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degustati da noi vini#02

Alto Adige Doc Valle Isarco Grüner Veltliner 2019 “Aristos”, Eisacktaler Kellerei

Alto Adige Doc Valle Isarco Grüner Veltliner “Aristos” 2019, Eisacktaler Kellerei

È Cantina Valle Isarco, Eisacktaler Kellerei, a regalare con “Aristos” una versione ricca ed elegante del Grüner Veltliner. Vitigno molto diffuso in Austria ma che ha trovato nelle pieghe e nelle sfumature della Valle Isarco il suo territorio d’elezione su suolo italiano.

LA DEGUSTAZIONE

L’Alto Adige Doc Valle Isarco Grüner Veltliner “Aristos” 2019 veste il calice col suo color giallo paglierino. IL naso regala belle note tropicali, soprattutto mango. Grandissimo equilibrio e grandissima freschezza.

Chiusura salina contornata da agrume ed albicocca non matura. Uno dei cosiddetti “vini verticali”, affilati come lame, in grado di mostrare appieno il prezioso terroir della Valle Isarco, in Alto Adige.

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Langhe Doc Nas-Cëtta del Comune di Novello “Pasinot” 2018, Le Strette

Un vitigno bianco autoctono piemontese che, a lungo dimenticato per far posto al più famoso e redditizio Nebbiolo, vive ora di una rinnovata notorietà. La Nas-Cëtta del Comune di Novello, Doc che ha compiuto i 10 anni nel 2020, conta oggi tredici ettari di produzione per un totale di 80 mila bottiglie all’anno suddivise fra 11 produttori.

Fra essi il “cru” Pasinot, una collina calcarea a sud del comune di Novello, appena fuori dalla zona di produzione del Barolo. È da questo vigneto, il più antico ancora esistente a Novello, che l’Azienda Agricola Le Strette produce il Langhe Doc Nas-Cëtta del Comune di Novello “Pasinot”, qui nell’annata 2018

LA DEGUSTAZIONE

Giallo paglierino luminoso con riflessi dorati. Al naso sentori delicati di fiori e una bella vena minerale. Evolve poi su note di frutta esotica. In bocca, la Nas-Cëtta Pasinot dà il meglio di sé con la sua viva mineralità. Una nota che controbilancia il frutto esotico maturo ed è ben presente anche nel retro olfattivo. Lunghissima la persistenza.

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I migliori Sagrantino di Montefalco 2017 all’Anteprima 2021

Tanta frutta ed esuberanza, abbinata nei migliori dei casi a una riequilibrante freschezza e balsamicità. Il Sagrantino di Montefalco 2017 si presenta all’Anteprima 2021 in una veste diversa da quella comune. Ovvero con una prontezza di beva maggiore rispetto ai canoni della Denominazione.

«Un’annata difficile – evidenzia Filippo Antonelli, presidente del Consorzio Tutela Vini Montefalco – a cui abbiamo assegnato 3 stelle su 5, pari a 88 centesimi. L’annata precedente, la 2016, era stata valutata 5 stelle, pari a 95/100»

Per noi produttori, la 2017 è stata un’annata drammatica. Non certo dal punto di vista qualitativo, bensì sotto il profilo quantitativo. Basi pensare che sono stati rivendicati 22 mila ettolitri, rispetto alla media di 40 mila.

Quasi un 50% di differenza, derivato non solo da una stagione calda e da una generale carenza di acqua, almeno sino alla seconda decade di settembre 2017, ma anche da una gelata primaverile».

Una vendemmia, in definitiva, molto simile alla 2003. «Con la differenza – precisa Antonelli – che siamo diventati molto più bravi in vigna, nell’arco dei 18 anni che separano le ultime due annate molto calde. L’esperienza maturata si è tradotta in un risultato di molto superiore al 2003».

L’assaggio alla cieca dei 44 campioni di Sagrantino di Montefalco 2017 conferma la visione di Antonelli. L’estate torrida di Montefalco si è trasferita dalla vigna al calice, col suo carico di frutta matura.

Un’annata sfidante, che mette in risalto le abilità agronomiche ed enologiche dei produttori della Denominazione. A preoccupare, piuttosto, è la presenza di qualche campione condizionato da agenti che, con il meteo, hanno poco a che fare.

I MIGLIORI SAGRANTINO DI MONTEFALCO 2017

Moretti Omero: 86/100
Frutto succoso, perfettamente maturo. Ricordi lontani di tamarindo, macchia mediterranea e mentuccia. In bocca conferma il suo carattere giocato su frutto, succosità e bevibilità. Tannini che lavorano bene, nel contesto di un sorso di buona prontezza e godibilità.

Fattoria le Mura Saracene – Goretti: 87/100

Naso ampio, esuberante. Mora di rovo in gran evidenza in un quadro che, per pienezza, sfiora i canoni dell’aromaticità. Con l’ossigenazione, il frutto si fa sotto spirito, tra la fragolina di bosco e la ciliegia. Tannino che risponde piuttosto bene alla sollecitazione glicerica. Vino in netta evoluzione positiva.

Tenute Baldo: 89/100

Rosso rubino mediamente trasparente. Al naso risulta profondo e balsamico, andando ben oltre le note fruttate pronte. Vira su ricordi di amarena, erbe aromatiche e chiodo di garofano. In bocca è elegante, strutturato ma fine, molto gastronomico e territoriale.

Antonelli San Marco: 91/100

Sagrantino di Montefalco di un rosso rubino mediamente trasparente. Al naso una buona componente balsamico vegetale affianca il frutto pieno, di perfetta maturità. Ciliegia, fragola, mentuccia, un tocco di mora di rovo. In bocca una buona morbidezza in ingresso, seguita poi da una riequilibrante fase fresco acida. Tannino presente, elegante. Buona persistenza. Ottima gastronomicità ed equilibrio. Naso cambia poi su verde e fieno.

Terre de la Custodia: 87/100

Vino giocato sulla prontezza di beva: frutto pieno ma non strabordante, buona freschezza ed equilibrio tattile.

Agricola Mevante: 91/100

Naso e bocca interessanti per prontezza e, al contempo, prospettiva. Particolarmente apprezzabile la pienezza del frutto, tra succosità e croccantezza. Bene anche la componente vegetale e balsamica. Incuriosisce la nota d’arancia rossa, tra il succo e la buccia, che in bocca conferisce freschezza. Tannino elegante, di prospettiva.

Tudernum “Fidenzio”:  88/100

Prontezza e grande bevibilità, tra frutto e note balsamiche.

Colpetrone – Tenute del Cerro “Memoira”: 90/100

Bella presenza al naso, mentre la palato si potrebbe chiede un po’ più della semplice piacevolezza del frutto. In realtà, dopo un centro bocca sull’altalena delle morbidezze, il nettare torna teso, pieno e fresco, anche grazie a un apporto non sbavato dei terziari. Vino con ottime prospettive di ulteriore crescita, in un’annata difficile da cogliere nel pieno come quella del Sagrantino di Montefalco 2017.

Terre de’ Trinci: 86/100

Un Sagrantino fresco e sanguigno, su chiare note di arancia rossa e venature ematiche. In bocca tannino sostanzialmente pronto. L’ottimo lavoro in vigna, per centrare l’epoca di raccolta in un’annata calda, si traduce in un nettare di pronta beva. Un rosso agile e schietto, che sulla via della semplificazione ha perso un po’ di tipicità.

Valdangius “Fortunato”: 88/100

Vino carico, nel colore e nei profumi. Fiori, frutta, una buona componente vegetale, balsamica. Nota quasi di inchiostro e di arancia rossa. In bocca un’esplosione di frutta (ciliegia, fragolina di bosco, lampone) ben corroborata dalla freschezza e da un tannino ben calibrato. Pronto e di prospettiva.

Lungarotti: 87/100

Color rubino dai riflessi granati, luminoso, per questo Sagrantino di Montefalco 2017. Bella componete di frutto al naso, che al naso vira sullo stramaturo. Vino al momento molto shakerato, ma di buona prospettiva.

Tenuta Colfalco: 90/100

Naso elegante e bocca che si divide tra frutto e note vegetali eleganti. Apprezzabile anche al palato la vena vegetale e di arancia rossa, su tannino piuttosto elegante. Vino che ha bisogno di tempo per amalgamarsi, ma che lascia intravedere un’ottima visione d’insieme.

Montioni: 90/100

Bel naso elegante, su frutto preciso, millimetrico in termini di maturità ed espressione (tra i più notevoli della degustazione). Non mancano venature balsamiche e un tocco di spezie dolci. Il palato conferma le aspettative: ottima prontezza, tannino dolce e freschezza. Manca solo il graffio finale: quel po’ di carattere in più, per il salto assoluto di “categoria”.

Colle Ciocco:  85/100

Vino che convince più al naso che al palato, con le sue note quasi aromatiche di frutta nera, come una netta mora di rovo. In bocca scivola via sull’esuberanza del frutto e dell’alcol, su tinte di liquirizia.

Pardi: 87/100

Colore piuttosto carico e note che portano alle more e ai frutti di bosco. Vino emblema della prontezza di beva della vendemmia 2017. La speranza è che il futuro affinamento in bottiglia integri bene le note di legno.

Perticaia: 92/100

Uno dei “nasi” più convincenti in assoluto della degustazione, tra frutto rosso di bosco, una tipicissima nota di mora di rovo e nette venature talcate. Il legno è presente sia al naso che al palato, ma è ben controbilanciato dalla “matericità” del frutto. A rendere elegante il profilo di questo Sagrantino è anche la spinta fresco acida, ben abbinata a profondità di spezia e balsamicità. Vino pronto e di prospettiva.

Terre di San Felice: 87/100

Vino che si apre col passare dei minuti nel calice, regalando un naso ampio, più in profondità che sulla larghezza del frutto. Note nette di sottobosco, fogliame primaverile bagnato, origano, accenni di liquirizia dolce e chiodo di garofano. In bocca una vena balsamica che non appesantisce il sorso, anzi conferisce freschezza. Tannino tipico, in fase di integrazione. Buono oggi, ancora meglio domani.

Benedetti&Grigi: 87/100

Succosità, tannino in fase di integrazione, accenni balsamici e resinosi. Vino destinato ad amalgamarsi presto e dare soddisfazioni nel medio periodo.

Bocale: 95/100

Naso ampio, pieno, su frutto ed erbe aromatiche: splendido, stacca gran parte dei campioni in degustazione. Variegata alternanza di note: si passa da una ciliegia matura, molto precisa, a una mora di rovo densa, tipicissima. Pregevole anche la trama balsamica, che si allunga dal naso al palato, al retro olfattivo. Il tutto con un tannino in camicia e di prospettiva. Uno dei migliori Sagrantino di Montefalco 2017 all’Anteprima 2021.

Tenuta di Saragano “Saragano”: senza voto

Naso non pulitissimo, che spinge sullo fondo un bel frutto. La vena succosa si conferma al palato, sempre in secondo piano rispetto a note vegetali e balsamiche al momento disordinate. Campione in affinamento, certamente da rivalutare nei prossimi mesi.

Plani Arche “Apoca”: 87/100

Bel naso ampio, su un frutto piuttosto preciso, ampio, che con l’ossigenazione si fa sotto spirito. Tannino chiaramente in fase di integrazione per un campione in punta di piedi. Con un tocco in più di materia, al palato, sarebbe stato ancora più apprezzabile.

Luca di Tomaso: 95/100

Vino decisamente sulla strada giusta. Un campione di botte che rivela un frutto succoso, pieno, di rara concentrazione e pulizia nell’intero contesto dell’Anteprima 2021 del Sagrantino. Tannino che si sta vestendo a festa, tra i tratti che denotano prospettiva, carattere e tipicità, al lavoro su un frutto polposo e su una bella trama balsamica, profonda. Vino risultato di un lavoro certosino, tanto in vigna quanto in cantina.

Di Filippo “Etnico”: 89/100

Rosso carico. Al naso frutta piena, come ciliegia e lamponi, ma anche vene speziate, sia calde (quasi opulente) che mentolate, fresche, preziose. Super frutto e tannino di prospettiva, con le due fasi (dura e morbida) abbinate molto bene. Vino che nel tempo avrà grandissima godibilità ed equilibrio.

Tenuta Bellafonte “Collenottolo”: 93/100

Colore rubino mediamente trasparente per questo Sagrantino di Montefalco 2017. Naso su erbe officinali, mentuccia, liquirizia dolce. Al palato una buona componente fruttata viene riequilibrata da acidità e balsamicità. Tannini dolci, quasi sospesi, ad asciugare l’esuberanza del frutto.

Romanelli “Terra cupa”: 94/100

Bel compromesso tra fiori, frutto pieno, balsamicità e legno in integrazione. Vino piuttosto pronto, alcol ben integrato, che conferisce ulteriore piacevolezza. Buona rappresentazione del vitigno in una versione molto godibile e vera. Lettura autentica dell’annata, sia in vigna che in vinificazione.

Plani Arche: 85/100

Vino estremamente pronto sul fronte del tannino e del frutto, al momento in fase di assestamento.

Di Filippo: 91/100

Estrema tipicità, su tutti i fronti. Ma soprattutto uno sguardo fedele sull’annata, gestita in vigna (ancor più che in cantina) in maniera ottimale. Il frutto pieno scalpita sotto la coltre balsamica e speziata. Tannino di prospettiva, graffiante il giusto. Darà soddisfazioni.

Ilaria Cocco “Phosano”: difettato (5 bottiglie), senza voto
Fattoria Colsanto: 85/100

Vino condizionato dal legno, tanto in bocca quanto al naso. Chiude su vaniglia e caffe, tra i più netti dell’Anteprima, assieme al Sagrantino del Carapace. Poca espressività territoriale.

Moretti Omero “Vignalunga”: 84/100

Vino che non spicca in termini di pulizia e ordine.

Arnaldo Caprai “Valdimaggio”: 91/100

Vino pieno, dal frutto colto in maniera ineccepibile. Abbina la prontezza di beva dell’annata 2017 ad ottime prospettive di affinamento. Guarda certamente ai mercati internazionali, per il lavoro molto sapiente compiuto in vinificazione su tannini e tostature dei legni.

Adanti “Arquata”: 84/100

Altro vino che si rivela piuttosto morbido, nonostante la presenza di un tannino vivo. In fase di assestamento al momento, troverà un maggiore equilibrio a partire dai prossimi mesi.

Le Cimate: 86/100

Frutto grondante di succo, tannino elegante in fase di integrazione. Prospettiva media.

Scacciadiavoli: 88/100

Al naso note di arancia rossa, ematiche, oltre ai tipici frutti della Denominazione. Palato austero il giusto, bella prospettiva. Vino certamente giocato sull’eleganza più che sulla potenza, senza rinunciare alla tipicità.

Tenuta Castelbuono Lunelli “Carapace”: 85/100

Vino piuttosto commerciale, condizionato da un legno che copre l’espressione, l’integrità e l’interezza del varietale. Avrà comunque apprezzamento sicuro in precisi mercati internazionali.

Tenuta Alzatura: 88/100

Naso sul frutto pieno, cosi come il palato. Tannino vivo, che una volta disteso (nel tempo) servirà ad asciugare la materia e l’espansività della componente fruttata.

La Veneranda: 84/100

Vino color rubino, unghia granata. Naso pieno, su frutto ed erbe fresche. Frutto succoso, vena di agrume (sanguinella) sui consueti sentori rossi (ciliegia, piccolo sottobosco). Manca un po’ di materia in bocca, in una bocca dalla vena ossidativa.

Arnaldo Caprai “Collepiano”: 89/100

Bel rosso rubino. Al naso tanta frutta, dalla mora alla fragolina di bosco, dal lampone alla ciliegia. Apporto del legno garbato. Tannini eleganti. Nel complesso, un vino che si rivela piuttosto tipico, di pronta beva.

Terre di San Felice, Vinum Dei: 89/100

Colore rosso carico. Bella speziatura nera e vegetale fresco, talcato e mentolato. Pian piano esce il frutto, dolce, pieno, carico, succoso. Aspettative pienamente confermate al palato, di ottima corrispondenza. Tannino già integrato, buona freschezza a controbilanciare l’alcol. Campione molto buono oggi, prospettive medie.

