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Vinitaly: edizione da record per il Padiglione Lombardia

Verona, 18 aprile 2018 – Si chiude oggi un’edizione da record per quanto riguarda i visitatori al Padiglione Lombardia a Vinitaly. Consorzi e produttori stimano infatti un afflusso di circa il 7% superiore rispetto al 2017 di operatori di settore, giornalisti e buyer.

Particolarmente significative le presenze straniere, che confermano la crescita dell’apprezzamento dei prodotti lombardi all’estero e il consolidamento di chi, come il Lugana, già oggi esporta circa il 75% della produzione. I compratori internazionali hanno avuto modo di conoscere anche le piccole denominazioni quali Moscato di Scanzo, Botticino e Montenetto.

La vitalità del settore vinicolo viaggia di pari passo con il numero delle imprese lombarde operanti nei settori turismo, ristorazione ed enogastronomia: ben 195.395 secondo i dati 2017 elaborati dall’Ufficio studi di Unioncamere Lombardia e presentati in occasione di Vinitaly 2018.

La parte del leone la fa la Provincia di Milano con 56.723 imprese, seguita da Brescia (30.503) e Bergamo (20.778). Seguono Pavia (14.425), Mantova (14.045), Varese (12.920), Monza e Brianza (11.603), Como (9.891), Cremona (8.961), Sondrio (6.151), Lecco (5.302) e Lodi (4.093).

Su un totale di 815.956 imprese attive nel 2017 sul territorio lombardo, l’ambito “Agricoltura, commercio al dettaglio, alloggio e ristorazione, viaggi” incide per circa il 23,9% del totale. Andando ulteriormente a esplorare le categorie merceologiche, sono 91.411 le imprese classificate quali “commercio al dettaglio” seguite da “alloggio e ristorazione” (55.318), “agricoltura” (46.243) e, a chiudere, “attività dei servizi delle agenzie di viaggio e dei tour operator” (2.423).

“I numeri dimostrano come la qualità del vino lombardo sia riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Vinitaly è una vetrina straordinaria per i nostri prodotti e intendiamo anche a livello istituzionale sfruttare ogni occasione utile per dare visibilità ai nostri vini sui mercati esteri. I consumatori sono sempre più alla ricerca di eccellenze e novità, i buyer stranieri hanno potuto apprezzare produzioni ridotte in termini quantitativi, ma di altissimo profilo qualitativo” ha detto Fabio Rolfi, assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi della Regione Lombardia.

“Numeri che dimostrano la vitalità delle nostre imprese lombarde”, commenta Gian Domenico Auricchio, presidente di Unioncamere Lombardia. “Il turismo, la ristorazione e, più in generale, l’enogastronomia si confermano come attori fondamentali della crescita economica della nostra Regione. Questo dinamismo si coglie oggi di più in occasione del Vinitaly, perché la componente vino è ormai insostituibile driver per la promozione del territorio sia dal punto di vista naturalistico, sia per quanto concerne l’ambito culturale. La Lombardia e il suo Sistema camerale sono in prima linea per sostenere queste imprese, che aiutano a far conoscere il nostro territorio”.

Non a caso la collettiva lombarda, ospitata nel Padiglione Lombardia realizzato al secondo piano del Palaexpo -grazie all’Accordo di programma tra Regione Lombardia e Unioncamere Lombardia – è stata tra quelle con il maggior numero di aziende in Fiera, con oltre 200 produttori presenti e più di 2 mila etichette in degustazione.

A contribuire alla buona riuscita della manifestazione, le iniziative messe in campo dai Consorzi di tutela presenti – Consorzio Franciacorta, Consorzio Lugana, Consorzio Moscato di Scanzo, Consorzio Oltrepò Pavese, Consorzio Provinciale Vini Mantovani, Consorzio San Colombano, Consorzio Terre Lariane, Consorzio Valcalepio, Consorzio Valtellina, Consorzio Valtènesi ed Ente Vini Bresciani (per Montenetto, Botticino, San Martino della Battaglia e Cellatica) – oltre ai 4 professori e agli 80 ragazzi dell’Istituto alberghiero Andrea Mantegna di Brescia, che si sono prodigati nell’assistenza tecnica agli espositori.

Di particolare importanza anche il ruolo degli sponsor tecnici, che hanno scelto di essere a fianco della collettiva lombarda: Bracca per l’acqua minerale, Maxidata per le forniture informatiche, Rastal per i bicchieri e Vitavigor per i grissini e i sostitutivi del pane.

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Vinitaly “super” per Schenk Italian Wineries

VERONA – “Questa edizione di Vinitaly è stata forse la più interessante alla quale abbiamo mai partecipato, sia per l’altissimo gradimento riscosso dai vini che abbiamo presentato, quelli nuovi e quelli già conosciuti, sia per la qualità degli incontri. Credo sinceramente che questo evento sia stato l’apice di un anno iniziato davvero bene, nel quale i nostri vini stanno riscuotendo grande consenso per le punte di qualità raggiunte. Dopo un Prowein direi perfetto, siamo stati sorpresi da questo Vinitaly che è riuscito a tenere il passo dei tedeschi: un successo enorme tanto per questa manifestazione quanto per l’intero mondo del vino italiano”.

Con queste parole Daniele Simoni, Amministratore Delegato Schenk Italian Wineries, traccia un bilancio di questa edizione di Vinitaly, che ha registrato per il Gruppo un record in termini di visite e consensi: 400 le bottiglie stappate e oltre 80 appuntamenti programmati con operatori del settore, buyer e distributori provenienti da oltre 15 Paesi a livello internazionale. L’azienda, 15esima realtà vitivinicola italiana in base alla nuova Indagine sul settore vitivinicolo di Mediobanca, è in costante crescita ed ha registrato un fatturato di 110 milioni nel 2017 (+ 3,1% rispetto al 2016) con oltre 55.479.000 bottiglie prodotte.

“Sommelier, stampa di settore, blogger, ma anche amanti del buon vino italiani e stranieri hanno mostrato grande entusiasmo per le nuove proposte presentate a Vinitaly – commenta il Direttore Commerciale Roberta Deflorian – La linea piemontese di Casali del Barone ha conquistato tutti, così come quella di Masso Antico. Grandi conferme sono arrivate per la linea Amicone, in particolare per il nuovo rosé, e per i nostri toscani firmati Lunadoro, che raccolgono sempre pareri eccezionali. Felicissimi anche per l’interesse suscitato dal nostro nuovo Prosecco biologico Bacio della Luna, grande scommessa di quest’anno. Non possiamo che ritenerci davvero soddisfatti di come è andata questa edizione che ci ha regalato grandi successi e conferme”.

Vinitaly è stata anche l’occasione per festeggiare i 125 anni del grande Gruppo di cui Schenk Italian Wineries fa parte: alla cena di gala, tenutasi lunedì 16 gennaio, hanno preso parte François Schenk, membro della famiglia, e i vertici dell’azienda, che hanno scelto l’occasione di Vinitaly per celebrare la crescita di Schenk Italian Wineries e il successo delle sue cantine, vere porta bandiera del gusto e della tradizione italiana nel mondo.

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Glen Moray: cinque assaggi dal cuore delle Speyside

Nata ad Elgin, nel cuore dello Speyside, nel 1897 quando un vecchio birrificio venne convertito a distilleria sulla scia del “boom del whisky” di fine XIX secolo, Glen Moray ha avuto vicende alterne. Chiusa nel 1910 e riaperta negli anni ’20 si è da sempre dedicata alla produzione di whisky per “blending” affacciandosi solo recentemente al mondo dei Single Malt ottenendo molti consensi.

Cinque gli assaggi proposti durante il Milano Whisky Festival per scoprire questa distilleria.

LA DEGUSTAZIONE
Classic, 40%. L’entry level di Glen Moray è un NAS (No Age Statement, ma si vocifera 6-7 anni di invecchiamento) invecchiato in botti ex bourbon. Colore oro chiaro al naso si presenta fresco e pulito. Note di agrume (limone), vaniglia, un po’ di frutta (mela) e toni erbacei. In bocca è morbido e dolce con evidenti note di malto. Alcool leggermente pungente.

15 y.o., 40%. Utilizzo di botti ex bourbon ed ex sherry con invecchiamento dichiarato di 15 anni. Molto diverso dal Classic si presenta con un naso decisamente più speziato (pepe e cannella) ad accompagnare le note fruttate. In bocca risulta decisamente più secco con una leggera presenza di tannino.

18 y.o., 47,2%. Maggiore utilizzo di botti ex sherry per questo 18 anni. Il risultato è un whisky ancora differente dai due precedenti. Decisamente più armonico, rotondo, tanto al naso quanto in bocca. Ricco di frutta matura al naso, sia a polpa bianca che tropicale. Più speziato e maggiore presenza di terziari: pepe, tabacco, cuoio, liquirizia, cioccolato. In bocca e morbido ed avvolge il palato. lungo il finale.

Port Cask Finish, 40%. Mostra il suo finishing già dal colore, tendente al color buccia di cipolla. Al naso è vinoso con note di frutta rossa. Poco speziato al palato risulta rotondo con una dolcezza di vaniglia ad accompagnare il finale (corto).

Peated, 40%. Unica release torbata della distilleria, pratica non comune nello Speyside. La presenza della torba è molto marcata ma non coprente risultando aromatica, quasi balsamica. Sotto la fumosità della torba si avvertono bene le dolcezze dell’invecchiamento ex bourbon. Un whisky nel suo insieme delicato, senza la sapidità marina tipica dei torbati delle isole.

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Golosaria a tutta grappa: visita a Mazzetti d’Altavilla

CASALE MONFERRATO – Mentre tutto il mondo del vino (dai produttori ai winelover) si preparava per Vinitaly 2018, nel Monferrato andava in scena la dodicesima edizione di Golosaria.

Il fulcro della manifestazione è stato il castello della “capitale”, Casale Monferrato, che oltre ad essere la sede dell’Enoteca Regionale del Monferrato, ha visto nel weekend la presenza di eccellenti produttori di formaggi, salumi, dolci, e una sezione dedicata al cibo da strada.

Grande affluenza di pubblico, grazie anche a un clima finalmente favorevole, non solo al castello, ma anche nelle ville e nelle cantine che hanno spalancato le loro porte durante il weekend, contribuendo a valorizzare un territorio ancora tutto da scoprire.

LA NOSTRA SCELTA
Tra le numerose opportunità di assaggi e visite la scelta è caduta sulla distilleria Mazzetti d’Altavilla Monferrato, che sabato 7 e domenica 8 aprile ha organizzato visite guidate a rotazione e dato la possibilità di assaggiare i loro prodotti.

Arrivando da Casale, superato l’incrocio strategico dal quale si raggiungono Vignale a sinistra e Casorzo a destra, si scende verso valle fino ad Altavilla, per risalire nuovamente fino alla distilleria, dalla quale si gode di un panorama mozzafiato sulle colline.

La struttura è un bellissimo ex monastero, ristrutturato con sapienza per mantenere il fascino originale senza rinunciare alla modernità. Fin dal principio della visita quel che appare è una grande attenzione al pubblico, dinamismo e sguardo diretto al futuro nonostante quest’anno si festeggino ben 172 anni di attività.

Nel corridoio di ingresso ci sono cartelloni in tre lingue che raccontano la storia della distilleria, teche con vecchie bottiglie, coloratissimi tabelloni con le vecchie etichette e una vespa griffata.

I collaboratori che incontriamo sono tutti giovani e preparati, a conferma del desiderio di togliere dalla grappa quella patina di polvere che ancora purtroppo ne condiziona spesso il giudizio.

La cantina è ristrutturata in modo molto funzionale. Ampi spazi, volte alte, un angolo bar, un bel bancone per assaggi e memorabilia sparsi qui e là.

Guidati dal mastro distillatore Sanzio Evangelisti (uomo di grande competenza e disponibilità, dall’ottima proprietà di linguaggio) il tour parte dal piazzale nel quale, nel pieno della stagione (che va dal 15 ottobre fino a febbraio) sono stoccati fino a 30 mila quintali di vinacce provenienti da tutta la regione.

Il luogo nel quale passiamo la maggior parte del tempo è l’edificio che contiene gli alambicchi. Tre caldaie che distillano sottovuoto, avvolte da un muro di mattoni, ed una quarta in bella mostra con accanto le colonne di rettifica in rame.

La spiegazione è lunga e dettagliata. La passione per la materia traspare in modo evidente, e si trasforma in amarezza solo quando ci racconta che è sempre più difficile trovare giovani volenterosi che abbiano voglia di imparare un mestiere antico che richiede grande passione e dedizione ma che può dare enormi soddisfazioni.

Non è possibile resistere all’offerta di un assaggio della grappa a tutto grado prelevata direttamente dai contenitori in acciaio dove la riposa in attesa delle successive fasi di lavorazione.

I bicchieri, qui dove si distilla, sono pochi, e i pochi coraggiosi se lo passano come un calumet: “Qui non si ammala nessuno, i batteri muoiono tutti, state tranquilli!”.

Assaggiamo un Arneis a 82 gradi, già notevole per intensità e complessità, e un Brachetto a quasi 86 gradi, che invece necessita di un po’ di assestamento.

