Categorie
Spirits

Whisky, sempre più distillerie puntano su terroir e biologico

Sono sempre più numerosi i Whisky che puntano sulla territorialità, sul biologico e sulla sostenibilità ambientale della distilleria stessa. Dopo il “sasso” lanciato nello stagno del Whisky dall’irlandese Waterford sono molte le piccole realtà nate con una mission chiara: dare al distillato di cereale un’identità “Local & Organic“. Nelle ultime settimane sono ben tre le First Release di altrettante neonate distillerie.

NC’NEAN DISTILLERY: ORGANIC SINGLE MALT WHISKY

Operativa dal 2017 a Drimnin, sulla costa occidentale delle Highlands scozzesi lungo lo stretto che le separa dall’isola di Mull, Nc’nean Distillery ha lanciato il suo primo prodotto, Organic Single Malt Whisky, creato da orzo scozzese biologico e maturato per tre anni in botti di vino ex-Bourbon ed ex-vino rosso.

Organic Single Malt Whisky è certificato biologico, prodotto utilizzando il 100% di energia rinnovabile ed il packging stesso è ecosostenibile con una bottiglia di vetro trasparente riciclato al 100%. Nc’nean lo descrive come “Morbido ed elegante, disinvolto e delizioso comunque lo si beva, con sapori di agrumi, pesca, albicocca e spezie”.

“Quando ho lasciato il mio lavoro a Londra per fondare Nc’nean – spiega Annabel Thomas, fondatrice della distilleria – volevo creare una distilleria che fosse nota per la creatività e aprisse la strada alla sostenibilità. All’epoca, il 2020 sembrava incredibilmente lontano e abbiamo dovuto superare parecchi ostacoli durante il viaggio, ma sono incredibilmente entusiasta di essere arrivata a questo punto”.

Ma più di questo – prosegue – sento che la qualità e il gusto del nostro primo whisky dimostra come la ricerca dell’eccellenza attraverso un’attenta selezione dell’orzo e del lievito ed una fermentazione e distillazione lente e delicate, crei un whisky che è allo stesso tempo delizioso e sostenibile“.

Imbottigliato a 46% Abv, senza filtrazione a freddo e a colore naturale, Organic Single Malt Whisky è andato sold-out nelle prime 24 ore dal rilascio ma la distilleria prevede di mettere sul mercato nuovi batch in breve tempo.

ISLE OF RAASAY DISTILLERY: ISLE OF RAASAY SINGLE MALT – INAUGURAL RELEASE 2020

Prima release anche per la giovane Isle of Raasay Distillery, la prima distilleria legale dell’omonima isola delle Ebridi dal 1850. Isle of Raasay Single Malt – Inaugural Release 2020 è stato prodotto con l’orzo, annata 2017, coltivato da Andrew Gillies, agricoltore dell’isola con la quale la distilleria ha stretto una partnership.

Solo 7.500 bottiglie per questo Whisky maturato in botti ex-Tennessee “first fill” (di primo riempimento) e con un finishing in botti ex-Bordeaux anch’esse di primo riempimento. Imbottigliato a 52% Abv, a colore naturale e senza filtrazione a freddo Inaugural Release “ha sapori di mandorla, nocciola e spezie dolci. Le botti di vino rosso aggiungono sapori speziati ed una maggiore complessità”.

Questo è un momento davvero storico poiché il primo single malt legale dell’isola di Raasay lascia l’isola per la prima volta – dice Alasdair Day, cofondatore di Raasay – Siamo molto orgogliosi del nostro single malt, leggermente torbato, e della nostra bellissima bottiglia realizzata con stampi di argilla delle rocce e dei fossili di Raasay. È come un pezzo di isola nelle tue mani”.

COPPER RIVET DISTILLERY: THE MASTHOUSE SINGLE MALT WHISKY

Primo rilascio per Copper Rivet Distillery con sede nella storica Pump House n°5 del molo di Chatham, Kent. The Masthouse Single Malt Whisky è realizzto con orzo maltato Belgravia coltivato sulla vicina isola di Sheppey, al largo della costa settentrionale del Kent, ed invecchiato in botti ex-Bourbon e botti vergini di rovere bianco americano.

“Ogni bottiglia riporta chiaramente la varietà di orzo che utilizziamo, il nome del campo in cui è stato coltivato e il numero di barili in cui lo spirito è stato invecchiato”, dice Stephen Russell, co-fondatore della distilleria, nel descrivere la volontà di Copper Rivet di creare Whisky “Grain to Glass” (dal grano al bicchiere).

Non siamo in Scozia – prosegue Russel – quindi abbiamo una certa flessibilità nel processo. Una delle differenze più significative tra il whisky scozzese e quello inglese è che i distillatori di whisky inglesi non sono tenuti a utilizzare solo alcuni tipi di botti e alambicchi.  Inoltre, non dimentichiamo che le condizioni meteorologiche nel Kent e in Scozia differiscono in modo significativo, il clima del Kent è molto più caldo e secco”.

Da qui la scelta di utilizzare anche botti nuove per creare un whisky che il Master Distiller Abhi Banik descrive come “ricco di note di mela verde, biscotto allo zenzero e frutti tropicali. Al palato offre cioccolato all’arancia con un finale di malto e pepe bianco”.

Categorie
Spirits

Mixology e distillazione artigianale: un connubio fatto di amore e ricerca della perfezione

La mixology, col suo servire drink realizzati sul momento dalle mani del Bartender e spesso creati dalla fantasia ed esperienza dello stesso, è da sempre emblema del “bere artigianale“. Questo connubio fra miscelazione ed artigianalità ha visto un forte incremento negli ultimi anni, sia in Italia che all’estero, con sempre più mixologist che compiono coraggiose scelte artigianali in fatto di distillati o liquori da inserire nelle proprie preparazioni.

Alla base di queste scelte non c’è solo la qualità del prodotto artigianale, ma anche il messaggio che porta con se. Lo ha ben spiegato Andrea Attanasio del Fresco Cocktail Shop di Como, intervenuto alla Craft Distilling Italy lo scorso 27 ottobre: “Assaggiate un distillato artigianale e uno industriale. Non necessariamente uno è più buono e uno meno buono, ma la freschezza di un distillato artigianale, quel brio, è introvabile in uno spirito canonico”. Il ‘perché’ di questo brio?

Io – spiega Attanasio – credo banalmente: perché l’industria deve cercare di accontentare tanti e quindi trova e crea il modo di raggiungere tante persone. Il piccolo artigiano, la piccolissima craft distillery, il liquorificio o, perché no, il cocktail bar, se di artigiano si parla cerca di fare qualcosa di emozionante e di buono per se”.

“Sembra egoista da dire ma è proprio questo il nocciolo della grossa differenza fra artigianato ed industria. Quel sano egoismo di cercare la perfezione per piacere a te stesso, per fare un prodotto che ti inorgoglisce, che descrive te stesso, quello che fai quello che sei e, dico, anche quello che vorrai diventare”.

Grande alleata e fonte di ispirazione tanto per la distillazione artigianale italiana quanto per la miscelazione è senza dubbio la grande biodiversità del Bel Paese che mette a disposizione degli artisti dell’artigianalità un panorama unico al mondo. “Abbiamo la fortuna, noi italiani, di poter accedere a materie prime ed ingredienti che sono davvero unici nel marcato mondiale – afferma Benjamin Cavagana del MAG La Pusterla di Milano – Questo ci da la possibilità di puntare sull’artigianalità e miscelare cose sempre divertenti e con sapori unici”.

Una biodiversità che rende straordinari e molto competitivi i prodotti italiani all’estero. “L’Italia – sottolinea Attanasio -indiscutibilmente ha un portafoglio di prodotti più ampio del resto del mondo. Come nella cucina questo ci permette di avere prodotti molto diversi tra loro fra nord e sud con lo stesso denominatore: la qualità“.

La cosa irripetibile che abbiamo in Italia è quell’unione tra la scelta del prodotto, l’accoglienza ed il saperlo raccontare. Chi in Italia riesce a distillare ed a trasmettere la freschezza in quel distillato ha successo anche all’estero”.

Freschezza, stagionalità, unicità dei prodotti. Parole chiave nelle lavorazioni artigiani e concetti sempre più noti e ricercati dal consumatore. Un’evoluzione in cui “il buon bere” permea sempre di più la cultura media ed in cui il consumatore continua a crescere, informandosi e spesso confrontandosi con chi sta dall’altra parte del bancone.

Cliente moderno che è croce e delizia per i professionisti del bar. Da un lato la difficoltà di dover mantenere costante la qualità delle proprie preparazioni a fronte della stagionalità o della normale variabilità degli spirit artigianali, dall’altro il piacere di servire da bere a palati sempre più attenti. “La cosa emozionante è che insieme ai prodotti, insieme all’artigiano, in realtà è cresciuto il cliente“.

È un piacere avere a che fare con un cliente consapevole e preparato – afferma sorridente Attanasio – vuol dire che giochiamo una partita quasi alla pari. È quella cosa che ci permette di voler essere sempre un passettino avanti per evitare che ci metta in difficoltà e dargli la possibilità di uscire di qua con una nozione in più, senza pretendere di insegnargli niente”.

Evoluzione del consumo che ha permesso di sdoganare l’utilizzo di distillati strutturati all’interno delle preparazioni. La crescita di consapevolezza del cliente permette oggi di inserire nei cocktail anche distillati la cui complessità non viene compromessa dalla miscelazione o “non capita” dal bevitore. Fra essi la grappa: il distillato nazionale inizia oggi a trovare una sua collocazione anche nel mondo dei cocktail.

La Grappa – sottolinea Benjamin Cavagana – ha una storia incredibile ed un metodo di produzione unico. Viene messa in secondo o terzo piano quando si deve scegliere con cosa miscelare un cocktail perché hai dei picchi di intensità che possono creare problemi quando vai a comporre un cocktail. In realtà bisogna pensare al contrario e capire come trovare un metodo per valorizzare queste note frutta e la spiccata acidità”.

Si è ancora sperimentato poco col distillato nazionale, alla ricerca del suo equilibrio in miscelazione, ma la voglia di indagarne le potenzialità è forte. “Negli ultimi cinque anni – ricorda Andrea Attanasio – quante cocktail list strane, quanti drink strani abbiamo proposto? Oggi penso che un passo indietro, che in realtà sono tre passi avanti, è sacrosanto farlo. Diminuire il numero di ingredienti con però una ricerca più manicale del singolo ingrediente enfatizzando, magari, proprio un prodotto come la grappa che deve entrare nel mondo del cocktail bar”.

