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Trento Doc Riserva 2008 “Cuvée dell’Abate”, Abate Nero

Siamo a Trento, per la precisione in località Sponda Trentina. È qui che si trova una piccola ma storica realtà, nata dalla passione di Luciano Lunelli e oggi condotta dalla figlia Roberta. Un segno di continuità forte, che dura da più di quarant’anni. Parliamo dell’azienda Abate Nero , di cui la “Cuvée dell’Abate” è l’etichetta di punta.

Sotto la lente di ingrandimento il millesimo 2008, proposto con la classica bottiglia “sciampagnotta”. L’uvaggio, 100% Chardonnay ed il lungo affinamento sui lieviti (80 mesi), mettono il timbro sulla carta d’identità di una  produzione totalmente artigianale.

LA DEGUSTAZIONE
Cuvée dell’Abate” 2008 si presenta di un bel colore giallo paglierino lucente. Il perlage è fine e persistente, di una continuità esemplare. Il naso è complesso: si distinguono in sequenza sentori floreali e fruttati. Tiglio, biancospino, mela golden matura, kiwi, un cenno di mango. Poi ricordi di miele, una gradevole tostatura e frutta secca.

L’ingresso di bocca è connotato dalla cremosità e avvolgenza del perlage, in un gioco prezioso con la freschezza, più che mai viva. I sentori risultano corrispondenti a quelli avvertite al naso. La finezza risponde alle attese di uno spumante Trento Doc pensato per il lungo affinamento sui lieviti.

Ottanta mesi che permettono alla “Cuvée” 2008 di Abate Nero di abbinarsi a piatti importanti e strutturati, sia di terra che di mare. Un Metodo classico ottimo da degustare anche da solo, in un calice più ampio del consueto, che permetta di apprezzarne al meglio la straordinaria complessità gusto-olfattiva.

LA VINIFICAZIONE
La vinificazione è tradizionale. La prima fermentazione delle uve Chardonnay avviene in acciaio e la rifermentazione in bottiglia secondo il Metodo Classico, con presa di spuma e lungo affinamento sulle lisi. In particolare, la sboccatura risale alla primavera 2019. La massima espressione della “Cuvée dell’Abate” 2008 si verificherà attorno al 2025.

Abate Nero produce complessivamente 50 mila bottiglie. Abbastanza per permettere alla “maison” trentina di collocarsi tra i migliori produttori di “Bollicine di Montagna” Trento Doc, con un’impronta da sempre orientata alle lunghe evoluzioni.

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Brut Metodo Classico Verdicchio Doc Riserva 2012 “Ubaldo Rosi”, Colonnara

Siamo ad Apiro e Cupramontana, nel cuore della zona classica di produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi, su terreni di origine marina, di medio impasto. Il motivo? La degustazione del Brut Metodo Classico Verdicchio Doc Riserva 2012Ubaldo Rosi” della cantina Colonnara.

Qui, grazie ad altitudini superiori ai 500 metri sul livello del mare, si ottengono uve con acidità elevate e pH molto bassi, perfette per la spumantizzazione. “Ubaldo Rosi” dell’azienda Colonnara è un metodo classico di sole uve Verdicchio, che con i suoi 60 mesi di affinamento sui lieviti si conferma ancora oggi un’eccellenza italiana.

LA DEGUSTAZIONE
Di colore giallo paglierino con riflessi verdolini presenta perlage finissimo e persistente. Al naso è intenso ed elegante. I richiami varietali del Verdicchio, come i fiori bianchi, precedono note di scorza d’arancia e rosmarino, per poi virare sulla crosta di pane e la piccola pasticceria.

Il sorso è fresco, secco e ben strutturato con buona corrispondenza retro olfattiva. La bollicina è sottilissima ed invoglia una beva già di per sé semplice per acidità e sapidità.Il finale è lungo e salino, tipico del vitigno.

“Ubaldo Rosi” è un Metodo classico che sorprende giovane, ma ancor di più se conservato qualche anno in cantina. Può accompagnare tranquillamente piatti di pesce in ogni declinazione.

LA VINIFICAZIONE
Le uve di Verdicchio utilizzate per la produzione del Metodo classico Brut “Ubaldo Rosi” vengono vendemmiate anticipatamente, per preservare i livelli di acido malico. Dopo pressatura e sfecciatura avviene la prima fermentazione, per ottenere il vino base a cui verrà aggiunta la liqueur de tirage.

L’affinamento sui lieviti, successivo alla presa di spuma per questa tipologia di vino dura 60 mesi. Per quanto riguarda la Riserva 2012, la sboccatura è stata effettuata nel febbraio del 2018.

Tutte le fasi di lavorazione, dal remuage alla sboccatura, vengono compiute manualmente. Prima della tappatura definitiva viene aggiunta la liqueur de expedition per ridosare gli zuccheri all’interno della bottiglia (Brut).

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Cantine degustati da noi Esteri - News & Wine news news ed eventi vini#02

“Piacere Italia, sono Mr Heimann e produco Sagrantino a Szekszárd, in Ungheria”

Szekszárd, Ungheria meridionale: 160 chilometri a sud di Budapest, giù in linea retta. Meno di un’ora di strada dal confine con Serbia e Croazia. È qui che Zoltán Heimann ha deciso di piantare un ettaro di Sagrantino. L’uva che ha reso noto in tutto il mondo il borgo medievale umbro di Montefalco si è adattata bene al microclima e al terreno ricco di loess della regione vitivinicola ungherese di Tolna, di cui Szekszárd è capoluogo.

Un groviglio di valli soleggiate, che si distende a mano aperta lungo il 46° parallelo. Lo stesso di Egna e Montagna, in Alto Adige. Della Borgogna, in Francia. O della Willamette Valley, nell’Oregon. Una delle zone più vocate alla produzione dei vini rossi ungheresi, che qui risultano eleganti, speziati, generalmente agili e “pronti”.


Il tannino del Sagrantino, unito alla sua capacità di dare vita a vini da lungo affinamento, fa da spalla alle varietà Cabernet Franc e Kékfrankos in “Franciscus” e in “Grand“, due delle etichette top di gamma di Heimann Családi Birtok.

Ma si trova anche in “Sxrd“, vino fresco e moderno che suggella il cambio generazionale in corso tra i coniugi fondatori della cantina, Zoltán e Ágnes, e il figlio enologo Zoltán Jr, artefice della nuova e accattivante linea “Heimann & Fiai” (vini in vendita anche in Italia dal 2021, sull’e-commerce vinoungherese.it, di cui WineMag.it è Media partner).

Il tutto grazie al consiglio del consulente francese della cantina ungherese, che agli esordi del progetto – nel 1998 – suggerì a Zoltán Heimann di piantare a Szekszárd anche mezzo ettaro del vitigno tipico dell’Umbria, oltre a qualche filare di Tannat.


A distanza di 18 anni dal primo impianto, avvenuto nel 2002 grazie alle barbatelle giunte dall’Alto Adige tramite i vivai ungheresi Teleki-Kober, entrerà in produzione un altro mezzo ettaro di Sagrantino, che andrà addirittura a sostituire una porzione di Syrah.

“Ho imparato a conoscere nel tempo questa varietà – racconta Mr. Heimann a WineMag.it – e l’occasione di assaggiare per la prima volta il vino di Montefalco è capitata a Lucca, all’inizio del Duemila. Entrai in una wine boutique del centro e chiesi una bottiglia di Sagrantino. Ricordo ancora lo stupore dell’uomo che si trovava dall’altra parte del bancone. Faticò non poco a trovare una, ma alla fine riuscì a soddisfarmi”.

Nel 2012, dopo aver prodotto diverse edizioni di “Franciscus” e la prima di “Grand”, Zoltán Heimann torna in Italia e fa tappa in Umbria. Sempre a caccia di nuovi assaggi di Sagrantino, sceglie due cantine dalle filosofie diametralmente opposte.


“La Arnaldo Caprai – spiega il produttore ungherese – dall’impronta moderna e internazionale, e quella più artigianale di Paolo Bea. Mi trovai molto più a mio agio con la versione meno opulenta del Sagrantino di Bea, che ancora oggi cerchiamo di proporre a Szekszárd, nell’uvaggio con Cabernet Franc e Kékfrankos. Con Marco Caprai ho avuto modo di confrontarmi ancora a ProWein, negli anni scorsi”.

Assaggi che hanno aiutato a trovare ben presto la quadra per la vinificazione del Sagrantino alla Heimann Családi Birtok. La raccolta avviene generalmente a metà ottobre. La fermentazione avviene senza raspi, in acciaio. I rimontaggi, due volte al giorno, aiutano l’estrazione ottimale dei polifenoli.

Il mosto riposa a contatto con le bucce per un periodo compreso fra 20 e 30 giorni. La malolattica, svolta in acciaio, anticipa il trasferimento in botti da 1000 litri. Dopo un anno di riposo viene effettuato il taglio con Cabernet Franc e Kékfrankos. Il nettare, dopo un ulteriore affinamento in legno di circa un anno, viene imbottigliato e messo in commercio.

LA DEGUSTAZIONE

Védett eredetű száraz vörösbor Szekszárd Pdo 2017 “Franciscus”: 92/100
Etichetta che sarà in commercio a partire dalla fine del 2020. Siamo di fronte alla migliore espressione assoluta di Sagrantino di Heimann Winery, in attesa di un’ancor più promettente vendemmia 2018 (94/100) e da una buona 2019 (entrambe degustate da botte, la prima a taglio già effettuato).

Il vino si presenta di un rosso rubino carico, luminoso. Prezioso il gioco tra fiori, frutto e spezia, al naso. Le note fruttate, molto precise e scandite, risultano ben amalgamate ai ricordi vegetali del Franc, con virata netta sullo stecco di liquirizia.

Il tannino del Sagrantino è vivo, ma elegante e integrato, pronto evidentemente ad addolcirsi ulteriormente, negli anni. Un bel modo di raccontare il terroir di Szekszárd tra potenza, eleganza e attitudine al lungo affinamento.

Védett eredetű száraz vörösbor Szekszárd Pdo 2016 “Franciscus” (13,5%): 88/100
Un rosso che abbina potenza e morbidezza, rispecchiando perfettamente il carattere di una vendemmia caratterizzata dalla pioggia, nel periodo della raccolta delle uve.

Manca un po’ di struttura e un po’ di materia nella componente fruttata, come rivelano i richiami verdi leggermente preponderanti del Franc. Nel complesso, un vino che si fa bere con sufficiente agilità, orfano del nerbo riscontrabile nelle altre annate.

Oltalom allat álló eredetmegjelölésű száraz vörösbor Szekszárdi Borvidék 2012 “Grand” (15%): 90/100
Nel 2012, l’uvaggio di “Franciscus” entra nel progetto di costruzione di un’etichetta in collaborazione con altri quattro produttori della zona: un blend in grado di elevare l’immagine dei rossi di Szekszárd. Il risultato è eccellente.

Un vino ungherese dall’anima internazionale, con la potenza del Sagrantino che si fonde con le note profonde del Cabernet Franc e il frutto elegante, preciso e croccante del Kékfrankos.

Oltalom allat álló eredet-megjelölésű vörösbor Szekszárdi Borvidék 2008 “Franciscus” (14,5%): 91/100
È la prova del nove per il Sagrantino di Szekszárd: quella della longevità. Il vitigno umbro dà carattere a un vino che risulta perfettamente intatto, uscito vittorioso dalla battaglia con le lancette, sin dal colore. Il risvolto più “selvatico” del Sagrantino fa capolino per la prima volta al naso, contribuendo ad allargare lo spettro di sensazioni.

Si passa dalla viola appassita a un frutto di bosco di gran precisione, attraverso preziosi richiami di liquirizia e accenti goudron. Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva. Tannino perfettamente integrato e sorso piuttosto agile, ma tutt’altro che banale. Buono anche l’allungo, su una preziosa venatura salina che chiama il sorso successivo.

Cuvée 2017 “Sxrd” (13%): 85/100
Il Sagrantino figura in piccola misura nell’uvaggio di “sXRd”, modernissimo vino rosso ottenuto in prevalenza da Cabernet Franc, Merlot e Kékfrankos . Un “moderno”, anello di congiunzione tra lo stile tradizionale di Zoltán senior e consorte e quello nuovo di Zoltán Jr.

Siamo di fronte al classico rosso “da frigo”, di quelli da bere anche d’estate. A canna. È in questa dimensione che dà il meglio di sé, anche a tavola. Un vino che fa facilità di beva uno stile, a prescindere dal vitigno e dalla zona di produzione.

Etichette come questa, capaci come poche di incontrare il gusto dei Millennials internazionali e di introdurli piacevolmente al complesso mondo del vino, meriterebbero una “categoria” a sé, a livello internazionale.

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Oltrepò Pavese Doc Riesling 2018 “Lo Spavaldo”, Azienda Agricola Finigeto

Un nome di fantasia che lascia il segno, per una bella espressione di un vitigno noto in tutto il mondo. Sotto la lente di ingrandimento di WineMag.it finisce il Riesling dell’Oltrepò Pavese Doc 2018 “Lo Spavaldo” dell’Azienda Agricola Finigeto.

LA DEGUSTAZIONE
Giallo paglierino intenso, luminoso. Al naso è delicato, ma preciso e pulito. Leggero accenno di idrocarburo a sottolineare una bella mineralità. Note di fiori e di frutta perfettamente matura, che spazia dalla nespola alla pera kaiser. Vena agrumata che rimanda al pompelmo rosa.

L’ingresso in bocca e dominato dall’acidità che conferisce bevibilità. Chiusura sapida e minerale. Persistenza sufficiente. Aspettato qualche anno, “Lo Spavaldo” può regalare una piacevole evoluzione nel calice. Un vino la cui freschezza, al momento, invoglia a un aperitivo a base di salumi, ma anche di pesce e crostacei.

LA VINIFICAZIONE
Un microclima, quello in cui si trovano i vigneti di Riesling renano di Finigeto, caratterizzato dalla forte escursione termica tra il giorno e la notte e dalla natura calcareo-gessosa dei terreni. Caratteristiche particolarmente adatte alla varietà, che trova così il suo terroir favorevole in Oltrepò pavese.

Alla raccolta manuale dei grappoli segue una macerazione pellicolare a freddo delle uve intere, con la successiva separazione del mosto dalle vinacce mediante pressatura soffice. Il mosto così ottenuto viene lasciato decantare e posto a fermentare in vasche di acciaio a temperatura controllata. L’affinamento di 8 mesi in acciaio e di 3 mesi (minimo) in bottiglia regalano un vino pronto alla sfida col tempo.

***DISCLAIMER: La recensione di questa etichetta è stata richiesta a WineMag.it dalla cantina, ma è stata redatta in totale autonomia dalla nostra testata giornalistica, nel rispetto dei lettori e a garanzia dell’imparzialità che caratterizza sempre i nostri giudizi***

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Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2016, Azienda Agricola Valentini

Riconosciuto a livello internazionale come una delle leggende enologiche italiane, il Cerasuolo d’Abruzzo dell’Azienda Agricola Valentini conferma la sua fama di grande vino rosato anche con la vendemmia 2016.

LA DEGUSTAZIONE
Il vino si presenta di un rosa corallo, un colore che potremmo definire “di evoluzione”, carico ed apparentemente impenetrabile. Impronta olfattiva profonda, che si apre progressivamente, continuando a regalare diversi profumi in successione. Sentori di frutta, in particolare fragoline di bosco e scorzette d’arancia, poi pietra bagnata ad anticipare terziari avvolgenti.

L’ingresso in bocca è rotondo, morbido. Sapidità e mineralità sono perfettamente amalgamate, mai ruvide. Ricorda quasi un vino rosso vestito da rosato. Una bella struttura supporta l’intero sorso, forte di una coinvolgente carica di freschezza.

Il tutto verso una chiusura lunga, caratterizzata da una mineralità difficile da dimenticare. Un vino ha ancora molto da dire, nel futuro. Caratteristica da non sottovalutare, considerando che si tratta di un vino rosato.

