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Che Shiraz, Syrah: i motivi del successo del vino rosso australiano per antonomasia

Che Shiraz, Syrah: i motivi del successo del vino rosso australiano per antonomasia. Top 20 assaggi alla Royal Horticultural Hall di Londra

C’è il Syrah. E poi c’è il Shiraz australiano. Un vino che, col suo stile, ha fatto strage di cuori nel mondo. Merito del suo frutto generoso e della speziatura caratteristica. Un vero e proprio tesoro per l’Australia, Paese in cui può ormai essere considerato un vitigno autoctono.

È stato infatti uno dei primi ad essere portato sull’isola, all’inizio dell’Ottocento. Oggi resiste, con impianti che risalgono al 1843. Vecchie viti ad alberello, o meglio monumenti, che contano – seppur in minima parte – nei 39.893 ettari di Shiraz presenti in Australia. Una cifra non da poco, pari al 27% del totale del vigneto australiano (146,244 ettari).

IL SYRAH / SHIRAZ IN AUSTRALIA

Lo si trova un po’ in tutte le regioni vinicole. Ma è in Barossa Valley (11.609 ettari), McLaren Vale (7.438) e Yarra Valley (2.837) che si concentra la maggiore porzione di Shiraz. A seguire Hunter (2.605 ettari), Great Southern (2.545), Eden Valley (2.169) e Strathbogie Ranges (1.980), che staccano di molto Grampians, nello stato di Vittoria (appena 651 ettari).

Una varietà che ha dimostrato di adattarsi molto bene alla grande variabilità di queste regioni. Una diversità che riguarda non solo il suolo, ma soprattutto le altitudini degli impianti, che possono variare da un minimo di 10 (McLaren Vale e Great Southern) a un massimo di 540 metri sul livello del mare (Eden Valley).

Un elemento da non sottovalutare. Non solo per i cambiamenti climatici, ma soprattutto per quel processo di “personalizzazione” del vino a cui si sta assistendo su scala mondiale, che va al di là della singola interpretazione del terroir. Qualcosa che porta ad affermare che, oggi, non esiste più un unico stile di Shiraz australiano. Ma che tutti, pur nella diversità, stiano cercando una maggiore freschezza.

VINI AUSTRALIANI: IL GRAN TASTING DI LONDRA 2022

La conferma è arrivata il 7 aprile scorso a Londra, unica tappa “europea” di Wine Australia nel 2022. Ben 37 cantine australiane hanno dato appuntamento a buyer e stampa alle Royal Horticultural Halls, portando in degustazione oltre 500 vini, tra bianchi e rossi.

Tutto quello che stiamo facendo è mostrare, sempre più, quanto fantastico sia il “frutto” di questa varietà», la fa semplice Tim Duval di John Duval Wines. Un lavoro sugli aromi primari che si concretizza in cantina, ma inizia in vigna.

In molti hanno iniziato a raccogliere l’uva prima del solito – aggiunge – con l’obiettivo di centrare una maggiore freschezza, a partire dal vigneto».

In cantina sempre più spazio all’acciaio, al posto del legno. Senza rinunciare a cemento o contenitori alternativi, in particolare agli innovativi “eggs” e alle anfore. Un aspetto che risulta evidentissimo negli assaggi, in particolar modo tra quelli delle cantine della Barossa Valley.

Già, perché anche i Shiraz della famosa regione vinicola australiana, notoriamente concentrati e strutturati (non ultimo per l’apporto del legno) stanno virando verso una maggiore freschezza e attenzione all’agilità di beva. In Australia, insomma, sta accadendo quello che in Valpolicella abbiamo rinominato Amarone Revolution.

COME CAMBIA LO STILE DEL SYRAH / SHIRAZ AUSTRALIANO

Oltre all’impronta stilistica, balza all’occhio (pardon, al portafoglio) l’ottimo rapporto qualità prezzo di diverse etichette, entro 15 £. Alzando un po’ l’asticella, ancora meglio la fascia 20-30£: un segmento di pricing in cui il vino australiano ha davvero molto da dire, a livello internazionale.

Quanto al bilancio dei migliori assaggi al gran tasting di Londra, in testa figura la Barossa Valley con 5 vini. In questa zona del South Australia, il Shiraz occupa il 62% della superficie vitata, re incontrastato delle varietà a bacca rossa e bianca. Bene anche la McLaren Vale, sempre in South Australia, con tre vini.

A seguire la Eden Valley, zona ancora tutto sommato di nicchia per la varietà (26% del totale degli impianti) ma che è da tenere in grandissima considerazione per il futuro, per via delle altitudini raggiungibili: le più elevate non solo del South Australia, ma del panorama nazionale del vitigno.

Più a Est colleziona 5 vini anche Victoria, sparsi (uno a testa), tra la piccola Geelong (città dove, da domani, 2 luglio, si terrà la 7a edizione del Winter Shiraz Festival), Grampians, Heathcote, Victoria e Yarra Valley. Un solo rappresentante anche per Clare Valley (ancora una volta nella regione del Sud) e Hunter Valley, unica etichetta rappresentante del New South Wales, la regione in cui si trova Sidney.

Vini – va detto – quasi introvabili in Italia, considerando che il maggiore importatore (Casella Family Brands) opera quasi esclusivamente nella grande distribuzione (con la linea Yellow Tail in vendita da Esselunga).

Gli altri – Mcpherson Wines, Two Eights Wines Australia Pty Ltd e Hochkirch Wines – secondo quanto riferito da fonti australiane, potrebbero utilizzare l’Italia solo come base di arrivo dei container, con il carico (di vino australiano) destinato a distributori di altri Paesi del continente.