Fattoria Colleallodole: 93/100

Naso fluido, succoso, materico, in continua evoluzione nel calice. Ottima precisione delle note fruttate, piene, grondanti di succo. Bella componente vegetale elegante, mentolata, talcata. In bocca si conferma un vino pieno, altrettanto in evoluzione, connotato da un’ottima precisione del frutto e da una gran freschezza.

Tabarrini “Colle Grimaldesco”: 94/100

Colore carico, poco trasparente. Naso più balsamico che fruttato al momento, vino che ha bisogno di tempo per aprirsi nel calice e parlare di sé. C’e un bell’agrume rosso (tra il succo e la buccia) sulle note di ciliegia e di frutti di bosco. In bocca abbina l’austerità elegante del tannino e di venature sapide alla gran pulizia del frutto. Chiude asciutto, in cravatta. Vino di assoluta prospettiva.

Tabarrini “Colle alle Macchie”: 93/100

Frutto gagliardo, pieno, succoso. Elegantissima speziatura e nota vegetale balsamica. Tannino di prospettiva, che asciuga la polpa. Vino delizioso, giocato al palato su un profilo elegante, sussurrato.

Fattoria Colleallodole “Colleallodole”: 94/100

Colore pieno. Naso bocca carichi di materia, di frutto, di presenza. Tannino elegante a lavorarci sopra. Bella corrispondenza naso bocca anche sulle note balsamiche e fresche, uso del legno esemplare, aggiunge complessità con note di fondo di caffè. Vino di assoluta prospettiva che ha solo bisogno di tempo per esprimersi, anche in allungo, su altissimi livelli. 94

Tabarrini “Campo alla Cerqua”: 97/100

Il campione numero 44, l’ultimo della batteria di Sagrantino di Montefalco 2017 degustato alla cieca, si rivela essere quello del vignaiolo alieno Giampaolo Tabarrini. A carte scoperte non sorprende che sia proprio lui ad aver centrato un vino così in un’annata calda come la 2017, che pare invece frutto di una vendemmia come la 2016, fresca dalle parti di Montefalco.

Il voto sopra le righe, assegnato durante la blind, è dovuto a questo. Campo alla Cerqua 2017 è un capolavoro di precisione che comincia dalla vigna e si trasferisce in cantina. Esemplare eleganza e pienezza, stratificazione, frutto, balsamicità, equilibrio e potenziale. È nelle annate difficili che si giudicano i fenomeni.

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degustati da noi vini#02

UN-IO Bio: la nuova linea di vini ecosostenibili toscani

Due importanti realtà cooperative toscane, Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa, si uniscono in un progetto comune che punta alla sostenibilità. Nasce così UN-IO Bio, una linea di vini biologici prodotta “a quattro mani” dalle due cantine, che insieme rappresentano più di 500 piccoli produttori.

«È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme» recita la frase di Goethe riportata, non a caso, sulle etichette. Lo scopo del progetto è infatti quello di sviluppare una coscienza sempre più ecosostenibile, promuovendo uno stile di vita più responsabile nei confronti dell’ambiente.

Tre i vini attualmente in gamma e che verranno distribuiti in tutt’Italia nei prossimi mesi da Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa. Si tratta di Chianti Classico Docg, Vino Nobile di Montepulciano Docg e Toscana Rosso Igt. Tre vini Bio non solo per la provenienza delle uve ma anche per i materiali utilizzati in confezionamento.

La bottiglia è leggera per un minor utilizzo di vetro, il tappo è in sughero certificato Fsc e la capsula è biocompatibile di origine vegetale. Inoltre l’etichetta è realizzata con carta riciclata ed in parte prodotta da vinaccioli, nonché stampata con inchiostri ad acqua e fissata alla bottiglia con colle adesive provenienti dalla gomma naturale.

Un progetto non limitato alle sole Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa, ma che vuole essere aperto alle altre cooperative Toscane, di altre denominazioni. Già dalla prossima vendemmia, infatti, entreranno a far parte del progetto anche un Vermentino di Maremma Igt e un Morellino di Scansano doc.

TOSCANA ROSSO IGT 2019

Sangiovese in purezza, il 50% proveniente da San Casciano Val di Pesa ed il 50% da Montepulciano, vinificazione e affinamento in acciaio a temperatura controllata. Rosso rubino intenso accoglie con un naso fresco e immediato. Un accenno di note floreali che fanno da preambolo a note intense di frutti rossi freschi.

Una vena di scorza d’agrume ed un tocco ematico, tipico del vitigno, chiudono lo spettro olfattivo. In bocca è piacevolmente scorrevole, dotato di grande freschezza e con un tannino ben presente ma non invasivo. Ne risulta un vino piacevole e non impegnativo, ottimo compagno di piatti saporiti e non troppo strutturati.

CHIANTI CLASSICO DOCG 2018

Sangiovese in prevalenza da San Casciano Val di Pesa con saldo di Canaiolo, Colorino e Merlot. Vinificazione in vasche di cemento ed affinamento di 12 mesi in botti di Rovere di Slavonia da 70 ettolitri. Di color rosso rubino mediamente intenso si presenta ricco al naso.

Profumi compatti in cui domina una nota floreale di viola cui seguono note di frutta rossa matura. Frutti bosco e prugna che mascherano un fresco tocco agrumato ed un leggero sentore di cenere. Morbido e sapido al sorso, con tannini vellutati e ben presenti. Buona persistenza. Un vino che chiama all’abbinamento gastronomico.

VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO DOCG 2017

Sangiovese in prevalenza dall’areale di Montepulciano. Vinificazione in acciaio ed affinamento di 24 mesi in botti di Rovere di Slavonia con capacità da 35 a 85 ettolitri. Rosso rubino con riflessi violacei. Il naso apre su note di frutta rossa e nera matura.

Lampone, mora e un tocco di mirtillo cui segue un tocco di resina che regala una piacevole sensazione di sottobosco. Sapido e di buon corpo non rivela subito la sua trama tannica. Il tannino, il più vivo fra i tre vini, si rivela solo durante la buona persistenza invitando all’abbinamento con piatti succulenti.

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Champagne Blanc de Meunier Extra Brut “Des Grillons Aux Clos”, Éric Taillet

Lo Champagne Blanc de Meunier Extra BrutDes Grillons Aux Clos” di Éric Taillet è speciale almeno per due motivi. In primis è un 100% Pinot Meunier che non fa rimpiangere la propria “solitudine”, rispetto alle cuvée in cui va a braccetto con Pinot Noir e Chardonnay. In secondo luogo è stato creato in esclusiva per Alberto Massucco Champagne da Éric Taillet. Il “re del Meunier“.

LA DEGUSTAZIONE

Des Grillons Aux Clos si presenta nel calice di un paglierino acceso, luminoso, vivace. Finissimo e di gran persistenza il perlage che lo anima, invitando all’assaggio. Prima, un doveroso passaggio al naso.

La sorpresa? Si va ben oltre le note di frutta esotica matura e di agrume tipiche degli Champagne ottenuti da Meunier. L’arancia stessa spazia dal candito alla buccia, dalla polpa alla sua “dura” scorza. Davvero un bel gioco, questo, sugli sbuffi di lieviti e pasticceria appena accennati.

Un quadro che si arricchisce di una parte erbacea elegantissima, anch’essa multiforme. C’è la macchia mediterranea, col suo tocco di rosmarino. Tanto quanto il sottobosco, la resina, la mentuccia e un ricordo vago, balsamico, di resina di pino.

EQUILIBRIO E RAFFINATEZZA

Un naso allegro ma fresco. Gioioso, eppure serioso. Concentrato, ma leggiadro. Quel che serve ad anticipare un palato teso, freschissimo, in perfetta corrispondenza con i profumi. L’ingresso dello Champagne Des Grillons Aux Clos di Éric Taillet – elettrico, piuttosto verticale e affilato – fa da spalla a un centro bocca dominato da ritorni di frutta a polpa gialla (ananas e pesca nettarina, su tutti).

La beva è generosa, giocata sul perfetto equilibrio tra morbidezze e durezze. Merito, anche, di una “bollicina” cremosa ed elegante, stuzzicata da una vivace sapidità. La scia minerale accompagna in un finale gustoso, godurioso. Ma sempre teso, agrumato, fresco.

Va da sé, visto il quadro appena descritto: un Blanc de Meunier che ha tutte le carte in regola per essere considerato non solo un fuoriclasse della tipologia, ma anche della tavola, per via dell’alto gradiente di gastronomicità. Il tutto tenendo conto di una malolattica non svolta e di un dosage di 1,3 g/l grammi litro, con liqueur del millesimo 2004 per la sboccatura 02/2020.

L’INCONTRO

Esattamente quello che Alberto Massucco ha chiesto a Éric Taillet, interprete esperto di quest’uva. Certo, le premesse per il successo c’erano tutte. Sin dal principio. «A mio avviso – commenta il noto selezionatore di chicche transalpine – i suoi sono indubbiamente i migliori Meunier sul mercato».

Da quando lo conosco, pian piano si è fatta strada l’esigenza di aver qualcosa di più, qualcosa che mi appartenesse, che fosse esclusivo per me e soprattutto per i miei amici e clienti.

Desideravo qualcosa di speciale, di unico. Éric, ça va sans dire, è stato geniale nel riuscire a creare uno Champagne che incontrasse con tanta sensibilità il gusto italiano».

Nasce così, per l’appunto, “Des Grillons aux Clos”. Un nome che indica le vigne di Taillet, situate tra Montigny e Baslieux sous Châtillon. Tutte piante di età superiore ai 40 anni, in “culture raisonnée”, senza erbicidi. Per soddisfare Alberto Massucco, il vigneron ha dovuto trovare il giusto bilanciamento, anche in fase di vendemmia.

Mi è piaciuto molto lavorare a questo progetto – commenta – è stato impegnativo e al contempo divertente. Non è solo mettere insieme elementi naturali che da anni mi appartengono: ho dovuto entrare nella testa, e soprattutto nel “sentire”, di Alberto».

«Ho intuito di aver imboccato la strada giusta quando ho incrociato il suo sguardo – ammette Taillet -. In quel silenzio, più di mille parole. La soddisfazione. Sua e mia». Nel mondo straordinario della Champagne, insomma, una certezza in più. Evviva.

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Vino Bianco “Sabbia”, Az. Agr. Demarie

Ottenuto da uve Arneis in purezza il Vino BiancoSabbia” dell’Azienda Agricola Demarie è un macerato che incuriosisce già dall’etichetta. Un vino presente nella selezione Top 100 Migliori vini italiani 2021 di Winemag.it.

LA DEGUSTAZIONE
Colore ambrato, leggermente velato. Intenso al naso, con note di pesche e albicocche mature. Leggermente speziato, note di tè verde e camomilla. Ricco e corposo, “Sabbia” dell’Azienda agricola Demarie mostra al palato piacevoli note di frutti gialli maturi e nocciole, oltre a percezioni minerali e saline. Vino di grande pulizia, lungo e gastronomico.

LA VINIFICAZIONE
La tecnica di vinificazione prevede una lenta fermentazione delle uve Arneis in purezza, con bucce e semi, senza controllo della temperatura. Quindi, l’affinamento in barrique francesi.

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Il cavaliere e la dama: Stefano Mancinelli e la sua Lacrima di Morro d’Alba

Sembra uscita da un romanzo di Alexandre Dumas, la storia di Stefano Mancinelli. Una di quelle in cui cavalieri e dame si rincorrono per il reame. Cercandosi e trovandosi dopo mille duelli. La dama di Stefano Mancinelli è un’uva chiamata Lacrima di Morro d’Alba. Nome affascinante. Assieme croce e delizia di un vitigno-vino che deve molto – quasi tutto, direbbe qualcuno – a questo appassionato vignaiolo delle Marche.

Un amore scoppiato più di 30 anni fa, nel 1985: «Avevo appena finito gli studi in Agraria a Firenze quando, tornato a casa, riuscii a convincere mio padre a imbottigliare i primi vini e a iniziare a commercializzarli. Fu un grande passo, perché sino ad allora producevamo vino per autoconsumo e per vendere lo sfuso».

Come in tutte le storie a lieto fine, contano anche le coincidenze. Di rientro dalla Toscana, Stefano Mancinelli si ritrova infatti al posto giusto, al momento giusto. Il 1985 è l’anno in cui il Lacrima di Morro d’Alba diventa Doc e in cui l’azienda di famiglia inizia a crescere, dai 7 ettari originari (oggi sono 25). Ma non furono tutte rose e fiori.

In seguito al riconoscimento ministeriale ci fu un periodo di stasi. I produttori della zona non si innamorarono subito del vitigno, continuando pressoché per il successivo decennio a considerarlo un figlio minore di Verdicchio, Montepulciano e Sangiovese. Serviva una svolta, insomma».

LA SVOLTA
Fu così che Stefano Mancinelli si mise in testa di cambiare le sorti della Lacrima di Morro d’Alba, denominazione che nel 2020 ha visto una produzione di 1,7 milioni di bottiglie, su 207 ettari rivendicati. Come? Stravolgendone la tecnica di vinificazione tradizionalmente in uso in questo angolo delle Marche.

«Il vitigno – sottolinea Stefano Mancinelli – ha, tra virgolette, due ‘problemi’, in parte suggeriti dal suo stesso nome: si chiama così perché l’acino, una volta maturo, tende a spaccarsi e lacrimare, perdendo succo e quindi storicamente reddito, per i mezzadri; inoltre ha una buccia particolarmente ricca di antociani e tannini, che si trasferiscono nel vino, rendendolo “duro”, quasi “acetico” dopo il primo anno di vita».

Ecco perché se si chiede a un anziano di Morro d’Alba quando bisogna bere la Lacrima, la risposta è una sola: «Da giovane». In realtà, tutto è dovuto appunto alla vinificazione. «Quello che feci – rivela a WineMag.it il vignaiolo marchigiano – fu ridurre il tempo di macerazione sulle bucce, passando dai 20 giorni usuali a meno di 2».

Il risultato è chiaro in tutti i vini rivoluzionari di Mancinelli. Come il Lacrima di Morro d’Alba Doc Superiore 2018, in degustazione durante l’ultimo appuntamento organizzato dall’Istituto marchigiano vini (Imt) con la stampa di settore.

Della “tradizione” restano l’inconfondibile colore intenso, purpureo, dall’unghia più o meno violacea, nonché la carica aromatica esplosiva che fa di questo vino «l’alter ego, in rosso, del Sauvignon Blanc», come piace definirlo a un altro noto produttore della zona, Piervittorio Leopardi della cantina Conte Leopardi Dittajuti.

Al naso, il primo scatto in avanti: le percezioni fenoliche di altri vini della Doc lasciano spazio a ricordi di radici di liquirizia, rabarbaro e china, ad arricchire un pugno stretto di frutta a bacca rossa e nera, grondante di succo.

E al palato, la dolcezza del tannino trova nella spalla acida e nella sapidità un degno alleato nella costituzione di una spina dorsale ritta, verticale, attorno alla quale danza l’abbondanza dei frutti, già avvertiti al naso.

Una perfezione tecnica che si fa poesia nel vino di Stefano Mancinelli, a riprova che l’amore è assieme cura, ricerca, dettaglio, parole sussurrate all’orecchio e al cuore. Ma anche desiderio, brama, voglia di possessione ed esuberanza.

LA CERTIFICAZIONE GENETICA
Che Mancinelli sia nato per la Lacrima di Morro d’Alba (o la Lacrima di Morro d’Alba per Mancinelli?) è provato anche dal certificato richiesto nel 2004 al laboratorio di analisi Bioaesis di Jesi (AN), specializzato nella ricerca del Dna, «per analizzare e certificare, con esattezza tecnica, che il prodotto ottenuto dall’azienda sia realizzato esclusivamente con uva di Lacrima».

Qualcuno – commenta il vignaiolo marchigiano – mi ha accusato di voler dire, con questa Certificazione genetica, che la mia Lacrima è più buona di quella degli altri. In realtà abbiamo pensato a questo studio perché il Lacrima di Morro d’Alba è un vitigno talmente “prevaricante” da risultare preponderante anche in vini in cui è presente solo al 20%».

