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degustati da noi vini#02

Canavese Doc Nebbiolo 2018 “Gaiarda”, Az. Agr. Le Masche

Nebbiolo in purezza per il Canavese Doc 2018Gaiarda” dell’Azienda Agricola Le Masche. Un angolo di Piemonte racchiuso in un rosso ancora giovane ma già in grado di regalare emozioni. Un vino inserito nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it.

LA DEGUSTAZIONE

Colore intenso ma dall’unghia luminosa, che racconta la gioventù del nettare. Naso ricco, profondo, tra le note di un frutto perfettamente “colto” in vigna. Polpa rossa densa, sferzata da un agrume croccante e da un vegetale fresco che riporta ad erbe profumate come mentuccia, anice, finocchietto selvatico.

Palato asciutto ma pieno, che conferma le anticipazioni della vista. Un vino giovanissimo, che diventerà super godibile e goloso quando il tannino sarà completamente integrato. Un Nebbiolo, il “Gaiarda”, buono oggi e ancor più domani, per chi saprà attendere.

LA VINIFICAZIONE

I vigneti che danno vita a questo Canavese Doc si trovano tra Levone e Rivara, tutti posti sulle colline. Dopo l’attenta raccolta, le uve vengono sottoposte a una fermentazione termocontrollata a 25°. Segue l’affinamento in barrique, per 18 mesi.

Un ulteriore affinamento in bottiglia per 6 mesi anticipa la commercializzazione del Canavese Doc 2018 “Gaiarda”. Il Nebbiolo, del resto, è una varietà in cui crede molto l’Azienda agricola Le Masche di Levone, in provincia di Torino.

LA CANTINA LE MASCHE

Il nome dell’azienda si ispira a una vicenda del 1474: il processo istruito contro quattro donne levonesi (Antonia, Francesca, Bonaveria e Margarota) accusate di stregoneria dall’Inquisitore Francesco Chiabaudi.

Nel rogo del 7 novembre 1474 morirono Antonia De Alberto e Francesca Viglone. “Bonaveria“, che dà il nome a un altro vino della cantina, nel 1475 risultava ancora carcerata, mentre Margarota Braja era fuggita dalle carceri del castello di Rivara.

L’obiettivo dell’Azienda agricola Le Masche è «produrre un vino di qualità che sia l’immagine del suo territorio». Una missione che si può dire centrata. Ancor più con la realizzazione della nuova cantina: un punto di riferimento assoluto nella produzione di vini del Canavese.

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degustati da noi vini#02

Cirò Doc Riserva Rosso classico superiore Duca Sanfelice 2017, Librandi

A quattro anni dalla vendemmia, gode di uno stato di forma eccezionale il Cirò Doc Riserva Rosso classico superiore Duca Sanfelice 2017 di Librandi. Si tratta, non a caso, di uno dei vini simbolo della storica cantina di Contrada San Gennaro, a Cirò Marina.

L’annata corrente dell’etichetta è la 2018. Ma il nettare ottenuto da vecchie viti di Gaglioppo allevate ad alberello dimostra di avere tutti gli attributi necessari per poter essere conservato nel tempo. Si tratta, peraltro, di uno dei vini rossi italiani dal migliore rapporto qualità prezzo (attorno ai 10 euro).

LA DEGUSTAZIONE

Nel calice, Duca Sanfelice 2017 veste un mantello di colore rubino luminoso, dai riflessi granati. Si concede al naso in tutta la sua pienezza solo dopo qualche minuto di attesa. Ecco dunque ricordi intensi di frutti di bosco perfettamente maturi (ribes, mirtillo, lampone) e prugna, su sottofondo di erbe della macchia mediterranea.

Ben marcata anche l’impronta floreale, tra la violetta e la rosa. L’ossigenazione fa spazio a tinte balsamiche, mentolate e pepate, che si ritroveranno anche in una chiusura freschissima e dissetante. In ingresso di bocca, tanto quanto in allungo, Duca Sanfelice 2017 di Librandi ripropone tutta la fragranza e croccantezza della frutta già avvertita al naso.

Il sorso è asciutto e di grande eleganza, sorretto da una buona acidità e da accenni salini. Un quadro perfetto per abbinamenti importanti, che possono spaziare da saporiti e ricchi primi a base di ragù a secondi di carne, in particolare di selvaggina. Il tutto senza rinunciare a una beva agilissima, dettata anche da tannini presenti ma perfettamente integrati.

LA VINIFICAZIONE

L’area di produzione del Cirò Doc Riserva Rosso classico superiore Duca Sanfelice 2017 di Librandi è quella di Cirò e di Cirò Marina, in provincia di Crotone. Il vino è ottenuto da sole uve Gaglioppo. Le viti ad alberello affondano le radici un terreno ricco di argilla e calcare, con una densità di impianto di 5 mila ceppi per ettaro.

La resa si assesta attorno agli 85 quintali (circa 60 ettolitri) per ettaro. L’epoca di vendemmia delle uve ricade generalmente nella prima decade di ottobre. Il Gaglioppo selezionato viene vinificato in acciaio, con macerazione che si prolunga tra i 7 e i 10 giorni.

L’affinamento di Duca Sanfelice di Librandi avviene in acciaio e cemento, dove riposa per 2 anni. Trascorsi i 24 mesi, il nettare viene imbottigliato in attesa della commercializzazione, che inizia dopo alcuni mesi. Secondo le indicazioni della cantina, il vino è «pronto a partire da 2 anni dalla data di vendemmia», ma può essere «invecchiato anche oltre i 10 anni». Nulla di più vero.

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Cantine degustati da noi news news ed eventi vini#02

Giacomo Fenocchio, verticale storica 1978-2020 per la nuova cantina: «Barolo en primeur per i turisti»

Claudio Fenocchio era ancora un bambino mentre il padre, Giacomo Fenocchio, mandava in pensione i vecchi tini di legno sino allora utilizzati dal nonno. Assieme a lui introdusse in cantina l’acciaio, per le vinificazioni del Nebbiolo atto a divenire Barolo. «Grande modernità e più tecnologia, in aiuto al lavoro», ricorda con tono deciso quel bambino che nel frattempo è diventato grande. Lo stesso che oggi è chiamato a dare l’ennesima impronta decisiva alle sorti dell’azienda di Monforte d’Alba (CN), fondata nel 1864.

L’inaugurazione della nuova cantina, il cui biglietto da visita è un’ampia terrazza che invita a tuffarsi sul materasso di colline delle Langhe, arriva in un periodo cruciale. Quello in cui le figlie Letizia ed Eleonora, 19 e 17 anni, muovono i primi passi sulle orme del papà. Ovvero tra quei pochi tini del nonno rimasti dov’erano. E le idee che hanno rivoluzionato una delle più grandi denominazioni del vino italiano. Passi piccoli ma decisi, tra ciò che fu e ciò che è. Ancor più, tra ciò che sarà.

«Il Barolo da allora è cambiato tantissimo, tantissimo», ripete Claudio Fenocchio, quasi a voler esorcizzare il concetto e il tempo. «Noi siamo rimasti gli stessi – si affretta a precisare – ovvero quelli che propongono un Barolo legato alla tradizione. Questo non significa tarparsi le ali, o non voler crescere. La nuova cantina? È un passo necessario in quest’ottica. Ma ancor più un modo per poter accogliere nel migliore dei modi i tanti turisti e appassionati che vogliono conoscere i nostri vini. Permetteremo loro, per esempio, di assaggiare le nuove annate dalle botti».

È una sorta di democratizzazione inversa del Barolo, quella che propone Claudio Fenocchio. Una “liberalizzazione” che non parte dai “prezzi per tutti”. Bensì dall’en primeur quotidiana. Qualcosa che, da altre parti, è appannaggio di una cerchia ristretta di professionisti del settore, o addetti ai lavori, diventa pressoché la norma nel nuovo corso della Giacomo Fenocchio.

La prima vendemmia in questa struttura – spiega – è stata nel 1989. L’abbiamo ampliata ulteriormente con una nuova bottaia, all’interno della quale abbiamo insediato la ricezione. Tutti i clienti potranno assaggiare dalle botti e fare le degustazioni in cantina, ovvero nell’ambiente più adatto al vino. È un investimento nei turisti, che potranno scoprire man mano le nuove annate dei nuovi Barolo. I Barolo del futuro».

Diciassette ettari per circa 100 mila bottiglie e numeri destinati a crescere dalle 45 mila bottiglie riservate al Re dei vini del Piemonte. A seguire, nell’ordine, Nebbiolo, Barbera, Dolcetto e Freisa. Senza dimenticare che qui, dal 2010, si producono anche due vini bianchi da uve Arneis in purezza (un Roero Docg e un Orange wine) e uno spumante metodo italiano, base Freisa.

La fiducia è tanta. «Il Barolo – chiosa Claudio Fenocchio – resta una delle denominazioni italiane di maggiore appeal. Credo che il Consorzio stia facendo molto bene sotto tutti i punti di vista, specie con lo slancio dato dall’evento a New York, prima della pandemia. Avanti così».

“Indietro”, sembra voler suggerire il vignaiolo di Monforte d’Alba, solo per le verticali. Come quella preparata per la stampa ieri, giorno dell’inaugurazione della nuova cantina. Dal 1978 al 2020. Spaziando tra i cru.

IL BAROLO GIACOMO FENOCCHIO DAL 1978 AL 2020
Barolo Doc Riserva 1978

Nella massa finale per lo più Bussia, seguito da Castellero e Cannubi. Bottiglia straordinaria (la seconda aperta), esprime ancora un frutto rosso pieno, accostato da riverberi di radici. Il tannino è morbido, ma non arreso.

La freschezza è disarmante per gli anni sul groppone. L’abbraccia una vena glicerica che, per gli “usi e costumi” dei tempi, va ben oltre i soli 13.5 gradi d’alcol in volume. In un calice, la storia di una famiglia Fenocchio, che non ha smesso di proporre vini di territorio, incollati alla tradizione.

Barolo Docg Bussia 1994

Tanto fiore, rosa, violetta. Frutto rosso timido appena versato, pronto poi a donarsi in tutta la sua integrità, generoso. Si apre bene, ma piano, anche in gustativa. Scivola lungo, su ricordi di radice che accompagnano il frutto croccante e un tannino ancora vivo, pur integrato.

Barolo Docg Bussia 2000

Annate molto calda in cui la Giacomo Fenocchio, con Claudio Fenocchio, inizia seriamente a proteggere l’uva dai raggi del sole. «Anziché defogliare, come si faceva per nelle annate fredde, decidemmo di non fare nulla, lasciando anche il cordone alto, per ombreggiare».

Il calice racconta alla perfezione l’andamento climatico del 2000. Naso largo sul frutto, che sfiora la lascivia d’uno sciroppo. Freschezza e tannino giocano a riequilibrare un sorso in perfetta corrispondenza, riuscendoci al meglio.

Barolo Docg Bussia 2004

Annata regolare, segnata da una vendemmia delle uve Nebbiolo andata in scena nel corso della terza settimana di ottobre. Naso profondo, sulle spezie e sulla liquirizia, che si ritrova nettamente anche al palato. Superlativa la gustativa, che si divide tra frutto preciso, pieno, e ricordi assieme caldi e freschi, speziati. Netto goudron e qualche sbuffo vago di zafferano mentre incede un allungo da favola, asciutto e giustamente tannico. Tra i migliori vini in assoluto della verticale voluta da Claudio Fenocchio.

Barolo Riserva Docg Bussia 2008 “90 dì”

Prima annata in cui viene riproposta, senza mai essere immessa sul mercato, una piccola partita di Nebbiolo “fatto come una volta”. Ovvero come lo faceva il padre di Giacomo Fenocchio: con “90 dì”, ovvero “90 giorni” (3 mesi circa) di macerazione (seguiti da 4 anni in botte grande e uno di vetro). Il risultato è una chicca prodotta in sole 300 bottiglie, di cui ne restano ormai ben poche.

Un esperimento servito tuttavia per ripensare la Riserva di Fenocchio, a partire dal 2010. La macerazione lunga non appesantisce il calice. Si crea anzi un scambio di battute tra finezze e tensioni, tra polpa e spezia (con la prima che prende il sopravvento). Siamo al cospetto di un vino che si discosta di molto dalla linea di rigore ed elegante essenzialità dei vini di Claudio Fenocchio.

Un nettare più largo, quasi interamente giocato sul frutto e su un’armoniosa beva, al limite del “rotondo”. Chiaramente il tutto è controbilanciato da una buona freschezza e da un tannino che rispecchia fedelmente i canoni dei Barolo di Bussia.

Barolo Docg Cannubi 2009

Liquirizia nera a primo naso, frutto succoso, ricordi sanguigni, ferrosi. Perfetta corrispondenza al palato, dove tuttavia si rivela – tra i vini in degustazione – quello meno equilibrato e in una fase di scombussolamento. Il sorso è diviso in maniera piuttosto marcata tra fenolico e frutto. La speranza è che scenda dall’altalena.

Barolo Docg Villero 2010

Molto balsamico, speziato. Goudron. In bocca si conferma vino profondo, fresco e speziato, ancora molto giovane. In chiusura esalta un frutto succoso, unito a un tannino vivo, elegante. Prima avvisaglia di quello che sarà, a partita chiusa, il cru più convincente della cantina.

Barolo Docg Castellero 2011

È l’anno dell’esordio per il cru fortemente consigliato a Claudio Fenocchio dal consulente della comunicazione, il pr Riccardo Gabriele. Sino ad allora (e dal 1952) Castellero finiva in blend nel Barolo d’entrata della linea. Sorprende (e pure tanto) per le note di frutta bianca, come melone bianco, pesca, albicocca.

In bocca risulta pieno, molto agile, a dimostrazione di quanto le sue caratteristiche marcassero il “Barolo quotidiano” della gamma. Alcol (15% vol.) integratissimo, gran bella freschezza e tannino levigato, splendidamente integrato. Grande intuizione.

Barolo Docg Castellero 2011 (magnum)

Le due bottiglie parlano la stessa lingua, ma la maggiore superficie di vetro sembra distendere ulteriormente il nettare, specie nella componente fruttata e, ancor più, in quella tannica. Curiosa la nota salmastra che mancava alla 0,75, così come mancavano risvolti sanguigni, qui pur percettibili col microscopio. Riecco la consueta freschezza, con un tocco in più di liquirizia nera che rende il nettare molto gradevole e dalla beva spasmodica.

Barolo Docg Cannubi 2017

Si ritorna su Cannubi e il naso si sofferma, come nel precedente assaggio, dapprima sulla spezia. All’accenno iniziale d’origano fa eco un frutto rosso godurioso, che prende sempre più spazio nel quadro complessivo. In retro olfattivo largo a terziari da legno quali fondo caffe e caramella mou, pur smorzati da una pregevole venatura salina e da un tannino vivo, ma molto elegante. L’annata è stata molto calda (non certo quanto la 2003).

Barolo Docg Castellero 2017

L’ultimo (in ordine temporale) dei cru della Giacomo Fenocchio si riconoscerebbe tra mille. Riecco il melone, la pesca bianca, i ricordi di albicocca. Vino croccante, quasi da morsicare. Materico, ma ancor più fresco e beverino.

Barolo Docg Villero 2017

Anche nell’annata 2017, il cru Villero si conferma ad altissimi livelli. Ancora una volta profondo, speziato, sanguigno, agrumato d’arancia rossa. In bocca riecco una prosa fresca, che gode dell’elegantissimo apporto fruttato-croccante, ma sceglie la spezia come compagna di vita. Tutto ciò tra l’ingresso e il centro bocca. Perché il finale riserva un’amarena netta, da fuochi d’artificio nel gioco prezioso con la scontrosità amaricante del tannino. Vino da applausi scroscianti per larghezza e profondità, verticalità e polpa.

Barolo Docg Bussia 2017

Si conferma succoso e speziato, in grandissimo equilibrio. Del resto è il vigneto più grande di Fenocchio, che consente di portare in cantina uve con maturazioni forse non omogenee al millimetro, perfette nel mix tra fenoliche e zuccherine.

Barolo Docg Cannubi 2018 e 2019

Annata segnata da molta pioggia tra agosto e l’inizio settembre. Il risultato è una vendemmia particolare, che sarebbe stata invece “classica”, in termini di tempi di raccolta. Venendo al calice, il Cannubi 2018 non sarà certo un campione di longevità. Sarà però uno di quei vini importanti e, al contempo, facili da bere. Scherziamo con Claudio Fenocchio e chiediamo se ha proceduto a una macerazione carbonica.

Sorride e poi conferma quando, tornati seri, usiamo l’aggettivo “diluito”: l’annata è di quelle in cui il rapporto tra succo e buccia è nettamente in favore del primo, proprio a causa delle piogge abbondanti in un periodo tanto delicato. Arriva poi l’assaggio da botte del 2019, vino ricco, sul frutto, ma al contempo pieno di energia, tra spezia e apporto fresco-acido. Un altro nettare di grande accessibilità e immediatezza.

Barolo Docg Castellero 2018, 2019, 2020

Oltre ai classici sentori di frutta a polpa bianca, che costituiscono il fil-rouge del cru, qui si centra forse una maturazione – o, meglio, un’epoca di raccolta – che regala alla particella maggiore complessità e rigore. Il salto di qualità definitivo sul cru Castellero è definitivamente compiuto, a 8 anni dall’esordio sul mercato, con la 2011. L’ulteriore assaggio da vasca della 2019 conferma le impressioni.

Anzi, esaspera ancor più il concetto di una quadra definitivamente trovata sul Castellero, nonostante la concentrazione d’aromi risulti maggiore rispetto alla 2018. Arriva poi il 2020 a suggellare la consacrazione di un Barolo dalla bevibilità disarmante, che non rinuncia tuttavia alla complessità.

Barolo Docg Villero 2018

Chi non ha bisogno alcuno di “aggiustamenti” e si è sempre espresso su livelli altissimi è invece il cru Villero della Giacomo Fenocchio. Naso elegantissimo, tra fiori, frutto e spezia. Si ritrova la stessa matrice al palato, dove un frutto pieno e succoso gioca a irritare un tannino in cravatta, che non perde le staffe. Neppure quando la liquirizia prova a imbalsamarlo, avvolgendolo. Alleata, in chiusura, una vena salina preziosissima che da un lato inspessisce ulteriormente il quadro e, dall’altro, chiama il sorso successivo.

Barolo Docg Bussia 2018 e 2019

Ancora una volta gran completezza nel Bussia che, nonostante la gioventù raccontata da un frutto tanto succoso quanto esuberante e preponderante, mostra ampissimi margini di evoluzione, nel segno della complessità. Scalpitano tannino e spezie, mentre la freschezza riequilibra morbidezze i cui contorni sono in decisa evoluzione. Salto oltre l’ostacolo con la vendemmia 2019, che regala un nettare dalle spiccate note floreali e dal tannino leggermente meno spigoloso, sempre all’insegna dell’eleganza.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Migliori vini rossi a Campania Stories 2021: i 7 vini imperdibili

I vini rossi della Campania tra alti e bassi: strepitosi in alcune interpretazioni e da rivedere in altre, in bilico tra un uso eccessivo dei legni e poca “pulizia”. È il quadro che emerge dalla sessione di degustazione dei vini rossi campani a Campania Stories 2021.

La presentazione delle ultime annate delle principali denominazioni “rossiste” della regione è andata in scena il 31 agosto al Campus Principe di Napoli di Agerola (NA). Conferme più che sorprese, dunque, con la regione che si conferma più “ferrata” e qualitativamente costante nella produzione di vini bianchi (qui i migliori all’Anteprima Campania Stories 2021).

Nella selezione di WineMag.it, 38 dei 137 vini rossi campani degustati alla cieca. Tra questi sono 7 i vini imperdibili: il Campania Igp 2018 “Terra di Lavoro” di Galardi; l’Irpinia Aglianico Dop 2015 “Serpico” di Feudi di San Gregorio.

E ancora: l’Aglianico del Taburno Riserva Docg “Terra di Rivolta” 2017 di Fattoria La Rivolta; il Cilento Aglianico Dop “Cenito” 2018 di Luigi Maffini; il Paestum Aglianico Igp Bio “Donnaluna” 2018 di Viticoltori De Conciliis.

Molto interessante l’interpretazione del vitigno Casavecchia di Alois, con il Pontelatone Riserva Dop 2017 “Trebulanum”. Tra le annate meno recenti, brilla invece il Taurasi Riserva Docg 2009 di Perillo. Da sottolineare l’ottima prova “corale” dei Campi Flegrei con il vitigno Piedirosso, tra i simboli della Campania. Un argomento che sarà approfondito prossimamente su WineMag.it.

