Agriturismi pioggia di disdette a causa della variante Omicron
Pioggia di disdette anche negli agriturismi italiani a causa della variante Omicron. «Nonostante fosse stata già considerata l’assenza di ospiti stranieri – spiega Augusto Congionti, presidente di Agriturist-Confagricoltura – le premesse erano decisamente buone con molte strutture al completo fin dopo Capodanno. In soli due giorni la situazione si è ribaltata e molti agriturismi, affogati dagli annullamenti delle prenotazioni, hanno deciso di chiudere per l’ultimo dell’anno».
Nel Lazio circa un terzo delle strutture è rimasto chiuso. Quelle aperte hanno registrato un calo dal 70 all’80% per Natale. Non Meglio il Capodanno: meno 50% per la ristorazione e 20% per gli alloggi. Per l’Epifania il crollo è maggiore, con punte che arrivano al 90%.
Bene, invece, le cene da asporto. La Lombardia ha registrato un meno 40% per la ristorazione. Una perdita compensata in parte dall’aumento del 20% della vendita di prodotti per cesti natalizi e regali aziendali. Sono cresciute, in controtendenza, tra il 10 e il 15% le richieste di alloggio per il fine anno. Si tratta di chi ha dovuto rinunciare ai viaggi all’estero.
CONFAGRICOLTURA: «SERVE STRATEGIA TURISTICA»
In Toscana gli operatori degli agriturismi hanno lavorato molto a Natale. Ci si aspettava un Capodanno all’insegna del tutto esaurito, invece è stato un continuo di sospensioni e cancellazioni. Molte le strutture salvate da conferme e prenotazioni dell’ultimo minuto.
In Puglia si è registrato un Natale positivo. Poi sono fioccate le disdette, soprattutto da ospiti provenienti dal Nord Italia. Veglioni all’80% della capienza con il turismo di prossimità, un meno 40% per il primo dell’anno. Lentissima l’Epifania, con un’occupazione delle strutture che arriva al 30-40%.
La Sicilia rileva un crollo per Capodanno, dopo un Natale con presenze diminuite di circa un terzo. Molti agriturismi rimasti chiusi, in particolare le strutture più piccole. I più grandi, con un Natale che ha segnato un meno 20%, sono rimasti comunque aperti, pur lavorando al di sotto delle aspettative. Male anche a Bologna dove, a Capodanno, gli agriturismi rimasti aperti sono riusciti a malapena ad arrivare al 30% della capienza.
«La situazione – aggiunge Augusto Congionti – continua ad essere difficile e la ripartenza per gli operatori agrituristici non deve rappresentare né una strada sempre in salita né, tantomeno, un miraggio. Occorre predisporre una concreta strategia turistica per il Paese, capace di agevolare il ritorno degli ospiti internazionali, con un tavolo di consultazione stabile tra tutti gli attori della filiera. Le istituzioni considerino l’importanza del settore turistico, all’interno del quale gli agriturismi sono una componente fondamentale per l’economia e il futuro dell’Italia».
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Alleanza Cooperative Agroalimentari Ue discrimina aziende vino e carni rosse
Vita sempre più dura per le imprese del vino e delle carni rosse dell’Ue. I budget allocati dall’Europa per il sostegno alle imprese che trasformano prodotti ritenuti “veicoli” del cancro sono sempre più risicati. Conferme, dunque, dopo i timori per l’approvazione senza rettifiche – a fine 2021 – della relazione targata The Special Committee on Beating Cancer (Beca), in cui Bruxelles equipara sostanzialmente il vino alle sigarette.
Sul piede di guerra, ancora una volta, l’Alleanza Cooperative Agroalimentari, che giudica «discriminante l’atteggiamento dell’Ue». «L’allocazione di budget appare poco equilibrata – tuona il presidente Giorgio Mercuri – poiché le scelte della Commissione vanno di fatto ad incrementare la dotazione per la promozione dei prodotti biologici, a scapito della promozione della sostenibilità e dei prodotti di qualità».
Alleanza Cooperative Agroalimentari condivide le preoccupazioni espresse da Copa-geca e da altre 11 sigle europee, che hanno firmato in questi giorni un accorato appello al Commissario dell’Agricoltura Ue Janusz Wojciechowski. Obiettivo: «Scongiurare ogni approccio discriminatorio da parte della Commssione all’interno del Programma Annuale di Promozione (Annual Work Programme, AWP)».
ALLEANZA COOPERATIVE AGROLIMENTARI: CRITICHE ALLE POLITICHE UE
Il piano resta comunque «uno strumento essenziale, che può davvero aiutare il comparto agroalimentare a mantenere la propria competitività in un contesto sempre più globalizzato, supportando al contempo il passaggio a un sistema alimentare più sostenibile». Ma nel merito, l’Alleanza Cooperative Agroalimentari evidenzia alcuni «punti deboli dell’approccio perseguito dalla Commissione».
Il riferimento è all’introduzione dei sub-criteri per l’ammissione e il finanziamento dei progetti di promozione, «che penalizzano i progetti presentati da aziende di bevande alcoliche e carni rosse». Una decisione che la Commissione motiva con i principi di sostenibilità contenuti nella nuova Pac, nel Green Deal, nella Farm to fork e nel Beating Cancer plan.
«Si tratta evidentemente – commenta il presidente Giorgio Mercuri – di una base giuridica alquanto discutibile, poiché come è noto i documenti indicati sono di fatto comunicazioni e posizioni strategiche della commissione che ancora non si sono concretizzate in atti legislativi e giuridicamente vincolanti. Un problema che è stato esplicitamente sollevato dagli Stati membri che durante il voto sul AWP 2022 hanno deciso di astenersi o di dare un voto contrario, a differenza dell’Italia che invece ha votato a favore».
DISCRIMINATE LE AZIENDE PRODUTTRICI DI CARNI ROSSE E VINO
La seconda obiezione riguarda la nuova bozza dell’Awp – Annual Work Program. «La Commissione – sottolinea Alleanza Cooperative Agroalimentari – ha disconosciuto i grandi sforzi che i due settori delle carni rosse e del vino e alcol hanno fatto in questi ultimi anni per garantire produzioni sempre più sostenibili».
Al contrario, secondo Mercuri, «tali settori andrebbero supportati in questo percorso volto ad aumentare ulteriormente la loro sostenibilità, scegliendo di concentrarsi sui messaggi che accompagnano i programmi di promozione, invece di decidere di discriminarli tout court».
Rispetto infine agli attacchi specifici a carni rosse e bevande alcoliche, l’Alleanza Cooperative Agroalimentari ricorda che «la carne rossa riveste un ruolo importante in una dieta equilibrata, in quanto è un importante fonte di proteine di alta qualità». Per quanto riguarda il vino, «la Commissione non ha distinto affatto tra consumo e abuso, lì dove è stato più volte evidenziato come il consumo moderato di vino nell’ambito di una dieta equilibrata non aumenti in alcun modo il rischio di cancro».
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Turismo e Pnrr pubblicati i bandi per 120 assunzioni
FOTONOTIZIA – Pubblicati i bandi per 120 assunzioni a tempo determinato per laureati e diplomati. Si tratta di varie figure professionali tra cui laureati in statistica, economia, giurisprudenza, scienze della comunicazione e lingue. Il tutto nell’ambito dei progetti del Pnrr.
Enit – Agenzia Nazionale del Turismo è incaricata delle selezioni e delle assunzioni del nuovo personale finalizzato a supportare il conseguimento degli obiettivi e degli interventi di competenza del Ministero del Turismo previsti nel Pnrr. Le domande di ammissione vanno presentate entro il 7 gennaio 2022.
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Borgia Milano wine bar e musica dal vivo per tutto il 2022
Vino e musica dal vivo al wine bar al Borgia Milano. Il ristorante di via Washington 56 propone per tutto il 2022 un ricco calendario di appuntamenti. Eventi pensati per apprezzare meglio la ricca carta vini internazionale, ma non solo. Il via ufficiale alle serate è fissato per giovedì 13 gennaio alle ore 21 con il concerto del Trio Acustico SetteNotti.
Gli eventi del mercoledì avranno inizio il 19 gennaio, alle ore 19.30, con la presentazione del libro Guida al sake tenuta dall’autore Lorenzo Ferraboschi. Gli altri appuntamenti seguiranno a scadenze regolari per due mercoledì al mese, alternati alle serate di musica fissate per il giovedì.
BORGIA MILANO: RISTORANTE E WINE BAR
Borgia Milano e il suo wine bar nascono grazie all’iniziativa di Edoardo Borgia, giovane laureato in psicologia che, dopo alcune esperienze nel settore ristorativo ed enologico, in Italia e negli Stati Uniti, decide di rivoluzionare il bar di famiglia.
Nel locale un tempo si trovava un rinomato outlet di abbigliamento di proprietà del padre, Ennio Borgia, noto imprenditore nel settore tessile da oltre 50 anni. Il primo passo è la ristrutturazione del bar che, a partire dal 2016, prende il nome di Isola 56 – Tasting House, proprio per richiamare il nome dello storico outlet Emporio Isola.
In cucina un giovane chef, Giacomo Lovato, classe 1990 che vanta esperienze da Carlo Cracco e Claudio Sadler. Tiziano Sotgia è il restaurant manager di Borgia – Milano, con un’esperienza quasi trentennale nella ristorazione e nel comparto alberghiero. La carta vini e il wine bar sono invece sotto l’ala del sommelier Devis Giuliano, che ha selezionato le etichette in carta con Sotgia.
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Decreto Festivita discoteche chiuse a Natale e Capodanno dura reazione di Fipe
Fipe Confcommercio esprime «solidarietà e forte preoccupazione» per le discotechechiusea Natale e Capodanno, causa Covid-19. «Non si possono trattare imprese e lavoratori in questo modo», sintetizza la Federazione Italiana Pubblici Esercizi. commentando il provvedimento inserito nel Decreto Festività.
Le imprese e i lavoratori meritano rispetto e il governo con la decisione di chiudere le discoteche fino al 31 gennaio, ha dato il colpo di grazia a migliaia di imprese e ai lavoratori di tutto l’indotto. Un fatto grave nei tempi e nei modi, arrivato come un fulmine a ciel sereno.
Una decisione comunicata in una conferenza stampa, non preannunciata e non accompagnata da misure compensative, che rischia di produrre effetti disastrosi su un comparto appena ripartito oltre che favorire abusivismo e pericolose situazioni di aggregazione nelle città».
Le anticipazioni prevedevano che si potesse continuare a frequentare i locali con doppia vaccinazione e tampone rapido. «D’improvviso – continua Fipe – la retromarcia del governo. Con l’effetto paradossale di mettere in discussione proprio la campagna vaccinale».
Una scelta che la Federazione Italiana Pubblici Esercizi definisce «inopportuna». «Anche perché – spiega – diretta contro un unico settore, il più bersagliato in questi mesi di pandemia, che contava già perdite superiori ai 4 miliardi».
Una decisione che vanifica acquisti di merce, di assunzioni di personale, di artisti scritturati. Ma soprattutto annunciata senza nessun riferimento a misure economiche compensative che andavano identificate ed erogate contestualmente».