LA VINIFICAZIONE
Uve 100% Montepulciano coltivate attraverso lotta integrata e figlie di una vendemmia, la 2016, particolarmente fortunata. Naturalità anche nel processo di vinificazione: fermentazione spontanea in grandi botti (35 hl) di rovere senza controllo delle temperature e senza filtrazioni. Botti nelle quali il vino affina per 12 mesi, prima di passare in bottiglia dove riposerà ancora per almeno un altro anno.

Nome noto agli appassionati, l’Azienda Agricola Valentini di Loreto Aprutino (PE) rappresenta la realtà storicamente più antica della regione Abruzzo. Presente dal 1650, è conosciuta da decenni in tutto il mondo grazie alle eccellenti produzioni di Montepulciano d’Abruzzo, Cerasuolo e Trebbiano.

Attività fondata da Camillo Valentini premiato già nel lontano 1821 per un eccellente Trebbiano D’Abruzzo, e proseguita dal compianto Edoardo, che ha saputo centrare i migliori successi ed ora brillantemente condotta da Francesco Paolo. Un “artigiano del vino”, come che ama definirsi.

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Vigneti delle Dolomiti Igt 2017 Nosiola “Belle”, Francesco Poli Vignaioli

Santa Massenza Vallelaghi, piccolo comune a destra dell’Adige, lungo la valle che collega Trento al Lago di Garda. Terra di confine fra il clima mediterraneo del nord del Garda e il clima continentale del Trentino. Circa 150 anime e 5 distillerie che conservano il segreto della distillazione artigianale. Tra queste anche la Francesco Poli Vignaioli e “distillatori”, che con la Nosiola – unico vitigno autoctono trentino a bacca bianca – produce il Vigneti delle Dolomiti IgtBelle“, rifermentato vendemmia 2017.

LA DEGUSTAZIONE
Giallo paglierino leggermente velato dai lieviti e dal perlage, appena accennato. Al naso, il vino rivela da subito una vena aromatica, che riporta alla frutta bianca e gialla, all’erba appena tagliata e a un leggero sentore di nocciola.
In bocca si rivela morbido, quasi cremoso, fresco e di media persistenza.

Una Nosiola, “Belle”, connotata anche da una buona mineralità. Un vino perfetto per accompagnare un aperitivo e in grado di seguire i commensali durante tutto il pasto. In base al gusto, il vino può essere servito “scaraffato”, per evitare che i depositi finiscano nel calice, oppure agitando la bottiglia, per mescolarli e ritrovarli nel sorso (sono edibili).

Le uve Nosiola del rifermentato “Belle” provengono dai vigneti sovrastanti il lago di Santa Massenza, coltivati in regime biologico certificato da Icea. La raccolta delle uve avviene al mattino, nelle ore più fresche. Segue la pigiatura, con macerazione sulle bucce per alcune ore, nonché la soffice pressatura.

La fermentazione del mosto e la successiva maturazione sui lieviti fini, in vasche di acciaio inox, completano la vinificazione. L’imbottigliamento e la rifermentazione in bottiglia avvengono in primavera, con l’aggiunta di mosto del Vino Santo Trentino in fermentazione con i propri lieviti spontanei.

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Cesare Corazza, il filosofo del Pignoletto: faccia da Vasco e il Bologna nel cuore

Dicono che al mondo ognuno abbia sette sosia. Dicono pure, i ben informati, che ci sia una possibilità su un trilione di condividere appena otto misure del volto con un altro individuo, sulla faccia della Terra. Dicono, dicono quelli che non conoscono Cesare (Lodi) Corazza, il vignaiolo di Zola Predosa che assomiglia a Vasco Rossi e tifa Bologna FC, in curva al Dall’Ara. Un filosofo del Pignoletto con la vigna al posto del palco, pronta a regalare, di vendemmia in vendemmia, spassosi concerti. Da calice.

Undici le etichette, incise come album. Tutte da disco di platino, tra bianchi, macerati (c’è chi li chiama “orange“) e rossi d’autore. Come Vasco, anche Cesare Corazza – 52 anni suonati su un pentagramma decisamente “rock” – parla di “bollicine“: lo spumante Metodo classico da uve Pignoletto “1877” rende omaggio all’anno di fondazione della cantina Lodi Corazza. Altro che Coca-Cola.

Una storia che continua anche oggi, tra le mille difficoltà quotidiane che contraddistinguono la vita del vignaiolo in Italia. Perché Cesare “Vasco” è uno che non molla. E pensa sempre al domani: “Credo nel futuro della Terra e continuo a costruire vigneti per creare paesaggi“, dice mentre tutt’attorno alla cantina “stanno urbanizzando”.

In siccità dal 10 dicembre, mentre affronta una “stagione complicata” non solo da Covid-19, Corazza cerca di salvare la vigna del “Castel Zola” da un virus ben più radicato del Corona. Quello del cemento: “Se non sarà il lockdown a farci capire che la cementificazione ha rotto il cazzo, quando lo capiremo mai?”.

Sul trattore per la prima volta a 7 anni e, da allora, mai più sceso, Cesare impugna l’arma dell’ironia: “Se sono preoccupato? Cosa vuoi che sia? Vado verso la vendemmia numero 30 e per i francesi fino a 33, gli anni di Cristo, non sei nemmeno vigneron. Lo sarò nel 2023 d.C., se conti con Cristo, o 3 d.C. se conteremo il dopo Corona”.

Tra i filari in cui passa “l’80% delle giornate”, il patron di Lodi Corazza lavora e pensa. Pensa e lavora. “Tu scherzi – dice – ma il Bologna calcio è la sintesi di tutto. O, meglio, il gioco del calcio è la sintesi di tutto. Per i brasiliani è arte. Per il grande comandante Walter Massa, una delle rare persone illuminate che ho conosciuto nella vita, il calcio serve per spiegare il vino. Perché? Perché, come il calcio, il vino è un gioco di squadra”.

Il cielo, l’aria, la terra, l’esperienza dell’uomo, della gente, ti consentono di ottenere il prodotto della fermentazione dell’uva. Uva e vigna sono la cosa più importante. E andare in curva allo stadio a tifare Bologna, per me, è un po’ come tornare bambino, almeno per due ore. Perché in questo mestiere si diventa adulti presto“.

La squadra – quella della vita – l’ha scelta presto, Cesare “Vasco”: “Potevo scegliere di stare in officina con mio padre ma mi rompevo il cazzo e scappavo coi vignaioli nelle vigne ereditate da mia madre. È lì che ho imparato tutto quello che so”. Lontano dal papà, che forse sognava una vita da ingegnere per Cesare, come la sua: “La vigna m’ha salvato la vita anche quando a 25 anni facevo l’imbecille in giro”.

È così che Corazza diventa il filosofo del Pignoletto. “Una grande uva, nota anche come Grechetto Gentile perché è proprio dalla Grecia che il Pignoletto è stato catapultato sui Colli Bolognesi dagli etruschi, grandi commercianti che operavano in questa zona, popolata all’epoca dai celti Galli Boi: gente che beveva come una spugna, venuta fin qui proprio per cercare il vino, che non aveva a casa propria”.

Un amore condiviso con la sorella Silvia, che si occupa della cantina: “Io e lei – dice nemmeno troppo sottovoce Corazza – siamo come lo Yin e lo Yang. Lei è il bianco della dolcezza, io il nero della rabbia! Ma assieme siamo un equilibrio rotondo”. Un po’ come la gamma di vini di Lodi Corazza: tutti centrati e sinceri. Specchio di chi li produce.

LA DEGUSTAZIONE

Pignoletto Doc frizzante 2018 (“Una canzone per te” – 1983)
Vino della tradizione. Grande mineralità. “Non parliamo di ‘linea base’, sono gli altri ad essere cru”, chiosa Cesare Corazza. Ingresso minerale e allungo su polpa, freschezza e un accenno di spezia, prima del ritorno sulla mineralità. La leggerezza e la spontaneità di un vino da bere col secchio.

Sorridi e abbassi gli occhi un istante
E dici: ‘Non credo d’essere così importante’.
Ma dici una bugia
Infatti scappi via”

Colli bolognesi Docg Pignoletto frizzante 2017 “Vènti” (“Stupendo” – 1993)
Le uve si raccolgono generalmente a metà settembre, belle mature. Poco da fare in cantina: presa di spuma (Charmat lungo), due travasi, stop. Un vino che si esprime intensamente su frutto e fiori, tra naso e bocca. Grande ricchezza e materia al palato, nel gioco divertente con la mineralità. Preziosa la bollicina: fine, elegante, cremosa. Irresistibile.

Ed ora che del mio domani
Non ho più la nostalgia
Ci vuole sempre qualche cosa da bere
Ci vuole sempre vicino un bicchiere!”

Colli bolognesi Pignoletto Superiore Docg 2018 “Zigant” (“Quanti anni hai” – 1998)
In bottiglia da novembre 2019, sta certamente trovando in questi mesi la via per del perfetto equilibrio. Beva resa “pericolosissima” da un 5% di uve botritizzate. La vinificazione in riduzione esalta ancora una volta la pienezza del frutto, i primari e, ancor prima, l’ampiezza dei profumi. Vino da bere oggi e godere nell’evoluzione.

Quello che ti do
Stasera
È questa canzone
Onesta e sincera (onesta e sincera)
Certo che potevo sai
Approfittar di te
Ma dopo come facevo
A fare senza se”

Vino bianco 2017 “Il Dissidente” (“Vita spericolata” – 1983)
“L’idea – spiega il patron di Lodi Corazza – era quella di dare vita a un macerato, o a un ‘orange’ come lo chiama qualcuno, che sapesse di uva e non di aceto. ‘Il Dissidente’ è uno ‘smacerato’, che dematerializza l’idea dei macerati che si trovano spesso in giro”. Game, set, match. Ha detto tutto Cesare. Sei mesi sulle bucce per questo unconventional Pignoletto, prodotto in sole 800 bottiglie. Una chicca, da provare almeno una volta nella vita.

Voglio una vita che se ne frega
Che se ne frega di tutto, sì”

Colli bolognesi Barbera Doc frizzante 2018 (“Eh…già” – 2011)
Bell’equilibrio tra frutto e acidità (freschezza), con prevalenza di un frutto rosso e nero ancora una volta gustoso, ricco, pieno. Vino da mortadella, facile, beverino. Una “diavoleria” di Cesare Corazza, che non stanca mai. Come quella di Vasco.

Eh già
Sembrava la fine del mondo
Ma sono ancora qua
Ci vuole abilità
Eh, già
Il freddo quando arriva poi va via
Il tempo di inventarsi un’altra diavoleria”

Colli Bolognesi Barbera Doc 2015 “Castel Zola” (“Senza parole” – 1999)
Una Barbera in purezza, pensata e lavorata per risultare un grande vino. Tre anni di affinamento in rovere, utili a smussare le asperità del vitigno. In bocca, di fatto, questo rosso si esprime su una gran eleganza, una bella freschezza, frutto e una componente salina non indifferente. Chiude su accenno leggero speziato e su un frutto di grande precisione, connotato da ritorni di preziosi frutti di bosco. Chapeau.

E ho guardato dentro un’emozione
E ci ho visto dentro tanto amore
Che ho capito perché non si comanda il cuore
E va bene così, senza parole”

Vsq Pignoletto spumante Doc non dosato “1877” (“Splendida giornata” – 1982)
Vendemmia 2016, 24 mesi sui lieviti, Grechetto gentile in purezza. Nel calice c’è una passeggiata al mare, su una spiaggia che s’affaccia su una terrazza rigogliosa di macchia mediterranea. Su questo sottofondo, le note di lisi si alternano a quelle d’agrumi, prima di tornare protagoniste in un retro olfattivo di ottima persistenza. L’estate, i colori, un aperitivo al calare del sole: in una parola, l’amore spumeggiante di Lodi Corazza per il Pignoletto.

Quello che conta è che sia stata
Una splendida giornata
Stravissuta, straviziata, stralunata
Una splendida giornata
Sempre con il sole in faccia fino a sera
Finché la sera di nuovo sarà”.

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degustati da noi vini#02

Marche Rosato Igp 2018 “Ophirosa”, Vini Firmanum

Produrre rosato è come cucinare: ti accorgi subito chi lo fa con amore. E chi tanto per fare. Il calice che si riempie del Rosato Igp 2018 “Ophirosa” di Vini Firmanum esprime appieno il concetto. Un vino dalla dignità propria, ottenuto nella zona di Fermo, nelle Marche, da uve Sangiovese e Ciliegiolo. Aggiungi il prezzo di appena 5 euro (in cantina) e la ricetta è servita: buon appetito.

LA DEGUSTAZIONE
Il Marche Rosato Igp 2018 “Ophirosa” si presenta di una tonalità che si avvicina al cerasuolo. Ottima corrispondenza tra le note avvertibili al naso e quelle che, poi, connotano il sorso. Un vino facile da bere, tutto sul frutto (melograno, ribes, lampone, fragolina) che sfodera una chiusura salina preziosa, capace di chiamare irresistibilmente il sorso successivo.

Sorprende per la precisione delle note fruttate e per l’intatta freschezza, anche quando la temperatura si alza di uno o due gradi nel calice, rispetto a quella consona per il servizio dei vini rosati (10-12°). Ottima a tutto pasto, questa etichetta di Firmanum si lascia gustare ancor meglio assieme a un brodetto o a un crudo di pesce.

LA VINIFICAZIONE
Un rosato non convenzionale, “Ophirosa”, sin dalle uve con le quale è stato ottenuto. Si tratta infatti di Sangiovese e Ciliegiolo che affondano le radici in terreni di medio impasto, esposti a Sud-Est, a 300 metri sul livello del mare Adriatico.

Le uve, raccolte a mano, vengono pressate in maniera soffice e poi vinificate senza buccia. La fermentazione avviene in acciaio, a temperatura controllata, per preservare tutti gli aromi primari. Anche la maturazione ha luogo in Inox.

“Ophirosa” è solo una delle etichette della “fenice” Vini Firmanum. La cantina, oggi privata, sorge infatti dalle ceneri dell’ex Aziende viticole associate dei Colli Fermani di Montottone, nei pressi di Fermo, nelle Marche: una cooperativa che è arrivata a contare circa 400 soci nel corso della propria storia.

La rinascita che si è concretizzata nel 2011, riducendo del 70% la produzione e dando avvio ai primi imbottigliamenti. La produzione si assesta oggi sulle 70 mila bottiglie annue su tre linee, distribuite nell’Horeca (è il caso di “Ophirosa”) e in Gdo. Prosegue, in parallelo, la produzione di vino sfuso dalle uve di alcuni ex soci.

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Champagne Brut Réserve, Boizel

Prodotto “base” della Maison Boizel il Brut Rèserve è uno Champagne ricco e cremoso che ben si sposa con la tavola. Brut Sans Année di cui degustiamo la sboccatura dell’Aprile 2018.

LA DEGUSTAZIONE
Dorato e luminoso, presenta un perlage fine, lento e persistente. Naso raffinato che apre subito su note agrumate e di pasticceria. Seguono sentori floreali e note di frutta bianca, in prevalenza pesca.

Rotondo in bocca seppur molto fresco. Mediamente persistente risulta equilibrato per tutto il sorso. Il dosaggio zuccherino (8 g/l dichiarati dalla Maison) si sente ma non disturba la bevuta donando quel tocco in più di morbidezza.

LA VINIFICAZIONE
Una cuvée pensata in modo preciso. 55% Pinot Noir ,30% Chardonnay, 15% Meunier. La struttura del Pinot Nero e la finezza dello Chardonnay unite al Meunier per donare contemporaneamente spinta e morbidezza.

Le uve provengono da trenta diversi cru dell’azienda. Champagne che matura sui lieviti per almeno tre anni. Il 30% di vini di riserva ed un minino di 3 anni sui lieviti completano la produzione di questo Champagne a cui giova anche il tempo trascorso dopo la sboccatura.

