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#stopCETA: Consorzi di Tutela Dop e Igp in rivolta

Dall’extravergine Toscano alla  Nocciola del Piemonte, dal Salame di Varzi al Salame d’Oca di Mortara, dal Pecorino Crotonese al formaggio Castelmagno, dal Basilico genovese al Radicchio di Treviso, dal Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino al pane di Altamura e molti altri.

E’ scoppiata la rivolta della stragrande maggioranza dei Consorzi di tutela delle denominazioni di origine italiane da tutte le Regioni nei confronti dell’accordo di libero scambio con il Canada che lascia senza alcuna tutela dalle imitazioni ben 250 delle 291 denominazioni dei prodotti agroalimentari Made in Italy riconosciute dall’Unione Europea (Dop/Igp).

Lo rende noto la Coldiretti nel sottolineare che con l’approfondimento e la conoscenza dei contenuti sta crescendo rapidamente l’opposizione al trattato Europeo di libero scambio con il Canada che ora l’Italia è chiamata a ratificare. Si stanno moltiplicando – continua la Coldiretti – le sollecitazioni da parte dei Consorzi di Tutela delle produzioni italiane piu’ tipiche nei confronti dei parlamentari per salvaguardare denominazioni storiche frutto del lavoro di intere generazioni.

Ad esprimere contrarietà sono tra l’altro – continua la Coldiretti – i Consorzi di Tutela dell’insalata di Lusia, del Marrone del Mugello, della Casatella Trevigiana, dell’asparago di Badoere e di Cimadolmo, del marrone del Combai e del marrone del Monfenera, della Castagna Cuneo, della ricotta romana e del Consorzio abbacchio romano, della Melannurca Campana, del Limone d’Amalfi, del Provolone del Monaco, dell’extravergine Aprutino Pescarese, dell’Arancia di Ribera, del Fungo di Borgotaro, del fagiolo di Cuneo, del Prosciutto Veneto Berico Euganeo, de Vini Doc dei Colli Euganei, dei Vini Corti Benedettine, del Fagiolo di Lamon, del formaggio Piave del miele Dolomiti Bellunesi e molti altri che rappresentano l’eccellenza alimentare italiana nel mondo.

Da chi è quotidianamente impegnato a difendere il valore del proprio territorio vengono dunque smascherate – sostiene la Coldiretti – le bugie interessate sui contenuti di un accordo che concede la possibilità di chiamare con lo stesso nome produzioni del tutto diverse legalizzando di fatto la pirateria agroalimentare, il peggior nemico del Made in Italy all’estero.

Per la prima volta nella storia dell’Unione peraltro – continua la Coldiretti – si accorda a livello internazionale un esplicito e formale il via libera alle imitazioni dei nostri prodotti più tipici (dall’Asiago al Gorgonzola, dalla Fontina ai prosciutti di Parma e San Daniele fino al Parmigiano nella sua traduzione di Parmesan).

“Un gravissimo precedente per i futuri accordi commerciali con altri Paesi come dimostra quello appena siglato con il Giappone che accorda protezione solo al 6% delle denominazioni europee mentre le altre sono destinate ad una ingannevole e dannosa volgarizzazione con prodotti aventi caratteristiche profondamente diverse che saranno chiamati con lo stesso nome”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo (nella foto).

“Si conferma dunque che l’accordo con il Canada è il cavallo di Troia delle politiche commerciali dell’Unione  – continua Moncalvo – per portare alla volgarizzazione delle produzioni agroalimentari nazionali custodite da generazioni di agricoltori. La presunzione di chiamare con lo stesso nome alimenti del tutto diversi è inaccettabile perché si tratta di una concorrenza sleale che danneggia i produttori e inganna i consumatori sui mercati internazionali dove invece l’Italia e l’Unione Europea hanno il dovere di difendere i prodotti che sono l’espressione di una identità territoriale non riproducibile altrove, realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione e sotto un rigido sistema di controllo”.

Per questo la Coldiretti annuncia la mobilitazione permanente per fare pressing, anche con email bombing e tweetstorm sui parlamentari che dovranno votare sulla ratifica del trattato con il Canada dal 25 al 27 luglio al Senato per poi passare alla Camera. A sostegno dell’iniziativa #stopCETA un ampio gruppo di altre organizzazioni (Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch) che hanno manifestato a piazza Mntecitorio insieme a ex Ministri delle Politiche Agricole, parlamentari di ogni schieramento, presidenti e assessori regionali, sindaci ed esponenti della società civile.

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Libero scambio UE-Giappone: accordo raggiunto

Dopo quattro anni di negoziati l’Unione Europea e il Giappone hanno raggiunto un’intesa politica per un accordo commerciale. Il Paese del Sol Levante è la quarta economia al mondo e l’Unione Europea è il secondo più grande partner commerciale dell’Asia. Con più di 757 milioni di euro all’anno rappresenta il quinto mercato di destinazione dei vini europei.

”L’accordo di libero scambio con il Giappone rappresenta un risultato molto importante per il vino italiano ed Europeo. Un traguardo che premia gli sforzi della Commissione Europea, e del Governo, sostenuto attivamente da Unione Italiana Vini, le cui sollecitazioni hanno contribuito alla sua concretizzazione”.

Con queste parole Antonio Rallo, Presidente di Unione Italiana Vini, commenta la conclusione del negoziato dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Giappone, importante traguardo per il settore vitivinicolo italiano e frutto dei delicati negoziati tra i rappresentanti istituzionali del Paese asiatico e della Commissione Europea.

”Il Giappone rappresenta un mercato strategico per il nostro vino, il primo nel contenente asiatico. Dopo un 2016 incerto, l’export nel primo trimestre 2017 è cresciuto dell’8% in volume e del 5% in valore – continua Rallo. Consideriamo questo risultato un ulteriore passo in avanti in materia di semplificazione e flessibilità del commercio. In modo particolare è importante per l’eliminazione completa dei dazi sui vini imbottigliati, spumanti e sfusi all’entrata in vigore dell’accordo, che, in questi ultimi anni, hanno creato un significativo gap tra l’Italia e alcuni Paesi come il Cile e l’Australia, agevolati da accordi tariffari preferenziali. Grazie a questo accordo, possiamo confrontarci sullo stesso piano dei principali competitor e confidiamo che la qualità e la reputazione dei nostri vini possa far spostare l’ago della bilancia verso l’Italia. L’accordo raggiunto è un passo fondamentale anche per il riconoscimento e la protezione delle Indicazioni Geografiche. Sono, infatti, 205 le IG europee che saranno protette in Giappone, di cui circa 150 sono relative al vino”.

”Il trattato risolve alcune ”barriere tecniche” relative agli standard europei in materia di pratiche enologiche, migliorando l’accesso al mercato nipponico dei nostri vini – conclude Rallo. Desidero rivolgere un sentito ringraziamento alla Commissione Europea e al Governo italiano per l’impegno profuso e auspico un celere processo di ratifica dell’accordo per consentire alle nostre aziende di beneficiarne già nel breve periodo”-

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Siglato accordo tra Uiv e Messico per lo sviluppo delle filiere

”Sono onorato di questo incontro che si inserisce perfettamente nelle strategie di Relazioni internazionali di Unione Italiana Vini. Il Messico è uno stato emergente con prospettive di crescita molto interessanti. Basti pensare che nel 2016 abbiamo esportato 114.509 ettolitri di vino italiano con un incremento del 25% sull’anno precedente, per un valore di circa 30 milioni di euro. C’è molto fermento e il Governatore della Baja California, Francisco Vega de Lamadrid, ci ha espressamente chiesto aiuto sul piano giuridico per implementare una legge che strutturi il comparto vitivinicolo in modo simile a quello europeo e, soprattutto, una legge per trasferire il concetto di Denominazione di Origine alle produzioni di qualità messicane”.

Con queste parole, Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, ha accolto nei giorni scorsi una delegazione governativa messicana per un incontro presso il Consolato Messicano a Milano, in presenza di Marisela Morales, Console messicano in Italia e Presidente “Grupo Conular de América Latina y el Caribe en el norte de Italia”; di Francisco Vega de Lamadrid, Governatore dello Stato di Baja California; di Carlo Bonfante Olache, Segretario dello Sviluppo Economico della Baja California; Juliana Solis, promotore investimenti per il Segretario dello Sviluppo Economico di Tijuana; Estivali Orozco, promotore investimenti per il Segretario dello Sviluppo Economico di Mexicali.

”L’incontro è stato un tassello fondamentale per la costituzione di un rapporto di collaborazione che auspichiamo proficuo e duraturo tra le filiere del vino dei due Stati – conclude Paolo Castelletti. Il primo gesto di tale collaborazione, sarà la partecipazione a SIMEI di un’importante delegazione di produttori messicani; un dato storico che segna il passo verso l’apertura e l’ammodernamento del loro comparto vitivinicolo”.

L’importanza strategica e storica di questo incontro, che rientra nella politica di studio dei mercati vitivinicoli internazionali consolidati da parte del Governo messicano, è stata più volte sottolineata, da una parte perché il settore del vino in Messico è in forte sviluppo e le collaborazioni internazionali sono fondamentali per poter cogliere ispirazione e continuare a crescere; dall’altra perché l’Italia è considerato un paese leader nel settore del vino e aver l’opportunità di confrontarsi con il Segretario Generale della principale Associazione del settore è, a detta di Francisco Vega de Lamadrid, stimolante e molto proficuo, anche e soprattutto considerando il ruolo di Unione Italiana Vini in CEEV (Comité Européen des Entreprises Vins) e FIVS (Federazione Internazionale Vini e Spiriti) consentirà di ricevere spunti europei e mondiali.

Secondo alcuni dati proiettati durante l’incontro, il Messico conta 4 valli vitivinicole per un totale di 4.248 ettari, con una produzione pari a circa 4,73 tonnellate per ettaro. Solo nel 2015 sono stati 25 milioni i visitatori in Baja California, di cui 16 milioni stranieri e circa il 90% ha dichiarato di visitare il paese per l’enogastronomia (la cucina nazionale messicana è stata riconosciuta “Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO” a Expo 2015). A chiusura dell’incontro, il Governatore ha espresso la volontà di studiare disciplinari per certificare e garantire la qualità, oltre alla promozione internazionale. La presentazione in Aprile alla Repubblica Messicana della prima legge che sostiene l’agricoltura e la promozione, in particolare per certificare il vino e la sua origine, è senza dubbio un primo passo fondamentale verso l’apertura da parte del comparto messicano verso nuove prospettive di crescita.

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Il 9 e il 10 Luglio torna VinoVipCortina: lassù dove osano le aquile

E’ da sempre considerata una meta per V.I.P, Very Important Person, una destinazione elitaria non proprio alla portata di tutti.  Location del film cult “Vacanze di Natale” del 1983, primo episodio di una fortunata serie di cinepanettoni.

Questa volta però, a darsi appuntamento in questo gioiello delle Dolomiti non saranno famiglie di ricchi o ”arricchiti” milanesi o romani. Cortina non sarà il set dell’ennesima ”commedia all’italiana”, ma la sede della manifestazione VinoVip Cortina, evento biennale giunto alla sua undicesima edizione destinato più democraticamente a winelovers e appassionati del mondo del vino.

Dal 9 al 10 Luglio quindi, i protagonisti dell’enologia italiana e coloro che avranno il pregio di parteciparvi saranno gli attori di questa ”preziosa” manifestazione siglata ”Civiltà del bere”. Una maratona di due giorni con un fitto programma di walk-around tasting e masterclass (alcune già tutte esaurite) articolate su diverse locations.

Il 9 luglio, presso il Grand Hotel Savoia tre masterclass dedicate alla viticultura,  alla comunicazione e all’enologia. Nello stesso giorno, stessa location, vignaioli under 40 “Giovani Sognatori e Piccole Patrie”, provenienti da Doc minori presenteranno i loro prodotti dalle 12 alle 17 nel primo Walk-around tasting dell’evento. Non mancherà, in serata una cena esclusiva ad alta quota, la ”notte delle stelle”.

