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Vermentino di Sardegna Doc 2019 Su Puddu, Cantina Alinos

Vermentino di Sardegna Doc 2019 Su Puddu, Cantina AlinosQualità a buon prezzo per il Vermentino di Sardegna Doc 2019 Su Puddu di Cantina Alinos. Un vino ben raccontato dalla grafica in etichetta, tanto accattivante quanto in grado di richiamare in maniera molto diretta il territorio di provenienza.

LA DEGUSTAZIONE

Nel calice, il Vermentino di Sardegna Doc 2019 Su Puddu di Cantina Alinos si presenta di un giallo paglierino candido. Naso elegante, dominato dal bel botta e risposta tra mineralità e macchia mediterranea. Si distingue nettamente il rosmarino, in un bouquet che comprende anche alloro e un tocco aromatico di salvia.

Nel quadro anche ricordi di frutta esotica perfettamente matura, agrumi e un bel profilo floreale fresco, di mandorlo. Al palato, Su Puddu 2019 ha tutto ciò che deve avere un Vermentino Doc. Ovvero agilità di beva, carattere, frutto e mineralità. Caratteristiche che si fondono perfettamente con la morbidezza glicerica, all’insegna dell’equilibrio.

Bell’allungo sapido, prima dell’altrettanto tipica chiusura giustamente ammandorlata, morbida. Un vino bianco perfetto a tutto pasto, che dà il meglio di sé sui piatti di mare, come le linguine allo scoglio. Perfetto anche in accompagnamento a zuppe di pesce della tradizione sarda, ligure o toscana.

LA CANTINA ALINOS

Cantina Alinos è una realtà famigliare della provincia di Olbia-Tempio, nella zona Nord-Est dell’isola, non lontano dalla splendida Costa Smeralda. Oltre al Vermentino di Sardegna Doc 2019 Su Puddu, l’azienda produce un Vermentino di Gallura Docg, denominato Ghisu, e un Cannonau di Sardegna Doc. L’obiettivo di Alinos è farsi portavoce dei vitigni e del terroir dell’isola e privilegiare l’agilità di beva.

Punti fermi imprescindibili, eppure non gli unici. Oltre alla tipicità dei propri vini, che richiamano in maniera netta il territorio isolano, questa piccola cantina di Olbia riesce a proporre sul mercato etichette dall’ottimo rapporto qualità prezzo. Il Vermentino Su Puddu ne è un fulgido esempio, con un prezzo che si aggira attorno ai 9 euro.

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La longevità dei Franciacorta Bèlon du Bèlon: Riserva del Fondatore Pas Dosè 2001 e 2009

Franciacorta Docg Riserva Pas Dosè 2001 e 2009 di Bèlon du Bèlon sono due delle rarità premiate dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it. Solo 1.500 bottiglie per quella che è una chicca assoluta, frutto del millesimo 2001: “merce rara” in Italia, con i suoi 240 mesi sui lieviti (20 anni). Non raggiunge le 3 mila bottiglie (2.900 per l’esattezza) la vendemmia 2009. Altra “Riserva del Fondatore” ed altro pezzo da novanta della cantina di Erbusco guidata da Paolo Perin: 120 mesi sui lieviti, ovvero 10 anni.

LA DEGUSTAZIONE
Franciacorta Docg Riserva Pas Dosè 2001 “Riserva del Fondatore”, Bèlon du Bèlon

A comporre la cuvèe, 90% di Chardonnay accanto a un 10% di Pinot Nero. Un millesimo 2001 che reca sboccatura “novembre 2019”. Il piacere dell’attesa, insomma. Naso correttamente evoluto, che si snoda tra la frutta esotica matura, un’elegantissima speziatura e i ricordi di camomilla e fiori di campo. Si ritrova tutto in un palato ancora vivo, complesso e profondo. Ricordi di miele millefiori e radice di liquirizia connotano una chiusura salina, elegante, lunghissima.

Franciacorta Docg Riserva del Fondatore Pas Dosè 2009 “Riserva del Fondatore”, Bèlon du Bèlon

Stato di forma eccezionale per la cuvée di Chardonnay (90%) e Pinot Nero (10%). È proprio il “Noir” a conferire gran carattere a un nettare che sa farsi ricordare per eleganza, nerbo, cremosità e tensione. Le note dominanti sono quelle di agrumi, che regalano freschezza da vendere a un Franciacorta lungo, sapido, dalla beva irresistibile e di gran gastronomicità. Una luce accesa tra le punte di qualità assoluta della Denominazione bresciana

LA CANTINA

Bèlon du Bèlon è il marchio creato nel 2000 da Paolo Perin, «come espressione della forte passione per i vini di eccellenza». «L’ambizione – spiga Perin – è il cuore dell’impresa. Produrre un vino capace di interpretare al meglio uno dei più ricchi terroir al mondo, lavorando in maniera impeccabile solo le uve migliori». Il tutto, fondendo il sapere della tradizione ereditata dal papà, con le tecniche più innovative.

«Seguo con convinzione ed orgoglio la strada imboccata tanti anni fa da mio padre Umberto – commenta l’imprenditore franciacortino -. I vini d’eccellenza fanno parte del mio vissuto, della mia storia, fin dall’infanzia. Bèlon du Bèlon è il frutto spontaneo del mio percorso di vita. È l’espressione della mia passione per il vino, è il piacere di un’esperienza che si tramanda».

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Vitigni autoctoni della Toscana: via libera al Nocchianello Nero riscoperto da Sassotondo

Una vecchia vigna, quella del “San Lorenzo”. Una famiglia di vignaioli toscani, il duo Benini-Ventimiglia, in arte Sassotondo. Una scoperta, dettata dalla cocciutaggine di chi vuole valorizzare la tradizione. Ed avere sottomano la carta d’identità di ogni granello di terra che calpesta; di ogni foglia di vite dalla quale produce vino.

Rinasce così o, meglio, viene riscoperto così il Nocchianello Nero, tra i vitigni autoctoni della Toscana dalle maggiori potenzialità. Ne è riprova Monte Rosso, una delle chicche prodotte da Sassotondo tra le colline di tufo di Sovana e Pitigliano.

Siamo in provincia di Grosseto, in Maremma. Così come cantina e bottaia sono scavate nella roccia vulcanica, Carla Benini e il marito Edoardo Ventimiglia hanno “scavato” nel Dna di quelle piante rinvenute a macchia di leopardo nel vecchio vigneto del loro Ciliegiolo di punta, il San Lorenzo.

Grazie alle analisi, hanno scoperto che si trattava proprio del Nocchianello. In realtà “famiglia di vitigni”, sia bianchi che rossi, citati per la prima volta nel 1975, in una ricerca dei professori Scalabrelli e Grasselli.

IL NOCCHIANELLO VERSO LA CONSACRAZIONE

Oggi, i suoi primi interpreti sono pronti a scrivere nuove pagine dell’autoctono toscano. Regione Toscana ha dato il via libera al vitigno mediante il decreto n. 491 del 18 gennaio 2018, recependo l’iscrizione nel Registro nazionale delle varietà di vite avvenuta il 2/11/2017 (G.U. n°256). Nelle ultime settimane anche Artea, l’Azienda Regionale Toscana per le erogazioni in agricoltura, ha inserito il Nocchianello Nero (e Bianco) in elenco.

Un provvedimento che permetterà a chiunque di poterne riportare il nome in etichetta. Non senza strascichi polemici. «Finalmente il vitigno è stato iscritto – commenta Ventimiglia – ma le segnalazioni e richieste ripetute ad Artea negli ultimi 3 anni, guarda caso, hanno dato i loro frutti solo a fronte dell’interessamento degli organi di stampa. Che si tratti di poche bottiglie non può essere una scusante».

«Tralasciando la burocrazia e concentrandoci sul vitigno – spiegano Carla Benini e il marito – l’uva che regala è molto bella, pruinosa, resistente e croccante. Buono l’accumulo di zuccheri, con l’acidità che rimane ragionevole. In vinificazione non c’è molta cessione di colore. Abbiamo fatto piccole vinificazioni a partire dal 2011, la più interessante nel 2015. Un’annata benedetta dal clima, che ci ha dato quantità e qualità mai più ritrovate negli anni successivi. Fino al 2019».

L’ultima annata di Monterosso è stata infatti premiata dalle degustazioni alla cieca di WineMag.it, con l’inserimento nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022. Un riconoscimento all’eccellenza del calice, innanzitutto. Ma anche un premio alla testardaggine di Sassotondo. «Abbiamo riportato alla coltivazione il Nocchianello nel 2010 – ricordano Benini e Ventimiglia – ben consapevoli che si trattasse di un vitigno totalmente autoctono, senza alcuna parentela genetica con vitigni conosciuti».

Oltre che da qualche vecchia pianta ritrovata nella Vigna San Lorenzo, insieme al nostro vecchio Ciliegiolo, siamo ricorsi alla collezione del Crea di Arezzo, che lo aveva a suo tempo recuperato dai vecchi vigneti della zona, innestandolo su qualche filare».

IL NOCCHIANELLO MATURA DOPO IL SANGIOVESE

«È un vitigno che, negli ambienti di origine, ovvero nei magri tufi di Pitigliano – continuano i patron di Sassotondo – ha caratteristiche agronomiche piuttosto diverse rispetto alle fertili piane aretine, dove si trova la collezione del Crea di Arezzo. Il grappolo è piuttosto piccolo e mediamente compatto. La fertilità delle gemme basali non è alta. L’acino è duro e occupato da semi piuttosto grossi. Forse da qui il nome “Nocchianello”: da “nocchia”, ovvero “nocciola”».

Una varietà vigorosa, che ha le carte in regola per resistere piuttosto bene alle principali malattie della vite. La foglia spessa ricorda la foglia del fico. I tralci crescono e si allungano molto, come le pianta da pergola. L’uva matura tardivamente, almeno 10 giorni dopo il Sangiovese.

«Un aspetto – precisano Benini e Ventimiglia – che può essere interessante in queste situazioni di clima impazzito, con anticipo della maturazione generalizzato. La possibilità di avere una vite che matura l’uva con temperature non eccessive, teoricamente, permette una migliore espressione degli aromi». Dalla teoria alla pratica il passaggio è breve a Sassotondo, cantina certificata biologica dal 1994 che, dal 2007, ha introdotto alcune pratiche di viticoltura biodinamica. Il Nocchianello, da queste parti, è in buone mani.

LA DEGUSTAZIONE
Toscana Igt 2019 Monterosso, Sassotondo (dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it)

Nocchianello Nero in purezza. Nel calice si presenta di un rosso rubino luminoso, mediamente penetrabile. Al naso, l’ampio ventaglio di spezie (netto il pepe) e le precisissime percezioni vegetali (radice di liquirizia, accenni di muschio) stuzzicano un frutto rosso di croccante maturità. Un quadro che si ripresenta in maniera del tutto corrispondente al palato, trascinato da un torrente di vulcanica sapidità.

Non a caso il vino è stato dedicato da Carla Benini ed Edoardo Ventimiglia all’omonimo “Monte Rosso”, parte del complesso vulcanico dei Monti Vulsini. I vigneti di Sovana ne riflettono perfettamente le caratteristiche, attraverso un vino che rende onore all’antico vitigno delle città del tufo.

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Vini dolci per Natale? Gli Sciacchetrà da Top 100 WM 2022 di Heydi Bonanini (Agricola Possa)

«Dove le rocce, il sole, il mare e il vento creano un intreccio magico di colori e profumi» si trova l’Azienda agricola Possa di Heydi Bonanini. Siamo alle Cinque Terre, angolo della Liguria che regala due vini dolci – o, meglio, due Sciacchetrà – perfetti per Natale 2021, direttamente dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it.

Cinque Terre Dop Sciacchetrà 2019, Azienda Agricola Possa, Heydi Bonanini

Naso delizioso, goloso, tra frutta matura (dattero in gran vista), bergamotto, rosmarino. Un’esplosione della macchia mediterranea nel calice. L’ossigenazione libera note di curry e curcuma e intensifica la succosità materica del frutto.

Ci vorrebbe un libro intero per raccontare come questo nettare-capolavoro guadagna in complessità col passare dei minuti nel calice. Non resta che assaggiarlo, concedendosi un regalo (in più) in occasione di Natale 2021. Uno di quei vini, lo Sciacchetrà di Possa, da condividere solo con chi se lo merita davvero.


Cinque Terre Dop Riserva Sciacchetrà 2017, Azienda Agricola Possa – Heydi Bonanini

Frutta secca, sotto sciroppo e terziari si dividono la posta, al naso, in un quadro di grazia assoluta. Giusto il tempo di portare lo Sciacchetrà di Possa alla bocca, per comprendere quanto possa essere lunga una carezza d’albicocca, vaniglia, caramella mou e fondo di caffè.

Chiudi gli occhi e una brezza gentile, di mare, sfiora le labbra. Gran beva. Non è un vino ma il mare, ovunque si voglia. Un nettare più forte del traffico delle metropoli. Una finestra sui terrazzamenti eroici della splendida Liguria. Delle splendide Cinque Terre.

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I vini di Fulvio Bressan e la variabile “Fanculo”

Fanculo“. Sfondo blu, scritta bianca. In maiuscolo. È un cartello. Ma ha più l’aria del manifesto. Della sintesi. Del collante di una vita spesa a difendere ideali. Convinzioni. Princìpi scomodi, appiccicosi. Fanculo, sì. In fin dei conti, più che un insulto, una corazza. Quella di cui Fulvio Bressan ha bisogno per stare al mondo. Dentro e, forse, ancor più fuori da una cantina che è diventata negli anni covo carbonaro, laboratorio di idee liquide.

Fucina di vini uguali solo a se stessi. Microcosmo di un vignaiolo che è i suoi vini. E per il quale i suoi vini parlano. Dicono così, anche loro: “Fanculo”. Conchiglie incazzate da avvicinare al naso e alla bocca, al posto dell’orecchio. Per sentire il mare che hanno dentro. E andare oltre, persino all’apparenza.

Piaccia o no (lui) e piacciano o no (i suoi vini), a Fulvio Bressan poco importa. Quella freccia, quel cartello. Quel “fanculo” maiuscolo, con la punta in direzione opposta, critica, contraria all’ingresso della cantina, sta lì a sintetizzare un approccio più filosofico che pragmatico e volgare.

FULVIO BRESSAN, PSICOLOGIA E VIGNA

Liceo Classico, diverse esperienze in cantina a Bordeaux. Prima ancora di dedicarsi vita, anima, schiena, mani e corpo alla vigna, una laurea in Psicologia clinica che lo ha portato a lavorare per 5 anni in un centro oncologico infantile, dove ha «visto morire 484 bambini». «Facevo terapia del dolore», spiega a un paio di metri da quel “manifesto”, con la voce che si fa ancora più profonda, penetrante.

Un’esperienza che mi ha portato a una conclusione molto semplice: in una vita che dura troppo poco per essere vissuta male, posso sopportare chi sta male, ma non chi sta bene. Ergo: se non ti sopporto te lo faccio capire e arrivano i vaffanculo col camion. Il fanculo ha un sapore dolce. Specie se lo dai col “lei”, condendolo con qualche altra parola dolce…».

Sono passati appena dieci minuti da quando Fulvio Bressan è entrato nel cancello dell’azienda di via Conti Zoppini 35, a Farra d’Isonzo, stropicciando di 90 gradi il volante del suo fuoristrada. Pochi convenevoli, mentre alle sue spalle si abbassa la polvere del selciato, graffiato da gomme giganti. A parlare, adesso, è il vino.

Nel calice c’è Carat 2018, appena imbottigliato: Tocai Friulano, Malvasia Istriana e Ribolla Gialla. «Di solito lo imbottiglio dopo 4 anni – spiega – ma questo lo sentivo pronto prima e abbiamo fatto uno strappo alla regola». Del resto, i vini di Fulvio Bressan sono merce rara.

«Ho richieste pari a quattro volte la produzione. Ma l’azienda – si affretta a precisare – non crescerà più dei 20 ettari attuali. Più di così, cadrei nell’industria. Chi mi conosce dice che non potrei fare un vino diverso da quello che faccio. E chi mi conosce solo dopo aver bevuto i miei vini diverse volte, finisce sempre per dire che ci assomigliamo, io e loro. Anzi, che siamo proprio uguali».

CARAT 2018, COME SETA

Carat è un vino generoso, deciso. Sa di frutta matura a polpa gialla. Spazia dalla pesca all’ananas maturo, dall’albicocca al melone retato. Svolgimento orizzontale, ma anche una discreta dose di profondità, data da qualche accenno di spezia ed erba aromatica. Il sottofondo è di magistrale cremosità. Tanto da avvolgere il palato su tinte mielate che solleticano gli accenni di tannino, in chiusura di sipario.

Più passano i minuti, più Carat si apre nel calice. E più il telefono di Fulvio Bressan squilla. È un susseguirsi di “no” a potenziali clienti. Manca la materia prima, in bottiglia: «Guardi, mi spiace. Siamo senza vino, richiami a gennaio».

Eppure, cavare un complimento da papà Nereo è un’impresa. «La natura è ingiusta: le zucche più grosse vengono sempre ai contadini più stupidi», scherza il 90enne, entrato nel frattempo in cantina come un gatto silenzioso, in punta di piedi. «Ci voleva un mona laureato come te per fare i vini buoni», rincara la dose. Poi si fa serio.

«Parlare di vino è pesante, gente mia. Il vino, è vino. Ormai i vini sono tecnici. In cantina ci sono i tecnici: sale, pepe, aggiungi, togli. E la gente beve le ricette. Questi vini piacciono? Sì? Bene. Non piacciono? Quella è la porta. Finita la commedia! Ma questo è vino – aggiunge poi Nereo Bressan, per la felicità del figlio – perché è fatto in vigna, senza diserbi, polveri e veleni».

