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Progetto Red Gold: zafferano greco Krokos Kozanis per la “fame gialla” dell’Italia


MILANO –
Parte da Milano la campagna di promozione dello zafferano più pregiato al mondo, il rosso greco Krokos Kozanis Dop. Un modo per rispondere alla “fame gialla” dell’Italia, che arriva a produrre un massimo di 600 chili di zafferano all’anno, su circa 55 ettari di superficie dislocati per lo più in Sardegna e Abruzzo.

Scopo del progetto “Red Gold“, presentato alla stampa mercoledì 25 settembre al Ristorante Daniel dello chef Daniel Canzian, è proprio quello di fornire un’alternativa all’invasione di surrogati simil-zafferano. Miscele extra europee, in particolare provenienti dal Nord Africa, sul mercato a prezzi competitivi e raramente accompagnate da certificazioni del processo produttivo.

Il Krokos Kozanis è invece uno zafferano controllato e sicuro. E non è casuale che la campagna parta proprio dal capoluogo lombardo, culla della più celebre ricetta a base di zafferano: il risotto alla milanese.

Servono circa 50 mila stimmi per ricavare 100 grammi di zafferano – spiega Konstantinos Katsiakronis, export manager della Cooperativa Obbligatoria di Produttori di Krokos Kozanis – e sia la raccolta sia la sfioritura sono effettuate rigorosamente a mano: per questo motivo si parla di ‘oro rosso’ della Grecia”.

La spezia più costosa al mondo, ottenuta dagli stimmi del caratteristico fiore di colore viola, si raccoglie una sola volta l’anno, in autunno. Lo sanno bene i produttori di Krokos Kozanis. Oggi la cooperativa, fondata nel 1971, conta mille associati che vantano il diritto esclusivo di raccolta, confezionamento e distribuzione del Krokos, secondo severi parametri qualitativi disciplinati dalla Dop, riconosciuta nel 1999.

LE PROPRIETÀ DELLO ZAFFERANO

“Le virtù dello zafferano erano già note agli Antichi Greci – sottolinea Alessandro Misotti, responsabile Lombardia dell’Associazione Nazionale Dietisti – e oggi, grazie a numerosi studi portati avanti, tra le altre, anche dall’Università dell’Aquila, sappiamo che lo zafferano è ricco di carotenoidi, vitamina B12 e vitamina C, ha proprietà antiossidanti, antinfiammatorie e antitrombotiche”.

“Inoltre – continua Misotti – influisce positivamente sul tono dell’umore, sulla pressione arteriosa e persino sulla libido. Sulla base di un consumo contenuto che se ne può fare, pari a pochi grammi, non sono state invece trovate controindicazioni nell’utilizzo”.

Ovviamente, per godere di questi benefici, è indispensabile scegliere un prodotto lavorato secondo parametri qualitativi: “Bisogna diffidare delle polveri a basso prezzo, che spesso vengono tagliate con altre spezie, e optare sempre per prodotti certificati”, ammonisce il dietista.

Necessari anche alcuni accorgimenti in cucina. “Bisogna saper dosare la quantità – suggerisce lo chef greco Konstantinos Mouzakis – e per i provetti cuochi che a casa vogliono arricchire i loro piatti con lo zafferano Krokos Kozanis Dop, raccomando di rispettare le indicazioni della ricetta per evitare di alterare il sapore delle pietanze”.

“Lo zafferano deve essere sempre inserito nelle preparazioni a fine cottura – aggiunge Misotti – per non compromettere le proprietà con le alte temperature. Per aumentare la biodisponibilità delle sue funzioni nutraceutiche è necessario accompagnarlo con un elemento grasso, come ad esempio l’olio, dal momento che i carotenoidi di cui è ricco sono liposolubili”.

GLI UTILIZZI IN CUCINA

Spazio anche per la creatività dello chef Daniel Canzian, in occasione della presentazione del progetto “Red Gold”. Giocando sull’affinità cromatica, oltre che sulla grassezza richiesta per esaltare l’aromaticità e le proprietà salutari del Krokos Kozanis Dop, lo chef ha proposto un antipasto a base di uovo montato e cotto a bassa temperatura con lo zafferano, servito nel guscio e accompagnato da una finanziera di pollo.

A seguire, non poteva mancare una rivisitazione del risotto alla milanese, proposto con julienne di zucchine croccanti e cozze. Infine, il dolce: un gelato allo zafferano ricoperto da una gremolada “dolce” a base di menta, limone e mandorle.

Ad accompagnarlo, una marmellata di agrumi, crumble e salsa al cioccolato. Tre piatti pensati “per ampliare l’orizzonte delle preparazioni che possano includere lo zafferano e dimostrare la versatilità di questa nobile spezia”.

Un’iniziativa, “Red Gold”, che si svilupperà in una serie di eventi nei prossimi tre anni, nel più ampio programma europeo Enjoy! It’s form Europe, finalizzato a diffondere a livello internazionale la conoscenza dei prodotti agricoli europei di alta qualità e a Denominazione di origine protetta.

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Gelart: l’arte del gelato presentata al Chocolate Show

Come da tradizione, sabato 5 e domenica 6 ottobre Gelart sarà protagonista del Chocolate Show, la gustosa manifestazione giunta quest’anno alla sua quinta edizione. La gelateria d’autore di via Marconi 9 a Sesto San Giovanni ospiterà l’evento interamente dedicato al gelato al cioccolato: 24 i gusti da assaggiare, 3 i percorsi degustazione suggeriti.

Novità di questa edizione è la formula “Scegli il tuo cioccolato”, la possibilità di creare il proprio percorso degustativo: 3 o 5 gusti, rispettivamente a 5 e 7 euro, serviti in mini porzioni insieme a panna montata e frolle. Immancabile sarà anche la granita al cioccolato.

Tra i percorsi, “Cioccolato in purezza” propone il classico fondente Amedei con cacao in diverse percentuali. “I contrasti del cioccolato” si rivolge a chi vuole sperimentare, con un cioccolato bianco al basilico o un fondente al Porto. “Cioccolato&Spezie” accosta alla base di cioccolato curry, habanero fresco, cannella di Ceylon e molti altri sapori.

Queste sono solo alcune anticipazioni delle ricette che verranno realizzate da Andrea e Marco Riva, i giovani fratelli titolari di Gelart, che ogni giorno lavorano con una attenzione alla qualità delle materie prime e ai cicli stagionali, con un occhio di riguardo per il biologico e per gli ambiti del veg, del senza glutine e del senza lattosio.

Da dove nasce l’idea del Chocolate show? L’ispirazione ci è stata fornita dall’esempio di Maurizio Poloni di Artico e dalla collaborazione con Amedei, azienda cioccolatiera considerata un’eccellenza nazionale nel settore, che ci ha svelato quante possibilità siano contenute nel cioccolato.”

“Normalmente abbiamo circa 5 gusti a base di cioccolato, ma tutte le sue molteplici sfumature meriterebbero un ruolo da protagoniste nell’arte del gelato e questo primo fine settimana di ottobre sarà l’occasione per assaggiarle tutte!”.

Situata a Sesto San Giovanni in un palazzo di fine Ottocento, con i mattoni rossi che fanno capolino dall’intonaco bianco, Gelart ha un nome emblematico: per Andrea e Marco, fare un buon gelato è un’arte.

I gusti
FONDENTI PURI:
Cioccolato Fondente Amedei “CHUAO” 70% del Venezuela
Cioccolato Fondente Amedei “T9” 75% del Venezuela
Cioccolato Fondente Amedei “Madagascar” 70%
Cioccolato Fondente Amedei “Toscano Black” 90%
Cioccolato Fondente Amedei “Acero 95%”

AL LATTE:
Cioccolato al Latte Amedei “Toscano Brown” 35%
Cioccolato al Latte e Caramello Salato
Stragianduia con Nocciole delle Langhe IGP e Ganache al cioccolato fondente
Gianduia con Noci e scorzette d’ Arancio
Stracciatella Invertita con Ganache di cioccolato bianco

BIANCHI:
Cioccolato Bianco Amedei “Toscano White” 29%
Cioccolato Bianco con Liquirizia & semi di Finocchio
Cioccolato Bianco e Basilico
Cioccolato Bianco al “ The Matcha” con Scorzette di Lime & croccante di Arachidi
Cioccolato Bianco al Limoncino di Sorrento IGP
Cioccolato Bianco al Caffè 100% Arabica

FONDENTI AROMATIZZATI:
Cioccolato Fondente al Sale Dolce di Cervia
Cioccolato Fondente al Lime e Zenzero
Cioccolato Fondente alla Cannella di Ceylon & scorzette di Limone
Cioccolato Fondente al Rhum e Tabacco
Cioccolato Fondente al Curry
Cioccolato Fondente al “Porto”
Cioccolato Fondente all’Habanero Fresco
Cioccolato Fondente alla Guinness

I percorsi degustazione
CIOCCOLATO IN PUREZZA:
Cioccolato Fondente Amedei “CHUAO” 70% del Venezuela
Cioccolato Fondente Amedei “T9” 75% del Venezuela
Cioccolato Fondente Amedei “Madagascar” 70%
Cioccolato Fondente Amedei “Toscano Black” 90%
Cioccolato Fondente Amedei “Acero 95%”

I CONTRASTI DEL CIOCCOLATO:
Cioccolato Fondente al “Porto”
Cioccolato Fondente al Sale Dolce di Cervia
Cioccolato Fondente al Lime e Zenzero
Cioccolato Bianco al Basilico
Gianduia con Noci e scorzette d’ Arancio

CIOCCOLATO & SPEZIE:
Cioccolato Fondente al Curry
Cioccolato Fondente al Sale Dolce di Cervia
Cioccolato Fondente alla Cannella di Ceylon & scorzette di Limone
Cioccolato Fondente all’Habanero Fresco
Cioccolato Bianco con Liquirizia & semi di Finocchio

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Enoturismo

Pecorino Romano, Sardo o Fiore? I tre Consorzi uniti in Germania, ad Anuga 2019


Pecorino Romano
, Pecorino Sardo o Fiore Sardo? Quale Pecorino scegliere? Qual è la differenza? Di certo, i Consorzi che tutelano i tre noti formaggi italiani, hanno deciso deciso di unirsi per la comunicazione e promozione all’estero.

Dal 5 al 9 ottobre il Consorzio per la Tutela del formaggio Pecorino Romano Dop, il Consorzio per la Tutela del formaggio Pecorino Sardo Dop e il Consorzio per la Tutela del formaggio Fiore Sardo Dop si presentano ad “Anuga“, il salone biennale leader del food & beverage che rappresenta da anni un appuntamento irrinunciabile per gli operatori del settore agroalimentare in Germania. L’edizione 2019 di Colonia è quella del centesimo anniversario.

Riuniti in un unico stand, C/068 nel padiglione 10.1, i tre Consorzi dei pecorini avranno l’opportunità di interfacciarsi con gli operatori di settore presenti in questa importante manifestazione.

Un’occasione unica per valorizzare il progetto di comunicazione “3 Pecorini”, nato grazie all’unione delle tre realtà consortili volto a promuovere le caratteristiche e le virtù delle tre denominazioni sul mercato europeo e negli Stati Uniti. Diversi paesi, un unico messaggio: “Non le solite pecore, non i soliti formaggi”.

Lo chef Matteo Barbarossa animerà lo stand collettivo, creando delle stuzzicanti ricette a base di questi tre formaggi, capisaldi indispensabili nella buona riuscita dei principali piatti della cucina italiana. I visitatori potranno anche scoprire la qualità e il gusto unico dei tre prodotti al naturale.

Con questo evento si dà il via alla terza annualità della campagna voluta dai tre consorzi Pecorino Romano, Pecorino Sardo e Fiore Sardo. Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti sono i mercati target. In ciascuno di questi paesi e fino a giugno 2020 continueranno le attività di valorizzazione volte a diffondere la conoscenza e le caratteristiche dei 3 Pecorini attraverso eventi, giornate di degustazione, attivazione digitale per citarne alcune.

LE DIFFERENZE TRA IL PECORINO ROMANO, SARDO E IL FIORE SARDO

Con oltre tre milioni di capi, la Sardegna è la principale regione di allevamento ovino. I tre tipi di formaggio sardo Pecorino Romano DOP, Pecorino Sardo DOP e Fiore Sardo DOP sono prodotti con latte di pecora al 100% e sono contraddistinti dal marchio di qualità europeo DOP – Denominazione di Origine Protetta. Questi formaggi a pasta dura uniscono tradizione antica, alta qualità e un forte radicamento nella loro regione d’origine.

Pecorino Romano Aop: questo formaggio di peso compreso tra i 20 e i 35 chili viene prodotto in Sardegna, nel Lazio o nella provincia toscana di Grosseto. Rappresenta l’80% della produzione italiana e il 50% della produzione europea di formaggio di pecora. Nel periodo compreso tra ottobre 2017 e luglio 2018 sono state prodotte più di un milione di forme.

Il 95% del latte da cui si ottiene il Pecorino Romano DOP proviene da pecore di razza sarda, note per la loro robustezza e adattabilità. Già nell’antica Roma il Pecorino Romano DOP è stato elogiato per il suo metodo di produzione tradizionale, rispettato scrupolosamente da secoli. Il Pecorino Romano è riconoscibile per il suo tipico sapore aromatico e speziato, e per la crosta marchiata su tutta la superficie, che identifica il nome e la DOP.

Pecorino Sardo Dop è uno dei più antichi formaggi italiani. Il latte utilizzato per la sua produzione proviene esclusivamente da pecore sarde, che pascolano sulle abbondanti praterie della regione. Questo formaggio delizia i suoi amanti con due varianti, differenziate per metodo di produzione, dimensioni, grado di maturazione e qualità organolettiche.

Mentre il “Dolce” pesa circa due chili ed è aromatico e delicato, il “Maturo” pesa tra i tre e i quattro chili ed è più speziato e piccante. Tutte le forme al momento dell’immissione al consumo sono identificate con un contrassegno alfa-numerico posto sull’etichetta che le identifica una ad una.

Il contrassegno verde viene utilizzato per il Pecorino Sardo Dolce, il contrassegno blu per il Pecorino Sardo Maturo. Nel 2018 sono state prodotte 651.951 forme, con un incremento di oltre il 12% rispetto all’anno precedente. Circa il 60% è rappresentato dal Pecorino Sardo Maturo, mentre il 40% dal Pecorino Sardo Dolce.

 Fiore Sardo Aop: è sempre stato il formaggio dei pastori sardi. Le sue forme da 3,5 chili sono prodotte con latte di pecora Sarda al 100%.  Questa razza locale è ancora oggi allevata all’aria aperta in determinate zone d’Italia. Il formaggio, che può essere consumato anche grattugiato, è una delizia per gli amanti dei formaggi dai forti aromi.

Il nome Fiore pare derivi dall’uso del cardo per favorire la fermentazione, oppure dall’uso di stampi in legno sul cui piatto veniva intagliato un fiore per ornamento e distinguo del formaggio. Tra gennaio e settembre 2018 sono state prodotte 166.350 forme, la maggior parte delle quali sono state consumate nel mercato interno italiano.

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Cantine degustati da noi vini#02

Amarone della Valpolicella Classico Docg 2014 “Corte Matio”, Leonardo Cecchini


L’Amarone che non ti aspetti: fruttato, sì. Ma anche freschissimo. Dalla beva instancabile. È l’Amarone della Valpolicella Classico Docg 2014 “Corte Matio“, prodotto e imbottigliato da Leonardo Cecchini a San Giorgio di Valpolicella (VR). Una piccola realtà artigianale che smetterà di esistere a breve, per l’assenza di eredi desiderosi di proseguire la tradizione di famiglia.

LA DEGUSTAZIONE
Colore rosso intenso, impenetrabile. Naso di frutta rossa matura: amarena ma anche fichi, datteri. Poi liquirizia dolce, polvere di cioccolato e caffè. Note genericamente calde quelle dell’Amarone “Corte Matio”, che si adagiano su un sottofondo fresco, balsamico, mentolato. Accenni alla macchia mediterranea e al pepe nero.

Il palato non delude le aspettative, in un quadro di perfetta corrispondenza gusto olfattiva. L’ingresso di bocca e l’allungo si confermano all’insegna della massima freschezza. Frutta e spezia dominano un sorso di gran equilibrio.