La sosta in barricaia, nella quale sono presenti migliaia di botti perlopiù francesi, è più breve. È già passata già più di un’ora dall’inizio della visita, c’è voglia di assaggiare qualcosa.

Lasciamo Sanzio per capire se tanto lavoro e tanta passione portano anche a buoni risultati. Non c’è stata una degustazione guidata (che avrebbe richiesto sicuramente troppo tempo) ma grande disponibilità per due chiacchiere al bancone assaggiando in libertà.

LA DEGUSTAZIONE
Monovitigno di Ruché non invecchiata, 43% vol. iniziamo da una bianca morbida che fa solo acciaio e troviamo un naso dolce, floreale di viola e fruttato di ciliegia. Il vitigno emerge con chiarezza. In bocca è piacevole, di media struttura, morbida ma equilibrata e con un bel finale vellutato.

Monovitigno di Arneis non invecchiata, 43% vol. Chiediamo qualcosa di più secco e ci viene proposta una grappa di Arneis (la stessa assaggiata a tutto grado in distilleria).

Naso affascinante con note erbacee che vanno dall’erba fresca al fieno, poi camomilla e miele. In bocca è aromatica, assolutamente poco aggressiva. Le note fresche le donano equilibrio e nel finale ritorna il fieno. Molto buona.

Incontro, 43%vol. Blend di vinacce da Barolo e Barbaresco invecchiata 18 mesi in botti di Fontainebleau. Paglierino intenso e luminoso, al naso emergono spezie dolci, fiori bianchi, erbe officinali e miele.

Sullo sfondo compaiono note di frutti rossi riconducibili al nebbiolo. La complessità donata dal legno è evidente. In bocca è morbidissima, molto piacevole, equilibrata, lunga. Scalda ma non brucia mai in gola. Fascino.

Segni, 43%vol. Probabilmente la più particolare delle grappe Mazzetti visto l’inusuale metodo di invecchiamento.

Il distillato (da barbera e dolcetto) viene infatti affinato per 5 anni in 6 diverse botti: rovere, castagno, frassino, ciliegio, gelso e ginepro.

Sebbene l’intensità non sia così elevata è sicuramente una grappa complessa, decisamente speziata, con forse il ginepro su tutti.

Le note fruttate e floreali, presenti, restano sullo sfondo. Equilibrio, pulizia e finezza non mancano. La lunghezza è quella che ci si aspetta. Lascia la bocca asciutta e profumata. Natalizia.

3.0 Altogrado, 51.4%vol: una menzione particolare la merita la linea punto zero, linea young, che strizza l’occhio ai frequentatori dei pub del sabato sera in genere più attratti da distillati “esotici”. Un grosso 3.0 campeggia in etichetta, e non manca un hashtag che fa molto social: #comepiaceate.

Di questa linea abbiamo assaggiato la Altogrado, l’unica a superare i 50 gradi. L’impressione è di una grappa più semplice e “dolce”, con note di frutta secca e spezie. I 50 gradi sono ben gestiti e non irritano la gola.

La percezione generale di quanto assaggiato è di prodotti realizzati con molta cura, sempre puliti, “facili” da bere e quasi dolci. La “grappa del nonno”, il torcibudella troppo alcolico e sgradevole è un lontano ricordo.

La distilleria Mazzetti guarda avanti, nella speranza che anche i giovani inizino a considerarla una valida alternativa a distillati dai nomi sicuramente più cool ma dalla qualità spesso (non sempre, per carità!) pessima. Come dice Sanzio (Il distillatore, non Raffaello): “Bere fa male, quindi bevete poco ma bevete bene”. Amen.

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Lungarotti: +3% di fatturato con raddoppio delle vendite in Olanda, Austria e Thailandia

Supera quota 8 milioni di euro il fatturato 2017 di Lungarotti, maison dell’enologia italiana e umbra che chiude il 2017 con 2,4 milioni di bottiglie prodotte e una crescita a consuntivo del +3%. Numero perfetto di un incremento che allinea mercato estero ed interno, questo trend volge in positivo un anno difficile, penalizzato nel corso di tutto il primo quadrimestre dalla stagnazione delle vendite dirette e del turismo in Umbria a causa del terremoto del 2016.

Una riorganizzazione della rete commerciale ha consentito il recupero sul territorio nazionale, che assorbe circa il 60% del valore prodotto, mentre sono in particolare le performance su sei piazze internazionali a determinare l’exploit dell’export, a partire dagli Usa, dove vola (e non solo in senso figurato) il Rubesco, servito recentemente anche nella Polaris Class (Business e First) della United Airlines.

Bene anche le performance sul mercato cinese e su quello brasiliano, che riprende quota dopo un anno di stasi. Raddoppiano il valore delle vendite l’Olanda, Austria e Thailandia, ma si registra anche l’apertura di nuove mete come il Camerun, frutto di uno sforzo di penetrazione durato un paio d’anni.

Con un incremento del 22% il Rubesco (in crescita anche nella sua versione Riserva, a +3%) si conferma il vino trainante dell’azienda e vero prodotto-simbolo dell’enologia umbra.

Chiudono l’anno in positivo anche due bianchi di Torgiano DOC, Torre di Giano (+5%) e Vigna il Pino (+28%), mentre tra gli IGT, si registra il trend positivo del Brezza (+3%) e del Falò (+2%).

Le 2 cantine Lungarotti contano complessivamente su 250 ettari vitati tra la Tenuta di Torgiano (230 ha) e quella di Turrita di Montefalco (20 ha), certificata bio dal 2014. Le 29 etichette realizzate sono presenti in circa 50 Paesi in tutto il mondo.

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Mipaaf: export agroalimentare in crescita, +11,4% rispetto al 2017

Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che, sulla base dei dati Istat sul commercio estero diffusi oggi, l’export agroalimentare nel mese di Febbraio è pari a 3,2 miliardi di euro con un incremento del 3% rispetto al febbraio dell’anno scorso.

Nei primi due mesi di questo anno si registra un incremento dell’11,4% rispetto al periodo Gennaio-Febbraio del 2017, arrivando a quota 6,3 miliardi. In particolare, aumentano le esportazioni verso la Francia (+5,6%) e Stati Uniti (+6%).

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Consorzio Etna Doc: dopo un ottimo Vinitaly 2018 si punta a ProWien 2019

“Per la prima volta ci siamo presentati alla kermesse veronese in maniera compatta e coesa – dice Giuseppe Mannino, presidente del Consorzio Etna Doc – E i risultati ci gratificano degli sforzi fatti”.

Nel corso della fiera, la zona dedicata ai vini dell’Etna, all’interno del padiglione 2 della Sicilia, è stata presa d’assalto da migliaia di appassionati e addetti ai lavori: “Tantissimo interesse per le nostre produzioni – prosegue Mannino – Meno stranieri, più italiani che hanno voluto conoscere la storia del nostro territorio e assaggiare i nostri vini, soprattutto gli spumanti, vera novità di quest’anno”. Un’intera area, dunque, dedicata al mondo del vino etneo, tra Carricante e Nerello Mascalese e una degustazione, organizzata in collaborazione con il giornale online cronachedigusto.it e la regione siciliana che ha fatto registrare il “tutto esaurito” parecchie
settimane prima dell’evento.

Al tasting, 16 etichette di altrettanti produttori, che hanno raccontato, ad un pubblico molto attento, tutte le “sfumature” di bianco del Vulcano più alto d’Europa, in grado di regalare vini con una spinta acida notevole e una spiccata nota minerale. “Qui si producono vini unici – ha detto Mannino – L’interesse per i bianchi è cresciuto come mai prima d’ora. Tanto che i produttori esauriscono le scorte prima della nuova vendemmia. E la stragrande maggioranza di nuovi impianti sono a Carricante. Ora si sta cercando di capire la loro capacità di resistenza. Siamo ancora agli inizi e ne sapremo di più nei prossimi anni”.

I produttori, infatti, stanno conservando in cantina varie bottiglie di diverse annate per analizzare la capacità di invecchiamento dei bianchi. Ci sono segnali positivi. “Ho bevuto bianchi perfetti di 5 anni – spiega Mannino – Stiamo studiando. Ancora c’è poca storia e pochi dati da confrontare”.

Oltre 40 cantine, dunque, tra banchetti, aree degustazioni e stand, hanno accolto i visitatori raccontando le peculiarità di un territorio che sta vivendo un “momento magico”. “Fare sistema è l’unica via per vincere nel mondo – dice Mannino – Ora attenderemo il rinnovo dei vertici del Cda (a maggio) e poi pianificheremo il futuro”. Già nel prossimo anno, ha assicurato Mannino, l’Etna sarà presente di nuovo, con questa formula “di squadra” ormai collaudata, al Vinitaly.

E per la prima volta parteciperà al ProWein di Düsseldorf: “Andremo sempre con questa stessa formula, ci mostreremo compatti – dice Mannino – E dopo le elezioni, pianificheremo la presenza del consorzio alla varie rassegne internazionali. Verrà solo chi potrà e vorrà farlo, ma cercheremo di non lasciare indietro nessuno. Tutti siamo Etna e tutti siamo orgogliosi di esserlo. Anche facendo poche bottiglie”. A Verona il consorzio ha anche celebrato l’erga omnes, ma soprattutto ha festeggiato i 50 anni della denominazione. Il disciplinare, che nel corso del tempo ha previsto anche l’inserimento di ben 132 contrade a conferma di una diversità con pochi eguali, ha infatti visto la luce nel 1968 grazie a un gruppo di esperti che avevano ben intuito le potenzialità del territorio.

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Come si sceglie il vino al supermercato? La ricerca Iri sui consumatori Gdo

VERONA – Formato, colore, denominazione di origine. Poi il prezzo ed infine la regione di appartenenza. Questi i criteri utilizzati dai consumatori per la scelta del vino al supermercato.

E gli acquisti di vino nella grande distribuzione sono rilevanti: 8 milioni di ettolitri per un fatturato di 2,5 miliardi di euro.

I più acquistati sono i vini a denominazione d’origine e i vini tipici regionali, mentre avanzano i vini biologici (5,3 milioni di bottiglie). Il formato preferito dai consumatori è la bottiglia da 0,75cl mentre il brik è in flessione e sono sempre più graditi nuovi formati come la mezza bottiglia (+21,3%) e il bag in box (+13,8%).

Lo riferisce la ricerca dell’istituto di ricerca IRI sul mercato del vino nella grande distribuzione nel 2017, presentata oggi a Vinitaly nel corso della tavola rotonda su vino e Gdo organizzata da Veronafiere, tradizionale momento di confronto tra cantine e catene distributive.

In un trend che da anni vede scendere i consumi di vino degli italiani che però cercano sempre più la qualità, la grande distribuzione ha migliorato sensibilmente la propria offerta come ha fatto notare nel corso della tavola rotonda la rappresentante di Federvini, Robertà Corrà, tra l’altro Direttore generale di Gruppo Italiano Vini.

“È indubbio il fondamentale ruolo giocato dalla Gdo nell’evoluzione del settore vitivinicolo, una crescita non solo numerica, ma anche di qualità. É aumentata la sensibilità per prodotti di prestigio con prezzi anche elevati, con marche note, profondamente legate al territorio. Questo in risposta al cambiamento delle esigenze del
consumatore”.

Un giudizio condiviso dal Consigliere nazionale di Unione Italiana Vini, Enrico Zanoni, (anche Direttore generale di Cavit): “Registriamo negli anni una costante ‘premiumizzazione’ della domanda, come evidenziato dalla crescita dei vini a denominazione d’origine e dei vini fermi a connotazione regionale, i cui primi 10 vitigni pesano circa per il 30% dei consumi totali”.

LA SITUAZIONE NEGLI USA
Altro focus della tavola rotonda è stato l’acquisto di vino italiano dei consumatori nei supermercati degli Stati Uniti d’America: qui si spendono circa 1 miliardo di dollari l’anno per i vini italiani; un terzo circa delle bollicine ed un terzo dei vini fermi venduti in questo canale sono italiani.

“Gli americani differenziano molto la scelta del vino in base alla modalità di consumo (a tavola in casa, compleanni, ospiti a casa, ricorrenze) – ha spiegato Marc Hirten, Presidente di Frederick Wildman, società Usa che distribuisce vino italiano – e se in enoteca acquistano vini blasonati come il Barolo, i Super Tuscan, il Brunello, il Franciacorta o l’Amarone, acquistano regolarmente sugli scaffali del supermercato i vini italiani, la cui gamma d’offerta si è molto ampliata negli ultimi anni”.

Tra i vini più acquistati nella Gdo USA troviamo il Prosecco, il Pinot Grigio, il Chianti, il Lambrusco, la Barbera, il Primitivo, il Gavi, il Rosso di Montalcino, il Nero d’Avola, il Dolcetto, il Trento Doc ed altri ancora. Alla tavola rotonda hanno partecipato tre grandi catene distributive: Coop, Conad e Carrefour.

Alessandro Masetti, Responsabile Settore Shelf Stable Food & Beverage di Coop Italia, ha illustrato l’esperimento di co-branding con le cantine che Coop ha sperimentato sul proprio marchio di punta: “Non parliamo di etichette dedicate, ma di vini dedicati”.