Un pregio, ma anche un «limite per la Doc». Secondo Stefano Mancinelli, infatti, «non è poi così certo che tutte le Lacrime in commercio siano prodotte con Lacrima in purezza, contrariamente a quanto dichiarato».

«Un aspetto – chiosa il vignaiolo marchigiano – che può essere confermato solo da un’analisi di laboratorio, sul vino già in commercio. Per questo, pensando al futuro della Denominazione, mi auguro vengano fatti più controlli da parte degli organismi competenti».

Uva, amore, passione, gelosia: c’è tutto. Avesse avuto l’opportunità di incontrarlo, Alexandre Dumas avrebbe lasciato in eredità alla storia cinque moschettieri. Non quattro. Athos, Porthos, Aramis, D’Artagnan. E Stefano. Mancinelli, s’intende. Prosit.

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Che vino regalare per la Festa della Mamma del 9 maggio? Sei consigli dalla Top 100

A caccia di vini per la Festa della Mamma del 9 Maggio? I nostri consigli si concentrano sulle etichette premiate dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it, in particolare su due spumanti Metodo classico da Emilia Romagna e Campania, due bianchi da Alto Adige e Piemonte, un rosso dalla piccola Doc Capriano del Colle (Brescia, Lombardia) e un Marsala Vergine d’annata 1995.

  • Vsq Metodo classico 2016 Rosato “Il Pigro”, Romagnoli
    Un petalo di rosa colora il calice. Delicatezza anche al naso, con note di piccoli e precisissimi frutti rossi. Tocco di agrumi. Al momento, il miglior spumante metodo classico della gamma di Romagnoli, non ultimo per la finezza del perlage. Un’etichetta che alza l’asticella degli Champenoise prodotti in provincia di Piacenza, zona che sta trovando anno dopo anno il proprio equilibrio.
  • Vsq Metodo classico 2017 Caprettone “Pietrafumante”, Casa Setaro
    Il calice si tinge di un giallo paglierino dai riflessi dorati. Il vino è da premio, dall’ingresso alla lunga chiusura. Un percorso arrotolato attorno a un agrume delizioso. Il resto è freschezza, salinità, pienezza. Spensieratezza e gastronomicità.
  • Alto Adige Doc Valle Isarco Grüner Veltliner 2019 “Aristos”, Eisacktaler Kellerei
    Giallo paglierino. Naso che regala belle note tropicali, soprattutto mango. Grandissimo equilibrio e grandissima freschezza. Chiusura salina, contornata da agrume ed albicocca appena matura. Uno dei cosiddetti “vini verticali”, affilati come lame, in grado di mostrare appieno il prezioso terroir della Valle Isarco, in Alto Adige. Un vino perfetto per una Festa della Mamma di carattere.
  • Colli Tortonesi Doc Derthona Timorasso 2018 “Grue”, Pomodolce
    Giallo paglierino, riflessi dorati. Bel naso talcato. Frutta matura, macchia mediterranea e mentuccia a donare freschezza. Alcol presente, che deve integrarsi, ma non disturba. Palato pieno, freschezza assoluta con ritorni di frutta matura. Lunghissimo.
  • Lombardia Capriano del Colle Doc Marzemino 2019 “Berzamì”, Lazzari
    Rosso rubino tendente al trasparente. Bellissimo frutto, preciso. Ammalianti note di fiori, soprattutto di viola. In bocca bella freschezza, con ritorni di spezia. Ottima declinazione del vitigno.
  • Marsala Vergine Riserva Doc 1995 “La Villa Araba”, Martinez
    Non c’è Festa della Mamma senza un grande vino “dolce”. In questo caso, un pezzo di storia di Marsala nel calice, in tutti i sensi. La cantina di Carlo Martinez è uno degli emblemi della grandezza eterna della città del vino della Sicilia, che con questa etichetta tiene alta la bandiera di una denominazione sciaguratamente snobbata (e maltrattata). Peraltro, rapporto qualità prezzo eccezionale per “La Villa Araba”.
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Franciacorta Pas Dosè “Essence Nature” 2015, Antica Cantina Fratta

Rappresentante di un territorio che non ha bisogno di presentazioni, il Franciacorta Dosaggio ZeroEssence Nature” di Antica Cantina Fratta nasce dall’assemblaggio di uve Chardonnay e Pinot Nero. Qui nel millesimo 2015, sboccatura gennaio 2020.

LA DEGUSTAZIONE
Giallo paglierino carico con perlage fine e persistente. Ampio al naso apre su note fresche d’agrume e frutta bianca cui seguono leggeri sentori speziati ed una piacevole vena di frutta secca che accompagna l’immancabile “crosta di pane”.

In bocca è pulito, fragrante ed equilibrato con una spiccata acidità che rende il sorso quasi croccante. Buona corrispondenza naso-bocca anche nel retro olfattivo, di buona persistenza. Un Franciacorta che sarebbe sprecato relegare solo all’aperitivo.

LA VINIFICAZIONE
70% Chardonnay e 30% Pinot Nero vendemmiati a partire dalla metà agosto quando le uve raggiungono la corretta maturazione zuccherina e conservano ancora notevole acidità e freschezza. Essence Nature riposa per un minimo di di 36 mesi sui lieviti e dopo la sboccatura le bottiglie riposano ancora in cantina per altri 5-6 mesi senza aggiunte di sciroppo di dosaggio.

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Jako Wine: la “cantina che non c’è” di Berti e Barzan, i globetrotter del vino italiano

Tutto, in fondo, è iniziato attorno a una “bollicina”. Uno spumante Metodo classico dell’Oltrepò pavese, per l’esattezza. Era il 2011. Oggi, a 10 anni di distanza, solo GianlucaLucaBerti e Severino Barzan sanno cosa può accadere quando un imprenditore del ramo della logistica e un noto ambasciatore del vino italiano mettono assieme l’unica cosa più forte delle idee: i sogni. Jako Wine è nata così. Dall’incrocio fortunato di due (e più) calici.

Un progetto innovativo, che si basa su tre capisaldi: niente cantina, niente vigneti di proprietà e ricerca della qualità assoluta, dal campo alla bottiglia. Da veri globtrotter del vino italiano, Berti e Barzan danno la caccia alle migliori parcelle, le affittano e le affidano allo staff agronomico ed enologico oggi capeggiato dal prof Leonardo Valenti e dal giovane winemaker veronese Lorenzo Dionisi.

Sono loro a supervisionare la vinificazione che avviene all’interno di cantine partner, prescelte nei vari territori (le stesse che affittano i terreni): Oltrepò pavese, Lago di Garda, Valpolicella e Montefiascone, nel Lazio.

Una volta imbottigliato, il vino viene trasportato nel magazzino all’avanguardia di Jako Wine, a Verona. Cinque Metodo classico, due bianchi e due rossi, per un totale di circa 30 mila bottiglie e un fatturato cresciuto lo scorso anno sino a quota 400 mila euro.

Passi da gigante, insomma, rispetto all’idea iniziale di produrre solo «Wine for Friends», con il brand name “Jako” elaborato dal nome di figlio di Luca Berti, Jacopo; e il fenicottero – per meglio dire il flamingo, simbolo di Miami – a celebrare lo sguardo internazionale del duo di eno-globetrotter.

Proprio a Miami e negli Usa finisce una buona fetta della produzione, distribuita in esclusiva anche in Danimarca, Inghilterra, Germania e Cina. Il mercato italiano è invece affidato a pochi selezionati ristoranti, enoteche e locali delle principali città: da Verona a Milano, da Roma a Firenze, passando per piazze “in” come Capri e Forte dei Marmi.

JAKO WINE: 6 VINI IN ASSAGGIO

  • Metodo classico Pas Dosé 2015: 90/100
    Sboccatura 4/2020, 12.5% vol. Vitigno: Chardonnay 60%, Garganega 40%. Alla vista di un bel giallo paglierino con riflessi dorati, perlage fine e persistente. Naso largo, sulla frutta matura: pesca gialla, esotico, un tocco di agrume, sempre maturo. Bel bouquet di fiori che spazia dalla camomilla al biancospino. Sorso di buona tensione, sapido in centro bocca, prima dei ritorni setosi pennellati dai ritorni di frutta matura, già avvertita al naso. Finale di buona persistenza, ancora una volta nel segno dell’equilibrio fra le tonalità tipiche dei due vitigni. Un Metodo classico che nasce da 5 ettari di terreno morenico, nella zona del lago di Garda.
  • Oltrepò pavese Docg Metodo classico Brut Rosé 2015: 89/100
    Sboccatura 12/2020, 12,5% vol. Vitigno: Pinot Nero in purezza. Alla vista un bel rosa salmone, tipico dei Cruasé oltrepadani. Perlage fine e persistente. Tanto floreale al naso, che lascia spazio anche ad agrumi e piccoli frutti rossi. Un quadro preciso e intrigante che si ripresenta anche al palato, con un’ottima corrispondenza. Il finale è piuttosto cremoso, con il dosaggio che arrotonda la beva, placando la tensione agrumata iniziale. Un Metodo classico ottenuto da 3 ettari di Pinot Noir in Oltrepò pavese e terreni di medio impasto calcareo.
  • Pinot Grigio delle Venezie Doc 2018 “Griso Venèxian”: 87/100
    13% vol. Giallo paglierino alla vista. Al naso le note esotiche tipiche del vitigno. Si avvertono ricordi di pesca e pera perfettamente matura, nonché agrumi come il mandarino, che spaziano dal succo alla buccia. Il sorso è agile, altrettanto tipico, di buon equilibrio acido-glicerico. I vigneti da cui nasce questa etichetta sono situati lungo le sponde del Lago di Garda, con terreni prettamente morenici.
  • Vino Bianco Igp Lazio 2017 “Campocasa”: 92/100
    12,5% vol. Rossetto 100%, varietà autoctona molto diffusa nella zona dei Castelli Romani. Alla vista un bel giallo paglierino, luminoso. Naso generoso, non solo in termini di intensità, ma soprattutto dal punto di vista della complessità. Si spazia dai fiori di camomilla secchi alla frutta a polpa bianca e gialla matura; da una speziatura leggera ai ricordi di radice di liquirizia, passando per la macchia mediterranea (alloro, rosmarino). Ingresso di bocca che abbina leggerezza e profondità, su note concordi col naso. L’accento agrumato iniziale, unito a una corroborante vena sapida, lascia spazio a un finale morbido, su vaghi ritorni vanigliati, ben combinati al resto del corredo. La chiusura è lunga e consistente, tanto da ampliare lo spettro di abbinabilità gastronomica di questo nettare. Un Rossetto che prende vita da terreni a 300 metri d’altezza, individuati dallo staff di Berti e Barzan nella zona di Montefiascone, friabili e ricchi di scheletro.
  • Rosso Veronese Igt 2018 “Ruber”: 89/100
    16% vol, uvaggio Corvina e Merlot. Rosso rubino dall’unghia violacea, alla vista. Al naso le note verdi e speziati dei due vitigni, ben abbinate a ciliegia e frutta di bosco matura: lampone, ribes, mora. Al palato una gran generosità e “abbondanza”, data soprattutto dall’alcol (non disturbante) e dai precisi ritorni di frutta matura. Buona la freschezza, che riequilibra la morbidezza del sorso. Vino in definitiva piacevole, da godersi anche con qualche grado di temperatura in meno rispetto alla media dei rossi importanti. “Ruber” nasce da terreni morenici, nella zona a sud del Lago di Garda.
  • Rosso Veneto Igt 2015 “Siresol”: 90/100
    16% vol, uvaggio Corvina, Rondinella, Oseleta, Croatina e Cabernet Sauvignon. Un piccolo “Amarone della Valpolicella”, in cui il Cabernet gioca il ruolo di mediatore, arrotondando le asperità (tannino, speziature, note verdi e durezze) dei vitigni tipici del “Re dei rossi” del Veneto. Alla vista un bel rubino dall’unghia granata. Naso molto interessante e stratificato. Si passa dalla frutta rossa, come ribes, ciliegia e lampone, all’agrume rosso, una sanguinella succosa. Non mancano ovviamente le spezie nere, oltre a una spolverata di cumino. Sorso teso in ingresso, con un bel ritorno fresco regalato dai tironi speziati, scuri. Vino strutturato e decisamente gastronomico che nasce dalle colline della Valpolicella, in particolare da vigneti posti fra i 100 e i 350 metri sul livello del mare e terreni di composizione argilloso-calcarea.

*** DISCLAIMER: La recensione di queste etichette è stata richiesta a WineMag.it da Jako Wine. I giudizi sono stati comunque espressi in totale autonomia, nel rispetto dei nostri lettori ***

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Chiaretto di Bardolino 2020: i migliori assaggi dell’Anteprima 2021

Ottime impressioni sul Chiaretto di Bardolino 2020, con WineMag.it che è in grado di stilare una classifica dei migliori assaggi all’Anteprima 2021 del vino rosato del lago di Garda. Un’edizione sui generis: i 50 campioni sono stati “ricondizionati” in bottigliette di vetro da 5 cl e inviati alla stampa enogastronomica italiana e internazionale dal Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino.

La degustazione è stata effettuata alla cieca e i risultati sono stati poi incrociati con l’elenco dei produttori aderenti, fornito dagli organizzatori. Qualità medio-alta tra i campioni iscritti al tasting – 14 vini con punteggi tra i 90/100 e i 93/100 – con l’annata 2020 che rispecchia gli annunci dell’ente di tutela vini della provincia di Verona.

«Nonostante la pandemia e il conseguente deciso calo di presenze turistiche sul lago di Garda – spiega Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino – le vendite di Chiaretto di Bardolino si sono mantenute costanti sul mercato».

Un segnale importante, che dimostra ancora una volta come le scelte del Consorzio siano state lungimiranti, confermando la nostra denominazione come leader tra i vini rosa in Italia. Anche per questo motivo abbiamo deciso di non rinunciare all’Anteprima e alla presentazione dell’annata 2020, ma di ripensare la manifestazione in nuove modalità».

«Le condizioni climatiche del 2020 – aggiunge Andrea Vantini, responsabile dell’area tecnica del Consorzio – hanno consentito un perfetto sviluppo delle componenti aromatiche fruttate delle uve, che si traducono nel Chiaretto di Bardolino nella presenza soprattutto di agrumi e piccoli frutti di bosco».

Le caratteristiche del microclima locale, invece, hanno garantito la presenza di quelle componenti di freschezza e di sapidità che sono tipiche del Chiaretto di Bardolino. Come conferma l’assaggio dei vini che stanno uscendo sul mercato, quella del 2020 è stata una buona annata nonostante il periodo di considerevole cambiamento climatico».

