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Corpinnat, pirati del Cava a gonfie vele: 50 assaggi al top nel Penedès

VILAFRANCA DEL PENEDÈS – Neppure il tempo di mettere piede a Barcellona e, puff. Primo impatto col Cava. Esemplificativo. La bottiglia più costosa dello spumante Metodo classico spagnolo, nell’illuminatissimo Duty Free dell’aeroporto El Prat, è quella vestita coi colori – blaugrana – della squadra di Messi: 17,25 euro. A scaffale c’è anche Freixenet, ad appena 8,50 euro. Al supermercato, in Spagna come in Italia, il Cava può costare ancora meno: 3 euro. La partita tra Consejo Regulador e Corpinnat si è decisa anche a colpi bassi come questi. Sul fronte dei prezzi.

La notizia è che c’è una seconda Cataluña in rivolta. Più silenziosa di quella portata agli onori delle cronache da Carles Puigdemont. Ma altrettanto determinata a prendere le distanze dal “nemico”. È la Cataluña delle 9 cantine in lotta con il Consejo regulador del Cava, l’organismo di controllo dello sparkling iberico.

Dopo anni di tentativi di negoziazione, il gruppo di produttori del Penedès – la zona classica del Cava, 50 chilometri a ovest di Barcellona – ha abbandonato il Consorzio per promuovere il marchio indipendente Corpinnat.

Si tratta di Gramona, Llopart, Nadal, Recaredo, Castellroig Sabaté i Coca, Torelló, Huguet Can Feixes, Júlia Bernet e Mas Candí, riunite in una vera e propria Associació de Viticultor i Elaboradors (Avec).

Altri vigneron sarebbero pronti a salire a bordo della nave dei pirati del Cava che, coi loro 2,2 milioni di bottiglie di bollicine, hanno sottratto allo spumante spagnolo una fetta cospicua del “top di gamma”.

Eppure, l’idea iniziale era quella di veder riconosciuto il brand all’interno del Consorzio. All’apice della piramide qualitativa. Oggi il Corpinnat è un European Collective Brand. Un Brand collettivo europeo. Avallato da Bruxelles.

Paesi come Svezia, Finlandia e Norvegia, determinanti per l’export dei vini iberici e molto restrittivi sul fronte delle importazioni di vino e alcolici, in Monopolio di Stato, hanno aperto appositi tender per il Corpinnat.

Ma il brand continua ad essere ripudiato dal board presieduto da Javier Pagés Font, vicepresidente della Federación Española del Vino e Ceo del Grupo Codorníu Raventós, una delle tre aziende che, da sole, producono l’80% dei 244,5 milioni di bottiglie del Cava (1.146 miliardi di euro di giro d’affari, nel 2018).

L’INTERVISTA. TON MATA: “IL CORPINNAT? SCELTA NECESSARIA”

Uscire dal Consejo regulador, a detta di tutti i membri del Corpinnat, è stata “una necessità“. A chiarirlo bene, in un’intervista esclusiva concessa a WineMag.it, è Ton Mata (nella foto sopra) numero uno di Recaredo e co-presidente dell’Avec, assieme a Xavier Gramona.

“Con tutto il rispetto – commenta Mata – la DO Cava presenta gravi svantaggi per chi vuole produrre vini di terroir, ovvero per quei produttori di vino che intendono riflettere il territorio nel modo più semplice e trasparente possibile, nelle loro etichette. Questo obiettivo sembra un sogno irrealizzabile nel contesto di un DO che interessa un’area vasta da Empordà a Almendralejo (1.115 km) e da Logroño a València (480 km)”.

Nell’ambito di questa grande zona abbiamo contato 27 diverse denominazioni di origine. Se ci sono validi motivi per avere 27 diverse denominazioni di origine per i vini fermi, può avere senso avere un solo spumante DO che copre l’intera area?”.

Le ragioni alla base della situazione attuale sono storiche. Legate a doppio filo all’entrata della Spagna nell’Unione Europea. “Ma non esiste una logica tecnica per l’attuale stato delle cose”, attacca Ton Mata.

“Pensiamo che nessun altro approccio fosse possibile – spiega – ma il problema è un altro: la DO Cava non è stata in grado di evolversi su questioni apparentemente semplici, come la zonazione. Non c’è dunque molta connessione tra una bottiglia di Cava e il vigneto da cui proviene”.

Quello dipinto da Ton Mata è il quadro – avvilente – di uno spumante nazionale senza una precisa identità territoriale. Incredibilmente riconosciuto come Denominazione d’origine (quale?), tutelata dall’Unione europea.

Pochissime aziende del Cava – evidenzia il numero uno del Corpinnat – vinificano tutto il loro vino base. La stragrande maggioranza lo acquista interamente, o in alta percentuale, da fornitori. Ancora meno aziende lavorano interamente con i vigneti di loro proprietà”.

“Naturalmente – ammette Mata – il fatto che un enologo abbia i propri vigneti non significa che il suo vino sarà per forza migliore. Ma riteniamo che informazioni di base come queste dovrebbero essere disponibili per i consumatori e per i professionisti. E che dovrebbero servire come mezzo per incoraggiare le aziende a investire verticalmente nella produzione”.

In questi termini, il progetto Corpinnat assume una valenza assoluta per tutta la viticoltura spagnola. Ben oltre, dunque, gli interessi e i confini delle 9 aziende aderenti all’Avec. “Pensiamo che queste opzioni costituiscano anche un modo per portare i giovani in un settore come l’agricoltura, in cui la popolazione sta invecchiando rapidamente e inesorabilmente”, chiosa Ton Mata.

“Nelle migliori regioni vinicole del mondo – prosegue – c’è una forte connessione tra la vigna e il vino, ma questo non esiste nel Cava, secondo la mia modesta opinione. Riteniamo che ciò contribuisca molto a spiegare la mancanza di prestigio del Cava a livello internazionale e spieghi alcuni dei prezzi ridicolmente bassi e persino scandalosi che vediamo in giro”.

IL RICONOSCIMENTO DEL MARCHIO IN EUROPA

Da qui la “necessità” di dar vita all’Associació de Viticultor i Elaboradors e a un brand, il Corpinnat, da far riconoscere all’Unione europea. Un percorso burocratico ben noto a molte aziende italiane. Il Belpaese, infatti, detiene il primato di Stato europeo col maggior numero di “Collective brand” approvati negli ultimi 10 anni.

“Abbiamo collaborato con un consulente in brevetti e marchi – spiega Ton Mata – che ci ha suggerito di adottare questa forma giuridica. È stato necessario redigere un regolamento, un disciplinare con tanto di sanzioni in caso di non conformità e un sistema di audit esterno e un protocollo per l’ammissione delle cantine”.

Una volta redatti, tutti i documenti sono stati inviati a Bruxelles, in particolare all’Euipo, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale. La documentazione del Corpinnat è stata approvata senza alcuna modifica. Nel giro di 6 mesi. L’ufficialità risale al 10 aprile 2018. Ma il percorso dell’Avec è iniziato molto prima.

“Nel 2012 – spiega Ton Mata – le cantine del Corpinnat hanno iniziato a lavorare su un rigido ventaglio di regole comuni, nell’ottica di dar vita a un’associazione famigliare utile a coloro che intendessero produrre un diverso tipo di spumante, capace di mettere al centro l’origine, ancor più del processo di vinificazione”.

“Oggi – continua Mata – il marchio collettivo europeo Corpinnat aiuta i consumatori e i professionisti a identificare i grandi spumanti prodotti nel cuore della regione del Penedès. Un nuovo quadro, utile a distinguere il vino di alta qualità all’interno del mondo del Cava”.

La coesistenza dei marchi Cava e Corpinnat in etichetta è stata possibile fino a quando il Consejo regulador – in netta contrapposizione con l’Avec – ha approvato una modifica al disciplinare. Vento in poppa per le barche dei pirati del Cava, che hanno iniziato così il loro viaggio in solitaria, nel mondo degli spumanti di qualità internazionali.

UN DISCIPLINARE CHE SEGNA LE DISTANZE DAL CAVA

Alla base del Corpinnat (“Cor”: “Cuore”; “Pinna“: diminutivo di “Penedès”; “Nat“: “Nato”, ovvero “Nato nel cuore del Penedès”) c’è un rigido disciplinare di produzione, destinato a diventare ancora più rigoroso quando Pinot Nero e Chardonnay – vitigni internazionali – saranno esclusi dalla base ampelografica, in favore di varietà come Xarel·lo, Macabeo e Parellada, ma anche del meno noto Sumoll, originarie del Penedès.

Le uve, di esclusiva proprietà aziendale, devono essere certificate biologiche e vendemmiate a mano, in cassetta. Vigneti e cantina devono trovarsi nel territorio del Corpinnat. Sono 22.966 gli ettari identificati nella zona classica, che comprende 46 Comuni racchiusi nel canalone tra il Montserrat (a nord ovest), il Massís del Garraf (a sud ovest) e il confine con Tarragona (a est).

La Plana Penededesca, meccanizzabile, continua ad essere appannaggio dei grandi produttori di Cava. Le zone terrazzate e impervie, ricche di calcare, limo e argilla, fino ad oltre 450 metri sul livello del mare, sono il regno dei vignaioli del Corpinnat.

Non è un caso che, al momento della fuoriuscita dal Consejo, la Denominación de Origen dello sparkling spagnolo abbia perso circa l’80% degli spumanti Gran Reserva, divenuti oggi a tutti gli effetti Corpinnat Reserva, col divieto della menzione della DO e del suffisso “Gran”.

La “Cava Revolution” si gioca in vigna, ma anche in cantina. Sono 18 i mesi di affinamento minimi sui lieviti del Corpinnat, contro i 9 del Cava. Un aspetto, quest’ultimo, che avvicina il noto spumante Metodo classico della Spagna al re degli Charmat internazionali – il Prosecco – più che allo Champagne (12 mesi) o al Franciacorta (18 mesi).

Ed è proprio alla più rinomata “bollicina” italiana che guardano i 9 rivoluzionari del Corpinnat, come esempio internazionale da riproporre in Spagna, nel segno della tradizione del Penedès. Un fil-rouge, quello tra i produttori catalani e i bresciani, segnato anche dal recupero di un’antica e preziosa varietà, capace di resistere ai cambiamenti climatici: il Sumoll.

Un lavoro molto simile a quello compiuto in Franciacorta con l’Erbamat, uva autoctona il cui utilizzo è oggi consentito dal disciplinare sino a un massimo del 10%, destinato probabilmente a salire fino al 30% nella nuova tipologia di spumanti che prenderà il nome di “Mordace“, già registrato dal Consorzio franciacortino.

“Grazie al suo elevato apporto di acido malico – rivela a WineMag.it Ramón Jané (nella foto, sopra) titolare con la moglie di una gemme del Corpinnat, Mas Candí – questa uva a bacca rossa ci sarà di grande aiuto in futuro, specie nelle estati torride. Chardonnay e Pinot Nero, infatti, non hanno la sua stessa resistenza alla siccità”.

Ramón conduce con la moglie Mercé Cusco la più piccola delle aziende del Corpinnat: 40 ettari per 60 mila bottiglie. A Les Gunyoles, proprio davanti alla cantina, si trova il vigneto sperimentale di Mas Candí, che col Sumoll produce due Corpinnat. Il bianco si chiama “Indomable”, proprio per le caratteristiche, freschissime, della varietà.


CORPINNAT, TRE GIORNI DI ASSAGGI

Diario di bordo

  • Day 1
    Castellroig Sabaté i Coca
    , Recaredo, Gramona
  • Day 2
    Mas Candí
    , Júlia Bernet, Llopard
  • Day 3
    Nadal
    , Huguet Can Feixes, Torelló

CASTELLROIG SABATÉ I COCA

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Marcel ha una fissa: il terreno. Ha catalogato tutti i suoli dei 50 ettari di vigna di proprietà, che danno vita a 180 mila bottiglie di Corpinnat. La produzione complessiva di Sabaté i Coca è di 250 mila bottiglie, prodotte anche grazie alla linea Castellroig (“Castello rosso”, la traduzione in italiano).

Un’attenzione, quella di Marcel, che ha fatto fare il salto di qualità all’azienda fondata dal nonno. Ben 18 i suoli mappati, ognuno diverso dall’altro, ma con caratteristiche comuni quali la presenza di calcare, argilla e ferro. Il tutto nell’ambito di un progetto di zonazione che ha consentito di suddividere l’azienda in 66 parcelle.

Terroir wines“, li chiama Marcel: l’uomo che più di tutti, all’interno dell’Associació de Viticultor i Elaboradors, sa dove cammina. O, meglio, su che cosa. “Con il Corpinnat – sostiene – abbiamo la grande opportunità di mostrare al mondo le qualità del Penedès, il miglior luogo dove produrre spumanti nell’area del Mediterranea”.

Corpinnat Brut Nature Reserva 2017, Castellroig Sabaté i Coca: 90/100
Il Metodo classico “base” di Marcel, ottenuto dall’assemblaggio delle uve Macabeo, Xarel·lo e Parellada provenienti da 24 differenti appezzamenti. Ventidue mesi sui lieviti, degorgement 10/2019. Naso gentile, su fiori e frutta. Perlage fine e persistente. Al palato una bella verticalità, su note di citriche e di mela verde. Freschezza ed eleganza ben coniugate alla facilità di beva.

Corpinnat Brut Nature 2014 “Mosset”, Sabaté i Coca: 91/100
È il frutto dell’assemblaggio di 6 “terrazze”, le cui uve sono state selezionate accuratamente. Visto l’approccio di Marcel, in questo caso sarebbe meglio parlare di assemblaggio di terreni, più che di uve. Nella cuvèe di “Mosset”, lo Xarel·lo prevale sul Macabeo e su un’elegantissima Parellada: 55 i mesi sui lieviti, degorgement 10/2019.

Dal calice, di un giallo paglierino luminoso, si dipanano richiami minerali netti, note di frutta esotica e ricordi di anice e finocchietto selvatico. L’assaggio si conferma iodico, fruttato, agrumato, con chiusura lunga, leggermente speziata. La struttura corpulenta e il perlage cremoso ne fanno uno spumante di assoluta gastronomicità.

Corpinnat Brut Nature 2012 “Josep Coca”, Sabaté i Coca: 92/100
Xarel·lo (85%) e Macabeo (15%) da vigne vecchie per l’etichetta dedicata al nonno di Marcel, Josep, l’uomo che diede avvio all’azienda di famiglia, piantando i primi vigneti. Degorgement 09/2019, 78 mesi sui lieviti. È il Corpinnat più “Champagne” della gamma di Sabaté i Coca, con le note di lisi ben integrate a quelle del varietale.

Esemplare l’espressione dello Xarel·lo, che qui si esprime su una gran concentrazione degli aromi e su una struttura corpulenta, ben avvolta nelle note di pasticceria. Pregevole l’allungo sulla macchia mediterranea e sullo iodio. Un viaggio, andata ritorno, dalla Francia al Penedès.

Corpinnat Brut Nature 2011 “Reserva Familiar”, Sabaté i Coca: 93/100
Sua maestà lo Xarel·lo, come mamma l’ha fatto: in purezza, nel calice. Degorgement 10/2019, 92 mesi sui lieviti. Si tratta dell’assemblaggio di 3 piccole porzioni del cru Terroja, fermentate per il 30% in botti castagno, con affinamento di 4 mesi.

Ancora una volta Marcel si affida alla vigna vecchia e alle espressioni del terreno per regalare uno dei Metodo classico manifesto del Penedès. Uno Xarel·lo concentrato, pieno, di struttura, eppure di grande eleganza e freschezza. Sorprende soprattutto la “giovinezza” del sorso di questo Corpinnat di straordinaria longevità.


RECAREDO

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Una delle aziende simbolo del Corpinnat, tra le principali promotrici del vento di rivoluzione nel Consejo del Cava. Di certo, una cantina che vale la visita anche dal punto di vista enoturistico. Un’emozione percorrere i cunicoli in cui riposa il prezioso spumante Metodo classico e assistere alla meticolosa sboccatura, effettuata a mano sotto l’occhio vigile dello chef de cave Núria Artiaga e del suo collaboratore Jordi Araujo.

Ma Recaredo, le cui radici affondano nel 1924, è soprattutto degna di nota per l’approccio biodinamico in vigna e in cantina. Varietà autoctone, lieviti indigeni, zero dosaggio e lunghi affinamenti (minimo 40 mesi) sono i quattro pilastri su cui si fonda la filosofia di questa “cantina di famiglia”, con base a Sant Sadurní d’Anoia.

Altra peculiarità: per la seconda fermentazione, Recaredo utilizza tappi di sughero al posto del tappo corona. “Siamo convinti di garantire più longevità ai nostri spumanti con questa scelta, riducendo i rischi di ossidazione e controllando da subito la micro ossigenazione”, spiega il direttore generale Ferran Junoy a WineMag.it.

Corpinnat Rosat Brut Nature 2014 “Intens”, Recaredo: 91/100
Monastrell (86%) e Grenache (14%) sono le varietà individuate da Recaredo per la produzione del “rosé de saignée” in alternativa all’internazionale Pinot Nero: 54 mesi sui lieviti, sboccatura 10/2019. Curiosa (ma azzeccata) la scelta del servizio in un calice da Borgogna. Uno spumante che chiama il piatto, con la sua assoluta gastronomicità.

Al naso fiori freschi, lamponi e fragoline galleggiano su una netta percezione iodica. Una nota amara leggerissima e piacevole gioca, in bocca, con la maturità di un frutto meno invadente del previsto. Riequilibrando e tendendo il sorso come la corda di un arco.

Sorprendente come una freccia, questo rosé che al naso si mostra gentile, quasi femminile. E in bocca ti ribalta dalla sedia, incollandoti al calice per l’estrema piacevolezza, sorretta da una gran freschezza e mineralità.

Corpinnat Brut Nature 2015 “Terrers”, Recaredo: 92/100
Xarel·lo (58%), Macabeo (32%) e un 10% di Monastrell vinificato in bianco: 41 mesi sui lieviti, sboccatura 06/2019. Uno Metodo classico che fa dell’immediatezza la sua carta vincente. Godibilità e bevibilità estreme, rese possibili da un frutto pieno, in perfetta alternanza con la mineralità. In bocca aiuta anche la bollicina, fine e cremosa.

Corpinnat Brut Nature 2013 “Serral del Vell”, Recaredo: 94/100
Ancora una volta Xarel·lo e Macabeo, sboccatura 11/2019. Perlage finissimo e fittissimo. Al naso tutta la tipicità del Penedès, coi ricordi di anice, semi di finocchio, ma anche agrumi. Non manca una nota ammandorlata e un vago tocco fumè, conferito da due mesi di affinamento dello Xarel·lo in barrique. Spumante elegantissimo e gastronomico.

Corpinnat Reserva Particular de Recaredo 2007, Recaredo: 93/100
Le bottiglie complessive prodotte dalla cantina sono 300 mila, ma di fronte ad etichette come questa ci si rende conto di quanto, ogni singolo “pezzo”, possa rappresentare un’opera d’arte a sé stante. Capace di emozionare.

Crema e sale i descrittori di sintesi di questa Riserva 2007, stappata da Junoy e Araujo nel “caveau”, pescandola tra le ultime 150 bottiglie a disposizione della cantina (merci encore). Forma smagliante per la cuvèe di Xarel·lo e Macabeo, che si dividono equamente il “monolocale” di vetro.

Bocca estremamente pulita in chiusura, grazie a una mineralità di razza che ben si coniuga alle note mielate leggere, di un principio ossidativo. I ricordi di camomilla rendono ancora più spessa la cornice di uno spumante unico.

Corpinnat Brut Nature 2006 Turó d’en Mota, Recaredo: 96/100
Xarel·lo in purezza, da singola vigna: 146 mesi sui lieviti, degorgement 7/2019 (bottiglia 3328 di 4864). La punta di diamante della gamma della cantina di Sant Sadurní d’Anoia. Un’etichetta capace di rappresentare ai massimi livelli il Penedès ed esemplificare, da sola, il senso stesso del progetto Corpinnat, fondato su selezione e qualità assoluta.

Il giallo paglierino non racconta l’anno della vendemmia, né i mesi trascorsi dal nettare in bottiglia. Lo stesso fanno naso e palato, che si rivelano ancora giovanissimi. Merito di una mineralità esplosiva, che tiene per le briglie le note di lisi e danza sulle tipiche note di anice e semi di finocchio.

Ottima la corrispondenza gusto olfattiva. Il centro bocca è teso e affilato, su ricordi di agrumi che vanno dal succo alla buccia. Una nota leggermente speziata incanta nel finale, di straordinaria persistenza e salinità. Chapeau.


GRAMONA

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“Artigiani del tempo”. E come dare torto al claim di Gramona, la casa vinicola che più di tutte, nel Penedès, ha saputo reinventarsi sino a risultare oggi moderna, nel segno della sostenibilità e dei principi della biodinamica. Gramona, inoltre, è in grado di dare un tocco unico ai propri Corpinnat, con una liqueur d’expedition da Solera.

Tutto inizia a metà dell’Ottocento. L’enologo Josep Batlle, dopo anni di esperienza, lascia il timone al figlio Pau, che inizia a produrre i primi spumanti Metodo classico della zona, base Xarel·lo.

Determinante il matrimonio dell’erede Pilar con Bartomeu Gramona, figlio di Josep Gramona, presidente della Gilda dei Taverners di Barcellona e fondatore di “La Vid Catalana”, rivista dell’Associazione dei produttori di vino catalani. Dal sodalizio prende vita il marchio di spumanti Gramona.