Categorie
Spirits

Port of Leith: iniziati a Edimburgo i lavori per la prima distilleria verticale di Whisky

Sono iniziati pochi giorni fa nel quartiere portuale di Leith, il porto di Edimburgo, i lavori di costruzione di quella che sarà la prima distilleria verticale di Scotch Whisky. L’edificio si ergerà 40 metri sopra il molo, proprio difronte al Royal Yacht Britannia, ed avrà sulla sommità un Whisky Bar a due piani con vista sul Castello di Edimburgo.

Dodici milioni di sterline di investimento per la realizzazione della Port of Leith Distillery che si pone l’ambizioso obiettivo di diventare un punto di riferimento anche turistico per la capitale scozzese. L’apertura è prevista per il 2022, quando coi suoi due alambicchi in rame sarà in grado di produrre 400 mila litri di alcol puro all’anno, l’equivalente di circa un milione di bottiglie di Single Malt.

Il progetto nasce dall’idea di due amici d’infanzia, Patrick Fletcher e Ian Stirling, da sempre appassionati di Whisky che hanno voluto costruire “una casa moderna e punto di riferimento per un nuovo stile di Scotch. Non abbiamo mai pensato ad una distilleria verticale, ma abbiamo immediatamente compreso il potenziale di quella posizione”.

Il sito è piccolo, solo un terzo di acro – racconta Stirling – ma questo ci ha fatto immaginare di poter creare un processo di produzione del Whisky guidato dalla gravità, in cui i grandi tini di fermentazione sono posizionati sopra gli alambicchi di rame, consentendo al liquido di fluire naturalmente verso il basso negli alambicchi sottostanti”.

La nostra ambizione – prosegue – è creare un nuovo, eccezionale, stile di Scotch utilizzando un approccio moderno basato da un lato sugli anni di ricerca che abbiamo alle spalle, dall’altro sul grande patrimonio storico e culturale del ‘whisky district’ di Leith”.

La modernità di un impianto (ri)disegnato in verticale, anziché per locali attigui come da tradizione, e di un edificio concepito per ospitare i visitatori dando loro lo possibilità di vivere da vicino la realtà produttiva, unita alla storia del porto di Leith, che fu approdo strategico per lo sherry dalla Spagna e le cui botti appena svuotate venivano usate per invecchiare il whisky nei magazzini doganali che costeggiavano la riva.

Stiamo già commercializzando in 14 mercati in tutto il mondo – dichiara Fletcher – il nostro gin, Lind & Lime, e dello sherry Oloroso. Il nostro sherry proviene da Bodegas Baron, un’azienda familiare di 480 anni nel cuore di Jerez, e useremo le loro botti per maturare il nostro whisky, quando sarà il momento”.

I lavori di realizzazione della nuova distilleria stanno impiegando più di 30 persone e si prevede che, una volta completata, creerà circa 50 posti di lavoro a lungo termine. Il progetto è dello studio Threesixty Architecture di Glasgow con il supporto degli ingegneri della Allen Associates, mentre la costruzione è affidata al Colorado Group che ha già realizzato le distillerie Raasay e Kingsbarns.

Inoltre i mash tun (tini di fermentazione) e i serbatoi saranno costruiti da LH Stainless, mentre gli alambicchi in rame sono in via di costruzione, a mano, presso la Speyside Copper Works di Elgin. I 12 milioni di sterline necessari sono stati finanziati da una serie di investitori privati internazionali tra cui due Amministratori Delegati di due industrie del beverage che hanno preferito rimanere anonimi.

Categorie
Spirits

Il vostro whisky è biologico e “di terroir”? Waterford presenta Organic Gaia 1.1

Nuova release per Waterford Distillery, la distilleria irlandese che ha incentrato la sua filosofia produttiva sul terroir del whisky e sulla qualità dell’orzo. Con Organic Gaia 1.1, Waterford inaugura la serie “Arcadian“. Una nuova gamma di distillati biologici e biodinamici che va ad affiancarsi alla linea “Single Farm Origin“.

Gaia 1.1 è il è il primo whisky irlandese certificato “bio” dall’Organic Trust, a valle di rigorosi controlli, il cui orzo è stato coltivato da Paddy Tobin, Alan Jackson, Pat e Denis Booth, Jason Stanley, Trevor Harris e John Mallick.

Cercavamo agricoltori ribelli – spiega la distilleria – coltivatori ispirati ed iconoclasti la cui etica e stile di vita rispettino la terra ed i vecchi metodi di coltivazione, allontanandosi dall’imperante logica della produttività alla ricerca di sapori puri. Gaia, la Dea greca personificazione della Madre Terra, è la perfetta rappresentante del primo Whisky Irlandese da orzo organico certificato”.

Un nuovo tassello per Waterford nella sua dichiarata ricerca della territorialità nel Whisky. “Troviamo sconcertante che gran parte dell’industria tratti con indifferenza la fonte primaria dello straordinario sapore del whisky single malt: l’orzo. Un secolo fa l’orzo biologico sarebbe stato onnipresente in Irlanda, mentre oggi è frustrante constatare quanto sia raro”.

“La nostra – specifica la Distilleria – non è una posizione da eco-guerrieri, figlia di falsa modestia. Semplicemente sappiamo per esperienza che l’orzo influenza molto il sapore del Whisky. Siamo come un team di Formula 1, consapevoli che è la somma dei dettagli a fare la vittoria”.

Distillato nel 2016, Organic Gaia 1.1 ha maturato per quattro anni in un mix di botti diverse: 42% rovere americano first-fill (botti usate di primo riempimento), 17% rovere americano nuovo, 23% rovere francese, 18% ex Vin Doux Nature (vino dolce fortificato).

Imbottigliata a 50% abv senza filtrazione a freddo ed a colore naturale, la nuova release di Waterford Distillery è stata prodotta in 24 mila bottiglie. La distribuzione è iniziata dalla metà di ottobre in 25 Paesi nel mondo.

Categorie
Spirits

Connaught Bar: il miglior Cocktail Bar al mondo è gestito da due italiani

È il Connaught Bar di Londra il miglior Cocktail Bar del Mondo. A decretarlo è la “The World’s 50 Best Bars 2020“, che quest’anno a presentato la classifica con una cerimonia on-line a causa dell’emergenza sanitaria. Un premio che profuma di Italia, sono infatti Giorgio Bargiani e Agostino Perrone a guidare il noto locale londinese che aveva già ben figurato lo scorso settembre nella “Bar World 100 2020“.

“È difficile pensare a un bar in qualsiasi parte del mondo che abbia reso l’eccellenza così semplice il Connaught – si legge nella motivazione ufficiale – Il trucco è nella ‘non ricerca‘ di tendenze; sotto la guida di Agostino Perrone, Giorgio Bargiani e Maura Milia il locale si evolve di anno in anno sempre in modo composto e determinato”.

“I luccicanti interni cubisti – si legge ancora – incorniciano il bar come un’opera d’arte, il servizio è caldo e giudiziosamente attento e qualunque sia la tua gusto personale i cocktail, come il personale, sono impeccabilmente su misura. Come un benevolo presagio, il carrello tintinna dolcemente e scivola per la stanza consegnando i migliori Dry Martinis di Londra”.

Categorie
news news ed eventi Spirits

Paolo Brunello show: “Basta confusione tra produttori e imbottigliatori di Grappa”

“Il mondo del vino distingue produttori e imbottigliatori in etichetta, con la scritta ‘prodotto all’origine dalla cantina…’ oppure ‘imbottigliato da…’. Facciamolo anche per la Grappa”. Parola di Paolo Brunello, titolare della più antica distilleria artigianale d’Italia, la Fratelli Brunello di Montegalda (VI), fondata nel 1840.

La posizione di Brunello, espressa durante la Craft Distilling Italy 2020 lo scorso 27 ottobre, non lascia spazio ad interpretazioni: “Occorre rifare completamente la normativa ed avere il coraggio di rompere questa, mi permetto di dire, ipocrisia che sovrasta il mondo della grappa. Me ne assumo tutte le responsabilità”.

Dobbiamo sconfiggere questo alone di dubbio che sovrasta il mondo della grappa, dobbiamo rispetto al consumatore. È lui che acquista i nostri prodotti e deve avere chiarezza e certezza di ciò che beve”.

La legislazione vigente, infatti, consente la denominazione “distilleria” tanto a quelle realtà che distillano il proprio prodotto, quanto a quelle che operano come liquorificio o anche semplicemente come imbottigliatori. Serve quindi una revisione che dia al consumatore “la certezza che una grappa sia prodotta da colui che la immette sul mercato. Diamo a Cesare quel che è di Cesare”.

Più garanzie e tutele per il consumatore dunque, per costruire il futuro della grappa artigianale. Un futuro figlio di una tradizione che affonda le radici nella storia e nel territorio.

Un concetto tanto caro a Bruno Pilzer, ‘grappaiolo’ titolare, con il fratello Ivano, della Distilleria Pilzer in Val di Cembra (TR), nonché presidente dell’Istituto di Tutela della Grappa del Trentino e collaboratore della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, in qualità di maestro distillatore.

“Dobbiamo essere un po’ presuntuosi – ha affermato Pilzer – e dire ‘esiste la grappa ed ha un posto d’onore nella nostra cultura‘”. Affermazione che racchiude il valore del distillato nazionale.

Valore fatto dalla stessa materia prima: quella vinaccia figlia della grande viticoltura italiana, che occorre conservare e fermentare opportunamente per preservarne gli aromi, nel delicato di processo di distillazione.

Un groviglio di lamiere chiamato alambicco, in cui l’artigiano diventa anche un po’ ingegnere, per perfezionare lo strumento del mestiere, ed un po’ chimico, per estrarre opportunamente quei profumi che la natura ha (ri)posto nella vinaccia. E poi il valore del tempo, nell’attesa che la grappa si affini in acciaio piuttosto che si elevi in legno.

Sono tutti aspetti che, sommati insieme, ti danno un valore enorme, valore che magari altri distillati non hanno. Eppure – chiosa ancora Bruno Pilzer – spesso ci ‘passano davanti’ altre tipologie di distillato più semplici da produrre. Perché non considerare la grappa come prodotto che abbia una storia da raccontare?”.

QUALE FUTURO PER LA GRAPPA?

La grappa è cresciuta molto negli ultimi anni a livello qualitativo, sotto la spinta di artigiani che hanno investito tempo, passione e risorse. Un prodotto in grado oggi di confrontarsi ad armi pari coi blasonati spirits stranieri, spesso figli di multinazionali, forti della loro capacità nel mondo della comunicazione del marketing.

Il futuro della grappa passa quindi dalla valorizzazione del suo contenuto culturale ed organolettico. Grande “alleato”, in questo senso, è il consumatore moderno. Sempre più attento e alla ricerca dei valori dell’artigianalità. Un consumatore che, a sua volta, si fa portavoce e promotore del prodotto.

