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Vini al supermercato

Sassella Valtellina Superiore Docg 2012, Bettini

(4 / 5) E’ tra i produttori della lombarda Valtellina più attivi in Gdo, la Casa Vinicola Fratelli Bettini di San Giacomo di Teglio, Sondrio. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it finisce oggi il Sassella Valtellina Superiore Docg 2012 Bettini.

Ottenuto in purezza da uve Nebbiolo (uvaggio che localmente prende il nome di “Chiavennasca”), si presenta nel calice del tipico rosso rubino trasparente. Al naso è intenso, schietto e fine. Mediamente complesso, rivela sentori floreali di rosa e piccoli frutti rossi, impreziositi da note di nocciola: un quadro che denota una relativa giovinezza.

Non mancano tuttavia i sentori boisé, riconducibili al legno di rovere della maturazione. Tutte caratteristiche che ritroviamo, poi, in un palato fresco e leggermente sapido, particolarmente armonico ed equilibrato. Di alcolicità calda, buona struttura e morbidezza, il Sassella Valtellina Superiore Docg 2012 Bettini presenta un finale leggermente tannico.

Mostra così margini di ulteriore evoluzione in bottiglia, in conformità alle caratteristiche del Nebbiolo. L’abbinamento perfetto? Quello con le carni rosse e con i formaggi di media stagionatura, servendo a una temperatura di 18 gradi e stappando almeno un’ora prima la bottiglia.

LA VINIFICAZIONE
La zona di produzione del Sassella Bettini è quella inserita nel territorio della Denominazione di origine controllata e garantina Valtellina Superiore. I vigneti sono situati su spettacolari terrazzamenti sul versante retico, a una quota altimetrica variabile tra i 400 e i 500 metri sul livello del mare. Si tratta di terreni di proprietà della storica realtà vinicola valtellinese, situati in particolare nel Comune di Sondrio.

Le vigne affondano le radici in terreni sabbiosi (franco-sabbiosi) molto permeabili, acidi o subacidi, mediamente dotati di sostanza organica. La vinificazione avviene in maniera tradizionale per le uve Nebbiolo. Il mosto rimane sulle bucce per un periodo volutamente prolungato, per consentire una maggiore estrazione di colore e profumi. La maturazione prevede una durata complessiva di 15 mesi, in botte di rovere da 50 ettolitri, più ulteriori tre mesi (minimo) in bottiglia.

Prezzo: 7,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante

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Vini al supermercato

Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore, Pievalta

(3 / 5)Direttamente dalle Marche, ecco il Verdicchio dei Catelli di Jesi Doc Classico Superiore Pievalta. Un vino che, come evidenzia la stessa etichetta, è ottenuto secondo i criteri di viticoltura biologica. Un vero e proprio credo per Barone Pizzini, società che controlla direttamente Pievalta, azienda agricola con sede a Maiolati Spontini, in provincia di Ancona. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it, in particolare, finisce la vendemmia 2014. Nel calice, questo Verdicchio bio si presenta di un giallo paglierino tenue. Al naso regala sentori floreali e fruttati che richiamano gli agrumi. Caratteristiche che ritroviamo anche al palato, dove tuttavia si presenta meno sapido di quanto aspettabile: viene dunque a mancare una delle caratteristiche peculiari dello stesso Verdicchio. In cucina, questo bianco biologico si presta ad accompagnare tra le più variegate portate a base di pesce, a partire da primi come le linguine allo scoglio, sino alle fritture e ai frutti di mare in generale. La temperatura di servizio dev’essere compresa tra i 10 e i 12 gradi.

LA VINIFICAZIONE
Il Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Pievalta (Barone Pizzini) è ottenuto mediante pressatura diretta e fermentazione in vasche di acciaio Inox delle omonime uve. La maturazione avviene sempre in vasche Inox, per una durata di 6 mesi. Prima della commercializzazione, il vino è sottoposto a un ulteriore affinamento della durata di un mese, in bottiglia. I vigneti di proprietà di Pievalta Barone Pizzini da cui prende vita questo Verdicchio dei Castelli di Jesi sono quelli di Chiesa del Pozzo, Fosso del Lupo, Costa del Togno, Veranda, San Paolo Vecchie Vigne, Orfeo, San Paolo Bosco e Pieve. La tipologia del terreno varia da quella a composizione argillo calcarea a quella calcarea argillo sabbiosa. Allevato a Guyot, con una densità variabile tra i 1666 e i 5400 ceppi per ettaro, il Verdicchio Pievalta registra una resa per ettaro di 60 quintali. A Maiolati Spontini, sulla riva sinistra dell’Esino, si trovano la cantina e 21,5 ettari di vigne degli anni Settanta. Da diversi anni, Pievalta dichiara di “lavorare senza alcun coadiuvante di origine animale”. Per questo, dal 2009, i vini prodotti possono essere considerati anche vegani, con tanto di certificazione qualità vegetariana vegan.

Prezzo pieno: 7,49 euro
Acquistato presso: Esselunga

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Vini al supermercato

Korem rosso Igt Isola dei Nuraghi 2011, Argiolas

A dare lustro alle cantine meglio “attrezzate” della Gdo italiana ci pensa ancora una volta Argiolas. La casa vinicola sarda distribuisce Korem, Indicazione Geografica Tipica Isola dei Nuragh, nei supermercati Iper la Grande I (Finiper) dotati di enoteca e spazio degustazioni. Sotto la lente di vinialsupermercato.it, finisce così la vendemmia 2011. Stappiamo questa bottiglia consapevoli che un simile vino possa dare il meglio di sé ancora per molti anni. Nel calice, Korem Igt Nuraghi 2011 Argiolas si presenta di un rosso rubino carico, intenso, che scorre denso, mostrando già nella fluidità un’ottima consistenza. Al naso risulta spiccante: a farla da padrone sono le note di confettura di frutti rossi e frutta matura come amarena, more e marasche, che ben si amalgamano ai profumi conferiti dalla botte. Una speziatura presente ma delicata, così come in bocca risulta Korem. Vino rotondo, morbido, in grado tuttavia di mostrare le unghie e i denti come solo i migliori rossi di Sardegna sanno fare. Korem è un vino dal carattere estroverso, capace di regalare – nello stesso sorso – la classe del gentiluomo e la tenacia dell’instancabile marinaio. Splendidi i tannini, che lasciano presagire un futuro luminoso senza disturbare la beva, per nulla affaticandola ad appena 5 anni di maturazione in bottiglia. Un’eleganza che si ripresenta puntuale anche in un retro olfattivo in cui si rincorrono note di cioccolato, cuoio e liquirizia: una volta deglutito, Korem 2011 si concede ancora a lungo al palato. Intenso, fine, persistente. Inutile dichiarare “pronta” la vendemmia degustata. Se ben conservato, questo vino sardo può regalare soddisfazioni ancora per moltissimi anni. Per chi, come noi, decidesse di servirlo, la temperatura non dovrebbe superare i 18 gradi. L’abbinamento migliore? Se degustato in solitudine, come vino da meditazione, quella di un buon libro o della buona musica. Altrimenti, le portate di selvaggina (come l’agnello) costituiscono l’ideale piatto con cui godere appieno degli aromi offerti da Korem Argiolas. Un rosso che risulta ottimo anche con lo spiedo di maialino da latte.

LA VINIFICAZIONE
Come detto, Korem è un vino rosso a Indicazione Geografica Tipica Isola dei Nuraghi. Le uve che concorrono al blend sono Bovale Sardo, Carignano e Cannonau, coltivate nella Tenuta Sa Tanca, a un’altezza variabile fra i 250 e i 300 metri circa sul livello del mare. Il suolo, a medio impasto tendente allo sciolto, registra la presenza di materiale calcareo argilloso. La vendemmia avviene in maniera manuale, nel corso delle prime ore del mattino. La vinificazione prevede una macerazione di media durata, attestabile tra i 10 e i 12 giorni, con svolgimento della fermentazione malolattica in vasi vinari di cemento vetrificato. Il vino subisce quindi un passaggio in barriques della durata di 10-12 mesi e un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia per circa 6 mesi. Korem è uno dei prodotti di punta di Argiolas, inserito nella “Linea Prestigio” della casa vinicola che ha base a Serdiana, in provincia di Cagliari. Qui, nel 1906, nasce il patriarca Antonio. I suoi due figli, Franco e Giuseppe, condividono la sua passione e la trasmettono prima alle mogli Pina e Marianna e, poi, ai figli. Oggi nella cantina di Serdiana lavora la terza generazione Argiolas. Una realtà che, con i suoi prodotti di altissimo livello, contribuisce a sdoganare grandi vini nel mondo della Gdo italiana.

Prezzo pieno: 34 euro
Acquistato presso: Iper la Grande I (Finiper)

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Svizzera, maltempo: “candele antigelo” nelle vigne. Italia, a rischio la vendemmia 2016 in Val D’Aosta, Campania e Abruzzo

Bidoncini colmi di cera paraffinica, che rilasciano calore, una volta “innescati”, soprattutto sui bordi. E’ così che i viticoltori svizzeri del canton Grigioni combattono l’ondata di freddo che si è abbattuta negli ultimi giorni sull’Europa. In altre aree, come la vicina Austria, il raccolto della vendemmia 2016 parrebbe ormai gravemente compromesso.

In Italia, la situazione non è migliore. I bidoncini utilizzati nelle vigne della Svizzera, capaci di regalare immagini mozzafiato ricordando enormi candele (foto: Gian Ehrenzeller/Keystone), presentano tuttavia un’azione limitata a temperature di -4, -5 gradi centigradi. E risultano utili in assenza di vento.

Vengono posizionate con una densità che varia fra i 300 e i 350 bidoncini per ettaro. Non si tratta tuttavia di un’esclusiva svizzera. I generatori di calore, noti anche col nome di “candele antigelo”, vengono utilizzati anche in Italia. Ne fanno uso, per esempio, gli agricoltori piemontesi per difendere il raccolto dalle gelate primaverili.

Con 320 ettari di vigne coltivate, il cantone dei Grigioni risulta la decima area di produzione vinicola della Svizzera. In particolare, dal Rheintal di Coira proviene l’80 % della produzione viticola dei Grigioni.

La sottozona “Herrschaft”, compresa tra le comunità di Malans, Jenins, Fläsch, e Maienfeld, a 600 metri sul livello del mare, subisce l’influsso del vento Foehn, freddo e secco, che si riscalda nel suo viaggio verso i territori di pianura. Non a caso, la regione vitivinicola dei Grigioni sorge su coni di deiezione glaciali, chiamati “Rüfen”. Secondo le previsioni meteo, il gelo non abbandonerà l’Europa centrale prima del 6 di maggio.

IL MALTEMPO E L’AGRICOLTURA
In Italia, la situazione non sarà migliore. Il maltempo, con il brusco abbassamento della temperatura e gelate tardive notturne, “ha distrutto vigneti, colture frutticole e orticole ma anche cereali e legumi colpendo a macchia di leopardo le campagne da nord a sud”.

È quanto emerge dal monitoraggio della Coldiretti sugli effetti di freddo, neve, violenti temporali e soprattutto gelo fuori stagione sui raccolti, il cui sviluppo è stato anticipato da un inverno che si era classificato come il terzo più caldo di sempre con temperature superiori di 1,76 gradi rispetto alla media.

In Valle d’Aosta, le temperature sono scese fino a 16 gradi sotto lo zero in alta montagna, mettendo a rischio le gemme dei vigneti più alti d’Europa di Morgex. Nel fondovalle valdostano si registrano invece problemi per le piante in fiore e per le coltivazioni appena impiantate di zucchine e pomodori.

In Campania, ad Avellino, a rischio è la prossima campagna vinicola dei pregiati Fiano, Greco e Taurasi ma i viticoltori sperano ora che le piante possano reagire attraverso le cosiddette “gemme dormienti”, che potrebbero prendere vita dopo la completa distruzione delle altre.

L’allarme è esteso anche alle campagne in Abruzzo, per le gelate primaverili su vigneti, colture frutticole e orticole di centinaia di aziende agricole aquilane. E nell’alto molisano, per danni ai vigneti ma anche ai germogli degli olivi mentre nel Lazio a Frosinone si rilevano per il gelo danni ai vigneti di Cabernet nella Valle di Comino e alle orticole nella piana di Cassino e Pontecorvo.

Le temperature notturne che scendono fuori stagione di due o tre gradi sotto lo zero fanno cadere le gemme delle vigne con la conseguente perdita della produzione di uva e quindi di vino. Le piante da frutta, spiega Coldiretti, “si trovano in una fase di ripresa vegetativa particolarmente delicata e sono molto sensibili alle gelate tardive che pregiudicano i raccolti estivi”.

Il caldo inverno ha anche anticipato l’arrivo di molte primizie nei campi che adesso sono state danneggiate dal maltempo. Si tratta degli effetti dei cambiamenti climatici che in Italia si manifestano con ripetuti sfasamenti stagionali ed eventi estremi anche con il rapido passaggio dalla siccità all’alluvione, precipitazioni brevi ed intense e un maggiore rischio per gelate tardive con pesanti effetti sull’agricoltura italiana. Che negli ultimi dieci anni ha subito danni per 14 miliardi di euro a causa delle bizzarrie del tempo.

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Vini al supermercato

Grignolino Doc 2014, Azienda Agricola Eredi Angelo Icardi

(5 / 5) Tra i tanti Grignolino ‘svenduti’ nei supermercati italiani, eccone uno che – invece – vale il cosiddetto “prezzo del biglietto”.

La bottiglia giusta per far cambiare idea a chi non ha mai trovato un Grignolino degno di nota sugli scaffali dei supermercati è quello prodotto dall’Azienda Agricola Eredi Angelo Icardi di Castiglione Tinella, in provincia di Cuneo. Sotto la nostra lente di ingrandimento finisce la vendemmia 2014.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice il vino si presenta di un rosso rubino cristallino, luminoso e trasparente. Al naso colpisce la pulizia e l’intensità delle note di piccoli frutti a bacca rossa, accostate a sentori vegetali di fieno, rosmarino e a una punta di rabarbaro, oltre alla foglia di noce e al sottofondo di rosa.