Oggi la cantina conta 304 ettari certificati Demeter: 85 quelli di proprietà, mentre il resto dei terreni sono di conferitori storici, riuniti nell’Aliances per la Terra. Grandi numeri anche in cantina: 1,2 milioni di bottiglie (60% Corpinnat) in parte destinate alla Grande distribuzione organizzata, senza preconcetti di sorta.

Corpinnat 2014 Imperial, Gramona: 89/100
È l’etichetta base della casa di Sant Sadurní d’Anoia, che fa dei lunghi affinamenti in cantina e dell’assoluta piacevolezza della beva la propria cifra stilistica. Un Brut dosato 6g/l, ottenuto dall’assemblaggio di Xarel·lo (40%), Macabeo (40%), Parellada (5%) e Chardonnay (15%), grande passione del numero uno, Xavier Gramona.

Perlage fine e persistente per questo Metodo classico morbido e avvolgente sin dal naso, con le sue note di mela e frutta a polpa bianca, matura, rinvigorite dai classici ricordi di anice. Palato cremoso e avvolgente, con note di pasticceria che ben si legano alla mineralità e alla freschezza.

Corpinnat Brut Nature 2012 Finca Font de Jui “III Lustros”, Gramona: 91/100
Presenza più cospicua di Xarel·lo (65%) nella cuvèe completata dal Macabeo (35%). Minimo 70 mesi sui lieviti per questo Metodo classico che si presenta più tagliente e affilato del precedente, senza rinunciare alla frutta matura.

La cifra è ancora una volta l’estrema bevibilità, gradevolezza e gastronomicità. Le note avvolgenti di crosta di pane rendono il sorso vengono stuzzicate da una gran freschezza e da una salinità decisa.

Corpinnat Brut 2009 Finca Font de Jui “Celler Batlle”, Gramona: 90/100
Xarel·lo e Macabeu, 65% e 35%. Altro Brut dosato 6g/l che porta dritti in Champagne, per la predominanza delle note di lisi sul corredo varietale, giocato sulla frutta candita. Il colore, giallo dorato, evidenzia che qualche anno è passato. Ma il nettare risponde bene: più che mai viva la freschezza al sorso, in un bel gioco con la pasticceria.

Corpinnat Brut Nature 2002 Paratge Qualificat Font de Jui “Enoteca”, Gramona: 95/100
L’anima del Penedès in questo straordinario Metodo classico di Gramona, ottenuto da un 75% di Xarel·lo e da un 15% di Macabeu. Sedici anni sui lieviti e non sentirli, si potrebbe dire. La verticalità assoluta del sorso parla di una longevità assoluta, non ancora giunta al suo apice.

Eppure il sorso, oltre a risultare affilato come una lama, mostra un ottimo apporto di materia: la consueta frutta matura, che gioca con ritorni (corrispondenti al naso) di frutta secca, polvere di cacao e fondo di caffè. La chiusura è particolarmente rinfrescante: un aspetto reso ancora più sorprendente dagli accenni di pepe bianco.

Buone, di Gramona, anche le prove dei Corpinnat “La cuvèe” Brut 2015 (88/100, perfetto vino quotidiano), “Argent” Brut 2014 (90/100 per questo inconsueto Chardonnay in purezza) e “Argent” Rosé 2014  (92/100, Blanc de Noir da Pinot Nero teso, agrumato, salino e verticale).


MAS CANDÍ

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Che la vita di Ramón Jané e della moglie Mercé Cusco is all about wine – tutta incentrata sul vino – è chiaro sin dal fatto che, al posto del giardino, i due abbiano un vigneto sperimentale. Pochi filari, allevati con le varietà autoctone del Penedès, “da recuperare e valorizzare”. La casa, per di più, è adiacente alla cantina.

Mas Candí, in definitiva, è la realtà più giovane del Corpinnat. E la più sorprendente. Quella in cui si respirano a pieni polmoni le ragioni della rivoluzione in corso in Cataluña. “Il patrimonio più importante della mia cantina è aver conservato le vigne vecchie – dice Ramón – rinunciando agli aiuti dell’Ue per l’espianto e reimpianto, nel 2001″.

Una storia di coraggio, di sacrificio e di professionalità assoluta, che ha portato la coppia, per amore della terra, ad aderire al circuito dei vignaioli naturali catalani “Vinyes Lliures“. Quaranta ettari per 60 mila bottiglie totali. Un grande esempio di artigianalità in un Penedès destinato a imporsi ad altissimi livelli con la sua viticoltura ecologica.

Corpinnat Brut Nature 2016, Mas Candí: 89/100
Xarel·lo (50%), Macabeo (25%), Sumoll (15%), Parellada (10%). Quasi 30 mesi sui lieviti, sboccatura 10/2019. Giallo paglierino e perlage molto fine e persistente. Un Metodo classico molto profumato, floreale, fruttato e minerale già al naso, con rintocchi netti di macchia mediterranea.

In bocca risulta verticale, freschissimo e salino. La bollicina lavora bene sulle durezze, ammorbidendo come seta il sorso. Uno spumante dalla beva instancabile, perfetto a tutto pasto. Semplice, ma tutt’altro che banale.

Corpinnat Brut Nature 2014 “Segunyola”, Mas Candí: 92/100
Il singolo vigneto vecchio di Xarel·lo da cui nasce Segunyola è da visitare: manifesto del credo di Ramón, che ci ricava poca uva, ma di grandissima qualità. Il naso, di fatto, è su un frutto di gran concentrazione ed espressività, nella sua perfetta maturità.

Nuovamente ricordi di macchia mediterranea, di anice e di finocchietto selvatico a solleticare l’olfatto, assieme a un accenno appena percettibile di brace. Leggerissimi anche gli accenni di pasticceria, in un quadro più che mai complesso, che cambia di secondo in secondo, grazie all’ossigeno e alla temperatura che cresce, nel calice.

La malolattica, svolta senza induzione, ha l’effetto di regalare un sorso rotondo e piacevole, sul pentagramma delle note fruttate mature e della lisi già avvertita al naso. Freschezza e salinità non mancano e riescono a reggere il colpo.

Uno spumante che, in definitiva, non rinuncia alla tipicità. Ma che, con un tocco di verticalità e struttura in più sarebbe stata l’apoteosi. Recente la sboccatura della bottiglia degustata: 10/2019.

Corpinnat Brut Nature 2013 “Indomable”, Mas Candí: 91/100
Ha scelto un cavallo, Ramón Jané, per rappresentare la vena selvaggia e “indomabile” – per l’appunto – di una delle varietà autoctone a cui è più affezionato: il Sumoll, che in “Indomable” (vinificato in bianco) si divide la scena con Xarel·lo, altro vitigno di carattere e struttura. La sboccatura, anche in questo caso, è recente: 10/2019.

Il perlage, fine e persistente, di eccezionale vitalità, sembra sottolineare la vena scalmanata delle due varietà. Al naso dominano le note fruttate: lampone, fragolina, piccoli frutti rossi in generale, di buona maturità. Ricorda per certi versi certe prove di spumantizzazione del Nebbiolo. Non mancano, però, tratti vinosi leggeri.

Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva, segnata da ritorni di frutti di bosco, in particolare fragolina e lampone, croccanti e perfettamente maturi. Bella pienezza di bocca e lunghezza, con accenni salini ad allungare il sorso.

Corpinnat Brut Nature 2016 “Prohibit”, Mas Candí: 90/100
Rosé carico, ancora una volta in stile saignée. L’idea di Ramón è quella di venderlo giovane, nel pieno dell’espressività del frutto del Sumoll. Diciotto mesi minimo sui lieviti, sboccatura 10/2019. Perché Prohibit?

Si è sempre chiamato così, anche quando era un Cava. E soprattutto quando il Sumoll non era tra le varietà ammesse per la produzione dello sparkling spagnolo. Ramón, sulla scheda per il Consorzio, scriveva Monastrell. Tutti felici.

A comporre la cuvèe, in questo caso, anche un tocco di Xarel·lo (2%). Le note di frutta sono molto simili a quelle del precedente assaggio, ma dotate di maggiore carattere e pienezza. Non mancano, al naso, accenni verdi, di macchia mediterranea.

In bocca, “Prohibit” mostra tutto il nerbo della varietà “indomabile”. Siamo di fronte a un rosato muscolare, capace però di abbinare bene la pulizia del frutto a una salinità piuttosto marcata. Un rosato dissetante e, al contempo, gastronomico.


JÚLIA BERNET

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Si legge così sull’insegna e sulle etichette delle bottiglie. Ma il tempo di Júlia deve ancora arrivare. Si tratta della figlia del titolare di quest’altra cantina gioiello del Penedès, Xavier Bernet: “Sta finendo l’università, poi spero mi darà una mano in azienda. Intanto le abbiamo intitolato la cantina…”.

“Vinyes de Muntanya” è il claim : quasi tutti gli appezzamenti si trovano su terrazzamenti eroici, delimitati da muretti a secco, in una delle zone più alte del Corpinnat (430 metri slm). A giudicare dal sorriso di Xavier, stampato sul viso anche quando si chiude fuori dall’auto, con le chiavi nel quadro, sembrerebbe un gioco da ragazzi.

Xavier sorride pure quando ti mostra i muretti a secco, scaraventati giù dal vento e dalla forza di gravità: “In due, tre giorni, li rimetteremo su”. Sorriso o no, questo vignaiolo tutto cuore in faccia è un altro pirata del Cava. Stanco dei prezzi da fame col quale venivano liquidate le sue uve, vendute negli anni scorsi alla cooperativa locale.

“Entrare nel Corpinnat – ammette Xavier Bernet – è stato come prendere una scossa. Mia moglie ed io siamo sempre stati contro la burocrazia. Oggi forse ne abbiamo più di prima, ma questo gruppo è stata un’aspirina”. Tutti gli assaggi delle etichette di Júlia Bernet sono avvenuti con sboccatura à la volée, in cantina.

Corpinnat Brut Nature 2014 “Exsum Or”, Júlia Bernet: 89/100
Xarel·lo (60%), Chardonnay (40%). Perlage finissimo, gran croccantezza del frutto. Sale, crema, limone e di nuovo sale, in allungo. La varietà locale gioca molto bene con l’internazionale Chardonnay. Il sorso resta tipico.

Corpinnat Brut Nature 2014 “R-130”, Júlia Bernet: 92/100
Xarel·lo in purezza, ma di montagna. L’escursione lo rende ancora più teso e complesso. A una tendenza amara iniziale risponde una nota di liquirizia che arrotonda e rende ancora più profondo il sorso.

Sale, come sempre, in gran evidenza, assieme a ricordi d anice e finocchietto. Il frutto è polposo, materico. La beva instancabile, nonostante l’ottima struttura, ne fanno uno Corpinnat col quale osare negli abbinamenti.

Corpinnat Brut Nature 2015 “60 x 40”, Júlia Bernet: 86/100
Si ribaltano gli equilibri: Chardonnay (60%), Xarel·lo (40%). Naso e sorso paiono lontani dai canoni stilistici del Penedès, ma mineralità e struttura dello Xarel·lo fanno il possibile per tenere questa cuvèe attaccata al territorio. Se l’obiettivo è internazionalizzare, bene. Ma attenzione a non prenderci la mano. Si rischia la standardizzazione.

Corpinnat Brut Nature Xarel·lo Vermell 2017, Júlia Bernet: 91/100
Tipicità estrema per questo Metodo classico prodotto con un biotipo di Xarel·lo recuperato da Xavier, il Vermell. Zero solforosa aggiunta: una prova, non ancora in commercio, del tutto riuscita. Naso sulla brace, oltre che sul frutto, pienissimo e succoso. Palato finissimo, minerale e di struttura corpulenta. Avanti tutta.

Corpinnat Brut Nature 2016 “Ingenius”, Júlia Bernet: 92/100
Xarel·lo al 80%, completato da un 20% di Chardonnay. Un Corpinnat pieno, ricco, verticale, salatissimo, capace di sfoderare – al contempo – un gran frutto, di maturità perfetta. La nota amara fa nuovamente capolino in chiusura, assieme ai ricordi balsamici e di erbe alpine. Uno spumante di montagna, a tutti gli effetti: carattere, salinità, piacevolezza, profondità. Non manca nulla, se non un po’ di riposo in bottiglia. Il prossimo anno sarà una favola.

Corpinnat Brut Nature 2009 “Maria Bernet”, Júlia Bernet: 93/100
Sua maestà lo Xarel·lo, in purezza. Frutta e gran mineralità al naso, che si confermano in un palato di grande consistenza e verità. Altro vino manifesto del Penedès, prodotto dalla singola vigna (di montagna) d’Ordal.


LLOPART

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Basta poco per capire chi hai di fronte. Domanda e risposta. “Mr. Llopart, come si sente oggi, nei panni del rivoluzionario del Corpinnat, dopo aver contribuito con la sua azienda alla nascita e alla crescita stessa del Cava?”.

“Es evolucion”. “È evoluzione”, risponde Pere Llopart Vilarós. Novant’anni, enologo, si trascina lento, con l’aiuto di un bastone per la cantina che ha visto crescere ed evolversi fino ad oggi. Rifiutando (quasi) l’aiuto dei figli. Non tanto per orgoglio. Piuttosto perché le energie non mancano a questo pezzo di storia della cantina di Subirats.

Restiamo in quota, non lontano dalla cantina Júlia Bernet., a 350 metri sul livello del mare. Ma alziamo il tiro e le dimensioni aziendali: Llopart produce 480 mila bottiglie da 95 ettari di vigneti. La vocazione, come suggerisce la prima bottiglia di “Espumos” del 1887, è spumantistica: ben 450 mila i pezzi di Corpinnat sul mercato ogni anno.

Tra le peculiarità della cantina, oggi nella mani di cinque eredi (quinta generazione), la presenza di un percorso di trekking tra i vigneti, per cuori forti. Si arriva in uno splendido vigneto con vista sulla valle del Penedès e sul Montserrat, per poi calarsi tra le pareti calcaree scavate dall’acqua, da cui affiorano conchiglie e fossili.

Corpinnat Rosé Brut Reserva 2017, Llopart: 89/100
Monastrell (60%) e Garnacha (20%), completate da un 20% Pinot Noir. Dosaggio 6 g/l. Si tratta di uno dei best seller della cantina. Rosa salmone alla vista, perlage fine e persistente. Buona finezza e freschezza, chiusura sul frutto. Un rosé garbato, ben fatto, di buona persistenza, perfetto da solo o in occasione dell’aperitivo.

Corpinnat Rosé 2016 “Microcosmos”, Llopart: 91/100
Qui il Pinot nero ha il sopravvento sul Monastrell (80% – 20%) e il risultato è un rosé di assoluta eleganza e gastronomicità, tra i migliori degustati nel Penedès. Buona pienezza al palato, senza rinunciare alla verticalità. L’accenno vinoso in chiusura lo rende più rosso che bianco, con la salinità a fare da spina dorsale.

Corpinnat Brut Nature Reserva 2016, Llopart: 89/100
È appena iniziata la commercializzazione della vendemmia in degustazione (sboccatura 11/2019), elaborata secondo la cuvèe che prevede un 40% di Xarel·lo, un 30% di Macabeo, un 30% di Parellada e un 10% di Chardonnay. Si tratta dell’etichetta d’entrata della cantina, prodotta sin dagli esordi come Cava.

Naso dominato dalle note morbide e ammandorlate dello Chardonnay, bocca tutta sulla struttura dello Xarel·lo, la freschezza del Macabeo e l’eleganza della Parellada. Un assemblaggio davvero ben pensato.

Corpinnat Brut Nature 2016 “Integral”, Llopart: 91/100
Uno dei pochi esempi di cuvèe con prevalenza della Parellada (40%), elemento consentito dall’altezza media dei vigneti della cantina di Subirats. Completano Chardonnay (40%) e Xarel·lo (20%). Gran bella eleganza e freschezza balsamica al naso, coi suoi richiami alla macchia mediterranea e agli aghi di pino.

In bocca, il nettare riflette freschezza e balsamicità, unendo una vena minerale decisa, salina, prima di una chiusura lunghissima, su echi balsamici. Un metodo classico che riflette le peculiarità della zona in cui è prodotto.

Corpinnat Brut Nature 2014 “Imperial Panoramic”, Llopart: 91/100
Xarel·lo (40%), Macabeo (40%) e Parellada (20%), 50 mesi sui lieviti. Naso gentile, su frutta come la pesca. Accenni di macchia mediterranea e pietra focaia, su note di pasticceria. In bocca gran freschezza, sui ritorni di lievito. Chiusura nuovamente sul frutto, pieno, cremoso, rinvigorito da una buona salinità e freschezza.

Corpinnat Brut Nature 2013 “Leopardi”, Llopart: 92/100
Xarel·lo (40%), Macabeo (30%), Parellada (30%) e Chardonnay (10%). Dopo la riduzione iniziale, il nettare si apre su note di lisi ben più accentuate rispetto agli assaggi precedenti. Non mancano la macchia mediterranea, l’anice e il finocchietto: bel connubio Spagna-Francia. In bocca buona pienezza e corrispondenza. Gran gastronomicità.

Corpinnat Brut 2010 “Ex Vite”, Llopart: 93/100
Xarel·lo (60%) e Macabeo (40%) direttamente dal cru di Las Flandes, anfiteatro naturale da cui provengono due delle etichette top di gamma di Llopart. Perlage finissimo e persistente. Naso dominato dallo iodio e da una frutta di gran precisione, con accenni di pasticceria e di brace. La bollicina è cremosa e viva al palato, avvolgente.

Sorso connotato da una freschezza assoluta, seguita da ritorni salini e di pasticceria più evidenti rispetto al naso. Un quadro di assoluta gioventù – nonostante si tratti di una vendemmia 2010 – sostenuta dall’ottima struttura.

Corpinnat Brut Nature 2008 “Espumos”, Llopart: 94/100
Etichetta che rappresenta la storia della famiglia: 60% Xarel·lo e 40% Macabeo. Giallo paglierino che maschera bene l’anno di produzione delle uve. Eleganza assoluta al naso, dove le note di lisi sono evidenti (pasticceria, crosta di pane) ma sovrastate dal varietale.

Ecco dunque la macchia mediterranea e, nuovamente, gli accenni di brace e il fumè tipici del biotipo di Parellada presente nel vigneto storico. Al palato, in un quadro di perfetta corrispondenza, anche la liquirizia. La chiusura, lunga, infinita, vede il ritorno prepotente di un frutto a polpa gialla di gran concentrazione, quasi candito.


HUGUET CAN FEIXES

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Molto più di una semplice cantina. Can Feixes, letteralmente “Casa della famiglia Feixes”, è una visione. Del Penedès, delle sue uve. Ma anche del ruolo dell’uomo nel contesto ambientale. Tutto è preciso e meticoloso. Pensato e dosato. Sia in cantina che in vigneto. Le parole d’ordine? “Preservare” e “restituire”.

Oggi Can Feixes – 300 ettari di terreni di cui 80 vitati, a circa 400 metri sul livello del mare – è nelle mani di Joan, Joseph M. e Xavier Huguet, terza generazione della famiglia che ha acquisito la tenuta dai discendenti del fondatore, Don Jaume Feixes, rimasti senza eredi.

Joan è anche il presidente del Consell Regulador della Denominació d’Origen Penedès. Tutto tranne che un burocrate. Anzi, un uomo che si emoziona ancora, camminando tra le vigne di oltre 90 anni, “che producono poco ma sono estremamente preziose per i vini della nostra cantina”.

Alle varietà autoctone (soprattutto Parellada, ma anche Macabeo e Malvasia de Sitges), Can Feixes affianca a Cabrera d’Anoia Chardonnay, Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot Nero e Petit Verdot, oltre al Tempranillo.

Circa 200 mila le bottiglie complessive, per la maggior parte di vino fermo, bianco e rosso. Il 25% della produzione è destinato agli sparkling Corpinnat. Due le etichette, che riflettono perfettamente la filosofia della cantina. Stessa base per entrambi. A cambiare è solo il dosaggio.

Corpinnat Brut Nature 2010, Huguet Can Feixes: 94/100
Parellada (60%), Macabeo (20%) e Pinot Noir (20%) vinificato in bianco. Perlage fine e persistente. Al naso tutta l’eleganza floreale, agrumata e minerale della Parellada – vitigno sensibilissimo, che dà il meglio di sé dai 350 metri d’altezza, nel Penedès – unita a richiami precisi di pera.

In bocca, questo Brut Nature 2010 si conferma di estrema eleganza ed essenzialità, giocata su una salinità evidente e una freschezza dissetante. Un quadro già perfetto, impreziosito in chiusura da ritorni di frutta matura e dalla cremosità delle note di lisi (pasticceria e limone candito) ben amalgamate al varietale.

Corpinnat Brut Classic 2010, Huguet Can Feixes: 92/100
Giallo paglierino carico e luminoso per questa cuvèe, ottenuta con le medesime percentuali del Brut Nature. In questo caso è però previsto un dosaggio di circa 6 g/l. Al naso il nettare è meno vibrante. Un Corpinnat che sembra iniziare dove finisce la precedente etichetta di Can Feixes: ovvero dalle note di lisi e di frutta matura.

Agrume candito e pasticceria giocano sulle note minerali anche al palato, che rivela così tutta la sua gastronomicità. L’ingresso è fresco e salino, ma si allarga ben presto sulla crosta di pane e sulla frutta matura, sulla spinta di una bollicina avvolgente e setosa.


