella Michelin a Montalcino dopo 11 anni è di per sé un’ottima notizia, ma il fatto che questa sia stata assegnata a un gruppo che fa del vino la propria identità ci rende ancora più orgogliosi”. Lo ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci, commentando la stella assegnata oggi dalla Guida Michelin al ristorante Sala dei Grappoli di Castello Banfi-Il Borgo, guidato dallo chef Domenico Francone.

“Banfi – ha proseguito – è l’esempio di quanto il sistema vino a Montalcino sia complesso e radicato nel tessuto sociale della comunità ben oltre il proprio prodotto. Il brand Brunello di Montalcino è legato a doppio filo al suo borgo e allo sviluppo che la sua principale economia è stata in grado di dare e che ne ha fatto una bandiera dello stile di vita italiano, della sua storia, della sua biodiversità e della sua cucina”.

“Questo riconoscimento è la prova della grande crescita della ristorazione montalcinese, che punta con impegno a raggiungere l’eccellenza del suo vino di punta. Anche nell’anno più difficile – ha concluso Bindocci – registriamo un’altra bella notizia dopo quelle dell’eccellente vendemmia e delle prime recensioni internazionali dell’annata 2016, in commercio dal prossimo gennaio, considerata tra le migliori di sempre”.

In occasione della presentazione della Guida Michelin 2021 il Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, che ha partecipato come partner della manifestazione, ha assegnato il Premio Michelin Sommelier 2021 a Matteo Circella, sommelier del ristorante La Brinca (Ne, Genova). Oltre al riconoscimento, al vincitore anche una mathusalem da 6 litri di Brunello di Montalcino 2015.

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Tutela Diritti proprietà: Italia peggio di Sudafrica e Uruguay

L’Italia peggiora la propria posizione nell’Indice Internazionale sulla tutela dei Diritti di Proprietà, passando dal 46° al 47° posto. Non una buona notizia per il Made in Italy “fisico” e “intellettuale”, che risulta così tra i meno tutelati dell’Ue e distante dagli altri Paesi del G7. L’Italia è preceduta persino da Sudafrica e Uruguay, con un punteggio finale di 6.2 su 10.

Il distacco con i vertici della classifica è significativo. Finlandia, Svizzera, Singapore, Nuova Zelanda e Giappone hanno tutte un punteggio superiore a 8. I Paesi del G7 mediamente hanno ottenuto un punteggio medio pari a 7.7.

L’International Property Rights Index 2020, realizzato dalla Property Rights Alliance di cui fa parte il think tank Competere.eu, misura la tutela della proprietà in oltre 129 Paesi, rappresentanti il 98 per cento del Pil mondiale ed il 94 per cento della popolazione.

L’indice si compone di tre voci principali che riguardano il “sistema politico e giuridico“, la “tutela dei diritti fisici” e la “tutela dei diritti intellettuali“. L’Italia è “insufficiente” nella prima voce, soprattutto per quanto riguarda la stabilità politica e l’efficienza e l’efficacia della giustizia civile e gli alti livelli di corruzione percepiti, mentre raggiunge una risicata sufficienza nelle altre due.

Altri punti deboli sono la tutela del copyright e la capacità di accesso al credito, i cui punteggi sono molto bassi (intorno a 3.1). Nell’edizione 2020 particolare peso nel giudizio finale è stato dato alla parità di genere.

In molte nazioni questo obiettivo è ancora lontano dall’essere raggiunto e questo condiziona anche la tutela della proprietà intellettuale e fisica. Inoltre, dove la parità tra i sessi e gli individui non è pienamente raggiunta vengono rallentati i processi di innovazione e sviluppo.

La premessa all’Indice della curatrice Sary Levy-Carciente mette l’accento anche sulla necessità di rafforzare la tutela dei diritti di proprietà durante eventi emergenziali come la pandemia: “I governi devono lavorare per garantire che la proprietà sia difesa, si pensi anche alla necessità di produrre vaccini e nuove terapie, per far sì che la ripresa economica e sociale sia ancora più forte”.

“I diritti di proprietà – dichiara Pietro Paganini, Presidente di Competere.eu – sono un indicatore chiave dello sviluppo economico e della stabilità politica. L’innovazione va di pari passo con la tutela di questi diritti fondamentali e così la libertà di fare impresa. Se vogliamo costruire un’Italia più forte dopo la pandemia è necessario rafforzarli”.