Il 10 Luglio, alle 10, presso l’Hotel Cristallo Golf & Spa sarà invece presente l’enologo Riccardo Cotarella, ospite alle 10.30  di Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere per un dialogo intervista (tutto esaurito). Dalle 11.30  fino alle 14 altro walk-around tasting presentato direttamente dai produttori di alcune etichette storiche e di alcune novità made con il supporto del prestigioso enologo.

Sempre il 10 luglio, nel Rifugio Faloria a 2170 metri di altezza tornerà in scena il “Wine tasting delle Aquile’‘, evento clou di VinoVip Cortina. Le 57 cantine protagoniste di VinoVip Cortina, dalle 15 alle 19 presenteranno al pubblico un totale di 172 papabili assaggi.

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Approfondimenti

Sfumature di Lambrusco alla degustazione Fisar

Il vino, quel nettare che tanto ci appassiona, è figlio di molti elementi come la varietà di vite, il terreno e il clima, ma anche dell’uomo che ha modellato nei secoli il territorio in funzione della viticultura e che per tradizione o scienza ha messo in opera le “pratiche di cantina”.

Non esistono vini nobili e vini non nobili. Non è il prezzo o la fama a fare grande un vino. Esistono invece vini fatti bene e vini fatti male. Laddove la coltivazione della vite rispetta territorio e caratteristiche del vitigno e la vinificazione rispetta la tradizione migliorandola e non stravolgendola, grazie alle nuove tecnologie,  avremo ottimi vini.

Oggi vi raccontiamo del Lambrusco, vino spesso ‘’bistrattato’’, relegato a ruolo di “vino di serie B” per via del suo basso prezzo, della sua facile reperibilità e forse anche della sua tradizione che lo vuole consumato in ogni occasione nei suoi territori d’origine.

Ma il Lambrusco è un vino che merita di essere affrontato senza pregiudizi. Parlare di Lambrusco vuol dire parlare di ben otto differenti vitigni, di diversi terroir divisi fra pianeggianti e collinari, stesi fra due diverse regioni, di una storia ed una tradizione che lo rendono a tutti gli effetti un grande vino italiano. Una denominazione tra le più conosciute e vendute al mondo che è però un patrimonio tutto nostro.

Per poter comprendere a pieno il Lambrusco, i suoi territori, i suoi vitigni, i suoi metodi di produzione (ancestrale, ancestrale con sboccatura, ancestrale da mosto, charmat e metodo classico) occorrerebbe gustare come minimo una quindicina di vini diversi. Cosa pressoché impossibile in un’unica serata, ma il sommelier Valerio Sisti, della Fisar di Milano Duomo,  ha saputo selezionare sei assaggi che hanno ben dipinto le ”sfumature” possibili di questo vino.

”Gustare” dunque e non ”degustare”. Perché a volte il vino va affrontato così, senza troppi tecnicismi, senza schede da compilare. Il vino va raccontato in modo emozionale, come è successo nell’ambito di questa serata Fisar.

IL PANEL DI ASSAGGI


Lambrusco di Sorbara ”Corte degli Attimi” – Poderi Fiorini – Annata 2016

Metodo charmat. È vinificato in rosso, ma il colore è un rosato carico, perché il Sorbara ha poche sostanze coloranti. Il naso è immediato: frutti rossi come lampone e fragola. In bocca bello spunto acido e grande facilità di beva, come un Lambrusco dovrebbe essere. Pochissimo tannino, come già suggeriva il colore.

Lambrusco di Salamino Santa Croce “Vigneto Saetti” – Annata 2015
Salamino è la cultivar, Santa Croce è la frazione di Carpi (Mo) di cui è originario. Annata 2015 per questo metodo ancestrale con sboccatura. Colore molto più intenso del precedente. Al naso è “poco fine”, a causa della rifermentazione ancestrale in bottiglia, ma sotto i sentori rifermentativi cogliamo comunque un buon frutto ed una nota quasi fumé. In bocca è meno citrico del precedente, ma comunque beverino.

Lambrusco Grasparossa di Castelvetro “Terre del Sole” – Poderi Fiorini – Annata 2016
Metodo charmat. Si presenta nel bicchiere con un bella schiuma di colore viola intenso. Profumi di fragoline di bosco, ribes ed una nota vinosa di mosto. In bocca si avverte la pienezza del frutto, agile e beverino ma più complesso dei precedenti. Con l’assaggio di pancetta cotta funziona magnificamente.

Lambrusco “Prata Solis”, Casali, Emilia IGT – Annata 2016
Un vino bio. Leggera “puzzetta” al naso sotto la quale emergono note di frutta e minerali. Più stratificato dei precedenti. Complesso anche in bocca. Ottimo prodotto.

Lambrusco Colli di Parma, Lamoretti – Annata 2016.
Colore rosso rubino impenetrabile. Archetti che tingono di rosso scuro le pareti del bicchiere. Al naso è chiuso. La frutta è molto più compatta nei profumi rispetto si precedenti. Molto tannico al palato, un tannino verde, astringente.

Lambrusco Mantovano “VS” della Cantina Sociale di Viadana – Annata 2016.
Un lambrusco del Sabbionetano, sottozona di Mantova. È Lambrusco all’ennesima potenza. Invitante già dal suo naso intensamente fruttato, leggero nel corpo, equilibrato nel tannino. La frizzantezza presente è piacevole, ma non invadente. Assolutamente godibile e beverino.

Il sesto assaggio termina una serata all’insegna dello svestirsi dei panni “tecnici” per limitarsi al piacere conviviale del bere. Diceva Gianni Brera: Non ti formalizzare ai nomi ed alle etichette: meglio un onesto plebeo di un nobile degenerato. Così, non spasimare sugli anni in cantina. Certe solenni sturate sanno di liturgia e meritano rispetto. Ma il vino, come le donne, è buono all’età giusta.

Nel libro recentemente uscito ‘’Tutti lo chiamano Lambrusco’’, l’autore, Camillo Favaro sforna una serie di argomentazioni pro Lambrusco, tutte ben articolate. Perchè Lambrusco? Perché è gastronomico, perché è sorridente, perché è raro, perché è solare, perché è diverso. Al perchè è appassionante scrive: ”Il lambrusco è un vino schietto, che si rivolge dritto alle emozioni, senza filtri né giri di parole. E’ immediato, trasparente, di quei vini che aiutano più di altri a vedere il fondo di umanità delle persone che abbiamo davanti, anche di quelle che non conosciamo ancora così bene.  Il Lambrusco ci aiuta a fidarci degli altri, ad apprezzarne la compagnia. Ci aiuta a comunicare le cose a cui teniamo di più, a metterci la faccia. A crederci’’. E come dargli torto.

 

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Medaglia d’oro al Lambrusco Mantovano all’International Wine Contest di Bucarest

Calici in alto per l’azienda agricola Bugno Martino di San Benedetto Po, che ha conquistato la Medaglia d’oro all’International Wine Contest di Bucarest, il più importante concorso enologico dell’Europa orientale giunto nel 2017 alla quattordicesima edizione sotto il patronato dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino.

A conquistare il palato della giuria composta da cinquantasei esperti tra sommelier, enologi, critici e giornalisti del vino provenienti da tutto il mondo e riuniti al centro culturale Arcub della capitale rumena è stato anche il Lambrusco Mantovano Dop “Rosso Matilde”, una delle due etichette prodotte dalla giovane cantina mantovana – l’altra è il Lambrusco Mantovano Dop “Ciamballà” – la cui prima vendemmia è stata nel 2015.

”E’ un risultato che ci fa grande piacere – commenta soddisfatto Giuseppe Zavanella, alla guida dell’azienda di famiglia Bugno Martino – sia perché ci incoraggia a proseguire lungo la strada della massima qualità che abbiamo intrapreso in vigna e in cantina fin dall’inizio sia perché ci permette di far parlare del Lambrusco Mantovano non solo al di fuori della nostra provincia, ma anche al di fuori dell’Italia”.

A partecipare alla 14esima edizione del concorso enologico nato su iniziativa dell’Ufficio nazionale della vigna e del vino della Romania e organizzato dal critico enologico Cătălin Păduraru sono stati 1.690 vini provenienti da 25 diversi paesi tra Europa, America, Africa e Australia.

Il vino premiato – Imbottigliato per la prima volta da Bugno Martino nel 2015, il Rosso Matilde, dedicato alla Grancontessa Matilde di Canossa, è un Lambrusco Mantovano Doc prodotto con uve Lambrusco Salamino e Ancellotta e vinificato con il metodo Charmat. Dal gusto rotondo e morbido, ha un colore rosso rubino con spuma violacea e profumi persistenti di viola e ciliegia: un vino elegante che a tavola si sposa alla perfezione con primi piatti del territorio mantovano (tortelli di zucca, risotti), carni bianche, arrosti e taglieri di salumi e formaggi.

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birra

Chimay Dorèe, Abbazia di Notre-Dame de Scourmont

Non capita tutti i giorni di trovare sullo scaffale del supermercato una birra trappista. L’occhio vigile del team di vinialsuper, sempre attento alle novità anche nella corsia delle birre, non poteva non esserne stupito e catturato.

LA DEGUSTAZIONE
La Chimay Dorèe è una birra dall’alcolicità moderata, solo 4.8% la sua gradazione. Di colore dorato pallido, leggermente velato (le birre Chimay non sono né filtrate né pastorizzate) ha una bella spuma bianca, piuttosto compatta e molto persistente.

Il bouquet è elegante e pulito con profumi floreali ed agrumati e altri leggeri sentori fruttati. Solo in secondo piano giunge la “crosta di pane” tipica delle rifermentazioni in bottiglia.

In bocca sembra inizialmente più leggera di quanto non sia in realtà, ma già prima di terminare il primo sorso si apre, in modo molto equilibrato. Malto, cereali, agrumi freschi, un poco di spezie ed una nota fruttata in chiusura. Il finale è secco ed erbaceo. Una birra austera, ma che conquista con la sua elegante pulizia e la sua grande facilità di beva.

LA BIRRA CHIMAY
Occorre chiarire cos’è la birra trappista e come Chimay Dorèe si colloca all’interno del panorama trappista per capire la ”meraviglia” di trovare un simile prodotto in vendita in Gdo.

Per potersi fregiare del titolo di Birra Trappista (contraddistinta in etichetta dal logo esagonale “Authentic Trappist Product”) la birra deve soddisfare tre requisiti fondamentali:

  • Deve essere prodotta all’interno delle mura di una abbazia trappista sotto il diretto controllo dei monaci
  • Ogni scelta produttiva o commerciale deve dipendere dalla comunità monastica
  • I ricavi devono servire al sostentamento della comunità monastica e per opere di carità senza alcun fine di lucro.

Sono 11 i monasteri al mondo che rispondono a questi criteri: sei in Belgio, due nei Paesi Bassi, uno negli Stati Uniti, uno in Austria ed uno in Italia.

Chimay è prodotta dall’Abbazia di Notre-Dame de Scourmont, nel comune di Chimay in Vallonia. Fondata del 1850 produce birra dal 1862 utilizzando l’acqua particolarmente morbida della zona. Il volume di birra prodotto supera i 120.000 ettolitri anno ed il 50% ca. della produzione è commercializzata all’estero.

Alle tre famose birre prodotte dal monastero, Chimay Rouge (Premier), Chimay Bleue (Grand Réserve), Chimay Blanche (Cinq Cents) facilmente reperibili in GDO si affianca anche la Chimay Dorée: birra prodotta esclusivamente per il consumo interno del monastero.

Dorée è la birra che i monaci bevono durante le loro giornate e che viene offerta nel locale visitatori dell’abbazia. Commercializzata per la prima volta nel dicembre 2012 solo in alcune selezionate località del Belgio, dal 2013 è disponibile anche in Italia ed Inghilterra, ma in quantità limitata, solo 2000 ettolitri. Ecco spiegato lo stupore (ed il piacere) di trovarla agilmente sugli scaffali di un supermercato.