NADAL

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Una cantina per tre “stili” di Corpinnat, capaci di accontentare non solo palati diversi, ma di rappresentare – nel calice – le peculiarità delle principali varietà del Cava originario: Xarel·lo, Macabeo e Parellada. Questa è Nadal, tra le “big” dell’Avec coi suoi 100 ettari e le sue 450 mila bottiglie prodotte.

Alle redini della cantina di El Pla del Penedès, oggi, c’è Xavier Nadal Penedès, terza generazione della famiglia che deve tutto a Ramon Nadal Giró. Fu lui, nel 1941, a ripiantare i vigneti distrutti dalla fillossera, al termine della Guerra Civile spagnola. Le piante hanno preso il posto di una pista per aerei, costruita appunto a scopi bellici.

Tra le caratteristiche che rendono unica Nadal, la produzione di vini dolci, sfruttando l’umidità che consente la formazione della muffa nobile, la Botrytis Cinerea. Ed è proprio grazie alle mistelle che Nadal è in grado di dare un carattere unico ai propri Corpinnat dosati, attraverso la liqueur d’expedition.

Corpinnat Brut Nature Reserva 2012, Nadal: 89/100
Bello spumante d’entrata di gamma, quello di Nadal. Merito di una cuvèe dominata dall’elegante Parellada (44%), completata da Xarel·lo (32%) e Macabeo (24%). Naso minerale e agrumato, bocca corrispondente: fresca e salina.

Corpinnat Rosé Brut 2014 “Salvatge”, Nadal: 89/100
Pinot noir in purezza, degorgement ad aprile 2019. Rosa salmone carico alla vista. Bella presenza al palato, con i 4,5 g/l di residuo ben integrati nel sorso. Chiusura vinosa dosata, che lo ancora più adatto alla tavola.

Corpinnat Brut Nature 2013 “Salvatge”, Nadal: 91/100
Un Metodo classico molto dritto, verticale, sul sale e sulla percezione iodica, sin dal naso. Non manca la frutta in questa cuvèe di Macabeo (60%), Xarel·lo (29%) e Parellada (5%). Una declinazione che fa pensare a certi Metodo classico dei Monti Lessini Durello, prodotti con l’uva Durella, in Veneto. Chiude leggermente amaricante, ma al contempo su ritorni garbatissimi e setosi, di lievito. Ancora giovane.

Corpinnat Brut 2014 “Salvatge”, Nadal: 92/100
Più Parellada (31%) che Xarel·lo (10%) in questo splendido Brut, base Macabeo (59%). E come al solito il vitigno “di montagna” non delude. Già al naso, l’eleganza è estrema. La finezza della Parellada, combinata con la freschezza diretta del Macabeo e la struttura dello Xarel·lo, tengono perfettamente per le briglie il dosaggio di 8 g/l. Infinita lunghezza e gastronomicità, per quello che risulta tra i migliori Brut del Penedès.

Corpinnat Brut 2014 “Rng”, Nadal: 94/100
“Rng” sta per Ramon Nadal Giró, il fondatore. Sboccatura 23/10/2019 per questa cuvèe di Xarel·lo (53%) e Parellada (47%) che ha davvero tutto: frutto, freschezza, finezza. Alle note floreali e di frutta candita del naso risponde un palato sorprendentemente bilanciato tra verticalità e ampiezza, tra note d’agrumi e di pasticceria. Lunghissimo.

Corpinnat Brut Nature 2004 “Rng10”, Nadal: 93/100
Colore giallo paglierino che fa ben sperare per la tenuta del nettare. Al naso principi ossidativi evidenziati da note di frutta secca, come arachidi e nocciole, che ben si coniugano con le note di “crianza”, ovvero l’affinamento (lungo, in questo caso) sui lieviti (sboccatura 01/2019).

Gran vitalità al sorso, fresco, agrumato, con ritorni di pasticceria. Eleganza e struttura per un altro spumante che mostra le ottime capacità di sfidare il tempo da parte delle “bollicine” dei pirati del Cava.

Corpinnat Brut Reserva “Original”, Nadal: 88/100
Tra gli spumanti più semplici e beverini degustati in Cataluña. Si tratta dell’etichetta “multivintage” di Nadal (in questo caso 2015 e 2016) che assicura così, di anno in anno, una certa uniformità di gusto (dosaggio 5 g/l).

Un’etichetta pensata per i clienti meno esigenti, ma comunque desiderosi di gustare una cuvèe di uve tradizionali del Penedès: 39% Parellada, 39% Macabeo, 22% Xarel·lo, affinati sui lieviti per un periodo minimo di 18 mesi.


TORELLÓ

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C’è da perdersi tra i corridoi stretti e stracolmi di bottiglie del “caveau” di Torelló, nei sotteranei di una splendida residenza – con annessa cantina – immersa nel verde dei boschi e dei vigneti. Siamo lungo la Carretera C-243, a 25 minuti dall’aeroporto El Prat di Barcellona. In quella che potrebbe essere la prima tappa di un tour del Corpinnat, vista l’assoluta vicinanza alla capitale della Cataluña.

La strada maestra, tra gli spumanti che riposano sui lieviti in attesa del degorgement, la indica il direttore, Toni de la Rosa Torelló. La tenuta conta 90 vitati sui 135 di proprietà. Undici le varietà allevate. La prima bottiglia di spumante a marchio risale al 1951. Ma la storia della famiglia di viticoltori Torelló risale al XV Secolo.

Oggi la cantina produce circa 300 mila bottiglie all’anno ed è una delle più attive nell’ambito della promozione del Corpinnat, anche dal punto del vista del marketing e del packaging, sempre moderno e accattivante.

Corpinnat Brut Rosé 2017 “Pàl-Lid”, Torelló: 89/100
Macabeo (75%) e Pinot Nero (25%) per questo rosé fresco, fruttato ed elegante, che si presta alla perfezione a un consumo spensierato e a un abbinamento a tutto pasto. Il dosaggio di 3 g/l è ben calibrato e solletica la croccantezza delle note di piccoli frutti rossi.

Corpinnat Brut Reserva 2014 “Special Edition”, Torelló: 89/100
Uno dei cavalli di battaglia all’estero della cantina. Cuvèe dominata da Xarel·lo (40%) e Macabeo (38%), con la Parellada (22%) a dare il suo tocco di finezza. Su uno sfondo minerale, iodico, si alternano – sia al naso sia al palato – note di frutta matura. Uno spumante preciso e beverino.

Corpinnat Brut Nature 2013 “Traditional”, Torelló: 90/100
Consueta cuvèe con prevalenza di Xarel·lo (50%) sul Macabeo (29%) e sulla Parellada (21%). Cresce la percezione minerale, sin dal naso, rispetto agli altri assaggi. Così come è più evidente il legame col territorio, sottolineato dai ricordi di semi di finocchio ed anice. Bella la chiusura, su ricordi di liquirizia. Un Metodo classico che abbina bene austerità e piacevolezza, freschezza e frutto.

Corpinnat 2011 “Gran Torelló”, Torelló: 91/100
Spalle larghe per questo Corpinnat 2011 che gioca in ampiezza sulle note di lisi, tra la pasticceria e i ricordi di miele e agrumi maturi. Ottima corrispondenza gusto olfattiva per una cuvèe (46% Xarel·lo, 30% Macabeo, 24%Parellada) che chiama il piatto.

Freschezza ed eleganza non mancano, specie in una chiusura dove il sorso trova il suo perfetto equilibrio, grazie a ritorni di iodio ed accenni balsamici. La sboccatura è recente (09/2019) e il nettare non potrà che evolversi bene.

Corpinnat Brut Nature 2015 “225”, Torelló: 92/100
Il nome dipende dall’affinamento dello Xarel·lo (47% della cuvèe) in barrique da 225 litri, per un mese. Solo acciaio per il 33% di Macabeo e per il 20% di Parellada. Perlage finissimo Al naso richiami netti di anice e semi di finocchio, macchia mediterranea (rosmarino), accenni fumè e ricordi di miele.

Il più complesso e intrigante dei “nasi” di Torelló anticipa un ingresso di bocca pieno. La spina dorsale di questo intrigante Corpinnat è costituita più dalla freschezza che dall’attesa vena salina, ammansita dalla rotondità dello Xarel·lo. La gastronomicità assoluta invita ad osare con l’abbinamento.

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Enoturismo

Radicchio al posto della coca in Colombia: così il Rosso di Treviso soppianta i narcos

TREVISO – Altro che armi, polizia e squadre d’assalto. In Colombia i narcos si combattono a colpi di Radicchio Rosso di Treviso Igp. C’è anche il pregiato ortaggio del Veneto, immancabile sulle tavole degli italiani a Natale e Capodanno, tra le colture utili a soppiantare le piantagioni di coca, nello stato sudamericano. Paga il Governo.

L’iniziativa del presidente Juan Miguel Santos, in carica fino all’agosto 2018, prevede un sussidio di 330 dollari al mese ai contadini che decidono di convertirsi al Radicchio, così come ad altri ortaggi o frutti. Estirpando la coca.

Un modo per togliere linfa ai narcos, attraverso un provvedimento che riguarda 50 mila ettari di terreno e 75 mila famiglie di campesinos cocaleros, costretti a vivere tra l’incudine della Stato e il martello dei guerriglieri.

Il successo dell’operazione “Radicchio di Treviso Igp” in Colombia, evidenziato in occasione del Radicchio d’Oro 2019, è ancora tutto da dimostrare. Ma una delegazione di uomini d’affari colombiani ha visitato il “Triangolo d’oro” compreso tra Treviso, Padova e Venezia. Con l’obiettivo di comprendere la fattibilità dell’operazione.

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Da queste parti, il Radicchio è una gallina dalle uova… biancorosse. Il giro d’affari è di 50 milioni di euro l’anno. Diverse le varietà, ma le più pregiate sono il Radicchio Rosso di Treviso Igp, che si divide in Tardivo e Precoce, il Radicchio Variegato di Castelfranco Veneto e il Radicchio di Chioggia.

Cinquecento le imprese dell’indotto, si apprende da Cesare Bellò del direttivo Opo – Ortoveneto, l’Organizzazione Produttori Ortofrutticoli Veneto di Zero Branco (TV): “Un fenomeno incredibile: vent’anni fa si parlava di 2,5 milioni euro di fatturato e di appena 2 mila ettari, diventati ormai duemila per il nostro radicchio. Un ortaggio umile e buono“.

Un fermento che non passa inosservato nelle cabine di regia dell’Unione Europea, che nel triennio 2018/2020 promuove una campagna tra i consumatori, per ribadire l’importanza dei marchi sinonimo di eccellenza e di alta qualità.

In Italia, il progetto vede protagonista anche l’Asparago verde d’Altedo Igp, la Ciliegia di Vignola Igp, la Pesca e la Nettarina di Romagna Igp, l’Insalata di Lusia Igp e la Pera dell’Emilia Romagna Igp.

IL RADICCHIO D’ORO 2019
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Organizzato dal Consorzio Ristoranti del Radicchio, il Radicchio d’oro” è la più importante celebrazione annuale del noto ortaggio del Veneto. Protagonista è il “Fiore che si mangia” e tutto il territorio trevigiano, dove convergono per due giorni alcuni tra i maggiori esponenti del Gusto, dello Spettacolo, dello Sport e della Cultura italiana. Una rassegna giunta alla 21° edizione che, in questo 2019, si è tenuta il 18 e 19 novembre.

Quanto sia prezioso il radicchio, del resto, lo testimoniano i numeri. Quasi l’80% della pianta, al momento della raccolta, viene scartata in favore del solo “cuore” del prodotto, tenero al contempo croccante. Fondamentale un elemento, su tutti: l’acqua, in particolare quella del fiume di sorgiva Sile.

Importante saper riconoscere quello autentico. Il Radicchio Rosso di Treviso Igp Tardivo ha foglie lunghe e affusolate di colore rosso vinoso intenso e una costa bianca centrale. La varietà Precoce si distingue per il cespo voluminoso di colore rosso intenso, con la nervatura principale bianca e molto accentuata.

Al gusto, risultano gradevolmente amarognoli. In cucina, le due varietà sono perfette nelle preparazioni a crudo. Eccezionali nelle loro declinazioni, dagli antipasti ai primi piatti, passando per i secondi e i sorprendenti dessert.

Accanto al Radicchio di Treviso Igp, il Radicchio Variegato di Castelfranco Igp si caratterizza invece per foglie espanse con nervature poco accentuate, bordo frastagliato e lembo leggermente ondulato. Il sapore varia dal dolce al gradevolmente amarognolo, sempre molto fresco e delicato.

Come indicato nel Disciplinare di Produzione, il Radicchio di Treviso Igp e il Radicchio di Castelfranco Igp possono essere infatti coltivati solo in  comuni delle province di Treviso, Padova e Venezia per garantire la provenienza, le caratteristiche peculiari e tutta la qualità del prodotto. Per la Colombia si farà un’eccezione. Pur col divieto di immetterlo sul mercato come Igp.

IL RISTORANTE DOVE PROVARLO
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Tra le tappe imperdibili per scoprire la bontà del radicchio, nel suo territorio d’elezione, c’è il Ristorante Ca’Amata Golf Club di Castelfranco Veneto (TV). E non è un caso se Egidio Fior, patron di questo vero e proprio scrigno del gusto, tra i promotori del Radicchio d’Oro, abbia scelto per la sua cucina un giovane chef, nato e cresciuto nella zona per la sua cucina.

Si tratta del 24enne Simone Pozzebon (nella foto sotto),capace di condensare Davide Oldani e Massimo Bottura in un percorso tra tempura, marinatura, saor, fino a culminare negli Zaeti (i biscotti tipici veneti e veneziani) e nel dessert celebrativo “Ops, mi si è rotta la crostata”, torta al limone con marmellata di radicchio.

Alla base del menu studiato da Fior e Pozzebon, una filosofia che guarda alla sostenibilità. Incollata alla tradizione, ma proiettata nel futuro. “Non ammetto gli sprechi – spiega il giovane chef – anzi tendo a riciclare moltissimo. Un modo per dare sfogo alla mia fantasia e creatività, fondamentali nel mia idea di cucinare il Veneto”.

Ottima anche la carta dei vini, tra cui figura il “Falconera” di Loredan Gasparini: un Merlot Colli Trevigiani Igt 2015 di gran carattere e pulizia, frutto dell’omonimo vigneto storico di Vergazzù. Solo una delle “chicche” dell’area del Montello, nota per la produzione dell’Asolo Prosecco Superiore, ma capace di regalare anche grandi rossi.

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Hiromi Cake sbarca a Milano

Un anno di grande successo nella Capitale ha certificato come il palato italiano, dopo quello internazionale a Londra, Parigi e Berlino, sia stato piacevolmente conquistato dal gusto, dalla leggerezza e dalla bellezza di questi piccoli gioielli dolci.

L’approccio segue la vecchia tradizione, la maggior parte delle materie prime viene inizialmente lavorata con l’utilizzo delle mani, limitando il più possibile l’intervento delle macchine, trasmettendo così quel calore umano unico. Assolutamente caratteristico è lo scarso utilizzo di zuccheri e grassi per un prodotto finito che stupisce per leggerezza e per la tanto apprezzata consistenza soffice.

Il progetto vuole proporre nel look e nelle proposte esattamente ciò che si trova in Giappone in una tipica pasticceria. Oltre ai tradizionali Wagashi con i Mochi, dolci a forma di piccole sfere a base di riso proposti con 5 farciture, tutte senza glutine, ed i Dorayaki, simili a pancake proposti in 9 versioni, le vetrine sono caratterizzate anche dai più innovativi Yougashi, ricette occidentali rivisitate in stile giapponese.

Questi ultimi hanno iniziato a comparire in Giappone nei primi anni del Novecento e sono ormai diventati patrimonio della migliore gastronomia; seguono assiduamente la filosofia kaizen volta al continuo miglioramento, per loro indole sono quindi in continua evoluzione e sperimentazione, anche e soprattutto all’interno di Hiromi Cake.

Le vetrine sono quindi colorate e popolate anche da Tiramisù al tè verde, Yuzu tarte, Mousse al cioccolato Valrhona 64% con zenzero e nocciole, Cheesecake al mango ed altri dolci che rievocano l’Occidente. Gli ingredienti caratteristici sono la farina di riso, i fagioli azuki, le patate dolci, il sesamo, la soia, ma ciò che è importante sottolineare è come Wagashi e Yougashi siano accomunati dalla maniacale attenzione per il dettaglio come fossero piccole opere d’arte e, come detto, dall’approccio healthy con meno zuccheri e grassi.

L’ideatrice, Machiko Okazaki, sposata con un italiano da 15 anni, dopo aver brillantemente avviato due noti ristoranti di Roma, nell’autunno del 2018 ha deciso di aprire la prima pasticceria del Sol Levante in Italia insieme a Mitsuko Takei ed altre tre pastry chef giapponesi. Ora ha aperto a Milano continuando a coltivare il suo sogno di far conoscere la pasticceria giapponese al mondo intero.

Il nome Hiromi Cake nasce dai ricordi di infanzia di Machiko. Da piccola, sotto la sua casa di Osaka, c’era una minuscola pasticceria dove passava ogni giorno perché un’anziana signora di nome Hiromi le regalava un dolcetto ed un sorriso ogni giorno.

Machiko ha voluto così rivivere quel bellissimo ricordo con questo progetto, prima a Roma e pochi giorni anche a Milano grazie a Lorenzo Ferraboschi e Maiko Takashima, esperti sviluppatori di format del mondo giapponese che hanno voluto immediatamente sposare il progetto per la sua autenticità.

Hiromi Cake è aperto tutti i giorni dalla prima colazione con la caffetteria ed i suoi tipici cornetti al tè matcha, al pranzo con il caratteristico obento, alla merenda con piccole creazioni che accompagnano la tradizionale cerimonia del tè per chiudere poi alle 22:00 con torte e monoporzioni da gustare comodamente anche a casa.

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Proseguono le iniziative della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba

Il 24 Novembre scorso si è conclusa l’89° edizione della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, ma non è mai cessata l’attività dell’Ente Fiera del Tartufo Bianco d’Alba. Sono tantissime infatti le iniziative che vedono coinvolta l’organizzazione albese nella diffusione dell’eccellenza enogastronomica delle colline di Langhe Monferrato e Roero.

Dopo l’evento “La Nocciola In Tavola” a Benevello, che ha visto protagonista la Nocciola insieme al Tartufo Bianco d’Alba, lo scorso 3 dicembre l’Ente Fiera ha partecipato ad una tavola rotonda dal titolo: “Shopping ed enogastronomia: un binomio perfetto” che si è tenuta a Milano allo Shopping Tourist Forum – il forum italiano organizzato a Palazzo Castiglioni da Confturismo-Confcommercio.

Il Direttore dell’Ente Fiera del Tartufo Stefano Mosca ha portato l’esempio virtuoso del distretto albese nel collegamento fra turismo e shopping e nel coinvolgimento sinergico degli operatori di tutta la vastissima filiera nella promozione del territorio. In particolare è stato importante sottolineare che il rapporto fra turismo e commercio, sempre più sfaccettato e complesso, è oggi una opportunità da cogliere per offrire ai turisti una esperienza indimenticabile e un servizio sempre più qualificante.

Nell’ambito delle iniziative previste dal Protocollo d’Intesa per la valorizzazione del Tartufo Bianco d’Alba e della Fontina DOP, sabato 7 dicembre l’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba è stata protagonista al Forte di Bard, durante il “Modon d’orConcorso Nazionale Fontina d’Alpage finalizzato alla valorizzazione del prodotto simbolo della Valle d’Aosta.

Il territorio albese, rappresentato dal Presidente dell’Ente Turismo Langhe Monferrato Roero Luigi Barbero e dal Direttore dell’Ente Fiera Stefano Mosca, ha fatto parte della giuria d’eccellenza per l’assegnazione del Modon d’Or alle tre Fontine Dop. Nella stessa giornata è stata inaugurata la mostra “La Penultima Cena e altre storie” organizzata dal collettivo Anotherview e allestita presso le scuderie del Forte di Bard, che resterà aperta fino al 6 gennaio 2020.

Il Protocollo di intesa prevedeva infatti oltre alle iniziative di valorizzazione dei due prodotti di eccellenza (la Fontina DOP e il Tartufo Bianco d’Alba), anche iniziative culturali e di promozione turistica. Nella stessa giornata è stato inoltre presentato il breve video realizzato dalla Regione Valle d’Aosta per la promozione congiunta del Tartufo Bianco d’Alba e della Fontina DOP e dei rispettivi territori di origine.

La terza edizione dei Foodcommunity Awards, evento organizzato da foodcommunity.it, testata giornalistica del Gruppo LC Publishing, ha premiato lunedì 9 dicembre a Milano 38 eccellenze imprenditoriali nel mondo del food & beverage e della ristorazione che si sono particolarmente contraddistinte, nell’ultimo anno, per la crescita del business.

La manifestazione ha visto la partecipazione di alcuni tra i principali protagonisti della filiera del gusto, chef e imprenditori che con il loro lavoro, oltre ad aumentare la reputazione della cucina di alto livello in Italia e all’estero, hanno creato valore per il territorio. La presidente dell’Ente Fiera Liliana Allena, accompagnata dal direttore Stefano Mosca, a nome dell’intero territorio hanno ricevuto il prestigioso premio “Best Practice Business del Territorio per l’incontro tra cultura, territorio e gastronomia – connubio tra pubblico e privato – esempio di promozione sostenibile che genera una crescita costante dell’indotto della regione.”