Uno dei segreti dei vini dei “Mastri Vinai” Bressan, di fatto, è la maturità delle piante, che raggiungono anche i 120 anni di vita. «L’industria fa vino a 3 anni dall’impianto – chiosa Fulvio -. Quando secondo noi la pianta sta iniziando a dare il meglio, ovvero attorno ai 20-25 anni, le grandi cantine estirpano, perché la vigna non produce più le quantità desiderate, ormai spremuta all’osso».

L’ALTRA VARIABILE BRESSAN: I LEGNI

Il tempo è un valore, non un nemico in quest’angolo di Friuli Venezia Giulia. Ne è una riprova il Pignol 1997 “Nereo”, in magnum. Del capostipite, a cui questo vino è dedicato, ecco l’energia vitale e la tensione. Il nerbo, il carattere. L’allungo bellissimo ed elegante, nella sua autenticità.

Stratificazione infinita, giocata sull’alternanza di frutto e macchia mediterranea (netto l’alloro, ma anche l’origano), fiori e spezie. Un vino ulteriormente incomplessito da terziari conferiti dalla micro ossigenazione in affinamento, che denotano l’attenzione maniacale di Fulvio Bressan alla delicatezza aromatica dei legni.

In cantina, mezzo bosco: gelso, castagno, ciliegio selvatico, pero selvatico, acacia e frassino. Doghe da 50 millimetri, stagionate per minimo 8 anni, ovvero un anno e mezzo a centimetro. Tutte piegate a vapore, perché da Bressan sono bandite le tostature. La variabile tra legno e legno risiede solo nella quantità d’aria trasmessa, in base alla porosità.

E non è detto che un vino non passi in due legni, prima di essere messo in bottiglia. Il colpo di genio, in grado di stravolgere un vino già di per sé buono ma non perfetto, vede protagonista un’altra chicca della cantina di Farra d’Isonzo: il Moscato Rosa “Rosantico”.

CAPOLAVORI DI VIGNA E DI STILE

Strepitosa la vendemmia 2016, che sta per andare in commercio: la migliore di sempre, per pulizia e per capacità di annullare i sentori pirazinici (tendenti all’amaro), in favore di un allungo sapido infinito, su cui torna a danzare croccante la frutta rossa d’ingresso.

‌Resta in bocca fino a che non ci entra l’ultima chicca: lo Schioppettino 2016. C’è molto più della mora di gelso tipica del vitigno (Ribolla Nera) in questo concerto di lavanda, pino, resina, rosa, violetta, unita al corredo d’archi dei piccoli frutti di bosco a bacca rossa e nera, dal ribes al mirtillo.

C’è Fulvio stesso in quest’altro capolavoro. La sua determinazione, la profondità della sua voce. Il suo fisico, anzi la sua stazza. Il carattere indomito e solo apparentemente rude, ingentilito dalla vicinanza di una donna e moglie raffinata come Jelena Misina.

C’è tutto Fulvio Bressan nello Schioppetto, più che in qualsiasi altro nettare della cantina. C’è anche il suo “fanculo”: questa volta indirizzato alle lancette dell’orologio, contro le quali vincerà a mani basse la prova del tempo. Dandogli del lei, s’intende. Prosit.

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Irpinia Doc Greco di Tufo 2019 Giallo d’Arles, Quintodecimo

Non occorre essere super esperti di storia dell’arte per comprendere il senso del nome affibbiato da Luigi Moio al suo Greco di Tufo, frutto di un cru del comune di Tufo (Avellino), in Irpinia. Il “giallo cromo” è il colore che incanta Van Gogh ad Arles, tanto da ingerirlo dal tubetto per “portare dentro la felicità” che riusciva a trasmettergli.

Sempre ad Arles, Van Gogh dipinse uno dei pochi quadri che sia mai riuscito a vendere: “La vigna rossa”, in cui il giallo cromo del sole e del cielo si tuffa nel rosso-arancio e ramato delle foglie della vite. Ebbene, non è forse il Greco di Tufo, per certi versi, un “rosso travestito da bianco”?

IL GIALLO D’ARLES SECONDO QUINTODECIMO

Quello di Quintodecimo racconta bene il concetto. Si presenta sì d’un giallo paglierino acceso, ma al naso rivela tinte agrumate che virano più sulla sanguinella e sul mandarino che sul cedro e il bergamotto. Poi, un’esplosione di fiori di campo e di verde pregiatissimo, da macchia mediterranea.

In bocca, la vena minerale marcata fa da spalla – anzi, da spina dorsale – alla generosa ampiezza del frutto maturo. Da “rosso” è anche la tinta asciutta di un sorso che fa a meno dei tannini ma sfrutta freschezza e dinamicità verticale, per tendere la beva come un arco.

Vino, questo Greco di Tufo 2019 Giallo d’Arles di Quintodecimo, manifesto del vitigno campano, con una vita lunghissima davanti. Un bianco che mette felicità. Un po’ come il “Giallo d’Arles” faceva con Van Gogh. Chapeau.

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Fenomeno Pét-nat (anche) in Campania: la storia di successo di Casebianche

«Un Pét-nat. Ma cos’è, poi, un Pét-nat?», se non «l’apostrofo roseo» (ma pure bianco ed orange) tra le parole “vino frizzante” e “birra artigianale“? Tralasciando voli pindarici e mettendo da parte – almeno per un attimo – Cyrano de Bergerac, quello dei Pétillant naturel è un fenomeno internazionale che non può (più) passare inosservato. Un trend che, tra punte di qualità e casi organoletticamente “disperati”, ha finito per convincere anche diverse cantine italiane. In Campania, la storia di successo è quella di Casebianche.

I 14 ettari della cantina di Torchiara, in provincia di Salerno, si sono riscoperti terra fertile per la produzione di tre “bollicine”, nel solco del boom mondiale dei Pét-nat. «Tutto è iniziato nel 2010 – spiegano a WineMag.it Pasquale Mitrano ed Elisabetta Iuorio, durante Campania Stories 2021 – anno in cui abbiamo iniziato a produrre “La Matta”, da uve Fiano».

LA CRESCITA DEI PÉT-NAT

Appena mille bottiglie, che il mercato ha assorbito in pochi mesi. Nel 2012, la stessa sorte è toccata a 6 mila bottiglie di “La Matta”, volatilizzate in un batter d’occhio. «Oggi – anticipano i titolari di Casebianche – l’obiettivo è arrivare a produrre 10 mila bottiglie, dopo aver toccato la quota record di 7 mila bottiglie ormai da diversi anni».

Stesso target per gli altri due Pét-nat che si sono aggiunti alla gamma, registrando un successo pari a quello del primo nato della cantina salernitana. Si tratta de “Il Fric“, Paestum Igt frizzante ottenuto da uve Aglianico in purezza, introdotto nel 2015. E dell’ultimo arrivato “Pashkà“, Paestum rosso frizzante sur lie Igt prodotto a partire dal 2017, da una cuvèe di Aglianico e Barbera campana.

«Pashkà – sottolineano Pasquale Mitrano ed Elisabetta Iuorio – è il punto di approdo finale del nostro percorso nella produzione di questa tipologia di vini conosciuti a livello internazionale come Pét-nat, che tanto stanno riscuotendo successo per la loro grandiosa accessibilità e facilità di beva».

Al di là del numero di bottiglie, in crescita costante, questo vino nasce dalla necessità e dal desiderio di recuperare una tradizione che in Campania si era persa: quella del Gragnano, rosso frizzante che è finito per essere prodotto poco e principalmente in autoclave. Pochi fanno rifermentazione in bottiglia, proprio come si faceva anticamente in Campania e come fanno ancora molti produttori di Lambrusco».

LE RAGIONI DEL SUCCESSO

Prima di trovare la quadra, Pasquale Mitrano ed Elisabetta Iuorio hanno dovuto «lottare» con le uve scelte per Pashkà. «Oltre al Gragnano – spiegano i due coniugi vignaioli – Pashkà guarda ai mitici Colli Piacentini dove si produce il Gutturnio, mix di Bonarda e Barbera. Qui in Cilento abbiamo la Barbera. Al posto del Bonarda, abbiamo pensato di ricorrere all’uva rossa principe delle nostre terre: l’Aglianico. Abbiamo dovuto bilanciare durezze e pressione delle bollicine, sino a ottenere il risultato perfetto a 1,8 bar. Uno in meno rispetto a “Il Fric”».

I prezzi di listino Horeca dei Pét-nat di Casebianche? Incomparabili a quelli di molti “frizzanti” come Gutturnio e Lambrusco, facilmente reperibili nella Grande distribuzione organizzata. Il distributore italiano (Proposta Vini) li vende a circa 9,50 euro. All’estero, i buyer acquistano le “bolle” di Pasquale Mitrano ed Elisabetta Iuorio per non meno di 6,50 euro.

Un successo che va dal Nord Europa – Danimarca, in primis – al Canada, passando per Paesi dell’Est come l’Ucraina, curiosi di sperimentare nel mondo dei “vini naturali“. In fondo, ovunque si trovino, il bello di certi Pét-nat è che non ci sia bisogno di alcun Cyrano de Bergerac per spiegarli. Né tantomeno di aspettare Rossana, per berli.

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Marche Igt Rosso “Cogito R.”, Mirizzi

Grenache in purezza ed ennesima novità della cantina marchigiana guidata da Gianluca Mirizzi: il Marche Igt RossoCogito R.“. Un’etichetta presente nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it. “R.” sta per “Rubrum“, dal latino “Rosso”.

Il colore di cui si tinge il calice, di fatto, è un rubino pieno, luminoso. La precisione delle note fruttate disegna il profilo di un nettare che in bocca è centratissimo, goloso, da assaporare a larghi sorsi. Così come al naso, il palato del Marche Igt Rosso “Cogito R.” di Mirizzi non si limita all’esibizione di un palco di frutta succosa.

Ecco spezie nere e ricordi balsamici ed erbe tipiche della macchia mediterranea. Sorso agile ma importante, estremamente gastronomico, per un vino più che mai completo, moderno. Un faro sulle Marche dei vini rossi, questa Grenache in purezza, inserita in una gamma di estremo valore. Abbinare concretezza, struttura e bevibilità, si può.

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Morellino di Scansano Docg 2018 “Brumaio”, Tenuta Pietramora

Si conferma il più “minerale” fra i vini della denominazione toscana. È il Morellino di Scansano Docg 2018Brumaio” di Tenuta Pietramora. Note verdi aromatiche di origano, salvia e macchia mediterranea bilanciano un frutto rosso pieno, maturo. Note speziate morbide completano il quadro olfattivo.

In bocca è fresco, sapido, teso. Il Morellino di Scansano Docg 2018 “Brumaio” di Tenuta Pietramora è ricco e stratificato. Chiama il piatto e l’abbinamento gastronomico, con eleganza e assoluta concretezza. Un vino senza fronzoli, diretto, come la famiglia che lo produce. Un rosso che si presta anche all’affinamento nel tempo.

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Bolgheri Doc Rosso 2019 Le Serre Nuove dell’Ornellaia

È sul mercato dal primo settembre 2021 il Bolgheri Doc Rosso 2019 Le Serre Nuove dell’Ornellaia. Una delle icone del vino toscano: preziosa cuvée di Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Petit Verdot in cui le singole peculiarità di ogni vitigno si fondono, secondo l’obiettivo di Ornellaia, in una «complessa sinergia di aromi». Un vino che che colpisce per immediatezza e pronta bevibilità, abbinate alle doti da lungo affinamento, tipiche dei vini di Bolgheri.

LA DEGUSTAZIONE

Nel calice, Le Serre Nuove dell’Ornellaia 2019 si presenta di un rosso rubino intenso, impenetrabile. Al naso la frutta matura disegna un profilo ampio, ma tutt’altro che “seduto”. All’esuberanza delle note di ciliegia, lampone, fragola e mora, risponde una ventata di balsamicità, su ricordi d’eucalipto, resina e ventate pepate.

Al palato, la corrispondenza è perfetta. Note balsamiche e speziate fanno da spina dorsale alla rinnovata abbondanza del frutto. Un quadro di estrema eleganza, in cui si distingue chiaramente ogni singola voce della cuvée. Ecco dunque verticalità e freschezza del Cabernet Sauvignon e del Cabernet Franc, la profondità aromatica del Merlot e il muscolo del Petit Verdot.

La complessità de Le Serre Nuove dell’Ornellaia si confà al ruolo di degno gregario del fratello maggiore “Ornellaia” Bolgheri Doc Superiore. Interessante, in questo quadro, il ruolo di un tannino setoso ed elegante, perfettamente inserito nel sorso, sin d’ora. Ma tutt’altro che arrendevole. Sembra voler troncare la chiusura, che poi torna vivace e godibilissima, sulle note morbide e fruttate di un allungo che riserva sapide sorprese.

«È l’attenzione ad ogni passaggio che ha permesso di massimizzare il potenziale aromatico delle uve – spiega Axel Heinz, direttore della Tenuta –  risultando all’assaggio morbido e setoso, con una elegante trama tannica ed un finale sapido e di bella persistenza».

Gli fa eco Olga Fusari, enologa di Ornellaia: «Oggi Le Serre Nuove è caratterizzato al naso da fresche note di frutti rossi maturi, accompagnate da una vivace vena balsamica con richiami a profumi di bacche di cipresso ed eucalipto». Un “second vin“, in definitiva, dalle indubbie caratteristiche premium.

LA VENDEMMIA 2019 DE LE SERRE NUOVE DELL’ORNELLAIA

L’annata 2019 è stata caratterizzata da un clima variabile, che ha alternato periodi di freddo e pioggia a lunghe fasi di siccità e caldo. Dopo un inverno nelle medie stagionali, il germogliamento è avvenuto nella prima settimana di aprile ma le condizioni fredde e piovose durante tutto aprile e maggio hanno ritardato la fioritura.

L’estate è trascorsa poi calda e soleggiata, con temperature sopra la media e assenza di precipitazioni. Le piogge di fine luglio hanno riportato le temperature nella norma stagionale, determinando condizioni ottimali per la maturazione.

L’alternanza di periodi soleggiati e acqua ha accelerato la maturazione. A beneficiarne, in particolare, l’evoluzione delle bucce, più morbide e permeabili del solito. Da qui un’ottimale estrazione del colore e della materia tannica più pregiata, chiara all’assaggio.

La vendemmia è iniziata il 5 settembre 2019 a Ornellaia (qui i dettagli sulla vendemmia 2020). Poi, grazie alle temperature rimaste fresche e alla brezza notturna garantita dalla prossimità della costa, è proseguita fino alla prima settimana di ottobre. Le uve, raccolte a mano, sono state ulteriormente selezionate in cantina su un doppio tavolo di cernita.

Dal 2016, la selezione ottica delle uve è stata aggiunta alla selezione manuale. Un altro passo della Tenuta verso la vinificazione in perfetto stato di ogni acino diraspato. Ogni varietà e ogni parcella utile alla produzione de Le Serre Nuove dell’Ornellaia viene vinificata separatamente.

La fermentazione malolattica inizia in acciaio e viene portata a termine in barrique. Qui il vino rimane a maturare per circa 15 mesi. L’assemblaggio avviene dopo 12 mesi di maturazione in barrique, permettendo così ai Cabernet, al Merlot e ai Petit Verdot di dare «il massimo contributo di espressione dell’annata e del territorio».

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I vini vulcanici di Gambellara, tra identità e futuro: il distretto della Garganega è qui

Una zona, un vitigno. Un vigneto, un vino. Se in Italia c’è un’area vinicola che sa dove andare, quella è Gambellara. Dei vini vulcanici base Garganega prodotti nell’area collinare classica si parla ancora troppo poco, persino nel Bel paese.

In compenso, è dal 2008 che il Consorzio di Tutela ha concluso uno dei più efficaci progetti di zonazione su scala nazionale. Sono 6 le sottozone individuate: Creari, Taibane, Monti di Mezzo, Selva, San Marco e Faldeo.

Da citare anche la mappatura dell’area di “Pianura”, nella quale i produttori sembrano credere sempre meno, col passare degli anni. A confermarlo è il direttore del Consorzio, Giovanni Ponchia: «La Denominazione – rivela a WineMag.it – ha ormai preso una strada identitaria: quella dei vini vulcanici di collina».

Nel nostro areale si producono sempre più vini bianchi secchi monovarietali, da uve Garganega. E sempre meno vini Doc di pianura, in favore della crescente utilizzo del “Doc classico”, riferita all’area “classica” delle colline, su cui ricadono i cru individuati oltre 10 anni fa».

«Ci sono produttori che ci credono di più – continua Giovanni Ponchia – e produttori che ci credono meno. In linea di massima, si continua a insistere sulla Garganega in purezza, con periodi di sosta sui lieviti abbastanza prolungati, in vinificazione. Per gli affinamenti si predilige l’acciaio, con pochissimo utilizzo dei legni».

I NUMERI DELLA GARGANEGA DI GAMBELLARA

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La produzione annuale di Gambellara si assesta attorno alle 300-450 mila bottiglie, con gli ettari rivendicati che variano da circa 200 a 380 in base all’annata. «La zona è piuttosto circoscritta e ormai tutta vitata – sottolinea ancora il direttore del Consorzio – soprattutto nella parte collinare che sta alimentando sempre più la Denominazione».

«Il Gambellara – continua – è sostanzialmente un vino di collina da monovitigno. Possiamo dire che questo è il distretto in cui la Garganega offre l’espressione più schietta e più franca, esente da “contaminazioni” di altre uve». Un ecosistema in grado di riversare nel calice le caratteristiche del terreno. Nello specifico, quello di matrice vulcanica.

