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Lo Champagne secondo Louis Roederer

Louis Roederer è una delle poche Maison de Champagne ancora gestita dalla famiglia fondatrice. Una storia che affonda le radici nel lontano 1776, a Reims. La cantina ottiene il nome attuale nel 1833, quando viene ereditata da Louis Roederer, che intraprende un percorso di crescita e ristrutturazione in controtendenza rispetto alle altre realtà della regione.

A differenza di altre Maison (i cosiddetti Négociant Manipulant) che acquistano uve da altri vignaioli, Louis è convinto che il segreto di un grande vino risieda nella terra. Inizia così a investire nell’acquisto di vigne nei territori dei Grand Cru e Premier Cru. Un approccio da piccolo vignaiolo (Récoltant Manipulnat, come si dice Oltralpe) ma su larga scala.

Nel 1850, la Maison Roederer può contare su 100 ettari di proprietà. Oggi su oltre 240 ettari, suddivisi in 410 appezzamenti fra la Montagne de Reims, la Cote de Blancs e la Vallée de la Marne. Unica nel suo genere, la cantina coniuga in sé tanto l’abilità enologica propria delle grandi Maison quanto l’attenzione alla viticoltura tipica dei Vigneron.

Per dar modo di conoscere ed approfondire gli Champagne di Louis Roederer lo scorso 20 ottobre la sezione Onav di Varese ha organizzato un’interessante degustazione.

LA DEGUSTAZIONE
Sette le proposte. Apre la serata il Brut Premier, il “base” di casa Roederer, lo champagne pensato per dare continuità alla Maison dopo la prima guerra mondiale.

Vinificazione in fusti di rovere per la cuvée composta dal 40% di Pinot Noir, 40% di Chardonnay e 20% di Pinot Meunier. Tre anni di affinamento sui lieviti, 6 mesi di riposo in bottiglia dopo la sboccatura, 9 g/l di dosaggio.

Giallo paglierino brillante, perlage piuttosto fine. Molto pulito al naso con note fruttate di mela, di agrume, vegetali di fieno ed una dolcezza di crema pasticcera. In bocca il perlage è un poco aggressivo. Grande acidità e buona sapidità. Evidente la presenza del Meunier. Equilibrato con una dolcezza di miele e camomilla che accompagna la breve persistenza.

Brut Rosè Vintage 2011. Annata difficile con inverno secco, primavera calda ed estate fresca e piovosa che costrinse a vendemmia anticipata. 63% Pinot Noir, 37% Chardonnay. Il 22% dello Chardonnay è vinificato fusti di rovere mentre il 13% fa fermentazione malolattica. Quattro anni di affinamento e 6 mesi di riposo in bottiglia dopo sboccatura. 9 g/l il dosaggio zuccherino.

Color buccia di cipolla brillante, il perlage è piuttosto fine e persistente. Al naso è più timido del brut con note di melograno, gesso e salmastre di ostrica seguite da una speziatura di pepe bianco.
Un poco aggressivo il perlage, di buona acidità, chiude su di una nota amarognola forse dovuta al residuo zuccherino.

Blanc de Blanc Vintage 2008. Annata con primavera molto piovosa ed estate secca che hanno dato una maturazione lenta e progressiva delle uve. 100% Chardonnay, il 15-20% vinificato in botti di rovere con battonage settimanale e nessuna fermentazione malolattica, 5 anni di affinamento sui lieviti ed un dosaggio zuccherino di 8-10 g/l.

Paglierino con riflessi dorati al naso è molto fine, delicato. Uno champagne che non urla i propri sentori ma che sussurra note floreali e fruttate contornate da un profumo di erba tagliata. Molto elegante in bocca non rivela il proprio dosaggio zuccherino forte di una grande mineralità. Lunga la persistenza.

Brut Nature 2009 e Brut Nature 2006. Una mini verticale. Il Brut Nature 2009 nasce in un’annata ricordata come una delle migliori in Champagne, con inverno rigido e secco ed estate soleggiata ed asciutta. 70% di Pinot Noir e Pinot Meunier, 30% Chardonnay. 25% della vinificazione in rovere, nessuna malolattica, nessun dosaggio zuccherino.

Colore paglierino con riflessi dorati. Naso molto espressivo ove si riconoscono note floreali di ginestra, frutta bianca, agrumi, mandorla e marzapane ed una nota di tabacco da pipa. Al palato il perlage è molto piacevole in contraltare con la schietta acidità del pas dosé.

Il 2006 è l’anno che suggella le varie prove della Maison, iniziate nel 2003, per la realizzazione del primo Brut Nature. 70% di Pinot Noir e Pinto Meunier, 30% Chardonnay. Fermentazione spontanea del 100% dei vini in botti di legno. Nessun dosaggio.

Colore più carico rispetto al 2009 al naso è più chiuso con sentori simili a quelli del 2009 contornati da una nota dolce di confetto. In bocca è teso e pulito con una grande mineralità.

Vintage 2009. 70% Pinot Noir, 30% Chardonnay. 30% circa dei vini vinificati in legno. 9 g/l di dosaggio. Color giallo dorato con perlage molto fine e persistente. Estremamente pulito al naso con note di cera d’api, di frutta disidratata, note di spezie, di tostatura e di pasticceria.

Finissimo in bocca col perlage che accarezza il palato, uno champagne rotondo con acidità e mineralità perfettamente bilanciate. Lunga la persistenza.

Chiude la degustazione Cristal 2007. Annata con primavera calda ed estate fresca chiusa da una vendemmia in condizioni ideali. La cuvée, ottenuta da vecchie viti, si compone del 58% Pinot Noir e 48% Chardonnay con il 15% dei vini vinificati in rovere. 9,5 g/l il dosaggio.

Colore dorato con perlage finissimo. Pulizia assoluta al naso con agrume maturo, tostatura che vira al fumé e note minerali di pietra focaia. Bocca equilibrata ed estremamente armonica. Finale lungo.

LA STORIA DEL CRISTAL
Correva l’anno 1867 quando la Maison Roederer confezionò una versione speciale della propria Cuvée de Prestige per lo Zar di Russia Alessandro II.

A causa di tensioni nazionali ed internazionali si temevano attentati alla vita dello Zar e così, in occasione della “Cena dei tre imperatori” cui Alessandro II avrebbe partecipato (insieme a Guglielmo I di Prussia ed al principe Otto von Bismarck) venne realizzata una bottiglia particolare.

La bottiglia era in cristallo trasparente (da cui il nome) per garantire che al suo interno vi fosse champagne e non qualche liquido infiammabile o esplosivo.

Allo stesso modo il fondo della bottiglia era piatto per evitare che vi si potessero nascondere altre minacce. La bottiglia così nata, adornata da una etichetta dorata che ne esalta l’eleganza, divenne un’icona a tal punto da essere oggi considerata dagli economisti un “bene di Veblen”.

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Maculan, ecco il panettone al Torcolato

L’azienda vinicola Maculan di Breganze (Vicenza) lancia il suo Panettone al Torcolato per il Natale 2017. Una ricetta unica, studiata per esaltare gli aromi del vino ed evitarne l’evaporazione.

Il segreto è nell’uvetta: immersa nel Torcolato per lungo tempo, riesce a sprigionare gli aromi quand’è il momento di gustarlo. La lunga lievitazione, la cottura attenta, il lento riposo di raffreddamento dopo l’uscita dal forno ma soprattutto l’aggiunta del Torcolato, sono passaggi che consentono al lievitato di essere leggero, soffice e ricco nel gusto.

Il Torcolato Breganze DOC è un vino dolce prodotto con la Vespaiola, una varietà autoctona di Breganze, i cui grappoli vengono messi da parte e attorcigliati con degli spaghi (da cui il nome: attorcigliato, intorcolato) per essere appesi alle travi delle soffitte per almeno cinque mesi.

Ad appassimento terminato, le uve vengono pressate con un torchio fino a dare un succo a bassissima resa, denso e dolce. Dopo cento giorni di fermentazione il vino presenta ancora un sostenuto residuo zuccherino, circa 150 g/l. Segue un anno di affinamento in piccole botti in legno di rovere o di acacia e una sosta in bottiglia.

Per la preparazione del dolce natalizio, quest’anno è stata scelta l’annata 2012, una vendemmia fortunata, che ha dato un vino particolarmente ricco di sostanze aromatiche. Durante la lavorazione l’uvetta è immersa in una bagna speciale a base di Torcolato (50 ml per ogni chilogrammo di panettone) per preservarne i profumi fino al momento dell’assaggio: è questo che lo rende così buono.

“L’uvetta – rivela Fausto Maculan – è il cavallo di Troia che porta il Torcolato al consumatore, evitando la sua evaporazione nel forno e diventando così il testimone dell’operazione. Oltre a questo l’uso degli aromi è misurato e delicato in modo da non sormontare quelli del vino che noi consigliamo vivamente in abbinamento al panettone”.

Il Panettone al Torcolato è un prodotto della tradizione della casa vinicola, nato nel 2000 dall’incontro con Sonia e Dario Loison della pasticceria Loison di Costabissara. É consigliato gustarlo ad una temperatura non troppo bassa, ideale tra i 25 e i 30 gradi centigradi, per assaporare pienamente gli aromi che sprigiona il Torcolato.

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Funghi “chiodini” cinesi e vino: maxi sequestro tra Napoli e Foggia

Il Nucleo Antifrodi Carabinieri di Salerno, in collaborazione con personale dell’Ispettorato Centrale Repressione Frodi di Bari, a seguito di accertamenti svolti nelle province di Napoli e Foggia, ha sequestrato 1.770 chilogrammi di funghi confezionati (in barattoli di latta e in  vasetti di vetro) con la dicitura “funghi chiodini” mentre, in realtà, si trattava della varietà “pholiota mutabilis nameko”, di origine cinese.

Nel corso dell’operazione, i militari hanno sequestrato anche 4.300 ettolitri di vino bianco (pari a circa 464 tonnellate di prodotto) per un valore di 500 mila euro, poiché detenuto in eccedenza rispetto alla giacenza contabile e non giustificato da alcuna documentazione.

Nell’occasione venivano sequestrate anche 6.500 etichette  e contestate sanzioni per 199.500 euro. Le attività preventive della specialità dell’Arma hanno evitato che giungessero sulle tavole dei consumatori prodotti che avrebbero arrecato un potenziale danno alla salute e un inganno alla generalità degli utenti.

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vini#1

Gewurztraminer 2014, Weingut Abraham

Martin Abraham è un vignaiolo atipico, schivo, definirlo timido è quasi un eufemismo. Quando lo si incontra, che sia in cantina, che sia al banchetto di una fiera pare sempre meravigliato.

È come se non si rendesse conto dell’immensa bellezza dei suoi vini, ma non si può non restarne folgorati. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper, il Gewurztraminer di Weingut Abraham, annata 2014.

LA DEGUSTAZIONE
Il Gewurztraminer di Weingut Abraham ha un colore giallo dorato carico, limpido e trasparente.

Il naso è al primo impatto di frutta tardiva ed essiccata come albicocca, papaya, con una punta di agrume candito, arancio. Parte poi immediatamente un sentore speziato meraviglioso, zenzero , anice stellato e cardamomo.