Prezzo: 2.39 euro (33cl)
Acquistata presso: Esselunga

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news ed eventi

Uva conferita alla Cantina Sociale di Roverè della Luna: i Nas indagano su presunta frode

Sarebbe parte lesa, la Cantina Sociale di Roverè della Luna, qualora venisse confermata l’ipotesi di frode in commercio da parte della Procura della Repubblica.

Nei giorni scorsi i Nas dei Carabinieri si sono presentati in cantina per acquisire la documentazione relativa ad alcuni carichi d’uva della vendemmia 2016. Il sequestro dei documenti si colloca nell’ambito di una verifica in corso su 19 dei 300 soci conferitori, colpevoli (forse) di aver incrementato con uve di diversa varietà la partita di Pinot Grigio relativa all’annata in questione.

Una vendemmia ”sfortunata” a causa di un attacco di peronospora, malattia dovuta al fungo Plasmopara viticola che attacca tutti gli organi della vite, procurando riduzione della produzione di uva dell’annata.

Secondo alcune indiscrezioni, la denuncia sarebbe partita da altri soci, ma potrebbe finire in una bolla di sapone. I fatti e le responsabilità sono infatti ancora da accertare.

La Cantina di Roverè della Luna è stata fondata nel 1919 da 24 soci ed oggi conta 300 soci conferitori.  Punto di riferimento del territorio e fiore all’occhiello dell’enologia trentina  produce Teroldego,  Lagrein, Pinot Nero, Schiava, ma anche Gewürztraminer, Chardonnay, Müller Thurgau e Pinot Grigio.

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vini#1

Spumante Metodo Classico Brut Rosé Sboccatura 2016, D’Araprì

Non tutte le grandi bollicine sono prodotte all’interno di DOC o DOCG in territori storicamente vocati alla spumantizzazione. È il caso di Cantine d’Araprì di San Severo in provincia di Foggia. Ad animare con il suo perlage il calice di vinialsuper, lo Spumante Metodo Classico  Brut Rosè, sboccatura 2016 prodotto laggiù, in Puglia, in Capitanata.

LA DEGUSTAZIONE
Nel bicchiere è brillante. Di un bel colore buccia di cipolla carico, quasi salmone, con riflessi dorati che ricordano l’oro rosa usato in gioielleria. Al naso è immediatamente fresco e floreale. Seguono note di frutti rossi e frutta matura. L’immancabile lisato, la ”crosta di pane”  tanto cara ai sommelier, si manifesta poco dopo sotto forma di un profumo leggermente tostato a completare il bouquet. La leggerissima nota zuccherina (5g/l il dosaggio) lo controbilancia l’acidità rendendolo morbido al palato. Giustamente sapido e piacevolmente beverino chiude il sorso con una buona persistenza nella quale ritroviamo gli aromi percepiti al naso. Uno spumante equilibrato che grazie alla sua morbidezza, al buon corpo e alla sapidità non eccessiva può ben accompagnare piatti saporiti e sapidi come, ma non solo, quelli della cucina del territorio in cui nasce (ottimo col caciocavallo podolico).

LA VINIFICAZIONE
Brut Rosé è ottenuto da uve Pinot Nero e Montepulciano con basse rese per ettaro. Le vendemmie sono separate per i due vitigni, fine agosto per il Pinot Nero e fine settembre per il Montepulciano, per poter cogliere la migliore maturazione delle uve, con raccolta e selezione manuale dei grappoli. Affinamento in bottiglia minino di 24 mesi.

Tre amici, Girolamo d’Amico, Louis Raspini ed Ulrico Priore, originariamente accomunati dalla passione per la musica (ancora oggi suonano jazz insieme) decidono nel 1979 di fondare Cantine d’Araprì (dalle iniziali dei cognomi), ad oggi l’unica realtà pugliese che produce solo ed esclusivamente spumanti Metodo Classico. Lo fanno spinti dalla voglia di valorizzare il proprio territorio, di nobilitarlo attraverso il prestigio delle bollicine e dal desiderio di rivalutare i vitigni tipici, primo fra tutti il Bombino Bianco.

I loro vigneti sono allevati secondo la tradizionale forma della pergola pugliese su un territorio, a ridosso del promontorio del Gargano e da esso protetto, fatto di terra asciutta, ma generosa, ventoso e poco piovoso in cui la produzione è limitata, ma di ottima qualità. Palazzo d’Araprì, antico palazzo storico ristrutturato dall’azienda nel centro di San Severo è oggi bellissima sede aziendale nonchè cantina di affinamento. Cantina che grazie alla sua naturale conformazione, posta esattamente sopra la falda acquifera, garantisce umidità uniforme e temperatura constante a 13°, condizioni perfette per l’affinamento ”sur lie” degli spumanti.

Nel corso dei sui quasi quarant’anni di attività d’Araprì ha ricevuto svariati premi e riconoscimenti per i sui vini. Vini che sanno rivelare i loro segreti a chi li sa ascoltare.

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Mipaaf: 500mila euro per progetti innovativi contro lo spreco alimentare

Foto Agronotizie

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali comunica che è stata indetta una selezione nazionale per il finanziamento di progetti innovativi finalizzati alla limitazione degli sprechi e all’impiego delle eccedenze alimentari.  Il bando, previsto dalla legge contro gli sprechi alimentari, prevede lo stanziamento di 500 mila euro. Per ciascun progetto è previsto un finanziamento massimo di 50 mila euro. I progetti potranno essere presentati entro il 21 luglio 2017.

”La legge contro gli sprechi alimentari approvata lo scorso anno – ha commentato il Ministro Maurizio Martina –  ha reso più semplici le donazioni permettendoci di recuperare sempre più cibo a favore degli indigenti. L’Italia ha lavorato tanto in questa direzione introducendo novità importanti come ad esempio il tavolo antisprechi che riunisce operativamente istituzioni, imprese e enti caritativi. Ma c’è ancora molto da fare e questo bando pubblico è uno strumento fondamentale per trovare soluzioni innovative e sostenere la diffusione di buone pratiche. Ci aspettiamo un contributo importante di idee soprattutto dai giovani”.

LE CARATTERISTICHE DEI PROGETTI
I progetti dovranno riguardare:

–    la prevenzione o la diminuzione delle eccedenze attraverso il miglioramento del processo produttivo, di raccolta dei prodotti agricoli, o di distribuzione;

–    progetti di ricerca e di sviluppo tecnologico sull’aumento della durata dei prodotti agroalimentari attraverso l’uso di prassi, prodotti, macchinari, tecnologie o l’uso di imballaggi innovativi per aumentare la shelf life degli alimenti;

–    software per l’uso intelligente del magazzino industriale, per la limitazione degli sprechi e il recupero delle eccedenze nella ristorazione o a livello domestico;

–    il recupero e il riutilizzo di prodotti agroalimentari di seconda scelta che attualmente non hanno mercato o hanno mercati residuali;

–    il recupero e il riutilizzo di sottoprodotti o di residui derivanti dalla raccolta, dalla lavorazione principale o dalla preparazione degli alimenti;

–    il recupero degli alimenti invenduti e destinati a mercati rivolti alle fasce meno abbienti;

–    il recupero degli alimenti da destinare agli indigenti anche attraverso l’utilizzo del servizio civile nazionale.

CHI PUO’ PRESENTARE I PROGETTI

–    enti pubblici, università, organismi di diritto pubblico e soggetti a prevalente partecipazione pubblica;

–    associazioni, fondazioni, consorzi, società, anche in forma cooperativa e imprese individuali;

–    soggetti iscritti all’Albo nazionale ed agli Albi delle Regioni e delle Province autonome dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.

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Agricoltura di precisione: disponibili gli agricoltori under 40. Ecco i risultati del sondaggio di Fieragricola Verona

Sono per lo più i giovani agricoltori (66% sotto i 40 anni) i più motivati ad adottare mezzi e tecnologie di agricoltura di precisione per migliorare la sostenibilità, la produttività e la redditività delle proprie aziende. Il 64% degli agricoltori punta a compiere l’investimento nell’arco di 12-24 mesi.

È quanto emerge da un sondaggio realizzato nei giorni scorsi da Fieragricola di Verona, manifestazione internazionale dedicata all’agricoltura in programma dal 31 gennaio al 3 febbraio 2018, che ha coinvolto 700 fra agricoltori (64,2%), contoterzisti (7,14%), allevatori e operatori del settore primario (28,57%), con aziende collocate principalmente nel Nord-Est (55%), nel Nord-Ovest (28%) e nelle Isole (10 per cento).

A rispondere al sondaggio online di Fieragricola sono stati per oltre due terzi giovani con meno di 40 anni, percentuale che sale al 92% se si comprende anche la fascia di età compresa fra i 40 e i 50 anni. Il 57,14% degli intervistati rientrano nella categoria dei titolari di azienda, mentre il 14,29% non sono titolari ma hanno rapporti di parentela con il capo azienda (figli o congiunti).

Investimenti diretti in meccanizzazione o in servizi. Entrando più nel dettaglio, il 64,29% degli operatori che hanno risposto al questionario si è dichiarato disponibile ad aumentare i processi di meccanizzazione in azienda attraverso «sistemi di agricoltura di precisione gestiti direttamente dall’impresa agricola», mentre il 21,43% pensa di incrementare tali azioni rivolgendosi ai contoterzisti.

Tra i sistemi di agricoltura di precisione ritenuti più efficaci per migliorare le performance aziendali e, di conseguenza, ridurre i costi di gestione, sono risultati essere i satelliti collegati a macchine da raccolta, per attrici e attrezzature, gli strumenti di controllo dell’utilizzo degli agrofarmaci, gli strumenti di controllo dell’irrigazione e i droni.

Per il 58% degli intervistati, comunque, la soluzione ottimale rimane quella di adottare contemporaneamente più strumenti di precision farming, in modo da influire in maniera più efficace sul management complessivo dell’azienda.

Come anticipato, quasi l’86% degli intervistati intende investire in agricoltura di precisione nei prossimi 12-24 mesi, a conferma di una grande attenzione verso la sostenibilità, sia essa economica, ambientale o sociale.

Nel processo di innovazione verso sistemi di agricoltura di precisione, il 50% di quanti hanno preso parte al sondaggio pensano di rivolgersi «sicuramente» a un’impresa di meccanizzazione agricola per servizi in contoterzi, mentre il 21,43% ha dichiarato che «probabilmente» si rivolgerà ai contoterzisti.

Nel 2018 Fieragricola dedicherà ancora più spazio all’agricoltura e alla zootecnia di precisione, quali soluzioni per migliorare le prestazioni e favorire un processo di competitività fra le imprese agricole e all’interno delle filiere primarie.

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vini#1

Joško Gravner: il futuro solo Ribolla e Pignolo

Sono da poco in commercio le nuove annate dei vini di Joško Gravner: Ribolla 2009, Bianco Breg 2009 e Rosso Breg 2005, in attesa della Ribolla Riserva 2003 che uscirà in autunno.

Quella del Breg Bianco sarà una delle ultime annate di questo storico vino della cantina di Oslavia, che vedrà nel millesimo 2012 l’ultima in commercio. Il Bianco Breg è infatti un uvaggio di Sauvignon, Pinot Grigio, Chardonnay e Riesling Italico, tutti vitigni che Gravner non coltiva più da qualche anno, a favore dei soli ribolla e pignolo, con il quale è prodotto il Rosso Breg. Una decisione maturata sin dai tempi dell’amicizia con Veronelli, e finalmente portata a compimento.

”È stata un’annata asciutta la 2009 – spiega Joško Gravner – con poche precipitazioni in autunno che non hanno permesso un grande sviluppo di botrite nobile sui grappoli. La 2005 invece è stata più equilibrata, con piogge durante tutto il periodo estivo e autunnale”.