«Oltre al danno economico – conclude Fipe – la beffa di dover assistere impotenti la notte del 31 a feste in case private o in locali abusivi, dove si ballerà in assenza di qualsiasi forma di controllo. La misura è colma».
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LAssociazione Verace Pizza Napoletana inserisce la pizza fritta nel disciplinare
Avpn (Associazione Verace Pizza Napoletana) inserisce la pizza fritta nel proprio disciplinare internazionale la pizza fritta. Un prodotto che per molti pizzaioli è decisamente qualcosa di più che una seppur valida alternativa alla classica pizza.
«Da anni l’Associazione è impegnata nella promozione e nella valorizzazione della Vera Pizza Napoletana – spiega Antonio Pace, Presidente Avpn -. Dopo tanti anni di successi e riconoscimenti era necessario, da parte nostra, procedere alla tutela di un’altra eccellenza del food partenopeo: la pizza fritta».
«Abbiamo pertanto voluto – aggiunge Pace – aggiungere un’appendice al Disciplinare Internazionale della Vera Pizza Napoletana dedicata alla pizza fritta. Descritta nelle sue due varianti di forma tonda e a mezzaluna (calzone). Nei suoi ingredienti di base. Nella tipicità della stesura e della chiusura ed infine nella tecnica e nelle caratteristiche di frittura».
Preziosa, nell’appendice che Avpn ha dedicato alla pizza fritta, la collaborazione tra l’Associazione e il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli.
«Questa certificazione si inserisce in un contesto di rivalutazione, dal punto di vista scientifico e nutrizionale, della frittura – dichiara la Professoressa Paola Vitaglione, ordinario di Fisiologia del Dipartimento -. Il cibo fritto non fa male alla salute se preparato in maniera corretta e se non se ne abusa».
«Inoltre e se il suo consumo si accompagna ad un pattern alimentare sano e un adeguato livello di attività fisica si può cedere al piacere di un buon fritto anche due volte a settimana!», conclude Vitaglione.
LE PRIME 8 TABELLE DI CERTIFICAZIONE
Per questo motivo Avpn ha scelto di fare della pizza fritta la protagonista della seconda edizione del Vera Pizza Day, in programma lunedì 17 gennaio 2022. Sarà questa l’occasione per consegnare ufficialmente le prime 8 tabelle di certificazione. Certificazioni che andranno alle friggitorie che hanno fatto la storia della pizza fritta. A quelle che negli ultimi anni hanno spinto con l’apertura di nuovi locali ed alla diffusione di questo prodotto.
Infine alle pizzerie che hanno riservato alla pizza fritta un ruolo di pari livello, se non superiore, rispetto a quella al forno. La scelta del numero di tabelle assegnate non è casuale ma dovuta alla storica tradizione di venderla con la formula di “oggi a 8“. Ossia la mangio oggi e la pago tra otto giorni.
In ordine alfabetico le tabelle sono state assegnate a: Antica Friggitoria Masardona, Antica Pizza Fritta da Zia Esterina Sorbillo, Guglielmo Vuolo, Isabella De Cham Pizza Fritta, La Figlia del Presidente, Pizza Fritta Famiglia Surace da più di 100 anni, Pizzeria De’ Figliole e Starita a Materdei.
I SEGRETI DELLA PIZZA FRITTA NAPOLETANA
Pochi consigli ma da seguire con attenzione. Immergere l’alimento in olio extravergine di oliva o in olio di semi (preferibilmente quello di girasole ad alto contenuto di acido oleico o arachidi) ad una temperatura che non raggiunga mai il punto di fumo, applicando un ricambio frequente dell’olio.
Queste semplici regole oltre a garantire proprietà sensoriali come la croccantezza e profumo caratteristici, migliorano gli aspetti nutrizionali del prodotto. Riducono infatti la quantità di olio assorbiti dall’alimento e la formazione di sostanze indesiderate che possono derivare dall’ossidazione dei grassi.
AVPN E LA SOLIDARIETÀ
Ma aldilà dell’aspetto legislativo e di quello salutistico, la pizza fritta è collegata anche ad aspetti sociali che non sono sfuggiti all’Associazione Verace Pizza Napoletana. A maggior ragione in un periodo come quello natalizio dove talvolta un gesto e un’attenzione particolare possono fare davvero la differenza.
«Abbiamo voluto riscoprire l’antica tradizione delle “pizzelle di Natale” – ha concluso il Presidente Pace – che riuniva le famiglie alla Vigilia intorno al focolare per la preparazione delle pizze fritte. Noi abbiamo scelto di allargare il concetto di famiglia, allietando il Natale dei più bisognosi del Binario della Solidarietà, gestito dalla Caritas Diocesana di Napoli. Grazie all’Associazione Camminare Insieme proveremo a portare un po’ di gioia, preparando solo per loro delle pizze fritte nella giornata del 23 dicembre».
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La Cerca e cavatura del tartufo in Italia e patrimonio Unesco
La Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali entra nel patrimonio culturale immateriale dell’umanità tutelato dall’Unesco. Lo ha annunciato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel corso dell’Assemblea nazionale della principale organizzazione agricola europea.
L’inserimento del nuovo “patrimonio” è stato ufficializzato in occasione sedicesima sessione del Comitato intergovernativo Unesco, riunito a Parigi. Un risultato che è stato festeggiato con un maxi vassoio di tagliolini al tartufo per le centinaia di agricoltori insieme ai leader politici dei principali partiti e movimenti presenti in Assemblea.
«L’ingresso del tartufo tra i patrimoni dell’umanità – sottolinea Prandini – è un passo importante per difendere un sistema segnato da uno speciale rapporto con la natura, in un rito ricco di aspetti antropologici e culturali. Una tradizione determinante per molte aree rurali montane e svantaggiate, anche dal punto di vista turistico e gastronomico».
Non a caso, al tartufo guarda con molta attenzione anche il mondo del vino. Il Consorzio di Tutela degli spumanti piemontesi Alta Langa ha annunciato a settembre 2021 un progetto che intensifica il rapporto delle pregiate “bollicine” Metodo classico con il tartufo.
L’ente, in collaborazione con il Centro Nazionale Studi Tartufo, intende così sensibilizzare i viticoltori, invitandoli a destinare una porzione di terreno alla piantumazione di alberi simbionti del tartufo. Non solo. Ad occuparsi dei terreni sono le associazioni di trifolao, con l’obiettivo di «favorire buone pratiche di sviluppo e mantenimento delle tartufaie sul territorio delle colline alte di Langa».
LA CERCA DEL TARTUFO
Più in generale, l’arte della Cerca del tartufo coinvolge in Italia una rete nazionale composta da circa 73.600 detentori e praticanti, chiamati tartufai. A concorrere alla cifra sono 45 gruppi associati nella Federazione Nazionale Associazioni Tartufai Italiani (Fnati), ma anche singoli tartufai non riuniti in associazioni (44.600 unità). Esistono altre 12 Associazioni di tartufai che insieme all’Associazione Nazionale Città del Tartufo (Anct) coinvolgono circa 20 mila liberi cercatori e cavatori.
Una vasta comunità, distribuita nei diversi territori regionali italiani. «Il rapporto cavatore-cane – sottolinea Coldiretti – è in armonia con la natura ed è una delle basi della trasmissione di conoscenze e tecniche legate alla cerca e cavatura, individuate come una pratica sostenibile». In ambito famigliare è ancora il singolo tartufaio più anziano, nonno o padre, che insegna alle nuove generazioni i segreti, gli accorgimenti, i luoghi e le tecniche della cerca e della cavatura.
IL TARTUFO IN ITALIA
Dal Piemonte alle Marche, dalla Toscana all’Umbria, dall’Abruzzo al Molise, ma anche nel Lazio e in Calabria sono numerosi i territori battuti dai ricercatori. La ricerca dei tartufi praticata già dai Sumeri svolge una funzione economica a sostegno delle aree interne boschive.
Una importante integrazione di reddito per le comunità locali, con effetti positivi sugli afflussi turistici come dimostrano le numerose occasioni di festeggiamento organizzate in suo onore. Ed è il tartufo in sé a poter essere condisiderato un ecosistema. Si tratta infatti di un fungo che vive sotto terra ed è costituito in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi.
Nascendo e sviluppandosi vicino alle radici di alberi come il pino, il leccio, la sughera e la quercia – spiega la Coldiretti – il tartufo deve le sue caratteristiche (colorazione, sapore e profumo) proprio dal tipo di albero presso il quale si è sviluppato. La forma, invece dipende dal tipo di terreno».
Se soffice, il tartufo si presenterà più liscio. Se compatto, diventerà nodoso e bitorzoluto per la difficoltà di farsi spazio. I tartufi sono noti per il loro forte potere afrodisiaco e in cucina il tartufo bianco (Tuber Magnatum Pico) si gusta a crudo su noti cibi come la fonduta, i tajarin al burro e i risotti.
GLI ALTRI PATRIMONI UNESCO ITALIANI
L’arte italiana della ricerca del tartufo entra nella lista Unesco del patrimonio culturale immateriale dell’umanità al fianco di molti tesori italiani già iscritti. Dall’Opera dei pupi (iscritta nel 2008) al Canto a tenore (2008), dalla Dieta mediterranea (2010) all’Arte del violino a Cremona (2012), dalle macchine a spalla per la processione (2013) alla vite ad alberello di Pantelleria (2014).
E ancora: dall’arte dei pizzaiuoli napoletani (2017) alla la Falconeria fino all’Arte dei muretti a secco, ma non mancano neppure luoghi simbolo tutelati dall’Unesco come le Colline del Prosecco e le faggete dell’Aspromonte e del Pollino.
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Dalla Lombardia alla Calabria i magnifici sette nuovi Ristoranti del Buon Ricordo Locanda Capolago di Colico
La Locanda Capolago di Colico (Lecco) e i ristoranti Torcolo di Verona, La Fratta di Verucchio (Rimini), Romanè e Trattoria Santa Pupa di Roma, Al Pescatore di Gallipoli (Lecce), Da Ercole a Crotone. Sono i “magnifici sette” nuovi Ristoranti del Buon Ricordo. Si aggiungeranno, dal 2022, a una lista che comprende in totale 108 locali, di cui 9 all’estero fra Europa e Giappone.
Le new entry dell’Unione Ristoranti del Buon Ricordo, fondata nel 1964 per salvaguardare e valorizzare lo straordinario mosaico delle tradizioni gastronomiche italiane, porteranno con sé altrettante specialità.