Ma è al palato che spiazza maggiormente: non ha un  residuo zuccherino stancante, ma è secco elevato alla seconda con 1,3 g/l di zucchero.

Caldo e morbido, come si addice al vitigno e anche in parte al  minimo passaggio in rovere grande  è un vino estremamente complesso. Perfetto come da accompagnamento a piatti asiatici e con uno straordinario  rapporto q/p.

LA VINIFICAZIONE
Il vitigno dal quale provengono le uve utilizzate è un clone locale di Traminer, chiamato Laimburg 14. Allevato su terreno morenico, misto a pietrisco vulcanico ricco di minerali come porfido e quarzo è stato piantato nel 2000.

Dopo la vendemmia tardiva, con uva parzialmente attaccata da botrite nobile segue fermentazione spontanea sulle bucce per quattro settimane. Dopo la pressature soffice avviene la fermentazione normale, la malolattica ed un affinamento in botti di rovere.

Weingut Abraham si trova ad Appiano (Bz) sulla strada del vino. La filosofia dell’azienda si basa sul riconoscimento della sapienza e della creatività dei propri avi da trasmettere ai propri figli secondo il principio della sostenibilità: umiltà, senso di responsabilità e libertà di pensiero.

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Vini al supermercato

Cortona Doc Syrah 2015 Achelo, La Braccesca Antinori

(3,5 / 5) La zona di produzione delle uve idonee alla produzione dei vini a denominazione d’origine controllata “Cortona” ricade nella provincia di Arezzo.

Comprende i terreni vocati alla qualità di una parte del territorio del borgo dall’anima medievale, incastonato tra Toscana ed Umbria, noto anche come città natale di Pietro da Cortona, pittore ed architetto simbolo del barocco, e di Lorenzo Cherubini, al secolo Jovanotti.

Sotto la lente di ingrandimento di vinialsuper un rosso toscano, prodotto con uve Syrah in purezza direttamente dal pianeta Marchesi Antinori.

LA DEGUSTAZIONE
Il Cortona Doc Syrah 2015 della Braccesca ha un colore violaceo molto intenso che dipinge archetti densi e fitti sul calice. Al naso è intenso e pulito con sentori primari di more e amarene  su fondo speziato di pepe nero e vaniglia non invadente, segno di un uso sapiente del legno.

In bocca ha un ingresso morbido e caldo con una discreta freschezza.  Di buona struttura ha un tannino elegante  nonostante la giovane età che lo rende pronto. Il sorso ha rimandi fruttati con scia pepata, ma risulta poco profondo. Ciò nonostante resta un buon vino “piacione” che, soprattutto abbinato a carni rosse, può dare soddisfazioni a tavola.

LA VINIFICAZIONE
Dopo la diraspatura e la pigiatura il mosto viene macerato a freddo per un paio di giorni, in modo da esaltare le caratteristiche fruttate tipiche del vitigno. La fermentazione alcolica a temperature non superiori ai 28 gradi ha una durata di circa 10 giorni.

Il vino viene introdotto per il 70% in barrique francesi di secondo e terzo passaggio, dove svolge la fermentazione malolattica, e per la restante parte in acciaio. Il Cortona Doc Syrah 2015 Achelo è stato imbottigliato a gennaio 2016.

La Fattoria Braccesca si estende su una superficie complessiva di 508 ettari, con due nuclei distinti e separati, uno a Montepulciano e l’altro ai piedi di Cortona, con 237 ettari di vigneto.

Prezzo: 11,95 euro
Acquistato presso: Coop

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Vini al supermercato

Terre Siciliane Igt Chardonnay 2016, Duca di Saragnano

(2 / 5) Il vino Terre Siciliane si presenta nel calice di un colore giallo paglierino. Al naso si percepisce abbastanza intenso e complesso, con sentori floreali e fruttati che spaziano dalla frutta esotica alla frutta matura a polpa bianca, in cui primeggiano la mela, il cedro ed il pompelmo.

Al palato appare secco, abbastanza caldo e morbido, fresco, sapido. Nel complesso abbastanza equilibrato, anche se prevalgono le durezze dovute dalla giovane annata. Un vino che può essere degustato anche nei prossimi mesi, quando dovrebbe risultare meno “spigoloso”.

Si accosta bene a tutti i piatti di pesce, soprattutto antipasti di pesce crudo e crostacei, formaggi a pasta molle, ma anche a primi piatti di pasta con verdure, secondi di pesce e carni bianche. Da provare in abbinamento ad una vellutata gustosa come la crema di patate di Siracusa.

LA VINIFICAZIONE
Lo Chardonnay Terre Siciliane Igt 2016 dell’azienda Duca di Saragnano è ottenuto da uve Chardonnay raccolte durante la prima quindicina di settembre. La vinificazione avviene in acciaio. A novembre viene unita una piccola percentuale di Insolia (vendemmiata a fine agosto).

Il blend resta dunque a riposo sino a febbraio, a temperatura controllata, in modo che i loro caratteri specifici si fondano. L’affinamento avviene poi, per almeno un mese, in bottiglia.

Saragnano è il nome della frazione del Comune di Baronissi, in provincia di Salerno. La storia dell’azienda risale all’Alto Medioevo, nel X secolo d.c., quando il Meridione fondò nell’entroterra Baronissi e Saragnano, per allontanarsi dalle incursioni dei pirati saraceni.

Il Duca di Saragnano si distinse per aver combattuto con coraggio ed onestà, anche se gli arabi ebbero la meglio. Il duca si rifugiò con la famiglia nel centro Italia, protetto dal Sacro Romano Impero.

Dopo l’allontanamento degli arabi, uno dei discendenti divenne un grande amico di Luigi Barbanera, che concesse al casato di tornare nella terra natale e così la linea dei vini assunse questo nome.

Prezzo: 1,99 euro
Acquistato presso: Lidl

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news ed eventi

Testo Unico, Uiv in convegno ad Alba: “Langhe, modello da imitare”

Si è tenuto in mattinata, ad Alba, il convegno dal titolo: “Le novità del Testo Unico del Vino”, organizzato dall’Unione Italiana Vini. E non poteva che riferirsi al Piemonte il presidente di Uiv, Ernesto Abbona, nell’indicare come modello le Langhe, dove “grazie ad un sistema di norme che vengono fatte scrupolosamente rispettare, la competizione è basata sul merito e, in ogni occasione, vince il migliore. Creando valore condiviso da tutta la filiera”.

La giornata è stata moderata da Valentina Sellaroli, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Torino, formatrice decentrata della Scuola Superiore della Magistratura, Struttura Territoriale di Torino, e dal professor Vito Rubino, aggregato di Diritto dell’Unione Europea, Università degli Studi del Piemonte Orientale e ha visto la partecipazione, tra i relatori, di Oreste Gerini, Direttore generale della prevenzione e del contrasto alle frodi agro-alimentari dell’ICQRF.

“Il rapporto che lega il vino italiano al sistema legislativo – ha dichiarato Ernesto Abbona, presidente di Uiv – è molto articolato e per certi versi ambivalenteDa un lato tutela e garantisce, nella qualità e trasparenza del prodotto, sia il mondo produttivo sia il consumatore secondo un modello di certificazione e protezione delle indicazioni geografiche senza eguali”.

“Dall’altro invece – ha continuato Abbona – questo sistema di regolamenti che interviene nelle fasi produttive del vino, complica il nostro lavoro implicando un impegno notevole in termini di tempo e risorse economiche nell’affrontare questioni di carattere giuridico amministrativo non sempre chiare e trasparenti. Da qui ne deriva la necessità di semplificazione”.

Sempre secondo Abbona, “in Italia abbiamo un caso esemplare di semplificazione normativa che sta facendo scuola a livello internazionale: il Testo Unico, dove siamo riusciti in un grande sforzo corale a coniugare rigore, certificazione, trasparenza verso il consumatore con la semplicità nella gestione amministrativa delle imprese”.

IL MODELLO LANGA
“L’augurio – ha aggiunto Abbona (nella foto) – è quello di realizzare in tutta Italia la stessa situazione ideale che abbiamo voluto e saputo realizzare in Langa. E’ importante costruire un sistema di norme chiaro, preciso ma semplice da applicare, che faciliti un sistema di controlli efficace”.

“Il Testo Unico del vino – ha commentato Andrea Olivero, viceministro delle Politiche agricole alimentari e forestali – rappresenta la colonna vertebrale della legislazione vitivinicola del nostro Paese. È indicativo che il primo articolo sancisce il riconoscimento della vite e del vino come patrimonio culturale del Paese, un patrimonio da tutelare e valorizzare nella sostenibilità sociale, economica, produttiva ambientale e culturale”.

“È chiaro che tutelare questo patrimonio è un impegno quotidiano – ha precisato Olivero – che ci vede in prima linea nell’attività di contrasto alle frodi alimentari e al falso Made in Italy e oggi possiamo dire con orgoglio che anche sul web siamo arrivati a garantire livelli rilevanti di sicurezza e tutela dei nostri prodotti. Proprio in occasione del recente G7 di Bergamo abbiamo avuto un confronto sul tema del commercio online, sul grado di tutela e i meccanismi di salvaguardia delle nostro eccellenze consci che il web costituisce un importante canale di vendita ma che, al tempo stesso, può nascondere rischi non secondari di contraffazione”.

“Il prezioso impegno personale del viceministro Olivero nel portare avanti un testo giuridico che oggi pone il nostro Paese all’avanguardia internazionale”, ha dichiarato Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini, nel ripercorrere il lungo lavoro tra filiera istituzioni e mondo politico che ha portato al Testo Unico.

“La filiera – ha aggiunto – ha mostrato grande senso di responsabilità nel cercare una linea comune che alla fine è stata vincente. Adesso la sfida si sposta sui decreti attuativi dove dobbiamo procedere con lo stesso metodo per vedere approvati entro la fine della legislatura i decreti che renderanno pienamente operativo il TU. In gioco ci sono temi cruciali tra cui la gestione dei controlli, il sistema di tracciabilità, l’organizzazione dei consorzi di tutela”.

IL SOSTEGNO ALLE IMPRESE
“Nel lavoro di assistenza alle imprese – ha concluso Paolo Castelletti – da oltre 10 anni l’Unione Italiana Vini ha costituito al proprio interno un “servizio giuridico” specializzato sulle tematiche del settore che rappresenta un unicum a livello nazionale, un’esperienza fino ad oggi insuperata in termini di credibilità e competenze tecniche, diventato anche punto di riferimento delle istituzioni”.

“In questa occasione, attraverso la quale vogliamo aprire un dialogo nuovo tra il comparto vitivinicolo e il vasto mondo giuridico italiano – ha annunciato Castelletti – desideriamo valorizzare la nostra lunga esperienza e stimolare un salto di qualità del nostro servizio giuridico. Da Centro di assistenza alle imprese a nuovo luogo e motore di dibattito e confronto culturale sui grandi temi della legislazione vitivinicola”. Dall’inizio dell’anno sono quattro i convegni sul Testo Unico e sui decreti attuativi organizzati da Unione italiana vini in Italia.

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Approfondimenti

Vigne eroiche: Cervim diventa osservatore Uniscape

Il Cervim è entrato a far parte con lo status di Osservatore in Uniscape, il network delle Università europee per l’applicazione della convenzione del paesaggio siglata a Firenze nel 2000.