I MIGLIORI VINI ROSSI A CAMPANIA STORIES 2021

VINI ROSSI BASE AGLIANICO
IRPINIA
Irpinia – Docg Taurasi e Taurasi Riserva

Villa Raiano – Taurasi Docg 2016
Tenuta Cavalier Pepe – Taurasi Docg “Opera mia” 2015
Molettieri Salvatore – Taurasi Docg “Renonno” 2015
Delite – Taurasi Docg “Pentamerone” 2015
Feudi di San Gregorio – Taurasi Riserva Docg “Piano di Montevergine” 2015
Tenuta del Meriggio – Taurasi Riserva Docg “Colle dei Cerasi” 2015
Perillo – Taurasi Riserva Docg 2009

Dop Irpinia Campi Taurasini, Irpinia Aglianico, Irpinia Rosso; Igp Campania Aglianico

Ferrara Benito – Irpinia Aglianico Dop “Vigna Quattro confini” 2018
Canonico & Santoli – Irpinia Aglianico Dop “Hirpus” 2016
Feudi di San Gregorio – Irpinia Aglianico Dop “Serpico” 2015
Delite – Irpinia Campi Taurasini Dop “Nonna Seppa” 2015

SANNIO
Dop Aglianico del Taburno, Sannio Aglianico, Sannio Solopaca Classico; Igp Beneventano Rosso, Campania Aglianico

Cantina di Solopaca – Sannio Aglianico Dop Biologico “Armunìa Viticoltori San Martino” 2019
Fattoria La Rivolta – Aglianico del Taburno Docg 2017
Fontanavecchia – Aglianico del Taburno Docg 2017
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)
Fattoria La Rivolta – Aglianico del Taburno Riserva Docg “Terra di Rivolta” 2017
Cantine Tora – Aglianico del Taburno Rosso Dop 2016

Alto Casertano

Villa Matilde Avallone – Roccamonfrina Rosso Igp “Cecubo” 2015

Colli Salernitani-Picentini, Cilento; Dop Cilento Aglianico; Igp Colli di Salerno Aglianico, Paestum Aglianico, Campania Aglianico

Azienda Agricola Cicalese Rossella – Campania Igp “Evoli” 2019
Viticoltori Lenza – Colli di Salerno Igp “Massaro” 2018
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)
Luigi Maffini – Cilento Aglianico Dop “Cenito” 2018
Viticoltori De Conciliis – Paestum Aglianico Igp Bio “Donnaluna” 2018
Lunarossa – Colli di Salerno Aglianico Igp “Borgomastro” 2016
San Salvatore 1988 – Paestum Aglianico Igp “Omaggio a Gillo Dorfles” 2016

VINI ROSSI A BASE PIEDIROSSO
Dop Sannio Piedirosso, Campi Flegrei Piedirosso; Igp Pompeiano Rosso; Vesuvio Piedirosso, Igp Campania Piedirosso

Az. Agricola Mario Portolano – Campi Flegrei Piedirosso Dop 2020
Agnanum – Campi Flegrei Piedirosso Dop Agnanum Piedirosso 2020
Cantine del Mare – Campi Flegrei Piedirosso Dop “Terrazze Romane” 2019
Casa Setaro – Vesuvio Piedirosso Dop “Fuocoallegro” 2019
Contrada Salandra – Campi Flegrei Piedirosso Dop 2017
Ocone – Sannio Taburno Piedirosso Dop “Calidonio” 2015

VINI ROSSI COSTA D’AMALFI
Dop Costa d’Amalfi Furore, Costa d’Amalfi Ravello, Costa d’Amalfi Tramonti; Igp Campania Rosso

Marisa Cuomo – Costa d’Amalfi Furore Rosso Riserva Dop 2017
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)
Marisa Cuomo – Costa d’Amalfi Ravello Rosso Riserva Dop 2017
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)
Tenuta San Francesco – Costa d’Amalfi Tramonti Rosso Riserva Dop “Quattro Spine” 2016

VINI ROSSI VESUVIO
Dop Vesuvio Lacryma Christi Rosso; Igp Campania Aglianico

Casa Setaro – Lacryma Christi del Vesuvio Riserva Dop “Don Vincenzo” 2017

VINI ROSSI A BASE CASAVECCHIA
Dop Casavecchia di Pontelatone Riserva

Alois – Casavecchia di Pontelatone Riserva Dop “Trebulanum” 2017

VINI ROSSI A BASE PALLAGRELLO NERO
Igp Terre del Volturno Pallagrello Nero

Il Casolare Divino di Manuela De Luca – Terre del Volturno Pallagrello Nero Igp “Tralice” 2018

ROSSI MONOVARIETALI E BLEND MISTI
Dop Sannio Barbera; Igp Campania Aglianico, Campania Rosso, Paestum Rosso, Paestum Primitivo, Colli di Salerno Rosso

Galardi – Campania Igp “Terra di Lavoro” 2018
Petra Marzia – Campania Rosso Igp “Petra Marzia” 2018
Alessandra Srl Società agricola – Paestum Primitivo Igp “Catacatascia” 2018
Montevetrano – Colli di Salerno Rosso Igp “Montevetrano” 2018

IL FOCUS SUL PIEDIROSSO

Campania Stories 2021, è l’anno del Piedirosso. Per’e Palummo nuovo asso dei produttori campani

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degustati da noi vini#02

Aglianico Basilicata Rosso Igt 2018 “Z’nurr”, Az. Agr. Anna Maria Laviola

Siamo a Policoro, in provincia di Matera, per l’Aglianico Basilicata Rosso Igt 2018 “Z’nurr” dell’Azienda Agricola Anna Maria Laviola. Un rosso immediato ed al contempo di prospettiva dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it.

LA DEGUSTAZIONE

Un nettare che si presenta di un bel rosso rubino, capace di invogliare alla sola vista. Naso intenso, composto ed elegante. Si dipana su fiori di viola, agrumi, ciliegia, ribes, fragola, ma anche su ricordi di rabarbaro e liquirizia. Gran gastronomicità e tannino in fase di integrazione su frutto croccante oltre a pregevoli venature sapide.

Vino che riesce in quello in cui molti Aglianico falliscono: ovvero risultare immediato senza snaturare primari, varietale e riconoscibilità del vitigno, a partire dalla sua inconfondibile trama tannica. Una beva già agile che non nasconde l’intrinseca attitudine al lungo affinamento. Manifesto di una rivoluzione gentile che potrebbe vedere protagonista l’Aglianico della Basilicata, pronto così a conquistare il mondo dei nuovi consumatori e Millennial.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Vini bianchi Campania Stories 2021: i migliori 40 e i tre vini imperdibili

I vini bianchi della Campania si confermano a livelli medio-alti in occasione della sessione di degustazione di Campania Stories 2021. La presentazione delle ultime annate delle principali denominazioni “bianchiste” della regione è andata in scena il 31 agosto.

Teatro dell’evento il Campus Principe di Napoli di Agerola (NA), affacciato sul mare tra Positano e Amalfi. Nella selezione di WineMag.it, 40 dei 158 vini bianchi campani degustati alla cieca.

In particolare sono tre i vini imperdibili: il Greco di Tufo Riserva Dop 2008 “Vittorio” della cantina Di Meo; la Falanghina dei Campi Flegrei Dop 2020 di Agnanum; il Costa d’Amalfi Ravello Bianco Dop 2020 Vigna Grotta Piana di Ettore Sammarco.

I MIGLIORI VINI BIANCHI A CAMPANIA STORIES 2021

BIANCHI VESUVIO
Dop Vesuvio Lacryma Christi del Vesuvio Bianco, Vesuvio Caprettone
Igp Pompeiano Bianco, Falanghina Campania

Casa Setaro – Vesuvio Caprettone Dop Aryete 2019
Sorrentino – Vesuvio Caprettone Dop Benita ’31 2020

BIANCHI COSTIERA AMALFITANA
Dop Costa d’Amalfi Bianco

Ettore Sammarco – Costa d’Amalfi Ravello Bianco Dop Selva delle Monache 2020
Ettore Sammarco – Costa d’Amalfi Ravello Bianco Dop Vigna Grotta Piana 2020
Marisa Cuomo – Costa d’Amalfi Furore Bianco Dop Fiorduva 2019

BIANCHI A BASE PALLAGRELLO BIANCO
Igp Terre del Volturno Pallagrello Bianco

Alois – Terre del Volturno Pallagrello Bianco Igp Caiatì 2020
Alois – Terre del Volturno Pallagrello Bianco Igp Morrone 2019

BIANCHI A BASE FALANGHINA
Dop Falanghina del Sannio, Igp Falanghina Beneventano, Campania Falanghina

Di Meo – Campania Falanghina Igp 2020
La Guardiense – Falanghina del Sannio Dop Anima Lavica 2020
Mustilli – Falanghina del Sannio Sant’Agata dei Goti Dop Vigna Segreta 2019
Cantine Tora – Falanghina del Sannio Dop Kissos 2016
Fontanavecchia – Falanghina del Sannio Taburno Dop – Vendemmia Tardiva Libero 2015
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)

Irpinia Dop Falanghina, Igp Campania Falanghina

Antico Castello – Irpinia Falanghina Dop Demetra 2020

Cilento – Igp Campania Falanghina, Colli di Salerno Bianco

Viticoltori Lenza – Colli di Salerno Bianco Igp Ida 2020
(già Top 100 Migliori vini italiani 2022 – WineMag.it)

Campi Flegrei – Dop Campi Flegrei Falanghina; Igp Campania Falanghina

Agnanum – Campi Flegrei Falanghina Dop Agnanum 2019
Astroni Campania Falanghina Igp Strione 2015

BIANCHI A BASE FIANO

Sannio – Dop Sannio Fiano
Monserrato 1973 – Sannio Fiano Dop Fiano Monserrato 1973 2020
Terre stregate – Sannio Fiano Dop Genius Loci 2020

Cilento, Colli di Salerno – Dop Cilento; Igp Paestum, Colli di Salerno, Campania

Azienda Agricola Casebianche – Cilento Fiano Dop Cumalè 2020
Tenuta Macellaro – Colli di Salerno Bianco Igp Ripaudo 2019
Tempa di Zoè – Paestum Fiano Igp Xa 2019
San Salvatore 1988 – Paestum Fiano Igp Pian di Stio Extreme Bio 2019
Lunarossa – Colli di Salerno Fiano Igp Quartara 2018

Irpinia – Dop Fiano di Avellino; Igp Campania Fiano

Passo delle Tortore – Fiano di Avellino Dop Bacio delle Tortore 2020
Tenuta del Meriggio – Fiano di Avellino Dop Fiano di Avellino 2020
Feudi di San Gregorio – Fiano di Avellino Dop Pietracalda 2020
Di Meo –  Fiano di Avellino Dop 2020
Traerte – Fiano di Avellino Dop 2020
Molettieri Salvatore – Fiano di Avellino Dop 2019
Tenuta Sarno 1860 – Fiano di Avellino Dop “Sarno 1860” 2018
Vigne Guadagno – Fiano di Avellino Dop Contrada Sant’Aniello 2016

BIANCHI CAMPANI A BASE GRECO
Sannio e Cilento – Dop Sannio Greco, Igp Paestum Greco

Fattoria La Rivolta – Sannio Taburno Greco Dop 2020
Terre Stregate – Sannio Greco Dop Aurora 2020
San Salvatore 1988 – Paestum Greco Igp Bio Colpazio 2020

Irpinia – Dop Greco di Tufo, Irpinia Greco e Igp Campania Greco

Di Meo – Greco di Tufo Dop 2020
Colli di Lapio – Greco di Tufo Dop Alexandros 2020
Passo delle Tortore – Greco di Tufo Dop Le Arcaie 2020
Petilia – Greco di Tufo Dop 4 20 QuattroVenti 2017
Di Meo – Greco di Tufo Riserva Dop Vittorio 2008

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degustati da noi vini#02

Vallée D’Aoste Dop 2019 Petite Arvine, La Source

Un bianco ottenuto da una da uno dei vitigni più rappresentativi della Val d’Aosta. Il Vallée D’Aoste Dop 2019 Petite Arvine di Società Agricola La Source è un vino, figlio di viticoltura eroica, che si è guadagnato un posto nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it.

LA DEGUSTAZIONE

Petite Arvine in purezza. Giallo paglierino acceso, naso carico quanto il colore. Banana, ananas sciroppato, agrume a tenere teso il sorso, dopo un naso che faceva presagire suadenza. Bella vena sapida in chiusura, ad aggiungere tensione al sorso e rendere la beva spasmodica.

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degustati da noi Esteri - News & Wine news news ed eventi vini#02

Millésimes Alsace DigiTasting 2021: degustazione e punteggi a 76 vini dell’Alsazia

Alle prese come il resto del mondo con l’emergenza Covid-19, l’Alsazia ha organizzato a inizio giugno Millésimes Alsace DigiTasting® 2021, il primo salone online concepito da un’organizzazione interprofessionale. Protagonisti 100 vignaioli dell’Alsazia, che hanno presentato online i loro vini. Il successo è stato immediato.

Nel giro di una settimana dall’apertura dei “cancelli” – o, meglio, del “portale” web – si sono accreditati oltre 900 professionisti. La cifra è salita sino a 3.750, frantumando il record di partecipanti all’edizione fisica del 2018. Il 70% degli aderenti a Millésimes Alsace DigiTasting® 2021 ha avanzato la propria richiesta di partecipazione dall’estero, dunque non dalla Francia.

Cinquantacinque i Paesi rappresentati, a riprova di quanto l’Alsazia continui a suscitare l’interesse di stampa, buyer, ristoratori e operatori internazionali. Tra i primi cinque mercati di esportazione figurano non a caso Regno Unito, Stati Uniti, Italia, Taiwan e Canada. Tutti Paesi presenti in maniera massiccia all’evento dei vini dell’Alsazia di giugno.

Confermata anche l’attenzione crescente dell’Est Europa, nonché quella di piazze esotiche come Perù, India, Nepal e Paraguay. Una portata globale per un progetto concepito al 100% in Alsazia, sostenuto da tutto il comparto sotto la guida del Civa, il Conseil Interprofessionnel des Vins d’Alsace.

Millésimes Alsace Digitasting® ha mobilitato partner al 100% alsaziani, tutti situati in un raggio di 75 chilometri dal centro di progettazione. La logistica e il trasporto sono stati gestiti dai partner di Molsheim e Colmar. Il design digitale da un’azienda di Strasburgo.

L’imbottigliamento da un’azienda specializzata situata nel Bas-Rhin, mentre il design fotografico è stato affidato a un laboratorio di Soultzmatt. Video assegnati a un’agenzia di Sainte-Croix-aux-Mines e cofanetti con i “mignon” per la degustazione a un’azienda di Colmar. Infine, dirette da Ingersheim con relatori situati in tutto il mondo.

I VINI DELL’ALSAZIA AL CENTRO DELLA SCENA MONDIALE

«Anche se questa fiera è stata un grande successo – commenta Didier Pettermann, presidente del Civa – rimane solo una delle tante azioni che il Conseil Interprofessionnel mette in atto. Il nostro rinnovamento non è iniziato con Millésimes Alsace Digitasting®, ma con questa mostra è stato ulteriormente amplificato, con una grandezza impressionante».

Da diversi anni, la reinvenzione dell’Alsazia è stata grande, e questa iniziativa è un ulteriore passo per dire al mondo intero che l’Alsazia è tornata! Ma se guardiamo le cifre, vediamo che i visitatori francesi erano meno presenti. La relativa moderazione del pubblico francese è forse l’unica riserva, ma siamo convinti che cambieranno rapidamente la loro visione di ciò che l’Alsazia è capace di fare!».

“Il risultato – aggiunge un soddisfatto Philippe Bouvet, direttore marketing del Civa – è al di sopra delle nostre aspettative! Fin dall’inizio, avevamo concepito questo evento come qualcosa di più di una semplice fiera. Volevamo rimettere l’Alsazia al centro della scena mondiale del vino». Il feedback degli espositori e dei visitatori? «Estremamente positivo», fa sapere l’interprofessione. Tanto da pensare già a una seconda edizione.

Per il direttore della Civas, Gilles Neusch: «Il bisogno di incontrarsi faccia a faccia rimane forte. Per il momento, molti incontri avviati dalla piattaforma continuano a svolgersi. Non stiamo fermando nulla in questa fase. Vista la portata di questa iniziativa, analizzeremo cosa avremmo potuto fare meglio. E cosa potremmo fare ancora meglio in futuro!».

Tra campioni degustati da WineMag.it, il livello dei 76 vini dell’Alsazia ricevuti in occasione dell’evento digitale 2021 si è confermato altissimo. Ecco dunque le note di degustazione alla cieca, con i relativi punteggi in centesimi.

MILLESIMES ALSACE DIGITASTING® 2021: DEGUSTAZIONE E PUNTEGGI DI WINEMAG.IT

Domaine Bott Freres

VINO GRAND CRU ANNATA VITIGNO LINEA NOTE PUNTI
AOC Alsace 2018 Riesling Réserve personnelle Giallo paglierino intenso, luminoso. Sorso asciutto, teso, a cui manca però un po’ di polpa. 87
AOC Alsace Grand Cru Geisberg 2017 Riesling Giallo paglierino, riflessi dorati. Vino interamente giocato, naso-bocca, su note di mela e agrumi, sul filo di una bella vena minerale, gessosa. 89
AOC Alsace 2019 Muscat Tradition Giallo paglierino. Abbina alle note fruttate tropicali mature una buona componente fresco-agrumata, oltre a ricordi di salvia. Palato teso sulla freschezza, con bei ritorni di frutta tropicale. Pregevole allungo, fresco-sapido. 89
AOC Alsace 2017 Gewürztraminer Réserve personnelle Giallo dorato. A un naso piuttosto asciutto, risponde una bocca ampia, sul frutto tropicale e sui primari tipici del vitigno. Beva agile, fresca, ma in favore della morbidezza. 87

Alsace Frey-Sohler

AOC Alsace 2017 Riesling Rittersberg Giallo paglierino intenso. Naso che impiega un po’ a rivelarsi nella sua interezza, che comprende anche venature ossidative. Sotto scalpita un bel frutto maturo, tropicale. Corrispondente al palato, di buona pienezza. Finale gessoso, asciutto. Bella persistenza. 90
AOC Alsace 2018 Riesling Scherwiller Giallo paglierino. Esotico, pasta di mandorle e bella mineralità gessosa al naso. Sorso asciutto, corrispondente. Chiude su ricordi netti di limone, freschissimo e sapido. Vino gastronomico e al contempo “glou glou”. 91
AOC Alsace 2019 Pinot Noir Fleur de Granit® Rubino,alla vista. Piccoli frutti di bosco e ciliegia al naso. In bocca buona croccantezza. Chiude su ricordi di spezie dolci, leggera tostatura e vaghi di brace 87
AOC Alsace Grand Cru Frankstein 2015 Gewürztraminer Giallo dorato. Un Gewürz in punta di piedi rispetto agli altri in degustazione a Millésimes Alsace DigiTasting 2021. Meno opulento. Tanto agrume, alcol molto integrato, note balsamiche e fresche al naso. In bocca invece mostra quanto ancora può dare nel medio periodo. Ritorni di litchi, pesca gialla, mandarino maturo, erbe fresche. Persistenza infinita. 93

Pierre Frick

AOC Alsace 2017 Riesling Rot Murlé Giallo dorato, velato. Al naso frutta esotica matura, arancia candita, parte erbacea di erba appena sfalciata, fiori secchi. Bella presenza al palato, parte tannica da “macerato”, mineralità. Chiude sugli agrumi, con eleganza. 91
AOC Alsace Grand Cru Vorbourg 2018 Riesling Giallo paglierino intenso, riflessi dorati. Naso complesso, da “vino di montagna”: anice, finocchietto, verbena, mentuccia, ma anche risvolti mediterranei (origano, timo, maggiorana,  un tocco freschissimo di salvia). Agrume candito. Al palato una gran presenza: frutto pieno, oleoso, eppure freschissimo. Pasta di mandorle, agrumi. Un nettare molto complesso, al contempo affilato e largo. Persistenza infinita. 93
AOC Alsace 2019 Pinot Noir Strangenberg Rosso granato, leggermente velato. Naso che spazia dal frutto di bosco croccante all’arancia sanguinella. Sono i tratti ematici, ferrosi, quelli che prendono il sopravvento. Fiori di viola, rosa appassita. Al palato corrispondente, su venature vagamente ossidative. 90
AOC Alsace Grand Cru Eichberg 2017 Gewürztraminer Giallo dorato. Al naso note di agrume candito, pesca matura, litchi. Corrispondente al palato, teso, su agrumi, pesca gialla e pregevoli note di erbe aromatiche. Gastronomico. 92

Domaine Albert Hertz

AOC Alsace Grand Cru Eichberg 2019 Riesling Altengarten 13,5% Giallo paglierino luminoso. Al naso ricordi netti di pera Williams matura. Note gassose elevate dall’alcol. In bocca una bella presenza, sul frutto pieno, ben controbilanciato dalla freschezza. Ottima persistenza. 90
AOC Alsace Grand Cru Pfersigberg 2016 Riesling Sundel 13,5% Giallo dorato. Mela gialla, buccia di agrume, lime, umami. Poi mentuccia, verbena. In bocca gran freschezza e una certa stratificazione, dalla frutta ai sentori più evoluti. Vino Asciutto, gastronomico. 91 +
AOC Alsace 2018 Gewürztraminer Vieilles Vignes 13,5% Giallo dorato, luminoso. Naso curiosissimo, che spazia dai sentori tipici del vitigno a richiami di spezie orientali dolci, come il curry. In bocca ampio, sorso fruttato pieno, al contempo molto fresco, quasi balsamico, su ritorni di eucalipto. Finale di ottima persistenza. 91

Kuehn Vins & Cremant D’Alsace

AOC Alsace Grand Cru Kaefferkopf 2019 Riesling Giallo paglierino luminoso. Naso intenso, su note per certi versi aromatiche, ricordi di litchi, papaya, ananas, melone. In bocca grande spazio al melone, intenso. Residuo zuccherino integrato. Chiusura asciutta. 87
AOC Alsace Grand Cru Florimont 2017 Riesling Giallo paglierino, riflessi dorati. Mela, mentuccia, venature speziate (chiodo di garofano, cannella) e mela leggermente ossidata. Perfetta corrispondenza gusto olfattiva. Persistenza sufficiente. 86
AOC Alsace 2019 Pinot Blanc Giallo paglierino. Pompelmo rosa, albicocca, banana, pesca gialla. In bocca abbina una buona morbidezza a una freschezza riequilibrante. Vino dalla beva agile. Gastronomico. 85
AOC Alsace Grand Cru Kaefferkopf 2018 Assemblage Giallo dorato. Naso ampio, che spazia dalla frutta tropicale a tinte balsamiche, fresche. Corrispondente al palato, largo sul residuo zuccherino, ma piuttosto fresco. 88

Domaine Schoffit

AOC Alsace 2019 Riesling Hart Giallo paglierino luminoso. Naso di zolfo, vulcanico. Agrume rosso e giallo. In bocca molto ben giocato tra ampiezza del frutto, croccante e maturo, e verticialità iodico-minerale. Ottima persistenza e freschezza. Vino di prospettiva assoluta. 91
AOC Alsace Grand Cru Rangen 2019 Riesling Clos Saint – Théobald Giallo paglierino luminoso. Naso con prevalenza di agrumi, curiose note di tostatura, mais, crosta di pane. Frutta esotica. Palato affilato, asciutto, mineralità che fa il paio con una freschezza affilata. Palato sulle durezze, eppure equilibrato. Finale di buona persistenza. 92
AOC Alsace 2019 Chasselas Vieilles Vignes Giallo paglierino luminoso. Bell’agrume, pesca gialla, melone bianco. Al palato buona corrispondenza, ritorni di melone bianco, susina. Buona freschezza, riequilibrante. 89
AOC Alsace Rangen 2017 Pinot Gris Clos Saint – Théobald Giallo paglierino luminoso, intenso. Naso che abbina il frutto tipico e una certa profondità, quasi balsamica. Accento mielato. Elegante al palato, sorso fresco e fruttato, sulle tinte esotiche già avvertite al naso. Residuo ben integrato. 91