I MIGLIORI CHIARETTO DI BARDOLINO 2020

  • Chiaretto di Bardolino 2020, Aldo Adami: 87/100
    Al naso ampio, su note di frutti di bosco maturi e tocco di agrume rosso e spezie dolci. Al palato corrispondente, morbido, con chiusura fresca e sapida, su rintocchi delicati d’agrumi e sale.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “I Gadi”, Bennati: 83/100
    Rosa corallo, più intenso rispetto alla media della tipologia. Frutta rossa di bosco e spezie si rincorrono al naso, con lieve predominanza delle seconde e ricordi di cipria. Il palato è teso, più sulle durezze che sulle morbidezze, ancora un po’ scomposto. Nel finale ritorni di frutto su mineralità e un tocco di tannino.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Tecla”, Benazzoli: 85/100
    Bella compresenza di tutte le caratteristiche tipiche del Chiaretto di Bardolino, già “amalgamate” tra loro e in equilibrio. Ricordi di macchia mediterranea completano il fruttato e lo speziato coerente con la Denominazione. Molto bene il frutto, preciso, composto, pur nella sua maturità piena. Il sorso tuttavia non rispecchia esattamente il naso. Prevalgono le durezze, freschezza e sapidità, con la frutta un po’ in sordina. Vino giovane, che troverà nei prossimi mesi un maggiore bilanciamento tra le componenti.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Rosa Canina”, Vinicio Bronzo: 84/100
    Rosa salmone. Naso d’un floreale e fruttato delicato, di intensità media. Anche in questo campione prevalgono le durezze al palato, in particolare la sapidità. Il frutto fa di nuovo capolino in una chiusura asciutta, unita per l’appunto a un tannino al momento un po’ troppo invadente e amaro.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Rocca Sveva”, Cantina di Soave: 89/100
    Rosa molto tenue. Al naso tanta frutta di bosco, ribes maturo, lampone, oltre a un bel ricordo di buccia di pompelmo. Perfetta corrispondenza al palato, con chiusura su ricordi d’agrumi e speziatura elegantissima. Vino assolutamente pronto per il consumo.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Cantina Caorsa: 92/100
    Rosa più intenso della media. Tanta spezia dolce al naso, su un frutto preciso, maturo. Campione che brilla per intensità e, per certi versi, “struttura”: sulla colonna vertebrale fresco minerale e salina danzano i piccoli frutti rossi e gli agrumi (arancia, pompelmo). Lungo il finale, preciso, asciutto eppure intenso. Vino pronto e di prospettiva.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 Bio “Rosa dei Casaretti”: 88/100
    Rosa salmone. Bel gioco di spezie sul frutto, chiodo di garofano evidentissimo. Al palato ottima compresenza di tutte le componenti, dalla frutta di bosco al sale, passando per la buona freschezza. Chiude asciutto, sull’agrume e un tocco (azzeccato, dal punto di vista della maturità) di tannino.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Cavalchina:  89/100
    Rosa intenso. Al naso frutto, spezie dolci e un ricordo di noce moscata, oltre a un tocco di cipria. Palato pieno di frutto maturo, con finale che tende alla liquirizia amara e mineralità in sottofondo. Campione che ha bisogno di qualche mese di bottiglia per trovare l’equilibrio perfetto, ma che promette decisamente bene.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Nichesole”, Corte Gardoni: 86/100
    Rosa salmone. Naso delicato, floreale e fruttato, di bosco. Bel tocco di spezia dolce. Al palato buon bilanciamento tra le componenti, con la speziatura (noce moscata, chiodo di garofano) che gioca bene sul frutto già avvertito al naso. Col tempo arriverà un maggiore equilibrio.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Costadoro: 85/100
    Rosa corallo. Naso intenso, prevalentemente sul frutto di bosco, ma con ricordi che spaziano anche alla ciliegia stramatura. Palato più da rosso che da rosé, più strutturato della media, segno di un rosato sfuggito di mano in termini di contatto con le bucce o di una scelta produttiva (degustando alla cieca, non possiamo saperlo). In ogni caso un vino che si lascia apprezzare per quello che è: un rosato per chi ama trovare anche nei rosé corpo e intensità, nonché un tratto vinoso.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Pink diamond”, Costadoro: 86/100
    Rosa intenso. Altro vino intenso, che fa della pienezza del frutto il suo epicentro, tra piccoli frutti di bosco e agrumi maturi. Completa il quadro un lieve rintocco di spezie, che dona verve al naso e all’assaggio. Vino dall’agile beva, perfetto per momenti di spensieratezza, senza che questo impedisca di accompagnare a dovere piatti leggeri della cucina italiana e internazionale.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Gentili: 89/100
    Rosa tenue. Gran intensità del frutto di bosco, su sottofondo iodico e speziato, molto elegante. Al palato sorprende per la bella tensione e per un frutto meno maturo e più croccante di quello avvertito all’olfatto. Freschezza e salinità accompagnano bene il sorso di un Chiaretto di Bardolino a cui non manca proprio nulla.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 Bio, Gorgo: 88/100
    Rosa salmone. Bella presenza e intensità di tutte le componenti tipiche, dal frutto di bosco e l’agrume maturo alla spezia, passando per la percezione iodica-salina. In bocca si conferma equilibrato e pronto, con bei ritorni di spezia in un finale fresco e asciutto. Vino semplice, spensierato, ma tutt’altro che banale.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Keya”, Guerrieri Rizzardi: 92/100
    Rosa più carico rispetto alla media della denominazione. La componente speziata accende la luce su un frutto maturo, colto al momento perfetto. In bocca si rivela delicato e al contempo vino di una struttura più “importante” rispetto a molti assaggi. Se al naso il gioco è tra spezia e frutto, al palato ci si sposta su freschezza e mineralità, a sostenere la pienezza delle note di piccoli frutti rossi già avvertiti al naso. Chiude agrumato, asciutto, su un tocco di tannino che rimette la bilancia in equilibrio. Vino già degno di nota eleganza e tipicità assoluta, darà grandi soddisfazioni nel medio-lungo affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Il Pignetto: 88/100
    Rosa salmone. Spezia nera e frutto maturo ben combinati al naso, uniti a ricordi di macchia mediterranea che spaziano dall’alloro al rosmarino. Al palato una sapidità e una freschezza imperanti sul frutto, pur presente in perfetta corrispondenza con quanto avvertito al naso. Chiude asciutto, sempre fresco, al limite del balsamico e su curiosi tratteggi umami, tra ribes rosso, liquirizia dolce, pepe nero e sale. Vino giovane, curioso, certamente rappresentativo della denominazione, con qualche tratto di unicità.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Le Morandine”, Il Pignetto: 90/100
    Rosa leggermente più intenso del precedente. Naso avvolgente, rotondo, sul frutto maturo ma preciso, sferzato da bei rintocchi di spezia nera e ricordi di macchia mediterranea. Al palato una perfetta corrispondenza e una struttura superiore alla media della denominazione. Non abbastanza per parlare di un rosso travestito da rosé, piuttosto di un vino con una dignità assoluta propria, nel segno della denominazione gardesana. Peccato per la mancanza di un po’ di materia, intesa come polpa, in centro bocca e ad accompagnare l’elegante chiusura su sapidità e freschezza. Vino meditato, curato e meritevole d’attenzione ed etichetta con ottime prospettive di affermazione assoluta nel panorama del Chiaretto di Bardolino, se attenzionato con la medesima cura nei prossimi anni.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, La Rocca: 82/100
    Rosa salmone tenue. Tra i pochi vini con impronta “tannica” sin dal naso, dunque fenolica. Caratteristica che si riscontra anche al palato, dal centro bocca alla chiusura. L’agrume prevale sul frutto rosso, la mineralità (salinità) gioca una partita a parte. Vino comunque giovane, che necessita tempo e bottiglia.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 Bio “Rodon”, Le Fraghe: 91/100
    Rosa salmone, luminoso. Naso molto elegante, nell’incedere dei piccoli frutti di bosco scandito da spezie dolci e pepe nero, unito a ricordi iodici. Sullo sfondo, un pregevole dipinto floreale di rosa e violetta. Ingresso di bocca teso, salato, seguito da ritorni fruttati croccanti, perfettamente maturi. Un bianco travestito da rosé, forse per il timore di “incomplessire” troppo il quadro aromatico e la beva. Parola d’ordine per i prossimi anni: osare! A meno che nella gamma della cantina non ci siano altri Chiaretto di Bardolino ancora più pieni e gastronomici. Vino che comunque appaga in ogni sua componente giovanile e mostra ottime prospettive di crescita nei mesi a venire.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Le Ginestre: 87/100
    Rosa salmone, luminoso. Bell’apporto elegante di spezia ed erbe mediterranee al naso, sul frutto perfettamente maturo. Al palato mineralità salina e freschezza prevalgono leggermente sul frutto, pur rotondo. Chiusura che tende ad ammorbidirsi, su ritorni di frutta matura. Vino che può avere una prospettiva media di ulteriore affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 Bio, Le Tende 86/100
    Rosa salmone. Bel gioco tra frutti di bosco maturi e spezie (pepe nero) al naso. Al palato ancora alla ricerca di una sua dimensione, in termini di equilibrio. Il frutto maturo sembra poter avere la meglio sulle durezze, anche in futuro. Vino che pare pensato per un consumo nei primissimi anni di vita (1, 2).
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Corderosa”, Le Vigne di San Pietro: 91/100
    Rosa salmone. Frutto rotondo, maturo, precisissimo, sferzato da una speziatura calda, elegante, e da ricordi di macchia mediterranea. Ingresso in punta di piedi al palato, nell’abbinamento perfetto tra mineralità salina e frutto, che si fa concreto e vivace in centro bocca. Un crescendo che convince e appaga, ben equilibrato, prima di una chiusura tesa e di ottima lunghezza, in equilibrio (parola d’ordine di questo campione) tra salinità, freschezza e pienezza del frutto. Vino con ottime prospettive di positivo affinamento futuro.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Le Morette: 92/100
    Rosa salmone. Naso suadente, giocato sul frutto, ma con la spezia a bussare alla porta, chiedendo di entrare. “Prego, si faccia avanti”, acconsente l’ulteriore ossigenazione, che dona l’equilibrio atteso. Il quadro è quello di un Chiaretto di Bardolino giocato sull’eleganza, che non disdegna una certa complessità. Sempre grazie all’ossigenazione, il vino, guadagna nuove note: ecco la macchia mediterranea (rosmarino) ma soprattutto un tocco balsamico, di liquirizia fusa, a disegnare uno dei nasi più stratificati delle batterie. L’ingresso tendenzialmente morbido esalta un palco di frutta di bosco, agrumi e sapidità. In sostanza, l’ennesima potenza del Chiaretto di Bardolino. Bene anche il finale, tra ritorni di frutta rossa matura, agrumi e iodio.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Birò”, Le Muraglie: 88/100
    Rosa salmone. Tanta spezia al naso, tra il dolce (liquirizia, cannella) e lo scuro (pepe nero, chiodo di garofano), sul frutto maturo. Bell’ingresso di bocca pieno, sul frutto, con centro bocca che vira su freschezza e mineralità. Bella chiusura, con ritorni di frutta matura (sorpresa: anche a bacca bianca, come la pera) eppure mai scomposta, unita a una sapidità e una freschezza più che mai appaganti. Vino di gran gastronomicità, sin da oggi, con buona prospettiva di medio affinamento futuro.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Lenotti: 86/100
    Rosa più carico della media della denominazione. Naso dominato dalla pienezza del frutto, su ricordi di spezie. Ottima corrispondenza al palato, sulle medesime note avvertite all’olfatto. La fa da padrona la pienezza del frutto, ben controbilanciata alla freschezza. Vino pronto da gustare.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Decus”, Lenotti: 88/100
    Rosa salmone. Naso complesso, tra la spezia, il frutto e lo iodio. Bocca che conferma le aspettative, con bell’allungo su un’elegante speziatura ad accompagnare l’incedere preciso del frutto maturo. Chiude asciutto, sapido e fresco.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Marchesini Marcello: 88/100
    Rosa salmone. Bel bouquet di fiori e frutta fresca, su sottofondo iodico e un’elegante speziatura. Al palato del tutto appagante, in tutte le sue componenti. Un vino già pronto da degustare, anzi bere, oggi, per il suo frutto pieno e la sua freschezza invogliante, nonché per la sua spezia pronta a maturare ancora, nel tempo. Ottime, di fatto, le prospettive di positivo affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Coralin”, Marchesini Marcello: 89/100
    Rosa salmone. Bell’impronta di spezia nera sul frutto maturo, al naso. Al palato un’elegante vena sapida accompagna i ritorni di piccoli frutti rossi, prima di una chiusura asciutta e sapida, su ricordi di liquirizia amara. Vino dotato di una struttura leggermente superiore alla media, che giova non solo all’invecchiamento, ma anche alla gastronomicità di questo nettare, abbinabile a piatti piuttosto strutturati, a base di carni oltre che di pesce.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Monte del Frà: 87/100
    Rosa leggermente più scarico della media. Naso invece di buona intensità, dominato da note molto precise di piccoli frutti rossi maturi, sferzati da una bella speziatura, elegante. Beva agile, snella, per un vino ineccepibilmente giocato sull’immediatezza e la facilità di “comprensione”, nonché di abbinamento. 87/100
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Morando Lorenzo: 87/100
    Rosa leggermente più carico rispetto alla media della denominazione. Al naso bel gioco tra il frutto di bosco maturo, la buccia d’arancia, e una speziatura dolce, delicata. Al palato, vena salina, freschezza e un tannino elegante accompagnano la frutta matura verso un finale deciso, asciutto ma pieno. Vino di buona gastronomicità, adatto anche per piatti strutturati.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Albino Piona: 91/100
    Bel naso delicato, elegante, tra piccoli frutti rossi perfettamente maturi e speziatura dolce. Qualche ricordo di macchia mediterranea incomplessisce un quadro già positivo. Al palato gran pienezza del frutto, nonostante il nettare non perda un millimetro dell’eleganza avvertita al naso. L’ingresso di bocca, teso e fresco, vira poi sulla morbidezza del frutto, per chiudere su un’ottima compresenza di tutte le componenti: fruttato, salino, asciutto. Buono oggi, ancora meglio nel medio lungo affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 Bio, Poggio delle Grazie: SV – Senza voto
    Naso floreale e fruttato maturo, tra i piccoli frutti di bosco e l’arancia sanguinella, che non riescono a nascondere qualche sbavatura. Buon ingresso di bocca, sulle note avvertite al naso, ma di nuovo qualche nota poco aggraziata, oltre che tannico-fenolica, a connotare il finale. Classico vino che fa chiamare la “seconda bottiglia”, in un contesto di Anteprima tradizionale, in presenza.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Righetti Enzo: 87/100
    Rosa che tende al cerasuolo, più carico della media della denominazione. Bel naso pieno, intrigante, in cui i frutti rossi di bosco maturi dominano la scena, uniti a un tocco di spezie dolci e a ricordi di macchia mediterranea. Da sottolineare la bella nuance di fragolina matura, succosa. Al palato si riconferma vino pieno, tutto frutto. Freschezza e sapidità reggono il passo, conferendo una buona tensione al nettare e rendendolo ancor più vino da abbinamento, anche piuttosto importante.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Giovanna Tantini: 93/100
    Naso delicato ma intenso, su ricordi floreale di rosa e frutti rossi, oltre a un’arancia che spazia dalla polpa alla buccia. Elegante e precisa anche la componente speziata, tra il pepe bianco e la cannella, accompagnata da ricordi di macchia mediterranea, dal rosmarino all’alloro. In bocca una gran bella tensione fresco-sapida, su ritorni dei frutti avvertiti al naso. Chiude altrettanto fresco, sapido e fruttato. Vino tra i più completi e di prospettiva della denominazione.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Infinito”, Santi: 91/100
    Naso intenso, in cui il frutto maturo gioca tra i rintocchi netti di spezia, con chiodo di garofano e noce moscata in grande spolvero, assieme a ricordi di cannella. Il frutto è quello rosso, di bosco, con accenni di mela verde ben abbinati alle componenti “dure”, saline, iodiche. Al palato si conferma un vino energico, più teso che largo, su ritorni di ribes e fragola di bosco appena matura e mela Granny Smith. Ottima gastronomicità e propensione al lungo affinamento, anche grazie a una nobile componente tannica, ben evidente nell’asciutto finale.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Sartori: 85/100
    Vino giocato su sentori sottili, delicati, che spaziano dal floreale di rosa ai piccoli frutti di bosco, croccanti, appena maturi. Più intenso e deciso il palato, che non brilla in complessità o in allungo, mostrando tuttavia un bel frutto rosso e una bella venatura fresco iodica. Vino di pronta beva, ineccepibile, con uno, due anni di vita davanti.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Mont’Albano”, Sartori: 86/100
    Naso intenso ed elegante, su una bella componete fruttata matura, piena e di gran precisione. Ottimo apporto della componente speziata, che in un naso così ricco di frutta fa da contraltare e riequilibra la bilancia. Spezie dolci, come la cannella, giocano sulle note di ribes, lamponi, piccole fragoline di bosco, assieme a ricordi di erbe aromatiche mediterranee. Il palato scorre con un po’ troppa agilità sulle sole note fruttate mature, pur ben sostenute dalla freschezza. Vino ottimo oggi come aperitivo, con prospettiva media di affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “El Salgar”, Seiterre: 84/100
    Vino dal colore più carico della media della denominazione, tendente al cerasuolo. Al naso si alternano note agrumate, di ribes, di lampone e fragolina di bosco, a rintocchi di spezie nere (pepe) e cannella, chiodi di garofano e noce moscata. Un naso, in definitiva, che preannuncia una certa “corpulenza”. La si ritrova, in effetti, ma quanto in base alle attese. La complessità del sorso è troppo inferiore a quella del naso e disegna un vino di pronta beva, tutto giocato sulle componenti fresco acide (pompelmo rosa, ribes).
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “I Territori”, Tenuta la Presa: 90/100 
    Naso ricco, grondante di succo, dai frutti di bosco alla polpa e alla scorza del pompelmo rosa, con chiaro accento floreale di rosa. Corrispondente al palato, torna per l’appunto sulla componente fruttata sin dall’ingresso, sviluppando al centro del sorso agrumi e sapidità, presenti in tutta la loro pienezza anche nell’allungo. Finale asciutto e precisissimo, su uno sferzante ed elettrico ricordo pepato. Vino del tutto appagante oggi, che mostra buone prospettive di affinamento futuro.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Le Selezioni”, Tenuta la Presa: 91/100
    Componente speziata dolce e nera (pepe) ben si combinano col frutto, che qui assume accenti esotici, tropicali, accostati alle classiche bacche rosse croccanti, di bosco. Il palato conferma quanto avvertito al naso. Un vino fuori dalla media, in positivo, in termini di struttura, tensione, freschezza e gastronomicità. Giovanissimo, come dimostra la componente tannica (pur elegante) che si accosta all’imponente vena iodico-salina, darà il meglio di sé negli anni a venire.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Valetti: 85/100
    Naso elegante, floreale e fruttato, delicato ma di ottima intensità. Al palato un’ottima corrispondenza, beva agile ma appesantita da un frutto maturo non del tutto retto e controbilanciato da altrettanta freschezza o mineralità. Classico vino “glu-glu” disimpegnato, da bere ghiacciato senza troppe elucubrazioni mentali.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2019, Villa Calicantus: 91/100
    Colore più carico della media, tendente al cerasuolo e dai riflessi aranciati. Al naso è ricco, pur staccandosi completamente dal resto dei vini della denominazione, giocando una partita a sé. Chiare note ematiche, ferrose, accostano i frutti rossi pur tipici del Chiaretto di Bardolino, in un quadro che solo in apparenza potrebbe apparire “stanco”. L’ossigenazione apre a nuances di erbe aromatiche che spaziano dal timo alla mentuccia, abbinate a ricordi di arancia e ginger candito.