Tutti e tre i vini sono prodotti secondo la filosofia del produttore giuliano: fermentazione con lunga macerazione in anfore georgiane interrate, con lieviti indigeni e senza controllo della temperatura. Dopo la svinatura e la torchiatura il vino torna in anfora per almeno altri 5 mesi prima di iniziare l’affinamento in grandi botti di rovere, dove i bianchi sono rimasti 6 anni, mentre il rosso Breg 5 anni. Imbottigliati in luna calante senza chiarifica o filtrazione, terminano il loro affinamento in bottiglia. Sia i due bianchi che il Rosso Breg vanno serviti a temperatura di cantina di 16-18° C. Prezzo al pubblico 70 euro per i due bianchi, 90 euro per il Rosso Breg.

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news ed eventi

Calici di stelle: in Toscana eno-picnic al chiar di luna

Mai fatto un eno pic-nic al chiaro di luna in mezzo a un vigneto con vini di grande qualità? L’occasione è presto fatta: in occasione della prossima edizione di Calici di Stelle infatti il Movimento Turismo del Vino Toscana offrirà a tutti gli enoturisti e agli appassionati la possibilità di vivere un’esperienza unica dal tramonto in poi, degustando prodotti della tradizione, accompagnati dai vini toscani e magari con musica o altre forme di intrattenimento, il tutto all’aperto sotto i cieli stellati di cantine e vigneti.

“Goditi le stelle, al vino ci pensiamo noi” è il claim che il Movimento Turismo del Vino Toscana ha pensato per questa nuova edizione dell’evento dell’estate che nelle cantine del Movimento prenderà il via dalla notte di San Lorenzo, il 10 agosto, fino al 15 agosto con un ricco programma che si dipanerà nelle decine di cantine aderenti all’iniziativa sparse per tutta la regione. ”Stelle viste dal vigneto per questa edizione perché vogliamo aprire oltre che le porte delle cantine, anche i cancelli delle nostre bellissime campagne, le cantine infatti in questa occasione apriranno le loro proprietà invitando i visitatori a riappropriarsi della natura dal cielo al bicchiere – spiega il presidente del Movimento Turismo del Vino Toscana, Violante Gardini – da qui il tema di questa edizione che nasce dal concetto di convivialità che da sempre si respira nei vigneti, tradizionalmente con le veglie e le cene al sacco, ma l’obiettivo è anche quello di far osservare le stelle abbinando varie esperienze, dalla musica agli spettacoli, che le cantine offriranno per questa edizione di Calici di Stelle”.

Stelle, gastronomia e natura
Dal 10 al 15 agosto tornano le grandi feste nelle piazze e nelle cantine con eventi fatti ad hoc per emozionare i winelovers nel periodo della caduta delle stelle, nel cuore dell’estate. Proprio le stelle potranno essere viste con consapevolezza grazie allo stellario che il Movimento Turismo del Vino Toscana distribuirà a tutti i partecipanti: una mappa celeste del cielo di agosto, insieme al kit per ”godersi l’attimo” ed essere pronti ad esprimere i più grandi desideri, brindando con i migliori vini e godendo della natura vitivinicola della regione. Ogni cantina aderente all’iniziativa inoltre offrirà dal tramonto in poi la possibilità di guardare le stelle direttamente dai propri vigneti.

I programmi
Dai vigneti sul mare della Maremma e della costa degli Etruschi, passando per la Val d’Orcia e le grandi denominazioni toscane, Chianti Classico, Brunello di Montalcino e Nobile di Montepulciano. Le tante aziende che prenderanno parte all’iniziativa (su www.mtvtoscana.com  grazie al nuovo sistema di georeferenziazione delle cantine sarà possibile organizzare al meglio la propria serata sotto le stelle) organizzeranno, nel periodo dal 10 al 15 agosto, numerose iniziative, dalla musica all’arte, passando per lo spettacolo, con degustazioni sotto i cieli stellati.

Calici di Stelle
E’ l’evento nato nel 1996 per promuovere il vino italiano durante il periodo estivo. Il 10 agosto di ogni anno, la notte di San Lorenzo, nelle piazze e nelle cantine italiane gli enoappassionati sono protagonisti del brindisi più atteso dell’estate. Movimento Turismo del Vino e Città del Vino, l’associazione dei comuni vitivinicoli d’Italia, si uniscono per dare vita ad un evento che si sviluppa con una miriade di appuntamenti, dalla Val d’Aosta alla Sicilia. Vino e offerta culturale, insieme alla magia dei territori sotto le stelle, sono l’abbinamento vincente della manifestazione, in una formula che unisce la filosofia del buon bere a eventi, spettacoli, design e arte.

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Approfondimenti

Enovitis in campo 2017: edizione da record

“Siamo orgogliosi del grande successo registrato dalla 12° edizione di Enovitis in Campo che quest’anno, con 165 espositori e circa 8.000 visitatori, batte ogni record. I vigneti Villabella hanno fatto da sfondo alla migliore tecnologia per la viticoltura, che il pubblico di operatori specializzati e di istituzioni locali e comunitarie, ha potuto vedere in funzione e toccare con mano: la forza di Enovitis sta proprio nel fatto di essere una fiera dinamica, che permette al visitatore di misurare l’efficacia e l’effettiva applicabilità di quanto proposto dagli espositori, e questo confronto diretto è fondamentale per il successo del comparto. Grandissima è stata anche la partecipazione al convegno tematico dedicato alla nuova DOC “PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE” e agli workshop tecnici, a conferma che Enovitis in Campo rappresenta un momento formativo di alto livello per affrontare le più importanti tematiche legate al settore, sostenibilità in primis. Ciò ci spinge a continuare ad investire impegno ed energie in questa manifestazione che, da sempre, rappresenta per UIV un fiore all’occhiello”.

Così Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, commenta i numeri da record di Enovitis in Campo 2017, manifestazione tenutasi il 22 e il 23 giugno 2017 a Cavaion Veronese presso i Vigneti Villabella, dove sono state esposte e testate le più moderne tecnologie, materiali e attrezzature impiegabili in tutte le operazioni agronomiche in vigna.

“L’alleanza fra UIV e Fieragricola, che nel 2018 ospiterà l’evento indoor – dichiara Claudio Valente, vicepresidente di Veronafiere Spa – si conferma ancora una volta strategica per assecondare quei cambiamenti nel comparto vitivinicolo, che oggi deve coniugare qualità del prodotto, promozione sui mercati e attenzione alla sostenibilità per soddisfare le esigenze di un consumatore sempre più attento e informato. In quest’ottica, quindi, anche la viticoltura di precisione gioca un ruolo fondamentale. Veronafiere – continua Valente – ribadisce così il proprio impegno per il sistema vitivinicolo, accompagnando la filiera in un percorso di efficienza, di crescita, di modernizzazione, di cultura. E lo fa con una rete di eventi a Verona con Fieragricola, Vinitaly, Enolitech, wine2wine, sul territorio con Enovitis in campo e nel mondo grazie agli appuntamenti di Vinitaly International. Sempre consapevole della responsabilità che accompagna una Fiera che abbraccia il 45% dell’intera offerta fieristica nazionale del comparto agroalimentare”.

Ad aprire l’edizione veronese è stata la premiazione, da parte del Presidente di Unione Italiana Vini Antonio Rallo, delle tecnologie vincitrici dell’Innovation Challenge Enovitis, riconoscimento ufficiale alle innovazioni presentate in fiera che hanno saputo meglio valorizzare aspetti quali la sostenibilità ambientale, etico-sociale ed economica della filiera vitivinicola. Tutto esaurito e grande apprezzamento per i momenti formativi, a partire dal convegno “PINOT GRIGIO DELLE VENEZIE: EVOLUZIONE QUALITATIVA E ASPETTATIVE DI MERCATO, fino agli workshop tecnici dedicati alla viticoltura di precisione e alla gestione del sottofila del vigneto.

Numerosa la partecipazione anche agli eventi collaterali, come QuizAgro, elaborato in collaborazione con www.fitogest.comwww.fertilgest.com, durante il quale i visitatori sono stati invitati a mettersi in gioco per scoprire di più sui temi della nutrizione e della protezione delle colture, e “Vota il Trattore”, il concorso organizzato da UIV in collaborazione Macgest dove a decretare i vincitori sono proprio i diretti utilizzatori, dei quali il 54,47% imprenditori agricolo, il 12,06% tecnici. Sul podio, in questa edizione 2017, per la categoria Specialistici/Standard, Fendt – 211 V Vario (1°); per la categoria Cingolati – semicingolati primo premio all’Antonio Carraro SpA – Mach 4; e per la categoria Isodiametrici primo premio sempre all’Antonio Carraro SpA  con Tony 9800 TR.

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Cabernet Sauvignon Igp Puglia Terre del Gargano, Cantine Losito

Tappa in Puglia, più esattamente in provincia di Foggia, per il racconto del Cabernet Sauvignon di Cantine Losito, azienda all’avanguardia nel panorama dauno, produttori bio certificati dal 1997.

All’esame visivo, il vino si presenta di un rosso rubino impenetrabile, con leggeri riflessi violacei. La rotazione del nettare nel calice evidenzia archi molto ampi e lacrime che lente scivolano sulle pareti del bicchiere.

Al naso predominanza netta delle note dovute all’affinamento in legno: terziari, dunque, di cacao e caffè. Un olfatto intrigante, completato da sentori speziati di pepe e da un leggero spunto vanigliato.

La beva del Cabernet Sauvignon di Cantine Losito è quella dei rossi dal sorso facile, ma tutt’altro che banale. Un vino vigoroso e fresco, con note vegetali di peperone (tipiche del vitigno) e un bouquet di salvia e menta. Il tutto accompagnato da una sapidità sostenuta.

Un rosso molto ben equilibrato, con ricordi di sottobosco (more e ribes maturi) che lasciano spazio a un finale di polvere di caffè Arabica. Gli abbinamenti consigliati sono con le carni grasse, anche nella variante con riduzioni alla frutta, e piatti a base di tartufo.

LA VINIFICAZIONE
La vinificazione di questo Cabernet parte da una raccolta meccanica di ultima generazione, molto selettiva, che riesce a valorizzare solo acini sani e maturi. Segue poi un’ulteriore selezione e pulizia dell’acino sulla macchina.

Il periodo di raccolta è fine settembre, da impianti con un sistema di allevamento a cordone speronato. La macerazione avviene in acciaio a temperatura controllata, con rimontaggi frequenti per quindici giorni. Il vino viene poi affinato per sei mesi mesi in botti di rovere francese, prima di essere imbottigliato.

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vini#1

E’ l’estate delle bollicine Made in Friuli: boom per la linea Naonis

Sarà un’estate all’insegna delle bollicine “Made in Friuli”. E’ quanto emerge dai primi dati diffusi dalla Viticoltori Friulani La Delizia di Casarsa, la più grande cantina del Friuli e una delle maggiori in Italia per dimensioni.

Nei primi sei mesi dell’anno sono state infatti vendute 700 mila bottiglie di spumante Naonis, raddoppiando le vendite rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Se il Prosecco continua a trainare la linea del colosso di Orcenico Inferiore di Zoppola (PN), guadagna sempre maggiore appeal la cuvée Jadér, prodotto originale La Delizia a partire dal nome.

“Continuiamo a crescere – spiega il direttore commerciale de La Delizia, Mirko Bellini (nella foto) -: basti pensare che in questo inizio 2017 abbiamo già venduto più bottiglie di Naonis che in tutto il 2015 e siamo vicino al traguardo globale del 2016, quando vendemmo poco più di un milione di bottiglie”.

Il segreto di questo successo? “Si tratta di un prodotto di qualità – risponde Bellini – che piace immediatamente. Racconta il Friuli e allo stesso tempo ha una vocazione internazionale. Il tutto corredato da un’etichetta, un logo e un design della bottiglia che lo rendono riconoscibile al pubblico, che anche per questo motivo lo sta richiedendo sempre di più. In particolare lo Jadér ci identifica, essendo un prodotto sviluppato interamente da noi, sia per l’uvaggio che per il nome e il packaging: quando richiedono questo spumante, di fatto scelgono di bere il nostro marchio, non generiche bollicine”.