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Cantine degustati da noi news news ed eventi vini#02

Da infermiere a vignaiolo in Oltrepò: Stefano Banfi e La Rocchetta di Mondondone

Ce n’è voluto di tempo. Per riflettere. Tornare e ritornare sugli stessi concetti. Riformularli dal principio. Confermare le conclusioni. Far le valigie e partire. Se non avesse scelto di comprar vigna a Codevilla (PV), in questi giorni Stefano Banfi vedrebbe il grigio dei palazzi di Milano, dalla finestra. Sarebbe uno dei tanti infermieri eroi, in prima linea contro Covid-19. Da Cascina Pasotti, il caseggiato acquistato nel 2013 e divenuto il quartier generale dell’Azienda vitivinicola La Rocchetta di Mondondone, si scorge al massimo lo smog poggiato coi gomiti sulla schiena del capoluogo lombardo. Solo un brutto ricordo, tra le dolci colline dell’Oltrepò pavese.

“Mi sono trasferito qui – spiega Banfi, classe 75 – dopo aver scelto di lasciare il mio posto di lavoro sicuro, a tempo indeterminato. L’idea iniziale era quella di fare il vino più sano possibile, per autoconsumo, sfruttando le uve del vigneto annesso al caseggiato, trovato in stato di sostanziale abbandono”.

Quattro ettari complessivi che, oggi, sono diventanti il cuore pulsante dell’azienda agricola, assieme all’agriturismo da 35 coperti che serve pasti solo su prenotazione. Cortese, Riesling e Moscato sono le uve a bacca bianca che Banfi ha ereditato dal vecchio proprietario. Pinot Nero, Barbera e Croatina le varietà a bacca rossa.

“Passo dopo passo, facendo gioco sulla mia formazione agraria – spiega l’ex infermiere – mi sono avvicinato al mondo dei cosiddetti ‘vini naturali’, affiancato dall’enologo Mario Maffi. L’esperienza mi ha aiutato a migliorare, anno dopo anno. Ora eccomi qui, con una produzione annua di circa 15 mila bottiglie“.

L’evoluzione tecnica e qualitativa è evidente nei vini de La Rocchetta di Mondondone, azienda che aderisce alla delegazione Oltrepò pavese della Federazione italiana vignaioli indipendenti (Fivi).

Ai due uvaggi bianchi prodotti con Cortese e Moscato (“Lucemente”) e Cortese e Riesling (“Gocce di Vento”), si accosta un rosato da Pinot Nero – “Mo rosa”, ottenuto con la tecnica del salasso – e, dallo scorso anno, un metodo ancestrale: si tratta del gustosissimo “Imperfetto”, ottenuto dall’assemblaggio di tutte le uve bianche, “senza troppi calcoli”.

Per quanto riguarda i rossi, due interessanti Pinot Nero (“Pinovis” e “Suavis Noir”) e altrettante etichette di Barbera (il “Don Barbè” e “Indomitus”), rispettivamente il vino d’annata e la riserva, morbide e potenti.

Accoppiata anche per la Croatina, uvaggio ancora troppo poco valorizzato, in purezza, in Oltrepò: “Oltrebon” è l’interpretazione del Bonarda de La Rocchetta di Mondondone, e “Croaticum” la versione affinata in rovere. Chiude la linea un passito di Moscato, la “spremuta” d’uva “Moscandone”.

Il fil rouge della linea sono le lunghe fermentazioni, che si protraggono fino alla primavera, con l’imbottigliamento dei bianchi che, spesso, avviene nel mese di luglio. Lieviti rigorosamente autoctoni e fermentazioni spontanee sono gli altri must di una gamma “secondo natura”, che riflette le peculiarità dell’annata.

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Ecco Zero Infinito & Zero Infinito Cremisi 2019 di Pojer e Sandri

Dopo il clamoroso “sold out” dello scorso agosto, Zero Infinito di Pojer e Sandri – vignaioli in Faedo (TN) – torna finalmente in commercio. Fra pochi giorni, il 21 marzo 2020, sarà possibile acquistare l’annata 2019, imbottigliata con la luna calante di marzo e rifermentata in vetro, come da tradizione.

Per gli amanti del Metodo Ancestrale firmato da Mario Pojer e Fiorentino Sandri l’equinozio di primavera 2020 non segna solo il ritorno di Zero Infinito, ma anche il debutto di Zero Infinito Cremisi, versione “in rosso” (in etichetta “rosato”) del celebre “col fondo” da vitigni resistenti Piwi.

Storia rocambolesca ed avvincente quella di Zero Infinito. Un vino che rischiò di essere bandito. L’impianto di Solaris venne fatto nel 2009, ben prima che questa varietà Piwi, già utilizzata in Alto Adige, fosse autorizzata in Trentino.

Quattro anni di prove in clandestinità culminate con la prima vendemmia “ufficiale” nel 2013; 6000 bottiglie ottenute, sulla carta, da un vigneto di soli 4 mesi.

Vigneto posto in una zona quantomeno spettacolare presso Maso Rella a Grumes in alta Val di Cembra, ad un’altezza compresa tra gli 800 e i 900 metri sul livello del mare, in forte pendenza e con esposizione Sud-Sud Ovest. Posizione molto ventilata: al mattino da nord i venti della Val di Fiemme e Fassa, al pomeriggio da sud l’Ora del Garda.

Zero Infinito e Zero Infinito Cremisi – spiega Mario Pojer – sono vini ancestrali a zero impatto chimico: zero in campagna, zero in cantina. Il risultato di ottant’anni di lavoro di ricerca fra Francia, Austria e Cekia e quarantacinque vendemmie in cantina a Faedo per arrivare alla purezza. Il frutto della vite trasformato in vino, senza aggiunta esogena”.

Vino che racchiude in sé il futuro rappresentato dai vitigni resistenti Piwi e la tradizione del vino rifermentato in vetro, senza essere sboccato e protetto solo dall’anidride carbonica.

LA DEGUSTAZIONE DI WINEMAG

In attesa della verticale di Zero Infinito, rimandata a causa della dell’emergenza Coronavirus, ecco le impressioni, in anteprima, della redazione di WineMag.it sulla nuova annata.

ZERO INFINITO 2019
Al naso è immediatamente fresco ed aromatico. Da subito note di frutta esotica. Ananas e mango che si alternano ad una piacevole vena agrumata di arancia e bergamotto che lasciano poi il posto ad una sottile vena erbacea che gioca fra le erbe aromatiche ed il floreale dei prati alpini.

L’ingresso in bocca è fresco vivo per poi regalare una piacevole morbidezza, quasi una pseudo-dolcezza, accompagnata dal perlage sottile e delicato. Sapido. Nel retro olfattivo regala tutta la freschezza della frutta bianca e dell’ananas sciroppato. Persistenza non lunghissima dove torna la parte agrumata ed un piacevole sentore di fico secco.

Se bevuto torbido ecco farsi vivi i sentori amaricanti del lievito ed il sorso risulta un poco più corposo, ma comunque vellutato. Torbido, limpido o addirittura “sboccato”, è dotato di una beva agile ma intrigante.

ZERO INFINITO CREMISI 2019
Il nome descrive di per sé il colore. Rosso Cremisi. Luminoso ed accattivante. Al naso regala da subito note floreali e ricchezza di frutti rossi. Fragola, lampone, mora, melograno ed cuore d’anguria. Una leggera vena acidula fa intuire che il sorso non sarà stucchevole.

In bocca entra dritto e sapido, con una verticalità inaspettata, per subito confermare tutte le note sentite al naso. La leggera nota amaricante (più marcata se bevuto torbido) ed il tannino appena accennato, accompagnati dal perlage naturale, gli conferiscono bevibilità e struttura.

Ottima prima prova per un vino piacevole tanto bevuto da solo quanto come accompagnamento a tavola.


Azienda Agricola & Distilleria Pojer e Sandri

Loc. Molini, 4 38010 Faedo (TN)
Per informazioni ed ordini: info@pojeresandri.it

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Cannonau di Sardegna Doc 2015 Mamuthone, Giuseppe Sedilesu

Circa 70 mila bottiglie per quello che, di anno in anno, si conferma uno vini più espressivi della Sardegna e d’Italia. È il Cannonau di Sardegna Doc 2015 Mamuthone di Giuseppe Sedilesu. Il vero simbolo della cantina di Mamoiada, borgo di 2.500 abitanti della provincia di Nuoro. Siamo nella zona centro orientale dell’isola, nella Barbagia di Ollolai.

LA DEGUSTAZIONE
A cinque anni dalla vendemmia, Mamuthone 2015 si presenta nel calice di un rosso rubino luminoso, mediamente trasparente. Al naso è intenso. All’esplosione di frutti di bosco e arancia sanguinella fanno eco accenni di brace, macchia mediterranea e una percezione iodica, minerale.

In bocca è splendido, pieno, tra il frutto e un tannino di grande eleganza e finezza, condito da una freschezza dinamica, che accompagna il sorso verso la chiusura. Riecco i richiami salini, impreziositi da un accenno di spezia nera. Alcol presente, ma perfettamente integrato e per nulla disturbante. Semplicemente un grande vino.

Il sorso asciutto, nonostante i ritorni di frutta perfettamente matura, fa di questo Cannonau di Mamoiada il compagno perfetto per tutti i piatti a base di cacciagione. Più in generale, per le carni rosse e i formaggi stagionati. Bassissimi i livelli di solforosa, che si assesta fra i 30 e i 50 mg/l.

LA VINIFICAZIONE
Le uve di Mamuthone provengono da viti ad alberello, con rese medie bassissime: appena 50 quintali per ettaro. Le uve vengono vendemmiate dalla famiglia Sedilesu nel mese di ottobre. La fermentazione viene condotta con lieviti indigeni, già presenti sulle uve.

Il Cannonau, pressato in maniera soffice al fine di preservare tutti gli aromi ed evitare l’estrazione di componenti amare, macera per il 12-15 giorni. La maturazione si prolunga per i successivi 12 mesi, in botti da 40 ettolitri.

Il vino non viene sottoposto ad alcuna filtrazione all’imbottigliamento. Prima della commercializzazione, Mamuthone affina per tre mesi in vetro, iniziando il suo lungo periodo di maturazione in bottiglia.

Il nome del vino non è stato scelto a caso, così come l’etichetta. I Mamuthones, così come gli Issohadores, sono le maschere tipiche del carnevale di Mamoiada. Quello di Giuseppe Sedilesu è una dedica tradizioni della terra che ospita la cantina, da oltre trent’anni.

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Chianti Lovers 2020: i migliori assaggi di Chianti e Morellino di Scansano

FIRENZE – Dopo il successo dell’edizione 2019 anche quest’anno Chianti Lovers, l’anteprima del Consorzio Vino Chianti, realizzata in collaborazione del Consorzio Tutela Morellino di Scansano, ha confermato i risultati con oltre 4 mila presenze alla Fortezza da Basso di Firenze.

In degustazione 488 etichette a rappresentare 122 aziende, 206 le anteprime delle nuove annate: Chianti Docg 2019 e Riserva 2017, Morellino di Scansano Docg 2019 e Riserva 2017.

“Ancora una volta la scelta di voler aprire al grande pubblico ha premiato. È un’occasione concreta per mettere in contatto le nostre aziende con le persone, che hanno così la possibilità di conoscere e apprezzare cosa c’è dietro ogni etichetta” ha commentato Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti.

“La vendemmia – prosegue Busi parlando dell’annata 2019 – è in linea con le aspettative, abbiamo raggiunto l’obiettivo della riduzione del 10% delle quantità che ci eravamo dati per mantenere i magazzini in linea con l’andamento commerciale. La qualità è ottima. Il merito di tutto ciò è delle aziende che negli anni scorsi hanno fatto importanti investimenti e oggi oltre il 75% dei vigneti è stato rinnovato”.

A fronte di un mercato interno in crescita del 6,3% e di un +1% sul fronte export giunge gradita la notizia della scelta del governo americano di escludere l’Italia dai dazi.

“Abbiamo tirato un sospiro di sollievo che ci permette di guardare con più serenità ai prossimi mesi – commenta il presidente – E’ certo che serve maggiore flessibilità nella gestione dei fondi messi a disposizione per la promozione del vino in modo da rispondere tempestivamente a scenari che possono cambiare all’improvviso. Non possiamo permetterci di restare indietro: poter riadeguare i nostri investimenti in tempi rapidi può significare davvero molto per l’export e i bilanci”.

I MIGLIORI ASSAGGI (ALLA CIECA) DI WINEMAG

Frutto di un andamento climatico più clemente ed uniforme rispetto allo scorso anno i vini dell’anteprima si rivelano più simili fra loro, tanto negli assaggi “da botte” quanto un quelli “da bottiglia”.

CHIANTI VENDEMMIA 2019

  • Chianti Colli Senesi Docg 2019 – Agricoltori del Chianti Geografico
  • Chianti Colli Senesi Docg 2019 – Poggio Salvi
  • Chianti Colli Senesi Docg 2019 – Tenuta Casabianca
  • Chianti Montalbano Docg 2019 – Villa Bibbiani

CHIANTI VENDEMMIA 2018

  • Chianti Colli Fiorentini Docg 2018 – Fattoria le Sorgenti
  • Chianti Colli Fiorentini Docg 2018 – Fattoria Giannozzi
  • Chianti Colli Fiorentini Docg 2018 – Lanciola
  • Chianti Montespertoli Docg 2018 – Castello Sonnino
  • Chianti Montespertoli Docg 2018 – Tenuta Barbadoro
  • Chianti Superiore Docg 2018 – Fattoria Piccaratico
  • Chianti Superiore Docg 2018 – Migliarina e Montozzi
  • Chianti Superiore Docg 2018 – Usiglian del Vescovo

CHIANTI VENDEMMIA 2017

  • Chianti Colli Fiorentini Docg Riserva 2017 – Fattoria di Fiano
  • Chianti Colli Fiorentini Docg Riserva 2017 – Torre a Cona
  • Chianti Colli Senesi Docg Riserva 2017 – Mormoraia

MORELLINO DI SCANSANO

  • Morellino di Scansano Docg 2019 “Mentone” – Mantellassi
  • Morellino di Scansano Docg 2019 – Podere Casina
  • Morellino di Scansano Docg 2019 – Poggio Brigante
  • Morellino di Scansano Docg 2019 – San Felo
  • Morellino di Scansano Docg 2019 “Brumaio” – Tenuta Pietramora
  • Morellino di Scansano Docg Riserva 2017 – Alberto Motta
  • Morellino di Scansano Docg Riserva 2017 – Cantina La Selva

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Bianchi e rossi: i migliori assaggi all’Anteprima Sagrantino 2016

Dal nuovo logo del Consorzio alla prova del calice, passando per la “formula” della degustazione, aperta per la prima volta ai vini bianchi. Mai così ricca di novità l’Anteprima Sagrantino, andata in scena lunedì 24 e martedì 25 febbraio in Umbria. Protagonista la vendemmia 2016 del Montefalco Sagrantino Docg 2016 secco e passito, oltre a Montefalco Rosso Doc (2013/2018), Montefalco Rosso Doc Riserva (2014/2017), Montefalco Bianco Doc (2018-2019), Montefalco Grechetto Doc (2018-2019) e agli altri bianchi rientrati di recente sotto l’egida del Consorzio Tutela Vini Montefalco: Spoleto Doc Trebbiano Spoletino (2018-2019) e Spoleto Doc Trebbiano Spoletino Superiore (2017).

Dagli assaggi traspare lo “sguardo dritto verso il futuro” dei produttori che hanno preso parte ad Anteprima Sagrantino 2016. Nei calici tante interpretazioni, più o meno convincenti, di una modernità stilistica che non vuole “tralasciare radici e storia”.

Cifra riassunta nel restyling del logo consortile affidato a Michela Bastianelli, con l’obiettivo di “conservare e rafforzare l’identità dell’ente, attraverso una veste grafica contemporanea”. Il tutto riassunto nella fierezza del falco, animale scelto per comunicare la solidità e affidabilità di un ente che si pone grandi obiettivi per il futuro.

Il primo è certamente quello di continuare sul percorso di affermazione di un Sagrantino godibile sin dai primi 4-5 anni dalla vendemmia, a dispetto delle grandi “concentrazioni” del passato. Il lavoro sul tannino di aziende simbolo del territorio come Arnaldo Caprai la dice lunga sull’argomento.