Sabato 14 dicembre, infine, insieme alla Regione Piemonte e alla Città di Alba e in occasione del 70° anniversario del conferimento della medaglia d’oro al Valor Militare, si terrà l’assegnazione del Tartufo dell’Anno alla senatrice Liliana Segre. Appuntamento alle ore 12 al Teatro Sociale “G. Busca” di Alba.

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Cantine Spirits

Marzadro: identità territoriale e futuro della Grappa Trentina

Trento Doc, Vermut Altolago, Amaro Marzadro. Si apre così la nostra visita alla Distilleria Marzadro, a Nogaredo (TN). Un twist sullo “Sbagliato” a base di prodotti del territorio. A proporlo è il bartender Leonardo Veronesi (del Rivabar di Riva del Garda) che collabora con Marzadro proprio per sdoganare la Grappa, prodotto regina della distilleria, in mixology.

L’approccio è chiaro: proporre la grappa in miscelazione per introdurla al consumo in purezza. Strizzare l’occhio al bere mescolato sia per volumi sia come veicolo per rendere il brand riconoscibile ed evolvere il consumatore verso il consumo in purezza.

Questo perché il competitor non è più il vicino di casa, grappaiolo pure lui. La concorrenza oggi sono gli altri grandi distillati, come Whisky, Cognac e Rum, tanto quanto i sempre più presenti Gin e Botanical Spirit.

Lavorare quindi sulle potenzialità della grappa come ingrediente, senza quindi sviluppare un prodotto apposito come invece hanno fatto altre aziende. Drink a base grappa che divengono accompagnamento a piatti gourmet. Abbinamento cibo-cocktail che trova qui un’ulteriore sdoganamento.

Ma questa è solo la punta dell’iceberg. Alle spalle c’è la storia e la tradizione di un’azienda nata sul finire degli anni ’40 per volere dei fratelli Sabina ed Attilio Marzadro e cresciuta nel tempo fino all’avvio dell’attuale stabilimento nel 2004. Sempre sotto il segno della qualità.

Otto alambicchi a bagnomaria . Gestione separata delle vinacce e degli sgrondi. Circa 50.000 quintali di vinacce lavorate ogni anno, tutte da viticoltura trentina. Periodo di distillazione di circa 100 giorni all’anno per poter lavorare la materia prima a breve distanza di tempo da vendemmie e vinificazioni. 27 milioni di bottiglie/anno suddivise in oltre 70 etichette differenti.

Numeri di quella che è, ad oggi, “un’azienda grande fra le piccole” come sottolineano gli eredi di casa Marzadro Alessandro e Stefano.

LA DISTILLERIA
Entrare nella distilleria significa entrare in un edificio appositamente pensato e realizzato per fare la grappa e comunicarla al consumatore. Un edifico che punta all’ecosostenibilità ed all’integrazione col territorio finanche al tetto, ricoperto da un manto vegetale.

Già dall’esterno si ha un immediato senso di accoglienza dato dall’assenza di una recinzione che divida dalla strada antistante. Colori tenui e le grandi vetrate del punto vendita che invitano a fermarsi anche solo per curiosare.

All’interno risulta chiaro come la parte operativa-produttiva e la parte da “enoturismo” condividano gli spazi senza intralciarsi vicendevolmente.

La sala di distillazione, il sancta sanctorum dell’impianto, è attorniata da un corridoio che permette ad eventuali visitatori di osservare le varie fasi senza disturbare.

Ma dietro a questo studio estetico-funzionale c’è tutta l’esperienza e la ricerca della qualità delle generazioni della famiglia Marzadro. Alambicchi in rame “a bagnomaria” per ottenere distillazioni più pulite rispetto ai tradizionali “cestelli”. Due batterie di sistema alambicco-colonna che convergono su due contatori piombati per ragioni fiscali (l’equivalente dei “spirit safe” scozzesi). Oltre 2400 sigilli daziali a garantire l’incolumità della produzione.

Ma nonostante la tecnologia e gli automatismi la distillazione è ancora, in parte, un gioco di sensibilità. Il sapere si tramanda ancora oggi con la nuova generazione che lavora a fianco della precedente.

LA BOTTAIA
1000 Kg di vinaccia, lavorati per circa 4 ore, danno origine a circa 60 litri di grappa. Grappa bianca che in alcuni casi verrà invecchiata. La bottaia trasmette lo stesso “concept” architettonico della produzione: convivenza fra lavoro e visita, fra esigenze tecniche e turismo.

Se le botti sono custodite in depositi sotto sigillo della Guardia di Finanza per ragioni fiscali per il visitatore è comunque possibile osservarle grazie ad un camminamento sopraelevato.

Oltre 3000 botti fra Ciliegio, Acacia, Frassino. Legni di diversa grana e diversa tostatura. Botti ex Porto. Anfore di terracotta. Tutti ingredienti della formula alchemica dell’invecchiamento. Elementi dello stile della Casa.

Materiale e tempo che creano la gamma dei prodotti invecchiati Marzadro, dall’iconica “18 Lune” alla linea “Giare“, finanche alla grappa affinata in anfora.

MADONNA DELLE VITTORIE
Marzadro però non è solo grappa. Da tre anni è stata infatti acquisita Madonna delle Vittorie, una realtà fatta di una cantina ed un frantoio. Siamo ad Arco (TN), punta nord del Lago di Garda.

Lavorazione artigianale delle olive (anche conto terzi, vista la scarsità di frantoi nell’areale), 50% varietà nere 50% varietà verdi, per produrre un olio Garda Dop fragrante, dal colore brillante che alterna dolcezze a note amaricanti e ad una leggere piccantezza.

Teroldego, Rebo, Nosiola, Gewurtraminer, Pinot Bianco, Chardonnay. Filari stretti per creare competizione fra le viti. Circa 40 ettari in conduzione di cui 8 di proprietà. Produzione annua di 150.000 bottiglie. Un Trento Doc fragrante e fruttato ed una linea di vini fermi che, così come l’olio, sembrano cercare una proprio specifica identità.

L’areale del nord Garda è una sottozona molto particolare. Una zona che attutisce le annate molto umide anche grazie ai due venti che soffiano regolari, il Pelér al mattino e l’Ora al pomeriggio. Zona di sbalzi termici. Quasi una goccia di mediterraneo nel nord Italia.

Ma se questa parte di mondo da vita ad un olio la cui qualità è conosciuta e rinomata per i vini l’identità è ancora tutta da scoprire. La Nosiola, unico vitigno autoctono trentino a bacca bianca, da vini ancora sconosciuti ai più così come il Gewurztraminer che qui ha una declinazione differente, meno aromatica e più elegante, rispetto all’areale altoatesino.

Un angolo di Trentino ad oggi forse più noto come località da turismo sportivo (vela, arrampicata e bici le attività principali) che però nasconde in se un piccolo cuore enogastronomico da scoprire.

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Enoturismo

Milan, il Bistrot dello Sport è di Casa al Portello

MILANO – Diciassette monitor per gustarsi le partite del club rossonero e i principali appuntamenti calcistici e sportivi. Cento sedute per il ristorante, 80 per il bar, una sala privé, un dehors che si affaccia su Piazza Gino Valle e 2 impasti biologici per le pizze. Sette giorni su sette di apertura. Sono i numeri di Casa Milan – Bistrot dello Sport, nuovo punto di riferimento della ristorazione meneghina, dedicato agli sportivi ma non solo.

Il bar ristorante e pizzeria è nato dalla partnership tra Casa Milan e Gruppo Ethos, nel quartiere Portello. La nuova gestione, affidata all’azienda di ristorazione lombarda, si è insediata lo scorso 9 novembre nel building rossonero.

Con il “Bistrot dello Sport” il Gruppo Ethos, marchio consolidato nella ristorazione milanese e attivo sul territorio lombardo da trent’anni, apre il suo terzo ristorante in città, dopo Grani&Braci e Karné.

LA LOCATION
Il nuovo Bistrot dello Sport, ospitato all’interno del building Casa Milan, si affaccia sulla Piazza Gino Valle, una delle più grandi della città e parte della rinascita del quartiere Portello. Intende proporre una versione inedita del binomio cibo/sport: un luogo per gustare a tutto tondo un ambiente moderno e di design e una cucina curata e di qualità.

I 17 monitor presenti all’interno del ristorante celebreranno il Club calcistico di casa, ma daranno spazio anche ai più importanti match calcistici del campionato italiano e delle coppe internazionali.

Quello del calcio non sarà un monopolio. il Bistrot dello Sport proporrà i più importanti appuntamenti sportivi: ciclismo, rugby, pallavolo, pallacanestro, sport outdoor e specialità invernali.

IL MENU

Il menu propone un percorso tra piatti di terra e mare, il cui filo conduttore è quello di una cucina contemporanea, che attinge alle eccellenze italiane e propone ricette classiche, come il risotto alla zucca e porcini o la cotoletta alla milanese, insieme a piatti con accostamenti intriganti, per esempio la tartare di manzo Fassone Garronese con maionese alla nocciola, polvere d’olio di oliva e crostini di pane al timo.

Il Bistrot popone anche le pizze con due diversi impasti: lievito madre e farina di canapa. Concludono il menu i dessert, elevati alla dignità di una portata principale. Ci sono i grandi classici, come il tiramisù, ma anche proposte più estrose come la Bavarese al the verde matcha con crumble ai semi di canapa.

È disponibile anche un menu con piatti senza glutine e un menu per bambini. Il Bar apre alle 8 con le colazioni, con caffè biologico a marchio Torrefazione Libera, tostato artigianalmente dal mastro torrefattore del Gruppo Ethos, da accompagnare con croissant, dessert monoporzione, centrifugati di frutta e verdura.

Durante l’orario del pranzo, integra l’offerta del ristorante con panini, piadine e bowls a base di riso basmati e verdure. All’ora dell’aperitivo, il Bar propone un cocktail con un tagliere di stuzzicherie abbinato (10 euro).

I COMMENTI
“Siamo felici di iniziare questa attività con un partner importante come Ac Milan – commenta Beppe Scotti, amministratore delegato del Gruppo – la nostra azienda ha come punti di forza la duttilità e l’efficienza, e siamo stati scelti dal Club Rossonero proprio per la competenza che abbiamo costruito in trent’anni di attività nella ristorazione. Non sono tante le aziende ristorative che vantano questa longevità”.

Il Gruppo, con un fatturato di 18,5 milioni di euro per il 2018, costituisce un caso sui generis nell’ambito della ristorazione commerciale: ha dei tratti in comune con la ristorazione di catena – della quale ha assimilato l’organizzazione aziendale – distanziandosene allo stesso tempo, visto che ogni ristorante è un format caratterizzato da brand, arredi e menu distinti dagli altri.

“Sono particolarmente orgoglioso della partnership che abbiamo instaurato con il Gruppo Ethos – sottolinea Casper Stylsvig, Chief Revenue Officer di AC Milan – un punto di riferimento della ristorazione milanese”.

“Grazie a questo accordo, nato dalla comune passione per lo sport e per la buona cucina – continua Stylsvig – la nostra sede si propone sempre di più come un vivace polo di attrazione per i tifosi rossoneri e per tutti i cittadini di Milano. Sono sicuro che questo legame con il Gruppo Ethos darà ottimi risultati e sarà apprezzato dai nostri futuri ospiti”.

Anche in questa nuova apertura, il Gruppo Ethos propone i punti di forza della propria offerta: una ristorazione di qualità basata sulla ricerca di materie prime biologiche, un’offerta ampia in grado di incontrare i gusti di una clientela eterogenea, attenzione verso le esigenze alimentari dei clienti.

Molteplice anche l’offerta dei servizi, dedicati ai pranzi di lavoro durante la settimana, alle famiglie, alle persone con intolleranze alimentari e, questa volta, in particolar modo, agli appassionati dello sport.


Casa Milan Bistrot dello Sport
Via Aldo Rossi, 8 Milano
Tel. 02.62285616
https://www.bistrotdellosport.it/
Aperto 7 giorni su 7
Da lunedì a giovedì: Bar 8-20 | Ristorante 12-15
Venerdì: Bar 8-20 | Ristorante 12-15 e 19-23
Sabato, domenica e giorni di partite: Bar 9-20 | Ristorante 12-15 e 19-23

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Enoturismo

TavoleDoc Veneto: un nuovo percorso gastronomico tra le eccellenze del territorio

PADOVA – TavoleDoc Veneto, pronti a partire. Lunedì 2 dicembre, il Ristorante Valbruna di Limena, in provincia di Padova, è stato culla dell’assemblea inaugurale del progetto al quale hanno già aderito 51 ristoranti della regione.

Diversi i temi affrontati nel corso della giornata, presentati da Mario Cucci, editore della guida, Elio Ghisalberti direttore editoriale, e Marco Colognese, autore e curatore del volume.

“TavoleDoc Veneto – ha sottolineato Mario Cucci – si inserisce in un più ampio progetto che, a livello nazionale, vede al suo attivo la Guida TavoleDoc Liguria che ha già ottenuto un grande successo ed è alla sua seconda edizione”.

Elio Ghisalberti ha raccontato la sua esperienza in Lombardia. “Il Veneto – ha precisato Marco Colognese – è caratterizzato da diverse specificità, ognuna in grado di esprimere eccellenze: si passa dal territorio montano e dolomitico all’aria marina di Venezia, apprezzata e nota in tutto il mondo”.

TavoleDoc Veneto diventa così un vero e proprio racconto enogastronomico, volto a promuovere la cucina dei diversi ristoranti aderenti. Ad ogni attività verranno dedicate quattro pagine, contenenti la presentazione del ristorante, un servizio fotografico ad hoc e la ricetta più rappresentativa.

In occasione di due periodi di promozione (15 marzo / 15 aprile e 15 ottobre / 15 novembre), i ristoranti di TavoleDoc Veneto proporranno i loro menu TavoleDoc ad un prezzo concordato e fisso, con l’obiettivo di proporre un’offerta gastronomica di rilievo ad un importo accessibile.

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Enoturismo

Tutto pronto per la 6a edizione di Beer&Food Attraction

RIMINI – La 6° edizione di Beer&Food Attraction, la manifestazione dedicata a tutta la filiera dell’eating out targata Italian Exhibition Group, si terrà alla Fiera di Rimini dal 15 al 18 febbraio 2020.

Beer&Food Attraction si conferma riferimento di un comparto nel quale il mondo delle birre e delle bevande dialoga con quello food, per proporre a tutti gli operatori dell’out of home un’esperienza unica. Si consolida come piattaforma per tutti i nuovi e contemporanei modi del bere e mangiare fuori casa, anticipando le esigenze del mercato dei prossimi anni e lanciando tendenze e novità.

Non è un caso che Löwengrube, la nota catena italiana di ristoranti birreria, che promuove lo stile originale della bierstube bavarese con oltre 25 punti vendita in franchising, abbia scelto proprio Beer&Food Attraction. Sempre in ambito food sono di rilievo le conferme da parte di aziende leader come Marr, Pregis, Greci, Demetra e Menù.

Lo sviluppo di nuovi modelli di eating out è confermato anche da aziende che fanno il loro esordio in fiera: Fiorucci con gli hot-dog, Heinz e Develey con le salse, per fare qualche nome, sono un chiaro segnale del nuovo posizionamento della manifestazione.

Vanno in questa direzione anche le novità in tema di eventi: il Pizza Experience, format che si terrà all’interno della Pizza Arena (padiglione A3), vedrà una serie di show cooking, contest e academy con alcuni dei più grandi pizzaioli italiani e non, evento organizzato da IEG in collaborazione con la rivista Pizza e Pasta Italiana.

Italian Exhibition Group e la Federazione Italiana Cuochi riaffermano inoltre a Beer & Food Attraction per i prossimi tre anni i Campionati della Cucina Italiana, che vedranno il confronto tra i più grandi cuochi provenienti da tutte le regioni italiane.

Novità 2020 sarà il contest dedicato allo Street Food, ormai un must, con ricette che spesso nascono dalla tradizione e sono poi rivisitate con ingredienti e gusti innovativi. Una sfida tra chef a colpi di profumi e sapori con un unico obiettivo: proclamare il miglior Street Food d’Italia.

Eccezionale è anche la risposta da parte dei birrifici artigianali, che hanno già superato le vendite di spazi del 2019 e si confermano il cuore pulsante della manifestazione. Da segnalare le conferme di Baladin, Nuovo Birrificio Italiano, Birrificio Lambrate e dei Mastri Birrai Umbri.

Vanno alla grande anche le aree dedicate alle birre speciali, con gli importanti ritorni, tra gli altri, di Menabrea e Bitburger e le conferme di Forst, Warsteiner, Birra Castello, Birra del Borgo e Birra Amarcord. Crescono anche gli spazi di Interbrau, Radeberger, Brewrise, Ales & Co. e Cuzziol, per citarne alcuni.

Riconfermato a Rimini l’International Ho.Re.Ca Meeting di Italgrob – Federazione Italiana Distributori HoReCa – con un’importante crescita del settore del beverage. Appuntamento immancabile per Coca-Cola, Red Bull e Pepsico, che hanno già confermato di esserci per il secondo anno consecutivo.

A conferma che l’arte della Mixology cresce sempre di più in una manifestazione che ambisce a diventare capitale dell’Ho.Re.ca.

Non poteva inoltre mancare la contemporaneità con BB TECH Expo, fiera professionale delle tecnologie per birre e bevande. In esposizione le più innovative tecnologie processing e di imbottigliamento.

Anche l’edizione 2020 si rivolge esclusivamente agli operatori professionali della filiera. La sola giornata di sabato 15 febbraio sarà aperta al mondo dei foodies e beer lovers.

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Enoturismo

Il Whiskey che rigenera la città

Un’idea diversa per promuovere il whiskey. Di più, un progetto in cui il brand quasi passa da attore principale a supporter del progetto stesso. È “Il Whiskey del tuo quartiere“, la nuova iniziativa di Jameson Irish Whiskey.

L’idea di fondo si discosta dal solito modo di promuovere il prodotto. Non più solo un proporre il proprio whiskey attraverso campagne spot e prezzi aggressivi ma la voglia di integrare il consumo con il tessuto sociale di un quartiere.

Il progetto sostiene iniziative sociali per rigenerare otto quartieri fra Roma, Milano e Napoli, un brindisi alla volta. Tre iniziative selezionate (da settembre ad oggi) per ogni quartiere attraverso il sito di Jameson Loves neighborhood. Fare qualcosa di concreto per quei luoghi, zone abitate ed amate dai residenti.

Da novembre a giugno, in alcuni locali selezionati, cuore di riferimento di ogni quartiere, è possibile votare la proposta più amata e partecipare attivamente all’operazione di crowdfunding. Per ogni drink a base Jameson, infatti, una quota sarà devoluta all’iniziativa vincente.

Il progetto riflette l’anima informale, laboriosa e audace di Jameson. Sine Metu, ‘senza paura’ in latino, è infatti il motto dell’Irish blended whiskey. Un’esortazione a collaborare per migliorare insieme il quartiere che si ama ed un modo per integrare il consumo di Jameson al tessuto sociale.

Winemag ha avuto modo di assaggiare, durante la presentazione relativa al progetto Milano Navigli presso Ral Cocktail Bar, due dei drink rappresentativi del progetto-quartiere.

Stone Street (Jameson, Vermoth rosso, Aphrodite bitter) è una sorta di boulevardier a base Jameson. Incisivo come deve essere conquista con note agrumate per poi spostari su note più calde e secche.

Jameson Basil Smash (Jameson, basilico, sciroppo di zenzero, lemon) si presenta fresco ed erbaceo. Lo zenzero dona una leggera piccantezza e lo rende accattivante al sorso.

LE INIZIATIVE DE “IL WHISKEY DEL TUO QUARTIERE”

MILANO
NOLO
1. Abbellire e valorizzare Piazza Morbegno
2. Regalare un’opera di street art a NoLo
3. Illuminare con le luminarie di Natale il quartiere

PORTA VENZIA
1. Nuovi punti luce in Via Paolo Frisi
2. Opere di street art in Via Paolo Frisi
3. Regalare un’installazione creativa al quartiere

NAVIGLI
1. Installare nel quartiere panchine/cestini creativi
2. Ripulire e valorizzare portoni/muri
3. Adottare i ponti del Naviglio Grande

NAPOLI
CHIAIA

1. Recupero urbano del marciapiede in Vico II Alabardieri
2. Intervento di manutenzione presso Piazza Vittoria
3. Intervento di recupero sito storico nel quartiere

CENTRO STORICO
1. Nuove luminarie per il miglioramento del quartiere
2. Recupero Vico Giuseppe Orilia
3. Creazione di targhe in ferro celebrative per le strade più famose

ROMA
MONTI E DINTORNI
1. Creare la prima via “plastic free” con contenitori dedicati alla plastica
2. Potenziamento dell’illuminazione nel quartiere
3. Posaceneri artistici nei maggiori centri di aggregazione del quartiere

PIGNETO
1. Miglioramento dell’illuminazione pedonale
2. Bonifica aiuola Via del Pigneto
3. Creazione guida ai luoghi e storia del quartiere

CENTOCELLE
1. Potenziamento dell’illuminazione grazie ad artisti locali
2. Regalare fioriere artistiche al quartiere
3. Valorizzare Piazza dei Gerani

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Enoturismo

Tutto pronto per la seconda edizione del Milan Coffee Festival

MILANO – Degustazioni gratuite, workshop interattivi, performance di baristi, torrefattori e mixologist. Persino una mostra fotografica, dal titolo emblematico “People of Milan“: la poliedrica cultura del caffè dei milanesi attraverso alcuni scatti di persone immortalate in luoghi iconici della città in svariate situazioni in cui sono alle prese con la bevanda più amata al mondo.