È piacevole – aggiunge Pilzer – ascoltare questo consumatore e provare a seguire la proprio idea, cercando di adattarla alla concezione di chi poi dovrà consumare il tuo prodotto. Questo è un cambio epocale. Una volta ti dicevano ‘questa è la grappa’, punto e basta”.

Il distillato nazionale può giocare le sue carte anche nella mixology, senza snaturarsi. “Devono essere gli artisti della miscelazione – sottolinea Paolo Brunello – a saper scegliere le migliori grappe artigianali, per offrire dei cocktail straordinari. Non dobbiamo noi commettere l’errore di andare ad inseguire sogni che non fanno parte della nostra tradizione”.

Grappa che, tuttavia, necessita di una revisione normativa che non solo porti chiarezza in etichetta, ma snellisca anche il complesso palinsesto burocratico fatto di controlli e registrazioni.

Un percorso che “alleggerito”, magari con l’ausilio della tecnologia, renderebbe il lavoro degli artigiani più “agile”. E, si spera, stimoli le nuove generazioni a cimentarsi col mondo della distillazione. Senza l’angoscia dell’ispezione e della sanzione.

Categorie
news news ed eventi Spirits

Craft Distilling Italy 2020: la distillazione artigianale italiana fa squadra

Un quadro variopinto. Un panorama eterogeneo composto da realtà diverse, con dimensioni diverse. Difficoltà pratiche ed una burocrazia intricata a condire uno scenario in piena evoluzione, in cui i decani della distillazione artigianale si incontrano con la dinamicità delle nuove leve. È quanto emerge da Craft Distilling Italy 2020, la prima conferenza mai organizzata sulla distillazione artigianale italiana.

Un evento pensato, voluto e realizzato dal team di Distillerie.it, lo scorso 27 ottobre. Un’occasione per fare il punto della situazione su un settore ancora poco conosciuto, poco sviluppato e forse ancora poco consapevole di sé, come “settore”.

LA RICERCA DELL’ARTIGIANALITÀ
Il punto focale è una forte ricerca dell’artigianalità, vista come “qualità organolettica” del proprio distillato. La volontà, insomma, di realizzare un prodotto fedele a se stesso ma “mai uguale” (per annata, invecchiamento o altri fattori), o come valorizzazione della biodiversità.

Artigianalità intesa come territorialità portata dritta nel calice. O come volontà di seguire l’intera filiera del proprio spirit, dalla coltivazione delle materie prime fino a fermentazione, distillazione ed affinamento. Qualunque sia la definizione che ogni artigiano dà del proprio lavoro, appare evidente il desiderio di “raccontare qualcosa” che vada oltre il prodotto standardizzato, tipico dei processi industriali.

UN MOVIMENTO ANCORA “DISORDINATO”
Se i valori sono noti e condivisi, meno chiara è invece la strada da seguire per farli emergere. Il settore è frammentato, ricco di realtà diverse non solo per tipologia di prodotto, ma anche per dimensioni, per “anzianità di servizio” – dai pilastri della distillazione italiana ai giovani ancora alle prime armi – e per consapevolezza dei propri mezzi.

Manca ancora un vero associazionismo che dia al settore un’identità precisa e riconoscibile, una spinta univoca paragonabile a quella del movimento dei Birrifici Artigianali, che negli ultimi vent’anni hanno ridisegnato lo scenario brassicolo italiano.

Nei discorsi fatti oggi ritrovo molte di quelle cose che ci passavano per la mente 25 anni fa quando abbiamo iniziato a portare la birra artigianale alle prime manifestazioni fieristiche e festival. All’epoca eravamo in cinque, parlo del ’99, e la collaborazione era fortissima, era grandiosa, c’era molto spirito di gruppo. Un paio d’anni dopo è nata Unionbirrai che oggi ha molto peso nel settore. La collaborazione è fondamentale per crescere”.

A parlare è Agostino Arioli, capostipite della Birra Artigianale con Birrificio Italiano ed ora pioniere della “distillazione di precisione” con Strada Ferrata, micro distilleria di whisky ancora in fase di rodaggio.

Riferimento in questo senso è l’American Craft Spirit Association, associazione statunitense nata nel 2013 che raccoglie più di 300 distillatori artigianali in grado di coprire circa il 10% del mercato nazionale, percentuale al momento impensabile per gli artigiani italiani.

L’esperienza diretta portata in conferenza da Rebecca ‘Becky’ Harris, master distiller di Catoctin Creek Distillery e presidente dell’Acsa, è un chiaro esempio di come un sano associazionismo, basato sul far fronte comune e sulla condivisione delle esperienze in totale e serena apertura, sia la chiave per far emergere il settore.

I NUMERI DELLA DISTILLAZIONE IN ITALIA
È Assodistil, associazione che rappresenta oltre il 95% dell’alcol agricolo prodotto in Italia, a confermare la fotografia di un settore frammentato. Delle 135 aziende del comparto, che danno impiego ad oltre 2 mila addetti, l’80,1% conta meno 9 dipendenti.

Stesso discorso per le quantità prodotte: il 30% dei produttori di Grappa produce meno di 100 mila litri/anno a fronte di un settore da 72 mila ettolitri. Piccoli produttori che faticano ad aver accesso a fiere e manifestazioni internazionali di settore, frenando quindi la vocazione all’internazionalizzazione che resta appannaggio dei grandi player.

UNA BUROCRAZIA POCO AGILE
La burocrazia alle spalle dell’attività distillatoria complica ulteriormente uno scenario già di per sé non facile. A regolamentare la distillazione ed i rapporti fra artigiano ed Agenzia delle Dogane è la legge 504 del 1995 nota come “Testo unico delle Accise“.

Legge che suddivide le distillerie in base al “modo” in cui vengono conteggiate e pagate le accise sull’alcol, come “Magazzino doganale ad accisa sospesa“, situazione complessa ma applicabile ad ogni realtà, o “Opificio ad imposta assolta“, situazione fiscalmente più snella ma che vincola sulle tipologie di prodotto realizzabile.

A queste si affianca l’opzione “Tassa giornaliera o forfettaria“, antico retaggio Austro-Ungarico che consente di produrre fino ad un massimo di 300 litri anidri di alcol all’anno, l’equivalente di circa 1.000/1.100 bottiglie. Dimensioni poco più che hobbistiche, ma in grado di generare produzioni di assoluto interesse come nel caso di Castel Juval e, più in generale, del modello di distillazione artigianale dell’Alto Adige.

Categorie
Spirits

American Single Malt: i produttori chiedono un Disciplinare al Governo Federale

Non solo Bourbon e Rye. Anche se la maggior parte dei consumatori europei conosce il Whiskey “Made in the Usa” per l’uso di mais e segale, un numero in costante crescita di distillerie produce Single Malt americani. È la tipologia di whiskey in ascesa Oltreoceano, seppur non ancora riconosciuta dal Governo Federale degli Stati Uniti. Le cose potrebbero cambiare, dopo la richiesta di un disciplinare ad hoc.

Negli ultimi due decenni la curiosità che circonda il Single Malt americano e la mancanza di regole precise che ne definiscano le caratteristiche, ha incoraggiato molti distillatori che hanno perfezionato la loro abilità nell’uso dell’orzo. Sono nate diverse interpretazioni del Whisky Single Malt, generalmente considerate una fusione delle pratiche di distillazione scozzesi e americane.

Sono ormai 170 le “firme” degli American Single Malt, con una produzione che rappresenta solo una piccola percentuale rispetto a quella delle 120 distillerie scozzesi. Un segmento sempre più affollato, quindi, che si trova ora nella necessità di stabilire regole chiare (un disciplinare, per l’appunto) che diano un’identità univoca ad un prodotto nato e cresciuto fra le pieghe di una legislazione lacunosa.

LA RICHIESTA DI UN DISCIPLINARE
L’American Single Malt Whisky Commission (Asmwc), associazione di categoria che raccoglie la maggior parte dei produttori, ha inviato per la prima volta nel 2017 una proposta di disciplinare all’Alcohol and Tobacco Tax and Trade Bureau (Ttb) ma ad oggi le risposte dell’Ufficio per la Tassazione ed il Commercio sono state sconcertanti e contradittorie.

Alcune distillerie sono state autorizzate a mettere “American single malt whiskey” in etichetta, mentre ad altre è stato vietato. Alcuni produttori sono stati autorizzati ad invecchiare il proprio Whiskey in botti di rovere usato.

Ad altri, seguendo il disciplinare del Bourbon, è stato impedito. L’Asmwc è quindi recentemente tornata alla carica col Ttb per la creazione di un “insieme uniforme di standard ufficiali”, che diano coerenza al settore e trasparenza al consumatore.

In assenza di una chiara regolamentazione, molti produttori si attengono alla definizione di American Single Malt che dà l’Asmwc: Whiskey prodotto negli Stati Uniti in un’unica distilleria da 100% malto d’orzo, invecchiato in botti di legno non necessariamente di rovere nuove o usate, distillato ad alambicco discontinuo o a colonna ad un massimo di 160 proof (80% abv) e messo in barile ad un massino di 125 proof (62,5% abv).

Definizione che non solo lascia ampi margini alle aziende che possono utilizzare svariati tipi di legno – botti nuove di rovere, acacia, acero, botti usate di bourbon, sherry, sidro, pinot nero o altri vini, birra di ogni tipologia, botti carbonizzate o rigenerate con tecnica Str – ma che risulta anche lacunosa per alcuni aspetti. In primo luogo vi è un imposizione del limite massimo a 700 litri per le dimensioni delle botti, ma non vi è alcuna indicazione per il volume minimo.

Tra i favorevoli al disciplinare anche il master distiller Lance Winters di St. George Spirits di Alameda, in California, uno dei primi distillatori statunitensi a produrre Single Malt due decenni fa. Winters pone l’accento sul legno, che dovrebbe essere di dimensioni non inferiori ai 53 galloni (200 litri).

Inoltre preoccupa la mancanza di un’indicazione di età minima di invecchiamento, al punto che potenzialmente un distillatore potrebbe riempire una botte e svuotarla 15 minuti dopo imbottigliando il Whiskey come American Single Malt. Rischio non così remoto come può sembrare, basti pensare alla “fretta” che i giovani distillatori hanno di sviluppare un flusso di cassa che può spingerli verso tempi di invecchiamento insolitamente veloci danneggiando l’immagine della categoria.

NESSUNA IMPOSIZIONE SUL “GUSTO” DEL WHISKEY

Steve Hawley, presidente dell’Asmwc e direttore marketing per la Westland Distillery di Seattle, evidenzia come lo scopo delle regole proposte non sia quello di stabilire barriere, quanto invece quello di definire e far comprendere al mondo cosa sia il Single Malt statunitense. Hawley sostiene sia necessario dare una definizione specifica e significativa, lasciando spazio all’innovazione.