Un quadro di grande freschezza, quello olfattivo, che trova corrispondenza perfetta al palato. In bocca, il Grignolino Doc 2014 dell’Azienda Agricola Eredi Angelo Icardi risulta secco e caldo, di apprezzabilissimo corpo. E, allo stesso tempo, piacevolmente rotondo, fresco, leggermente sapido.

Ottimale la presenza del tannino. Inconfondibile il finale amarognolo, dove una punta di rabarbaro torna nuovamente a fare breccia, impreziosito da una punta di pepe bianco. Più che positive anche le sensazioni retro olfattive: intenso, fine e sufficientemente persistente il Grignolino Icardi, che per la vendemmia 2014 potrà regalare le stesse emozioni per oltre un anno, se ben conservato.

Molto più del vino da tavola a base Grignolino cui la Gdo ha abituato i suoi clienti, insomma. Servito a una temperatura di 18 gradi, si abbina bene a tutto pasto, ma dà il meglio di sé con antipasti caldi o a base di salumi, vitello tonnato, primi arricchiti dal ragù, formaggi stagionali. Per tipicità, è in grado di accompagnare anche un fritto misto di pesce: da provare.

LA VINIFICAZIONE
Per la produzione del Grignolino vengono utilizzate al 100% le omonime uve. Le viti affondano le radici in suoli sabbiosi e calcarei. I vigneti di età media di 40 anni, allevati a Guyot, crescono a un’altezza di 250 metri sul livello del mare, con esposizione a sud ovest.

Cinquemila piante per ettaro nei terreni di proprietà dell’Azienda Agricola Eredi Angelo Icardi, per una resa del Grignolino di 55 quintali per ettaro. La vendemmia avviene in maniera manuale, nel mese di ottobre. La fermentazione in acciaio Inox per 20 giorni, a una temperatura controllata di 28 gradi.

“Il vino allieta il cuore dell’uomo e la gioia è la madre di tutte le virtù”, si legge sull’etichetta del Grignolino Icardi: una citazione che scomoda a buona ragione il poeta, scrittore e drammaturgo tedesco Johann Wolfgang Goethe, che per un lungo periodo soggiornò in Italia. Preludio di una bottiglia che non deluderà nessuno.

Prezzo: 7,99 euro
Acquistato presso: Il Gigante
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Sergio Bucci e la Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano: un condottiero alla guida della cooperativa toscana

Il via libera della Regione Toscana era atteso per dicembre 2015. Ma è arrivato solo all’inizio di aprile 2016. Sono mesi di trepidazione, a Scansano, quelli che attendono la squadra capitanata da Sergio Bucci. Il direttore generale della Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano non sta più nella pelle.

Anche perché, oltre all’inaugurazione della nuova struttura – che regalerà, entro novembre, una veste più moderna e funzionale alla cooperativa, soprattutto in termini di ricettività del pubblico – ci sono altri progetti che “bollono in pentola”. In un’intervista esclusiva rilasciata a vinialsupermercato.it, Bucci (nella foto, sotto) li elenca tutti.

IL PROGETTO
“A livello territoriale – dichiara il general manager toscano – stiamo puntando all’apertura di alcuni punti vendita in cui proporre i nostri prodotti. Delle sorta di wine bar, non solo in zona Grosseto, che non dovranno andare a fare concorrenza a chi già c’è, ma piuttosto per rafforzare il marchio dei Vignaioli del Morellino in città come Roma, Firenze o Milano”.

Si parla di zone centrali delle principali città italiane, dove “al costo di rimetterci soldi”, Bucci punta a proporre il proprio brand. Non a caso, lo scorso weekend, Bucci ha visitato un locale a Roma, in zona Campo dei Fiori. “Nell’ottica di valorizzare il territorio, il vino e il marchio – prosegue il direttore – stiamo cercando, questa volta a livello consortile, di creare dei corner promozionali e di vendita del Morellino all’interno degli aeroporti europei. Investendo, dunque, dove circola gente: turisti o persone che si trovano in giro per lavoro. Intercettandoli con assaggi e proponendo la vendita di qualche bottiglia”.

Sognano (e progettano) in grande Bucci e i suoi. Che, tuttavia, non perdono di vista la dimensione locale. Il progetto più vicino a concretizzarsi dal punto di vista temporale è infatti la realizzazione di una sorta di “area picnic attrezzata” a Saturnia. La Cantina Vignaioli del Morellino ha firmato il compromesso per un terreno con vista sulle famose cascate termali, dove sarà possibile, grazie ad alcuni partner locali, “consumare un menu a base di salumi, formaggi, sottoli, conserve e vino dei Vignaioli del Morellino”.

“Il tutto – precisa Bucci – consegnato in un cestino all’inglese e consumabile su tavoli dislocati all’aria aperta”. Ma non finisce qui. Tra le idee per il futuro, la Cantina di Scansano ha in mente l’acquisto di un nuovo magazzino di stoccaggio. Un vere e proprio centro di distribuzione per l’Italia, da individuare sul territorio di Grosseto o, addirittura, su quello di Firenze.

LA NUOVA CANTINA
Quello della nuova cantina resta comunque il progetto ormai in fase di realizzazione. Sorta nel 1972, la Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano si prepara così, entro fine anno, a rifarsi il trucco.

La superficie coperta risulterà pressoché identica: 9.270 metri quadrati. Ma l’ala oggi destinata agli uffici sarà abbattuta. E al suo posto sorgerà un edificio (in parte prefabbricato) dislocato su due piani. Saranno presenti una sala degustazione e le visite in azienda saranno rese più agevoli, grazie a percorsi ben studiati.

“Abbiamo ritenuto che per il territorio fosse importante avere una cantina che potesse dare maggiore ospitalità – evidenzia il direttore Sergio Bucci – ricevere le persone e far toccare con mano cosa vuol dire lavorare il Morellino di Scansano. Sino ad oggi abbiamo lavorato molto sulla sostenibilità della produzione, investendo per sprecare meno e arrivando a proporre sul mercato dei vini di alta qualità e salubrità. Abbiamo sempre badato più al concreto che ad altro. Ma l’immagine, ai giorni nostri, ha sempre più peso”.

“Quindi – continua Bucci – negli ultimi anni si è deciso di cercare di migliorare anche questo aspetto, dato che dal punto di vista qualitativo riteniamo di aver ottenuto dal mercato le risposte che ci aspettavamo. Una cantina cooperativa che imbottiglia quasi il 90% di quello che produce e lo commercializza in bottiglia, dimostra che non solo sappiamo fare bene i vini, ma li sappiamo anche proporre bene al mercato”. L’immagine dopo la sostanza: ecco dunque in che solco si inserisce il progetto di realizzazione della nuova cantina.

Il nuovo edificio presenterà ampie vetrate, oltre a sistemi di riscaldamento e condizionamento “intelligenti e modulabili”. Non si investirà nel geotermico, ritenendo che i 150 Kw di fotovoltaico già presenti sui tetti della cantina bastino a garantire l’autonomia energetica della struttura. Un dato che si conferma con l’eccezione dei mesi più “caldi”, quelli che interessano la vendemmia.

“I lavori – precisa Bucci – sono finanziati da un Pif della Regione Toscana in cui siamo arrivati secondi in graduatoria su 50. Merito del piano di valorizzazione che abbiamo messo in atto, che riguarda anche sistemi di innovazione nelle pratiche di cantina e in vigna. Al centro di questi progetti c’è l’utilizzo dell’ozono per disinfettare l’uva. In cantina sarà realizzata una speciale cella, che ci consentirà di produrre vini a solfiti zero, o per lo meno senza solfiti aggiunti”.

“Il secondo sistema – evidenzia Bucci – prevede l’utilizzo dell’ozono in vigna, dove già operiamo secondo i criteri della viticoltura biologica. Grazie a un prototipo che stiamo sperimentando, in grado di ozonizzare l’acqua del trattamento, andremmo a limitare in maniera drastica l’utilizzo dei fitofarmaci. Questo però è un progetto di difficile realizzazione: innanzitutto perché sarebbe in contrasto con le lobby di produttori e distributori di prodotti chimici; e, in secondo luogo, perché è un progetto ‘oltre il bio’, che sarà difficile portare avanti. Ma ci vogliamo provare”.

La nuova cantina sarà in grado di creare nuovi posti di lavoro, che si andranno ad aggiungere ai cinque già concretizzati negli ultimi tre anni. E dalla vendemmia 2016 faranno parte della Cantina Vignaioli del Morellino nuovi soci per circa 100 ettari, grazie al progetto di ampliamento dell’attuale struttura di accoglienza e lavorazione delle uve.

QUARANT’ANNI DI STORIA
La chiave di volta della cantina che da sola lavora oggi il 23% del Morellino di Scansano è da ricercare negli anni Ottanta, quando i soci passano nel giro di una riunione del Cda da 390 a 180. “Questi coraggiosi, decisi a puntare tutto sulla qualità piuttosto che sulla quantità – ricorda Bucci – investirono nella cantina visibile oggi, dove si iniziò a vinificare separatamente le varie zone e varietà.

Si susseguono poi migliorie che, per tutti gli anni Novanta, accelerano la volontà di sviluppo di questa realtà. La parte destinata alla ricezione dell’uva è stata invece ristrutturata nel 2012, con l’introduzione, tra le altre macchine, di una pressa per le uve bianche a saturazione di anidride carbonica, che garantisce un ambiente inerte alle uve in lavorazione”. La Cantina dei Vignaioli del Morellino di Scansano registra nell’ultimo bilancio un fatturato di 9,5 milioni di euro, di cui circa 4 milioni di utili, liquidati ai soci.

“Stiamo parlando dunque di 150 famiglie – evidenzia Bucci – che hanno potuto godere di una cifra come questa, ovviamente considerati i dividendo, in un territorio povero come quello di Scansano. E’ recente la classifica dei Comuni toscani che ci vede quintultimi in regione in quanto a ricchezza. E negli ultimi 10 posti, sono ben 7 i Comuni della provincia di Grosseto. Di conseguenza, una realtà come la nostra sente anche il dovere di fare qualcosa per il territorio e per far sì che non venga abbandonato e lasciato a se stesso. Un obiettivo che perseguiamo tenendo d’occhio la qualità del prodotto finale. Lo scorso anno, per esempio, questa cantina ha declassato circa 5 mila ettolitri di Morellino di Scansano a vini inferiori, pur di mantenere elevato lo standard offerto al pubblico”.

E quando Bucci parla di “pubblico” si riferisce soprattutto a quello della grande distribuzione organizzata, ovvero i supermercati italiani. Già, perché la cantina che dirige deve alla Gdo 6,5 milioni di euro di fatturato. Che, tradotti in bottiglie, significa un giro d’affari di 2,5 milioni di pezzi finiti sugli scaffali dei supermercati italiani.

“Non risultiamo leader del Morellino solo perché negli anni la produzione si è differenziata – tiene a precisare Bucci – con Ean differenti in base ai clienti. Lo saremmo se sommassimo tutte le referenze presenti nelle varie catene”. I rapporti con la Gdo, dunque, sono buoni.

“Lavoriamo direttamente con le catene a noi più vicine in Toscana, Umbria e Lazio – commenta il direttore – e indirettamente tramite un grossista distributore nel resto dell’Italia. Siamo presenti in Coop Italia, Conad del Tirreno e alcuni punti vendita Conad in Italia, oltre che in Sma, Auchan, Carrefour, Finiper, Pam Panorama e altre insegne regionali e locali. Siamo sicuramente un’azienda sbilanciata su Coop e Conad Tirreno. Coop è stata il primo cliente storico di questa cantina, quando ancora l’attuale Coop Tirreno si chiamava ‘La Proletaria’. E, fino a 10 anni fa, il nostro Morellino di Scansano era uno dei pochi presenti in grande distribuzione”.

La cantina fattura il 75% del totale in grande distribuzione in Italia. Il 25% circa in ristorazione in Italia. E il resto all’estero, “nota dolente” dei Vignaioli di Scansano. “I motivi – spiega Sergio Bucci – sono tanti. Il Morellino di Scansano ha un mercato limitato a Paesi del centro Europa, nonostante risulti una delle Docg più vendute in Italia, in Gdo e in ristorazione. Questo effetto decade fuori dai confini nazionali anche per via della direzione di questa cantina, nei mandati precedenti al mio. Il direttore che mi ha preceduto era ormai prossimo alla pensione e poco avvezzo ai mercati esteri”.

Bucci, in carica dal 2010, ha subito preso le contromisure. “A partire dalla vendemmia 2011 – evidenzia – abbiamo quindi cercato di lavorare anche sulle etichette dei singoli prodotti, valorizzando i nomi varietali e dando risalto alla provenienza Toscana, vera garanzia di qualità in tutto il mondo. Abbiamo poi valorizzato il Bianco di Pitigliano, ai minimi termini al mio arrivo. Oggi ci assestiamo sulle 30 mila bottiglie in ristorazione e quasi 90 mila in grande distribuzione in Italia, avendo risalito la china dal 10 al 20% di vini bianchi sul totale della produzione”.

“Inoltre – evidenzia direttore generale della Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano – abbiamo presentato lo scorso anno a Vinitaly una riscoperta del Governo all’Uso Toscano, ottenendo un buonissimo impatto e vendendo in quattro mesi tutta la produzione, che abbiamo intenzione di incrementare. Abbiamo ricreato in Italia una rete vendita importante nella ristorazione, con 50 agenti che propongono i nostri vini nei ristoranti di tutta Italia. Questo perché riteniamo che, mentre la Gdo sia il veicolo di accesso ai nostri vini per la maggior parte dei nostri clienti, è invece alla ristorazione e ai wine bar che dobbiamo rivolgerci per far crescere il nostro brand, anche a livello di immagine del prodotto”.