Questo e altro sarà il “Milan Coffee Festival” che persegue anche quest’anno l’obiettivo di celebrare il caffè artigianale nelle sue molteplici declinazioni e, per la sua seconda edizione, si trasferisce in una location più grande. Da sabato 30 novembre a lunedì 2 dicembre a ospitare l’evento sarà il celebre Superstudio Più di via Tortona.

Forte del successo riscosso al debutto italiano, il format internazionale ideato da Allegra Events, approdato lo scorso anno a Milano dopo aver spopolato a Londra, Amsterdam, New York, Los Angeles e Cape Town, intende consolidare anche in Italia il suo posizionamento come evento di riferimento per gli amanti del caffè e gli operatori del settore.

“L’Italia – dichiara Ludovic Rossignol-Isanovic, co-founder di Allegra Events e ideatore del Coffee Festival – è al culmine di una rivoluzione del mondo del caffè e siamo molto orgogliosi di esserne parte integrante, rappresentando il cambiamento e colmando il divario tra la cultura del caffè espresso tradizionale e il movimento emergente degli ‘specialty’. Si tratta di un momento importante anche perché ci trasferiremo nella nostra nuova casa, il Superstudio Più; uno spazio così bello, in una posizione strategica, a dimostrazione di quanto l’evento sia cresciuto rapidamente. Abbiamo grandi progetti per il ‘Milan Coffee Festival’, per cui il nostro consiglio è di stare bene attenti ai prossimi sviluppi”.

Molteplici anche quest’anno saranno le esperienze e le attività in cui potranno cimentarsi i visitatori nelle diverse aree espositive. THE LAB, POWERED BY LAVAZZA e supportato dai macinacaffè EUREKA interamente dedicati al filtro, offrirà un programma interattivo comprensivo di dimostrazioni, workshop, degustazioni, conferenze e dibattiti live su svariati argomenti.

LA MARZOCCO TRUE ARTISAN CAFE’ sarà invece il pop-up in cui si alterneranno le migliori caffetterie e torrefazioni indipendenti, italiane e non, che proporranno bevande e cocktail d’autore offrendo al pubblico la possibilità di incontrare gli artigiani del caffè.

Sempre a cura de La Marzocco, ma all’esterno dell’area espositiva, sarà allestito anche un Winter Garden per immergersi nell’atmosfera natalizia tra abeti, caldarroste e vin brulé.

Per i puristi dell’espresso sarà d’obbligo una sosta al LA CIMBALI & FAEMA ESPRESSO BAR, dove oltre al caffè tradizionale all’italiana sarà possibile sorseggiare anche deliziosi monorigine di alcuni dei torrefattori italiani più apprezzati, imparando da loro i segreti per la preparazione dell’espresso perfetto.

Oltre al “blind tasting” di una gamma di espressi estratti a regola d’arte dagli esperti Faema, si potranno degustare gli abbinamenti con il cioccolato proposti dal maestro pasticciere Gianluca Fusto, i dolci senza zucchero del laboratorio di pasticceria Eutopia Milano o il panettone delle feste con MUMAC Academy.

Da non perdere l’Espresso Negroni con Campari, una rivisitazione a base di caffè di un classico senza tempo.

Anche quest’anno non mancherà LATTE ART LIVE, un’area interamente dedicata alla Latte Art con una serie di dimostrazioni e competizioni fra i maggiori esperti in tecniche di decorazione della superficie di espressi e cappuccini tramite l’uso del latte, quest’anno realizzata in partnership con l’azienda leader nei macinacaffè Eureka, in postazione con il grinder più compatto e silenzioso sul mercato, l’Atom Specialty 75.

Saranno riproposti inoltre THE BREW BAR, in collaborazione con BRITA, dove protagoniste saranno le preparazioni a filtro – Chemex, Aeropress, V60 e French Press – e l’acqua, elemento importante per valorizzare l’aroma e il gusto del caffè, e THE ROASTER VILLAGE, punto di incontro dei piccoli torrefattori italiani di qualità (quest’anno saranno presenti His Majesty The Coffee, Tomassi Coffee Roaster, Cafezal Specialty Coffee, Nero Scuro, Flash Back e Il Manovale), che avranno la possibilità di servire e far conoscere i loro pregiati “specialty coffee” utilizzando le macchine del modello Linea Mini de La Marzocco.

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Vertical Choco-Whisky Lab

MILANO – Tre praline di cioccolato. Tre calici di whisky. Abbinamento scontato? Abbinamento forzato? A proporre il gioco sono stati T’a Milano e The Glenlivet in occasione dello scorso Milano Whisky Festival. Una doppia verticale, whisky da un lato, praline d’altro, in un crescendo di intensità e consistenze.

Stefano Bettelli, Maître Chocolatier di T’a Milano, ha mostrato al pubblico come preparare le diverse praline ripiene in uno show cooking semplice ed istruttivo. Alain Winchester, Master Distiller di The Glenlivet, ha guidato la degustazione dei tre dram.

Ad ognuno dei presenti la possibilità di assaggiare e valutare come cioccolato e whisky lavorano al palato. Com’è andata? Ecco l’opinione di Winemag.

GLI ABBINAMENTI
The Glenlivet 12 y.o – pralina al cioccolato equadoreño 55% con cuore morbido al Glenlivet. Croccante e scioglievole la pralina sviluppa in bocca la sua aromaticità floreale. The Glenlivet 12 y.o. è il punto di riferimento di se stesso, lieve e delicato con l’inconfondibile sentore di mela e legno.

Nel pairing il cioccolato risulta troppo dolce e troppo poco avvolgente rispetto al whisky. La bocca tende ad avvertire un sapore amaricante che predomina sulle altre sensazioni e taglia di netto la persistenza. Due ottimi prodotti che però, purtroppo, non lavorano bene insieme.

The Glenlivet 15 y.o. French Oak – Pralina al cioccolato Madagascar 55%. Aromatico, fruttato e con una viva acidità il cioccolato seduce subito il palato. Segue il whisky che, forte del suo invecchiamento in rovere francese, risulta morbido e rotondo.

L’abbinamento, che sulla carta rischia di finire con un nulla di fatto come il precedente, si rivela invece più azzeccato. Certo si crea ancora quella spiacevole sensazione amara ma le reciproche persistenze di pralina e scotch riescono a sgattaiolarne fuori regalando un finale più piacevole.

Chiude la verticale The Glenlivet Nadurra First Fill Selection abbinato ad una pralina con blend di cioccolati fondente al 66%. Pralina intensa, aromatica, con note di frutta e spezia. Nadurra è un gradazione piena a 60,3% invecchiato in sole botti ex bourbon di primo passaggi: arancia candita, vaniglia, frutta fresca ed una nota burrosa.

L’abbinamento stavolta è vincente. Il whisky pulisce bene il palato e si integra con gli aromi del cioccolato. Ne risultano avvantaggiati entrambi invogliando ad un secondo assaggio.

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Enoturismo

Cremonini Chef Express e Percassi, ecco C&P Srl: accordo per sviluppare ristorazione

Ecco C&P Srl. Chef Express, società che gestisce le attività di ristorazione del Gruppo Cremonini, e Percassi, società leader nello sviluppo immobiliare e nella gestione di reti commerciali di importanti brand, hanno concluso un accordo per la creazione di un operatore di riferimento nell’offerta di ristorazione multi-brand, dedicato al settore dei Centri Commerciali, Shopping Mall, Outlet e Retail Park.

In base all’accordo, Chef Express ha rilevato il 60% della Percassi Food&Beverage, che viene rinominata appunto C&P Srl, mentre il restante 40% rimane in mano a Percassi per il tramite di Odissea Srl.

Il perimetro della C&P Srl al momento riguarda 16 punti vendita di ristorazione nei principali shopping mall e nei centri urbani italiani con i marchi Casa Maioli (format di piadineria artigianale, 9 locali), Caio Antica Pizza Romana (format di pizza romana, 5 locali), e il celebre marchio di ristorazione asiatica Wagamama (2 locali), per un fatturato totale annuo superiore ai 10 milioni di euro.

Chef Express ha inoltre acquisito direttamente due punti vendita – uno a marchio Caio Antica Pizza Romana, l’altro a marchio Wagamama – presso l’aeroporto di Milano Malpensa, prima gestiti dalla Percassi Food&Beverage.
Fuori del perimetro di C&P rimane il marchio Starbucks, che continuerà il proprio sviluppo in Italia esclusivamente all’interno di Percassi.

Nasce così un operatore che si posiziona come punto di riferimento per gli sviluppatori e gestori dei centri commerciali, shopping mall, outlet e retail park con un’offerta di ristorazione moderna ed efficiente, competitiva e diversificata su più marchi. C&P Srl ha un importante piano di sviluppo che prevede di aprire una ventina di nuovi punti vendita all’anno.

Chef Express potrà sviluppare anche i marchi di C&P nell’ambito della concessione, all’interno di aeroporti, stazioni e autostrade e, allo stesso tempo, avrà l’opportunità di esportare alcuni dei suoi 30 marchi in portafoglio all’interno del segmento di mercato finora presidiato dalla Percassi Food&Beverage.

Vincenzo Cremonini: “La nascita di C&P rappresenta una importante sinergia tra due grandi gruppi italiani, che permette di unire le competenze gestionali e operative di Cremonini nella ristorazione con il know-how di Percassi nello sviluppo immobiliare e nel retail”.

In più – aggiunge Cremonini (nella foto) – è coerente con i piani di sviluppo del nostro settore ristorazione, che negli ultimi anni ha performato molto bene ed è quello che è cresciuto più velocemente all’interno del Gruppo grazie all’espansione dei brands controllati da Chef Express Spa all’interno di stazioni, aeroporti e autostrade, e allo sviluppo delle nostre catene Roadhouse e Calavera.

L’accordo con Percassi, quindi, attraverso l’allargamento del portafoglio dei brands di ristorazione, ci permetterà di cogliere ulteriori opportunità di crescita”.

“Siamo felici di aver stretto un accordo con la famiglia Cremonini – continua Matteo Percassi, Consigliere della holding Odissea ha dichiarato – con cui sviluppare ulteriormente i brand Wagamama, Casa Maioli e Caio Antica Pizza Romana. Siamo certi che lavoreremo in modo sinergico per lo sviluppo anche dei marchi controllati da Chef Express, mettendo a fattor comune le specifiche competenze, dando in particolare il nostro contributo nello sviluppo retail grazie alla nostra esperienza nel settore”.

La nuova C&P avrà anche una funzione di incubatore e sviluppatore di concept di ristorazione nuovi, oppure aggregandone altri già esistenti, anche di operatori esteri interessati a sviluppare i loro marchi nel nostro Paese.

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Enoturismo

Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba: raccolti 420 mila euro

ALBA – I migliori esemplari di Tartufo Bianco d’Alba, in abbinamento a prestigiose bottiglie di Barolo e Barbaresco, presentati nei grandi formati magnum, sono stati mandati all’incanto in occasione della XX edizione dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba®, rinnovando il collaudato connubio tra questo magnifico prodotto della terra e la solidarietà internazionale. Il ricavato complessivo dell’edizione 2019 dell’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba ammonta a 420 mila euro, una delle somme più alte raccolte nella storia dell’evento.

Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani: “Il successo di un’altra Asta Mondiale conferma l’interesse e la passione del mondo nei confronti dei prodotti dell’eccellenza piemontese come il tartufo bianco e i nostri grandi vini Barolo e Barbaresco. Il sistema Piemonte del food and wine si dimostra ancora una volta vincente e unico”.

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Enoturismo

Obbligo etichettatura d’origine salumi, Coldiretti: “Varare subito decreto”

L’obbligo dell’etichettatura d’origine su tutti i salumi è attesa dal 93% degli italiani che ritengono importante conoscere l’origine degli alimenti e dire finalmente basta all’inganno di prosciutti e salami fatti con carne straniera ma spacciati per Made in Italy.

Ad affermarlo è il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, l’unico presidente nazionale delle organizzazioni agricole presente all’incontro al Ministero delle Politiche agricole sull’etichettatura dei prodotti trasformati a base di carne suina.

“Un provvedimento che va fatto e va fatto subito – sottolinea Prandini –, in una situazione che vede oggi tre prosciutti sui quattro venduti in Italia fatti con cosce di maiali provenienti dall’estero all’insaputa dei consumatori e facendo concorrenza sleale agli allevatori nazionali”.

L’Italia, che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità, ha il dovere di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie” conclude Prandini nel sottolineare che si tratta di un impegno portato avanti dalla Coldiretti che è stata capofila nella raccolta di 1,1 milioni di firme di cittadini europei.

Obiettivo della raccolta, chiedere alla Commissione Ue di estendere l’obbligo di indicare l’origine in etichetta a tutti gli alimenti con la petizione europea “Eat original! Unmask your food (Mangia originale, smaschera il tuo cibo) promossa assieme ad altre organizzazioni europee.

L’Italia è, infatti, all’avanguardia in Europa proprio grazie al pressing della Coldiretti che ha fatto scattare anche l’obbligo di indicare in etichetta l’origine per pelati, polpe, concentrato e degli altri derivati del pomodoro grazie alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 47 del 26 febbraio 2018, del decreto interministeriale per l’origine obbligatoria sui prodotti come conserve e salse, oltre al concentrato e ai sughi, che siano composti almeno per il 50% da derivati del pomodoro.

Il 13 febbraio 2018 era entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’origine del grano per la pasta e del riso, ma prima c’erano stati già diversi traguardi raggiunti: il 19 aprile 2017 è scattato l’obbligo di indicare il Paese di mungitura per latte e derivati dopo che il 7 giugno 2005 era entrato già in vigore per il latte fresco e il 17 ottobre 2005 l’obbligo di etichetta per il pollo Made in Italy mentre, a partire dal 1° gennaio 2008, vigeva l’obbligo di etichettatura di origine per la passata di pomodoro.

A livello comunitario – conclude la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca.

Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto, mentre la Commissione Europea ha recentemente specificato che l’indicazione dell’origine è obbligatoria anche su funghi e tartufi spontanei. 

L’ETICHETTA DI ORIGINE SULLA SPESA DEGLI ITALIANI
Cibi con l’indicazione origine                                        E quelli senza
Carne di pollo e derivati                                                  Salumi
Carne bovina                                                                     Carne di coniglio
Frutta e verdura fresche                                                 Carne trasformata
Uova                                                                                    Marmellate, succhi di frutta, ecc
Miele                                                                                   Fagioli, lenticchie, piselli in scatola, ecc.
Extravergine di oliva                                                       Pane
Pesce Derivati del pomodoro e sughi pronti (*)        Insalate in busta (IV° gamma), sottoli
Latte/Formaggi (*)                                                          Frutta e verdura essiccata
Pasta (*)
Riso (*)
Tartufi e Funghi spontanei
(*) grazie a norme nazionali
Fonte: Elaborazioni Coldiretti

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Enoturismo

Stella Michelin per lo chef Paolo Griffa al Grand Hotel Royal e Golf di Courmayeur

Con la stella Michelin il giovane chef Paolo Griffa chiude un 2019 decisivo, che lo proclama tra i migliori chef italiani. Il riconoscimento, ufficializzato oggi, consacra il 28enne come fiore all’occhiello dell’alta ristorazione della Valle d’Aosta e d’Italia.

“Sono orgoglioso per me, per la mia intera brigata e per tutto lo staff dell’Hotel Grand Royal di Courmayeur di ricevere oggi quello che per me è il punto più alto della mia carriera fino ad ora – dice Paolo Griffa – l’emozione che provo mi dà conferma di tutto il lavoro svolto in questi anni insieme al mio team, che di certo non si fermerà qui. Non è un punto di arrivo, ma una grandissima partenza per tutti noi”.

A soli 28 anni, con già una carriera strabiliante alle spalle, Paolo Griffa ha portato la struttura ricettiva più antica della Valle d’Aosta tra i Luxury Resort che si avvalgono del prestigio dell’alta ristorazione, grazie alla sua cultura e alla sua forza creativa, con una cucina eccezionale e raffinata.

Il Grand Hotel Royal e Golf ha infatti chiuso una stagione estiva esplosiva con un successo inaspettato che ha visto i ristoranti Petit Royal, Bistrot e Grand Royal diventare veri e propri cult a Courmayeur e in Valle d’Aosta, riconosciuti per la ricchezza della loro offerta enogastronomica, per la cura del servizio e per l’altissima qualità dell’accoglienza.

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Enoturismo

Malghe in Fermento e #siamovignaioli: i formaggi incontrano i vignaioli del Trentino

TRENTO – Dal 7 al 9 novembre, Palazzo Roccabruna darà spazio a due eccellenze locali: il formaggio garantito dal marchio “Trentino di Malga”, protagonista di Malghe in fermento, e i vini dei vignaioli del Trentino, al centro dell’evento di degustazione #SiamoVignaioli.

Oltre a mantener vivo un patrimonio di saperi e sapori, le malghe contribuiscono alla tutela dell’ambiente ed integrano l’economia montana in aree a rischio di marginalizzazione. I formaggi d’alpeggio in degustazione da domani a Trento sono l’espressione più diretta di questo impegno.

La montagna è il leitmotiv che collega “Malghe in fermento” all’altro tema della manifestazione, quello enologico, che sarà declinato sabato 9 novembre, dalle 16.00 alle 22.00, sempre a Palazzo Roccabruna.

In degustazione i vini dei vignaioli del Trentino, frutto di un rapporto intenso fra l’uomo e la montagna che dura da generazioni. In molti casi sono una sfida ai pendii, l’espressione di una viticoltura coraggiosa chiamata a fare i conti con la complessità di un territorio impervio.

Oltre alla possibilità di accostarsi alle etichette di oltre trenta vignaioli trentini, l’iniziativa consentirà di scoprire anche sedici aziende del Collio friulano e sloveno (Brda), splendido territorio a cavallo dei confini tra l’Italia e la Slovenia.

Ad un banco di degustazione dedicato ai vini autoctoni del Collio (Friulano, Malvasia Istriana, Ribolla Gialla), saranno affiancati spazi tematici con i vini dei Vignaioli del Trentino. Largo quindi agli spumanti metodo classico e metodo ancestrale, ai bianchi e ai rossi autoctoni, ai vini da varietà internazionali, alle varietà Piwi. Oltre cento etichette, per soddisfare la curiosità di tutti gli appassionati e per conoscere a fondo due territori d’eccellenza. Sempre il 9 novembre al piano nobile di Palazzo Roccabruna si rinsalderà il legame fra malghe e vini. In abbinamento alle specialità casearie d’alpeggio a marchio “Trentino di malga” sarà possibile degustare in via esclusiva il Trentino Doc Vino Santo. Alle ore 17.30, presso la Sala Conte di Luna il regista Michele Trentini presenterà il documentario “Latte Nostro” (Italia, 2018, 80′), che racconta l’esperienza dei caseifici turnari, una delle più antiche forme di cooperazione agro-alimentare in Italia. Il film – presentato alla 68^ edizione del Trento Film Festival – mette in primo piano animali, allevatori, pastori e casari che contribuiscono alla realizzazione di straordinari formaggi a latte crudo: dal formaggio di Turnaria di Campolessi (Friuli) al Casolét di Peio.

Sarà presente Daniele Caserotti, casaro del Caseificio turnario di Pejo, premiato a Cheese – Slow Food con il “premio internazionale di resistenza casearia”. Sempre il 9 novembre, dalle 20, Palazzo Roccabruna offrirà la possibilità di partecipare al laboratorio del gusto “Trentino di malga e Trentino Doc Vino Santo.

Un matrimonio che sfida il tempo”, in cui saranno proposti 5 formaggi stagionati da 2 a 5 anni e 5 vini santi invecchiati da 13 a 24 anni. Appuntamenti, questi, che inseriscono in un percorso avviato dal 2005 da Palazzo Roccabruna, volto alla tutela e valorizzazione delle specialità di malga.

Un cammino che ha visto la collaborazione fra casari e tecnici della Fondazione Mach con l’introduzione nel processo di caseificazione di fermenti lattici autoctoni (Progetto Fermalga).

La consacrazione del progetto è arrivata con la realizzazione di un disciplinare di produzione e di un marchio, “Trentino di malga”, voluti dalla Camera di Commercio di Trento, per garantire l’origine d’alpeggio dei formaggi.


ELENCO DEI PRODUTTORI DI MALGA
Tassulla (Valli del Noce); Senage Bolentina (Valli del Noce); Mondent (Valli del Noce); Pellizzano (Valli del Noce); Preghena (Valli del Noce); Villar (Valli del Noce); Fratte (Valli del Noce); Cercen (Valli del Noce); Cloz (Valli del Noce); Fondo (Valli del Noce); Strino (Valli del Noce)

E ancora: Tovre (Valli del Noce); Cavallara (Valsugana); Setteselle (Valsugana); Montagna Granda (Valsugana); Zochi (Valsugana); Trenca (Valsugana); Valfontane (Valsugana); Stramaiolo (Valsugana); Colo (Valsugana); Casa Pinello (Valsugana); Cenone di Sopra (Valsugana); Palù (Valsugana).

ELENCO DELLE CANTINE DI #SIAMOVIGNAIOLI
De Tarczal, Balter, Bellaveder, Bongiovanni, Casimiro Poli, Castel Noarna, Cavic, Cesconi, Cobelli, Comai, Devigili, Donati, El Zeremia, F. Poli, Fontana, Foradori, Furletti, G. Poli, Grigolli, Klinger, La Cadalora, Le Fontanelle, Martinelli, Maso Furli, Maxentia, Moser, Pisoni, Pojer e Sandri, Pravis, Resom, Villa Persani, Zanotelli, Zeni.