    Nemmeno troppo in sottofondo, note di spezie dolci come cannella, noce moscata, vaniglia bourbon. Il continuo murare del nettare nel calice invita alla pazienza, con l’ossigenazione che ripaga contribuendo a incomplessire ulteriormente il quadro, attraverso ricordi di camomilla e filtro di tè verde. È certamente uno dei nasi più complessi, pur discostanti, del tasting in questione.

    Al palato sorprende per l’ottima compresenza di note larghe e note verticali, in un susseguirsi di note aranciate, ferrose ed ematiche che riportano al Sangiovese, e note più dense e cariche di frutta fresca, come ribes, fragoline e lamponi.

    La chiusura è in realtà un allungo quasi infinito, che pur nella sua “asciuttezza” non disdegna di evidenziare il braccio di ferro tra le durezze di una mineralità e la lascivia succosa del frutto rosso. Vino certamente figlio di una filosofia produttiva vicina agli ambienti naturali e, per questo, ancora più apprezzabile la sua presenza in batteria, a dimostrare con fierezza e coraggio la propria autentica “diversità”.

  • Chiaretto di Bardolino 2020, Villa Medici: 85/100
    Colore leggermente più carico della media. Tipica nota aranciata preponderante al naso, su bel sottofondo speziato caldo, dolce. Palato che abbina con semplicità le note piene e precise di frutti rossi a una buona freschezza.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Zenato: 90/100
    Colore più carico rispetto alla media della denominazione. Naso di bella complessità, che abbina alle note piene e precise di frutta rossa matura (ribes, lampone, fragola, arancia e pompelmo rosa) belle tinte florale di rosa e speziate che spaziano dalla dolce cannella al chiodo di garofano. Completa il quadro un tocco balsamico, quasi resinoso, nonché di radice di liquirizia. Al palato riecco tutte le componenti avvertite al naso, con buon apporto fresco e salino a sostenere un finale dominato ancora una volta da un frutto pieno e preciso.
  • Chiaretto di Bardolino Classico Anfora 2019, Zeni 1870: 88/100
    Colore che inizia a virare all’aranciato. Gran bell’apporto di frutto al naso, unito a ricordi di arancia che tende al candito e a una speziatura scura, di pepe nero e chiodo di garofano, nonché alla cannella. A completare il quadro, ricordi di erbe aromatiche mediterranee. Al palato entra piuttosto verticale, sapido, fresco e su un tannino nobile, a supportare un frutto pieno, maturo, garbato. Bello l’allungo in cui si assiste alla fusione di tutte le componenti, dal salino al fruttato, dal fresco all’amaro garbato. Vino di grande gastronomicità, che ha tuttavia nell’alcolicità (o, per lo meno, degustando alla cieca, nella sua accentuata percezione rispetto alla media della denominazione) un sicuro punto debole.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Vigne Alte”, Zeni 1870: 87/100
    Vino dal colore più carico rispetto alla media della denominazione. Bel naso che abbina frutto rosso, note minerali, iodiche, e speziate fresche. Prevale comunque il tono fruttato, che va dalla fragolina al lampone, dal ribes all’arancia perfettamente matura, su un elegante floreale di rosa. Al palato una buona corrispondenza, su ritorni di tutte le note già avvertite al naso e una bella croccantezza e concretezza. Vino decisamente concreto e gastronomico, adatto a un affinamento medio (1, 2 anni).
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Vigneti Villabella: 87/100
    Naso che abbina una bella componente speziata e di erbe aromatiche mediterranee al frutto rosso, maturo, grondante di succo. Al palato un frutto di maturità meno esuberante, nonché le belle note erbacee già avvertite al naso, unite a una buona salinità e freschezza. Allungo uniforme, di media persistenza, su una stuzzicante venatura amarognola che invoglia il sorso successivo.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2018 “Gaudenzia”, Villa Cordevigo: 91/100
    Colore leggermente più carico rispetto al resto della denominazione, brillante. Naso pieno, di frutto rosso soprattutto, con belle venature di spezia ed erbe aromatiche come il rosmarino e l’alloro. Al palato si ripresenta in tutta la completezza avvertita al naso, su note di frutta matura (ribes, lampone, fragolina di bosco) ben abbinate a una freschezza d’arancia rossa e pompelmo rosa e ad un evidente richiamo salino. Vino di ottima gastronomicità, teso ma elegante, con sicure prospettive di ulteriore crescita negli anni a venire.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Cà Vegar”, Vitevis: 84/100
    Rosa dai riflessi aranciati. Naso sulle erbe mediterranee e sul frutto rosso. Al palato corrispondente, nel suo mostrarsi vino agile e snello, di pronta beva, connotato da richiami fruttati e salini.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Cantina del Garda Vitevis: 85/100
    Buona intensità all’olfatto, tra un floreale di rosa e violetta e un fruttato che spazia dal bosco (lampone, fragolina, ribes matura) alla pesca a polpa gialla. Note che si ripresentano al palato, in tutta la semplicità agile di una beva spensierata, tra il fruttato e lo iodico.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Terre di Castelnuovo”, Vitevis: 84/100
    Rosa leggermente più carico rispetto alla media della denominazione. Naso e palato “tutti frutti” (rossi) ben retti dalla freschezza. Beva agile per un vino che punta a un consumo estivo e all’abbinamento a tutto pasto, nonché a piatti di elaborazione medio-semplice.
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degustati da noi vini#02

Barolo Docg Cannubi 2015, Borgogno

Se è vero che «l’attesa del piacere è essa stessa il piacere», aprire una bottiglia di Barolo Cannubi 2015 Borgogno nel 2021 dovrebbe essere ascritto tra i reati contro la libidine. Ma non tutti hanno velleità alla Gotthold Ephraim Lessing. E allora eccoci qui a raccontare un vino d’eccezione, che si aggiudica un punteggio di 96/100.

LA DEGUSTAZIONE
Il sipario del Barolo Docg Cannubi 2015 di Borgogno si apre piano, lentamente (riecco l’attesa, facciamocela bastare). Il primo attore, sua maestà il Nebbiolo, è in leggera penombra. Se ne scorge distintamente l’abito usuale, quella divisa d’un rosso rubino luminoso, tendente al granato. Inconfondibile.

L’ossigenazione accende il microfono e l’accento di Cannubi inizia a risuonare in sala. È un mazzo di violette e rose, tra i frutti rossi e le spezie dolci. Si distinguono ciliegie mature, grondanti di succo, così come ribes e lamponi, oltre a note vaniglia bourbon e fondo di caffè.

Solo in un secondo momento, un bell’accento mediterraneo, d’erbe aromatiche, su ricordi di liquirizia e noce moscata. Un quadro elegantissimo, in cui ogni componente gioca il suo ruolo senza prevaricare sulle altre.

Lo stesso si può dire del palato, che ripresenta il linguaggio elegante del Barolo e le sfumature che rendono Cannubi una collina unica al mondo. Riecco in particolare la ciliegia, in un ingresso tanto pieno, largo e voluttuoso, quanto teso e verticale, nel gioco tra il frutto, la freschezza e un tannino in cravatta che fa il paio con una carezzevole salinità.

L’affinamento in legno rende ancora più complesso il sorso, donando lunghezza e ricchezza a un finale balsamico e fresco, asciutto e assolutamente appagante. L’attesa, in definitiva, farà bene a questo Barolo e a chi saprà resistere alla tentazione di stapparlo.

Ma il Cannubi 2015 di Borgogno è certamente uno di quei Barolo in grado di regalare grandi emozioni sin dai primi anni di una lunga vita. Perfetto l’abbinamento con piatti strutturati a base di carne, a partire da una pappardella condita con ragù di cinghiale, passando poi secondi come un brasato, il gulasch o il manzo alla griglia o alla brace.

LA VINIFICAZIONE
Il Barolo Cannubi 2015 di Borgogno nasce, come indica l’etichetta, dalla “Menzione geografica aggiuntiva” (Mga) di Cannubi. Esposizione a sud e altitudine compresa fra i 290 a i 320 metri sul livello del mare, per appena 1,30 ettari di vigneto ad Archetto (Guyot modificato).

La densità di impianto è pari a 4 mila ceppi per ettaro, con le radici del Nebbiolo che affondano in terreni composti da marne calcareo argillose, leggermente sabbiose. La vendemmia, nel 2015, è iniziata nella prima decade di ottobre.

Un inverno caratterizzato da abbondanti nevicate e una primavera con temperature miti sin dal mese di febbraio, ha consentito un anticipo del ciclo vegetativo che si è poi mantenuto nel proseguo dell’annata.

La stagione, come riferisce Borgogno, è proseguita con un susseguirsi di precipitazioni tra la fine del mese di maggio e la prima decade di giugno, con temperature che si sono poi stabilizzate su valori massimi sopra la media.

Il caldo non ha però causato nessun fenomeno di stress ai vigneti, grazie alle abbondanti riserve idriche accumulate nei primi mesi (nevosi) dell’anno. Il quadro, in definitiva, di «una grande annata, da ricordare, come poche altre nella storia».

Dopo la vendemmia nella vigna Cannubi, le uve hanno subito una fermentazione spontanea di 20 giorni in vasche in cemento, a temperature comprese tra i 22° e i 28°. A seguire, una lunga macerazione a cappello sommerso, che si è protratta per oltre 40 giorni.

In questa fase è avvenuta la fermentazione malolattica. Con l’innalzarsi delle temperature, nella primavera del 2016, il vino è stato travasato in grandi botti di rovere di Slavonia, in cui è rimasto ad affinare per 4 anni. Hanno completato la vinificazione 6 mesi in cemento, prima dell’imbottigliamento.

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degustati da noi vini#02

Chianti Docg Riserva 2016 Puro senza solfiti aggiunti, Fattoria Lavacchio

Dopo il primo Chianti Docg senza solfiti aggiunti, ecco il vino della “sfida nella sfida” di Fattoria Lavacchio: il Chianti Docg Riserva 2016 “Puro”. «Un vino nato per dimostrare che, anche in assenza di solfiti, il vino può invecchiare», per dirla con le parole della famiglia Lottero.

«L’importante è che l’uva sia matura, sana e incontaminata», aggiungono Faye Lottero e Dimitri Sidorinko, marito e moglie che conducono l’organic farm di Pontassieve (FI) dal 1999. “Puro” è un Sangiovese in purezza vinificato in acciaio e affinato in legno per 12 mesi, senza la minima aggiunta di solfiti, i “conservanti” del vino.

LA DEGUSTAZIONE
Anno domini 2021, 5 anni dalla vendemmia. Nel calice, il Chianti Riserva 2016 di Fattoria Lavacchio si presenta di un rubino intenso, dal quale si elevano note floreali di violetta e fruttate di amarena e lampone selvatico maturo.

Il legno aggiunge complessità al nettare e appare ben integrato, attraverso le sue attribuzioni speziate dolci. Un tocco di spezia finissima completa un quadro tendenzialmente morbido e voluttuoso, conferendo l’auspicata verve.

Il palato è in perfetta corrispondenza con il naso. Sorso morbido ma animato dalla corretta freschezza, a sorreggere un frutto rosso che si conferma succoso, pienamente maturo. Non manca un tannino fine e ancora non del tutto addomesticato: ennesima dimostrazione di come questo Chianti Riserva abbia davanti ancora 3, 4 anni di positiva evoluzione.

A tavola si abbina alla perfezione con piatti, anche elaborati, a base di carni rosse. Si può spaziare dai primi ricchi di ragù ai secondi come grigliate e brasati. Bene anche in accompagnamento a formaggi stagionati.

LA VINIFICAZIONE
La vinificazione del Chianti Riserva “Puro” prevede innanzitutto la diraspatura delicata delle uve Sangiovese, in ottimo stato di maturazione fenolica. Seguono poi fermentazione spontanea e macerazione a temperatura controllata in acciaio per circa 10 giorni, con numerosi rimontaggi e delestages, utili ad estrarre le componenti più morbide.

Dopo la fermentazione malolattica, che avviene molto rapidamente data l’assenza di solfiti, il vino viene travasato in barrique. L’affinamento si prolunga nei piccoli contenitori di legno per circa 12 mesi.

Dei 110 ettari complessivi di cui può disporre Fattoria Lavacchio a Pontassieve, a una ventina di chilometri da Firenze, solo 21 sono destinati a vigneti, tutti certificati biologici. Vitigno principe è ovviamente il Sangiovese, che affonda le radici in terreni ricchi di scheletro e galestro, a 450 metri di altezza rispetto al livello del mare.

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Südtirol Alto Adige Doc St. Magdalener 2019 “Moar”, Cantina Bolzano

Parola d’ordine “matrimonio”. Schiava e Lagrein, due dei vitigni simbolo dell’Alto Adige, si combinano alla perfezione nel Südtirol Alto Adige Doc St. Magdalener 2019 “Moar” di Cantina Bolzano. Un vino che è risultato dell’esclusiva di posizione, età delle viti e conduzione attenta del vigneto, nella zona classica di produzione del Santa Maddalena.

LA DEGUSTAZIONE
Il “naso” di Moar si esprime generoso ed elegante, su note floreali e fruttate. Spiccano violetta, ciliegia e mora, abbinate a note meno mature di fragoline di bosco e ribes. In sottofondo, voluttuosi sbuffi di tabacco dolce e cioccolato. Un quadro morbido e setoso, dotato al contempo di una eccellente tensione.

Un St. Magdalener che conferma il suo equilibrio anche al palato, nel segno della corrispondenza gusto-olfattiva. Ritorni di frutta matura (ciliegia, mora) ben controbilanciati dalla freschezza e da pregevoli accenti salini. Uno di quei vini che, a tavola, finiscono in un batter d’occhio.

Perfetto l’abbinamento con piatti della tradizione dell’Alto Adige, come la Carne Salada. In generale “Moar” 2019 fa il paio con la carne, dai primi ai secondi di media elaborazione. Da provare sulle tagliatelle con ragù di selvaggina, carni affumicate, canederli, speck, pizza, pasta e formaggi di media stagionatura.

LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione è quella classica del St. Magdalener, sui pendii a nord di Bolzano. Schiava e Lagrein affondano le radici in terreni ghiaiosi. La vendemmia ha inizio a metà ottobre. Le uve, attentamente selezionate, seguono la tradizionale vinificazione in rosso.

Terminata la fermentazione, il vino atto a divenire “Moar” affina in grandi botti di rovere, per proseguire con l’affinamento in bottiglia che precede la commercializzazione. Certamente uno dei vini simbolo di Cantina Bolzano.

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Vigna Casi, Poggiarso e Camboi: i Cru di Castello di Meleto nel Chianti Classico

«Non abbiamo 142 ettari vitati, ma 142 volte un ettaro», dice Michele Contartese, direttore generale di Castello di Meleto, nel raccontare il “Progetto Cru“. La zonazione dei vigneti ha consentito di suddividere le proprietà della tenuta di Gaiole in Chianti in cinque sottozone. Diverse per clima, pendenze, esposizione, composizione dei suoli e altimetria.

Tre i Cru individuati, in grado di dare vita ad altrettanti vini da singola vigna: Chianti Classico Gran Selezione Docg “Vigna Casi” 2017, Chianti Classico Gran Selezione Docg “Poggiarso” 2017 e Toscana Rosso Igt “Camboi” 2018.

CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE DOCG “VIGNA CASI” 2017
Solo Sangiovese per questo Gran Selezione che nasce in un vigneto, posto a circa 450 m sul livello del mare, suddiviso in Casi Sopra, coltivato ad alberello, e Casi Sotto, coltivato a Guyot, il cui terreno è composto da arenaria e galestro.

Parte del vino sosta per 27 mesi in botti di rovere di Slavonia da 30 hl, la restante parte in botte di rovere francese da 50 hl. Rosso rubino luminoso risulta subito intenso ed invitante al naso.

Note importanti di frutta rossa matura, ciliegia, frutti di bosco e prugna in prevalenza, cui si affiancano sentori caldi di spezie. In bocca è avvolgente, fresco e succoso con tannini compatti, ben presenti ma vellutati.

CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE DOCG “POGGIARSO” 2017
La vigna Poggiarso racconta di sé già dal nome. Il “poggio” (collina), posto a 500 m slm, è definito “arso” per via dei terreni rocciosi composti da alberese, argilla e galestro nonché per la sua esposizione a sud che ne determina le grandi escursioni termiche fra giorno e notte.

Lo scheletro roccioso della collina, tanto resistente da aver costretto ad utilizzare la dinamite per realizzare i primi scassi, dà vita ad un Sangiovese austero. Elevato per 27 mesi in botti di rovere francese da 50 hl, Poggiarso si presenta di color porpora con riflessi granati.

Piccoli frutti rossi maturi, viola ed una vena speziata dominano l’esperienza olfattiva che si completa con una netta nota di grafite, a tratti quasi sulfurea. In bocca non delude.

L’ingresso del sorso è affilato e preciso, più verticale di Vigna Casi e per certi aspetti più “rustico”. I tannini sono vivi e vivaci ma non invasivi e non disturbano durante la lunga persistenza che ripercorre tutte le note sentite al naso.

TOSCANA ROSSO IGT “CAMBOI” 2018
La vigna è situata nella sottozona fresca e ventilata caratterizzata da suoli argillosi un tempo adibita a pascolo, da cui il nome Camboi: “campo dei buoi”. Malvasia Nera del Chianti in purezza, varietà storicamente usata nel blend del Chianti Classico che l’azienda ha voluto recuperare in purezza per questo vino.

Rosso rubino molto carico con riflessi violacei conquista con profumi tipici del vitigno. Note floreali, soprattutto violetta, e un chiaro profumo di piccoli frutti rossi maturi.

Un leggero sentore d’incenso lo rende ancora più intrigante. In bocca la buona acidità, la morbidezza ed i tannini vivi ben si bilanciano fra loro dando vita ad un sorso equilibrato e gastronomico.

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Cresce la famiglia “Zero Infinito” di Pojer e Sandri: ecco Grappa, Aceto e Solera

Tornerà in commercio con la nuova annata il 21 marzo Zero Infinito di Pojer e Sandri, celeberrimo Metodo ancestrale da uve Solaris (Piwi). Momento atteso da tutti gli appassionati di questo vino notoriamente sold-out entro agosto.

Se l’anno scorso la novità era dettata dalla nuova versione “in rosso” Cremisi, nel 2021 gli amanti dei vini da vitigni resistenti potranno cimentarsi con un’intera linea di prodotti figli del «sogno di poter fare il vino con la sola uva, senza alcuna aggiunta esogena, no aria, no ossigeno, no antiossidanti», per dirla con Mario Pojer.

Accanto ai due “col fondo” Zero Infinito e Zero Infinito Cremisi debuttano infatti Zero Infinito Perpetuo, Grappa Zero Infinito e Aceto Zero Infinito.

LA DEGUSTAZIONE

ZERO INFINITO PERPETUO
Prodotto con uve Solaris, Muscaris e Souvigner Girs a vendemmia tardiva, Perpetuo è vinificato con una tecnica che ripercorre la tradizione caucasica e spagnolo-siciliana. Dal Caucaso l’idea di una lunga macerazione a contatto con le bucce per arricchire il vino di tannino, antiossidante naturale.

Il vino così ottenuto è elevato per 10 anni in botti di rovere ex-Brandy, con ricolmature progressive nelle annate successive. Una tecnica simile a quella del Soleras ispanico o della tradizione del Marsala pre-controllo britannico.

Il risultato è un vino frutto dell’assemblaggio di più annate, dalla 2009 alla 2019, dal colore ambrato con riflessi rame molto luminosi. Al naso è ricco e regala subito note calde di frutta secca a guscio, dattero fresco, frutta tropicale e miele d’acacia.

Segue un leggero sentore tostato e leggermente fumé, che ricorda quasi il fumo di torba, accompagnato da una viva vena agrumata che rinfresca l’esperienza olfattiva ed invoglia al sorso. In bocca delude un po’.

Con un naso così generoso ci si aspetterebbe la stessa opulenza anche al sorso, invece Perpetuo è sfuggente. Secco e asciutto è supportato da una viva acidità, che lo rende estremamente scorrevole. Lungo, ma non lunghissimo, nasconde bene i suoi 16% abv.

GRAPPA ZERO INFINITO
Grappa bianca, cristallina, è ottenuta dalla distillazione discontinua a bagnomaria di vinacce di uva Solaris. Intensa al naso ma non aggressiva. Profumi nitidi e puliti di frutta esotica, ananas, banana, frutta gialla, con un fondo di miele ed un tocco di anice.

Equilibrata in bocca, nonostante i 48% abv, risulta avvolgente e pulita con un retro olfattivo che ripercorre fedelmente le note sentite al naso.

ACETO ZERO INFINITO
Anch’esso ottenuto da uve Solaris, si presenta di color giallo oro ed accoglie con la sua carica aromatica già all’apertura della bottiglia. Molto citrico, ma comunque bilanciato, ricorda l’aceto di mele anche se in versione più intensa, ricca e “tropicale”.

Un aceto che può trovare largo uso in cucina come condimento, ma che può piacevolmente accompagnare svariati piatti, donare un tocco fresco a zuppe e minestre, e far da contraltare a formaggi morbidi o di media stagionatura.

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Vino spumante Brut Bio Palmarès, Gorghi Tondi

Cresce quantitativamente e qualitativamente la produzione di spumanti in Sicilia. Tra i rappresentanti della categoria ecco lo spumante Brut Bio Palmarès di Gorghi Tondi, cantina di Mazara del Vallo, cittadina gioiello della provincia di Trapani, guidata dalle sorelle Annamaria e Clara Sala.

LA DEGUSTAZIONE
Alla vista si presenta di un giallo paglierino luminoso, ravvivato da un perlage fine e vivace. Al naso un trionfo di agrumi e fiori, con ricordi di mela e pera perfettamente mature.

La corrispondenza al palato è perfetta: l’acidità dell’agrume è ben bilanciata dagli altri ritorni di frutta, in un quadro asciutto e invitante, in cui non manca una bella vena salina.

Uno spumante Brut dal dosaggio zuccherino molto ben integrato, che concorre a rendere piacevole e irresistibile la beva. Palmarès si rivela così uno spumante siciliano semplice ma tutt’altro che banale.

Ottimo da solo, come “rimedio” alla calura, regala soddisfazioni anche in cucina. Da provare, come suggerisce proprio Gorghi Tondi, su piatti a base di pesce e crostacei. Bella figura garantita anche su un petto di pollo al limone.

LA VINIFICAZIONE
Palmarès è prodotto da uve Grillo in purezza, provenienti da una vigna di 17 anni la cui produzione è controllata per garantire la massima qualità: la resa è circa 80 quintali per ettaro, mentre la densità di impianto si assesta sui 4.600 ceppi per ettaro.

Il terreno è pianeggiante, composto da un substrato calcareo, di medio impasto tendente al sabbioso, all’interno della Riserva Naturale WWF in cui si trova la stessa Gorghi Tondi. La vendemmia delle uve Grillo avviene nella prima decade di agosto.

Per la vinificazione di Palmarès si procede alla fermentazione in acciaio a temperatura controllata del vino base, che viene successivamente messo in autoclave. Qui viene addizionato di mosto fresco, della stessa varietà e annata, nonché di lieviti, per avviare la rifermentazione.

L’affinamento avviene in acciaio, per il periodo utile alla presa di spuma, da un minimo di 30 a un massimo di 50 giorni. Segue qualche mese di sosta in bottiglia prima della commercializzazione.

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“Benvenuto Off”: i punteggi al Brunello di Montalcino 2016

È andato in scena nel weekend il primo appuntamento con la stampa di Benvenuto Brunello Off, l’evento organizzato dal Consorzio per presentare i Brunello di Montalcino 2016, Brunello Riserva 2015, Rosso di Montalcino 2019, Moscadello e Sant’Antimo di 140 cantine.

Strettissime le misure di sicurezza adottate in una Montalcino blindata, deserta e silenziosa, avvolta addirittura da una coltre di nebbia nelle mattinate di sabato 6 e domenica 7 marzo 2021.

Si accede ai tavoli di degustazione allestiti al Chiostro del Museo di Montalcino con ordine, previa misurazione della temperatura corporea e consegna di un tampone Covid negativo. Ad accogliere i 25 giornalisti, oltre allo staff del Consorzio, la squadra – molto ben organizzata – dell’Associazione italiana sommelier, scelta per il servizio.

L’attenzione di WineMag.it si concentra su tutti i Brunello di Montalcino 2016 e su tutte le selezioni di vigna di Brunello 2016. Ben 193 campioni, cui abbiamo assegnato un punteggio sulla base di considerazioni che tengono conto sì dell’auspicabile “futuribilità” dell’etichetta, ma anche dell’attuale precisione, equilibrio tra componenti e, non ultimo, dell’attuale “godibilità”.

Quello che colpisce è di fatto un’annata 2016 in cui è evidente il lavoro di squadra dei produttori di Montalcino, ben oltre le caratteristiche climatiche della vendemmia. Al di là di qualche (rara) espressione più “commerciale”, raccontata da un utilizzo pesante del legno (tostature e balsamicità un po’ troppo preponderanti), sorprende in positivo il fil-rouge tra i vari campioni.

In tal senso, Montalcino può dirsi una delle poche Doc(g) d’Italia in cui la Denominazione vada oltre alla scelta “di etichetta”. Nel Bel paese si assiste di fatto, ormai da anni, a una sorta di svuotamento del valore organolettico delle Denominazioni, sfruttate per penetrare i mercati per la riconoscibilità del “nome”, più che per sintetizzare (ed esaltare, uniformemente) le caratteristiche di un preciso territorio.

Ecco dunque una perfetta riconoscibilità del Brunello nell’annata 2016, che si presenta nel calice così come ha fatto sui mercati, anche in un anno difficile e segnato dalla pandemia come il 2020: una vera e propria “corazzata”, in cui tutti marciano, con coscienza e rispetto, nella stessa direzione.

Dal punto di vista strettamente tecnico, molti Brunello 2016 sorprendono per “prontezza”m abbinata – chi più chi meno – a ottime prospettive di ulteriore affinamento e positiva evoluzione.

I Brunello di Montalcino 2016 (annata “5 Stelle”) sono genericamente vini con ottimo equilibrio tra le componenti. In particolare, sono dotati di un tannino elegante, in cravatta. Piuttosto “dolce”, ma tutt’altro che arrendevole. Cosa manca per far dire sempre “wow”?

Forse un po’ di “materia”, un po’ di polpa. Un po’ di “riserve di grasso” da sfoderare nell’allungo, nella sfida con le lancette dell’orologio. Vini che, nel rispetto delle caratteristiche tradizionali della denominazione, possono avere una marcia in più sin da subito, tra i competitor dei Fine Wines internazionali.

BRUNELLO DI MONTALCINO 2016: LA DEGUSTAZIONE

A

  • Agostina Pieri: 89/100
  • Aisna – Camponovo: 94/100
  • Aisna: 91/100
  • Albatreti: 93/100
  • Altesino – Montosoli: 94/100
  • Altesino: 92/100
  • Argiano: 93/100
  • Armilla: 91/100

B

  • Baccinetti: 87/100
  • Banfi – Poggio alle Mura: 94/100
  • Banfi – Vigna Marrucheto:  95/100
  • Banfi – Castello Banfi: 89/100
  • Barbi – Vigna Del Fiore: 93/100
  • Barbi: 91/100
  • Baricci: 94/100
  • Beatesca: 88/100
  • Belpoggio: 86/100
  • Bonacchi: 85/100
  • Bottega: 82/100

C

  • Camigliano – Paesaggio Inatteso: 91/100
  • Camigliano: 89/100
  • Campogiovanni: 88/100
  • Canalicchio di Sopra – La Casaccia: 95/100
  • Canalicchio di Sopra: 91/100
  • Canneta: 88/100
  • Cantina di Montalcino: 84/100
  • Capanna: 90/100
  • Capanne Ricci: 92/100
  • Caparzo – Vigna La Casa: 92/100
  • Caparzo: 90/100
  • Caprili: 88/100
  • Carpineto: 91/100
  • Casa Raia: 87/100
  • Casanova Di Neri: 93/100
  • Casanuova Delle Cerbaie: 88/100
  • Casisano: 91/100
  • Castello Romitorio: 92/100
  • Castello Romitorio – Filo di Seta: 94/100
  • Castello Tricerchi – “A.D. 1441”: 94/100
  • Castello Tricerchi: 92/100
  • Castiglion Del Bosco – Campo Del Drago: 90/100
  • Castiglion Del Bosco: 88/100
  • Cava D’Onice – Colombaio: 89/100
  • Cava D’onice: 88/100
  • Celestino Pecci – Poggio al Carro: 91/100
  • Celestino Pecci: 91/100
  • Cerbaia: 89/100
  • Ciacci Piccolomini d’Aragona – Pianrosso: 92/100
  • Ciacci Piccolomini d’Aragona: 90/100
  • Col D’orcia – Biologico: 90/100
  • Col Di Lamo – Diletta: 90/100
  • Col Di Lamo: 89/100
  • Collemattoni: 94/100
  • Collosorbo: 91/100
  • Cordella: 89/100
  • Corte Pavone Loacker Wine Estates – Fior Di Meliloto: 90/100
  • Corte Pavone Loacker Wine Estates: 88/100
  • Corte Pavone Loacker Wine Estates – Campo Marzio: 91/100
  • Corte Pavone Loacker Wine Estates – Fiore Del Vento: 90/100
  • Cortonesi – Poggiarelli: 96/100
  • Cortonesi – La Mannella: 89/100

D

  • Donatella Cinelli Colombini: 88/100
  • Donatella Cinelli Colombini – Prime Donne: 87/100

E

  • Elia Palazzesi Collelceto: 93/100

F

  • Fanti – Vallocchio: 91/100
  • Fanti: 88/100
  • Fattoi: 91/100
  • Fattoria Del Pino: 87/100
  • Ferrero: 85/100
  • Fornacella: 90/100
  • Fornacina: 91/100
  • Fossacolle: 87/100
  • Franco Pacenti: 93/100