«I cru del Gambellara – evidenzia Giovanni Ponchia – sono lo strumento più efficace in mano ai nostri viticoltori per mostrare le peculiarità tradizionali, toponomastiche e produttive delle sottozone. Bevendo Gambellara classico si comprende perfettamente cosa siano i “vini vulcanici”, rispetto a quelli prodotti in altri tipi di terreni».

LA DOC GAMBELLARA IN 8 BIANCHI DA UVE GARGANEGA

Gambellara Doc Garganega 2020 Ca’ Fischele, Dal Maso

Giallo paglierino piuttosto intenso, riflessi dorati. Al naso un mix elegante di frutta esotica matura, agrumi, ricordi di erbe della macchia mediterranea, mentuccia, verbena e venature iodiche. In bocca la Garganega è generosa ma equilibrata.

Ampia sul frutto (pesca gialla matura, agrumi), tanto quanto nuovamente tesa, fresca, salina. Buona persistenza per un vino che conferma la parola d’ordine “equilibrio”, in tutte le fasi. Buono oggi, ancora meglio domani, per chi ha il piacere di attenderlo.

Gambellara Doc Classico 2017 Creari, Cavazza

Giallo dorato dovuto a una macerazione prolungata sulle bucce. Naso generoso, su note compostissime di frutta stramatura. Si spazia dall’albicocca alla pesca gialla, dall’ananas alla papaia.

Si concede e stratifica lentamente al naso, dopo la generosa overture. E vale proprio la pena di attendere, perché l’ossigenazione libera sbuffi di spezie calde (vaniglia bourbon, zafferano), tanto quanto cremosi ricordi di pasticceria, uvetta e agrumi canditi.

Sullo sfondo, la matrice vulcanico-calcarea del terreno. Una “vulcanicità” che invece appare da subito netta al sorso, di sorprendente tensione e finezza tattile, sin dall’ingresso. Qualcosa difficile da immaginare, dopo un naso giocato principalmente sulle componenti aeree (i frutti), con il “terreno” in sordina.

Non manca però l’equilibrio. Sale e tensione fresco-acida lasciano il giusto spazio all’espressione delle parti morbide, compresa l’alcolicità (13% vol.). Vino in evoluzione, di sicura longevità.

Gambellara Doc Classico 2020 Bocara, Cavazza

Giallo paglierino luminoso. Sin dal primo naso è chiaro come ci si trovi di fronte a un vino che abbina frutto ed essenza minerale-vulcanica. Generosissime e croccanti le note di frutta a polpa bianca (pera) e gialla (pesca, ricordi di albicocca appena matura, susina, melone).

Sull’altro versante, un profilo chiaro, ma ancora non del tutto espresso: il vulcano spinge al naso note pietrose che necessitano tempo e ulteriore affinamento in bottiglia per esprimersi ai massimi della pienezza.

Perfetta sin d’ora la corrispondenza gusto olfattiva, con la frutta protagonista del sorso dall’ingresso alla chiusura. Interessante il profilo minerale del palato, in netta evoluzione. Ne è un emblema la chiusura asciutta ed elegante, sui ritorni pietrosi avvertiti al naso.

Gambellara Doc Classico 2018 Rivalonga, Menti Vini

Giallo paglierino, alla vista. Un vino che è la riprova della longevità dei vini da terroir vulcanico e di quanto il “vulcano” stesso, dalle parti di Gambellara, sia una componente da attendere, prima che si mostri nel calice con estrema eleganza.

Nel Rivalonga di Menti, il binomio frutto-mineralità è ai massimi livelli. Ma il bouquet si arricchisce di preziosi ricordi erbacei, ottima spalla per una salinità che deve sostenere la polpa bianca e gialla di pesca, melone, pera e ananas. Tutta frutta perfettamente matura.

In definitiva un vino in equilibrio estremo, che abbina a una spiccata mineralità e a un “senso” profondo del terroir vulcanico delle colline di Selva, la «dolcezza» e il «sapore» di una terra generosa come Gambellara.

Gambellara Doc Classico 2018 Capitel Vicenzi, Azienda Agricola Virgilio Vignato

Giallo paglierino, riflessi dorati. Al naso netta impronta minerale, cui si accostano prima ricordi di erbe della macchia mediterranea (mai così netti, nel tasting, il rosmarino e il timo) e, poi, l’ampio bouquet di frutta. Ecco la pesca gialla, l’albicocca, il melone, la susina, tanto quanto una pera matura, grondante di succo.

Non manca una componente agrumata, accostabile più al cedro che al limone, tra polpa e scorza. Splendida corrispondenza gusto olfattiva, con i 13% di alcol in volume che sono una manna dal cielo, nell’ottica del perfetto equilibrio del sorso.

Salinità e freschezza strabordanti, per un vino che entra in bocca come una lama e poi si ammorbidisce, sull’alcol e sulla frutta. Applausi scroscianti per l’epoca di raccolta delle uve Garganega utili alla produzione di questo vino. Uno di quei nettari che esaltano primari dell’uva e terroir, tanto quanto il savoir-faire agronomico ed enologico del vignaiolo.

Gambellara Doc Classico 2019 Col di Mezzo, Natalina Grandi

Giallo paglierino, riflessi dorati. Al naso tutto quello che ci si deve aspettare da un nettare di Gambellara, con un tocco in più di balsamicità, tanto da sfiorare i ricordi di eucalipto e liquirizia. Primo naso comunque dritto sulla matrice vulcanico-salina-pietrosa.

Poi la frutta, generosa e ricca, tra la polpa gialla e quella bianca, abbracciata dal corredo fresco-balsamico. Perfetta corrispondenza gusto olfattiva, anche in termini di stratificazione e coerenza nello sviluppo – quasi sequenziale – dei descrittori. Forse un po’ troppa esuberanza della balsamica, nel retro olfattivo.

Ma la frutta matura e l’alcol aiutano a riequilibrare un sorso saporitissimo, gustoso, tra i più goduriosi del tasting. Attenzione all’abbinamento, che deve essere di pari importanza ed esuberanza gustativa. Con Col di Mezzo, del resto, si può giocare a tavola in termini di temperatura di servizio, più o meno fresca in base al piatto (meglio ricchi primi che secondi a base di pesce).

Gambellara Doc Classico 2020, Azienda Agricola Sordato Lino

Giallo paglierino luminoso. Al naso, mai così netto il sentore di pera matura, cui fa eco la tipica mineralità dei bianchi di Gambellara. In bocca si conferma vino agile e beverino, diretto, giocato sull’immediatezza più che sulla stratificazione. Il vino glou-glou della batteria: guardi la bottiglia ed è finita.

Gambellara Doc Classico 2020 Corte dei Mèi, Azienda Vitivinicola Marchetto

Giallo paglierino intenso, dai leggeri riflessi dorati. Naso apparentemente semplice, che si svela pian, piano, con l’ossigenazione. Spazia dalla pera alla pesca e si concede generoso sulle note erbacee mediterranee, prima ancora di rivelare la matrice vulcanica del terreno (Eureka!)

Al palato un tocco leggerissimo d’ossidazione non penalizza, al momento, il resto del corredo. Anzi, lo rende ancora più complesso, accostandosi alle note di frutta matura già avvertite al naso e alla bella vena minerale. Chiude asciutto, salino, tanto da chiamare il sorso successivo. Altro vino dalla grande agilità di beva.

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Toscana Igt 2013 “Rosso del Pievano”, Tenuta Morinello

Il Toscana Igt 2013 Rosso del Pievano di Tenuta Morinello è il “Supertuscan” di casa Moriniello. Uno dei vini presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it.

Il “Rosso del Pievano” apre con un naso sui frutti rossi e neri maturi, come ciliegia e mora di rovo. Terziari molto ben integrati incedono su note di cioccolato, cannella, chiodi di garofano e burro salato. Una leggera nota “selvatica” dona ulteriore spessore.

In bocca grande corrispondenza con il naso e una splendida freschezza, capace di donare tensione al sorso. Lungo il finale. Un rosso che porta immediatamente la mente a piatti di carne della tradizione Toscana.

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Barbaresco Docg 2018 “Lorens”, Lodali

Il Barbaresco Docg 2018 Lorens” di Lodali è il vino che assicura la maggiore costanza qualitativa nel meritevole parterre di Lodali. Cantina che – al giro di boa dei 50 anni dalla fondazione – sta puntando tutto su un rilancio dei propri pezzi da novanta. All’insegna della ricerca della qualità assoluta.

Inserito nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it, il Barbaresco Docg 2018 “Lorens” di Lodali col suo succo rosso e nero (ribes, fragolina, mora, mirtillo) convincerebbe chiunque ad avvicinarsi a quello che è tutto, tranne il fratello minore del Barolo.

Una pienezza e una precisione che si riversano parimenti al sorso, sino a completare l’opera con una chiusura lunga, a sua volta succosissima.

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Toscana Igt Pinot Nero 2013 “Temerario”, Casavyc

Il Toscana Igt 2013Temerario” di Casavyc è uno dei vini presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it. Un Pinot Nero che accoglie lo sguardo col suo colore rosso rubino carico.

Al naso frutta rossa sotto spirito, fragola, erbe mediterranee, foglie di tè. Un tocco di spezia scura dona profondità e incomplessisce il profilo. L’ingresso fresco anticipa un sorso che fa della succosità del frutto la sua forza. Non manca un tannino elegante, capace di regalare ulteriore equilibrio.

Il Toscana Igt Pinot Nero 2013 “Temerario” di Casavyc è un Pinot Nero sanguigno, vero e territoriale. Indubbi i margini di lungo affinamento di un vino che, già ora, racconta bene la zona di appartenenza.

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Colli di Salerno Igp Bianco 2020 “Ida”, Viticoltori Lenza

Il Colli di Salerno Igp Bianco 2020Ida” di Viticoltori Lenza è uno dei vini presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it. Nel calice veste un giallo paglierino accesso, dai riflessi dorati.

Bell’incedere, pieno ed elegante, delle note esotiche e tropicali, sulla durezza della buccia d’agrume. Ecco l’attesissima vena tesa, fresca e sapida, al palato. Chiude asciutto, ancora una volta su una freschezza elettrica, rigenerante.

Il Colli di Salerno Igp Bianco 2020 “Ida” di Viticoltori Lenza è un bianco che mette in pace col mondo, parlando al cuore con le sue note vere, concrete, materiche. Bella espressione “matrimoniale” della Falanghina e del Greco, in un areale, i Colli di Salerno, che merita attenzione assoluta sulla cartina del vino italiano.

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Franciacorta Docg Satèn 2016, Barone Pizzini

Il Franciacorta Docg Satèn 2016 Barone Pizzini è uno degli spumanti Metodo classico presenti nella Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it. Alla vista si presenta di un giallo paglierino e rivela un perlage fine, persistente.

Un Satèn di estrema ricchezza ed eleganza, simbolo fulgido di quanto lo Chardonnay possa raggiungere punte di eccellenza assoluta anche nella formulazione del Satèn, tipologia notoriamente relegata a canoni di “setosa” morbidezza ed avvolgenza.

Le note iodate, saline e cremose risultano in perfetta fusione con quelle tostate e fruttate-agrumate. A colpire è proprio la preponderanza dei sentori minerali, salini, freschi, d’arancia e pompelmo rosa. Frutta estremamente croccante e, al contempo, di grande concentrazione nel Franciacorta Docg Satèn 2016 di Barone Pizzini.

Bocca felpata da un perlage cremosissimo, che accompagna il sorso sino alla chiusura asciutta. Nella preziosa gamma della cantina di Provaglio d’Iseo (BS), un vino da non perdere. Pezzo da novanta, anche nel rapporto qualità prezzo.

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Marco Battaglino dall’Osteria alla cantina BriccoBracchi: Dogliani da favola, aspettando Timorasso e Freisa

C’è chi sogna e chi fa. Chi blatera e chi costruisce futuro, mattone per mattone. Dopo aver dato vita 9 anni fa a Osteria Battaglino, insieme «storia d’amore», «luogo dell’anima» e «favola snob», il ristoratore piemontese Marco Battaglino ha deciso di giocare a fare (anche) il vignaiolo. Un «gioco fatto bene, però», tiene a sottolineare. A dargli ragione è un Dogliani Docg 2020 da favola, dal nome di fantasia inequivocabile: “Diavolo Rosso“. E un Timorasso macerato 2021 che promette faville, dopo le prove del 2019 e 2020. Lo ha chiamato “Vento in faccia“. E neppure questo è un caso.

Un amore grande per le poesie in musica di Paolo Conte; e una fidanzata, Sara Calcagno, che è piombata nella vita di Marco Battaglino al momento giusto. Ma soprattutto dal posto giusto. Le prime vinificazioni di uno degli ultimi vignaioli provetti italiani risalgono a cinque anni fa. A ospitarle proprio San Fereolo, la cantina-icona di Dogliani guidata da Nicoletta Bocca, dove Sara lavora.

A far battere forte il cuore a Battaglino è il Timorasso, sovrainnestato a BriccoBracchi – vecchio podere che domina una collina, a 500 metri di altitudine – su piante di Dolcetto di 60 anni. Una parte del vigneto che dà vita al Dogliani “Diavolo Rosso” è stata sacrificata nel nome di un sogno. Anzi, di una visione.

«Se penso ai vini che mi piacciono davvero – rivela il ristoratore Marco Battaglino – non posso non citare quelli del Carso e della Slovenia, in particolare i vini bianchi macerati. Per questo, contro il parere di tutti, ho piantato Timorasso in una vigna esposta a sud-sud ovest, il cui punto forte sono i terreni magri, marnosi. L’ideale per proporre un vino di Langa diverso, che si avvicini a certe interpretazioni dei Colli Tortonesi o ai bianchi di altre zone a me care, in attesa peraltro dell’arrivo delle anfore Artenova da Impruneta».

BRICCOBRACCO: DOLCETTO, TIMORASSO E (DOMANI) LA FREISA

Da qui il nome “Vento in faccia”. Sull’etichetta, due cani razza Bracco in sidecar. «Sono i miei due Bracchi, i due difensori di BriccoBracco, il nostro podere. In realtà, un modo per simboleggiare il nostro sogno. Il “vento in faccia” ce l’abbiamo noi, in quest’avventura da produttori di vino. È l’dea di un progetto nuovo, che parte. È il sentirsi vivo, la voglia di fare».

Nel nome di fantasia, anche l’ennesimo richiamo agli amati Colli Tortonesi, territorio dal quale Marco Battaglino ha attinto le uve per le prime prove di vinificazione, che oggi trovano spazio da Gabriele Cordero, a Priocca (CN).

«Il “vento in faccia” – aggiunge Battaglino – è lo stesso che bacia le vigne di Timorasso nella loro zona d’elezione, l’Alessandrino. Mentre il “Diavolo rosso” non poteva che essere il Dolcetto: il vino di Dogliani che non si “degusta”, si “beve”. Un rosso che sporca le labbra, riempie la bocca. E non sta lì a farsi girare troppo nel calice».

L’immediatezza, modernità e spensieratezza – tutto tranne che banale – del calice di Diavolo Rosso spingerà il neo vignaiolo e ristoratore di Dogliani a inserire una terza varietà nel parco vigneti della cantina BriccoBracchi.

«Io e la mia fidanzata – annuncia Marco Battaglino a WineMag.it – ci siamo dati come obiettivo quello di raggiungere un massimo di 1,5 ettari, tra cui non potrà mancare qualche filare da dedicare alla Freisa. È un’altra varietà in cui crediamo molto, che potrà completare la gamma dando profondità. Un vino da attendere negli anni, a differenza dell’immediata godibilità del Dolcetto».

Altro “vento in faccia”, insomma. E il compare perfetto per quel “Diavolo rosso” da bere a canna. Il tutto mentre la cantina ha già trovato un distributore: l’attentissimo Graziano Cipriano di Darvin Selezione (Torino). Una storia nella storia, tutta da scoprire.

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Canavese Doc Nebbiolo 2018 “Gaiarda”, Az. Agr. Le Masche

Nebbiolo in purezza per il Canavese Doc 2018Gaiarda” dell’Azienda Agricola Le Masche. Un angolo di Piemonte racchiuso in un rosso ancora giovane ma già in grado di regalare emozioni. Un vino inserito nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it.

LA DEGUSTAZIONE

Colore intenso ma dall’unghia luminosa, che racconta la gioventù del nettare. Naso ricco, profondo, tra le note di un frutto perfettamente “colto” in vigna. Polpa rossa densa, sferzata da un agrume croccante e da un vegetale fresco che riporta ad erbe profumate come mentuccia, anice, finocchietto selvatico.

Palato asciutto ma pieno, che conferma le anticipazioni della vista. Un vino giovanissimo, che diventerà super godibile e goloso quando il tannino sarà completamente integrato. Un Nebbiolo, il “Gaiarda”, buono oggi e ancor più domani, per chi saprà attendere.

LA VINIFICAZIONE

I vigneti che danno vita a questo Canavese Doc si trovano tra Levone e Rivara, tutti posti sulle colline. Dopo l’attenta raccolta, le uve vengono sottoposte a una fermentazione termocontrollata a 25°. Segue l’affinamento in barrique, per 18 mesi.

Un ulteriore affinamento in bottiglia per 6 mesi anticipa la commercializzazione del Canavese Doc 2018 “Gaiarda”. Il Nebbiolo, del resto, è una varietà in cui crede molto l’Azienda agricola Le Masche di Levone, in provincia di Torino.