Un fenomeno che avvicina l’Umbria al Veneto, coi produttori di Amarone della Valpolicella impegnati da anni nella stessa direzione, sul loro vino “da appassimento”. Tra le sfide delle aziende associate al Consorzio anche la consacrazione dell’anima bianchista, col Grechetto che si conferma su buoni livelli all’Anteprima, nella media.

È ancora tutta da scrivere, invece, la storia del Trebbiano Spoletino. Impossibile, al momento, tracciarne un profilo univoco, tra macerazioni più o meno spinte e la possibilità di ascriverlo – da un minimo del 50% fino alla vinificazione in purezza – anche nel Montefalco Bianco (come ha fatto Tenuta Alzatura con “Aria di Casa“).

“La vera forza del Trebbiano Spoletino è proprio questa, la diversità”, dice senza mezzi termini a WineMag.it Devis Romanelli. “Andranno piuttosto risolti i problemi dell’imbottigliamento fuori zona – continua il vignaiolo di Colle San Clemente – dal momento che il percorso per l’ottenimento delle deroghe è lungo e insidioso”.

Godono comunque di buona salute i vini di Montefalco, che rappresentano il 16,7% della produzione di vino in Umbria. Posizione dominata in particolare da Montefalco Sagrantino Docg (6,3%) e Montefalco Doc (10,4%).

Non a caso, la superficie di vigneto iscritta a Docg ha visto un incremento significativo dal 1992 al 2018, pasando da 66 ettari a 760 ettari. Dal 2000 ad oggi la produzione del Sagrantino è quasi triplicata: da 660 mila a circa 1.5 milioni di bottiglie.

Sul territorio operano 164 viticoltori e 75 imbottigliatori, sempre più interessati anche alla produzione di Sagrantino Passito, aumentata del 17% nel 2019, rispetto all’anno precedente (7% del totale della Docg).

Interessante la crescita dei bianchi, che rappresentano il 10% della Doc: 8% Montefalco Grechetto e 2% Montefalco Bianco. Vini, quelli perugini, che registrano tassi di export del 35%, con Stati Uniti (13%), Germania (5%), Giappone (3%), Inghilterra (3%), Svizzera (3%), Cina (3%), che si dividono i primi gradini del podio, seguiti da altri 40 Paesi nel mondo.

BIANCHI E ROSSI: I MIGLIORI ASSAGGI ALL’ANTEPRIMA SAGRANTINO 2016

  • Montefalco Bianco Doc 2018 Scacciadiavoli: 90/100
    Vino che gioca sulla larghezza, più che sulla verticalità. Frutto preciso e bella salinità su note burrose.
  • Montefalco Bianco Doc 2018 “Aria di Casa”, Tenuta Alzatura: 91/100
    Naso complesso, tra fiori di campo e richiami esotici, di frutta a polpa bianca e gialla. Non mancano ricordi di nocciola, derivanti dal legno. Gran salinità e freschezza su ritorni cremosi. Vino di prospettiva.
  • Montefalco Grechetto Doc 2018 “Nido del falco”, Vignabaldo Group (Broccatelli Galli): 90/100
    Direttamente dalla linea “Selezioni”, un Grechetto a dir poco sorprendente. Naso complesso, tra il frutto esotico e i freschissimi ricordi di mentuccia, finocchietto, anice e salvia. Al palato un bel frutto, pieno, polposo, supportato da mineralità e freschezza. Ottima la persistenza.
  • Montefalco Grechetto Doc 2019, Colle Ciocco – Agricola Spacchetti: 89/100
    Una interpretazione ben riuscita, che nobilita il vitigno nel suo impiego a tavola: un vino di gran gastronomicità.
  • Montefalco Grechetto Doc 2019, Scacciadiavoli: 88/100
    Bella materia al sorso, polpa, succo. Non disdegnerà qualche mese in più sulle spalle.
  • Trebbiano Spoletino Spoleto Doc 2018 “Anteprima Tonda” 2018, Antonelli: 93/100
    Giallo dorato, anice, finocchietto, frutto. Gran materia al palato, lungo, corrispondente, sale dosato sul frutto. Un bianco che, come pochi, riesce a coniugare percezioni marine a ricordi “montani”.
  • Trebbiano Spoletino Spoleto Doc 2018 “Trebium”, Antonelli: 91/100
    Tra le espressioni più schiette di Trebbiano Spoletino dell’Anteprima Sagrantino 2016: portabandiera del vitigno, utile a comprenderne le ottime doti “immediate” e quelle d’allungo.
  • Trebbiano Spoletino Spoleto Doc 2018, Terre di San Felice: 91/100
    Sorso pieno, di struttura, eppure cremoso: ottimo compromesso tra durezze e morbidezze. Sale, frutto, materia. Giovanissimo.
  • Trebbiano Spoletino Spoleto Doc Superiore 2017, Le Cimate: 89/100
    Vino che ha tutto. Bella l’espressione del frutto, pieno e carnoso, sulla mineralità. Vino di gran gastronomicità.
  • Montefalco Rosso Doc 2018, Agricola Mevante: 89/100
    Gran prova sul frutto, per un vino che troverà la sua migliore forma solo dopo essersi stiracchiato per bene in bottiglia, al termine dell’ulteriore (necessario) affinamento. Etichetta, però, su cui scommettere sin d’ora.

  • Montefalco Rosso Doc 2017, Montioni: 90/100
    Vino profumatissimo e dalla gran beva. Sorprende appunto al palato, per la capacità di coniugare una gran presenza e un tannino di prospettiva a una freschezza assoluta, che chiama un sorso dopo l’altro, oltre all’abbinamento con i piatti della migliore tradizione locale e italiana.
  • Montefalco Rosso Doc 2017, Fongoli: 89/100
    Gran lavoro sui primari e sulla maturità del tannino. Ne risulta un vino gradevolissimo, tutto frutto (preciso), materia, succo. Uno di quei rossi da bere col secchio, capaci di rispecchiare l’anima gentile di un territorio tendenzialmente ruvido, grazie a una grande capacità agronomica ed enologica.
  • Montefalco Rosso Doc 2017, Arnaldo Caprai: 88/100
    Gran bel naso complesso, tra frutto maturo e radice, talco, mentuccia. In bocca una gran scorrevolezza, tutt’altro che banale. Tannino elegante e di prospettiva.
  • Montefalco Rosso Doc 2016, Fattoria Colleallodole – Milziade Antano: 91/100
    Naso molto intrigante, tra frutto succosissimo e accenni goudron. Ottima corrispondenza gusto olfattiva per una beva piena, su un frutto precisissimo. Tannino disteso ma ancora in grado di dire la sua nel sorso, prima di una chiusura vagamente salina. Complessità ed eleganza.
  • Montefalco Rosso Doc 2016, Romanelli: 89/100
    Grandissimo lavoro sul tannino, di estrema eleganza. Allungo sul frutto, succosissimo. Ritorni goudron e liquirizia in chiusura. Beva instancabile.
  • Montefalco Rosso Doc 2016 “Boccatone”, Tabarrini: 90/100
    Bel naso, tutto sull’espressività assoluta del frutto, rinvigorito dalla spezia. In bocca un tannino fitto, elegante. Nettare capace di abbinare una certa robustezza a una gran freschezza e bevibilità. Gastronomico.
  • Montefalco Rosso Riserva Doc 2016, Fattoria Colleallodole – Milziade Antano: 92/100
    Vino di gran pienezza, importante, godibile oggi ma di prospettiva. Frutto maturo, succoso (amarena, prugna) tannino in integrazione, elegantissimo. Bei ritorni speziati, in chiusura, su un allungo fresco.
  • Montefalco Sagrantino Docg 2016 2016 “Colle alla Cerqua”, Tabarrini: 95/100
    Chicca assoluta dell’intera Denominazione. Naso e palato si litigano le lodi su un frutto carnoso, tutto da mordere e succhiare. Non viene assolutamente meno l’eleganza, tratteggiata da una certa mineralità e ancor più da un tannino pregevolissimo. Ritorni speziati in un allungo di gran persistenza.
  • Montefalco Sagrantino Docg 2016, Romanelli: 92/100
    Splendida interpretazione, a cavallo fra tradizione e modernità. Un Sagrantino pieno ed elegante: frutto di grandissima precisione, così come il tannino. Fresca e lunga la chiusura.
  • Montefalco Sagrantino Docg 2016 “Valdimaggio”, Arnaldo Caprai: 91/100
    Naso suadente, tutto su un frutto preciso, tra la ciliegia, il lampone e la fragolina, oltre a sbuffi speziati, preziosi. Ottima la corrispondenza gusto olfattiva. In bocca gran pienezza, ma soprattutto un tannino di estrema eleganza.
  • Montefalco Sagrantino Passito Docg 2016, Il Torrione: 94/100
    Parola d’ordine “equilibrio” per questo splendido passito, unico a rientrare tra le nostre menzioni: freschezza da vendere sull’esplosività e concentrazione del frutto. Persistenza infinita.

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PrimAnteprima 2020: i migliori assaggi di Maremma, Orcia e Chianti Rufina

FIRENZE – Come consuetudine è stata PrimAnteprima 2020 ad aprire la settimana delle Anteprime di Toscana alla Fortezza da Basso, Firenze. Vetrina multi-denominazione e multi territoriale, PrimAnteprima raccoglie le maggiori Doc e Docg ed è occasione per fare il punto su denominazioni come Maremma, Orcia e Chianti Rufina.

I numeri fanno ben sperare. Bene il mercato estero dei vini Toscani, che copre il 19% dell’export nazionale di vini Dop fermi (quota che sale al 26% se si considera il valore). Export che è cresciuto del 3% nei primi 10 mesi del 2019 nonostante le incognite “dazi“, “Brexit” e “Coronavirus“.

Numeri che confermano la forza commerciale del Brand “Toscana”. Forza che nasce da un territorio, il “Vigneto Toscana“, in cui il 96% degli ettari vitati (56.000 su un totale di 59.000) risulta destinato a denominazioni certificate contro un dato nazionale medio del 62%.

Cinquantadue Dop e 6 Igp che con la vendemmia 2019 hanno prodotto 2,6 milioni di ettolitri. Un +11% rispetto al 2018 in controtendenza rispetto al -19% nazionale.

A sostegno della produzione Toscana la sempre maggiore attenzione alle denominazioni, come la recente nascita dell’Orcia Doc o il neonato Consorzio Vino Toscana Igt, progetti legati all’enoturismo come legame fra bellezza territoriale e viticoltura e le iniziative promozionali legate alle Wine Week prima fra tutte proprio quella delle Anteprime di Toscana.

I MIGLIORI ASSAGGI DI WINEMAG.IT

Numeri, progetti e mercato in crescita. Come si traduce tutto questo “nel calice”, unico vero metro di giudizio del vino? Di seguito gli assaggi (sempre e rigorosamente alla cieca) che più hanno convinto.

MAREMMA TOSCANA DOC

Una Denominazione in crescita che si attesta al terzo posto per superficie fra le Denominazioni Toscane. Superficie vitata sulla quale cresce la presenza del Vermentino che con la vendemmia 2019 rappresenta il 28% della quantità imbottigliata nella Doc.

Ciò nonostante sono solo 6 i campioni di bianco presentati a PrimAnteprima 2020. Orfani in un mare di rossi in cui la “quota internazionale” dei tagli tende a farsi sentire.

Se per ‘estero’ intendiamo fuori dalla provincia di Grosseto andiamo bene!” afferma il Presidente del Consorzio Francesco Mazzei rispondendo alla nostra domanda sulle prospettive di mercato Italia/Estero.

Frase che sintetizza molto bene la difficoltà della Maremma a farsi conoscere e riconoscere sui mercati.

  • Maremma Toscana Doc Vermentino 2019 – Tenuta Moraia
  • Maremma Toscana Doc Alicante 2018 “Oltreconfine Grenache” – Azienda Agricola Bruni
  • Maremma Toscana Rosso Doc 2017 – Berretta
  • Maremma Toscana Rosso Doc 2018 “Bramaluce” – Terenzi
  • Maremma Toscana Rosso Doc 2016 – Rocca di Frassinello
  • Maremma Toscana Rosso Doc 2013 “San Michele” – Poggio L’Apparita
  • Maremma Toscana Rosso Doc 2015 “Prelius” – Castelprile-Prelius
  • Maremma Toscana Doc Cabernet Sauvignon 2016 “Il Cucchetto” – Fattoria il Casalone
  • Maremma Toscana Doc Cabernet Sauvignon 2016 “Lodai” – Tenuta Fertuna

ORCIA DOC

Denominazione nata nel 2000 e con una produzione che si assesta intorno alle 300 mila bottiglie (figlie di 153 ettari vitati su un potenziale di 400) l’Orcia sembra non aver ancora trovato un proprio filo conduttore.

È quanto emerge dal tasting di PrimaAnteprima, degustazione nella quale i campioni non sembrano parlare tutti la stessa lingua. Ecco quelli più convincenti.

  • Orcia Sangiovese Doc 2018 “Troccolone” – Campitoni Marco
  • Orcia Sangiovese Doc Riserva 2016 “Il Tocco” – Campotondo
  • Orcia Doc 2016 “Leone Rosso” – Donatella Cinelli Colombini
  • Orcia Doc 2016 “Cenerentola” – Donatella Cinelli Colombini
  • Orcia Sangiovese Doc 2015 “Sesterzo” – Poggio Grande
  • Sangiovese Toscana Igt 2016 “Frasi” – Capitoni Marco

CHIANTI RUFINA DOCG

Assaggi di prospettiva per il Rufina, tanto per l’annata 2018 che per le riserve.

  • Chianti Rufina Docg 2018 – Podere al Pozzo
  • Chianti Rufina Docg 2018 “La Fuga” – Borgo Macereto
  • Chianti Rufina Docg Riserva 2017 – Podere al Pozzo
  • Chianti Rufina Docg Riserva 2017 “Vigneto Quona” – I Veroni

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Chianti Classico Collection 2020: i migliori assaggi

FIRENZE – Successo di numeri e pubblico per la 27° edizione dell’anteprima del Chianti Classico 2020, che il Consorzio di Tutela chiama “Collection“, presso la stazione Leopolda a Firenze. Oltre 2500 professionisti del settore presenti e circa 400 giornalisti accreditati.

Numeri che suggellano i buoni risultati del 2019, fin dalla vigna: si è registrato un aumento del 10% della quotazione delle uve. Inoltre, gli ultimi tre mesi del 2019, hanno visto le vendite delle bottiglie crescere di un ulteriore 10%.

Traino economico di questa crescita sono le due tipologie premium, il Chianti Classico Riserva e il Chianti Classico Gran Selezione, che rappresentano complessivamente il 42% dei volumi di mercato e il 55% del fatturato complessivo del 2019. La sola Gran Selezione guadagna 15 punti percentuali sul valore del venduto.

Si conferma quindi il trend già visto nelle edizioni precedenti della Collection. Un successo tanto sul mercato nazionale, che copre il 22% delle vendite, quanto sul piano internazionale. Il Gallo Nero è infatti distribuito in oltre 130 Paesi. I principali player sono USA (34%, in attesa dell’effetto “dazi”), Canada (10%) e UK (7%, in crescita per via dell’effetto Brexit).

“Soddisfazione è la parola chiave per il nostro 2019, con cui inauguriamo anche questo 2020 –  ha dichiarato Giovanni Manetti, Presidente del Consorzio –. La famiglia di noi produttori si allarga sempre più (515) e siamo sempre più uniti”.

“Ci presentiamo uniti in manifestazioni come questa, condividendo non solo un marchio ma una progettualità comune, legata a un territorio e a un percorso di qualità – continua il Presidente –. Segnale evidente di questo è l’adesione sempre maggiore al progetto della Gran Selezione: in un solo anno le aziende che la producono sono salite da 95 a 144”.

“La vera essenza di questo territorio e di questa denominazione è l’impegno di noi tutti viticoltori per produrre qualità: vini sempre più autentici e territoriali, che sanno riflettere nelle sue varie sfaccettature così come le varie sfaccettature di una pietra preziosa riflettono la luce” conclude Manetti.