IL RAPPORTO TRA GDO E HORECA
“Non abbiamo fatto solo linee diverse – commenta Bucci – bensì vini diversi. Ma non destiniamo un vino a un determinato canale piuttosto che a un altro, in base alla qualità. Abbiamo piuttosto cercato di modulare i prodotti in base all’uso che se ne fa. Per esempio: compro un Morellino di Scansano al ristorante e, probabilmente, lo abbino a una pasta al ragù, a una bistecca, a un salume importante, stagionato. Quando lo porto a casa dal supermercato, invece, il Morellino di Scansano deve andare bene con una pasta al pomodoro, con un salume, con una fiorentina, ma anche con un petto di tacchino o una frittata. Vista la varietà dei terroir di cui disponiamo, nei 500 ettari dei nostri soci, il nostro lavoro è quello di costruire dei tagli, dei blend, che facilitino e valorizzino il consumo dell’uno o dell’altro tipo. Ovviamente se parliamo di Riserva, il prodotto è lo stesso. Dunque una differenziazione per utilizzo, quella tra Gdo e Horeca”.

Secondo Bucci, “la Gdo è un veicolo estremamente importante per i vini, che dovrebbe essere supportata dalla ristorazione”. In che modo? “Non è una bestemmia – risponde il direttore – perché la Gdo non fa il mercato, lo segue. Offre al cliente quello che vuole comprare, reagendo in maniera più o meno reattiva ai trend di mercato. La richiesta, dunque, si crea fuori dagli scaffali dei supermercati. In questo senso, il lavoro che stiamo facendo sul Morellino di Scansano ricade su tutto il mondo del Morellino. E, parte delle energie che noi spendiamo per promuovere il nostro marchio, vengono diluite su tutto il territorio, compresa la ristorazione”.

Certo avere a che fare con la Gdo non è semplice neppure per un colosso come questo. “In una logica di mercato dove i buyer, in particolare quelli della Gdo, parlano di prezzi al ribasso e scontistiche al rialzo, e non del contrario – rileva Bucci – diventa fondamentale riuscire a economizzare il più possibile il modus operandi ed evitare gli sprechi. La nostra coop è fatta da 150 famiglie, più quelle dei soci e dell’indotto, che vivono e spendono nel territorio: una produzione rispettosa è dunque dovuta a loro e a noi stessi. E in quest’ottica, tre anni fa abbiamo ottenuto la certificazione Carbon Footprint. Lo scorso anno, poi, siamo arrivati a ottenere la certificazione Viva Sustainable Wine del Ministero dell’Ambiente, che possono vantare solo dieci cantine italiane”.

Per assurdo, solo Coop tra le catene della Gdo ha mostrato interesse per l’etichetta Viva. “In Italia si bada soprattutto alla leva prezzo e alla marginalità – commenta Bucci – mentre all’estero non è così: gli investimenti in tracciabilità e qualità vengono maggiormente premiati. Noi non abbiamo intenzione di cambiare strategia e cercheremo sempre di mantenerci saldi nelle nostre posizioni e nella nostra filosofia di produzione, che prevede il rispetto della Denominazione, del territorio e del consumatore. Potremmo farlo finché riusciremo a sostenere economicamente questa strategia, sperando di non dover essere costretti un giorno a percorrere la strada al contrario. Per ora teniamo botta”.

GLI IMBOTTIGLIATORI
Il fenomeno degli imbottigliatori, che si è accentuato negli ultimi anni, sta creando qualche difficoltà ai Vignaioli del Morellino. “Il frazionamento del Morellino – spiega Bucci – oltre alla presenza di numerose etichette, ha fatto sì che, negli anni, sempre in meno fossero in grado di proporre autonomamente il loro prodotto, optando poi per la vendita di vino sfuso. Inoltre, il fenomeno Morellino ha attirato imbottigliatori che hanno cercato di accaparrarsi i prodotti in zona per proporli alla propria variegata clientela. Via via, e questo è stato uno degli errori del Consorzio del Morellino di Scansano, abbiamo assistito alla decrescita delle percentuali dei produttori che imbottigliano direttamente, passando da circa il 55% del 2005 al 45% del 2010. Imbottigliatori che, spesso, utilizzano il Morellino come una sorta di merce di scambio. E’ un prodotto che viene richiesto e che può essere fornito, pur con margini risicati, dagli imbottigliatori ai clienti della Gdo, gettato nel calderone del resto dell’offerta di vini trattati. Noi, invece, viviamo di Morellino di Scansano. Il nostro, in Gdo, costituisce il 70% del fatturato. Il che ci costringe spesso a usare una leva promozionale più alta di altri, per tenerci aggrappati agli stessi prezzi”.

Da manager di grande abilità, Bucci è riuscito comunque a risollevare le sorti della Cantina. Come? Proponendo varie contromisure. “Nel 2012 abbiamo iniziato una campagna di acquisto di uve – spiega – garantendo al consumatore un prezzo di 100 euro al quintale. E, al tempo stesso, siccome anche noi vendiamo una piccola parte di Morellino sfuso, abbiamo alzato il prezzo a 200 euro a ettolitro. I vari produttori che si approfittavano della situazione esistente, pagando prezzi bassi per le uve ai piccoli produttori, si sono dovuti adeguare garantendo le stesse cifre. Abbiamo ottenuto questo risultando acquistando circa 2 mila quintali di uva: un quantitativo non eccessivo, ma l’effetto sul mercato è stato positivo, riallineando prezzi che erano diventati molto variabili. Inoltre, abbiamo cercato di valorizzare ulteriormente la qualità del prodotto, puntando sul packaging, sulle certificazioni e sull’innovazione, dando valore aggiunto. Quello che cerchiamo di offrire, rispetto ad altri, è un prodotto integralmente prodotto da noi, con la garanzia della qualità”.

Non a caso, i 5 mila ettolitri di Morellino declassati nel 2015 a causa della poco proficua vendemmia 2014, sono stati venduti a un imbottigliatore. “Si trattava di un Morellino piuttosto leggerino, pur pulito e salubre – evidenzia Bucci – che sul mercato ha segnato in maniera netta lo stacco tra noi e chi l’ha acquistato. Un modo, dunque, per evidenziare che non tutti i Morellini sono uguali e che, anche in annate difficili, se ti rivolgi a noi ottieni un buon prodotto. Se ti rivolgi ad altri, la qualità dipende da cosa trovano sul mercato”.

IL RAPPORTO CON IL CONSORZIO
Tra le mille battaglie della Cantina Vignaioli del Morellino, una può dirsi (per ora) conclusa nel migliore dei modi. “Siamo stati fuori dal Consorzio del Morellino di Scansano fino allo scorso anno – dichiara Bucci -. L’ultimo Cda che si è costituito e il direttore appena entrato in carica denotano voglia e impegno nel cambiare strada e strategia. E’ stato assunto un consulente che ha sempre lavorato nel marketing del vino e nella sua promozione, quindi non un burocrate che si occupa di quote e assegnazioni. Per quanto bravo e tecnico possa essere un burocrate del genere, i Consorzi sono l’unica istituzione riconosciuta per poter promuovere le Denominazioni nel territorio. Quindi riteniamo che a questo punto si debbano far funzionare bene questi Consorzi. E le cose funzionano in base alle persone che le gestiscono. Quello che si dovrebbe fare, oggi, è parlare di Maremma in maniera più unitaria, per evitare di perdere sempre più terreno nei confronti della concorrenza”.

E’ in atto, dunque, una vera e propria rivoluzione in questo angolo di profonda Toscana. Un movimento che Bucci spiega col “ricambio generazionale”. “In un momento in cui, purtroppo, aziende storiche della zona che hanno fatto il nome del Morellino si sono trovate in crisi per un’organizzazione approssimativa che ha messo in luce una struttura poco concreta, oltre a evidenziare la poca lungimiranza di certi investimenti bancari – commenta il direttore – il territorio di Scansano ha perso la guida. Dieci anni fa questa cantina, come altre, vivevano di rendita. La rivoluzione in corso negli ultimi anni, dunque, è più legata ai singoli che alla politica. Sono state fatte scelte completamente sbagliate in passato, ma oggi lavoriamo tutti assieme per la valorizzazione della nostra zona. Non abbiamo niente, oltre al vino. Il mio invito, che rivolgo a tutti gli attori del territorio, è quello di cercare di vendere al meglio questo nostro niente”.

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Vini al supermercato

Sauvignon Sudtirol Alto Adige Doc 2014, Kossler

(4 / 5) A proposito di vini dall’ottimo rapporto qualità prezzo al supermercato, ecco il Sauvignon Sudtirol Alto Adige Doc Kossler, linea gdo della Cantina Produttori San Paolo di Appiano Gentile, Bolzano.

LA DEGUSTAZIONE
Di un giallo paglierino scarico, conferma al naso le attese di un vino molto profumato. Si va dalle note floreali di fiori di sambuco a quelle fruttate esotiche: ananas, melone, mango.Note che ritroviamo anche al palato, dove il Sauvignon Kossler, vendemmia 2014, stupisce per l’ottima sapidità. Le note minerali conferiscono ulteriore freschezza alla beva. L’alcolicità calda non infastidisce.

E i sorsi si rincorrono, intercalati da una persistenza più che sufficiente. Fondamentale il servizio di questo vino a una temperatura tra gli 8 e i 10 gradi. L’abbinamento per antonomasia è quello con gli asparagi. Ma il Sauvignon Sudtirol Alto Adige Doc Kossler si abbina in generale alle verdure cotte e grigliate, oltre al pesce e ai formaggi. Matura, dal punto di vista dell’evoluzione, la vendemmia 2014.

 LA VINIFICAZIONE
Il nobile Sauvignon, allevato in molti angoli del pianeta, si esprime benissimo in Alto Adige, grazie alle caratteristiche del terreno. In particolare, i vigneti Kossler – Cantina Produttori San Paolo di Appiano affondano le radici in terre ricche di calcare e ciottoli, nei comuni di Missiano e San Paolo. Ci troviamo a un’altezza variabile tra i 450 e i 550 metri sul livello del mare, dove il Sauvignon viene allevato a Guyot. La vinificazione prevede una fermentazione a temperatura controllata in vasche di acciaio inox e un affinamento per 5-7 mesi sui lieviti fini, senza fermentazione malolattica. Kossler ha origine nel 1631 e dal 2005 è stata integrata nella struttura della cantina di San Paolo di Appiano, operando sotto forma di società agricola cooperativa.

Prezzo pieno: 6,90
Acquistato presso: Carrefour

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Vino: Coldiretti, Italia scende dal podio dei principali consumatori

L’Italia per la prima volta nel 2015 viene raggiunta sul podio dei principali paesi consumatori mondiali di vino dalla Germania, con 20,5 milioni di ettolitri, preceduta dalla Francia con 27,2 milioni di ettolitri e dagli Stati Uniti che conquistano il primato con 30,1 milioni di ettolitri. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati dell’Organizzazione mondiale del Vino e della Vite (Oiv) che ha evidenziato peraltro una sostanziale stabilità nei consumi mondiali in quantità a 240 milioni di ettolitri, erano 239 nel 2014. Il cambiamento della classifica è stato determinato, sostiene la Coldiretti, dall’aumento dell’1 per cento dei consumi negli Usa, dal calo dell’1,2 % dei consumi in Francia, del debole aumento in Italia (+0,3%) e di quello più consistente della Germania (+1,1%). Negli ultimi anni si è verificata, come sottolinea Coldiretti, una vera rivoluzione del mondo del vino a partire dall’Italia dove i consumi interni sono scesi al minimo dall’Unità d’Italia anche se nel 2015 hanno registrato una debole inversione di tendenza anche se gli italiani hanno detto addio – precisa la Coldiretti – a quasi un bicchiere di vino su quattro negli ultimi dieci anni. Il risultato è che la quantità di vino Made in Italy consumato in Italia è risultata addirittura inferiore di quella bevuta fuori dei confini nazionali con l’Italia. Secondo l’Organizzazione mondiale del Vino e della Vite (Oiv) infatti l’Italia nel 2015 è il primo produttore mondiale di vino con 49,5 milioni di ettolitri davanti alla Francia con 47,5 milioni di ettolitri, con la produzione mondiale che è salita del 5,4 per cento a 274,4 milioni di ettolitri.

Nel 2015, rispetto all’anno precedente, le vendite di vino italiano all’estero hanno raggiunto il record storico di 5,4 miliardi (+5%) per effetto di un incremento in valore di oltre 13% negli Usa, mentre nel Regno Unito l’export cresce dell’11% e la Germania rimane sostanzialmente stabile. In Oriente le esportazioni sono cresciute sia in Giappone sia in Cina, rispettivamente in valore del 2% e del 18%. Negli Stati Uniti – continua Coldiretti – sono particolarmente apprezzati il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Pinot Grigio, il Barolo e il Prosecco che piace però molto anche in Germania insieme all’Amarone della Valpolicella e al Collio. Lo spumante è stato il prodotto che ha fatto registrare la migliore performance di crescita all’estero nel 2015 con le esportazioni che con un aumento del 17% ha raggiunto il record di 985 milioni di euro. Nella classifica delle bollicine italiane piu’ consumate nel mondo ci sono nell’ordine il Prosecco, l’Asti, il Trento Doc e il Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. Per quanto riguarda le destinazioni, la classifica è guidata dal Regno Unito con circa 250 milioni di euro e un incremento del 44% nel 2015, ma rilevanti sono anche gli Stati Uniti con circa 200 milioni e un aumento del 26% a valore. Preoccupante, sempre secondo Coldiretti, è invece il flop registrato in Russia dove le esportazioni di vini e spumanti calano ulteriormente del 31% per effetto delle tensioni politiche e commerciali nonostante il vino non rientri tra i prodotti colpiti dall’embargo. Il successo del vino italiano all’estero ha spinto il fatturato del vino e degli spumanti che cresce del 3% e raggiunge nel 2015 il valore record di 9,7 miliardi.