Domaine Wach

AOC Alsace Grand Cru Kastelberg 2016 Riesling Giallo che inizia a dorare. Naso ampio, su una frutta fresca sbalorditiva, ad accompagnare note di pietra bagnata: pompelmo, lime, pesca gialla e albicocca matura. Poi erbe di montagna, mentuccia, eucalipto e liquirizia dolce. In bocca ancora fresco, teso, pieno, minerale. Chiude asciutto, finissimo ed elegante. 93+
AOC Alsace 2019 Riesling Pflanzer – Andlau Giallo paglierino. Lime, pesca, mandarino si riverberano tra naso e palato, regalando una beva agilissima. 88
AOC Alsace 2019 Sylvaner Duttenberg Giallo paglierino tenue, luminoso. Buccia d’arancia, lime, al naso. Teso in ingresso di palato, si allarga sul frutto maturo in chiusura. 89
AOC Alsace 2018 Riesling Coeur de glace Giallo paglierino riflessi dorati. Naso ampio, su agrumi, pesca, ananas, papaia, un tocco di litchi. Al palato residuo altrettanto ampio, su note corrispondenti. Equilibrato. 88

Domaine Zind-Humbrecht

AOC Alsace Grand Cru Rangen 2018 Riesling Clos Saint Urbain Giallo dorato. Buccia d’agrume, mineralità spinta. In bocca splendido, pieno, sul frutto perfettamente maturo e sulla mineralità. Persistenza da campione. Sapido, teso, giovanissimo. Chiude così come apre al naso, su un’elegantissima buccia di lime. Persistenza da vendere. 94
AOC Alsace 2018 Riesling Roche granitique Giallo paglierino intenso, luminoso. Naso su crema pasticcera, limone, agrumi, mineralità “granitica”, per l’appunto, asciutta, vulcanica. In bocca è pieno, largo sulla frutta tropicale e stretto su mineralità e freschezza affilata. Vino giovanissimo, che conferma comunque una certa cremosità anche al palato 93
AOC Alsace 2017 Pinot Gris Rotenberg Giallo paglierino dorato. Gran precisione del frutto tropicale e dell’agrume, conferma la cremosità della linea di vini di Domaine Zind-Humbrecht. Perfetta corrispondenza naso-bocca, asciutta, altrettanto cremosa. 92
AOC Alsace 2017 Pinot Gris Heimbourg Giallo dorato. La componente agrumata più “esplosa” della batteria. Si conferma vino teso anche al palato, elettrico e fresco. Chiude piuttosto sapido e ancor più balsamico, su ritorni di mentuccia e agrumi. 93

Allimant-Laugner

AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2018 Riesling Giallo paglierino. Pera Williams croccante, pesca e albicocca, litchi. Bella vena minerale sussurrata, gessosa. In bocca è decisamente giovane: susina bianca, pesca, buona freschezza. Chiude asciutto, leggermente amaricante. 90
AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2017 Riesling Giallo paglierino luminoso. Naso elegantissimo, fresco e minerale, a metà tra la pietra bagnata e l’idrocarburo, appena accennato. Sotto c’è un frutto pieno, perfettamente maturo, grondante di succo. Mentuccia e agrume completano un quadro già di per sé stratificato. In bocca si conferma elegante, affilato ma largo il giusto. Lunga persistenza, su ritorni di agrumi. Gran gastronomicità. 92
AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2008 Riesling Giallo dorato. Grande spazio alla componente vegetale fresca: anice, finocchietto, verbena, agrume rosso e giallo (più bergamotto che limone) grondante di succo e, al contempo, buccia, pesca, tropicale. In bocca freschissimo, corrispondente sulle note avvertite al naso. In chiusura abbina agrume ed erbe, sale e pesca. Vino che non dimostra certo gli anni che ha. E ha ancora molto da dare. 95
AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2018 Gewürztraminer Giallo dorato. Naso profondo, ricordi di anice stellato sul frutto tropicale e sull’agrume. Ampio residuo, freschezza che lo tiene perfettamente a bada. Ritorni di agrumi, pesca gialla, ananas, litchi, papaya nel finale, altrettanto fresco. Vino giovanissimo. 92 +

Domaine Charles Baur

AOC Alsace 2018 Riesling Cuvée Charles Giallo paglierino. Bell’agrume elegante al naso, componente minerale altrettanto elegante. In bocca asciutto, teso, di prospettiva. Bel frutto tropicale corrispondente al naso. Buona persistenza 89
AOC Alsace Grand Cru Brand 2017 Riesling Giallo paglierino luminoso. Naso da “vino di montagna”, teso, erbette fresche, mentuccia, agrumi. Al palato corrispondente, pieno, frutto maturo, agrume maturo. Un po’ monocorde sul residuo, al momento. Estremamente giovane, si farà. 91
AOC Alsace 2018 Pinot Gris Giallo paglierino. Naso elegante, tra agrumi maturi e tropicale. Al palato conferma l’eleganza delle note fruttate. Un vino giocato su precisione e pulizia del frutto, fresco e dalla gran beva. Ottima la persistenza. 90
AOC Alsace Eichberg 2016 Pinot Gris Agli antipodi rispetto all’altro cru di Pinot Grigio. Giallo paglierino, naso sul frutto tropicale di perfetta maturità. Al palato freschissimo, con note balsamiche (eucalipto, menta) che riequilibrano la morbidezza esotica. Beva irresistibile, gran freschezza. Persistenza da campione, su tinte vagamente agrumate. 93

Domaine Fernand Engel

AOC Alsace 2017 Riesling Silberberg Giallo paglierino intenso, che inizia a dorare. Naso su agrumi, dal succo alla scorza. Venature iodate. Accenni di mentuccia, erba sfalciata. Bocca corrispondente, alcol integratissimo. Bella pienezza nel finale, su ritorni di frutta esotica e mineralità. 90
AOC Alsace Grand Cru Praelatenberg 2018 Riesling Giallo paglierino intenso, riflessi dorati. Naso che si apre col tempo, regalando un esotico tropicale spinto, elegante. Tanto floreale, da pot pourri. Minerale. Palato in cui la parte glicerico-alcolica è ben controbilanciata dalla freschezza. Finale lungo. Vino giovanissimo. 92
AOC Alsace 2019 Pinot Gris Renaissance Giallo paglierino. Naso bocca corrispondenti, frutta esotica, tocco di pera. Buona freschezza, sapidità, alcol che controbilancia le durezze. Vino che conferma l’eleganza dell’intera linea. 90
AOC Alsace 2018 Pinot Noir Meyerhof Rosso rubino. Ha bisogno di ossigeno per aprirsi bene. Al naso libera sentori di frutti di bosco in confettura che trovano conferma al palato. Tannino di prospettiva per un vino strutturato, gastronomico, ancora giovane e in evidente fase crescente. 92

Domaine Charles Frey

AOC Alsace 2019 Riesling Granite Giallo paglierino luminoso. Naso citrico subito confermato dall’ingresso di bocca, agrumato, teso, asciutto. Bel frutto maturo, sotto, che “spinge”. Ottima persistenza per un vino verticale che abbina frutto e mineralità. 90
AOC Alsace Grand Cru Frankstein 2018 Riesling Giallo paglierino luminoso. Bel naso ampio, frutta matura precisa, pietra bagnata. In bocca agrumi e freschezza da vendere, unita alla conferma di una mineralità spiccata. Chiude asciutto, su note di agrume e mandorla amara. Buona persistenza. 91
AOC Alsace 2017 Assemblage Frauenberg Giallo paglierino intenso. Vena ossidativa da mela, frutta secca, pesca gialla e albicocca. Sorprendente la venatura che richiama il caramello salato. Ottima la corrispondenza naso-bocca, che allunga sulla frutta fresca e chiude su ritorni terziarizzati. Il tutto sul fil-rouge di una mineralità gessoso-granitica. 92

Famille Hauller – La Cave Du Tonnelier

AOP Alsace Grand Cru Winzenberg 2019 Riesling Giallo paglierino luminoso. Al naso benzene per la parte minerale; banana e sfumature esotiche per quella fruttata. In bocca agrume, limone, lime. Vino molto giovane. Chiude sulla mandorla amara. 89
AOP Alsace Grand Cru Frankstein 2018 Riesling Giallo paglierino. Naso più pieno, ricordi di frutta esotica molto matura, ma anche di frutta secca. Mineralità da pietra bagnata. Agrumi. In bocca asciutto, vena leggermente ossidativa, buona freschezza e ritorni equilibrati di frutta matura. Buona persistenza 88
AOP Alsace 2018 Riesling Vieilles Vignes – Héritage Giallo paglierino. Naso bocca su agrumi e tropicale, buona freschezza, riequilibrante. Una buona versione quotidiana. 87
AOP Alsace 2017 Pinot Noir F – Signature Rosso rubino. Bel naso, elegante, frutti rossi croccanti, rossi. Gran freschezza al palato, ritorni di frutti di bosco e di sanguinella, che conferisce una buona freschezza e denota, al contempo, la gioventù del nettare. 90

Domaine Scheidecker et Fils

AOC Alsace 2018 Riesling Bouxreben Giallo paglierino luminoso. Vino lineare, tipico, minerale e fruttato, equilibrato. Persistenza sufficiente. Agile la beva. 87
AOC Alsace Grand Cru Mandelberg 2019 Riesling Giallo paglierino luminoso. Frutta esotica matura, ananas, tocco di litchi, pesca gialla, sasso bagnato sullo sfondo. In bocca acidità affilata, dunque gran freschezza. Bel ritorno di frutta matura a controbilanciare. 91
AOC Alsace 2018 Pinot Noir Rouge d’Alsace Rosso rubino. Frutti di bosco, più neri che rossi, mora di rovo e bel floreale di viola ad accompagnare la spezia nera. In bocca una buona scorrevolezza, su sottofondo fresco e leggermente sapido. Altro vino di prospettiva. 88
AOC Alsace 2018 Pinot Gris Réserve Giallo paglierino. Naso ampio, tipico, sulla frutta tropicale matura. Palato corrispondente, molto largo sul frutto. Buona persistenza. 88

Domaine Trapet Alsace

AOC Alsace Grand Cru Schoenenbourg 2014 Riesling Giallo paglierino. Agrume ma anche una parte aromatica di frutta, pienamente matura. Susina bianca, dragoncello (fresco, aromatico), mentuccia. In bocca conferma un frutto molto maturo, stratificazione ottima e un’estrema gioventù. Vino di assoluta prospettiva. 93
AOC Alsace 2018 Riesling Riquewihr – Rqwr Giallo paglierino. Zolfo, pietra bagnata, agrume, mandarino, pesca gialla. Bella corrispondenza naso bocca e conferma del gran lavoro del vignaiolo sulla produzione di vini di gran pienezza ed eleganza, specie nella componente fruttata. 91
AOC Alsace 2019 Assemblage A Minima Giallo paglierino. Naso che si divide tra agrume e frutti a polpa bianca, come la pesca. In bocca asciutto e fresco, bella chiusura sulla mineralità. 89
AOC Alsace 2018 Pinot Noir Chapelle 1441 Rosso rubino. Naso pieno, ricco, frutta matura, di bosco e d’amarena. Corrispondente al palato,  buona cremosità. Profilo generale ancora giovane. Buona prospettiva. 90

Willm

AOC Alsace 2018 Riesling Château Ittenwiller Giallo paglierino intenso, riflessi dorati. Naso e bocca corrispondenti su mineralità gessosa, buon apporto glicerico della componente fruttata, a conferire equilibrio e larghezza al sorso. Chiusura asciutta. 87
AOC Alsace Grand Cru Kirchberg de Barr 2017 Riesling Giallo paglierino. Naso su agrumi e minerale, tra la pietra bagnata e il gesso. Poi freschi ricordi di talco e mentuccia. Vino snello per la parte agrumata e profondo per queste note erbacee “montane”. In bocca tutta la sua dirompente gioventù agrumata, ben sostenuta dalla mineralità. 91 +
AOC Alsace 2020 Riesling Bio Giallo paglierino. Naso di mela verde, susina bianca, matura. Corrispondente al palato, fresco e agrumato. Buona persistenza. 88
AOC Alsace 2018 Pinot Noir Cuvée Emile Willm Bio Rosso rubino. Naso croccante, sui frutti di bosco, con preponderanza dei frutti rossi sui neri. Sorso corrispondente. Buona presenza, gastronomicità, prospettiva. 89

Domaine Scherb Bernard & Fils

AOC Alsace 2018 Riesling Zéro Sulfites Giallo paglierino. Naso complesso, spazia dalla frutta matura a polpa gialla all’agrume, dalla vena minerale di pietra bagnata e gessosa a note vegetali fresche di mentuccia. In bocca è verticale, teso, di prospettiva. 89
AOC Alsace 2018 Riesling Sélection – Magnum Giallo paglierino. Gran bel frutto naso-bocca. Bella citricità, teso, ritorni in retro olfattivo di frutto pienamente maturo. Gastronomico. 89
AOC Alsace 2019 Pinot Gris Zéro Sulfites Giallo tendente al dorato. Ricordi di mela e pera ossidate, corrispondenti al palato. Tocchi di agrumi e mineralità. 88
AOC Alsace 2018 Gewürztraminer Zéro Sulfites Giallo paglierino. Naso bocca che virano su un’ossidazione condizionante. Si perdono le caratteristiche dell’uva, in particolar modo gli aromi primari, ancora una volta in favore di note come la mela verde. 85

François Schmitt

AOC Alsace Grand Cru Pfingstberg 2017 Riesling Paradis Giallo paglierino luminoso. Naso stratificato, complesso, tra i fiori secchi, la frutta esotica matura, l’agrume succoso. Si ritrova tutto al palato, verticale, salato. Teso. Giovanissimo. Chiude asciutto. 91
AOC Alsace 2019 Riesling Effenberg Giallo paglierino. Bell’agrume, tensione, freschezza e salinità, tocco balsamico in chiusura. Un altro vino di prospettiva. 90
AOC Alsace 2019 Sylvaner Effenberg Giallo paglierino. Naso e bocca sugli agrumi, bella vena salino-minerale in centro bocca, gran bella pulizia del frutto che accompagna fino alla chiusura, asciutta. 89
AOC Alsace 2019 Pinot Noir Coeur de Bollenberg Rubino. Primo naso sulla tostatura. Poi, con l’ossigenazione, esce un frutto splendido, croccante. Chiude fresco, balsamico, su ritorni di fondo di caffè e burro salato. Vino giovanissimo, di assoluta prospettiva. 91

Domaine Stentz Buecher

AOC Alsace Grand Cru Hengst 2019 Gewürztraminer Giallo dorato. Al naso tensione fresco-acida sulle note tipiche del vitigno (litchi, pesca gialla, mandarino). Gran bella freschezza, su arancia e mandarino. Si allarga sul finale ma rimane asciutto, prezioso. Gastronomico. 92
AOC Alsace 2018 Riesling Ortel Giallo paglierino intenso. Gran bel frutto al naso, succoso, maturo, elegante. In bocca asciutto, teso, ancora giovanissimo, su tinte agrumate e una mineralità gessosa. 90
AOC Alsace 2016 Riesling Cuvée Flavien Giallo paglierino intenso. Naso intenso, sulla frutta matura e su una parte erbacea piuttosto aromatica. Mineralità e freschezza controbilanciano un sorso che inizia a virare sulla camomilla e la foglia di the verde. Vino che inizia a mostrare i segni del tempo. 89
AOC Alsace 2017 Pinot Noir Granit Rosso rubino intenso, luminoso, leggermente velato. Naso che abbina i frutti rossi e neri all’importante matrice del terroir, evidenziato dal nome. Perfetta corrispondenza al palato, su un frutto che cerca l’equilibrio col resto delle componenti. Vino giovane. 90
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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Le migliori Vitovska del Carso (e del Kras) in scena al Castello di Duino

Un’occasione unica per scovare le migliori Vitovska del Carso e del Kras. In scena al Castello di Duino Mare e Vitovska 2021, evento svoltosi a metà luglio nel pieno rispetto delle normative anti Covid-19. Una kermesse in grado di riservare ottimi assaggi agli appassionati del vino simbolo della provincia di Triste. Un nettare di confine, prodotto tanto in Italia quanto in Slovenia.

Ben 26 i produttori presenti con i loro vini in una delle cornici più suggestive del Paese per un wine tasting. La dimora privata dei Principi della Torre e Tasso (von Thurn und Taxis) è aperta al pubblico dal 1 luglio 2003, alle porte del capoluogo del Friuli-Venezia Giulia. Un castello a cavallo tra l’Italia e la Slovenia, nazioni unite proprio dal vitigno a bacca bianca Vitovska.

MARE E VITOVSKA 2021: LE MIGLIORI IN COMMERCIO

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Merlak Martin – 2019

Tesa, agile, semplice e di gran beva. Il complemento a una gamma che vede la Malvasia in primo piano.

Bole Andrej – 2019

Colore carico, frutta e liquirizia. In bocca è concreta, fresca e tesa. Chiusura, invece, piuttosto morbida.

Grgič Igor – 2019

Una Vitovska da terre bianche, non rosse come le altre. Gran persistenza, eleganza, carattere e prospettiva.

 

Skerlj – 2018 magnum

Giallo dorato. Gran profilo naso-bocca: tesa, fresca, salina. Colpisce al contempo per la pienezza della frutta esotica, matura. Vino delizioso.

Kocjančič Rado – 2019

Bel naso pieno, su ricordi di pera e frutta esotico a polpa gialla. Materia, frutto e freschezza ben abbinate anche al sorso.

Škerk – 2018

Giallo oro alla vista, risultato di una macerazione di due settimane che regala sentori più che mai puliti e precisi. Note fruttate piene, ben espresse. Freschezza e frutto denso, oleoso si alternano sia al naso sia in bocca. Sapidità a fare da spina dorsale, con la spalla dell’acidità.

 

Zidarich Benjamin – Kamen 2018

Fermentazione in tini di pietra per questa “speciale” Vitovska, prodotta da uno dei vignaioli del Carso più sinceri e intraprendenti. Giallo dorato alla vista. Al naso un’esplosione di frutta, molto matura. Elegantissima anche la componente di erbe aromatiche. In bocca acidità viva e nettare che si rivela di vibrante unicità. Un vino con l’anima, dal naso al retro olfattivo.

Zidarich Benjamin – 2018

Macera un mese in legno e, a differenza di Kamen, non fermenta in pietra. Si rivela un bianco di rara concentrazione, in tutte le sue sfaccettature, senza perdere un millimetro in termini di eleganza.

 

Tavčar Emil – 2016

Uno dei vignaioli sloveni presenti a Mare e Vitovska 2021, con due vini d’annata ottenuti da lieviti indigeni. La vendemmia 2016 convince per il bel frutto, abbinato a note di terziarizzazione garbata, che virano sulle spezie calde. Un nettare evoluto, ma assolutamente piacevole e vivo.

Tavčar Emil 2015

Doppietta niente male per il produttore di Dutovlje, nel Kras sloveno. Anche la vendemmia 2015 è in stato di grazia. Più piena e ricca rispetto alla 2016, si dipana su note di pera, arancia candita e zenzero. Riecco quella pienezza oleosa del frutto che tanto convince nelle migliori espressioni del vitigno. Vino con una gran vita davanti.

Cacovich Dimitri – 2020

Bella prova in termini di espressione e pienezza del frutto, su note di pera e pesca, esaltate dalla vinificazione in acciaio. Leggeri ricordi di mandorla amara in chiusura, che andranno certamente a integrarsi nei prossimi mesi. Vino degustato in anteprima: è in bottiglia da aprile e ha appena iniziato il suo percorso di maturazione.

Cacovich Dimitri – 2019

Anche al netto dell’anno in più, la vendemmia 2019 della piccola cantina di Longera (TS), sembra avere una marcia in più (anche due) rispetto alla 2020. Una Vitovska, questa, che rispecchia fedelmente il vigneto in cui è prodotta. Siamo infatti in contrada San Giuseppe, in una zona piuttosto soleggiata del paese che regala al calice un frutto pieno, concentrato, eppure senza la minima sbavatura. Sul fronte della vinificazione, sono 4 i giorni di macerazione. Una delle migliori prove nel Carso in termini di pienezza, equilibrio ed eleganza.

 

Lupinic Matej – 2019

Solo un giorno di macerazione e nove mesi di botte. Il legno di rovere accompagna i primari  in maniera più che mai integrata. Frutto pieno, salinità. Gastronomicità a livelli esponenziali.

Lupinc Matej – 2018

Nettare molto simile al 2019, con l’anno in più sulle spalle che consente al legno di integrarsi ancora meglio e lasciare ancora più spazio al frutto.

Lupinc Matej – Metodo classico Extra Brut S.A.

Esordio nel mondo dello spumante per Lupinc con il millesimo 2017, comunque non indicato in etichetta (sans année). Un’ottima prova, per la capacità di conservare le caratteristiche della Vitovska (completa la cuvée un 30% di Chardonnay) e per la pregevole vena salina che accompagna il sorso. Si tratta di un 24 mesi sui lieviti che anticipa l’uscita del 36 mesi, prevista per il 2022.

Vinakras Sežana – Metodo classico Extra Brut 2014 “Bela Penina Prestige”

Altro spumante Metodo classico, in questo caso prodotto con Vitovska in purezza del millesimo 2014. Siamo nel Kars, a casa della cooperativa slovena di Sežana. Naso caratterizzato dall’abbondante presenza di note di lisi, in particolare pasticceria e crosta di pane, ad accompagnare i tipici sentori fruttati del vitigno (pera, pesca, esotico). Una chicca: appena 2 mila le bottiglie prodotte.

 

Čotar Branko & Vasja – 2019

Restiamo in Slovenia, per l’esattezza a Komen (Kars). Alla vista il vino si presenta di un bel giallo dorato. Affina in legno grande usato, che aiuta i primari, di gran concentrazione, ad esprimersi al meglio. Vino pieno, che conserva tuttavia freschezza e agilità di beva.