LE PROSPETTIVE
Pochi dubbi, dunque, sulle prospettive dell’estate 2017. “Stiamo aumentando le vendite in tutta Italia nel canale Horeca – conclude Bellini – con un interessante sviluppo nelle località di mare, segno di come il consumatore associ le nostre bollicine ai suoi momenti di relax, felicità, benessere e festa. Tutte indicazioni importanti per noi. Una conferma che la strada intrapresa è quella giusta. Se poi aggiungiamo che le vendite di Naonis stanno crescendo anche in Friuli, terra giustamente molto esigente vista la sua tradizione vitivinicola, non possiamo che essere soddisfatti”.

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Approfondimenti

I migliori wine bar aeroportuali sono di Ferrari

Dimmi dove vai e ti dirò di che bollicina sei. I Ferrari Spazio Bollicine sono stati premiati come “Airport Wine Bar of the Year” agli Airport Food & Beverage (FAB) Awards 2017. Un traguardo annunciato il 22 giugno scorso a Toronto, durante la quindicesima edizione della Airport Food & Beverage (FAB) Conference, che rappresenta l’appuntamento internazionale più importante dedicato al settore della ristorazione aeroportuale.

Si è imposto sia nella sezione “Regional Europe” che “Global” il Ferrari Spazio Bollicine di Milano Malpensa (nella foto a destra), nato nel 2014 dalla collaborazione tra la cantina trentina e Areas Italia, uno dei player internazionali più importanti del travel retail.

“Siamo orgogliosi di aver ricevuto questo premio internazionale – commenta Matteo Lunelli, presidente di Cantine Ferrari – viene riconosciuto il lavoro di tutta la squadra e si conferma il grande apprezzamento per quell’arte di Vivere Italiana di cui Ferrari è espressione e che questi luoghi vogliono raccontare”.

IL CONCEPT
I Ferrari Spazio Bollicine sono luoghi in cui sperimentare il Ferrari Trentodoc in abbinamento a piatti espressione della migliore tradizione gastronomica del nostro paese, in un ambiente caratterizzato dall’eleganza e convivialità tipiche italiane. Gli aeroporti sono apparsi da subito il luogo ideale per far vivere un’esperienza unica a migliaia di passeggeri di profilo internazionale.

Dalla prima apertura nel 2013 al Leonardo da Vinci di Roma Fiumicino all’ultima inaugurazione di Milano Linate (nella foto a sinistra) nel 2015, i Ferrari Spazio Bollicine sono diventati una meta perfetta dove vivere la tradizione dell’aperitivo italiano e si sono contraddistinti per la capacità di coniugare l’altissima qualità dell’offerta di vini e bollicine con una proposta gastronomica semplice ma raffinata, ideata da Alfio Ghezzi, chef di Casa Ferrari, che ha recentemente conquistato le due stelle Michelin con il ristorante Locanda Margon.

Molto apprezzato anche il design del locale, curato dallo Studio Robilant&Associati utilizzando arredi di grandi marchi italiani come Artemide, Bisazza, Kartell e  Poltrona Frau. “Sin dalla loro apertura – precisa Lunelli – i risultati dei Ferrari Spazio Bollicine sono stati estremamente positivi e, grazie alla partnership con Areas Italia, confermano il grande successo di questo format, che oggi viene premiato come ‘Miglior Wine Bar Aeroportuale’ a livello globale”.

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vini#1

Rossese di Dolceacqua Superiore Doc 2014 Posau, Maccario Dringenberg

Esistono due Doc in Liguria che prevedono l’utilizzo del Rossese. Quella della Riviera Ligure di Ponente con menzione del vitigno e quella ufficiale, oggi sotto la nostra lente di ingrandimento di Dolceacqua.

Quest’ultimo,  borgo medioevale famoso soprattutto per il suo ponte romano a schiena d’asino definito un “gioiello di leggerezza” da Monet che ne dipinse ben quattro tele è uno dei 14 comuni situati lungo la Valle di Nervia e la Valle di Crosia dove si produce questo rosso per certi versi contraddittorio: austero e generoso al tempo stesso.

LA DEGUSTAZIONE
Rosso rubino intenso con riflessi che tendono al granato sull’unghia. Così si presenta il Rossese di Dolceacqua Superiore “Posaù” prodotto da Maccario Dringeberg.

Un ottimo biglietto da visita il colore che già ci fa immaginare piacevoli sensazioni olfattive. Ed infatti il Posaù non delude quando mettiamo il naso nel bicchiere. Elegante e fine, ma allo tempo stesso deciso, ricco di sentori fruttati, frutti rossi in primis, accompagnati da un tipico sentore di macchia mediterranea. Sul fondo si percepiscono note speziate appena accennate e assai piacevoli che suggeriscono come il Posaù avrebbe potuto riposare ancora qualche tempo in cantina.

In bocca è equilibrato e rotondo, ritroviamo tutti i profumi sentiti al naso seppur in forma più lieve. I tannini, presenti ma non invasivi, aiutano a sottolineare la morbidezza e la sapidità del vino. Il finale non molto persistente è dotato di una buona freschezza che invoglia alla beva.

LA VINIFICAZIONE
Ottenuto vinificando solo uve Rossese con l’utilizzo di lieviti indigeni, macerazione lenta a temperatura controllata, ed affinato 12 mesi in acciaio il “Posaù” è quello che si dice un cru. Un vigneto di poco più di un ettaro le cui viti arrivano anche a 60 anni d’età posto nel cuore della DOC Rossese di Dolceacqua su terreno marno-sabbioso i cui pendii proibitivi ben si addicono alla definizione “viticultura eroica” spesso utilizzata per definire l’enologia ligure.

Realtà storica del ponente ligure la cantina Maccario Dringenberg ha fatto della territorialità la propria bandiera, territorialità che ritroviamo tanto nella scelta di vinificare i propri prodotti per singoli cru (o singola vigna), Posaù, Curli, Luvaira, Brae, quanto nella scelta del sistema d’allevamento tradizionale ad alberello e nel lavoro manuale in vigna. Scelte di passione e di sacrificio per coltivare questo territorio capace di dare molto ma tutt’altro che facile.

Il risultato di questo amore per il proprio lavoro e la propria terra lo abbiamo qui, nel bicchiere, pronto per essere scoperto ed assaporato, magari accompagnato da un buon piatto. Suggerimenti? Carni bianche oppure un buon primo piatto di carne.

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Alto Adige Doc Pinot Bianco 2013 Sanct Valentin, San Michele Appiano

Guardi il bicchiere, ci metti il naso, lo porti alla bocca. Sembra facile e per molti aspetti lo è, anche se a volte l’analisi di un vino richiede uno sforzo in più per comprenderlo a pieno. Ma quando a richiedere lo ”sforzo in più” è il cru ”Sanct Valentin” della cantina di San Michele Appiano ci si sacrifica volentieri.

LA DEGUSTAZIONE
L’Alto Adige Doc Pinot Bianco ”Sanct Valentin 2013” di San Michele Appiano, col suo giallo paglierino carico, limpido e trasparente ci aspetta e ci intriga col suo colore pieno.

Al naso è ricco, intenso, sprigiona da subito sentori di frutta matura a polpa bianca. Ed allora ecco la pesca, l’albicocca e poi il melone e la mela verde, acidula quel tanto da non rendere stucchevole la “sinfonia di frutta”. Seguono le note floreali, leggere, ed una nota minerale vagamente fumè.

In bocca è ricco. Molto morbido e strutturato, ma di una struttura ed intensità quasi vellutata che non lo fa certo perdere di eleganza, forte anche di una bella freschezza che supporta il sorso. Sorso non agile e beverino, come spesso troviamo nei bianchi, ma profondo e denso. Sul fin di bocca ecco apparire la mineralità che ci accompagna lungo tutta la lunga persistenza.

LA VINIFICAZIONE
L’annata 2013 ha visto la raccolta e selezione manuale delle uve, 100% Pinot Bianco da vigna selezionata, nella prima metà di ottobre. La metà del raccolto svolge in barrique/tonneaux le fermentazioni alcolica e malolattica e una macerazione sui lieviti. La parte rimanente è vinificata in grosse botti di quercia. Dopo poco meno di un anno i due vini sono assemblati e maturano assieme per altri 6 mesi in contenitori d’acciaio.

“Kellerei St. Michael– Eppan” recita l’etichetta che riporta il nome della cantina in lingua tedesca come solo può essere in terra Altoatesina, il Südtirol, ovvero la “Cantina Produttori San Michele Appiano”. Produttori perché si tratta di una realtà cooperativa che ad oggi conta più di 350 soci viticoltori.

Nata agli inizi del secolo scorso, come testimonia la bellissima sede in stile Liberty, è cresciuta negli anni forte della passione delle famiglie di viticoltori che ne sono via via entrate a far parte, forte del rispetto per il territorio e forte del rispetto per l’uva, per le sue singole varietà ed i suoi cru sino ad arrivare, oggi, ad essere un vero punto di riferimento per l’enologia Altoatesina.

San Michele è oggi in grado di fornire una linea completa di prodotti, dal top di gamma “Sanct Valentin” alla “Classica” ed alla “selezione”, ed in ognuna di esse troviamo i vitigni che rappresentano questa terra: Gewürztraminer, Pinot Bianco, Pinot Grigio, Sauvignon, Pinot Nero, Lagrain. In ogni bottiglia ritroviamo il varietale, il territorio, la cantina. Sintesi perfetta di quella “terra di mezzo” stesa fra la Stretta di Salorno ed il Brennero.

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birra

Oro, Nero, Rosso: ecco i colori della Peroni Gran Riserva

Da pochi mesi Peroni ha lanciato il nuovo design per le birre della sua linea Gran Riserva. Tre nuove etichette di originale forma pentagonale in tre nuovi colori, Oro Nero e Rosso, con ben in vista il nome della linea “Gran Riserva” oltre al caratteristico logo Peroni “a biscotto”.  All’interno delle bottiglie birre già collaudate sul mercato: Gran Riserva Puro Malto, Gran Riserva Doppio Malto, Gran Riserva Rossa.

A dispetto della recente tendenza di alcuni birrifici industriali di imitare, o tentare di imitare i sapori tipici delle birre artigianali e nonostante i tre cambi di capitale da cui è passata l’azienda, Peroni mantiene fede alla sua tradizione, con prodotti pensati e sviluppati nel corso degli anni, sempre nello stile della casa. Nuovi look dunque, ma stessi prodotti: noi di vini al supermercato li abbiamo assaggiati.

LA DEGUSTAZIONE

Peroni Gran Riserva Puro Malto (5,2%)
Nata nel 2014 è la più giovane della linea. Di colore dorato molto brillante si presenta nel bicchiere con una schiuma bianca e fine.  Al naso è delicata, con leggere note tostate. In bocca è rotonda con una grande facilità di beva: il sapore di malto è pulito, sincero e smorzato dalla nota amara del luppolo presente, ma non molto persistente. Un insieme che contribuisce a creare un prodotto equilibrato e scorrevole al palato.

Peroni Gran Riserva Puro Malto è prodotta con malto 100% italiano e con la tecnica di “doppia decozione”, tecnica filo conduttore della gamma Gran Riserva. Per donare alla birra i suoi particolari sentori, il composto di malto ed acqua viene scaldato e portato ad ebollizione due volte (da qui il termine “doppia decozione”)  anziché una.

Peroni Gran Riserva Doppio Malto (6,6%)
Nata nel 1996 per celebrare i 150 anni di attività dell’azienda, la Peroni Gran Riserva Doppio Malto è una bock prodotta con doppia decozione e con utilizzo di malti caramellati. Di colore dorato pieno con schiuma bianca mediamente persistente al naso rivela una leggera speziatura, probabilmente dovuta alla scelta dei luppoli.

In bocca è più intensa della Peroni Gran Riserva Puro Malto, ma altrettanto equilibrata con la dolcezza dei malti controbilanciata dal gusto amaricante del luppolo. Mediamente persistente ha un finale leggermente fruttato.

Peroni Gran Riserva Rossa (5,2%)
La Gran Riserva Rossa  è la decana della linea: dagli anni ottanta è sul mercato con la sua ricetta invariata che prevede l’uso di malto ambrato italiano dal quale deriva il colore. In questo caso la tecnica di decozione multipla è declinata in “tripla decozione”: ben tre fasi di cottura.