Ad annunciarlo è direttamente il presidente di Uniscape Juan Manuel Palerm, che si dice convinto per una positiva e concreta collaborazione sulle tematiche paesaggistiche con il Cervim.

Una collaborazione fra Cervim ed Uniscape avviata già nei mesi scorsi: il presidente Palerm aveva fra l’altro partecipato al sesto Congresso internazionale sulla viticoltura di montagna e in forte pendenza che si è svolto a Conegliano (Tv), organizzato da Cervim con il patrocinio dello stesso Uniscape.

Il Cervim ormai da molti anni, nell’ambito delle proprie attività, ha messo al centro la valenza paesaggistica della viticoltura eroica, organizzando sul tema momenti di confronto ed approfondimento attraverso convegni e workshop.

L’ultimo riconoscimento all’attività svolta dal Cervim si aggiunge a quello in ambito normativo, rappresentato dai Decreti Mipaaf del 2012, 2013 e 2017, in cui viene riconosciuto un finanziamento maggiore per la ristrutturazione e riqualificazione dei vigneti situati in aree ad alta valenza paesaggistica, definiti con i parametri  della viticoltura eroica.

Il presidente Roberto Gaudio aveva partecipato nel mese di giugno all’Assemblea Generale di Uniscape, a Copenaghen, con un intervento incentrato sui valori del paesaggio viticolo eroico, e i suoi legami con il turismo e l’economia locale.

“Questo riconoscimento – commenta Gaudio – potrà rappresentare un ulteriore supporto tecnico-scientifico per sostenere le future istanze che saranno presentate ai decisori nazionali ed europei. Uno degli obiettivi dei prossimi mesi sarà, anche quello, quello di promuovere un Osservatorio del paesaggio a livello europeo, quale strumento per la sensibilizzazione sui valori identitari e la tutela del paesaggio vitivinicolo delle aree eroiche”.

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Food Lifestyle & Travel

RICETTA Lasagne di pane carasau

Quella che vi propongo oggi è una ricetta molto semplice nella sua preparazione. Oserei dire “già vista”. Ma potrebbe sorprendervi per il gusto e la consistenza particolare. Si tratta di lasagne. Al posto della classica sfoglia useremo il pane carasau, imbevuto in un buon brodo di carne.

GLI INGREDIENTI (4 persone)
Carne trita 400 gr (sarebbe ideale un misto di vitello e suino); passata di pomodoro 1,5 lt circa; una cipolla piccola; olio extravergine, circa 30 gr; 2 carote, una costa di sedano. In più: almeno 5 fogli di pane carasau; 700 ml di brodo di carne; due mozzarelle medie; una provoletta affumicata; formaggio pecorino grattugiato; pepe.

LA PREPARAZIONE
Iniziamo dal classico ragù con carne macinata. Innanzitutto prepariamo un trito con carote cipolla e sedano, che faremo rosolare in una casseruola con l’olio. Aggiungiamo il macinato e, dopo qualche minuto, mescoliamo e uniamo un mezzo bicchiere di vino bianco. Lasciamo cuocere per una decina di minuti e poi aggiungiamo la passata di pomodoro.

Continuiamo la cottura per un’ora circa. La consistenza del ragù dovrà risultare non molto densa, in modo che le lasagne restino morbide. A questo punto assembliamo la lasagna. Sul fondo della pirofila distribuiamo qualche cucchiaio di ragù e poi procediamo alternando pane carasau (che bagneremo con il brodo caldo), ragù, pecorino grattugiato, mozzarella e provola tritate. E così via, chiudendo con uno strato di pecorino e pepe macinato, se volete.

Scaldiamo il forno a 180 gradi e cuociamo per circa 30 minuti, avendo cura di coprire con foglio di alluminio, per evitare che le lasagne si asciughino. Non ci resta che sfornare. Buon appetito!

Vino in abbinamento: Sassella Valtellina Superiore Docg, Bettini (Carrefour, Esselunga, Il Gigante)

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Vini al supermercato

Trento Doc Brut, Rotari

(3,5 / 5) Un metodo classico Trento Doc a meno di dieci euro, dai vigneti delle Dolomiti alla lente di ingrandimento di vinialsuper e sullo scaffale della maggior parte dei supermercati.

Prodotto “entry level” della linea Rotari, marchio del Gruppo Mezzacorona, si trova spesso anche in offerta.

 

LA DEGUSTAZIONE
Lo Spumante Trento Doc Brut Rotari all’esame visivo si presenta giallo paglierino con un perlage fine e persistente. Le note di lieviti sono inizialmente predominanti, ma non disturbano. Poco dopo, sotto la crosta di pane emergono anche fresche note fruttate di mela Golden, agrumi ed erbe fini di campo.

Il perlage vellutato dona una bella cremosità al palato. Dosaggio zuccherino non pervenuto. Per il brut deve essere compreso fra i 6 e il 12 g/l, ma, nel caso del Trento Doc, complice anche la morbidezza sembra  spinto più verso l’estremo della scala alta del dosaggio. Uno spumante di facile lettura, che fa il suo lavoro e che con la sua leggerezza (12,5%) ed il suo sorso fresco e disteso pulisce  la bocca offrendo una beva disinvolta e perfetta per un aperitivo o a tutto pasto.

LA VINIFICAZIONE
Blanc de Blancs di uve Chardonnay vendemmiate a mano dai vigneti sulle Dolomiti riposa in bottiglia due anni. Rotari Trento Doc è un marchio del Gruppo Mezzacorona. realtà cooperativa sita a Mezzacorona in provincia di Trento, azienda con un fatturato di circa 164 milioni di euro.

Prezzo: 9,74 euro
Acquistato presso: Carrefour

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news ed eventi

A Bologna Enologica 2017: 100 produttori in degustazione

Nuova edizione, stessi obiettivi di sempre. Anche nel 2017 “Enologica – Salone del vino e del prodotto tipico dell’Emilia Romagna”, unirà vino e cibo della regione con le tradizioni, la cultura e l’identità della regione del centro italia. Un “discorso corale, territoriale e popolare che identifica e rende unica l’Emilia Romagna”, assicurano gli organizzatori.

Appuntamento a Bologna, dal 18 al 20 novembre, nel centralissimo Palazzo Re Enzo, con oltre 100 tra produttori, consorzi e cantine. Sono previsti anche seminari e degustazioni tematiche, per raccontare il vino dell’Emilia Romagna, dai principali vitigni ad alcuni autoctoni tutti da scoprire.

Ci sarà inoltre il “Teatro dei Cuochi”, con gli chef che si racconteranno, anche attraverso le proprie creazioni gastronomiche in abbinamento ai vini. Inoltre, “Carta Canta”, il premio rivolto a ristoranti, enoteche, bar, agriturismi e hotel situati in Italia o all’estero, che propongono un assortimento qualificato di vini della regione. E “Panino d’Autore”, con lo chef Daniele Reponi, che realizzerà panini gourmet utilizzando esclusivamente prodotti Dop e Igp made in Emilia Romagna.

IL FORMAT
Quello di Enologica è ormai un format consolidato, frutto dell’esperienza di Enoteca Regionale Emilia Romagna, capace anche quest’anno di offrire una chiave di lettura originale dell’evento. A Enologica 2017 saranno protagoniste anche
 le creature fantastiche, ovvero la rappresentazione popolare della natura, delle paure, dei sogni, delle “cose inspiegabili” e familiari della storia dell’uomo, un patrimonio di storia e tradizioni tramandato oralmente fino ai tempi moderni.

Come si legge nell’introduzione del catalogo, scritta dal curatore di Enologica Giorgio Melandri: “Noi siamo per un racconto ‘quotidiano’, pieno di cose vere, di gente e storie. Il racconto del vino vive dentro alle giornate della gente e noi abbiamo il dovere di lasciarcelo. Siamo una regione dove è il quotidiano a essere straordinario, dove un fosso può nascondere una creatura fantastica, dove un albero può nascondere un segreto, dove un vino può raccontare tante storie”.

VINO E VITIGNI
Ad accogliere i visitatori di Enologica 2017, sotto al loggiato d’ingresso di Palazzo Re Enzo, ci sarà un grande pannello (circa 6×4 metri) con delle originali “sculture di terra”, realizzate da I.TER di Bologna.

Si tratta di rappresentazioni artistico-scientifiche dei principali suoli che ospitano la pianta della vite in Emilia Romagna e che si trovano percorrendo la via Emilia da Sud a Nord, partendo quindi dalla provincia di Rimini per arrivare fino a quella di Piacenza (con una sola piccola deviazione nel territorio ferrarese).

Diversi tipi di terreno che corrispondono ai sette vitigni principali della regione, da dove nascono i vini a denominazione: Albana e Sangiovese per la Romagna, Pignoletto per il bolognese, Fortana per il ferrarese, Lambrusco per il modenese, il reggiano e il parmense, Malvasia per il parmense e il piacentino, Gutturnio per il piacentino.

Per ogni vitigno c’è poi la rappresentazione grafica dei profumi e dei sapori principali che connotano i vari vini (attraverso immagini di fiori, frutti, ecc.) per aiutare i visitatori nella ricerca di quelle determinate caratteristiche anche nel momento della degustazione.

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Approfondimenti

Alba: Uiv in convengo sul Testo Unico

Un dibattito sul Testo Unico e i relativi decreti attuativi, in un convegno che farà il punto sui risultati ottenuti e gli obiettivi ancora da raggiungere.

Lo organizza Uiv, Unione Italiana Vini, ad Alba. Il tema della disciplina in materia di coltivazione della vite e di produzione e commercio del vino, infatti, continua a tenere banco all’interno del comparto vitivinicolo italiano, anche dopo la sua entrata in vigore lo scorso gennaio 2017 e sarà protagonista di un convegno di alto livello in grado di coinvolgere le massime cariche istituzionali ed esperti del settore.

Il Convegno, organizzato da Unione Italiana Vini, dal titolo “Le novità del Testo Unico del Vino”, si terrà venerdì 27 ottobre, a partire dalle ore 9.00 alle ore 15.30, presso l’Auditorium Centro Ricerche Ferrero (via Pietro Ferrero, 19) di Alba (CN).

La giornata di confronto sarà moderata da Valentina Sellaroli, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Torino, formatrice decentrata della Scuola Superiore della Magistratura, Struttura Territoriale di Torino, e dal prof Vito Rubino, aggregato di Diritto dell’Unione Europea, Università degli Studi del Piemonte Orientale.

L’incontro vedrà il benvenuto da parte del Presidente di Unione Italiana Vini, Ernesto Abbona e un saluto del Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Andrea Olivero, oltre alla partecipazione di esperti in ambito giuridico-normativo. L’incontro è accreditato dall’Ordine degli Avvocati, dall’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili e dall’Ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale.

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Vini al supermercato

Ischia Doc Biancolella 2016, Pietratorcia

(4 / 5) Chi è stato in vacanza sull’isola verde lo sa. “Ad Ischia, si mangia, si beve e si fischia”. Questo è il motto locale che si esplicita in tre attività gioiose. Ed è con gioia, ma sempre con oggettività che ci approcciamo alla degustazione del primo vino ischitano su vinialsuper.