CANTINE DEL COLLIO E DEL BRDA
Il Carpino, Terre Del Faet, Raccaro, Vosca, Bolzicco Fausta, Keber Edi, Blazic, Korsic, mentre quella del Brda saranno Medot, Ferdinand, Edi Simčič, Marjan Simčič, Zanut, Dolfo, Ščurek, Erzetič.

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Enoturismo

Sciocolà 2019, 25 quintali di cioccolato per la Ferrari F2004 di Michael Schumacher

MODENA – Era stata annunciata tra le attrazioni clou di Sciocolà 2019 ed è stata svelata oggi. Si tratta della Ferrari monoposto realizzata in cioccolato. Non una vettura qualsiasi, ma la F2004, l’auto con la quale Michael Schumacher conseguì il maggior numero di vittorie. A realizzare la scultura, per cui sono stati utilizzati 25 quintali di cioccolato, è stato Mirco Della Vecchia con la preziosa collaborazione dell’artista aretino Alessandro Marrone.

Il maestro cioccolatiere, presidente di Cna Alimentare, volto televisivo di Detto e Fatto e La Prova del Cuoco e detentore del maggior numero di guinness, è una vecchia conoscenza del pubblico di Sciocolà. Fu sempre lui, l’anno scorso, a realizzare il Monte Rushmore di cioccolato con i volti di Vasco Rossi, Enzo Ferrari, Luciano Pavarotti e Massimo Bottura.

A Sciocolà 2019 l’omaggio a Michael Schumacher, uno dei piloti più vincenti e più amati di tutto il circuito della Formula 1, oltre che dai tifosi della Ferrari. Una scelta che cade nell’anno in cui il campione tedesco compie 50 anni.

“Siamo orgogliosi di aver creato questa scultura della monoposto F2004 in grandezza reale – spiega il maestro cioccolatiere Mirco Della Vecchia – in onore di Michael Schumacher nel suo 50° compleanno ma soprattutto della Ferrari. Una maxi scultura realizzata con oltre 2,5 tonnellate di cioccolato fondente”.

“Un omaggio al passato e speriamo che sia un auspicio per il futuro di questa grande squadra che è Ferrari riconosciuta a livello internazionale come il brand più importante al mondo”, conclude Della Vecchia.

“Una vera e propria opera d’arte – spiega Stefano Pelliciardi, Ceo di Sgp Events, che organizza Sciocolà – realizzata in onore del grande pilota, nella speranza che il museo Ferrari la possa accogliere”.

E l’omaggio a Michael Schumacher prosegue nella giornata di oggi, a Modena Sciocolà 2019. La giornata sarà un’occasione per ricordare le vittorie e il ricco palmares del pilota tedesco. Il giornalista Leo Turrini racconterà infatti ai presenti aneddoti ed episodi poco conosciuti della vita del grande campione.

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Tenuta Ridolfi e il “brand” Montalcino: l’avventura di Valter Peretti in Toscana

MONTALCINO – Poteva fare il dandy col Prosecco, mettendo il piede fuori di casa. Ma voleva “un territorio puro”. Lontano dalle mode, dai disciplinari dettati dal mercato. Un “brand del vino italiano ancora spendibile”. Con queste premesse non potevano che incontrarsi Giuseppe Valter Peretti e Montalcino. Tenuta Ridolfi, acquistata nel 2011 dal noto imprenditore veneto, titolare della “Conceria Cristina” di Montebello vicentino (VI), è per lui “molto più di una questione di business”.

È il sogno che ha voluto cucirsi addosso. Iniziando a ritagliarne i contorni da più lontano. Proprio come farebbe un sarto. Nel 1992 Peretti sbarca a Larciano, in provincia di Pistoia. Ulivi e qualche ettaro di vigna da Chianti servono a prendere le misure al Brunello. Di lì a 20 anni, “zac”. Il percorso si compie.

A Montalcino, Peretti conosce Gianni Maccari (nella foto sopra) attuale factotum di Tenuta Ridolfi. Uno a cui dare in mano le chiavi del sogno, viste le precedenti collaborazioni con aziende del calibro di Poggio di Sotto, uno dei gioielli di ColleMassari Wine Estates.

Ingenti investimenti sul fronte della tecnologia, sia in vigneto sia in cantina, consentono a Ridolfi di entrare nell’olimpo dei grandi di Montalcino. Oggi la tenuta di Località Mercatali conta 21 ettari, tutti certificati biologici: 13,4 a Brunello di Montalcino, 1 ettaro a Rosso di Montalcino e il resto a Chianti, per ora non prodotto.

Tra le novità introdotte in seguito all’acquisizione dei terreni, un’attenzione green per la produzione, grazie al solo utilizzo di rame e zolfo e di tecniche come la confusione sessuale per contrastare la tignola e il sovescio per riequilibrare la fertilità del terreno.

Pratiche imitate in seguito dalle aziende circostanti Tenuta Ridolfi, tanto da creare un polmone verde nell’areale nord est di Montalcino. L’ottima materia prima, vendemmiata a mano, viene condotta in cantina e selezionata acino per acino, grazie a sofisticati macchinari dotati di selettori ottici.

Diverse le tipologie di legno presenti nella bottaia, che presto sarà ampliata per far spazio a numerose barrique. Una parte integrante della visione del Brunello di Giuseppe Valter Peretti e necessarie, in particolare, per la produzione del “Donna Rebecca”, l’unicum della cantina.

LA DEGUSTAZIONE

Vino Spumante Rosé Brut, Tenuta Ridolfi: 90/100
Numeri in crescita di anno in anno per il Metodo Martinotti (Charmat) di casa Ridolfi. Quest’anno saranno 12 mila le bottiglie, duemila in più della vendemmia 2018, in degustazione. Aumentano anche i mesi di autoclave, da una base iniziale di tre, nel 2016, fino ai 6 dello spumante 2019, in commercio dal prossimo anno.

Uno sparkling ottenuto da uve Sangiovese in purezza, raccolte tramite diradamento delle vigne del Brunello e del Rosso. Molto profumato al naso, tra fiori freschi e frutta rossa, convince ancor più al palato con le sue note precise ed invitanti di ciliegia, lamponi e fragoline.

Non manca una leggera vena minerale, che racconta la presenza di calcare e fossili nei terreni della tenuta. Un Brut da 10 grammi litri di residuo, perfettamente integrati nel sorso. La prova provata che il Sangiovese si può spumantizzare con ottimi risultati (in questo caso in un’azienda di Ravenna, la CPS), come stanno facendo ormai diverse aziende toscane.

Rosso di Montalcino Doc 2016, Tenuta Ridolfi: 93/100
Vino in stato di grazia, specie in una batteria di Brunelli da annata certamente non semplice, come la 2014. Un vino giocato su finezza ed eleganza, col vitigno in prima linea. Rosso rubino di buona luminosità e trasparenza, alla vista.

Al naso molto tipico e fragrante. Ha bisogno di qualche minuto per liberare completamente tutto il ventaglio di profumi: alle note nette di ciliegia e lampone si accostano ricordi di macchia mediterranea, balsamicità, liquirizia e una leggera vena speziata.

Anche in bocca questo Rosso guadagna consistenza e carattere col passare dei minuti. I precisi e croccanti sentori di frutta rossa si legano a una gran freschezza che rende il sorso dinamico, piacevole e di ottima lunghezza.

Brunello di Montalcino Docg 2014, Tenuta Ridolfi: 92/100
Trentasei mesi in botti di rovere di Slavonia da 25 a 35 ettolitri, più un 3% della massa che affina in barrique. Prima della commercializzazione, minimo 12 mesi di riposo in bottiglia. Vino importante e corposo, come nelle attese.

Le lunghe macerazioni e i continui rimontaggi del mosto in acciaio regalano un’estrazione esemplare dei primari del Sangiovese. La leggera ma presente nota vanigliata, specie in chiusura, imbriglia croccantezza del frutto e mineralità, regalando un sorso incentrato su equilibrio e piacevolezza.

Brunello di Montalcuno Docg 2014 “Donna Rebecca”, Tenuta Ridolfi: 91/100
Vino tecnicamente ineccepibile, nel solco dello stile chiesto da Giuseppe Valter Peretti al winemaker Gianni Maccari. Si tratta della “chicca” di Tenuta Ridolfi, prodotta nel 2014 in sole 1.800 bottiglie, in pieno stile borgognone. Un vino pensato per elevare, all’ennesima potenza, l’internazionalità del Sangiovese toscano.

La vinificazione avviene interamente in barrique della Tonnellerie Baron, con fermentazione e macerazione della durata di 90 giorni a temperatura controllata di 26 gradi. Fondamentali i batonnage giornalieri, tramite rotazione dei piccoli contenitori di legno, come vuole la tradizione borgognotta.

Ne risulta un Brunello fuori dagli schemi della Denominazione. Morbidezza e note conferite dal legno dominano un sorso che mostra comunque una buona spalla acida, capace di garantire freschezza ed equilibrio alla beva. Il sorso è suadente, setoso e spiccatamente femminile.

Brunello di Montalcino Docg Riserva 2016, Tenuta Ridolfi: 95/100
Assaggio da botte e non può che essere così, dal momento che il vino sarà in commercio non prima di gennaio 2021, per via del disciplinare di produzione che impone cinque anni di affinamento per la Riserva, uno in più del tradizionale Brunello.

Strepitose le attese: frutto, materia, tannino estremamente elegante e legame col territorio all’ennesima potenza. Il vino che, al momento, sembra esprimere più di tutti le potenzialità di Tenuta Ridolfi a Montalcino.

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Enoturismo

Excellence 2019: alta ristorazione, creatività e sperimentazione

Una nuova location, tra le più scenografiche della città; una sorta di ‘fuori salone’ che anticipa la kermesse; un futuro progetto che farà di Roma la Capitale del gusto. Torna ampliato, e con importanti novità, l’appuntamento capitolino di Excellence, organizzato dai fratelli editori Pietro e Claudio Ciccotti e in programma dal 9 all’11 novembre.

Una tre giorni, quella della settima edizione, che come da tradizione accenderà i riflettori sui grandi temi del made in Italy enogastronomico e sui suoi protagonisti, ma questa volta dal ‘palco’ di un teatro d’eccezione, il Roma Convention Center La Nuvola.

Il capolavoro firmato dall’archistar Massimiliano Fuksas (viale Asia, 40) che si prepara a ospitare cooking show, tavole rotonde, degustazioni, talk show, incontri B2B e B2C, ma anche cuochi e realtà aziendali tra i più importanti del settore a livello nazionale e non solo. Senza dimenticare enti istituzionali, scuole di formazione professionale di sala o di cucina, associazioni d’impresa, buyer, opinion leader, giornalisti, imprenditori F&B, sommelier e ristoratori.

Cento, in particolare, gli chef – molti dei quali stellati – protagonisti degli spettacoli di cucina che si svolgeranno in tre aree diverse: Next Cooking Lazio (cooking show a 4 mani con cuochi e prodotti del Lazio), Food Innovation (cooking show con chef stellati moderati da un personaggio ‘fuori dagli schemi’) ed Excellence Academy (cooking show con chef docenti di Coquis e di altre scuole di cucina di Roma).

Cento anche le aziende espositrici, tra artigiani del gusto e industriali di alta qualità, schierati nell’avveniristica struttura congressuale che accoglierà anche diverse cantine vitivinicole italiane, alcune delle quali saranno protagoniste dello spazio We Love Tasting, mentre a fare da punto di ritrovo per l’olio extravergine di oliva sarà l’area Evo School, gestita da Coldiretti.

“Con un approccio analitico, propositivo e orientato all’avanguardia – spiega Pietro Ciccotti, ideatore dell’evento ed editore di Excellence Magazine – vogliamo offrire a professionisti e appassionati una visione d’insieme dell’enogastronomia tricolore d’eccellenza, cercando di raccontarne la qualità indiscussa, le storie che stanno dietro, le tendenze, le ultime novità e soprattutto il valore culturale, che rappresenta l’obiettivo principale.”

“E per farlo, oltre a sfruttare una nuova location dal forte appeal, proponiamo da una parte esperienze improntate sulla food innovation e sulla food experience e dall’altra una full immersion nell’affascinante mondo degli chef con veri e propri spettacoli ai fornelli. Nel mezzo, le opportunità di business e il matching tra mondo produttivo, stakeholder e grande pubblico attraverso incontri B2B e B2C, ma anche presentazioni, talk show e dibattiti” conclucde Ciccotti.

Creatività, sperimentazione e affari sono dunque i tratti distintivi del ricco calendario di attività di Excellence 2019, che per il secondo anno consecutivo vede come main sponsor PwC (network internazionale leader nei servizi professionali alle imprese).

Ma, attraverso un ventaglio di incontri ad hoc che quest’anno si susseguiranno all’interno di tre teatri e nell’area Excellence Cloud, ci sarà spazio anche per l’approfondimento, il racconto e la condivisione di progetti e idee. Si va dal Congresso Nazionale Apci (Associazione Professionale Cuochi Italiani) all’evento Falsi d’Autore curato da Luigi Cremona con gli chef stellati chiamati a riprodurre piatti che hanno fatto la storia della cucina.

Dalla presentazione della guida ‘Roma nel Piatto’ (edita da Pecora Nera) e quella dell’anteprima della guida ‘Roma Doc’ de La Repubblica. Dal talk show dedicato ai 100 anni dell’azienda vinicola La Scolca alla presentazione del progetto M’Ama.Seeds ‘Recupero delle antiche colture e delle antiche culture per la salute dell’Uomo e del Pianeta’ (a cura di M’Ama.Art).

E se, parlando di conferme, vale la pena ricordare che torna per il secondo anno il contest Race to The Stars in memoria dello chef Alessandro Narducci (una competizione riservata a giovani chef under 30 nati o residenti nel Lazio e organizzata in collaborazione con la Regione Lazio e Arsial che, dopo le fasi eliminatorie presso la scuola Coquis, si concluderà proprio lunedì 11 novembre in chiusura di Excellence).

Sul fronte delle novità 2019 c’è ancora da annoverare il ‘fuori salone’ Excellence Off: quattro cene all’insegna dell’alta cucina e dei grandi vini italiani, in programma dal 5 all’8 novembre (a pagamento e su prenotazione fino a esaurimento posti) che permetteranno di vivere in anteprima una vera e propria food experience in pieno stile Excellence, in compagnia di quattro grandi chef e dei loro piatti abbinati a quattro importanti cantine d’Italia (Francesco Apreda – Velenosi Vini; Roy Caceres – Cantine Briziarelli; Cristina Bowerman – Famiglia Cotarella; Daniele Usai – La Scolca).

Guardando ancora al nuovo ma in un’ottica di progetti sinergici, infine, la 7^ edizione di Excellence in tandem con la 3^ edizione di Mercato Mediterraneo (9-12 novembre, Fiera Roma) saranno i ‘trampolini’ ideali per Roma Food Exhibition, il maxi calendario di eventi diffusi legati al Food Business italiano e mediterraneo che punta a coinvolgere tutta la città, con l’obiettivo di mettere a sistema manifestazioni di riferimento e fiere di settore per celebrare sotto un unico ombrello l’alta ristorazione e lo straordinario paniere agroalimentare del Mare Nostrum.

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Enoturismo

Friuli, Ein Prosit 2019: in programma 100 eventi enogastronomici in 6 giorni


UDINE –
Oltre 100 eventi enogastronomici in 6 giorni in Friuli Venezia Giulia: scalda i “motori” Ein Prosit 2019. A Udine, dal 24 al 28 ottobre, andranno in scena cene che vedranno protagonisti i grandi chef, degustazioni, incontri, laboratori e masterclass. Momento clou? La mostra assaggio, nell’ampio spazio espositivo dedicato ai produttori.

Organizzata dal Consorzio di Promozione Turistica del Tarvisiano in collaborazione con la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, PromoTurismo FVG, il sostegno del Comune di Udine e della Fondazione Friuli,  la ventunesima edizione di Ein Prosit prevede un’anteprima a Tarvisio, il 23 ottobre.

Ma è il titolo dell’evento a raccontarne davvero l’essenza, “Nemo Propheta in Patria“. “Perché la gloria parla sempre un’altra lingua – spiegano gli organizzatori – e il mondo a volte accoglie più della propria casa. Vero nella vita come in cucina, capolavoro d’intreccio fra le culture e i confini ormai sfumati che colorano il nostro pianeta per tenerlo vivo”.

Ein Prosit veste Tarvisio e Udine per sei giorni con i rossi vivi del Sudamerica, i toni insondabili dell’Asia estrema, il fascino educato della Vecchia Europa, i profumi arcobaleno dell’Anatolia mescolandoli all’Italia e al Friuli-Venezia Giulia perché ognuno tiri fuori dall’altro uno spirito mai immaginato prima.

Ein Prosit porta il Friuli-Venezia Giulia a ballare sulle melodie di regioni e terre lontane perché impari nuove danze e insegni quelle che già conosce, in uno scambio dove può vincere solo l’ospitalità di chi si muove con la musica e le persone. Magari nessuno sarà profeta in patria, però è perfino più bello se lo diventa in mezzo a noi.

Ad inaugurare la XXI edizione della manifestazione, alcune cene che ospiteranno grandi chef riconosciuti a livello nazionale ed internazionale che si terranno in ristoranti e case private del territorio. Ad occuparsi del servizio gli allievi di “Intrecci”, una delle più prestigiose scuole di alta formazione di sala.

Il successo di Ein Prosit si ritrova in molteplici fattori: dal fitto calendario di appuntamenti alla scoperta dei prodotti della tradizione enogastronomica, con una particolare attenzione alla valorizzazione delle eccellenze regionali, in percorsi guidati alla ricerca di sapori elaborati e inusuali, all’atmosfera conviviale.

Passando per la privilegiata posizione geografica di una regione facilmente raggiungibile sia dall’Italia che dall’Austria e dalla Slovenia per un pubblico di appassionati e gourmand sempre più in crescita e che per quattro giorni riempirà e colorerà l’intera Valcanale.

GLI EVENTI IN PROGRAMMA

DEGUSTAZIONI GUIDATE – sabato 26 e domenica 27 ottobre
Un’occasione per conoscere e confrontarsi con prodotti di grande spessore qualitativo. L’obiettivo è quello di proporre un approccio corretto al vino, conducendo gli appassionati passo dopo passo nell’assaggio per meglio apprezzare la storia, le caratteristiche e le peculiarità dei vini presentati e dei loro produttori.

MOSTRA ASSAGGIO – da sabato 26 a lunedì 28 ottobre
Una selezionata schiera di produttori enogastronomici darà la possibilità di assaggiare e degustare il meglio della loro produzione. Oltre 200 le aziende enogastronomiche presenti, suddivise tra “Vigneto” e “Culinaria”. Novità di questa edizione, presso il Castello di Udine, la possibilità di assaggiare i migliori 25 vini dell’edizione 2019 del Biwa – Best Italian Wine Award e la sezione dedicata alle più di 60 aziende della Borgogna (in collaborazione con Club Excellence).

LABORATORI DEI SAPORI – sabato 26 e domenica 27 ottobre
Un viaggio fra i profumi ed i sapori del nostro Paese, in cui verranno proposti abbinamenti cibo-vino durante i laboratori e le masterclass, con vere e proprie escursioni tra i prodotti del patrimonio enogastronomico regionale e nazionale, organizzati in collaborazione con Illy, Grana Padano, Prosciutto di San Daniele e Despar.

ITINERARI DEL GUSTO – WELCOME HOME – da giovedì 24 a domenica 27 ottobre
Gli “Itinerari del Gusto” sono l’incontro della grande cucina con regionali del Friuli-Venezia Giulia. Grandi Chef italiani ed internazionali animeranno gli eventi con le loro proposte, nelle quali la ricerca del dettaglio si fonde con la tecnica delle preparazioni di straordinario livello, permettendo ai molti appassionati di familiarizzare con la cucina ai suoi massimi livelli.

SPECIAL EVENTS – da venerdì 25 a domenica 27 ottobre
Un susseguirsi di “eventi nell’evento” in occasione della XXI edizione di Ein Prosit. Durante il week-end ci saranno appuntamenti ed incontri con il mondo gourmet. Nell’ambito degli special events il premio che verrà consegnato alla chef friulana Fabrizia Meroi.

Food Trucks – Sabato 26 e domenica 27 ottobre
Specialità gastronomiche e chicche enologiche sui Food Truck di Tannico, Despar e quello targato Ein Prosit, che vedrà la partecipazione di Renato Bosco, Paolo Parisi, Errico Recanati, Eugenio Roncoron e Federico Sisti.

Sound, Food & Wine – Da venerdi 25 a domenica 27 ottobre
Live dj set di Andy Smith durante la cena che vede protagonisti Diego Rossi e Federico Sisti presso l’Enoteca da Fred. Novità della XXI edizione la sezione dedicata a Mixology & Bartender, “Twist on classic” che vedrà protagonisti, sabato 26 e domenica 27, alcuni dei più importanti Mixologist italiani riconosciuti a livello internazionale.

L’attività è promossa da Asahi Super Dry nell’ambito della campagna #discoverkarakuchi. Grande entusiasmo in città per le lezioni di Patrick Pistolesi (Drink Kong – Roma), Alessandro Procoli (Jerry Thomas – Roma), Oscar Quagliarini e Mattia Pastori.