TOP 20 SHIRAZ AUSTRALIANI (TASTING ROYAL HORTICULTURAL HALL – LONDON)
  1. Brokenwood “Graveyard Vineyard” Hunter Valley Shiraz 2017 (13,5%, £94,95)
    BEST IN SHOW
  2. Thistledown Wines “Bachelors Back” Barossa Valley Ebenezer Shiraz 2020 (14,5%, £44,99)
  3. Henschke “Mt Edelstone” Eden Valley Shiraz 2016 (14,5%, £137)
  4. Oliver’s Taranga “HJ” McLaren Vale Shiraz 2018 (14,5%, £35)
  5. Sami-Odi “Little Wine No 11” Barossa Valley Syrah NV (14,4%, £75)
  6. Sami Odi “H-D” Barossa Valley Syrah 2020 (14,1%, £120)
  7. St Hallett “Higher Earth” Eden Valley Syrah 2019 (14,5%, £28,99)
  8. John Duval “Eligo” Barossa Valley Shiraz 2017 (14,5%, £69,99)
  9. Jim Barry “Watervale Single Vineyards” Clare Valley Shiraz 2017 (13,5%, £22,99)
  10. Thorn-Clarke “Ron Thorn” Barossa Shiraz 2017 (14,5%, £44,99)
  11. Head Wines “Old Vine” Barossa Valley Shiraz 2018 (14,5%, £28,50)
  12. David Traeger “Three Centuries” Heathcote Shiraz 2016 (13%, £22,99)
  13. Lethbridge Geelong Shiraz 2019 (14,5%, £35)
  14. Tournon “Lady’s Lane Vineyard” Victoria Shiraz 2017 (14,5%, £31)
  15. Thistledown Wines “Where Eagles Dare”, Eden Valley Shiraz 2020 (14,5%, £44,99)
  16. Ben Haines “Colour Black” Grampians Syrah 2021 (£25)
  17. Yalumba “Samuel’s Collection” Barossa Shiraz 2018 (14%, £17.99)
  18. Woodstock McLaren Vale Shiraz 2017 (14,5%, £15)
    BEST IN SHOW, QUALITÀ-PREZZO ‹ £20
  19. Distant Noises Yarra Valley Syrah 2019 (13,5%, £16,50)
  20. Milton Park South Australia Shiraz 2019 (14,5%, £9,99)
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Viticoltura eroica: il Trentino riscopre le «98 Terrazze della Vallarsa»

Arriveranno anche dalla Valtellina e dalla Valle di Cembra i vignaioli protagonisti dell’ultimo tentativo di rilancio delle «98 Terrazze della Vallarsa». Un capitolo poco noto della viticoltura eroica italiana, che vede già impegnato – da oltre 10 anni – uno dei vigneron simbolo dell’arco alpino italiano: Eugenio Rosi.

Al convegno “Vite di Montagna“, in programma alle ore 15 di sabato 2 luglio presso le ex scuole di Valmorbia (TN), interverranno Barbacan (Valtellina) e Nicola Zanotelli della Società Agricola Zanotelli (Val di Cembra), proprio accanto ad Eugenio Rosi, viticoltore artigiano in Vallarsa.

«Sarà una riflessione sulla viticoltura di montagna – anticipano gli organizzatori – sui diversi metodi di espressione e di coltivazione, dai vitigni autoctoni alle nuove esperienze Piwi».

Al termine del convegno è prevista la “Degustazione 98 terrazze + 3”. Un viaggio di salite e discese fra Valtellina, Val di Cembra e Alto Adige, senza dimenticare i “Vin de Caneva” dei viticoltori della Vallarsa.

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Approfondimenti

Buoni pasto verso la riforma, Castelli: «Commissioni ridotte, più soldi in tasca agli esercenti»

Novità in arrivo sul fronte della riforma dei Buoni pasto. Lo ha assicurato il viceministro dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli, al termine dell’incontro tenutosi questa mattina con i rappresentanti Fipe – Confcommercio, Fida, Fiepet – Confesercenti, Federdistribuzione, Ancc-Coop e Ancd-Conad, organizzazioni di categoria che riuniscono la maggior parte di bar, ristoranti, alimentari, supermercati e ipermercati che quotidianamente accettano i Buoni pasto.

«Nel primo provvedimento utile – ha dichiarato Castelli – inseriremo una norma che ristabilisce equità, ed evita le storture di un settore che, di fatto, penalizzavano solo gli esercenti. Un sostegno concreto con minori commissioni a carico degli esercenti, che si possono stimare in quasi 150 milioni di euro, per le sole gare di prossima emanazione. Risorse che rimarranno quindi agli esercenti».

La disciplina transitoria resterà in vigore fino a fine anno e permetterà alle centrali di committenza – e più in generale a tutte le stazioni appaltanti – di «bandire procedure di gara per l’acquisizione di questi servizi con modalità che consentono di ridurre la misura della commissione applicata agli esercenti».

TETTO MASSIMO ALLA COMMISSIONE SUI BUONI PASTO

Come? «Svincolando l’entità della commissione dallo sconto praticato alla pubblica amministrazione», ha spiegato Castelli. «Una misura – ha proseguito – che fissa anche un tetto massimo alla commissione, riportandolo ai valori precedenti che, peraltro, sono in linea con quello di molti Paesi europei».

Si tratta di un provvedimento ponte, perché gli incontri di queste due settimane con le organizzazioni di categoria, e le riflessioni fatte con il Gabinetto e gli Uffici del Ministero, mi hanno, anzi ci hanno convinto, dell’esigenza di arrivare, entro fine anno, ad una riforma complessiva  del settore dei servizi sostitutivi di mensa. Anche per questo il tavolo tecnico continuerà a riunirsi e probabilmente verrà allargato anche ad altri attori”.

Prima dell’introduzione della norma, il meccanismo delle gare pubbliche registrava valori della commissione applicata agli esercenti non superiori al 5%. Negli ultimi anni invece hanno visto lievitare notevolmente questa commissione.

«Se guardiamo all’esperienza delle procedure bandite da Consip – sottolinea il viceministro – lo sconto offerto, e quindi la commissione praticata agli esercenti, nelle ultime edizioni della procedura di gara ha avuto valori ricompresi fra il 21% e il 14%. Nella gara BP9 la media ponderata delle commissioni/sconti ottenuti è stata di 16,55%».

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Approfondimenti

Donne del Vino, chiusa la Convention nazionale in Campania

Si è chiusa la Convention nazionale delle Donne del Vino, ospitata quest’anno dalla Campania. Nei quattro giorni di soggiorno, le associate hanno avuto modo di scoprire la Campania del vino (e non solo) in alcune delle sue espressioni più importanti, dal Parco Nazionale del Vesuvio ai Campi Flegrei, dall’Irpinia all’isola di Procida, Capitale italiana della Cultura 2022.

Tra i momenti clou, il convegno “Il Domani del vino è ora”. “Il futuro del vino nell’era della sostenibilità” è stato l’argomento di apertura del Prof. Luigi Moio, Presidente dell’Oiv – Organisation International de la Vigne et du Vin e docente di Enologia dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

«Non è possibile guardare al domani senza conoscere accuratamente il passato – ha sottolineato Moio -. È necessario frenare il cambiamento ambientale nella speranza di riportare la terra a uno status migliore. Resta fondamentale, quindi, produrre vino rispettando la naturalità del territorio».