Accompagnando verso una una chiusura lunga, su ricordi di confettura che fanno da contraltare alla vena profonda, balsamica, talcata, vero fil rouge dell’Amarone “Corte Matio” di Leonardo Cecchini.

LA CANTINA

La cantina si trova al piano terra della bellissima “Corte Matio”, che da sempre ospita la famiglia di Leonardo Cecchini. Il primo ad abitarla, all’inizio del Novecento, è il nonno mezzadro. I Cecchini diventano poi proprietari dell’immobile nel 1958.

“Mio nonno era produttore di uva e gran consumatore di vino – ricorda Leonardo Cecchini -. Mio papà vendeva l’uva a Bertani. Quando ho finito le medie, abbiamo deciso di fare il grande passo, iniziando a vinificare in proprio i nostri 3 ettari”.

Leonardo aveva 15 anni. Ora che ne ha 61 ha deciso di appendere l’Amarone al chiodo. “Sono stanco – ammette con voce ferma – andrò avanti con le giacenze per i prossimi tre, quattro anni. Poi chiudo. Nessuno mi dà una mano, non ho figli o nipoti che vogliano seguire la mia strada. Tornerò a vendere le uve”.

Eppure, la produzione di Cecchini – tutta di alto livello – è cresciuta negli anni. Ai due vini storici, Ripasso e Recioto, è stato affiancato l’Amarone, per un totale complessivo che si assesta tra le 12 e le 13 mila bottiglie annue.

Solo 3.500 quelle di Amarone “Corte Matio”. Fedele agli insegnamenti del padre la tecnica di vinificazione: “Per scelta non faccio legno, ma solo acciaio e vetro. Il vino ci mette un po’ di più a maturare”.

“I primi anni mi davano del deficiente in tanti – chiosa Leonardo Cecchini – ora mi dicono che finalmente hanno trovato un Amarone che sa di vino e non di legno”. Ad aiutare l’espressione del frutto è la posizione vocata delle vigne, non a caso adiacenti a quelle di produttori rinomati come Masi, Quintarelli e Tommasi.

I vigneti, situati a San Giorgio di Valpolicella, frazione di Sant’Ambrogio di Valpolicella (VR), sono collocati tra i 250 e i 280 metri sul livello del mare. Le pendenze sono discrete, riequilibrate dai muretti a secco. Tradizionale anche la forma d’allevamento, che Cecchini ha voluto mantenere: si tratta della “Pergoletta”.

Il mercato di “Corte Matio” è per il 90% costituito da privati, residenti nei comuni della Valpolicella. Ogni tanto si affaccia in cantina qualche turista. Pochissimi i ristoranti a cui Leonardo Cecchini vende il suo vino. Una gemma che ora, dopo 46 anni, smetterà di esistere.

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Bardolino, castagne San Zeno e Monte Veronese protagonisti dell’autunno veronese


Il vino Bardolino, assieme ai marroni di San Zeno Dop, alle castagne del Monte Baldo e al formaggio Monte Veronese, sarà il protagonista di quattro appuntamenti dedicati ai sapori autunnali del Monte Baldo, in programma a San Zeno di Montagna (Verona) a partire dal mese di ottobre.

Di un luminoso colore rubino e con i suoi profumi di ciliegia, fragola, lampone, cannella, pepe e chiodo di garofano caratteristici dei vini rossi ottenuti prevalentemente dalle uve di Corvina Veronese, il Bardolino si sposa perfettamente con i piatti autunnali, a maggior ragione con quelli della tradizione del suo territorio d’origine, il lago di Garda e il monte Baldo.

Ad aprire la stagione sarà la 22esima edizione della rassegna San Zeno Castagne, Bardolino e Monte Veronese, in programma dal 10 ottobre al 10 novembre: per tutto il mese cinque ristoranti proporranno dei menù a base di castagne in abbinamento con il Bardolino.

Tra i piatti della rassegna, il minestrone con verdure e marroni Dop, gli gnocchi di farina di castagne e ricotta su pesto di ortiche con dadolata di zucca e salvia fritta, le tagliatelle di zucca e castagne con ragout di carni bianche e scaglie di Monte Veronese, il capriolo con castagne e polenta e la pancetta di maialino croccante con salsa ai marroni, purè di pastinaca e pere caramellate.

Il secondo appuntamento in calendario è la 47esima Festa delle Castagne e 16esima Festa del Marrone di San Zeno Dop, che si terrà sempre a San Zeno il 19, il 20, il 26 e il 27 ottobre, l’1, il 2 e il 3 novembre.

Negli stand di piazza Schena le associazioni locali cucineranno le caldarroste e altri piatti tradizionali insieme con il Bardolino, mentre nel ristorante allestito nella tensostruttura il vino rosso bardolinese accompagnerà i piatti preparati con i marroni di San Zeno Dop.

Venerdì 25 ottobre, alle ore 17.00, nello storico palazzo Cà Montagna ci sarà invece un convegno dedicato ai prodotti tipici del territorio. Alla conferenza interverrà Franco Cristoforetti (nella foto sopra) presidente del Consorzio del Bardolino, che parlerà della sottozona Montebaldo, di prossima istituzione all’interno della Doc Bardolino.

Sempre il 25 ottobre, alle ore 20.00, nel ristorante all’interno della tensostruttura di piazza Schena verrà servito il Bardolino della futura sottozona Montebaldo di tre diverse annate (2015, 2016 e 2017) abbinato ai piatti preparati con il marrone di San Zeno Dop.

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Rivincita del gianduja: la nocciola Relanghe sposa il cioccolato di Gabriele Maiolani


Chiamatela sfortuna, ma solo per tagliare corto. Fatto sta che il primo cioccolatino incartato al mondo, il gianduiotto, ha una storia amara. Parla torinese dal 1806, ma non ha una Dop. Nessuno, tra i big del dolciario piemontese, s’è mai sognato di valorizzare a dovere il cioccolato gianduja. Relanghe lancia così la rivincita. Mettendo a disposizione del maître chocolatier Gabriele Maiolani la propria Nocciola Tonda Trilobata Igp.

“Artigianalità” e “manualità” le parole d’ordine del progetto presentato ieri dalla famiglia Ceretto, tra lo stabilimento di Relanghe, a Castellinaldo d’Alba, e la “Casa dell’artista” di Alba (CN), il loft realizzato recuperando un antico casolare per ospitare “geni” di caratura internazionale, tra i vigneti della Tenuta Monsordo Bernardina.

Tutto inizia con vero e proprio colpo di karma. Il primo ed unico, nella storia sfortunata del gianduiotto. Nel 1993, assieme ad alcuni vigneti, Bruno e Marcello Ceretto acquisiscono 10 ettari di noccioleti.

Nasce così Relanghe, ormai affermato “laboratorio” artigianale per la lavorazione della pregiata “Nocciola Piemonte”. Il tutto nell’ex stabilimento del “Blangé“, nota etichetta di vino bianco da uve Arneis targato “Ceretto”.

Alla produzione di torrone, la bottega dolciaria Relanghe – nome scelto in tributo a una collina – affianca presto quella dell’olio di nocciola, in quantità risicatissime (tra i 200 e i 300 litri l’anno) in parte destinate al “Piazza Duomo” di Enrico Crippa.

L’approdo nel mondo del cioccolato sembra quasi scontato. “Abbiamo applicato la nostra esperienza di vignaioli alla lavorazione delle nocciole – spiega Roberta Ceretto, figlia di Bruno – infatti tutte le nocciole Igp che lavoriamo a Relanghe arrivano dagli 80 ettari di proprietà della famiglia e da altri conferitori tra Langhe e Roero”.

Tutte cresciute in Piemonte, tutte della varietà Tonda Gentile, tutte certificate bio. “La gianduja è realizzata con l’intenzione di avere un prodotto composto al 100% da nocciole Igp, sapientemente lavorate e calibrate per sprigionare un sapore inimitabile, una volta combinate con il cacao”, spiega ancora Roberta Ceretto.

Volevamo creare un gianduiotto straordinario risultato del matrimonio tra il miglior cioccolato e la migliore nocciola. Per questo ci siamo rivolti a un professionista assoluto come il maître chocolatier torinese Gabriele Maiolani, noto per le sue creazioni da bottega Odilla Chocolat, a Torino”.

ORO E BLU: “CON” E “SENZA LATTE”
È così che i frutti di Relanghe, raccolti tra Alba, Albaretto Torre, Sinio e Somano, si combinano con il cioccolato mono origine (Ecuador) di Maiolani. Un gianduiotto “da disciplinare originale“, prodotto proprio nel laboratorio privato del maître chocolatier torinese. Originale persino nella forma, ottenuta a mano e non grazie a degli stampi.

“Abbiamo recuperato e modificato un macchinario originale del 1919 – spiega il maître chocolatier Maiolani – installandoci un motore, una cinghia e un volano. Anche per questo la grammatura del nostro gianduiotto è particolare: 7 grammi, al posto dei 10 di quelli industriali, poi ridotti a 5, già da 20 anni”.

Il gianduja Relanghe, inoltre, è l’unico sul mercato ad avere la nocciola come primo ingrediente in etichetta, al posto dello zucchero. Due anni di lavoro per trovare la giusta “quadra”, in due versioni.

L’incarto oro-rosa indica il gianduiotto dal gusto più “comune”. Quello blu, omaggio a Torino, è il vero tributo alla tradizione: “senza latte”, esalta texture e intensità del cacao mono origine. Presto in commercio, annuncia la famiglia Ceretto, nelle migliori enoteche e drogherie nazionali.

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“La viticoltura biodinamica? Molto più del cornoletame”. Parola di Roberta Ceretto


ALBA – Hanno tutti gli occhi chiari, azzurri come il mare, i “ragazzi” della terza generazione Ceretto. I figli di Bruno e Marcello (Roberta, Federico, Lisa e Alessandro), eredi della casa vinicola fondata da Riccardo negli Trenta, in località San Cassiano ad Alba (CN), hanno ereditato la luce posta sui cru del Barolo e del Barbaresco dai genitori. E l’hanno trasformata in uno sguardo “green“, da riversare interamente sui vigneti.

La certificazione biologica dei 170 ettari risale al 2015. Ma in realtà, dal 2003, sarebbe meglio parlare di una “scientifica applicazione della biodinamica in vigna, che va ben oltre il cornoletame“. A chiarirlo è Roberta Ceretto, figlia di Bruno, mentre crescono le superfici vitate della cantina che si avvalgono di principi steineriani.

Il nostro è un approccio scientifico alla biodinamica. Fare vino significa seguirlo in tutte le sue fasi, dalla vigna alla vendita. Quello che noi facciamo è accompagnarlo dal vigneto al consumatore finale. C’è molto più del cornoletame nella nostra idea di biodinamica”, chiarisce Roberta a WineMag.it, camminando sotto le volte della cantina storica del Monsordo.


Una convinzione che affonda le radici nella storia del territorio, fatta propria dalla famiglia Ceretto in una veste moderna, ragionata. Che va ben oltre il marketing e i “bollini”, utili a far felici i sempre meno numerosi “ultrà del vino che puzza“, purché sia autoproclamato “naturale” dal produttore. Gente di cui ha parlato di recente anche Alessandro Dettori.

“Mio padre e mio zio – sottolinea Roberta Ceretto – fanno parte di quella generazione che ha ‘costruito’ le Langhe, attorno al mito del Barolo e del Barbaresco. Non erano le Langhe di Fenoglio e della ‘malora’, ma non si allontanavano molto”.

“Di certo non erano neppure le Langhe che è possibile ammirare oggi passeggiando, dove è tutto bello, si mangia bene, eccetera. Vent’anni fa, quando ho iniziato a lavorare in azienda – ricorda Roberta – per me era difficile trovare qualcosa che funzionasse qui attorno: un albergo, un ristorante. Adesso, forse, le Langhe sono il territorio dove si mangia meglio in assoluto in Italia”.

Un’evoluzione, quella delle Langhe, che ha coinvolto e travolto (positivamente) anche l’enologia. “I vini sono migliorati tantissimo – ammette la figlia di Bruno Ceretto (nella foto, sotto) – e la gente non improvvisa più, come un tempo. Mio nonno è passato da autista di una cantina a produttore di vino. Mio cugino Alessandro, invece, ha fatto l’enologica, l’università, ha fatto vendemmie in giro, dappertutto”.

L’analisi di Roberta prosegue con limpidezza e lucidità. Mentre tutt’attorno il vino riposa nelle botti: “Non dovrei dirlo, per carità: c’è anche il discorso della conversione al biodinamico nel miglioramento dei nostri vini negli anni, acclarato dalla critica internazionale. Ma c’è da dire che Alessandro è molto più preparato. Il vino del contadino, fatto a sentimento, non esiste più”.

“Noi ci avvaliamo di due biologi a tempo pieno – sottolinea Roberta Ceretto – ma non perché il nostro sia un vino artefatto: lavoriamo a stretto contatto con la natura. Però, se devi fare una vendemmia, non entri in vigneto a caso! Frasi come ‘oggi mi sembra possa andar bene’, non funzionano più. Ogni nostra barrique è siglata, un programma ci aggiorna sulla progressione della maturazione: non esiste più nulla di improvvisato“.

Secondo Rudolf Steiner, padre della biodinamica, il letame di vacca che abbia partorito almeno una volta, infilato in un corno, sotterrato e recuperato prima di Pasqua, incrementerebbe la resa del terreno. Una pratica nota come “Preparato 500”, o “cornoletame”

“Vero che poi il produttore, e l’enologo nello specifico, hanno un talento nel riconoscere le varie fasi. Ma ormai, a un brand come Ceretto, non viene perdonato più nulla, soprattutto perché produciamo vini come Barolo e Barbaresco, che non sono generalmente accessibili a tutti i portafogli. Scoccia non spendere bene 100 euro“.

Già, perché “un vestito lo puoi cambiare ricorda Roberta – ma una bottiglia di vino no. E la faccia che ci metti è la tua, da produttore. In cantina, quindi, si lavora come in un laboratorio. Questo non vuol dire modificare la natura, ma seguirla, ben oltre il cornoletame. Sfruttando la tecnologia per migliorare quel che ci fornisce”. Voce del verbo Ceretto. Amen.

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Enoturismo

Risotto & Drink

Già da tempo il Food Pairing si sta aprendo a nuove frontiere. Sentieri solo parzialmente esplorati in cui il cibo viene accostato a Spirit in purezza o a Drink. Una strada che provano a percorrere insieme Congusto Gourmet Institute di Milano e Planet One, Ateneo del Bartending.

L’idea, messa in pratica lo scorso 20 settembre, suona semplice e gustosa: Risotto & Drink. Dietro, tutte le difficoltà tecniche che il food pairing porta con se. Quello del Bartening è un mondo complesso che come la cucina è fatto di precisione, competenza ed equilibrio fra semplicità e ricercatezza.

FOOD PAIRING WITH RISOTTO
A far convivere due tecniche di preparazione così distanti eppur simili ci hanno provato lo Chef Sergio Mei che, assistito dallo Chef Roberto Prezioso, ha proposto tre risotti differenti ed il Bartender Giovanni Liuzzi che ha ideato i tre drink in abbinamento.

Risotto Zafferano e Timo
Un risotto “classico ma non classico” dice lo Chef Mei. Ad una base neutra in cui il riso viene da prima asciugato e scaldato lentamente seguono l’aggiunta dello zafferano e la mantecatura finale.

Uso di zafferano sia in pistilli che in polvere per raggiungere il colore esatto di un risotto alla milanese il cui riferimento è rigorosamente “il giallo della Madonnina“. Il profumo di timo è aggiunto in impiattamento: timo essiccato spolverato in piatto.

La proposta di pairing è per coerenza. Vodka per una alcolicità neutra, sciroppo pepe-zafferano-timo, liquore al sambuco e succo di limone per dare acidità.

Shakerato e servito straight up in coppa è un cocktail fresco e profumato in cui le note speziate si sposano ad una piacevole dolcezza. Accostato al risotto l’acidità del limone e l’alcolicità della vodka svolgono bene il loro lavoro pulendo il palato fra un boccone e l’altro.

È però la nota speziata-erbacea del riso che si lega alla nota simile del drink lasciando una persistenza amara in fondo al palato che mal compensa la nota zuccherina dello sciroppo che si aggrappa in bocca e non se ne va.