LE NUOVE SPECILITÀ DEI RISTORANTI DEL BUON RICORDO
Riso e persico, in un raviolo! (Locanda Capolago di Colico)
Bollito veronese (Ristorante Torcolo di Verona)
Passatelli gratinati con ragù di coniglio, fonduta di formaggio di fossa ed erbette di stagione (Ristorante La Fratta di Verucchio)
Pollo alla cacciatora (Ristorante Romanè di Roma)
Ravioli d’arzilla alla Vittoria (Trattoria Santa Pupa di Roma)
Spaghettone biologico Senatore Cappelli, con tartare di tonno, aglio, capperi e spolverata di bottarga artigianale (Al Pescatore Hotel&Restaurant di Gallipoli)
Carbonara pitagorica (Ristorante da Ercole di Crotone)
Lo Statuto del Buon Ricordo prevede che i ristoranti possano cambiare periodicamente la loro specialità. Per il 2022, lo fanno in quattro. Le nuove proposte sono: il Morone al sale, salsa ai limoni nostrani, sfoglie di patate e caviale del Ristorante Manuelina a Recco (Genova).
E ancora: i Ravioli al San Daniele in salsa Montasio del Ristorante Osteria La Pergola a San Daniele Del Friuli (Udine), i Tagliolini al burro delle vacche rosse e culatello di Al Cavallino Bianco a Polesine Zibello (Parma), i Ferrazzuoli alla Nannarella dell’Hostaria Baccofurore 1930 a Furore (Salerno).
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Riapre la storica Caffetteria Vergnano di Chieri, punto di riferimento nella centralissima via Vittorio Emanuele II, 32. Il primo dicembre, dopo quasi due anni di chiusura dovuta alla pandemia Covid-19 il locale riapre le sue porte negli stessi luoghi dove la storia della famiglia Vergnano affonda le sue radici.
La riapertura sarà prevista negli stessi locali in cui tutto ebbe inizio, nel comune di 35 mila abitanti alle porte di Torino, in Piemonte. L’ennesima testimonianza di quanto la storia di Caffè Vergnano sia da sempre sinonimo di tradizione, italianità, passione e famiglia. Nonché dell’importanza di “tenersi strette” le proprie radici, ora più che mai.
RINNOVATI GLI AMBIENTI DELLA CAFFETTERIA VERGNANO DI CHIERI
La caffetteria di Chieri conserva ancora la storica tostatrice, in grado di offrire sul momento un’esperienza unica a tutti i c0ffee lovers. Gli ambienti rinnovati faranno da contorno al gusto dell’autentico caffè: lo stesso da 140 anni.
La dirigenza considera la riapertura della storica Caffetteria Vergano di Chieri «un forte segnale di ripresa per il mondo della torrefazione e del lavoro, mettendo sempre al centro il caffè, fil rouge che abbraccia famiglie, baristi, dipendenti dell’azienda, clienti e consumatori».
LA STORIA DI CAFFÈ VERGNANO
Caffè Vergnano è la più antica torrefazione italiana a livello nazionale. Fondata nel 1882 e ancora oggi guidata dalla famiglia, da quasi 140 anni racconta il rito dell’autentico espresso italiano portando in una tazzina profumi e aromi di tutto il mondo.
Il segreto delle miscele è la tostatura, lenta e tradizionale che valorizza ogni singola origine, nel rispetto della materia prima. Le miscele Caffè Vergnano si trovano nella grande distribuzione, nei migliori bar e negli oltre 160 Caffè Vergnano 1882, la catena di caffetterie all’italiana presente in tutto il mondo.
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Cosa sappiamo olio di oliva Ce lo spiega uno svedese Dop Mattias Bråhammar associazione Internazionale Ristoranti dellOlio Airo 6
Il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli ha sottoscritto il decreto a sostegno della transizione ecosostenibile della filiera olivicola-olearia. Il decreto definisce i criteri e le modalità di concessione di contributi per il sostegno e lo sviluppo della filiera. Inoltre favorire l’aggregazione nel settore e l’incremento della produzione nazionale di olive, aumentando così la sostenibilità complessiva del settore.
Il provvedimento, destinato ai produttori olivicoli associati ad Organizzazioni di produttori, prevede lo stanziamento di 30 milioni di euro, a valere sul fondo filiere: 10 milioni di euro sono destinati al sostegno di investimenti in nuovi impianti e 20 milioni di euro per ammodernare gli impianti esistenti.
Priorità sarà data agli investimenti nelle aree svantaggiate e di maggiore superficie, nonché per quelle caratterizzate da una grande densità e con conduzione in irriguo. Le modalità operative per la presentazione delle domande saranno definite con circolare attuativa di AGEA entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale.
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Coldiretti al ristorante il 68 degli italiani per Natele grazie al green pass
Secondo il primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani il 68% della popolazione non vede l’ora di tornare a pranzare e cenare fuori casa in occasione delle feste di Natale e Capodanno.
Dato significativo alla luce delle ipotesi di green pass rafforzato e anticipo della terza dose a cinque mesi dalla vaccinazione all’esame del Governo. Con l’avanzare dei contagi e il possibile cambio di colore, infatti, sono a rischio 5 miliardi di spesa per pranzi e cene nelle festività di fine anno.
«Non si tratta solo di bisogno di convivialità ma anche di garantire la ripresa dell’economia e la tenuta dell’occupazione. Occorre non mettere in crisi la filiera. Filiere che dà lavoro a ben 4 milioni di persone in 740 mila aziende agricole e 70 mila industrie alimentari». Denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
L’IMPATTO ECONOMICO DELLE NUOVE RESTRIZIONI
Le chiusure andrebbero a frenare la ripresa della ristorazione, già tra i settori più danneggiati dalla pandemia. I consumi alimentari degli italiani fuori casa nel 2020 sono scesi al minimo da almeno un decennio. Un crack senza precedenti per bar, ristoranti, trattorie e agriturismi che hanno dimezzato il fatturato (-48%). Una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro.
Ma la situazione si ripercuote a cascata sull’intero sistema agroalimentare con oltre un milione di chili di vino e cibi invenduti nell’anno della pandemia. La drastica riduzione dell’attività pesa infatti sulla vendita di molti prodotti agroalimentari che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. Una minaccia anche per le 5333 specialità tradizionali salvate dagli agricoltori che senza il mercato di sbocco di ristoranti, agriturismi ed indotto turistico rischiano di sparire per sempre.
Si stima che 330 mila tonnellate di carne bovina, 270 mila tonnellate di pesce e frutti di mare e circa 220 milioni di bottiglie di vino non siano mai arrivati nell’anno della pandemia sulle tavole dei locali. Locali impossibilitati a programmare gli acquisti anche per prodotti fortemente deperibili a causa dei continui stop and go.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Accademia della Stella di Negroni premiati i vincitori della prima edizione 2
Più di 350 studenti coinvolti, oltre 130 progetti presentati e 5 artwork vincitori. Si è chiusa così la prima edizione dell’Accademia della Stella di Negroni, nata in occasione dei 90 anni di Negronetto. Obiettivo: scoprire, illuminare e sostenere i talenti del nostro Paese negli ambiti che meglio rappresentano le eccellenze del Made in Italy.
Per la prima edizione dell’Accademia, Negroni ha fatto un viaggio nel mondo della creatività. Sono stati coinvolti studenti tra IED – Istituto Europeo di Design, NABA, Nuova Accademia di Belle Arti e Politecnico di Milano – Scuola e Dipartimento di Design. A loro il compito di reinterpretare in chiave contemporanea il portato iconico di Negroni. Marchio che, con i suoi oltre 100 anni di storia, ha contribuito allo sviluppo della comunicazione di brand in Italia.
Dopo un’attenta selezione degli artwork ricevuti, la giuria composta da Matteo Ragni, Francesco Poroli e Anna Godeassi ha decretato le cinque stelle creative. Stelle creative che, utilizzando diversi stili, si sono sapute distinguere per originalità, estetica, impatto comunicativo, abilità tecnica e ricerca di un linguaggio semantico ed estetico che raccontasse il marchio, la sua storia ma anche la sua fruizione contemporanea.
In palio borse di studio e, per i vincitori del super premio istituzionale, la possibilità di svolgere una sessione di alta formazione negli studi creativi dei giurati. Attività che sarà supportata dal brand che si fa quindi ponte tra i talenti del nostro Paese e mondo del lavoro.
«Tante sono le eccellenze del nostro Paese, stelle che diffondono il Made in Italy nel mondo. Abbiamo iniziato questa avventura per scoprirle e sostenere il talento e le capacità dei più giovani. Anche l’anno scelto non è stato casuale: abbiamo infatti celebrato i 90 anni di Negronetto, nato proprio da un’idea imprenditoriale semplice ma geniale». Ha commentato Claudia Ferrari, Responsabile Marketing Salumi Negroni.
I VINCITORI
A vincere per NABA, il concept “Ogni fetta è una stella” di Arianna Aiello, Beatrice Borsari, Alessandra Fabris e Sara Sozzini. Per IED è Lara Montresor ad aggiudicarsi la vittoria con un visual dalla palette calda che rappresenta l’immagine di un pic-nic in perfetto stile della tradizione italiana. Per il Politecnico di Milano, sono Alessandro Raimondo, Manuel Reale e Lucrezia Valentini i vincitori con il concept “Nutriamo da sempre la tua fantasia“.
Alice Gasparri e Chiara Pezzetti, sempre del Politecnico di Milano si sono aggiudicate, con il concept “Se è Negroni si sente“, il super premio istituzionale. Riconoscimento assegnato all’unanimità dalla giuria e dai rappresentanti del brand per la capacità di tradurre in immagine lo storico jingle.
Al Politecnico di Milano va anche la menzione social. Lara Macrini, Andrea Pancher e Matteo Paoli sono gli autori del concept “Una fetta, mille storie“, pensato per raccontare l’universo Negroni e le scene quotidiane che collegano le persone al brand in un’unica rappresentazione.
«Mi ha piacevolmente sorpreso come gli studenti siano stati in grado di portare un punto di vista nuovo rispettando la storia, i valori e la tradizione di Negroni. È stato un piacere scoprire nuove visioni, un vero e proprio salto nel futuro», ha affermato Matteo Ragni.
«È stato interessante prendere parte alla giuria dell’Accademia della Stella. Sia perché è sempre bello vedere all’opera nuovi talenti, sia perché il confronto con il passato è un esercizio che non dovremmo mai smettere di fare». Ha raccontato Francesco Poroli.
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50 Chef stellati ospiti in Qatar per il World Class Chefs
Qatar Tourism lancia “World Class Chefs“. Il progetto vedrà più di 50 rinomati chef del mondo, per un totale di oltre 100 stelle Michelin complessive, diventare padroni di casa nelle migliori cucine del Qatar.
Qatar Tourism ha intrapreso questo progetto per valorizzare la scena culinaria diversificata e cosmopolita del paese. In progetto che conta ben 3.000 ristoranti, in collaborazione con Qatar Airways, Qatar Aircraft Catering Company (QACC) e Kings of Kitchen. Durante i prossimi due anni, gli Chef visiteranno la penisola e realizzeranno menù di cinque portate per gli ospiti dei migliori hotel del paese.
«Siamo molto entusiasti di accogliere parecchi dei più grandi chef al mondo in Qatar nei prossimi due anni – ha detto sua Eccellenza Akbar Al Baker, presidente di Qatar Tourism e Chief Executive di Qatar Airways Group -. Il Qatar vanta una scena culinaria eclettica, insieme ad un settore ospitalità pluripremiato».