IL VINO DEL FUTURO E LA PAC

Eugenio Pomarici, docente del Dipartimento di Territorio e Sistemi agro-forestali all’Università degli Studi di Padova, ha invece presentato le previsioni di crescita del mercato globale del vino nei prossimi tre anni, che risultano positive, caratterizzando le principali linee evolutive della domanda e le opportunità della Pac.

Si sono, inoltre, evidenziati anche i rischi di riflessi negativi sul mercato causati dalla tragica guerra in Ucraina a delle campagne anti alcool. Giuseppe Festa, presidente Comitato Scientifico del Corso di Perfezionamento Universitario e Aggiornamento culturale in “Wine Business” all’Università degli Studi di Salerno, ha infine presentato l’evoluzione continua del marketing mix.

Secondo le più recenti rilevazioni, «il cliente-consumatore oggi non limita la propria fruizione al solo prodotto-vino, ma estende il suo orizzonte di analisi e scelta, una la fusione tra reale e virtuale o più semplicemente tra fisico ed elettronico».

DONNE DEL VINO, «NUOVI PROGETTI IN TUTTA ITALIA»

«La Convention nazionale è andata ben oltre ogni più rosea aspettativa – sottolinea la presidente nazionale delle Donne del Vino, Donatella Cinelli Colombini – prima di tutto per il calore e l‘accoglienza mostrati dalle socie campane, senza dubbio straordinari.

Come straordinario è stato il livello delle relazioni durante il convegno e le esperienze nelle cantine, che hanno fatto scoprire alle socie di tutta Italia vitigni straordinari, panorami mozzafiato e un’offerta gastronomica di altissimo livello. Questi elementi di grande unicità rappresentano il terreno fertile per dare vita ad un’offerta enoturistica di grande appeal».

«È stato un onore e un piacere ospitare tantissime associate in Campania – aggiunge la delegata regionale delle Donne del Vino, Valentina Carputo -. Presto avvieremo, in tutta Italia, nuovi progetti che ci vedranno protagoniste. Ancora una volta lo spirito dell’associazione e di promozione e promulgazione della cultura del vino dimostra di essere vivo più che mai».

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Elezioni Ais 2022, i risultati: alta affluenza dei sommelier al voto online

Sono stati pubblicati da pochi minuti i risultati delle elezioni Ais – Associazione italiana sommelier 2022. Le votazioni si sono svolte esclusivamente online e hanno registrato un’alta affluenza, pari al 45% degli iscritti. Hanno votato ben 15.718 iscritti, su 34.709. Nel 2018 avevano espresso la loro preferenza solo 9.253 sommelier su 31.789.

Ha dunque premiato la scelta del Consiglio Nazionale dell’Associazione italiana sommelier che, per il rinnovo degli organi sociali nazionali e regionali/territoriali 2022-2026 ha scelto la piattaforma elettorale predisposta dalla società tedesca Polyas. Uno strumento “digitale” già utilizzato dai maggiori partiti politici tedeschi, dalla Banca d’Italia, da alcuni ordini professionali e da Istat.

L’esito del voto online, aperto dalle ore 10.00 del 26 giungo alle ore 14.00 del 27 giugno, è stato preceduto da un vivace dibattito tra candidati, protagonisti di un fuoco incrociato che ha avuto come teatro i social media.

Colpi bassi che non hanno risparmiato neppure le quote rosa, con attacchi (anche feroci) fra candidate. Sullo sfondo, i commenti delle varie fazioni e dei semplici osservatori, impegnati a difendere i membri della propria lista o stigmatizzare i toni troppo accesi.

VERSO L’ELEZIONE DEL NUOVO PRESIDENTE AIS NAZIONALE

Anticipate dall’intervista esclusiva rilasciata a winemag.it dal presidente uscente Antonello Maietta, non più candidabile, le elezioni nazionali Ais 2022-2026 hanno visto i seguenti risultati.

CONSIGLIO NAZIONALE AIS

Bonera Nicola 7534 Eletto
Gargiulo Nicoletta 6994 Eletta
Aldegheri Marco 6866 Eletto
Mosetti Angelica 6714 Eletta
Baldassarre Giuseppe 6439 Eletto
Camilli Sandro 6123 Eletto
Zorzi Renzo 5402 Eletto
Privitera Camillo 5248 Eletto
Luchetti Giovanni 5243 Eletto
Dani Andrea 3570
Dessanti Roberto 2964
Balsarin Giulio 2681
Molinari Alex 2627
Starace Marco 2390

REVISORI LEGALI NAZIONALI

Colella Chiara 9562 Eletta
Testa Michele 5215 Eletto
Guetta Guido Ascer 5067 Eletto
Rigon Stefano 3670
Dal Lago Graziano 2130

ABRUZZO

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Angela Di Lello 229
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Andrea Mennilli 196
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
L’AQUILA
Serenella Di Battista 21
CHIETI
Adriana Terreri 59
MARSICA
Walter Tullio 30
PESCARA
Luca Panunzio 42
TERAMO
Antonio Iannetti 13
SULMONA
Elisa Colella 9
VASTO – VAL DI SANGRO
Chiara Mascitelli 34

ALTO ADIGE

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Elvis Costa 113 Eletto
Paolo Tezzele 93
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Helmuth Zingerle 166
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Bassa Atesina – Oltradige
Verena Rauch 8
Bolzano
Sigrid Innerebner 56 Eletta
Andreas Meraner 39
Merano – Val Venosta
Michael Baumgartner 15 Eletto
Katrin Holzl 10
Val Gardena – Val Badia
Egon Perathoner 8 Eletto
Devid Vinatzer 6
Valle Isarco – Val Pusteria
André Senoner 22 Eletto
Hubert Kastlunger 10

BASILICATA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Eugenio Tropeano 158
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Giovanni Luigi Corrado 131 Eletto
Simona Martulli (supplente) 20
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Vulture – Alto Bradano
Daniele Scapicchio 11
Potenza
Biagio Motta 107
Matera
Samuele Olivieri 37