TUTTI I COLORI DEL GALLO NERO – I MIGLIORI ASSAGGI (ALLA CIECA) DI WINEMAG

Sono 481 i campioni presentati alla degustazione tecnica. Etichette che salgono a 740 se si contano anche quelle in degustazione ai banchetti dei produttori. Un tavolo lungo quanto l’intera Leopolda per farceli stare tutti ed una infaticabile squadra di sommelier pronti ad esaudire, con professionalità e toscana simpatia, le richieste dei degustatori.

Azzeccato quindi lo slogan della manifestazione “Tutti i colori del Gallo Nero“. Un Gallo rielaborato nei toni del verde, marrone, rosso ed azzurro, a sottolineare le sfumature del territorio e le varie sfaccettature che i vini del “Classico” possono assumere.

Non facile districarsi fra i 481 campioni. Di seguito gli assaggi, rigorosamente alla cieca, più convincenti. Calici che coniugano con armonia l’inevitabile parte “acerba” della giovinezza con la pienezza del frutto e del corpo. Equilibrio fra l’attualità di un’anteprima e le prospettive di invecchiamento che un “Classico” deve avere.

VENDEMMIA 2018

  • Chianti Classico Docg 2018 – Castellare di Castellina
  • Chianti Classico Docg 2018 – Castello di Volpaia
  • Chianti Classico Docg 2018 “Guado Alto” – Castello di Vicchiomaggio
  • Chianti Classico Docg 2018 – Famiglia Nunzi Conti
  • Chianti Classico Docg 2018 “Montaperto” – Fattoria Carpineta Fontalpino
  • Chianti Classico Docg 2018 – Fattoria Cigliano di Sopra
  • Chianti Classico Docg 2018 “Rubiolo”– Gigliole
  • Chianti Classico Docg 2018 – Isole di Olena
  • Chianti Classico Docg 2018 – Poggio Regini
  • Chianti Classico Docg 2018 – Villa S. Andrea

VENDEMMIA 2017

  • Chianti Classico Docg 2017 – Castello La Leccia
  • Chianti Classico Docg 2017 – Fattoria di Valiano
  • Chianti Classico Docg 2017 – Fattoria Poggiopiano
  • Chianti Classico Docg 2017 – Fontodi
  • Chianti Classico Docg 2017 – Le Masse
  • Chianti Classico Docg 2017 – Erta di Radda
  • Chianti Classico Docg 2017 – Nardi Viticoltori
  • Chianti Classico Docg 2017 – Quercia al Poggio
  • Chianti Classico Docg 2017 – Rignana
  • Chianti Classico Docg 2017 – Tenuta di Compomaggio
  • Chianti Classico Docg Riserva 2017 – Borratella
  • Chianti Classico Docg Riserva 2017 – Buondonno/Casavechia alla Piazza
  • Chianti Classico Docg Riserva 2017 – Castellare di Castellina
  • Chianti Classico Docg Riserva 2017 – CorteDomina
  • Chianti Classico Docg Riserva 2017 “Le Baròncole”– Fattoria San Giusto a Rentennano
  • Chianti Classico Docg Riserva 2017 “Rancia” – Fèlsina
  • Chianti Classico Docg Riserva 2017 “Maria Vittoria” – Le Filigare
  • Chianti Classico Docg Riserva 2017 – Le Miccine
  • Chianti Classico Docg Riserva 2017 – Tenuta di Arceno
  • Chianti Classico Docg Gran Selezione 2017 “San Lorenzo” – Castello di Ama
  • Chianti Classico Docg Gran Selezione 2017 – Castello di Fonteruoli
  • Chianti Classico Docg Gran Selezione 2017 “Casasilia” – Poggio al Sole

VENDEMMIA 2016

  • Chianti Classico Docg Riserva 2016 – Brancaia
  • Chianti Classico Docg Riserva 2016 – Castello della Paneretta
  • Chianti Classico Docg Riserva 2016 – Castello di Monsanto
  • Chianti Classico Docg Riserva 2016 – Lamole di Lamole
  • Chianti Classico Docg Riserva 2016 “Borromeo” – Poggio Borgoni
  • Chianti Classico Docg Riserva 2016 – Tenuta di Campomaggio
  • Chianti Classico Docg Riserva 2016 – Tenuta Perano/Frescobaldi
  • Chianti Classico Docg Riserva 2016 – Villa a esta

VENDEMMIA 2015

  • Chianti Classico Docg Riserva 2015 “Lucarello” – Borgo Salcetino
  • Chianti Classico Docg Riserva 2015 – Castello di Cacchiano
  • Chianti Classico Docg Riserva 2015 “Riserva Aluigi”– Le Cinciole
  • Chianti Classico Docg Riserva 2015 “Bandecca”– San Giorgio a Lapi
  • Chianti Classico Docg Riserva 2015 “Paolina” – Savignola Paolina
  • Chianti Classico Docg Gran Selezione 2015 “Castellinuzza” – Castellinuzza/Cinuzzi Claudia
  • Chianti Classico Docg Gran Selezione 2015 “Vigna al Poggio” – Castello di Monsanto
  • Chianti Classico Docg Gran Selezione 2015 “Giovanni Folonari” – Tenuta di Nozzole

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Vernaccia di San Gimignano: i migliori assaggi 2019/2015 all’Anteprima 2020

Se all’anteprima dell’annata 2018 la Vernaccia di San Gimignano aveva segnato una discrepanza fra “morbidezze” e “durezze”, con la 2019 questa distanza sembra essersi attenuata. Nel mezzo c’è un’annata climaticamente più omogenea anche se caratterizzata da un anticipo della fase vegetativa e da una vendemmia posticipata.

Più armonia, quindi, per la nuova annata che mediamente soddisfa per fragranza e verticalità anche se qualche tempo in cantina gioverà di sicuro. Un quadro a chiaroscuro in cui comunque i “chiari” la fanno da padrone quello che emerge attraverso gli 83 campioni, annate fra il 2019 ed il 2015, presentati all’anteprima.

Cambio di location per l’anteprima 2020 che si è svolta presso la storica Rocca di Montestaffoli, nel cuore storico del comune senese, dove a fare gli onora di casa è la neoeletta Presidente del Consorzio Irina Guicciardini Strozzi. Nominata a giugno la Strozzi succede a Letizia Cesani in una consecutio declinata tutta al femminile per la “Signora Vernaccia“.

“Signora” che continua la sua disfida col tempo. La sfida dell’invecchiamento per un bianco che migliora col passare delle primavere. Ma anche la sfida dei secoli per un vino che, come dice la Presidente “continua ad esprimere la sua attualità pur avendo alle spalle un bagaglio storico incredibile paragonabile a poche denominazioni, se non nessuna, in Italia”.

È importante per noi riuscire a comunicare questo aspetto della Vernaccia. La sua esistenza dopo tutti questi anni sul territorio e la sua capacità di reinventarsi. Un vino storico ed identitario ma non museale. Un vino dinamico. Un classico, ma capace di dimostrare la sua attualità, perché i vini che assaggiamo oggi sono assolutamente al tempo”, conclude Strozzi.

Una denominazione fortemente radicata nel proprio territorio, tant’è che oltre la metà di quel 42% di bottiglie commercializzate sul mercato nazionale è viene venduta a San Gimignano, direttamente nelle aziende e nei locali del territorio.

Con il 30% venduto al mercato europeo, il 18% a quello americano ed il 4,7% nei mercati asiatici la Vernaccia si conferma però anche una realtà che non teme in confronto con l’estero.

I MIGLIORI ASSAGGI (ALLA CIECA) ALL’ANTEPRIMA 2020

Ancora una volta è cantina Il Colombaio di Santa Chiara a veder promossi tutti e 3 i campioni presentati (“Selvabianca” 2019, “Campo della Pieve” 2018 ed il Riserva “L’Albereta” 2017). Vini la cui freschezza lascia immaginare un futuro roseo.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2019 “, Cesani
Naso intrigante, fresco, vivo. Leggere note fruttate e ricchezza di erbe aromatiche sulla base di una vena minerale iodata. Piena corrispondenza gusto-olfattiva. Acidità viva e piacevole che accompagna la pienezza del sorso e sapidità spiccata che riporta quasi ad un “vino di mare”.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2019 “Castello Montaùto”, Castello Montaùto – Famiglia Cecchi
Nota fruttata tipica ben presente, quasi aromatica. Sapido e fresco non si fa dimenticare facilmente grazie alla lunga persistenza.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2019, Il Lebbio
Erbe aromatiche, salvia e rosmarino, che prevalgono sul frutto. Sorso scorrevole e pericolosamente beverino. Persistenza non lunghissima ma piacevolmente equilibrata.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2019 “Il Nichiaio”, Fattoria Poggio Alloro
Naso immediato, facile ma non banale. In bocca rivela un gran corpo ed una trama tannica velata che dona sostanza e spessore.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2019, Casa delle Vacche
Naso che strizza l’occhio alle note aromatiche. In bocca svela una trama setosa ed una sapidità che seppur non marcata fa da contraltare alla morbidezza donando equilibrio.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2019 “I Macchioni”, Casa delle Vacche
Il cru della cantina è palesemente fratello del precedente risultando però più inteso e minerale.

Vernaccia di San Gimignano Docg 2018 “Frammenti” e “Assola”, Tenuta Montagnani
la cantina Tenuta Montagnani presenta la 2018 come nuova annata e la scommessa col tempo sembra vinta. Ambedue i cru piacciono per la loro tipicità. Più sulle note del frutto “Frammenti”, più spostato sulle verticalità “Assola”, ottengono un ex equo fra di loro.

Vernaccia di San Gimignano Docg Riserva 2018, La Lastra
Minaralità da vendere, tanto al naso con note “scure” quanto in bocca dove risulta salino, senza però tralasciare note di frutto e fieno.

Vernaccia di San Gimignano Docg Riserva 2017 “Sant’Elena”, Teruzzi
Una riserva che, alla cieca, risulta viva quanto un 2019.

Vernaccia di San Gimignano Docg Riserva 2017, Guicciardini Strozzi
Note di frutta matura che sottolineano l’evoluzione. Leggero tocco di miele. Verticale al sorso. Ottimo oggi e di sicura prospettiva.

Vernaccia di San Gimignano Docg Riserva 2015 “Mareterra”, Casa Lucii
‘Last but not least’ l’assaggio che non ti aspetti. Un 2015 di una gioventù scalpitante. Fresco, inteso, ricco e variegato nei profumi che vanno dalla frutta matura ad un tocco di miele passando per le mille declinazioni dell’erbaceo. Acidità e salinità che catturano la bocca.

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Viva la Vite 2020: i sette grandi Champagne selezionati da Pascal Tinari

Sette grandi Champagne, ma soprattutto le storie di chi ogni giorno “respira” e vive il vino più famoso del mondo. Si è svolta domenica 16 febbraio a Pescara, alla ex Aurum, la masterclass sullo Champagne curata da Pascal Tinari, head sommelier e responsabile di sala del ristorante stellato Villa Maiella di Guardiagrele (CH). Uno degli appuntamenti clou di Viva la Vite, kermesse che sta riscuotendo un successo crescente, di anno in anno.

Partendo da alcuni cenni storici, Pascal ha coinvolto la platea con l’assaggio di otto etichette, selezionate per l’occasione (dopo i 7 Champagne, un gradito fuoriprogramma in “rosso”). Ogni bottiglia con una sua storia, una sua peculiarità, una sua sfaccettatura. Tutte caratteristiche che fanno innamorare delle “bollicine” francesi.

Una masterclass utile a porre l’accento sull’importanza dei vigneron e degli chef de cave, rispettivamente il “vignaiolo” e il “maestro di cantina”, degustatore dal palato finissimo che si occupa di valutare l’assemblaggio ideale della cuvée finale. Lo chef de cave è custode dei propri segreti e lavora per una sola azienda produttrice di Champagne.

LA DEGUSTAZIONE

Champagne Extra Brut “L’Originale”, Pierre Gerbais (100% Pinot Blanc)
Il primo Champagne in degustazione alla masterclass di Pascal Tinari a Viva la Vite 2020 ha un dosaggio di 3-4 g/l. Si presenta con un colore giallo paglierino e brillante. Al naso aromi intensi di frutta a polpa bianca, pesca bianca in primis e poi piccoli frutti rossi in progressione, con richiamo di fiori e frutta secca.

In bocca una entrata molto delicata e di grande freschezza, con una bella mineralità e buon corpo che “raddrizza” il sorso. Nel complesso uno Champagne elegante e vivace, che si chiude con eleganti note fruttate.

Champagne Brut Blanc de Blancs Grand Cru “Diapason”, Pascal Doquet (100% Chardonnay)
Una produzione che deriva da parcelle di Chardonnay piantate attorno al comune Grand Cru di Mesnil-sur-Oger, nella Côte des Blancs. Dosaggio di 3,5 g/l. La fermentazione avviene con i soli lieviti indigeni, con un assemblaggio finale di due annate differenti.

Alla vista si presenta di colore giallo paglierino e brillante con un perlage molto fine. Al naso, un elegante bouquet di frutta a polpa gialla e chiari richiami di frutta secca e tostata. In bocca emerge una bella freschezza, una buona mineralità ed una pulizia che sorprende per la perfezione.

Una proposta che si distingue per il suo equilibrio e la sua buona persistenza, il tutto arricchito dalle peculiarità proprie derivanti dall’affinamento nel legno, per una percentuale complessiva del 45%.

Champagne Extra Brut “‘M Pinot Meunier”, Bourgeois-Diaz (100% Pinot Meunier)
Matura per 27 mesi sui lieviti, per arrivare ad esprimere una complessità gusto-olfattiva non sempre riscontrabile in etichette dello stesso livello. Champagne come pochi altri, ottenuto da uve di Pinot Meunier vinificate in purezza.

Ottenuto grazie a viticoltura biodinamica, l’etichetta scelta da Pascal Tinari si fa forte dei procedimenti lenti e rigorosamente artigianali, allo scopo di far apprezzare il tempo che scorre in vigna. Dosaggio di 2 g/l.

Alla vista si presenta di colore giallo paglierino molto carico, con intensi riflessi dorati e perlage fine e duraturo. All’esame olfattivo si percepisce chiaramente una frutta fresca che vira sugli agrumi.

Sentori impreziositi da ottimi toni minerali. Profumi cremosi, che poi virano alla confettura. In bocca l’assaggio è vigoroso, potente, ricco e complesso, appagante e generoso con una lunghezza davvero notevole.

Champagne Marguet, Les Saints Rémys (100% Pinot Noir)
Un uvaggio che proviene dall’omonimo Lieu-Dit situato nel villaggio d’Ambonnay, classificato Grand Cru nella Montagne de Reims. Si tratta del primo Blanc de Noirs parcellare realizzato da Marguet vendemmia 2014.

Fermenta ed affina per 9 mesi in botti di diverse dimensioni con lieviti indigeni per poi affinare in bottiglia sui lieviti, con livelli molto bassi di zolfo e senza dosaggio finale. Sboccatura febbraio 2019. Dosaggio zero. Alla vista lo champagne si presenta giallo paglierino e spiccatamente brillante.

Al naso, nonostante la recente sboccatura, già si presenta signorile, elegante con buona intensità e complessità, in progressione con profumi agrumati e di frutta candita. In bocca si conferma l’eleganza e la rotondità e si percepiscono distintamente chiare note di amaretto che alimentano un finale ammandorlato.

Alexandre Filaine Cuvée Speciale (Chardonnay 30%, Pinot Meunier 25%, Pinot Noir 45%)
Alexandre Filaine rappresenta una piccola cantina condotta da Fabrice Gass. I vigneti di proprietà si estendono per circa un ettaro e mezzo, frazionati in sette parcelle, a Damery, nella Vallée de la Marne.

Fabrice Gass è uno Champenois fuoriclasse e ha lavorato per anni per la maison Bollinger. Per passione personale ha iniziato a produrre una quantità limitata di Champagne, circa 5 mila bottiglie all’anno. La Cuvèe Speciale è il suo Champagne più “classico”.

Frutto di una vendemmia, con la sola aggiunta di circa il 20% di vin de réserve della precedente: 36 mesi sui lieviti e dosaggio sui 5-6 g/l, produzione di 3 mila bottiglie. Vinificato in vecchie botti provenienti da Bollinger e risalenti al 1937, remuage a mano, sboccatura à la volée, minimo utilizzo della solforosa e nessuna filtrazione.