LA CANTINA LE MASCHE

Il nome dell’azienda si ispira a una vicenda del 1474: il processo istruito contro quattro donne levonesi (Antonia, Francesca, Bonaveria e Margarota) accusate di stregoneria dall’Inquisitore Francesco Chiabaudi.

Nel rogo del 7 novembre 1474 morirono Antonia De Alberto e Francesca Viglone. “Bonaveria“, che dà il nome a un altro vino della cantina, nel 1475 risultava ancora carcerata, mentre Margarota Braja era fuggita dalle carceri del castello di Rivara.

L’obiettivo dell’Azienda agricola Le Masche è «produrre un vino di qualità che sia l’immagine del suo territorio». Una missione che si può dire centrata. Ancor più con la realizzazione della nuova cantina: un punto di riferimento assoluto nella produzione di vini del Canavese.

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Cirò Doc Riserva Rosso classico superiore Duca Sanfelice 2017, Librandi

A quattro anni dalla vendemmia, gode di uno stato di forma eccezionale il Cirò Doc Riserva Rosso classico superiore Duca Sanfelice 2017 di Librandi. Si tratta, non a caso, di uno dei vini simbolo della storica cantina di Contrada San Gennaro, a Cirò Marina.

L’annata corrente dell’etichetta è la 2018. Ma il nettare ottenuto da vecchie viti di Gaglioppo allevate ad alberello dimostra di avere tutti gli attributi necessari per poter essere conservato nel tempo. Si tratta, peraltro, di uno dei vini rossi italiani dal migliore rapporto qualità prezzo (attorno ai 10 euro).

LA DEGUSTAZIONE

Nel calice, Duca Sanfelice 2017 veste un mantello di colore rubino luminoso, dai riflessi granati. Si concede al naso in tutta la sua pienezza solo dopo qualche minuto di attesa. Ecco dunque ricordi intensi di frutti di bosco perfettamente maturi (ribes, mirtillo, lampone) e prugna, su sottofondo di erbe della macchia mediterranea.

Ben marcata anche l’impronta floreale, tra la violetta e la rosa. L’ossigenazione fa spazio a tinte balsamiche, mentolate e pepate, che si ritroveranno anche in una chiusura freschissima e dissetante. In ingresso di bocca, tanto quanto in allungo, Duca Sanfelice 2017 di Librandi ripropone tutta la fragranza e croccantezza della frutta già avvertita al naso.

Il sorso è asciutto e di grande eleganza, sorretto da una buona acidità e da accenni salini. Un quadro perfetto per abbinamenti importanti, che possono spaziare da saporiti e ricchi primi a base di ragù a secondi di carne, in particolare di selvaggina. Il tutto senza rinunciare a una beva agilissima, dettata anche da tannini presenti ma perfettamente integrati.

LA VINIFICAZIONE

L’area di produzione del Cirò Doc Riserva Rosso classico superiore Duca Sanfelice 2017 di Librandi è quella di Cirò e di Cirò Marina, in provincia di Crotone. Il vino è ottenuto da sole uve Gaglioppo. Le viti ad alberello affondano le radici un terreno ricco di argilla e calcare, con una densità di impianto di 5 mila ceppi per ettaro.

La resa si assesta attorno agli 85 quintali (circa 60 ettolitri) per ettaro. L’epoca di vendemmia delle uve ricade generalmente nella prima decade di ottobre. Il Gaglioppo selezionato viene vinificato in acciaio, con macerazione che si prolunga tra i 7 e i 10 giorni.

L’affinamento di Duca Sanfelice di Librandi avviene in acciaio e cemento, dove riposa per 2 anni. Trascorsi i 24 mesi, il nettare viene imbottigliato in attesa della commercializzazione, che inizia dopo alcuni mesi. Secondo le indicazioni della cantina, il vino è «pronto a partire da 2 anni dalla data di vendemmia», ma può essere «invecchiato anche oltre i 10 anni». Nulla di più vero.

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Giacomo Fenocchio, verticale storica 1978-2020 per la nuova cantina: «Barolo en primeur per i turisti»

Claudio Fenocchio era ancora un bambino mentre il padre, Giacomo Fenocchio, mandava in pensione i vecchi tini di legno sino allora utilizzati dal nonno. Assieme a lui introdusse in cantina l’acciaio, per le vinificazioni del Nebbiolo atto a divenire Barolo. «Grande modernità e più tecnologia, in aiuto al lavoro», ricorda con tono deciso quel bambino che nel frattempo è diventato grande. Lo stesso che oggi è chiamato a dare l’ennesima impronta decisiva alle sorti dell’azienda di Monforte d’Alba (CN), fondata nel 1864.

L’inaugurazione della nuova cantina, il cui biglietto da visita è un’ampia terrazza che invita a tuffarsi sul materasso di colline delle Langhe, arriva in un periodo cruciale. Quello in cui le figlie Letizia ed Eleonora, 19 e 17 anni, muovono i primi passi sulle orme del papà. Ovvero tra quei pochi tini del nonno rimasti dov’erano. E le idee che hanno rivoluzionato una delle più grandi denominazioni del vino italiano. Passi piccoli ma decisi, tra ciò che fu e ciò che è. Ancor più, tra ciò che sarà.

«Il Barolo da allora è cambiato tantissimo, tantissimo», ripete Claudio Fenocchio, quasi a voler esorcizzare il concetto e il tempo. «Noi siamo rimasti gli stessi – si affretta a precisare – ovvero quelli che propongono un Barolo legato alla tradizione. Questo non significa tarparsi le ali, o non voler crescere. La nuova cantina? È un passo necessario in quest’ottica. Ma ancor più un modo per poter accogliere nel migliore dei modi i tanti turisti e appassionati che vogliono conoscere i nostri vini. Permetteremo loro, per esempio, di assaggiare le nuove annate dalle botti».

È una sorta di democratizzazione inversa del Barolo, quella che propone Claudio Fenocchio. Una “liberalizzazione” che non parte dai “prezzi per tutti”. Bensì dall’en primeur quotidiana. Qualcosa che, da altre parti, è appannaggio di una cerchia ristretta di professionisti del settore, o addetti ai lavori, diventa pressoché la norma nel nuovo corso della Giacomo Fenocchio.

La prima vendemmia in questa struttura – spiega – è stata nel 1989. L’abbiamo ampliata ulteriormente con una nuova bottaia, all’interno della quale abbiamo insediato la ricezione. Tutti i clienti potranno assaggiare dalle botti e fare le degustazioni in cantina, ovvero nell’ambiente più adatto al vino. È un investimento nei turisti, che potranno scoprire man mano le nuove annate dei nuovi Barolo. I Barolo del futuro».

Diciassette ettari per circa 100 mila bottiglie e numeri destinati a crescere dalle 45 mila bottiglie riservate al Re dei vini del Piemonte. A seguire, nell’ordine, Nebbiolo, Barbera, Dolcetto e Freisa. Senza dimenticare che qui, dal 2010, si producono anche due vini bianchi da uve Arneis in purezza (un Roero Docg e un Orange wine) e uno spumante metodo italiano, base Freisa.

La fiducia è tanta. «Il Barolo – chiosa Claudio Fenocchio – resta una delle denominazioni italiane di maggiore appeal. Credo che il Consorzio stia facendo molto bene sotto tutti i punti di vista, specie con lo slancio dato dall’evento a New York, prima della pandemia. Avanti così».

“Indietro”, sembra voler suggerire il vignaiolo di Monforte d’Alba, solo per le verticali. Come quella preparata per la stampa ieri, giorno dell’inaugurazione della nuova cantina. Dal 1978 al 2020. Spaziando tra i cru.

IL BAROLO GIACOMO FENOCCHIO DAL 1978 AL 2020
Barolo Doc Riserva 1978

Nella massa finale per lo più Bussia, seguito da Castellero e Cannubi. Bottiglia straordinaria (la seconda aperta), esprime ancora un frutto rosso pieno, accostato da riverberi di radici. Il tannino è morbido, ma non arreso.

La freschezza è disarmante per gli anni sul groppone. L’abbraccia una vena glicerica che, per gli “usi e costumi” dei tempi, va ben oltre i soli 13.5 gradi d’alcol in volume. In un calice, la storia di una famiglia Fenocchio, che non ha smesso di proporre vini di territorio, incollati alla tradizione.

Barolo Docg Bussia 1994

Tanto fiore, rosa, violetta. Frutto rosso timido appena versato, pronto poi a donarsi in tutta la sua integrità, generoso. Si apre bene, ma piano, anche in gustativa. Scivola lungo, su ricordi di radice che accompagnano il frutto croccante e un tannino ancora vivo, pur integrato.

Barolo Docg Bussia 2000

Annate molto calda in cui la Giacomo Fenocchio, con Claudio Fenocchio, inizia seriamente a proteggere l’uva dai raggi del sole. «Anziché defogliare, come si faceva per nelle annate fredde, decidemmo di non fare nulla, lasciando anche il cordone alto, per ombreggiare».

Il calice racconta alla perfezione l’andamento climatico del 2000. Naso largo sul frutto, che sfiora la lascivia d’uno sciroppo. Freschezza e tannino giocano a riequilibrare un sorso in perfetta corrispondenza, riuscendoci al meglio.

Barolo Docg Bussia 2004

Annata regolare, segnata da una vendemmia delle uve Nebbiolo andata in scena nel corso della terza settimana di ottobre. Naso profondo, sulle spezie e sulla liquirizia, che si ritrova nettamente anche al palato. Superlativa la gustativa, che si divide tra frutto preciso, pieno, e ricordi assieme caldi e freschi, speziati. Netto goudron e qualche sbuffo vago di zafferano mentre incede un allungo da favola, asciutto e giustamente tannico. Tra i migliori vini in assoluto della verticale voluta da Claudio Fenocchio.

Barolo Riserva Docg Bussia 2008 “90 dì”

Prima annata in cui viene riproposta, senza mai essere immessa sul mercato, una piccola partita di Nebbiolo “fatto come una volta”. Ovvero come lo faceva il padre di Giacomo Fenocchio: con “90 dì”, ovvero “90 giorni” (3 mesi circa) di macerazione (seguiti da 4 anni in botte grande e uno di vetro). Il risultato è una chicca prodotta in sole 300 bottiglie, di cui ne restano ormai ben poche.

Un esperimento servito tuttavia per ripensare la Riserva di Fenocchio, a partire dal 2010. La macerazione lunga non appesantisce il calice. Si crea anzi un scambio di battute tra finezze e tensioni, tra polpa e spezia (con la prima che prende il sopravvento). Siamo al cospetto di un vino che si discosta di molto dalla linea di rigore ed elegante essenzialità dei vini di Claudio Fenocchio.

Un nettare più largo, quasi interamente giocato sul frutto e su un’armoniosa beva, al limite del “rotondo”. Chiaramente il tutto è controbilanciato da una buona freschezza e da un tannino che rispecchia fedelmente i canoni dei Barolo di Bussia.

Barolo Docg Cannubi 2009

Liquirizia nera a primo naso, frutto succoso, ricordi sanguigni, ferrosi. Perfetta corrispondenza al palato, dove tuttavia si rivela – tra i vini in degustazione – quello meno equilibrato e in una fase di scombussolamento. Il sorso è diviso in maniera piuttosto marcata tra fenolico e frutto. La speranza è che scenda dall’altalena.

Barolo Docg Villero 2010

Molto balsamico, speziato. Goudron. In bocca si conferma vino profondo, fresco e speziato, ancora molto giovane. In chiusura esalta un frutto succoso, unito a un tannino vivo, elegante. Prima avvisaglia di quello che sarà, a partita chiusa, il cru più convincente della cantina.

Barolo Docg Castellero 2011

È l’anno dell’esordio per il cru fortemente consigliato a Claudio Fenocchio dal consulente della comunicazione, il pr Riccardo Gabriele. Sino ad allora (e dal 1952) Castellero finiva in blend nel Barolo d’entrata della linea. Sorprende (e pure tanto) per le note di frutta bianca, come melone bianco, pesca, albicocca.

In bocca risulta pieno, molto agile, a dimostrazione di quanto le sue caratteristiche marcassero il “Barolo quotidiano” della gamma. Alcol (15% vol.) integratissimo, gran bella freschezza e tannino levigato, splendidamente integrato. Grande intuizione.

Barolo Docg Castellero 2011 (magnum)

Le due bottiglie parlano la stessa lingua, ma la maggiore superficie di vetro sembra distendere ulteriormente il nettare, specie nella componente fruttata e, ancor più, in quella tannica. Curiosa la nota salmastra che mancava alla 0,75, così come mancavano risvolti sanguigni, qui pur percettibili col microscopio. Riecco la consueta freschezza, con un tocco in più di liquirizia nera che rende il nettare molto gradevole e dalla beva spasmodica.

Barolo Docg Cannubi 2017

Si ritorna su Cannubi e il naso si sofferma, come nel precedente assaggio, dapprima sulla spezia. All’accenno iniziale d’origano fa eco un frutto rosso godurioso, che prende sempre più spazio nel quadro complessivo. In retro olfattivo largo a terziari da legno quali fondo caffe e caramella mou, pur smorzati da una pregevole venatura salina e da un tannino vivo, ma molto elegante. L’annata è stata molto calda (non certo quanto la 2003).

Barolo Docg Castellero 2017

L’ultimo (in ordine temporale) dei cru della Giacomo Fenocchio si riconoscerebbe tra mille. Riecco il melone, la pesca bianca, i ricordi di albicocca. Vino croccante, quasi da morsicare. Materico, ma ancor più fresco e beverino.

Barolo Docg Villero 2017

Anche nell’annata 2017, il cru Villero si conferma ad altissimi livelli. Ancora una volta profondo, speziato, sanguigno, agrumato d’arancia rossa. In bocca riecco una prosa fresca, che gode dell’elegantissimo apporto fruttato-croccante, ma sceglie la spezia come compagna di vita. Tutto ciò tra l’ingresso e il centro bocca. Perché il finale riserva un’amarena netta, da fuochi d’artificio nel gioco prezioso con la scontrosità amaricante del tannino. Vino da applausi scroscianti per larghezza e profondità, verticalità e polpa.

Barolo Docg Bussia 2017

Si conferma succoso e speziato, in grandissimo equilibrio. Del resto è il vigneto più grande di Fenocchio, che consente di portare in cantina uve con maturazioni forse non omogenee al millimetro, perfette nel mix tra fenoliche e zuccherine.

Barolo Docg Cannubi 2018 e 2019

Annata segnata da molta pioggia tra agosto e l’inizio settembre. Il risultato è una vendemmia particolare, che sarebbe stata invece “classica”, in termini di tempi di raccolta. Venendo al calice, il Cannubi 2018 non sarà certo un campione di longevità. Sarà però uno di quei vini importanti e, al contempo, facili da bere. Scherziamo con Claudio Fenocchio e chiediamo se ha proceduto a una macerazione carbonica.

Sorride e poi conferma quando, tornati seri, usiamo l’aggettivo “diluito”: l’annata è di quelle in cui il rapporto tra succo e buccia è nettamente in favore del primo, proprio a causa delle piogge abbondanti in un periodo tanto delicato. Arriva poi l’assaggio da botte del 2019, vino ricco, sul frutto, ma al contempo pieno di energia, tra spezia e apporto fresco-acido. Un altro nettare di grande accessibilità e immediatezza.

Barolo Docg Castellero 2018, 2019, 2020

Oltre ai classici sentori di frutta a polpa bianca, che costituiscono il fil-rouge del cru, qui si centra forse una maturazione – o, meglio, un’epoca di raccolta – che regala alla particella maggiore complessità e rigore. Il salto di qualità definitivo sul cru Castellero è definitivamente compiuto, a 8 anni dall’esordio sul mercato, con la 2011. L’ulteriore assaggio da vasca della 2019 conferma le impressioni.

Anzi, esaspera ancor più il concetto di una quadra definitivamente trovata sul Castellero, nonostante la concentrazione d’aromi risulti maggiore rispetto alla 2018. Arriva poi il 2020 a suggellare la consacrazione di un Barolo dalla bevibilità disarmante, che non rinuncia tuttavia alla complessità.

Barolo Docg Villero 2018

Chi non ha bisogno alcuno di “aggiustamenti” e si è sempre espresso su livelli altissimi è invece il cru Villero della Giacomo Fenocchio. Naso elegantissimo, tra fiori, frutto e spezia. Si ritrova la stessa matrice al palato, dove un frutto pieno e succoso gioca a irritare un tannino in cravatta, che non perde le staffe. Neppure quando la liquirizia prova a imbalsamarlo, avvolgendolo. Alleata, in chiusura, una vena salina preziosissima che da un lato inspessisce ulteriormente il quadro e, dall’altro, chiama il sorso successivo.

Barolo Docg Bussia 2018 e 2019

Ancora una volta gran completezza nel Bussia che, nonostante la gioventù raccontata da un frutto tanto succoso quanto esuberante e preponderante, mostra ampissimi margini di evoluzione, nel segno della complessità. Scalpitano tannino e spezie, mentre la freschezza riequilibra morbidezze i cui contorni sono in decisa evoluzione. Salto oltre l’ostacolo con la vendemmia 2019, che regala un nettare dalle spiccate note floreali e dal tannino leggermente meno spigoloso, sempre all’insegna dell’eleganza.

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Migliori vini rossi a Campania Stories 2021: i 7 vini imperdibili

I vini rossi della Campania tra alti e bassi: strepitosi in alcune interpretazioni e da rivedere in altre, in bilico tra un uso eccessivo dei legni e poca “pulizia”. È il quadro che emerge dalla sessione di degustazione dei vini rossi campani a Campania Stories 2021.