CALABRIA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Antonio Fusco 515
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Andrea Casazzone 313 Eletto
Giuseppe D’Urso (supplente) 165
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Arbereshe e Alto Ionio
Carmela Chimento 52
Catanzaro
Vincenzo Celi 59
Cosenza
Simona Cairo 185
Locride – Piana di Gioia Tauro
Angela Parrello 50
Reggio Calabria
Riccardo Cannistraci 77
Vibo Valentia
Attilia De Vito 44

CAMPANIA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Tommaso Luongo 1326
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Maria Rosaria Grimaldi 1.043 Eletto
Daniela Casale 971 Eletto
Annarita Panza 890 Eletto
Anna Merola (supplente) 199
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Avellino
Annito Abate 88
Benevento
Maria Grazia De Luca 81
Caserta
Pietro Iadicicco 227
Cilento – Vallo di Diano
Maria Sarnataro 122
Costa d’Amalfi
Antonio Amato 43
Ischia e Procida
Tommaso Mascolo 22
Napoli
Gabriele Pollio 253
Penisola Sorrentina – Capri
Emanuele Izzo 113
Salerno
Nevio Toti 240
Vesuvio
Ernesto Lamatta 135

EMILIA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Luca Manfredi 714 Eletto
Gaetano Palombella 280
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Barbara Guidi 507 Eletta
Davide Zappoli 267 Eletto
Alessandro Grossi 260 Eletto
Giuseppina Cenacchi (Supplente) 243
Danilo Ricardi (Supplente) 200
Antonio Camoni 96
Paolo Rollo 93
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Bologna
Giuseppe Todisco 243
Modena
Paolo Benetti 169
Parma
Anna Maria Compiani 112 Eletta
Arnaldo Rampini 37
Reggio Emilia
Paolo Ferretti 123 Eletto
Carlo Favella 83

FRIULI VENEZIA GIULIA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Renato Paglia 426
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Sonia Feruglio 367 Eletta
Tommaso Vidale (Supplente) 36
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Gorizia
Michele Paiano 78
Pordenone
Pierangelo Dal Mas 90
Trieste
Bruno Cataletto 82
Udine
Wladimiro Tulisso 184

LAZIO

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Francesco Guercilena 486 Eletto
Annamaria Iaccarino 260
Luigi Di Tofano 128
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Riccardo Sperti 459 Eletta
Benedetto Maurizi 410 Eletto
Luca Brienza 256 Eletto
Roberto Di Lelio (Supplente) 151
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Castelli Romani
Fabrizio Gulini 107
Colli della Sabina
Gabriele Giacomozzi 40
Fiumicino – Ostia
Ilaria De Donato 49
Frosinone
Maurizio Mazzucchi 69
Latina
Antonio Iaccarino 147
Rieti
Roberto Peron 43
Roma
Marco Sanfilippo 234
Valle dell’Aniene
Giovanni Rinaldi 49 Eletto
Claudio Piazza 11
Viterbo
Marco Isidori 70

LIGURIA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Marco Rezzano 400
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Federica Dell’Acqua 368
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Genova
Marco Quaini 138
Imperia
Giovanni Carlo Orengo 40
La Spezia
Laura Picardi 81
Savona
Giancarlo Alfano 46
Tigullio – Promontorio di Portofino
Nicola Garibotto 65

LOMBARDIA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Hosam Eldin Abou Eleyoun 1590 Eletto
Lisetta De Simeis 368
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Elena De Marziani 1171 Eletta
Massimo Piacentini 830 Eletto
Roberto Cassanelli 825 Eletto
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Bergamo
Luigi Mascheretti 136
Brescia
Alessandro Caccia 355
Cremona – Lodi
Maurizio Milani 74
Lecco
Tiziano Tosetti 73
Mantova
Luigi Bortolotti 153
Milano
Fabio Scaglione 536
Monza e Brianza
Stefano Balconi 139
Pavia
Miriam Prencisvalle 103
Sondrio
Luigi Scaramuzzi 62
Varese
Matteo Tunisi 92

MARCHE

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Stefano Isidori 373
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Tania Rossi 342
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Ancona
Daniele Sordoni* 65
Ascoli Piceno
Marica Spuria 59
Fabriano – Alta Vallesina
Luca Gambucci 38
Fermo Porto San Giorgio
Barbara Paglialunga 39
Jesi e Castelli
Luca Giaccaglia 43
Macerata
Cesare Lapadula 33
Pesaro
Raffaele Papi 66
Urbino-Montefeltro
Franco Morena 40
*da verificare in quanto alla commissione elettorale centrale
risultano due candidati

MOLISE

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Carlo Pagano 74
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Antonella Di Lena 65
Giovanni Di Palma 56
Giampiero Mancini 56
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Campobasso
Carmine Guidone 22
Isernia
Daniela Tonti 38

PIEMONTE

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Mauro Carosso 1213
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Vincenzo Milanese 776
Francesco Napolitano 543
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Alessandria
Edi Perissinotto 122 Eletto
Antonino Catalano 21
Biella
Daniela Drago 55
Canavese
Lorenzo Labriot 71
Casale Monferrato
Daniele Guaschino 46
Cuneo – Alba
Rosalba Rolando 153
Novara
Stefano Brustia 129
Torino
Fabio Gallo 416
Verbano Cusio Ossola
Luca Molino 50
Vercelli – Valsesia
Luca Ferrero 35

PUGLIA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Giacomo D’Ambruoso 1608
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Germano Farina 1.234 Eletto
Cosimo Damiano Balestrucci (Supplente) 326
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI
DELEGAZIONE
Bari
Raffaele Massa 280
BAT- Svevia
Maria De Tullio 113
Brindisi
Rocco Coliandro 164
Foggia
Amedeo Renzulli 142
Lecce
Marco Cristian Albanese 260
Murgia
Vincenzo Carrasso 473 Eletto
Michele Fasani 21
Taranto
Domenico Stanzione 181

ROMAGNA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Adolfo Treggiari 213 Eletto
Raffaele Nanni 190
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Roberto Gasperini 319
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Cesena
Vincenzo Tardino 124
Faenza
Mirko Morini 40
Forlì
Caterina Valbonesi 49
Imola
Stefano Luppi 20
Ravenna
Antonio Corsini 83
Rimini
Nunzia Tesoro 46

SARDEGNA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Antonio Furesi 430
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Mario Graziano Marras 301 Eletto
Sergio Cugliolo (Supplente) 43
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Cagliari
Simona Gulli 89
Gallura
Attilia Giovanna Medda 108
Nuoro
Francesco Deriu 44
Oristano
Alessandro Benini 55
Sassari
Pier Paolo Fiori 137