Sotto la nostra lente di ingrandimento un bianco, Ischia Doc Biancolella, annata 2016 dell’azienda agricola Pietratorcia di Forio, località dalla quale si godono anche tramonti spettacolari.

La Doc Ischia è stata una delle prime riconosciute in Italia nel 1966. La zona di produzione si limita ai quasi 40 km del perimetro dell’isola più grande del golfo di Napoli e il disciplinare prevede regole rigidissime a tutela della qualità del prodotto con rese inferiori ai 90/100 q.li per ettaro/3kg per ceppo.

LA DEGUSTAZIONE
L’Ischia Doc Biancolella di Pietratorcia si presenta giallo paglierino, luminoso, trasparente e limpido. Molto interessante al naso dove risulta intenso. Se di primo acchito sono l’albicocca, la pesca e il melone i protagonisti, scavando sotto il frutto arriva anche la dolcezza del fiore di sambuco su un letto di macchia mediterranea.

Ma è al palato che l’Ischia Doc Biancolella sfodera una inaspettata stoffa offrendo un sorso seducente, morbido ed eccezionalmente fresco. Scriveva Seneca:”Ogni piacere ha il suo momento culminante quando sta per finire” e così, proprio sul finale, come la cometa di Halley lascia una scia sapida “marina” che colpisce e affonda.

Filosofia a parte, il giudizio su questo vino si può sintentizzare con un informale “va giù che è un piacere”ed il tutto ad un ottimo rapporto qualità prezzo. Perfetto come aperitivo, il Biancolella va servito a 10 gradi e si sposa a piatti a base di pesce. Da apprezzare anche con un sautè di maruzzielli servito con delle freselle napoletane.

LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve Biancolella in purezza allevate a Forio d’Ischia.  I terreni, prevalentemente sabbiosi sono formati da detriti del tufo verde del monte Epomeo. I vigneti, a terrazzamenti sono esposti prevalentemente ad Ovest. Le vigne sono allevate a spalliera con potatura a guyot. L’altezza da terra del filo di banchina è di 60cm, quella della vegetazione 110cm.

La distanza fra le piante è di 100cm e fra i filari 130-160cm a seconda della larghezza della terrazza.  La raccolta avviene generalmente a fine settembre inizio ottobre. Le uve raccolte in piccole cassettine vengono diraspate e poste in macerazione in serbatoi di acciaio alla temperatura di10°C per 12 ore per  favorire l’estrazione dalle bucce delle caratteristiche aromatiche varietali.

La massa poi viene pressata ed il mosto fermenta in serbatoi di acciaio a temperatura controllata di circa 18°C. Finita la fermentazione il vino viene  sfecciato. Il prodotto resta in acciaio sulle fecce fini per almeno 3mesi per poi essere filtrato ed imbottigliato per la fine di marzo.

Pietratorcia nasce dall’unione di tre famiglie: Iacono, Regine e Verde. Sono otto gli ettari di proprietà curati in microzone altamente vocate ed impiantate con vitigni come Biancolella, Forastera, Viogner, Uva Rilla, Fiano, Greco, Aglianico, Piedirosso, Guarnaccia e Syrah. L’azienda vanta per la sua equipe un percorso di formazione tecnica all’Istituto di San Michele all’Adige con l’obiettivo di realizzare produzioni di prestigio volte a ridare lustro alla viticultura ischitana.

Prezzo: 6,90 euro
Acquistato presso: Conad

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Prima del Torcolato: tutto pronto per la festa a Breganze

Domenica 21 gennaio sarà tempo di Prima del Torcolato: la Doc Breganze si prepara a celebrare il suo vino più famoso e rappresentativo con la XXIII° edizione della grande festa in piazza Mazzini. Qui dalle 14.30 sotto l’occhio vigile della Magnifica Fraglia del Torcolato si procederà alla torchiatura dei primi grappoli appassiti di uva Vespaiola conferiti da tutte le cantine del Consorzio. La spremitura sarà anticipata dalla cerimonia di investitura dei nuovi confratelli della Fraglia.

Il programma della giornata prevede inoltre la possibilità di visitare le aziende del Consorzio nel “Fruttaio Tour – Scopri come e dove nasce il Torcolato”, con visite guidate e degustazioni dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 19.00.

LA “RICETTA” DEL TORCOLATO
Il Torcolato è un vino dolce, che si ottiene dai grappoli di uva Vespaiola, varietà autoctona di Breganze, che vengono vendemmiati perfettamente maturi, selezionati e messi ad appassire in ambienti arieggiati (come i granai delle vecchie case contadine).

Qui vengono lasciati fino al gennaio successivo quando, raggiunta un’elevata dolcezza, vengono torchiati. Dopo un lenta fermentazione il vino riposa in piccole botti anche per più di due anni o almeno fino al 31 dicembre dell’anno successivo alla vendemmia prima di essere imbottigliato e immesso sul mercato.


Prima del Torcolato in breve:
Quando: domenica 21 gennaio 2018
Dove: Piazza Mazzini – Breganze (VI)
Orario Fruttaio Tour: dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 19.00
Orario Cerimonia: ore 14.30
Parcheggio: gratuito

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Cresce l’export di vino italiano nel primo semestre 2017

Sono stati diffusi in mattinata i dati Istat elaborati da Ismea relativi all’export del vino italiano nel periodo gennaio – luglio 2017. Le tabelle riportano una crescita in volume del 7%, per circa 12 milioni di ettolitri di vini e mosti, e in valore dell’8%. Per un corrispettivo di 3,3 miliardi di euro.

Nei Paesi terzi è stato esportato l’8,5% in più rispetto ai primi sette mesi del 2016, con introiti in crescita del 9%. In termini di quote, con i dati dei primi sette mesi dell’anno, i Paesi terzi rappresentano il 34% delle esportazioni a volume ed il 50% a valore.

Sopra la media del settore le performance degli spumanti, soprattutto quelli a Denominazione, che fanno registrare un +13% a volume e un +15% a valore. Il Prosecco da solo rappresenta il 56% delle esportazioni complessive degli spumanti Dop, con 1.061.738 di ettolitri che valgono circa 413 milioni di euro.

Decisamente positivo il risultato delle esportazioni italiane in Cina trainate dai vini in bottiglia, che hanno registrato una crescita del 19% a volume e +25% a valore rispetto all’analogo periodo del 2016. Anche la Russia cresce a doppia cifra in tutti i segmenti del vino italiano a partire dai vini in bottiglia (+41% a volume e +47% a valore) che rappresentano il 52% del totale esportato. Importante anche il dato relativo agli spumanti italiani esportati in Russia che vede una crescita pari a +20% se confrontati ai primi sette mesi del 2016

IL COMMENTO
“La qualità degli imprenditori vitivinicoli italiani e l’eccellenza del nostro vino – commenta Ernesto Abbona, Presidente di Osservatorio del Vino – continuano a macinare record dell’export con un trend di aumento dell’8% a valore che ci dovrebbe portare a superare la soglia dei 6 miliardi di euro nel 2017. Migliora la bilancia commerciale del nostro export ma, purtroppo, cala la competitività dei nostri vini”.

“Il risultato positivo, infatti – continua Abbona – non deve nascondere la perdita preoccupante di posizioni rispetto ad altri competitor che crescono più di noi; in alcuni mercati di riferimento le importazioni complessive sono aumentate mediamente di più rispetto alle nostre performance. Gli USA sono un esempio emblematico: la domanda cresce nel complesso oltre il 10% e noi ci fermiamo sotto il 3%, con la Francia che segna, invece, aumenti del 21% in quantità e del 23% in valore, tallonando il nostro storico primato”.

Abbona invita però a non credere in facili trionfalismi. “E’ urgente – sostiene – tornare ad investire come ‘sistema Paese’ sul vino italiano per mantenere le quote di mercato e difendere quel primato, faticosamente ottenuto, e che oggi rischiamo di perdere. Lanciamo un monito alle amministrazioni affinché le incertezze anche rispetto al quadro normativo nazionale e la mancata disponibilità di tali fondi per le imprese non si ripetano più, così da evitare che le nostre imprese perdano importanti quote di mercato nonostante il loro impegno”.

“I numeri positivi dell’export – interviene Paolo Castelletti, Segretario Generale di Unione Italiana Vini – testimoniano il gran lavoro portato avanti dai nostri imprenditori che riescono a migliorare le performance commerciali del vino italiano nonostante sia venuto a mancare, in parte, il supporto dei fondi europei per la promozione nei Paesi terzi, che negli anni passati ci avevano permesso di sostenere un ritmo importante di crescita. Stiamo patendo la concorrenza con i competitor europei che hanno potuto godere appieno delle risorse previste dall’OCM promozione e i dati sull’export negli USA ne sono una testimonianza”.

“La vitalità imprenditoriale e l’eccellenza delle nostre produzioni, di cui siamo orgogliosi – aggiunge Castelletti – non possono essere lasciati soli, ma necessitano del supporto delle Istituzioni in una logica di sistema. I fondi per la promozione previsti dalla OCM sono a disposizione delle imprese e non possono rimanere ostaggio di conflitti politico/amministrativi o inefficienze burocratiche”.

“L’auspicio – conclude Castelletti – è che, a breve, quando diventeranno operativi i fondi OCM appena sbloccati e saranno a regime le azioni di promozione istituzionale a carattere pluriennale definite da MISE/ICE sui mercati americano e cinese, si possano recuperare velocemente le posizioni conquistate negli anni passati, migliorando strutturalmente le performance del nostro export”.

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Alto Adige Extra Brut Cuvée Marianna, Arunda

Torniamo in Alto Adige, terra capace di regalare grandi vini, per parlare di Metodo Classico. La nostra attenzione cade oggi sull’extra brut Cuvée Marianna di cantina Arunda, sboccatura gennaio ’17.

LA DEGUSTAZIONE
Veste il calice con bel colore paglierino carico e brillante con evidenti riflessi dorati. Il perlage è inizialmente raccolto, ci mette qualche istante prima di liberarsi nel bicchiere, ma superata l’iniziale timidezza ecco apparire delle belle catenelle, fini, ricche, vivaci e continue.

Al naso è complesso. Apre immediatamente su note terziarie di noci, di burro e di vaniglia. Seguono note di frutta fresca come albicocca e pesca ed una bella freschezza agrumata. Chiude il quadro olfattivo un piacevole sentore di frutto rosso che ricorda la fragola. Un bouquet particolare, molto elegante e ricercato.

In bocca il perlage mostra tutta la sua eleganza rendendo il sorso cremoso ed ampio. Ritroviamo tutti i profumi percepiti al naso contornati da una buona sapidità. Armonico ed equilibrato. Lunga la persistenza. Un Metodo Classico che non teme abbinamenti gourmet con preparazioni di pesce o di carne bianca.

LA VINIFICAZIONE
Le uve provengono dalle zone vitivinicole di Terlano e Salorno, terroir ricchi di porfido e calcare. La cuvée si compone del 20% di Pinot Nero vinificato in bianco e dall’80% di Chardonnay vinificato in barrique. Minimo 60 mesi di affinamento sui lieviti prima della sboccatura e basso dosaggio zuccherino (4g/l).