Risotto alla crema di Taleggio
Un risotto semplice con mantecatura neutra in cui, in fase di impiattamento, viene aggiunto Taleggio in crema, polvere di pomodoro, capperi e liquirizia. Un piatto saporito giocato sul contrasto della morbida dolcezza del formaggio e della speziata aromaticità degli altri aromi.

Abbinamento per contrasto. Un twist sul Negroni, cocktail che proprio quest’anno compie 100 anni di storia. Campari, liquore di vino rosso rabarbaro e genziana, e Mixturae (un Botanical Spirit a base di pesca bianca, rosa damascena, verbena e pepe garofanato) gli ingredienti di questo cocktail.

Servito stright up, on the rocks o in bicchiere “cieco” offre un sorso equilibrato e piacevole come un Negroni deve essere. Floreale al primo impatto sopraggiungono note erbacee e e speziate durante la bevuta.

L’abbinamento col risotto funziona molto bene. Piatto e bicchiere si compensano a vicenda. Stessa persistenza per entrambi ed una leggera sensazione amaricante che permane in bocca invogliando al boccone-sorso successivo; quasi un “effetto aperitivo”

Risotto con Crema di Zucca
Stessa preparazione del precedente, qui però il dressing è ottenuto con crema di zucca, polvere di pistacchi ed erba cipollina. In abbinamento con un drink analcolico.

Timo, estratto di zenzero, olio saccarum di agrumi il tutto sodato alcune ore prima del servizio in modo da avere una leggera frizzantezza. Una sorta di variante del ginger beer poco gasata.

Pairing che gioca sulla freschezza. Freschezza che pulisce immediatamente il palato azzerando immediatamente le due persistenze e lasciando solo un ricordo della piccantezza dello zenzero. abbinamento riuscito.

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Enoturismo

Dao Restaurant tutto nuovo a Roma. All’insegna del lieto stare nel Dim Sum Bar


ROMA –
Prendi l’eleganza cinese e la sua cucina millenaria, uniscile a un design orientale moderno e a una nuova formula di consumo, quella del Dim Sum Bar. Ecco la ricetta del “nuovo” Dao Restaurant, un locale capace di rappresentare la vera cultura orientale in modo fedele e ricercato, ma accessibile a tutti.

Aperto da maggio 2011 in viale Jonio, in zona Montesacro (Roma nord), Dao si è imposto sin da subito come uno dei ristoranti più rappresentativi della cucina cinese di qualità, nella capitale.

Al termine di un restyling pressoché completo, si propone come meta del “lieto stare”, grazie a un mix di ingredienti ben assortiti. Merito della determinazione del proprietario, Jianguo Shu, la cui parola d’ordine è “autenticità“.

Quando sono arrivato in Italia ho trovato solo cucine orientali di basso livello – ha raccontato Shu nel corso della serata di presentazione dedicata alla stampa, lo scorso 16 settembre – con Dao ho quindi voluto dare risalto all’autentica cucina cinese tradizionale, focalizzandomi sulla ricerca della materia prima e delle ricette tradizionali del Sud di Shangai”.

Ma dopo otto anni era giunto il momento di un rinnovamento. A partire dagli ambienti: oltre 200 metri quadrati, che sono stati ristrutturati per ospitare fino a 120 confortevoli sedute e arredati secondo la nuova veste studiata dall’interior designer Cristina Campanini.

Sua la firma sull’accurata selezione di tappezzerie, colori e componenti decorative ispirate alla cultura tradizionale cinese, al “nuovo” Dao Restaurant. A coordinare il restyling è stata la società di consulenza Ginevra Consulting che, per la cucina, si è invece avvalsa della preziosa supervisione di Francesca Riganati.

IL CONCEPT

“Appena sono entrata in questo locale ho avvertito subito una sensazione di benessere – ha spiegato l’ex direttrice delle scuole di cucina del Gambero Rosso – per questo ho cercato di riproporla nel pay off del ‘lieto stare’, ispirato alla poesia romantica di Li Bai, poeta taoista cinese dell’Ottavo secolo”.

Come? “Creando un mood coerente su tutta la proposta e gli arredi –  ha continuato Francesca Riganati – mentre non sono stati necessari interventi sulla cucina. Il livello era già pazzesco, ma abbiamo voluto inserire qualcosa di più contemporaneo che non stravolgesse l’idea del locale”.

“La base di partenza su cui lavorare era già ottima e consolidata – ha aggiunto Roberto Tomei, fondatore della Ginevra Consulting – il nostro lavoro si è quindi focalizzato sull’alleggerire le proposte della cucina, migliorare l’estetica del menu e della mise en place e dare maggiore profondità alla proposta”.

Ecco dunque la selezione di miscele di tè, dolcetti della tradizione, cocktail con ingredienti cinesi. Una carta dei vini più ampia. E, soprattutto, il nuovo Dim Sum Bar. “Un modo per focalizzarsi sul tema della condivisione”, per dirla con Tomei. L’area, operativa già dal 16 luglio scorso, è la vera novità della ‘nuova era’ del Dao.

IL DIM SUM BAR

Una zona arredata ad hoc, con tavolini bassi e poltroncine, separata dal resto del locale, dove mettere in atto la tipica condivisione cinese del cibo, secondo un format vicino alla cultura nostrana dell’aperitivo.

Nel menu – disegnato e rilegato con grande cura – non solo i tipici ravioli (ben 35 tipologie, fritti o al vapore, di carne, di verdure o di pesce), ovvero Jiaozi, Wonton e Xiao Mai fatti a mano ogni giorno dall’esperta Wang Pingjiao (nella foto) che ha stupito il pubblico con la sua manualità, esibendosi in uno showcooking durante la serata.

Ma anche Involtini, Baozi e la pizza cinese alla griglia (da non perdere) ripiena di verdure fermentate e/o carne. Il tutto da accompagnarsi a una lista di tè, vini al calice e cocktail oriental style come il Lychee Lime Fizz (vodka, zucchero, succo di lime, soda, foglie di menta e lychee) o il Sunset Mule (Moutai, succo di lime, succo di fragola e ginger beer). Un happy hour dal gusto tutto asiatico, in un contesto di totale ‘lieto stare’.

A pranzo e a cena il ristorante conferma invece la classica offerta à la carte, con le tante proposte realizzate dallo chef Lan Haijie, a partire da una materia prima ricercata e di qualità, garantita da fornitori dell’alta ristorazione e da piccoli produttori selezionati direttamente dal proprietario Jianguo Shu.

Qualche idea del menu: tra i primi troviamo il Riso di Yang Zou con piselli, carote, uova, funghi cinesi, prosciutto e gamberi e gli Spaghetti di farina di soia con i gamberi, con le verdure o con il manzo. Passando ai secondi di carne, si può scegliere tra il Gu Iao Rou, l’arista di suino con fagioli rossi, pachino e cipolla.

E ancora: la Pancetta di Maiale piccante con fughi cinesi, peperoni, cipolle e cipolline o la tradizionale anatra alla pechinese in salsa di frutti di mare con carote, cipolle e cetrioli. Non mancano opzioni a tema pesce, con il Branzino croccante con pinoli in salsa agrodolce e il Nido di Gamberi con verdure, anacardi, carote, peperoni, cipolla e bambù.

Dolce chiusura con i Bonbon di riso, palline di riso tradizionali al sesamo o con frutta secca e il Dolce di soia, tipico dessert cinese con marmellata di fagioli rossi e sesamo. E si beve anche bene, grazie all’ampia proposta selezionata dalla sommelier Hiromi Nakayama.

La carta dei vini conta numerose eccellenze enologiche del territorio italiano, ma anche Champagne, birre artigianali, cocktail e i tipici distillati cinesi. Come il Moutai, un’antica e molto profumata ‘grappa’ di sorgo, noto anche come saggina.


Orario
Ristorante: aperto tutti i giorni dalle 12.00 alle 15.00 e dalle 18.00 alle 23.00
Dim Sum Bar: aperto tutti i giorni a partire dalle ore 18.00

Contatti
Dao Restaurant
Viale Jonio, 328/330 – 00141 Roma
tel. 06 8719 7573
www.daorestaurant.it
Facebook: daochineserestaurant
Instragram: daoroma

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Enoturismo

Tuber Primae Noctis: al via la “cerca” dei “trifulau” in Langa


ALBA –
A pochi giorni all’avvio della 89a Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, ecco “Tuber Primae Noctis“, un vero e proprio “Capodanno del Tartufo”. Organizzata quest’anno al Pavaglione di San Bovo di Castino (CN), nel cuore dell’Alta Langa, sarà l’occasione per brindare alla prima notte dell’anno in cui si dà l’avvio alla “cerca” dei “trifulau“. Un momento molto atteso da tutti gli appassionati di Tartufo Bianco d’Alba in Italia e nel mondo.

Per la prima volta i più importanti attori della filiera di valorizzazione del territorio, l’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, l’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero, Il Centro Nazionale Studi Tartufo, in collaborazione con il Consorzio Alta Langa Docg e l’Unione delle Associazioni Trifulau Piemontesi, celebrano l’inizio della stagione con una vera e propria festa.

Da sabato 21 settembre sino al 31 gennaio in Piemonte sarà infatti possibile procedere alla ricerca del Tuber magnatum Pico: in questo periodo, sulla base della legge regionale, il Tartufo Bianco d’Alba farà il suo ingresso in ristoranti, mercati e negozi.

Il primo giorno di “cerca” è dunque un momento solenne perché segna l’inizio della stagione autunnale, annuncia la Fiera Internazionale del Tartufo Bianco e prepara l’intero territorio all’accoglienza di visitatori e turisti da tutto il mondo, generando una fondamentale ricaduta economica e di interesse per Langhe Monferrato e Roero.

Il “capodanno del tartufo” è importante anche perché informa tutti gli estimatori del prezioso fungo sul calendario ufficiale di consumo e di acquisto. Il Centro Nazionale Studi Tartufo e l’Unione delle Associazioni Trifulau Piemontesi colgono l’occasione per ribadire quanto sia necessario un periodo di “fermo biologico”, dal 1 al 20 settembre di ogni anno, per evitare un eccessivo sfruttamento dell’ambiente durante un momento fondamentale per la maturazione tartufi che si potranno gustare dal 21 settembre in poi.

Tuber Primae Noctis è, per la prima volta, l’occasione per festeggiare – come annunciato dal tema della 89a Fiera Internazionale di Alba – l’equilibrio perfetto fra ambiente naturale e consumatore.

“È una grande emozione celebrare la Tuber Primae Noctis – dichiara Liliana Allena, Presidente dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba – e sono orgogliosa di farlo insieme agli attori di un territorio così speciale. Ringrazio i trifulau per il loro lavoro, ricercatori instancabili nelle notti di luna, in perfetta sintonia con i propri cani”.

“Tra pochi giorni il frutto delle loro ricerche sarà accolto nel nostro Mercato Mondiale del “Bianco d’Alba”, un luogo unico ed inebriato dai 120 profumi del Tuber magnatum Pico in cui acquistare tartufi certificati sotto l’occhio vigile dei giudici del Centro Nazionale Studi Tartufo. Con un calice d’Alta Langa alzato – conclude Allena – brindiamo insieme ad una nuova ed entusiasmante stagione del Tartufo Bianco d’Alba”.

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Enoturismo

Modena Sciocola’ 2019: torna il Festival del cioccolato, dal 31 ottobre al 3 novembre


MODENA –
Dopo il grande successo della prima edizione, torna a Modena, dal 31 ottobre al 3 novembre, Sciocola’, il Festival del cioccolato. Tante le iniziative che animeranno il centro storico di Modena che per la seconda edizione ha scelto il tema dello sport.

Tra gli eventi più importanti la realizzazione in scala 1:1 della Ferrari (20 quintali di cioccolato) in omaggio a Michael Schumacher nel suo cinquantesimo compleanno ad opera del cioccolatiere Mirco Della Vecchia e del suo team di maestri cioccolatieri.

Verrà inoltre realizzato un Louvre del Cioccolato dove sarà possibile ammirare delle sculture realizzate interamente in cioccolato dal cioccolatiere Stefano Comelli. Il Premio Sciocolà d’oro, il riconoscimento conferito in ogni edizione ad una personalità che si è particolarmente distinta nel proprio campo, sarà assegnato al pallavolista Ivan Zaytsev, conosciuto come “lo Zar”.

Verrà inoltre realizzato un casco in onore di Marco Simoncelli e donato alla fondazione che porta il suo nome.  Lungo è, poi, l’elenco delle degustazioni, dei laboratori, degli show cooking e degli incontri che anche quest’anno verranno realizzati durante ‘Sciocola’ che non è solo ghiottoneria, ma anche cultura e spettacolo nella celebrazione dell’intreccio fra cucina, arte e intrattenimento.

Cinquanta maestri cioccolatieri e pasticceri da tutta Italia faranno apprezzare e conoscere il cioccolato in tutte le sue dolcissime declinazioni, più di 100 stand espositivi: sono i numeri che fanno di Sciocola’ una delle manifestazioni più importanti d’Italia in questo settore. Grande novità di quest’anno sarà l’apertura serale fino alle 23.00, dal giovedì al sabato e domenica fino alle 20.00.

Gli artigiani cioccolatieri e pasticceri, proporranno una ricca varietà di prodotti, dai più tradizionali a quelli più ricercati ed innovativi. Dai classici cremini ai tartufi alla nocciola tonda gentile delle Langhe, ai macarons al croccante.

E non mancheranno anche proposte decisamente curiose, come le praline al parmigiano reggiano o li marrons ricoperti. Ci saranno delizie inaspettate come i dolci in vaso cottura a base di cioccolato ma anche largo spazio ai classici con i dragèes al liquore, i cuneesi al rhum, i liquori al cioccolato e la torta al Sangiovese.

Per gli amanti dell’healty non mancherà il cioccolato bio e senza zuccheri, senza dimenticarsi il cioccolato artigianale senza glutine. I prodotti del territorio saranno i colori della tavolozza con i quali Il Maestro Cioccolatiere Marisa Tognarelli realizzerà e presenterà l’esclusivo cioccolatino creato per Sciocola’ 2019 e delizierà il palato dei presenti con degustazioni basate su esclusivi connubi enogastronomici tra prodotti modenesi ed il cioccolato.

A cura di CNA Modena, in collaborazione con il Consorzio di Tutela dell’Aceto Balsamico di Modena Dop, il concorso della Miglior Pralina, a base di una delle eccellenze indiscusse del nostro territorio: l’aceto balsamico di Modena Dop.

Stimolante e sorprendente sarà anche il viaggio nel gusto che potrete fare con il “CioccoYoga”. Grazie al maestro cioccolatiere Franco Pasquale, testerete la capacità delle vostre papille con pregiati tipologie di cioccolato…ad occhi chiusi.

I più curiosi potranno entrare in una vera e propria “Fabbrica di cioccolato BeanToCiok” artigiano del cioccolato torinese che con l’ausilio degli specifici macchinari, vi accompagnerà nel processo artigianale di creazione del nettare degli dei, dalla selezione delle fave di cacao, alla realizzazione a mano delle tavolette di cioccolato.

Infine Gigi e Clara Padovani condurranno in un viaggio nel mondo del cioccolato con una presentazione del loro libro “La ricetta della felicita’” tra aneddoti, personaggi, curiosità, regole di degustazione e citazioni letterarie. Diversi saranno gli appuntamenti educativi e ludici anche per i più piccoli in diversi momenti della manifestazione.

La scuola di inglese per bambini Pingu’s English Modena, organizzerà divertenti momenti di animazione sul tema del cioccolato. Il maestro cioccolatiere Marcantognini unirà arte e cioccolato in esclusivi momenti di gioco e disegno ed infine, per tutte le giornate di venerdì, sabato e domenica, saranno presenti gli esclusivi WoodGames, particolari giochi artigianali in legno per addestrare astuzia ed ingegno.

Il tutto sotto lo sguardo goloso di Sciocolino, simpatica mascotte dell’evento. Per le vie del centro storico ci si potrà poi emozionare con il romantico Carillon Vivente, ballare con i coinvolgenti Tamarros, stupire con il Pianista Teotronico: questi alcuni degli spettacolari appuntamenti itineranti che animeranno il Festival.

Non mancheranno serate danzanti con alcune delle più rinomate scuole di ballo modenesi che coinvolgeranno i partecipanti e li stupiranno con spettacolari esibizioni: dal boogie ai latini, dall’hip-hop ai caraibici.