SICILIA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Francesco Baldacchino 705
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Luigi Grasso 596
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI
DELEGAZIONE
Agrigento – Caltanissetta
Calogero Trupia 157
Catania Città e Sud
Maria Grazia Barbagallo 178
Catania Jonico – Etnea
Paolo Pennisi 18
Messina
Francesco Italiano 6
Palermo
Luigi Salvo 97
Ragusa
Fabio Gulino 20
Siracusa
Alessandro Carrubba 61
Taormina
Gioele Carmelo Micali 105 Eletto
Rocco Davide Federico 9
Trapani
Alessandro Sciacca 53

TOSCANA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Cristiano Cini 1.311
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Alessandro Bellini 792 Eletto
Francesco Luchetti 792 Eletto
Marco Ciabatti 632 Eletto
Riccardo Corti (Supplente) 271
Alessio Marcucci (Supplente) 190
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Apuana
Lorenzo Chiappini 68
Arezzo
Massimo Rossi 130
Firenze
Massimo Castellani 194
Grosseto
Sabrina Diligenti 115 Eletta
Massimo Groppi 70
Isola d’Elba
Antonio Arrighi 23
Livorno
Massimo Tortora 71 Eletto
Alessandro Malvasi 43
Lucca
Olimpia Bertolucci 107
Pistoia
Luca Carmignani 84
Prato
Bruno Caverni 122 Eletto
Stefano Tascini 108
Siena
Marcello Vagini 90
Val d’Elsa
Luigi Pizzolato 60
Versilia
Claudio Fonio 61

TRENTINO

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Gyorgyi Fieszl 148
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Edgardo Moncher 140
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Trentino Centrale
Patrizia Pensini 78
Trentino Occidentale
Elisa Ressegotti 34
Trentino Orientale
Giulio Rizzi 29

UMBRIA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Pietro Marchi 422
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Andrea Sattin 374
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Assisi – Nocera Umbra
Gianluca Falcinelli 38
Città di Castello
Tiziana Croci 47
Gubbio
Christian Belardi 58
Montefalco – Spoleto
Claudio Ciotti 19
Perugia – Trasimeno
Anna Chiara Baiocchi 113
Terni
Maurizio Orlandi 90 Eletto
Giovanni Lampis 53

VALLE D’AOSTA

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Alberto Levi 103
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Alessandro Framarin 52
Umberto Aglietta (Supplente) 40
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Aosta Provincia
Simone Clerin 41
Aosta Città
Gianluca Arcaro 57

VENETO

PRESIDENTE REGIONALE Voti
Gianpaolo Breda 1.225
ORGANO DI CONTROLLO REGIONALE
Bettina Solimando 673 Eletta
Mauro Carrazzai 620 Eletto
Alberto Matteazzi 531 Eletto
Mattia Villan (Supplente) 299
Marco Carlesso (Supplente) 284
CONSIGLIERI REGIONALI SU BASE DI DELEGAZIONE
Belluno
Ivan Del Puppo 76
Padova
Rossano Moretto 282
Rovigo
Giovanni Geremia 106
Treviso
Wladimiro Gobbo 208
Venezia
Lorena Ceolin 176
Verona
Paolo Bortolazzi 240
Vicenza
Luca Grezzani 140

CHI ERANO I CANDIDATI CONSIGLIERI NAZIONALI AIS

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Aldegheri Marco
Baldassarre Giuseppe
Balsarin Giulio
Bonera Nicola
Camilli Sandro
Dani Andrea
Dessanti Roberto
Gargiulo Nicoletta
Luchetti Giovanni
Molinari Alex
Mosetti Angelica
Privitera Camillo
Starace Marco
Zorzi Renzo
CHI ERANO I CANDIDATI REVISORI NAZIONALI AIS

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Colella Chiara
Dal Lago Graziano
Guetta Guido Ascer
Rigon Stefano
Testa Michele
CHI ERANO I CANDIDATI PRESIDENTI REGIONALI AIS

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ABRUZZO
Di Lello Angela
ALTO ADIGE
Costa Elvis
Tezzele Paolo
BASILICATA
Tropeano Eugenio
CALABRIA
Fusco Antonio
CAMPANIA
Luongo Tommaso
EMILIA
Manfredi Luca
Palombella Gaetano
FRIULI VENEZIA GIULIA
Paglia Renato
LAZIO
Di Tofano Luigi
Guercilena Francesco
Iaccarino Annamaria
LIGURIA
Rezzano Marco
LOMBARDIA
Abou Eleyoun Hosam Eldin
De Simeis Lisetta
MARCHE
Isidori Stefano
MOLISE
Pagano Carlo
PIEMONTE
Carosso Mauro
PUGLIA
D’Ambruoso Giacomo
ROMAGNA
Nanni Raffaele
Treggiari Adolfo
SARDEGNA
Furesi Antonio
SICILIA
Baldacchino Francesco
TOSCANA
Cini Cristiano
TRENTINO
Fieszl Gyorgyi 
UMBRIA
Marchi Pietro
VALLE D’AOSTA
Levi Alberto
VENETO
Breda Gianpaolo
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Esteri - News & Wine news news ed eventi

«Il futuro dei vini pregiati? Nei vitigni resistenti». Parola di Oliver Bernard (Domaine de Chevalier)

«Se i vini pregiati hanno un futuro, sarà vicino alla natura». Parola di Oliver Bernard, direttore di Domaine de Chevalier di Bordeaux. Tra le soluzioni indicate, l’allargamento dei disciplinari ai vitigni resistenti per i vini a denominazione, oltre al sostegno alle aziende agricole per il passaggio alla viticoltura biologica e biodinamica.

Sempre secondo Oliver Bernard, sarà fondamentale l’adeguamento delle tecniche di gestione dei vigneti. Interrogato sul palco del simposio “Act for Change“, organizzato da Vinexposium il 20 e 21 giugno 2022 alla Cité du Vin, il direttore di Domaine de Chevalier di Bordeaux ha espresso «un misto di entusiasmo e realismo».

Bernard è sicuro si debba «reagire immediatamente alle questioni ambientali». Ha inoltre ribadito la sua «fiducia nei consumatori e nelle generazioni future, che rendono onore i vini pregiati».