Dosaggio 7 g/l. In bocca uno Champagne piacevolmente fresco e minerale, si percepiscono sentori molto vicini alla grafite, oltre a spunti agrumati che riportano ad un frutto di piccola taglia per asprezza, mandarini e arance.

Sorso dinamico, tagliente, vibrante, che si mantiene elegante anche dopo molto tempo dall’apertura, nel calice. Una proposta di notevole caratura.

Cuvée DMY, Alexandre Filaine (45% Pinot Noir, 35% Chardonnay, 20% Pinot Meunier)
Altro fuoriclasse di Alexandre Filaine. Questa volta in bocca uno bollicina che si caratterizza per le sue note di frutta secca e di agrumi canditi, con una speziatura alla base che da un lato riporta elegantemente all’uso del legno, dall’altro gli dona quella giusta e davvero affascinante evoluzione.

In bocca rimane equilibrato e valorizzato da un suadente perlage fine. Davvero appagante il finale con una persistenza salina, sapida e gustosa. Come sapientemente descritto da Pascal Tinari, le due produzioni di Filaine si compensano abilmente tra loro.

Champagne Brut Millésimé 2012, Louis Roederer (Pinot Noir 70%, 30% Chardonnay)
Uno Champagne che si potrebbe definire “fuori concorso”. Dosaggio 9 g/l. Alla vista di color oro, brillante, con perlage fine e molto persistente. Al naso si apre subito con un ampio bouquet dove spiccano la frutta secca e la frutta bianca matura (pere e pesche, in primis) e poi piacevoli agrumi.

A seguire sentori terziari e minerali. In bocca persiste ancora la frutta matura alla quale si affiancano tratti floreali con la fioritura di agrumi e le spezie. Un calice dal finale lungo e pulito, dove emergono prepotentemente le note minerali e floreali.

Un aspetto importante quello determinato dal bâtonnage settimanale, che permette a questo Champagne di far risaltare al massimo la struttura, notevole ed intensa, energica ed elegante. Una proposta, quella di Pascal Tinari, volta a mostrare una complessità e un corpo da godere all’infinito.

Coteaux Champenois Urville Rouge, Drappier (100% Pinot Noir)
Un gradito fuori programma. Si tratta di un vino rosso che storicamente trovava la massima espressione qualitativa ad Aÿ, “brand” che raccoglieva un po’ tutta la produzione dei vigneti che affondavano le radici sui declivi del fiume Marne. Produzioni che furono poi oscurate dalla crescita dello Champagne.

Di conseguenza, per molti anni, queste tipologie sono state relegate al ruolo di meteore, anche per via dei prezzi elevati delle uve Champenois: 5-6 euro al chilogrammo, che li posizionavano in un ambito poco competitivo.

Da qualche anno ci sono segnali di rinascita di questo vino che si potrebbe definire un rosso tranquillo (tranquilles) con maison importanti del palcoscenico francese che gli hanno riservato spazi di produzione.

Nel calice ha una veste color rosso granato scarico. Al naso è piuttosto varietale, con note di piccola frutta rossa impreziosite da sentori terziari donati dall’affinamento, in progressione pertanto spezie, frutta e fiori.

In bocca è di corpo leggero, armonico e rotondo con un contorno di morbidezza che nel finale ne ricompone l’aromaticità per il tramite di chiari sentori di frutti di bosco, in particolare fragoline di bosco.

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I migliori assaggi a “Viva la Vite” 2020, rassegna dei vini artigianali di Pescara

Circa sessanta produttori nazionali ed internazionali hanno animato la due giorni di “Viva la Vite” 2020 all’ex Aurum di Pescara. La manifestazione, giunta alla terza edizione il 16 e 17 febbraio, ha l’obiettivo di “valorizzare i vini artigianali e naturali“. Spazio anche allo Champagne.

Organizzazione sempre più ricca, a cura dell’omonima Associazione Culturale pescarese “Viva la Vite”. Ottima la risposta del pubblico ai banchi di assaggio, ma anche alle conferenze e ai laboratori che hanno visto protagoniste etichette italiane ed estere.

I MIGLIORI ASSAGGI A VIVA LA VITE 2020

Montepulciano d’Abruzzo Doc Riserva 2015, Praesidium
Praesidium si conferma un punto fermo a livello regionale delle filiere naturali. L’azienda ha sede a Prezza (l’Aquila). Le sue coltivazioni sono esclusivamente biologiche per il tramite del sovescio e del favino. In degustazione il Montepulciano Doc Riserva 2015.

Dalla macerazione a contatto con le bucce delle uve Montepulciano d’Abruzzo e dal lungo periodo di maturazione nascono le Riserve, si tratta di vini rossi longevi e complessi. Il 2015 degustato, seppur ancora giovane, appare già ben delineato grazie alla vinificazione con fermentazione spontanea in botti di acciaio e macerazione di 12 giorni.

Affinamento di circa 24 mesi in botti di rovere di Slavonia. Ulteriori 6 mesi in bottiglia. Al naso profumi che ricordano la frutta rossa matura con note speziate e balsamiche. Al palato è un vino avvolgente, caldo, con tannino amalgamato nella massa e con un ottima persistenza. Sarebbe interessante degustarlo tra qualche anno.

Montepulciano d’Abruzzo Doc 2016, Amorotti
Azienda ubicata a Loreto Aprutino, notoriamente famosa per le celebri produzioni dell’azienda agricola Valentini. Caratteristica dell’azienda risiede nell’ utilizzo di soli cristalli di rame e zolfo, con esclusione di diserbanti e concimi chimici.

Abbiamo degustato la produzione di Montepulciano annata 2016. Alla vista il vino si presenta rosso rubino; e al naso invaso da chiari profumi di frutta rossa ben matura, riempie la bocca per la sua pienezza ed il suo corpo con evidenti sfumature fruttate e minerali. Un vino artigianale di grande prospettiva.

Cerasuolo d’Abruzzo Doc 2018, Nic Tartaglia
Azienda estesa per una decina di ettari presso Alanno (Pescara). Produzioni sincere e senza fronzoli, potremmo definirli “come natura crea”. In degustazione abbiamo scelto il Cerasuolo d’Abruzzo Doc vendemmia 2018.

Caratteristico il suo colore rosato di media intensità, al naso gradevoli note di frutta sia bianca che rossa, in particolare pesche ed amarene. In bocca di buona morbidezza ed intensità.

Si potrebbe ben accompagnare a preparazioni che prevedano anche l’utilizzo di pomodoro, ad esempio brodetti di pesce non molto elaborati del vastese oppure pizza.

Spumante Metodo classico Brut Nature Rosé Viktorija, Slavcek
Ci spostiamo virtualmente in Slovenia, su una produzione “Triple A”. Azienda condotta da Franc Vodopivec. Questo spumante viene realizzato con i vitigni Rebosco 90% e Merlot 10%. La macerazione per 6 ore con le bucce, fermentazione spontanea in contenitori di acciaio e affinamento negli stessi per 1 anno sulle fecce fini.

La vendemmia successiva avviene con rifermentazione in bottiglia con mosto fresco di Merlot proveniente dalla stessa vigna. Sboccato dopo circa 7/8 mesi con una piccola aggiunta dello stesso vino.

Un classico vino spumante rosato, dal naso marcatamente fruttato a tratti vinoso. In bocca il sorso è fresco e minerale. Lo immaginiamo di facile abbinamento con pesce, crostacei e salumi. Azienda che merita senz’altro una sosta.

Trebbiano d’Abruzzo Doc 2018, Azienda Agricola Santoleri
Siamo a Guardiagrele (CH), più precisamente in località Crognaleto, azienda ora diretta da Giovanni Santoleri che oltre alle produzioni vitivinicole cura anche delle eccellenti produzioni di farine ed oli. I cicli naturali della vigna sono alla base della filosofia per la realizzazione di ottimi vini.

Il Trebbiano d’Abruzzo doc 2018 degustato si presenta alla vista giallo paglierino ed al naso fruttato e floreale, si distingue in modo marcato l’acacia. In bocca il vino risulta sin da subito armonico e con una punta di sapidità non invadente. Un vino di corpo ed armonico reso elegante anche da una giusta freschezza.

Montepulciano d’Abruzzo Doc 2008, Azienda Agricola Santoleri
Altra produzione dell’azienda di Santoleri in rassegna a Viva la Vite 2020 di Pescara: sotto i riflettori il vitigno principe della regione, dodici anni trascorsi ma questo Montepulciano è ancora longevo.

Il suo colore rosso rubino invita ad una lunga bevuta, confermata in bocca grazie ad un gusto pieno, con un tannino ancora equilibrato e con alcuni piacevoli sentori conferiti dal legno, anticipati in precedenza all’olfatto, vaniglia su tutti.

Annata difficile quella 2008 a causa delle insistenti piogge ma che in tal caso ha messo in risalto tutte le potenzialità del nobile vitigno abruzzese. Una certezza regionale, da provare anche gli altri prodotti dell’azienda.

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Sequerciani e i vini senza maschere di Ruedi Gerber

Se avesse amato le maschere più della realtà, Ruedi Gerber avrebbe scelto di vivere di solo teatro, documentari e lungometraggi. Come quello sulla vita di Anna Halprin, la pioniera della danza moderna. O Basmati Blues, commedia romantica con Brie Larson e Utkarsh Ambudkar. Bella Bollywood. Ma è Gavorrano, paradiso minerario alle porte di Grosseto, che ha acceso la miccia al cuore del regista svizzero, patron della cantina Sequerciani.

A 54 anni suonati, nel 2010, il ciak alla nuova avventura, in Toscana. Così diversa e lontana, eppure così simile al cinema, nel fine ultimo di regalare emozioni. Il set diventa il vigneto, con le varietà autoctone Pugnitello, Foglia Tonda e Ciliegiolo. Il microfono, il calice. Il linguaggio, il vino. Ma non uno qualunque.

Nell’imperterrita ricerca artistica, quasi in contraddizione coi canoni della recitazione – le maschere, i ruoli e le trame prestabilite da mettere in scena – Gerber si circonda di professionisti amanti della naturalità. Terreno fertile per il Gruppo Matura, che affianca il regista di Berna con l’enologa Laura Zuddas – allieva di Attilio Pagli – e l’agronomo Stefano Bartolomei.

“L’idea – spiega Paolo Menichetti, ex Castello Banfi, oggi direttore generale di Sequerciani – è quella di regalare vini in grado di emozionare attraverso la massima espressione dell’uva, del territorio e del microclima”. Vini di terroir, insomma, ottenuti dalla vinificazione in purezza degli autoctoni.

“Siamo tutto tranne che talebani del vino naturale e del metabisolfito – precisa Menichetti – con la certificazione Demeter a garanzia di un approccio biodinamico alla viticoltura, in cui crediamo molto, ma senza estremismi”.

Dodici gli ettari che Ruedi Gerber ha fatto impiantare nel 2010, dopo il colpo di fulmine a Gavorrano. Quarantamila bottiglie complessive, con l’obiettivo di raggiungere le 60 mila nei prossimi anni. La tenuta, infatti, è ben più estesa: 100 ettari, di cui il 50% coperti da boschi.

Sequerciani affianca così la produzione di vino a quella di olio – mille piante, tra cui spicca la presenza della rara cultivar Lazzero di Prata, tipica delle Colline Metallifere – miele, cereali e grani antichi, per la pasta e le farine.

LA DEGUSTAZIONE

Toscana Igt Vermentino 2019, Sequerciani: 89/100
Vermentino e un tocco di Ansonica (15%) a far profumare (e sapere) ancor più di mare questo bianco della cantina di Ruedi Gerber. In bottiglia da poco, deve ancora stiracchiarsi per levarsi di dosso la stanchezza della vinificazione. Ma quelli belli son tali pure senza trucco, appena svegli.

Un bianco (non filtrato) materico, polposo, salino, che chiama l’estate e non disdegna affatto il piatto. Vendemmiate a mano, le uve vengono fermentate con i soli lieviti indigeni. La vinificazione e l’affinamento avvengono sur lies, in vasche di cemento e acciaio. Niente solfiti aggiunti.

Toscana Igt 2018 “Libello”, Sequerciani: 86/100
Sangiovese e Ciliegiolo, in parti uguali. Si tratta del piacevole entry level della cantina di Gavorrano. Tutto frutto e dalla gran beva e freschezza, sfodera un tannino molto ben integrato che ha il merito di tenere il sorso vivo in bocca, frenando la scorrevolezza dell’alcol e del frutto maturo.

Le uve, vendemmiate separatamente, vengono raccolte a mano e vinificate con una tecnica che si ispira alla macerazione carbonica. Il breve affinamento in vasche di cemento e giare di terracotta anticipa l’imbottigliamento, senza filtrazione né aggiunta di solfiti.

Toscana Igt 2018 Ciliegiolo, Sequerciani: 88/100
Ha bisogno di tempo e di “ossigeno” per esprimersi al meglio, nel calice. Poi è un’esplosione di frutto e freschezza, che raccontano una fase giovanile molto promettente. Vino di gran gastronomicità a tavola, regge bene i primi piatti (anche elaborati) a base di ragù e selvaggina.

Col tempo, c’è da scommetterci, guadagnerà terreno in termini di eleganza. Il Ciliegiolo, vendemmiato e selezionato a mano, viene fermentato grazie ai soli lieviti indigeni. Le uve vengono vinificate e affinate in vasche di cemento.

Toscana Igt 2018 Foglia Tonda, Sequerciani: 92/100
Tra le prime cantine a credere nella riscoperta e nella valorizzazione del Foglia Tonda c’è proprio Sequerciani. Oggi, il direttore generale Paolo Menichetti, lo definisce senza mezzi termini “il vino del futuro“, su cui l’azienda è “pronta a scommettere, visto il successo crescente che è in grado di riscuotere”.

Genotipo del Sangiovese, è un vitigno molto delicato in vigna. Soffre tutto: il caldo, il freddo, la pioggia, il sole. Per questo motivo fu abbandonato. Produrre un grande Foglia Tonda è l’impresa meglio riuscita a Sequerciani.

Nel calice si veste di un rosso più carico e impenetrabile rispetto a quello del Ciliegiolo, tendente al viola profondo. Scuro anche il frutto, al naso. Maturo ma di gran compostezza. Prugna su tutto, ma anche mora, cui si accostano caldi accenni di marasca, uniti a venatura pepata leggera.

Ha bisogno di tempo per liberare una nota netta di rosmarino, ben distinto nel quadro tipicamente mediterraneo. Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva. Un vino di buon corpo, che non rinuncia però alla freschezza e all’agilità della beva. Il sorso è pieno e la venatura salina sul finale chiama il sorso successivo.

Un vino importante, certamente di prospettiva. Le uve vengono selezionate a mano e fermentate coi soli lieviti indigeni presenti sulla buccia. La vinificazione, secondo i dettami di Ruedi Gerber e dello staff enologico, avviene in vasche di cemento.

Dopo una breve macerazione, il vino viene affinato nove mesi in giare di terracotta di Impruneta e in minima parte in barrique di rovere francese. Anche in questo caso, niente solfiti aggiunti né filtrazione.

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***DISCLAIMER*** L’articolo è frutto di un pranzo-degustazione organizzato per la stampa dalla cantina e dal relativo ufficio stampa. I commenti espressi sono comunque frutto della completa autonomia di giudizio della nostra testata, nel rispetto assoluto dei nostri lettori

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Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Docg Classico 2013 Villa Bucci

Ampelio Bucci è uno degli uomini simbolo del Verdicchio dei Castelli di Jesi. Sotto la lente di ingrandimento la vendemmia 2013 di Villa Bucci Riserva Docg Classico.

Il vino si presenta nel calice di un giallo paglierino, con riflessi verdolini. Si esprime su profumi intensi di nocciola tostata, data dal periodo trascorso nelle botti di rovere di Slavonia. Segue una vena minerale, di pietra focaia, completata da leggeri ricordi di spezia e fiori.