La manifestazione è stata presentata questa mattina in conferenza stampa presso la Sala di Rappresentanza del Comune di Modena, alla quale hanno preso parte il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli, l’assessore Città Smart, Politiche economiche, Turismo e promozione della città, Servizi demografici Ludovica Carla Ferrari.

E ancora il  presidente CNA Modena Claudio Medici, il direttore territoriale dell’Emilia Centro di BPER Banca Gianluca Trabucco, il presidente Rete Qualicasa Alessandro Amati, il rappresentante ACAI Marisa Tognarelli, il  Ceo SGP Events Stefano Pelliciardi.

La manifestazione ad ingresso libero è promossa da CNA Modena, organizzata da SGP Events in partnership con Acai, patrocinata dal Comune di Modena e dalla Regione Emilia Romagna, con il Contributo della Camera di Commercio di Modena, main sponsor Bper Banca, QualiCasa e Sinergas e sponsor tecnico Callebaut.

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Roadhouse Restaurant raddoppia in Trentino

Roadhouse Restaurant prosegue nel festeggiamento dei suoi primi 18 anni di vita con il piano importante di nuove aperture annunciato a inizio 2019. Il 18 settembre ha aperto il locale di Rovereto, il 2° in Trentino Alto Adige, e il 144° della catena.

Nei primi otto mesi dell’anno sono stati 14 i nuovi ristoranti aperti: i più recenti, prima di Rovereto, sono stati inaugurati a San Martino Buon Albergo (VR), Milazzo (ME), San Rocco al Porto (LO), Monza, Noventa di Piave (VE) e Roma Salario Center.

Il locale di Rovereto si trova negli spazi di un precedente distributore Agip, oggi demolito, e si va ad inserire nel tessuto urbano della città e a fianco del nuovo piano di intervento di riqualificazione dell’ex area Marangoni Meccanica. Si tratta di una struttura di nuova costruzione interamente occupata da Roadhouse, con 170 posti a sedere e un ampio parcheggio per oltre 60 posti auto.

In occasione dell’apertura di Rovereto, Roadhouse ha lanciato una nuova promo giornaliera, sempre all’insegna del value for money: tutti i mercoledì sarà Beef Day, e per i soci con carta fedeltà, la tagliata Roadhouse, 250 g di manzo italiano, sarà offerta al prezzo speciale di euro 9,90 con contorno incluso. Un’ulteriore occasione per gustare ottima carne a un prezzo accessibile.

Nel nuovo ristorante di Rovereto lavorano 30 giovani neoassunti tutti del territorio. Il locale ha il WIFI gratuito e offre la possibilità, tramite l’APP Roadhouse, di utilizzare la fidelity card per ottenere sconti e promozioni esclusive, oltre a pagare tramite smartphone evitando la fila in cassa. Inoltre per tutti i bambini sono a disposizione le innovative aree kids, con giochi interattivi dove divertirsi in tutta sicurezza.

I ristoranti Roadhouse sono aperti al pubblico 7 giorni su 7, indicativamente a pranzo dalle 12.00 alle 14.30 ed a cena dalle 19.00 alle 23.30. Il menu prevede un vasto assortimento di piatti unici a base di carne alla griglia (Ribeye, New York Strip, Filet Mignon, T-Bone Steak, hamburger, ecc.), accompagnati da un’ampia scelta di contorni e seguiti da una ricca varietà di dessert.

Nel 2018 Roadhouse, con oltre 3.600 dipendenti, ha realizzato un fatturato di 175 milioni di Euro.

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Ciclismo nel Chianti Classico con la Granfondo del Gallo Nero

Una giornata dedicata agli amanti del ciclismo e del buon vino. Domenica 22 settembre migliaia di appassionati correranno la Granfondo del Gallo Nero, gara organizzata dal Consorzio Vino Chianti Classico e dalla Ciclistica Grevigiana.

Un turismo sostenibile, quello sui pedali. Per definizione un’attività a bassissimo impatto ambientale, ideale per assaporare ogni metro di strada e ogni scorcio di paesaggio incontaminato, come le colline del Gallo Nero, dove le vigne coprono solo il 10% della superficie totale e oltre il 40% dei vigneti è in regime biologico.

CICLISMO A IMPATTO ZERO
Per questa VII edizione della Granfondo del Gallo Nero, l’organizzazione ha deciso per una svolta plastic-free, proponendo esclusivamente materiali compostabili a tutti i ristori e al pranzo di fine gara, dalle stoviglie alle bottiglie di plastica. Unica eccezione il calice in vetro in cui sarà servito il vino Chianti Classico a tutti i partecipanti, che potranno portarlo a casa come ricordo di una giornata all’insegna della bellezza naturale.

SOSTEGNO AL TERRITORIO
La Gallo Nero si può dire espressione di territorio, coinvolgendo i viticoltori, con le iniziative in cantina e le premiazioni finali, le molte associazioni dei borghi sul percorso, le amministrazioni. Da questo spirito di comunità che unisce gli otto comuni del Gallo Nero, è nata l’idea di sostenere il progetto “Bar sociale” della ONLUS La Stadera di Greve in Chianti, per l’inserimento lavorativo di giovani del luogo affetti da disabilità, che condurranno la gestione del circolo del paese, l’antico punto di ritrovo.

L’iniziativa sarà finanziata con donazioni liberali dei partecipanti e devolvendo il 50% del ricavato dei pettorali “di beneficenza”, acquistabili fino a pochi momenti prima della gara al costo di 100 euro.

Chi pedala, e a maggior ragione chi lo fa indossando una maglia del Gallo Nero, sposa l’eco-sostenibilità come filosofia di vita, connaturata tanto allo sport del ciclismo quanto alla viticoltura biologica e responsabile che noi viticoltori del Chianti Classico portiamo avanti da anni” – dichiara il Presidente del Consorzio Giovanni Manetti

“Se c’è una sfida da vincere domenica prossima, è proprio questa: divertirsi in uno dei luoghi più belli del mondo, dando il proprio contributo a mantenerlo tale per le generazioni future e sostenendo l’integrazione di tutti in una società equa e aperta”.

Prima di essere una gara, questa è un’occasione per vivere la bellezza di questo territorio , un modo per prendersi cura di se stessi rispettando l’ambiente, ammirando paesaggi da preservare e da consegnare alle generazioni future. Anzi, c’è uno spirito comune tra ciclismo a impatto zero e viticoltura sostenibile: entrambi dell’immenso patrimonio naturale che abbiamo. Questa novità vuole essere anche un invito a tutti coloro che a migliaia ogni anno pedalano tra i nostri vigneti, innamorati di queste colline: aiutateci a preservarle.

LA GRANFONDO DEL GALLO NERO
Due percorsi, la Granfondo (135 km, dislivello 2621 m) e la Mediofondo (83 km, dislivello 1526 m), che offrono scorci di paesaggi che sono diventati icona della bellezza italiana. Partiranno entrambi alle ore 9 da Radda in Chianti, borgo medioevale, dalla cui cinta muraria si darà il via, fino a Greve in Chianti, città d’origine del navigatore Giovanni da Verrazzano.

Passeranno attraverso i vigneti della Conca d’Oro di Panzano in Chianti, per poi attraversare San Casciano e scendere verso Castellina in Chianti, eletta da Michelangelo Buonarroti a buon retiro. Il percorso lungo si addentrerà anche nella parte sud del territorio, tra distese di vigneti e salite mozzafiato come quelle di San Regolo e di Castagnoli.

Entrambi i percorsi sono caratterizzati da un susseguirsi di saliscendi, senza vere e proprie scalate tecniche, permettendo di godere del paesaggio unico nel suo momento di massima espressione, la fine dell’estate. Quattro i ristori che cadenzano il percorso: San Casciano in Val di Pesa km 42, San Donato in Poggio Km 60, Radda in Chianti km 86, Castagnoli km 116, in collaborazione con le associazioni locali.

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Pietro Giordano è il miglior pizzaiolo professionista d’Italia

MILANOPietro Giordano, 42 anni, originario di Napoli, si aggiudica il titolo di miglior pizzaiolo professionista d’Italia. Il volto della pizzeria Papilla Milano, inaugurata lo scorso agosto, ha conquistato il primo posto nella quarta edizione del contest di Elementi – I volti della pizza, tenutosi domenica 15 settembre a Milano, negli spazi di Mare Culturale Urbano.

Insieme a Giordano, nella competizione ideata da Molino Vigevano 1936, altri 11 pizzaioli professionisti provenienti da tutta Italia. Anche quest’anno i concorrenti sono stati chiamati a dare il meglio di sé in una prima sessione composta da due prove uguali per tutti: riconoscere l’impasto (forza della farina, percentuale di idratazione, ore di lievitazione, impasto diretto o indiretto) e blind tasting (assaggio dell’impasto cotto alla cieca, per individuare la farina utilizzata, seguito da degustazione di tre differenti tipologie di pomodori e latticini).

Da queste due prove sono stati selezionati gli 8 finalisti, che si sono affrontati in una ultima sessione decisiva: la prova creativa di farcitura e cottura, eseguita utilizzando gli ingredienti appositamente scelti dallo chef stellato Eugenio Boer (Ristorante Bu:r), tra i giurati della competizione.

Insieme a Boer, in giuria tecnica, anche Paolo De Simone della Pizzeria Da Zero; Margo Shatcher, giornalista di Food Genius Academy, Vanity Fair e Italia a tavola e Chiara Patrizia De Francisci, giornalista di Agrodolce.

Il vincitore ha risposto alla sfida di Boer mettendo insieme la scuola della tradizione napoletana, da cui proviene, con la sperimentazione.

Ho trovato concorrenti molto preparati sia tecnicamente sia professionalmente – ha commentato Giordano, dopo la premiazione – Con una scelta così complessa di ingredienti messi a disposizione per la prova finale ho voluto giocare sulla sorpresa, puntando a sbalordire la giuria e presentando una rivisitazione della Margherita, con bordo ripieno di tonno e gorgonzola, equilibrati in acidità con un pizzico di maionese. Alla fine sono rimasto sorpreso io, che non mi sarei aspettato questo traguardo.”

A Giordano andrà in premio una fornitura di farine Molino Vigevano, di prodotti Finagricola e una consulenza gratuita del valore complessivo di 1.250€. Sul podio, rispettivamente al secondo e terzo posto, anche Stefano Rossi (Pizzeria Le Aie di Ovada – Alessandria), finalista con il suo impasto multicereali più aneto, burro, ananas, mortadella e noci, e Leonard Lala (Ristorante Pizzeria da Leo, Verona), che ha gareggiato presentando anche lui ai giurati un impasto multicereali più aneto, gorgonzola, noci e ananas.

Il contest chiude una due giorni – 14 e 15 settembre – che ha visto protagonisti i migliori maestri pizzaioli d’Italia e, per la prima volta, anche il pubblico: oltre 3.000 tra appassionati e pizza lovers, infatti, hanno preso parte alla manifestazione che fino a quest’anno era stata organizzata in forma di tour itinerante aperto solo agli addetti ai lavori.

Una formula inedita, che mantiene la missione di diffondere una cultura dell’eccellenza della pizza, ma si arricchisce di ulteriori ingredienti come socialità, condivisione, formazione e intrattenimento, per un esordio promosso a pieni voti sia dai visitatori sia dagli stessi organizzatori dell’evento, l’agenzia We Look Around, che fornisce i numeri di questa prima edizione aperta al pubblico: 2.800 pizze sfornate e oltre 1.000 tra fritti e pane & condimenti, più 1.000 litri di birra spillata in due giorni.

Dai kids lab per i più piccoli ai numerosi workshop e talk per scoprire i trucchi del mestiere, chiudendo con dj set e live performance, cinema all’aperto e un contest fotografico a tema, Elementi – I volti della pizza si candida ufficialmente a diventare l’appuntamento fisso del pubblico milanese con i guru dell’impasto perfetto.

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Nestlé sceglie Marco Travaglia come nuovo Presidente e Amministratore Delegato Italia e Malta

MILANO – A partire dal 1° ottobre 2019, sarà Marco Travaglia il nuovo Presidente e Amministratore Delegato Italia e Malta per il Gruppo Nestlé.

Marco, attualmente Business Executive Officer Nestlé Purina PetCare Southern Region, è entrato nel Gruppo Nestlé nel 1990 e ha ricoperto ruoli manageriali di crescente responsabilità in diversi Paesi e all’interno di svariate funzioni dell’azienda, dal marketing alle vendite.

Forte di una carriera internazionale che lo ha portato in Svizzera, USA, Francia e Regno Unito, Travaglia è rientrato in Italia nel 2003 per guidare la divisione Alimentari e Bevande di Nestlé Italiana nel ruolo di Direttore Generale, contribuendo significativamente alla crescita del business.

Successivamente, dal 2010 al 2013 ha potuto svolgere, con base a Zagabria, il ruolo di CEO Nestlé per i paesi della ex-Jugoslavia, dove ha avviato un importante processo di trasformazione del Gruppo con notevoli successi che lo hanno portato a ricoprire il ruolo attuale all’interno della categoria PetCare, ampliando la sua responsabilità a tutti i mercati del Sud Europa, Middle East e Nord Africa.

La sua importante esperienza di manager, abbinata ad una profonda conoscenza delle dinamiche del mercato italiano e dei vari segmenti in cui Nestlé è presente con i suoi prodotti, porterà il Gruppo a fare nuovi passi per valorizzare sempre più i propri marchi e prodotti.

Inoltre, permetterà di cogliere tutte le opportunità del settore proseguendo il percorso di crescita sostenibile e innovazione che contraddistinguono Nestlé, nonché la valorizzazione di tutti i suoi marchi italiani nel mondo.

Classe 1964, laureato in Giurisprudenza, Marco è sposato e padre di due figlie. Ama la musica (suona bene la chitarra), il golf e gli animali.

Leo Wencel, Presidente e Amministratore Delegato Italia e Malta dal 2009, ha condotto Nestlé in un significativo potenziamento dell’efficacia commerciale e della profittabilità, resterà nel board aziendale di Nestlé Italiana e potrà così consolidare a livello internazionale quanto raggiunto in questi anni.

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Cantine degustati da noi news news ed eventi vini#02

Parco del Venda: c’è un faro tra i vini dei Colli Euganei


VÒ –
Quando ha conosciuto Carlo Toniolo, Dina Mostacchi era un’australiana come tante. Genitori italiani – mamma piemontese e papà lombardo valtellinese – che si guadagnavano il pane “tagliando con le mani la canna da zucchero”. Dna tricolore, d’accordo. Ma non avrebbe mai potuto immaginare di vivere sui Colli Euganei ed esser parte di una delle cantine più rappresentative del territorio: Parco del Venda.

Un marchio acquisito negli anni Ottanta, anche se l’azienda agricola affonda le radici negli anni Cinquanta, forte dei vigneti della madre di Carlo Toniolo, originaria di Boccon. Oggi la cantina, a conduzione pressoché famigliare, è gestita dal marito Carlo e dai figli Michael, nato in Australia, e Daniela, nata ad Este (PD). Un melting pot ben assortito, che sembra riproporsi nel calice.

Nei vini dei Colli Euganei di Parco del Venda si ritrova il carattere spiritoso e istrionico di Dina. Quello duro e intransigente di Carlo. La vena artistica di Michael e della moglie Benedetta, che cura marketing ed etichette. E la graziosa leggiadria di Daniela. Due le punte di qualità assoluta: il Merlot “Lapilli” e il Cabernet Riserva “Boccon”.

Senza dimenticare l’autoctono Pinello. Un bianco dai profumi altoatesini, vinificato fermo e secco da Michael a differenza di quanto avviene comunemente sui Colli Euganei, dove è più facile trovarlo nella versione frizzante.

Cinquantadue ettari tra proprietà e affitto per Parco del Venda, che può contare anche su altri 40 ettari di una ventina di soci conferitori storici. Volumi piuttosto importanti, con la produzione che si assesta sulle 350 mila bottiglie annue, l’80% delle quali resta in Italia.

L’export si concentra in Svizzera, Austria, Germania e Balcani. Vietnam e Usa sono le nuove scommesse. Niente certificazione bio, “per scelta”. Ma da tre anni Parco del Venda ha “bandito il rame” nei trattamenti. E continua a investire in ricerca e qualità, sia in vigneto che in cantina, con la consulenza dell’enologo Claudio De Bortoli.