«Questa è quindi la destinazione perfetta per far conoscere a chi ha un palato raffinato nuovi ed entusiasmanti concetti di alta cucina”. Il progetto “World Class Chefs”, insieme all’imminente Qatar International Food Festival, rafforzerà la posizione della nazione a livello globale», ha concluso Akbar Al Baker.
L’11° Qatar International Food Festival (QIFF) si svolgerà dal 26 novembre al 17 dicembre 2021 e ospiterà oltre 160 stand dei migliori ristoranti di Doha. Si stima che l’evento attirerà circa 500.000 visitatori.
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“Fanculo“. Sfondo blu, scritta bianca. In maiuscolo. È un cartello. Ma ha più l’aria del manifesto. Della sintesi. Del collante di una vita spesa a difendere ideali. Convinzioni. Princìpi scomodi, appiccicosi. Fanculo, sì. In fin dei conti, più che un insulto, una corazza. Quella di cui Fulvio Bressan ha bisogno per stare al mondo. Dentro e, forse, ancor più fuori da una cantina che è diventata negli anni covo carbonaro, laboratorio di idee liquide.
Fucina di vini uguali solo a se stessi. Microcosmo di un vignaiolo che è i suoi vini. E per il quale i suoi vini parlano. Dicono così, anche loro: “Fanculo”. Conchiglie incazzate da avvicinare al naso e alla bocca, al posto dell’orecchio. Per sentire il mare che hanno dentro. E andare oltre, persino all’apparenza.
Piaccia o no (lui) e piacciano o no (i suoi vini), a Fulvio Bressan poco importa. Quella freccia, quel cartello. Quel “fanculo” maiuscolo, con la punta in direzione opposta, critica, contraria all’ingresso della cantina, sta lì a sintetizzare un approccio più filosofico che pragmatico e volgare.
FULVIO BRESSAN, PSICOLOGIA E VIGNA
Liceo Classico, diverse esperienze in cantina a Bordeaux. Prima ancora di dedicarsi vita, anima, schiena, mani e corpo alla vigna, una laurea in Psicologia clinica che lo ha portato a lavorare per 5 anni in un centro oncologico infantile, dove ha «visto morire 484 bambini». «Facevo terapia del dolore», spiega a un paio di metri da quel “manifesto”, con la voce che si fa ancora più profonda, penetrante.
Un’esperienza che mi ha portato a una conclusione molto semplice: in una vita che dura troppo poco per essere vissuta male, posso sopportare chi sta male, ma non chi sta bene. Ergo: se non ti sopporto te lo faccio capire e arrivano i vaffanculo col camion. Il fanculo ha un sapore dolce. Specie se lo dai col “lei”, condendolo con qualche altra parola dolce…».
Sono passati appena dieci minuti da quando Fulvio Bressan è entrato nel cancello dell’azienda di via Conti Zoppini 35, a Farra d’Isonzo, stropicciando di 90 gradi il volante del suo fuoristrada. Pochi convenevoli, mentre alle sue spalle si abbassa la polvere del selciato, graffiato da gomme giganti. A parlare, adesso, è il vino.
Nel calice c’è Carat 2018, appena imbottigliato: Tocai Friulano, Malvasia Istriana e Ribolla Gialla. «Di solito lo imbottiglio dopo 4 anni – spiega – ma questo lo sentivo pronto prima e abbiamo fatto uno strappo alla regola». Del resto, i vini di Fulvio Bressan sono merce rara.
«Ho richieste pari a quattro volte la produzione. Ma l’azienda – si affretta a precisare – non crescerà più dei 20 ettari attuali. Più di così, cadrei nell’industria. Chi mi conosce dice che non potrei fare un vino diverso da quello che faccio. E chi mi conosce solo dopo aver bevuto i miei vini diverse volte, finisce sempre per dire che ci assomigliamo, io e loro. Anzi, che siamo proprio uguali».
CARAT 2018, COME SETA
Carat è un vino generoso, deciso. Sa di frutta matura a polpa gialla. Spazia dalla pesca all’ananas maturo, dall’albicocca al melone retato. Svolgimento orizzontale, ma anche una discreta dose di profondità, data da qualche accenno di spezia ed erba aromatica. Il sottofondo è di magistrale cremosità. Tanto da avvolgere il palato su tinte mielate che solleticano gli accenni di tannino, in chiusura di sipario.
Più passano i minuti, più Carat si apre nel calice. E più il telefono di Fulvio Bressan squilla. È un susseguirsi di “no” a potenziali clienti. Manca la materia prima, in bottiglia: «Guardi, mi spiace. Siamo senza vino, richiami a gennaio».
Eppure, cavare un complimento da papà Nereo è un’impresa. «La natura è ingiusta: le zucche più grosse vengono sempre ai contadini più stupidi», scherza il 90enne, entrato nel frattempo in cantina come un gatto silenzioso, in punta di piedi. «Ci voleva un mona laureato come te per fare i vini buoni», rincara la dose. Poi si fa serio.
«Parlare di vino è pesante, gente mia. Il vino, è vino. Ormai i vini sono tecnici. In cantina ci sono i tecnici: sale, pepe, aggiungi, togli. E la gente beve le ricette. Questi vini piacciono? Sì? Bene. Non piacciono? Quella è la porta. Finita la commedia! Ma questo è vino – aggiunge poi Nereo Bressan, per la felicità del figlio – perché è fatto in vigna, senza diserbi, polveri e veleni».
Uno dei segreti dei vini dei “Mastri Vinai” Bressan, di fatto, è la maturità delle piante, che raggiungono anche i 120 anni di vita. «L’industria fa vino a 3 anni dall’impianto – chiosa Fulvio -. Quando secondo noi la pianta sta iniziando a dare il meglio, ovvero attorno ai 20-25 anni, le grandi cantine estirpano, perché la vigna non produce più le quantità desiderate, ormai spremuta all’osso».
L’ALTRA VARIABILE BRESSAN: I LEGNI
Il tempo è un valore, non un nemico in quest’angolo di Friuli Venezia Giulia. Ne è una riprova il Pignol 1997 “Nereo”, in magnum. Del capostipite, a cui questo vino è dedicato, ecco l’energia vitale e la tensione. Il nerbo, il carattere. L’allungo bellissimo ed elegante, nella sua autenticità.
Stratificazione infinita, giocata sull’alternanza di frutto e macchia mediterranea (netto l’alloro, ma anche l’origano), fiori e spezie. Un vino ulteriormente incomplessito da terziari conferiti dalla micro ossigenazione in affinamento, che denotano l’attenzione maniacale di Fulvio Bressan alla delicatezza aromatica dei legni.
In cantina, mezzo bosco: gelso, castagno, ciliegio selvatico, pero selvatico, acacia e frassino. Doghe da 50 millimetri, stagionate per minimo 8 anni, ovvero un anno e mezzo a centimetro. Tutte piegate a vapore, perché da Bressan sono bandite le tostature. La variabile tra legno e legno risiede solo nella quantità d’aria trasmessa, in base alla porosità.
E non è detto che un vino non passi in due legni, prima di essere messo in bottiglia. Il colpo di genio, in grado di stravolgere un vino già di per sé buono ma non perfetto, vede protagonista un’altra chicca della cantina di Farra d’Isonzo: il Moscato Rosa “Rosantico”.
CAPOLAVORI DI VIGNA E DI STILE
Strepitosa la vendemmia 2016, che sta per andare in commercio: la migliore di sempre, per pulizia e per capacità di annullare i sentori pirazinici (tendenti all’amaro), in favore di un allungo sapido infinito, su cui torna a danzare croccante la frutta rossa d’ingresso.
Resta in bocca fino a che non ci entra l’ultima chicca: lo Schioppettino 2016. C’è molto più della mora di gelso tipica del vitigno (Ribolla Nera) in questo concerto di lavanda, pino, resina, rosa, violetta, unita al corredo d’archi dei piccoli frutti di bosco a bacca rossa e nera, dal ribes al mirtillo.
C’è Fulvio stesso in quest’altro capolavoro. La sua determinazione, la profondità della sua voce. Il suo fisico, anzi la sua stazza. Il carattere indomito e solo apparentemente rude, ingentilito dalla vicinanza di una donna e moglie raffinata come Jelena Misina.
C’è tutto Fulvio Bressan nello Schioppetto, più che in qualsiasi altro nettare della cantina. C’è anche il suo “fanculo”: questa volta indirizzato alle lancette dell’orologio, contro le quali vincerà a mani basse la prova del tempo. Dandogli del lei, s’intende. Prosit.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La comunita scientifica europea contro il NutriScore
Ribadire l’antiscientificità del NutriScore, dimostrando la non validità scientifica delle argomentazioni che supportano la misura e rimarcando studi consolidati che da sempre ne evidenziano le debolezze e la pericolosità.
È questo il messaggio che emerge dal convegno “Science Vs Ideology – Beyond the NutriScore” che ha visto protagonisti due importanti esponenti del mondo scientifico, il Dott. Francesco Visioli dell’Università di Padova e il Dott. Ramon Estruch, dell’Università di Barcellona.
“Science Vs Ideology – Beyond the NutriScore” è stato organizzato da Competere.eu, promotore dell’unica piattaforma italiana di discussione scientifica sulla sustainable nutrition.
La discussione ha dimostrato come il sistema NutriScore si basi infatti su elementi non scientifici, mettendo così a repentaglio la capacità dei consumatori di individuare il corretto regime alimentare da seguire e la loro libertà di scelta.
PERCHÉ NUTRISCORE NON SAREBBE SCIENTIFICAMETE VALIDO?
Secondo gli organizzatori l’algoritmo su cui si basa la classificazione degli alimenti secondo il NutriScore è arbitrario. Un sistema che e si presta ad essere facilmente manipolato, arrivando al paradosso che alimenti di comprovata importanza, presenti nella Dieta Mediterranea, risulterebbero dannosi.
Inoltre, dando una valutazione arbitraria dei nutrienti contenuti nei cibi, si premia l’alterazione degli ingredienti per ottenere dei punteggi maggiori, favorendo i cibi altamente processati.
Infine il sistema propone una distinzione tra alimenti positivi e negativi che va contro la letteratura scientifica, tralasciando l’impatto all’interno del regime alimentare complessivo.
“NutriScore non si basa su risultati di studi scientifici – ha affermato il Dott. Estruch -. Contiene molti elementi fuorvianti in quanto mescola energia, cibo e nutrienti. Non valuta la qualità delle proteine, dei grassi o dei carboidrati e non evidenzia aspetti positivi come l’alta densità di nutrienti – minerali e vitamine – o il contenuto in composti bioattivi. Infine, non tiene conto del grado di lavorazione dei cibi”.
“NutriScore presenta un approccio che va contro le indicazioni della stragrande maggioranza dei nutrizionisti – ha aggiunto il Dott. Visioli -. Si focalizza sui singoli cibi e nutrienti invece che sul concetto di dieta. Si dimentica il concetto di porzione, preferendo l’indicazione dei valori per 100g. Il sistema non aiuta il consumatore a comprendere quali nutrienti possono essere positivi e quali negativi. In questo modo l’olio d’oliva ottiene un punteggio più basso rispetto ad una bibita gassata”.