Tecnica più “impegnativa” dal punto di vista produttivo che però regala birre molto morbide. Questo stile di birra a bassa fermentazione è detto Vienna Lager ed è un stile tipicamente austriaco introdotto da Anton Dreher nel 1840, oggi molto poco utilizzato e con difficoltà di reperimento sul mercato.

All’analisi gustativa la Peroni Gran Riserva Rossa si presenta rosso rubino con schiuma bianca e fine. Al naso rivela una dolcezza maggiore delle precedenti. Dolcezza confermata al palato dalle note di caramello e malto fuse insieme che regalano una gran facilità di beva. Una birra rotonda di buona morbidezza, poco amara e corposa al palato con un finale mediamente persistente.

L’ANALISI DI MERCATO
Nonostante l’evoluzione del mercato verso “birre diverse”, una grossa quota di consumo è ancora legata a prodotti semplici e di basso prezzo. Nè è conscia Peroni che propone la sua linea Gran Riserva arricchita di profumi e sapori, ma legata alla tradizione.

Secondo Assobirra, tre quarti delle birre consumate in Italia appartengono ai segmenti “Main Stream” (49%) e “Premium” (26%), cioè birre più “semplici”. Un’ Italia brassicola che, con vicende alterne, ha guadagnato importanti quote di export nell’ultimo decennio. Se nel 2005 erano 0.7 milioni gli ettolitri di birra, nel 2015 l’export è salito a 2.3 milioni (+217.8%).

Nello stesso periodo ’import è passato da 5.2 milioni di ettolitri a 6.9 milioni (+32.8%). In sostanza il saldo commerciale è pressoché costante (circa 4.5 milioni di ettolitri), in linea con i costanti dati di consumo, e copre mediamente il 25% del nostro consumo interno.

Il Paese dal quale viene importata la maggior parte della birra è la Germania (oltre il 47% costante negli ultimi 4 anni). Il paese le cui birre “porta bandiera” sono le lager e le pilsner “di pronta beva”; altro importante sintomo del mercato.

Ecco quindi più che giustificata la scelta commerciale di Peroni di restare ben posizionata sul mercato del consumo “massivo” di birra, affiancando negli anni alla classica Peroni Lager (poi tradotta anche nelle versioni Radler e senza glutine) tre prodotti a bassa fermentazione che si differenziano per una maggiore intensità, ma che si rivolgono comunque alla fascia più bassa (e più consistente) di consumatori.

Tornando ai numeri invece Il maggior importatore di birra italiana è il Regno Unito. A quanto pare lì, in Oltremanica non piace solo “The Italian Prosecco”. I cittadini di Sua Maestà hanno bevuto nel 2015  ben 113 milioni di litri di birra, un consumo quasi pari a quello di Prosecco nel 2016 (164 milioni di litri).

Prezzo: 1.39 euro (50cl)
Acquistate presso: Esselunga

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Approfondimenti

Vinitaly International sbarca a New York: vino italiano sotto i riflettori

È New York l’obiettivo principale del vino italiano per la fine di giugno, con due appuntamenti targati Vinitaly International. Si parte con il Summer Fancy Food Show (25-27 giugno) e il Wine bar realizzato da Vinitaly International nell’ambito del progetto di promozione supportato dal ministero dello Sviluppo Economico (Mise) e organizzato dall’ ICE (Italian Trade Agency).

Una quarantina le aziende made in Italy coinvolte in un matching del gusto con professionisti del settore e giornalisti. Sempre a New York saranno 33 i candidati Via (Vinitaly international Academy) impegnati dal 26 al 30 giugno a conseguire la certificazione di ‘Ambasciatori’ del vino italiano attraverso il brand Vinitaly.

Tra gli operatori del settore che parteciperanno ai corsi, anche otto professionisti del vino provenienti dal colosso della ristorazione italoamericana, Batali & Bastianich Hospitality Group. Tra gli importatori statunitensi presenti, anche Total Wine & More, Vias Import Ltd, Banfi Vintners, Domaine Select, LUX Wines, Horizon Beverage Company, Chambers street wines, International Wine Imports, Southport Wines LLC. Si tratta del primo corso di certificazione negli Usa e dell’avvio del tour mondiale dedicato ai corsi VIA diretti da Ian D’Agata, le cui prossime tappe (a settembre) saranno Shanghai e Pechino.

“UN MERCATO DA CONQUISTARE”
Per il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani (nella foto): “Le dinamiche della domanda che registriamo negli Stati Uniti inquadrano un mercato tutt’altro che maturo, come osservato ieri anche da Sace che ha inserito gli Usa tra i 15 Paesi ad alto potenziale di crescita, con un tasso di incremento annuo delle nostre esportazioni del 5,5% da qui al 2020. E, nonostante la pausa di riflessione di questo primo quadrimestre, il vino italiano ha sino ad oggi fatto meglio dei propri competitor, con una crescita di circa il 27% nell’ultimo triennio”.

“Veronafiere con Vinitaly si sente un attore chiave per lo sviluppo del nostro export – conclude Mantovani – che persegue sia autonomamente che grazie a collaborazioni tra istituzioni, Ice e sistema fieristico, come nel caso del Fancy Food e del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy, che oggi serve più che mai in ottica di incremento dei flussi commerciali”.

Secondo le elaborazioni Ice su base Census – Dipartimento del Commercio statunitense, nei quattro mesi di quest’anno le importazioni di vino italiano sono cresciute in valore dello 0,3% per un corrispettivo di 576,2mln di dollari. L’Italia si conferma market leader nel mercato Usa con una quota del 31,3%, seguita dalla Francia (in rimonta nel quadrimestre con +15,4% per 535,1 milioni di dollari), Nuova Zelanda, Australia e Spagna. Perdono terreno in termini di valore i bianchi (-1,7%) e i rossi (-0,9%) italiani mentre moderano la corsa gli sparkling – che lo scorso anno avevano guadagnato +33,7% -, con +6%.

“Questi dati – commenta Maurizio Forte, direttore dell’Agenzia ICE di New York – uniti alla rilevazione dei prezzi medi di vendita del vino italiano negli USA, rispetto a quelli dei concorrenti, in particolare la Francia, confermano l’importanza e la necessità del Progetto Vino USA che il Ministero per lo Sviluppo Economico e l’Agenzia ICE lanceranno nella seconda parte del 2017. È fondamentale elevare il posizionamento del nostro vino -conclude Forte – oltre a rafforzare la presenza nella aree interne del Paese ed allargare la conoscenza dei vitigni autoctoni e dei territori italiani”.

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Nuova Doc delle Venezie, Rallo (Uiv): “Modello vincente e replicabile”

Al via oggi l’edizione 2017 di Enovitis in Campo, storica manifestazione organizzata da UIV e Veronafiere, in collaborazione con Fieragricola, in programma fino a domani, 23 giugno, a Cavaion Veronese (VR) presso l’azienda ‘Vigneti Villabella’ (nel cuore del Bardolino classico).

L’evento propone, con prove e dimostrazioni in vigneto, il meglio della tecnologia del settore vitivinicolo con un focus particolare sulla sostenibilità, tema caro per Unione Italiana Vini che da sempre punta alla promozione di un “sistema vigneto” in armonia con l’ambiente, dove la tecnologia rappresenti uno dei suoi fattori strategici primari.

Tra gli eventi più attesi della manifestazione, il Convegno “Pinot Grigio Delle Venezie: evoluzione qualitativa e aspettative di mercato“, alla presenza del presidente del Consorzio di tutela ‘Doc delle Venezie’ Albino Armani, del vice presidente di Veronafiere Spa, Claudio Valente, e del presidente di Unione Italiana Vini Antonio Rallo.

“Quella del Consorzio di Tutela Doc Delle Venezie – commenta Rallo – è una delle più importanti sfide del nostro settore, in grado di accendere i riflettori su un fenomeno produttivo di portata nazionale e mondiale da considerarsi come nuova locomotiva di sviluppo della vitivinicoltura del Paese. Un progetto ambizioso, quanto complesso, che ha unito tre delle regioni italiane maggiormente vocate alla coltivazione vitivinicola verso un obiettivo condiviso, trovando un punto d’incontro tra le rispettive esigenze e sensibilità”.

“Unione Italiana Vini – continua Rallo – ha fin da subito sostenuto e promosso la nascita della Doc Delle Venezie che rappresenta un modello di aggregazione vincente. Un esempio virtuoso che auspichiamo esportabile e replicabile in altre situazioni. Quale palcoscenico migliore di Enovitis, quindi, per illustrare questa esperienza in evoluzione che auspico potrà fornire motivi di confronto utili ad innalzare sempre più il livello del dialogo nel comparto vitivinicolo”.

“In particolare – aggiunge Albino Armani (nelle foto), presidente del Consorzio di Tutela DOC delle Venezie – oggi vogliamo fare focus sul concetto di ‘qualità percepita’ che per noi significa definire un elevato profilo organolettico di riferimento capace di caratterizzare il nuovo Pinot Grigio “delle Venezie” sul mercato rendendolo riconoscibile dal consumatore. Con la nuova DOC non solo aumenterà la tutela del consumatore, grazie alla tracciabilità garantita dalla fascetta, ma vogliamo migliorare la qualità del prodotto per conquistare un diverso posizionamento di prezzo che garantisca la sostenibilità economica della filiera”.

“E’ il nostro primo traguardo – continua Armani – e, insieme, lo start per nuove politiche di sostenibilità sociale ed ambientale del Pinot Grigio che intendiamo realizzare in tutti i territori della denominazione. Enovitis rappresenta il contesto ideale nel quale approfondire queste tematiche che auspichiamo possano stimolare, nel comparto vitivinicolo e tra le Istituzioni, ulteriore consapevolezza e azioni simili in tale direzione”.

I NUMERI DELLA DOC
Da stime del Consorzio di Tutela DOC ‘delle Venezie’ emerge per il Pinot Grigio delle Venezie un quadro molto significativo. Si calcola, infatti, che il giro d’affari complessivo si aggiri attorno ai 750 milioni di euro di cui il 95% destinato all’estero. Di questa parte, circa 300 milioni negli Stati Uniti dove il Pinot Grigio delle Venezie pesa il 30% del totale vino esportato.

Dalla prossima vendemmia, prende il via – tra vigneti e cantine di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino – il nuovo “percorso di valorizzazione del Pinot Grigio italiano” che, nel solo Triveneto costituisce oggi l’85% della produzione complessiva nazionale e il 43% di quella mondiale, con circa 2 milioni di ettolitri (260 milioni di bottiglie) distribuiti su circa 24 mila ettari: oltre 13.400 ettari in Veneto, 7.100 in Friuli Venezia Giulia e 2.840 nella provincia di Trento.

Il Pinot Grigio rappresenta la quarta varietà di uva coltivata in Italia, segnando una crescita negli ultimi cinque anni pari al 144%. Il nuovo Pinot Grigio DOC ‘delle Venezie’ comprenderà la produzione della vecchia IGT e tutta la produzione del Pinot Grigio DOC del Triveneto, pur mantenendo le caratterizzazioni territoriali di ciascuna zona.

Obiettivo del Consorzio di Tutela è quello di “muoversi come sistema organizzato, innalzando gli standard qualitativi di produzione, per strutturare l’offerta e per individuare opportune strategie di promozione che permetteranno di aprirsi a nuove prospettive di crescita internazionale”.

Una “promessa di qualità”, come la definisce il Consorzio, “che parte dal disciplinare dove, grazie ad una precisa strategia di filiera, una serie di parametri sono stati orientati alla crescita qualitativa”. “La resa per ettaro – evidenzia il Consorzio – diminuita da 190 a 180 quintali, e la resa uva/vino, passata dall’80 al 70%, hanno ridotto la quantità produttiva a ettaro, tra IGT e DOC, di ben 26 quintali di vino, mentre è stato elevato il titolo alcolometrico naturale minimo delle uve da 8 al 9,5% e il titolo alcolometrico minimo del vino al consumo dal 9 all’11%”.