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Veneto: pioggia di richieste per nuovi vigneti

Oltre il 50% delle richieste nazionali per nuovi vigneti arrivano dal Veneto. Richieste eccessive che non potranno essere soddisfatte visto che la normativa europea stabilita dalla Pac  (politica agricola comune), per il 2014-2020, prevede che ad ogni regione spetti l’1% di incremento della superficie vitata posseduta. Il Veneto attualmente dispone di 80.000 ha e da normativa ne potranno essere concessi solo 800 aggiuntivi. La richiesta complessiva della regione è stata di 34.000 ettari, a fronte di 3586 istanze avanzate anche da  aziende cerealicole e zootecniche che vorrebbero convertire la loro attività non più redditizia. A far la parte del leone la provincia di Treviso e Verona, ma sono pervenute numerose richieste anche da zone non a tradizione vinicola della provincia di Venezia e Rovigo. I dati sulle richieste sono stati diffusi da Confagricoltura Treviso, sulla base dei dati dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), che ha chiuso l’istruttoria il 31 marzo. Per Gianclaudio De Martin, presidente dei viticoltori di Confagricoltura Treviso, questo principio crea una turbativa, favorendo le enormi superfici di centinaia di ettari del Rodigino e del Veneziano rispetto al viticoltore storico trevigiano, il quale dispone al massimo di poche decine di ettari.

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Andrea Larsson sommelier per Franciacorta al Vinordic

Poco dopo la conclusione di Vinitaly il Franciacorta riparte per un nuovo viaggio, direzione Svezia. Dal 26 al 29 Aprile Franciacorta sarà infatti ospite di Vinordic, la principale fiera nordeuropea dedicata alle eccellenze enogastronomiche.A rappresentare il territorio e i suoi raffinati prodotti vitivinicoli saranno le 24 cantine presenti, ubicate nello stand interamente dedicato della grandezza di 27 mq. Si tratta di un primo piccolo passo, che acquista però molta importanza strategica, date le potenzialità dell’ambito di inserimento: i paesi scandinavi presentano infatti un mercato in notevole crescita nel settore dell’enoturismo e costituiscono un’interessante vetrina per la realtà franciacortina. Alla giornata inaugurale del 25 aprile seguirà una cena eclusiva presso il rinomato ristorante di Villa Källhagen di Stoccolma, che proporrà un menù studiato interamente con abbinamenti Franciacorta. All’esclusivo evento parteciperanno vari degustatori e personaggi di spicco della società svedese e il migliore sommelier del mondo 2007, Andreas Larsson. Il 26 aprile lo stesso Larsson sarà il conduttore di due seminari di degustazione presso la Conference Room della fiera (K24), dove tutti i partecipanti di Vinordic avranno la possibilità di avvicinarsi al mondo del Franciacorta, attraverso gli assaggi e la sapiente descrizione delle varie tipologie di vini.

LE CANTINE PRESENTI A VINORDIC – FRANCIACORTA STAND A43:10
Abrami Elisabetta – Antica Fratta – Azienda Agricola Fratelli Berlucchi – Barone Pizzini – Bellavista – Berlucchi Guido – Bersi Serlini – Bonfadini – Castel Faglia Monogram – Cavalleri – Contadi Castaldi – La Boscaiola – Le Cantorie – Lo Sparviere – Majolini – Mirabella – Monte Rossa – Mosnel – Plozza Ome – Ricci Curbastro – Ronco Calino – Santus – Tenuta Montedelma – Villa Crespia Muratori

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Cantine Aperte, Mtv con l’Airc: un calice di vino per la ricerca sul cancro

Dall’Etna alle Alpi, dalle vigne sul mare a quelle nell’entroterra. Quest’anno Cantine Aperte scende in campo in tutta Italia al fianco di Airc con “Un bicchiere per la ricerca”, grazie alla partnership tra ilMovimento Turismo Vino e l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Ad annunciarlo la scorsa settimana a Vinitaly nello stand del Movimento Turismo Vino, il presidente Carlo Pietrasanta, assieme al direttore generale di Airc, Niccolò Contucci, in presenza di Giorgio Barchesi, il “Giorgione” di Gambero Rosso Channel, testimonial di Airc. Sarà “Un bicchiere per la ricerca” il claim scelto per l’edizione numero 24 di Cantine Aperte, che anche per il 2016 apre i battenti con un doppio appuntamento all’insegna della cultura del vino: sabato 28 e domenica 29 maggio, acquistando un calice per le degustazioni nelle cantine Mtv dello Stivale, gli enoappassionati potranno contribuire alla lotta contro i tumori e sostenere così la raccolta fondi a favore della ricerca oncologica. E come da tradizione, non mancheranno le enoiniziative aperte a tutti, che spazieranno dai tasting ai banchi d’assaggio, dai trekking tra i filari alle visite guidate in cantina, dai pranzi alle cene con il vignaiolo, fino alle proposte all’insegna della musica e dell’arte.
“Abbiamo voluto fortemente questa nuova collaborazione con Airc – ha evidenziato Carlo Pietrasanta – perché siamo convinti che il vino, grazie al suo potenziale attrattivo, possa dare un contributo importante anche sul piano sociale. Cantine Aperte, che da oltre vent’anni richiama migliaia di enoappassionati da tutta Italia, sarà una buona occasione per sostenere la ricerca sul cancro e per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema”. Per Niccolò Contucci “ogni giorno grazie agli oltre 4 milioni e mezzo di sostenitori che hanno scelto di essere al nostro fianco possiamo garantire a circa 5 mila ricercatori di proseguire senza sosta nel loro lavoro, per rendere il cancro sempre più curabile”. “Insieme ai nostri tradizionali appuntamenti di piazza – ha proseguito il direttore generale Airc – per noi sono fondamentali anche le tante iniziative che si svolgono sul territorio e che ci consentono di promuovere la nostra missione presso un pubblico sempre più ampio. Per questo siamo grati al Movimento Turismo del Vino per la collaborazione che ci hanno offerto nell’ambito della manifestazione Cantine aperte”.
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“Risparmio di 1.100 euro per ettaro con le viti resistenti”. 21 milioni di euro in tre anni per il progetto cloni

“È impossibile definire un risparmio uniforme dall’utilizzo di viti resistenti, ma se prendiamo la zona del Nord-Est dell’Italia, abbiamo valutato un risparmio di 1.100 euro per ettaro per anno. Significa che un’azienda di 30 ettari in 10 anni avrebbe una riduzione dei costi di 330.000 euro”. Usa la matematica Eugenio Sartori, direttore generale dei Vivai Cooperativi Rauscedo, per rafforzare la richiesta di accelerare sulle “Opportunità da scoprire per le varietà di vite da vino resistenti”, titolo del convegno e della tavola rotonda organizzato a Veronafiere dall’Informatore Agrario, in collaborazione con Vinitaly, Crea ed Ersa. La ricerca genetica applicata alla vite si pone l’obiettivo di creare piante più resistenti a fitopatologie, alla siccità, alle malattie, ma anche per avere una maggiore sostenibilità ambientale e, come si è visto, economica. Sostenibilità che è stato il filo conduttore di Enolitech, Salone Internazionale delle Tecniche per la Viticoltura, l’Enologia e delle Tecnologie Olivicole ed Olearie, andato in scena a Veronafiere, in contemporanea alla 50ª edizione di Vinitaly. “Ci troviamo di fronte a normative diverse tra diversi paesi – prosegue Eugenio Sartori -. A livello europeo abbiamo ottenuto l’approvazione dalla Germania e dalla Repubblica Ceca per vini da tavola Igt, mentre in Friuli Venezia Giulia, dopo test durati 10 anni, siamo ancora fermi. La legislazione dovrebbe essere al passo con il mercato, altrimenti rischiamo di perdere terreno prezioso”. Resta da risolvere – non solo per la registrazione delle nuove varietà (o cloni) – il nodo della legislazione anche per la mera fase della ricerca, i cui ambiti non sempre sono regolati dalle normative, lasciando dei vuoti entro i quali diventa complicato orientarsi.

Dal ministero delle Politiche agricole dovrebbero a breve dare indicazioni sul piano di investimenti per un progetto triennale di ricerca sulle viti resistenti, attingendo dal fondo di 21 milioni di euro finalizzati anche alle biotecnologie, come anticipato a margine dell’incontro dalla professoressa Alessandra Gentile, commissario delegato del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia agraria. Fra i centri più attivi sul fronte scientifico, l’Università di Udine, che “dal 1998 – ricorda il professor Raffaele Terstolin – ha registrato, in seguito alla ricerca, 10 varietà, metà a bacca bianca e metà a bacca rossa: da Sauvignon a Cabernet Sauvignon a Merlot a Tocai friulano”. Il mondo della produzione è favorevole all’innovazione. Lo riconosce Christian Scrinzi, direttore di produzione del Giv (Gruppo italiano vini) che sul tema riconosce come ci sia “richiesta di prodotti biologici e biodinamici” e che “le viti resistenti si inseriscano proprio in questo filone sempre più richiesto dai consumatori”. Per il professor Attilio Scienza, ordinario di Viticoltura dell’Università di Milano, “finora le varietà di vigneti resistenti hanno finora incontrato la resistenza dei viticoltori dell’Europa meridionale, perché si tratta di viti che sopportano il freddo, elemento visto come una possibilità per sfondare nei paesi nordici. Credo che, quando nel 2017 la Francia registrerà nuovi vitigni resistenti, allora forse i produttori prenderanno in maggiore considerazione l’opportunità offerta dalla ricerca”.

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I guru del vino ai seminari di alta formazione organizzati da Fem

Bilancio positivo per i seminari di alta formazione sul vino promossi dalla Fondazione Edmund Mach a cui hanno partecipato nei giorni scorsi illustri esperti e consulenti del settore di fama nazionale e mondiale: il sociologo Gianmarco Navarini, autore per “Il Mulino” del libro “I mondi del vino”, l’esperto e consulente di vino Robert Joseph, autore di Marketin Wine Toolkit e il noto importatore di vino statunitense, Jim Lo Duca. Numerosi operatori, appassionati, ma anche studenti del corso di laurea e del master Wem hanno seguito con attenzione i seminari “Extra Program” dell’Executive Master in Wine Export Management, trasmessi anche in diretta streaming su live.fmach.it e organizzati dal Dipartimento istruzione post secondaria e universitaria del Centro Istruzione e Formazione. Gianmarco Navarini insegna Sociologia della cultura ed Etnografia all’Università di Milano-Bicocca ed è autore per “Il Mulino” del libro “I mondi del vino”. Ha analizzato gli elementi che compongono la fenomenologia sociale del mercato, dai processi culturali di differenziazione dei mondi del consumo e della produzione allo sviluppo dei legami tra i sistemi di classificazione del vino come prodotto e le classificazioni sociali dei consumatori.

Robert Joseph, acuto osservatore del mondo del vino e giornalista del magazine di economia vitivinicola Meininger’s Wine Business, è visiting professor della Burgundy Business School. Autore di Marketin Wine Toolkit, Master of Wine, è fondatore del Wine Challenge di Londra, concorso enologico internazionale con la partecipazione di oltre 10.000 vini. Il seminario di Joseph è partito da una domanda fondamentale e per certi aspetti didattica: “Come scegli una bottiglia di vino quando non c’è un nome di un produttore di vino o di un’azienda che riconosci? Il dibattito che è ne scaturito è stato appassionante ed a tratti “illuminante”. Jim Lo Duca ha evidenziato il punto di vista dell’importatore USA, illustrando le problematiche che quotidianamente si trova a dover risolvere. Conoscerle e saperle affrontare è indispensabile per creare un rapporto fiduciario. Secondo Lo Duca, il vino può anche essere buonissimo, ma per sfondare con gli importatori americani serve una adeguata comunicazione professionale.

I seminari si inseriscono all’interno del quarto Executive Master in Wine Export Management con 25 nuovi aspiranti export manager del vino, selezionati da una commissione che ha valutato un elevato numero di candidature. Il master si completerà l’11 giugno e si propone di formare export manager nel settore vinicolo. In questi giorni, sempre nell’ambito master, si è svolto anche il primo corso Wine & Spirtit Education Trust, la più autorevole organizzazione mondiale per le qualifiche professionali nel mondo del vino e dei distillati per fornire certificazioni riconosciute a livello internazionale rivolte agli operatori del settore e agli appassionati. A fine giugno ed inizio luglio sono programmati altri due corsi Wset Level 2 per complessivi 40 posti, mentre il terzo livello del corso si terrà a fine ottobre.
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Vini al supermercato

Aliotto Toscana Rosso Igt 2013, Tenute Lunelli

(5 / 5) Un blend composto da Sangiovese per il 60%, completato da un 40% di Cabernet, Merlot e altre uve toscane (40%).

E’ il vino biologico Aliotto Toscana Rosso Igt 2013 Tenute Lunelli, ottenuto dalla vinificazione delle uve della Tenuta Podernovo, nel cuore delle colline pisane.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, Aliotto si presenta di un rosso rubino intenso con sfumature violacee. Al naso, anch’esso intenso, sprigiona note di frutti rossi (marasca) e frutta sotto spirito. Non manca una venatura minerale e vegetale, che ricorda il rosmarino.

Al palato, Aliotto Toscana Rosso Igt 2013 delle Tenute Lunelli si conferma vino caldo, di corpo, secco, ma anche rotondo e fresco. Giustamente tannico, regala piacevoli note sapide, che conferiscono alla beva ulteriore scorrevolezza.

Un vino equilibrato, che in bocca gioca come al naso con le note di frutta rossa, rivelandosi più “piacione” delle attese. Buono anche il risvolto retro olfattivo, intenso, mediamente fine e sufficientemente persistente.

Da considerarsi pronta la vendemmia 2013, che mostra qualche margine di ulteriore miglioramento in bottiglia. Questo rosso toscano si abbina alla perfezione con piatti di carne, dai ragù dei primi sino ai secondi.

LA VINIFICAZIONE
Aliotto nasce da una attenta selezione delle uve provenienti dai vigneti della Tenuta Podernovo, splendido poggio vitato nel Comune di Terricciola, all’interno della pregiata ed emergente zona vinicola delle Colline Pisane.