“La logica – ha aggiuntoMasetti – non è quella di un prodotto industriale ma artigianale, realizzato su quantità limitate, utilizzando le migliore tecniche di vinificazione, seguendo la raccolta in vigna su appezzamenti dedicati e facendoci supportare nella scelta finale del prodotto da un ente esterno autorevole come l’AIS per meglio rappresentare le particolarità territoriali”.

L’impegno della Gdo nel settore vino è notevole, come ha sottolineato Alessandra Corsi, Responsabile marketing dell’offerta e sviluppo dei prodotti a marchio di Conad: “Si pensi all’ampliamento e valorizzazione della qualità dell’offerta, con l’utilizzo delle diverse leve del retail mix: assortimento, promozionalità, esposizione, Marca Commerciale. E poi c’è una sempre più forte riscoperta dell’italianità, testimoniata dalla crescita continua di vitigni che in precedenza erano localizzati esclusivamente nei territori di vocazione”.

Infine, grande attenzione ad un settore in crescita come quello del vino biologico, come riferito da Gianmaria Polti, Responsabile Acquisti Beverage, Carrefour Italia: «I vini biologici sono ormai una realtà su cui anche le cantine stanno convertendo alcune produzioni e noi, già da tempo, stiamo dedicando uno spazio e una numerica di referenze rilevante all’interno dei nostri assortimenti sia nelle grandi superfici ma anche nei negozi di prossimità”.

Tuttavia, la Gdo può fare ancora molto nel campo della comunicazione del vino, come ha sottolineato Luigi Rubinelli, Direttore di Retail Watch e moderatore della tavola rotonda: “Il reparto dei vini ha bisogno di atmosfera, bisogna crearla, non sempre è sintonica con il prodotto. Poi servono informazioni, in genere ne sono presenti poche, e vanno suggeriti gli abbinamenti col cibo, è veramente raro trovarli”.

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Coldiretti: l’UE perde l’occasione per etichettatura d’origine

La Commissione Europea ha perso l’occasione per combattere il fake a tavola con una etichetta trasparente che indichi obbligatoriamente l’origine degli ingredienti impiegati in tutti gli alimenti come chiede la stragrande maggioranza dei cittadini europei e l’82% degli italiani, secondo la consultazione on line del Ministero delle Politiche Agricole.

E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento al regolamento esecutivo approvato dal Comitato tecnico in riferimento al regolamento (UE) n. 1169/2011, che entrerà in vigore nell’aprile 2020. Pronunciandosi a favore dell’etichettatura di origine rimessa, di fatto, all’arbitraria decisione degli operatori alimentari, ancora una volta la Commissione – denuncia la Coldiretti – ha scelto un compromesso al ribasso che favorisce gli inganni e impedisce scelte di acquisto consapevoli per i consumatori europei.

In sostanza, la scelta volontaria di etichettatura lascia spazio a margini di incertezza interpretativa costituendo l’occasione per promuovere molteplici contenziosi e ridurre le aspettative di trasparenza dei consumatori. Grazie all’azione di Coldiretti l’Italia si è dotata di una legislazione nazionale di avanguardia che sarà peraltro rafforzata a partire dal 9 maggio dal nuovo decreto legislativo sulle sanzioni che prevede multe da 2 mila a 16 mila euro in caso di mancata indicazione dell’origine.

Le norme italiane, che prevedono l’obbligo di indicare l’origine in etichetta dei derivati del latte, del grano nella pasta, riso e nei derivati pomodoro, si aggiungono a quelle europee dove – continua la Coldiretti – il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d’obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell’ortofrutta fresca, al primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l’obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto.

Un percorso scelto anche da Francia, Portogallo, Grecia, Finlandia, Lituania e Romania e per ultimo anche dalla Spagna che, come l’Italia, hanno adottato norme nazionali per garantire la trasparenza dell’informazione in etichetta. Nei due anni che mancano all’entrata in vigore del nuovo regolamento comunitario la Coldiretti si impegna a dare battaglia con l’avvio di una mobilitazione popolare nei confronti dell’Unione Europea per fermare il cibo falso e proteggere la salute, tutelare l’economia, bloccare le speculazioni e difendere l’agricoltura italiana.

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I vini dei VIP allo stand Coldiretti al Vinitaly

Dagli attori ai cantanti, dai politici ai giornalisti, dagli sportivi agli stilisti fino ai grandi imprenditori è corsa ai vigneti con un numero crescente di Vip che investe nel mondo del vino per l’opportunità di stare a contatto con la natura, esprimere creatività, confrontarsi con nuovi stimoli e garantirsi in generale una piu’ elevata qualità della vita.

E’ quanto afferma la Coldiretti che ha organizzato al Vinitaly la prima rassegna delle bottiglie Vip martedì 17 aprile alle ore 9.30 nello stand della Coldiretti nel Centro Servizi Arena – stand A, tra il padiglione 6 e 7.

Una occasione per scoprire le scelte dei Vip che hanno deciso di investire nel vino nei diversi territori del Paese, rilanciando vigneti autoctoni e produzioni locali, riscoprendo profumi e sapori, esplorando nuovi mercati e diventando loro stessi ambasciatori del Made in Italy nei calici e a tavola.

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Coldiretti: da Amarone a Ortrugo ok a falsi con accordi UE

Se l’accordo di libero scambio con il Canada (CETA) non protegge dalle imitazioni, dall’Amarone all’Ortrugo dei Colli Piacentini, insieme a molti altri vini, quello siglato con il Giappone esclude dalla tutela ben il 95% delle 523 denominazioni di vini riconosciute da Nord a Sud del Paese e la situazione è ancora piu’ preoccupante nella trattativa in corso con i Paesi del Mercosur dotati di un forte potenziale vitivinicolo che già producono copie dei vini italiani, dal Prosecco brasiliano al Bordolino argentino (bianco e nero) mostrato dalla Coldiretti al Vinitaly.

La mancata protezione delle denominazioni di vino italiane nei diversi Paesi non solo rischia di favorire l’usurpazione da parte dei produttori locali ma – sottolinea la Coldiretti – favorisce anche l’arrivo su quei mercati di prodotti di imitazione realizzati altrove. A rischio – precisa la Coldiretti – ci sono ben 5 miliardi di valore dell’export dei vini italiani a denominazione di origine ma anche l’immagine del Made in Italy e la reputazione conquistata con il lavoro di generazioni.

L’intesa raggiunta con il Canada, sebbene abbia mantenuto l’accordo siglato nel 2003, non ha previsto – precisa la Coldiretti – l’aggiornamento dell’elenco con le denominazioni nate successivamente. E pertanto non trovano al momento tutela importanti vini quali l’Amarone il Recioto e il Ripasso della Valpolicella, il Friularo di Bagnoli, il Cannellino di Frascati, il Fiori d’arancio dei Colli Euganei, il Buttafuco e il Sangue di Giuda dell’Oltrepo’ Pavese, la Falanghina del Sannio, il Gutturnio e l’Ortrugo dei Colli Piacentini, la Tintilia del Molise, il Grechetto di Todi, il Vin santo di Carmignano, le Doc Venezia, Roma, Valtenesi, Terredeiforti, Valdarno di Sopra, Terre di Cosenza, Tullum, Spoleto, Tavoliere delle Puglie, Terre d’Otranto.

L’accordo con il Giappone – continua la Coldiretti – prevede invece la protezione da parte del Paese del Sol Levante di appena 25 denominazioni italiane, dall’Asti al Brunello di Montalcino, dal Franciacorta al Soave, dal Marsala al Lambrusco di Sorbara fino al Vino Nobile di Montepulciano solo per citarne alcuni della lista che – rileva la Coldiretti – esclude la stragrande maggioranza delle 523 denominazioni di origine e indicazioni geografiche riconosciute in Italia.

L’ultima trattativa arrivata a minacciare i vini italiani – spiega la Coldiretti – è quella in corso con i Paesi del mercato comune dell’America meridionale di cui fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay (Mercosur), con una forte vocazione vitivinicola. Il negoziato – continua la Coldiretti – appare molto complesso per il vino Made in Italy anche per la presenza in Brasile di diversi produttori di Prosecco specialmente nella zona del Rio Grande che rivendicano il diritto di continuare a fare questo vino italiano anche perché la varietà vinis vinifera “prosecco tondo” risulta iscritta nella banca dati brasiliana del germoplasma sin dal 1981.

L’Unione Europea – precisa la Coldiretti – ha elaborato una lista di sole 30 denominazioni di vino italiano oltre alla Grappa da tutelare, che riflette in buona parte quella dell’accordo con il Giappone e ricomprende il Prosecco, ora peraltro al vaglio dei produttori locali che potrebbero chiedere ai loro Paesi di proporre un’ulteriore taglio alla lista stessa.

La situazione – denuncia la Coldiretti – rischia peraltro di aggravarsi per il mancato aggiornamento da parte dell’Unione Europea delle liste comunitarie di tutela delle denominazioni legate con varietà autoctone. Dal Bonarda dell’Olterpo’ Pavese alla Falanghina del Sannio, dal Negroamaro di Terra d’Otranto alla Tintilia del Molise, ma anche il Durello Lessini, Casavecchia di Pontelatone o il Castel del Monte Bombino Nero sono solo alcune delle denominazioni varietali dei vini Made in Italy che – precisa la Coldiretti – non sono al momento protette dall’Unione Europea e che potrebbero essere utilizzate all’interno della stessa Ue per produrre generici vini varietali.

La Coldiretti chiede che il Parlamento europeo blocchi il progetto di Regolamento delegato predisposto dai servizi della Commissione Ue in revisione del Regolamento 607/09 e ne chieda l’aggiornamento delle liste.

“E’ inaccettabile che il settore agroalimentare sia trattato dall’Unione Europea come merce di scambio negli accordi internazionali senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “si rischia di svendere l’identità dei territori e quel patrimonio di storia, cultura e lavoro conservato nel tempo da generazioni di agricoltori”.

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Arte & Sagrantino: arte, vino e territorio al centro della proposta dell’Umbria

Verona – “Arte & Sagrantino” non è solo un progetto per la valorizzazione del territorio. E’ un invito a visitare l’Umbria dell’arte e del vino che quest’anno unisce Comuni e Associazioni nella celebrazione di questo legame: un’offerta vastissima di eventi e una mostra itinerante che nei prossimi mesi sarà possibile visitare attraverso i luoghi del Sagrantino.

Al centro, Montefalco e l’impegno dei produttori del Consorzio Tutela Vini che in collaborazione con il Comune stanno pianificando l’ambizioso ampliamento delle Cantine Francescane – struttura annessa al Complesso Museale di San Francesco con ampie vasche di pigiatura dell’uva, utilizzate già tra il XVIII e XIX secolo per la produzione del Sagrantino una – per dare seguito alle azioni di valorizzazione del patrimonio artistico culturale che rappresentano il cuore pulsante del Sistema Sagrantino.

Già negli anni passati, attori privati e pubblici del territorio hanno lavorato fianco a fianco cofinanziando il restauro della pala d’altare “Madonna della Cintola” di Benozzo Gozzoli, e contribuendo alla realizzazione della mostra dedicata a Antoniazzo Romano, che riportò a Montefalco molte delle opere del maestro, tra le quali il trittico della “Madonna col Bambino tra i Santi Paolo, Benedetto, Giustina e Pietro”.

“La cultura produce ricchezza per tutto il sistema, ma è importante attuare interventi mirati per riconoscere a questo patrimonio il giusto valore – Ha dichiarato Amilcare Pambuffetti, Presidente del Consorzio Tutela Vini Montefalco – Il modello Sagrantino, oltre ad esaltare la filiera vitivinicola, concepisce l’aspetto storico come elemento inscindibile dall’identità di un territorio. Recuperarne la bellezza perduta, è un investimento fondamentale di tempo, di attenzione e di civiltà, non solo economico”.

L’iniziativa, presentata in occasione del Vinitaly, include numerose attività messe in atto nel territorio dell’area delle denominazioni di origine Montefalco Sagrantino. Per tutto l’anno, inoltre, il territorio si tingerà di glicine con addobbi a tema, che interesseranno ogni angolo delle città, dalle aiuole all’arredo urbano, il colore che caratterizza Arte & Sagrantino.

“La capacità di far rete rende l’Umbria più forte – conclude l’assessore regionale all’Agricoltura Fernanda Cecchini – Il sistema Sagrantino che unisce la forza di un vitigno e la forza di un territorio con le bellezze artistiche ha fatto e continuerà a fare la differenza per l’intero territorio”.

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Nomisma Wine Monitor: è bio boom anche nel vino

Verona – Benessere: è il primo valore che oggi il consumatore ricerca nei prodotti alimentari che acquista. Il 58% degli italiani ritiene tale fattore il primo valore portante delle scelte di prodotti alimentari, seguono l’importanza della sostenibilità ambientale con prodotti eco-friendly (39%) e la semplicità (31%), intesa come assenza di artificialità.

Questo sistema di valori si esplicita nella ricerca di 3 attributi: ingredienti 100% italiani (75% dei responsabili di acquisto è attento all’origine), biologici (47% è interessato e ricerca prodotti alimentari prodotti senza chimica) e facili da preparare (46%). Risultati nonostante la comunicazione ancora non abbia compreso appieno l’importanza di tali driver: nell’ultimo trimestre 2017 – secondo i dati della piattaforma Totusmedia – solo l’8% degli spot pubblicitari ha fatto un chiaro richiamo (benessere, biologico, salute, naturale).