“Quest’anno – dichiara il Direttore di Competere.eu, Giacomo Bandini – l’attenzione dell’Indice è stata dedicata a due temi chiave: parità di genere e pandemia . La pandemia rischia invece di peggiorare la situazione perché porta imprevedibilità e incertezza nella regolamentazione e può rallentare il corso della giustizia civile. Si deve agire su entrambi i fronti per un futuro migliore”.

“Quest’edizione – dichiara il Segretario Generale di Competere.eu Roberto Race–  ancor più che in altri anni ci troviamo a constatare quanto l’Italia sia indietro sulla tutela della Proprietà Intellettuale. I Paesi che crescono di più sono, infatti, primi in innovazione e guidano la classifica dell’Ipri. Se vogliamo tornare a crescere dobbiamo intervenire in maniera più determinata per favorire e tutelare imprese e marchi dal fenomeno della contraffazione”.

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Fipe-Confcommercio: chiesto lo stato di crisi per la ristorazione collettiva

Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi, lancia l’allarme e invoca l’intervento immediato dell’esecutivo, che fino a questo momento sembra essersi dimenticato della ristorazione collettiva.

La ristorazione collettiva – afferma Fipe – pur essendo tra i settori autorizzati ad operare, è in ginocchio per effetto della pandemia. La chiusura di buona parte delle scuole e l’utilizzo massiccio dello smart working nella pubblica amministrazione e nelle imprese private stanno provocando un dimezzamento dei fatturati delle aziende, con il risultato di mettere a rischio 60 mila posti di lavoro. Per questo chiediamo al governo di dichiarare lo stato di crisi del settore“.

Nessuna misura di sostegno è stata destinata a mense scolastiche e aziendali, nonostante i provvedimenti restrittivi adottati per contenere la diffusione del Covid abbiano costretto le imprese a rivedere i loro modelli di servizio, con ulteriore aggravio di costi.

I fatturati delle società che gestiscono le mense aziendali sono crollati del 40%, mentre quelle di chi svolge il servizio di distribuzione e sporzionamento dei pasti nelle scuole hanno perso oltre il 50% dei loro volumi d’affari. Tutto questo si traduce in 60 mila posti di lavoro a rischio, in particolare occupazione femminile.

“Di fronte a queste cifre – prosegue Fipe – abbiamo avanzato delle proposte al Governo in incontri con i sottosegretari al Mise e al Lavoro, Morani e Di Piazza, ed in audizioni parlamentari sul decreto Ristori, perché anche queste imprese siano inserite tra i fruitori dei contributi a fondo perduto, vengano inoltre sospesi o ricontrattati i canoni concessori in essere ed infine previste ulteriori misure per il fondo di solidarietà e la cassa integrazione senza restrizioni”.

“Solo in questo modo – conclude Fipe – sarà possibile evitare la morte di gran parte delle aziende del settore con le ripercussioni sulla tenuta dei livelli occupazionali e con le immaginabili conseguenze in termini di costo sociale e di perdita delle professionalità faticosamente costruite”.

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Assemblea annuale Fipe: calo del 40% del fatturato e persi 33 mld su 96 complessivi

Fipe-Confcommercio (Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi) ha tenuto la sua assemblea annuale alla presenza del premier Giuseppe Conte e dei ministri Teresa Bellanova, titolare della delega all’Agricoltura, e Dario Franceschini, ministro del Turismo.

Un quadro preoccupante quello presentato da Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe, con un quarto trimestre del 2020 in forte calo, in cui si prevede una chiusura con una perdita di fatturato di 10 miliardi di euro, pari al 40%, ed un calo su base annuale di 33 miliardi di euro su 96 complessivi.

Nonostante le risorse messe fino ad ora dal governo – ha dichiarato il presidente Stoppani – lo sforzo non è sufficiente per prevenire le chiusure e gli scenari più catastrofici per il 2020, che parlano di 50 mila imprese a rischio e 300 mila posti lavoro in bilico”.

“A seguito delle nuove restrizioni – ha detto ancora Stoppani – occorre infatti rifinanziare i contributi a fondo perduto per compensare le perdite dei locali, occorre consolidare i crediti di imposta sulle locazioni commerciali e prevedere moratorie fiscali, contributive e creditizie”.

Stoppani ha anche sottolineato come, per dare un futuro al mondo della ristorazione, occorra lavorare su alcune debolezze del settore messe in luce dalla Pandemia. “La fragilità di tante imprese è il frutto dell’espansione quantitativa e non qualitativa cui abbiamo assistito negli ultimi anni, a partire da un processo di liberalizzazioni a tratti semplicistico. Da anni Fipe denuncia il rischio bolla dovuto a un eccesso di offerta: 4,6 imprese ogni mille abitanti. Troppe”.