BORDEAUX HA GIÀ I SUOI “VITIGNI RESISTENTI”. E L’ITALIA?

Il simposio “Act for Change” ha riunito esperti internazionali in rappresentanza di 17 Paesi, per una serie di discussioni incentrate sul futuro dei vini e degli alcolici da qui al 2030, nell’ambito della Bordeaux Wine Week.

Sul fronte dei vitigni resistenti ai cambiamenti climatici, la posizione di Oliver Bernard non si discosta da quella del Consorzio Vini di Bordeaux, che nel 2021 ha concluso gli studi – durati 10 anni – su 6 nuove varietà da inserire nell’Aoc.

Quattro sono a bacca rossa: Touriga Nacional,Castets, Marselan e Arinarnoa. Due i “Piwi” a bacca bianca: Alvarinho e Liliorila. In Italia è il prof Attilio Scienza a suggerire di utilizzare i vini a Indicazione geografica protetta (Igp) come «palestra per i vitigni resistenti», intendendo in questo caso i Piwi, da inserire poi nelle Doc del vino italiano.

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Divico, il vitigno resistente che sposa il Pinot Noir (e consente all’Inghilterra di produrre vini rossi)

Divico, vitigno resistente sviluppato da Agroscope, «aiuta a correggere l’intensità del colore del Pinot Noir tradizionale». Lo dimostrerebbero alcune prove di assemblaggio condotte in Svizzera. Il vitigno resistente sarà al centro de La Fete du Divico, momento di dibattito sui Piwi che si terrà all’Iukb – Kurt Bösch Universitätsstiftung di Bramois, frazione di Sion, nel Vallese, venerdì 26 agosto e sabato 27 agosto.

In programma una conferenza pubblica sull'”Integrazione dei vitigni resistenti nella gamma dei vini svizzeri. Il sabato, degustazioni guidate di vini prodotti con Divico e Divona nel Vallese e in Svizzera, con specialisti dell’Ecole d’Ingénieurs de Changins di Nyon (Francia), vivaisti, viticoltori, enologi, buyer e ristoratori. Si tratta ormai della quinta edizione della kermesse.

IL VITIGNO RESISTENTE DIVICO, TRA SVIZZERA E INGHILTERRA

Il centro di ricerca svizzero Agroscope ha presentato Divico nel 2013, come «primo vitigno a bacca rossa dotato di un’elevata resistenza alla peronospora, all’oidio e al marciume grigio. La qualità dei vini prodotti si avvicinerebbe a quella del Gamaret, con cui condivide tra l’altro la maturazione tardiva.

Divico, così denominato in onore del leggendario condottiero elvetico Divico, ha codice IRAC 2091. È frutto di un incrocio tra Gamaret e Bronner. Alcuni viticoltori inglesi lo stanno già allevando con buoni risultati, tanto da essere considerato un «game changer»: una svolta per i vini rossi prodotti in Inghilterra.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Anteprima Amarone 2017: i migliori

Chiamatela pure “prova del nove”. L’Amarone revolution passa anche, anzi soprattutto, dai calici di Anteprima Amarone 2017. I migliori riescono a interpretare la “new wave” senza stiracchiarsi troppo, riducendosi a surrogati del Valpolicella Rosso da un lato, o del Recioto dall’altro. Chi resta indietro, invece, continua a costruire la propria cifra stilistica sulle richieste dei mercati più profittevoli; o, peggio, su quelle dei buyer poco lungimiranti della grande distribuzione.

Dividere in tre macro gruppi i 39 campioni in assaggio domenica 19 giugno al Palazzo della Gran Guardia di Verona è un compito mai stato così semplice. È il segnale evidente che un gruppo piuttosto cospicuo di cantine della Valpolicella ha compreso la lezione dei mercati. Iniziando a lavorare duro, per correggere il tiro. O costruire una nuova identità.

La svolta decisiva pare essere quella di Novaia, cantina che investe sul bio e indica a tutta la denominazione la direzione giusta. Tra gli altri, in rigoroso ordine alfabetico, convincono per motivi diversi Bertani, Corte Figaretto, Costa Arènte, Salvaterra, Secondo Marco. E ancora: Tenuta Santa Maria di Gaetano Bertani, Terre di Leone, Tinazzi, Vigneti di Ettore e Zeni 1870.

I MIGLIORI AMARONE 2017 AD ANTEPRIMA AMARONE 2022
Bolla (Classico Riserva “Le Origini”) – non ancora in commercio

Rubino medio, alla vista. Bel cioccolato, ma anche note verdi, al primo naso. Bel frutto che esce con due giri di calice. Buon prontezza di beva generale. Centro bocca un po’ debole, chiusura leggermente sbilanciata sull’alcol che andrà ad armonizzarsi.

Clementi (Classico) – campione di botte

Colore rubino carico, purpureo. Frutta stramatura, tra la ciliegia e la prugna. Buona profondità speziata, scura. Gran bella concentrazione al palato, sorso pulito, tannino levigato, beva succosa. Amarone che coniuga bene, sul fronte dell’equilibrio, la cifra stilistica del residuo zuccherino importante.

Le Guaite di Noemi – campione di botte

Rubino intenso, unghia giovane. Impronta verde al naso, piuttosto importante. È il consueto tratto dell’Amarone de Le Guaite di Noemi. Marmellata, prugna e ciliegia, terziari corpulenti. In bocca corrispondente, con terziari sul frutto. Tannino polveroso, cacao amaro. Vino giovanissimo, all’inizio del suo percorso.

Massimago – campione di botte

Bel rubino, alla vista. Così come apprezzabile è l’espressione del frutto al primo naso, al centro del quadro. Si conferma tale anche al palato, che guadagna terziari cioccolatosi, sullo sfondo. Sorso che manca di un po’ di concentrazione, per quanto riguarda il frutto. Tannino che si rivela così piuttosto ruvido, in chiusura.

Cantina di Soave (Riserva “Rocca Sveva”) – campione di botte

Colore carico, impenetrabile. Buona concentrazione del frutto, che non sfora nella marmellata. Sorso agile, alcol molto ben integrato. Amarone di beva, “da pasto”.

Sartori di Verona (Classico “Reius”) – campione di botte

Altro Amarone che premia l’agilità di beva, con la nota inconfondibile di banana, quasi sempre presente in questa fase degli Amarone di Sartori. Il legno assume un ruolo importante nella cifra stilistica della cantina. Caratteristica un po’ superata, anche in Gdo.