IL RUOLO DEL BIOLOGICO NEL FOOD & NEL VINO: VENDITE & CONSUMATORE

In questo contesto non stupisce come il biologico stia riscuotendo enorme successo: 78% le famiglie acquirenti di prodotti Bio nel 2017, 3,5 miliardi nel mercato domestico (+15% rispetto al 2016, con l’export Bio che ha raggiunto quasi 2 miliardi di euro).

Quel che forse più sorprende è il vino. Come evidenzia Nomisma, nel 2018 (mese terminante febbraio), la consumer base di vino Bio è in netta crescita: il 41% degli italiani (18-65 anni) ha consumato, in almeno una occasione, in casa o away from home, un vino a marchio Bio. Balzo davvero sorprendente se si pensa che nel 2013 il consumo di vino Bio coinvolgeva solo il 2% della popolazione, complici anche le scelte delle imprese italiane che hanno scommesso sul Bio con una crescita del vigneto davvero significativa (+175% negli ultimi 10 anni).

In Italia nel 2018 (mese terminante febbraio 2018) le vendite di vino Bio hanno raggiunto 21,6 milioni di euro nella sola GDO, registrando un +88% rispetto allo stesso periodo del 2017 (a fronte di un più tiepido +3% delle vendite di vino in generale). I dati Nielsen mostrano un balzo in avanti anche sulla quota di mercato del vino Bio che oggi pesa per l’1,2% (solo nel 2017 era 0,7%).

L’osservatorio Bio Nomisma, su dati Nielsen, offre inoltre una mappatura dei vini Bio più apprezzati per regione di provenienza. L’Abruzzo spicca come prima regione d’Italia per vendite di vino Bio in GDO, sfiorando quota 4 milioni di euro (+38% rispetto all’anno precedente). Seguono Veneto, Toscana e Sicilia con vendite superiori i 3 milioni di euro. Il Piemonte è, invece, la regione che nel corso del 2017 ha registrato la maggior variazione nelle vendite: +415% (mese terminante febbraio 2018 vs mese terminante febbraio 2017).

Quali sono le tipologie di vino Bio più apprezzati dal consumatore italiano?

Secondo i dati Nielsen, il vino rosso è ancora la tipologia di vino Bio preferita dal consumatore italiano (49% delle vendite di vino Bio in GDO, con un aumento delle vendite a valore del +72% rispetto al 2017), tuttavia i vini bianchi crescono in maniera più significativa (+151%).

Successo che trova giustificazione nel forte apprezzamento che il consumatore riserva al vino Bio, riconoscendo valori e qualità superiori rispetto al vino non biologico soprattutto per quel che riguarda rispetto per l’ambiente (76% degli user individua in questo fattore il principale elemento distintivo), salubrità (61%) ma anche autenticità (50%).

Il forte interesse per il vino Bio è molto chiaro anche da quanto i wine lovers ne parlano sui social (Twitter e Instagram): Nomisma – grazie alla partnership con Datalytics – ha monitorato in tempo reale i principali indicatori social del mercato italiano del vino – il numero di commenti con Topic “vino Bio” sono cresciuti nel complesso dei due canali del 20% solo nell’ultimo anno. Altra testimonianza dell’interesse del Bio anche nella categoria vino.

“È Bio boom anche nel vino: la crescente attenzione al benessere, alla sostenibilità ambientale e all’autenticità va oltre il food e nel 2018 la consumer base di vino Bio sale al 41% degli italiani.” dichiara Silvia ZucconiResponsabile Market intelligence Nomisma “Successo che trova conferma non solo nella crescente quota di mercato del vino Bio (1,2% contro lo 0,7% del 2017) ma anche nell’aumento di interesse manifestato dai wine lovers sui social: i topic riservati al “vino Bio” su Twitter ed Instagram sono infatti aumentati del 20% nel corso dell’ultimo anno”.

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Vinitaly: la filiera del vino italiana compatta per identificare le migliori strategie di crescita

Verona – Anche quest’anno Vinitaly ha ospitato l’intera filiera italiana del vino nell’importante convegno “Investire nel vino: strategie, prospettive, opportunità” che ha visto la partecipazione del Presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni e del Vice Ministro delle politiche Agricole Alimentari e Forestali Andrea Olivero.

Il tavolo di lavoro, tenutosi nell’auditorium ‘Verdi’ del centro congressi PalaExpo e moderato dalla giornalista RAI Chiara Giallonardo, è stato aperto dal Presidente di Veronafiere Maurizio Danese e ha visto i vertici istituzionali del settore confrontarsi sulle strategie e le politiche da adottare per migliorare la competitività del comparto. Presenti: Massimiliano Giansanti – Presidente Confagricoltura; Dino Scanavino – Presidente Cia-Agricoltori Italiani; Ruenza Santandrea – Coordinatrice settore vitivinicolo Alleanza cooperative Agroalimentari; Ernesto Abbona – Presidente Unione Italiana Vini; Sandro Boscaini – Presidente Federvini; Riccardo Ricci Curbastro – Presidente Federdoc; Emilio Renato Defilippi – Vice Presidente Assoenologi.

Innovazione, competitività e promozione sui mercati esteri i temi centrali del convegno, durante il quale è stata ribadita la necessità sia di investire in tecnologie per lo sviluppo del settore, semplificandone le procedure, sia di valorizzare il vino italiano all’estero con strategie promozionali strutturate che valorizzino la cultura del made in Italy e del bere responsabile. L’accento è stato posto anche sulla necessità di continuare a lavorare uniti, in collaborazione con le Istituzioni, per contesti normativi efficienti e vicini alle esigenze produttive del comparto.

Ad aprire il dibattito Massimiliano Giansanti, Presidente Confagricoltura che ha sottolineato che “l’innovazione rappresenta un elemento fondamentale per competere nei mercati globali ed il vino è fra i settori che meglio hanno recepito l’urgenza di cogliere le continue sfide per soddisfare le esigenze dei consumatori. Innovazione e vitivinicoltura sono un connubio oramai imprescindibile. Le aziende del settore rispondono attivamente agli stimoli proposti dalle moderne tecnologie, ma occorre sostenere il loro lavoro con contesti normativi efficienti e le opportune semplificazioni amministrative.”

“Le misure di mercato che la politica agricola comune prevede per il settore vitivinicolo costituiscono spesso un fattore di successo per il vino Made in Italy. Ha aggiunto Dino Scanavino, Presidente Cia. Strumenti strategici per la competitività del comparto attraverso cui le imprese possono sostenere investimenti, promuovere all’estero i loro prodotti e valorizzare la componente sostenibile e paesaggistica del vino. Un’esperienza, quella dell’OCM vino, importante e vincente che va difesa e rafforzata nella prossima riforma della Pac anche attraverso interventi di sostegno all’innovazione lungo la filiera, senza trascurare la necessità di un’attenta ed efficace politica di semplificazione del settore”.

“Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un cambiamento nel modo di produrre vino – ha evidenziato la coordinatrice Vino dell’Alleanza cooperative Agroalimentari Ruenza Santandrea – con l’adozione di tecniche sempre più sostenibili per trovare un nuovo equilibrio tra produzione agricola e ambiente e provare a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici. Si contano numerose iniziative messe in campo da aziende vitivinicole in tutta Italia volte ad un minor utilizzo di acqua e fertilizzanti o a percorsi virtuosi per evitare scarti che vengono reimpiegati al termine del processo produttivo”.

“Ma tutti questi sforzi da soli non bastano, senza la ricerca, – ha continuato Santandrea – una ricerca scientifica diffusa e condivisa, che guardi agli interessi della viticoltura tutta e che sia in grado di trasferire in soluzioni concrete ed efficaci i propri risultati. Ostacolare o rifiutare la ricerca e il progresso scientifico, in nome di una tradizione intoccabile, può diventare una moda pericolosa ed è un rischio che non possiamo permetterci”.

A mettere l’accento sull’importanza di diffondere una corretta cultura del vino italiano all’estero Ernesto Abbona, Presidente Unione Italiana Vini. “Da sempre, il vino riveste un ruolo centrale nella storia del nostro Paese: questo ne descrive, attraverso le sue infinite declinazioni, le peculiarità del territorio e del paesaggio. Infatti, il vino e la “cultura” di cui lo stesso può godere rispecchiano il nostro Paese in maniera totale”.

“Come filiera – ha aggiunto il Presidente di UIV – abbiamo il dovere di un impegno proattivo sulle tematiche relative al consumo responsabile, l’obbligo di contrastare la demonizzazione del vino, dato che le singole iniziative nazionali potrebbero portare ad una escalation di nuovi leggi proibizionistiche e misure sanzionatorie in tutta Europa, e, in particolare, nei principali mercati ove sono destinate le nostre esportazioni, danneggiando l’immagine del nostro prodotto”.

“Concentriamo le nostre energie sul valore del nostro prodotto anche nei mercati internazionali, cogliamo tutte le opportunità per migliorare il sistema di promozione dei nostri vini, evitiamo gli errori del recente passato” – ha commentato Sandro Boscaini, Presidente Federvini. “Dobbiamo come produttori, tutti, fare uno sforzo importante per concentrare l’attenzione sul valore dei nostri territori, delle produzioni vitivinicole e dei nostri prodotti. Appare necessario avere tutti lo stesso programma e gli stessi obiettivi”.

L’invito a mantenersi compatti e a collaborare con le Istituzioni è arrivato anche dal Presidente Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro . “Promuovere e tutelare i nostri vini a Denominazione, che sono un patrimonio collettivo apprezzato in tutto il mondo, è fra i nostri principali compiti, ma abbiamo bisogno di strumenti idonei a supporto da parte delle Istituzioni per farli crescere sui principali mercati target e per proteggerli dalle usurpazioni e dalle contraffazioni che avvengono, proprio sui mercati più strategici”.

Un monito all’eccessiva burocrazia e un auspicio alla semplificazione delle procedure sono stati infine lanciati da Emilio Renato Defilippi, Vice Presidente Assoenologi. “Occorre attuare delle azioni di alleggerimento burocratico nell’ambito del lavoro dell’enologo, attese dall’intero settore anche alla luce del prezioso lavoro svolto nell’approvazione del Testo unico del vino”.

“Chiediamo – continua – un serio impegno nella semplificazione del settore. Dell’ambiente vitivinicolo – sottolinea Defilippi – abbiamo una visione di un settore da controllare, frutto di trascorsi negativi che la storia e l’evoluzione qualitativa dei nostri prodotti hanno oggettivamente superato, occorre quindi un cambio di prospettive dove la professionalità dei tecnici e l’etica imprenditoriale siano il reale riferimento fiduciario dei consumatori”.

“Chiediamo – conclude il Vice Presidente di Assoenologi – che ci venga riconosciuto anche a livello legislativo il ruolo di garante e di responsabile di produzione, al pari della fiducia che molti imprenditori ci riconoscono per la programmazione dei loro investimenti”.

Sono inoltre intervenuti nel dibattito i rappresentanti delle Istituzioni europee Joao Onofre, Capo unità vino, DG Agricoltura e Sviluppo Rurale, Commissione Europea; Felice Assenza, Direttore Generale Politiche Internazionali e Unione Europea – Mipaaf. e l’On. Paolo De Castro Vice Presidente Commissione Agricoltura – Parlamento Europeo, che hanno ribadito l’impegno a livello nazionale e comunitario per sostenere il settore nelle sue richieste.

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Vinitaly: premiate le cantine vincitrici del 2° concorso vini territorio

Nella prestigiosa cornice di Vinitaly, il 52° salone internazionale dei vini e distillati, si è svolta oggi la cerimonia di premiazione del concorso sui vini del territorio organizzato dalla Fondazione Edmund Mach e dedicato quest’anno a Teroldego, Marzemino, Traminer aromatico e Gewürztraminer, concorso che si è svolto il 5 e 6 aprile scorso a San Michele col patrocinio dei Comuni della Piana Rotaliana e la collaborazione delle sezioni trentina e altoatesina di Assoenologi.

Hanno preso parte all’evento il presidente FEM, Andrea Segrè, il presidente del Consorzio Vini del Trentino, Bruno Lutterotti, il direttore generale, Sergio Menapace, e il dirigente del Centro Istruzione e Formazione, Marco Dal Rì.

E’ seguita la consegna degli attestati del 5° corso di wine export management e la presentazione della pubblicazione “Vinum Sanctum, vinum de Xanto” sull’origine della denominazione “Vino Santo”. Infine il brindisi con i vini dell’azienda agricola della Fondazione Mach e l’assaggio dei prodotti (salumi, formaggi e confettura) preparati dagli studenti dell’indirizzo trasformazione agroalimentare della formazione professionale.

L’evento si è svolto nello stand dedicato ai vini della cantina FEM. Il presidente Andrea Segrè ha spiegato che “si tratta di un concorso enologico a tutti gli effetti, ma caratterizzato da una forte valenza didattica, visto il forte coinvolgimento degli studenti che hanno contribuito alla fase organizzativa ma anche di degustazione e valutazione a fianco degli esperti”. Ed ha sottolineato l’importante ruolo svolto dal Centro Istruzione e Formazione, istituto che verrà premiato come “scuola di eccellenza” nell’ambito di Vinitaly al 4° concorso enologico degli istituti agrari d’Italia.