Teatro San Giorgio – Sabato 26 ore 15:00
Talk “Nemo Propheta in Patria” con la partecipazione di: Trilok Gurtu, Corrado Assenza, Josko Gravner, Frank Cornelissen, Jean Pierre Robinot, Enzo e Paolo Vizzari, Mauro Uliassi, e Lorenza Fumelli, Antonia Klugmann, Ana Roš, Martina Caruso, Fernanda Roggero e Manoella Buffara e dj set di Daddy G (Massive Atacck).

Galleria Tina Modotti – Sabato 26 e domenica 27 ottobre
Laboratori a tema gastronomico per i più piccoli in collaborazione con Slow Food del Friuli. I docenti, i cuochi dell’alleanza e i produttori dei presidi Slow Food guideranno dei laboratori di educazione alimentare per i bambini di un’età compresa tra i 6 e i 12 anni. Il pubblico di Ein Prosit avrà inoltre la possibilità di visitare, contestualmente alla mostra-assaggio, le sale dei musei che ospitano l’evento.

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Enoturismo

La Lombardia di “GranGusto”: “Carta dei Formaggi” nei ristoranti dell’Unione Cuochi


Regione Lombardia
e Associazione Unione Cuochi Regione Lombardia insieme per il progetto “GranGusto”, che prevede la realizzazione di una “Carta dei Formaggi” consultabile online. Un viaggio tra i sapori delle Dop lombarde, con immagini e video coinvolgenti per il pubblico. Protagonisti anche i ristoratori della Lombardia, al fine di promuovere un’offerta gastronomica capace di valorizzare i formaggi lombardi.

La presentazione della “Carta dei Formaggi” della Lombardia è avvenuta ieri sera nell’ambito di Forme 2019, la rassegna internazionale dedicata all’arte casearia. L’obiettivo è raggiungere nei prossimi mesi un numero significativo di 500 imprese di settore che aderiranno al progetto.

GranGusto di Lombardia promuove la diffusione nei ristoranti di un carrello o di una proposta di degustazione guidata di formaggi lombardi, dai prodotti a marchio Dop fino ai prodotti di nicchia dei piccoli produttori.

Per supportare i clienti nella conoscenza dei formaggi, l’Unione cuochi ha predisposto una piattaforma web che propone contenuti multimediali disponibili su smartphone e tablet. Basterà inquadrare un qr-code presente nel menu o sulla carta delle vivande.

Durante gli assaggi sarà così possibile scoprire le caratteristiche organolettiche, i territori di produzione e le unicità del formaggio che si sta per degustare. Riconoscendo al meglio il prodotto e potendolo così riacquistare per un consumo domestico sempre più attento a tipicità e qualità.

La Lombardia – ha dichiarato Fabio Rolfi (nella foto sopra) assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia – vanta 14 formaggi Dop su 50 nazionali. Produciamo il 44% del latte italiano. Siamo la regione regina in ambito caseario a livello mondiale. Vogliamo promuovere le nostre eccellenze anche grazie ai nostri chef, dei veri e propri ambasciatori della cucina lombarda”.

“Nel mercato della ristorazione emerge la necessità di nuovi modi per valorizzazione, dal punto di vista culturale e gastronomico, i formaggi della nostra regione. Per questo – ha concluso Rolfi nel suo intervento a Forma 2019 – ringrazio l’Unione cuochi Regione Lombardia per aver avuto la sensibilità di credere in questo progetto e nei prodotti del nostro territorio. Abbinare la qualità dei prodotti all’innovazione tecnologica sarà una scelta vincente”.

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Captain Piave: il Supereroe che difende il formaggio Piave Dop

In occasione dell’ultima edizione di Anuga, la fiera internazionale leader di settore che da 100 anni detta i trend del food&wine a livello mondiale, il Consorzio per la Tutela Formaggio Piave DOP, al fianco di Agriform, ha lanciato in anteprima mondiale il suo nuovo e rivoluzionario progetto dedicato ai bambini: Captain Piave.

Il Supereroe – nell’ambito della campagna Nice to Eat-EU co-finanziata dell’Unione Europea – è protagonista di un’animazione 3D Full HD che difende il formaggio delle Dolomiti bellunesi e tutte le produzioni a marchio di tutela DOP da abusi e contraffazioni.

La presentazione ad Anuga precede una massiccia campagna di comunicazione che vedrà Captain Piave protagonista a novembre in 50 sale del circuito UCI Cinema.

Quale modo migliore per parlare ai bambini in età scolastica – uno dei più importanti target di progetto Nice to Eat-EU – se non quello di utilizzare un linguaggio divertente e a loro comprensibile, nel tentativo di infondere nei giovani consumatori di domani la consapevolezza e il riconoscimento dei marchi di qualità europei sul piano della sicurezza degli alimenti, della tracciabilità, dell’autenticità e degli aspetti nutrizionali e sanitari.

Una missione avvincente quella di Captain Piave, impegnato a contrastare il perfido piano di Dr Fake, scienziato che tenta senza sosta di riprodurre squallide copie del Piave DOP, tenendo in ostaggio la povera Mucca Bruna per carpirne i segreti, imprigionata in un freddo e cupo laboratorio di città e lontana dai suoi amati pascoli delle Dolomiti bellunesi.

Inutile ogni tentativo di Dr Fake di nutrirla con “le farine più raffinate e le migliori tisane rilassanti”. Sì perché il Piave DOP deve il suo prestigio a un insieme di fattori non riproducibili al di fuori dell’area delle Dolomiti bellunesi, un mix che ha permesso al Piave DOP di ottenere i più prestigiosi riconoscimenti del comparto a livello mondiale.

Premi come i “TOP 50 foods” dei Great Taste Awards 2016, il Crystal Award 2018 per essere l’unico formaggio italiano ad ottenere la massima valutazione per tre anni consecutivi ai Superior Taste Awards, o, ancora, la Medaglia d’oro come “Miglior formaggio Europeo a pasta dura” ai Global Cheese Awards 2018.

Un prodotto unico e inimitabile, dunque, per quanto si sforzi Dr Fake: per ottenere questi strabilianti risultati, il formaggio Piave si arma di tradizione ed esperienza unite al territorio e all’antico “saper fare” dei casari locali, oggi raccolto in un Disciplinare di produzione.

Regole fondamentali, che prevedono l’utilizzo di latte vaccino prodotto per almeno l’80% da capi selezionati delle razze Bruna Italiana (che dà appunto il nome allo sfortunato personaggio del trio animato), Pezzata Rossa Italiana e Frisona Italiana, allevati esclusivamente nella Provincia di Belluno e nutriti con tipico foraggio di prato polifita che è proprio responsabile della struttura aromatica al formaggio.

Riuscirà quindi Captain Piave a riportare Bruna ai suoi verdi pascoli e a tutelare il formaggio Piave e i consumatori dai continui tentativi di contraffazione di Dr Fake?

Lo scopriremo nel 2020! Un “to be continued” che verrà ideato proprio dai bambini a cui il progetto è destinato, attraverso un concorso organizzato da Nice to Eat-EU e rivolto agli studenti delle scuole primarie che saranno chiamati a proporre uno storyboard del seguito delle avventure del supereroe.

Il video integrale delle avventure di Captain Piave è da oggi disponibile nel sito ufficiale del progetto www.nicetoeat.eu, in italiano ed inglese, oltre che sul canale Youtube della campagna. in difesa dei regimi di qualità dell’UE.

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Enoturismo

Inaugurato N10 experience Milano, il ristorante di Alex Del Piero


MILANO –
Non ha scelto Torino, dove di certo ha lasciato il cuore. Alessandro “Alex” Del Piero, con un gruppo di soci, ha inaugurato oggi N10 experience Milano. Più che un ristorante o un locale, un vero e proprio viaggio nella qualità e nell’eccellenza. L’indirizzo? Via Monte Grappa, in prossimità di via Melchiorre Gioia e della stazione ferroviaria Milano-Monza.

Il progetto nasce da un gruppo di amici e imprenditori, uniti dalla voglia di creare qualcosa di nuovo e funzionale che possa fare la differenza. N10 richiama prima di tutto l’eccellenza, che prende vita a partire dai piatti dello Chef Corrado Michelazzo, prosegue con le pizze del Maestro pizzaiolo Marcello Costanzo, passa per gli originali cocktail dei bartender e si chiude nella sala privée al piano superiore, firmata dalla casa spumantistica trentina Ferrari Trento, partner del progetto.

La location è del tutto unica: dal design contemporaneo, accogliente, conviviale, in cui ci si può fermare un attimo, assaggiare uno dei “bocconi”, o farsi travolgere per un’intera serata, dalla N10 experience Milano.

Proprio sul concetto di “boccone” si sviluppa l’intero format gastronomico di N10, partendo dall’offerta di cucina che è agile, raffinata e studiata per dare l’opportunità di degustare più piatti dello Chef, nonché più tipologie di pizza. In una parola: condivisione.

È possibile vivere l’esperienza dello show cooking: lo Chef Corrado Michelazzo propone dei “bocconi” in stile italiano con qualche tocco asiatico, bagaglio dei suoi anni in Asia.

Il viaggio continua con l’esperienza della pizza preparata con farine superiori ad alta digeribilità e con materie prime ricercate dal Maestro pizzaiolo Marcello Costanzo. Lo Chef Michelazzo, crea, attorno alla realizzazione dei “bocconi”, un percorso interattivo, dove gli ospiti, seduti attorno al bancone, possono vivere a pieno le sue creazioni.

N10 offre inoltre una sala per eventi, meeting aziendali, lanci di nuovi prodotti e mostre, caratterizzata dai sistemi ottici Coelux che portano la luce naturale anche in un piano interrato, oltre a un format che prevede live show e un calendario di appuntamenti ad hoc per ogni 10 del mese.

A guidare la struttura è Francesco Tafuro, già titolare della Fabbrica di Via Pasubio, nata nel 1996. Tafuro è stato uno dei primi ristoratori in Italia a scommettere sulla qualità delle materie prime, a sperimentare farine ad alta digeribilità e a coinvolgere fornitori di eccellenza del Made in Italy.

N10 Milano, di cui è co-fondatore, è l’evoluzione di tutti questi elementi, che si vanno a intrecciare perfettamente con quello che oggi rappresenta Milano: patria dell’innovazione nel settore food e punto d’incontro e di scambio mondiale.

LO CHEF

La cucina di N10 è firmata dall’executive Chef Corrado Michelazzo, che inizia a farsi “un nome” negli anni Novanta nel suo ristorante, e in seguito con alcuni stage in Francia, con grandi Chef come George Blanc, Mark Veyrat e Trois Gros.

Consolida la sua esperienza in Italia, al Bellevue di Cogne dove ottiene una stella Michelin e con il proprio ristorante La Meridiana a Saint Pierre dove entra in diverse guide.

Da quel 2008 la decisione di puntare la bussola sulla Cina, a Shanghai, dove resta per 12 anni. La cucina di Michelazzo colpisce perché è molto creativa, ma con pochi e semplici ingredienti.

Da N10, Michelazzo arriva con la sua grande esperienza e il suo amore per la cucina: Un format “bite all day”, dal pranzo alla cena, con la possibilità di vivere l’esperienza dell’aperitivo, dalle 15 alle 19, gustando i “bite”, i “morsi” o “bocconi”.

In cucina, a supporto dello chef, oltre al sous chef Giorgio Bresciani, otto elementi di brigata, tutti giovanissimi, ragazzi che N10 ha intenzione di formare, stimolare e far crescere al suo interno.

È previsto, inoltre, un menù degustazione per la sala privée da 10 posti, che verrà studiato e creato su misura per il cliente. Al N10 l’ospite sarà coccolato e accompagnato in questo viaggio culinario ricco di sapori stimolanti.

I PIATTI

Il menu di N10 è un viaggio nell’esperienza e nella cucina di Corrado Michelazzo, che ha saputo evolvere ricette classiche e adattarle a una cucina attuale, non priva di influenze asiatiche.

Come il piccione marinato con spezie orientali con una base di sbrisolona al parmigiano e nocciole, che richiama l’origine piemontese di Michelazzo. Mentre le lumache cotte in umido vanno in seguito in tempura con una spuma di aglio dolce accompagnato da una salsa al prezzemolo.

Ma non c’è solo Oriente e Occidente nei piatti di Corrado Michelazzo, perché è la personalità dello chef che regala un tocco in più alle sue creazioni, come nel caso del raviolo ripieno di salsa alla carbonara, con una crema di broccoli e colatura di alici accompagnato da del guanciale croccante e polvere di broccoli disidratati.

Gli spaghetti con i pomodori Flagella, di Castel di Sangro, richiamano l’antica ricetta napoletana della pasta “allo scarpariello”, qui lo chef aggiunge un po’ di nduja e spolvera di ricotta secca.

Il risotto alla parmigiana di melanzane accompagnato da una mousse di melanzana affumicata al Josper, mozzarella, olio al basilico e polvere di pomodoro. Tra le spezie e le erbe predilette dallo chef, quelle classiche mediterranee, come timo e rosmarino, ma anche shiso, sakura e qualche pepe orientale, come quello di Sichuan, o il tè affumicato.

Si torna in Piemonte, ma si guarda alla Sicilia, invece, con il tonno rosso, impanato alle nocciole, per un viaggio da nord a sud. La proposta vegetariana offre almeno tre scelte, tra cui l’Insalata russa calda, con gli stessi sapori di quella classica ma con un tocco di leggerezza in più.

La selezione continua con una panna cotta ai funghi porcini con barbabietole, un tiramisù leggerissimo, con gli stessi ingredienti del classico, ma rivisti: una crema leggera, un crumble di cioccolato e un gelato al caffè.

LA PIZZA

La pizza di N10 Milano è firmata dal Maestro pizzaiolo Marcello Costanzo che porta con sé un’esperienza trentennale nel settore pizza. Sin da subito la passione è sfociata nella consapevolezza di voler migliorare tutti gli elementi compositivi con studi dettagliati.

Ha collaborato con le pizzerie più rinomate e ha conseguito l’abilitazione a “Istruttore Pizzaiolo” da parte dell’Accademia Pizzaioli Italiani. Dal 2010 è docente pizzaioli presso istituto Afol Metropolitana.

Anche per la pizza vale il concetto di stagionalità degli ingredienti, a cui si accosta la scelta del pomodoro Flagella, nelle versioni passata, filetto, pelato, datterino giallo e rosso.

Flagella è un piccolo e bravissimo produttore abruzzese di Castel di Sangro, così come del resto sono piccole le aziende scelte per le materie prime, puntando così su produttori artigianali.

IL LOCALE

Il viaggio all’interno di N10 experience è interamente illuminato da luci iGuzzini. La vera protagonista è la cucina a vista targata Moltenì, prodotta a Lione totalmente a mano, dall’iconico colore rosso corsa.

Il Bar è caratterizzato da una parete dorata a inserti, che ospita una decina di posti. Tra la cucina e il bar, in uno spazio luminosissimo, dove i raggi del sole penetrano dalle ampie vetrate, possiamo ammirare le pareti di ceppo lombardo Marazzi, come tutti i rivestimenti del locale.

Al piano terra si possono vivere due esperienze: quella del bar, aperto dalle 12 all’1 di notte dove i nostri bartender esprimono le loro esperienze nella mixology con la possibilità di poter gustare un aperitivo attraverso l’esperienza dei “bite ” e quella dello show cooking aperta dalle 12 alle 3 di notte e dalle 19 alle 23, dove lo chef Corrado Michelazzo propone dei “bocconi” in stile italiano con qualche tocco asiatico.

Entrambe le esperienze possono essere vissute nel dehor con uno stile lounge con tavoli, divanetti e zone verdi. Continuando il viaggio, al piano superiore, aperto dalle 12 alle 3 e dalle 7 a mezzanotte, si può gustare la pizza preparata con farine superiori ad alta digeribilità e con materie prime ricercate dal Maestro pizzaiolo Marcello Costanzo. In coda al vagone c’è il “N10 priveé” firmato Cantine Ferrari.

Il piano interrato è caratterizzato da una sala multifunzionale che sarà utilizzata per eventi aziendali, musicali, lanci di nuovi prodotti, mostre e spettacoli in genere. Ogni 10 del mese si potrà vivere un’esperienza con serate a tema.

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Enoturismo

Abbinamento panettone vino: la guida “al femminile” de Le Donne del Vino


MILANO –
Non poteva che nascere qualcosa di “dolce” dal progetto di collaborazione tra Le Donne del Vino e l’Antica Pasticceria Muzzi. Per esempio una guida all’abbinamento perfetto tra panettone e vino.

L’opuscolo, stampato in 20 mila copie e inserito nei dolci da ricorrenza della casa umbra, è stato presentato in mattinata a Milano, nella sala congressi di Eataly Smeraldo.

“Un’operazione – ha spiegato Donatella Cinelli Colombini, presidente dell’associazione nazionale Donne del Vino – che fa bene non solo al panettone ma anche a tutto il mondo del vino italiano, perché invita a prendere sul serio il vino e a gustarlo appieno. Libri come questo sono parte di un’educazione al bere consapevole”.

“Ci confermiamo un’azienda in costante crescita nel segmento premium – ha commentato Andrea Muzzi, Ceo di IdB Group, che detiene il marchio Antica Pasticceria Muzzi – con una visione votata alle aspettative del cliente. La collaborazione con Le Donne del Vino guarda infatti ai gourmand, che intendono gustare le nostre specialità in abbinamento alle etichette della migliore tradizione enologica italiana”.

“Da questa partnership – ha aggiunto Martino Beggio, responsabile Marketing e Comunicazione di IdB Group – impareremo molto sul fronte dell’approccio al prodotto: anche i dolci lievitati da ricorrenza possono essere degustati sulla base di una ragionata analisi sensoriale. Una prassi ormai consolidata nel mondo del vino, che ben si addice all’artigianalità della nostra produzionei”.

A curare gli abbinamenti Cinzia Mattioli, Camilla Giuggi e Antonietta Mazzeo, sommelier Ais e “Donne del Vino”. In tutto una sessantina di abbinamenti panettone e pandoro vino, che vanno dal Fiori d’Arancio Colli Euganei Spumante, ottimo con il pandoro classico, al Gewurztraminer Passito Doc, perfetto con il Panettone albicocche e cioccolato.

E ancora dal Moscato d’Asti abbinato al panettone curcuma e zenzero, all’Erbaluce di Caluso Passito per il panettone glassato alle nocciole Igp. Fino a chicche come i Campi Flegrei Falanghina Passito Doc e l’Aglianico Passito. Presente anche una Altbier, tipologia “scura” ad alta fermentazione perfetta per il panettone alla birra dell’Antica Pasticceria Muzzi.

Una linea, quella dei panettoni “spiritosi”, che occupa la fascia top di gamma di IdB – Industria dolciaria Borsari, leader nel segmento dei lievitati da ricorrenza premium.

L’incremento a doppia cifra del fatturato a cavallo delle campagne Natale 2018 e Pasqua 2019 (+ 11,43%, con un aggregato di 47,2 milioni di euro) è dovuto anche ai panettoni “aromatizzati”, che assieme racchiudono il 7-8% della produzione complessiva.

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Enoturismo

Agroalimentare. Dazi USA: a ciascuno il suo

BOLOGNA – Dopo il verdetto WTO che autorizza gli Stati Uniti ad applicare dazi su un ammontare di circa 7,5 miliardi di dollari sull’import Ue, si tratta di capire nel dettaglio quali paesi e prodotti rischiano maggiormente di essere colpiti.

Attraverso la ricostruzione dei valori di import al 2018 di tutti i singoli prodotti agroalimentari elencati (113) nella lista emanata dall’amministrazione americana (USTR) suddivisi tra Paesi interessati – l’applicazione dei dazi viene infatti determinata sia per tipo di prodotto che per paese importatore – Nomisma Agroalimentare ha individuato per i principali paesi Ue i settori che potrebbero (il condizionale è quantomeno auspicabile, nella speranza che la diplomazia intervenga prima del 18 ottobre) essere maggiormente colpiti da questa nuova imposizione tariffaria.

Innanzitutto va detto che su un totale di import agroalimentare negli USA di origine italiana che nel 2018 è stato di 5,48 miliardi di dollari, l’ammontare che viene interessato dai nuovi dazi è di circa 482 milioni di dollari, vale a dire il 9%.

Se questo può sembrare una buona notizia, il brutto è che la gran parte di tale montante (quasi il 50%) riguarda i formaggi in particolare Dop, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano e Pecorino Romano.

Vino, olio d’oliva e pasta non sono stati inseriti nella “black list” mentre il secondo prodotto più colpito sono i liquori, per i quali il dazio del 25% andrebbe ad interessare un valore di quasi 167 milioni di dollari.

I dazi Usa sui nostri formaggi Dop potrebbero avere impatti molto significativi su tutta la filiera lattiero-casearia collegata, alla luce dei forti legami che queste produzioni certificate hanno con il sistema degli allevamenti, sia a livello nazionale che territoriale: basti pensare al Pecorino Romano, prodotto per oltre il 90% in Sardegna che sostanzialmente dipende dal mercato degli Stati Uniti dove esporta oltre il 60% della propria produzione o al Grana Padano e al Parmigiano Reggiano che congiuntamente valorizzano il 40% di tutto il latte vaccino prodotto in Italia” evidenzia Denis Pantini, Direttore dell’Area Agroalimentare di Nomisma.

Nel caso della Francia, il dazio andrebbe a colpire principalmente il settore dei vini fermi su un valore di 1,3 miliardi di dollari (vale a dire il 20% dell’import agroalimentare di origine francese).

In questo caso, Trump ha risparmiato sia lo Champagne che i formaggi transalpini mentre ha “bastonato”, al di fuori dell’agroalimentare, le esportazioni dei grandi aerei commerciali (10% di dazio su 3,5 miliardi di dollari di import), “casus belli” della disputa in corso tra le due sponde dell’Atlantico.