Del resto parlano chiaro i vini, in cui tutto sembra al posto giusto, naturalmente. L’alcolicità che contraddistingue la produzione dei Colli Euganei si legge solo sull’etichetta – i rossi superano i 15% vol e i bianchi i 13% vol – ma la percezione glicerica è sempre parte di un quadro equilibratissimo, mai stordente (bassi anche i livelli di solforosa libera, tra i 40 e i 60 punti, abbondantemente al di sotto delle soglie di legge).

E la sperimentazione continua, anche sul fronte dei cambiamenti climatici e delle nuove “varietà resistenti”. Parco del Venda ha presentato da pochi mesi la sua prima etichetta di Piwi a bacca rossa: si tratta del Merlot Khorus “Cigno Nero”, 10 mila bottiglie per la vendemmia 2018.

Al frutto e al carattere “verde” del Merlot, il nettare abbina note selvatiche e terrose, oltre a un tannino difficile da addomesticare che fa capolino in chiusura. Un sorso pieno e grintoso, in definitiva. Nessun fronzolo in cantina per Michael, che ha le idee chiare su quale sia la filosofia da perseguire a Parco del Venda.

“Il vino va ascoltato, annusato quando fermenta, perché parla e capisco da lì come sta e cosa gli serve. Una volta finita la fermentazione, l’obiettivo è il frutto, che deve sempre uscire alla grande, nel calice: è questo il dono che ci fanno i nostri Colli Euganei. In sintetesi? Faccio vini come piacciono a me!”.

LA DEGUSTAZIONE

Veneto Igt Pinello 2018, Parco del Venda: 88/100

Giallo paglierino luminoso e profumi che portano alla mente i bianchi di montagna: il vigneto si trova a oltre 300 metri, nel comune di Cinto Euganeo. Floreale fresco, dunque, ma anche accenni minerali che arrivano a sfiorare il fumè, con l’ossigenazione.

Netti richiami ad agrumi come il pompelmo, che evidenziano il lavoro in cantina per esaltare in maniera naturale l’espressione dei tioli. L’ampiezza al naso di questa etichetta prodotta col vitigno autoctono dei Colli Euganei è garantita anche dalle escursioni termiche.

Al palato, il Pinello 2018 di Parco del Venda sorprende per l’equilibrio tra la parte alcolico-glicerica, il frutto e la freschezza, abbinata a una salinità netta. Ritorni di nocciola e liquirizia in chiusura rendono ancora più eccezionale questo vino, venduto ad appena 3,50 euro. Un vero regalo.

Veneto Igt Merlot Khorus 2018 “Cigno Nero”, Parco del Venda: 89/100
La prima prova in bottiglia con il Piwi della varietà Merlot Khorus può definirsi un successo. Violaceo impenetrabile alla vista, carico, “dark” come il cigno scelto per il nome di fantasia dell’etichetta.

Naso e palato sembrano rispecchiare questa caratteristica “tenebrosa”, coniugata però a un frutto solare, pieno, croccante, tipicamente “Euganeo”. Bella anche la vena salina. Dosati i richiami terrosi, di radice. Chiusura su un accenno leggero di nocciola, tanto da ricordare certi Pecorino abruzzesi.

Colli Euganei Cabernet Doc 2018 “Boccon”, Parco del Venda: 88/100
Blend di Cabernet Sauvignon (60%) e Cabernet Franc (40%) da clone francese. Rosso mediamente trasparente alla vista. Naso profondo, a sostenere un frutto pieno e centrato. Freschezza confermata dall’assaggio, balsamico e speziato, nonostante la spinta glicerica dei 15,5% vol, molto ben integrati. Manca forse un po’ di struttura, ma il sorso è ruffiano al punto giusto e l’annata, guastatasi sul più bello con un eccesso di pioggia, può dirsi “portata a casa” egregiamente.

Colli Euganei Cabernet Doc Riserva 2016 “Boccon”, Parco del Venda: 91/100
Il capolavoro della cantina, accanto al Merlot “Lapilli”. Ha tutte le caratteristiche del Cabernet “Boccon” tradizionale, ma un sapiente affinamento in legno dà una marcia in più al nettare, sia al naso sia al sorso: Michael ha scelto un terzo di barrique nuove, un terzo di secondo passaggio e la restante frazione di terzo passaggio.

Naso tipico dei vitigni che compongono il blend, connotato da una bella eleganza delle note verdi e del frutto, pieno e croccante, cui si affiancano richiami di fondo di caffè e caramella mou, più che di vaniglia.

In bocca l’alcol dovrebbe prendere il sopravvento (15,5% vol.) e invece è ammansito da una freschezza dirompente e da una percezione salina che rischia di far vuotare la bottiglia in pochi minuti, se in buona compagnia: cosa rara per una Riserva. E cosa rara per i Colli Euganei. Chapeau.

Veneto Igt Merlot 2018 “Lapilli”, Parco del Venda: 92/100
Già recensito il mese scorso da WineMag.it e motivo della visita a questa Azienda agricola dei Colli Euganei, “Lapilli” è innanzitutto un Merlot dal rapporto qualità prezzo imbattibile: 6 euro in cantina.

Frutto rosso, ribes in particolare, poi lampone e ciliegia selvatica per una componente fruttata di gran precisione al naso, cui si accostano richiami di macchia mediterranea sempre più vividi col passare dei minuti, grazie all’ossigenazione.

Il giro delle lancette regala complessità a questo Merlot vulcanico di Parco del Venda. Leggera spezia e caramella mou, fino a sbuffi che ricordano il fondo di caffè. In bocca, come nella migliore delle attese, una gran freschezza.

Alcol ancora una volta molto ben integrato, tannino elegante, cuore di liquirizia, spezia (pepe) e chiusura salina. Splendida l’espressione del frutto, che si conferma della giusta maturazione, tanto da non sforare nella confettura.

Quando la temperatura del calice si alza di qualche grado, il varietale diviene sempre più presente e riconoscibile. Ancora più in evidenza la balsamicità della chiusura, su note che ricordano la mentuccia e la salvia.

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Enoturismo

Ferruccio Ferragamo investe nell’enoturismo con Le Aie del Borro: 20 nuove suite


AREZZO –
Il Borro, azienda vitivinicola toscana nel bacino del Valdarno Superiore di proprietà di Ferruccio Ferragamo, annuncia l’acquisizione della proprietà confinante Vitereta e l’apertura de Le Aie del Borro, 20 nuove suite all’interno della Tenuta.

Situata nel Comune di Laterina, Vitereta è una delle tenute storiche del Valdarno aretino, appartenuta alla famiglia Del Tongo dal 1973 con una superficie totale di 346 ettari. Comprende una superficie vitata pari a 40 ettari, una cantina di proprietà, oltre a 150 ettari di terreni seminativi.

Tra gli edifici presenti Villa Clerici Bernetti, costruita nella seconda metà dell’Ottocento e ristrutturata poi a fine degli anni 70, una meravigliosa Tabaccaia (chiamata così perché qui un tempo avveniva la lavorazione del tabacco) e alcuni poderi.

A seguito di questa acquisizione, Il Borro di Ferruccio Ferragamo – azienda certificata biologica dal 2015 – raddoppia la propria superficie vitata raggiungendo circa 85 ettari caratterizzati da condizioni pedoclimatiche uniche che permettono di dar vita a vini di qualità.

Vitigni autoctoni come il Sangiovese, ma anche vitigni della “tradizione toscana”, come il Merlot ed il Cabernet Sauvignon, oggi convivono insieme, adattandosi al meglio alla variabilità dei terreni.

IL PROGETTO

Il Borro: AIE relais & chateaux in Toscana, proprietà Ferragamo

Il Borro fa parte dell’Associazione Relais & Châteaux e comprende un borgo medievale interamente restaurato che ospita al suo interno 38 eleganti e raffinate suite; due lussuose ville – Dimora Storica e Villa Casetta – e le 20 suite de Le Aie del Borro ideali per famiglie e gruppi di amici e disponibili da giugno 2019.

Alle soluzioni Relais & Châteaux si aggiungono “I Borrigiani”, cinque casali gestiti con la formula dell’agriturismo. E ancora, due ristoranti: l’Osteria del Borro e Il Borro Tuscan Bistro, sotto la guida dell’executive chef Andrea Campani; la Spa e la Galleria Vino & Arte.

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Cantine news news ed eventi

La Franciacorta di Castello Bonomi: indietro nel futuro con Cuvée 1564 e vecchie annate


COCCAGLIO –
Se non fosse per la vista sui pendii boscosi del Monte Orfano, l’ingresso “alberato” di Castello Bonomi suggerirebbe il Chianti, più che la Franciacorta. Hanno trovato casa qui, nel 2008, i veneti di Casa Paladin che oggi vogliono distinguersi col progetto di recupero dell’autoctono Erbamat (“Cuvée 1564“) e i lunghi affinamenti sui lieviti delle varie etichette, prima dell’uscita sul mercato (750 mila le bottiglie in affinamento in cantina a partire dalla vendemmia 1986, in gran parte dalla vendemmia 2009).

L’intenzione del gruppo, che nel cuore del Gallo Nero detiene in effetti la terza delle quattro tenute (Premiata Fattoria di Castelvecchi) è parsa chiara fin dagli esordi. Con buona pace di chi pensava che la “holding” capitanata da Roberto e Carlo Paladin fosse venuta qui a “far Prosecco”.

Castello Bonomi – che prende il nome dall’unico Chateau della Franciacorta, un edificio in stile liberty di proprietà dell’ingegner Marino Bonomi, progettato alla fine dell’800 dall’architetto Antonio Tagliaferri – è oggi un’azienda sana dal punto di vista finanziario e in espansione.

Il fatturato segna un +30% rispetto al 2018. Ma il 2019 non è ancora finito e l’obiettivo è festeggiare un +40%, il primo gennaio 2020. L’Italia tira le fila del business, con l’80% degli utili. Senza contare le 20 mila bottiglie in più previste in uscita il prossimo anno. Col rintocco del gong a quota 100 mila.

È sano anche il calice di Castello Bonomi, che opera in regime biologico e riduce sempre più i contenuti di solforosa grazie al lavoro di uno chef de cave rigoroso come Luigi Bersini, affiancato dal giovane e motivato agronomo ed enologo Alessandro Perletti. Un’attenzione che si traduce nel desiderio spassionato di “bere” il Monte Orfano.

Un terroir unico nel puzzle della Franciacorta, che si traduce in una marcata salinità e in un “frutto” ancor più difficile da cogliere al momento esatto in vigna, per via dei 2 gradi centigradi in più di temperatura rispetto al resto dell’areale della Docg.

È un po’ Chianti ma anche un po’ Sicilia, Castello Bonomi: tra i muretti a secco che delimitano le vigne non è difficile scorgere addirittura qualche pianta di cappero. Motivo in più per investire nel progetto di recupero dell’antica varietà autoctona bresciana Erbamat.

Castello Bonomi ne è capofila, assieme ad altre quattro storiche cantine franciacortine, tra cui spicca (per ettari vitati, coraggio e determinazione) la Barone Pizzini dell’attuale presidente del Consorzio, Silvano Brescianini. A coordinare il progetto il professor Leonardo Valenti, dell’Università degli Studi di Milano.

Grazie agli elevati tenori di acido malico dell’Erbamat, la Franciacorta pensa di aver trovato “l’ingrediente” adatto a sopperire ai cali della freschezza degli spumanti, provocati dalle ultime estati torride. Agli enologi il compito di trovare la giusta percentuale di Erbamat nelle cuvée con Pinot Nero, Chardonnay e Pinot Bianco.

LA DEGUSTAZIONE

L’Erbamat, infatti, è tutto tranne che una varietà “timida”. Marca il calice, con la sua spinta “acida” e “fresca”. Per aiutare i consumatori a comprendere le caratteristiche di questa varietà autoctona, con la quale saranno prodotti nei prossimi anni i Franciacorta Docg della tipologia “Mordace”, Castello Bonomi immetterà sul mercato ad aprile 2020 la “Cuvée 1564“.

Si tratta di un vino senza Denominazione Franciacorta, ottenuto addizionando un 30% di Erbamat (oggi il disciplinare consente un massimo del 10%) ai tradizionali Pinot Nero (35%) e Chardonnay (35%). Un Vsq (Vino spumante di qualità) destinato al canale tradizionale. Enoteche e ristoranti, dunque, a listino fra i 30 e i 40 euro.

La speciale etichetta – prodotta in quantità limitata, solo 800 bottiglie – si posizionerà su una fascia prezzo intermedia della gamma di Castello Bonomi. A circa la metà del Franciacorta che domina la piramide, la “Cuvée Lucrezia Etichetta Nera” (60 euro + Iva il costo dell’annata in commercio, una strepitosa 2009).

Utilissima la verticale riservata alla stampa proposta da Castello Bonomi venerdì 13 settembre, a meno di 24 ore dall’inizio del Franciacorta Festival 2019. Nel calice le annate 2011, 2012, 2013 e 2014, tutte sboccate ad aprile e dosate con 2 grammi litro.

Per noi – ha spiegato Roberto Paladin – il progetto di recupero dell’Erbamat è molto importante. Dimostra la nostra visione futura del Franciacorta, in un’ottica di continuità qualitativa che non può prescindere dall’innovazione e dalle strategie utili a contrastare i cambiamenti climatici”.

Vino spumante di qualità Vsq Brut 2011 “Cuvée 1564” (non in commercio)
Erbamat fra il 30 e il 32%, a completare Pinot Nero e Chardonnay. Naso piuttosto tipico del Franciacorta: crosta di pane, brioche, iodio caratteristico del Monte Orfano. Cremosa la frazione di Chardonnay, piuttosto riconoscibile. L’Erbamat marca il calice in due fasi: ingresso e retro olfattivo.

Vino spumante di qualità Vsq Brut 2012 “Cuvée 1564” (non in commercio)
Erbamat fra il 38 e il 40%, a completare Pinot Nero e Chardonnay. Complice forse un periodo inferiore sui lieviti, il naso risulta maggiormente appannaggio dell’Erbamat, nella sua caratteristica buccia di agrume, tra l’arancio, il pompelmo rosa e il verde del lime. Anche in bocca l’Erbamat è più presente con la sua verticalità. Al netto dell’annata differente, il 10% in più di Erbamat si sente, eccome.

Vino spumante di qualità Vsq Brut 2013 “Cuvée 1564” (non in commercio)
La cuvée ottenuta con le stesse percentuali della vendemmia 2013: Erbamat fra il 38 e il 40%, a completare Pinot Nero e Chardonnay. Siamo però di fronte alla migliore espressione dell’etichetta targata Castello Bonomi, al momento.

Naso che sfodera una bell’accento fumè, che gioca sul verde dell’Erbamat e sullo iodio. Oltre al frutto, giustamente maturo, una minore impronta della lisi favorisce l’espressione di uno spumante dal carattere pieno ed elegante.

Vino spumante di qualità Vsq Brut 2014 “Cuvée 1564” (in commercio da aprile 2020)
Ritorno al passato per la composizione della cuvée. Come nel 2011, Erbamat fra il 30 e il 32%, a completare Pinot Nero e Chardonnay. Naso tendente nuovamente alla buccia di lime e al pompelmo, impronta dell’Erbamat.

In bocca una freschezza sull’altalena, su e giù sul frutto, assieme alla percezione salina. Chiusura su ritorni di buccia di agrume, che rendono il sorso asciutto e piuttosto elegante. Uno spumante che troverà nei prossimi mesi una quadra e un equilibrio perfetto.

IN CANTINA

Al netto delle differenti percentuali di uve che compongono la cuvée, la tecnica scelta da Castello Bonomi per la produzione di “1564” è ormai definita in cantina, dopo anni di sperimentazioni. L’uva viene pressata intera e la resa tendenzialmente non supera il 50%.

La fermentazione e il successivo affinamento avvengono in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata. Successivamente i vini vengono mantenuti sulle fecce, fino all’arrivo della primavera successiva. Grazie al controllo delle temperature, non viene effettuata la fermentazione malolattica. L’affinamento in bottiglia è di almeno 48 mesi.

Da servire a una temperatura compresa tra i 6 e gli 8 gradi, il Vino spumante di qualità “Cuvée 1564” di Castello Bonomi è perfetto con antipasti a base di salumi tipici come il salame di Montisola e la Ret, se si vuole cercare l’abbinamento territoriale. Ottimo con piatti a base di pesce di lago come la tinca al forno, il pesce persico o il luccio.