I vigneti affondano le radici in terreni dotati di una tessitura di medio impasto, franco-sabbioso-argilloso, ricchi di conchiglie fossili, con una esposizione che va da Ovest a Est passando per il Sud, a un’altitudine di 137 metri sul livello del mare. Il sistema di allevamento è il cordone speronato, con una densità d’impianto di 5680 ceppi per ettaro e una resa di 60 ettolitri di vino per ettaro.

La vinificazione prevede la fermentazione a 28 gradi, in tini di acciaio. Il periodo di macerazione si protrae tra i 10 e i 15 giorni. Dodici i mesi di maturazione in barrique, con affinamento in bottiglia minimo di 4 mesi, prima della commercializzazione. Aliotto viene prodotto sin da 2004.

La famiglia Lunelli ha voluto, a partire dagli anni Ottanta, affiancare al noto marchio di spumante Ferrari “altre produzioni che ne condividessero i valori di fondo, ovvero altissima qualità, ricercatezza e forte legame con il proprio territorio”.

Ecco dunque al fianco del Metodo Classico Ferrari un’acqua come Surgiva, un marchio storico della grappa come Segnana, i vini trentini Lunelli, i toscani della Tenuta Podernovo e gli umbri della Tenuta Castelbuono e locanda Margon.

Prezzo pieno: 7,20 euro
Acquistato presso: Il Gigante

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degustati da noi vini#02

Al Ladar Bonarda Colli Piacentini Doc Riserva 2009 Bosco del Sole, Azienda Vitivinicola Francesco Montesissa

Sotto la lente di ingrandimento “Al Ladar“, Bonarda Colli Piacentini Doc Riserva Bosco del Sole dell’Azienda Agricola Montesissa Francesco di Carpaneto Piacentino (Pc). Un rosso non filtrato, vendemmia 2009. Nel calice si presenta di un rosso rubino intenso, impenetrabile, con unghia violacea. Scorre denso, tingendo il bordo di ‘lacrime’ fitte. Al naso libera sentori intensi di viola, prugna, frutta sotto spirito.

Non mancano le note vegetali aromatiche, di rosmarino, salvia e menta. Al palato, Al Ladar Bonarda Riserva Bosco del Sole 2009 Montesissa sfodera un tannino ancora vivo, che fa presagire – assieme a un’acidità e a una sapidità suadente – ancora ottime doti di affinamento in bottiglia. In bocca sembra di poter mordere le note fruttate di prugna matura e piccoli frutti di bosco.

Grande morbidezza, per un vino di 15 gradi di percentuale d’alcol in volume, tutt’altro che fastidiosi. Strepitoso anche il retro olfattivo, intenso, avvolgente, capace di chiudersi su persistenti note balsamiche di menta. Perfetto l’abbinamento con i primi al ragù e i secondi a base di carne, dai bolliti alla cacciagione, oltre ai formaggi stagionati. Per morbidezza accompagna bene anche il cotechino. Da provare come vino da meditazione.

LA VINIFICAZIONE
I vigneti che danno vita al 100% Bonarda Al Ladar Montesissa si trovano a Bacedasco, in provincia di Piacenza. Il vitigno viene allevato a Guyot, con una densità di 4.200 piante per ettaro. Le uve vengono vendemmiate nei primi giorni del mese di settembre. Vengono sottoposte a una fermentazione in acciaio, per 12 giorni circa.

La maturazione avviene invece in barrique per 12 mesi. Altri 6 mesi di affinamento in bottiglia precedono la commercializzazione. La vendemmia 2009 ha consentito la produzione di 1770 bottiglie. Qui il nostro reportage direttamente dall’azienda agricola Francesco Montesissa di Carpaneto Piacentino.

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degustati da noi vini#02

Oltrepò Pavese: va a ruba “Atmosfera”, primo spumante della Bagnoli Vini di San Damiano al Colle

Profumo delicato ma intenso, gusto secco e fruttato, lunghissima persistenza. Il panorama delle bollicine dell’Oltrepò Pavese si arricchisce di un nuovo protagonista a base Pinot Nero vinificato in bianco: Atmosfera, della società agricola Bagnoli Vini di San Damiano al Colle, Pavia. Un Brut di cui sono state prodotte per la prima annata circa 5 mila bottiglie. Due terzi delle quali sono già andate a ruba. Un prodotto autentico, che racconta la dedizione con la quale i fratelli Luigi e Fausto Bagnoli si occupano dell’azienda di famiglia e dei suoi filari. Versato nel calice, Atmosfera sfodera un perlage molto fine, per nulla invadente o fastidioso al palato. In bocca ripresenta le note fruttate di pesca e pera già percepite al naso, sfoderando una buona struttura e un finale che tende lievemente all’amarognolo del pompelmo. La persistenza è il piatto forte: Atmosfera e le sue fragranze sembrano non finire mai. “Quello di quest’anno – spiega Luigi Bagnoli – è stato un esperimento. Molti dei nostri clienti, ovvero ristornati, enoteche e gastronomie, ci chiedevano di completare la nostra gamma di vini dell’Oltrepò con una bollicina. Li abbiamo accontentati ed è stato un successo”. E la ciliegina sulla torta è l’etichetta, stampata su un materiale speciale, simile al tessuto, testato per resistere all’erosione dell’acqua marina. Per di più di colore cangiante, in base alla luce.

LA VINIFICAZIONE
Atmosfera nasce da uve Pinot Nero pigiate e poste in autoclave senza aggiunta di lieviti. La fermentazione avviene a temperatura e pressione controllata, una tecnica diffusa particolarmente in Germania piuttosto che in Italia. Una tecnica rischiosa, dal momento che l’accumulo di pressione nella vasca può finire per incidere sulla vitalità dei lieviti, durante la fermentazione.

Producendo per altro odori o deviazioni che espongono il prodotto tanto al rischio di essere gettato via, quanto a risultare eccellente. “Come tutte le cose buone – commenta Luigi Bagnoli – la componente rischio è fondamentale e a noi piace metterci in gioco. Il ‘paziente’ potrebbe decedere durante l’intervento, insomma”. Ecco dunque l’importanza, ancora una volta, di portare in vinificazione “solo uve sanissime”.

“La vigna è il fulcro di tutto – spiega il produttore pavese – sarei falso se vi dicessi che i risultati sono dovuti solo alla mia bravura. Il segreto di un’azienda che lavora bene, non solo in Oltrepò ma in tutto il mondo, è avere terreni e vigneti buoni o eccellenti: grazie a mio padre e ai miei nonni, tutto questo è possibile nella nostra azienda”.

Le uve Pinot Nero sono state monitorate accuratamente sin dall’inizio della maturazione e raccolte – ecco un’altra particolarità – a un grado di maturazione perfetto. Per gli spumanti convenzionali, invece, si preferisce vinificare uve non ancora perfettamente mature, sfruttandone l’acidità.

“Siccome non sono un grande amante degli spumanti – dichiara Luigi Bagnoli – quando a luglio dello scorso anno abbiamo deciso finalmente di produrne uno nostro, ci siamo anche detti che sarebbe stato differente dagli altri. Un prodotto che piacesse a me, innanzitutto: fruibile e bevibile senza avere mal di testa o bruciori di stomaco, anche esagerando con un paio di bicchieri in più”.

Altra scelta, quella di non aggiungere zuccheri o aromi. Un Brut metodo Charmat di gradazione complessiva 12,40%. “Abbiamo così prodotto uno spumante vicino alla nostra idea di azienda vitivinicola – commenta Fausto Bagnoli – da bere a tutto pasto, dall’aperitivo agli antipasti, dai primi di pesce, molluschi e crostacei sino alla carne. Una bollicina tutt’altro che ‘pasticciata’, che ha nella facilità di beva e nella grande pulizia i suoi valori aggiunti”.

L’OLTREPO’ VISTO DAI FRATELLI BAGNOLI
Un prodotto, lo spumante Atmosfera, differente da molte bollicine dell’Oltrepò Pavese. Una realtà che, a detta dei fratelli Bagnoli, “penalizza” spesso i produttori. “Fare i numeri è un po’ il marchio di fabbrica di questa zona vitivinicola – dichiara Fausto Bagnoli – che spesso si dimentica della qualità. Noi stessi paghiamo lo scotto di produrre in quest’area sferzata negli anni da tanti, troppi scandali. Fortunatamente noi siamo riusciti a farci un nome. Ma se mi metto nei panni di un giovane che intenda accostarsi oggi, nel 2016, al panorama vitivinicolo con l’intenzione di fare qualità, non posso che prevedere per lui una strada in salita”.

Per la Bagnoli, il passaparola tra i clienti che hanno toccato con mano la qualità e la salubrità dei prodotti è un motivo di vanto. “Ma anche noi siamo penalizzati – aggiunge Luigi Bagnoli – dal momento che fuori dalla zona, al di là del passaparola, veniamo penalizzati dalla nomea dell’Oltrepò, senza che neppure i nostri prodotti vengano assaggiati. Questo è ovviamente un limite dell’interlocutore, ma speriamo che le cose cambino non solo per noi, ma per l’intero Oltrepò”.

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Vini al supermercato

Brusco dei Barbi Rosso Toscana Igt 2013, Fattoria dei Barbi

Prodotto in prevalenza con uve Sangiovese, il Brusco dei Barbi Toscana Igt è un vino prodotto dalla Fattoria dei Barbi di Montalcino, Siena. Frutto di lunghi studi effettuati negli anni ’60 e ’70 da Giovanni Colombini sulla fermentazione delle uve di Montalcino, si prefigge l’obiettivo di “mettere in evidenza con grande semplicità e schiettezza, le tipiche note fruttate di questo vitigno”. Una missione più che compiuta, che si conferma anche a distanza di anni di evoluzione in bottiglia. Sotto la lente di ingrandimento di vinialsupermercato.it finisce infatti la vendemmia 2013, che a tre anni di distanza si rivela ancora capace di dare centralità al frutto, incastonato – per quanto riguarda la parte olfattiva – in una speziatura sostenuta, eppure mai invasiva. Nel calice, il vino comincia a tendere al granato, pur mostrandosi sostanzialmente del colore originario: il rubino intenso. Scorre poco denso e trasparente, emanando un bouquet fine, assieme fruttato, floreale e vegetale. Ai frutti rossi (lampone, fragoline di bosco) si accostano note delicate di viola. Con l’ossigenazione, il Brusco dei Barbi mostra le unghie con il carattere delle note vegetali (rosmarino e salvia), sostenute da spezie come lo zafferano e dalla percezione di tostatura e cuoio. Un quadro che sembrerebbe anticipare un palato robusto: tutt’altro. In bocca, il Brusco della Fattoria dei Barbi sembra aver già esaurito tutte le sue cartucce, a tre anni dalla vendemmia. Eppure, il contrasto tra un olfatto dirompente e un gusto soffuso e snello, è forse ciò che di meglio ha da offrire questo vino toscano. Grande facilità e piacevolezza nella beva, dunque, nonostante il Brusco si mostri ancora di alcolicità calda. Il segreto? La freschezza e il finale che tende al sapido, invitando al sorso successivo. Un vino curioso e tutt’altro che banale, insomma, inserito nella corretta fascia prezzo nei supermercati italiani. Il Brusco dei Barbi Toscana Igt è abbinabile a tutto pasto. Servito a una temperatura di 18 gradi, si accompagna bene a carni bianche, affettati, sughi speziati, formaggi non troppo stagionati e pizza tradizionale.

LA VINIFICAZIONE
Le uve pigio-diraspate subiscono un abbattimento di temperatura fino a 16 gradi. Questo processo di raffreddamento della buccia dell’uva permette di ottenere una maggiore estrazione del contenuto in antociani e polifenoli. La fermentazione alcolica si protrae per 10-12 giorni a temperatura controllata, tra i 17 e i 18 gradi. Il vino permane in vasche d’acciaio fino all’imbottigliamento, che precede la commercializzazione. L’apertura al pubblico della Cantina dei Barbi, negli anni ’50’ è uno degli atti di nascita del turismo del vino, in Toscana e non solo. Dopo la morte di Giovanni Colombini nel 1976, la fattoria dei Barbi è stata guidata dalla figlia Francesca e poi dal nipote Stefano, che a loro volta hanno sviluppato ed esteso le proprietà di famiglia a Montalcino, dando così seguito ad una grande tradizione che risale all’Ottocento.