Secondo Jared Himstedt, Master Distiller di Balcones in Texas e grande sostenitore del terroir nel Whisky, la certificazione rafforzerebbe anche i tentativi dei produttori di ottenere uno spazio dedicato sugli scaffali al dettaglio in un ottica di trasparenza per il consumatore.

Ciò nonostante, alcuni produttori preferiscono muoversi al di fuori delle regolamentazioni, come nel cado di Woodford Reserve che chiama “Kentucky straight malt whiskey” (Whiskey di puro malto del Kentucky) il suo Spirit ottenuto con il 51% di malto, il 47% di mais ed il 2% di segale.

Ci vorrà del tempo prima che il Ttb, notoriamente lento ed intrappolato fra interessi diversi e a volte contrastanti, definisca un disciplinare. Ma chi produce Whiskey, si sa, è ben predisposto all’attesa.

Categorie
news news ed eventi Spirits

Terroir nel Whisky come nel vino? Uno studio inchioda l’industria dei distillati

Il terroir, concetto tanto caro ad enologi e sommelier nel mondo del vino, può essere applicato al Whisky? Quell’insieme tridimensionale di suolo, clima e topografia che influenza la crescita della vite ha lo stesso effetto sull’orzo? Secondo Mark Reynier, Ceo di Waterford Distillery in Irlanda, la risposta è affermativa.

Ci sono solo tre materie prime ammessi per la produzione del Whisky Single Malt: lievito, acqua e orzo – spiega Reynier – Si dice che il Whisky dipenda dalla giusta acqua o dalla botte usata in invecchiamento, ma non si parla mai dell’orzo. Perché questo punto cieco?”.

Waterford va ad aggiungersi ad un esiguo ma crescente numero di distillatori che stanno lavorando per dimostrare l’esistenza del terroir nel whisky, quali Rob Arnold, accademico e Master Distiller presso Firestone & Robertson Distilling Co., in Texas, e la giovane Isle of Raasay Distillery in Scozia (la prima release di Whisky è prevista per Natale 2020) che sta sperimentando nuove varietà di orzo da maltaggio coltivate localmente.

Nell’industria del whisky, l’esistenza del terroir è sempre stata negata per varie ragioni. Fra esse, le più comuni riguardano il fatto che l’orzo è solo un chicco e non può esprimere il senso del luogo in cui nasce, a differenza dell’uva che è un frutto.

Inoltre si sostiene che il processo di distillazione, per certi versi, “rimuova” le tracce del terroir. Infine, l’invecchiamento in botte maschererebbe e “coprirebbe” ogni possibile influenza del territorio.

Seguendo questa logica, l’industria ha sempre trattato l’orzo come una commodity. Una merce “base”, scelta e coltivata solo per la resa produttiva in un’ottica di efficienza. Suggerire o dimostrare che il sapore di uno Spirit differisca a seconda di dove cresce l’orzo, fattoria per fattoria, è quindi una verità molto scomoda.

IL PROGETTO DI MARK REYNER

Reyner ha maturato la convinzione che esista un concetto di terroir nel Whisky sull’isola scozzese di Islay, dove per 11 anni è stato a capo della Bruichladdich Distillery. Quello che Reynier ha appreso su Islay lo ha convinto che c’era altro da esplorare, creando così nel 2015 la Waterford Distillery, nel sud-est dell’Irlanda, per poter lavorare sul suo progetto di terroir nel Whisky.

Per lo studio, a partire dal 2017 sono state seminate e raccolte due varietà di orzo, Olympus e Laureate, in due siti distinti nel sud-est dell’Irlanda. Per l’esattezza, nelle città di Athy e Bunclody. Ad Athy, il suolo è “nutrizionalmente più ricco” di calcio, fosforo, magnesio e zinco, rispetto al suolo di Bunclody.

I protocolli di maltazione, fermentazione e distillazione sono rimasti invariati per tutti in campioni al fine di cogliere solo le differenze date dal territorio. Nel progetto è stato coinvolto Dustin Herb, Ph.D., ricercatore ed esperto di orzo presso la Oregon State University che nel 2016 presentò una ricerca rivoluzionaria sul sapore dell’orzo al World Brewing Congress di Denver.

Siamo stati in grado di studiare i meccanismi genetici che regolano i contributi dell’orzo al sapore del whisky – afferma Herb – e di determinare gli elementi ambientali chiave del terroir del whisky, di identificare le variabili organolettiche sia nella produzione che nella lavorazione del malto e di tracciare le influenze del terroir attraverso la maturazione dell’orzo”.

I risultati completi saranno pubblicati alla fine dell’anno e all’inizio del 2021, ma a quanto è dato sapere sembra essere dimostrato il terroir nel Whisky. L’analisi sensoriale avrebbe indicato che il sito di Athy fornisce aromi di frutta e malto più elevati rispetto a Bunclody, più ricco di note erbacee e minerali.

IL WHISKY “SINGLE FARM”

Il desiderio di Waterford Distillery è quello di portare sul mercato, qualora gli studi fossero definitivamente confermati, il Whisky “Single Farm”. Whisky provenienti da una sola “farm”, con un approccio in qualche modo simile a quello dei vini “singolo vigneto”, un lavoro molto complesso che necessita di un’infrastruttura notevole.

Si consideri ad esempio il lavoro che Waterford sta portando avanti con 97 agricoltori, compresi alcuni che coltivano in modo biologico o biodinamico. Ogni raccolto viene immagazzinato separatamente e ogni singolo whisky di origine agricola (circa 120 tonnellate per raccolto) impiega una settimana per fermentare e un’altra per eseguire una distillazione volutamente bassa e lenta.

Non solo. Dallo studio sembrerebbe emergere anche un impatto legato all’annata. “Questi sentori – afferma Herb – che spaziano dal fruttato, al floreale, al maltato, al terroso ed all’erbaceo, variavano negli anni per ogni tipologia di suolo. Questo indica un effetto ‘vintage’ in relazione ai cambiamenti metereologici e dei nutrienti del terreno di anno in anno”.

NUOVE PROSPETTIVE PER IL WHISKY?
Tipologia di Orzo utilizzata, zona di produzione e annata di raccolta. Nuove variabili che, se confermate, potrebbero cambiare lo scenario mondiale, già di per sé complesso, della produzione e consumo di Whisky. Storicamente l’orzo è sempre stato selezionato solo in base al rendimento e alla neutralità del sapore.

La produzione commerciale è tipicamente realizzata su larga scala e su un’ampia gamma di ambienti, per cui le varietà contemporanee devono avere prestazioni costanti e accomunabili per garantire costanza qualitativa. L’idea del terroir va a colpire il sistema industriale alla base.

Stiamo semplicemente grattando la superficie – conclude Herb – ma questo studio evidenzia l’importanza del terroir, se scegli di cercarlo. C’è molto da scoprire sfruttando la variabilità di sapore nel terroir, non ultima la diversificazione dei prodotti che apre opportunità alle micro distillerie per sviluppare mercati di nicchia“.

“Inoltre, ricalibrando la discussione sul whisky in linea con il vino e molti cibi raffinati, l’industria può attrarre una nuova generazione di consumatori”, conclude il motivatissimo Herb. La partita è solo al calcio d’inizio.

Categorie
Spirits

All’asta la più vasta collezione privata di Whisky al mondo

La “Pat’s Whisk(e)y Collection“, la più vasta collezione privata di Whisky al mondo, è in vendita. Oltre 9.000 bottiglie e 2.000 mignon provenienti da oltre 150 distillerie di Scotch e Bourbon, ma anche da Giappone, Europa ed Asia per un valore stimato di circa 5 milioni di Dollari.

La collezione, che stupisce per la sua completezza e valore culturale più ancora che per quello economico, è stata costruita da “Pat”, pseudonimo dietro cui si cela l’anonimo collezionista, in oltre 15 anni di viaggi alla scoperta delle varie distillerie.

Ho sempre combattuto lo snobismo del whisky – ha dichiarato Pat – Si può trovare del buon whisky letteralmente ovunque ed a qualunque prezzo. È in questo che sta la sua bellezza. Sarà improbabile riuscire a replicare una tale collezione poiché molte bottiglie non saranno mai più, o almeno raramente, disponibili”.

L’asta, composta da diversi lotti che si susseguiranno da fine settembre fino giugno 2021, è gestita da Whisky Auctioneer, importante piattaforma on line dedicata alla vendita ed aste di Whisky rari.

Le aste sono un’opportunità unica per gli amanti del whisky per iniziare o completare una collezione – dice Iain McClune, fondatore di Whisky Auctioneer –  per me è questa accessibilità che distingue la Pat’s Whisk(e)y Collection da tutte le altre. È una collezione per tutti, accessibile a tutti, che va contro lo stereotipo del whisky come una bevuta solo per intenditori ed esperti”.

E pensare che a Pat, a suo dire, neppure piaceva il Whisky per poi scoprirsi appassionato ed iniziare la collezione dalla prima bottiglia di Douglas Laing Old and Rare Platinum Selection.

Categorie
Spirits

La Whisky Bible rimossa dalla vendita dopo le accuse di sessismo a Jim Murray

Brutto contraccolpo per Jim Murray e la sua Whisky Bible dopo le critiche mosse sui social dall’esperta di Whisky Becky Paskin. The Whisky Exchange, uno dei più importanti e-shop mondiali dedicati agli Spirits, ha rimosso la Whisky Bible dal suo Book Store e dagli scaffali dei suoi tre punti vendita londinesi, bloccandone di fatto la vendita.

Riteniamo che i commenti fatti nel libro non si adattino alla nostra visione del mondo del Whisky – ha commentato Sukhinder Singh, co-fondatore di The Whisky Exchange – è nostra opinione che il Whisky sia un prodotto inclusivo, che può essere apprezzato da tutti ed il linguaggio usato nelle ‘note di degustazione’ della Whisky Bible è in contrasto con questa filosofia aziendale”.

Anche Irish Whiskey Magazine, importatore irlandese del libro, ha annunciato che cesserà la distribuzione della Whisky Bible poiché ritiene “la natura e il tono di alcuni contenuti completamente inappropriati”.

Stessa opinione anche per la Scotch Whisky Association, che attraverso la voce dell’Amministratore Delegato Karen Betts evidenzia come la fama del Whisky Scozzese non sia legata solo alla sua qualità “ma anche nostro rispetto per le diversità”.

LE REAZIONI DELLE DISTILLERIE
Non sono tardate ad arrivare le reazioni di molti produttori, primo fra tutti il colosso giapponese Bean Suntory il cui Alberta Premium Cask Strength rye whisky è stato premiato dalla Whisky Bible come World Whisky of the Year 2021.