I

  • Il Palazzone: 92/100
  • Il Paradiso Di Frassina: 89/100
  • Il Poggione: 91/100

L

  • La Colombina: 87/100
  • La Fiorita – Fiore Di No: 92/100
  • La Fiorita: 87/100
  • La Fornace: 89/100
  • La Fornace – Origini: 94/100
  • La Fortuna – Giobi 2016: 87/100
  • La Fortuna: 85/100
  • La Gerla: 86/100
  • La Lecciaia: 85/100
  • La Lecciaia – Vigna Manapetra: 89/100
  • La Magia – Ciliegio: 93/100
  • La Magia: 91/100
  • La Palazzetta: 86/100
  • La Poderina: 91/100
  • La Rasina – Persante: 87/100
  • La Rasina: 85/100
  • La Serena: 86/100
  • La Togata – La Togata Dei Togati: 98/100
  • La T0gata: 90/100
  • Lambardi: 84/100
  • Lazzeretti: 90/100
  • Le Chiuse: 92/100
  • Le Gode – Vigna Montosoli: 89/100
  • Le Gode: 87/100
  • Le Macioche Famiglia Cotarella: 91/100
  • Le Ragnaie: 93/100
  • Lisini: 90/100

M

  • Madonna Nera: 87/100
  • Martoccia di Brunelli: 88/100
  • Mastrojanni: 92/100
  • Mastrojanni – Vigna Loreto: 95/100
  • Musico: 94/100
  • Máté: 91/100

P

  • Padelletti: 90/100
  • Palagetto: 90/100
  • Palazzo – Cosimo: 92/100
  • Palazzo: 90/100
  • Paradiso Di Cacuci: 87/100
  • Pian delle Querci: 90/100
  • Pian delle Vigne: 93/100
  • Piancornello: 91/100
  • Pietra: 96/100
  • Pietroso: 95/100
  • Pinino – Vigna Pinino: 97/100
  • Pinino: 91/100
  • Piombaia: 96/100
  • Podere Brizio: 93/100
  • Podere Le Ripi – Amore e Magia: 94/100
  • Podere Le Ripi – Cielo d’Ulisse 2016: 92/100
  • Poggiarellino di Ginotti Lodovico: 91/100
  • Poggio Antico: 91/100
  • Poggio Antico – Altero: 91/100
  • Poggio Landi: 89/100
  • Poggio Lucina: 94/100
  • Poggio Dell’Aquila: 89/100
  • Poggio Di Sotto: 96/100
  • Poggio Il Castellare: 89/100

R

  • Renieri: 91/100
  • Ridolfi: 94/100
  • Ridolfi – Donna Rebecca 2016: 90/100

S

  • Salvioni La Cerbaiola: 95/100
  • San Guglielmo di Martini Ilaria: 93/100
  • San Polino: 93/100
  • San Polino – Helichrysum: 95/100
  • San Polo – Podernovi: 91/100
  • San Polo: 92/100
  • Sancarlo: 91/100
  • Sanlorenzo: 95/100
  • Santa Giulia:  90/100
  • Sassodisole – Sassodiluna: 90/100
  • Sassodisole: 89/100
  • Scopetone La Melina: 89/100
  • Scopone: 88/100
  • Sesta di Sopra: 88/100
  • Sesti: 92/100
  • Solaria Az. Agr. Cencioni Patrizia – “31 Anni”: 92/100
  • Solaria Az. Agr. Cencioni Patrizia: 90/100

T

  • Talenti – Piero: 91/100
  • Talenti: 88/100
  • Tassi Di Franci Franca – Colombaio: 95/100
  • Tassi Di Franci Franca: 92/100
  • Tenuta Buon Tempo: 89/100
  • Tenuta Crocedimezzo: 89/100
  • Tenuta di Sesta: 87/100
  • Tenuta La Fuga: 86/100
  • Tenuta San Giorgio – Ugolforte: 93/100
  • Tenute Silvio Nardi – Vigneto Poggio Doria: 96/100
  • Tenute Silvio Nardi – Vigneto Manachiara: 94/100
  • Tenute Silvio Nardi: 93/100
  • Terralsole: 89/100
  • Terre Nere: 90/100
  • Tiezzi Enzo e Monica – Vigna Soccorso: 96/100
  • Tiezzi Enzo e Monica – Poggio Cerrino: 94/100
  • Tornesi – “Benducce 570”: 95/100
  • Tornesi: 94/100

U

  • Uccelliera: 93/100

V

  • Val di Suga – Vigna Spuntali: 93/100
  • Val di Suga – Vigna Del Lago 2016: 91/100
  • Val di Suga – Poggio Al Granchio: 94/100
  • Val di Suga: 90/100
  • Vasco Sassetti: 89/100
  • Ventolaio: 88/100
  • Verbena – “Le Pope” – 90/100
  • Villa I Cipressi – Selezione Zebras: 95/100
  • Villa I Cipressi: 89/100
  • Villa Poggio Salvi – Pomona: 93/100
  • Villa Poggio Salvi: 88/100
  • Villa Al Cortile: 89/100
  • Vini Italiani Da Sogno La Togata – Jacopus: 89/90
  • Vini Italiani Da Sogno La Togata – Notte Di Note: 88/100
  • Vini Italiani Da Sogno La Togata – Carillon 2016. 87/100
  • Voliero: 92/100

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degustati da noi vini#02

Vsq Metodo classico Rosé Note d’Agosto, Az. Agr. Alessio Brandolini

Un Metodo Classico da Pinot Nero che nasce in un territorio d’elezione per questo vitigno. Il Vsq Metodo Classico Rosé Note d’Agosto dell’Azienda Agricola Alessio Brandolini racconta la faccia di un Oltrepò in crescita, giovane e dinamico con basi solide.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice appare rosa salmone luminoso con perlage fine e persistente. Naso ricco e di buona eleganza che gioca su note di frutto rosso maturo, ribes e lampone, che si affiancano ad piacevole parte agrumata, fra scorza e polpa.

In bocca la bolla è avvolgente. Di buona freschezza e sapidità risulta pulito e preciso al sorso con un retro olfattivo corrispondente al naso. Un vino piacevole ed in grado di dare soddisfazioni anche nell’abbinamento gastronomico.

LA VINIFICAZIONE
Prodotto esclusivamente nelle annate favorevoli le uve sono raccolte manualmente da vigneti posti fra i 250 e i 300 metri slm. La prima spremitura viene lasciata macerare sulle bucce per circa 4 ore per poi rimanere sulle fecce fini fino al momento della presa di spuma.

Le bottiglie riposano sui lieviti per un minimo di 48 mesi prima della sboccatura. Il dosaggio avviene esclusivamente utilizzando lo stesso vino.

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degustati da noi vini#02

Südtirol Alto Adige Doc Lagrein Riserva 2017 Taber, Cantina Bolzano

Il Südtirol Alto Adige Doc Lagrein RiservaTaber” è uno dei vini simbolo di Cantina Bolzano, ma non solo. È anche un’etichetta capace di rappresentare appieno le punte di qualità del Lagrein altoatesino, un vino amato e conosciuto in tutto il mondo. Sotto la lente di ingrandimento, la vendemmia 2017.

LA DEGUSTAZIONE
Il segreto di Taber? Il suo equilibrio, fuori e dentro al calice. Risulta di fatto un vino tipico, capace tuttavia di incontrare, con le sue caratteristiche e i suoi 4 grammi circa di residuo zuccherino, anche il gusto internazionale. Un bilanciamento che si ripercuote nelle note di degustazione, all’insegna dell’armonia.

Nel calice, il vino si presenta di un rosso purpureo, ancora molto giovane nonostante i 4 anni sulle spalle. Una Riserva, dunque, molto longeva, che si rivela perfettamente integra anche al naso, con note di frutta matura a bacca nera (mora) e rossa (ciliegia).

Un vino particolarmente indicato per chi ama i frutti di bosco, che qui ritroverà – sia al naso che al palato – in una veste intrigante, ben avvolti in un manto tanto fresco (netti i ricordi di mentuccia selvatica) quanto speziato (polvere di cacao, fondo di caffè, caramellina mou e vaniglia).

Il sorso denota un’ottima lunghezza e persistenza, all’insegna del gioco tra le note fruttate, la bilanciante acidità e i rintocchi salini, che donano nerbo alla beva.

I tannini setosi consentono peraltro di servire il Lagrein Riserva Taber a una temperatura non sempre adatta ai vini rossi: provare per credere a 14-15 gradi, per coglierne le sfumature più “dissetanti”. L’abbinamento perfetto?

Oltre ad essere apprezzabile da solo o in compagnia di un buon libro, il rosso simbolo di Cantina Bolzano sposa armonicamente i piatti a base di carne, dai primi ai secondi, così come i saporiti formaggi stagionati. Ottimi risultati, per esempio, con una bistecca di cervo. Buono oggi Taber, ma con ottime prospettive di ulteriore, positivo affinamento.

LA VINIFICAZIONE
Coltivato nella zona di Bolzano, il Lagrein è uno dei vitigni di punta dell’Alto Adige. È una varietà autoctona dalla quale i produttori altoatesini sanno ricavare un vino di grande carattere, in grado di distinguersi.

Le notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte, assieme ai terreni alluvionali sabbiosi e sciolti, consentono a Cantina Bolzano di centrare l’obiettivo. Non a caso, per il Lagrein Riserva Taber vengono utilizzate soltanto uve accuratamente selezionate.

La zona di produzione, nello specifico, è quella di Gries, dove la “Winery al Cubo” di Bolzano può contare su vigneti con piante di oltre 80 anni, a un’altezza di 250 metri sul livello del mare.

La vendemmia viene condotta generalmente da fine settembre a metà ottobre. La vinificazione prevede la fermentazione in botti di legno e l’affinamento per circa un anno in barrique francesi, alternate alle botti grandi.

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degustati da noi vini#02

Veneto Igt Bianco Prato di Canzio 2017, Maculan

Prato di Canzio è, senza ombra di dubbio, uno dei vini che meglio incarnano il savoir-faire della storica cantina Maculan di Breganze. Un “vino ritrovato”, la cui produzione era stata abbandonata sul finire degli anni Novanta, per essere riscoperta nel 2017. L’annata, per l’appunto, finita sotto la nostra lente di ingrandimento.

LA DEGUSTAZIONE
Giallo paglierino acceso, luminoso, con riflessi dorati. A quattro anni dalla vendemmia, Prato di Canzio 2017 esalta in maniera netta l’impronta vulcanica, sulla pietra bagnata. Ci scivola sopra, composto e ordinato, un cesto di frutta esotica matura.

Si spazia dall’ananas alla papaia, dal mango alla banana, unite ad albicocca e pesca gialla. L’ingresso di bocca è all’insegna delle note avvertite al naso. Non mancano ricordi speziati dolci, in particolare di vaniglia Bourbon, delicati e molto ben integrati.

Prato Canzo continua a divertire al palato, nel gioco prezioso tra note minerali e sapide e la morbidezza succosa della frutta già avvertita al naso. Il finale è fresco e asciutto, capace di chiamare il sorso successivo grazie soprattutto al ruolo della Vespaiola, l’uva regina di Breganze. In definitiva, un vino raffinato, elegante e super gastronomico.

LA STORIA
E pensare che la cantina di Breganze ha scelto di riscoprire il suo blend di uve a bacca bianca, prodotto tra il 1978 e il 1996, solo a partire dal millesimo 2017. Si tratta di un’etichetta storica, tra le più rappresentative della Cantina.

Non a caso riuscì a conquistare anche il gusto di Gualtiero Marchesi, che ne volle un’etichetta personalizzata con il nome del suo ristorante. La produzione fu interrotta nel 1996 in risposta a una tendenza dell’epoca, che privilegiava i vini monovarietali.

A differenza delle annate storiche, in Prato di Canzio 2017 è aumentata la quota di uva Vespaiola, varietà autoctona che ha il pregio di donare freschezza ai vini, non a caso utilizzata a Breganze per la produzione del “dolce non dolce” Torcolato. Diverso anche l’uso del legno, oggi più contenuto.

LA VINIFICAZIONE
L’uvaggio è composto per il 50% da uve Chardonnay, per il 30% da Vespaiola e per il restante 20% da Sauvignon blanc. La vinificazione delle tre uve è differente: in acciaio per Sauvignon e Vespaiola, mentre la fermentazione dello Chardonnay avviene all’interno di barrique di rovere francese.

In fase di affinamento, solo lo Chardonnay trascorre 5 mesi in barrique sui lieviti, mentre le altre due affinano in acciaio, finendo per riposare un anno in bottiglia. Solo 1.300 i pezzi prodotti da Maculan per l’annata 2017.

Il nome Prato di Canzio è legato all’antica storia di Cantium, legionario romano al quale, terminata la carriera militare, fu lasciato in ricompensa un appezzamento di terra a metà tra la collina e la pianura: il praedium Cantii, toponimo da cui deriverebbe il nome della stessa Breganze.

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degustati da noi vini#02

Capriano del Colle Doc Bianco Superiore 2015 “Otten:2”, Cantina San Michele

Chi l’ha detto che la Botrytis cinerea sia peculiarità dei soli vini Tokaji, Sauternes, Trockenbeerenauslese (ce l’avete fatta a pronunciarlo?) o dei muffati di Orvieto? In Italia, un po’ a sorpresa, ecco i benefici della “Muffa Nobile” in un micro areale della provincia di Brescia: la Doc Capriano del Colle.

La prova? La straordinarietà e unicità di “Otten:2“, vino prodotto da Cantina San Michele con uve Trebbiano provenienti dai vigneti di proprietà del piccolo comune lombardo. Solo uno dei vini presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il vino si presenta di un giallo paglierino luminoso. Al naso note di frutta surmatura, precise e composte, senza la minima sbavatura. In bocca una gran concretezza, suggellata dal gioco tra freschezza e rotondità. Vino importante, estremamente gastronomico. Lunghissimo.

Un Trebbiano davvero sorprendente nelle due fasi, distinte eppure molto ben amalgamante, capaci di creare un quadro di gran equilibrio: quella “dura”, calcarea; e quella  “morbida” e suadente, conferita dalla Botrytis cinerea.

LA VINIFICAZIONE
Solo una parte delle uve è stata colpita dalla “Muffa nobile”, permettendo a Cantina San Michele una vendemmia tardiva utile alla concentrazione e all’ampiezza dei profumi. Le uve sono state sottoposte a una pressatura soffice.

La fermentazione di Otten:2 è avvenuta in vasche di acciaio a temperatura controllata, per 15 giorni. L’affinamento si è protratto in vasche di cemento, prima di un ulteriore riposo del nettare in bottiglia, per 12 mesi.

Dopo la fondazione avvenuta nel 1982, Cantina San Michele ha avviato un percorso virtuoso che ha trovato compimento all’inizio degli anni Duemila. Il vero anno anno della svolta è stato però il 2011, quando l’azienda agricola è finita nelle mani dei cugini Elena e Celeste Danesi.

I due giovani si sono posti l’obiettivo di valorizzare la produzione del Monte Netto, noto anche come Montenèt, nel dialetto bresciano, o “Monte di Capriano”. Una piccola collina di 133 metri di altezza, caratterizzata da un terreno di sabbia grigia, ghiaia e calcare. Un’area naturale protetta da Regione Lombardia, che vi ha istituito un Parco.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02 visite in cantina

Vigne al colle, Montegrande e Reassi: che tris sui Colli Euganei

Il palco ideale sul quale l’Italia del vino potrebbe annunciare al mondo intero di essere ripartita più forte di prima, una volta superata la pandemia? Senza dubbio il Veneto dei Colli Euganei.

Un pezzo minuscolo del puzzle della viticoltura del Bel paese, balzato alla velocità della luce agli onori delle cronache internazionali quale epicentro del Coronavirus, avrebbe così l’opportunità fenicea di raccontarsi, nel solco dei terroir vulcanici italiani e mondiali.

A guardar bene, non ci si spiega come mai dei Colli Euganei si parli così poco negli ambienti del vino e della ristorazione. I mille ettari rivendicati a Doc su un totale di 2.300, aiutano a comprendere quanto ricercata sia la produzione enologica locale, resa particolare dalla presenza nel terreno di trachite, riolite e lalite.