Prezzo pieno: 5,49 euro
Acquistato presso: Iper la grande I (Finiper)
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Vino, business per Toscana e Veneto. Sicilia in (lieve) perdita, Emilia “soffocata” dalle coop

Il vino rende bene in Veneto e Toscana, regione italiana che risulta fortemente proiettata anche al mercato estero. Ma se il Friuli ha chiuso il 2014 in pareggio, la Sicilia arranca e perde quota. Mentre l’Emilia Romagna appare appesantita dal modello cooperativo. E’ una delle fotografie che emergono dall’indagine sul settore vinicolo
italiano, pubblicata nei giorni scorsi dall’Ufficio Studi Mediobanca. Centotrentasei le società coinvolte sul territorio italiano, concentrate però in alcune aree. Emerge così che in alcune regioni (6) la performance economica è relativamente più brillante rispetto alla media nazionale: è il caso della Toscana, le cui aziende segnano margini industriali molto elevati (41,9% il Mon sul valore aggiunto), tali da consentire una cospicua redditività del capitale (roi al 7,5%, contro il 6,6% dell’aggregato generale), pur in presenza di un turnover relativamente basso (17%) attribuibile alla natura fortemente integrata lungo tutta la filiera (raccolta/vinificazione/invecchiamento). Nonostante quest’ultimo aspetto, la patrimonializzazione è adeguata e i debiti finanziari rappresentano il 29,1% del capitale investito (contro il 42,4% dell’aggregato). Le aziende toscane segnano anche una forte proiezione internazionale, con export al 65,8% sopra il dato medio del 50,6%. Anche il rapporto tra costo del lavoro e valore aggiunto netto (Clup) è particolarmente favorevole (48,3%). Il migliore roi regionale è tuttavia quello delle imprese venete (9,9%), favorite dall’elevato tasso di rotazione del capitale investito (25,1%). Veneto e Toscana coprono posizioni di vertice in termini di roe, pari rispettivamente all’11,6% e al 6,2%. Ha chiuso quasi in pareggio il Friuli, la regione con il costo del lavoro per addetto più elevato, e in lieve perdita la Sicilia. Sono relativamente meno soddisfacenti le performance dell’Emilia-Romagna, ove prevale il modello cooperativo che porta, come già visto, ad una maggiore incidenza del debito finanziario (56% le coop, 36,3% le non coop) e a margini industriali più modesti (Mon su valore aggiunto al 15,5% per le coop, 41,8% le non coop). Non particolarmente brillante, infine, il profilo della Lombardia con redditività modesta (roi al 4,1%, roe al 3,2%) e bassa propensione all’export (13,8%).
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Vini al supermercato

Conte della Vipera Umbria Igt 2012, Marchesi Antinori

Il Conte della Vipera, blend composto all’80% da Sauvignon Blanc e al 20% da Sémillon, è uno dei vini bianchi che la nota casa vitivinicola toscana Antinori “regala” agli scaffali della grande distribuzione organizzata. Una presenza che, di per sé, dà lustro all’intero segmento. Siamo di fronte a un Umbria Igt, vendemmia 2012. Il vino, prodotto a partire dal 1997, prende il nome dai primi proprietari del Castello della Sala, la famiglia Monaldeschi della Vipera. E l’etichetta riporta un disegno della Cappella di San Giovanni, del XV secolo, situata all’interno delle tenute. Nel calice, Conte della Vipera 2012 Antinori si presenta di un giallo paglierino con riflessi dorati. Anche al naso conferma l’evoluzione avvenuta in bottiglia nel corso degli anni, rispetto alle caratteristiche di freschezza iniziale: note leggere di sambuco, bosso, mandorla e agrumi che si ripresentano anche al palato, in un finale mediamente persistente che ricorda il pompelmo. Al palato risulta morbido e rotondo, in un crescendo di sapidità che accompagna verso le note agrumate finali. Difficile prevedere un ulteriore miglioramento in bottiglia per un prodotto che, ottenuto dalla vendemmia 2012, risulta più che mai apprezzabile, ma ormai maturo. L’abbinamento consigliato è quello con gli antipasti e i piatti di pesce, oltre alla pasta al pesto e alle preparazioni a base di verdure, in particolare gli asparagi.

LA VINIFICAZIONE
I vigneti destinati al Conte della Vipera sono situati a un’altezza che varia dai 250 ai 350 metri sul livello del mare, in suoli ricchi di sedimenti fossili marini con infiltrazioni di argilla che conferiscono mineralità e sapidità all’uva. Nel 2012, annata connotata da un inverno freddo e privo di piogge e un’estate calda e secca, il Sauvignon Blanc è stato vendemmiato al momento del perfetto equilibrio tra concentrazione zuccherina e massima espressione dei profumi varietali dell’uva. I grappoli, raccolti manualmente, sono stati immediatamente trasferiti in cantina e raffreddati attraverso il passaggio in un convogliatore refrigerato che ne ha abbassato la temperatura. Le uve sono state poi pressate in maniera soffice, in modo da mantenere inalterate le caratteristiche varietali. Il mosto è stato mantenuto per alcune ore ad una temperatura di 10 gradi, consentendo l’illimpidimento naturale. E’ seguito il travaso in serbatoi di acciaio inox a temperatura controllata, dove si è svolta la fermentazione alcolica a una temperatura non superiore ai 16 gradi. Completata questa operazione, il vino è stato conservato ad una temperatura di circa 10 gradi per impedire lo svolgimento della fermentazione malolattica e conservare inalterate le caratteristiche organolettiche. Il Sauvignon Blanc è stato poi assemblato con il Sémillon per accentuarne la sapidità e conferirgli rotondità. E anche per il Sémillon, Antinori ha proceduto alla classica vinificazione in bianco. Appena dopo la raccolta, verso la seconda metà di settembre, le uve sono state diraspate e immediatamente pigiate in maniera soffice. Dopo l’illimpidimento statico, il mosto limpido è stato spillato e inoculato con lieviti selezionati. Dando così inizio a una lenta fermentazione a 16 gradi, per preservare la componente aromatica. Terminata la fermentazione alcolica, il vino è stato travasato con una modesta quantità di lieviti ancora in sospensione. Dopo una serie di travasi, ecco il taglio con il Sauvignon.
Prezzo pieno: 15,84 euro
Acquistato presso: Iper la grande I (Finiper)
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A Vinitaly la presentazione del libro “Campanella” di Maria Cristina Sarò

In occasione del Vinitaly, che si terrà dal 10 al 13 aprile 2016 a Verona Fiere, alle 16.45 del 10 aprile presso il Padiglione 2/ Area Istituzionale Regione Sicilia, sarà presentato il romanzo “Campanella” di Maria Cristina Sarò, edito da Torri del Vento Edizioni. Interverranno, insieme
all’autrice, Donatella Cinelli Colombini, Presidente Associazione Nazionale Le donne del vino, Lilly Ferro Fazio, Delegata Regione Sicilia Associazione Nazionale Le donne del vino, Elena Martusciello, Presidente emerita Associazione Nazionale Le donne del vino, Produttrici Associazione Nazionale Le donne del vino – Regione Sicilia. Letture a cura dell’attore Vito Bartucca (dal progetto teatrale “Campanella. Vendemmia di parole/Harvest of words”).

IL LIBRO
Sicilia. Sciacca e vigneti tra Menfi e il Belice. Ina e Campanella sono giovani e innamorati. Ina appartiene alla famiglia Pensabene, la famiglia mafiosa che controlla l’economia e il territorio. Campanella è un giovane avvocato, ha un cugino di nome Franco che parla con la vigna ed è matto. È il 1984 quando ha inizio il processo Campanella, chiamato così perché il giovane avvocato viene trascinato in tribunale dalla famiglia Minchialuzzo, che rivendica un matrimonio e il danno di un lotto di vigne bruciate. Durante il processo, Ina scompare e il suo corpo viene ritrovato in mare. Il processo dura trent’anni e si ripete come la vendemmia. Le storie s’intrecciano come le viti, si piegano e si accasciano l’una sull’altra. Le cinque fasi del vino diventano le fasi della vita di quest’uomo che rimane solo contro tutti e senza Ina; rimane con la promessa di un fiore dentro alla bocca, una campanella, che getta ogni sera in mare per lei.

L’AUTORE
Maria Cristina Sarò (Messina, 1983) è autrice e regista teatrale. Ha pubblicato: Maria Paiato. Un teatro del personaggio (Titivillus edizioni, 2011); il racconto Salvo e Sara. Palermo 92 (Caracò, 2014); il racconto Accussì-Giampilieri, sull’alluvione messinese del primo ottobre 2009 (antologia La giusta parte, Caracò Editore, 2011); il monologo Donna dell’Italia, racconto-inchiesta di donne e operaie (volume Fiori dal cemento, Caracò-Fillea/Cgil, 2013). Campanella è il suo primo romanzo (www.lestoriediCampanella.it).

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Ecco i numeri del vino made in coop: l’unione che fa la forza

187 aziende di natura cooperativa,  in rappresentanza delle principali Dop Italiane saranno presenti al Vinitaly a raccontare i loro prodotti. Il vino delle cooperative è un business che vale 4,3 miliardi di euro l’anno, di cui 1,8 miliardi di esportazioni. Proprio in occasione dell’appuntamento di Verona, l’Alleanza delle Cooperative Italiane  ha tracciato il quadro di quello che è il peso del vino della cooperazione, nelle diverse Dop e Igp italiane, prendendo spunto da una rilevazione Ismea che attribuisce al vino cooperativo il 52% del vino totale nazionale Dop ed il 65% del vino Igp. Quote addirittura superiori al peso delle cooperative sui vini comuni (50%). Fuori dal generico, cooperative Cantine riunite & Civ (547 milioni di ricavi nel 2015), Caviro (226 milioni), Cavit (167 milioni), Gruppo Cevico (112 milioni). Del Prosecco, è risultato che la metà della vinificazione è fatta da cooperative. Lo stesso accade nella vicina Valpolicella dove 3 bottiglie su 5 hanno origine sociale. Sempre in Veneto, l’80% del Soave Doc e il 53% del bianco di Custoza arrivano da coop. In Trentino le cooperative sono una forte presenza con oltre il 90% del prodotto per le Doc di Teroldego Rotaliano, Trentino, Valdadige e Casteller e un 24% per lo spumante Trentodoc. Ma anche in alcune regioni considerate fuori dal coro le cooperative hanno un peso discreto. Per il Piemonte, Barolo 20%, Barbaresco 22% e Dolcetto di Dogliani 42%. Per la Toscana a seconda delle denominazioni: solo 10% della produzione per Brunello di Montalcino, il 20% per il Chianti Classico Docg e il 50%  per il Nobile di Montepulciano. Non sorprende l’Emilia Romagna, la patria delle cooperative, con il 90% del Lambrusco e il 75% del Sangiovese di Romagna made in coop. Nel Lazio la Doc Vignanello è vinificata solo da cooperative e anche praticamente la Igt Colli Cimini a quota  98%. Scenario che si ripete in Puglia, dove si contano 6 Doc con valori pari all’80% dell’intera produzione, mentre il Primitivo di Manduria raggiunge quota 40%.
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Vermentino di Gallura Docg 2014 Lughena, Cantina del Giogantinu

(3,5 / 5)Direttamente dalla Cantina sociale del Giogantinu di Berchidda, zona Nord della Sardegna, ecco il Vermentino di Gallura Docg Lughena. Di colore giallo paglierino con riflessi verdolini, risulta scorrevole nel calice, dove appare limpido e trasparente. Al naso è intenso e gradevole, anche se di complessità sottile: spazia dai tipici sentori di macchia mediterranea alla frutta fresca, come la pesca e gli agrumi. Tutti descrittori che ritroviamo in un palato – questo sì – complesso, che ricorda anche spezie come la noce moscata. E che, nel finale, tende a chiudersi verso l’amarognolo tipico del vitigno. In bocca il Vermentino Lughena Giogantinu risulta caldo, di corpo, rotondo, secco anche se ammiccante. La buona vena acida si bilancia con una sapidità decisa. Intenso anche il retro olfattivo, mediamente fine e sufficientemente persistente. Buono come aperitivo, questo Vermentino della Sardegna del Nord si abbina con qualsiasi piatto a base di pesce, oltre a offrire il meglio di sé con piatti a base di crostacei, carni bianche, verdure, funghi e formaggi di media stagionatura. Va servito a una temperatura di 8-10 gradi.

LA VINIFICAZIONE
Le uve, dopo la diraspatura, vengono pressate in modo soffice. Il mosto ottenuto viene raffreddato e illimpidito per sedimentazione naturale, grazia appunto alle basse temperature, e posto a fermentare a temperatura controllata. Terminata la fermentazione, dopo un leggero travaso, ancora ricco di attività biologica, il vino viene messo a maturare in vasche di cemento e conservato sino all’imbottigliamento, seguendo un rigoroso controllo della temperatura. Le vigne della Cantina Giogantinu da cui prende vita il Vermentino di Gallura Docg Lughena affondano le radici in terreni di tipo sabbioso a disfacimento granitico. L’azienda può contare sull’apporto di 250 viticoltori operanti sul territorio di Berchidda e Oschiri, in provincia di Olbia Tempio.
Prezzo pieno: 6,90
Acquistato presso: Esselunga
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Vino al supermercato, a Milano la rivoluzione Carrefour Market Gourmet: mille etichette in 80 metri quadrati di “enoteca”

Dimenticatevi i vini in brik, le dame da 5 litri e i bottiglioni di bianco o rosso, sulla tavola del nonno. Cliccate “reset”, insomma, sulla vostra idea di vino al supermercato. Acquistarlo, d’ora in avanti, potrà diventare sempre più un’esperienza multisensoriale. Da “bottega”. Anzi, da “enoteca”. E non è un’eresia. Si tratta piuttosto dell’obiettivo del nuovo “format” di supermercati Carrefour. I “Market Gourmet”. In viale Bezzi, a Milano, è stato inaugurato il 22 marzo scorso il supermercato ribattezzato “Re dei Gourmet” Carrefour. Un luogo dove fare la spesa diventa un viaggio tra diversi “mondi”. A proposito, non chiamateli più “reparti”. Dai banchi tradizionali dei freschi, passando all’orto verticale, dal quale è possibile scegliere la propria piantina di basilico, sino ai vini. Tutto è spettacolo. E per comprendere la trama dello show, noi di vinialsupermercato.it ci siamo fatti accompagnare da due padroni di casa d’eccezione:  Gianmaria Polti, responsabile Beverage del gruppo Carrefour, e Paolo Colombo, category Vini, Spumanti e Champagne dell’insegna francese. L’innovativo “scenario” è racchiuso nei 3.200 metri quadrati di una struttura ex Billa (gruppo Rewe) acquisita 2 anni fa da Carrefour, in una zona del capoluogo lombardo scelta per il reddito medio-alto dei residenti, oltre a un’anagrafica che premia una cospicua presenza giovanile. Al primo piano (il piano terra) la parte più “cool”, ovvero quella dei freschi (ortofrutta, macelleria, pescheria, salumeria), il banco del sushi e quello del food asiatico. Al piano -1 la Grocery, con i mondi meno “caldi” dello “Scatolame” e affini, cui dà il benvenuto uno splendido reparto vini e birre. “Il mondo del vino – spiega Gianmaria Polti – è legato profondamente all’idea di benessere e di qualità dell’alimentazione. Non potevamo dunque trascurare questo segmento, a cui abbiamo dato anzi tutto lo spazio che merita, in un’ottica di esperienza gourmet”. Immaginate dunque una sorta di trilocale di 80 metri quadrati. Con scaffali finemente rifiniti, disposti sui perimetri. E delle isole centrali, costituite da altre scaffalature eleganti, su cui sono riposti ordinatamente i “mondi” del Franciacorta, dello Champagne, dei vini dal mondo e dell’alta gamma. Ma il vero fulcro della cantina del Market Gourmet Carrefour di viale Bezzi è l’area dedicata alle degustazioni, che ospita con cadenza mensile un sommelier. In un angolo, addirittura, un’apparecchiatura in grado di raffreddare il vino prescelto in pochi minuti. Magari un bianco fermo. O un buona bollicina. Pronta al consumo senza passare dal frigo di casa, una volta terminata la spesa. Take it cold, take it easy.