“Sebbene onorati del riconoscimento siamo estremamente delusi dal linguaggio usato nelle recensioni di molti prodotti”, ha dichiarato Beam Suntory, sottolineando come il testo completo della guida non fosse disponibile prima dell’annuncio del premo ed aggiungendo di aver interrotto tutte le attività promozionali legate a Whisky Bible e che “non supporteremo più il ‘World Whisky of the Year'”.

Dello stesso avviso anche Irish Distillers, distilleria del gruppo Pernod Ricard e proprietaria di Jameson, anch’essa premiata da Murray come Irish Whiskey of the Year per il suo imbottigliamento Midleton Barry Crockett Legacy.

Crediamo fermamente che non ci sia spazio per il sessismo nell’industria del whisky – dichiara Irish Distilles – Per il futuro esamineremo le persone con cui lavoriamo per assicurarci di impegnarci solo con coloro che condividono i nostri valori”.

A queste dichiarazioni hanno fatto eco altri produttori. Bacardi (Aberfeldy e Dewars) ha affermato “Non c’è posto per un linguaggio sessista e oggettivante nell’industria del whisky”. Inoltre tanto il big Diageo (Johnnie Walker, J&B, Lagavulin, Talisker e molti altri) quanto realtà minori come William Grant & Sons, Thompson Bros o l’irlandese Dingle hanno preso le distanze dalla Whisky Bible.

Interpellato dal Times, Murray ha nuovamente difeso il proprio operato ribadendo come i commenti della Paskin siano “un attacco alla libertà di pensiero e di parola” e specificando come “il whisky ha a che fare con la sensualità, dunque per alcuni whisky potrei riferirmi al sesso perché è quel che mi ricordano. Se è così, lo dico”.

Se sto sconvolgendo gli allarmisti, gli intolleranti, i privi di senso dell’umorismo, i pomposi e gli snob del whisky, beh non perderò il sonno per questo – ha aggiunto, concludendo che – Se le persone non riescono a reggere questo linguaggio, allora che non si comprino la Whisky Bible”.

Categorie
news news ed eventi Spirits

Whisky Bible 2021 sotto attacco: recensioni sessiste o libertà di espressione?

Whisky Bible 2021 è stata criticata dall’esperta di Whisky Becky Paskin per le sue recensioni giudicate “sessiste e volgari“, tanto da indurre “a considerare le donne come oggetti”. Pubblicata annualmente da Jim Murray dal 2003, Whisky Bible raccoglie le note di degustazione del celebre esperto su circa 4.500 etichette.

Un volume divenuto, negli anni, uno dei testi di riferimento del settore. Non senza polemiche, come dimostrano le bordate arrivate a pochi giorni dall’immissione in commercio della guida, sugli scaffali delle migliori librerie.

La Paskin, fondatrice con Georgie Bell di Our Whisky nel 2018, ha apertamente attaccato la “Bibbia del Whisky” in una serie di post sui social network, sostenendo che “le aziende dovrebbero smettere di festeggiare per esser state premiate fra i 50 migliori Whisky “da Murray.

Perché l’industria del Whisky tiene ancora così in grande considerazione la Whisky Bible di Jim Murray quando le sue recensioni sono così sessiste e volgari?”, chiede la Paskin, sottolineando come nella guida “ci sono 34 riferimenti al whisky come ‘sexy’ e molti altri paragoni spinti fra il bere whisky ed i rapporti sessuali con donne”.

Fra le recensioni sotto accusa, quelle di due prodotti della distilleria Penderyn, realtà Gallese guidata da un team tutto al femminile. Murray scrive di Penderyn Celt: “Se fosse una donna, vorrei fare l’amore con lei ogni notte. E la mattina. E al pomeriggio, se potessi trovare il tempo… e l’energia…”, mentre sulla descrizione di Penderyn Single Cask si legge “questo whisky esalta le note maltate come un sessuomane che si diverte in un trio”.

O ancora la recensione di Canadian Club Chronicles, Water of Windsor, che recita: “Mi sono già divertito così tanto con una sexy canadese di 41 anni? Ebbene sì, l’ho fatto. Ma son passati alcuni anni e non era un whisky. Fu migliore quel divertimento? Probabilmente no”.

Si è lavorato duramente – conclude Becky Paskin – per cambiare la reputazione del Whisky come ‘bevanda da uomo’, ma condonare, persino celebrare, un libro che contiene un linguaggio simile cancella gran parte di quel progresso.

Alle donne che lavorano nel settore viene ancora chiesto se gradiscono anche il whisky. Ambasciatrici e produttrici, spesso devono sopportare commenti maliziosi durante le degustazioni e i festival di whisky. Questo. Deve. Finire”.

I post hanno avuto per lo più riscontri positivi, in particolare da parte di Felipe Schrieberg, collaboratore di Forbes, che ha esortato i lettori a boicottare la Whisky Bible 2021.

LA REPLICA DI JIM MURRAY
Murray ha rapidamente risposto alle accuse sostenendo che si tratta di un “attacco alla libertà di pensiero“.

Non è una questione di presunto sessismo – si legge nella dichiarazione – relativamente alle accuse palesemente inventate contro di me per scopi molto chiari. Questo è un attacco all’essenza stessa di ciò che significa essere un critico in qualsiasi ambito, sia esso musica, arte, sport, vino o whisky. In altre parole: un attacco alla libertà di pensiero e di parola“.

Murray difende il proprio operato sostenendo di “non essere sessista” né di aver “mai scritto in modo sessista sulla sua guida”. Si definisce “spaventato da come il dibattito si sia convertito in una battaglia fra la libertà di parola ed il puritanesimo privo di ironia” e da come “venga interpretato come ‘sessista’ il paragone fra un Whisky ed un orgasmo”.

Che io sappia – prosegue Murray – maschi, femmine e persone transgender, tutti provano un orgasmo. Sono uno scrittore professionista e utilizzo un linguaggio a cui possono relazionarsi gli adulti, poiché la Whisky Bible è scritta per gli adulti. Dipingo immagini di un whisky e se un orgasmo è l’immagine o la sensazione che si forma nella mia mente, allora lo dico. Ed ho tutto il diritto di farlo“.

Murray non si risparmia e accusa i suoi detrattori, colpevoli di non pubblicare contenuti interessanti e costruttivi che possano contribuire a diffondere la cultura del Whisky nel mondo. Puntando invece alle “facili critiche”, al solo scopo di screditarlo.

“Piuttosto che scrivere articoli interessanti, ingegnosi ed avvincenti sul whisky, altri scrittori preferiscono impegnarsi nella ‘cultura dell’annullamento‘, per denigrare l’autore di maggior successo al mondo sull’argomento”, conclude Murray.

Aggiungendo che “queste accuse oltraggiose e inventate” non lo faranno “deragliare dal percorso intrapreso”: “La mia difesa del grande whisky continuerà. La mia libertà di parola continuerà”, assicura Murray. Insomma, l’orgasmo è appena iniziato.

Categorie
Birra Spirits

Pubblicità ingannevole: Class Action contro Ab InBev

Lo scorso 11 settembre Tanya Cooper e Joseph Rose, entrambi residenti nello stato di New York, hanno presentato, in rappresentanza di più di 100 membri, una Class Action contro il colosso mondiale della birra Ab InBev per “pubblicità ingannevole” relativamente ai prodotti della linea Ritas.

I querelanti affermano che la gamma Ritas di Ab InBev, che include le versioni Margarita, Mojito, Rosé e Sangria, è stata falsamente pubblicizzata in quanto ci si aspetterebbero che i prodotti contengano rispettivamente tequila, rum e vino, cosa non corrispondente alla realtà. A rafforzare l’errata percezione sulla presenza dell’alcol solitamente associato ai cocktail con lo stesso nome da parte del cliente contribuirebbero le immagini riportate sulla confezione.

Ad esempio, Ritas Margarita presenta sulla lattina il classico calice da Margarita con la crosta di sale sul bordo, mentre Ritas Spritz utilizza l’immagine di bicchieri da vino. Secondo i querelanti a fronte di un’immagine così forte solo “il fondo del pannello della confezione, dove nessun consumatore ragionevole guarderebbe prima dell’acquisto, riporta la dicitura ‘bevanda al malto con aromi naturali e colorata con caramello'”.

Il documento depositato presso la United States District Court rivela inoltre che i membri della Class Action non avrebbero acquistato i prodotti, o si sarebbero comunque aspettati di pagare molto meno, se fossero stati consapevoli della loro vera natura.

Ab InBev per mezzo dei suoi portavoce replica sostenendo che “la famiglia di prodotti Ritas è stata lanciata dal marchio di birra più venduto negli Stati Uniti nel 2012, ed è una linea ben nota di bevande al malto che continua a essere apprezzata dai consumatori per il suo gusto rinfrescante. Crediamo che questa causa sia priva di merito e ci difenderemo contro di essa”.

Vita dura, quindi, per le aziende che fanno leva sui nomi altisonanti dei cocktail, degli spirit o sulla dicitura “vino” per proporre i loro i prodotti, che tali non sono, ad un consumatore sempre più attento e le cui aspettative evidentemente sono più alte di quanto le aziende stesse pensino.

Non si tratta, peraltro, dell’unico guaio legale per Ab InBev. Dopo una sentenza positiva del tribunale distrettuale della California potrebbe infatti finire a processo una controversia per violazione del Copyright. Lo scorso anno il noto marchio di abbigliamento outdoor Patagonia ha accusato il colosso della birra di aver creato un logo “sorprendentemente simile” per sfruttare la grande visibilità e fama di Patagonia.

Categorie
Spirits

Tequila Corralejo: finalmente in Italia grazie a Coca-Cola e Compagnia dei Caraibi

Tequila Corralejo arriva sul mercato italiano grazie ad una partnership per la distribuzione fra Coca-Cola Hbc Italia e Compagnia dei Caraibi. “Tequila Corralejo è un’agave dalle caratteristiche uniche, che abbina una altissima qualità a una storia di oltre due secoli. Siamo convinti che la collaborazione con Coca-Cola Hbc Italia possa rappresentare un’importante opportunità di crescita per questo brand in Italia”, ha dichiarato Fabio Torretta, Direttore Generale di Compagnia dei Caraibi.

Per Compagnia dei Caraibi – prosegue – questa partnership è un’ulteriore conferma del virtuoso percorso intrapreso dall’azienda negli ultimi anni, caratterizzato da uno scouting attento a individuare i migliori prodotti premium da tutto il mondo e dalla ricerca di interlocutori di assoluta eccellenza, come Coca-Cola Hbc Italia, che possano portare risultati significativi e valore al nostro lavoro, oltre ad aprire nuove opportunità in questo mercato”.