LE DISTORSIONI DEL NUTRISCORE
Importanti sono anche gli effetti distorsivi per l’informazione verso i consumatori, che vedono le loro capacità di scelta fortemente ristrette. Il NutriScore infatti giudica gli alimenti ma non fornisce alcuna informazione di carattere nutrizionale diretta (composizione, contenuto in nutrienti ecc.). Il consumatore non può quindi sapere il motivo per cui un alimento è classificato come positivo o negativo.
Inoltre, le persone con esigenze specifiche non hanno alcun supporto da NutriScore. Non è un caso quindi che, secondo alcune ricerche, i consumatori di sette Paesi europei (Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Romania e Spagna) prediligano il sistema di etichettatura dettagliato Nutrinform Battery rispetto al riassuntivo NutriScore.
Dagli studi si può notare come molti consumatori siano sospettosi di etichette sommarie che non mostrano le informazioni nutritive. Consumatori che preferendo invece etichette che hanno lo scopo di educare, stimolare il pensiero critico e la comprensione di necessità individuali.
“Oggi abbiamo ancora una volta evidenziato l’assenza di basi scientifiche del NutriScore, che vede come unico scopo l’arbitraria condanna o promozione di alimenti e non l’educazione del consumatore, approfittando della sua fiducia per guidarlo verso scelte basate su parametri incomprensibili e non trasparenti”. Ha aggiunto Pietro Paganini, Fondatore e Presidente di Competere – Policies for Sustainable Development.
“Il NutriScore, oltre a generare classificazioni paradossali di alimenti simbolo della Dieta Mediterranea – il regime nutrizionale scientificamente considerato tra i più sani al mondo – rappresenta una misura totalmente antiscientifica che mette a repentaglio non solo un patrimonio sociale ed economico inestimabile come il Made in Italy agroalimentare, ma anche il benessere di tutti i cittadini dell’Unione Europea”. Ha concluso Paganini.
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A Milano arriva Mitu il ristorante dellex difensore dellInter Ivan Ramiro Cordoba
Colorato, divertente, informale ma elegante, Mitù (via Panfilo Castaldi 28, a Milano) è il primo vero fine dining che vede protagonista la cucina colombiana in Europa. L’idea di Mitù nasce alla fine del 2019 da 4 amici, tra cui Ivan Cordoba, ex difensore dell’Inter e della nazionale colombiana e ora dirigente sportivo del Venezia.
Un ristorante piacevole, dall’atmosfera familiare dove gustare una cucina ricercata, di qualità, identitaria e capace di dare vigore a ogni tipo di piatto e ingrediente, risaltandone il lato esotico e l’autenticità.
MITÙ È LA CAPITALE DEL VAUPÈS
Nasce così Mitù, non un semplice ristorante, ma una porta d’ingresso per entrare, attraverso il cibo, le atmosfere e gli arredi, nel vero spirito colombiano. Mitù è infatti la capitale del dipartimento del Vaupès. Un nome scelto non a caso.
È al confine con il Brasile, destinazione ideale da cui partire per immergersi nella profondità della foresta amazzonica, luogo magico la cui anima è rappresentata dal giaguaro, il più grande carnivoro del Centro e Sud America, presente anche nel logo del ristorante.
Mitù è anche il desiderio di Ivan Cordoba, nato e cresciuto in Colombia, ma che dal 2000 vive in Italia e che desideracompartir con il paese che l’ha adottato le meraviglie della sua terra natia.
Da qui la scelta di affidare la consulenza per la parte food ad Alvaro Clavijo, del ristorante El Chato di Bogotà, tra gli chef più rinomati della Colombia, settimo nella classifica dei Latin America’s 50best.
IL NUOVO RISTORANTE DI IVAN CORDOBA
Mitù è stato realizzato dallo studio MA2A di Andres Cordoba. Ricavato da un ex magazzino e situato in via Panfilo Castaldi, in uno dei quartieri più caratteristici di Milano, il locale di 250 mq, si snoda in un percorso minimale e sensoriale, tutto da scoprire.
L’ospite viene accolto in una zona ingresso con cucina a vista, dove può ammirare un affresco che rappresenta un paesaggio tipico della foresta amazzonica. Dal bancone bar può iniziare il suo viaggio alla scoperta dei sapori e dei profumi colombiani degustando i cocktail. Per poi proseguire nella zona principale, cuore del locale, nel patio con giardino verticale e piante di sottobosco a una parete, o nella sala privé.
Tutto si ispira alla Colombia, ogni oggetto narra una storia e concorre a creare un’atmosfera densa, avvolgente che caratterizza questo locale dai colori che si ispirano alla natura, ai fiori, agli animali e alla terra in una sinfonia di gialli, marroni, arancioni che scaldano e ne fanno un ambiente accogliente e allegro. Un luogo di pura meraviglia e un pizzico di follia.
GLI ARREDI ARTIGIANALI
Le pareti sono vestite con maschere tipiche dei carnevali locali e con ceste che ricordano come le donne locali siano solite portare i frutti della terra, mentre le ceramiche dipinte a mano provengono da Antioquia. Gli arredi, appositamente realizzati da artigiani colombiani, vedono l’utilizzo di legno di mogano e materiali.
La luce è un altro elemento importante del ristorante: tenue, diffusa dalle lampade in paglia anch’esse provenienti dalla Colombia, che accarezza e sembra filtrata dalla vegetazione, una sensazione che si può percepire nella foresta amazzonica.
Alvaro Clavijo, colombiano doc, è l’artefice della creazione dei piatti, insieme a Jose Narbona Rodriguez, spagnolo, lo chef resident, perfetto interprete della proposta gastronomica colombiana. Da Mitù, tutto è preparato in casa, a partire dal pane.
Piatti giocosi, belli da vedere, mai banali, dove la materia prima di qualità è al centro. Gli ingredienti arrivano in parte dal Sudamerica, soprattutto frutta e verdura, che caratterizzano al meglio lo stile e identificano la filosofia della cucina, e in parte dai migliori produttori italiani. Al ristorante il comune denominatore è la convivialità.
IL MENU DI MITÙ MILANO
Sedersi per condividere il gusto del cibo più vero e concreto, attraverso un menu completo che invita l’ospite a fare un viaggio in un paese lontano, moderno, rigoroso, capace di divertirsi in modo responsabile e che restituisce un’altra faccia della Colombia.
Si comincia con “Scopri la Colombia“, una piccola degustazione di antipasti della tradizione, si passa poi ai “Piattini” piccole tapas di vario genere per stuzzicare l’appetito. Si continua poi con gli “Antipasti” e le “Specialità”, piatti unici a base di pesce.
È il caso del Patarashca, pescato cotto in foglia di banano, okra e salsa di chontaduro o carne come l’Entrana, riduzione di frijoles, papa criolla e aji di guatila e huacatay o il Solomillo con reducción de frijoles ajÌ de guatila y huacatay e per finire i “Dolci”.
Ricette tradizionali, tipiche, reinterpretate dalle mani dello chef senza nessuna pretesa di stravolgimento, ma nel pieno rispetto dell’originale. Piatti e salse talvolta insoliti ma che ben raccontano l’anima del paese.
Un esempio? L’Ajiaco, una zuppa a base di patate, pannocchie, pollo molto popolare e tra le più amate del paese. È anche il piatto tradizionale della vigilia di Natale. Una zuppa che riscalda il cuore condivisa in caratteristiche ciotole di terracotta nera.
LA ROTAZIONE DELLE MATERIE PRIME E I VINI NATURALI
Il menù del nuovo ristorante di Milano dell’ex giocatore dell’Inter Ivan Cordoba cambia 4 volte l’anno. È quindi stagionale e legato alla reperibilità delle migliori materie prime del momento. Tra i signature dishes: Granadilla, leche de tigre e anacardi, l’Empanada di pulled pork e aji di tomate de arbol, Ceviche di pescato del giorno, avocado, e Guatila, tamal con platano maduro e finferli.
Ad accompagnare la proposta gastronomica, una carta dei vini contemporanea. Spazio non solo alle grandi cantine, ma anche alla ricerca di realtà emergenti di alto livello, con un occhio molto attento al mondo dei vini naturali.
Bianchi, rosati e rossi provenienti dalle migliori aziende vinicole italiane, spumanti e champagne, i migliori vini del Sud America, vini dalla Spagna, Francia e alcune chicche di altri paesi europei.
Non mancano gli spirits, le birre e i cocktails realizzati dalla bartender Myriam Riboldi. Il servizio è curato dal restaurant manager e sommelier Andrea Beccaceci. La sala può contenere fino a un massimo di 60 coperti, compreso il cocktail bar.
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Il caffe delle Isole Canarie 200 anni di storia nella Valle di Agaete di Gran Canaria 1
Le Isole Canarie sono uno scrigno di biodiversità che nel corso dei secoli si è arricchito di nuove coltivazioni, come quella del caffè. Una produzione relativamente recente. Duecento anni di storia, rendono l’arcipelago il produttore di caffè più a nord del mondo. Ad avere questo primato è in particolare la Valle di Agaete sull’isola di Gran Canaria, dove il caffè è arrivato all’inizio del XIX secolo.
La Valle di Agaete è l’unico luogo in Spagna e uno dei pochi in Europa dove si produce il caffè in modo permanente. Riconosciuto ufficialmente alla Fiera di Parigi del 1898, il caffè della Valle di Agaete è coltivato con tecniche artigianali da oltre 50 famiglie.
Producono 5 mila chili di caffè all’anno in un’area di 45,5 chilometri quadrati di fertile terreno vulcanico situato a 150 metri sul livello del mare, accanto alla Riserva Naturale di Tamadaba, parte della Riserva della Biosfera di Gran Canaria.
LE CANARIE E TYPICA, IL CAFFÈ DI AGAETE
Il caffè della Valle di Agaete è uno dei più eccellenti al mondo. Si tratta di una varierà di arabica, la “Typica”, di origine etiope. Anche il clima è ideale, classificato come subtropiclae.
La temperatura rimane tra i 18 e i 20 gradi centigradi tutto l’anno, ricreando le condizioni perfette per le coltivazioni tropicali (alberi di banane, boschetti di mango e piantagioni di caffè).
Le famiglie raccolgono il caffè in primavera, rigorosamente a mano. Le bacche sono fatte essiccare su tavole rialzate per 20 giorni per poi procedere all’estrazione dei chicchi del caffè.
Questo processo contribuisce a preservare il sentore dolce tipico della bacca. Il caffè di Agaete è leggero in bocca, molto aromatico e profumato, con certe sfumature acide e un retrogusto amaro molto caratteristico, con note di cioccolato, liquirizia e frutta.
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Al via la nuova stagione del Radicchio Rosso di Treviso tardivo a marchio Igp. Un orgoglio per le zone di produzione composta solamente 24 comuni tra le provincie di Treviso, Venezia e Belluno. Una bandiera di qualità riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
La consueta raccomandazione da parte del Consorzio di tutela rimane quella di cercare il prodotto a marchio. Solo il bollino infatti certifica il tracciamento della qualità e permette di distinguere un prodotto di qualità superiore da uno unicamente superiore nel prezzo di vendita.