“ENOVITIS? SULLA STRADA GIUSTA”
“La 12ª edizione di Enovitis in campo, la quarta sotto l’egida di Unione Italiana Vini e Veronafiere-Fieragricola  sottolinea Claudio Valente, vice presidente di Veronafiere Spa – declina l’innovazione direttamente tra i filari e quest’anno stabilisce il nuovo record di espositori –. Una conferma che la strada percorsa è quella giusta e che l’alleanza fra UIV e Fieragricola, che nel 2018 ospiterà l’evento indoor, è strategica per assecondare quei cambiamenti nel comparto vitivinicolo che oggi, oltre alla qualità del prodotto e alla promozione sui mercati, deve avere ben presente il concetto di sostenibilità: economica, ambientale, sociale. Una filosofia che impone un alto tasso di innovazione e richiede coraggio, e investimenti, già nelle fasi di coltivazione della vite”.

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Cuvèe Sergio Rosè MO Collection, Mionetto

(3,5 / 5) Un prodotto particolare, “diverso”. È la Cuvèe Sergio Rosè MO Collection di Cantine Mionetto. Diverso perché Mionetto, cantina che ha fatto del Prosecco una bandiera, presenta qui uno spumate Extra dry rosè.

LA DEGUSTAZIONE
Colore rosa tenue, brillante, con bei riflessi rosa intenso. Anche la ricca spuma, piuttosto persistente, ha un leggero colore rosato che adorna piacevolmente il bicchiere. Il perlage è abbastanza fine, vigoroso e persistente.

Al naso, Sergio Rosè MO di Cantine Mionetto è molto fruttato. Prevalgono note agrumate di pompelmo, seguite da sentori di piccoli frutti rossi. In bocca è agile, l’effervescenza lo rende giustamente tagliente e beverino. Di buon corpo se paragonato a molti altri charmat.

La buona acidità controbilancia la nota zuccherina (14-17 grammi per litro il dosaggio dichiarato). Nota zuccherina che equilibra il finale, altrimenti leggermente amarognolo. Persistente quanto basta. Valida alternativa ai “cugini” Prosecchi per un aperitivo, Segio Mo Collecion Mionetto è una cuvèe che, a tavola, si sposa bene con fritture leggere o carni non troppo saporite.

LA VINIFICAZIONE
Sergio Rosè è ottenuto da un blend di uve rosse autoctone delle regioni Veneto e Trentino, vinificate in rosato con pressatura soffice e poche ore di macerazione sulle bucce. Il vino base subisce poi il processo di spumantizzazione in autoclave.

Fondata nella zona di Valdobbiadene nel lontano 1887 da Francesco Mionetto, capostipite della famiglia, Mionetto ha saputo in quasi un secolo e mezzo di storia divenire una delle realtà più rappresentative del Prosecco anche a livello internazionale. La svolta nel 2008, quando la cantina è stata acquisita dal gruppo tedesco Henkell & CO. Sektkellerei KG, uno dei maggiori produttori europei di bollicine.

L’accesso ai mercati internazionali è stato così più agevole, senza tuttavia snaturare la propria tradizione e vocazione ai territori della Doc e della Docg. Oggi Mionetto è presente in tutti i maggiori mercati mondiali con 32 tipologie di spumante suddivisi in 7 linee di prodotto differente.

Prezzo: 8,19 euro
Acquistato presso: Iper, la Grande I

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Food Lifestyle & Travel

Guida agli oli extravergine di Puglia 2017: i premiati

Si è svolta ieri, nella sede della casa editrice Tirsomedia, la presentazione della Guida agli oli extravergine di oliva di Puglia, giunta quest’anno alla decima edizione.

All’evento di presentazione, condotto da Vittoria Cisonno, curatrice dall’opera insieme a Maurizio Pescari, giornalista esperto di cultura dell’olio e presidente della commissione di degustazione, hanno preso parte i produttori, esperti e ristoratori, per conoscere e apprezzare il meglio dell’oro verde di Puglia.

Momento saliente della manifestazione, il conferimento degli attestati ExtraTop, la speciale categoria che premia i venticinque migliori oli extravergine della produzione regionale degustata, che si sono distinti per qualità organolettiche e capacità di esprimere il proprio territorio.

GLI EXTRATOP
Quest’anno sono state premiate le aziende: DAUNIA: Graco – Torremaggiore (Fg); Teanum – San Paolo Civitate (Fg), Visconti Storie di Terra – Torremaggiore (Fg). MURGIA BARESE: Az. Agr. Caputo Maria – Molfetta (Ba), Az. Agr. Ciccolella Giuseppe – Molfetta (Ba); Az. Agr. Le Tre Colonne – Giovinazzo (Ba); Az. Agr. Monterisi Nicola – Andria; Az. Agr. Spaccavento – Molfetta (Ba); Feudo dei Verità – Bitonto (Ba); Frantoio Galantino – Bisceglie; Frantoio Oleario Fazio Antonio – Bitetto (Ba); Intini – Alberobello (Ba); Schiralli – Bitetto (Ba). MAGNA GRECIA: Az. Agr. Fisino Francesco – Palagiano (Ta); Az. Agr. Masseria Ciura – Massafra (Ta); Az. Agr. Mazzarrino – Palagianello (Ta); Le Ferre – Castellaneta (Ta); Tenuta Piantatella – Statte (Ta). ALTO SALENTO: Soc. Agricola Moccari – Mesagne (Br); Coop. Agr. Sololio – Ostuni (Br); Frantoio Oleario Fratelli Santoro – San Michele Salentino (Br); Az. Agr. Adriatica Vivai – Speziale di Fasano (Br). BASSO SALENTO: Masseria La Cornula – Nardò (Le); Az. Agr. Taurino – Squinzano (Le); Az Agr. Conte Giorgio Pantaleo – Sternatia (Le).

LA GUIDA
Con 51 aziende recensite e circa 100 etichette degustate, la guida è stata ideata per soddisfare le esigenze di un mercato vasto ed eterogeneo ed esaltare il meglio dell’olivicoltura pugliese, suggellando lo storico connubio fra la gastronomia e il territorio e promuovendo uno dei prodotti di punta del paniere agroalimentare della regione, l’olio extravergine di oliva. Inoltre si propone come uno strumento agile e dettagliato, che premia la qualità, la ricercatezza e la versatilità dell’”oro verde” pugliese, descritto in cinque sezioni per altrettanti territori olivicoli.

Attraverso le pagine dedicate ai territori di produzione a Denominazione di Origine Protetta, inoltre, la guida offre una panoramica sugli aspetti più squisitamente storici e culturali legati all’ulivo, vero e proprio simbolo anche paesaggistico della regione, e alla cultura frantoiana. La guida registra il continuo miglioramento qualitativo della produzione pugliese, che resta saldamente ai vertici mondiali in termini di volumi.

La Guida è stata redatta sulla base delle schede di degustazione compilate da una commissione di grande professionalità, composta dai degustatori professionisti Angela Giasi, Fabio Tanzi, Enzo Scivetti, Nunzia Pierri, Teresa Lastilla, Vito Antonio Mangialardo. La commissione, presieduta da Maurizio Pescari, ha degustato il meglio degli Evo di Puglia rigorosamente “al buio”, per garantire la massima imparzialità del giudizio.

Ad impreziosire le schede degli oli extravergine d’oliva recensiti figurano, all’interno di questa edizione, anche i cuochi e i ristoratori de “La Puglia è Servita”, che con le loro ricette sono interpreti naturali e testimonial dell’eccellenza degli Evo di Puglia.

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Approfondimenti

Bacaro tour: il bere “ignorante” diventa “slow” con la linea vini Bakari

Metti assieme un vignaiolo, un enologo, un selezionatore, un ristoratore e un artista. Capirai il senso di una linea di “vini spensierati”, adatti alle occasioni più gioviali. Come i “Bacaro tour”, veri e propri viaggi lampo che prevedono andata e ritorno in una sera e un unico filo conduttore: l’alcol.

Una moda che spopola tra i giovani italiani, soprattutto in regioni del Nord Est come Veneto e Friuli. Un esempio? Partenza da Treviso, arrivo a Venezia. Lì, inizia il tour tra un “bacaro” e l’altro: locali, spesso osterie, in cui i ragazzi consumano vini al calice (ómbre) e piccoli spuntini (cichéti).

“L’intento – spiega Raffaele Bonivento, leader del progetto ‘Bakari #socialmentespensierati’ con un passato da vignaiolo nei cirucuiti VinNatur e Porhos – è quello di creare una linea di vini naturali, fatti bene, a un costo accessibile, che rispondessero a dei requisiti specifici: di facile beva, democratici ma non concettuali, laici e frivoli, privi di sovrastrutture etiche e culturali. In poche parole vini buoni e naturali alla portata di tutti”.

LA SQUADRA
Al fianco di Raffaele Bonivento, una squadra di professionisti del mondo del vino. Damiano Peroni, enologo che da oltre dieci anni lavora come consulente per aziende agricole. Stefano Menti, vignaiolo dell’azienda di famiglia a Gambellara (VI), che lavora in regime biodinamico ed è interprete della Garganega vinificata spontaneamente. Il ristoratore Luca Fullin, oggi ideatore e proprietario del Local, realtà emergente della ristorazione veneziana. E infine Emanuela Tortora, sommelier e illustratrice che si è occupata delle etichette.

Il nuovo marchio si presenta sul mercato con tre vini: Bianco, Rosso, Confondo. Tutti non filtrati, prodotti in quantità limitate, con l’indicazione di anidride solforosa in retroetichetta. Le uve vengono acquistate da produttori in regime biologico, biodinamico o in conversione verso questi regimi.

DOVE DEGUSTARE I VINI BAKARI
Sono diciannove i locali che i fondatori della nuova linea vini Bakari hanno scelto per presentarsi ai “bevitori socialmente spensierati”. Da sabato 24 giugno a sabato 8 luglio 2017 il pubblico potrà quindi conoscere e assaggiare in anteprima i vini nei locali selezionati al costo consigliato di 3 euro.

I locali coinvolti sono: Bacaro Risorto di Venezia; Estro – Vino e Cucina di Venezia; Osteria Plip di Mestre (Ve); DiningRoom di Mestre (Ve); Ristorante Local di Venezia; Hotel Pensione Wildner di Venezia; Misticanza 54 di Monselice (PD); Abituè di Treviso; Assaggi&Beccofino di Mogliano Veneto (TV); Il Punto della bice di Rovigo; Ca’ Bottona di Costermano (VR); Ai Troeggi di Genova; Banco vini e alimenti di Torino; Ristorante Consorzio di Torino; XI Comandamento di Ferrara; Enoteca Pisacane di Cervia (RA); Viva di Trieste; Vinello di Milano; Pura Vida di Mantova.

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Prosecco Rosè? Solo da Iper, Belen e Bastianich

(di Giacomo Merlotti e Davide Bortone) Bevitelo te, il Prosecco Rosè. Perché? Facile: non esiste. A meno di improbabili revisioni notturne del disciplinare di produzione della Doc Treviso, è una “svista” agghiacciante quella a cui si può assistere nel mega punto vendita di Arese (MI) a insegna Iper, la Grande i.

Al colosso della grande distribuzione italiana fa eco il ristorante di Joe Bastianich e Belen, Ricci Milano. Sulla carta dei vini, tra le “Bollicine”, ecco spuntare – per la modica cifra di 34 euro – il Prosecco Rosè “Flor”. Una chicca? Non proprio.

IL DISCIPLINARE
Inequivocabile l’articolo 2 comma 1 del disciplinare di produzione del Prosecco Doc. “Il vino a Denominazione di origine controllata ‘Prosecco’ deve essere ottenuto da uve provenienti da vigneti costituiti dal vitigno Glera”.

“Possono concorrere, in ambito aziendale, da soli o congiuntamente fino ad un massimo del 15%, i seguenti vitigni: Verdiso, Bianchetta trevigiana, Perera, Glera lunga, Chardonnay, Pinot bianco, Pinot grigio e Pinot nero (vinificato in bianco), idonei alla coltivazione per la zona di produzione delle uve di cui all’art. 3 del presente disciplinare”. Game over: il Prosecco rosè non esiste.