Sektkellerei Arunda, di Meltina (BZ), è con ogni probabilità la cantina più alta d’Europa forte dei suoi 1200m s.l.m.. Fondata da Josef Reiterer nel 1979, dopo lunga esperienza in altre realtà. Arunda produce solo spumanti Metodo Classico selezionando le uve nei terroir più vocati della regione. Dieci etichette diverse che raccontano le differenti sfumature del territorio.

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birra

Pauwel Kwak, “La birra dei cocchieri”

Ci occupiamo oggi di una birra facilmente reperibile in GdO, ma che affonda le proprie origini e nella tradizione brassicola fiamminga. È la Pauwel Kwak, o semplicemente Kwak, prodotta dalla Brouwerij Bosteels di Buggenhout, Fiandre Orientali, Belgio.

LA DEGUSTAZIONE
Stile Belgian Strong Ale, 8,4%. Colore ambrato carico, luminoso, con riflessi rosso rubino. La schiuma è bianca, fine, soffice e persistente. Al naso apre immediatamente su noti dolci di malto seguite da una nota leggermente aspra di frutti rossi (ribes) e da sentori di frutta disidratata come albicocca e dattero.

L’ingresso in bocca è pulito e con una moderata carbonazione. Di corpo fra il medio ed il pieno in bocca tornano le note maltate e fruttate contornate da un leggero sentore tostato e speziato. Il finale è secco e pulito, leggermente amaricante, che ne evita l’eventuale stucchevolezza e dona agilità al sorso. Di media persistenza.

Una birra in grado di accompagnare tanto piatti di carne bianca quanto dolci come crostate di frutta.

LA STORIA
Fondato da Evarist Bosteels nel 1791 il birrificio per questa birra utilizzò (ed ancora utilizza) la ricetta di Pauwel Kwak per quella che è nota come “la birra dei cocchieri”. Pauwel fu un oste che possedeva una locanda, chiamata De Hoorn, nella vicina cittadina di Dendermonde.

Nella locanda erano soliti fermarsi per un po’ di ristoro le carrozze che percorrevano la via, ma un decreto Napoleonico impose ai guidatori delle carrozze della posta di non abbandonare mai il proprio carro per motivi di sicurezza. Kwak iniziò così a servire la propria birra ai cocchieri direttamente sulla carrozza con un bicchiere dalla forma particolare che non poteva essere appoggiato, ma che poteva essere agevolmente appeso ad una staffa sulla carrozza stessa.

Ancora oggi la Kwak si serve nel tradizionale bicchiere “da cocchiere”. Un’operazione di marketing lunga quasi due secoli e mezzo e perfettamente riuscita.

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Approfondimenti news

Etichettatura nutrizionale vino, Fivi: “Spiragli dalla Commissione europea”

La Commissione europea lascia aperto uno spiraglio per i piccoli produttori nei confronti dell’etichettatura nutrizionale del vino.

È questo quanto emerso dall’audizione pubblica del 18 ottobre a Bruxelles organizzata dai due parlamentari europei Renate Sommer e Herbert Dorfmann sul tema dell’etichettatura delle bevande alcoliche.

Alexandra Nikolakopoulou (nella foto) ha dichiarato che “la commissione è disposta a valutare se ci potranno essere eventuali esenzioni o deroghe”.

L’importanza dell’affermazione deriva dal fatto che la Nikolakopoulou è stata responsabile del rapporto CE rilasciato lo scorso marzo, in cui veniva ribadito l’obbligo dell’etichettatura e veniva lasciato un anno alle associazioni di categoria per elaborare una proposta di normativa.

In rappresentanza della CEVI (Confederazione Europea Vignaioli Indipendenti) era presente la Vicepresidente Matilde Poggi, che in Italia è anche Presidente FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti).

Tanti gli intervenuti all’incontro: i rappresentanti della Commissione europea (DG AGRI e DG Salute), deputati, rappresentanti delle organizzazioni europee di vino, birra e liquori, nonché organizzazioni non governative (Eurocare, BEUC).

Poggi ha ribadito la posizione FIVI e CEVI che ritiene l’etichettatura dei vini un inutile aggravio per i produttori, in particolare per quelli di piccole dimensioni. Le stesse perplessità sono state sollevate dai rappresentanti dei piccoli distillatori e dei piccoli birrifici artigianali.

“Il rischio – dichiara Matilde Poggi – è quello di mettere fuori mercato le produzioni dei piccoli vignaioli, soffocati da un incremento dei costi dovuti all’obbligo dell’etichettatura. Questo porterebbe a una standardizzazione della produzione del vino in Europa, tutta a favore dei grandi produttori. Cosa che è già successa a tanti piccoli macelli o caseifici artigianali che hanno dovuto chiudere perché schiacciati da norme e regolamenti troppo onerosi da adempiere per chi ha piccole dimensioni”.

“Non riteniamo – prosegue Poggi – che il modello industriale sia quello che il pubblico vuole in questo momento. La gente oggi preferisce sapere da dove arriva quel che mangia o beve e acquistare i prodotti di chi ci mette personalmente la faccia, come i Vignaioli Indipendenti”. La CEVI ha quindi richiesto che sia prevista una legislazione diversa per i Vignaioli.

L’approccio pragmatico del CEVI, arricchito da esempi concreti, è stato particolarmente ascoltato dai deputati europei e dalla Commissione. Quest’ultima, è stata anche molto attenta e più flessibile del solito in materia.

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Vini al supermercato

Vino dolce per le feste: i piemontesi di Esselunga

Abbiamo degustato tre vini dolci aromatici piemontesi reperibili nei supermercati Esselunga (ma non solo). Obiettivo: sapersi orientare quando l’occasione richieda un vino dolce. Natale, tutto sommato, non è poi così lontano.

E allora ecco le nostre impressioni sulla Malvasia di Castelnuovo Don Bosco Doc “Nevissano” di Terredavino, sul Brachetto d’Acqui 2016 di Braida e sul Moscato d’Asti 2016 “Su Reimond” di Bera. Prima, però, qualche breve accenno sui vitigni cosiddetti “aromatici”.

Brachetto, Moscato e Malvasia (solo alcune varietà) sono tre dei principali vitigni aromatici. Ci sono due strade per spiegare cosa siano. La prima prende in causa terpeni come nerolo e geraniolo (no, non sono nani di Biancaneve) e ne dà una spiegazione scientifica.

La seconda via è probabilmente più efficace: un vitigno è aromatico se un chicco d’uva appena raccolto e il vino che se ne ricava restituiscono le stesse sensazioni aromatiche. Per questo i vini aromatici sono in genere molto facili da individuare, anche per i meno esperti.


(2 / 5) Malvasia di Castelnuovo Don Bosco Doc Nevissano, Terredavino (6.5% vol)
Il colore fa subito festa, è rosa chiaretto intenso, molto vivo, brillante, con una leggera componente gialla. La spuma, subito corposa, scompare presto nel bicchiere.

Al naso il vino è intenso, di lampone, fragola e rosa. Sullo sfondo una leggerissima nota di lievito. In bocca è dolcissimo, al limite della stucchevolezza. Purtroppo la componente acida e nemmeno l’effervescenza riescono a compensare questo effetto “ghiacciolo all’amarena”. Questo nonostante sia stato degustato a circa 5 gradi e nonostante il produttore ne consigli una degustazione a 8-10 gradi.

Abbiamo fatto la prova anche a quella temperatura e sebbene emergano note leggermente più evolute, la sensazione di avere nel bicchiere qualcosa di davvero troppo dolce non scompare. Finisce leggermente ammandorlato, apprezzabile.

L’abbinamento più congeniale è con frutta secca e pasticceria secca non troppo dolce. Assieme ad una confettura potrebbe davvero dare un risultato eccessivamente stucchevole.

Prezzo: 6,79 euro (Esselunga)


(3 / 5) Brachetto d’Acqui 2016, Braida (5.5% vol)
Colore difficile da definire secondo i criteri usuali. Non è rosso e non è rosato. Ricorda certi calici di cristallo che si usavano parecchi anni fa, colorati di rosso, quando ad interessarsi del colore di quanto ci si versava erano davvero in pochi.

La luminosità anche in questo caso non manca, così come alcuni riflessi leggeri verso il giallo. Il naso è fine e molto interessante, di amarena, rosa e un ricordo di cioccolato.

La dolcezza anche in questo caso la fa da padrone anche se una nota fresca abbastanza decisa e una leggera frizzantezza ne limitano fortunatamente la percezione. Questo vino si abbina molto bene a dolci al cioccolato, per esempio ad un panettone farcito.

Prezzo: 9,90 euro (Esselunga)


(4 / 5) Moscato d’Asti 2016 “Su Reimond”, Bera (5% vol)
Nel calice si mostra di un bel giallo paglierino brillante con bollicina finissima e molto persistente. Il naso è finissimo e molto classico di pesca, salvia e con una affascinante nota citrina, anche in scorza.

Sebbene sia molto dolce, qui la freschezza davvero gioca un ruolo fondamentale riuscendo a bilanciarne le sensazioni gustative. Decisa sensazione agrumata, tanto da ricordare la cedrata, con un leggero pizzicore sulla lingua che non spiace affatto.

Anche sul finale è l’agrume a farla da padrone, sicuramente il più interessante dei tre. Biscotti, frutta secca, panettone e pandoro, ma anche crostate di frutta e piccola pasticceria troveranno un buon alleato in questo Moscato.

Prezzo: 8,20 euro (Esselunga)

LA TEMPERATURA DI SERVIZIO
Una nota importante: i vini dolci non sono affatto semplici da servire. La temperatura riveste per questi vini, molto più di quanto sembri, un ruolo fondamentale.

Tipicamente vengono serviti a fine pasto, quando l’attenzione alla tavola pian piano viene meno (anche a causa delle bottiglie aperte prima…). Si apre la bottiglia, la si mette in tavola, poi si taglia il panettone, si ascolta una barzelletta dello zio, e i minuti passano.

La temperatura in sala da pranzo raggiunge facilmente i 24 gradi, il vino in men che non si dica arriva a 10, 12, 15… temperature alle quali si degusta bene una buona Barbera evoluta. Immancabilmente il giudizio sul vino dolce è: “Troppo dolce”.

Non abbiate paura ad usare la glacette per un moscato da 8 euro, o a tenerlo fuori, sul davanzale della finestra, dove le temperature si avvicinano allo 0. Ne gioveranno tutti.

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news ed eventi

Prowein 2018, non solo vino: spazio a Sake, birra artigianale e bio

Il prossimo anno la ProWein si terrà dal 18 al 20 marzo a Dusseldorf. Con oltre 6.600 espositori provenienti da tutto il mondo, la superficie espositiva della  Fiera Internazionale per vini e Bevande Alcoliche è già da ora tutta esaurita.

Tutte le rilevanti aree di coltivazione del mondo sono qui rappresentate e danno un panorama completo sull’offerta globale di vini (qui i migliori degustati nel 2017 da vinialsuper). A queste si aggiunge una selezione di circa 400 specialità di bevande alcoliche.

Tra i nuovi arrivati si trovano uno stand collettivo del governo giapponese sul tema Sake come pure un grande stand dell’Ungheria, con diversi tipi di acquavite di frutta, della marca Palinka. La mostra speciale “same but different”, di nuova concezione, si dedica, come già preannunciato, al tema di tendenza delle bevande Craft, molto apprezzato dai visitatori.  Circa 50 espositori presenteranno i loro prodotti come Craft Spirits, Craft Bier “Birra e Cider “Cedro”.