La storia della distilleria Corralejo inizia nel 1996. Una gamma di Tequila capace sin dagli albori di imporsi sul mercato per la qualità dei suoi prodotti, realizzati con la varietà di Agave Weber Blu 100%, la tipologia più preziosa di fatta crescere circondata da alberi di limoni, prodotto in Messico nel Guanajuato.

“L’ingresso di questo eccellente prodotto nel portafoglio spirits di Coca-Cola Hbc Italia – sottolinea Maria Antonella Desiderio, Premium Horeca & Spirits BU Director di Coca-Cola Hbc Italia – segna un ulteriore step nel percorso iniziato nel primo trimestre 2018 che ci vede protagonisti nella distribuzione nel mondo degli spirits. Inoltre, testimonia l’impegno dell’azienda nell’essere sempre di più un 24/7 Total Beverage Partner, capace di offrire il prodotto giusto ai nostri clienti per ogni momento della giornata”.

In Italia Tequila Corralejo verrà distribuita sul mercato domestico nelle tre diverse referenze: Corralejo Blanco, Corralejo Reposado e Corralejo Añejo.

Categorie
Spirits

Valentina Gin, sensuale connubio fra arte grafica e distillazione

Valentina, l’intrigante fotografa-reporter nata dalla matita del Maestro Guido Crepax, torna a sedurre ammiccando dalle etichette di Valentina Gin. L’idea è di Strip and Spirit, linea di super alcolici premium ispirati ai fumetti d’autore nata dalla collaborazione fra Seci1981, società di comunicazione integrata, e la galleria d’arte milanese Nuages.

Tre le tipologie di Gin disponibili al momento: Valentina Milano Gin nr.1, Valentina Milano Dry Gin e Valentina Gin Extra 4 Tonic. Ma se le sensuali immagini di Valentina ed il design delle bottiglie riportano la mente agli anni ’60 e ’70 la scelta delle botaniche fatta dal Gin Master Alessandro Carlassare è assolutamente moderna.

Ci sono voluti 12 mesi per conoscere i lati nascosti del carattere di Valentina – dichiara Carlassare – Se sulla tipologia di bacche al Ginepro non avevo alcun dubbio, la vera sfida era quella di trovare delle botaniche che fossero al tempo stesso originali e fuori dagli schemi. Individuate le botaniche e affinare ricette ecco il risultato: tre gin che davano vita all’anima di Valentina in tutto e per tutto”.

Biancospino, Alloro e Quercia i tre ingredienti portanti. Ingredienti che riconducono proprio alla storia di Valentina. Il Biancospino simbolo del Natale, il giorno cui nasce Valentina Rosselli,uno dei pochi personaggi della storia del fumetto italiano di cui si conosce perfino la carta d’identità, nel 1942 a Milano.

E sono proprio Alloro e Quercia, i due rami che adornano lo stemma della città di Milano, a completare le botaniche. Un omaggio alla città nella quale sono ambientate le trasgressive avventure di Valentina. Nei prossimi mesi il programma Strip and Spirit prevede l’allargamento del portafoglio a Rhum, Vodka, Tequila e Whisky.

Categorie
Spirits

Bar World 100 2020: ben sei italiani fra le personalità più influenti del settore

Nell’elenco delle 100 personalità più influenti del bartending nel 2020 non sfigura l’Italia. Sono ben sei i nostri connazionali rappresentati nella “Bar World 100 2020 – The Industry Most Influential’s Figures” stilata da Drinks International.

Simone Caporale, consulente freelance, al 16° posto (primo fra gli italiani), Agostino Perrone del Connaught di Londra (28°), Mario Farulla del Chapter di Roma (55°), Diego Ferrari, Brand Ambassador Matusalem (83°), Giacomo Giannotti del Paradiso di Barcellona al (91°) e Dario Comini del Nottingham Forest di Milano (94°) posto tengono alto il tricolore nella classifica guidata al primo posto da Monica Berg del Tayer+Elementary di Londra.

In tempi difficili emergono nuovi leader, ispirando chi li circonda. Bar World 100 è un’istantanea del settore nel 2020: le figure chiave, i loro contributi e i risultati nell’ultimo anno”, dichiara Hamish Smith, ideatore della guida, quasi a voler prendere le distanze dal concetto di ‘influencer’ per come ce lo propone il web, riconoscendo invece il talento dei “pionieri di nuove idee e dei modi di lavorare”.

Una classifica che premia “coloro che in qualche modo sono riusciti a risplendere attraverso i problemi che ci stanno affrontando (a causa della pandemia) o la tristezza della nuova realtà dell’industria bar durante movimenti sociali pervasivi e potenti”.

Categorie
Spirits

Firenze capitale della Mixology con la Florence Cocktail Week 2020

Rimandata, ma non annullata. La quinta edizione della Florence Cocktail Week si terrà a Firenze dal 21 al 27 settembre dopo la sua sospensione la scorsa primavera. Possono quindi tirare un sospiro di sollievo gli amanti della mixolgy che, forse, avevano temuto il peggio dopo il recente annullamento del Roma Bar Show 2020.

Per una settimana Firenze sarà la capitale della miscelazione con incontri, masterclass e night shift con ospiti illustri italiani ed internazionali, momenti di approfondimento ed eventi per professionisti e spirits lovers grazie alla kermesse organizzata da Paola Mencarelli e dal suo team.

Sono 40 i locali che parteciperanno alla Florence Cocktail Week 2020, suddivisi nelle tre categorie “Bar d’hotel”, “Cocktail bar” e “High Volume Bar”. Il festival sarà aperto a tutti, ma consigliata la prenotazione presso il locale stesso dell’evento a causa del numero chiuso necessario per il rispetto delle normative di sicurezza anti Covid-19.

Non solo Firenze protagonista della miscelazione. La settimana antecedente la Florence Cocktail Week, dal 14 al 20 settembre, si terrà infatti la Tuscany Cocktail Week. Versione “diffusa” dell’evento che vede coinvolti 70 locali nelle 10 province toscane.

Categorie
Spirits

VE.N.TO: per la prima volta nella storia un cocktail a base grappa entra nella lista Iba

Per la prima volta nella storia della cocktail list dell’Iba, l’International Bartenders Association, entra un drink con base grappa. Si chiama VE.N.TO, quasi a simboleggiare la ventata di novità dai vertici dell’Iba, associazione con 60 mila bartender iscritti al mondo, dove siede l’italiano Giorgio Fadda, ex presidente Aibes.

Una rivincita per il più italiano e rappresentativo dei distillati verso chi non lo considerava adatto alla miscelazione.  VE.N.TO nasce dal lavoro Samuele Ambrosi, responsabile dell’area miscelazione di GrappaRevolution, e Leonardo Veronesi, bartender del Rivabar di Riva del Garda.

VE.N.TO non vuole essere il drink base grappa per eccellenza – dichiara Samuele Ambrosi – ma l’emblema della miscelabilità della grappa e della sua versatilità. Un drink semplice, come da standard Iba, ma che racchiude in se un significato più ampio. L’inizio di una era di miscelazione tutta da esplorare, ricca di sperimentazione, che vedrà la grappa sempre più protagonista”.

La nuova cocktail list Iba, la sesta dalla sua nascita nel 1961, contiene 92 drink, 15 in più rispetto all’ultima edizione risalente al 2011. I drink sono raccolti in tre categorie. VE.N.TO rientra nei New Era Drinks, la categoria nella quale Iba legge ed interpreta i trend in voga a livello mondiale.

Credo che VE.N.TO rappresenti una pietra miliare nella storia della grappa. I produttori hanno fatto passi da gigante negli ultimi decenni – commenta Leonardo Pinto, fondatore di GrappaRevolution – affinando le tecniche di produzione ed ampliando le competenze. Eleganza, territorialità e piacevolezza sono oggi le parole d’ordine di questo distillato. La grappa è ad oggi un distillato versatile, giovane e ricco di sfaccettature, pronto a competere sia nel balloon che nella miscelazione con i grandi distillati mondiali”.

VE.N.TO
45 ml di Grappa bianca morbida
22.5 ml di Succo fresco di limone
15 ml di Honey mix (l’acqua può essere sostituita da infuso di camomilla)
15 ml di cordiale alla camomilla
10ml di bianco d’uovo (facoltativo)

Tecnica Shake&Strain. Mettere tutti gli ingredienti nello shaker con ghiaccio ed agitare con forza. Filtrare e servive in un bicchiere tumbler precedentemente raffreddato e colmato di ghiaccio.

Garnish: scorza di limone ed acini di una bianca.

Categorie
Spirits

The Gin Day diventa The Gin Week

Non si terrà l’edizione 2020 di TheGINday, manifestazione milanese dedicata al Gin, al Genever ed ai loro Botanicals. A sostituirlo sarà, dal 10 al 14 settembre, TheGINweek versione itinerante della kermesse. La decisione di cambiare il format, nato nel 2012 all’inizio della “Gin Era“, è la diretta conseguenza dell’emergenza sanitaria.

A metà luglio il numero dei contagi era sceso quasi a zero, così avevamo preso coraggio nel confermare l’evento. Ad oggi le prospettive sono nuovamente cambiate. – dichiarano gli organizzatori, spiegando come – theGINweek sarà un circuito di cocktail bar che, in tutta tranquillità, porterà a far conoscere i prodotti che le aziende presenteranno, con produttori ed esperti presenti, offrendo come sempre un’esperienza unica”.

I brand saranno quindi presenti nei migliori locali di Milano da giovedì 10 a lunedì 14 settembre con assaggi, degustazioni e drink.

Categorie
Spirits

AssoDistil realizza il primo Rapporto di Sostenibilità della distillazione

AssoDistil ha promosso, assieme ad 11 aziende leader del settore e con il coordinamento di LifeGate, società considerata punto di riferimento della sostenibilità, la realizzazione del Primo Rapporto di Sostenibilità del settore distillatorio raccogliendo i dati sociali, ambientali ed economici delle aziende coinvolte.

Il settore distillatorio rappresenta un evidente esempio di economia sostenibile e circolare. Da sempre infatti la distillazione valorizza materie prime che altrimenti sarebbero gestite come scarti da altri settori, generando nel contempo una molteplicità di prodotti di indubbio valore e minimizzando, quasi azzerando, la produzione di scarti.

Basti pensare alla valorizzazione delle vinacce provenienti dalla filiera vitivinicola per produrre nobili distillati come la Ig Grappa ed alla contemporanea produzione di fertilizzanti ed ammendanti rinnovabili e sostenibili oltre che di energia verde.