La presentazione delle ultime annate delle principali denominazioni “rossiste” della regione è andata in scena il 31 agosto al Campus Principe di Napoli di Agerola (NA). Conferme più che sorprese, dunque, con la regione che si conferma più “ferrata” e qualitativamente costante nella produzione di vini bianchi (qui i migliori all’Anteprima Campania Stories 2021).

Nella selezione di WineMag.it, 38 dei 137 vini rossi campani degustati alla cieca. Tra questi sono 7 i vini imperdibili: il Campania Igp 2018 “Terra di Lavoro” di Galardi; l’Irpinia Aglianico Dop 2015 “Serpico” di Feudi di San Gregorio.

E ancora: l’Aglianico del Taburno Riserva Docg “Terra di Rivolta” 2017 di Fattoria La Rivolta; il Cilento Aglianico Dop “Cenito” 2018 di Luigi Maffini; il Paestum Aglianico Igp Bio “Donnaluna” 2018 di Viticoltori De Conciliis.

Molto interessante l’interpretazione del vitigno Casavecchia di Alois, con il Pontelatone Riserva Dop 2017 “Trebulanum”. Tra le annate meno recenti, brilla invece il Taurasi Riserva Docg 2009 di Perillo. Da sottolineare l’ottima prova “corale” dei Campi Flegrei con il vitigno Piedirosso, tra i simboli della Campania. Un argomento che sarà approfondito prossimamente su WineMag.it.

I MIGLIORI VINI ROSSI A CAMPANIA STORIES 2021

VINI ROSSI BASE AGLIANICO
IRPINIA
Irpinia – Docg Taurasi e Taurasi Riserva

Villa Raiano – Taurasi Docg 2016
Tenuta Cavalier Pepe – Taurasi Docg “Opera mia” 2015
Molettieri Salvatore – Taurasi Docg “Renonno” 2015
Delite – Taurasi Docg “Pentamerone” 2015
Feudi di San Gregorio – Taurasi Riserva Docg “Piano di Montevergine” 2015
Tenuta del Meriggio – Taurasi Riserva Docg “Colle dei Cerasi” 2015
Perillo – Taurasi Riserva Docg 2009

Dop Irpinia Campi Taurasini, Irpinia Aglianico, Irpinia Rosso; Igp Campania Aglianico

Ferrara Benito – Irpinia Aglianico Dop “Vigna Quattro confini” 2018
Canonico & Santoli – Irpinia Aglianico Dop “Hirpus” 2016
Feudi di San Gregorio – Irpinia Aglianico Dop “Serpico” 2015
Delite – Irpinia Campi Taurasini Dop “Nonna Seppa” 2015

SANNIO
Dop Aglianico del Taburno, Sannio Aglianico, Sannio Solopaca Classico; Igp Beneventano Rosso, Campania Aglianico

Cantina di Solopaca – Sannio Aglianico Dop Biologico “Armunìa Viticoltori San Martino” 2019
Fattoria La Rivolta – Aglianico del Taburno Docg 2017
Fontanavecchia – Aglianico del Taburno Docg 2017
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)
Fattoria La Rivolta – Aglianico del Taburno Riserva Docg “Terra di Rivolta” 2017
Cantine Tora – Aglianico del Taburno Rosso Dop 2016

Alto Casertano

Villa Matilde Avallone – Roccamonfrina Rosso Igp “Cecubo” 2015

Colli Salernitani-Picentini, Cilento; Dop Cilento Aglianico; Igp Colli di Salerno Aglianico, Paestum Aglianico, Campania Aglianico

Azienda Agricola Cicalese Rossella – Campania Igp “Evoli” 2019
Viticoltori Lenza – Colli di Salerno Igp “Massaro” 2018
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)
Luigi Maffini – Cilento Aglianico Dop “Cenito” 2018
Viticoltori De Conciliis – Paestum Aglianico Igp Bio “Donnaluna” 2018
Lunarossa – Colli di Salerno Aglianico Igp “Borgomastro” 2016
San Salvatore 1988 – Paestum Aglianico Igp “Omaggio a Gillo Dorfles” 2016

VINI ROSSI A BASE PIEDIROSSO
Dop Sannio Piedirosso, Campi Flegrei Piedirosso; Igp Pompeiano Rosso; Vesuvio Piedirosso, Igp Campania Piedirosso

Az. Agricola Mario Portolano – Campi Flegrei Piedirosso Dop 2020
Agnanum – Campi Flegrei Piedirosso Dop Agnanum Piedirosso 2020
Cantine del Mare – Campi Flegrei Piedirosso Dop “Terrazze Romane” 2019
Casa Setaro – Vesuvio Piedirosso Dop “Fuocoallegro” 2019
Contrada Salandra – Campi Flegrei Piedirosso Dop 2017
Ocone – Sannio Taburno Piedirosso Dop “Calidonio” 2015

VINI ROSSI COSTA D’AMALFI
Dop Costa d’Amalfi Furore, Costa d’Amalfi Ravello, Costa d’Amalfi Tramonti; Igp Campania Rosso

Marisa Cuomo – Costa d’Amalfi Furore Rosso Riserva Dop 2017
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)
Marisa Cuomo – Costa d’Amalfi Ravello Rosso Riserva Dop 2017
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)
Tenuta San Francesco – Costa d’Amalfi Tramonti Rosso Riserva Dop “Quattro Spine” 2016

VINI ROSSI VESUVIO
Dop Vesuvio Lacryma Christi Rosso; Igp Campania Aglianico

Casa Setaro – Lacryma Christi del Vesuvio Riserva Dop “Don Vincenzo” 2017

VINI ROSSI A BASE CASAVECCHIA
Dop Casavecchia di Pontelatone Riserva

Alois – Casavecchia di Pontelatone Riserva Dop “Trebulanum” 2017

VINI ROSSI A BASE PALLAGRELLO NERO
Igp Terre del Volturno Pallagrello Nero

Il Casolare Divino di Manuela De Luca – Terre del Volturno Pallagrello Nero Igp “Tralice” 2018

ROSSI MONOVARIETALI E BLEND MISTI
Dop Sannio Barbera; Igp Campania Aglianico, Campania Rosso, Paestum Rosso, Paestum Primitivo, Colli di Salerno Rosso

Galardi – Campania Igp “Terra di Lavoro” 2018
Petra Marzia – Campania Rosso Igp “Petra Marzia” 2018
Alessandra Srl Società agricola – Paestum Primitivo Igp “Catacatascia” 2018
Montevetrano – Colli di Salerno Rosso Igp “Montevetrano” 2018

IL FOCUS SUL PIEDIROSSO

Campania Stories 2021, è l’anno del Piedirosso. Per’e Palummo nuovo asso dei produttori campani

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degustati da noi vini#02

Aglianico Basilicata Rosso Igt 2018 “Z’nurr”, Az. Agr. Anna Maria Laviola

Siamo a Policoro, in provincia di Matera, per l’Aglianico Basilicata Rosso Igt 2018 “Z’nurr” dell’Azienda Agricola Anna Maria Laviola. Un rosso immediato ed al contempo di prospettiva dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it.

LA DEGUSTAZIONE

Un nettare che si presenta di un bel rosso rubino, capace di invogliare alla sola vista. Naso intenso, composto ed elegante. Si dipana su fiori di viola, agrumi, ciliegia, ribes, fragola, ma anche su ricordi di rabarbaro e liquirizia. Gran gastronomicità e tannino in fase di integrazione su frutto croccante oltre a pregevoli venature sapide.

Vino che riesce in quello in cui molti Aglianico falliscono: ovvero risultare immediato senza snaturare primari, varietale e riconoscibilità del vitigno, a partire dalla sua inconfondibile trama tannica. Una beva già agile che non nasconde l’intrinseca attitudine al lungo affinamento. Manifesto di una rivoluzione gentile che potrebbe vedere protagonista l’Aglianico della Basilicata, pronto così a conquistare il mondo dei nuovi consumatori e Millennial.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Vini bianchi Campania Stories 2021: i migliori 40 e i tre vini imperdibili

I vini bianchi della Campania si confermano a livelli medio-alti in occasione della sessione di degustazione di Campania Stories 2021. La presentazione delle ultime annate delle principali denominazioni “bianchiste” della regione è andata in scena il 31 agosto.

Teatro dell’evento il Campus Principe di Napoli di Agerola (NA), affacciato sul mare tra Positano e Amalfi. Nella selezione di WineMag.it, 40 dei 158 vini bianchi campani degustati alla cieca.

In particolare sono tre i vini imperdibili: il Greco di Tufo Riserva Dop 2008 “Vittorio” della cantina Di Meo; la Falanghina dei Campi Flegrei Dop 2020 di Agnanum; il Costa d’Amalfi Ravello Bianco Dop 2020 Vigna Grotta Piana di Ettore Sammarco.

I MIGLIORI VINI BIANCHI A CAMPANIA STORIES 2021

BIANCHI VESUVIO
Dop Vesuvio Lacryma Christi del Vesuvio Bianco, Vesuvio Caprettone
Igp Pompeiano Bianco, Falanghina Campania

Casa Setaro – Vesuvio Caprettone Dop Aryete 2019
Sorrentino – Vesuvio Caprettone Dop Benita ’31 2020

BIANCHI COSTIERA AMALFITANA
Dop Costa d’Amalfi Bianco

Ettore Sammarco – Costa d’Amalfi Ravello Bianco Dop Selva delle Monache 2020
Ettore Sammarco – Costa d’Amalfi Ravello Bianco Dop Vigna Grotta Piana 2020
Marisa Cuomo – Costa d’Amalfi Furore Bianco Dop Fiorduva 2019

BIANCHI A BASE PALLAGRELLO BIANCO
Igp Terre del Volturno Pallagrello Bianco

Alois – Terre del Volturno Pallagrello Bianco Igp Caiatì 2020
Alois – Terre del Volturno Pallagrello Bianco Igp Morrone 2019

BIANCHI A BASE FALANGHINA
Dop Falanghina del Sannio, Igp Falanghina Beneventano, Campania Falanghina

Di Meo – Campania Falanghina Igp 2020
La Guardiense – Falanghina del Sannio Dop Anima Lavica 2020
Mustilli – Falanghina del Sannio Sant’Agata dei Goti Dop Vigna Segreta 2019
Cantine Tora – Falanghina del Sannio Dop Kissos 2016
Fontanavecchia – Falanghina del Sannio Taburno Dop – Vendemmia Tardiva Libero 2015
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)

Irpinia Dop Falanghina, Igp Campania Falanghina

Antico Castello – Irpinia Falanghina Dop Demetra 2020

Cilento – Igp Campania Falanghina, Colli di Salerno Bianco

Viticoltori Lenza – Colli di Salerno Bianco Igp Ida 2020
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)

Campi Flegrei – Dop Campi Flegrei Falanghina; Igp Campania Falanghina

Agnanum – Campi Flegrei Falanghina Dop Agnanum 2019
Astroni Campania Falanghina Igp Strione 2015

BIANCHI A BASE FIANO

Sannio – Dop Sannio Fiano
Monserrato 1973 – Sannio Fiano Dop Fiano Monserrato 1973 2020
Terre stregate – Sannio Fiano Dop Genius Loci 2020

Cilento, Colli di Salerno – Dop Cilento; Igp Paestum, Colli di Salerno, Campania

Azienda Agricola Casebianche – Cilento Fiano Dop Cumalè 2020
Tenuta Macellaro – Colli di Salerno Bianco Igp Ripaudo 2019
Tempa di Zoè – Paestum Fiano Igp Xa 2019
San Salvatore 1988 – Paestum Fiano Igp Pian di Stio Extreme Bio 2019
Lunarossa – Colli di Salerno Fiano Igp Quartara 2018

Irpinia – Dop Fiano di Avellino; Igp Campania Fiano

Passo delle Tortore – Fiano di Avellino Dop Bacio delle Tortore 2020
Tenuta del Meriggio – Fiano di Avellino Dop Fiano di Avellino 2020
Feudi di San Gregorio – Fiano di Avellino Dop Pietracalda 2020
Di Meo –  Fiano di Avellino Dop 2020
Traerte – Fiano di Avellino Dop 2020
Molettieri Salvatore – Fiano di Avellino Dop 2019
Tenuta Sarno 1860 – Fiano di Avellino Dop “Sarno 1860” 2018
Vigne Guadagno – Fiano di Avellino Dop Contrada Sant’Aniello 2016

BIANCHI CAMPANI A BASE GRECO
Sannio e Cilento – Dop Sannio Greco, Igp Paestum Greco

Fattoria La Rivolta – Sannio Taburno Greco Dop 2020
Terre Stregate – Sannio Greco Dop Aurora 2020
San Salvatore 1988 – Paestum Greco Igp Bio Colpazio 2020

Irpinia – Dop Greco di Tufo, Irpinia Greco e Igp Campania Greco

Di Meo – Greco di Tufo Dop 2020
Colli di Lapio – Greco di Tufo Dop Alexandros 2020
Passo delle Tortore – Greco di Tufo Dop Le Arcaie 2020
Petilia – Greco di Tufo Dop 4 20 QuattroVenti 2017
Di Meo – Greco di Tufo Riserva Dop Vittorio 2008

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Vallée D’Aoste Dop 2019 Petite Arvine, La Source

Un bianco ottenuto da una da uno dei vitigni più rappresentativi della Val d’Aosta. Il Vallée D’Aoste Dop 2019 Petite Arvine di Società Agricola La Source è un vino, figlio di viticoltura eroica, che si è guadagnato un posto nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it.

LA DEGUSTAZIONE

Petite Arvine in purezza. Giallo paglierino acceso, naso carico quanto il colore. Banana, ananas sciroppato, agrume a tenere teso il sorso, dopo un naso che faceva presagire suadenza. Bella vena sapida in chiusura, ad aggiungere tensione al sorso e rendere la beva spasmodica.

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Millésimes Alsace DigiTasting 2021: degustazione e punteggi a 76 vini dell’Alsazia

Alle prese come il resto del mondo con l’emergenza Covid-19, l’Alsazia ha organizzato a inizio giugno Millésimes Alsace DigiTasting® 2021, il primo salone online concepito da un’organizzazione interprofessionale. Protagonisti 100 vignaioli dell’Alsazia, che hanno presentato online i loro vini. Il successo è stato immediato.

Nel giro di una settimana dall’apertura dei “cancelli” – o, meglio, del “portale” web – si sono accreditati oltre 900 professionisti. La cifra è salita sino a 3.750, frantumando il record di partecipanti all’edizione fisica del 2018. Il 70% degli aderenti a Millésimes Alsace DigiTasting® 2021 ha avanzato la propria richiesta di partecipazione dall’estero, dunque non dalla Francia.

Cinquantacinque i Paesi rappresentati, a riprova di quanto l’Alsazia continui a suscitare l’interesse di stampa, buyer, ristoratori e operatori internazionali. Tra i primi cinque mercati di esportazione figurano non a caso Regno Unito, Stati Uniti, Italia, Taiwan e Canada. Tutti Paesi presenti in maniera massiccia all’evento dei vini dell’Alsazia di giugno.

Confermata anche l’attenzione crescente dell’Est Europa, nonché quella di piazze esotiche come Perù, India, Nepal e Paraguay. Una portata globale per un progetto concepito al 100% in Alsazia, sostenuto da tutto il comparto sotto la guida del Civa, il Conseil Interprofessionnel des Vins d’Alsace.

Millésimes Alsace Digitasting® ha mobilitato partner al 100% alsaziani, tutti situati in un raggio di 75 chilometri dal centro di progettazione. La logistica e il trasporto sono stati gestiti dai partner di Molsheim e Colmar. Il design digitale da un’azienda di Strasburgo.

L’imbottigliamento da un’azienda specializzata situata nel Bas-Rhin, mentre il design fotografico è stato affidato a un laboratorio di Soultzmatt. Video assegnati a un’agenzia di Sainte-Croix-aux-Mines e cofanetti con i “mignon” per la degustazione a un’azienda di Colmar. Infine, dirette da Ingersheim con relatori situati in tutto il mondo.

I VINI DELL’ALSAZIA AL CENTRO DELLA SCENA MONDIALE

«Anche se questa fiera è stata un grande successo – commenta Didier Pettermann, presidente del Civa – rimane solo una delle tante azioni che il Conseil Interprofessionnel mette in atto. Il nostro rinnovamento non è iniziato con Millésimes Alsace Digitasting®, ma con questa mostra è stato ulteriormente amplificato, con una grandezza impressionante».

Da diversi anni, la reinvenzione dell’Alsazia è stata grande, e questa iniziativa è un ulteriore passo per dire al mondo intero che l’Alsazia è tornata! Ma se guardiamo le cifre, vediamo che i visitatori francesi erano meno presenti. La relativa moderazione del pubblico francese è forse l’unica riserva, ma siamo convinti che cambieranno rapidamente la loro visione di ciò che l’Alsazia è capace di fare!».

“Il risultato – aggiunge un soddisfatto Philippe Bouvet, direttore marketing del Civa – è al di sopra delle nostre aspettative! Fin dall’inizio, avevamo concepito questo evento come qualcosa di più di una semplice fiera. Volevamo rimettere l’Alsazia al centro della scena mondiale del vino». Il feedback degli espositori e dei visitatori? «Estremamente positivo», fa sapere l’interprofessione. Tanto da pensare già a una seconda edizione.

Per il direttore della Civas, Gilles Neusch: «Il bisogno di incontrarsi faccia a faccia rimane forte. Per il momento, molti incontri avviati dalla piattaforma continuano a svolgersi. Non stiamo fermando nulla in questa fase. Vista la portata di questa iniziativa, analizzeremo cosa avremmo potuto fare meglio. E cosa potremmo fare ancora meglio in futuro!».