Questa mostra speciale verrà completamente spostata nel padiglione 7.0, cosi che un ulteriore padiglione si aggiungerà a quelli già esistenti della ProWein. Anche la fizzz craft Lounge,  della Casa Editrice Meininger Verlag, Hot Spot per i baristi, si trasferisce nello stesso padiglione di “same but different” così che la scena internazionale del bar e della gastronomia troverà qui il suo ambiente adatto.

SVOLTA BIO E ORGANIC
Una nuova ubicazione riceveranno anche gli espositori della Grecia. Alla prossima ProWein esporranno insieme all‘Austria e alla ProWein Tasting Area by Mundus Vini, nel padiglione 17.

Più ampio e più completo sarà invece il settore Bio nel padiglione 13 della ProWein. I visitatori specializzati troveranno qui tutte le rilevanti Associazioni di Agricoltura Biologica della Germania, Italia e Francia così anche numerosi espositori individuali provenienti da tutto il mondo.

Anche la mostra speciale Organic World è in una fase di crescita. Alla ProWein 2018 saranno presenti circa  40 espositori internazionali. Il settore Bio verrà arrotondato da un adeguato concetto gastronomico : la Lounge Organic , così come da una propria un’area per conferenze.

Una vasta e molteplice offerta sarà mostrata anche nel padiglione 9, in cui saranno presenti, in forma completa, tutti gli espositori d’oltremare. Qui si riscontra un incremento nei diversi gruppi d’oltremare come per esempio l’Australia, l’Argentina, il Cile, il Canada, la Nuova Zelanda, il Sud Africa e l’USA.

A ProWein 2018 sono inoltre previste numerose degustazioni nel Forum, nel padiglione 10 e 13. A queste si aggiungono numerosi eventi direttamente negli stand degli espositori. La gamma di circa 500 manifestazioni, spazia dalle degustazioni a livello nazionale fino alle presentazioni globali, come la zona di degustazione dell’internazionale “Premio Vinicolo Mundus Vini”.

Tra i punti forti del programma, la singolare Champagne Lounge con 40 Case tradizionali di Champagne. Questa sarà collocata al centro dell’Area Champagne in cui si presenteranno circa 150 Marchi. Lo speciale show “Packaging & Design” completerà l’offerta della ProWein e mostrerà le tendenze attuali e gli sviluppi nel settore del confezionamento.

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Approfondimenti

Trentodoc – Terre di Cosenza, gemellaggio di vino tra le due aree vinicole

Un gemellaggio concepito con l’obiettivo di promuovere il territorio a partire dalle sue eccellenze enogastronomiche: un percorso alternativo di vini e sapori che attraversa l’Italia da Nord a Sud per raccontare prospettive, gusti, tradizioni e luoghi lontani.

“Terre di Cosenza. Percorsi alternativi: alla scoperta dei mille volti della Calabria”, questo il titolo dell’evento che, fino a ieri sera, ha accompagnato gli ospiti di Palazzo Roccabruna, a Trento, alla scoperta di prodotti e produttori di una terra che vanta ricchezze naturalistiche ed agroalimentari uniche nel loro genere: la Calabria.

L’evento è giunto quest’anno alla seconda edizione e ha previsto una serie di incontri fra produttori calabresi e operatori della distribuzione e della ristorazione trentini. Obiettivo: promuovere relazioni commerciali virtuose. A fine anno Cosenza contraccambierà l’ospitalità, organizzando un analogo programma di iniziative  in Calabria.

La conferenza stampa di presentazione ha visto la partecipazione di Klaus Algieri e di Erminia Giorno, rispettivamente presidente e segretario generale della CCIAA di Cosenza e degli omologhi di Trento, Giovanni Bort e Mauro Leveghi – sono stati ribaditi gli aspetti fondamentali della collaborazione fra i due enti, frutto di un accordo-quadro siglato a Cosenza nel giugno del 2016.

“Trentino e Calabria – ha esordito Giovanni Bort – sono due territori fra loro complementari in termini di proposte turistiche ed enogastronomiche. Non essendoci settori commerciali in competizione diretta, esiste la possibilità di sviluppare strategie di co-marketing e di cooperazione volte a instaurare relazioni proficue”.

Su questo punto si innesta il ruolo delle Camere di Commercio: “La rete nazionale delle Camere di Commercio – ha dichiarato Erminia Giorno, segretaria generale dell’Ente camerale cosentino – trova la sua principale ragion d’essere nella funzione di trait d’union fra le varie realtà economiche territoriali. L’esperienza avviata da Trento e Cosenza può rappresentare, da questo punto di vista, un progetto pilota a livello nazionale, capace di valorizzare, anche in termini di destination management, le offerte turistiche ed enogastronomiche delle due aree geografiche”.

“Per la loro funzione di intermediazione fra il mondo imprenditoriale e le istituzioni – ha precisato Mauro Leveghi – le Camere di Commercio hanno un ruolo primario nell’attivazione di strategie volte al rafforzamento del tessuto economico locale. Tanto più in territori impervi come la Calabria e il Trentino dove ‘fare impresa’, soprattutto in campo agroalimentare, significa arginare il rischio di spopolamento della montagna”.

Klaus Algieri, presidente della Camera di Commercio di Cosenza, ha sottolineato come il gemellaggio con Trento abbia già prodotti i suoi frutti. Molti ristoranti cosentini, infatti, dopo aver scoperto il Trentodoc (a dicembre dello scorso anno in occasione della visita dei trentini a Cosenza) hanno arricchito la propria offerta con le bollicine nostrane.

“Auspico – ha affermato Algieri – che questa nostra collaborazione possa estendersi nei prossimi anni all’Università di Trento e di Cosenza , alle associazioni di categoria e alle Strade del vino e dei sapori per dar vita ad un progetto integrato di osmosi fra le peculiarità del Trentino e quelle della Calabria”.

Oltre ad un fitto gruppo di operatori cosentini, alla conferenza stampa hanno partecipato anche il presidente del Consorzio vini “Terre di Cosenza” e il presidente del Consorzio patate della Sila, Pietro Tarasi, che ha ricordato come cinquant’anni orsono sia stato proprio un trentino, Albino Carli di Pergine, a introdurre le patate sui monti calabresi: “Oggi le patate silane sono una delle eccellenze di punta dell’offerta commerciale calabrese. Speriamo con questa nostra sinergia di ripetere l’esperienza anche in altri campi”.

 

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Vini al supermercato

Chianti Superiore Docg 2015 Vegante, Sensi Vini

(3 / 5) Un packaging invitante con il quale Sensi Vini da sempre si distingue sugli scaffali del supermercato per un vino biologico e  vegano. Ecco i tre “assi”che l’azienda di Lamporecchio sfodera sul tavolo da gioco del consumatore della Gdo. Il quarto asso è naturalmente il vino. Dopo il Sangiovese Igt Ninfato, “scartiamo” il Chianti Superiore Docg, vendemmia 2015, Vegante.

LA DEGUSTAZIONE
Se fosse un aggettivo, il Chianti Superiore Docg 2015 Vegante di Sensi sarebbe  “delicato”. Già dal colore rosso rubino chiaro (delicato), ma brillante e luminoso. Assolutamente limpido, nonostante non sia filtrato.

Un profumo di ciliegia fine lo contraddistingue al naso: semplice, leggero.  “Delicato” per il Vegante potremmo scriverlo all’infinito, per tutte le sue caratteristiche gustative. Anche al palato è lieve, leggiadro nel corpo, carezzevole nel tannino.

Un Chianti un po’ “atipico”, ma fresco e gradevole, con una retrogusto fruttato sufficientemente persistente. Sangiovese light  (12,5%) da gustare anche con qualche grado in meno, abbinato a verdure grigliate, legumi e piatti della cucina vegana o “veganizzabili”.

LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uvaggi storici del Chianti accuratamente selezionati ed allevati a cordone speronato in zone collinari  a 150-250 mt s.l.m., costituite da terreni prevalentemente argillosi, calcareo-marnosi e con prevalenza di sabbia e ciottoli. Le rese delle uve per ettaro non superano i 90 q.li e la resa massimo di uva in vino non supera il 70%.

Da un attento controllo ed analisi delle uve viene determinato il periodo di raccolta ottimale nella fine di Settembre metà Ottobre. Le uve sono selezionate manualmente. La fermentazione alcolica viene condotta in serbatoi di acciaio a temperatura controllata di 24/28 °C per circa 10-12 giorni di macerazione sulle bucce utilizzando tecniche di rimontaggio.

La fermentazione è spontanea, con lieviti indigeni. Il vino viene affinato in acciaio dove svolge la malolattica e viene conservato fino all’imbottigliamento. Non viene filtrato e la certificazione vegana garantisce che nei processi produttivi non venga utilizzato alcun prodotto di derivazione animale.

La storia della famiglia Sensi risale al 1890. La maggiore concentrazione sulla viticultura però si ha con la terza generazione, ma è con la quarta generazione, a partire dalla fine degli anni ottanta che l’azienda diventa leader anche nei mercati internazionali.

Dopo un periodo di smarrimento,  nel 2004, per la prematura scomparsa di Marco Sensi, Massimo, a testa bassa, prende il testimone dell’azienda e porta avanti tutti i progetti avviati con il fratello. Oggi, nelle due fattorie di proprietà, la Tenuta del Poggio e la Fattoria di Calappiano, dispone di 100 ettari tra vigneti e uliveti e di una moderna cantina di 5000 mq.

Prezzo: 7,90 euro
Acquistato presso: Bennet

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Approfondimenti

Alimentare, allarme Coldiretti: “Food in mano a pochi colossi”

Non sono mai stati così pochi i padroni del cibo con il potere concentrato nelle mani di un pugno multinazionali che controllano la filiera alimentare mondiale, dalle sementi ai pesticidi, dalla trasformazione industriale alla distribuzione commerciale”.

E’ l’allarme lanciato da una analisi della Coldiretti sul rapporto Ipes-Food presentata al Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione dopo la rivoluzionaria acquisizione di Whole Foods Market da parte da parte di Amazon alla quale Google ha risposto con un’alleanza con WalMart, leader mondiale della distribuzione alimentare, mentre sul mercato delle sementi e dei pesticidi sono in corso tre megafusioni Dow-Dupont, Bayer-Monsanto e ChemChina-Syngenta.

Il miliardo e mezzo di produttori agricoli mondiali, sottolinea la Coldiretti, “sono stretti in una tenaglia da pochi grandi gruppi multinazionali che dettano le regole di mercato nella vendita dei mezzi tecnici necessari alla coltivazione e all’allevamento nelle aziende agricole, a partire dalle sementi, ma anche nell’acquisto e nella commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentare”.

La perdita di potere contrattuale – continua la Coldiretti – si traduce in difficoltà economiche e occupazionali per gli agricoltori a livello globale, ma l’elevata concentrazione mette a rischio anche la libertà di scelta dei consumatori e gli standard di qualità e sicurezza alimentare, oltre che la stessa sovranità alimentare dei vari Paesi.

Non a caso la Fao ha lanciato l’allarme per la crescente uniformità delle colture mondiali che ha portato nell’ultimo secolo ad una perdita del 75 per cento della biodiversità vegetale e ha stimato il rischio dal qui al 2050 della perdita di un terzo delle specie oggi rimaste.