Una stagione che, in attesa delle temperature più rigide, avanza con una scrupolosa selezione dei cespi da parte delle aziende. Selezione necessaria per immettere sul mercato un prodotto idoneo e rispettoso del disciplinare di produzione del Radicchio di Treviso e Variegato di Castelfranco Igp.
Qualità come parola d’ordine sia nei confronti della grande distribuzione che dei consumatori. Un impegno che il Consorzio persegue in tutta la filiera e che incontra una sempre più crescente richiesta del pubblico. Proprio per la varietà tardiva, infatti, la produzione certificata dell’annata 2020/2021 registra un incremento del +15% rispetto all’anno precedente.
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Radicchio Rosso di Treviso Igp primi bollini sul mercato
Al via la nuova stagione del Radicchio Rosso di Treviso tardivo a marchio Igp. Un orgoglio per le zone di produzione composta solamente 24 comuni tra le provincie di Treviso, Venezia e Belluno. Una bandiera di qualità riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
La consueta raccomandazione da parte del Consorzio di tutela rimane quella di cercare il prodotto a marchio. Solo il bollino infatti certifica il tracciamento della qualità e permette di distinguere un prodotto di qualità superiore da uno unicamente superiore nel prezzo di vendita.
Una stagione che, in attesa delle temperature più rigide, avanza con una scrupolosa selezione dei cespi da parte delle aziende. Selezione necessaria per immettere sul mercato un prodotto idoneo e rispettoso del disciplinare di produzione del Radicchio di Treviso e Variegato di Castelfranco Igp.
Qualità come parola d’ordine sia nei confronti della grande distribuzione che dei consumatori. Un impegno che il Consorzio persegue in tutta la filiera e che incontra una sempre più crescente richiesta del pubblico. Proprio per la varietà tardiva, infatti, la produzione certificata dell’annata 2020/2021 registra un incremento del +15% rispetto all’anno precedente.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Fenomeno Pet nat anche in Campania la storia di successo di Casebianche Pasquale Mitrano ed Elisabetta Iuorio
«Un Pét-nat. Ma cos’è, poi, un Pét-nat?», se non «l’apostrofo roseo» (ma pure bianco ed orange) tra le parole “vino frizzante” e “birra artigianale“? Tralasciando voli pindarici e mettendo da parte – almeno per un attimo – Cyrano de Bergerac, quello dei Pétillant naturel è un fenomeno internazionale che non può (più) passare inosservato. Un trend che, tra punte di qualità e casi organoletticamente “disperati”, ha finito per convincere anche diverse cantine italiane. In Campania, la storia di successo è quella di Casebianche.
I 14 ettari della cantina di Torchiara, in provincia di Salerno, si sono riscoperti terra fertile per la produzione di tre “bollicine”, nel solco del boom mondiale dei Pét-nat. «Tutto è iniziato nel 2010 – spiegano a WineMag.it Pasquale Mitrano ed Elisabetta Iuorio, durante Campania Stories 2021 – anno in cui abbiamo iniziato a produrre “La Matta”, da uve Fiano».
LA CRESCITA DEI PÉT-NAT
Appena mille bottiglie, che il mercato ha assorbito in pochi mesi. Nel 2012, la stessa sorte è toccata a 6 mila bottiglie di “La Matta”, volatilizzate in un batter d’occhio. «Oggi – anticipano i titolari di Casebianche – l’obiettivo è arrivare a produrre 10 mila bottiglie, dopo aver toccato la quota record di 7 mila bottiglie ormai da diversi anni».
Stesso target per gli altri due Pét-nat che si sono aggiunti alla gamma, registrando un successo pari a quello del primo nato della cantina salernitana. Si tratta de “Il Fric“, Paestum Igt frizzante ottenuto da uve Aglianico in purezza, introdotto nel 2015. E dell’ultimo arrivato “Pashkà“, Paestum rosso frizzante sur lie Igt prodotto a partire dal 2017, da una cuvèe di Aglianico e Barbera campana.
«Pashkà – sottolineano Pasquale Mitrano ed Elisabetta Iuorio – è il punto di approdo finale del nostro percorso nella produzione di questa tipologia di vini conosciuti a livello internazionale come Pét-nat, che tanto stanno riscuotendo successo per la loro grandiosa accessibilità e facilità di beva».
Al di là del numero di bottiglie, in crescita costante, questo vino nasce dalla necessità e dal desiderio di recuperare una tradizione che in Campania si era persa: quella del Gragnano, rosso frizzante che è finito per essere prodotto poco e principalmente in autoclave. Pochi fanno rifermentazione in bottiglia, proprio come si faceva anticamente in Campania e come fanno ancora molti produttori di Lambrusco».
LE RAGIONI DEL SUCCESSO
Prima di trovare la quadra, Pasquale Mitrano ed Elisabetta Iuorio hanno dovuto «lottare» con le uve scelte per Pashkà. «Oltre al Gragnano – spiegano i due coniugi vignaioli – Pashkà guarda ai mitici Colli Piacentini dove si produce il Gutturnio, mix di Bonarda e Barbera. Qui in Cilento abbiamo la Barbera. Al posto del Bonarda, abbiamo pensato di ricorrere all’uva rossa principe delle nostre terre: l’Aglianico. Abbiamo dovuto bilanciare durezze e pressione delle bollicine, sino a ottenere il risultato perfetto a 1,8 bar. Uno in meno rispetto a “Il Fric”».
I prezzi di listino Horeca dei Pét-nat di Casebianche? Incomparabili a quelli di molti “frizzanti” come Gutturnio e Lambrusco, facilmente reperibili nella Grande distribuzione organizzata. Il distributore italiano (Proposta Vini) li vende a circa 9,50 euro. All’estero, i buyer acquistano le “bolle” di Pasquale Mitrano ed Elisabetta Iuorio per non meno di 6,50 euro.
Un successo che va dal Nord Europa – Danimarca, in primis – al Canada, passando per Paesi dell’Est come l’Ucraina, curiosi di sperimentare nel mondo dei “vini naturali“. In fondo, ovunque si trovino, il bello di certi Pét-nat è che non ci sia bisogno di alcun Cyrano de Bergerac per spiegarli. Né tantomeno di aspettare Rossana, per berli.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Caseificio Arioli, realtà dedita alla produzione artigianale di Gorgonzola sin dal 1963, apre la sua nuova Spa presso Cascina Barzizza, a pochi chilometri da Milano. Siamo a Ozzero, piccolo comune nei pressi di Abbiategrasso, in provincia di Milano. Un paesino che ha visto i natali dello “Zola”.
IL NUOVO CENTRO BENESERE
«Questo è un luogo al quale sono molto affezionato – – dice Gianluca Arioli – qui sono nato e qui lavoro. Ho sempre desiderato aprire le porte di casa Arioli per far vivere ai nostri clienti un’esperienza coinvolgente. Non solo la possibilità di deliziare il palato ma anche la possibilità di sostare per una o più notti nella nostra struttura e regalarsi qualche ora di benessere nella Spa. Il tutto circondato dalla natura incontaminata del Parco del Ticino».
È a partire da questa idea che la famiglia Arioli, nel 2003, ha iniziato un lungo processo di ristrutturazione di Cacina Barzizza, realtà storica a pochi metri dal caseificio. Nel nuovo agriturismo è possibile soggiornare nelle camere ricavate nella struttura rurale e concedersi un percorso benessere nella nuova e moderna Spa Arioli.
IL CASEIFICIO
Uno stabilimento nuovo e moderno di 3.800 metri quadrati, per una produzione contenuta e di qualità. Solo 45 mila forme di Gorgonzola all’anno. Dodici chilogrammi per forma, destinate prevalentemente al mercato nazionale, che assorbe oltre il 60%.
Al Caseificio Arioli le linee di produzione del Gorgonzola Dolce e del Gorgonzola Piccante sono separate. Entrambi i prodotti vengono chiamati “01“. Si tratta infatti dell’azienda numero 1 del Consorzio.
L’approccio è green e guarda al concetto della sostenibilità. Il latte utilizzato per la produzione è a chilometro zero. Inoltre, sul tetto del caseificio e della cascina sono stati installati pannelli fotovoltaici in grado di soddisfare il fabbisogno energetico dell’intero impianto. Un quadro che oggi si completa con la nuova Spa Arioli.
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Torna, dopo il successo dell’edizione estiva, ViniVeri Ristoranti l’evento diffuso in tredici regioni italiane, organizzato dal Consorzio ViniVeri. Un vero e proprio giro d’Italia, con una tappa speciale in Slovenia, che parte giovedì 11 e si conclude martedì 16 novembre. Oltre 50 vignaioli artigiani saranno ospiti di osti e chef d’eccellenza in tante città e località del Belpaese.
Quattordici appuntamenti in altrettanti trattorie e ristoranti dove i produttori presenteranno e racconteranno la loro terra, i vigneti, la propria filosofia produttiva. I loro vini saranno protagonisti di abbinamenti con piatti appositamente creati per l’occasione.
Un lungo percorso attraverso lo stivale che porterà, ad esempio, sui rilievi de Le Murgie pugliesi un vignaiolo del Carso e una di Bolgheri o quello che farà approdare sulla riviera ligure di Ponente un produttore spoletino.
«Con ViniVeri Ristoranti vogliamo dare un segnale di normalità e condivisione. Per questo abbiamo deciso di proporre anche questo autunno una formula che, coniugando prossimità e partecipazione, è stata molto apprezzata lo scorso giugno». Spiega Paolo Vodopivec, presidente del Consorzio ViniVeri.
«Non un solo evento, in un’unica sede, ma un tour itinerante che porta noi produttori direttamente sul territorio. E unisce i nostri vini con la creatività e la ricchezza delle tante culture gastronomiche locali e regionali». Conclude Vodopivec.
IL CALENDARIO
Si inizia in Trentino con il primo appuntamento di ViniVeri Ristoranti Autunno. Giovedì 11 novembre al ristorante Il Posto di Ste di Trento saranno presenti le cantine Lispida, Cascina Fornace e Podere Giardino.
Si entra nel vivo dell’evento venerdì 12 novembre quando Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Liguria, Marche, Lazio e Puglia ospiteranno i vignaioli:
Rinaldi, Ezio Cerruti, Antoniotti e Terraquilia all’Osteria Battagliano di Dogliani (Cn);
Il Pendio, Cascina delle Rose, Podere Cipolla alla Trattoria del Gallo di Rovato (Bs);
La Castellada, Zidarich, Colombera & Garella a La Primula di San Quirino (Pn);
Casa Coste Piane, Massa Vecchia, Eugenio Rosi a Il Basilisco di Treviso;
Ronco Severo, Angol D’Amig, Rivella, Cantina Ninni al Bino di Savona;
Oasi degli Angeli, Clara Marcelli, San Giovenale al Da Sebastiani a Ortezzano (Fm);
Paolo Bea, Francesco Massetti, Podere Ortica, Francesco Marra al Barnaba Wine Bar e Cucina a Roma;
Paolo Vodopivec e Carla Simonetti al Vita Pugliese a Conversano (Ba)
Sabato13 novembre in Slovenia, Mlečnik, Slavček, Skerlj saranno al Tabar di Lubiana con le loro ultime annate.