2° CONCORSO “ENOTECNICO VALORIZZAZIONE VINITERITORIO”

La manifestazione, che si è svolta il 5 e 6 aprile scorso, è stata organizzata dalla Fondazione Edmund Mach col patrocinio dei Comuni di San Michele all’Adige, Mezzolombardo e Mezzocorona, e ha contato sul supporto delle sezioni Assoenologi di Trentino ed Alto Adige-Südtirol.

Centoundici etichette in gara, 55 cantine della regione Trentino Alto Adige-Südtirol, quattro tipologie di vino ovvero Teroldego, Marzemino, Traminer aromatico e Gewürztraminer, tre commissioni e una trentina di esperti tra enologi, enotecnici, sommelier e giornalisti del settore. Un concorso enologico vero e proprio, autorizzato dal Ministero delle politiche agricole ed economiche, che valorizza i vitigni del territorio.

Il concorso è stato curato dal Centro Istruzione e Formazione, in particolare da Salvatore Maulee Andrea Panichi, con l’obiettivo di far conoscere le unicità delle produzioni enologiche di territorio: vitigni autoctoni o interpretazioni territoriali di vitigni internazionali. Quest’anno i vini protagonisti sono Teroldego Rotaliano DOC, Trentino DOC Marzemino, Trentino DOC Traminer aromatico e Südtirol – Alto Adige DOC Gewürztraminer. Sono state premiate le prime tre posizioni di ogni categoria e le categorie in gara erano otto.

CONSEGNA ATTESTATI 5° EDIZIONE COESO WEM

Sono stati consegnati gli attestato ai partecipanti della quinta edizione dell’Executive Master in Wine Export Management che si è svolta dal 26 gennaio al 27 maggio 2017 a San Michele. Al percorso di eccellenza per la formazione vitienologica hanno partecipato 25 corsisti, selezionati da oltre una ottantina di candidati. Fino ad oggi il corso ha formato più di cento manager del vino.

Come ha spiegato il direttore generale, Sergio Menapace, il corso negli anni ha consolidato una sua specifica struttura didattico/formativa, poiché avere competenze di export management è un’esigenza di figure professionali molto diverse nel mondo del vino. Il piccolo produttore, magari vitivinicoltore, l’enologo “tuttofare” della piccola cantina, il responsabile commerciale della piccola e media azienda, il proprietario/imprenditore che si occupa a 360° della gestione, il giovane laureato che desidera acquisire competenze anche nel settore dell’export del vino. Sono tante le figure professionali che hanno bisogno di acquisire le “skill” specifiche dell’export management.

“Vinum Sanctum, vinum de Xanto”.

Michele Pontalti ha presentato la pubblicazione sull’origine della denominazione “vino santo” edita dalla Fondazione Edmund Mach e curata da Marco Stenico. Si tratta di un saggio dedicato all’uva Nosiola e al suo nobile figlio il “Vino santo” della trentina Valle dei Laghi. Il libro è frutto di una ricerca a carattere storico condotta esclusivamente su fonti documentarie e bibliografiche individuate attraverso una ricerca di archivio principalmente in ambito trentino, ma anche lombardo e veneto, che copre un periodo che va dal secolo XIII al primo Ottocento.

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Vino, piace a più di un lombardo su due: un milione gli ettolitri prodotti in regione

Più di un lombardo su due beve vino. È quanto emerge da un’analisi di Coldiretti Lombardia su dati Istat, in occasione di Vinitaly 2018 in corso alla Fiera di Verona. Dalle Alpi al Po – spiega la Coldiretti regionale – sono 4 milioni e 763 mila le persone con 11 anni o più (pari al 53,3% del totale) che consumano il nettare di Bacco. Quasi 2 milioni lo bevono tutti i giorni.

Nel 2017 – spiega la Coldiretti – sono stati un milione gli ettolitri di vino prodotti in Lombardia, di cui circa il 90% di qualità grazie alle 5 DOCG, 21 DOC e 15 IGT. Denominazioni che contribuiscono al successo dell’export regionale, che lo scorso anno ha superato i 270 milioni di euro con un aumento del 62% rispetto al 2007. Il Franciacorta è tra le bollicine italiane più consumate nel mondo, dopo il Prosecco, l’Asti e il Trento Doc.

Tra chi degusta vino – spiega la Coldiretti – cresce l’attenzione alla qualità, una tendenza confermata dall’aumento del numero di enoteche che solo in Lombardia sono passate da 806 nel 2012 a 986 nel 2017 (+22%), secondo i dati della Camera di Commercio Milano, Monza Brianza, Lodi. La provincia con la maggior concentrazione di “oasi del vino” è quella milanese con 264 realtà, seguono Brescia (170), Bergamo (107), Varese (101), Monza e Brianza (74), Como (66), Pavia (59), Mantova (49), Lecco (31), Cremona (30), Sondrio (27), Lodi (8).

Ma il vino è anche un mezzo di scoperta del territorio, visto che in Lombardia – spiega la Coldiretti regionale – si contano oltre mille chilometri di sentieri del vino.

In Lombardia – conclude la Coldiretti – ci sono oltre 20mila ettari a vigneto: le province più “vinicole” sono Pavia e Brescia, seguite da Mantova, Sondrio, Bergamo, Milano e Lodi (con le colline fra San Colombano e Graffignana). Zone viticole con piccole produzioni si contano anche fra Como, Lecco, Varese e Cremona.

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Cantine Terre d’Oltrepò e La Versa: soddisfazione al Vinitaly

Nella giornata di ieri, mentre presso la sala polivalente (Stand E4 al 2° piano del PalaExpo) si presentava ufficialmente a giornalisti e addetti ai lavori il nuovo Collezione 2007, riserva metodo classico La Versa indirizzato al canale Horeca, solo pochi metri più avanti, nello stand C4, il pubblico si raccoglieva via via attorno allo spazio espositivo della storica casa spumantistica oltrepadana per assaggiare i suoi nuovi vini.

In poche ore sono stati serviti oltre 2000 assaggi di “Collezione”. Molto apprezzato anche il Carta ORO, l’altro Metodo Classico disponibile per gli assaggi, e i tre charmat Pinot Nero, Riesling e Moscato.

“Da questo Vinitaly stiamo avendo grandi soddisfazioni – ha affermato Andrea Giorgi, Presidente di Cantine Terre d’Oltrepò e La Versa – sapevamo che il ritorno del marchio La Versa avrebbe attirato molte persone, ma quello a cui abbiamo assistito in questi primi due giorni di Vinitaly va certamente oltre le nostre più rosee aspettative. C’è grande curiosità, voglia di riscoprire il Metodo Classico La Versa, ma anche tanto interesse su vini più beverini a base Pinot Nero, Riesling e Moscato, referenze charmat che hanno riscosso un grande successo e apprezzamenti soprattutto da parte di un pubblico giovane”.

Esattamente di fronte allo spazio La Versa c’è il grande stand di Terre d’Oltrepò e i suoi marchi, Casteggio, Svic, Sansaluto, Etesiaco e Anamari. “Se dobbiamo fare un bilancio di queste prime due giornate di fiera non possiamo che dirci soddisfatti – ha dichiarato Marco Stenico, Direttore di Terre d’Oltrepò e La Versa – Questo Vinitaly ci sta dando molto non solo in termini di pubblico. Abbiamo infatti ricevuto un importante riconoscimento dalla giuria di 5StarWines per il nostro Cruasé SVIC di Cantina di Casteggio che è stato valutato con ben 91 centesimi”.

Vinitaly prosegue fino a mercoledì 18 aprile, solo allora si potranno finalmente tirare le somme di un bilancio che ha già ampiamente superato gli obiettivi che ci si era prefissati per questa edizione.

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Vini al supermercato

Colli Bolognesi Docg Pignoletto Frizzante Tenuta Monteveglio, Cleto Chiarli

(3,5 / 5) In vendita in diversi supermercati da Nord a Sud Italia, il Colli Bolognesi Pignoletto Docg Frizzante “Tenuta Monteveglio” di Chiarli è un prodotto leggero ed esuberante, dalla carbonica vivace e ben integrata, ideale come aperitivo.

Vino bolognese per eccellenza, viene prodotto da uve a bacca bianca della varietà Grechetto gentile e vinificato in differenti tipologie grazie alla sua innata versatilità, nel territorio dei Colli Bolognesi.

Dalla vendemmia 2010 il Pignoletto può fregiarsi della Denominazione di Origine Controllata e Garantita.

LA DEGUSTAZIONE
All’analisi sensoriale il Colli Bolognesi Pignoletto Docg Frizzante Tenuta Monteveglio di Cleto Chiarli mostra un cromatismo giallo paglierino tenue con bollicine abbastanza fini e persistenti.

Naso di media intensità che si apre su note floreali e cenni di banana, ananas e spuma di  limone. Sorso croccante e fresco, abbastanza intenso, con gradevoli ritorni aromatici di banana e agrumi.

Senza picchi ma certamente apprezzabile per franchezza e rapporto qualità/prezzo. In abbinamento, il “Tenuta Monteveglio” Frizzante risulta ideale come vino da aperitivo e da antipasto, ma si sposa egregiamente anche con le classiche crescentine (o tigelle) ed i saporiti salumi emiliani.

LA VINIFICAZIONE
Il Colli Bolognesi Pignoletto Docg frizzante Tenuta Monteveglio di Cleto Chiarli nasce da uve grechetto gentile 100% allevate sui Colli Bolognesi. Dopo la raccolta, il 20% delle uve macera a contatto con le bucce per 12 ore, mentre il restante 80% subisce una pressatura soffice con uva integra o diraspata a temperatura controllata di 16° e addizione di lieviti selezionati. Presa di spuma in autoclave.

Il marchio Chiarli identifica il più antico produttore di vini tipici dell’Emilia Romagna fondato nel 1860. L’azienda “Cleto Chiarli Tenute Agricole” vanta un patrimonio vitato di oltre cento ettari di vigneto nelle zone più vocate dei vini DOC dell’Emilia-Romagna. Dal 2003 ha sede a Castelvetro in provincia di Modena.

Prezzo: 5 euro
Acquistato presso: Pam/Panorama

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Il Premier Gentiloni in visita allo stand Coldiretti

Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, accompagnato dal presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo, ha visitato lo stand Coldiretti al Vinitaly dove è stato allestito uno spazio dedicato alle innovazioni nel settore vitivinicolo ma anche ai pericoli in agguato con gli accordi internazionali.

Il premier ha potuto vedere le ultime novità del vino create dall’ingegno delle aziende agricole e la top ten dei vitigni autoctoni che stanno conquistando sempre più spazio sulle tavole degli italiani. Ma a preoccupare i viticoltori – rileva la Coldiretti – sono anche i trattati internazionali firmati dalla Ue, dal Ceta con il Canada a quello con il Giappone, fino al negoziato sul Mercosur con il Sudamerica, che rischiano di legalizzare le imitazioni di centinaia di vini Made in Italy, a partire dal pregiato Amarone.

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“Gustiamo il bello della Toscana”: da Vinitaly verso Cantine Aperte

“Gustiamo il bello della Toscana”.  Parte da Vinitaly il tema che la delegazione Toscana del Movimento Turismo del Vino ha deciso per la prossima edizione di Cantine Aperte, in programma sabato 26 e domenica 27 maggio.

Sarà questo il filo conduttore che unirà le circa cento aziende che apriranno le porte agli appassionati facendo scoprire non solo i tesori custoditi nelle botti e nelle bottiglie, ma anche quelli artistici e paesaggistici che grazie al loro impegno sono stati conservati e resi vivi fino a oggi.

“L’idea nasce dalla volontà di valorizzare le tantissime particolarità, curiosità e bellezze nascoste custodite nelle cantine toscane – ha spiegato il presidente del Movimento Turismo del Vino Toscana, Violante Gardini – perché il vino è indissolubilmente legato alla cultura e in Toscana, proprio grazie al vino, possiamo dire di essere riusciti a conservare un patrimonio artistico e paesaggistico che è anche la forza del turismo e dell’enoturismo in particolare”.

GUSTIAMO IL BELLO DELLA TOSCANA: I DETTAGLI
Il “bello della Toscana” è stato interpretato nei modi più disparati dalle aziende che offriranno una pluralità di esperienze da vivere nei giorni di Cantine Aperte. Molti “tesori nascosti” delle cantine che saranno eletti a bellezze da gustare nell’ultimo weekend di maggio: è il caso della Botte a Uovo in Legno, o della Grande Trebbia a Fermo. Poi la Cappella privata, interna alla tenuta rinascimentale, ma anche molte bellezze naturali: alberi secolari fino addirittura alla degustazione dalla terrazza da cui  Leonardo ha dipinto la sua “Monna Lisa”, aperta sulla vallata della Greve. Collezione di Bici Storiche de l’Eroica e omaggi ai grandi del cinema che hanno vissuto nelle cantine toscane.  C’è anche chi ha preferito fornire ai suoi visitatori un’esperienza visuale a 360°, intendendo la “bellezza” come il vero e proprio racconto della viticoltura.