Secondo il presidente Fipe occorre ripartire da un rafforzamento dei requisiti professionali per l’accesso al settore che deve essere accompagnato da una politica volta a sostenere la domanda del consumatore da un lato e l’imprenditoria di qualità dall’altro.

Il ricorso massiccio allo smart-working – ha sottolineato il presidente Stoppani – non si esaurirà con l’attenuarsi della pandemia. Per far fronte alle conseguenze negative che produce e continuerà a produrre sui pubblici esercizi è necessario lavorare non solo sul cash back, per stimolare i pagamenti elettronici, ma anche sull’azzeramento dell’Iva, almeno per tutta la durata della crisi”.

“Allo stesso tempo – ha concluso Stoppani – è essenziale dare vita a un’importante iniziativa di rinnovamento e aggiornamento del sistema dell’accoglienza turistica italiana, rafforzando l’integrazione fra le componenti ricettive e la parte dedicata alla ristorazione e ai servizi”.

Un modo per riconoscere ai Pubblici esercizi non solo l’importante ruolo di servizio, legato all’accoglienza e alla socialità, ma anche quello di componente essenziale delle filiere dell’agroalimentare e del turismo.

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Olio Extravergine: calo del 30% nella produzione nazionale

La nuova produzione nazionale di olio extravergine dovrebbe attestarsi attorno a 255 milioni di chili, con un crollo del 30%. Addio quindi a quasi una bottiglia Made in Italy su tre. È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti sulla base dell’aggiornamento previsionale elaborato da Ismea e Unaprol per la campagna 2020/21.

Una situazione produttiva preoccupante a fronte dell’aumento del 9,5% degli acquisti delle famiglie italiane che con l’emergenza Covid, nel primo semestre dell’anno, sono tornate a fare scorte in cucina con i prodotti base della dieta mediterranea. In Italia 9 famiglie su 10 consumano olio extravergine d’oliva tutti i giorni con una crescente attenzione verso il prodotto di qualità che ha favorito la nascita di corsi e iniziative.

L’Italia è il primo consumatore mondiale di olio di oliva con una media negli ultimi 5 anni di 504 milioni di chili, seguita dalla Spagna con 483 milioni di chili e dagli Stati Uniti con ben 320 milioni di chili. A sostenere la domanda mondiale sono certamente gli effetti positivi sulla salute associati al consumo di olio di oliva provati da numerosi studi scientifici che hanno fatto impennare le richieste di quel segmento di popolazione che nel mondo è attento alla qualità della propria alimentazione.

A condizionare la raccolta quest’anno è soprattutto l’andamento in Puglia, Calabria e Sicilia che fanno registrare contrazioni rispettivamente del 43%, 38% e 15%. Al Centro Nord si rilevano, invece, incrementi del 31% in Toscana, 8% nel Lazio, 70% in Umbria e del 100% in Liguria, dopo gli scarsi livelli dello scorso anno. In generale, comunque, ci si attende in tutta la Penisola un olio di elevata qualità grazie all’ottima fioritura, a condizioni meteo non avverse e ai limitati attacchi della mosca olearia.

Sul fronte del mercato, la minor produzione 2020 e la domanda delle famiglie sta spingendo in alto i listini nelle ultime settimane, con aumenti che riguardano anche gli oli Dop/Igp italiani. L’andamento dei prossimi mesi dipenderà come di consueto dalla situazione internazionale con la produzione mondiale stimata in linea a quella dello scorso anno ed i prezzi in Spagna, Grecia e Tunisi che mostrano tendenze al rialzo. La Spagna è di gran lunga il principale produttore mondiale seguito dall’Italia mentre sul podio al terzo posto si trova la Grecia.

L’andamento della raccolta è importante dal punto economico ed occupazionale per una filiera che conta oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia ma anche il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp), con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo.

Con l’82% degli italiani che con l’emergenza coronavirus sugli scaffali cerca prodotti Made in Italy per sostenere l’economia ed il lavoro del territorio, il consiglio della Coldiretti è quello di diffidare dei prezzi troppo bassi, guardare con più attenzione le etichette e acquistare extravergini a denominazione di origine Dop e Igp, quelli in cui è esplicitamente indicato che sono stati ottenuti al 100 per 100 da olive italiane o di acquistare direttamente dai produttori olivicoli, nei frantoi o nei mercati di Campagna Amica dove è possibile assaggiare l’olio EVO prima di comprarlo e riconoscerne le caratteristiche positive.

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