Tra campioni degustati da WineMag.it, il livello dei 76 vini dell’Alsazia ricevuti in occasione dell’evento digitale 2021 si è confermato altissimo. Ecco dunque le note di degustazione alla cieca, con i relativi punteggi in centesimi.

MILLESIMES ALSACE DIGITASTING® 2021: DEGUSTAZIONE E PUNTEGGI DI WINEMAG.IT

Domaine Bott Freres

VINO GRAND CRU ANNATA VITIGNO LINEA NOTE PUNTI
AOC Alsace 2018 Riesling Réserve personnelle Giallo paglierino intenso, luminoso. Sorso asciutto, teso, a cui manca però un po’ di polpa. 87
AOC Alsace Grand Cru Geisberg 2017 Riesling Giallo paglierino, riflessi dorati. Vino interamente giocato, naso-bocca, su note di mela e agrumi, sul filo di una bella vena minerale, gessosa. 89
AOC Alsace 2019 Muscat Tradition Giallo paglierino. Abbina alle note fruttate tropicali mature una buona componente fresco-agrumata, oltre a ricordi di salvia. Palato teso sulla freschezza, con bei ritorni di frutta tropicale. Pregevole allungo, fresco-sapido. 89
AOC Alsace 2017 Gewürztraminer Réserve personnelle Giallo dorato. A un naso piuttosto asciutto, risponde una bocca ampia, sul frutto tropicale e sui primari tipici del vitigno. Beva agile, fresca, ma in favore della morbidezza. 87

Alsace Frey-Sohler

AOC Alsace 2017 Riesling Rittersberg Giallo paglierino intenso. Naso che impiega un po’ a rivelarsi nella sua interezza, che comprende anche venature ossidative. Sotto scalpita un bel frutto maturo, tropicale. Corrispondente al palato, di buona pienezza. Finale gessoso, asciutto. Bella persistenza. 90
AOC Alsace 2018 Riesling Scherwiller Giallo paglierino. Esotico, pasta di mandorle e bella mineralità gessosa al naso. Sorso asciutto, corrispondente. Chiude su ricordi netti di limone, freschissimo e sapido. Vino gastronomico e al contempo “glou glou”. 91
AOC Alsace 2019 Pinot Noir Fleur de Granit® Rubino,alla vista. Piccoli frutti di bosco e ciliegia al naso. In bocca buona croccantezza. Chiude su ricordi di spezie dolci, leggera tostatura e vaghi di brace 87
AOC Alsace Grand Cru Frankstein 2015 Gewürztraminer Giallo dorato. Un Gewürz in punta di piedi rispetto agli altri in degustazione a Millésimes Alsace DigiTasting 2021. Meno opulento. Tanto agrume, alcol molto integrato, note balsamiche e fresche al naso. In bocca invece mostra quanto ancora può dare nel medio periodo. Ritorni di litchi, pesca gialla, mandarino maturo, erbe fresche. Persistenza infinita. 93

Pierre Frick

AOC Alsace 2017 Riesling Rot Murlé Giallo dorato, velato. Al naso frutta esotica matura, arancia candita, parte erbacea di erba appena sfalciata, fiori secchi. Bella presenza al palato, parte tannica da “macerato”, mineralità. Chiude sugli agrumi, con eleganza. 91
AOC Alsace Grand Cru Vorbourg 2018 Riesling Giallo paglierino intenso, riflessi dorati. Naso complesso, da “vino di montagna”: anice, finocchietto, verbena, mentuccia, ma anche risvolti mediterranei (origano, timo, maggiorana,  un tocco freschissimo di salvia). Agrume candito. Al palato una gran presenza: frutto pieno, oleoso, eppure freschissimo. Pasta di mandorle, agrumi. Un nettare molto complesso, al contempo affilato e largo. Persistenza infinita. 93
AOC Alsace 2019 Pinot Noir Strangenberg Rosso granato, leggermente velato. Naso che spazia dal frutto di bosco croccante all’arancia sanguinella. Sono i tratti ematici, ferrosi, quelli che prendono il sopravvento. Fiori di viola, rosa appassita. Al palato corrispondente, su venature vagamente ossidative. 90
AOC Alsace Grand Cru Eichberg 2017 Gewürztraminer Giallo dorato. Al naso note di agrume candito, pesca matura, litchi. Corrispondente al palato, teso, su agrumi, pesca gialla e pregevoli note di erbe aromatiche. Gastronomico. 92

Domaine Albert Hertz

AOC Alsace Grand Cru Eichberg 2019 Riesling Altengarten 13,5% Giallo paglierino luminoso. Al naso ricordi netti di pera Williams matura. Note gassose elevate dall’alcol. In bocca una bella presenza, sul frutto pieno, ben controbilanciato dalla freschezza. Ottima persistenza. 90
AOC Alsace Grand Cru Pfersigberg 2016 Riesling Sundel 13,5% Giallo dorato. Mela gialla, buccia di agrume, lime, umami. Poi mentuccia, verbena. In bocca gran freschezza e una certa stratificazione, dalla frutta ai sentori più evoluti. Vino Asciutto, gastronomico. 91 +
AOC Alsace 2018 Gewürztraminer Vieilles Vignes 13,5% Giallo dorato, luminoso. Naso curiosissimo, che spazia dai sentori tipici del vitigno a richiami di spezie orientali dolci, come il curry. In bocca ampio, sorso fruttato pieno, al contempo molto fresco, quasi balsamico, su ritorni di eucalipto. Finale di ottima persistenza. 91

Kuehn Vins & Cremant D’Alsace

AOC Alsace Grand Cru Kaefferkopf 2019 Riesling Giallo paglierino luminoso. Naso intenso, su note per certi versi aromatiche, ricordi di litchi, papaya, ananas, melone. In bocca grande spazio al melone, intenso. Residuo zuccherino integrato. Chiusura asciutta. 87
AOC Alsace Grand Cru Florimont 2017 Riesling Giallo paglierino, riflessi dorati. Mela, mentuccia, venature speziate (chiodo di garofano, cannella) e mela leggermente ossidata. Perfetta corrispondenza gusto olfattiva. Persistenza sufficiente. 86
AOC Alsace 2019 Pinot Blanc Giallo paglierino. Pompelmo rosa, albicocca, banana, pesca gialla. In bocca abbina una buona morbidezza a una freschezza riequilibrante. Vino dalla beva agile. Gastronomico. 85
AOC Alsace Grand Cru Kaefferkopf 2018 Assemblage Giallo dorato. Naso ampio, che spazia dalla frutta tropicale a tinte balsamiche, fresche. Corrispondente al palato, largo sul residuo zuccherino, ma piuttosto fresco. 88

Domaine Schoffit

AOC Alsace 2019 Riesling Hart Giallo paglierino luminoso. Naso di zolfo, vulcanico. Agrume rosso e giallo. In bocca molto ben giocato tra ampiezza del frutto, croccante e maturo, e verticialità iodico-minerale. Ottima persistenza e freschezza. Vino di prospettiva assoluta. 91
AOC Alsace Grand Cru Rangen 2019 Riesling Clos Saint – Théobald Giallo paglierino luminoso. Naso con prevalenza di agrumi, curiose note di tostatura, mais, crosta di pane. Frutta esotica. Palato affilato, asciutto, mineralità che fa il paio con una freschezza affilata. Palato sulle durezze, eppure equilibrato. Finale di buona persistenza. 92
AOC Alsace 2019 Chasselas Vieilles Vignes Giallo paglierino luminoso. Bell’agrume, pesca gialla, melone bianco. Al palato buona corrispondenza, ritorni di melone bianco, susina. Buona freschezza, riequilibrante. 89
AOC Alsace Rangen 2017 Pinot Gris Clos Saint – Théobald Giallo paglierino luminoso, intenso. Naso che abbina il frutto tipico e una certa profondità, quasi balsamica. Accento mielato. Elegante al palato, sorso fresco e fruttato, sulle tinte esotiche già avvertite al naso. Residuo ben integrato. 91

Domaine Wach

AOC Alsace Grand Cru Kastelberg 2016 Riesling Giallo che inizia a dorare. Naso ampio, su una frutta fresca sbalorditiva, ad accompagnare note di pietra bagnata: pompelmo, lime, pesca gialla e albicocca matura. Poi erbe di montagna, mentuccia, eucalipto e liquirizia dolce. In bocca ancora fresco, teso, pieno, minerale. Chiude asciutto, finissimo ed elegante. 93+
AOC Alsace 2019 Riesling Pflanzer – Andlau Giallo paglierino. Lime, pesca, mandarino si riverberano tra naso e palato, regalando una beva agilissima. 88
AOC Alsace 2019 Sylvaner Duttenberg Giallo paglierino tenue, luminoso. Buccia d’arancia, lime, al naso. Teso in ingresso di palato, si allarga sul frutto maturo in chiusura. 89
AOC Alsace 2018 Riesling Coeur de glace Giallo paglierino riflessi dorati. Naso ampio, su agrumi, pesca, ananas, papaia, un tocco di litchi. Al palato residuo altrettanto ampio, su note corrispondenti. Equilibrato. 88

Domaine Zind-Humbrecht

AOC Alsace Grand Cru Rangen 2018 Riesling Clos Saint Urbain Giallo dorato. Buccia d’agrume, mineralità spinta. In bocca splendido, pieno, sul frutto perfettamente maturo e sulla mineralità. Persistenza da campione. Sapido, teso, giovanissimo. Chiude così come apre al naso, su un’elegantissima buccia di lime. Persistenza da vendere. 94
AOC Alsace 2018 Riesling Roche granitique Giallo paglierino intenso, luminoso. Naso su crema pasticcera, limone, agrumi, mineralità “granitica”, per l’appunto, asciutta, vulcanica. In bocca è pieno, largo sulla frutta tropicale e stretto su mineralità e freschezza affilata. Vino giovanissimo, che conferma comunque una certa cremosità anche al palato 93
AOC Alsace 2017 Pinot Gris Rotenberg Giallo paglierino dorato. Gran precisione del frutto tropicale e dell’agrume, conferma la cremosità della linea di vini di Domaine Zind-Humbrecht. Perfetta corrispondenza naso-bocca, asciutta, altrettanto cremosa. 92
AOC Alsace 2017 Pinot Gris Heimbourg Giallo dorato. La componente agrumata più “esplosa” della batteria. Si conferma vino teso anche al palato, elettrico e fresco. Chiude piuttosto sapido e ancor più balsamico, su ritorni di mentuccia e agrumi. 93

Allimant-Laugner

AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2018 Riesling Giallo paglierino. Pera Williams croccante, pesca e albicocca, litchi. Bella vena minerale sussurrata, gessosa. In bocca è decisamente giovane: susina bianca, pesca, buona freschezza. Chiude asciutto, leggermente amaricante. 90
AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2017 Riesling Giallo paglierino luminoso. Naso elegantissimo, fresco e minerale, a metà tra la pietra bagnata e l’idrocarburo, appena accennato. Sotto c’è un frutto pieno, perfettamente maturo, grondante di succo. Mentuccia e agrume completano un quadro già di per sé stratificato. In bocca si conferma elegante, affilato ma largo il giusto. Lunga persistenza, su ritorni di agrumi. Gran gastronomicità. 92
AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2008 Riesling Giallo dorato. Grande spazio alla componente vegetale fresca: anice, finocchietto, verbena, agrume rosso e giallo (più bergamotto che limone) grondante di succo e, al contempo, buccia, pesca, tropicale. In bocca freschissimo, corrispondente sulle note avvertite al naso. In chiusura abbina agrume ed erbe, sale e pesca. Vino che non dimostra certo gli anni che ha. E ha ancora molto da dare. 95
AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2018 Gewürztraminer Giallo dorato. Naso profondo, ricordi di anice stellato sul frutto tropicale e sull’agrume. Ampio residuo, freschezza che lo tiene perfettamente a bada. Ritorni di agrumi, pesca gialla, ananas, litchi, papaya nel finale, altrettanto fresco. Vino giovanissimo. 92 +

Domaine Charles Baur

AOC Alsace 2018 Riesling Cuvée Charles Giallo paglierino. Bell’agrume elegante al naso, componente minerale altrettanto elegante. In bocca asciutto, teso, di prospettiva. Bel frutto tropicale corrispondente al naso. Buona persistenza 89
AOC Alsace Grand Cru Brand 2017 Riesling Giallo paglierino luminoso. Naso da “vino di montagna”, teso, erbette fresche, mentuccia, agrumi. Al palato corrispondente, pieno, frutto maturo, agrume maturo. Un po’ monocorde sul residuo, al momento. Estremamente giovane, si farà. 91
AOC Alsace 2018 Pinot Gris Giallo paglierino. Naso elegante, tra agrumi maturi e tropicale. Al palato conferma l’eleganza delle note fruttate. Un vino giocato su precisione e pulizia del frutto, fresco e dalla gran beva. Ottima la persistenza. 90
AOC Alsace Eichberg 2016 Pinot Gris Agli antipodi rispetto all’altro cru di Pinot Grigio. Giallo paglierino, naso sul frutto tropicale di perfetta maturità. Al palato freschissimo, con note balsamiche (eucalipto, menta) che riequilibrano la morbidezza esotica. Beva irresistibile, gran freschezza. Persistenza da campione, su tinte vagamente agrumate. 93

Domaine Fernand Engel

AOC Alsace 2017 Riesling Silberberg Giallo paglierino intenso, che inizia a dorare. Naso su agrumi, dal succo alla scorza. Venature iodate. Accenni di mentuccia, erba sfalciata. Bocca corrispondente, alcol integratissimo. Bella pienezza nel finale, su ritorni di frutta esotica e mineralità. 90
AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2018 Riesling Giallo paglierino intenso, riflessi dorati. Naso che si apre col tempo, regalando un esotico tropicale spinto, elegante. Tanto floreale, da pot pourri. Minerale. Palato in cui la parte glicerico-alcolica è ben controbilanciata dalla freschezza. Finale lungo. Vino giovanissimo. 92
AOC Alsace 2019 Pinot Gris Renaissance Giallo paglierino. Naso bocca corrispondenti, frutta esotica, tocco di pera. Buona freschezza, sapidità, alcol che controbilancia le durezze. Vino che conferma l’eleganza dell’intera linea. 90
AOC Alsace 2018 Pinot Noir Meyerhof Rosso rubino. Ha bisogno di ossigeno per aprirsi bene. Al naso libera sentori di frutti di bosco in confettura che trovano conferma al palato. Tannino di prospettiva per un vino strutturato, gastronomico, ancora giovane e in evidente fase crescente. 92

Domaine Charles Frey

AOC Alsace 2019 Riesling Granite Giallo paglierino luminoso. Naso citrico subito confermato dall’ingresso di bocca, agrumato, teso, asciutto. Bel frutto maturo, sotto, che “spinge”. Ottima persistenza per un vino verticale che abbina frutto e mineralità. 90
AOC Alsace Grand Cru Frankstein 2018 Riesling Giallo paglierino luminoso. Bel naso ampio, frutta matura precisa, pietra bagnata. In bocca agrumi e freschezza da vendere, unita alla conferma di una mineralità spiccata. Chiude asciutto, su note di agrume e mandorla amara. Buona persistenza. 91
AOC Alsace 2017 Assemblage Frauenberg Giallo paglierino intenso. Vena ossidativa da mela, frutta secca, pesca gialla e albicocca. Sorprendente la venatura che richiama il caramello salato. Ottima la corrispondenza naso-bocca, che allunga sulla frutta fresca e chiude su ritorni terziarizzati. Il tutto sul fil-rouge di una mineralità gessoso-granitica. 92

Famille Hauller – La Cave Du Tonnelier

AOP Alsace Grand Cru Winzenberg 2019 Riesling Giallo paglierino luminoso. Al naso benzene per la parte minerale; banana e sfumature esotiche per quella fruttata. In bocca agrume, limone, lime. Vino molto giovane. Chiude sulla mandorla amara. 89
AOP Alsace Grand Cru Frankstein 2018 Riesling Giallo paglierino. Naso più pieno, ricordi di frutta esotica molto matura, ma anche di frutta secca. Mineralità da pietra bagnata. Agrumi. In bocca asciutto, vena leggermente ossidativa, buona freschezza e ritorni equilibrati di frutta matura. Buona persistenza 88
AOP Alsace 2018 Riesling Vieilles Vignes – Héritage Giallo paglierino. Naso bocca su agrumi e tropicale, buona freschezza, riequilibrante. Una buona versione quotidiana. 87
AOP Alsace 2017 Pinot Noir F – Signature Rosso rubino. Bel naso, elegante, frutti rossi croccanti, rossi. Gran freschezza al palato, ritorni di frutti di bosco e di sanguinella, che conferisce una buona freschezza e denota, al contempo, la gioventù del nettare. 90

Domaine Scheidecker et Fils

AOC Alsace 2018 Riesling Bouxreben Giallo paglierino luminoso. Vino lineare, tipico, minerale e fruttato, equilibrato. Persistenza sufficiente. Agile la beva. 87
AOC Alsace Grand Cru Mandelberg 2019 Riesling Giallo paglierino luminoso. Frutta esotica matura, ananas, tocco di litchi, pesca gialla, sasso bagnato sullo sfondo. In bocca acidità affilata, dunque gran freschezza. Bel ritorno di frutta matura a controbilanciare. 91
AOC Alsace 2018 Pinot Noir Rouge d’Alsace Rosso rubino. Frutti di bosco, più neri che rossi, mora di rovo e bel floreale di viola ad accompagnare la spezia nera. In bocca una buona scorrevolezza, su sottofondo fresco e leggermente sapido. Altro vino di prospettiva. 88
AOC Alsace 2018 Pinot Gris Réserve Giallo paglierino. Naso ampio, tipico, sulla frutta tropicale matura. Palato corrispondente, molto largo sul frutto. Buona persistenza. 88