A monte della produzione agricola al termine delle tre mega fusioni in atto tra Dow-Dupont, Bayer-Monsanto e ChemChina-Syngenta (alle quali si aggiunge la pianificata fusione con Sinochem nel 2018), tre sole società – sottolinea la Coldiretti – potrebbero controllare più del 70% dei prodotti fitosanitari per l’agricoltura e più del 60% delle sementi a livello globale.

Una situazione senza precedenti che ha fatto scattare le preoccupazioni della stessa Commissione Europea che ha deciso di aprire un’indagine approfondita sull’operazione per verificare se la fusione tra Buyer e Monsanto “limiti la concorrenza nei settori delle sementi e degli agrofarmaci”.

A valle della produzione agricola all’incirca il 90 % del mercato globale dei cereali e’ controllato da soli quattro gruppi mondiali, vale a dire ADM-Archer Daniels Midland (USA), Bunge (USA), Cargill (USA), Louis Dreyfus Commodities (Francia) mentre nella trasformazione alimentare per cibo e bevande si stima che le 10 più grandi aziende di cibo e bevande possiedano il 37,5 % della quota di mercato mondiale delle prime 100.

Nella distribuzione organizzata i 10 più grandi rivenditori di generi alimentari coprono il 29,3% delle vendite mondiali, che ammontavano in totale a 7,5 mila miliardi di euro, con il primo gruppo Walmart che fattura da solo 262,5 miliardi di dollari.

Di recente Amazon è sbarcata in questo mondo con l’acquisizione di Whole Foods e, considerando la sua capacità di intercettare i bisogni dei consumatori e di analizzare la domanda, ci si attende che possa entrare nella TOP 10 della distribuzione nell’arco di un decennio.

Il risultato è che per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti, “meno di 15 centesimi vanno a remunerare il prodotto agricolo mentre il resto viene diviso tra l’industria di trasformazione e la distribuzione commerciale che assorbe la parte preponderante del valore”.

Il prezzo di un prodotto aumenta quasi sette volte dal campo alla tavola “per colpa delle distorsioni e delle speculazioni lungo la filiera anche se la situazione – sottolinea la Coldiretti – varia da prodotto a prodotto con le situazioni peggiori che si registrano per i prodotti alimentari trasformati”.

“Stiamo vivendo – ha sottolineato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo – un furto di valore aggiunto che, senza alcun beneficio per i consumatori, vede sottopagati i prodotti agricoli spesso al di sotto dei costi di produzione. In Italia per pagare un caffè al bar, l’agricoltore tipo – continua Moncalvo – dovrebbe mettere sul bancone 5 chili di grano o 3 chili di risone o 1,5 chili di mele o una dozzina di uova”.

“Una ingiustizia da sanare – conclude il presidente Coldiretti – rendendo più equa e giusta la catena di distribuzione degli alimenti anche con interventi per limitare lo strapotere contrattuale dei nuovi poteri forti dell’agroalimentare come ha annunciato lo stesso Commissario Europeo all’agricoltura Phil Hogan”.

I SIGNORI DEL CIBO IN PILLOLE
Sementi e pesticidi – Dopo le fusioni di Dow-Dupont, Bayer-Monsanto e ChemChina-Syngenta, tre aziende potrebbero controllare più del 70% dei prodotti fitosanitari per l’agricoltura e più del 60% delle sementi a livello globale.

Commercio cereali – Il 90 % del mercato globale dei cereali e’ controllato da soli quattro gruppi mondiali, ADM-Archer Daniels Midland (USA), Bunge (USA), Cargill (USA), Louis Dreyfus Commodities (Francia).

Industria alimentare – Le 10 più grandi aziende di cibo e bevande possiedono il 37,5 % della quota di mercato mondiale delle prime 100.

Distribuzione organizzata – Nella distribuzione organizzata i 10 più grandi rivenditori di generi alimentari coprono il 29,3% delle vendite mondiali.

DISTRIBUZIONE COMMERCIALE

Azienda

Vendite (in miliardi di dollari)

1.      Walmart (USA)

262,5

2.      Schwarz group (Germania)

(comprende Lidl, Kaufland)

82,2

3.      Kroger (USA)

78,6

4.      Aldi (Germania)

69,2

5.      Costco (USA)

66,4

6.      Carrefour

47,3

7.      Tesko (UK)

43,9

8.      Seven & I Co. Ltd (Giappone)

36,8

 

TOP TEN aziende Food & Beverage

Quota di mercato di cibo e bevande

Anhauser – Busrsh in Bev. + SabMiller

15,2%

Nestlè

14,6%

PepsiCo

13,5%

JBS

10,6%

Coca Cola

9,3%

ADM

8,7%

Tyson

7,6%

Mondelez

6,9 %

Cargill

6,8%

Mars

6,7%

 

 

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Approfondimenti

Vendemmia 2017, stime definitive Assoenologi: “Produzione decimata”

“Una produzione di oltre 15 milioni di ettolitri in meno rispetto allo scorso anno. E una qualità eterogenea in tutta Italia”. E’ quanto emerge dal report definitivo sulla vendemmia 2017 diffuso da Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, sulla base dei dati elaborati dalle 17 sedi territoriali del’associazione nazionale di categoria dei tecnici vitivinicoli.

IL REPORT
A memoria d’uomo non si ricorda una stagione come quella in corso, dove gli eventi climatici si sono accaniti con un’inusuale ed eccezionale portata.

Ad aprile un’ondata di gelo ha attraversato la Francia, la Spagna e tutto il nostro Paese, “bruciando” molti germogli ormai già ben sviluppati, e quindi, purtroppo, non più in grado di fruttificare.

Un lungo periodo di siccità, fatte salve alcune regioni del Nord, ha messo a dura prova i vigneti del Centro-Sud Italia, che hanno dovuto subire anche una straordinaria ondata di caldo, che ha coinvolto anche il Nord, iniziata sin da maggio, raggiungendo il suo apice nei mesi di luglio ed agosto (il termometro ha fatto spesso registrare valori al di sopra dei 40°C).

I vigneti del Nord hanno invece potuto beneficiare, durante i mesi di luglio ed agosto, di provvidenziali piogge, anche se spesso sono state accompagnate da forti grandinate che, in alcuni casi, hanno compromesso la produzione in diversi areali.

Fortunatamente si riscontrano anche delle zone che non hanno avuto problemi, grazie a qualche pioggia estiva e soprattutto all’oculata e scientifica gestione dei vigneti, o all’eventuale disponibilità di acqua da irrigazione e alla naturale resistenza a questo clima estremo di alcune cultivar specialmente indigene.

“PRODUZIONE DECIMATA”
Soprattutto, ciò che ha consentito di ottenere in alcuni siti produttivi quantità e qualità buone se non ottime è stata la nostra trasversalità territoriale e la nostra grande biodiversità unica al mondo. Tutte le regioni italiane hanno, infatti, fatto registrare consistenti decrementi produttivi con punte medie anche del 45% in Toscana, Lazio/Umbria e Sardegna. Con 38,9 milioni di ettolitri il 2017 si colloca al secondo posto tra le vendemmie più scarse dal dopoguerra ad oggi, superata solo da quella del 1947 (36.4 milioni di Hl).

Purtroppo, il perdurare della siccità e delle alte temperature al Centro-Sud, aggravato anche dalla grande carenza di riserve di acqua nei terreni, si è protratto anche per lunga parte del mese di settembre causando un’ulteriore perdita di peso dei grappoli, che ha fatto scendere la produzione di questa campagna sotto i 40 milioni di ettolitri. Solo in alcune aree c’è stato un lieve miglioramento grazie alle precipitazioni del mese di settembre, che hanno contribuito a migliorare più i livelli qualitativi che quelli quantitativi. Qualità eterogenea in tutt’Italia.

LA QUALITA’
Le uve, da un punto di vista sanitario, sono state conferite alle cantine perfettamente sane, ma con differenti maturazioni anche all’interno di uno stesso vigneto e, spesso, con grappoli molto disidratati.

La qualità, pertanto, risulta quest’anno alquanto eterogenea, complessivamente abbastanza buona, ma con diverse varianti che evidenziano punte di ottimi livelli qualitativi e altre, dove il clima si è particolarmente accanito, di livello inferiore. Quest’anno più di altri, ha giocato un ruolo determinante l’approccio scientifico degli enologi, in particolare nella conduzione dei vigneti.

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vini#1

Spumante Metodo Classico Brut Gran Cuvée XXI Secolo 2009, D’Araprì

Torniamo ad occuparci delle bollicine di Capitanata, torniamo a parlare di Cantine d’Araprì. Dopo il Metodo Classico Brut Rosè degustiamo oggi il Gran Cuvée XXI Secolo, millesimo 2009.

LA DEGUSTAZIONE
Giallo dorato luminoso con riflessi brillanti presenta un perlage molto fine con catenelle lente e persistenti. Al naso si presenta fine ed intenso.

Apre su note agrumate, scorza d’arancia e mandarino, per evolversi su note di frutta bianca matura come albicocca e pesca. Chiude su note terziarie di pane tostato e tabacco con un leggero sentore di miele. Un ventaglio olfattivo complesso ed elegante.

In bocca è ampio ed il fine perlage dona cremosità ed ulteriore spessore, mentre la vivace acidità sostiene il sorso donando piacevolezza ed agilità al sorso. Uno spumante tutt’altro che banale, “per intenditori”, ma immediato e dotato di grande facilità di beva.

LA VINIFICAZIONE
Gran Cuvée XXI Secolo è un millesimato (spumante in cui i vini base provengono da un’unica vendemmia) prodotto solo nelle annate migliori, quando le uve esprimono a pieno il loro potenziale.

Ottenuto da assemblaggio di uve Bombino Bianco, Pinot Nero e Montepulciano vendemmiate separatamente per cogliere la migliore maturazione delle uve. Fine agosto per il Pinot Nero, metà settembre per il Bombino Bianco, fine settembre/inizio ottobre per il Montepulciano.

Raccolta e selezione dei grappoli manuale. Lungo affinamento sui lieviti, minimo 60 mesi, e basso dosaggio zuccherino (4g/l) completano il processo produttivo.

LA CANTINA
Buone escursioni termiche, clima mitigato dal vicino mare e dal promontorio del Gargano, terreni argillo-calcarei con presenza di limo e sabbia. Ecco i segreti di questo terroir, scelto nel ormai lontano 1979 da tre amici, Girolamo d’Amico, Louis Raspini e Ulrico Priore (“d’Araprì”, dalle iniziali dei cognomi), che decisero di fondare in San Severo l’unica realtà vinicola pugliese specializzata in metodo classico.

Gran Cuvée XXI Secolo è il primo prodotto millesimato da lungo affinamento editato da questa cantina. Prodotto che sembra aver vinto la sfida del tempo presentandosi armonico e complesso, in grado di reggere l’abbinamento con strutturate preparazioni di pesce ma anche in grado di esaltare con la sua freschezza le semplici preparazione delle cucina del territorio, come il “pane e pomodoro” o i formaggi stagionati.