I NUMERI
Circa mille le etichette presenti in questa particolare cantina. “Sono suddivise per regioni – spiega Gianmaria Polti – in maniera verticale. Si va dal nord al sud Italia, lungo il perimetro della cantina, da destra verso sinistra per i vini rossi. Poi iniziano rosati e bianchi, senza dimenticare i grandi formati e i brik, che abbiamo deciso di collocare sul fondo, non dimenticandoci di quei clienti che, anche in negozi come questo, sono alla ricerca del basso prezzo. Una parte che tuttavia abbiamo molto ristretto rispetto agli standard degli altri negozi della catena, basandoci anche sugli ultimi trend di questo segmento di mercato, che evidenzia una battuta d’arresto”. Salta all’occhio, in particolare, l’importanza che Carrefour ha voluto dare invece alle bollicine. E non solo a quelle francesi, che vanno da un minimo di 20 a un massimo di 200 euro. Grande spazio è stato infatti riservato al Metodo Classico italiano. Con la Franciacorta che si vede assegnata addirittura più facing di quelli necessari per alcune referenze. Anche in considerazione delle migliori previsioni di rotazione. “Crediamo molto nell’analisi dei trend di mercato – evidenzia ancora Polti – ma nel Franciacorta riponiamo grande fiducia per il futuro. E per questo sovraesponiamo il segmento, cercando col nostro credo di differenziarci da altri modelli di display, che sembrano tutti clonati. La revisione dei display avviene annualmente e, statisticamente, prevede la movimentazione di un 10% dell’assortimento. Qui in viale Bezzi è ancora troppo presto per tirare delle conclusioni a riguardo, ma sicuramente abbiamo intenzione di restare coerenti con le nostre convinzioni e previsioni”. A guidare il cliente nell’acquisto, una chiara “segnaletica” collocata sulle singole scaffalature, a indicare la suddivisione dei prodotti reperibili. A fare chiarezza, inoltre, delle targhette che fungono da grillo parlante, sotto le singole bottiglie: provenienza e uvaggio utilizzato, temperatura di servizio, abbinamenti culinari. Un surrogato del sommelier in “corsia”, la cui presenza – per ora – non è assicurata quotidianamente. “Per ora la cadenza delle degustazioni con presenza del sommelier è mensile – spiega Gianmaria Polti – ma la presenza costante e significativa di un sommelier nelle nostre cantine è un obiettivo che ci siamo prefissati per il futuro. Mi aspetto che questo si realizzi già nei prossimi anni. La presenza di un professionista del settore potrebbe da un lato essere utile alla clientela e, dall’altro, costituire indubbiamente un veicolo di redditività dei nostri spazi enoteca”. Il sommelier in corsia, inoltre, garantirebbe un presidio costante delle scaffalature, gestendo ordini e rotazioni delle annate. “Anche se – precisa Polti – il nostro input è quello di lavorare con poca scorta di magazzino, al di là dei prodotti in promozione per i quali non possiamo accettare rotture di stock. L’aspetto delle rotazioni, dunque, sarebbe importante ma marginale rispetto al resto delle peculiarità e dei vantaggi che potrebbe offrire la presenza continuativa di un professionista del vino”.

QUALITA’ AL SUPERMERCATO

Se la parola d’ordine qui è “gourmet”, anche il vino ne trae i suoi benefici. “Abbiamo fatto grandi passi avanti in termini di innalzamento del livello della qualità del vino in vendita al supermercato. I numeri – sostiene ancora il responsabile Beverage del gruppo Carrefour  – parlano chiaro e ci regalano grandi soddisfazioni. Basti pensare che ristrutturando un punto vendita come questo abbiamo riscontrato un incremento a doppia cifra su categorie come il vino, ma anche sulle birre, altro mondo che in Italia è in grande evoluzione, con le speciali e le artigianali che stanno conquistando nuovi margini di mercato, fungendo tra l’altro da traino e da volano per la vendita dello stesso vino. Un trend positivo in tutta la catena, che si evidenzia anche in punti vendita come Carugate”. Carrefour, vissuto in Italia come sinonimo di ‘ipermercati’, ‘prezzi bassi’, ‘vendite a grandi volumi’,  assiste oggi invece a un fenomeno in controtendenza. “Veniamo avvicinati in maniera sempre più significativa anche da piccoli produttori – rivela Gianmaria Polti – e da produttori di vini di alta gamma. Come mai? E’ ovvio: in molti si sono accorti che Carrefour non ha solamente interesse a fare volumi di vendita, ma anche a proporre nuovi modelli come questo di viale Bezzi, che permettono di non impoverire l’immagine del prodotto, bensì di valorizzarlo, fungendo da vetrina per l’eccellenza enogastronomica”. In un Carrefour Gourmet come quello di viale Bezzi, tra l’altro, la spinta delle promozioni è meno invadente, per l’assenza di una vera e propria corsia riservata ai prodotti scontati. “Tutto ciò in favore della vendita del continuativo sul lineare”, spiega Polti. “E anche questo ci aiuta nell’upgrade qualitativo, aumentando la marginalità e rendendo l’impatto delle promozioni molto meno invasivo”. Carrefour sta cercando piuttosto di spingere all’estremo il cross-merchandising, proponendo direttamente sul lineare (e non come di consueto su stand ed espositori fuori banco) la vendita ‘abbinata’, sfruttando la complementarietà dei prodotti appartenenti a famiglie diverse. Si può così notare la presenza, nella parte riservata agli aperitivi, di diverse etichette di Prosecco e di altre bollicine. Così come viene sfruttata la mixability delle acque toniche tra gli alcolici. L’aperitivo servito nel carrello, insomma. Senza girare per mille corsie.

L’ASSORTIMENTO
Particolare attenzione è stata inoltre riservata a un’altra nicchia in forte crescita in Italia, anche nel mondo della grande distribuzione organizzata: il segmento del biologico e del vegano. “Sono circa 30 le etichette – spiega il category Paolo Colombo – cui è stata dedicata una testata ad hoc. Inoltre, i singoli prodotti vengono ripresi sul lineare, inseriti in base alle regioni di provenienza e alla tipologia di vino. Va ricordato, peraltro, che questi vini non sono affatto diversi da quelli ‘convenzionali’, se non per alcune tecniche di vinificazione e allevamento in vigna, e sono dunque adatti al consumo da parte di clienti che non sono vegani o che non consumano necessariamente cibi biologici. Sono vini buoni, abbinabili dunque anche a pietanze non vegane”. Vini le cui vendite sono in forte ascesa, se si considera che lo scorso anno hanno fatto registrare un aumento del 20%, portando da soli nelle casse del gruppo Carrefour, complessivamente, 250 mila euro. “Abbiamo anche organizzato qualche degustazione con questi prodotti – aggiunge Colombo – con ottimi risultati”. Tra le bottiglie consigliate dal category, nel rapporto qualità-prezzo inferiore ai 20 euro, ci sono diverse bollicine: “Ottimo il Prosecco Col Vetoraz – suggerisce Colombo, che tra l’altro è sommelier – ma anche il Prosecco di Nino Franco. Nomi importanti. Il trend è assolutamente positivo sui vini bianchi e in particolare quelli del Trentino Alto Adige come il Gewurztraminer, che hanno una fascia prezzo medio alta, a partire dai 9 euro. Sta crescendo molto anche il Lugana: ottimo quello di un piccolo produttore, Bottarelli. Tra i rossi ruota moltissimo la Toscana, dove abbiamo una serie di etichette molto interessanti sul Chianti Classico”. Per il vitigno più sottovalutato interviene il responsabile Beverage, Gianmaria Polti: “Dal mio punto di vista è il Nebbiolo d’Alba o delle Langhe – dichiara – ottenuto da un vitigno che spesso conosciamo solo per il Barolo e il Barbaresco, ma che può tuttavia dare grandi soddisfazioni anche in queste versioni”. Tra le Doc e Docg più in difficoltà, Polti cita l’Oltrepò Pavese: “E’ un po’ problematico – sottolinea – quindi in questo momento non gli assegneremo certo nuovo spazio”. “Sta perdendo negli ultimi anni anche a causa degli scandali che hanno investito alcuni produttori – aggiunge il category Colombo – e che hanno portato un po’ di cattiva pubblicità a quell’area. In controtendenza, invece, i vini bianchi abruzzesi e marchigiani, che stanno venendo fuori molto bene. Stabile, invece, la Campania”. Consigli davvero utili, specie in un reparto dove è facile – per un amante del buon vino – perdersi per ore.

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E’ di Salerno il “vino della Dieta Mediterranea – Elisir di lunga vita”

Nasce il “vino della Dieta Mediterranea”: a produrlo sarà il Comune di Pollica-Acciaroli in collaborazione con una azienda vitivinicola campana. Ad annunciarlo è stato il sindaco di Pollica (Salerno), Stefano Pisani. “Il vigneto – spiega il primo cittadino – dovrebbe sorgere sulla collina di Pollica, in località Serre di Mulino a Vento, in un’area di 21 ettari acquistata all’asta nei giorni scorsi dal Comune. Sarà il primo passo per la nascita de “I giardini del Mediterraneo”, un parco tematico dedicato alla preservazione della biodiversità e allo stile di vita mediterraneo”. Nei prossimi giorni, il piccolo Comune cilentano, patria della Dieta mediterranea, presenterà tutte le richieste necessarie per l’autorizzazione ad installare nell’area il vigneto per l’avvio della produzione del “Vino della Dieta Mediterranea – Elisir di lunga vita”, per la quale si avvarrà della collaborazione di una della maggiori aziende vitivinicole campane. (foto: Ansa)
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Chiamparino: “A Torino una casa promozionale del vino”

Una ‘casa’ promozionale del vino, con sede a Torino, e un coordinamento regionale degli eventi piemontesi del vino. E’ l’idea lanciata da Sergio Chiamparino, presidente della Regione Piemonte e dell’Arev, l’associazione che rappresenta le 75 regioni viticole europee, in occasione del debutto delle nuove etichette di ‘Piemonte Barbera, tradizione che si rinnova’. Un progetto della Cia di Asti in collaborazione con la cantina di Vinchio e il Consorzio della Barbera all’Enoteca regionale di Nizza Monferrato (Asti). “Stiamo pensando – ha spiegato Chiamparino – a una nuova rete strutturata dei numerosi eventi piemontesi legati al vino”. Chiamparino è stato il testimonial del “rilancio della denominazione, che ha bisogno di una nuova identità” ha aggiunto l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte, Giorgio Ferrero. “Su 45mila ettari di vigneto in Piemonte – ha precisato il presidente del Consorzio della Barbera, Filippo Mobrici – 12mila sono coltivati a Barbera e da questi vengono prodotte circa 20 milioni di bottiglie, metà delle quali vengono esportate”. “Con la nuova etichetta Piemonte Barbera da oggi in commercio – ha concluso il presidente della Cia di Asti, Alessandro Durando – abbiamo voluto dare un giusto prezzo al prodotto e al lavoro dei produttori”. (foto Ansa)
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Vinitaly, nuova cuvèe Merlot-Cabernet: Hans Terzer pronto a stupire

Proseguono le scommesse del winemaker d’eccellenza della cantina San Michele Appiano, Hans Terzer. Dopo la creazione nel corso del 2014 di De Piano Alto Adige Merlot Cabernet 2011, nel 2015 di Appius 2010 proveniente da vigneti storici, e di Appius 2011 che sarà presentato al 50° Vinitaly di quest’anno, Terzer è pronto alla creazione di una nuova cuvèe Merlot-Cabernet 2013. Il blend in stile bordolese sarà presentato entro la fine di quest’anno. Intanto Terzer fa il punto sull’annata 2015, con tanto sole e caldo, che ha regalato alla cantina San Michele-Appiano vini rossi di grande struttura, dal colore intenso e profumo spiccato. Anche i vini bianchi come Schulthauser, Pinot Grigio e Sauvignon Sanct Valentin ne hanno giovato in profumo e struttura. “Le temperature alte che hanno caratterizzato tutto l’anno fino alla vendemmia – spiega Terzer – ci hanno regalato uve sane e molto mature, pronte per la produzione di vini bianchi e rossi importanti. Sono convinto che i vini della cantina San Michele-Appiano miglioreranno ulteriormente. Abbiamo tanti vigneti ancora giovani che, man mano che invecchieranno, ci regaleranno grande qualità”.
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Vino, Gdo scelta vincente. Ecco i bilanci delle società vinicole: chi sale, chi sprofonda

Nel 2014, il 41,8% delle vendite nazionali delle principali società vinicole è transitato per la grande distribuzione organizzata (Gdo). L’indagine sul settore vinicolo condotta da Mediobanca su un campione di 44 società con titoli trattati in 21 Borse, non lascia spazio a interpretazioni di sorta. Si tratta della media tra il 47,2% delle cooperative e il 36,9% delle restanti società. L’incidenza della grande distribuzione è cresciuta dal 36,5% del 2002 al 51,2% del 2014. Il secondo canale per importanza è il grossista/intermediario (15,9%) seguito dall’aggregato Horeca (Hotel-Restaurant-Catering), anch’esso con incidenze differenti per cooperative (7,7%) ed altre società (21,3%). Seguono enoteche e wine bar, che coprono il 7,4% (con le cooperative al 3,6%), mentre la vendita diretta incide per poco più dell’11%, quota invariata rispetto all’anno precedente. Nell’ambito dei grandi vini, la quota più elevata è ascrivibile al canale Horeca. (40,6%), cui seguono enoteche e wine bar al 26%. La vendita diretta sale qui al 16,6%, con la grande distribuzione a quota 3,2%. Relativamente alle esportazioni prevalgono le vendite tramite intermediari importatori (otto decimi del totale), mentre il controllo della rete di proprietà permane limitato al 9,4%. I tre maggiori produttori per fatturato nel 2014 sono stati il gruppo Cantine Riunite-Giv (536 milioni di euro, +0,3% sul 2013), Caviro (314 milioni, -2,0%) e la divisione vini del Gruppo Campari (209 milioni, in calo dell’8,3% sul 2013). Seguono Antinori, che nel 2014 ha realizzato una crescita del 4,8% portandosi a 180 milioni di euro, la cooperativa Mezzacorona a 171 milioni di euro (+5%) e appaiate a 160 milioni la Fratelli Martini (+1,8%) e la Zonin (+4%). Solo una società ha realizzato un aumento dei ricavi superiore al 10%: è la forlivese Mgm, con vendite a 73 milioni (+10,1% sul 2013). Altre variazioni degne di nota hanno interessato la Ruffino (+8,4% a 81 milioni) e il Gruppo Santa Margherita (+7,8% a 110 milioni). Nell’insieme la graduatoria si mostra stabile, almeno nelle prime dieci posizioni. Alcune società hanno una quota di fatturato estero quasi totalitaria: la Botter al 96,8%, la Ruffino al 92,9%, la Masi Agricola al 90,5% e la Fratelli Martini con l’89,5%. Solo sei gruppi hanno una quota di export inferiore al 50% delle vendite.