L’ERRORE
Sotto accusa, nel punto vendita Iper di Arese, nel milanese, è il cartello promozionale collocato nel bel mezzo della corsia dei vini: “Prosecco Treviso Doc Rosè Mionetto 75cl: 6,90 euro”. Inconsapevole della svista la cantina veneta Mionetto. Il prodotto in questione è infatti il “Mionetto MO – Sergio Rosé”, che in etichetta è correttamente dichiarato “Spumante Extra Dry”. Senza menzione di provenienza, Doc, o altro. E’ dunque il personale Iper ad aver identificato il prodotto in promozione come “Prosecco”.

Ci sono un’argentina e un americano in ristorante a Milano… Potrebbe cominciare così la barzelletta che vede invece come protagonista la carta dei vini di Ricci Milano. Passi per Belen, una a cui si può perdonare davvero di tutto.

Ma che un personaggio del calibro di Joe Bastianich (peraltro produttore di vino) non si accorga di una simile castroneria sulla carta dei vini del proprio ristorante, incoraggia noi malpensanti a valutazioni maliziose. Che si tratti di una trovata di “marketing” per spingere le vendite del rosè, accostandolo al “Prosecco”? Un dubbio che il mondo del web sembra confermare. Il Prosecco “Flor” compare in versione rosè sul sito californiano The Wine Connection – Rare & Premium Wines. Vini tanto “rari” e preziosi da non esistere.

DICIAMOLO
Una volta per tutte: “Prosecco” e “Spumante” non sono sinonimi. Il Prosecco è una sfumatura del vasto mondo della spumantizzazione. Non si può chiamare “Prosecco” tutto ciò che, semplicemente, non è Metodo Classico (quello, per intenderci, alla base della produzione dello Champagne, del Franciacorta o del TrentoDoc) o che abbia la “bollicina”. In definitiva, il vino chiede e merita rispetto. E ancor più ne richiede il consumatore.

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Metodo Classico Extra Brut Nobilis Naturae, Rossi de’ Bellagente Torrevilla

(3,5 / 5) Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper, un Metodo Classico dell’Oltrepò pavese. E’ l’Extra Brut Nobilis Naturae di Rossi de’ Bellagente, azienda di Stradella del gruppo Torrevilla.

LA DEGUSTAZIONE
Colore giallo paglierino pieno e brillante. Il perlage è abbastanza fine, vigoroso e molto persistente. Al naso, lo spumante Nobilis Naturae è intenso. Ben marcata la nota di lievito e crosta di pane. Un poco di frutta secca, accompagnata da sentori di frutta molto matura. In bocca caldo ed ampio, riempie bene il sorso.

Al palato la “bollicina” non infastidisce, per quanto tenda a smorzare la morbidezza del vino. Il finale, poco persistente, regala tuttavia una piacevole sensazione a metà tra i lieviti e il fruttato. In definitiva, un Metodo classico piuttosto equilibrato, non complesso, che trova nella sua immediatezza il punto forte, unita alla forza e persistenza del perlage e alla fine compattezza del bouquet. Un buon compagno in cucina, per abbinamenti non troppo elaborati.

LA VINIFICAZIONE
Nobilis Naturae è una cuvée composta da Pinot Nero e Chardonnay, di cui non sono dichiarate le percentuali in etichetta. I vigneti sono quelli dell’Oltrepò Pavese di fascia medio collinare, nei comuni di Rocca de Giorgi e Montalto Pavese. L’affinamento sui lieviti è pari a 18 mesi.

Realtà votata alla spumantizzazione Metodo classico, come da grande tradizione dell’Oltrepò, Rossi de’ Bellagente elabora, assembla ed affina i propri spumanti a Stradella. Le radici storiche della cantina affondano nel lontano XVII secolo, ma è dalla sua storia recente che nascondo i prodotti attualmente in commercio, distribuiti i modo più capillare dal 2014, quando l’azienda è entrata a far parte del gruppo Torrevilla.

Prezzo: 8,45 euro
Acquistato presso: Esselunga

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Vino italiano, allarme export: prezzo medio bottiglia troppo basso

I dati Istat elaborati da Ismea sull’export del vino italiano nel primo trimestre 2017 riportano una crescita in volume del 7,6% per circa 5 milioni di ettolitri e in valore dell’8% per un corrispettivo di 1,3 miliardi di euro.

Dati poco entusiasmanti quelli diffusi attraverso l’Osservatorio del vino. Di fatto risulta evidente una generale situazione di stasi relativamente al valore medio della bottiglia.

Nei Paesi terzi è stato esportato il 9% in più rispetto al primo trimestre del 2016 con introiti in crescita del 10%. In termini di quote, con i dati del primo trimestre, i Paesi terzi rappresentano il 34% delle esportazioni a volume ed il 51% a valore.

È opportuno prendere questi dati con le dovute cautele. Per chiudere il 2017 con risultati incoraggianti è indispensabile che i fondi OCM promozione Paesi Terzi siano resi disponibili alle imprese da parte del Mipaaf, consentendo così investimenti per oltre 200 milioni di euro che aiuterebbero il sistema vino italiano a valorizzare i propri prodotti nei Paesi extra comunitari. Al momento, infatti, manca ancora il decreto che ne disciplina l’impiego e le tempistiche sono molto strette.

LE DENOMINAZIONI
In tema di Dop e di codici della nomenclatura combinata ci sono alcune novità: le Dop siciliane ferme e il Prosecco, sono state incluse tra le produzioni che potranno essere monitorate. “Un risultato importante – commenta l’Osservatorio del vino – reso possibile anche grazie al lavoro politico di Unione Italiana Vini con l’Agenzia delle Dogane e la Commissione Europea”.

Nel primo trimestre 2017, le Dop siciliane ferme hanno esportato 2,8 milioni di bottiglie. Sopra la media del settore le performance degli spumanti, soprattutto quelli a Denominazione che fanno registrare un +12% a volume (580mila ettolitri) e un +16% a valore (229milioni di euro). Il Prosecco da solo rappresenta il 65% delle esportazioni complessive degli spumanti Dop, con 383mila ettolitri che valgono circa 150 milioni di euro.

Da segnalare un’altra novità in merito ai codici della nomenclatura combinata, che da quest’anno permettono di distinguere il vino commercializzato in “recipienti compresi tra i 2 e i 10 litri” quindi i bag in box ed i vini “sfusi” in senso classico (cioè quelli in recipienti superiori ai 10 litri che potremmo anche definire genericamente “cisterne”).

Questi due segmenti hanno realizzato complessivamente il 17% in più a volume, per un totale di circa 1,5 milioni di ettolitri, ed il 10% in più negli introiti superando i 100 milioni di euro. In termini di volume il bag in box pesa per il 6% in quantità e il 13% a valore. Le destinazioni principali dei vini italiani in tale formato sono Germania e Paesi Scandinavi. Dopo la frenata del 2016, i primi mesi del 2017 sembrano aver portato buone notizie anche per i vini in bottiglia fermi (+3%).

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Vino vittima della Brexit: consumi a picco in Gran Bretagna

Crollano i consumi di vino in Gran Bretagna con il prezzo medio di una bottiglia che ha raggiunto i 6,3 euro (5,56 sterline) per effetto di un aumento costante dal momento del referendum sull’uscita dall’Unione Europea.

E’ quanto afferma la Coldiretti in occasione della diffusione dei dati sulla riduzione del commercio al dettaglio, sulla base dei dati della Wine and spirit trade association (Wsta) nel sottolineare che bere vino in Gran Bretagna non è mai stato così caro, per effetto dei tassi di cambio sfavorevoli ma anche per l’aumento della tassazione sugli alcolici.

Sulle tavole inglese il vino, che è in gran parte di importazione, è la prima vittima del caos provocato da Brexit ed elezioni per effetto della svalutazione record della sterlina che lo ha reso sempre piu’ inaccessibile. Un comportamento che pesa anche sulle esportazioni Made in Italy con il calo del 7% delle vendite del vino italiano sulla base dei dati Istat che evidenziano relativi ai primo bimestre del 2017.

La Gran Bretagna, sottolinea la Coldiretti, è stata nel 2016 il primo mercato mondiale di sbocco dello spumante italiano con il 30% delle bottiglie esportate, in pratica quasi 1 su 3. Ora si è invertita la tendenza e le esportazioni sono in calo anche per gli aumenti delle accise che riguardano tutti i vini e gli spumanti e che a febbraio sono stati di ben il 9% per il Prosecco secondo la Wine and spirit trade association (Wsta).

La Gran Bretagna è il quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari nazionali Made in Italy con un valore di ben 3,2 miliardi nel 2016.  La voce più importante – conclude la Coldiretti – è rappresentata proprio dal vino e dagli spumanti seguiti dalla pasta, dall’ortofrutta, dai formaggi oltre un terzo dei quali è rappresentato da Parmigiano Reggiano e Grana Padano, ma va forte anche la mozzarella di bufala campana.

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Vini al supermercato

Aglianico del Molise Riserva Doc 2013 Contado, Di Majo Norante

(3,5 / 5) Quella di Di Majo Norante è certamente una realtà che dà grande lustro alla viticultura molisana e meridionale in generale. Una cantina che impreziosisce gli scaffali di alcune catene della gdo. Ecco dunque l’Aglianico del Molise Riserva Doc 2013 Contado: un prodotto di buona caratura, dall’ottimo rapporto qualità prezzo, al di sotto dei dieci euro. Di Majo Norante, dunque, di nuovo sotto la lente di ingrandimento di viniasuper, dopo la recensione della Falanghina del Molise e del Biferno.

LA DEGUSTAZIONE
L’Aglianico del Molise Doc Riserva 2013 Contado colora il calice di un rosso rubino carico anche se non del tutto privo di particelle in sospensione. Dal punto di vista olfattivo, l’iniziale timidezza si dissolve con i giusti tempi di ossigenazione fino al rivelarsi degli aromi tipici del vitigno.

E’ allora che giungono note di lampone e piccoli frutti rossi di sottobosco, insieme a profumi finissimi di spezie. Al palato entra caldo e si accomoda pieno e rotondo. Il nerbo ancora acido accompagna la beva fatta di tannini ingentiliti e che chiude con un finale di buona persistenza con leggero retrogusto amarognolo.

Di buona struttura, si accompagna a primi piatti con sughi di carne, carni rosse o bianche in umido, formaggi stagionati e preparazioni di selvaggina. Consigliamo di aprirlo con un’ora di anticipo e di servirlo in calici ampi alla temperatura di 18 gradi.

LA VINIFICAZIONE
L’Aglianico del Molise Doc Riserva 2013 Contado nasce da uve 100% Aglianico allevate a 100 mt sul livello del mare in zona Ramitello / Contrada Camarda su una superficie di circa 15ha. I terreni sono di origini argillosa/sabbiosa e le viti, di età superiore ai vent’anni, sono allevate a spalliera con una resa di 80/100 q/ha. La vendemmia viene effettuata verso fine ottobre.

La vinificazione è in rosso, con macerazione a contatto con le bucce per circa un mese. Una volta completata la malolattica il vino affina in parte in botte ed in parte in acciaio quindi viene lasciato per ulteriori sei mesi ad affinare in bottiglia prima di essere commercializzato.

Alessio Di Majo, considerato vignaiolo controcorrente ha sacrificato produttività ed omologazione del gusto al perseguimento costante della qualità e della tipicità,  convinto che i vitigni meridionali siano più adatti alle condizioni pedoclimatiche del Contado del Molise. La cantina Di Majo Norante è protagonista della rinascita della viticultura molisana che negli ultimi anni sta attuando un percorso di modernizzazione e di crescita qualitativa per scrollarsi definitivamente di dosso l’immagine di area piccola e sconosciuta in ambito produttivo vinicolo.

Prezzo: 8,97 euro
Acquistato presso: Bennet

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