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Enoturismo

Ottombrata Zafferanese: torna la storica manifestazione enogastronimica del Sud Italia

CATANIA – Una cassaforte di sapori con un patrimonio culturale per valorizzare la più grande e storica delle manifestazioni enogastronomiche del Sud Italia, con lo sguardo rivolto verso un mondo più green. Sarà questa la 41esima edizione dell’Ottobrata Zafferanese, che aprirà ufficialmente i battenti domenica 6 ottobre.

Un evento incredibilmente atteso, che ogni anno vede la presenza di oltre 150 mila visitatori e che, mai come oggi, rappresenta per l’amministrazione comunale la rinascita del territorio, dopo il terremoto dello scorso dicembre.

Sarebbe stato più semplice rinunciare a questa manifestazione, a causa di tutti i disagi che sono derivati dal sisma del 2018, ma in questi mesi ci siamo impegnati duramente, risolvendo i problemi di sicurezza e di viabilità, in modo da essere pronti ad accogliere i tanti turisti non come visitatori occasionali, bensì come ‘ospiti’, ai quali far conoscere i prodotti e le caratteristiche della nostra città.” – dichiara il sindaco Salvatore Russo

“Inoltre, per la prima volta, – conclude il sindaco Russo – nella nuova Area Gastronomica – Ottobrata 2019, verranno utilizzati stoviglie monouso biodegradabile 100%, nel totale rispetto dell’ambiente. Per noi rappresenta un valore aggiunto nel nuovo percorso di rilancio economico, sociale e culturale di Zafferana che guarda, soprattutto alla sostenibilità ambientale”.

Non si tratta solo di un’iniziativa ecologica, ma anche di un’azione che abbia un impatto sociale. La grande area food ospiterà, infatti, anche produttori del territorio che presenteranno diversi tipi di formaggi e prodotti tipici. Un vero e proprio trionfo di sapori e maestranze artigianali.

La vasta scelta sarà arricchita da un intenso programma di intrattenimento adatto a tutte le generazioni: chef d’eccezione delizieranno i visitatori con pietanze creative e degustazioni con spettacolari cooking show. Ma non è finita qui, sarà allestita anche un’area Family friendly dedicata ai più piccoli, il tutto accompagnato dalle sonorità delle tradizioni popolari meridionali.

Al centro del menù, oltre al tradizionale panino, che da quest’anno diventerà gourmet, i prodotti tipici zafferanesi come miele, funghi, pere, mele, nelle svariate qualità di “cola”, “gelato cola”, “delizioso bianco rosso”; la valorizzazione dei prodotti tipici e a marchio di tutela (Doc, Dop, o inseriti nelle banche dati dei prodotti agroalimentari tradizionali regionali) e alla promozione del cibo e dei piatti tipici della cucina tradizionale.

Uno spazio sarà, ovviamente, riservato alla preparazione e somministrazione di pasti per celiaci. Per tutte le domeniche del mese, la manifestazione si snoderà da Piazza della Regione Siciliana, fino a via Roma, per poi raggiungere il trionfo dei sapori in Piazza Umberto.

Una manifestazione a misura di visitatore, con ampie aree parcheggio e bus navetta per raggiungere senza stress l’evento.

Dalle ore 18.00 l’ottobrata cambierà ritmo e… let’s party. Migliaia di giovani potranno divertirsi in modo sano con spettacoli di intrattenimento e di musica live.

L’organizzazione dell’area gastronomica ha anche ottenuto il patrocinio, a garanzia dei consumatori, da parte di Grandi eventi Codacons.

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Enoturismo

Cucine Aperte 2019: le cucine di Puglia aprono al pubblico

Si terrà il prossimo 28 settembre l’edizione 2019 di Cucine Aperte, la giornata simbolo della ristorazione di qualità che per il terzo anno coinvolge i soci del Consorzio La Puglia è Servita.

Giunta alla terza edizione, Cucine Aperte già si prepara a riconfermare il suo successo, come format che incentiva i consumatori ad approfondire, valutare e riconoscere cosa mangiano attraverso i soci del Consorzio, tutti professionisti dell’ospitalità e della ristorazione accomunati dall’equilibrio tra territorio, ricerca e tradizione. Ricchezza e la varietà della cultura enogastronomica di Puglia.

Per tutta la giornata, le strutture socie apriranno le porte delle proprie cucine ai partecipanti, che potranno visitare le cucine, approfondire la conoscenza delle materie prime, seguire laboratori, degustazioni tematiche, e naturalmente assaggiare le preparazioni a cura dei ristoratori soci, tra i migliori di tutta la Puglia.

La particolarità della manifestazione è proprio nell’incontro diretto con i cuochi, che diventano ambasciatori in prima persona della gastronomia pugliese, accompagnando i clienti nel cuore della propria cucina e del proprio personale rapporto con le materie prime del territorio attraverso l’esperienza diretta sul campo.

Anche per questa edizione, ogni struttura sceglierà il proprio “Prodotto nel piatto”, su cui incentrare la degustazione. I visitatori potranno quindi spostarsi da una struttura all’altra, assaggiando le diverse tipicità di ogni territorio. In degustazione anche i vini del Movimento Turismo del Vino Puglia, gli extravergine di Buonaterra – Movimento Turismo dell’Olio Puglia e i prodotti tipici raccontati direttamente dai produttori e dagli artigiani del gusto del territorio.

In più, un ricco programma di attività animerà le strutture nel corso della giornata: showcooking, laboratori per grandi e piccini, abbinamenti cibo/vino e molto altro ancora.

Una vera e propria festa, per celebrare la ricchezza della gastronomia pugliese: uno scrigno di tesori agroalimentari rinomati in tutto il mondo, che abbinati a un’antichissima tradizione culinaria regionale rappresentano una delle migliori motivazioni per un viaggio attraverso questa terra affascinante.

Organizzare al meglio il proprio itinerario di visita sarà più semplice, grazie alla speciale mappa delle aziende partecipanti realizzata su Google Maps.

Per usarla, basta connettersi da tablet o smartphone al sito www.lapugliaeservita.com, cliccare sulla mappa in homepage e scegliere di aprirla con l’app di Google Maps. Selezionando la singola struttura si potranno conoscere orari di apertura e programma delle attività, oltre a ricevere le indicazioni esatte su come raggiungere l’azienda e creare il proprio percorso.

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Enoturismo

Torna “Dit’unto Festival del mangiar con le mani” a Villa a Sesta

Proporre buon cibo di strada, o street food che dir si voglia, e piatti preparati dai ristoranti locali e ospiti stellati contornati dalla schietta ospitalità di paese.

Dit’unto Festival del mangiar con le mani” torna ad animare il borgo di Villa a Sesta, frazione di Castelnuovo Berardenga, in provincia di Siena, domenica 13 ottobre, dalle ore 11 alle ore 20. L’appuntamento, giunto alla sua settima edizione è divenuto un punto fermo nell’autunno della provincia di Siena.

Il motto della giornata sarà mangiare e divertirsi ammirando il panorama mozzafiato delle vigne, delle colline e dei prati che circondano Villa a Sesta, immersa nel Chianti, approfittando anche degli spazi pic-nic con tavoli e sedie a disposizione dei visitatori.

La nostra missione è quella di aumentare ogni anno l’offerta in quantità e in qualità, puntando a far crescere la festa e a mantenere alto l’entusiasmo che la caratterizza fin dalla prima edizione, con tutti gli accorgimenti possibili per vivere al meglio la kermesse in una situazione di relax e divertimento” – spiegano gli organizzatori.

I numeri dell’edizione 2018 parlano di circa 9 mila partecipanti, 34 mila degustazioni vendute, con circa 90 volontari che hanno contribuito a rendere la giornata speciale e 49 stand impegnati per offrire agli ospiti piatti eccellenti. Cifre enormi se rapportate al piccolo borgo che organizza e ospita l’evento, Villa a Sesta, che non arriva a 50 abitanti.

L’edizione 2019 coinvolgerà, ancora una volta, il Circolo Ricreativo di Villa a Sesta, l’Azienda Agricola Tattoni e i quattro ristoranti locali: Osteria alla Villa, La Bottega del 30, L’Asinello e il Ristorante agriturismo La Villa di Sotto, che hanno ideato alcuni anni fa, tutti insieme, questo appuntamento cresciuto e consolidato negli anni.

Confermata anche la presenza di cibi più o meno tradizionali in arrivo dalla Toscana e da tutta Italia. Fra i nuovi ospiti, quest’anno Dit’Unto accoglierà la Sicilia, con arancini e cannoli, e l’isola di Ischia, con una specialità di pesce e un dolce della tradizione campana rivisitato per l’occasione.

Fra le degustazioni d’autore, che tornano protagonisti anche quest’anno, figurano 10 Chef stellati Michelin: Valeria Piccini (Caino), Gaetano Trovato (Arnolfo), Riccardo Agostini (Il Piastrino), Mariano Guardianelli (Abocar), Alberto Sparacino (Cum Quibus), Maria Probst e Cristian Santandrea (La Tenda Rossa), Juan Camilo Quintero (Poggio Rosso-San Felice), Filippo Saporito (La Leggenda dei Frati), Helene Stoquelet (La Bottega del 30), Iside De Cesare (La Parolina), insieme a tanti altri colleghi “eccellenti”.

A partire dalle ore 17, inoltre, nella piazza di Villa a Sesta sarà possibile fare un aperitivo gustoso con i cocktail preparati dalla “Bottiglieria di Sale Fino” e le pizze gourmet della “Pergola” di Radicondoli, accompagnate da musica dj-set.

La giornata sarà arricchita da artisti di strada, animazione per bambini, due gruppi musicali – gli Art. 659 che ormai “giocano in cas”” e una sorpresa da Monopoli con gli “Skanderground” – canti e balli popolari, taranta e Dj set a partire dalle ore 17.

L’evento sarà plastic free: le degustazioni saranno servite in contenitori di materiale compostabile e saranno abolite le bottigliette di plastica. Per l’acqua, infatti, sarà possibile attingere da numerose fontanelle distribuite nell’area della festa.

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Enoturismo

Torna a Frascati la Fiera dei Sapori

Da venerdì 20 a domenica 22 settembre 2019, la città di Frascati ospita la quarta edizione di Fiera dei Sapori, un evento organizzato da CastelliExperience in collaborazione con il Comune di Frascati e numerosi protagonisti del settore istituzionale, ricettivo, culturale e produttivo del territorio.

Per un intero fine settimana le strade del centro storico della cittadina castellana, a due passi da Roma, si riempiranno con i profumi dei migliori prodotti enogastronomici dei Castelli Romani, ma non solo.

Un lungo weekend che saprà far dimenticare la fine della bella stagione e le giornate più brevi, in un’esplosione di sapori che racconteranno tutta la forza del territorio, attraverso le sue eccellenze, tra stand enogastronomici e appuntamenti tematici.

Saranno otto le aree tematiche di Fiera dei Sapori, accessibili acquistando dei gettoni che daranno diritto a degustare le bontà dei grandi nomi del territorio: dai primi ai secondi piatti, passando per la tradizione norcina e le proposte Veg, ricette classiche e proposte innovative saranno accompagnate dall’immancabile vino e dalla birra, anch’essa proveniente dai Castelli Romani.

Nel corso della manifestazione verranno organizzate degustazioni enologiche, sotto la guida di esperti sommelier certificati AIS (Associazione Italiana Sommelier), showcooking, laboratori di cucina, ma anche visite guidate tra vicoli e piazze storiche del centro storico, che vanta un patrimonio storico-culturale unico, capeggiato da quelle Ville Tuscolane simbolo della nobiltà romana del periodo rinascimentale. Le attività possono essere prenotate direttamente sul sito dell’evento.

Molte le novità dell’edizione 2019, che conferma un format innovativo volto alla promozione delle eccellenze del territorio e non solo. Tra queste il Mercato della Terra, uno spazio tematico a cura di Slow Food Frascati e Terre Tuscolane, dove sarà possibile assaggiare e acquistare i tanti prodotti a chilometro zero che provengono dai comuni circostanti.

Interessante la proposta enologica delle Winelounge e gli approfondimenti tematici dei Laboratori: un programma dedicato alla (ri)scoperta dei prodotti della terra, delle tradizioni enogastronomiche castellane e non solo. In questi ambienti il visitatore potrà così immergersi pienamente nelle tematiche della Fiera, partecipando attivamente all’evento.

La manifestazione prenderà il via venerdì 20 settembre alle ore 18 e proseguirà fino alle 23 dello stesso giorno. Orario più ampio nelle giornate di sabato 21 (dalle 12 alle 23) e domenica 22 (dalle 12 alle 22), per permettere ai visitatori di apprezzare il fitto programma di appuntamenti.

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Enoturismo

“La Paganella del gusto”: piatti tipici e fiumi di Teroldego in Trentino

Destinazione già amata per i meravigliosi paesaggi e per l’opportunità di praticare sport in tutte le stagioni, la Paganella si propone oggi come meta gourmet. Scalda i “motori” la terza edizione de “La Paganella del Gusto“.

Ben 17 i ristoratori che parteciperanno quest’anno all’evento, tra Molveno, Andalo, Fai della Paganella, Cavedago e Spormaggiore da venerdì 13 a domenica 22 settembre. Tutti sotto il coordinamento dell’Apt Dolomiti Paganella, del Comune di Andalo e della Strada del Vino e dei Sapori del Trentino.

Un progetto che prevede una rassegna enogastronomica tra i ristoranti coinvolti, una giornata dedicata alla torta di patate tra sfide e degustazioni, che avrà luogo domenica 22, e una speciale cena in rifugio organizzata per venerdì 27.

“Il successo di pubblico delle precedenti edizioni e l’entusiasmo dei ristoratori coinvolti – ha commentato Orlando Dalfovo, tra gli ideatori della manifestazione e rappresentante del Gruppo Ristoratori dell’Altopiano della Paganella – ci dimostrano che stiamo seguendo il giusto percorso”.

“Affiancare alle tante esperienze che il turista può vivere in Paganella anche quella enogastronomica – ha aggiunto – rappresenta un ulteriore strumento di promozione del nostro splendido territorio. Chi viene da noi cerca in primo luogo la genuinità, un valore che noi ci impegniamo a proporre sulle nostre tavole e che eventi come La Paganella del Gusto contribuiscono a raccontare e valorizzare”.

LE LOCATION DELL’EVENTO

E così, nei dieci giorni di kermesse, si potranno gustare le delizie proposte da Ristorante Alt Spaur di Spormaggiore oppure quelle di Ristorante Al Picchio Rosso di Cavedago o ancora dirigersi a Molveno, che vede coinvolti Europa, Ristorante Bucaneve, La Dispensa e Hotel Londra.

Diverse anche le opportunità ad Andalo, grazie alla partecipazione di Corona Dolomites Hotel, Ristorante Empatia c/o Cavallino Lovely Hotel, Il Piccolo Dolomiti Resort, Bistrot Dolomieu, Ristorante Al Faggio e Le Chicche Bio Bistro.

Mentre a Fai della Paganella i menù speciali vengono serviti a The Dining Lounge at Solea c/o Hotel Solea e Ristorante Agostini. Non mancano le opportunità “in alta quota” offerte dal Rifugio Meriz, dal Rifugio Dosson e dal Rifugio La Roda.

LE RICETTE E IL TEROLDEGO

Tante le ricette a menù, dalle Lumache in umido al prezzemolo del Brenz in crosta integrale all’Orzotto mantecato agli asparagi di Zambana marinati sott’olio di oliva, fagioli borlotti dell’Altopiano e uova di quaglia pochet.

Dalla Minestra ‘Broa’ con fagioli borlotti e patate nostrane del “Perlot” di Fai della Paganella ai Bocconcini di salmerino alpino in crosta di polenta trentina con verdure di stagione saltate del “Mas del Sisto”. Fino alla Trippa alla montanara servita asciutta con fagioli del “Perlot” di Fai della Paganella, tartare di Carne Salada e patata cotta al sale.

Non mancano, poi, i deliziosi dessert, come  per esempio il Semifreddo alla grappa di ‘zirmol’ salsa al bourbon, fragoline di bosco di Sant’Orsola e nocciole selvatiche di Molveno sabbiate o la Bavarese alla mela spadellata al rosmarino, biscotto speziato e gelato alla grappa trentina (elenco completo a questo link).