Čotar Branko & Vasja – 2011

Una settimana di macerazione e 3 anni in botte grande per questo “amber wine” (orange wine) prodotto con la Vitovska. Al naso un accento pepato, piccante, tra il peperone verde e il pepe bianco. Poi zenzero, arancia candita, frutta esotica di grandissima precisione. Sorso oleoso, di gran carattere. Persistenza infinita.

Budin  – 2019

Per scelta del produttore, il vino non compie alcuna macerazione, che invece viene effettuata sull’altro vino in degustazione firmato dalla cantina di Sgonico (un uvaggio tipico del Carso). Il nettare si rivela tipico, tutto sul frutto e sui primari. Beva semplice, agilissima.

 

Bajta Fattoria Carsica (Kraška domačija) – 2019

In assoluto tra le migliori espressioni del frutto della vendemmia 2019 in degustazione a Mare e Vitovska 2021. Al contempo è netta, al naso e in bocca, la caratterizzazione del terreno pietroso e duro in cui le piante affondano le radici. Metà delle uve vengono raccolte poco prima della completa maturazione; l’altra metà fa appassimento su pianta. Una vendemmia che, dunque, dura un mese in casa Bajta. Solo il 5% della massa affina in legno (rovere Slavonia). Vino da non perdere, prodotto da una delle più interessanti realtà del Carso (6 ettari, 40 mila bottiglie complessive).

Bajta Fattoria Carsica (Kraška domačija) – 2015

Vino simbolo del “Progetto Kronos”, che prevede – oltre alla classica ‘doppia vendemmia’ – un affinamento ulteriore di 5 anni in vetro, prima della commercializzazione. Ecco dunque l’attesa complessità e stratificazione rispetto alla vedemmia 2019. I tipici sentori del vitigno virano su agrume candito, ananas e tropicale, nonché su accenni di idrocarburo. Vino bandiera della Carso, ben oltre il calice: insegna quanto la Vitovska meriti di conquistare un posto d’onore tra i vini bianchi italiani, anche in termini di longevità.

Ostrouska Sharon – 2016 /2017/ 2019

Ben più di un semplice agriturismo quello di Sgonico (TS), capace di sfoderare un terzetto di Vitovsk(che) di tutto rispetto, al Castello di Duino. Vini che esaltano le caratteristiche del vitigno, tanto quanto l’andamento dell’annata, in una verticale di assoluto valore e rappresentatività.

Vina Vrabec – 2019 e 2018

Convincono entrambe le espressioni di Vitovska in purezza della cantina slovena di Dutovlje, nel cuore del Kras. Più fresca la 2019, mentre la 2018 caratterizzata da una gran pienezza del frutto. Beva instancabile e grande gastronomicità per entrambi i millesimi.

Štemberger

Dulcis in fundo, la cantina più stravagante tra quelle ospiti del Castello di Duino per l’edizione 2021 di Mare e Vitovska. Stravagante ma autentica la versione “Pet-nat”. Altrettanto convincente la versione “ferma”. Štemberger, cantina di Sežana, in Slovenia, produce vini tipici del Kars secondo metodi di viticoltura biodinamica. Una realtà tutta da scoprire e apprezzare.

Produttori vino Doc Carso verso logo su bottiglie: «Zona da difendere da Prosecco e Pinot Grigio»

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Südtirol Alto Adige Doc Bianco 2020 Laven Bio, Cantina Bolzano

Alte aspirazioni per il Südtirol Alto Adige Doc Bianco 2020 Laven Bio di Cantina Bolzano. Il nuovo vino di casa Kellerei Bozen, riservato al mercato Horeca, punta a esaltare la lava vulcanica da cui ha avuto origine la piastra porfirica bolzanina. Il nome “Laven” non è infatti un caso.

«Il porfido bolzanino – spiega Cantina Bolzano – è una testimonianza, rossa fiammante, dell’energia vulcanica che l’ha creata. Il magma raffreddato e cristallizzato è stato portato in superficie dalla profondità della terra. Il susseguirsi delle eruzioni ha modellato la conca bolzanina e le colline circostanti, come da un maestro artigiano».

Una storia baciata dalle radici delle piante di Chardonnay, Pinot Bianco e Pinot Grigio, le tre varietà scelte per la prima “edizione” di Laven Bio 2020. «Il nostro nuovo vino bianco biologico racconta questo sottosuolo speciale, su cui crescono le viti. Unisce le tre varietà di punta dell’Alto Adige, allevate a Guyot sui terreni porfirici intorno a Bolzano e sul Renon, a 600 metri sul livello del mare».

Le uve maturano alla luce del sole del sud, prima di essere raccolte a mano e pressate in modo molto delicato. Fermentazione alcolica e malolattica si compiono sulle fecce fini. L’affinamento avviene  in contenitori di cemento, rovere (Pyramid) e acciaio.

Le scelte dell’enologo Stefan Filippi e del management di Cantina Bolzano – alla presidenza Michael Bradlwarter e alla direzione Klaus Sparer – sono tutte volte a conferire un carattere unico alla nuova release. «Una cuvée – spiegano all’unisono – che nella sua naturalezza biologica ricorda le origini di Bolzano. Allo stesso tempo, è un vino molto contemporaneo».

LAVEN BIO, LA DEGUSTAZIONE

Südtirol Alto Adige Doc Bianco 2020 Laven Bio, Cantina Bolzano

Il vino si presenta nel calice di un giallo paglierino, con riflessi verdolini. Al naso è intenso ed elegante, su note molto precise di frutta esotica. Spiccano un’ananas e una papaia di perfetta maturità, per la parte polposa. La croccantezza è tutta appannaggio delle note di mela gialla, pera e pesca nettarina.

Sottofondo vanigliato, con uno sbuffo prezioso di pepe bianco che danza sulle venature minerali, pietrose. Al sorso abbina amabilmente le parti “dure” – freschezza e percezione salina, iodica – a quelle “morbide”, della frutta matura. Un gioco che accompagna tutta la beva: dall’ingresso di bocca, fruttato e salino, alla chiusura, fresca ed elegante. Perfetta la corrispondenza delle note, tra naso e palato.

Il nuovo vino bianco Laven Bio 2020 di Cantina Bolzano si abbina alla perfezione a piatti come zuppe di pesce, insalate e preparazioni a base di verdure. La buona struttura del bianco consente anche il food pairing con formaggi di media stagionatura. Importante la temperatura di servizio, attorno ai 12 gradi centigradi.

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Loazzolo Doc 2007 vendemmia tardiva Solìo, Isolabella della croce

Uve Moscato bianco in purezza per una dolce chicca dal Piemonte: il Loazzolo Doc 2007 vendemmia tardiva Solìo della cantina Isolabella della Croce. Un vino dolce speciale, che nasce da vigneti di 70 anni di età media, nel piccolo comune alle porte della provincia di Asti.

LA DEGUSTAZIONE

Naso elegantissimo per il Loazzolo Doc 2007 Solìo. Un nettare giocato più sulla complessità che sull’esuberanza di poche note, segno di un “vendemmia tardivafuori dal comune. Si spazia dalle note floreali fresche a quelle secche, dal miele alla cera d’api, dalla frutta sciroppata (albicocca, pesca, ananas) alla frutta esotica matura (papaya, frutto della passione, banana).

E, ancora, dagli sbuffi di calde spezie come la cannella e noce moscata, ai ricordi freschi di mentuccia, anice e finocchietto selvatico, sino a vaghe folate di idrocarburi. Ingresso di bocca non da meno, nel gioco di spade tra un’acidità tutt’altro che seduta e arrendevole (14 anni e non sentirli per il Loazzolo Doc Solìo 2007 ), una vena minerale stuzzicante e i ritorni di quanto avvertito già al naso.

L’ABBINAMENTO

Note ben scandite in uno spartito stratificato, in cui ogni nota gioca la sua parte, nel concerto che definisce il Loazzolo Doc 2007 Solìo di Isolabella della Croce. Chiude fresco, teso, su una vena leggerissima d’amaro che rende ancora più speciale e concreto un sorso senza la minima sbavatura. Lunga persistenza a chiudere un capolavoro, con una lunga vita ancora davanti.

Sul fronte dell’abbinamento, il Loazzolo Doc Solìo si presta ad accompagnare formaggi erborinato leggeri e salami stagionati. Perfetto anche da solo, in compagnia di un libro o di una serie tv, dopo una lunga giornata di lavoro. Del resto, c’è sempre tempo per una carezza liquida.

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Saranno famosi: i migliori assaggi all’Anteprima Grandi Cru della Costa Toscana 2021

Valorizzare le eterogeneità. L’associazione Grandi Cru della Costa Toscana nasce con l’obiettivo di portare alla ribalta alcuni dei tesori enologici più nascosti della regione. Lo fa attraverso un’Anteprima annuale dei vini prodotti nelle province di Lucca, Massa Carrara, Pisa, Livorno e Grosseto.

Territori diversi fra loro, legati dal comune denominatore dell’influenza del Mar Tirreno. Circa 80 cantine socie, per un totale che supera di poco i 1.500 ettari e i 5 milioni di bottiglie all’anno. Con oltre il 95% della produzione a regime biologico.

Un caleidoscopio di terreni, altitudini e climi, in cui giovani vignaioli che hanno salvato le vigne dei nonni dai rovi si affiancano a realtà più grandi e strutturate. “Grandi Cru della Toscana” che faticano a raccontarsi al pubblico. Al punto che alcuni produttori faticano a ottenere riscontri da parte di pubblico e critica.

PORTE APERTE AI “BIG” NELLA COSTA TOSCANA?

Recentemente, l’arrivo di alcuni capitali stranieri – soprattutto tedeschi affascinati dal “sogno toscano” – ha portato ad una piccola crescita. Ma ancora mancano investimenti in grado di dare al territorio visibilità e notorietà.

Sentimenti contrastanti quelli raccolti tra i produttori che hanno preso parte all’Anteprima 2021 dei Grandi Cru della Costa Toscana, il 26 e il 27 giugno al Real Collegio di Lucca.

C’è chi auspica l’ingresso di grandi nomi del vino italiano. E chi teme la possibile standardizzazione dei prodotti dettata dalla necessità dei “big” di fare volumi. Situazione eterogenea resa ulteriormente complessa dall’emergenza Covid.

I GRANDI CRU DELLA COSTA TOSCANA E L’EFFETTO COVID

Se da un lato il lockdown ha stroncato le vendite nell’Horeca – unico canale disponibile per la maggior parte dei vignaioli dell’associazione – dall’altro ha consentito lo sviluppo di attività parallele.

È il caso della vendita diretta, che ha permesso soprattutto ai produttori più piccoli di mitigare le perdite. Il divieto di circolazione fra regioni ha favorito invece il micro enoturismo locale, in cantina.

Un’occasione nuova per raccontare le storie di uomini dediti ad una viticultura per certi versi “eroica”, ad un pubblico che in molti casi ne ignorava (ed ignora) l’esistenza.

Nuove formule che affiancano alla vendita del prodotto uno storytelling che è, forse, l’unica vera arma di comunicazione nelle mani di un territorio – anzi di territori – erroneamente considerati “minori”, nel mare magnum delle denominazioni della Toscana.

I MIGLIORI ASSAGGI DI WINEMAG.IT ALL’ANTEPRIMA 2021

Maestà della Formica

È Andrea Elmi con la sua cantina Maestà della Formica a cogliere più di chiunque l’attenzione. Il coraggio di fare Riesling Renano in Garfagnana, con una vigna a mille metri sul livello del mare, sulle Alpi Apuane. Ne risulta un vino freschissimo e dagli inconfondibili profumi. Coinvolgente e ricco nonostante i soli 10,5% abv (annata 2019).

Appena 1,8 ettari che danno vita a circa 8.500 bottiglie. In gamma, oltre al Riesling, anche l’Igt Toscana Bianco “Vignesparse”, da uve Trebbiano e Malvasia, l’Igt Toscana Rosso “Gamo” (Syrah, Sangiovese, Gamay, Abrusco) ed il rifermentato “Drankante” (Sangiovese, Moscato d’Amburgo, Ciliegiolo, Abrusco).

A fianco della produzione vinicola Maestà della Formica affianca la coltivazione di erbe e bacche tipiche delle Alpi Apuane e la produzione di conserve di frutti di montagna. Una realtà che da sola è il simbolo dell’eterogeneità di questi territori.

Azienda Agricola Il Verzale

Azienda agricola famigliare di Bigliolo di Aulla (MS), comune più famoso per il Fagiolo di Bigliolo che per il vino. Solo 2 mila bottiglie prodotte per mano del giovane Matteo Del Rio che ha ripreso nel 2019 ad imbottigliare recuperando la produzione di famiglia.

Il bianco “Verzalo” 2019 (80% Vermentino, 20% Sauvignon) è fresco, minerale e non indugia nella piacioneria aromatica del Sauvignon. Freschezza e croccantezza del frutto che contraddistingue anche i due rossi “Origini” 2019 (85% Merlot, 15% Ciliegiolo) e “Origini” 2020 (100% Merlot).

Cantine Belmesseri

Uso di uve autoctone ed internazionali anche per Cantina Belmesseri di Vignola di Pontremoli (MS). Uve che danno vita ai cinque vini dell’azienda fra cui spicca il bianco macerato Igt Toscana “Lagrà” (40% Vermentino, 20% Durella, 20% Albarola, 20% Sauvignon).

Erbe aromatiche, mentuccia, macchia mediterranea ed un frutto tropicale maturo che introducono ad un sorso piacevole, pieno e con un leggero tannino che invita all’abbinamento gastronomico.

Tenuta dello Scompiglio

Oltre 200 ettari, di cui 5 vitati e gli altri gestiti a bosco, per una realtà ben strutturata che punta anche sull’accoglienza, l’arte e le energie rinnovabili. Sei i vini Igt Toscana Rosso in gamma. Fra essi “Lavandaia, Nuova” (Sangiovese) è il più fresco e beverino, l’unico a non fare uso di legno.

“Lavandaia, Madre” (Sangiovese, Colorino, Canaiolo) nasce dalle viti più vecchie della tenuta da cui sono state clonate le altre vigne. Caldo e rotondo unisce sentori di frutti rossi maturi ad un marcato terziario di spezie e boisé. Ingresso di diritto tra i migliori assaggi all’Anteprima Grandi Cru della Costa Toscana 2021.

Società Agricola Le Palaie

Numeri più importanti per Società Agricola Le Palaie, di Peccioli (PI). Sessantamila bottiglie e progetti di crescita per i prossimi anni. Nella gamma colgono l’attenzione l’Igt Toscana Bianco “V” (100% Vionger), dal naso ricco ed aromatico e dal sorso sapido, e l’Igt Toscana Rosso “Gatta ci Cova” (50% Sangiovese, 50% Merlot), fresco, teso e verticale.

Azienda Agricola Suveraia

Circa 7,5 ettari a Monterotondo Marittimo (GR). Una gamma che va dal Monteregio Doc Vermentino 2020, fresco e molto sapido, al Doc Monteregio “Bacucco di Suveraia”, un rosso caldo ed avvolgente che strizza l’occhio ai mercati internazionali.

Nel mezzo l’Igt Toscana “Nocchiarello” 2020, ottenuto dal vitigno autoctono Nocchiarello Spiga di Grano, recuperato dalla cantina Sassotondo in collaborazione con il Crea di Arezzo ed inserito nel registro nazionale solo nel 2017 dopo 15 anni di lavoro.

Un bianco vinificato in anfora dal naso complesso che spazia dalle erbe aromatiche alla scorza di limone. Note floreali e di frutta bianca che nascondo una nota minerale delicata ma ben presente. Sorso avvolgente, fresco, sapido e con una chiusura leggermente amaricante.

Cantine Biagiotti

Viti vecchie quelle di Cantine Biagiotti di Lucca. Ferdinando Biagiotti racconta con orgoglio di quando nel 2005 ha liberato dai rovi una vecchia vigna di Sangiovese, Ciliegiolo e Merlot da cui oggi nasce L’Igt Toscana “Steccofino”, un rosso che fa della complessità al naso e della grande freschezza al palato la sua chiave di lettura.

Fattoria Varramista

Azienda storica i cui primi documenti risalgono al XV secolo. Vini che «hanno la pretesa di essere bevuti». Ed infatti l’Igt Toscana “Varramista” 2015 è un Syrah in purezza dotato di grande slancio. Pienezza del frutto e freschezza che lo rendono un vino di prospettiva ma anche immediatamente godibile.

Colline di Sopra

Al Syrah di Varramistà fa da contraltare l’Igt Costa Toscana Syrah di Colline di Sopra. Un utilizzo del legno nuovo nettamente più marcato che regala evidenti note di vaniglia e spezia dolce, che si integrano col frutto senza soffocarlo.

Poggio Levante

Menzione speciale tra i migliori assaggi all’Anteprima Grandi Cru della Costa Toscana 2021 per l’Igt Maremma Toscana Vermentino “Unnè” 2018 di Poggio Levante. Un vino in grado di spiazzare.

Al naso regala note di idrocarburo più simili a certi bianchi centro europei che ai vini della Costa Toscana. In bocca ecco tronare il varietale accompagnato da un’acidità affilata e da grande sapidità.

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Il Passatempo di Conti degli Azzoni: voce del verbo Montepulciano

Sarà per quel nome, che strizza l’occhio alle lancette dell’orologio. Fatto sta che, nelle Marche, c’è un Montepulciano capace di sfidare il tempo e i grandi riferimenti nazionali. È il Passatempo di Conti degli Azzoni, etichetta portabandiera della cantina di Montefano, in provincia di Macerata.

La prova della sua longevità in una verticale dalla prima annata prodotta, la 2000. L’ha voluta Valperto degli Azzoni, che conduce l’azienda con i fratelli Aldobrando e Filippo, modellandola anno dopo anno su canoni di tipicità e sostenibilità.

Valperto degli Azzoni e Lorenzo Gigli

Concetti perfettamente incarnati nelle 3.500 bottiglie annuali del Marche Igt Montepulciano Passatempo, frutto di una porzione di vigna che da quest’anno sarà certificata biologica. Un vino che nasce nella zona più vocata (ed eroica) dei 130 ettari vitati di Conti degli Azzoni, che comprende piante di oltre 50 anni, in forte pendenza.

In cantina sono invece in corso sperimentazioni con i lieviti indigeni, a cura dell’enologo Salvatore Lovo e del cantiniere Lorenzo Gigli. I risultati, sull’annata 2017, sintetizzano la quotidiana evoluzione di Conti degli Azzoni. Una cantina che si conferma tra le più vivaci e intraprendenti del panorama nazionale.

IL PASSATEMPO IN VERTICALE, DAL 2000

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2017 (anteprima)

Vino degustato in anteprima, non ancora in commercio. Si presenta alla vista di un rubino denso, dall’unghia luminosa e promettente. Naso con accenni selvatici sul frutto, tanto maturo da sfiorare la confettura (ciliegia, lampone, more) senza addentrarvisi e conservando di fatto una certa integrità e croccantezza.

Al palato, una gran freschezza e un allungo sapido, pregevole, fanno da contraltare all’attesa morbidezza. Vino opulento, che riempie bene la bocca, in maniera misurata ed elegante. Già chiare le sue potenzialità. Sarà un vino di gran carattere. Uno di quelli che non stancano mai, anche da soli, lontani dal piatto.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2016

Il calice della verticale racconta l’affinità assoluta con una delle migliori annate del Passatempo di Conti degli Azzoni, ovvero la 2011. Un’etichetta rientrata nella Top 100 Migliori Vini italiani 2021 di WineMag.it.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2015

Colore leggermente meno carico, decisamente più luminoso. Naso che è un trionfo di piccoli frutti di bosco, una spremuta di fragoline e di ciliegie perfettamente mature. Sullo sfondo la macchia mediterranea, le sue erbe aromatiche, un tocco rinvigorente di pepe.

Il sorso è più fresco che denso, ma nonostante ciò colpisce per l’avvolgenza, complice anche un tannino elegantissimo. Una trama, quella tannica, più evidente nel finale, unita a ritorni terziari caldi, tra il cioccolato e la vaniglia bourbon. Una chiusura di sipario asciutta, pulita, garbata. Vino che ha ancora moltissimo da dare, nel tempo.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2013

Annata piovosa. Colore che tende, almeno nei riflessi e nell’unghia, a granare. Naso profondo, che racconta dell’incontro tra tabacco, spezie orientali (cumino, curcuma) ed erbe mediterranee, da macchia. Meno cioccolato e più fondo di caffè. Ancor più marcati i ricordi di liquirizia dolce. Il frutto non manca.

È maturo, rosso e nero. È ciliegia ma anche mora di rovo e lampone, ma anche prugna. L’ossigenazione libera addirittura ricordi d’arancia rossa, tra il succo e la scorza. Il sottofondo di spezie si fa sempre più marcato, sino a divenire il palco su cui si esibisce il frutto.

Si liberano anche ricordi di cuoio. Sorso che riflette questa complessità, con il frutto che si rivela tuttavia un filo pastoso. Ci lavora bene sopra il tannino, asciugando la materia in “eccesso” e regalando un finale asciutto, fresco.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2011

Annata siccitosa. Rosso che tende al granato. Primo naso su un netto ricordo di tamarindo e arancia rossa, che si stacca completamente dalle precedenti annate. L’impressione è quella di un vino teso, aggrappato alla vita con tutte le proprie forze. Uno sforzo che ne snellisce il profilo, senza tuttavia svuotarlo. La parte speziata è preziosa, a sua volta più asciutta ed evoluta rispetto a quella degli altri calici. Goudron.

Liquirizia, quasi un tocco di zafferano. Ciliegia, lampone, fragolina. Pepe e mentuccia. Più passa il tempo più il frutto prende parte al gioco. Il sorso mostra una perfetta corrispondenza col naso. È scaltro, fresco e quasi affilato, profilo sapido e fruttato si dividono la beva con l’alleato di sempre: quel tannino elegante, presente in tutte le annate di Passatempo. Chiude sul fondo di caffè, su una tostatura che ricorda l’orzo. Tannino e sapidità. Best of dell’ultimo decennio di annate.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2008

Assonanza assoluta con la vendemmia 2013. Qui, però, con qualche anno in più sulle spalle. A 13 anni dalla vendemmia, il nettare affronta il calice più contratto rispetto ad altre vendemmie. Ennesima prova di quanto il Passatempo di Conti degli Azzoni sia un’etichetta capace di riflettere l’annata. Nel bene e nel male, senza compromessi.