Ottima la corrispondenza gusto-olfattiva. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Docg Classico Villa Bucci rivela un’ottima struttura e un corpo vigoroso. Un “vino rosso travestito da bianco”: così lo dobbiamo trattare, anche e soprattutto per quanto riguarda il servizio.

Perfetto l’accompagnamento con importanti secondi di mare, come un pesce in crosta o un’aragosta. Un vino bianco marchigiano che non disdegna i formaggi a pasta media.

Le uve vengono allevate in regime biologico. Dopo un’attenta vendemmia, Villa Bucci matura in botte grandi. La sensibilità del Verdicchio alle variazioni climatiche, fa sì che la Riserva venga prodotta soltanto nei millesimi più favorevoli.

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L’Ovada Docg e quel tentativo di somigliare al Barolo

MILANO – A distanza di quasi un anno da Vinitaly 2019, il Consorzio di Tutela dell’Ovada Docg ha riproposto ieri a Milano, in collaborazione con Ais, una degustazione di annate storiche non del tutto convincente. Se è vero che il Dolcetto “invecchia” bene dalle parti di Ovada, il reiterato tentativo di “somigliare al Barolo – con vini anni 90 al limite della potabilità – rischia di adombrare le doti (eccellenti) dell’Ovada “giovane”. Confondendo ancor più i consumatori, che hanno appena iniziato a “digerire” la manovra (dialettica) dal “Dolcetto” all’“Ovada”, tout court.

Ne ha tante di cose da raccontare il vino simbolo del Monferrato Ovadese, nei suoi primi anni di vita. Viene da chiedersi a chi giovi forzare la comunicazione di un Consorzio nato nel 2013 sulle doti da maratoneta di un atleta prezioso sin dai primi cento metri della “corsa”.

La chiamano #OvadaRevolution, ma sembra più #OvadaConfusion. Una sindrome del lungo affinamento a tutti i costi propagatasi forse dai vicini di casa del Gavi Docg, che sbandierano la longevità del Cortese senza avere scorte di vecchie annate in cantina. Cui prodest?

In zona, ovvero in quella fetta di Piemonte limitata all’Alessandrino, pare avere le idee chiare più di tutti il Derthona, illuminato dal genio più rinnovabile dell’energia green di Walter Massa e dalle scelte di un Consorzio guidato quasi sottovoce – ma con grande determinazione – da Gian Paolo Repetto.

Il punto è che le vicende e le storie delle varie Denominazioni dell’Alessandrino finiscono per mescolarsi ai banchi d’assaggio, come quello allestito ieri al The Westin Palace di Milano. L’Ovada Docg e il Dolcetto d’Ovada, accanto al Gavi e al Derthona, sono pezzi dello stesso puzzle che amplificano il rumore di scelte (forse) discutibili.

Difficile trovare Dolcetti capaci di far davvero gridare al Barolo o al “Barolino”, tra le vecchie annate in degustazione. Ecco una selezione degli assaggi più convincenti tra i 27 produttori presenti alla prima milanese dell’Ovada Docg.

  1. Ovada Docg 2017 “1919”, Alvio Pestarino. Splendido frutto, freschezza balsamica, tannino di gran eleganza, gran persistenza. Un vino capace di rappresentare appieno l’eccellenza della Denominazione. Ottenuto da un “cru” aziendale, l’etichetta del giovanissimo enologo Andrea Pestarino (nella foto) celebra nel migliore dei modi i 100 anni della cantina di Capriata d’Orba (AL).
  2. Ovada Docg 2018 “Du Sü”, Tenuta La Piria. Frutti rossi (ciliegia e mora) e fiori (violetta) esplosi nel calice, per un Dolcetto dalla gran bevibilità, rinvigorita da un finale ammandorlato e vagamente salino. Colpisce per la capacità di coniugare verticalità e polpa. Altro vino simbolo della Docg.
  3. Ovada Docg 2018 “Celso”, Cascina Boccaccio. Un Ovada Docg giocato tutto sull’espressività del frutto, polposo e pieno: la leggera volatile porta al naso i profumi, senza disturbare. Tannino elegante per un vino da godere oggi, eppure di gran prospettiva.
  4. Ovada Docg Riserva 2016 “Le parole servono tanto ma il cuore fa di più”, Cascina Gentile. Giovane e bravo Daniele Oddone, che si districa tra le varie denominazioni dell’Alessandrino con risultati sempre convincenti. Sotto i riflettori, in particolare, il suo impegno a Ovada in qualità di vicepresidente del Consorzio. Gran bel frutto per una riserva versatile e dall’eccellente bevibilità, in commercio da metà marzo.
  5. Ovada Docg 2016, Castello di Tagliolo. Best of nell’utilizzo del legno per questa etichetta che coniuga una beva tonda, senza rinunciare ai piacevoli “spigoli” tipici del vitigno. Un vino che esalta il gran lavoro in vigna, assieme alla mano dell’enologo.
  6. Ovada Docg 2016, Tenuta Elena. Terreni in parte tufacei per questa etichetta, che racconta una mineralità curiosa, al naso. Sorso agile, tannino elegante e di prospettiva. Frutto e balsamicità come cifra definitiva.

UNA DENOMINAZIONE IN CRESCITA

“È la prima volta che un gruppo così numeroso di aziende esce dai ‘cortili’ per presentarsi unito a Milano – commenta il presidente del Consorzio di Tutela dell’Ovada Docg, Italo Danielli, intervistato da WineMag.it – ed è proprio in città e in luoghi d’eccellenza come questo che la nostra Denominazione si vuole collocare”.

“Siamo tra i produttori dei grandi rossi piemontesi – continua il numero uno dell’ente – e vogliamo raccontarlo e ribadirlo nelle sedi opportune: oggi a Milano e presto a Vinitaly 2020. Mete importanti, che fino a poco tempo fa era difficile anche solo immaginare”.

“Il Consorzio è nato nel 2013 con 12 aziende, adesso siamo 37 e piano, piano stiamo creando una massa critica importante. I produttori stanno capendo che assieme, facendo un passo in avanti da colleghi e non da concorrenti, si possono raggiungere risultati importanti”.

Secondo i dati più aggiornati, riferiti al 2018, l’Ovada Docg ha superato quota 100 mila bottiglie. “Un numero esiguo – sottolinea Danielli – ma considerati gli imbottigliamenti del 2017, il 2018 ha registrato una crescita del 20%: numeri in controtendenza nel panorama italiano, che dimostrano quanto il territorio stia credendo nel progetto”.

Un disegno che riguarda anche la superficie vitata della Docg, oggi a quota 100 gli ettari complessivi. “Abbiamo un’opzione favorevole nell’ottica di crescita del peso specifico della Denominazione – evidenzia ancora il presidente del Consorzio – ovvero la possibilità di rivendicare la Docg sui terreni iscritti a Dolcetto d’Ovada Doc”.

Si tratta di altri 500 ettari vitati complessivi, già a disposizione dei produttori. “Ovviamente – precisa Dainelli – il disciplinare della Docg è più restrittivo e prevede, per esempio, rese massime di 70 quintali all’ettaro per il ‘base’ e 60 per la Riserva, mentre la Doc si assesta sugli 80 quintali per ettaro. Le nostre rese sono comunque attorno ai 50″.

“Raccolta delle uve, vinificazione e imbottigliamento devono avvenire all’interno del territorio della Denominazione – conclude Danielli – e non a caso stiamo puntando sul nome Ovada Docg per identificare il nostro Dolcetto: un modo per tutelare l’unicità della Denominazione, impossibile da garantire utilizzando semplicemente il nome del vitigno”.

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Oltrepride: Frecciarossa compie 100 anni di orgoglio in Oltrepò e presenta Anamari 2017

Più che un vino, una dichiarazione d’amore e d’orgoglio. Frecciarossa compie 100 anni e li celebra con una nuova etichetta, che sa di tradizione e futuro: Anamari 2017, Rosso Riserva Oltrepò Pavese Doc. Un vino legato a doppio filo al territorio pavese, ottenuto con le uve autoctone Croatina, Barbera, Uva rara e Vespolina. Solo 2297 bottiglie, più 50 magnum.

Una chicca che esalta le potenzialità dell’Oltrepò e dà il via a un progetto che potrebbe coinvolgere altri produttori. A spiegarlo è proprio Valeria Radici Odero, quarta generazione della famiglia di origini genovesi arrivata a Casteggio (PV) nel 1919: “La nostra zona ha bisogno di un vino identitario forte, che provenga esclusivamente da qui”.

Il Pinot Nero, pur importante per l’Oltrepò e per la nostra azienda, cresce in Oregon, in Borgogna, in Alto Adige. Croatina, Barbera, Uva rara e Vespolina sono nostri, sono solo qui. Per questo dobbiamo valorizzarle e puntarci. Sono uve che danno vini rossi da lungo affinamento, con un potenziale infinito”.

Parole che assumono un’importanza ancora più marcata, se si considera quanto Frecciarossa – azienda di 20 ettari complessivi, più 3 pronti ad essere impiantati – sia legata al Pinot Nero. Non ultimo con eccellenze mondiali come l’etichetta “Giorgio Odero“, Noir di rara finezza e longevità.

“Pensando ai nostri cent’anni e all’identità forte di cui ha bisogno l’Oltrepò pavese – chiosa Valeria Radici Odero – siamo tornati a fare questo vino di cui avvertiamo la necessità, assieme a un altro ristretto gruppo di produttori”.

Tra le ipotesi, anche quella di trovare un nome comune per tutti i vini ottenuti dall’uvaggio tipico oltrepadano. Del resto, Anamari 2017 non è un vino totalmente nuovo. Piuttosto un ritorno di fiamma.

“Lo produceva mio nonno – precisa Radici Odero – poi è stato ripreso da mia madre Margherita col nome di ‘Villa Odero‘. Fino al 1997, quando abbiamo preso la decisione di vinificare i singoli vitigni in purezza, rinunciando all’uvaggio”.

Anche il nuovo corso dell’etichetta, col suo nome che rievoca i popoli Celti che abitavano l’Oltrepò, è un mix di tradizione e novità. A curarlo sono i due enologi piemontesi di Frecciarossa: il veterano Gianluca Scaglione, in forza da vent’anni alla cantina di Casteggio, e la giovane new entry Cristiano Garella.

Un vino, Anamari 2017, vinificato in tini troncoconici, utili a far esplodere il varietale, il frutto, il terroir, senza snaturare l’uva con i sentori di legno. Gran beva per la nuova etichetta di Frecciarossa, che si conferma ad altissimi livelli anche nel campo dei vini potenzialmente “al bicchiere” al ristorante, visto il sorso tutto sommato semplice, ma mai banale.

Convince Anamari, sopratutto per la lettura del tannino della Croatina: presente in chiusura, ma preso per le briglie da un frutto preciso, croccante. Oltre che da una salinità concentrata, che invita al calice successivo.

“Un vino dalla leggerezza moderna“, come lo descrive Valeria Radici Odero. Parere confermato da Armando Castagno, ospite delle celebrazioni per i cent’anni di Frecciarossa andate in scena ieri a Villa Odero, splendida dimora in stile Liberty di proprietà della famiglia, immersa tra i vigneti di Casteggio.

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A Grandi Langhe 2020 spicca la “longevità” dei Barolo 2016

Una quinta edizione, quella di Grandi Langhe 2020 (ad Alba, 27 e 28 gennaio), col segno “più“. Aumentano infatti gli ingressi da parte degli operatori del settore, +30% rispetto al 2019. Oltre 2000 professionisti provenienti da 34 paesi nel mondo per degustare le nuove annate di Barolo 2016, Barbaresco 2017 e Roero 2017, e delle altre denominazioni di Langhe e Roero.

“Oltre un terzo dei partecipanti è arrivato dall’estero, a conferma del fatto che il nome di Grandi Langhe si sta affermando sempre di più anche fuori dall’Italia” – dice il presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani Matteo Ascheri.

Fra i 206 banchetti si disegna il tratto di una nuova annata, in particolare per il Barolo 2016, in gran forma e con ogni probabilità destinata a farsi ricordare a lungo nel calice: un’annata nel pieno delle potenzialità di affinamento per il rosso simbolo delle Langhe.

GLI ASSAGGI DI WINEMAG.IT

Conferme e novità, grandi e piccoli produttori fra gli assaggi di WineMag. Ecco quelli più convincenti.

Barolo Bussia Docg 2016, Fogliati. Un Barolo ricco, pieno e scorrevole. Naso che coinvolge alternando il frutto ad un terziario aromatico che a tratti ricorda sentori di brace. Tannino vellutato e grande freschezza. Un Barolo che sembra parlare la stessa lingua del vicino di cru (e, coincidenza, di banchetto) Giacomo Fenocchio. Ottima prima vendemmia per i fratelli Annalisa e Guido Chiappa.

Sono loro la “storia di copertina“. Ragazzi poco più che trentenni che hanno recuperato i vigneti di famiglia fra Castiglione Falletto e Monforte. Viti di circa 70 anni, condotte in regime bio, estese su 7 ettari ma di cui al momento solo 2,8 sono produttivi.

Circa 6000 bottiglie per una sfida ed una scommessa che, a giudicar dal loro primo Barolo, è vinta con ampio margine. Ne è conferma anche il Langhe Nebbiolo Docg 2018. Fiori e frutto al naso scalcianti nella loro gioventù ed una bocca sostenuta dalla stessa sapida mineralità del Barolo.

Barolo Bussia Docg 2016, Giacomo Fenocchio. Un nome che è una certezza ma in questo caso la mano di Claudio ha disegnato una linea di cru (Cannubi, Castellero, Villero e Bussia) che da soli spiegano il motivo di tanto successo. Il Bussia in particolare ha un naso ricco e profondo ed una mineralità che restano nella memoria.

Così come il Barolo Bussia Docg 2010, chiaramente più evoluto ed intrigante ma in qualche modo “fratello maggiore” del 2016. Due annate che messe a confronto hanno molto di cui parlare.

Barolo Docg 2016 “La Tartufaia”, Giulia Negri – Serradenari. Grande riconferma per Giulia, che dopo l’ottima performance del 2019 con “La Tartufaia” 2015 presenta qui una nuova annata del suo cru. Diverso eppur con la stessa prospettiva il 2016 ha naso complesso ed è avvolgente al palato in un gioco continuo fra freschezza e tannino.

Barolo Scarrone Docg 2016, Bava. Un Barolo ruvido che apre su note fruttate per chiudere il sorso con un tannino a tratti spigoloso. Vino che lascia immaginare possibilità di allungo e maggior finezza nel tempo. Impressione confermata dall’assaggio del Barolo Scarrone Docg 2011; vino succoso, pieno e fresco.

Un 2011 che per freschezza “e gioventù” se la gioca con molti 2016 presenti. Quando rispettare il vino ed il territorio paga “sulla distanza”.

Barolo Riserva Docg 2013, Virna Borgogno. Conquista subito per la sua balsamicità mentolata. Una freschezza al naso che fa da contraltare a terziari, piacevoli ed evidenti, “scuri” di spezie e frutta rossa surmatura.

Barbaresco Montersino Docg 2017, Albino Rocca. Pulito, preciso, “didattico” nel senso più bello del termine. Barbaresco che non fa discutere fra “modernità” e “tradizione”, semplicemente si fa apprezzare e gustare.

Barbera d’Alba Superiore Doc 2017, Marengo Mauro. Naso intenso e ricco di frutto rosso, lieve nota di legno. Armonico e sapido in bocca non nasconde la sua viva freschezza.

Langhe Nebbiolo Doc 2017, Garesio. Un Nebbiolo che apre ematico ed agrumato per regalare note floreali e di frutto rosso in un secondo momento. Piacevolmente scorrevole e minerale al sorso è dotato una piacevolissima persistenza.

Il Barolo Gianetto Docg 2016, sempre di Garesio e qui presente in campione per degustazione perché non ancora imbottigliato, è un vino di struttura in cui il tannino si presenta ancora in modo potente. Da riassaggiare fra qualche tempo.

Sul fronte dei bianchi a stupire è il Vino Bianco “Sabbia” 2017 di Demarie. Un Arneis macerato e brevemente affinato in barrique. Colore carico ma non “ornage”, occorre lasciarlo scaldare un po’ nel bicchiere per poterne godere a pieno.