Un’offerta ricchissima – introdotta in ogni locale da un benvenuto della cucina a base della tipica torta di patate e dal gruppo al gran completo dei TeRoldeGO Evolution (Azienda Agricola De Vescovi Ulzbach; Azienda Agricola Donati Marco; Azienda Vinicola F.lli Dorigati; Azienda Agricola Foradori; Azienda Vinicola Gaierhof; Azienda Agricola Zeni Roberto; Cantina Andrea Martinelli; Cantina De Vigili;  Cantina Endrizzi).


Tra gli appuntamenti più attesi della dieci giorni de “La Paganella del gusto”, la sfida per la preparazione della miglior torta di patate, in programma domenica 22 settembre in Piazza Dolomiti ad Andalo, con la speciale giuria della Confraternita del Tortel.

“Spin off” della manifestazione, infine, una inedita cena sensoriale al buio, organizzata per venerdì 27 settembre presso il Rifugio Dosson in collaborazione con l’associazione AbC Irifor – a cui verrà devoluto parte del ricavato – al fine di sensibilizzare sul tema della disabilità visiva e far sperimentare le potenzialità derivanti dall’utilizzo degli altri sensi.

Una nuova occasione per scoprire la biodiversità e le piccole produzioni locali attraverso un menù “a 8 mani”, in abbinamento ai vini dei TeRoldeGO Evolution presentati da Antonio Garofolin, sommelier Aspi Trentino Alto Adige.

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Enoturismo

Allarme xylella alle porte della Liguria. Coldiretti invita alla calma


Per la prima volta due olivi positivi alla xylella fastidiosa in Francia, ad Antibe e Mentone, ai confini con la Liguria, nel dipartimento Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Coldiretti invita comunque alla calma.

“Occorre evitare allarmismi e agire con tempestività per verificare il contagio e poi procedere immediatamente all’isolamento delle piante infette per attivare tutte le misure necessarie ad evitare l’estendersi della contaminazione”, riferisce l’associazione di categoria degli agricoltori.

“Si tratta di salvaguardare un patrimonio regionale culturale, ambientale ed economico storico – sottolinea la Coldiretti – con ulivi su oltre 18 mila ettari di terreno molti situati sui tipici terrazzamenti, con varietà pregiate uniche al mondo come la taggiasca”.

Sotto accusa anche in questo caso è il sistema di controllo dell’Unione Europea “con frontiere colabrodo che hanno lasciato passare materiale vegetale infetto poiché anche il batterio che sta distruggendo gli ulivi pugliesi è stato introdotto con molta probabilità nel Salento dal Costa Rica attraverso le rotte commerciali di Rotterdam”.

“Gli errori, le incertezze e gli scaricabarile che hanno favorito l’avanzare del contagio della xylella hanno provocato in Puglia danni per 1,2 miliardi di euro – evidenzia Coldiretti – con effetti disastrosi sul piano ambientale, economico ed occupazionale”.

Dall’autunno 2013, data in cui è stata accertata su un appezzamento di olivo a Gallipoli, la malattia si è estesa “senza che venisse applicata una strategia efficace per fermare il contagio – attacca ancora l’associazione di categoria – che, dopo aver fatto seccare gli ulivi leccesi, ha intaccato il patrimonio olivicolo di Brindisi e Taranto, arrivando pericolosamente a Monopoli, in provincia di Bari”.

La stessa Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), “ha lanciato l’allarme sulla diffusione della Xylella che minaccia la maggior parte del territorio Ue”.

“Serve una strategia condivisa tra enti regionali, nazionali e comunitari per fermare la malattia e ridare speranza di futuro ai territori che hanno perso l’intero patrimonio olivicolo e paesaggistico”, sottolinea il presidente Coldiretti, Ettore Prandini.

“Per effetto dei cambiamenti climatici e della globalizzazione – continua – si moltiplica l’arrivo di materiale vegetale infetto e parassiti vari che provato stragi nelle coltivazioni e per questo serve un cambio di passo nelle misure di prevenzione e di intervento sia a livello comunitario che nazionale anche con l’avvio di una apposita task force”.

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Enoturismo

Pesce congelato venduto per fresco, senza tracciabilità: sequestri in tre regioni

Vendevano pesce congelato e privo di certificazioni, spacciandolo per fresco. I Reparti Carabinieri Tutela Agroalimentare (Rac) hanno sequestrato in Lombardia, Campania e Sicilia 184 chili di pesce e prodotti ittici per violazione delle norme e regolamenti in materia di tracciabilità degli alimenti.

Nell’ambito dell’operazione sono stati denunciati i titolari di due ristoranti per tentata frode in commercio. Nel menu erano presenti prodotti ittici indicati come “freschi”, che in realtà erano congelati. Sono state contestate sanzioni amministrative per diverse migliaia di euro.

Si tratta solo delle ultime operazioni del Rac, nell’ambito del rispetto della normativa a tutela della sicurezza agroalimentare nel settore ittico. Nel mirino, oltre ai ristoranti, anche altri esercizi commerciali e pescherie ubicati nelle province di Milano, Napoli e Messina.

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Cantine degustati da noi news news ed eventi vini#02

Ecco Merotto Space: una finestra sulle colline del Prosecco Unesco

Dopo più di quarant’anni di attività, Merotto ha inaugurato sabato 7 settembre il “Merotto Space“. Una vera e propria finestra sulle colline del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene, divenute patrimonio Unesco.

Non solo un punto vendita, ma uno spazio in cui accogliere i visitatori, enoturisti, winelover e clienti abituali, in modo informale e coinvolgente. Merotto Space, a Col San Martino (TV), nasce in una vecchia casa contadina in pietra locale, risalente a circa 200 anni fa.

Un progetto di recupero in linea con la direttiva della Regione Veneto, che non prevede nuove edificazioni nell’area ma una riconversione e riqualificazione di strutture già esistenti: le tipiche case coloniche tradizionalmente composte da un unico ambiente in cui abitazione, stalla e fienile erano integrati in un unico edificio.

IL MEROTTO SPACE
Una struttura collegata alla storica cantina di vinificazione, attraverso un sentiero di poche centinaia di metri, che attraversa le vigne. Al piano inferiore un piccolo ma completo show room e un angolo adibito a wine bar. Luogo dal design minimal e pulito, in cui conoscere ed acquistare i prodotti aziendali.

Al piano superiore una grande sala degustazione e ricevimenti; un ambiente unico e spazioso con grandi vetrate ai lati in cui la vista apre sulle colline vitate italiane che danno vita allo spumante italiano più bevuto al mondo. Un unicum visivo in cui il “dentro” ed il “fuori” si fondono coinvolgendo il visitatore a 360 gradi.


È Graziano Merotto, patron e fondatore dell’azienda, a fare gli onori di casa e ad introdurre alla degustazione delle etichette della cantina. Sguardo sereno, sorriso appena accennato, ma nel quale leggi grande apertura d’animo.

Mani grandi, dalla stretta possente ma accogliente. Una storia che parte da lontano la sua, legata al territorio come le radici di quelle viti che fanno l’occhiolino da sotto la pioggia.

Diploma alla Scuola Enologica di Conegliano e una avventura che inizia nel 1972, quando Graziano Merotto fonda la sua cantina, anche se l’amore per la terra gli era già stato trasmesso tempo addietro, dal nonno Agostino.

Già l’anno seguente, nel 1973, l’acquisto di un appezzamento, la Particella 86, ancora oggi fiore all’occhiello dell’azienda. Anni a produrre vini col fondo a rifermentazione naturale in bottiglia, rigorosamente da uve Glera, fino all’introduzione, nel 1979, della prima autoclave in azienda.

Sempre con un obiettivo, allora come oggi – ci tiene a precisare Graziano Merotto – che è quello di fare un prodotto di una certa qualità…”

Un totale di 600 mila bottiglie annue, divise fra le varie etichette commercializzate al 70% sul mercato italiano. L’estero si concentra in Europa, Stati Uniti e Russia con una recente apertura verso Giappone e Messico.

Trenta ettari, suddivisi in 9 località differenti (tutte collinari), croce e delizia di questa realtà come dice Mark Merotto enologo della cantina. La fortuna di poter vinificare da areali diversi, la sfortuna di non poter gestire tutto in un’unica soluzione.

Alle uve di proprietà si affiancano quelle acquistate dai conferitori, seguiti dallo stesso perito agrario per garantire uniformità qualitativa. Parlare con Mark è un modo per conoscere non solo la realtà di Merotto ma anche le differenze e le sfumature di un territorio spesso non compreso fino in fondo dal consumatore.


Diventa così chiaro come forse sarebbe più corretto parlare “dei Prosecchi” più che “del Prosecco“. Perché sono profonde le differenze fra le uve e i vini prodotti in pianura e quelli prodotti nell’area collinare e prealpina (quella ormai famosa come patrimonio Unesco).

Differenze legate a terreni, clima, età delle viti, tecniche di coltivazione e raccolta. Differenze fondamentali che generano, inevitabilmente, vini diversi. Non solo macro differenza fra collina e pianura, ma anche micro differenze fra i vari mappali in collina.

Ecco quindi la scelta di Merotto di vinificare separatamente per zona di provenienza delle uve. Macerazione pellicolare direttamente in pressa per evitare l’intervento di organi meccanici, decantazione statica e 30 ora di ossidazione.

Il tutto alla ricerca della pienezza del frutto e dei suoi sentori. Differenze di terroir, tecniche di vinificazione e scelte produttive che ci attendono al varco perchè, al solito, è “il calice” ad avere l’ultima parola.

LA DEGUSTAZIONE
Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut 2018 “Integral”. Ultimo nato in casa Merotto, presentato a Vinitaly 2019, rappresenta la sfida delle cantina nel voler produrre un Prosecco dallo scarsissimo residuo zuccherino: solo 2,7 g/l, praticamente un Pas Dosè. Integaralmente Glera da un unico vigneto di oltre 40 anni, fermentazione in autoclave di 60 giorni ed ulteriori 120 giorni di permanenza sui lieviti per cercare struttura anche in assenza di zuccheri aggiunti.

Paglierino e brillante ha naso fresco e floreale ma è in bocca che da il meglio di se dove si dimostra più ricco e generoso. Perlage piacevole, quasi croccante, un buon retro nasale di frutti bianchi ed un chiusura sapida e minerale che le rendono pericolosamente beverino.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Bareta”. Espressione Brut (8 g/l) della gamma Merotto prende il nome da un nomignolo locale, essendo “Merotto” un cognome assai comune in zona. Si presenta delicato al naso con note di fiori bianchi ed un piacevole fruttato di mela verde. Sapido e ben equilibrato, aromatico quanto basta, è una bolla che può trovare piacevole collocazione a tavola.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry “Colbello”. Extra Dry “alto” da 16 g/l è forse quello che nell’immaginario collettivo è l’idea del “Prosecco”. Delicato al naso e dai sentori primaverili, dal sapore abboccato quel tanto da non essere stucchevole. Morbido e non molto persistente incarna il concetto di “aperitivo”, di “vino dell’accoglienza”.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Extra Dry 2018 “Castè”. Nome preso dalla zona di produzione nota come “Colle il Castello”, collina dalle forti pendenze in cui la Glera ha ricavato il proprio spazio vitale. Extra Dry “basso” (12 g/l) è ottenuto con un’unica vinificazione. È il mosto infatti ad essere direttamente vinificato in autoclave eseguendo in un unica ripresa vino base e presa di spuma.

Più pieno di Colbello, più coinvolgente col suo naso più intenso dai vivi richiami alla mela golden ed alla pera matura. Facile e scorrevole al sorso ha un buon corpo ed una viva acidità che maschera piacevolmente il residuo zuccherino. Piacevole ed ordinata la persistenza.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Dry 2018 “La Primavera di Barbara”. Dedicato alla figlia di Graziano, Barbara per l’appunto, si compone al 90% di Glera ed al 10% di Perera. Un Prosecco dall’importate residuo zuccherino di 21 g/l pensato per essere morbido ed avvolgente. E cosi è, con profumo dolci di frutta matura ed un sorso in cui è la morbidezza a vincere sull’acidità senza però sforare nella grassezza, senza perdere di nerbo.

Valdobbiadene Prosecco Superiore di Cartizze Docg Dry 2018. Vellutato e fragrante come un Cartizze deve essere se la gioca sulle note di pesca e pera Williams. Viva freschezza che sposa i 26 g/l rendendolo largo ma non pastoso ne tanto meno stucchevole.

LA VERTICALE DI “CUVEE DEL FONDATORE”
Vino emblema della volontà di Graziano Merotto di creare un Prosecco d’alto livello, un brut che non abbia nulla da invidiare ai più blasonati Metodo Classico. Anni di prove e ricerche culminati nella prima vendemmi utile nel 2009, proprio l’anno di creazione della Docg.

Le uve provengono da un unico vigneto, proprio quella Particella 86 proprietà aziendale dal 1973 e parte della storia della cantina. Uve che subiscono un processo particolare di maturazione noto come DMR (Doppia Maturazione Ragionata), una tecnica nata in Nuova Zelanda e qui adottata ed adattata alla Glera.

In sintesi il 20 giorni prima della vendemmia il 20% dei tralci viene reciso lasciando però i grappoli in pianta. Questi grappoli subiscono così un leggero processo di appassimento concentrando gli aromi senza però perdere di acidità.

Il restante 80% dei grappoli per contro matureranno ricevendo più sostanze nutrienti dovendo la pianta “distribuirle” a 20 grappoli su 100 in meno. Una doppia maturazione che porta le uve allo stato ideale per un processo di vinificazione e presa di spuma in unico passaggio, direttamente da mosto come per Castè.

Lunga giacenza sui lieviti per arricchire il vino grazie all’auto lisi, dosaggio di 6,9 g/l ed un contenuto di solforosa fra i più bassi (inferiore agli 80 g/l) per un Prosecco che si accinge a sfidare il tempo. Cinque le annate proposte: 2018, 2016, 2014, 2012, 2010.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2018. Figlio di un’annata climaticamente “normale” è un Prosecco potente, aromatico, ricco. Colpisce subito al naso mostrando non solo una certa presenza di aromi ma anche una leggera nota verde, acerba, che fa subito pensare che si tratti ancora di “un bambino”. Sensazione confermata in bocca dove l’acidità seppur non fastidiosa risulta viva e quasi “dura”.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2016. L’annata si rivelò un poco calda sul finale in generale dall’andamento regolare. In questo calice tutta la potenza e l’eleganza che la Glera può offrire.

Il colore leggermente più marcato rispetto al ’18 e gli aromi vivi e freschi di frutta bianca ed agrumi confermano l’impressione precedente: forse questo Fondatore ha bisogno un paio d’anni di bottiglia per potersi esprimere al meglio, a dispetto di ciò che solitamente si dice dei prosecchi.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2014. Annata notoriamente difficile, bestia nera per la maggior parte di vignaioli ed enologi specialmente da queste parti. Ne risulta il vino più minerale della batteria carico di quelle note che i sommelier amano definire di “pietra focaia” o “idrocarburo”. Nonostante tutto morbido ha una chiusura di sorso lievemente amaricante.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2012. Caratterizzata da un ritardo in fioritura, come il 2019, l’annata ha generato il vino più coinvolgente della batteria. Naso ricco di note evolute come miele d’acacia e frutta molto matura con una leggera nota di marmellata d’arancia. Rotondo in bocca ma supportato da una buona acidità e da grande mineralità che donano una verticalità non trascurabile. La prova provata che anche un Prosecco può invecchiare e può farlo bene.

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Brut “Cuvée del Fondatore” 2010. Al naso risulta un po’ stanco, come se si stesse approntando alla sua parabola discendente. Ricco di note mielose e fruttate non ha difetti o cattivi sentori ma manca un pizzico di slancio. In bocca invece si mantiene vivo. Le note terziarie donano calore e rotondità, la freschezza resta presente anche se meno vivace. Piacevolissima la persistenza.

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Enoturismo

È morto Giacomo Bulleri. Addio a un simbolo della ristorazione italiana

Si terranno lunedì 9 settembre alle 14.45, nella Chiesa di Santa Maria della Passione di via Conservatorio a Milano, i funerali di Giacomo Bulleri, morto ieri notte all’età 94 anni. Se ne è andato un uomo simbolo della grande ristorazione italiana.

Nel 2017 il New York Times intitolava a piena pagina “The man who cooked for Italy”. Giacomo, l’uomo che cucinava per l’Italia, e non solo, dati gli innumerevoli personaggi internazionali che si sono avvicendati per più di sessant’anni nei suoi locali.