Il Rapporto sarà finalizzato entro fine anno e presentato nell’ambito di un evento sulla sostenibilità che AssoDistil organizzerà nei prossimi mesi, e costituisce il primo passo verso la realizzazione di un Rapporto che veda coinvolte tutte le imprese del settore.

Le 11 aziende partecipanti sono: Distilleria G. Bertagnolli srl, Distilleria Bertolino spa, Bonollo spa, Bonollo Umberto spa, Bottega spa, Distilleria Deta srl, D’Auria Distillerie & Energia spa, Distilleria Fratelli Francoli spa, Ima srl, Marzadro spa, Distillerie Mazzari spa.

Categorie
Spirits

Cancellato il Roma Bar Show 2020

Cancellato il Roma Bar Show 2020. Un’altra vittima eccellente dell’emergenza sanitaria, nonostante il cauto ottimismo che ormai circola nel mondo dell’enogastronomia, con la conferma di svariati Beer Festival e di eventi legati al vino. Le misure di distanziamento e prevenzione imposte hanno spinto ad annullare la manifestazione. Non sarà quindi possibile replicare il successo, seppur velato da qualche polemica, della prima edizione.

L’amara decisione di rimandare il Roma Bar Show a settembre 2021 è stata presa a seguito delle sopraggiunte condizioni operative e misure di prevenzione imposte dall’evoluzione del Covid-19 le quali non ci permettono di avere la certezza che potremmo essere in grado di produrre la manifestazione come pensato. Ci è chiesta e ci vorrà ancora tanta pazienza. Ready to be shaken in 2021!“, dichiarano gli organizzatori.

Sono in corso in questi giorni le procedure automatiche di rimborso dei biglietti acquistati, peraltro quasi sold out. “Per tutti coloro che ci hanno dato estrema fiducia acquistando centinaia di biglietti a poche ore dall’uscita online, abbiamo previsto un pensiero per l’edizione 2021 che verrà comunicato via e-mail”.

Categorie
Spirits

Diageo compra il Gin di Ryan Reynolds

Il gigante britannico degli alcolici Diageo ha annunciato l’acquisto di Aviation American Gin attraverso l’acquisizione di Aviation Gin Llc e Davos Brands Llc per 610 milioni di dollari.

L’accordo prevede il pagamento di una prima tranche da 335 milioni di dollari, mentre i restanti 275 milioni saranno legati alla performance della società nei prossimi dieci anni. Diageo finazierà l’operazione con fondi propri e l’acquisizione dovrebbe concludersi prima della fine dell’anno.

Con l’accordo Diageo acquisisce anche gli altri marchi del portafoglio di Davos Brands composto da Astral Tequila, Sombra Mezcal e Tyku Sake.

Siamo lieti di annunciare questa transazione – ha dichiarato Ivan Menezes, Chief Executive di Diageo – che sostiene la nostra presenza nel segmento del gin super premium negli Stati Uniti. L’acquisizione di Aviation American Gin e del portfoglio di Davos Brands è in linea con la nostra strategia di acquisizione di marchi premium ad alta crescita con alti margini”.

Aviation American Gin è il secondo marchio per volumi e uno dei marchi in più rapida crescita nel segmento dei gin super premium negli Stati Uniti. Nel 2019 ha registrato una crescita dei volumi di oltre il 100% contribuendo per il 40% alla crescita del segmento degli alcolici a più rapida espansione negli Stati Uniti, con un tasso di crescita annuo composto del 18,5% tra il 2014 e il 2019, secondo i dati Iwsr.

Tra i principali azionisti di Aviation American Gin c’è l’attore canadese Ryan Reynolds, noto per avere interpretato il supereroe Deadpool e per essere stato eletto “Uomo più sexy del 2010”, che aveva acquistato una quota minoritaria del brand nel 2018 e che dovrebbe mantenere un ruolo all’interno di Aviation Gin.

Diageo non è nuova alle acquisizioni di brand di proprietà di star americane. Nel 2017 aveva comprato per un miliardo di dollari Casamigos, brand di tequila che aveva tra i fondatori George Clooney. Precedentemente, nel 2014, aveva acquistato la DeLeón tequila in una joint venture con il cantante Puff Daddy. Mantiene inoltre una collaborazione con David Beckham per il suo Haig Club whisky.

Categorie
Birra Spirits

Revive Gin: lo Spirit ottenuto dalla birra invenduta causa covid

Trasformare la birra invenduta in Gin. Dopo il caso di “Smells Like Brussels Spirit” è il Giappone a cimentarsi con la distillazione di recupero dove tre aziende del beverage si sono messe insieme per trasformare la birra sprecata in Gin. È nato così Revive Gin, cui parte ricavato sarà devoluto ad artisti e operatori del settore culturale e dell’intrattenimento locale, che ha affrontato una crisi senza precedenti a causa dell’impatto della pandemia.

ABInBev Japan, filiale nipponica del più grande produttore di birra al mondo, ha offerto 20 mila litri di birra in eccesso come ingrediente base, Gekkeikan Sake Company ha supervisionato il processo di distillazione mentre The Ethical Spirits & Co, una distilleria che ha un focus preciso sulla sostenibilità dell’industria del beverage, si occuperà della distribuzione.

Nel paese del Sol Levante la birra ha conosciuto una grave crisi dovuta al il Covid-19. Le vendite dal mese di aprile sono diminuite del 52,1% in volume rispetto allo stesso periodo del 2019. Da qui l’idea di convertire gli esuberi in gin.

Per la produzione la birra viene messa in infusione con legno di faggio giapponese prima che inizi la distillazione vera e propria e poi aromatizzata con botaniche tra cui bacche di ginepro, luppolo e scorza di limone. Ne risulta un gin dal sapore leggero ed elegante con note saporite e speziate.

Revive Gin è gia ordinabile nello shop online ufficiale di Ethical Spirits e sarà ufficialmente in commercio dall’1 settembre al prezzo di 5500 yen (circa 43 euro) per la bottiglia da 360ml.

Categorie
Spirits

Due ori per Grappa Castagner al Meininger’s International Spirits Award

Distilleria Castagner si aggiudica due medaglie d’oro alla diciassettesima edizione del Meininger’’s International Spirits Award per la grappa Fuoriclasse Leon Riserva 3 Anni e la grappa Grandi Cuvée Prosecco.

La Grappa è vocazione, passione e cultura – sottolinea soddisfatto Roberto Castagner – non è un semplice prodotto ma un simbolo del Made in Italy, della nostra storia e dei nostri valori. Vedere premiata la mia azienda la cui qualità è stata riconosciuta anche dall’Isw award è quindi un grande motivo d’orgoglio, perché premia tutto il lavoro fatto per la valorizzazione del distillato italiano per eccellenza”.

In un 2020 difficile per l’intero settore Roberto Castagner ringrazia il suo team e suoi collaboratori, che anche in momenti così impegnativi hanno saputo realizzare prodotti innovativi di qualità. “Senza il prezioso contributo dei miei collaboratori – dichiara – ricevere questi riconoscimenti non sarebbe stato possibile, condivido con loro questi premi e desidero ringraziarli per l’impegno e la passione che hanno dimostrato anche durante questi mesi difficili per tutti”.

La giuria di degustazione del Concorso Internazionale dei Distillati e dei Liquori, istituito nel 2004 da Meininger, effettua valutazioni su esame visivo, olfattivo, gustativo ed armonia allo scopo di premiare l’alta qualità dei distillati e dare nuovi impulsi al settore.

Categorie
Spirits

Bruno Pilzer è il nuovo presidente dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino

Bruno Pilzer è stato eletto all’unanimità alla presidenza dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino. Classe 1959 originario di Faver in Val di Cembra dove collabora nella distilleria di famiglia fondata nel 1957, tra i decani del settore e già vicepresidente dei precedenti Consigli dell’Istituto Pilzer rappresenta una delle tradizioni distillatorie tra le più storiche del Trentino e d’Italia.

Già da tanti anni lavora con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige per diversi anni come analista, poi nella gestione della distilleria della Fondazione e recentemente anche come docente nel corso di Alta Formazione. Tra le attività anche quella di giudice per 9 volte in concorsi internazionali.

Un incarico che mi onora e al contempo mi investe di una grande responsabilità nel rappresentare non solo uno dei marchi del settore più conosciuti in Italia e nel mondo, ma soprattutto i tanti colleghi con i quali spero di poter condividere gli obiettivi di questo mandato – spiega Pilzer – devo ringraziare il presidente uscente, Mirko Scarabello con il quale in questi tre anni abbiamo intrapreso un nuovo percorso di promozione e di valorizzazione della grappa del Trentino, non sarà facile rimanere alla sua altezza”.

“Abbiamo un prodotto che rappresenta un fiore all’occhiello nel panorama internazionale dei distillati, da qui dobbiamo ripartire per raccontare la storia centenaria che ci ha portato a dove siamo oggi”.

Alla vicepresidenza ci sarà il giovane Alessandro Marzadro, alla terza generazione della distilleria omonima. Territorio, tutela, qualità, sono solo alcune delle parole chiave che il nuovo presidente dell’Istituto utilizza per parlare del prossimo futuro dell’Istituto.

Dalla promozione alla tutela, passando per la formazione: le prossime sfide dell’Istituto di Tutela Grappa del Trentino. “Il nostro obiettivo è quello di guardare sempre al futuro, senza perdere la tradizione, ma con grande attenzione all’innovazione. Vogliamo allo stesso tempo dialogare con il consumatore di oggi e di domani – continua Bruno Pilzer – per farlo avremo sicuramente bisogno di puntare su un concetto di promozione più dinamico e con un contatto diretto con l’appassionato”.

A questo proposito risulta importante il lavoro svolto in questi anni dal “sistema Trentino“, grazie anche all’attività di Trentino Marketing, volto a valorizzare soprattutto la promozione integrata del territorio, passando proprio dai prodotti di eccellenza come la grappa.

“L’idea è quella di diventare un modello di grappa turismo, così come da sempre esiste nel vino – dice ancora Pilzer – il tutto sfruttando da un lato il know how di tante distillerie che già da anni lo stanno facendo, con l’obiettivo di creare un percorso emozionale alla scoperta della grappa trentina che a differenza di altri distillati internazionali può contare su storie di persone e di territori tutte diverse tra di loro”.

La formazione, l’altro aspetto fondamentale per il miglioramento continuo della qualità “Partiamo da una base ottima che è rappresentata dalla Fondazione Mach che dobbiamo ringraziare perché in questi anni ha cambiato l’approccio didattico anche nei confronti della grappa e dei distillati – dice ancora il neo presidente – per poi avere un confronto continuo tra noi soci distillatori al fine di garantire agli appassionati del nostro prodotto quella continuità e quella eccellenza che da sempre ci ha permesso di fare la differenza”.