Domaine Trapet Alsace

AOC Alsace Grand Cru Schoenenbourg 2014 Riesling Giallo paglierino. Agrume ma anche una parte aromatica di frutta, pienamente matura. Susina bianca, dragoncello (fresco, aromatico), mentuccia. In bocca conferma un frutto molto maturo, stratificazione ottima e un’estrema gioventù. Vino di assoluta prospettiva. 93
AOC Alsace 2018 Riesling Riquewihr – Rqwr Giallo paglierino. Zolfo, pietra bagnata, agrume, mandarino, pesca gialla. Bella corrispondenza naso bocca e conferma del gran lavoro del vignaiolo sulla produzione di vini di gran pienezza ed eleganza, specie nella componente fruttata. 91
AOC Alsace 2019 Assemblage A Minima Giallo paglierino. Naso che si divide tra agrume e frutti a polpa bianca, come la pesca. In bocca asciutto e fresco, bella chiusura sulla mineralità. 89
AOC Alsace 2018 Pinot Noir Chapelle 1441 Rosso rubino. Naso pieno, ricco, frutta matura, di bosco e d’amarena. Corrispondente al palato,  buona cremosità. Profilo generale ancora giovane. Buona prospettiva. 90

Willm

AOC Alsace 2018 Riesling Château Ittenwiller Giallo paglierino intenso, riflessi dorati. Naso e bocca corrispondenti su mineralità gessosa, buon apporto glicerico della componente fruttata, a conferire equilibrio e larghezza al sorso. Chiusura asciutta. 87
AOC Alsace Grand Cru Kirchberg de Barr 2017 Riesling Giallo paglierino. Naso su agrumi e minerale, tra la pietra bagnata e il gesso. Poi freschi ricordi di talco e mentuccia. Vino snello per la parte agrumata e profondo per queste note erbacee “montane”. In bocca tutta la sua dirompente gioventù agrumata, ben sostenuta dalla mineralità. 91 +
AOC Alsace 2020 Riesling Bio Giallo paglierino. Naso di mela verde, susina bianca, matura. Corrispondente al palato, fresco e agrumato. Buona persistenza. 88
AOC Alsace 2018 Pinot Noir Cuvée Emile Willm Bio Rosso rubino. Naso croccante, sui frutti di bosco, con preponderanza dei frutti rossi sui neri. Sorso corrispondente. Buona presenza, gastronomicità, prospettiva. 89

Domaine Scherb Bernard & Fils

AOC Alsace 2018 Riesling Zéro Sulfites Giallo paglierino. Naso complesso, spazia dalla frutta matura a polpa gialla all’agrume, dalla vena minerale di pietra bagnata e gessosa a note vegetali fresche di mentuccia. In bocca è verticale, teso, di prospettiva. 89
AOC Alsace 2018 Riesling Sélection – Magnum Giallo paglierino. Gran bel frutto naso-bocca. Bella citricità, teso, ritorni in retro olfattivo di frutto pienamente maturo. Gastronomico. 89
AOC Alsace 2019 Pinot Gris Zéro Sulfites Giallo tendente al dorato. Ricordi di mela e pera ossidate, corrispondenti al palato. Tocchi di agrumi e mineralità. 88
AOC Alsace 2018 Gewürztraminer Zéro Sulfites Giallo paglierino. Naso bocca che virano su un’ossidazione condizionante. Si perdono le caratteristiche dell’uva, in particolar modo gli aromi primari, ancora una volta in favore di note come la mela verde. 85

François Schmitt

AOC Alsace Grand Cru Pfingstberg 2017 Riesling Paradis Giallo paglierino luminoso. Naso stratificato, complesso, tra i fiori secchi, la frutta esotica matura, l’agrume succoso. Si ritrova tutto al palato, verticale, salato. Teso. Giovanissimo. Chiude asciutto. 91
AOC Alsace 2019 Riesling Effenberg Giallo paglierino. Bell’agrume, tensione, freschezza e salinità, tocco balsamico in chiusura. Un altro vino di prospettiva. 90
AOC Alsace 2019 Sylvaner Effenberg Giallo paglierino. Naso e bocca sugli agrumi, bella vena salino-minerale in centro bocca, gran bella pulizia del frutto che accompagna fino alla chiusura, asciutta. 89
AOC Alsace 2019 Pinot Noir Coeur de Bollenberg Rubino. Primo naso sulla tostatura. Poi, con l’ossigenazione, esce un frutto splendido, croccante. Chiude fresco, balsamico, su ritorni di fondo di caffè e burro salato. Vino giovanissimo, di assoluta prospettiva. 91

Domaine Stentz Buecher

AOC Alsace Grand Cru Hengst 2019 Gewürztraminer Giallo dorato. Al naso tensione fresco-acida sulle note tipiche del vitigno (litchi, pesca gialla, mandarino). Gran bella freschezza, su arancia e mandarino. Si allarga sul finale ma rimane asciutto, prezioso. Gastronomico. 92
AOC Alsace 2018 Riesling Ortel Giallo paglierino intenso. Gran bel frutto al naso, succoso, maturo, elegante. In bocca asciutto, teso, ancora giovanissimo, su tinte agrumate e una mineralità gessosa. 90
AOC Alsace 2016 Riesling Cuvée Flavien Giallo paglierino intenso. Naso intenso, sulla frutta matura e su una parte erbacea piuttosto aromatica. Mineralità e freschezza controbilanciano un sorso che inizia a virare sulla camomilla e la foglia di the verde. Vino che inizia a mostrare i segni del tempo. 89
AOC Alsace 2017 Pinot Noir Granit Rosso rubino intenso, luminoso, leggermente velato. Naso che abbina i frutti rossi e neri all’importante matrice del terroir, evidenziato dal nome. Perfetta corrispondenza al palato, su un frutto che cerca l’equilibrio col resto delle componenti. Vino giovane. 90
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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Le migliori Vitovska del Carso (e del Kras) in scena al Castello di Duino

Un’occasione unica per scovare le migliori Vitovska del Carso e del Kras. In scena al Castello di Duino Mare e Vitovska 2021, evento svoltosi a metà luglio nel pieno rispetto delle normative anti Covid-19. Una kermesse in grado di riservare ottimi assaggi agli appassionati del vino simbolo della provincia di Triste. Un nettare di confine, prodotto tanto in Italia quanto in Slovenia.

Ben 26 i produttori presenti con i loro vini in una delle cornici più suggestive del Paese per un wine tasting. La dimora privata dei Principi della Torre e Tasso (von Thurn und Taxis) è aperta al pubblico dal 1 luglio 2003, alle porte del capoluogo del Friuli-Venezia Giulia. Un castello a cavallo tra l’Italia e la Slovenia, nazioni unite proprio dal vitigno a bacca bianca Vitovska.

MARE E VITOVSKA 2021: LE MIGLIORI IN COMMERCIO

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Merlak Martin – 2019

Tesa, agile, semplice e di gran beva. Il complemento a una gamma che vede la Malvasia in primo piano.

Bole Andrej – 2019

Colore carico, frutta e liquirizia. In bocca è concreta, fresca e tesa. Chiusura, invece, piuttosto morbida.

Grgič Igor – 2019

Una Vitovska da terre bianche, non rosse come le altre. Gran persistenza, eleganza, carattere e prospettiva.

 

Skerlj – 2018 magnum

Giallo dorato. Gran profilo naso-bocca: tesa, fresca, salina. Colpisce al contempo per la pienezza della frutta esotica, matura. Vino delizioso.

Kocjančič Rado – 2019

Bel naso pieno, su ricordi di pera e frutta esotico a polpa gialla. Materia, frutto e freschezza ben abbinate anche al sorso.

Škerk – 2018

Giallo oro alla vista, risultato di una macerazione di due settimane che regala sentori più che mai puliti e precisi. Note fruttate piene, ben espresse. Freschezza e frutto denso, oleoso si alternano sia al naso sia in bocca. Sapidità a fare da spina dorsale, con la spalla dell’acidità.

 

Zidarich Benjamin – Kamen 2018

Fermentazione in tini di pietra per questa “speciale” Vitovska, prodotta da uno dei vignaioli del Carso più sinceri e intraprendenti. Giallo dorato alla vista. Al naso un’esplosione di frutta, molto matura. Elegantissima anche la componente di erbe aromatiche. In bocca acidità viva e nettare che si rivela di vibrante unicità. Un vino con l’anima, dal naso al retro olfattivo.

Zidarich Benjamin – 2018

Macera un mese in legno e, a differenza di Kamen, non fermenta in pietra. Si rivela un bianco di rara concentrazione, in tutte le sue sfaccettature, senza perdere un millimetro in termini di eleganza.

 

Tavčar Emil – 2016

Uno dei vignaioli sloveni presenti a Mare e Vitovska 2021, con due vini d’annata ottenuti da lieviti indigeni. La vendemmia 2016 convince per il bel frutto, abbinato a note di terziarizzazione garbata, che virano sulle spezie calde. Un nettare evoluto, ma assolutamente piacevole e vivo.

Tavčar Emil 2015

Doppietta niente male per il produttore di Dutovlje, nel Kras sloveno. Anche la vendemmia 2015 è in stato di grazia. Più piena e ricca rispetto alla 2016, si dipana su note di pera, arancia candita e zenzero. Riecco quella pienezza oleosa del frutto che tanto convince nelle migliori espressioni del vitigno. Vino con una gran vita davanti.

Cacovich Dimitri – 2020

Bella prova in termini di espressione e pienezza del frutto, su note di pera e pesca, esaltate dalla vinificazione in acciaio. Leggeri ricordi di mandorla amara in chiusura, che andranno certamente a integrarsi nei prossimi mesi. Vino degustato in anteprima: è in bottiglia da aprile e ha appena iniziato il suo percorso di maturazione.

Cacovich Dimitri – 2019

Anche al netto dell’anno in più, la vendemmia 2019 della piccola cantina di Longera (TS), sembra avere una marcia in più (anche due) rispetto alla 2020. Una Vitovska, questa, che rispecchia fedelmente il vigneto in cui è prodotta. Siamo infatti in contrada San Giuseppe, in una zona piuttosto soleggiata del paese che regala al calice un frutto pieno, concentrato, eppure senza la minima sbavatura. Sul fronte della vinificazione, sono 4 i giorni di macerazione. Una delle migliori prove nel Carso in termini di pienezza, equilibrio ed eleganza.

 

Lupinic Matej – 2019

Solo un giorno di macerazione e nove mesi di botte. Il legno di rovere accompagna i primari  in maniera più che mai integrata. Frutto pieno, salinità. Gastronomicità a livelli esponenziali.

Lupinc Matej – 2018

Nettare molto simile al 2019, con l’anno in più sulle spalle che consente al legno di integrarsi ancora meglio e lasciare ancora più spazio al frutto.

Lupinc Matej – Metodo classico Extra Brut S.A.

Esordio nel mondo dello spumante per Lupinc con il millesimo 2017, comunque non indicato in etichetta (sans année). Un’ottima prova, per la capacità di conservare le caratteristiche della Vitovska (completa la cuvée un 30% di Chardonnay) e per la pregevole vena salina che accompagna il sorso. Si tratta di un 24 mesi sui lieviti che anticipa l’uscita del 36 mesi, prevista per il 2022.

Vinakras Sežana – Metodo classico Extra Brut 2014 “Bela Penina Prestige”

Altro spumante Metodo classico, in questo caso prodotto con Vitovska in purezza del millesimo 2014. Siamo nel Kars, a casa della cooperativa slovena di Sežana. Naso caratterizzato dall’abbondante presenza di note di lisi, in particolare pasticceria e crosta di pane, ad accompagnare i tipici sentori fruttati del vitigno (pera, pesca, esotico). Una chicca: appena 2 mila le bottiglie prodotte.

 

Čotar Branko & Vasja – 2019

Restiamo in Slovenia, per l’esattezza a Komen (Kars). Alla vista il vino si presenta di un bel giallo dorato. Affina in legno grande usato, che aiuta i primari, di gran concentrazione, ad esprimersi al meglio. Vino pieno, che conserva tuttavia freschezza e agilità di beva.

Čotar Branko & Vasja – 2011

Una settimana di macerazione e 3 anni in botte grande per questo “amber wine” (orange wine) prodotto con la Vitovska. Al naso un accento pepato, piccante, tra il peperone verde e il pepe bianco. Poi zenzero, arancia candita, frutta esotica di grandissima precisione. Sorso oleoso, di gran carattere. Persistenza infinita.

Budin  – 2019

Per scelta del produttore, il vino non compie alcuna macerazione, che invece viene effettuata sull’altro vino in degustazione firmato dalla cantina di Sgonico (un uvaggio tipico del Carso). Il nettare si rivela tipico, tutto sul frutto e sui primari. Beva semplice, agilissima.

 

Bajta Fattoria Carsica (Kraška domačija) – 2019

In assoluto tra le migliori espressioni del frutto della vendemmia 2019 in degustazione a Mare e Vitovska 2021. Al contempo è netta, al naso e in bocca, la caratterizzazione del terreno pietroso e duro in cui le piante affondano le radici. Metà delle uve vengono raccolte poco prima della completa maturazione; l’altra metà fa appassimento su pianta. Una vendemmia che, dunque, dura un mese in casa Bajta. Solo il 5% della massa affina in legno (rovere Slavonia). Vino da non perdere, prodotto da una delle più interessanti realtà del Carso (6 ettari, 40 mila bottiglie complessive).

Bajta Fattoria Carsica (Kraška domačija) – 2015

Vino simbolo del “Progetto Kronos”, che prevede – oltre alla classica ‘doppia vendemmia’ – un affinamento ulteriore di 5 anni in vetro, prima della commercializzazione. Ecco dunque l’attesa complessità e stratificazione rispetto alla vedemmia 2019. I tipici sentori del vitigno virano su agrume candito, ananas e tropicale, nonché su accenni di idrocarburo. Vino bandiera della Carso, ben oltre il calice: insegna quanto la Vitovska meriti di conquistare un posto d’onore tra i vini bianchi italiani, anche in termini di longevità.

Ostrouska Sharon – 2016 /2017/ 2019

Ben più di un semplice agriturismo quello di Sgonico (TS), capace di sfoderare un terzetto di Vitovsk(che) di tutto rispetto, al Castello di Duino. Vini che esaltano le caratteristiche del vitigno, tanto quanto l’andamento dell’annata, in una verticale di assoluto valore e rappresentatività.

Vina Vrabec – 2019 e 2018

Convincono entrambe le espressioni di Vitovska in purezza della cantina slovena di Dutovlje, nel cuore del Kras. Più fresca la 2019, mentre la 2018 caratterizzata da una gran pienezza del frutto. Beva instancabile e grande gastronomicità per entrambi i millesimi.

Štemberger

Dulcis in fundo, la cantina più stravagante tra quelle ospiti del Castello di Duino per l’edizione 2021 di Mare e Vitovska. Stravagante ma autentica la versione “Pet-nat”. Altrettanto convincente la versione “ferma”. Štemberger, cantina di Sežana, in Slovenia, produce vini tipici del Kars secondo metodi di viticoltura biodinamica. Una realtà tutta da scoprire e apprezzare.

Produttori vino Doc Carso verso logo su bottiglie: «Zona da difendere da Prosecco e Pinot Grigio»

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degustati da noi vini#02

Südtirol Alto Adige Doc Bianco 2020 Laven Bio, Cantina Bolzano

Alte aspirazioni per il Südtirol Alto Adige Doc Bianco 2020 Laven Bio di Cantina Bolzano. Il nuovo vino di casa Kellerei Bozen, riservato al mercato Horeca, punta a esaltare la lava vulcanica da cui ha avuto origine la piastra porfirica bolzanina. Il nome “Laven” non è infatti un caso.

«Il porfido bolzanino – spiega Cantina Bolzano – è una testimonianza, rossa fiammante, dell’energia vulcanica che l’ha creata. Il magma raffreddato e cristallizzato è stato portato in superficie dalla profondità della terra. Il susseguirsi delle eruzioni ha modellato la conca bolzanina e le colline circostanti, come da un maestro artigiano».

Una storia baciata dalle radici delle piante di Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Grigio, le tre varietà scelte per la prima “edizione” di Laven Bio 2020. «Il nostro nuovo vino bianco biologico racconta questo sottosuolo speciale, su cui crescono le viti. Unisce le tre varietà di punta dell’Alto Adige, allevate a Guyot sui terreni porfirici intorno a Bolzano e sul Renon, a 600 metri sul livello del mare».

Le uve maturano alla luce del sole del sud, prima di essere raccolte a mano e pressate in modo molto delicato. Fermentazione alcolica e malolattica si compiono sulle fecce fini. L’affinamento avviene  in contenitori di cemento, rovere (Pyramid) e acciaio.

Le scelte dell’enologo Stefan Filippi e del management di Cantina Bolzano – alla presidenza Michael Bradlwarter e alla direzione Klaus Sparer – sono tutte volte a conferire un carattere unico alla nuova release. «Una cuvée – spiegano all’unisono – che nella sua naturalezza biologica ricorda le origini di Bolzano. Allo stesso tempo, è un vino molto contemporaneo».

LAVEN BIO, LA DEGUSTAZIONE

Südtirol Alto Adige Doc Bianco 2020 Laven Bio, Cantina Bolzano

Il vino si presenta nel calice di un giallo paglierino, con riflessi verdolini. Al naso è intenso ed elegante, su note molto precise di frutta esotica. Spiccano un’ananas e una papaia di perfetta maturità, per la parte polposa. La croccantezza è tutta appannaggio delle note di mela gialla, pera e pesca nettarina.