Nato a Collodi, in Toscana nel 1925, si trasferisce giovanissimo a Torino, dove inizia a lavorare “a bottega” e a carpire i segreti della maestria della cucina italiana. Nel 1958 apre a Milano il suo primo ristorante, Trattoria Da Giacomo in via Donizetti, in cui prende forma la sua visione filosofica di un’arte culinaria che, basandosi sulla tradizione italiana, si arricchisce di spunti ogni volta diversi, avendo sempre come fulcro essenziale la qualità della materia prima. In questo luogo si sono avvicendate figure quali la Callas, Kissinger, Versace, Mondadori, Montanelli, Letizia e Gianmarco Moratti.

L’incontro con l’architetto Mongiardino, avvenuto lì in quegli anni, segna una svolta per un nuovo slancio creativo nella filosofia di Giacomo. Sancisce l’importanza del connubio tra la sua ormai riconosciuta visione della cucina e l’importanza della cura e dell’estetica del luogo che l’accoglie. Due universi distinti che devono dialogare insieme per creare un‘ armonia perfetta.

Così dal 2009 sorgono a poco a poco in un connubio fecondo tra la figlia di Giacomo Tiziana e il genero Marco Monti con lo Studio Peregalli, altri ristoranti che, come li definisce il NYT “the most exquisite restaurants in Milan, if not the world”, confermano e proseguono la sua visione. Giacomo in questi luoghi è sempre stato presente.

Non era raro quindi incontrarlo intento a osservare ogni dettaglio con spirito critico e scambiare battute sagaci con figure come Franca Sozzani, Mike Bongiorno, Michelle Obama, Woody Allen, Maradona, Morgan Freeman, Mick Jagger, Madonna, Rania di Giordania diventati ormai amici.

Il carattere di Giacomo Bulleri e la sua passione per la cucina, con una attenzione maniacale per ogni particolare, che lo portava a redarguire anche negli ultimi tempi i cuochi dei suoi locali senza alcuna concessione, ha portato la sua filosofia a trasformarsi in un universo che si è espanso sul territorio creando altri luoghi di incontro nella città fino a segnare la sua presenza nella sua Toscana, l’anno scorso, nella città d’arte Pietrasanta.

La sua fedele amica Elisabetta Sgarbi nel 2013 ha voluto consacrare la sua filosofia e i suoi luoghi con un libro dal titolo “Ricette di vita”. Il mondo di Giacomo, applaudito e riconosciuto a Milano con l’Ambrogino d’oro e l’insegna di Negozio Storico della Regione Lombardia, continua con passione e maestria attraverso l’opera di Tiziana Bulleri e Marco Monti e rappresenta una sorta di eccezione nel panorama della ristorazione con una gestione che rimanendo saldamente famigliare e italiana ha una forte risonanza nel mondo.

“Coloro che desiderassero visitare la salma – fa sapere la famiglia – potranno recarsi presso la casa funeraria di Piazza Mistral 9 a Milano, domenica 8 settembre dalle 9 alle 18 e lunedì mattina dalle 9 alle 12”.

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Cantine news news ed eventi

Kettmeir compie 100 anni: brindisi di stile per i pionieri dello spumante in Alto Adige


CALDARO –
I ritocchi in vista della grande festa, come s’addice a una premurosa Dama d’inizio Novecento, sono iniziati ben prima della data fatidica. Tanto che ieri pomeriggio, Kettmeir, si è presentata con l’abito lungo e la “casa” tirata a lucido alle celebrazioni dei suoi primi 100 anni di storia, a Caldaro (BZ).

Un secolo di vita per la cantina fondata nel 1919 da Giuseppe Kettmeir, che produce spumanti dal 1964. Pionieri delle “bollicine” in Alto Adige, insomma. Prima col Metodo italiano (Martinotti). Poi, dal 1992, anche con il Metodo classico (Champenoise), all’insegna di un’etichetta divenuta emblema degli sparkling altoatesini: l’Athesis Brut.

Quanto sia stata azzeccata la scelta compiuta nel 1986 da Franco Kettmeir, che ha individuato in Santa Margherita Gruppo Vinicolo “l’erede ideale per l’impresa di famiglia”, è parso chiaro ieri alle celebrazioni del centenario.

Gli investimenti ricamati attorno al gioiellino altoatesino dal colosso di Fossalta di Portogruaro (VE) – ben 242 milioni di euro spesi nelle dieci tenute sparse per l’Italia nel periodo 2005-2019 – hanno consentito a Kettmeir di dotarsi, negli ultimi anni, di strumentazioni all’avanguardia assoluta.

Dalle presse alle decine di serbatoi di acciaio utili alle micro vinificazioni, passando per l’impianto geotermico che ha abbattuto a un decimo i costi (e le emissioni) di una cantina divenuta sempre più green e attenta alla qualità assoluta.

Strumenti utilissimi nelle mani dell’enologo Josef Romen. Uno con le idee chiare sul senso del proprio lavoro: “Si parla tanto di territorio, e allora noi vogliamo che si senta da quando si mette il naso nel bicchiere. Chi beve Kettmeir deve pensare: ecco l’Alto Adige”.

Un puzzle di 60 ettari, che sarebbe meglio definire microcosmo. La cantina, di fatto, possiede un solo ettaro, interamente allevato a Moscato Rosa. La parte del leone spetta ai 40 soci viticoltori. Sessanta ettari complessivi, estremamente frazionati. Si va dai 326 metri quadrati ai 5 ettari, dislocate in diverse zone vocate.

Maso Reiner, sulla sinistra-Adige, a pochi chilometri dal confine con la provincia di Trento, poggia su un terreno calcareo che è ideale per la coltivazione di Pinot Nero e Chardonnay. Riceve il sole dalla tarda mattinata ed è protetto dalle correnti più fredde grazie alle montagne sovrastanti.

Maso Ebnicher, più a nord, guarda il massiccio del Catinaccio e domina la città di Bolzano. Il terreno qui è sabbioso, d’alta collina, caratterizzato da un’elevata pendenza. Un luogo dove la coltivazione può davvero considerarsi eroica, ma dove cresce il miglior Müller Thurgau di Kettmeir.

Grande rilevanza, specie nella produzione dello spumante Alto Adige Doc, anche al Pinot Bianco. La rinascita di della tradizione spumantistica regionale si deve proprio alla presentazione, del primo sparkling sudtirolese del Dopoguerra, avvenuta nel 1965 alla Fiera del Vino di Bolzano: la “Grande Cuvée” di Pinot Bianco.

Uno Charmat lungo – tuttora in produzione – che costituisce una buona fetta delle 420 mila bottiglie complessive prodotte annualmente da Kettmeir. Ben 85 mila bottiglie sono di Metodo classico, su un totale di circa 350 mila prodotte in Alto Adige. Una parte rilevante, dunque, nell’ambito di quella che resta ancora una nicchia.

Non a caso Gaetano Marzotto, presidente del Gruppo Vinicolo Santa Margherita (vendite per 177 milioni di euro nel 2018), ha definito in occasione del suo discorso per i 100 anni di Kettmeir “un gioiello”. “Un brand che può contare su una forte caratterizzazione e uno stile inconfondibile”, ha aggiunto l’amministratore delegato Ettore Nicoletto.

LA CENA DI GALA: STELLE IN CUCINA

Per celebrare i primi 100 anni di storia, Kettmeir ha pensato in grande. Una cena stellata “a quattro mani”, curata con maestria dagli chef Anna Matscher (“Zum Löwen” di Tesimo) e Claudio Melis (ristorante “In Viaggio” di Bolzano).

Antipasto – Claudio Melis: “Sangue di Rapa” (Rapa rossa affumicata, Kefir, Crescioni)

Un piatto “di terra e territoriale”, rivisitato in chiave estremamente moderna e abbinato al Lago di Caldaro Classico Doc 2017 Kettmeir.


Primo piatto – Anna Matscher: “Risotto ai tre pomodori gialli”

Giallo come l’Alto Adige Doc Chardonnay “Vigna Maso Reiner” 2017 Kettmeir in abbinamento, ancora un po’ troppo condizionato dal legno e degno, a maggior ragione, di piatti ancora più strutturati (secondi a base di carne).


Secondo piatto – Claudio Melis: “Maialino Cinturello Orvietano – New York, Tokyo, Sardegna”

Maialino Cinturello Orvietano, selezione Alfredo Angeli e cinta senese in purezza. Poi, a parte, alcuni ricordi di viaggio dello chef, che delizia con la testina salmistrata di maialino impanata e fritta, servita con maionese e senape.

In abbinamento l’Alto Adige Doc “1919” Riserva Extra Brut 2013, la “novità” del 2019 Kettmeir: il vino del centenario non poteva che essere un Metodo classico. Siamo all’apice della qualità degli spumanti della casa di Caldaro, che con questa etichetta mette nel calice due delle grandi caratteristiche dell’enologia altoatesina: potenza e finezza.


Dessert – Anna Matscher: “Zuppetta alle erbe aromatiche, sorbetto al basilico rosso e all’ananas

Chiusura deliziosa e all’insegna della freschezza per la cena celebrativa dei 100 anni di Kettmeir. Dal piatto si liberano intensi i profumi di mentuccia e delle altre erbe della montagna altoatesina.

Un po’ come stare in un prato, ovviamente con un ottimo calice di vino. In questo caso l’Alto Adige Doc Moscato Rosa 2018 “Athesis” Kettmeir, prelevato da vasca ma già in grado di mostrare tratti dell’equilibrio che sarà, tra potenza, dolcezza e freschezza.

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Enoturismo

Il Gruppo Ebano acquisisce Masterfood e SiChef

Masterfood srl, società di Bari la cui mission è diffondere con metodi innovativi la cultura gastronomica italiana, è stata acquisita al 100% dal Gruppo Ebano, che amplia così la propria offerta di contenuti nel settore “Food” e incrementa il business “dell’online”. A Masterfood fa capo SiChef, la prima Accademia che parla di cultura del cibo italiano con didattica 2.0, avallata dal Ministero dello Sviluppo Economico. Attraverso lo strumento dell’e-learning, realizzato con l’apporto di docenti chef qualificati e innovative video lezioni, chi si accosta al mondo SiChef viene introdotto all’alta formazione culinaria Made in Italy, anche grazie a corsi in Lis (Lingua Italiana dei Segni).

Masterfood entra quindi nella galassia del Gruppo Ebano. Realtà fondata e presieduta dall’imprenditore e Presidente della Piccola Industria e Vice Presidente di Confindustria Carlo Robiglio è tra i leader in Italia sulla formazione a distanza ed opera anche nell’editoria, nella comunicazione e nel marketing caratterizzando tutta l’offerta per il suo approccio innovativo.

Circa 18 milioni di fatturato nel 2018 e una crescita negli ultimi 6 anni dell’800%, 8 società controllate, 15 partnership produttive, più di 250 dipendenti e collaboratori, una clientela media annuale che ormai supera le seimila unità per il solo business della Formazione a distanza e un piano di crescita per linee interne ed esterne con investimenti nel solo 2018 di 700 mila euro. Sono questi alcuni dei numeri che sottolineano la costante crescita del Gruppo Ebano negli ultimi anni.

“L’obiettivo che ci poniamo a breve termine è il rilancio della piattaforma e-commerce di Masterfood – spiega Carlo Robiglio, fondatore e presidente del Gruppo Ebano – Affideremo questo compito alla nostra società E-Development, anche questa pugliese e di recentissima acquisizione. E’ la dimostrazione che si può puntare sul Mezzogiorno coniugando il ruolo sociale dell’impresa con l’investimento in realtà qualificate, come ad esempio tante dinamiche startup e Pmi innovative che operano nell’area. Quelli in Masterfood e SiChef oggi e con Zampando nel 2018 e E-Development ad agosto sono i nostri primi investimenti al Sud e non è un caso che siano in Puglia. Una regione ricca di opportunità e di giovani con grandi competenze nel digitale e nell’informatica e molto attente ai temi della sostenibilità. Un ecosistema nel quale vogliamo attingere competenze per tutto il Gruppo Ebano.”

Tra i punti di forza del Gruppo Ebano c’è la controllata Cef Publishing, realtà che opera nella progettazione, realizzazione ed erogazione di corsi professionali attraverso modalità Fad (formazione a distanza) ed e-learning, in ambiti come il socio assistenziale, l’animal care, il food, l’estetica e il benessere. L’azienda è stata premiata da Deloitte a maggio a Milano nella sede di Borsa Italiana con il Premio “Deloitte Best Managed Companies” (BMC): il riconoscimento rivolto alle aziende che si sono distinte per strategia, competenze, impegno verso le persone e performance realizzato da Deloitte in collaborazione con ALTIS Università Cattolica, Confindustria e ELITE, il progetto del London Stock Exchange Group che supporta lo sviluppo e la crescita delle imprese ad alto potenziale.

Il Gruppo Ebano tramite Cef Publishing è anche in Elite, il programma internazionale nato in Borsa Italiana nel 2012 in collaborazione con Confindustria e dedicato alle aziende più ambiziose, con un modello di business solido ed una chiara strategia di crescita ed è un’azienda fortemente impegnata nel sociale e nella sostenibilità. La politica aziendale del Gruppo Ebano, volta a perseguire alti standard in termini
di sostenibilità e impatto sociale, ha permesso, attraverso la partecipata Cef Publishing, di ottenere la Certificazione b Corp®, rilasciata dalla B Corporation, l’ente non-profit americano.

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Enoturismo

Chianti, Provolone e Asti insieme per valorizzare le Denominazioni

A partire dal prossimo 17 Settembre, a Cremona, Asti Docg, Provolone Valpadana Dop e Chianti Docg saranno i protagonisti di un programma di valorizzazione destinato al grande pubblico: 10 appuntamenti che alterneranno degustazioni guidate, show cooking, tecniche di assaggio e formazione sul mondo delle Indicazioni Geografiche del FOOD and WINE.

Il progetto, promosso dai rispettivi Consorzi di Tutela con il contributo del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari Forestali e del Turismo, permetterà ai partecipanti di scoprire e acquisire nozioni specifiche, interagendo direttamente con relatori selezionati per l’occasione.

“Vino Chianti, Provolone Valpadana ed Asti, stringono un’amicizia che si cimenta a suon di degustazioni guidate, show cooking, tecniche di assaggio – dichiara il Presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi – partecipiamo volentieri a questa iniziativa che valorizza tre eccellenze italiane e con loro un mondo di tradizione e innovazione legate alla nostra cultura enogastronomica. I visitatori sono condotti per mano da esperti sommelier e chef alla scoperta di percorsi di gusto che esaltano prodotti che fanno la differenza e che raccontano il nostro territorio in tutto il mondo”

“La collaborazione tra Consorzi per far crescere una maggior consapevolezza del consumatore rappresenta un obiettivo ricco di stimoli – ha dichiarato Libero Stradiotti, Presidente del Consorzio Tutela Provolone Valpadana – Il programma che viene proposto affronta, con serate a tema, gli aspetti più importanti delle II.GG. e consentirà ai presenti di partecipare attivamente, con degustazioni ed abbinamenti particolari”.

“E’ il primo anno in cui, grazie alla possibilità offerta dal MIPAFT con il finanziamento di un progetto di promozione delle DOP del territorio piemontese (Consorzio per la Tutela dell’Asti Docg), toscano (Consorzio Chianti Docg) e lombardo (Consorzio Tutela Provolone Valpadana), si avrà la possibilità di degustare e conoscere, nelle loro principali peculiarità, questi tre importanti prodotti del wine e food, conosciuti non solo a livello nazionale, ma che hanno conquistato il palato di consumatori internazionali – ha dichiarato Romano Dogliotti, Presidente del Consorzio per la Tutela dell’Asti DOCG – Saranno organizzati momenti di degustazione attraverso i quali alcuni professionisti del settore enogastronomico guideranno gli ospiti in un mondo di gusti e profumi tipici dei vari territori di produzione.”

Sarà il Ristorante Il Violino, in Via Sicardo, 3 a Cremona, ad ospitare l’intera rassegna ogni martedì sera a partire dalle 18.00. La partecipazione agli eventi è gratuita, ma la prenotazione è obbligatoria per ogni singolo evento attraverso il sito www.altiformaggi.com , fino ad esaurimento posti.

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