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news ed eventi

Anteprima Merano Wine Festival a Lagundo: 300 vini in degustazione

Circa 300 vini provenienti da tutta Italia tra bianchi, rossi, spumanti e dolci da degustare in anteprima il 20 ottobre insieme a numerose specialità gastronomiche di grande qualità sia locali che dal resto d’Italia.

Il tutto a Lagundo, paese giardino nei pressi di Merano, nella serata di venerdì 20 ottobre, presso la casa della cultura Peter Thalguter.

Si tratta di aziende produttrici, eccellenze del vino ma anche enogastronomiche che Helmuth Köcher, instancabile WineHunter – ossia cacciatore di vini per mestiere e per vocazione – ha selezionato tra le migliori etichette nazionali e internazionali.

Le si potrà trovare nella guida The WineHunter Award consultabile gratuitamente sul sito award.winehunter.it, dove sono presenti  2 mila degli oltre 4 mila vini degustati, e fra i quali vi sono 60 etichette candidate all’Award Platinum, il marchio più importante della selezione, assegnato ai vini che si sono distinti per eccellenza e unicità.

E proprio da questa ristretta cerchia saranno selezionati i 25 vincitori dell’Award Platinum premiati durante il Merano Wine Festival (10-14 novembre). Durante la serata, l’artista Raimund Prinoth presenta una serie dei suoi dipinti ad olio raffiguranti idilliaci paesaggi e vigneti, mentre il sottofondo musicale è affidato alle note del pianista Christian Theiner.

Un’edizione, quella del Merano Wine Festival 2017, che si aprirà all’insegna di Piwi e Orange Wine. Appuntamento il 9 novembre, nella splendida cornice dei Giardini botanici di Castel Trauttmansdorff, con il convegno dal titolo “Quo vadis? Food&wine, is the future natural?”.

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Approfondimenti

Mipaaf, vino: erogati circa 337 milioni nel 2017

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali comunica che in merito al Programma nazionale di sostegno per il settore vitivinicolo sono stati erogati per l’annualità 2017 quasi 337 milioni di euro, corrispondenti alla totalità dei fondi assegnati all’Italia dalla Ue per l’esercizio finanziario 2017, conclusosi per il fondo Feaga il 15 ottobre scorso.

I dati resi noti da Agea confermano il grande interesse dei produttori vitivinicoli italiani verso le misure strutturali e di sostegno alla promozione previste dall’OCM vino ed un utilizzo efficace dei fondi comunitari disponibili, grazie alla flessibilità messa in atto dal Mipaaf attraverso tempestive rimodulazioni finanziarie tra Regioni e le misure del PNS.

MISURE UTILIZZATE
Le misure maggiormente utilizzate sono state quelle relative alla ristrutturazione e riconversione dei vigneti e alla promozione dei vini sui mercati dei Paesi terzi, che hanno assorbito oltre 228 milioni di euro. Molto apprezzata anche la misura degli investimenti in cantina, che ha fatto registrare un importo pari a circa 63 milioni di euro.

La misura della vendemmia verde, prevista per prevenire eventuali crisi di mercato in alcune aree e ripristinare l’equilibrio fra domanda e offerta di vino, ha fatto registrare un utilizzo pari a poco meno di 1,2 milioni di euro, mentre alla distillazione dei sottoprodotti sono stati destinati oltre 17 milioni di euro.

Infine, attraverso l’assicurazione del raccolto sono stati erogati 26 milioni di euro di contributo, utilizzati per coprire i costi dei premi assicurativi versati a copertura delle perdite legate alle avverse condizioni climatiche e alle fitopatie o infestazioni parassitarie.

“Il sistema delle OCM – dichiara il Ministro Maurizio Martina– è uno degli strumenti indispensabili per la crescita delle nostre imprese, perché aiuta ad accrescere la competitività e serve come rete di protezione nei mercati. Per questo riteniamo importante che le OCM siano centrali anche per la prossima programmazione della PAC. In tal senso ho rappresentato di recente al Commissario Phil Hogan il ruolo importante che rivestono e la richiesta di estendere questo modello anche ad altri settori strategici”.


DETTAGLIO DELLE MISURE

Misure                                Importo liquidato         %

Ristrutturazione vigneti     146,459,318            43,5%
Vendemmia verde                  1,194,129               0,4%
Assicurazione raccolto       26,436,980               7,8%
Distillazione sottoprodotti  17,927,804               5,3%
Investimenti                           62,818,261            18,6%
Promozione paesi terzi        82,115,848            24,4%
TOTALE                                336,952,339          100,0%

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news visite in cantina

A casa di Davide Spillare: il discepolo di Maule è diventato grande

Un’accoglienza genuina e spontanea quella di Davide Spillare, giovane classe ’87. Un vignaiolo vero, che t’accoglie dalla campagna, con le mani (pulite) di terra. Mentre s’avvicina, il panorama si apre alle sue spalle: vista mozzafiato dall’azienda agricola fondata 10 anni fa, frutto di una tradizione di famiglia.

Siamo a Gambellara, in provincia di Vicenza. A sinistra si ergono i Colli Berici, a destra si distende la Valchiampo e la Valpolicella. A Davide si deve la virata radicale dell’azienda, trasformata in una delle più fulgide realtà italiane della viticoltura biodinamica. Una svolta abissale: il bisnonno Cristiano, infatti, conferiva le uve alla cantina sociale del posto.

I vigneti di pianura, a 180 metri sul livello del mare, si nutrono di terreni argillosi, molto ricchi. Quelli in collina mangiano tufo, detto “togo” nel dialetto locale: forte componente rocciosa e vulcanica, che dà vita a vini con una spiccata mineralità. Le rese si aggirano sugli 80 quintali per ettaro in pianura e 30-40 quintali per ettaro in collina.

Dopo la scuola di Agraria, Davide Spillare si cimenta nel mondo del vino grazie agli insegnamenti del maestro Angiolino Maule, oggi patron di VinNatur, e parte per il suo viaggio sperimentale ricco di soddisfazioni, ma anche  di alcune delusioni. Ad oggi può vantare rapporti commerciali ed esportazioni in Canada, Giappone, Danimarca, Svezia, USA, Londra e Parigi.

La sua filosofia segue i canoni dell’agricoltura biodinamica del ‘900, basata sulle teorie di Rudolf Steiner. “Una dottrina che dev’essere comunque rivisitata – spiega Spillare – poiché la terra di oggi non è la terra di cent’anni fa”. Davide lavora la terra in modo “non convenzionale”, ossia “naturale”. Evitando l’uso dei diserbanti chimici e limitandosi a trattamenti con rame e zolfo in basse concentrazioni, solo fino alla fioritura, per combattere il temuto oidio.

LA DEGUSTAZIONE
La degustazione avviene in una piccola cantina, tra le barrique in legno di rovere usate, disposte sul perimetro. Al centro una botte su cui poggeranno i calici. Il primo vino è uno spumante, “L1“, dedicato alla vertebra fratturata durante un incidente in vigna su un trattore, dove Davide rischiò la vita.

“L1” è ottenuto al 95% da uva Garganega e al 5% da Durella, che conferisce acidità. Dopo la prima fermentazione, il mosto è posto in bottiglia a rifermentare per un anno. I lieviti sono ovviamente indigeni. La beva è semplice e scorrevole: un vino fresco, adatto a un aperitivo.

Si prosegue con un bianco fermo, “Crestan“, dal nome del bisnonno: Garganega in purezza da uve di pianura, pressatura diretta e fermentazione in acciaio, 11.31% vol. Nel calice si presenta di colore dorato, al naso intenso, con un bouquet che spazia da note speziate a note floreali. Al palato corrispondente, sulla linea di una semplicità non banale.

Il terzo calice è di “Rugoli” 2016, nome ispirato dalla strada del Rugolo: Garganega proveniente da collina, di cui il 70% effettua una fermentazione in acciaio e pressatura diretta.

Il restante 30% esegue una macerazione per 5 giorni a contatto con le bucce e affinamento in legno per circa 10 mesi (12.8% vol).

Al naso si presenta più complesso del precedente, mantenendo però una buona spalla acida e una spiccata mineralità.

Si prosegue con “Vecchie Vigne“, in onore della vigna più vecchia su cui può contare Davide Spillare: 60 anni di età. Macerazione di 5 giorni e poi un breve passaggio in legno. Affinamento in bottiglia per un anno. Naso complesso, sentori di caramello, note leggermente tostate.

Il “Rugoli 2007” è una chicca dell’azienda: al naso si percepisce intenso e complesso con sentori di castagna e uva passa, Pieno e avvolgente al palato. Una piacevole sorpresa.

Il rosso dell’azienda si chiama “Rosso Giaroni“, ottenuto da uve Merlot in purezza. Al naso si avvertono sentori erbacei e legnosi, al palato risulta fresco e sapido, ben equilibrato.

Concludiamo la degustazione didattica con la ciliegina sulla torta, il “Racrei”: deriva dall’anagramma di “Creari”, comune di Vicenza. Vino dolce, Garganega in purezza, 4 mesi di appassimento.

Tra un calice e l’altro, una riflessione di Davide Spillare  sintetizza lo spirito della sua cantina: “La terra mi è stata prestata e io la dovrò restituire integra o migliore”. Il manifesto di un’azienda agricola divenuta uno dei punti di riferimento del panorama dei vini naturali italiani.

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Food Lifestyle & Travel

Davide Paolini atterra nella Roma Golosa

La cucina concreta, quella delle trattorie e dei panini, ha conquistato il pubblico di Milano Golosa che dal 14 al 16 ottobre ha raccolto al Palazzo del Ghiaccio di Milano oltre 13 mila persone.

Nei tre giorni si sono susseguiti incontri e dibattiti che hanno visto protagonisti, tra gli altri, i nove cuochi delle Premiate Trattorie Italiane e i piatti più significativi e identitari della loro regione.

Particolarmente apprezzata l’area PaniniAmo, un omaggio al pane imbottito in collaborazione con la Fondazione Accademia del Panino Italiano.

La sesta edizione della kermesse ideata da Davide Paolini ha visto una presenza record di buyer e operatori del settore, pari al 22% degli ingressi, interessati a conoscere le proposte dei 200 artigiani presenti al mercato con i loro prodotti spesso introvabili nei canali di vendita tradizionali. A Milano Golosa presenti anche buyer stranieri, provenienti da Germania, Gran Bretagna, Canada e paesi dell’Est Europa.

Il viaggio del Gastronauta ora prosegue e porta a Roma, dove dal 2 al 4 dicembre si terrà la prima edizione di Roma Golosa. La formula sarà quella già rodata all’ombra della Madonnina e anche nella capitale Davide Paolini si è mantenuto lontano dai quartieri fieristici preferendo una location post industriale in grado di qualificare il lavoro degli artigiani che presenteranno le loro produzioni frutto del migliore made in Italy.

Incontri, dibattiti, master class completeranno un programma ricco di contenuti e spunti per chi, finalmente anche a Roma, vorrà approfondire la conoscenza di una cucina che non vuole essere spettacolo ma espressione di un’identità culturale.


ROMA GOLOSA IN BREVE
2-3-4 DICEMBRE 2017
Guido Reni District | Via Guido Reni 7, Roma
0286462555/1919
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ORARI AL PUBBLICO
Sabato: 12:00 – 21:00
Domenica: 11:00 – 19:00
Lunedì: 11:00 – 17:00

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