Marche Igt Montepulciano Passatempo 2000

Sorprende per vivacità, integrità del frutto, freschezza assoluta ed eleganza della trama tannica. Qualcosa in grado di snodarsi tra le morbidezze dell’età e una terziarizzazione tanto misurata da apparire il risultato di un lifting, più che di un fisiologico invecchiamento.

Un vino dal quale dipendono le sorti di tutti gli altri. La prima pietra di una storia che continua, a 21 anni di distanza. La sfida alle lancette del Passatempo è iniziata qui. Un vino geneticamente coniugato al futuro. Dal nome all’etichetta, passando per il calice.

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Alto Adige Doc Valle Isarco Grüner Veltliner 2019 “Aristos”, Eisacktaler Kellerei

È Cantina Valle Isarco, Eisacktaler Kellerei, a regalare con “Aristos” una versione ricca ed elegante del Grüner Veltliner. Vitigno molto diffuso in Austria ma che ha trovato nelle pieghe e nelle sfumature della Valle Isarco il suo territorio d’elezione su suolo italiano.

LA DEGUSTAZIONE

L’Alto Adige Doc Valle Isarco Grüner Veltliner “Aristos” 2019 veste il calice col suo color giallo paglierino. IL naso regala belle note tropicali, soprattutto mango. Grandissimo equilibrio e grandissima freschezza.

Chiusura salina contornata da agrume ed albicocca non matura. Uno dei cosiddetti “vini verticali”, affilati come lame, in grado di mostrare appieno il prezioso terroir della Valle Isarco, in Alto Adige.

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Langhe Doc Nas-Cëtta del Comune di Novello “Pasinot” 2018, Le Strette

Un vitigno bianco autoctono piemontese che, a lungo dimenticato per far posto al più famoso e redditizio Nebbiolo, vive ora di una rinnovata notorietà. La Nas-Cëtta del Comune di Novello, Doc che ha compiuto i 10 anni nel 2020, conta oggi tredici ettari di produzione per un totale di 80 mila bottiglie all’anno suddivise fra 11 produttori.

Fra essi il “cru” Pasinot, una collina calcarea a sud del comune di Novello, appena fuori dalla zona di produzione del Barolo. È da questo vigneto, il più antico ancora esistente a Novello, che l’Azienda Agricola Le Strette produce il Langhe Doc Nas-Cëtta del Comune di Novello “Pasinot”, qui nell’annata 2018

LA DEGUSTAZIONE

Giallo paglierino luminoso con riflessi dorati. Al naso sentori delicati di fiori e una bella vena minerale. Evolve poi su note di frutta esotica. In bocca, la Nas-Cëtta Pasinot dà il meglio di sé con la sua viva mineralità. Una nota che controbilancia il frutto esotico maturo ed è ben presente anche nel retro olfattivo. Lunghissima la persistenza.

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I migliori Sagrantino di Montefalco 2017 all’Anteprima 2021

Tanta frutta ed esuberanza, abbinata nei migliori dei casi a una riequilibrante freschezza e balsamicità. Il Sagrantino di Montefalco 2017 si presenta all’Anteprima 2021 in una veste diversa da quella comune. Ovvero con una prontezza di beva maggiore rispetto ai canoni della Denominazione.

«Un’annata difficile – evidenzia Filippo Antonelli, presidente del Consorzio Tutela Vini Montefalco – a cui abbiamo assegnato 3 stelle su 5, pari a 88 centesimi. L’annata precedente, la 2016, era stata valutata 5 stelle, pari a 95/100»

Per noi produttori, la 2017 è stata un’annata drammatica. Non certo dal punto di vista qualitativo, bensì sotto il profilo quantitativo. Basi pensare che sono stati rivendicati 22 mila ettolitri, rispetto alla media di 40 mila.

Quasi un 50% di differenza, derivato non solo da una stagione calda e da una generale carenza di acqua, almeno sino alla seconda decade di settembre 2017, ma anche da una gelata primaverile».

Una vendemmia, in definitiva, molto simile alla 2003. «Con la differenza – precisa Antonelli – che siamo diventati molto più bravi in vigna, nell’arco dei 18 anni che separano le ultime due annate molto calde. L’esperienza maturata si è tradotta in un risultato di molto superiore al 2003».

L’assaggio alla cieca dei 44 campioni di Sagrantino di Montefalco 2017 conferma la visione di Antonelli. L’estate torrida di Montefalco si è trasferita dalla vigna al calice, col suo carico di frutta matura.

Un’annata sfidante, che mette in risalto le abilità agronomiche ed enologiche dei produttori della Denominazione. A preoccupare, piuttosto, è la presenza di qualche campione condizionato da agenti che, con il meteo, hanno poco a che fare.

I MIGLIORI SAGRANTINO DI MONTEFALCO 2017

Moretti Omero: 86/100
Frutto succoso, perfettamente maturo. Ricordi lontani di tamarindo, macchia mediterranea e mentuccia. In bocca conferma il suo carattere giocato su frutto, succosità e bevibilità. Tannini che lavorano bene, nel contesto di un sorso di buona prontezza e godibilità.

Fattoria le Mura Saracene – Goretti: 87/100

Naso ampio, esuberante. Mora di rovo in gran evidenza in un quadro che, per pienezza, sfiora i canoni dell’aromaticità. Con l’ossigenazione, il frutto si fa sotto spirito, tra la fragolina di bosco e la ciliegia. Tannino che risponde piuttosto bene alla sollecitazione glicerica. Vino in netta evoluzione positiva.

Tenute Baldo: 89/100

Rosso rubino mediamente trasparente. Al naso risulta profondo e balsamico, andando ben oltre le note fruttate pronte. Vira su ricordi di amarena, erbe aromatiche e chiodo di garofano. In bocca è elegante, strutturato ma fine, molto gastronomico e territoriale.

Antonelli San Marco: 91/100

Sagrantino di Montefalco di un rosso rubino mediamente trasparente. Al naso una buona componente balsamico vegetale affianca il frutto pieno, di perfetta maturità. Ciliegia, fragola, mentuccia, un tocco di mora di rovo. In bocca una buona morbidezza in ingresso, seguita poi da una riequilibrante fase fresco acida. Tannino presente, elegante. Buona persistenza. Ottima gastronomicità ed equilibrio. Naso cambia poi su verde e fieno.

Terre de la Custodia: 87/100

Vino giocato sulla prontezza di beva: frutto pieno ma non strabordante, buona freschezza ed equilibrio tattile.

Agricola Mevante: 91/100

Naso e bocca interessanti per prontezza e, al contempo, prospettiva. Particolarmente apprezzabile la pienezza del frutto, tra succosità e croccantezza. Bene anche la componente vegetale e balsamica. Incuriosisce la nota d’arancia rossa, tra il succo e la buccia, che in bocca conferisce freschezza. Tannino elegante, di prospettiva.

Tudernum “Fidenzio”:  88/100

Prontezza e grande bevibilità, tra frutto e note balsamiche.

Colpetrone – Tenute del Cerro “Memoira”: 90/100

Bella presenza al naso, mentre la palato si potrebbe chiede un po’ più della semplice piacevolezza del frutto. In realtà, dopo un centro bocca sull’altalena delle morbidezze, il nettare torna teso, pieno e fresco, anche grazie a un apporto non sbavato dei terziari. Vino con ottime prospettive di ulteriore crescita, in un’annata difficile da cogliere nel pieno come quella del Sagrantino di Montefalco 2017.

Terre de’ Trinci: 86/100

Un Sagrantino fresco e sanguigno, su chiare note di arancia rossa e venature ematiche. In bocca tannino sostanzialmente pronto. L’ottimo lavoro in vigna, per centrare l’epoca di raccolta in un’annata calda, si traduce in un nettare di pronta beva. Un rosso agile e schietto, che sulla via della semplificazione ha perso un po’ di tipicità.

Valdangius “Fortunato”: 88/100

Vino carico, nel colore e nei profumi. Fiori, frutta, una buona componente vegetale, balsamica. Nota quasi di inchiostro e di arancia rossa. In bocca un’esplosione di frutta (ciliegia, fragolina di bosco, lampone) ben corroborata dalla freschezza e da un tannino ben calibrato. Pronto e di prospettiva.

Lungarotti: 87/100

Color rubino dai riflessi granati, luminoso, per questo Sagrantino di Montefalco 2017. Bella componete di frutto al naso, che al naso vira sullo stramaturo. Vino al momento molto shakerato, ma di buona prospettiva.

Tenuta Colfalco: 90/100

Naso elegante e bocca che si divide tra frutto e note vegetali eleganti. Apprezzabile anche al palato la vena vegetale e di arancia rossa, su tannino piuttosto elegante. Vino che ha bisogno di tempo per amalgamarsi, ma che lascia intravedere un’ottima visione d’insieme.

Montioni: 90/100

Bel naso elegante, su frutto preciso, millimetrico in termini di maturità ed espressione (tra i più notevoli della degustazione). Non mancano venature balsamiche e un tocco di spezie dolci. Il palato conferma le aspettative: ottima prontezza, tannino dolce e freschezza. Manca solo il graffio finale: quel po’ di carattere in più, per il salto assoluto di “categoria”.

Colle Ciocco:  85/100

Vino che convince più al naso che al palato, con le sue note quasi aromatiche di frutta nera, come una netta mora di rovo. In bocca scivola via sull’esuberanza del frutto e dell’alcol, su tinte di liquirizia.

Pardi: 87/100

Colore piuttosto carico e note che portano alle more e ai frutti di bosco. Vino emblema della prontezza di beva della vendemmia 2017. La speranza è che il futuro affinamento in bottiglia integri bene le note di legno.

Perticaia: 92/100

Uno dei “nasi” più convincenti in assoluto della degustazione, tra frutto rosso di bosco, una tipicissima nota di mora di rovo e nette venature talcate. Il legno è presente sia al naso che al palato, ma è ben controbilanciato dalla “matericità” del frutto. A rendere elegante il profilo di questo Sagrantino è anche la spinta fresco acida, ben abbinata a profondità di spezia e balsamicità. Vino pronto e di prospettiva.

Terre di San Felice: 87/100

Vino che si apre col passare dei minuti nel calice, regalando un naso ampio, più in profondità che sulla larghezza del frutto. Note nette di sottobosco, fogliame primaverile bagnato, origano, accenni di liquirizia dolce e chiodo di garofano. In bocca una vena balsamica che non appesantisce il sorso, anzi conferisce freschezza. Tannino tipico, in fase di integrazione. Buono oggi, ancora meglio domani.

Benedetti&Grigi: 87/100

Succosità, tannino in fase di integrazione, accenni balsamici e resinosi. Vino destinato ad amalgamarsi presto e dare soddisfazioni nel medio periodo.

Bocale: 95/100

Naso ampio, pieno, su frutto ed erbe aromatiche: splendido, stacca gran parte dei campioni in degustazione. Variegata alternanza di note: si passa da una ciliegia matura, molto precisa, a una mora di rovo densa, tipicissima. Pregevole anche la trama balsamica, che si allunga dal naso al palato, al retro olfattivo. Il tutto con un tannino in camicia e di prospettiva. Uno dei migliori Sagrantino di Montefalco 2017 all’Anteprima 2021.

Tenuta di Saragano “Saragano”: senza voto

Naso non pulitissimo, che spinge sullo fondo un bel frutto. La vena succosa si conferma al palato, sempre in secondo piano rispetto a note vegetali e balsamiche al momento disordinate. Campione in affinamento, certamente da rivalutare nei prossimi mesi.

Plani Arche “Apoca”: 87/100

Bel naso ampio, su un frutto piuttosto preciso, ampio, che con l’ossigenazione si fa sotto spirito. Tannino chiaramente in fase di integrazione per un campione in punta di piedi. Con un tocco in più di materia, al palato, sarebbe stato ancora più apprezzabile.

Luca di Tomaso: 95/100

Vino decisamente sulla strada giusta. Un campione di botte che rivela un frutto succoso, pieno, di rara concentrazione e pulizia nell’intero contesto dell’Anteprima 2021 del Sagrantino. Tannino che si sta vestendo a festa, tra i tratti che denotano prospettiva, carattere e tipicità, al lavoro su un frutto polposo e su una bella trama balsamica, profonda. Vino risultato di un lavoro certosino, tanto in vigna quanto in cantina.

Di Filippo “Etnico”: 89/100

Rosso carico. Al naso frutta piena, come ciliegia e lamponi, ma anche vene speziate, sia calde (quasi opulente) che mentolate, fresche, preziose. Super frutto e tannino di prospettiva, con le due fasi (dura e morbida) abbinate molto bene. Vino che nel tempo avrà grandissima godibilità ed equilibrio.

Tenuta Bellafonte “Collenottolo”: 93/100

Colore rubino mediamente trasparente per questo Sagrantino di Montefalco 2017. Naso su erbe officinali, mentuccia, liquirizia dolce. Al palato una buona componente fruttata viene riequilibrata da acidità e balsamicità. Tannini dolci, quasi sospesi, ad asciugare l’esuberanza del frutto.

Romanelli “Terra cupa”: 94/100

Bel compromesso tra fiori, frutto pieno, balsamicità e legno in integrazione. Vino piuttosto pronto, alcol ben integrato, che conferisce ulteriore piacevolezza. Buona rappresentazione del vitigno in una versione molto godibile e vera. Lettura autentica dell’annata, sia in vigna che in vinificazione.

Plani Arche: 85/100

Vino estremamente pronto sul fronte del tannino e del frutto, al momento in fase di assestamento.

Di Filippo: 91/100

Estrema tipicità, su tutti i fronti. Ma soprattutto uno sguardo fedele sull’annata, gestita in vigna (ancor più che in cantina) in maniera ottimale. Il frutto pieno scalpita sotto la coltre balsamica e speziata. Tannino di prospettiva, graffiante il giusto. Darà soddisfazioni.

Ilaria Cocco “Phosano”: difettato (5 bottiglie), senza voto
Fattoria Colsanto: 85/100

Vino condizionato dal legno, tanto in bocca quanto al naso. Chiude su vaniglia e caffe, tra i più netti dell’Anteprima, assieme al Sagrantino del Carapace. Poca espressività territoriale.

Moretti Omero “Vignalunga”: 84/100

Vino che non spicca in termini di pulizia e ordine.

Arnaldo Caprai “Valdimaggio”: 91/100

Vino pieno, dal frutto colto in maniera ineccepibile. Abbina la prontezza di beva dell’annata 2017 ad ottime prospettive di affinamento. Guarda certamente ai mercati internazionali, per il lavoro molto sapiente compiuto in vinificazione su tannini e tostature dei legni.

Adanti “Arquata”: 84/100

Altro vino che si rivela piuttosto morbido, nonostante la presenza di un tannino vivo. In fase di assestamento al momento, troverà un maggiore equilibrio a partire dai prossimi mesi.

Le Cimate: 86/100

Frutto grondante di succo, tannino elegante in fase di integrazione. Prospettiva media.

Scacciadiavoli: 88/100

Al naso note di arancia rossa, ematiche, oltre ai tipici frutti della Denominazione. Palato austero il giusto, bella prospettiva. Vino certamente giocato sull’eleganza più che sulla potenza, senza rinunciare alla tipicità.

Tenuta Castelbuono Lunelli “Carapace”: 85/100

Vino piuttosto commerciale, condizionato da un legno che copre l’espressione, l’integrità e l’interezza del varietale. Avrà comunque apprezzamento sicuro in precisi mercati internazionali.

Tenuta Alzatura: 88/100

Naso sul frutto pieno, cosi come il palato. Tannino vivo, che una volta disteso (nel tempo) servirà ad asciugare la materia e l’espansività della componente fruttata.

La Veneranda: 84/100

Vino color rubino, unghia granata. Naso pieno, su frutto ed erbe fresche. Frutto succoso, vena di agrume (sanguinella) sui consueti sentori rossi (ciliegia, piccolo sottobosco). Manca un po’ di materia in bocca, in una bocca dalla vena ossidativa.

Arnaldo Caprai “Collepiano”: 89/100

Bel rosso rubino. Al naso tanta frutta, dalla mora alla fragolina di bosco, dal lampone alla ciliegia. Apporto del legno garbato. Tannini eleganti. Nel complesso, un vino che si rivela piuttosto tipico, di pronta beva.

Terre di San Felice, Vinum Dei: 89/100

Colore rosso carico. Bella speziatura nera e vegetale fresco, talcato e mentolato. Pian piano esce il frutto, dolce, pieno, carico, succoso. Aspettative pienamente confermate al palato, di ottima corrispondenza. Tannino già integrato, buona freschezza a controbilanciare l’alcol. Campione molto buono oggi, prospettive medie.

Fattoria Colleallodole: 93/100

Naso fluido, succoso, materico, in continua evoluzione nel calice. Ottima precisione delle note fruttate, piene, grondanti di succo. Bella componente vegetale elegante, mentolata, talcata. In bocca si conferma un vino pieno, altrettanto in evoluzione, connotato da un’ottima precisione del frutto e da una gran freschezza.

Tabarrini “Colle Grimaldesco”: 94/100

Colore carico, poco trasparente. Naso più balsamico che fruttato al momento, vino che ha bisogno di tempo per aprirsi nel calice e parlare di sé. C’e un bell’agrume rosso (tra il succo e la buccia) sulle note di ciliegia e di frutti di bosco. In bocca abbina l’austerità elegante del tannino e di venature sapide alla gran pulizia del frutto. Chiude asciutto, in cravatta. Vino di assoluta prospettiva.

Tabarrini “Colle alle Macchie”: 93/100

Frutto gagliardo, pieno, succoso. Elegantissima speziatura e nota vegetale balsamica. Tannino di prospettiva, che asciuga la polpa. Vino delizioso, giocato al palato su un profilo elegante, sussurrato.

Fattoria Colleallodole “Colleallodole”: 94/100

Colore pieno. Naso bocca carichi di materia, di frutto, di presenza. Tannino elegante a lavorarci sopra. Bella corrispondenza naso bocca anche sulle note balsamiche e fresche, uso del legno esemplare, aggiunge complessità con note di fondo di caffè. Vino di assoluta prospettiva che ha solo bisogno di tempo per esprimersi, anche in allungo, su altissimi livelli. 94

Tabarrini “Campo alla Cerqua”: 97/100

Il campione numero 44, l’ultimo della batteria di Sagrantino di Montefalco 2017 degustato alla cieca, si rivela essere quello del vignaiolo alieno Giampaolo Tabarrini. A carte scoperte non sorprende che sia proprio lui ad aver centrato un vino così in un’annata calda come la 2017, che pare invece frutto di una vendemmia come la 2016, fresca dalle parti di Montefalco.

Il voto sopra le righe, assegnato durante la blind, è dovuto a questo. Campo alla Cerqua 2017 è un capolavoro di precisione che comincia dalla vigna e si trasferisce in cantina. Esemplare eleganza e pienezza, stratificazione, frutto, balsamicità, equilibrio e potenziale. È nelle annate difficili che si giudicano i fenomeni.

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degustati da noi vini#02

UN-IO Bio: la nuova linea di vini ecosostenibili toscani

Due importanti realtà cooperative toscane, Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa, si uniscono in un progetto comune che punta alla sostenibilità. Nasce così UN-IO Bio, una linea di vini biologici prodotta “a quattro mani” dalle due cantine, che insieme rappresentano più di 500 piccoli produttori.

«È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme» recita la frase di Goethe riportata, non a caso, sulle etichette. Lo scopo del progetto è infatti quello di sviluppare una coscienza sempre più ecosostenibile, promuovendo uno stile di vita più responsabile nei confronti dell’ambiente.

Tre i vini attualmente in gamma e che verranno distribuiti in tutt’Italia nei prossimi mesi da Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa. Si tratta di Chianti Classico Docg, Vino Nobile di Montepulciano Docg e Toscana Rosso Igt. Tre vini Bio non solo per la provenienza delle uve ma anche per i materiali utilizzati in confezionamento.

La bottiglia è leggera per un minor utilizzo di vetro, il tappo è in sughero certificato Fsc e la capsula è biocompatibile di origine vegetale. Inoltre l’etichetta è realizzata con carta riciclata ed in parte prodotta da vinaccioli, nonché stampata con inchiostri ad acqua e fissata alla bottiglia con colle adesive provenienti dalla gomma naturale.

Un progetto non limitato alle sole Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa, ma che vuole essere aperto alle altre cooperative Toscane, di altre denominazioni. Già dalla prossima vendemmia, infatti, entreranno a far parte del progetto anche un Vermentino di Maremma Igt e un Morellino di Scansano doc.

TOSCANA ROSSO IGT 2019

Sangiovese in purezza, il 50% proveniente da San Casciano Val di Pesa ed il 50% da Montepulciano, vinificazione e affinamento in acciaio a temperatura controllata. Rosso rubino intenso accoglie con un naso fresco e immediato. Un accenno di note floreali che fanno da preambolo a note intense di frutti rossi freschi.

Una vena di scorza d’agrume ed un tocco ematico, tipico del vitigno, chiudono lo spettro olfattivo. In bocca è piacevolmente scorrevole, dotato di grande freschezza e con un tannino ben presente ma non invasivo. Ne risulta un vino piacevole e non impegnativo, ottimo compagno di piatti saporiti e non troppo strutturati.

CHIANTI CLASSICO DOCG 2018

Sangiovese in prevalenza da San Casciano Val di Pesa con saldo di Canaiolo, Colorino e Merlot. Vinificazione in vasche di cemento ed affinamento di 12 mesi in botti di Rovere di Slavonia da 70 ettolitri. Di color rosso rubino mediamente intenso si presenta ricco al naso.

Profumi compatti in cui domina una nota floreale di viola cui seguono note di frutta rossa matura. Frutti bosco e prugna che mascherano un fresco tocco agrumato ed un leggero sentore di cenere. Morbido e sapido al sorso, con tannini vellutati e ben presenti. Buona persistenza. Un vino che chiama all’abbinamento gastronomico.

VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO DOCG 2017

Sangiovese in prevalenza dall’areale di Montepulciano. Vinificazione in acciaio ed affinamento di 24 mesi in botti di Rovere di Slavonia con capacità da 35 a 85 ettolitri. Rosso rubino con riflessi violacei. Il naso apre su note di frutta rossa e nera matura.

Lampone, mora e un tocco di mirtillo cui segue un tocco di resina che regala una piacevole sensazione di sottobosco. Sapido e di buon corpo non rivela subito la sua trama tannica. Il tannino, il più vivo fra i tre vini, si rivela solo durante la buona persistenza invitando all’abbinamento con piatti succulenti.

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degustati da noi vini#02

Champagne Blanc de Meunier Extra Brut “Des Grillons Aux Clos”, Éric Taillet

Lo Champagne Blanc de Meunier Extra BrutDes Grillons Aux Clos” di Éric Taillet è speciale almeno per due motivi. In primis è un 100% Pinot Meunier che non fa rimpiangere la propria “solitudine”, rispetto alle cuvée in cui va a braccetto con Pinot Noir e Chardonnay. In secondo luogo è stato creato in esclusiva per Alberto Massucco Champagne da Éric Taillet. Il “re del Meunier“.

LA DEGUSTAZIONE

Des Grillons Aux Clos si presenta nel calice di un paglierino acceso, luminoso, vivace. Finissimo e di gran persistenza il perlage che lo anima, invitando all’assaggio. Prima, un doveroso passaggio al naso.

La sorpresa? Si va ben oltre le note di frutta esotica matura e di agrume tipiche degli Champagne ottenuti da Meunier. L’arancia stessa spazia dal candito alla buccia, dalla polpa alla sua “dura” scorza. Davvero un bel gioco, questo, sugli sbuffi di lieviti e pasticceria appena accennati.

Un quadro che si arricchisce di una parte erbacea elegantissima, anch’essa multiforme. C’è la macchia mediterranea, col suo tocco di rosmarino. Tanto quanto il sottobosco, la resina, la mentuccia e un ricordo vago, balsamico, di resina di pino.

EQUILIBRIO E RAFFINATEZZA

Un naso allegro ma fresco. Gioioso, eppure serioso. Concentrato, ma leggiadro. Quel che serve ad anticipare un palato teso, freschissimo, in perfetta corrispondenza con i profumi. L’ingresso dello Champagne Des Grillons Aux Clos di Éric Taillet – elettrico, piuttosto verticale e affilato – fa da spalla a un centro bocca dominato da ritorni di frutta a polpa gialla (ananas e pesca nettarina, su tutti).

La beva è generosa, giocata sul perfetto equilibrio tra morbidezze e durezze. Merito, anche, di una “bollicina” cremosa ed elegante, stuzzicata da una vivace sapidità. La scia minerale accompagna in un finale gustoso, godurioso. Ma sempre teso, agrumato, fresco.

Va da sé, visto il quadro appena descritto: un Blanc de Meunier che ha tutte le carte in regola per essere considerato non solo un fuoriclasse della tipologia, ma anche della tavola, per via dell’alto gradiente di gastronomicità. Il tutto tenendo conto di una malolattica non svolta e di un dosage di 1,3 g/l grammi litro, con liqueur del millesimo 2004 per la sboccatura 02/2020.

L’INCONTRO

Esattamente quello che Alberto Massucco ha chiesto a Éric Taillet, interprete esperto di quest’uva. Certo, le premesse per il successo c’erano tutte. Sin dal principio. «A mio avviso – commenta il noto selezionatore di chicche transalpine – i suoi sono indubbiamente i migliori Meunier sul mercato».

Da quando lo conosco, pian piano si è fatta strada l’esigenza di aver qualcosa di più, qualcosa che mi appartenesse, che fosse esclusivo per me e soprattutto per i miei amici e clienti.

Desideravo qualcosa di speciale, di unico. Éric, ça va sans dire, è stato geniale nel riuscire a creare uno Champagne che incontrasse con tanta sensibilità il gusto italiano».

Nasce così, per l’appunto, “Des Grillons aux Clos”. Un nome che indica le vigne di Taillet, situate tra Montigny e Baslieux sous Châtillon. Tutte piante di età superiore ai 40 anni, in “culture raisonnée”, senza erbicidi. Per soddisfare Alberto Massucco, il vigneron ha dovuto trovare il giusto bilanciamento, anche in fase di vendemmia.

Mi è piaciuto molto lavorare a questo progetto – commenta – è stato impegnativo e al contempo divertente. Non è solo mettere insieme elementi naturali che da anni mi appartengono: ho dovuto entrare nella testa, e soprattutto nel “sentire”, di Alberto».

«Ho intuito di aver imboccato la strada giusta quando ho incrociato il suo sguardo – ammette Taillet -. In quel silenzio, più di mille parole. La soddisfazione. Sua e mia». Nel mondo straordinario della Champagne, insomma, una certezza in più. Evviva.

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degustati da noi vini#02

Vino Bianco “Sabbia”, Az. Agr. Demarie

Ottenuto da uve Arneis in purezza il Vino BiancoSabbia” dell’Azienda Agricola Demarie è un macerato che incuriosisce già dall’etichetta. Un vino presente nella selezione Top 100 Migliori vini italiani 2021 di Winemag.it.

LA DEGUSTAZIONE
Colore ambrato, leggermente velato. Intenso al naso, con note di pesche e albicocche mature. Leggermente speziato, note di tè verde e camomilla. Ricco e corposo, “Sabbia” dell’Azienda agricola Demarie mostra al palato piacevoli note di frutti gialli maturi e nocciole, oltre a percezioni minerali e saline. Vino di grande pulizia, lungo e gastronomico.

LA VINIFICAZIONE
La tecnica di vinificazione prevede una lenta fermentazione delle uve Arneis in purezza, con bucce e semi, senza controllo della temperatura. Quindi, l’affinamento in barrique francesi.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Il cavaliere e la dama: Stefano Mancinelli e la sua Lacrima di Morro d’Alba

Sembra uscita da un romanzo di Alexandre Dumas, la storia di Stefano Mancinelli. Una di quelle in cui cavalieri e dame si rincorrono per il reame. Cercandosi e trovandosi dopo mille duelli. La dama di Stefano Mancinelli è un’uva chiamata Lacrima di Morro d’Alba. Nome affascinante. Assieme croce e delizia di un vitigno-vino che deve molto – quasi tutto, direbbe qualcuno – a questo appassionato vignaiolo delle Marche.

Un amore scoppiato più di 30 anni fa, nel 1985: «Avevo appena finito gli studi in Agraria a Firenze quando, tornato a casa, riuscii a convincere mio padre a imbottigliare i primi vini e a iniziare a commercializzarli. Fu un grande passo, perché sino ad allora producevamo vino per autoconsumo e per vendere lo sfuso».

Come in tutte le storie a lieto fine, contano anche le coincidenze. Di rientro dalla Toscana, Stefano Mancinelli si ritrova infatti al posto giusto, al momento giusto. Il 1985 è l’anno in cui il Lacrima di Morro d’Alba diventa Doc e in cui l’azienda di famiglia inizia a crescere, dai 7 ettari originari (oggi sono 25). Ma non furono tutte rose e fiori.

In seguito al riconoscimento ministeriale ci fu un periodo di stasi. I produttori della zona non si innamorarono subito del vitigno, continuando pressoché per il successivo decennio a considerarlo un figlio minore di Verdicchio, Montepulciano e Sangiovese. Serviva una svolta, insomma».

LA SVOLTA
Fu così che Stefano Mancinelli si mise in testa di cambiare le sorti della Lacrima di Morro d’Alba, denominazione che nel 2020 ha visto una produzione di 1,7 milioni di bottiglie, su 207 ettari rivendicati. Come? Stravolgendone la tecnica di vinificazione tradizionalmente in uso in questo angolo delle Marche.

«Il vitigno – sottolinea Stefano Mancinelli – ha, tra virgolette, due ‘problemi’, in parte suggeriti dal suo stesso nome: si chiama così perché l’acino, una volta maturo, tende a spaccarsi e lacrimare, perdendo succo e quindi storicamente reddito, per i mezzadri; inoltre ha una buccia particolarmente ricca di antociani e tannini, che si trasferiscono nel vino, rendendolo “duro”, quasi “acetico” dopo il primo anno di vita».

Ecco perché se si chiede a un anziano di Morro d’Alba quando bisogna bere la Lacrima, la risposta è una sola: «Da giovane». In realtà, tutto è dovuto appunto alla vinificazione. «Quello che feci – rivela a WineMag.it il vignaiolo marchigiano – fu ridurre il tempo di macerazione sulle bucce, passando dai 20 giorni usuali a meno di 2».

Il risultato è chiaro in tutti i vini rivoluzionari di Mancinelli. Come il Lacrima di Morro d’Alba Doc Superiore 2018, in degustazione durante l’ultimo appuntamento organizzato dall’Istituto marchigiano vini (Imt) con la stampa di settore.

Della “tradizione” restano l’inconfondibile colore intenso, purpureo, dall’unghia più o meno violacea, nonché la carica aromatica esplosiva che fa di questo vino «l’alter ego, in rosso, del Sauvignon Blanc», come piace definirlo a un altro noto produttore della zona, Piervittorio Leopardi della cantina Conte Leopardi Dittajuti.

Al naso, il primo scatto in avanti: le percezioni fenoliche di altri vini della Doc lasciano spazio a ricordi di radici di liquirizia, rabarbaro e china, ad arricchire un pugno stretto di frutta a bacca rossa e nera, grondante di succo.

E al palato, la dolcezza del tannino trova nella spalla acida e nella sapidità un degno alleato nella costituzione di una spina dorsale ritta, verticale, attorno alla quale danza l’abbondanza dei frutti, già avvertiti al naso.

Una perfezione tecnica che si fa poesia nel vino di Stefano Mancinelli, a riprova che l’amore è assieme cura, ricerca, dettaglio, parole sussurrate all’orecchio e al cuore. Ma anche desiderio, brama, voglia di possessione ed esuberanza.

LA CERTIFICAZIONE GENETICA
Che Mancinelli sia nato per la Lacrima di Morro d’Alba (o la Lacrima di Morro d’Alba per Mancinelli?) è provato anche dal certificato richiesto nel 2004 al laboratorio di analisi Bioaesis di Jesi (AN), specializzato nella ricerca del Dna, «per analizzare e certificare, con esattezza tecnica, che il prodotto ottenuto dall’azienda sia realizzato esclusivamente con uva di Lacrima».

Qualcuno – commenta il vignaiolo marchigiano – mi ha accusato di voler dire, con questa Certificazione genetica, che la mia Lacrima è più buona di quella degli altri. In realtà abbiamo pensato a questo studio perché il Lacrima di Morro d’Alba è un vitigno talmente “prevaricante” da risultare preponderante anche in vini in cui è presente solo al 20%».

Un pregio, ma anche un «limite per la Doc». Secondo Stefano Mancinelli, infatti, «non è poi così certo che tutte le Lacrime in commercio siano prodotte con Lacrima in purezza, contrariamente a quanto dichiarato».

«Un aspetto – chiosa il vignaiolo marchigiano – che può essere confermato solo da un’analisi di laboratorio, sul vino già in commercio. Per questo, pensando al futuro della Denominazione, mi auguro vengano fatti più controlli da parte degli organismi competenti».

Uva, amore, passione, gelosia: c’è tutto. Avesse avuto l’opportunità di incontrarlo, Alexandre Dumas avrebbe lasciato in eredità alla storia cinque moschettieri. Non quattro. Athos, Porthos, Aramis, D’Artagnan. E Stefano. Mancinelli, s’intende. Prosit.

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Che vino regalare per la Festa della Mamma del 9 maggio? Sei consigli dalla Top 100

A caccia di vini per la Festa della Mamma del 9 Maggio? I nostri consigli si concentrano sulle etichette premiate dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it, in particolare su due spumanti Metodo classico da Emilia Romagna e Campania, due bianchi da Alto Adige e Piemonte, un rosso dalla piccola Doc Capriano del Colle (Brescia, Lombardia) e un Marsala Vergine d’annata 1995.

  • Vsq Metodo classico 2016 Rosato “Il Pigro”, Romagnoli
    Un petalo di rosa colora il calice. Delicatezza anche al naso, con note di piccoli e precisissimi frutti rossi. Tocco di agrumi. Al momento, il miglior spumante metodo classico della gamma di Romagnoli, non ultimo per la finezza del perlage. Un’etichetta che alza l’asticella degli Champenoise prodotti in provincia di Piacenza, zona che sta trovando anno dopo anno il proprio equilibrio.
  • Vsq Metodo classico 2017 Caprettone “Pietrafumante”, Casa Setaro
    Il calice si tinge di un giallo paglierino dai riflessi dorati. Il vino è da premio, dall’ingresso alla lunga chiusura. Un percorso arrotolato attorno a un agrume delizioso. Il resto è freschezza, salinità, pienezza. Spensieratezza e gastronomicità.
  • Alto Adige Doc Valle Isarco Grüner Veltliner 2019 “Aristos”, Eisacktaler Kellerei
    Giallo paglierino. Naso che regala belle note tropicali, soprattutto mango. Grandissimo equilibrio e grandissima freschezza. Chiusura salina, contornata da agrume ed albicocca appena matura. Uno dei cosiddetti “vini verticali”, affilati come lame, in grado di mostrare appieno il prezioso terroir della Valle Isarco, in Alto Adige. Un vino perfetto per una Festa della Mamma di carattere.
  • Colli Tortonesi Doc Derthona Timorasso 2018 “Grue”, Pomodolce
    Giallo paglierino, riflessi dorati. Bel naso talcato. Frutta matura, macchia mediterranea e mentuccia a donare freschezza. Alcol presente, che deve integrarsi, ma non disturba. Palato pieno, freschezza assoluta con ritorni di frutta matura. Lunghissimo.
  • Lombardia Capriano del Colle Doc Marzemino 2019 “Berzamì”, Lazzari
    Rosso rubino tendente al trasparente. Bellissimo frutto, preciso. Ammalianti note di fiori, soprattutto di viola. In bocca bella freschezza, con ritorni di spezia. Ottima declinazione del vitigno.
  • Marsala Vergine Riserva Doc 1995 “La Villa Araba”, Martinez
    Non c’è Festa della Mamma senza un grande vino “dolce”. In questo caso, un pezzo di storia di Marsala nel calice, in tutti i sensi. La cantina di Carlo Martinez è uno degli emblemi della grandezza eterna della città del vino della Sicilia, che con questa etichetta tiene alta la bandiera di una denominazione sciaguratamente snobbata (e maltrattata). Peraltro, rapporto qualità prezzo eccezionale per “La Villa Araba”.
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degustati da noi vini#02

Franciacorta Pas Dosè “Essence Nature” 2015, Antica Cantina Fratta

Rappresentante di un territorio che non ha bisogno di presentazioni, il Franciacorta Dosaggio ZeroEssence Nature” di Antica Cantina Fratta nasce dall’assemblaggio di uve Chardonnay e Pinot Nero. Qui nel millesimo 2015, sboccatura gennaio 2020.

LA DEGUSTAZIONE
Giallo paglierino carico con perlage fine e persistente. Ampio al naso apre su note fresche d’agrume e frutta bianca cui seguono leggeri sentori speziati ed una piacevole vena di frutta secca che accompagna l’immancabile “crosta di pane”.

In bocca è pulito, fragrante ed equilibrato con una spiccata acidità che rende il sorso quasi croccante. Buona corrispondenza naso-bocca anche nel retro olfattivo, di buona persistenza. Un Franciacorta che sarebbe sprecato relegare solo all’aperitivo.

LA VINIFICAZIONE
70% Chardonnay e 30% Pinot Nero vendemmiati a partire dalla metà agosto quando le uve raggiungono la corretta maturazione zuccherina e conservano ancora notevole acidità e freschezza. Essence Nature riposa per un minimo di di 36 mesi sui lieviti e dopo la sboccatura le bottiglie riposano ancora in cantina per altri 5-6 mesi senza aggiunte di sciroppo di dosaggio.

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Jako Wine: la “cantina che non c’è” di Berti e Barzan, i globetrotter del vino italiano

Tutto, in fondo, è iniziato attorno a una “bollicina”. Uno spumante Metodo classico dell’Oltrepò pavese, per l’esattezza. Era il 2011. Oggi, a 10 anni di distanza, solo GianlucaLucaBerti e Severino Barzan sanno cosa può accadere quando un imprenditore del ramo della logistica e un noto ambasciatore del vino italiano mettono assieme l’unica cosa più forte delle idee: i sogni. Jako Wine è nata così. Dall’incrocio fortunato di due (e più) calici.

Un progetto innovativo, che si basa su tre capisaldi: niente cantina, niente vigneti di proprietà e ricerca della qualità assoluta, dal campo alla bottiglia. Da veri globtrotter del vino italiano, Berti e Barzan danno la caccia alle migliori parcelle, le affittano e le affidano allo staff agronomico ed enologico oggi capeggiato dal prof Leonardo Valenti e dal giovane winemaker veronese Lorenzo Dionisi.

Sono loro a supervisionare la vinificazione che avviene all’interno di cantine partner, prescelte nei vari territori (le stesse che affittano i terreni): Oltrepò pavese, Lago di Garda, Valpolicella e Montefiascone, nel Lazio.

Una volta imbottigliato, il vino viene trasportato nel magazzino all’avanguardia di Jako Wine, a Verona. Cinque Metodo classico, due bianchi e due rossi, per un totale di circa 30 mila bottiglie e un fatturato cresciuto lo scorso anno sino a quota 400 mila euro.

Passi da gigante, insomma, rispetto all’idea iniziale di produrre solo «Wine for Friends», con il brand name “Jako” elaborato dal nome di figlio di Luca Berti, Jacopo; e il fenicottero – per meglio dire il flamingo, simbolo di Miami – a celebrare lo sguardo internazionale del duo di eno-globetrotter.

Proprio a Miami e negli Usa finisce una buona fetta della produzione, distribuita in esclusiva anche in Danimarca, Inghilterra, Germania e Cina. Il mercato italiano è invece affidato a pochi selezionati ristoranti, enoteche e locali delle principali città: da Verona a Milano, da Roma a Firenze, passando per piazze “in” come Capri e Forte dei Marmi.

JAKO WINE: 6 VINI IN ASSAGGIO

  • Metodo classico Pas Dosé 2015: 90/100
    Sboccatura 4/2020, 12.5% vol. Vitigno: Chardonnay 60%, Garganega 40%. Alla vista di un bel giallo paglierino con riflessi dorati, perlage fine e persistente. Naso largo, sulla frutta matura: pesca gialla, esotico, un tocco di agrume, sempre maturo. Bel bouquet di fiori che spazia dalla camomilla al biancospino. Sorso di buona tensione, sapido in centro bocca, prima dei ritorni setosi pennellati dai ritorni di frutta matura, già avvertita al naso. Finale di buona persistenza, ancora una volta nel segno dell’equilibrio fra le tonalità tipiche dei due vitigni. Un Metodo classico che nasce da 5 ettari di terreno morenico, nella zona del lago di Garda.
  • Oltrepò pavese Docg Metodo classico Brut Rosé 2015: 89/100
    Sboccatura 12/2020, 12,5% vol. Vitigno: Pinot Nero in purezza. Alla vista un bel rosa salmone, tipico dei Cruasé oltrepadani. Perlage fine e persistente. Tanto floreale al naso, che lascia spazio anche ad agrumi e piccoli frutti rossi. Un quadro preciso e intrigante che si ripresenta anche al palato, con un’ottima corrispondenza. Il finale è piuttosto cremoso, con il dosaggio che arrotonda la beva, placando la tensione agrumata iniziale. Un Metodo classico ottenuto da 3 ettari di Pinot Noir in Oltrepò pavese e terreni di medio impasto calcareo.
  • Pinot Grigio delle Venezie Doc 2018 “Griso Venèxian”: 87/100
    13% vol. Giallo paglierino alla vista. Al naso le note esotiche tipiche del vitigno. Si avvertono ricordi di pesca e pera perfettamente matura, nonché agrumi come il mandarino, che spaziano dal succo alla buccia. Il sorso è agile, altrettanto tipico, di buon equilibrio acido-glicerico. I vigneti da cui nasce questa etichetta sono situati lungo le sponde del Lago di Garda, con terreni prettamente morenici.
  • Vino Bianco Igp Lazio 2017 “Campocasa”: 92/100
    12,5% vol. Rossetto 100%, varietà autoctona molto diffusa nella zona dei Castelli Romani. Alla vista un bel giallo paglierino, luminoso. Naso generoso, non solo in termini di intensità, ma soprattutto dal punto di vista della complessità. Si spazia dai fiori di camomilla secchi alla frutta a polpa bianca e gialla matura; da una speziatura leggera ai ricordi di radice di liquirizia, passando per la macchia mediterranea (alloro, rosmarino). Ingresso di bocca che abbina leggerezza e profondità, su note concordi col naso. L’accento agrumato iniziale, unito a una corroborante vena sapida, lascia spazio a un finale morbido, su vaghi ritorni vanigliati, ben combinati al resto del corredo. La chiusura è lunga e consistente, tanto da ampliare lo spettro di abbinabilità gastronomica di questo nettare. Un Rossetto che prende vita da terreni a 300 metri d’altezza, individuati dallo staff di Berti e Barzan nella zona di Montefiascone, friabili e ricchi di scheletro.
  • Rosso Veronese Igt 2018 “Ruber”: 89/100
    16% vol, uvaggio Corvina e Merlot. Rosso rubino dall’unghia violacea, alla vista. Al naso le note verdi e speziati dei due vitigni, ben abbinate a ciliegia e frutta di bosco matura: lampone, ribes, mora. Al palato una gran generosità e “abbondanza”, data soprattutto dall’alcol (non disturbante) e dai precisi ritorni di frutta matura. Buona la freschezza, che riequilibra la morbidezza del sorso. Vino in definitiva piacevole, da godersi anche con qualche grado di temperatura in meno rispetto alla media dei rossi importanti. “Ruber” nasce da terreni morenici, nella zona a sud del Lago di Garda.
  • Rosso Veneto Igt 2015 “Siresol”: 90/100
    16% vol, uvaggio Corvina, Rondinella, Oseleta, Croatina e Cabernet Sauvignon. Un piccolo “Amarone della Valpolicella”, in cui il Cabernet gioca il ruolo di mediatore, arrotondando le asperità (tannino, speziature, note verdi e durezze) dei vitigni tipici del “Re dei rossi” del Veneto. Alla vista un bel rubino dall’unghia granata. Naso molto interessante e stratificato. Si passa dalla frutta rossa, come ribes, ciliegia e lampone, all’agrume rosso, una sanguinella succosa. Non mancano ovviamente le spezie nere, oltre a una spolverata di cumino. Sorso teso in ingresso, con un bel ritorno fresco regalato dai tironi speziati, scuri. Vino strutturato e decisamente gastronomico che nasce dalle colline della Valpolicella, in particolare da vigneti posti fra i 100 e i 350 metri sul livello del mare e terreni di composizione argilloso-calcarea.