Per la Spagna, il valore dei propri prodotti inseriti nella lista incide per ben il 35% sul totale delle importazioni agroalimentari spagnole negli USA, con olio d’oliva e vino più penalizzati.

In merito al Regno Unito, la quasi totalità dei propri prodotti esportati negli Usa soggetti a nuovi dazi attiene agli spirit e, in particolare al whisky anche se nella lista viene specificato che l’import di questo prodotto sarà “tassato” solo in quota parte e non su tutto l’ammontare.

Va comunque segnalato che, nel 2018, l’import americano di Scotch Whisky è stato di ben 1,6 miliardi di dollari che, unito agli altri prodotti di origine britannica inseriti nella lista, conducono ad una potenziale incidenza delle esportazioni soggette a nuovi dazi di oltre il 60% sul totale degli scambi agroalimentari.

Infine la Germania. Per questo paese, il valore dell’import soggetto a dazio è il più basso dei cinque top exporter considerati, vale a dire 424 milioni di dollari, il 19% del totale degli scambi agroalimentari verso gli Usa. Anche in questo caso, gli spirit rappresentano i prodotti più colpiti.

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Dazi. Prandini (Coldiretti) “Bene l’ok del Governo agli aiuti proposti”

“E’ positivo l’accoglimento da parte del Governo della richiesta della Coldiretti di attivare aiuti compensativi per azzerare l’effetto dei dazi americani su alcuni prodotti agroalimentari Made in Italy“.

E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento alla nuova black list del Dipartimento del Commercio statunitense (USTR) in pubblicazione sul Registro Federale che entrerà in vigore il 18 ottobre, che colpisce con dazi del 25% il Made in Italy sulle tavole statunitensi, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano ma anche altri prodotti lattiero caseari, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori.

E’ importante intervenire subito con risorse adeguate per sostenere le imprese colpite dai dazi ed evitare la perdita di competitività sul mercato americano a vantaggio dei Paesi concorrenti” – ha concluso Prandini

sottolineando che “ora è anche necessario aprire subito la trattativa a livello comunitario e nazionale dove una buona premessa al confronto sono le importanti relazioni con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che ha saputo costruire il premier Giuseppe Conte”.

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Dazi USA. UIV: pericolo per ora scampato m occorre tenere alta l’attenzione

ROMA– “L’esclusione del vino italiano dalla lista dei prodotti che saranno colpiti dai dazi, ci fa tirare un primo sospiro di sollievo e per questo il nostro ringraziamento va al Premier Giuseppe Conte e alla Diplomazia italiana, oltre agli sforzi della Commissione UE. Gli USA sono infatti un mercato fondamentale: si posizionano al primo posto nella graduatoria dei Paesi consumatori di vino con una domanda complessiva che è cresciuta negli ultimi 5 anni in valore di oltre il 30%, così come il quantitativo di vino esportato dal nostro Paese”

“Anche se per ora il pericolo è scampato, è però necessario mantenere alta l’attenzione e continuare un dialogo con gli USA, per evitare che la lista venga rivista e ampliata, considerato che secondo quanto comunicato dall’amministrazione americana, gli USA hanno l’autorità per aumentare le tariffe in qualsiasi momento o modificare i prodotti interessati”.

Con queste parole Ernesto Abbona, Presidente di Unione Italiana Vini, commenta l’esclusione dei vini italiani dalla lista dei prodotti pubblicata dalle autorità americane dopo il via libera del WTO che ha ritenuto l’Europa colpevole di aver concesso aiuti illegali ad Airbus per un importo pari a 7,5 miliardi di dollari consentendo così a Washington di aumentare le tariffe all’importazione del 10% e del 25% su una lista di prodotti indicata dal Dipartimento del Commercio statunitense.

Benché il vino sia stato escluso, i dazi, che dovrebbero scattare dal 18 ottobre, andranno a colpire molti altri prodotti italiani dell’agroalimentare come il pecorino romano, il parmigiano reggiano, il prosciutto e loro derivati.

“Non è mai una buona notizia quando vengono approvate restrizioni al commercio – aggiunge il Presidente di UIV – In questo caso, anche se non toccano direttamente noi, colpiscono il vino di altri Paesi e altri prodotti agricoli, alcuni made in Italy, che nulla hanno a che fare con la causa.”

“Per questo invitiamo UE e USA a continuare a lavorare per una soluzione negoziale sul caso Airbus-Boeing che eviti l’escalation di una guerra commerciale che rischia di impoverire tutti. Unione Italiana Vini – conclude – continuerà a monitorare la situazione e a sensibilizzare le istituzioni, anche perché il mercato USA costituisce uno sbocco strategico irrinunciabile per le nostre produzioni e la salvaguardia delle nostre imprese vinicole”.

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Istituto Espresso Italiano lancia il nuovo marchio internazionale per riconoscere l’”espresso italiano”

Nel mondo si consumano 3 miliardi di caffè al giorno. L’espresso è riconosciuto da tutti come una grande eccellenza del Made in Italy. In Italia il caffè occupa oltre 7 mila addetti solo per la lavorazione, senza contare l’indotto, con un fatturato che va verso i 4 miliardi di euro annui.

ESPRESSO ITALIANO: UN MARCHIO PER RICONOSCERLO NEL MONDO
Per rafforzare la propria azione l’Istituto Espresso Italiano (IEI) ha iniziato a ridefinire le proprie attività di marketing, a partire dal marchio, la cui progettazione è stata affidata a Robilant Associati, brand advisory leader in Italia.

La nuova identità racconta tratti d’italianità strettamente legati al caffè: la passione e la gestualità, iconograficamente sintetizzate dal bacio, elemento che dà concretezza al concetto di amore trasformandolo in un gesto tangibile, semplice, quotidiano e italiano quanto un caffè espresso. Questo stile conferisce al nuovo IEI una cifra espressiva più impattante, empatica e universale, come universale è il piacere del caffè” – ha affermato Roger Botti, direttore generale e creativo di Robilant Associati.

E il marchio sarà ovviamente riconoscibile anche per i consumatori italiani, nei 700 esercizi pubblici, soprattutto bar, certificati da IEI e negli oltre 20 mila bar d’Italia che servono miscele certificate con il marchio.

INTERNATIONAL COFFEE DAY
Ogni anno, il 1° ottobre, il mondo si riunisce per celebrare il caffè e riconoscere a milioni di persone in tutto il mondo – dagli agricoltori, ai torrefattori, ai baristi, ai proprietari di bar e altro ancora – il duro lavoro per creare e servire la bevanda che amiamo tutti.

L’iniziativa, che con il 2019 raggiunge il quinto anno, è promossa dall’International Coffee Organization. Ogni anno viene scelto un tema specifico. Quest’anno il pensiero va verso i milioni di contadini impiegati nella coltivazione delle piante da caffè nel mondo. Il caffè infatti non è mai stato così popolare, con circa 3 miliardi di tazze consumate ogni giorno, un numero che continua a salire, eppure chi lo coltiva guadagna sempre meno.

SOSTENIBILITA’ FA RIMA CON FORMAZIONE
La Giornata Mondiale del Caffè del 1° ottobre è dedicata quest’anno, come detto, alla sostenibilità, che per l’Istituto Espresso Italiano significa innanzitutto formazione degli operatori e dei consumatori.

Chi impara a valutare e a riconoscere la qualità del caffè è disposto a pagarlo un prezzo maggiore favorendo, si spera, l’acquisto di materia prima che garantisce anche ai coltivatori un profitto miglioreOggi chi coltiva caffè si trova a fronteggiare una drammatica caduta dei prezzi che mette a rischio la qualità della vita della propria famiglia e il futuro dei propri figli” – ha affermato Luigi Morello, presidente IEI.

“Essendo una Società Benefit investiamo annualmente una cifra rilevante in formazione tramite le aziende aderenti al nostro programma, coinvolgendo centinaia di baristi, sia a livello di corsi che di eventi – ha proseguito Morello – è nei nostri piani estendere la portata di queste azioni coinvolgendo sempre di più i consumatori, per i quali immaginiamo iniziative specifiche e gratuite già nel 2020”.

LA “FABBRICA” DEL CAFFÈ IN ITALIA
L’industria italiana del caffè è uno dei settori industriali più brillanti del food & beverage del nostro Paese. In Italia, nel Settore Caffè, operano oltre 800 torrefazioni con circa 7.000 addetti e un fatturato vendite 2017 di 3,9 miliardi di euro di cui 1,35 derivanti dall’esportazione.

L’Italia rappresenta il terzo Paese al mondo (dopo la Germania e Belgio) per i volumi di esportazione di caffè in tutte le sue forme. Nel 2017 l’export di caffè torrefatto è arrivato, secondo i dati del Comitato Italiano Caffè, a 249 Mln kg di caffè verde equivalente, con un aumento del 5% rispetto al 2016.

Analizzando i dati storici del Comitato Italiano del Caffè negli ultimi 10 anni le esportazioni di caffè torrefatto si sono più che raddoppiate. L’export italiano di caffè torrefatto ha superato nel 2017 i 1.350 Mln €.

L’ISTITUTO ESPRESSO ITALIANO
L’Istituto Espresso Italiano, di cui fanno parte torrefattori, costruttori di macchine per caffè e macinadosatori e altre aziende della filiera, tutela e promuove la cultura dell’espresso e del cappuccino italiani di qualità. Oggi conta 34 aziende aderenti con un fatturato aggregato di circa 700 milioni di euro.

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Italian Taste Experience: a Grosseto l’evento per raccontare l’eccellenza italiana a tavola

GROSSETO – Decine di aziende provenienti da tutta Italia, eccellenze di nicchia locali e nazionali e buyer e operatori provenienti dall’Europa, dalla Russia, Usa e dalla Cina. Un evento unico che porta la Maremma al centro della promozione turistica e enogastronomica di eccellenza della Toscana.

È “Italian Taste Experience“, l’evento pensato e promosso da Artex-Centro per l’artigianato artistico e tradizionale della Toscana, con il patrocinio della Regione Toscana, in collaborazione Agenzia ICE e con CNA Toscana, Confartigianato Imprese Toscana, in programma dal 25 al 27 ottobre 2019 nel centro fieristico di Grosseto, nella strada comunale del Madonnino.

Tre giorni per promuovere le eccellenze enogastronomiche maremmane, toscane e italiane e per far conoscere e apprezzare la cultura, l’arte e le tradizioni di un territorio amato e affermato nel mondo

“Sarà una grande occasione per tutti – ha detto Giovanni Lamioni, presidente Artex – per la Toscana e per la Maremma. Una opportunitàà di rilancio e di promozione delle nostre eccellenze da valorizzare al meglio, perché siamo convinti che il futuro della regione passi anche dal turismo e dall’agroalimentare”

Italian Taste Experience sarà un evento dedicato alle produzioni di nicchia e di altissima qualità del settore agroalimentare, toscano e nazionale, per proiettare le eccellenze enogastronomiche verso i mercati internazionali e nazionali. Verrà dato spazio a quelle attività piccole che tramandano di generazione in generazione produzioni di altissimo livello e che hanno bisogno di una vetrina prestigiosa.

Il valore aggiunto è la ruralità, valorizzando quel legame inscindibile tra impresa e territorio, fondamentale per strategie di sviluppo moderne e sostenibili. Grazie al supporto di ICE Agenzia, verranno selezionati operatori esteri provenienti da Europa, USA, Cina, Giappone.

“La Regione Toscana ha individuato questo evento come fiera regionale dell’agroalimentare – continua Lamioni – Se saremo bravi a valorizzarla come merita, la Regione investirà ogni anno sul polo fieristico grossetano, diventando così centro di attrazione nazionale e internazionale per le aziende. Un beneficio enorme per il brand Maremma, affermato più all’estero che a livello locale. Questo evento è la conferma che il cuore dell’agroalimentare regionale è nella provincia di Grosseto, una decisione peraltro coerente con la scelta del distretto rurale e delle risorse significative che la Regione Toscana ha messo a disposizione dell’area sud della regione”

La partecipazione e le adesioni registrate sono già alte. “C’è grande attenzione intorno a questa manifestazione e dobbiamo lavorare in sinergia affinché la presenza delle realtà locali sia massiccia. E’ un’occasione – conclude il presidente di Artex – che non possiamo permetterci di sciupare perché il presente, ma soprattutto il futuro del territorio, è nel turismo e nell’agroalimentare”.

“Una manifestazione – afferma l’assessore regionale alle Attività Produttive Stefano Ciuoffo – che qualifica la nostra regione e la Maremma come luogo di business e di incontro tra l’industria e i piccoli imprenditori del settore agroalimentare che con le loro produzioni fanno l’eccellenza enogastronomica nel mondo. Che sempre di più diventano attrattiva e motivazione di viaggio per visitare la Toscana. La vocazione economica della provincia di Grosseto in questo ambito trova così una ribalta alla sua altezza che speriamo possa continuare nel tempo in modo proficuo”.

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Enoturismo

Al Mart di Rovereto apre “Alfio Ghezzi”

 

Rovereto (TN) – Dal 22 ottobre e per i prossimi 6 anni la Caffetteria del Mart si chiamerà “Alfio Ghezzi” e sarà gestita dall’omonimo chef.

Allievo di Gualtiero Marchesi e di Andrea Berton, per quasi un decennio chef della Locanda Margon di Ravina, premiata da due stelle Michelin, Ghezzi è risultato aggiudicatario della gara pubblica indetta dal Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto per la gestione della sua caffetteria.

Recentemente rinnovata negli arredi da Mario Botta insieme allo studio Baldessari e Baldessari, in dialogo con la Collezione del museo che annovera alcuni tra i maggiori capolavori italiani del Novecento, la Caffetteria del Mart è un percorso attraverso il design del XX secolo, rigorosamente made in Italy.

Un progetto che rispecchia l’evoluzione del percorso sia interiore che professionale di Ghezzi per dare vita a un vero e proprio spazio culturale nel quale si incontrano i grandi linguaggi della tradizione italiana: cucina, arte e design.

Sono davvero felice di essere in un luogo così profondamente legato al bello e a ciò che faccio perché solo il respiro di qualche istante in questo spazio basta per farmi sentire in sintonia con il Mart.” – afferma Alfio Ghezzi.

Il concept sarà semplice, così come la proposta, ma non banale poiché frutto di scelte ragionate, responsabili, unite a una significativa esperienza all’estero che ha cambiato sin dal profondo la visione dello Chef. I tavoli non avranno la tovaglia, i piatti serviti saranno semplici sia nella composizione che nell’impiattamento, non mancherà mai un piatto conviviale da mettere in centrotavola e lo chef vivrà non sola la cucina, ma anche la sala, dove farà la sua apparizione per sporzionare alcuni piatti davanti agli ospiti.

I prodotti proverranno dalla filiera corta e celebreranno quella che lo chef ha definito “nuova italianità”: sapori nostrani, il tutto ad esplicare l’impostazione di informalità e rispetto delle tradizioni che Ghezzi vuole dare al suo locale.

Alla base l’idea di creare una profonda interazione con gli ospiti e la possibilità, attraverso un percorso itinerante, di assaporare le varie portate, ognuna servita secondo precise modalità, in specifiche zone del ristorante: dalla lounge, dove sarà servito l’aperitivo, alla zona bistrot, dove si potranno gustare la prima colazione e il pranzo, fino alla zona gourmet, riservata all’esperienza serale.

Per il Mart Alfio Ghezzi ha elaborato una proposta articolata che, dalle colazioni alle cene, si inserisce e completa l’offerta culturale del distretto museale e che si dimostra profondamente legata alla tradizione culinaria italiana, soprattutto a quella trentina e alla produzione del territorio.

Nella scelta degli ingredienti, infatti, lo chef prediligerà quelli locali e punterà a valorizzare la tradizione realizzando conserve, confetture, marmellate e altri prodotti artigianali che verranno elaborati sia all’interno del ristorante che in collaborazione con la cooperativa Mas del Gnac. Grande importanza avranno inoltre la “charcuterie”, i formaggi e i sottaceti, che saranno esposti in apposite vetrine.

La presenza di questi prodotti, che secondo la concezione ristorativa italiana sono da collegarsi a un livello piuttosto lontano da quello dell’alta cucina, considerati per lo più cibo “da osteria”, rispecchia invece un trend che lo chef ha fatto proprio a seguito della sua esperienza a Copenaghen e che si basa su un atteggiamento rispettoso e responsabile che, oltre a seguire i cicli della terra, permette di prolungare la vita dei prodotti, a riprova dell’ impegno di responsabilità ambientale che all’interno del ristorante del Mart si coniuga con il rispetto per la tradizione.

Il menù includerà una proposta “all day”, chiamata “Veloce con Gusto”, che prevedrà: la pizza sia alla pala che nel ruoto, una selezione di panini realizzati con prodotti tipici della realtà trentina, dei lievitati, tra cui pane dolce al cioccolato, veneziana e bombolone alla confettura, e torte da “credenza”, come quella di mele o la sacher.

Per il pranzo l’idea è quella di offrire dei lunch veloci con 4 piatti ispirati alla tradizione gastronomica trentina, denominata appunto “Viaggio in Trentino”, oppure, in alternativa, una scelta di otto piatti denominata “Classici Italiani” tra i quali si troveranno come antipasti Vitello tonnato e verdure alla griglia e burrata, come primi Pachè monograno Matt all’Amatriciana, ovvero paccheri prodotti con un’accurata selezione di materie prime, e Riso alla milanese, tra i secondi Saltimbocca alla romana e Baccalà mantecato e sul finire il dessert con Bunet, dolce a cucchiaio tipico del Piemonte, e Meringa semifredda.

La sera invece un Menù Degustazione di alta cucina per un numero selezionatissimo di clienti, massimo 25, che prevedrà sei portate fisse più una scelta (tra i secondi) o, in alternativa, la possibilità di optare per una versione più “light” con 4 portate. La ricerca di Ghezzi si estenderà anche alle bibite: cantine scelte, birre artigianali, ma anche miscelati, estratti e centrifughe, che lo chef proporrà in abbinamento alle portate del menù.

Altro aspetto degno di nota sarà la proposta legata al caffè. Oltre alle bevande classiche, sarà possibile degustare il personal blend realizzato in collaborazione con Illy estratto seguendo i metodi più svariati: dalla Kemex alla V60 alla French Press. La sera invece il caffè assumerà importanza quasi teatrale con la sua realizzazione al tavolo grazie alla caffettiera a leva manuale, ispirata alla prima macchina da caffè di Achille Gaggia.

Un progetto culturale nel quale si incontrano i grandi linguaggi della tradizione italiana: cucina, arte e design.

Credo che l’arte e la cucina siano in connessione per dare entrambe la possibilità al visitatore o all’ospite di emozionarsi e di portarsi a casa un ricordo indelebile. Se tu ti ricordi un piatto, significa che ti ha emozionato” – conclude Ghezzi.

LO CHEF
Alfio Ghezzi nasce alla fine di dicembre del 1970 a Breguzzo (TN), piccolo paese di montagna nella valle che sale verso Madonna di Campiglio. I genitori sono emigrati in Svizzera, così lui cresce con la nonna, grazie alla quale fin da piccolo si avvicina a una cucina autentica.

Gli anni dell’infanzia, si sa, sono quelli che più segnano la personalità nell’età adulta e difatti questa traccia si ritroverà forte nella sua esigenza di fare una cucina senza ridondanze, a ricordare come la semplicità sia in grado di trascurare l’apparenza fine a se stessa per concentrarsi invece su gusto e verità.

Dopo la formazione professionale fa esperienza come commis di cucina e chef de partie in diversi grandi alberghi quali il Miramonti & Majestic di Cortina, il St.Hubertus a Madonna di Campiglio, il Regina a Salsomaggiore Terme, il Villa Cortine Palace di Sirmione ed il Due Torri Di Verona.

Nel 1993 un cambio di rotta: si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia di Trento senza portare a termine gli studi perché di lì a qualche anno si dedicherà all’attività accademica come docente di cucina e pasticceria al Cfp Alberghiero ENAIP di Tione di Trento fino al 2003.

Esperienza che lo porta a conoscere lo Chef Ettore Bocchia del Grand Hotel Villa Serbelloni che lo affascina per la sua indagine scrupolosa sul prodotto. Dopo una breve esperienza a Londra, al Monti’s Club, del Jumeirah in Sloan Square, affianca lo chef Ettore Bocchia a Villa Serbelloni di Bellagio. È proprio qui, sul lago di Como, che conosce il Maestro Gualtiero Marchesi, con il quale passa tre anni lavorando prima a Erbusco poi al Casinò Les Princes di Cannes e all’Hosteria dell’Orso di Roma, dove fa suoi i concetti di semplicità, essenza ed equilibrio.

Conclusosi il triennio “Marchesiano”, si trasferisce a Milano dove inizia la sua esperienza al Trussardi alla Scala, come allievo di Andrea Berton, che affianca per 4 anni e da cui assorbe la mania del dettaglio.

Nel marzo del 2010 la famiglia Lunelli delle Cantine Ferrari lo chiama “a casa” per dare un nuovo assetto alla Locanda Margon, a Ravina (TN), dove rimarrà come chef per nove anni, nei quali il ristorante verrà insignito di 2 stelle Michelin.

Sul finire dell’esperienza alla Locanda Margon, complice anche una parentesi professionale in Danimarca, lo Chef inizia a percepire nuovi stimoli e prende coraggio: decide così di aprire un ristorante tutto suo dando vita all’interno del Mart di Rovereto a un locale che porta appunto il suo nome.

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