Oltre al presidente Bruno Pilzer e al Vicepresidente Alessandro Marzadro, compongono il CdA dell’Istituto gli altri consiglieri Rudy Zeni (Distilleria Zeni), Bernardino Poli (Casimiro), Carlo Pezzi (Pezzi), Giuliano Pisoni (Distilleria Pisoni), Luigi Cappelletti (Cappelletti Nova Salus), Fabio Andreis (Distillerie Trentine), Franco Bertagnolli (Bertagnolli).

Categorie
Spirits

31 luglio: il mondo del Rum festeggia il “Black Tot Day”

Il 31 luglio 1970 alle ore 11.00, dopo 6 rintocchi di campana, venne dato l’ultimo “Up Spirits” sulle navi della Royal Navy. Si chiudeva un’era ed una tradizione. Per l’ultima volta ai marinai della Reale Marina Britannica veniva servita la razione giornaliera, il “tot“, di Rum.

Leggenda vuole che i marinai, per celebrare la fine di quel rito secolare, si presentarono con una fascia nera al braccio in segno di lutto. Nasceva così il mito del “Black Tot Day“.

La pratica di servire Rum sulle navi fu introdotta nel 1655 e regolamentata per la prima volta dall’ammiraglio Edward “Old Grog” Vernon il 21 agosto 1740. E proprio il “Grog” è ricordato come uno dei primi drink della storia a base Rum. Ecco quindi quattro proposte, fra tradizione e modernità, per celebrare il più estivo degli spirit.

DAIQUIRI
4,5 cl di Rum bianco
1,5 cl di succo di lime fresco
1 bar spoon di zucchero di canna
Shakerare e servire in una coppa precedentemente refrigerata

Il più leggendario dei drink non può mancare per questa occasione. Un racconto mai confermato vuole la sua nascita a Cuba nel lontano 1896 quando due ingegneri, un americano ed un inglese, mescolarono i soli ingredienti a disposizione per godersi un po’ di riposo dopo il lavoro.

Reso immortale da Hemingway – “El mi daiquiri en El Florida” – è, nella sua semplicità, una bevuta fresca e diretta, dissetante e verticale. Pericolosamente beverino è in grado di soddisfare ogni palato.

CUBA LIBRE
3,0 cl di Ron bianco (meglio se cubano)
Succo di mezzo lime fresco
Top cola
In un bicchiere highball pieno di ghiaccio mettere il rum ed il succo di lime e colmare con la cola

Considerato il “drink rivoluzionario” la sua storia è in realtà incerta. L’ipotesi più accreditata vuole la sua nascita fra il 1900 ed il 1902 a L’Avana quando, durante la guerra ispano-americana, i soldati erano soliti mescolare al rum la cola importata dagli Stati Uniti, alleati dei cubani.

Spesso confuso con il Run&Cola è uno dei long drink più famosi. Più leggero e facile da preparare di un Mojito regala una bevuta agile dove i toni talvolta duri del rum bianco sono moderati dalla morbida dolcezza della cola, resa non stucchevole dall’acidità del lime.

GAGA
4,0 cl di Campari Bitter
3,0 cl di Vermouth bianco
2,0 cl di Rum scuro
Versare gli ingredienti nel mixing glass con ghiaccio e mescolare – tecnica Stir&Strain – e versare, filtrando, in una coppa precedentemente refrigerata o in bicchiere Old Fashioned con ghiaccio.

Versione moderna e rivisitata in chiave rum del Boulevardier. Un drink elegante e completo che alterna le dolcezze del rum e del vermouth bianco alla parte amara e speziata del Campari. Una sorta di twist sul Negroni, spirito del Caraibe con cuore italiano.

GRAMPOPS
6,0 cl di Rum scuro (meglio se giamaicano)
1,0 cl di sciroppo di vaniglia
0,5 cl di sciroppo alle more
2 dash di Angostura Bitter
Mettere gli ingredienti in un bicchiere Old Fashioned colmo di ghiaccio e mescolare

Una recente ricetta che ripercorre il cocktail a base whisky per eccellenza, l’Old Fashioned, declinandolo sul rum. Una creazione che esalta le caratteristiche e la complessità del rum Giamaicano invecchiato senza coprirlo. Vaniglia e more donano freschezza esaltando i terziari dell’invecchiamento mentre l’Angostura sottolinea la complessa aromaticità del rum.

Categorie
Birra Spirits

Smells Like Brussels Spirit: lo spirito di Bruxelles figlio della birra invenduta

“Here we are now, entertain us”, chissà se pensavano ai Nirvana gli artefici di Smells Like Brussels Spirit. Un distillato di birra figlio del nostro tempo.

Quattro birrifici di Bruxelles – Brussels Beer Project, En Stoemelings, La Source e No Science – hanno unito i loro fusti di birra rimasti invenduti a causa del lockdown per farne un distillato. Oltre mille litri di birra fermentata che rischiava di andare perduta. La birra in fusto infatti si conserva ed invecchia meno di quella in bottiglia.

Brussels Distillery si è fatta carico del progetto producendo uno spirit ispirato alla tradizione nordeuropea del Gin. Smells Like Brussels Spirit è infuso di fiori di iris, simbolo della regione di Bruxelles, ma anche con un tocco di pepe di Giava, corteccia di arancia, coriandolo e cardamomo.

Un “eau de bière” da 37,5% di cui sono disponibili solo poco più di 1000 bottiglie, è reperibile presso i quattro birrifici, i relativi online shop, ed una decina di locali della capitale belga.

Categorie
Spirits

Distilleria Nardini: nuova società per l’azienda di Bassano

Nasce Distilleria Nardini S.p.A., fortemente voluta dalla famiglia Nardini e dalla stessa controllata al 100%. Creata per conferimento di ramo d’azienda dalla ditta Bortolo Nardini, dal 1779 la più antica distilleria d’Italia, allo scopo di consolidare e sviluppare ulteriormente la presenza del brand Nardini nel mercato Spirits a livello nazionale e internazionale.

La gestione operativa della Distilleria Nardini è affidata al Direttore Generale Massimo Tonini, già parte del gruppo da metà ottobre, e ad un team strutturato di manager di consolidata esperienza nel settore Wine & Spirits.

Vi era la necessità di focalizzarsi sull’attività caratteristica dell’area Spirit, con una iniezione di managerialità dall’esterno, unita ad una forte propensione allo sviluppo del business sia nel mercato domestico che internazionale”, dichiara l’Amministratore Delegato Michele Viscidi.

L’indirizzo strategico dell’azienda è affidato ad un nuovo consiglio di amministrazione, che vede la presenza di quattro membri della Famiglia affiancati dall’ingresso di Stefano Saccardi, manager proveniente dal Gruppo Campari, con notevole esperienza e storie di successo nell’area Merger & Acquisition.

Nardini si rinnova focalizzandosi sul core business, con l’obiettivo di perseguire una crescita che non pregiudichi l’amore per il territorio e per la qualità, peculiarità che hanno reso distinto il marchio Nardini unico per eccellenza e storicità.

Categorie
Spirits

La Grappa in estate: sì al frigo, no al ghiaccio

La Grappa può essere apprezzata anche d’estate. Già da qualche tempo distillerie ed associazioni suggeriscono le corrette modalità di servizio e consumo per poterne godere a pieno anche nei mesi caldi, o proponendo prodotti ad hoc per il consumo “a freddo”, come nel caso della Grappa Grandi Cru Prosecco Ice di Castagner.

Nell’anomala estate 2020 è la storica Distillerie Bonollo Umberto, di Mestrino (PD), a ricordare due semplici regole per gustare la Grappa nella canicola estiva: sì al frigo, no al ghiaccio.

Definitivamente sdoganato il frigorifero. Ricordando temperature troppo basse alterano negativamente la percezione di profumi e sapori nulla vieta di conservare la Grappa in frigo riportandola nell’ambiente qualche momento prima della degustazione per servirala intorno ai 15-18 gradi.

Altro consiglio per un consumo destagionalizzato è di non aggiungere mai ghiaccio perché l’aggiunta di acqua dovuta alla diluizione rovinerebbe ‘’intensità, i profumi e il gusto del distillato.

Stando ad una recente indagine sul mercato nazionale condotta da Artefice Group e Toluna tra i consumatori di spirits la grappa invecchiata in barrique è apprezzata dal 45% del campione, valore che sale al 67% fra i consumatori più esperti.

Categorie
Spirits

Diageo annuncia la prima bottiglia in carta per Spirits

Diageo ha annunciato oggi di aver creato la prima bottiglia per Spirits al mondo a base di carta e 100% plastic free realizzata interamente con legno proveniente da fonti sostenibili. La bottiglia debutterà all’inizio del 2021 con una release di Johnnie Walker.

Siamo costantemente impegnati – dichiara Ewan Andrew, direttore Sostenibilità di Diageo – a spingere sempre più avanti i confini degli imballaggi sostenibili e questa bottiglia ha il potenziale per essere veramente innovativa. La lanceremo con Johnnie Walker, marchio che ha spesso aperto la strada all’innovazione nel corso dei suoi 200 anni di esistenza”.

Il progetto nasce grazie ad un nuova partnership fra Diageo e Pilot Lite, società di venture capital, per lanciare Pulpex Limited, una nuova azienda leader mondiale nella tecnologia di packaging sostenibile. Per permettere che la nuova tecnologia sia utilizzabile in modo trasversale Pulpex Limited ha istituito un consorzio di aziende di livello mondiale non concorrenti fra loro tra cui Unilever e PepsiCo. Ulteriori partner dovrebbero essere annunciati entro la fine dell’anno.

La bottiglia, prima nel suo genere, è composta da polpa di provenienza sostenibile per soddisfare gli standard di sicurezza alimentare e sarà completamente riciclabile. La tecnologia consentirà alle aziende di ripensare i propri progetti di packaging o di spostare i progetti esistenti sulla nuova tecnologia senza compromettere la qualità del prodotto.

“Crediamo nella lotta ai rifiuti di plastica attraverso l’innovazione e la collaborazione – sottolinea Richard Slater, direttore R&D di Unilever – Dimezzeremo il nostro uso di plastica vergine riducendo l’uso di imballaggi in plastica di oltre 100 mila tonnellate nei prossimi cinque anni. Unire le forze per sviluppare e testare le bottiglie di carta è un passo avanti incredibilmente eccitante e siamo lieti di lavorare insieme per affrontare una delle più grandi sfide ambientali del nostro tempo”.

Il packaging è concepito per contenere una varietà di prodotti liquidi e fa parte dell’impegno di Diageo verso l’obiettivo 12, “Consumo e produzione responsabile” degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite.

Exit mobile version