I PROFILI DEI MAGGIORI PRODUTTORI
Il maggiore sviluppo delle vendite nel periodo 2009-2013 è appannaggio della Cantine Turrini di Riolo Terme (+110,2%), seguita dalla cooperativa Cevico di Lugo (+84,6%) – entrambe, dunque, della provincia di Ravenna – e dalla Botter Di Fossalta di Piave, Venezia (+84,2%). Solo due imprese hanno subito nel periodo una flessione del giro di affari: la cooperativa La Vis di Lavis, Trento (-14,7%) e la Giordano Vini di Diano D’Alba, Cuneo (-10,7%). I margini (Margine operativo netto “Mon”/valore aggiunto), la redditività del capitale investito (roi) e quella netta (roe) collocano la Botter e la Cantine Turrini nelle posizioni di testa. Giordano Vini e La Vis hanno segnato nel 2013 una redditività netta negativa. La struttura finanziaria più solida, sempre secondo l’indagine Mediobanca, è della Banfi che ha debiti finanziari pari al 18,3% dei mezzi propri, seguita dalla Frescobaldi (20,9%) e dal Gruppo Cevico (24,7%). E’ particolarmente elevato l’indebitamento della cooperativa La Vis (18 volte il rapporto), della Giordano Vini (487%) e della Cantine Brusa (372%). Solo due società presentano un debito finanziario prossimo al fatturato: si tratta della Antinori (99,2%), che sconta tuttavia un eccezionale sforzo in termini di investimenti nei precedenti esercizi, e della cooperativa Mezzacorona (91,5%). Gli investimenti sono rilevanti per Masi (17,6% del fatturato), Banfi (14%) e Frescobaldi (11,1%). La competitività, misurata dal rapporto tra costo del lavoro e valore aggiunto, appare molto soddisfacente per le Cantine Turrini (16,9%), la Masi (26,2%) e la Botter (28,5%). Livelli meno favorevoli sono riferiti alla Cevico (81,7%), Schenk Italia (69,9%) e Giordano Vini (69,4%). Le tre aziende meglio posizionate sono risultate, in ordine decrescente: Botter, Cantine Turrini e Masi. La graduatoria è chiusa, sempre in ordine decrescente, da Mezzacorona, Giordano Vini, e La Vis.

L’ASSETTO PROPRIETARIO
Al controllo familiare è riconducibile il 53,9% del patrimonio netto complessivo dell’aggregato oggetto dello studio Mediobanca. Tale quota si ripartisce tra controllo esercitato in modo diretto da persone fisiche (33,9%) e tramite persone giuridiche (20%). Ove si assimilino alla forma familiare le cooperative, le quali raccolgono circa 33.400 soci, si aggiunge un’ulteriore quota del 22,8% che porta il totale del patrimonio netto familiare al 76,7%. Il restante 23,3% dei mezzi propri è riferibile per il 14,1% a investitori finanziari (ed altre tipologie residuali) e per il 9,2% a società straniere. In termini assoluti, alle famiglie in senso stretto sono riconducibili mezzi propri per 1,74 miliardi di euro (1,1 miliardi in capo a persone fisiche e 0,64 miliardi a persone giuridiche), 16 alle coop per circa 0,74 miliardi di euro. I soci esteri detengono un portafoglio con valore di libro pari a 0,3 miliardi di euro. I principali soci finanziari sono così assortiti: banche ed assicurazioni con 347 milioni di euro, fondi con 38 milioni, fondazioni e trust rispettivamente con 28 e 33 milioni, fiduciarie con 11 milioni. Il rapporto con i mercati finanziari è tradizionalmente trascurabile in Italia. Solo quattro delle società considerate sono interessate alla Borsa, ma in modo indiretto, attraverso la quotazione della società controllante, che in un solo caso assume lo status di socio industriale (Davide Campari) e nei restanti quello di investitore finanziario (si tratta dei gruppi assicurativi Allianz, Generali e UnipolSai). Le banche, dopo il 17 disimpegno del Monte dei Paschi di Siena, sono assenti. Ma dal 29 gennaio 2015 è quotata all’Aim la Italian Wine Brands, controllante la Giordano Vini.
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Collisioni di vino: Verdicchio e Barolo, gemellaggio a Vinitaly 2016

Un gemellaggio inedito tra i grandi produttori del vino bianco più premiato d’Italia, il Verdicchio, e quelli del “Re dei vini”, il Barolo, in partnership con il festival agrirock Collisioni (lunedì 11 aprile, ore 11). Due indagini Nomisma-Wine Monitor, “Consumi & brand awareness dei vini italiani” e “Il valore socioeconomico del vino e dell’agroalimentare nelle Marche”, che saranno presentate lunedì 11 aprile a partire dalle ore 12. Un sodalizio rinnovato, quello con l’artista marchigiano Neri Marcorè (in fiera l’11 aprile), e uno nuovo con Il Sole 24 Ore e Food24, in diretta dal Vinitaly tutti i giorni dallo stand delle Marche. Queste le novità per il 50° Vinitaly messe in campo dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini – IMT (780 soci per 16 denominazioni, rappresentando l’82% dell’export dei vini regionali) che dal 10 al 13 aprile partecipa alla fiera con una collettiva di 99 aziende presenti nello stand della Regione Marche (Pad 7, C 6/7/8/9). “Ci presentiamo quest’anno al Vinitaly con un programma denso di attività e ricco di nuove ‘contaminazioni’ e partnership – evidenzia Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini – da quella con il vino simbolo dei grandi rossi italiani e con una delle manifestazioni culturali più accreditate del momento, Collisioni, a quella con Il Sole 24 Ore e Food 24, che prevede due dirette al giorno dallo stand della Regione Marche, appuntamenti live e approfondimenti sul Vinitaly. Fino al 13 aprile inoltre sono previsti numerosi passaggi spot con i vini delle Marche su Radio 24″.
Tornano per il 2016 gli assaggi liberi in terrazza con circa 190 etichette del consorzio, dal Verdicchio al Bianchello del Metauro, dal Rosso Conero alla Vernaccia di Serrapetrona, dal Colli Maceratesi al Colli Pesaresi, dalla Lacrima di Morro d’Alba al Pergola. Vinitaly sarà anche l’occasione per fare il punto sul polo enogastronomico regionale Food Brand Marche e sul valore dell’agroalimentare nell’economia regionale con l’indagine “Il valore socioeconomico del vino e dell’agroalimentare nelle Marche” di Denis Pantini, responsabile Wine Monitor di Nomisma che sarà presentata l’11 aprile alle 12:30 nello stand della Regione. All’evento parteciperanno la vicepresidente e assessore all’Agricoltura Regione Marche, Anna Casini, lo chef stellato e ambasciatore di Food Brand Marche, Moreno Cedroni, il giornalista enogastronomico Carlo Cambi, il direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini e di Food Brand Marche, Alberto Mazzoni, il vicepresidente dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, Antonio Centocanti. A seguire gli assaggi Food Brand Marche firmati dallo chef Errico Recanati (1 stella Michelin).
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Prosecco Conegliano Valdobbiadene Docg, meno “chimica” nel nuovo protocollo

Prosecco Docg sempre più sicuro e meno “chimico” nei 15 comuni dell’area Conegliano-Valdobbiadene. Il nuovo protocollo vinicolo 2016, presentato dal presidente del Consorzio, Innocente Nardi, toglie infatti dall’elenco delle circa 50 molecole – comunque autorizzate dalle normative nazionali ed europee – altre sette sigle, oltre alle sette rimosse lo scorso anno, e tutto questo al fine di rendere la coltivazione della vite la più sostenibile possibile in un’area peraltro caratterizzata da una fra le più alte antropizzazioni. L’obiettivo, è stato spiegato, è anche quello di far partecipe la comunità che abita sul territorio della consapevolezza ambientale degli addetti ai lavori e di come questi valori contribuiscano a rendere riconoscibile ed apprezzato nel mondo un prodotto diventato il simbolo della pedemontana trevigiana. A collaborare con il Consorzio al monitoraggio, da alcuni anni, c’è anche l’Agenzia regionale per l’ambiente (Arpav), la quale, dal 2003, controlla la vendita delle sostanze normalmente usate nella fitosanitaria in ciascuna delle Usl del Veneto. Una molecola chiamata Macozeb, ad esempio, fra le più utilizzate in agricoltura, nelle aree di coltivazione del Prosecco, cioè nelle Usl n. 7 e n. 8, in cinque anni è risultata essere stata acquistata in quantità dimezzate, segnale della buona adesione dei coltivatori alle indicazioni fornite dai disciplinari. (foto: Ansa)
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Vini al supermercato

Peperosso Calabria Igp 2014, Cantine Spadafora

(3 / 5) Grafica accattivante, così come il nome di fantasia. Peperosso Calabria Igp Cantine Spadafora, blend tra Magliocco di Donnici e Merlot, fa bella mostra di sé nel ‘fuori banco’ di un noto ipermercato milanese, nel reparto macelleria. Sull’etichetta, uno dei simboli della Calabria: il peperoncino, raffigurato a ventaglio. Potevamo non cadere in tentazione? Eccoci dunque a degustare Peperosso, con il consueto scetticismo col quale ci accostiamo a vini che sembrano strizzare un po’ troppo l’occhio a un marketing accattivante. E, soprattutto, un prezzo che rasenta il sottocosto. Nel calice, Peperosso Calabria Igp 2014 Spadafora si presenta di un rosso rubino con unghia violacea poco trasparente, intenso, scorrevole. Al naso sentori mediamente fini di frutta rossa: ribes, lampone, ciliegia sotto spirito. Eppure in bocca il corpo è leggero, così come l’alcolicità. Rotonda la morbidezza, scarna l’acidità e la sapidità. Anche il tannino è soffuso, contribuendo a un quadro di sostanziale equilibrio, che si gioca tutto sulla semplicità e facilità della beva. La corrispondenza olfatto-gusto è evidente e si basa sulle note fruttate già avvertite al naso. Retro olfattivo invece sorprendente per la sufficiente persistenza (fino a 8 secondi, per intenderci), nuovamente giocata sui frutti rossi. L’abbinamento consigliato da Spadafora per Peperosso Calabria Igt è quello con i piatti e i salumi piccanti della tradizione calabrese: il Morzello catanzarese o la Nduja di Spilinga, gli insaccati saporiti come la Sopressata del Cosentino. Ecco dunque spiegato il gioco grafico (e commerciale) del mazzo di peperoncini a ventaglio. In realtà, questo vino può facilmente travalicare i confini della cucina regionale di Calabria, giungendo sulle tavole di tutta Italia come vino rosso pulito, sano (alcolicità e solfiti ben dosati) e di facile beva, da consumare decisamente a tutto pasto, certamente non nelle grandi occasioni.

LA VINIFICAZIONE
Di Peperosso Calabria Igp sono state prodotte 30 mila bottiglie, in occasione della vendemmia 2014. Il territorio d’origine delle uve Magliocco e Merlot è quello di Donnici, con selezionate e raccolta a mano. Le vigne vengono allevate ad alberello, con resa media ridotta volutamente a 80 quintali di uva per ettaro. La vendemmia ha luogo da fine settembre a metà ottobre. La vinificazione prevede pressatura soffice, successiva macerazione prefermentativa a freddo, tale da estrarre gli aromi verietali, il colore e le componenti polifenoliche più morbide. La fermentazione ha luogo in acciaio, con temperature controllate, così come l’affinamento iniziale, per una durata di 6 mesi. Segue poi un ulteriore periodo di affinamento in bottiglia, che precede la commercializzazione. Le Cantine Spadafora, che si occupano anche dell’imbottigliamento di Peperosso, hanno sede dal 1991 nella zona industriale di Piano Lago, frazione del Comune di Mangone, provincia di Cosenza. Nasce in realtà a Donnici, un paesino sulle colline a sud di Cosenza, nel 1915. In questa piccola struttura il capostipite dell’azienda, Ippolito Spadafora, commercializzava i vini sfusi prodotti dagli agricoltori della zona. Oggi, le uve conferite si aggiungono a quelle prodotte nei 40 ettari di proprietà dell’azienda, collocata su un’area complessiva di 20 mila metri quadrati, di cui 3 mila sono coperti.
Prezzo pieno: 3,95 euro
Acquistato presso: Iper la Grande I (Finiper)
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