Secondo Marco – campione di botte

Bel colore, rubino. Splendida espressione dei varietali. Ecco l’Amarone come dovrebbe essere da qui al futuro. Tannino che sarà elegantissimo, già in cravatta. Freschezza inebriante, anche in allungo.

Tenuta Santa Maria di Gaetano Bertani (Classico Riserva) – campione di botte

Rubino-granato mediamente carico. Altra gran bella interpretazione dell’Amarone 2017, sulla scia di San Marco, ma più in profondità e balsamicità, a riguardo delle note speziate. Spina dorsale massiccia: oltre alla freschezza, ecco una bella nota “salina” che tiene retto il sorso e fa da controcanto all’importante componente glicerica.

Valentina Cubi (Classico “Morar”) – campione di botte

Tende al granato. Leggerissima vena ossidativa, comunque integrata (al momento) nel quadro. Frutta che guarda al sotto spirito. Sorso teso, succoso, di struttura importante. Vino da abbinamento corpulento, nella vecchia concezione dell’Amarone da meditazione.

Villa San Carlo Wine – campione di botte

Bel rubino, mediamente carico. Legno importate, vaniglia. Vino che si inserisce perfettamente nella cifra stilistica attuale della cantina, con prevalenza dei terziari sui primari.

Bertani (Valpantena)

Bel rubino, piuttosto carico. Al naso mora, prugna, ciliegia fresca, di gran precisione. Grande è l’eleganza al sorso: freschezza da vendere, tannino che si integrerà meglio col tempo, ma che già ora fa il suo dovere, “asciugando” un succo polposo, di grandissima precisione. Vino centratissimo, millimetrico.

Ca’ del Sette “Appassionante 1944 M.C.”

Colore purpureo, poco penetrabile. Bel frutto che tende al surmaturo, più che alla marmellata. Al palato predominanza della ciliegia scura, stuzzicata da un tannino piuttosto polveroso. Beva comunque agile, che perde un po’ di peso e sostanza in centro bocca.

Ca’ la Bionda (Classico “Ravazzol”)

Rubino. Primo naso sul peperone verde. L’ossigenazione premia l’espressione del frutto, piuttosto preciso. Corrispondente al palato, tannino un po’ asciutto.

Ca’ Rugate “Punta 470”

Rubino, mediamente carico. Frutto polposo, ancora croccante, tannino che si integrerà ancora meglio e ci lavorerà sopra. Pecca in allungo (corto), ma su questo fronte ha solo bisogno di tempo.

Cantine di Verona Sca “Torre del Falasco”

Bel rubino. Legno e componente fruttata si dividono naso e sorso, con leggera prevalenza del primo sulla seconda. Tannino piuttosto asciutto, chiusura che tende all’amaricante.

Gerardo Cesari (Classico)

Rubino mediamente carico. Naso scuro, speziato, così come il palato, che tende tuttavia all’amaro. Sorso scarico che denota non solo la mancanza di adeguata concentrazione, ma anche un tannino piuttosto aggressivo. Chiusura scorbutica, col frutto che prova a sopravvivere all’amaro. Al momento non pare una grande prova.

Corte Figaretto (Valpantena “Brolo del Figaretto”)

Bel rubino, alla vista. Al naso una ciliegia netta, fragrante, succosa, avvolta in un circo di spezie. Vena sanguigna, ferrosa, in sottofondo. Sorso che abbina freschezza, tensione, polpa e un tannino in fase di integrazione. Bella prova, oggi e in divenire.

Costa Arènte (Valpantena)

Colore carico. Frutto che tende al maturo, senza sforare nella marmellata. Gran bella beva, sinuosa e larga, con tannino che arriva al momento giusto, a rallentare piano la scorrevolezza del sorso. Bel vino, anche in prospettiva, quando il legno si integrerà del tutto.

Domini Veneti (Classico)

Colore piuttosto carico, naso su frutta, speziatura ed erbe aromatiche, quasi a richiamare la macchia mediterranea. Il sorso è largo, d’un fruttato giustamente glicerico, affiancato da una componente terziaria piuttosto importante. Funziona, questo Amarone, facile da immagine anche in tavola. Parola d’ordine equilibrio, per un target piuttosto basico.

Falezze di Luca Anselmi

Rubino piuttosto carico. Naso su caramello salato, frutto sulla ciliegia, succosa, ancora croccante. Bella prova al palato, dove le figure si cambiano il posto sul palco, almeno in ingresso: frutto al centro del sorso, prima di una chiusura sui ritorni caramellati avvertiti al naso. Vino da riassaggiare, giovanissimo e di buona prospettiva.

Fattori (Riserva)

Rubino tendente al violaceo. Naso sul frutto rosso, una ciliegia che tende al sotto spirito. Componente acida e tannino al momento disconnessi dal quadro, ma chiaro tentativo di produrre un Amarone 2017 che premi la freschezza, più della concentrazione. Avanti così, è la strada giusta.

Ilatium Morini “Campo Leon”

Colore carico, impenetrabile. Legno al naso, latte e menta. Residuo e dolcezze molto ben giocate al palato, in assoluto equilibrio con le durezze. Sbrodola solo la chiusura, cui si arriva in fretta per via della morbida avvolgenza del sorso e dei tannini piuttosto setosi. Amarone che, per caratteristiche, strizza l’occhio a precisi mercati internazionali.

La Collina dei Ciliegi “Ciliegio”

Granato. Amarone 2017 giocato al naso sull’equilibrio tra le note scure (frutti e spezia), più che rosse. Acidità che slancia un frutto croccante, con la ciliegia in gran vista. Alcol importante, un po’ invadente in chiusura. Tannino lavorato, “pronto”.

Monte Zovo – Famiglia Cottini

Rubino intenso. Terziari preponderati al naso. Recupera al palato il frutto, comunque tendente allo stramaturo, più che alla marmellata. Amarone 2017 che sembra provare a imboccare la strada della freschezza, ma ha ancora le catene della concentrazione eccessiva e di una terziarizzazione imponente.

Monteci (Classico)

Porpora. Naso e bocca su frutti rossi ancora croccanti, beva premiata. Manca un po’ di complessità, di stratificazione, attese in un Amarone.