*** DISCLAIMER: La recensione di queste etichette è stata richiesta a WineMag.it da Jako Wine. I giudizi sono stati comunque espressi in totale autonomia, nel rispetto dei nostri lettori ***

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Chiaretto di Bardolino 2020: i migliori assaggi dell’Anteprima 2021

Ottime impressioni sul Chiaretto di Bardolino 2020, con WineMag.it che è in grado di stilare una classifica dei migliori assaggi all’Anteprima 2021 del vino rosato del lago di Garda. Un’edizione sui generis: i 50 campioni sono stati “ricondizionati” in bottigliette di vetro da 5 cl e inviati alla stampa enogastronomica italiana e internazionale dal Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino.

La degustazione è stata effettuata alla cieca e i risultati sono stati poi incrociati con l’elenco dei produttori aderenti, fornito dagli organizzatori. Qualità medio-alta tra i campioni iscritti al tasting – 14 vini con punteggi tra i 90/100 e i 93/100 – con l’annata 2020 che rispecchia gli annunci dell’ente di tutela vini della provincia di Verona.

«Nonostante la pandemia e il conseguente deciso calo di presenze turistiche sul lago di Garda – spiega Franco Cristoforetti, presidente del Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino – le vendite di Chiaretto di Bardolino si sono mantenute costanti sul mercato».

Un segnale importante, che dimostra ancora una volta come le scelte del Consorzio siano state lungimiranti, confermando la nostra denominazione come leader tra i vini rosa in Italia. Anche per questo motivo abbiamo deciso di non rinunciare all’Anteprima e alla presentazione dell’annata 2020, ma di ripensare la manifestazione in nuove modalità».

«Le condizioni climatiche del 2020 – aggiunge Andrea Vantini, responsabile dell’area tecnica del Consorzio – hanno consentito un perfetto sviluppo delle componenti aromatiche fruttate delle uve, che si traducono nel Chiaretto di Bardolino nella presenza soprattutto di agrumi e piccoli frutti di bosco».

Le caratteristiche del microclima locale, invece, hanno garantito la presenza di quelle componenti di freschezza e di sapidità che sono tipiche del Chiaretto di Bardolino. Come conferma l’assaggio dei vini che stanno uscendo sul mercato, quella del 2020 è stata una buona annata nonostante il periodo di considerevole cambiamento climatico».

I MIGLIORI CHIARETTO DI BARDOLINO 2020

  • Chiaretto di Bardolino 2020, Aldo Adami: 87/100
    Al naso ampio, su note di frutti di bosco maturi e tocco di agrume rosso e spezie dolci. Al palato corrispondente, morbido, con chiusura fresca e sapida, su rintocchi delicati d’agrumi e sale.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “I Gadi”, Bennati: 83/100
    Rosa corallo, più intenso rispetto alla media della tipologia. Frutta rossa di bosco e spezie si rincorrono al naso, con lieve predominanza delle seconde e ricordi di cipria. Il palato è teso, più sulle durezze che sulle morbidezze, ancora un po’ scomposto. Nel finale ritorni di frutto su mineralità e un tocco di tannino.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Tecla”, Benazzoli: 85/100
    Bella compresenza di tutte le caratteristiche tipiche del Chiaretto di Bardolino, già “amalgamate” tra loro e in equilibrio. Ricordi di macchia mediterranea completano il fruttato e lo speziato coerente con la Denominazione. Molto bene il frutto, preciso, composto, pur nella sua maturità piena. Il sorso tuttavia non rispecchia esattamente il naso. Prevalgono le durezze, freschezza e sapidità, con la frutta un po’ in sordina. Vino giovane, che troverà nei prossimi mesi un maggiore bilanciamento tra le componenti.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Rosa Canina”, Vinicio Bronzo: 84/100
    Rosa salmone. Naso d’un floreale e fruttato delicato, di intensità media. Anche in questo campione prevalgono le durezze al palato, in particolare la sapidità. Il frutto fa di nuovo capolino in una chiusura asciutta, unita per l’appunto a un tannino al momento un po’ troppo invadente e amaro.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Rocca Sveva”, Cantina di Soave: 89/100
    Rosa molto tenue. Al naso tanta frutta di bosco, ribes maturo, lampone, oltre a un bel ricordo di buccia di pompelmo. Perfetta corrispondenza al palato, con chiusura su ricordi d’agrumi e speziatura elegantissima. Vino assolutamente pronto per il consumo.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Cantina Caorsa: 92/100
    Rosa più intenso della media. Tanta spezia dolce al naso, su un frutto preciso, maturo. Campione che brilla per intensità e, per certi versi, “struttura”: sulla colonna vertebrale fresco minerale e salina danzano i piccoli frutti rossi e gli agrumi (arancia, pompelmo). Lungo il finale, preciso, asciutto eppure intenso. Vino pronto e di prospettiva.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 Bio “Rosa dei Casaretti”: 88/100
    Rosa salmone. Bel gioco di spezie sul frutto, chiodo di garofano evidentissimo. Al palato ottima compresenza di tutte le componenti, dalla frutta di bosco al sale, passando per la buona freschezza. Chiude asciutto, sull’agrume e un tocco (azzeccato, dal punto di vista della maturità) di tannino.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Cavalchina:  89/100
    Rosa intenso. Al naso frutto, spezie dolci e un ricordo di noce moscata, oltre a un tocco di cipria. Palato pieno di frutto maturo, con finale che tende alla liquirizia amara e mineralità in sottofondo. Campione che ha bisogno di qualche mese di bottiglia per trovare l’equilibrio perfetto, ma che promette decisamente bene.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Nichesole”, Corte Gardoni: 86/100
    Rosa salmone. Naso delicato, floreale e fruttato, di bosco. Bel tocco di spezia dolce. Al palato buon bilanciamento tra le componenti, con la speziatura (noce moscata, chiodo di garofano) che gioca bene sul frutto già avvertito al naso. Col tempo arriverà un maggiore equilibrio.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Costadoro: 85/100
    Rosa corallo. Naso intenso, prevalentemente sul frutto di bosco, ma con ricordi che spaziano anche alla ciliegia stramatura. Palato più da rosso che da rosé, più strutturato della media, segno di un rosato sfuggito di mano in termini di contatto con le bucce o di una scelta produttiva (degustando alla cieca, non possiamo saperlo). In ogni caso un vino che si lascia apprezzare per quello che è: un rosato per chi ama trovare anche nei rosé corpo e intensità, nonché un tratto vinoso.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Pink diamond”, Costadoro: 86/100
    Rosa intenso. Altro vino intenso, che fa della pienezza del frutto il suo epicentro, tra piccoli frutti di bosco e agrumi maturi. Completa il quadro un lieve rintocco di spezie, che dona verve al naso e all’assaggio. Vino dall’agile beva, perfetto per momenti di spensieratezza, senza che questo impedisca di accompagnare a dovere piatti leggeri della cucina italiana e internazionale.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Gentili: 89/100
    Rosa tenue. Gran intensità del frutto di bosco, su sottofondo iodico e speziato, molto elegante. Al palato sorprende per la bella tensione e per un frutto meno maturo e più croccante di quello avvertito all’olfatto. Freschezza e salinità accompagnano bene il sorso di un Chiaretto di Bardolino a cui non manca proprio nulla.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 Bio, Gorgo: 88/100
    Rosa salmone. Bella presenza e intensità di tutte le componenti tipiche, dal frutto di bosco e l’agrume maturo alla spezia, passando per la percezione iodica-salina. In bocca si conferma equilibrato e pronto, con bei ritorni di spezia in un finale fresco e asciutto. Vino semplice, spensierato, ma tutt’altro che banale.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Keya”, Guerrieri Rizzardi: 92/100
    Rosa più carico rispetto alla media della denominazione. La componente speziata accende la luce su un frutto maturo, colto al momento perfetto. In bocca si rivela delicato e al contempo vino di una struttura più “importante” rispetto a molti assaggi. Se al naso il gioco è tra spezia e frutto, al palato ci si sposta su freschezza e mineralità, a sostenere la pienezza delle note di piccoli frutti rossi già avvertiti al naso. Chiude agrumato, asciutto, su un tocco di tannino che rimette la bilancia in equilibrio. Vino già degno di nota eleganza e tipicità assoluta, darà grandi soddisfazioni nel medio-lungo affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Il Pignetto: 88/100
    Rosa salmone. Spezia nera e frutto maturo ben combinati al naso, uniti a ricordi di macchia mediterranea che spaziano dall’alloro al rosmarino. Al palato una sapidità e una freschezza imperanti sul frutto, pur presente in perfetta corrispondenza con quanto avvertito al naso. Chiude asciutto, sempre fresco, al limite del balsamico e su curiosi tratteggi umami, tra ribes rosso, liquirizia dolce, pepe nero e sale. Vino giovane, curioso, certamente rappresentativo della denominazione, con qualche tratto di unicità.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Le Morandine”, Il Pignetto: 90/100
    Rosa leggermente più intenso del precedente. Naso avvolgente, rotondo, sul frutto maturo ma preciso, sferzato da bei rintocchi di spezia nera e ricordi di macchia mediterranea. Al palato una perfetta corrispondenza e una struttura superiore alla media della denominazione. Non abbastanza per parlare di un rosso travestito da rosé, piuttosto di un vino con una dignità assoluta propria, nel segno della denominazione gardesana. Peccato per la mancanza di un po’ di materia, intesa come polpa, in centro bocca e ad accompagnare l’elegante chiusura su sapidità e freschezza. Vino meditato, curato e meritevole d’attenzione ed etichetta con ottime prospettive di affermazione assoluta nel panorama del Chiaretto di Bardolino, se attenzionato con la medesima cura nei prossimi anni.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, La Rocca: 82/100
    Rosa salmone tenue. Tra i pochi vini con impronta “tannica” sin dal naso, dunque fenolica. Caratteristica che si riscontra anche al palato, dal centro bocca alla chiusura. L’agrume prevale sul frutto rosso, la mineralità (salinità) gioca una partita a parte. Vino comunque giovane, che necessita tempo e bottiglia.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 Bio “Rodon”, Le Fraghe: 91/100
    Rosa salmone, luminoso. Naso molto elegante, nell’incedere dei piccoli frutti di bosco scandito da spezie dolci e pepe nero, unito a ricordi iodici. Sullo sfondo, un pregevole dipinto floreale di rosa e violetta. Ingresso di bocca teso, salato, seguito da ritorni fruttati croccanti, perfettamente maturi. Un bianco travestito da rosé, forse per il timore di “incomplessire” troppo il quadro aromatico e la beva. Parola d’ordine per i prossimi anni: osare! A meno che nella gamma della cantina non ci siano altri Chiaretto di Bardolino ancora più pieni e gastronomici. Vino che comunque appaga in ogni sua componente giovanile e mostra ottime prospettive di crescita nei mesi a venire.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Le Ginestre: 87/100
    Rosa salmone, luminoso. Bell’apporto elegante di spezia ed erbe mediterranee al naso, sul frutto perfettamente maturo. Al palato mineralità salina e freschezza prevalgono leggermente sul frutto, pur rotondo. Chiusura che tende ad ammorbidirsi, su ritorni di frutta matura. Vino che può avere una prospettiva media di ulteriore affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 Bio, Le Tende 86/100
    Rosa salmone. Bel gioco tra frutti di bosco maturi e spezie (pepe nero) al naso. Al palato ancora alla ricerca di una sua dimensione, in termini di equilibrio. Il frutto maturo sembra poter avere la meglio sulle durezze, anche in futuro. Vino che pare pensato per un consumo nei primissimi anni di vita (1, 2).
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Corderosa”, Le Vigne di San Pietro: 91/100
    Rosa salmone. Frutto rotondo, maturo, precisissimo, sferzato da una speziatura calda, elegante, e da ricordi di macchia mediterranea. Ingresso in punta di piedi al palato, nell’abbinamento perfetto tra mineralità salina e frutto, che si fa concreto e vivace in centro bocca. Un crescendo che convince e appaga, ben equilibrato, prima di una chiusura tesa e di ottima lunghezza, in equilibrio (parola d’ordine di questo campione) tra salinità, freschezza e pienezza del frutto. Vino con ottime prospettive di positivo affinamento futuro.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Le Morette: 92/100
    Rosa salmone. Naso suadente, giocato sul frutto, ma con la spezia a bussare alla porta, chiedendo di entrare. “Prego, si faccia avanti”, acconsente l’ulteriore ossigenazione, che dona l’equilibrio atteso. Il quadro è quello di un Chiaretto di Bardolino giocato sull’eleganza, che non disdegna una certa complessità. Sempre grazie all’ossigenazione, il vino, guadagna nuove note: ecco la macchia mediterranea (rosmarino) ma soprattutto un tocco balsamico, di liquirizia fusa, a disegnare uno dei nasi più stratificati delle batterie. L’ingresso tendenzialmente morbido esalta un palco di frutta di bosco, agrumi e sapidità. In sostanza, l’ennesima potenza del Chiaretto di Bardolino. Bene anche il finale, tra ritorni di frutta rossa matura, agrumi e iodio.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Birò”, Le Muraglie: 88/100
    Rosa salmone. Tanta spezia al naso, tra il dolce (liquirizia, cannella) e lo scuro (pepe nero, chiodo di garofano), sul frutto maturo. Bell’ingresso di bocca pieno, sul frutto, con centro bocca che vira su freschezza e mineralità. Bella chiusura, con ritorni di frutta matura (sorpresa: anche a bacca bianca, come la pera) eppure mai scomposta, unita a una sapidità e una freschezza più che mai appaganti. Vino di gran gastronomicità, sin da oggi, con buona prospettiva di medio affinamento futuro.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Lenotti: 86/100
    Rosa più carico della media della denominazione. Naso dominato dalla pienezza del frutto, su ricordi di spezie. Ottima corrispondenza al palato, sulle medesime note avvertite all’olfatto. La fa da padrona la pienezza del frutto, ben controbilanciata alla freschezza. Vino pronto da gustare.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Decus”, Lenotti: 88/100
    Rosa salmone. Naso complesso, tra la spezia, il frutto e lo iodio. Bocca che conferma le aspettative, con bell’allungo su un’elegante speziatura ad accompagnare l’incedere preciso del frutto maturo. Chiude asciutto, sapido e fresco.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Marchesini Marcello: 88/100
    Rosa salmone. Bel bouquet di fiori e frutta fresca, su sottofondo iodico e un’elegante speziatura. Al palato del tutto appagante, in tutte le sue componenti. Un vino già pronto da degustare, anzi bere, oggi, per il suo frutto pieno e la sua freschezza invogliante, nonché per la sua spezia pronta a maturare ancora, nel tempo. Ottime, di fatto, le prospettive di positivo affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Coralin”, Marchesini Marcello: 89/100
    Rosa salmone. Bell’impronta di spezia nera sul frutto maturo, al naso. Al palato un’elegante vena sapida accompagna i ritorni di piccoli frutti rossi, prima di una chiusura asciutta e sapida, su ricordi di liquirizia amara. Vino dotato di una struttura leggermente superiore alla media, che giova non solo all’invecchiamento, ma anche alla gastronomicità di questo nettare, abbinabile a piatti piuttosto strutturati, a base di carni oltre che di pesce.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Monte del Frà: 87/100
    Rosa leggermente più scarico della media. Naso invece di buona intensità, dominato da note molto precise di piccoli frutti rossi maturi, sferzati da una bella speziatura, elegante. Beva agile, snella, per un vino ineccepibilmente giocato sull’immediatezza e la facilità di “comprensione”, nonché di abbinamento. 87/100
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Morando Lorenzo: 87/100
    Rosa leggermente più carico rispetto alla media della denominazione. Al naso bel gioco tra il frutto di bosco maturo, la buccia d’arancia, e una speziatura dolce, delicata. Al palato, vena salina, freschezza e un tannino elegante accompagnano la frutta matura verso un finale deciso, asciutto ma pieno. Vino di buona gastronomicità, adatto anche per piatti strutturati.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Albino Piona: 91/100
    Bel naso delicato, elegante, tra piccoli frutti rossi perfettamente maturi e speziatura dolce. Qualche ricordo di macchia mediterranea incomplessisce un quadro già positivo. Al palato gran pienezza del frutto, nonostante il nettare non perda un millimetro dell’eleganza avvertita al naso. L’ingresso di bocca, teso e fresco, vira poi sulla morbidezza del frutto, per chiudere su un’ottima compresenza di tutte le componenti: fruttato, salino, asciutto. Buono oggi, ancora meglio nel medio lungo affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 Bio, Poggio delle Grazie: SV – Senza voto
    Naso floreale e fruttato maturo, tra i piccoli frutti di bosco e l’arancia sanguinella, che non riescono a nascondere qualche sbavatura. Buon ingresso di bocca, sulle note avvertite al naso, ma di nuovo qualche nota poco aggraziata, oltre che tannico-fenolica, a connotare il finale. Classico vino che fa chiamare la “seconda bottiglia”, in un contesto di Anteprima tradizionale, in presenza.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Righetti Enzo: 87/100
    Rosa che tende al cerasuolo, più carico della media della denominazione. Bel naso pieno, intrigante, in cui i frutti rossi di bosco maturi dominano la scena, uniti a un tocco di spezie dolci e a ricordi di macchia mediterranea. Da sottolineare la bella nuance di fragolina matura, succosa. Al palato si riconferma vino pieno, tutto frutto. Freschezza e sapidità reggono il passo, conferendo una buona tensione al nettare e rendendolo ancor più vino da abbinamento, anche piuttosto importante.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Giovanna Tantini: 93/100
    Naso delicato ma intenso, su ricordi floreale di rosa e frutti rossi, oltre a un’arancia che spazia dalla polpa alla buccia. Elegante e precisa anche la componente speziata, tra il pepe bianco e la cannella, accompagnata da ricordi di macchia mediterranea, dal rosmarino all’alloro. In bocca una gran bella tensione fresco-sapida, su ritorni dei frutti avvertiti al naso. Chiude altrettanto fresco, sapido e fruttato. Vino tra i più completi e di prospettiva della denominazione.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Infinito”, Santi: 91/100
    Naso intenso, in cui il frutto maturo gioca tra i rintocchi netti di spezia, con chiodo di garofano e noce moscata in grande spolvero, assieme a ricordi di cannella. Il frutto è quello rosso, di bosco, con accenni di mela verde ben abbinati alle componenti “dure”, saline, iodiche. Al palato si conferma un vino energico, più teso che largo, su ritorni di ribes e fragola di bosco appena matura e mela Granny Smith. Ottima gastronomicità e propensione al lungo affinamento, anche grazie a una nobile componente tannica, ben evidente nell’asciutto finale.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Sartori: 85/100
    Vino giocato su sentori sottili, delicati, che spaziano dal floreale di rosa ai piccoli frutti di bosco, croccanti, appena maturi. Più intenso e deciso il palato, che non brilla in complessità o in allungo, mostrando tuttavia un bel frutto rosso e una bella venatura fresco iodica. Vino di pronta beva, ineccepibile, con uno, due anni di vita davanti.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Mont’Albano”, Sartori: 86/100
    Naso intenso ed elegante, su una bella componete fruttata matura, piena e di gran precisione. Ottimo apporto della componente speziata, che in un naso così ricco di frutta fa da contraltare e riequilibra la bilancia. Spezie dolci, come la cannella, giocano sulle note di ribes, lamponi, piccole fragoline di bosco, assieme a ricordi di erbe aromatiche mediterranee. Il palato scorre con un po’ troppa agilità sulle sole note fruttate mature, pur ben sostenute dalla freschezza. Vino ottimo oggi come aperitivo, con prospettiva media di affinamento.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “El Salgar”, Seiterre: 84/100
    Vino dal colore più carico della media della denominazione, tendente al cerasuolo. Al naso si alternano note agrumate, di ribes, di lampone e fragolina di bosco, a rintocchi di spezie nere (pepe) e cannella, chiodi di garofano e noce moscata. Un naso, in definitiva, che preannuncia una certa “corpulenza”. La si ritrova, in effetti, ma quanto in base alle attese. La complessità del sorso è troppo inferiore a quella del naso e disegna un vino di pronta beva, tutto giocato sulle componenti fresco acide (pompelmo rosa, ribes).
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “I Territori”, Tenuta la Presa: 90/100 
    Naso ricco, grondante di succo, dai frutti di bosco alla polpa e alla scorza del pompelmo rosa, con chiaro accento floreale di rosa. Corrispondente al palato, torna per l’appunto sulla componente fruttata sin dall’ingresso, sviluppando al centro del sorso agrumi e sapidità, presenti in tutta la loro pienezza anche nell’allungo. Finale asciutto e precisissimo, su uno sferzante ed elettrico ricordo pepato. Vino del tutto appagante oggi, che mostra buone prospettive di affinamento futuro.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Le Selezioni”, Tenuta la Presa: 91/100
    Componente speziata dolce e nera (pepe) ben si combinano col frutto, che qui assume accenti esotici, tropicali, accostati alle classiche bacche rosse croccanti, di bosco. Il palato conferma quanto avvertito al naso. Un vino fuori dalla media, in positivo, in termini di struttura, tensione, freschezza e gastronomicità. Giovanissimo, come dimostra la componente tannica (pur elegante) che si accosta all’imponente vena iodico-salina, darà il meglio di sé negli anni a venire.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Valetti: 85/100
    Naso elegante, floreale e fruttato, delicato ma di ottima intensità. Al palato un’ottima corrispondenza, beva agile ma appesantita da un frutto maturo non del tutto retto e controbilanciato da altrettanta freschezza o mineralità. Classico vino “glu-glu” disimpegnato, da bere ghiacciato senza troppe elucubrazioni mentali.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2019, Villa Calicantus: 91/100
    Colore più carico della media, tendente al cerasuolo e dai riflessi aranciati. Al naso è ricco, pur staccandosi completamente dal resto dei vini della denominazione, giocando una partita a sé. Chiare note ematiche, ferrose, accostano i frutti rossi pur tipici del Chiaretto di Bardolino, in un quadro che solo in apparenza potrebbe apparire “stanco”. L’ossigenazione apre a nuances di erbe aromatiche che spaziano dal timo alla mentuccia, abbinate a ricordi di arancia e ginger candito.