Circa 3000 bottiglie che conquistano il naso con profumi di pesca, albicocca, camomilla ed un po’ di spezia. In bocca è sapido, fresco e di corpo. Lunga la persistenza sulle stesse note del naso.

Deltetto sfoggia una coppia di Arneis in splendida forma. Roero Arneis Docg 2018 “San Michele” è profumato al limite dell’aromatico. Frutta esotica che dona morbidezza e frutta bianca che da freschezza. Roero Arneis Riserva Docg 2017 “San Defendente” mostra una maggiore evoluzione.

Note morbide accompagnate da una mineralità di idrocarburo. Il campione di “Atto a diventare” San Defendente 2018 conferma la propensione della cantina ai bianchi da invecchiamento.

Langhe Nascetta Doc 2018, La Rachilana. Vitigno ancora poco noto e poco coltivato vista la sua scarsa rappresentazione qui a Grandi Langhe 2020. Quella di La Rachilana si fa notare per la sua facilità di beva. Apre il sorso in modo verticale per poi allargare su note fruttate durante la persistenza, non lunghissima ma assolutamente piacevole.

Langhe Doc Sauvignon 2018, Silvano Bolmida. Attenzione ai terreni ed alle tecniche di viticoltura che pagano (ancora) regalando un Sauvignon non banale. Pulito e preciso, sapido. Grande frutta e varietale ma senza quella potenza della “foglia di pomodoro” che solitamente ci si aspetta da questi vini. Un’etichetta già presente nella Guida TOP 100 – 2019 di WineMag.it.

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Anteprima Amarone 2016: meglio le “prove di botte” delle bottiglie. Ed è un bene

VERONA – Diciotto vini già in bottiglia e trentasei “prove di botte”, ancora in affinamento. Questi i numeri di Anteprima Amarone 2016, l’annuale kermesse che ha visto protagonista il rosso simbolo della Valpolicella nella giornata di ieri, sabato 1 febbraio.

Dopo l’esordio con la stampa, il Palazzo della Gran Guardia apre oggi al pubblico di appassionati, dalle 10:00 alle 20:00. Si potrà degustare l’ultima annata immettibile per legge in commercio, la 2016 per l’appunto.

La prova del calice dimostra quanto l’Amarone della Valpolicella sia una Denominazione in profonda trasformazione, che non ha ancora trovato un’uniformità stilistica definitiva. I tanti tentativi di alleggerire il sorso, per venire incontro ai desiderata dei nuovi consumatori, non vanno sempre a buon fine.

Dall’analisi dei 54 campioni in degustazione emerge una buona percentuale di vini scheletrici, senza materia. Vini che si perdono al naso e scivolano via troppo in fretta, al palato. Il tentativo esasperato di mettere “a dieta” l’Amarone ha effetti devastanti su alcuni dei vini della vendemmia 2016.

In questo quadro poco consolante, c’è ancora chi riesce a fare grandi Amaroni, capaci di abbinare materia, frutto, succosità e freschezza, senza sforare nelle esuberanze delle confetture o nelle penitenze monastiche delle strutture. Vini, questi, che convincono parlando pressoché al futuro.

Già, perché ad Anteprima Amarone 2016 sono proprio le “prove di botte” a raccontare le cose più belle, immaginandone le prospettive. Un buon segno se si considera qual è la dimensione cui aspira l’Amarone, pur nella fase di riassestamento della Denominazione.

Ovvero restare un vino rosso da lungo affinamento, capace di regalare emozioni a distanza di molti anni dalla vendemmia. Di seguito i migliori assaggi e tutti i punteggi assegnati da WineMag.it in occasione della degustazione alla cieca.

1. Accordini Stefano, Classico “Acinatico” (bottiglia): 88/100
2. Albino Armani, Classico (botte): 85/100
3. Aldegheri, Classico (botte): 88/100
4. Bennati (bottiglia): 86/100
5. Bertani, Valpantena (bottiglia): 87/100
6. Bolla, Classico (botte): 85/100
7. Bottega, “Il Vino degli Dei”: 85/100
8. Brolo Dei Giusti Soc. Agr. (botte): 91/100
9. Cà Dei Frati, “Pietro dal Cero” (botte): 90/100
10. Ca’ Rugate, “Punta 470” (botte): 84/100
11. Camerani Marinella, “Botte 65 – Vigneto Adalia” (botte): 91/100
12. Campagnola Giuseppe, Classico “Vigneti Vallata di Marano”: 87/100
13. Cantina Valpantena Verona, Valpantena “Torre del Falasco” (botte): 88/100
14. Clementi, Classico (botte): 90/100
15. Corte Figaretto, Valpantena “Brolo del Figaretto” (botte): 90/100
16. Costa Arènte, Valpantena (botte): 84/100
17. Dal Cero in Valpolicella (botte): 90/100
18. F.lli Degani, Classico (bottiglia): 89/100

19. Domini Veneti by Cantina Valpolicella Negrar, Classico (bottiglia): 85/100
20. Falezze di Luca Anselmi (bottiglia): 85/100
21. Fasoli Gino, “Alteo” (botte): 85/100
22. Fattori (botte): 88/100
23. Gamba, Classico “Campedel” (botte): 86/100
24. Giovanni Ederle (bottiglia): 88/100
25. I Tamasotti (botte): 93/100
26. Ilatium Morini, “Campo Leon” (botte): 85/100
27. La Collina Dei Ciliegi, Valpantena (bottiglia): 86/100
28. Lavagnoli (bottiglia): 85/100
29. Le Bignele, Classico (botte): 83/100
30. Le Guaite Di Noemi (botte): 93/100
31. Monte Del Frà, Classico “Tenuta Lena di Mezzo” (bottiglia): 89/100
32. Monteci, Classico (botte): 92/100
33. Cantine Giacomo Montresor, Classico “Capitel della Crosara” (botte): 90/100
34. Novaia, Classico “Corte Vaona” (botte): 89/100
35. Pasqua Vigneti e Cantine (botte): 89/100
36. Riondo – Collis (botte): 88/100

37. Roccolo Grassi (bottiglia): 88/100
38. Santa Sofia, Classico (botte): 87/100
39. Santi, Classico “Santico” (botte): 86/100
40. Sartori, Classico “Reius” (botte): 92/100
41. Secondo Marco, Classico (botte): 94/100
42. Selùn di Marconi Luigi, Classico “Fiori del Pastello” (botte): 88/100
43. Tenuta Chiccheri (bottiglia): 84/100
44. Tenuta Santa Maria di Gaetano Bertani, Classico Riserva (botte): 90/100
45. Tinazzi, “Ca’ de’ Rocchi – La Bastia” (bottiglia): 89/100
46. Valentina Cubi, Classico “Morar” (botte): 84/100
47. Vigna ‘800, Classico (botte): 91/100
48. Vigneti Di Ettore, Classico (bottiglia): 87/100
49. Villa Rinaldi, “Corpus” (botte): 83/100
50. Villa San Carlo (botte): 88/100
51. Zanoni Pietro (botte): 84/100
52. Zeni 1870, Classico “Vigne Alte” (bottiglia): 88/100
53. Zýmē di Celestino Gaspari, Classico (botte): 91/100
54: F.lli Degani, Classico “La Rosta” (bottiglia): 82/100

IL COMMENTO DEL CONSORZIO
Per Andrea Sartori, presidente del Consorzio Tutela vini Valpolicella: “Archiviamo un’edizione che ha sancito, tra le altre cose, il successo di vendite dello scorso anno sia all’estero che in Italia”.

“Guardiamo al 2020 consapevoli di poter contare su un’eccellente nuova annata – continua il massimo rappresentante dell’ente veronese – ma anche preoccupati per il moltiplicarsi di incognite sulle principali piazze internazionali. Servirà per questo intensificare gli sforzi e le professionalità con l’obiettivo di monitorare e ascoltare sempre di più i mercati e le tendenze dei consumi globali”.

Per il direttore del Consorzio Tutela vini Valpolicella, Olga Bussinello: “In questa ottica, anche il Consorzio lavorerà ancora di più sull’osservazione delle dinamiche socioeconomiche del territorio per combinare nel migliore dei modi le caratteristiche produttive con quelle dell’offerta. Il protocollo d’intesa che faremo a breve con Avepa va in questa direzione e ci fornirà un outlook importante e aggiornato per le politiche di filiera da adottare in Valpolicella”.

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Vino Rosso “Cardinale”, De Toma

Non solo passito nell’areale della Docg più piccola d’Italia. Scanzorosciate, il piccolo comune alle porte di Bergamo noto per la produzione del Moscato di Scanzo, si dimostra terra “fertile” per le varietà bordolesi. Lo dimostra l’ottima tenuta nel tempo del Vino Rosso “Cardinale” dell’Azienda Vitivinicola De Toma. La vendemmia 2014 risulta perfettamente integra e in grado di regalare ulteriori emozioni nel tempo.

Rosso rubino con riflessi e unghia granata, mediamente trasparente. Al naso una grande precisione delle note fruttate: fragolina di bosco, lampone, ciliegia. Al sottofondo di erbe mediterranee si accostano una speziatura elegante e richiami iodati.

Evidente, sin dal naso, la presenza nell’uvaggio di varietà bordolesi, contraddistinte dalle tipiche note erbacee che sfociano in ricordi di humus, terra bagnata, fungo. In bocca il nettare esprime una buona eleganza, a dimostrazione di quanto il taglio di Merlot, Cabernet Sauvignon e Moscato sia ben riuscito, dalle parte di Scanzorosciate.

Elegante anche il tannino di questo “Cardinale”, contraddistinto da un centro bocca tutto frutto e freschezza e da una bella venatura salina, in chiusura. Un rosso perfetto per accompagnare piatti a base di carne, dai ricchi primi al ragù ai secondi come arrosti e cacciagione, senza disdegnare i formaggi stagionati.

LA CANTINA

“Cardinale” – Merlot (50%), Cabernet Sauvignon (30%) e Moscato di Scanzo (20%) affinati in barrique – è solo uno dei vini nella meditata gamma di De Toma. Una cantina specializzata nella produzione di Moscato di Scanzo, che ha saputo diversificare la produzione, tanto da contemplare anche un Franciacorta, da vigneti in affitto nel bresciano.

A gestire la cantina è Giacomo De Toma, un tempo capitano di Boeing su tratte internazionali. Oggi pilota privato, in giro soprattutto per i cieli d’Europa. Ma col cuore sempre tra le sue vigne di Scanzorosciate.

La famiglia De Toma, giunta ormai alla quinta generazione, possiede 2,5 dei 32 ettari vitati del paesino alle porte di Bergamo e produce 4 delle 50 mila bottiglie da mezzo litro dell’intera Denominazione di origine controllata e garantita. Un “gioco” molto ben riuscito, dunque, la produzione di “Cardinale”, il rosso più importante della gamma.

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I 10 migliori assaggi alla NOT – Rassegna dei vini franchi 2020

PALERMO – Oltre cento aziende vinicole italiane ed europee, con 500 vini in degustazione alla seconda edizione di NOT – Rassegna dei vini franchi svoltasi a Palermo ai Cantieri Culturali alla Zisa (18-19-20 gennaio). Un’edizione ricca, ideata e curata da Giovanni Gagliardi, Stefania Milano, Franco Virga e Manuela Laiacona.

“Not – riferisce proprio Laiacona a WineMag.it – è una riunione di amici produttori, patrimonio umano che sono i vignaioli. L’evento nasce dall’idea di unire teste, e quindi persone, che condividono la stessa filosofia di vita e la stessa visione della natura”.

“È la prima rassegna di questo genere – continua Laiacona – che si realizza al sud Italia e al centro del Mediterraneo. Rispetto all’anno scorso, il format è rimasto uguale ma abbiamo voluto intensificare i momenti di confronto tra i produttori, con dei talk dedicati ma anche le masterclass con dei giornalisti di settore”.

Attraverso banchi di assaggio, incontri, degustazioni e conferenze, la rassegna si è articolata come momento di conoscenza per il grande pubblico degli appassionati di vino, per il mondo della ristorazione e della distribuzione, per la stampa.

I MIGLIORI ASSAGGI A NOT 2020

Igp Sicilia Catarratto vino biologico 2013 “Cinque inverni”, Possente
Macerazione sulle bucce per 15 giorni senza l’aggiunta di anidride solforosa per questa novità in casa Possente da vigneti coltivati a Salaparuta. Al colore si presenta giallo oro con sentore intensi di miele e pesca gialla. In bocca rivela il suo straordinario tannino.

Altomare 2018, Controvento
70% Trebbiano d’Abruzzo e poi Passerina, Malvasia di Candia e Fiano da uve provenienti da vigne coltivate su suoli di origini calcarea. Nel bicchiere si presenta con un giallo oro brillante e al naso un’esplosione di profumi. In bocca l’aromaticità della malvasia regala una grande persistenza

Colline Savonesi Igt 2018 Lumassina, Terrazze Singhie
Due giovani ed un piccolo sogno a Finale Ligure. 0, 6 ettari di vigneto quasi centenario su delle terrazze con muretti a secco coltivato in regime biodinamico. La Lumassina di Terrazze Singhie si presenta di un bel coloro dorato carico ed un profumo di zagara, pietra focaia e salsedine. Al palato una bella mineralità accompagna un elegante acidità da un finale lungo.

Grillo 2016 “Il litro”, Badalucco
L’ultima creazione di Pierpaolo e Beatriz è un blend a base di uve Grillo da differenti annate: 2016, 2017 e 2018. Lo stile è quello dei più interessanti marsala, la zona di produzione è contrada Triglia, la bottiglia di 100 ml. Un vino libero, con note di frutta matura, una sorprendente sapidità ed una persistenza che non stanca mai.

Montepulciano d’Abruzzo 2018, Cirelli
Vini in anfora prodotti in ettari di vigneto abruzzese: eccolo il biglietto da visita di Francesco Cirelli. Il suo Montepulciano d’Abruzzo è un vino sincero e gioioso. Al colore è un rosso rubino intenso, il bouquet di erbe di campo e piccoli frutti rossi.  Al palato è fresco, sapido ed equilibrato.

Vino Bianco fermo Igp Terre Siciliane 2018, Barraco
Una vigna di Grillo di cinquant’anni che dista un chilometro dal mare. Il colore è oro brillante, al naso profumi di agrumi caramellati e nocciole tostate. Al palato viene fuori tutta la sapidità delle terre sabbiose in cui si trova il vigneto ed un’incantevole spalla acida che lo accompagna a spasso nel tempo.

Spumante Metodo Classico Rosé Brut Nature 36 mesi 2015, Casa Caterina
75 % Pinot Nero, 25 % Pinot Meunier per questo 36 mesi franciacortino senza dosaggio zuccherino e senza aggiunta di solfiti. La sboccatura è del 2019, il ricordo quello di un ottimo champagne rosè. Nel calice le bollicine sono persistenti, il colore è il classico buccia di cipolla. Al naso piccoli frutti rossi ed un sapore minerale.

Terre Siciliane Igt Nerello Mascalese 2018 “Glouglou”, Elios
Un vino spensierato che racconta l’ultima novità di Guido e Nicola prodotto nell’area di Monreale. Espressione giovane di un Nerello Mascalese in purezza vinificato in acciaio. Profumi di frutta rossa fresca accompagnano una beve minerale e rinfrescante.

Côtes du Rhône 2018 “Ciaulà, Domaine de l’Agramante
Un ingegnere siciliano trapiantato in Francia che con questo blend di Grenaccia, Sirah e Counoise racconta di quel personaggio di Pirandello che di colpo si rende conto della bellezza della luna. Rosso rubino alla vista e aromi speziati al naso. Fine e persistente, si apprezza subito.

Romangia Bianco Igt Vermentino 2018, Dettori
Eccezionali i Cannonau di Dettori, ma anche questo Vermentino ha molto da dire. Nasconde benissimo i suoi quasi 16% da uve provenienti da un vigneto del 1971 che a tratti possono farlo assomigliare ad un rosso. Alla vista giallo dorato con riflessi ambrati, al naso ciliegie sotto spirito e i fichi secchi. I tannini sono straordinari, la persistenza lunghissima.

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