Il ventaglio ampelografico è ampio, ma ben circostanziato sulle eccellenze. Si passa dai vini bianchi e rossi prodotti da vitigni autoctoni e da internazionali presenti sin dal 1870 nella zona (Serprino, Merlot e Cabernet), ai vini dolci, spumanti e passiti da uve Moscato Giallo (il Colli Euganei Fior d’Arancio è Docg dal 2011).

Anche il territorio offre ogni genere di attrattività al turista e all’enoturista moderno. Tra possibilità di escursioni nel verde dei colli vulcanici, visite a luoghi di culto e di cultura centenaria e ristoranti di ottimo livello, il nesso tra terra e cielo che fa dei Colli Euganei un vero e proprio paradiso sono gli impianti termali, presenti nel Parco Regionale. Luoghi in cui cullarsi, magari proprio tra una visita e l’altra in cantina. Eccone tre da non perdere.

COLLI EUGANEI, TRE CANTINE (E VINI) DA NON PERDERE

«In una fredda notte d’inverno il Carro Minore, il Colle e la Luna si incontrano, un sogno, uno stile, un’emozione che si trasferisce nell’aroma dei propri vini». Il romanticismo all’ennesima potenza del logo di Vigne al Colle si mescola col pragmatismo e la grande competenza di Martino Benato, che conduce con la moglie la cantina di Rovolon.

Il vino da non perdere: Merlot 2018Poggio alle Setole


Agricoltori da una vita, i Cristofanon vendevano un tempo solo vino sfuso, facendo la spola tra le province di Padova e Vicenza, con sconfinamenti in Lombardia, tra Milano e Varese. Dal 1995 il cambio di rotta, grazie all’avvento di Raffaele e Paola Cristofanon, fratello e sorella alla seconda generazione, e all’esperienza dell’enologo Lorenzo Caramazza.

Il vino da non perdere: Colli Euganei Docg Fior d’arancio passito 2012


Per comprendere la grande chance che hanno i Colli Euganei nel panorama presente e futuro basta farsi un giro da Reassi. Diego Bonato, classe 1982, ha raccolto l’eredità dei genitori che vendevano al 95% vino sfuso, trasformando la cantina e i suoi 6 ettari di vigneti in una chicca imperdibile. Vincitore del premio Giulio Gambelli nel 2017, quale enologo under 35 alla Tolaini di Castelnuovo Berardenga, ha lasciato il “posto fisso” per tornare a casa. I Colli Euganei ringraziano.

Il vino da non perdere: Vin bastardo 2016 (Marzemina bastarda grossa, Turchetta e Corbina)

***DISCLAIMER*** Si ringrazia il Consorzio per la copertura delle spese in loco, per la realizzazione del reportage

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degustati da noi vini#02

Falanghina del Sannio Dop 2018 “Cese”, Fosso degli Angeli

Può un vino di 15 gradi risultare fresco e non stancare mai? La risposta è sì e la Falanghina del Sannio Dop 2018Cese” di Fosso degli Angeli è lì a dimostrarlo. Solo uno dei vini della Campania presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it.

LA DEGUSTAZIONE
“Cese” si presenta alla vista di un giallo paglierino acceso, luminoso. Il naso è ampio, caldo, floreale ed agrumato, con richiami di macchia mediterranea, in particolare di rosmarino. A dominare il sorso è la frutta tropicale, perfettamente matura.

Si distinguono ananas, banana e pesca, con tocchi agrumati e ritorni erbacei che danno nerbo a un sorso glicerico. Proprio in questo senso “Cese” è una Falanghina che maschera bene i 15 gradi di percentuale d’alcol in volume, presenti in etichetta.

Acidità e sapidità, oltre a dare equilibrio a una beva instancabile, ne allargano il ventaglio di possibilità di abbinamento in cucina. Non a caso Marenza Pengue, vignaiola Fivi che conduce Fosso degli Angeli con la sorella Dina e il cognato Pasquale Giordano, suggerisce di provarla con «costine d’agnello cotte a bassa temperatura, poi impanate e fritte nel burro in cui è stato grattato un pezzetto di scorza di limone».

LA VINIFICAZIONE
Solo 2.500 bottiglie per la Falanghina del Sannio Dop “Cese”, che prende vita dalle uve dei vigneti di proprietà della cantina, a Casalduni. Piante giovani (2012 / 2018), che affondano le radici in un terreno argilloso e calcareo vulcanico, a un’altitudine di 560 metri sul livello del mare.

La produttività si assesta sui 70 quintali per ettaro nella vigna certificata biologica. La raccolta delle uve di Falanghina avviene in piccole cassette, generalmente tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre.

L’uva viene pigiadiraspata e sottoposta a criomacerazione per 12 ore. Segue una pressatura soffice e una fermentazione con lieviti indigeni in acciaio, a temperatura controllata. L’affinamento avviene in acciaio, per 12 mesi. “Cese” viene commercializzata solo in seguito a un ulteriore anno in bottiglia.

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degustati da noi vini#02

L’Etna di Cantine La Contea

In attesa di presentare gli spumanti Etna Doc, una nuova realtà si fa largo alle pendici del vulcano della Sicilia. Si tratta di Cantine La Contea di Santa Venera di Mascali (CT), che lavora 16 ettari sul versante orientale della “Muntagna”, a 400 metri sul livello del mare.

Il focus non poteva che essere sul Nerello Mascalese, vitigno autoctono a bacca rossa simbolo dell’Etna. Nonostante le difficoltà del periodo, il 2021 vuole essere l’anno della consacrazione per La Contea, a 10 anni esatti dal 2011, anno della fondazione.

Al momento sono 28 mila le bottiglie prodotte su tre etichette della linea “Classe 39“. Tutti vini Terre siciliane Igt, cui andrà ad affiancarsi a breve un Etna Doc Bianco e uno Spumante Metodo Classico Etna Doc, con maturazione minima di 36 mesi.

La gamma si arricchirà in seguito di un Etna Doc Rosso e di uno Spumante Metodo Classico Etna Doc Rosè, attualmente sui lieviti. Un percorso verso la qualità, quello di Cantine La Contea, all’insegna delle molteplici sfaccettature del Nerello Mascalese.

LA DEGUSTAZIONE
Vino Bianco 2019 “Classe 39”, Az. Agr. La Contea (13%): 85/100
Giallo paglierino luminoso. Profumi ampi, bel bouquet di fiori freschi e frutta esotica, banana in primis. Vena minerale e vegetale, sulla mandorla e sulla buccia d’agrume. Un’acidità spinta che si ritrova anche al palato, sin dall’ingresso: i ricordi di agrume, già avvertiti al naso, accompagnano il sorso uniti a una bella vena sapida.

Vino giovane, che potrà avere una discreta evoluzione positiva nei prossimi mesi di bottiglia. Ottenuto da uve Nerello Mascalese 100% vinificate in bianco in acciaio, si presta ad accompagnare la cucina dagli antipasti ai secondi di carni bianche, oltre a portate di pesce e sushi.

Terre Siciliane Igp Rosato 2019 “Classe 39”, Az. Agr. La Contea (13%): 84/100
Bel colore buccia di cipolla. Al naso ricordi di pesca, fico, agrumi. Altro ingresso verticale, su un’acidità spinta che lascia poi spazio alle note fruttate più morbide, già avvertite al naso. Chiude leggermente amaricante, sull’equilibrio tra frutta e salino.

Un vino ottenuto da uve Nerello Mascalese vinificate in rosa, con breve contatto sulle bucce e permanenza in bottiglia di almeno 6 mesi prima della commercializzazione. Ideale compagno di pizza, sushi, linguine ai ricci di mare. Perfetto col pesce saporito e le fritture di paranza, risponde bene anche con le carni bianche.

 

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Trento Doc Riserva Brut 2011, Cantina Rotaliana

Sotto la lente di ingrandimento di WineMag.it il Trento Doc Riserva Brut 2011 di Cantina Rotaliana, uno dei due spumanti Metodo classico prodotti in Trentino dalla cooperativa di Mezzolombardo (TN).

LA DEGUSTAZIONE
Perlage finissimo e molto persistente per questa “bollicina” che si presenta molto bene al “primo bacio” con il calice. Finezza ed eleganza che rappresentano al meglio un packaging minimal, che invita ad un serio approfondimento del contenuto, ancor più della “forma”.

Il naso è generoso, ricco, baldanzoso, con predominanza delle note “grasse” conferite dallo Chardonnay (frutta esotica matura a polpa gialla, fiori bianchi e gialli appena sbocciati) rispetto al nerbo dell’altro vitigno che compone la cuvèe, il Pinot Nero.

Un ruolo da gregario, quello del Noir, che si conferma anche all’assaggio, fase in cui gioca un ruolo fondamentale nella ricerca (andata a buon fine) del perfetto equilibrio tra morbidezze e durezze.

Frutto maturo, percezione minerale-salina e corredo fresco-acido parlano all’unisono a poco meno di 3 anni dalla sboccatura (marzo 2018) e a 10 anni esatti dalla vendemmia del Trento Doc Riserva Brut di Cantina Rotaliana.

Il tocco tostato percettibile in chiusura di sipario, con ricordi assimilabili al cereale e ancor più alla mandorla, completa l’allungo rendendo il sorso, pur fresco, ancora più rotondo.

LA VINIFICAZIONE
Le uve Chardonnay e Pinot Nero (70-30%) vengono raccolte a mano nelle aree più vocate a disposizione di Cantina Rotaliana (Val di Cembra e Val di Non). I vigneti sono posti a un’altimetria compresa tra i 500 e i 750 metri sul livello del mare.

Le piante affondano le radici in terreni asciutti e di medio impasto, ricchi di argilla, calcare e gesso. La vinificazione avviene in bianco, con pressatura soffice delle uve e fermentazione dei mosti sia in acciaio che in barrique, in percentuale più piccola.

In primavera, la lenta presa di spuma e la successiva permanenza sui lieviti per almeno 80 mesi precede remuage e sboccatura, aggiunta del liqueur d’expédition. Il dosaggio è di circa 6 grammi litro. L’affinamento in bottiglia si protrae per almeno 3 mesi dopo il dégorgement, in attesa della commercializzazione.

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Maremma Toscana Doc Ciliegiolo 2015 “San Lorenzo”, Sassotondo

Ben più di un Ciliegiolo da incorniciare. Il Maremma Toscana Doc Ciliegiolo 2015San Lorenzo” di Sassotondo, etichetta icona della cantina guidata da Carla Benini ed Edoardo Ventimiglia, è il simbolo di una fetta di Toscana che chiede – e merita – attenzione nel panorama vitivinicolo nazionale.

Il riferimento è non solo alla Maremma, ma soprattutto alla zona vulcanica di Sorano e Pitigliano, in provincia di Grosseto. Un’areale influenzato dagli effetti dal bacino vulcanico dell’attuale lago di Bolsena, in cui il tufo è di casa nel terreno.

LA DEGUSTAZIONE
Il Ciliegiolo 2015 “San Lorenzo” di Sassotondo si presenta nel calice di un colore violaceo. Naso ben giocato sul frutto e sui terziari, con sbuffi netti di spezie. Al palato, freschezza e mineralità vulcanica fanno da “freno a mano” all’incedere esplosivo dei primari, ovvero del frutto, disegnando un sorso di grande precisione e persistenza.

Un vino bello (e buono) da bere oggi, ma con tanta vita davanti. Non a caso si tratta della miglior selezione di uve Ciliegiolo provenienti da un vigneto di circa 60 anni, condotto dal 1994 con metodi di agricoltura biologica.

LA VINIFICAZIONE
Dal vigneto di 4.800 vecchie viti si scorge Pitigliano, tra i borghi simbolo della Maremma. Raccolta e selezione delle uve avvengono in maniera manuale e “naturale” è anche la fermentazione, che avviene grazie a lieviti indigeni.

La macerazione dura da 15 a 20 giorni. Il vino atto a divenire “San Lorenzo” matura per 18/30 mesi in botti di rovere di Slavonia da 10 ettolitri. Viene immesso in commercio solo in seguito a un altro anno di affinamento in bottiglia nelle fresche cantine sotterranee di Sassotondo.

Il Maremma Toscana Doc Ciliegiolo 2015 “San Lorenzo” è tra le etichette presenti nella Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it, la Guida edita con cadenza annuale dalla redazione della nostra testata.

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Marisa Cuomo, Costa d’Amalfi da en plein

Marisa Cuomo è una cantina simbolo non solo della Campania, ma di una vera e propria gemma italiana famosa nel mondo: la Costa d’Amalfi. Un nome che, da solo, è capace di evocare paesaggi incantati, dominati da scogliere a picco sul mare e spiagge da cartolina.

La Banca d’Italia calcola che, ogni anno, prima dell’emergenza Covid-19, l’indotto del turismo straniero superi i 350 milioni di euro in questo spicchio della Provincia di Salerno, con epicentro nei comuni di Amalfi, Positano, Ravello, Maiori e Minori.

Proprio qui hanno trovato casa Marisa Cuomo e Andrea Ferraioli, presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it con ben quattro vini: Costa d’Amalfi Doc Furore Bianco 2018 “Fiorduva”, Costa d’Amalfi Doc Ravello Bianco 2019, Costa d’Amalfi Doc Furore Rosso Riserva 2016 e il “vino quotidiano” Costa d’Amalfi Doc Bianco 2019. Un vero e proprio en plein.

LA DEGUSTAZIONE
Costa d’Amalfi Doc Furore Bianco 2018 “Fiorduva”, Marisa Cuomo
Giallo paglierino carico. Il bianco più complesso della cantina. Pienezza del sorso data dalla grande maturità del frutto ed una vena salina, iodata, marcata. Tanto sapido in bocca da sembrare servito su una barca, in mezzo al mare.

Costa d’Amalfi Doc Ravello Bianco 2019, Marisa Cuomo
Giallo paglierino. Meno complesso di “Fiorduva”, ma coinvolgente nella sua estrema verticalità. Acidità affilata e tagliente; sapidità accentuata. Note vestite e ammantate dalla frutta matura. Un vino di mare fresco, godibile e senza fronzoli.

Costa d’Amalfi Doc Furore Rosso Riserva 2016, Marisa Cuomo
Rosso rubino, unghia violacea. Note di frutta matura e tocchi di spezia. Concentrato. Sorso estremamente bilanciato, tra frutto pieno e morbido e durezze saline. Terreno calcareo che gioca un ruolo determinante in questo equilibrio.

Costa d’Amalfi Doc Bianco 2019, Marisa Cuomo
Più salino e verticale di “Furore” coinvolge il naso con tutta la gamma delle erbe mediterranee. Riempie la bocca in maniera stupenda, alternando la vena glicerica alla freschezza. Vino da non perdere.

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Alto Adige Doc Pinot Nero Riserva 2016 “Vigna Ganger”, Girlan

Colore inconfondibilmente “Pinot Nero“. Naso intenso. Fragolina di bosco, spezia nera, sottobosco verde, sasso bagnato. Equilibrio splendido tra la frutta matura e la componente balsamica. Nel retro olfattivo caramello salato, caramella mou, ed il sempre presente frutto di bosco. Infinita la persistenza.

Abbiamo voluto non a caso partire dalla degustazione per descrivere l’Alto Adige Doc Pinot Nero Riserva 2016 Vigna Ganger” di Girlan. Un’etichetta che si racconta da sola, per la capacità di rappresentare un vitigno, un territorio, una regione. Una nazione. Uno dei volti più prestigiosi del Pinot Nero italiano.

L’uva selezionata viene raccolta a mano a metà settembre e riposta in piccoli contenitori per il trasporto nella cantina Girlan. Qui, un quinto del Pinot Nero viene vinificato a grappolo intero. Passa per gravità nei tini d’acciaio inox, in cui avviene la fermentazione. Un processo durato 25 giorni in occasione della vendemmia 2016.

A fermentazione malolattica avvenuta, Girlan procede con l’affinamento per 20 mesi in barrique e successivamente ad un ulteriore affinamento in bottiglia, che si protrae per 18 mesi. Un vino, il Pinot Nero Riserva 2016 “Vigna Ganger” di Girlan, inserito nella Guida Top 100 Migliori vini italiani di WineMag.it 2021.

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