CANTINE APERTE
Da 26 anni, nato proprio in Toscana, è oggi l’evento enoturistico più importante in Italia. Nel 1992 in Toscana partì come evento sperimentale, su idea della fondatrice e allora presidente del Movimento Turismo del Vino, Donatella Cinelli Colombini. Visto il grande successo che ebbe, dal 1993, ogni ultima domenica di maggio, le cantine socie del Movimento Turismo del Vino aprono le loro porte al pubblico, favorendo un contatto diretto con gli appassionati di vino. Cantine Aperte è diventato nel tempo una filosofia, uno stile di viaggio e di scoperta dei territori del vino italiano, che vede, di anno in anno, sempre più turisti, curiosi ed enoappassionati avvicinarsi alle cantine, desiderosi di fare un’esperienza diversa dal comune. Cantine Aperte è un marchio di proprietà del Movimento Turismo del Vino, registrato e protetto giuridicamente per contrastarne qualunque abuso/imitazione e garantire ai consumatori qualità e professionalità nell’accoglienza, tratti distintivi delle cantine MTV.

MOVIMENTO TURISMO VINO TOSCANA
Ente no profit che raccoglie circa 100 fra le più prestigiose cantine del territorio, selezionate sulla base di specifici requisiti, primo fra tutti quello della qualità dell’accoglienza enoturistica ha l’obiettivo di promuovere la cultura del vino attraverso le visite nei luoghi di produzione. Ai turisti del vino il Movimento vuole, da una parte, far conoscere più da vicino l’attività e i prodotti delle cantine aderenti, dall’altra, offrire un esempio di come si può fare impresa nel rispetto delle tradizioni, della salvaguardia dell’ambiente e dell’agricoltura di qualità.

Per scoprire le aziende aderenti a Cantine Aperte, le opere in visione e i relativi programmi è in aggiornamento la pagina dedicata all’evento su www.mtvtoscana.com.

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Approfondimenti

Coldiretti: dallo zuccheraggio ai wine kit, ecco come si “trucca” il vino all’estero

Dal vino zuccherato a quello annacquato, dal vino in polvere a quello alla frutta ma anche il finto rosato o le imitazioni delle denominazioni piu’ note. Sono solo alcuni dei trucchi consentiti all’estero e smascherati dalla Coldiretti nello stand nel Centro Servizi Arena – stand A, tra il padiglione 6 e 7.

Si tratta di pratiche che in Italia sarebbero punite anche come reato di frode ma che all’estero sono invece permesse con evidente contraddizione favorita – ha sottolineato la Coldiretti – dall’estensione della produzione a territori non sempre vocati e senza una radicata cultura enologica che con la globalizzazione degli scambi colpisce direttamente anche i consumatori di Paesi con una storia del vino millenaria. Sono infatti aumentate dell’8% – ha precisato la Coldiretti – le bottiglie straniere di vino e spumante stappate in Italia per un totale di 32,7 milioni di chili nel 2017.

COSA ACCADE ALL’ESTERO
Lo zuccheraggio del vino – ha spiegato la Coldiretti – è ad esempio permesso nell’Unione Europea ad eccezione di Italia Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro, Malta e in alcune aree della Francia che rappresentano pero’ circa l’80% della produzione comunitaria.

“Occorre smascherare in etichetta l’inganno dell’aggiunta di zucchero al vino che l’Unione Europea consente ai Paesi del centro e nord Europa cogliendo l’occasione della revisione delle norme” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che si tratta di “un danno per i produttori mediterranei e un inganno per i consumatori che non possono fare scelte consapevoli.”

Negli Stati Uniti, invece al contrario – riferisce la Coldiretti – è addirittura consentita l’aggiunta di acqua al mosto per diminuire la percentuale di zuccheri secondo una pratica considerata una vera e propria adulterazione in Italia. Miscele di vini da tavola bianchi e rossi per produrre un “finto rosè” vietate in Europa sono possibili invece in Nuova Zelanda e in Australia. L’Unione Europea pero’ – continua la Coldiretti – ha dato il via libera al vino senza uva con l’autorizzazione alla produzione e commercializzazioni di vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell’Est.

Ultima frontiera dell’inganno – ha continuato la Coldiretti – è nella commercializzazione molto diffusa, dal Canada agli Stati Uniti fino ad alcuni Paesi dell’Unione Europea, di kit fai da te che promettono il miracolo di ottenere in casa il meglio della produzione enologica “Made in Italy”, dai vini ai formaggi. Si tratta di confezioni che grazie a polveri miracolose promettono in pochi giorni di ottenere le etichette piu’ prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco o Montepulciano.

Il problema non è legato solo all’utilizzo delle pregiate denominazioni del Belpaese poiché in base alla normativa europea del vino, non è possibile aggiungere acqua nel vino o nei mosti. La definizione europea del vino non contempla l’aggiunta di acqua e soprattutto per questo il commercio dei wine kit su tutto il territorio europeo – sostiene la Coldiretti – andrebbe vietato. Il Consorzio di tutela Vino Chianti ha recentemente denunciato come la contraffazione corra sempre più online ed in sei mesi è stata accertata la presenza e la vendita di 39 kit vino che millantano la possibilità di preparare il Chianti fai da te.

Un mercato molto florido per internet dove i rischi riguardano l’utilizzo delle stesse o simili denominazioni o simili per indicare prodotti molto diversi. Dal Bordolino argentino nella versione bianco e rosso con tanto di bandiera tricolore al Kressecco tedesco, ma ci sono anche il Barbera bianco prodotto in Romania e il Chianti fatto in California, il Marsala sudamericano e quello statunitense tra le contraffazioni e imitazioni dei nostri vini e liquori piu’ prestigiosi che – conclude la Coldiretti – complessivamente provocano perdite stimabili in oltre un miliardo di euro sui mercati mondiali alle produzioni made in Italy.

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a tutto volume

A Vinitaly con “Pontel”: rivisitazione dello Spritz fatto con il liquore Strega

Viene presentato, in occasione del Vinitaly 2018, allo stand del Liquore Strega (Padiglione 3, stand F5), il Pontel, cocktail inedito creato da Ettore Barbato, barman del Soda Jerk di Verona, in esclusiva per l’azienda Strega Alberti Benevento. Allo stand, ad accogliere bartender e amanti del bere bene, sono presenti, oltre al management di Strega Alberti, il barman Alex Frezza con i suoi cocktail esclusivi tutti a base Strega ed Ettore Barbato che prepara proprio il suo Pontel, servito in calice di vino.

LA RICETTA DEL PONTEL
La ricetta prevede: 15 ml liquore Strega, 70 ml Lambrusco Vecchio Pontel Cantine Giubertoni, 70 ml Chinotto San Pellegrino, 3 gocce di orange Bitter e olii essenziali di una scorza di arancia.  Tutta la tradizione del passato, in un frizzante ed entusiasmante cocktail dal sapore unico, un viaggio in pochi sorsi che parte da nord-est, da quelle terre che hanno dato i natali ad uno dei drink più bevuti del nostro paese, lo Spritz. Il Pontel, infatti, altro non è che una variante di questo ormai diffusissimo cocktail, preparato però con ingredienti completamente diversi dall’originale. Il viaggio di Ettore Barbato si ferma come prima tappa, nelle terre del Lambrusco Vecchio Ponte che riempiono la sua ricetta della forza e del gusto verace di queste zone. Ma quello che fa essere il Pontel un vero e proprio “must” della moderna mixology è il suo secondo ingrediente, vero e proprio punto di forza di questo cocktail, che ne esalta il gusto e ne bilancia l’intensità.

Semplicissimo da preparare, il Pontel si compone di ingredienti facilmente reperibili e non richiede strane alchimie o spese astronomiche. Il gusto e la tradizione di prodotti come il liquore Strega, con il suo bouquet ricco ed articolato, e l’uso sapiente che ne viene fatto da Ettore Barbato dimostrano quanto, una buona conoscenza delle materie prime, e la capacità di mettere insieme tradizioni diverse, vinca su ogni artificio o tecnologia.

IL CONCORSO PREMIO STREGA MIXOLOGY
La partecipazione a Vinitaly è occasione per Strega Alberti per lanciare la sua quarta edizione del Premio Strega Mixology, competizione rivolta ai più talentuosi barman e barlady italiani. C’è tempo fino al 30 aprile per iscriversi –gratuitamente – online al link www.premiostregamixology.strega.it.

Per partecipare è necessario inviare la ricetta del cocktail, che deve essere ispirata a uno dei 71 libri vincitori delle passate edizioni del Premio Strega. La competizione finale si terrà giovedì 5 luglio, a Roma, in concomitanza con la serata finale della settantaduesima edizione del Premio Strega, nella consueta cornice del Ninfeo del Museo Nazionale Etrusco di Valle Giulia.

IL LIQUORE STREGA
Nel lontano 1860 nasce in Campania, a Benevento, lo stabilimento in cui ancora oggi si produce il liquore Strega. Lo Strega é un prodotto completamente naturale ottenuto dalla distillazione di circa 70 tra erbe e spezie, provenienti da varie parti del mondo. Con le sue intense note aromatiche, con il suo inconfondibile profumo, questo liquore crea, con gli altri ingredienti, un sorprendente contrasto fra elementi speziati ed erbacei, corposi e leggeri, senza perderne l’animaraffinata.

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news ed eventi

Vecchie vigne a rischio scomparsa: l’allarme della Fivi a Vinitaly

I Vignaioli Indipendenti Fivi sono sbarcati a Vinitaly con i tralci delle loro viti per richiamare
l’attenzione sul tema della tutela del vigneto.

Centocinquantotto vignaioli, 43 in più dello scorso anno, presenti in uno spazio collettivo anche per far sentire la loro voce nei confronti di una burocrazia sorda.

LE RICHIESTE DI FIVI
Sono tre gli aspetti centrali per Fivi. Si parte dai vigneti storici ed eroici, oggetto in questi mesi di un censimento da parte del Mipaaf. Il problema è che i vigneti sotto i mille metri quadrati sono esclusi dalla registrazione, poiché considerati per uso personale, e non richiedono denunce di produzione o altri oneri di registrazione della loro produzione.

Tuttavia, proprio nelle aree in cui la viticoltura eroica è sopravvissuta fino a oggi, 1.000 metri quadrati sono una dimensione di tutto rispetto, dove i vignaioli hanno conservato pratiche colturali e varietà genetiche uniche, che rischierebbero di essere perdute nel momento in cui tali vigneti fossero espiantati o abbandonati.

“La nostra richiesta al Mipaaf e alle Regioni – ha dichiarato la Presidente Fivi Matilde Poggi – è di promuovere il censimento e la tutela dei vigneti storici ed eroici, indipendentemente dalla loro estensione”. La Fivi chiede inoltre che venga incentivata la pratica della selezione massale per permettere a ogni produttore di mantenere il patrimonio genetico delle proprie vigne”.

“La selezione massale – ha spiegato Poggi – consiste nella scelta delle migliori piante nei propri vigneti, per ricavarne le gemme con cui innestare le future piantine di vite. In pratica, è lo strumento che offre le maggiori probabilità di mantenere la specificità genetica del proprio vigneto e della propria realtà locale e aziendale”.

E ancora Poggi: “Attualmente, per ragioni sanitarie che Fivi condivide nei principi, la selezione massale viene scoraggiata in maniera determinata dalle norme nazionali che sovrintendono la produzione delle piante destinate ai nuovi impianti, preferendole la selezione clonale operata dai vivai. Oltre a questo i programmi di sostegno agli impianti viticoli (PSR e OCM) attualmente escludono i nuovi impianti effettuati usando piante derivanti da selezione massale”.

IL PIEMONTE
La terza e ultima questione riguarda la sola regione Piemonte che, nel 2017, ha stabilito di non ammettere più a finanziamento i nuovi impianti viticoli a rittochino, ovvero con le file disposte parallelamente alla linea di massima pendenza, quando quest’ultima supera il 20%.

“Non c’è dubbio che, con certe pendenze e con certi suoli il rittochino favorisca l’erosione – ha proseguito Poggi – ma non è il tipo di impianto a determinare, da solo, questa inattitudine”.

La Fivi chiede quindi “di adottare  soluzioni di precisione nell’individuare l’ammissibilità al sostegno pubblico degli impianti a rittocchino, basate sull’impegno vincolante da parte del Vignaiolo ad adottare pratiche culturali atte a scongiurare il pericolo di erosione”. Fermo restando che “il vignaiolo deve essere chiamato a risponderne in termini di ripristino dello stato dei luoghi in caso di fenomeni di erosione”.

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Approfondimenti

Tra tradizione e innovazione: ecco l’Italia del vino raccontata da Coldiretti

Dal ritorno della pigiatura con i piedi alle oche che concimano il vigneto fino al vino ottenuto da uve “ammuffite” o quello vinificato in antiche anfore dell’isola di Creta, ma ci sono anche le bottiglie gioiello con cristalli e oro e quelle hi-tech che consentono di ricostruire con lo smartphone la storia e le caratteristiche del vino. Sono solo alcune delle curiosità del vino 2.0 presentate dalla Coldiretti al Centro Servizi Arena – stand A (tra il padiglione 6 e 7) in occasione del Vinitaly 2018.

TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
“L’innovazione nella tradizione è l’elemento che caratterizza l’edizione di quest’anno anche con esperienze creative che puntano alla distintività” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “a spingere il cambiamento è la crescente richiesta di naturalità della produzione”. In Liguria una piccola azienda di Dolceacqua (Imperia) produce il vino come una volta con l’uva che viene pigiata con i piedi per poi mettere tutto il prodotto, dal mosto ai raspi fino alle bucce, a fermentare in botti di legno da cui durante l’anno viene tolto più volte e ritorchiato prima di arrivare all’imbottigliamento finale. 

Ma al Vinitaly sono arrivate anche le prime bottiglie hi-tech del progetto sperimentale del Ministero delle Politiche Agricole e di Agea che si basa sulla tecnologia blockchain e attraverso lo smartphone consente di tracciare l’identikit del vino, al quale hanno aderito sei aziende associate alla Coldiretti: in Sardegna una cantina ha sperimentato un nuovo vino, la Malvasia di Bosa Botrytis Cinerea, ottenuto da acini in cui si è sviluppata una muffa particolare, la “Botrytis Cinerea”, un marciume nobile che – spiega la Coldiretti – nasce in condizioni climatiche particolari e riprogramma il metabolismo dell’uva provocando un sostanziale accumulo di aromi e sapori. Altra curiosità di questa malvasia isolana è che una volta prodotta, le bottiglie vengono interrate in vigna per maturare.

Ma nei vigneti – sottolinea la Coldiretti – c’è anche chi si fa aiutare dalle oche per pulire e concimare il suolo in maniera totalmente naturale e biodinamico, aiutando la crescita delle viti e la qualità dei grappoli come a Cannara, in Umbria, dove a un iniziale gruppo di poche decine di volatili, attualmente ce ne sono circa quattrocento che collaborano con il viticoltore nella cura di quattro ettari di vigna.

Mentre in Campania ci sono vini che nascono da vitigni storici antichissimi come quello coltivato fra i resti della Pompei distrutta dall’eruzione del Vesuvio nel 79 dopo Cristo. Un viaggio nella storia che riguarda i luoghi ma anche le tecniche di lavorazione e di conservazione, infatti – sottolinea Coldiretti – dal campo al bicchiere, il viaggio del vino non è solo in bottiglia.

In Friuli Venezia Giulia a San Floriano del Collio (Gorizia) nell’azienda Paraschos, il cui titolare è di origine greca, una parte della produzione viene vinificata in anfore di terracotta provenienti direttamente dall’isola di Creta e dalla zona di Micene, foderate all’interno con cera d’api del Collio e poi utilizzate per le fermentazioni con un affinamento prolungato a contatto con le bucce: le varietà prodotte sono “Amphoreus Bianco” dalle viti più vecchie di Ribolla Gialla e “Amphoreus Malvasia” dalle viti più vecchie di Malvasia istriana.

Ma In Piemonte a Castiglione Tinella (Cuneo) c’è anche chi, grazie a un artigiano locale, le anfore per la fermentazione del vino se le crea a km zero con la terra delle proprie vigne come l’azienda agricola Icardi che produce biologico e biodinamico. Per i tesori delle cantine italiane non ci sono solo l’argilla o il vetro, ma si usano anche bottiglie con decorazioni in oro come quelle ideate a Imola in Emilia Romagna. Nella produzione enologica del ventunesimo secolo – evidenzia la Coldiretti – si trovano molte altre particolarità: dallo spumante con polvere d’oro a quello con l’argento, dal vino dei ghiacciai a quello degli abissi, dalle bottiglie con cristalli Swarovsky a quelle realizzate con etichette in braille che consentono anche ai non vedenti di leggere le informazioni del vino per conoscerne meglio le caratteristiche a quello con etichette realizzate da ragazzi diversamente abili o dipinte a mano da artisti locali che raggiungono tutto il mondo.

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vini#1

Bisol a Vinitaly: dal 1542 al futuro del Prosecco

Bisol, marchio storico del Prosecco Superiore di Valdobbiadene,  si racconta al mondo attraverso un nuovo linguaggio che ne interpreta i valori cardine: unicità, autenticità e tradizione. Il progetto, presentato al Vinitaly 2018, sottolinea il grande legame con il territorio e la continuità con la storia del marchio e al tempo stesso guarda al futuro per adeguarsi alle sfide e cogliere le grandi opportunità del mercato.

Dopo quattro anni dall’acquisizione, l’azienda è stata pienamente integrata sfruttando le sinergie con il Gruppo Lunelli e sono stati attuati investimenti, in campagna e in cantina, volti alla continua ricerca dell’eccellenza produttiva. L’inizio di questa nuova fase di sviluppo di Bisol si manifesta oggi con una completa revisione della gamma prodotti e dell’immagine della marca, studiata con il supporto dell’agenzia Robilant Associati.

LE NOVITA’ IN CASA BISOL
Cambia innanzitutto il logo, nel quale viene evidenziata la data del 1542, anno in cui un documento storico testimonia la presenza della famiglia Bisol come viticoltori nella zona, e si sottolinea il legame con il territorio attraverso l’indicazione di Valdobbiadene e la  rappresentazione stilizzata di una ripida collina coltivata che ricorda il Cartizze.

La nuova immagine coordinata ha inoltre un colore distintivo, il “verde Bisol”. Un tocco di verde
che richiama il rigoglioso paesaggio coltivato a vite che contraddistingue da secoli queste colline. “Oggi celebriamo una tappa importante del nostro percorso – spiega Gianluca Bisol, Presidente della Bisol Desiderio & Figli – da sempre utilizziamo il verde come tratto distintivo nelle nostre etichette per esprimere lo storico e intimo legame con Valdobbiadene. Oggi, con un tratto di verde ancor più vivo, confermiamo la volontà di diventare sempre di più ambasciatori di questo meraviglioso territorio. Una sfida lungimirante, che con il prezioso contributo della famiglia Lunelli, raggiungerà traguardi ancor più ambiziosi, perché per essere originali bisogna essere originari, e chi più di Bisol può essere originario nel mondo del Prosecco?”

La linea Bisol è fatta solo di Prosecco Superiore Docg e vuole raccontare la varietà del territorio di Valdobbiadene e sperimentare tutte le sfumature del Prosecco Superiore, perché ciascuna etichetta è espressione di un particolare terroir e di una specifica composizione del terreno. Una collezione fatta di eccellenza senza compromessi, che racconta il faticoso lavoro della terra, frutto di una viticoltura eroica. Proprio per valorizzare ed avere il massimo rispetto per l’identità del territorio, sono state create due nuove etichette della Denominazione Rive: il Relio Rive di Guia, che vuole essere il vertice della produzione della Casa e il Rive di Campea, espressione del più importante vigneto di proprietà.

Accanto alla gamma Bisol è stata rivista anche la collezione Jeio. Se Bisol è il cognome, Jeio è il soprannome. Jeio era infatti il soprannome con cui Desiderio Bisol nel dopoguerra era affettuosamente chiamato dalla moglie. Se Bisol è l’anima legata a un saper fare, Jeio è l’espressione più fresca della marca, il volto contemporaneo, l’anima gioiosa del Prosecco che esprime la capacità di godere della qualità della vita, tipicamente italiana. Queste due collezioni sono due anime complementari della stessa marca che convivono e giocano l’una  con l’altra.

“È un progetto strategico per il Gruppo Lunelli ma vuole dare anche un contributo allo sviluppo del territorio” afferma Matteo Lunelli, Amministratore Delegato del Gruppo Lunelli e Vice Presidente di Bisol. “Il Prosecco in tutto il mondo continua a crescere a ritmi straordinari, ma sul mercato viene richiesta prevalentemente la categoria senza indicare la preferenza per uno specifico marchio. Siamo convinti che sia fondamentale sottolineare la differenza tra Prosecco e Prosecco Superiore e auspichiamo che si sviluppino marchi riconosciuti e riconoscibili dal consumatore, al fine di promuovere la qualità e valorizzare questo grande vino. Bisol vuole essere sempre di più protagonista del Prosecco Superiore di Valdobbiadene”.

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Coldiretti: +45% vendite di vino bio, è l’anno della svolta green

Svolta green nel bicchiere dove mai così tanto vino biologico è stato versato dagli italiani con un balzo record del 45% nelle vendite del 2017 rispetto all’anno precedente, per un totale di 3,84 milioni di litri venduti nella grande distribuzione a livello nazionale.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Infoscan Census che svela la rivoluzione nei consumi in atto in occasione del Vinitaly dove all’apertura di domenica 15 aprile dalle ore 9,30 al Centro Servizi Arena (nel corridoio tra i padiglioni 6 e 7) saranno mostrate in anteprima le straordinarie innovazioni ed i trend del vino con i numeri del Made in Italy e la prima “Borsa” delle bottiglie italiane.

L’aumento della domanda interna – precisa la Coldiretti – riguarda anche le bollicine con le vendite di spumante bio che crescono del 41% per un totale di 361.469 litri nel 2017.

Il tasso di crescita in valore delle vendite per il vino biologico nel 2017 è stato superiore di venti volte quello della media del settore a dimostrazione che la ricerca della naturalità – sottolinea la Coldiretti – è la nuova tendenza in espansione sul mercato del vino in Italia e all’estero, con il vino biologico Made in Italy che è infatti anche un fattore chiave di successo per le esportazioni soprattutto in mercati “maturi” come la Germania.

Una domanda – precisa la Coldiretti – alla quale l’Italia puo’ rispondere positivamente anche grazie allo sforzo dei viticoltori con i vigneti coltivati a biologico o in conversione che hanno raggiunto 103.545 ettari, dei quali 66.133 biologici e 37.412 in conversione, secondo il Sinab 2017. Le vigne Made in Italy al “naturale” sono praticamente raddoppiate negli ultimi cinque anni con Sicilia. Puglia e Toscana che – continua la Coldiretti – salgono nell ordine sul podio delle Regioni con maggiore superficie biologica a vigneto e rappresentano insieme i 2/3 del totale nazionale. E a crescere – precisa la Coldiretti – sono anche le aziende agricole con i vigneti coltivati secondo le tecniche della biodinamica codificate nel 1924 da Rudolf Steiner tra fasi lunari, corna di vacca e soluzioni omeopatiche, che rappresentano ben il 20% delle oltre quattromila realtà presenti in Italia.

L’aumento è determinato dalla sensibilità ecologica che si sta diffondendo tra i cittadini come dimostra il fatto che 6 italiani su 10 che nel 2017 secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’ hanno acquistato almeno qualche volta prodotti bio, segno di una maggiore attenzione all’impatto ambientale dei propri comportamenti.

Una richiesta che – continua la Coldiretti – trova attento il mondo del vino nel suo complesso come dimostrano i risultati dell’ultimo controllo ufficiale degli alimenti realizzato dal Ministero della salute che dalle analisi non ha rilevato in Italia alcun campione di vino irregolare per la presenza di residui chimici. Un primato che sarà al centro dello stand della Coldiretti dove fino alla chiusura del Vinitaly si alterneranno nei diversi giorni esposizioni, dimostrazioni pratiche, mostre ed analisi mirate alla promozione e difesa del vino italiano nel mondo.

L’attenzione per l’impronta ecologica delle produzioni ha portato la Coldiretti a promuovere il primo marchio che certifica le uve e i vini ottenuti con criteri di sostenibilità, per la conservazione delle risorse naturali, la biodiversità, la salute e la cura del paesaggio collinare.

“The Green Experience” sarà presentato al Vinitaly dalla Coldiretti Cuneo lunedì 16 aprile alle ore 16.45 presso l’area istituzionale della Regione Piemonte con il presidente nazionale della Coldiretti Roberto Moncalvo.

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Coldiretti: la Top Ten dei vini per crescita vendite

In Italia salgono sul podio dei vini che hanno avuto il maggior incremento nelle bottiglie acquistate nel 2017 il Grillo siciliano (+23%), il Primitivo pugliese (+21%) e l’Ortrugo dell’Emilia Romagna (+19%).

E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti su dati Infoscan Census in occasione del Vinitaly di Verona dove, presso lo stand nel Centro Servizi Arena (corridoio tra i padiglioni 6 e 7), le curiosità del vino Made in Italy sono protagoniste con l’esposizione delle esperienze più originali dalla vigna alla cantina, dall’imbottigliamento all’etichettatura.

La speciale top ten evidenzia risultati sorprendenti con un profondo cambiamento nelle abitudini di consumo degli italiani che – sottolinea la Coldiretti – premiano anche negli acquisti di vino le produzioni legate al territorio.

Nella classifica dei primi dieci vini che nel 2017 in Italia hanno fatto registrare il maggior incremento delle vendite, infatti, nessuno è internazionale. Nel tempo della globalizzazione gli italiani bevono locale con il vino a “chilometro zero” come dimostra il fatto che al quarto posto si posiziona la Ribolla del Friuli Venezia Giulia con un aumento del 17% e al quinto con un +16% il Valpolicella Ripasso del veneto. Il Cortese del Piemonte conquista la sesta posizione con un +15% seguito dalla Passerina (Marche) con un +15% al settimo posto. Poi all’ottavo il Chianti Classico della Toscana (+14%), al nono con un +13% il Cannonau sardo e al decimo con circa la stessa percentuale il Pecorino (Abruzzo).