Domenica 14 novembre all’Osteria Mammarossa di Avezzano (Abruzzo) ci saranno Praesidium, La Visciola, Casebianche, Maria Letizia Allevi, Podere Luisa, Feudo D’Ugni, De Fermo, Il Vecchio Poggio. Da Lievito Madre di Arezzo (Toscana) si potranno degustare i vini di Dario Princic, Podere La Cerretta, Trinchero, Pierini & Brugi. La sera stessa i produttori saranno alla cena organizzata da Octavin di Arezzo.
Lunedì 15 novembre sarà la volta della Sicilia con Salvatore Ferrandes, Il Censo, Di Salvo, Viteadovest al Mec di Palermo.
Chiusura martedì 16 novembre con l’Umbria che al ristorante Une di Capodacqua (Pg) ospiterà Valter Mattoni, Altura, Raina, Maria Pia Castelli.
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Nasce il Manifesto Per un Turismo del lusso in Sicilia Taormina
Nasce il Manifesto “Per un Turismo del lusso in Sicilia“. Lanciato in occasione dell’ottava edizione di Taormina Gourmet vuole essere una base di partenza per creare un disciplinare condiviso in cui tutti gli attori della filiera possano collaborare per realizzare le migliori condizioni di crescita per un turismo di alta gamma.
Tra le priorità c’è la necessità di condividere un elenco di interventi da sottoporre alle istituzioni territoriali, regionali ma anche nazionali ed europee. Inoltre la creazione di un circuito e di un marchio connesso che identifichino i soggetti della filiera del lusso e rispondano ad un protocollo di qualità.
LE TEMATICHE
«Siamo sicuri di sapere cos’è la Sicilia e quante ne esistono? Ogni operatore per la sua competenza deve dare una risposta e agire di conseguenza individuando il suo target». Dice provocatoriamente il sindaco di Taormina, Mario Bolognari, all’apertura del Forum “Sicilia e turismo di lusso, un binomio possibile?”.
«Il concetto di lusso si è modificato. Oggi il lusso è rappresentato dalla possibilità di vivere il proprio tempo, l’esperienza, l’autenticità», sottolinea Giovanna Manganaro del Boutique Hotel Monaci delle Terre Nere. Tanti gli punti emersi dal dibattito, all’importanza di ampliare il turismo esperienziale alla necessità di ridurre il gap infrastrutturale.
Puntare sulla competenza delle risorse umane e sull’educazione delle giovani generazioni al rispetto dell’ambiente. Ma anche la necessità di destagionalizzare i flussi turistici rendendo la Sicilia una meta appetibile 12 mesi l’anno. Inoltre puntare sulla sostenibilità, vero lusso del futuro secondo molti, e l’alta qualità dell’offerta nell’intera regione.
IL NUOVO CONCETTO DI LUSSO
Se «la Sicilia è un lusso che non tutti si possono permettere», secondo Umberto Trani general manager Therasia Resort, vero è che il concetto di lusso si è ormai evoluto. Se anche una bottiglia di vino può essere ambasciatore della Sicilia, Salvatore Geraci, proprietario della cantina Palari pone l’accento sull’importanza di fare “vini di lusso”.
«Il lusso non è tanto il denaro ma soprattutto la conoscenza e la ricerca, che sono la chiave per accedere a certi piaceri. In questo senso – dice Geraci – anche un vino poco conosciuto può rappresentare un elemento di lusso».
La nuova definizione di lusso non è semplice. A sottolinearlo è Canzio Marcello Orlando, Ceo di Feedback. «Pensiamo ai millennians – dice – ovvero a quei quarantenni che guadagnano molto, spendono molto, vengono da Paesi evoluti. Cosa cercano? Il lusso è un concetto relativo ed è per questo che dobbiamo costruire un’offerta tailor-made. Offerta fatta di beni culturali vissuti in maniera diversa, esperienze uniche nelle cantine, in angoli incontaminati, in luoghi straordinari e poco conosciuti».
Il lusso è cambiato tantissimo per Massimiliano Puglisi, general manager del Grand Hotel Timeo. «Prima era sinonimo di esclusività o di sfarzo, ora è molto più accessibile. Ed è ora che dobbiamo essere uniti e lungimiranti. Investire sulle persone e realizzare quello che una volta mi disse un cliente: vorrei tornare a casa arricchito umanamente».
LE PROBLEMATICHE
Una delle urgenze è la competenza secondo Michele Zappalà, presidente del porto Marina di Riposto. «Abbiamo necessità – afferma – di avviare un percorso che ci porti ad avere tanta competenza delle aziende che lavorano nel turismo».
«Vanno cancellate le distonie tra settore privato e pubblico – afferma Doriana Briguglio, tour operator L’Isolabella -. Bisogna implementate le infrastrutture, cancellate le montagne di spazzatura ma anche la carta gettata a terra. Bisogna lavorare su tre fronti: educazione nei confronti di chi vive sul territorio, organizzazione dei servizi da parte delle amministrazioni, comunicazione dell’identità di destinazione di lusso».
«Cosa manca? Il networking e la formazione di risorse umane», sottolinea Francesco Diana, Artemis Group Founder Yacht Services. Dal turismo via mare a quello via cielo con Francesco D’Amico, direttore commerciale Sac, Aeroporto di Catania: «La forza della Sicilia è dirompente rispetto a quella dei singoli territori. Bisogna capire che il turismo è un’industria e ha bisogno di grandi numeri, quindi lusso e quantità devono procedere di pari passo come accade nelle Canarie, alle Baleari o sulla Costa adriatica della Croazia».
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Mercatini di Natale in Alto Adige la Foresta Natalizia di Birra Forst sara il primo a riaprire 2
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La Foresta Natalizia di Birra Forst sarà il primo tra i Mercatini di Natale dell’Alto Adige a riaprire, presso la sede del birrificio a Lagundo, in provincia di Bolzano. Dopo l’interruzione dello scorso anno, dovuta alla pandemia, dal 17 novembre 2021 al 9 gennaio 2022 sarà possibile rivivere l’atmosfera unica creata ogni anno da Birra Forst.
L’evento si terrà nel pieno rispetto delle normative vigenti sull’emergenza sanitaria, con un particolare occhio di riguardo per la sicurezza degli ospiti. «La nostra Foresta Natalizia – commenta Cellina Von Mannstein di Birra Forst – negli anni è diventata un appuntamento irrinunciabile per condividere il periodo più suggestivo dell’anno».
«Dopo l’interruzione forzata dei Mercatini di Natale dello scorso anno – continua Von Mannstein – speriamo che i nostri ospiti possano trascorrere qui da noi ore felici e spensierate per vivere il calore del Natale, immergendosi nel nostro magico mondo Forst. E non dimenticando che, soprattutto in quest’edizione, il nostro impegno sarà volto a garantire la sicurezza di tutti, rispettando i protocolli previsti per legge».
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Ristoranti italiani allestero accordo Ice Fipe Confcommercio per il Made in Italy
La rete dei ristoranti italiani nel mondo conta 2.218 locali certificati in 60 Paesi esteri, in 451 diverse città, per un totale di 250.875 coperti per pasto. Al loro fianco l’Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane), che ha stretto un accordo con Fipe-Confcommercio (Federazione Italiana Pubblici Esercizi), «per valorizzare al meglio la ristorazione italiana e il suo ruolo promozionale all’estero».
L’iniziativa, presentata a Milano in occasione della fiera di settore Host, ha come obiettivo principale quello di «raccontare l’abilità con cui gli Chef trasformano prodotti di eccellenza, espressione del territorio e delle tradizioni regionali, nei piatti che diventano una vera e propria esperienza dell’agroalimentare made in Italy sia in Italia che all’estero».
CINQUE CHEF TESTIMONIAL
Cinque gli chef scelti come testimonial del progetto. Massimiliano Alajmo, Silvia Baracchi, Herbert Hintner, Claudio Sadler e Giuseppe Santoro saranno protagonisti di attività promozionali in Francia, Stati Uniti, Germania, Russia e Inghilterra.
Parteciperanno a eventi e fiere di settore, realizzando video che verranno promosse durante la settimana della cucina italiana nel mondo. «Tutto questo – spiegano Ice e Fipe Confcommercio – per mostrare al pubblico come, frequentando i ristoranti certificati, sia possibile vivere una esperienza gastronomica 100% italiana anche all’estero».
IL COMMENTO
«La ristorazione italiana – dichiara Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio – è da sempre un fiore all’occhiello dell’offerta agroalimentare del nostro paese, anche all’estero. Il suo ruolo di vetrina è assolutamente essenziale per la promozione del nostro stile di vita e dei prodotti di eccellenza che rendono possibile la realizzazione dei piatti che il mondo ci invidia».
Il progetto messo in piedi con ICE vuole valorizzare tutto questo, attraverso una serie di iniziative in Italia e all’estero che vedranno protagonisti alcuni tra i migliori chef. Tutelare il Made in Italy e promuovere il comparto della ristorazione, quale componente essenziale per il rilancio del settore del turismo, è necessario, soprattutto in un momento particolare come quello che stiamo vivendo, nel pieno di una difficile ripresa dopo la crisi generata dalla pandemia».
«Agenzia Ice – aggiunge il direttore generale Roberto Luongo – è da sempre impegnata nel sostegno di progetti promozionali per il settore agroalimentare Made in Italy di cui la ristorazione italiana, nel nostro Paese e nel mondo, rappresenta uno straordinario veicolo di conoscenza e diffusione».
L’obiettivo di questo progetto è di sensibilizzare i clienti esteri sulla salubrità e genuinità dei prodotti agroalimentari del Made in Italy che potranno gustare presso l’autentica ristorazione italiana e le grandi catene di distribuzione organizzate estere con le quali abbiamo raggiunto numerosi accordi negli ultimi mesi al fine di rafforzare la presenza di prodotti Italiani già in assortimento e introdurre nuove aziende fornitrici».
«Questa iniziativa e molte altre che abbiamo in programma nei prossimi mesi – conclude il direttore generale di Ice, Roberto Luongo – rientrano nell’ambito del nostro sforzo a sostegno dell’export agroalimentare Italiano che, nonostante la crisi pandemica, ha fatto registrare una crescita del 10,42% nel primo semestre del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020».
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Nas Operazione Margherita pizze gourmet da guida con ingredienti surgelati e finte Dop
Duro colpo dei carabinieri del NasTutela Agroalimentare al settore delle pizzerie gourmet. Nell’ambito dell’Operazione Margherita, i militari hanno scoperto l’utilizzo di ingredienti surgelati e prodotti spacciati per Dop e Igp, non iscritti al relativo disciplinare. Il blitz ha visto impegnati i Reparti per Tutela Agroalimentare (Rac) di Torino, Parma, Roma, Salerno e Messina.