    Nemmeno troppo in sottofondo, note di spezie dolci come cannella, noce moscata, vaniglia bourbon. Il continuo murare del nettare nel calice invita alla pazienza, con l’ossigenazione che ripaga contribuendo a incomplessire ulteriormente il quadro, attraverso ricordi di camomilla e filtro di tè verde. È certamente uno dei nasi più complessi, pur discostanti, del tasting in questione.

    Al palato sorprende per l’ottima compresenza di note larghe e note verticali, in un susseguirsi di note aranciate, ferrose ed ematiche che riportano al Sangiovese, e note più dense e cariche di frutta fresca, come ribes, fragoline e lamponi.

    La chiusura è in realtà un allungo quasi infinito, che pur nella sua “asciuttezza” non disdegna di evidenziare il braccio di ferro tra le durezze di una mineralità e la lascivia succosa del frutto rosso. Vino certamente figlio di una filosofia produttiva vicina agli ambienti naturali e, per questo, ancora più apprezzabile la sua presenza in batteria, a dimostrare con fierezza e coraggio la propria autentica “diversità”.

  • Chiaretto di Bardolino 2020, Villa Medici: 85/100
    Colore leggermente più carico della media. Tipica nota aranciata preponderante al naso, su bel sottofondo speziato caldo, dolce. Palato che abbina con semplicità le note piene e precise di frutti rossi a una buona freschezza.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Zenato: 90/100
    Colore più carico rispetto alla media della denominazione. Naso di bella complessità, che abbina alle note piene e precise di frutta rossa matura (ribes, lampone, fragola, arancia e pompelmo rosa) belle tinte florale di rosa e speziate che spaziano dalla dolce cannella al chiodo di garofano. Completa il quadro un tocco balsamico, quasi resinoso, nonché di radice di liquirizia. Al palato riecco tutte le componenti avvertite al naso, con buon apporto fresco e salino a sostenere un finale dominato ancora una volta da un frutto pieno e preciso.
  • Chiaretto di Bardolino Classico Anfora 2019, Zeni 1870: 88/100
    Colore che inizia a virare all’aranciato. Gran bell’apporto di frutto al naso, unito a ricordi di arancia che tende al candito e a una speziatura scura, di pepe nero e chiodo di garofano, nonché alla cannella. A completare il quadro, ricordi di erbe aromatiche mediterranee. Al palato entra piuttosto verticale, sapido, fresco e su un tannino nobile, a supportare un frutto pieno, maturo, garbato. Bello l’allungo in cui si assiste alla fusione di tutte le componenti, dal salino al fruttato, dal fresco all’amaro garbato. Vino di grande gastronomicità, che ha tuttavia nell’alcolicità (o, per lo meno, degustando alla cieca, nella sua accentuata percezione rispetto alla media della denominazione) un sicuro punto debole.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020 “Vigne Alte”, Zeni 1870: 87/100
    Vino dal colore più carico rispetto alla media della denominazione. Bel naso che abbina frutto rosso, note minerali, iodiche, e speziate fresche. Prevale comunque il tono fruttato, che va dalla fragolina al lampone, dal ribes all’arancia perfettamente matura, su un elegante floreale di rosa. Al palato una buona corrispondenza, su ritorni di tutte le note già avvertite al naso e una bella croccantezza e concretezza. Vino decisamente concreto e gastronomico, adatto a un affinamento medio (1, 2 anni).
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2020, Vigneti Villabella: 87/100
    Naso che abbina una bella componente speziata e di erbe aromatiche mediterranee al frutto rosso, maturo, grondante di succo. Al palato un frutto di maturità meno esuberante, nonché le belle note erbacee già avvertite al naso, unite a una buona salinità e freschezza. Allungo uniforme, di media persistenza, su una stuzzicante venatura amarognola che invoglia il sorso successivo.
  • Chiaretto di Bardolino Classico 2018 “Gaudenzia”, Villa Cordevigo: 91/100
    Colore leggermente più carico rispetto al resto della denominazione, brillante. Naso pieno, di frutto rosso soprattutto, con belle venature di spezia ed erbe aromatiche come il rosmarino e l’alloro. Al palato si ripresenta in tutta la completezza avvertita al naso, su note di frutta matura (ribes, lampone, fragolina di bosco) ben abbinate a una freschezza d’arancia rossa e pompelmo rosa e ad un evidente richiamo salino. Vino di ottima gastronomicità, teso ma elegante, con sicure prospettive di ulteriore crescita negli anni a venire.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Cà Vegar”, Vitevis: 84/100
    Rosa dai riflessi aranciati. Naso sulle erbe mediterranee e sul frutto rosso. Al palato corrispondente, nel suo mostrarsi vino agile e snello, di pronta beva, connotato da richiami fruttati e salini.
  • Chiaretto di Bardolino 2020, Cantina del Garda Vitevis: 85/100
    Buona intensità all’olfatto, tra un floreale di rosa e violetta e un fruttato che spazia dal bosco (lampone, fragolina, ribes matura) alla pesca a polpa gialla. Note che si ripresentano al palato, in tutta la semplicità agile di una beva spensierata, tra il fruttato e lo iodico.
  • Chiaretto di Bardolino 2020 “Terre di Castelnuovo”, Vitevis: 84/100
    Rosa leggermente più carico rispetto alla media della denominazione. Naso e palato “tutti frutti” (rossi) ben retti dalla freschezza. Beva agile per un vino che punta a un consumo estivo e all’abbinamento a tutto pasto, nonché a piatti di elaborazione medio-semplice.
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degustati da noi vini#02

Barolo Docg Cannubi 2015, Borgogno

Se è vero che «l’attesa del piacere è essa stessa il piacere», aprire una bottiglia di Barolo Cannubi 2015 Borgogno nel 2021 dovrebbe essere ascritto tra i reati contro la libidine. Ma non tutti hanno velleità alla Gotthold Ephraim Lessing. E allora eccoci qui a raccontare un vino d’eccezione, che si aggiudica un punteggio di 96/100.

LA DEGUSTAZIONE
Il sipario del Barolo Docg Cannubi 2015 di Borgogno si apre piano, lentamente (riecco l’attesa, facciamocela bastare). Il primo attore, sua maestà il Nebbiolo, è in leggera penombra. Se ne scorge distintamente l’abito usuale, quella divisa d’un rosso rubino luminoso, tendente al granato. Inconfondibile.

L’ossigenazione accende il microfono e l’accento di Cannubi inizia a risuonare in sala. È un mazzo di violette e rose, tra i frutti rossi e le spezie dolci. Si distinguono ciliegie mature, grondanti di succo, così come ribes e lamponi, oltre a note vaniglia bourbon e fondo di caffè.

Solo in un secondo momento, un bell’accento mediterraneo, d’erbe aromatiche, su ricordi di liquirizia e noce moscata. Un quadro elegantissimo, in cui ogni componente gioca il suo ruolo senza prevaricare sulle altre.

Lo stesso si può dire del palato, che ripresenta il linguaggio elegante del Barolo e le sfumature che rendono Cannubi una collina unica al mondo. Riecco in particolare la ciliegia, in un ingresso tanto pieno, largo e voluttuoso, quanto teso e verticale, nel gioco tra il frutto, la freschezza e un tannino in cravatta che fa il paio con una carezzevole salinità.

L’affinamento in legno rende ancora più complesso il sorso, donando lunghezza e ricchezza a un finale balsamico e fresco, asciutto e assolutamente appagante. L’attesa, in definitiva, farà bene a questo Barolo e a chi saprà resistere alla tentazione di stapparlo.

Ma il Cannubi 2015 di Borgogno è certamente uno di quei Barolo in grado di regalare grandi emozioni sin dai primi anni di una lunga vita. Perfetto l’abbinamento con piatti strutturati a base di carne, a partire da una pappardella condita con ragù di cinghiale, passando poi secondi come un brasato, il gulasch o il manzo alla griglia o alla brace.

LA VINIFICAZIONE
Il Barolo Cannubi 2015 di Borgogno nasce, come indica l’etichetta, dalla “Menzione geografica aggiuntiva” (Mga) di Cannubi. Esposizione a sud e altitudine compresa fra i 290 a i 320 metri sul livello del mare, per appena 1,30 ettari di vigneto ad Archetto (Guyot modificato).

La densità di impianto è pari a 4 mila ceppi per ettaro, con le radici del Nebbiolo che affondano in terreni composti da marne calcareo argillose, leggermente sabbiose. La vendemmia, nel 2015, è iniziata nella prima decade di ottobre.

Un inverno caratterizzato da abbondanti nevicate e una primavera con temperature miti sin dal mese di febbraio, ha consentito un anticipo del ciclo vegetativo che si è poi mantenuto nel proseguo dell’annata.

La stagione, come riferisce Borgogno, è proseguita con un susseguirsi di precipitazioni tra la fine del mese di maggio e la prima decade di giugno, con temperature che si sono poi stabilizzate su valori massimi sopra la media.

Il caldo non ha però causato nessun fenomeno di stress ai vigneti, grazie alle abbondanti riserve idriche accumulate nei primi mesi (nevosi) dell’anno. Il quadro, in definitiva, di «una grande annata, da ricordare, come poche altre nella storia».

Dopo la vendemmia nella vigna Cannubi, le uve hanno subito una fermentazione spontanea di 20 giorni in vasche in cemento, a temperature comprese tra i 22° e i 28°. A seguire, una lunga macerazione a cappello sommerso, che si è protratta per oltre 40 giorni.

In questa fase è avvenuta la fermentazione malolattica. Con l’innalzarsi delle temperature, nella primavera del 2016, il vino è stato travasato in grandi botti di rovere di Slavonia, in cui è rimasto ad affinare per 4 anni. Hanno completato la vinificazione 6 mesi in cemento, prima dell’imbottigliamento.

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Chianti Docg Riserva 2016 Puro senza solfiti aggiunti, Fattoria Lavacchio

Dopo il primo Chianti Docg senza solfiti aggiunti, ecco il vino della “sfida nella sfida” di Fattoria Lavacchio: il Chianti Docg Riserva 2016 “Puro”. «Un vino nato per dimostrare che, anche in assenza di solfiti, il vino può invecchiare», per dirla con le parole della famiglia Lottero.

«L’importante è che l’uva sia matura, sana e incontaminata», aggiungono Faye Lottero e Dimitri Sidorinko, marito e moglie che conducono l’organic farm di Pontassieve (FI) dal 1999. “Puro” è un Sangiovese in purezza vinificato in acciaio e affinato in legno per 12 mesi, senza la minima aggiunta di solfiti, i “conservanti” del vino.

LA DEGUSTAZIONE
Anno domini 2021, 5 anni dalla vendemmia. Nel calice, il Chianti Riserva 2016 di Fattoria Lavacchio si presenta di un rubino intenso, dal quale si elevano note floreali di violetta e fruttate di amarena e lampone selvatico maturo.

Il legno aggiunge complessità al nettare e appare ben integrato, attraverso le sue attribuzioni speziate dolci. Un tocco di spezia finissima completa un quadro tendenzialmente morbido e voluttuoso, conferendo l’auspicata verve.

Il palato è in perfetta corrispondenza con il naso. Sorso morbido ma animato dalla corretta freschezza, a sorreggere un frutto rosso che si conferma succoso, pienamente maturo. Non manca un tannino fine e ancora non del tutto addomesticato: ennesima dimostrazione di come questo Chianti Riserva abbia davanti ancora 3, 4 anni di positiva evoluzione.

A tavola si abbina alla perfezione con piatti, anche elaborati, a base di carni rosse. Si può spaziare dai primi ricchi di ragù ai secondi come grigliate e brasati. Bene anche in accompagnamento a formaggi stagionati.

LA VINIFICAZIONE
La vinificazione del Chianti Riserva “Puro” prevede innanzitutto la diraspatura delicata delle uve Sangiovese, in ottimo stato di maturazione fenolica. Seguono poi fermentazione spontanea e macerazione a temperatura controllata in acciaio per circa 10 giorni, con numerosi rimontaggi e delestages, utili ad estrarre le componenti più morbide.

Dopo la fermentazione malolattica, che avviene molto rapidamente data l’assenza di solfiti, il vino viene travasato in barrique. L’affinamento si prolunga nei piccoli contenitori di legno per circa 12 mesi.

Dei 110 ettari complessivi di cui può disporre Fattoria Lavacchio a Pontassieve, a una ventina di chilometri da Firenze, solo 21 sono destinati a vigneti, tutti certificati biologici. Vitigno principe è ovviamente il Sangiovese, che affonda le radici in terreni ricchi di scheletro e galestro, a 450 metri di altezza rispetto al livello del mare.

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Südtirol Alto Adige Doc St. Magdalener 2019 “Moar”, Cantina Bolzano

Parola d’ordine “matrimonio”. Schiava e Lagrein, due dei vitigni simbolo dell’Alto Adige, si combinano alla perfezione nel Südtirol Alto Adige Doc St. Magdalener 2019 “Moar” di Cantina Bolzano. Un vino che è risultato dell’esclusiva di posizione, età delle viti e conduzione attenta del vigneto, nella zona classica di produzione del Santa Maddalena.

LA DEGUSTAZIONE
Il “naso” di Moar si esprime generoso ed elegante, su note floreali e fruttate. Spiccano violetta, ciliegia e mora, abbinate a note meno mature di fragoline di bosco e ribes. In sottofondo, voluttuosi sbuffi di tabacco dolce e cioccolato. Un quadro morbido e setoso, dotato al contempo di una eccellente tensione.

Un St. Magdalener che conferma il suo equilibrio anche al palato, nel segno della corrispondenza gusto-olfattiva. Ritorni di frutta matura (ciliegia, mora) ben controbilanciati dalla freschezza e da pregevoli accenti salini. Uno di quei vini che, a tavola, finiscono in un batter d’occhio.

Perfetto l’abbinamento con piatti della tradizione dell’Alto Adige, come la Carne Salada. In generale “Moar” 2019 fa il paio con la carne, dai primi ai secondi di media elaborazione. Da provare sulle tagliatelle con ragù di selvaggina, carni affumicate, canederli, speck, pizza, pasta e formaggi di media stagionatura.

LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione è quella classica del St. Magdalener, sui pendii a nord di Bolzano. Schiava e Lagrein affondano le radici in terreni ghiaiosi. La vendemmia ha inizio a metà ottobre. Le uve, attentamente selezionate, seguono la tradizionale vinificazione in rosso.

Terminata la fermentazione, il vino atto a divenire “Moar” affina in grandi botti di rovere, per proseguire con l’affinamento in bottiglia che precede la commercializzazione. Certamente uno dei vini simbolo di Cantina Bolzano.

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Vigna Casi, Poggiarso e Camboi: i Cru di Castello di Meleto nel Chianti Classico

«Non abbiamo 142 ettari vitati, ma 142 volte un ettaro», dice Michele Contartese, direttore generale di Castello di Meleto, nel raccontare il “Progetto Cru“. La zonazione dei vigneti ha consentito di suddividere le proprietà della tenuta di Gaiole in Chianti in cinque sottozone. Diverse per clima, pendenze, esposizione, composizione dei suoli e altimetria.

Tre i Cru individuati, in grado di dare vita ad altrettanti vini da singola vigna: Chianti Classico Gran Selezione Docg “Vigna Casi” 2017, Chianti Classico Gran Selezione Docg “Poggiarso” 2017 e Toscana Rosso Igt “Camboi” 2018.

CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE DOCG “VIGNA CASI” 2017
Solo Sangiovese per questo Gran Selezione che nasce in un vigneto, posto a circa 450 m sul livello del mare, suddiviso in Casi Sopra, coltivato ad alberello, e Casi Sotto, coltivato a Guyot, il cui terreno è composto da arenaria e galestro.

Parte del vino sosta per 27 mesi in botti di rovere di Slavonia da 30 hl, la restante parte in botte di rovere francese da 50 hl. Rosso rubino luminoso risulta subito intenso ed invitante al naso.

Note importanti di frutta rossa matura, ciliegia, frutti di bosco e prugna in prevalenza, cui si affiancano sentori caldi di spezie. In bocca è avvolgente, fresco e succoso con tannini compatti, ben presenti ma vellutati.

CHIANTI CLASSICO GRAN SELEZIONE DOCG “POGGIARSO” 2017
La vigna Poggiarso racconta di sé già dal nome. Il “poggio” (collina), posto a 500 m slm, è definito “arso” per via dei terreni rocciosi composti da alberese, argilla e galestro nonché per la sua esposizione a sud che ne determina le grandi escursioni termiche fra giorno e notte.

Lo scheletro roccioso della collina, tanto resistente da aver costretto ad utilizzare la dinamite per realizzare i primi scassi, dà vita ad un Sangiovese austero. Elevato per 27 mesi in botti di rovere francese da 50 hl, Poggiarso si presenta di color porpora con riflessi granati.

Piccoli frutti rossi maturi, viola ed una vena speziata dominano l’esperienza olfattiva che si completa con una netta nota di grafite, a tratti quasi sulfurea. In bocca non delude.

L’ingresso del sorso è affilato e preciso, più verticale di Vigna Casi e per certi aspetti più “rustico”. I tannini sono vivi e vivaci ma non invasivi e non disturbano durante la lunga persistenza che ripercorre tutte le note sentite al naso.

TOSCANA ROSSO IGT “CAMBOI” 2018
La vigna è situata nella sottozona fresca e ventilata caratterizzata da suoli argillosi un tempo adibita a pascolo, da cui il nome Camboi: “campo dei buoi”. Malvasia Nera del Chianti in purezza, varietà storicamente usata nel blend del Chianti Classico che l’azienda ha voluto recuperare in purezza per questo vino.

Rosso rubino molto carico con riflessi violacei conquista con profumi tipici del vitigno. Note floreali, soprattutto violetta, e un chiaro profumo di piccoli frutti rossi maturi.

Un leggero sentore d’incenso lo rende ancora più intrigante. In bocca la buona acidità, la morbidezza ed i tannini vivi ben si bilanciano fra loro dando vita ad un sorso equilibrato e gastronomico.

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Cresce la famiglia “Zero Infinito” di Pojer e Sandri: ecco Grappa, Aceto e Solera

Tornerà in commercio con la nuova annata il 21 marzo Zero Infinito di Pojer e Sandri, celeberrimo Metodo ancestrale da uve Solaris (Piwi). Momento atteso da tutti gli appassionati di questo vino notoriamente sold-out entro agosto.

Se l’anno scorso la novità era dettata dalla nuova versione “in rosso” Cremisi, nel 2021 gli amanti dei vini da vitigni resistenti potranno cimentarsi con un’intera linea di prodotti figli del «sogno di poter fare il vino con la sola uva, senza alcuna aggiunta esogena, no aria, no ossigeno, no antiossidanti», per dirla con Mario Pojer.

Accanto ai due “col fondo” Zero Infinito e Zero Infinito Cremisi debuttano infatti Zero Infinito Perpetuo, Grappa Zero Infinito e Aceto Zero Infinito.

LA DEGUSTAZIONE

ZERO INFINITO PERPETUO
Prodotto con uve Solaris, Muscaris e Souvigner Girs a vendemmia tardiva, Perpetuo è vinificato con una tecnica che ripercorre la tradizione caucasica e spagnolo-siciliana. Dal Caucaso l’idea di una lunga macerazione a contatto con le bucce per arricchire il vino di tannino, antiossidante naturale.

Il vino così ottenuto è elevato per 10 anni in botti di rovere ex-Brandy, con ricolmature progressive nelle annate successive. Una tecnica simile a quella del Soleras ispanico o della tradizione del Marsala pre-controllo britannico.

Il risultato è un vino frutto dell’assemblaggio di più annate, dalla 2009 alla 2019, dal colore ambrato con riflessi rame molto luminosi. Al naso è ricco e regala subito note calde di frutta secca a guscio, dattero fresco, frutta tropicale e miele d’acacia.

Segue un leggero sentore tostato e leggermente fumé, che ricorda quasi il fumo di torba, accompagnato da una viva vena agrumata che rinfresca l’esperienza olfattiva ed invoglia al sorso. In bocca delude un po’.

Con un naso così generoso ci si aspetterebbe la stessa opulenza anche al sorso, invece Perpetuo è sfuggente. Secco e asciutto è supportato da una viva acidità, che lo rende estremamente scorrevole. Lungo, ma non lunghissimo, nasconde bene i suoi 16% abv.

GRAPPA ZERO INFINITO
Grappa bianca, cristallina, è ottenuta dalla distillazione discontinua a bagnomaria di vinacce di uva Solaris. Intensa al naso ma non aggressiva. Profumi nitidi e puliti di frutta esotica, ananas, banana, frutta gialla, con un fondo di miele ed un tocco di anice.

Equilibrata in bocca, nonostante i 48% abv, risulta avvolgente e pulita con un retro olfattivo che ripercorre fedelmente le note sentite al naso.

ACETO ZERO INFINITO
Anch’esso ottenuto da uve Solaris, si presenta di color giallo oro ed accoglie con la sua carica aromatica già all’apertura della bottiglia. Molto citrico, ma comunque bilanciato, ricorda l’aceto di mele anche se in versione più intensa, ricca e “tropicale”.

Un aceto che può trovare largo uso in cucina come condimento, ma che può piacevolmente accompagnare svariati piatti, donare un tocco fresco a zuppe e minestre, e far da contraltare a formaggi morbidi o di media stagionatura.

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