Sottofondo vanigliato, con uno sbuffo prezioso di pepe bianco che danza sulle venature minerali, pietrose. Al sorso abbina amabilmente le parti “dure” – freschezza e percezione salina, iodica – a quelle “morbide”, della frutta matura. Un gioco che accompagna tutta la beva: dall’ingresso di bocca, fruttato e salino, alla chiusura, fresca ed elegante. Perfetta la corrispondenza delle note, tra naso e palato.

Il nuovo vino bianco Laven Bio 2020 di Cantina Bolzano si abbina alla perfezione a piatti come zuppe di pesce, insalate e preparazioni a base di verdure. La buona struttura del bianco consente anche il food pairing con formaggi di media stagionatura. Importante la temperatura di servizio, attorno ai 12 gradi centigradi.

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Loazzolo Doc 2007 vendemmia tardiva Solìo, Isolabella della croce

Uve Moscato bianco in purezza per una dolce chicca dal Piemonte: il Loazzolo Doc 2007 vendemmia tardiva Solìo della cantina Isolabella della Croce. Un vino dolce speciale, che nasce da vigneti di 70 anni di età media, nel piccolo comune alle porte della provincia di Asti.

LA DEGUSTAZIONE

Naso elegantissimo per il Loazzolo Doc 2007 Solìo. Un nettare giocato più sulla complessità che sull’esuberanza di poche note, segno di un “vendemmia tardivafuori dal comune. Si spazia dalle note floreali fresche a quelle secche, dal miele alla cera d’api, dalla frutta sciroppata (albicocca, pesca, ananas) alla frutta esotica matura (papaya, frutto della passione, banana).

E, ancora, dagli sbuffi di calde spezie come la cannella e noce moscata, ai ricordi freschi di mentuccia, anice e finocchietto selvatico, sino a vaghe folate di idrocarburi. Ingresso di bocca non da meno, nel gioco di spade tra un’acidità tutt’altro che seduta e arrendevole (14 anni e non sentirli per il Loazzolo Doc Solìo 2007 ), una vena minerale stuzzicante e i ritorni di quanto avvertito già al naso.

L’ABBINAMENTO

Note ben scandite in uno spartito stratificato, in cui ogni nota gioca la sua parte, nel concerto che definisce il Loazzolo Doc 2007 Solìo di Isolabella della Croce. Chiude fresco, teso, su una vena leggerissima d’amaro che rende ancora più speciale e concreto un sorso senza la minima sbavatura. Lunga persistenza a chiudere un capolavoro, con una lunga vita ancora davanti.

Sul fronte dell’abbinamento, il Loazzolo Doc Solìo si presta ad accompagnare formaggi erborinato leggeri e salami stagionati. Perfetto anche da solo, in compagnia di un libro o di una serie tv, dopo una lunga giornata di lavoro. Del resto, c’è sempre tempo per una carezza liquida.

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Saranno famosi: i migliori assaggi all’Anteprima Grandi Cru della Costa Toscana 2021

Valorizzare le eterogeneità. L’associazione Grandi Cru della Costa Toscana nasce con l’obiettivo di portare alla ribalta alcuni dei tesori enologici più nascosti della regione. Lo fa attraverso un’Anteprima annuale dei vini prodotti nelle province di Lucca, Massa Carrara, Pisa, Livorno e Grosseto.

Territori diversi fra loro, legati dal comune denominatore dell’influenza del Mar Tirreno. Circa 80 cantine socie, per un totale che supera di poco i 1.500 ettari e i 5 milioni di bottiglie all’anno. Con oltre il 95% della produzione a regime biologico.

Un caleidoscopio di terreni, altitudini e climi, in cui giovani vignaioli che hanno salvato le vigne dei nonni dai rovi si affiancano a realtà più grandi e strutturate. “Grandi Cru della Toscana” che faticano a raccontarsi al pubblico. Al punto che alcuni produttori faticano a ottenere riscontri da parte di pubblico e critica.

PORTE APERTE AI “BIG” NELLA COSTA TOSCANA?

Recentemente, l’arrivo di alcuni capitali stranieri – soprattutto tedeschi affascinati dal “sogno toscano” – ha portato ad una piccola crescita. Ma ancora mancano investimenti in grado di dare al territorio visibilità e notorietà.

Sentimenti contrastanti quelli raccolti tra i produttori che hanno preso parte all’Anteprima 2021 dei Grandi Cru della Costa Toscana, il 26 e il 27 giugno al Real Collegio di Lucca.

C’è chi auspica l’ingresso di grandi nomi del vino italiano. E chi teme la possibile standardizzazione dei prodotti dettata dalla necessità dei “big” di fare volumi. Situazione eterogenea resa ulteriormente complessa dall’emergenza Covid.

I GRANDI CRU DELLA COSTA TOSCANA E L’EFFETTO COVID

Se da un lato il lockdown ha stroncato le vendite nell’Horeca – unico canale disponibile per la maggior parte dei vignaioli dell’associazione – dall’altro ha consentito lo sviluppo di attività parallele.

È il caso della vendita diretta, che ha permesso soprattutto ai produttori più piccoli di mitigare le perdite. Il divieto di circolazione fra regioni ha favorito invece il micro enoturismo locale, in cantina.

Un’occasione nuova per raccontare le storie di uomini dediti ad una viticultura per certi versi “eroica”, ad un pubblico che in molti casi ne ignorava (ed ignora) l’esistenza.

Nuove formule che affiancano alla vendita del prodotto uno storytelling che è, forse, l’unica vera arma di comunicazione nelle mani di un territorio – anzi di territori – erroneamente considerati “minori”, nel mare magnum delle denominazioni della Toscana.

I MIGLIORI ASSAGGI DI WINEMAG.IT ALL’ANTEPRIMA 2021

Maestà della Formica

È Andrea Elmi con la sua cantina Maestà della Formica a cogliere più di chiunque l’attenzione. Il coraggio di fare Riesling Renano in Garfagnana, con una vigna a mille metri sul livello del mare, sulle Alpi Apuane. Ne risulta un vino freschissimo e dagli inconfondibili profumi. Coinvolgente e ricco nonostante i soli 10,5% abv (annata 2019).

Appena 1,8 ettari che danno vita a circa 8.500 bottiglie. In gamma, oltre al Riesling, anche l’Igt Toscana Bianco “Vignesparse”, da uve Trebbiano e Malvasia, l’Igt Toscana Rosso “Gamo” (Syrah, Sangiovese, Gamay, Abrusco) ed il rifermentato “Drankante” (Sangiovese, Moscato d’Amburgo, Ciliegiolo, Abrusco).

A fianco della produzione vinicola Maestà della Formica affianca la coltivazione di erbe e bacche tipiche delle Alpi Apuane e la produzione di conserve di frutti di montagna. Una realtà che da sola è il simbolo dell’eterogeneità di questi territori.

Azienda Agricola Il Verzale

Azienda agricola famigliare di Bigliolo di Aulla (MS), comune più famoso per il Fagiolo di Bigliolo che per il vino. Solo 2 mila bottiglie prodotte per mano del giovane Matteo Del Rio che ha ripreso nel 2019 ad imbottigliare recuperando la produzione di famiglia.

Il bianco “Verzalo” 2019 (80% Vermentino, 20% Sauvignon) è fresco, minerale e non indugia nella piacioneria aromatica del Sauvignon. Freschezza e croccantezza del frutto che contraddistingue anche i due rossi “Origini” 2019 (85% Merlot, 15% Ciliegiolo) e “Origini” 2020 (100% Merlot).

Cantine Belmesseri

Uso di uve autoctone ed internazionali anche per Cantina Belmesseri di Vignola di Pontremoli (MS). Uve che danno vita ai cinque vini dell’azienda fra cui spicca il bianco macerato Igt Toscana “Lagrà” (40% Vermentino, 20% Durella, 20% Albarola, 20% Sauvignon).

Erbe aromatiche, mentuccia, macchia mediterranea ed un frutto tropicale maturo che introducono ad un sorso piacevole, pieno e con un leggero tannino che invita all’abbinamento gastronomico.

Tenuta dello Scompiglio

Oltre 200 ettari, di cui 5 vitati e gli altri gestiti a bosco, per una realtà ben strutturata che punta anche sull’accoglienza, l’arte e le energie rinnovabili. Sei i vini Igt Toscana Rosso in gamma. Fra essi “Lavandaia, Nuova” (Sangiovese) è il più fresco e beverino, l’unico a non fare uso di legno.

“Lavandaia, Madre” (Sangiovese, Colorino, Canaiolo) nasce dalle viti più vecchie della tenuta da cui sono state clonate le altre vigne. Caldo e rotondo unisce sentori di frutti rossi maturi ad un marcato terziario di spezie e boisé. Ingresso di diritto tra i migliori assaggi all’Anteprima Grandi Cru della Costa Toscana 2021.

Società Agricola Le Palaie

Numeri più importanti per Società Agricola Le Palaie, di Peccioli (PI). Sessantamila bottiglie e progetti di crescita per i prossimi anni. Nella gamma colgono l’attenzione l’Igt Toscana Bianco “V” (100% Vionger), dal naso ricco ed aromatico e dal sorso sapido, e l’Igt Toscana Rosso “Gatta ci Cova” (50% Sangiovese, 50% Merlot), fresco, teso e verticale.

Azienda Agricola Suveraia

Circa 7,5 ettari a Monterotondo Marittimo (GR). Una gamma che va dal Monteregio Doc Vermentino 2020, fresco e molto sapido, al Doc Monteregio “Bacucco di Suveraia”, un rosso caldo ed avvolgente che strizza l’occhio ai mercati internazionali.

Nel mezzo l’Igt Toscana “Nocchiarello” 2020, ottenuto dal vitigno autoctono Nocchiarello Spiga di Grano, recuperato dalla cantina Sassotondo in collaborazione con il Crea di Arezzo ed inserito nel registro nazionale solo nel 2017 dopo 15 anni di lavoro.

Un bianco vinificato in anfora dal naso complesso che spazia dalle erbe aromatiche alla scorza di limone. Note floreali e di frutta bianca che nascondo una nota minerale delicata ma ben presente. Sorso avvolgente, fresco, sapido e con una chiusura leggermente amaricante.

Cantine Biagiotti

Viti vecchie quelle di Cantine Biagiotti di Lucca. Ferdinando Biagiotti racconta con orgoglio di quando nel 2005 ha liberato dai rovi una vecchia vigna di Sangiovese, Ciliegiolo e Merlot da cui oggi nasce L’Igt Toscana “Steccofino”, un rosso che fa della complessità al naso e della grande freschezza al palato la sua chiave di lettura.

Fattoria Varramista

Azienda storica i cui primi documenti risalgono al XV secolo. Vini che «hanno la pretesa di essere bevuti». Ed infatti l’Igt Toscana “Varramista” 2015 è un Syrah in purezza dotato di grande slancio. Pienezza del frutto e freschezza che lo rendono un vino di prospettiva ma anche immediatamente godibile.

Colline di Sopra

Al Syrah di Varramistà fa da contraltare l’Igt Costa Toscana Syrah di Colline di Sopra. Un utilizzo del legno nuovo nettamente più marcato che regala evidenti note di vaniglia e spezia dolce, che si integrano col frutto senza soffocarlo.

Poggio Levante

Menzione speciale tra i migliori assaggi all’Anteprima Grandi Cru della Costa Toscana 2021 per l’Igt Maremma Toscana Vermentino “Unnè” 2018 di Poggio Levante. Un vino in grado di spiazzare.

Al naso regala note di idrocarburo più simili a certi bianchi centro europei che ai vini della Costa Toscana. In bocca ecco tronare il varietale accompagnato da un’acidità affilata e da grande sapidità.

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Il Passatempo di Conti degli Azzoni: voce del verbo Montepulciano

Sarà per quel nome, che strizza l’occhio alle lancette dell’orologio. Fatto sta che, nelle Marche, c’è un Montepulciano capace di sfidare il tempo e i grandi riferimenti nazionali. È il Passatempo di Conti degli Azzoni, etichetta portabandiera della cantina di Montefano, in provincia di Macerata.

La prova della sua longevità in una verticale dalla prima annata prodotta, la 2000. L’ha voluta Valperto degli Azzoni, che conduce l’azienda con i fratelli Aldobrando e Filippo, modellandola anno dopo anno su canoni di tipicità e sostenibilità.

Valperto degli Azzoni e Lorenzo Gigli

Concetti perfettamente incarnati nelle 3.500 bottiglie annuali del Marche Igt Montepulciano Passatempo, frutto di una porzione di vigna che da quest’anno sarà certificata biologica. Un vino che nasce nella zona più vocata (ed eroica) dei 130 ettari vitati di Conti degli Azzoni, che comprende piante di oltre 50 anni, in forte pendenza.

In cantina sono invece in corso sperimentazioni con i lieviti indigeni, a cura dell’enologo Salvatore Lovo e del cantiniere Lorenzo Gigli. I risultati, sull’annata 2017, sintetizzano la quotidiana evoluzione di Conti degli Azzoni. Una cantina che si conferma tra le più vivaci e intraprendenti del panorama nazionale.

IL PASSATEMPO IN VERTICALE, DAL 2000

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2017 (anteprima)

Vino degustato in anteprima, non ancora in commercio. Si presenta alla vista di un rubino denso, dall’unghia luminosa e promettente. Naso con accenni selvatici sul frutto, tanto maturo da sfiorare la confettura (ciliegia, lampone, more) senza addentrarvisi e conservando di fatto una certa integrità e croccantezza.

Al palato, una gran freschezza e un allungo sapido, pregevole, fanno da contraltare all’attesa morbidezza. Vino opulento, che riempie bene la bocca, in maniera misurata ed elegante. Già chiare le sue potenzialità. Sarà un vino di gran carattere. Uno di quelli che non stancano mai, anche da soli, lontani dal piatto.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2016

Il calice della verticale racconta l’affinità assoluta con una delle migliori annate del Passatempo di Conti degli Azzoni, ovvero la 2011. Un’etichetta rientrata nella Top 100 Migliori Vini italiani 2021 di WineMag.it.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2015

Colore leggermente meno carico, decisamente più luminoso. Naso che è un trionfo di piccoli frutti di bosco, una spremuta di fragoline e di ciliegie perfettamente mature. Sullo sfondo la macchia mediterranea, le sue erbe aromatiche, un tocco rinvigorente di pepe.

Il sorso è più fresco che denso, ma nonostante ciò colpisce per l’avvolgenza, complice anche un tannino elegantissimo. Una trama, quella tannica, più evidente nel finale, unita a ritorni terziari caldi, tra il cioccolato e la vaniglia bourbon. Una chiusura di sipario asciutta, pulita, garbata. Vino che ha ancora moltissimo da dare, nel tempo.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2013

Annata piovosa. Colore che tende, almeno nei riflessi e nell’unghia, a granare. Naso profondo, che racconta dell’incontro tra tabacco, spezie orientali (cumino, curcuma) ed erbe mediterranee, da macchia. Meno cioccolato e più fondo di caffè. Ancor più marcati i ricordi di liquirizia dolce. Il frutto non manca.

È maturo, rosso e nero. È ciliegia ma anche mora di rovo e lampone, ma anche prugna. L’ossigenazione libera addirittura ricordi d’arancia rossa, tra il succo e la scorza. Il sottofondo di spezie si fa sempre più marcato, sino a divenire il palco su cui si esibisce il frutto.

Si liberano anche ricordi di cuoio. Sorso che riflette questa complessità, con il frutto che si rivela tuttavia un filo pastoso. Ci lavora bene sopra il tannino, asciugando la materia in “eccesso” e regalando un finale asciutto, fresco.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2011

Annata siccitosa. Rosso che tende al granato. Primo naso su un netto ricordo di tamarindo e arancia rossa, che si stacca completamente dalle precedenti annate. L’impressione è quella di un vino teso, aggrappato alla vita con tutte le proprie forze. Uno sforzo che ne snellisce il profilo, senza tuttavia svuotarlo. La parte speziata è preziosa, a sua volta più asciutta ed evoluta rispetto a quella degli altri calici. Goudron.

Liquirizia, quasi un tocco di zafferano. Ciliegia, lampone, fragolina. Pepe e mentuccia. Più passa il tempo più il frutto prende parte al gioco. Il sorso mostra una perfetta corrispondenza col naso. È scaltro, fresco e quasi affilato, profilo sapido e fruttato si dividono la beva con l’alleato di sempre: quel tannino elegante, presente in tutte le annate di Passatempo. Chiude sul fondo di caffè, su una tostatura che ricorda l’orzo. Tannino e sapidità. Best of dell’ultimo decennio di annate.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2008

Assonanza assoluta con la vendemmia 2013. Qui, però, con qualche anno in più sulle spalle. A 13 anni dalla vendemmia, il nettare affronta il calice più contratto rispetto ad altre vendemmie. Ennesima prova di quanto il Passatempo di Conti degli Azzoni sia un’etichetta capace di riflettere l’annata. Nel bene e nel male, senza compromessi.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2000

Sorprende per vivacità, integrità del frutto, freschezza assoluta ed eleganza della trama tannica. Qualcosa in grado di snodarsi tra le morbidezze dell’età e una terziarizzazione tanto misurata da apparire il risultato di un lifting, più che di un fisiologico invecchiamento.

Un vino dal quale dipendono le sorti di tutti gli altri. La prima pietra di una storia che continua, a 21 anni di distanza. La sfida alle lancette del Passatempo è iniziata qui. Un vino geneticamente coniugato al futuro. Dal nome all’etichetta, passando per il calice.

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