Sono stati denunciati per frode in commercio i titolari di 7 note pizzerie gourmet. Accertate anche altre irregolarità, come la mancata indicazione nei menù degli allergeni e la mancata rintracciabilità di alcuni ingredienti.
Elevate 6 sanzioni per un totale di 18.334 euro ed irrogate tre diffide. Ammonta a un totale di 20 chilogrammi di prodotti agroalimentari vari il sequestro effettuato dai carabinieri del Nas nell’ambito dell’Operazione Margherita.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La Guida Michelin sara presentata per i prossimi tre anni in Franciacorta destination partner 3
La regina delle guide gastronomiche italiane ed internazionali ha scelto il suo reame. La Franciacorta è stata eletta Destination Partner di Michelin per la presentazione della Guida, momento clou in cui avviene l’annuncio delle “Stelle” assegnate ai ristoranti italiani. L’accordo tra il Consorzio di Tutela del Franciacorta e Michelin avrà una durata di 3 anni.
«Franciacorta è orgogliosa di poter ospitare i protagonisti della migliore qualità culinaria Italiana: i Cuochi», commenta Silvano Brescianini, presidente del Consorzio Franciacorta. «Dobbiamo moltissimo alla ristorazione – aggiunge – che rappresenta il meglio dell’esperienza gastronomica tricolore».
IL COMMENTO
I nostri vini trovano in questi ambasciatori del gusto e del “Made in Italy” preziosi alleati nelle tavole più importanti nel mondo. Ancor più, dopo aver passato il terribile periodo di chiusura, abbiamo il piacere di brindare e festeggiare le stelle in Franciacorta accogliendole con gratitudine ed amicizia».
Entusiasta anche il commento di Marco Do, direttore comunicazione della Michelin Italiana. «La storia della Guida Michelin è una storia di viaggio. Siamo felici di questa partnership che vedrà la Franciacorta come sede delle prossime tre edizioni della Guida Michelin».
«Questo territorio è la cornice ideale per continuare il nostro viaggio alla scoperta dei prodotti vitivinicoli di una terra dalla lunga tradizione e della sua unicità che l’ha resa una delle ambasciatrici del Made in Italy nel mondo», conclude Do.
LA STORIA DELLA GUIDA MICHELIN
La Guida Michelin, che fu originariamente concepita con l’intenzione d’incoraggiare gli automobilisti a mettersi in viaggio, nasce nel 1900 in Francia da un’idea dei fratelli André ed Édouard Michelin, fondatori dell’omonima azienda di pneumatici.
Per aiutare le poche migliaia di automobilisti francesi alle prese con un viaggio che era spesso avventuroso, i fratelli Michelin creano un volumetto per il viaggiatore. Conteneva mappe, procedure per cambiare una ruota, stazioni di servizio. E una lista d’indirizzi in cui mangiare e pernottare la notte.
Preso atto del crescente interesse per la buona tavola, i fratelli Michelin reclutano un’équipe di “avventori misteriosi” – oggi li si chiama “ispettori” – per visitare e recensire anonimamente i ristoranti.
Nel 1926 la guida inizia ad assegnare le stelle agli indirizzi di alta cucina, evidenziandoli inizialmente con una sola stella. Dopo cinque anni, viene introdotta la scala attuale: una, due, tre stelle. Una storia che prosegue e che, per i prossimi tre anni, ha uno spumante ufficiale con cui brindare: il Franciacorta.
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Inaugurato il primo Roadhouse Restaurant in Campania alla Stazione di Napoli Centrale, all’interno della nuova Food Hall. Si tratta del 166° locale della catena. A fianco è stato inaugurato anche il 16° punto vendita del brand Billy Tacos, ispirato alla cucina messicana.
«Per noi le aperture di Napoli rappresentano un grande traguardo – afferma Nicolas Bigard, Amministratore Delegato di Roadhouse Spa – . Tra le grandi città italiane, Napoli era l’unica dove ancora mancavano. A giudicare dall’attesa e dalle tantissime richieste che ci sono giunte dai social, sono certo che i nostri formati riscuoteranno anche qui un grande successo».
«In più, grazie alla partnership con Grandi Stazioni Retail abbiamo una location speciale con un facile accesso anche dall’esterno della stazione, una magnifica vista verso il Vesuvio e un layout particolarmente curato. Oltre che per i viaggiatori Roadhouse Restaurant e Billy Tacos si offrono come locali di riferimento per tutti i napoletani». Conclude Bigard.
Entrambi i nuovi locali nella stazione di Napoli Centrale sono aperti dalle 12 alle 22 e complessivamente danno lavoro a circa 40 giovani, tutti neoassunti.
ROADHOUSE RESTAURANT E BILLY TACOS
Roadhouse Restaurant è un ristorante specializzato in carni alla griglia, burger e BBQ Ribs, le iconiche costine di maiale in salsa barbeque. Il menu prevede un vasto assortimento di piatti unici a base di carne alla griglia e un ricco assortimento di Burger.
Billy Tacos è un formato di ristorazione veloce ispirato alla cucina messicana che sta riscontrando un notevole favore. Nonostante sia stato lanciato da meno di due anni, con Napoli conta già 16 locali in Italia. Il menu comprende Mex Tacos, Burritos, French Tacos e Poke Bowl personalizzabili con moltissime combinazioni.
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Roadhouse Restaurant e Billy Tacos arrivano in Campania
Inaugurato il primo Roadhouse Restaurant in Campania alla Stazione di Napoli Centrale, all’interno della nuova Food Hall. Si tratta del 166° locale della catena. A fianco è stato inaugurato anche il 16° punto vendita del brand Billy Tacos, ispirato alla cucina messicana.
«Per noi le aperture di Napoli rappresentano un grande traguardo – afferma Nicolas Bigard, Amministratore Delegato di Roadhouse Spa – . Tra le grandi città italiane, Napoli era l’unica dove ancora mancavano. A giudicare dall’attesa e dalle tantissime richieste che ci sono giunte dai social, sono certo che i nostri formati riscuoteranno anche qui un grande successo».
«In più, grazie alla partnership con Grandi Stazioni Retail abbiamo una location speciale con un facile accesso anche dall’esterno della stazione, una magnifica vista verso il Vesuvio e un layout particolarmente curato. Oltre che per i viaggiatori Roadhouse Restaurant e Billy Tacos si offrono come locali di riferimento per tutti i napoletani». Conclude Bigard.
Entrambi i nuovi locali nella stazione di Napoli Centrale sono aperti dalle 12 alle 22 e complessivamente danno lavoro a circa 40 giovani, tutti neoassunti.
ROADHOUSE RESTAURANT E BILLY TACOS
Roadhouse Restaurant è un ristorante specializzato in carni alla griglia, burger e BBQ Ribs, le iconiche costine di maiale in salsa barbeque. Il menu prevede un vasto assortimento di piatti unici a base di carne alla griglia e un ricco assortimento di Burger.
Billy Tacos è un formato di ristorazione veloce ispirato alla cucina messicana che sta riscontrando un notevole favore. Nonostante sia stato lanciato da meno di due anni, con Napoli conta già 16 locali in Italia. Il menu comprende Mex Tacos, Burritos, French Tacos e Poke Bowl personalizzabili con moltissime combinazioni.
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Missione all’estero per il Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop. Ottobre sarà dedicato agli eventi internazionali, a partire dall’Esposizione Universale di Dubai fino alla fiera Anuga di Colonia. L’obiettivo è consolidare il trend positivo dell’export della Bufala Dop.
Nel 2020 le esportazioni hanno fatto segnare un +9,7%, raggiungendo il 37% del totale della produzione, che vuol dire quasi 20 mila tonnellate di mozzarella Dop arrivate sulle tavole di tutto il mondo. Francia, Germania e Spagna sono i Paesi sul podio dell’export.
L’identikit del consumatore all’estero di mozzarella Dop è stato tracciato da una recente ricerca di Nomisma per il Consorzio di Tutela. È un lavoratore con titolo di studio alto, reddito medio-alto, con figli minori di 12 anni ed è stato in Italia. Ecco il calendario di appuntamenti del Consorzio nel mese di ottobre.
EXPO DUBAI (1 OTTOBRE 2021 – 31 MARZO 2022)
La prima tappa all’estero del Consorzio è all’Expo di Dubai, inaugurato lo scorso 1 ottobre, dove sono pronti a fare squadra i grandi formaggi Dop italiani. La mozzarella di bufala campana partecipa infatti alla collettiva di Afidop (l’associazione dei formaggi Dop italiani) a cui prendono parte anche i Consorzi di Tutela del Grana Padano, Gorgonzola e Pecorino romano.
La Bufala Dop sarà presente a M-Eating Italy, uno spazio pensato per trasmettere l’esperienza italiana nelle sue aree di eccellenza. Lo spazio M-Eating Italy sarà il contesto per far conoscere i formaggi Dop italiani, le loro caratteristiche, la loro storia, la grande capacità di trasformazione delle imprese italiane e il loro valore.
Durante i sei mesi di Esposizione universale, saranno organizzati una serie di appuntamenti che uniranno degustazioni “in purezza” a veri e propri show cooking.
«Presentarsi uniti e compatti al primo e più importante evento internazionale post-pandemia è un valore aggiunto per i nostri grandi formaggi Dop. Per noi è strategico continuare a crescere nei prossimi anni, anche nei mercati lontani». Dichiara Domenico Raimondo, presidente del Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop.
«I consumatori ci chiedono una ulteriore attenzione ai temi della qualità e della sostenibilità. Temi su cui siamo già al lavoro e che ci consentiranno di conquistare anche i consumatori di domani nel mondo». Conclude Raimondo.
ANUGA, CAOLONIA (GERMANIA) 9 – 13 OTTOBRE 2021
L’altro appuntamento internazionale di ottobre è la fiera Anuga di Colonia, in Germania, la principale manifestazione europea per il Food&Beverage. Il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop avrà uno spazio al padiglione 10.1 Stand H22-G23. Anche in questo caso sotto l’egida di Afidop, insieme ad altri 4 Consorzi italiani: Grana Padano, Taleggio, Asiago e Gorgonzola.
Durante la rassegna, lo stand ospiterà tre masterclass guidate da uno chef, un sommelier e una performer. Un occasione per presentare, spiegare e far degustare la Bufala Campana e gli altri formaggi Dop coinvolti. In particolare il 10 ottobre Domenico Gentile, chef, formatore di origine italiane e autore di un fortunato libro di cucina in Germania, nel suo show cooking presenterà cinque ricette originali con i formaggi di eccellenza.
L’11 ottobre invece sarà la volta di Claudia Stern, sommelier tedesca, redattrice della rivista tedesca specializzata Vinum e membro della Sommelier Union Germany. Stern spiegherà i migliori abbinamenti di vino con i 5 prodotti Dop. A guidare l’ultima masterclass del 12 ottobre ci sarà infine Stefania Lettini, chef, formatrice, youtuber che presenterà uno storytelling dei 5 formaggi attraverso il racconto e la degustazione guidata.
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