Dall’analisi si evidenzia che i dieci vini con maggiori incrementi delle vendite nascono da 10 regioni diverse del nord, centro e sud Italia a dimostrazione della alta qualità offerta lungo tutta la Penisola grazie alla biodiversità e alla tradizione millenaria della viticoltura tricolore.

Sul territorio nazionale – spiega la Coldiretti – ci sono 504 varietà iscritte al registro viti contro le 278 dei cugini francesi a dimostrazione del ricco patrimonio di biodiversità su cui può contare l’Italia che vanta lungo tutta la Penisola la possibilità di offrire vini locali di altissima qualità grazie ad una tradizione millenaria.

“Il futuro dell’agricoltura italiana ed europea dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali che sono state la chiave del successo nel settore del vino dove hanno trovato la massima esaltazione”, ha affermato Roberto Moncalvo, presidente della Coldiretti, nel sottolineare che la “biodiversità è un patrimonio del made in Italy che va valorizzato e difeso anche a livello internazionale”.

Anche per questo la Coldiretti organizza nel giorno di inaugurazione del Vinitaly alle 15,30 nella Sala Rossini l’incontro “La tutela delle denominazioni in Europa e gli accordi internazionali” con, tra gli altri, il Direttore di Ismea Raffaele Borriello, il Presidente di Assoenologi Riccardo Cotarella e il primo vicepresidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo Paolo De Castro, con le conclusione del presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

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Rosati d’Italia: Il Bombino Nero protagonista al Vinitaly

Verrà firmato nel corso della prossima edizione del Vinitaly il protocollo d’intesa per i vini rosati d’Italia, che vedrà il Consorzio di Tutela dei Vini Castel del Monte al fianco del Consorzio di Tutela del vino Bardolino, il Consorzio Valtènesi, il Consorzio di Tutela dei Vini d’Abruzzo e il Consorzio di Tutela dei Vini Salice Salentino.

I cinque Consorzi ratificano così il proprio impegno congiunto per la promozione e la diffusione, in Italia e all’estero, della cultura e della conoscenza del vino rosato autoctono italiano, in tutte le sue declinazioni locali. Un progetto di respiro ambizioso, che mira alla costituzione del Centro del Rosato Autoctono Italiano: un luogo di confronto, promozione e di ricerca in cui possano essere accolte anche le altre denominazioni italiane dotate di analogo retaggio culturale.

Il rosato italiano rappresenta un unicum, che nasce dal sapiente rapporto tra le peculiarità pedoclimatiche dei singoli territori e l’arte dei vignaioli, che hanno saputo interpretare con perizia ed esperienza la vocazione di alcuni peculiari vitigni autoctoni.

Ne sono esempi mirabili il Cerasuolo d’Abruzzo, il Chiaretto del lago di Garda e il Rosato di Puglia, col Bombino Nero unico vitigno autoctono vinificato esclusivamente in rosato, prima DOCG dedicata a questa tipologia in Italia.

Il debutto congiunto dei Rosati d’Italia sarà a Vinitaly, a cui il Consorzio Castel del Monte parteciperà con degustazioni e attività. Quattro etichette del Consorzio saranno infatti protagoniste di una masterclass riservata a operatori stampa e trade, sul tema “Chiaretto, Cerasuolo, Rosato: i rosé italiani da uve autoctone”, che si terrà martedì 17 aprile, nella Sala Argento 2 del Palaexpo di Veronafiere (piano -1, ingresso A2).

Nel corso delle due sessioni della masterclass (I sessione dalle 11.00 alle 13.00; II sessione dalle 15.00 alle 17.00), condotta per il Consorzio Castel del Monte da Giovanni Ventrelli, verranno degustati vini delle aziende Rivera, Torrevento, Cantina di Ruvo di Puglia e Vignuolo – La cantina di Andria.

I Rosati del Consorzio saranno inoltre in degustazione, per tutta la durata della fiera, presso il banco d’assaggio allestito nella postazione del Consorzio Tutela Vino Bardolino Doc, Pad. 4 Stand G3.

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Il Gallo Nero diventa sempre più verde: trend in crescita per agricoltura sostenibile e la conduzione biologica del vigneto

Tavarnelle Val di Pesa – Da un recente sondaggio effettuato dal Consorzio Vino Chianti Classico sulla propria base sociale, emerge un trend in crescita verso la viticoltura biologica e le buone pratiche di un’agricoltura sostenibile.

Da un campione di 115 aziende (circa un terzo delle aziende socie del Consorzio che imbottigliano Chianti Classico con propria etichetta) risulta infatti che il 62% ha già la certificazione biologica o è in conversione. Le prime certificazioni risalgono alla fine degli anni 90 e negli ultimi 5 anni sono state numerose le aziende che hanno richiesto la certificazione.

L’utilizzo di componenti chimiche per trattare i vigneti, dichiarano i produttori, è limitato ben al di sotto le soglie limite imposte dalla UE e in alcuni casi è del tutto eliminato, a favore di metodi alternativi.

Ma il sondaggio effettuato dal Consorzio non evidenzia unicamente questo aspetto.

La sostenibilità gioca un ruolo importante: quasi il 70% delle aziende mette in atto buone pratiche di gestione del suolo come l’inerbimento e una su tre sfrutta fonti energetiche alternative come pannelli solari e impianti fotovoltaici. Non sono rari i casi in cui l’energia viene prodotta anche utilizzando le biomasse tramite appositi impianti, e frequente pratica è il compostaggio del materiale organico di scarto, per esempio della potatura, delle fecce e delle vinacce.

Ma non è solo vigneto. Tratto distintivo del territorio del Chianti Classico è anche la sua ricchezza boschiva: meno di un ettaro su cinque è dedicato all’agricoltura, e i restanti sono coperti da boschi. La gestione delle foreste è un tema di grande attualità e insieme una tradizione antica: la pratica di mantenere il bosco “sano” (rinnovamento della vegetazione, contenimento di malattie) concorre alla conservazione della biodiversità e dell’equilibrio dell’ecosistema Chianti Classico.

“Vinitaly è la vetrina per eccellenza del vino italiano – afferma Carlotta Gori, direttore del Consorzio Vino Chianti Classico – e il fatto che il Salone dedichi una sua sezione alle produzioni biologiche, è la riprova che esiste un forte interesse del pubblico per questa tipologia di prodotto. Ma per il Chianti Classico il rispetto e la tutela del territorio sono qualcosa di più. Il vino è frutto della fusione di due elementi quello naturale e quello umano; la viticoltura biologica e quella sostenibile non sono solo scelte produttive ma atteggiamenti verso la terra che costudiamo.”

La prima forma di tutela nel Chianti Classico fu istituita dal Granduca Cosimo III de’ Medici, che nel 1716, consapevole del valore di un territorio particolarmente vocato per la viticoltura di qualità, ne definì per la prima volta i confini, per difendere un patrimonio unico al mondo e contrastare le contraffazioni. Oggi questa regione gode in primis della tutela dei suoi attori principali, i viticoltori, che sono i veri e propri custodi della loro terra.

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Premio Marietta 2018: cercasi cuochi per diletto

Forlimpopoli (Fc) – “Eredi” di Marietta Sabatini cercasi. Figura centrale nell’opera di Pellegrino Artusi, la città natale del gastronomo (Forlimpopoli) e la Festa Artusiana rendono omaggio alle Mariette di oggi. A tutti gli appassionati ai fornelli per diletto, alle prese con un piatto di pasta ispirato al celebre manuale “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene”. In palio mille euro offerti da Conad e la possibilità di cucinare nella prestigiosa scuola di cucina di Casa Artusi.

Doti richieste del Premio Marietta, dunque, essere cuochi dilettanti. Come confermano i vincitori delle passate edizioni, arrivati dalle professioni più disparate. L’ultima è stata un’insegnante, prima ancora un pensionato, una fisioterapista, un giornalista e un bancario, a riprova della trasversalità della passione per i fornelli. Senza dimenticare i riflettori della ribalta nazionale, come nel caso dell’ultima vincitrice, Rosmunda Cristiano, su Rai 2 nella trasmissione Geo, prima ancora Andrea Marconetti tra i protagonisti di Masterchef 2013.

Cinque i finalisti del concorso nazionale, con la novità in questa edizione di un sesto in collaborazione con il Lions nazionale. Nel centenario del Lions è stata infatti inserita una speciale sezione “Il piatto del centenario Lions” che si confronterà con i tutti i finalisti.

IL PREMIO MARIETTA
Il Premio Marietta è dedicato a Marietta Sabatini, governante di Pellegrino Artusi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, ebbe un ruolo centrale nella vita del gastronomo contribuendo all’impresa culinaria ed editoriale la Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, insieme al cuoco Francesco Ruffilli.

COME PARTECIPARE
Le iscrizioni al concorso sono aperte fino a lunedì 4 giugno 2018: tutte le ricette devono pervenire al Comune di Forlimpopoli (P.zza Fratti 2, 47034 Forlimpopoli) indicando “Festa Artusiana – Premio Marietta 2018” entro le ore 13 dello stesso giorno. La ricetta può essere inviata anche via mail (in formato .pdf) all’indirizzo:protocollo@comune.forlimpopoli .fc.it

Per partecipare occorre inviare una ricetta originale di un primo piatto (pasta fresca o secca o riso). Requisito indispensabile, la presenza di riferimenti alla cucina domestica regionale, alla filosofia e all’opera dell’Artusi, tanto negli ingredienti quanto nella tecnica di preparazione e di presentazione.

La partecipazione (gratuita) è esclusivamente riservata a cuochi maggiorenni e dilettanti, ovvero a tutti gli appassionati di cucina e di enogastronomia che non svolgono attività professionale nel settore. Le ricette eseguite devono contenere gli ingredienti (per 5 persone), il tempo di preparazione e il tipo di cottura (forno, fornello, altro), i riferimenti all’opera artusiana (stagionalità delle materie prime, curiosità storiche, tipicità territoriale). All’interno della busta l’autore dovrà indicare le proprie generalità, un numero di telefono, un indirizzo di posta elettronica, e l’attività lavorativa che attesti lo status di “dilettante” di eno-gastronomia.

Una giuria di esperti selezionerà, fra tutte le ricette pervenute, le cinque finaliste, più una ricetta della sezione “Centenario Lions” tra i soci del Club. I cuochi finalisti saranno invitati a cucinare i loro piatti (per 5 persone) nella mattinata di domenica 24 giugno nel corso della Festa Artusiana, in calendario dal 23 giugno al 1 luglio 2018 a Forlimpopoli.  Al vincitore va un premio di 1.000 euro, ai finalisti 5 Kg di pasta. I premi sono offerti da Conad. La giuria presieduta da Verdiana Gordini, Presidente dell’Associazione delle Mariette, sarà composta da esperti del settore: Giorgio Amadei (Associazione Sommelier), Carla Brigliadori (Responsabile scuola cucina Casa Artusi), Franco Mambelli (comitato scientifico di Casa Artusi), Caterina Valbonesi (prima vincitrice Concorso Marietta).

LE ULTIME EDIZIONI: I VINCITORI
Il Premio Marietta ha sempre richiamato partecipanti da tutta Italia e dalle professioni più diverse. Questi gli ultimi vincitori: Rosmunda Cristiano di Quarto di Napoli conCalzoni di pasta fresca all’uovo con ripieno di salsiccia e friarielli, serviti con colata di Mozzarella di Bufala Campana Dop e cialda croccante di mozzarella” (edizione 2017); Mario Maurizi pensionato di Vicenza con le sue “Linguine risottate alla spatola con pomodori datterino” (edizione 2016); Nadia Tessitori fisioterapista di Tolmezzo (Udine) con la ricetta “Cjarsons alla luganega e sclopit” (edizione 2015); Francesco Canu disoccupato di Sassari con la ricetta “Culurgiones a ispighitta cun pumata” (edizione 2014); il giornalista Rolando Repossi di Casatenovo (Lecco) con il piatto ‘Ravioli di nonna Costantina’ (edizione 2013); la responsabile di una filiale di banca Raffaella Bugini di Valbrembo (Bergamo) con il ‘Risotto al moscato di scanzo con biligòcc e fonduta di strachitund’ (edizione 2012).

MARIETTA SABATINI: CHI ERA
La ‘fedele Marietta’ a cui è dedicato questo concorso, è sempre stata una figura centrale nell’opera di Artusi. In ombra se l’angolo di visuale è la ribalta letteraria, in primo piano se si guarda alla sostanza gastronomica e alla solidità del successo de ‘La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene’.

Pellegrino Artusi sapeva di dovere molto a Marietta, tanto che si sentì in dovere di lasciarle in eredità, oltre al lascito di ben Lire 8.000 (cifra considerevole nel 1911), i diritti di autore sul manuale, assieme al cuoco Ruffilli Francesco, in quanto aveva coadiuvato al buon esito del libro.

Alla fedele Marietta, Pellegrino Artusi dedicò anche la ricetta del panettone che si trova nel manuale perché “è brava cuoca e tanto buona ed onesta da meritare che io intitoli questo dolce col nome suo, avendolo imparato da lei”.

E’ proprio alle Mariette d’oggi, quelle persone che custodiscono l’amore e l’abilità del sapere artusiano, che la città di Forlimpopoli omaggia con questo concorso.

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