Cantine Giacomo Montresor

Rubino mediamente carico. Vino che ha tutto per piacere, sin da oggi: frutto, freschezza, equilibrio, residuo zuccherino ben bilanciato, tannino che lavora bene sul succo. Un Amarone “da pasto”, ben concepito dalla vigna alla cantina.

Novaia (Classico “Corte Vaona”)

Rubino. Naso e bocca corrispondenti, su una bella vena fruttata rossa, più che scura. Bel lavoro su alcol e tannini, nonché sull’estrazione. Un Amarone che pare un grande passo avanti nella cifra stilistica di una cantina che da tempo ha imboccato una strada di perfezionamento, forte peraltro degli investimenti nel bio. Un Amarone che impegna l’intero gruppo di produttori (e il Consorzio) a interrogarsi sul futuro e sulle sfide dell’Amarone revolution, dentro e fuori dal calice.

Pasqua Vigneti e Cantine “Famiglia Pasqua”

Colore piuttosto carico. Naso e palato condizionati dal legno. Residuo e dolcezze fuori dal quadro dell’equilibrio. Snaturato.

Cantine Riondo “Casalforte”

Carico. Amarone giocato sulla piacevolezza dell’appassimento, ben bilanciato con le durezze in ingresso. In chiusura, residuo un po’ troppo preponderante. Sei meno in “pagella”.

Roccolo Grassi

Colore piuttosto impenetrabile. Amarone 2017 molto ben giocato tra frutto e terziari, specie al naso. In bocca, al momento, troppa prevalenza delle note dolci (residuo) e del legno. Vino comunque giovanissimo, in divenire.

Salvaterra (Classico)

Bel rubino, alla vista. Nel complesso, l’Amarone al momento più centrato in tutte le sue componenti e fasi. Ha il frutto, l eleganza, la materia, lo slancio, il tannino, l’integrazione del residuo e il suo bilanciamento con le componenti dure. La strada spianata davanti per un futuro luminoso.

Santa Sofia (Classico)

Colore mediamente carico. Appassimento in risalto al naso, ma senza eccessiva opulenza. Al palato, invece, il residuo sbilancia il sorso. Tannino che richiama quei leggeri tratti verdi, già avvertiti al naso.

Santi (Classico “Santico”)

Vino al momento sbilanciato su salinità e durezze.

Terre di Leone (Classico “Il Re Pazzo”)

Bel rubino, riflessi granati. Appassimento in primo piano, al naso, unito a una componente speziata scura, importante. Corrispondenza perfetta al sorso, per un Amarone che premia la beva, senza rinunciare a carattere e tipicità. Vino all’inizio del suo lungo percorso di crescita, su cui è in corso un evidente lavoro stilistico, al momento a metà fra le tendenze tradizionali e future. Cantina a cui dare grande fiducia e su cui scommettere ad occhi chiusi per il futuro.

Tinazzi “Ca’ de Rocchi – La Bastia”)

Rubino carico. Nota netta di mora di rovo, sulla ciliegia. Note scure e rosse si abbinano bene. Sorso corrispondente, che designa il vino più pronto ed equilibrato di Anteprima Amarone 2017, in tutte le sue componenti. Al momento, quello da bere senza troppe “menate”.

Torre di Terzolan “Torre di Terzolan”

Colore carico. Altra prova sul filone della beva agile, con maggiore preponderanza dei terziari, sul frutto. Vino che pecca solo in chiusura, dove residuo e note speziate dolci hanno la meglio sul frutto.

Az. Agricola Vigna ‘800 (Classico Riserva “Virgo Moron”)

Campione non giudicabile.

Vigneti di Ettore (Classico)

Colore mediamente carico. Vino elegante, teso il giusto, fresco, pronto tendenzialmente. Un’altra etichetta che è possibile iniziare a bere oggi, con buone probabilità di crescere ancora nel tempo.

Zeni 1870 (Classico “Vigne Alte”)

Altro Amarone 2017 che mette già in scena l’equilibrio tra durezze e residuo, frutto, freschezza e “calore” del tannino. Buona prova sul frutto (note nette di ciliegie) e vena salina a fare da spina dorsale al sorso. Buona prospettiva.

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Cantine e Ospitalità news news ed eventi

Airbnb introduce la categoria “Vigneti”: enoturismo sempre più a portata di clic

Enoturismo sempre più a portata di clic. Airbnb, noto portale online che mette in contatto privati in cerca di un alloggio o di una camera per brevi periodi, ha introdotto la categoria “Vigneti”. Mai prima d’ora, il sito fondato nell’ottobre del 2007 da Brian Chesky, Joe Gebbia e Nathan Blecharczyk aveva offerto questo filtro.

Gli utenti saranno in grado di scegliere tra migliaia di proposte in tutto il mondo. Una novità che riguarda ovviamente anche l’Italia. Selezionando la categoria “Vigneti” su Airbnb appaiono appartamenti disponibili per l’affitto in alcune delle più note regioni vinicole italiane.

ENOTURISMO: LE CANTINE CHE OFFRONO OSPITALITÀ IN ITALIA

Oltre ai privati, diverse aziende agricole si sono già attrezzate per comparire sul portale. Nel Bel paese sono infatti centinaia le cantine che offrono ospitalità, come raccontato anche dalla speciale rubrica “Cantine e ospitalità” di winemag.it.

Di seguito i focus in vari territori del vino italiano. Dalla Valle d’Aosta alla Puglia, dall’Alto Adige alla Sicilia, con i focus sull’Etna, il catanese e le altre province, passando per Lazio, Oltrepò Pavese, Emilia Romagna e Abruzzo.

In Valle d’Aosta tra vino e relax: quattro cantine che offrono ospitalità

Cantine e ospitalità in Puglia: 10 proposte da Foggia a Lecce, passando per Taranto

Rottensteiner e quel Maso appeso al cielo di Bolzano, tra le vigne del passito Cresta

In vacanza in Abruzzo tra vino e relax: sei cantine che offrono ospitalità

Cantine e ospitalità in Sicilia: 8 proposte all’insegna di vino, gastronomia e relax

Vacanze sull’Etna tra vino e relax: sette cantine che offrono ospitalità

Le cantine che offrono ospitalità in Emilia Romagna: vino, gastronomia e relax

In Campania tra vino e relax, vicino alle città: le cantine che offrono ospitalità

Cari romani, è ora di scoprire il Lazio: tra vino e relax, cinque cantine con ospitalità

Cari milanesi, è ora di scoprire l’ospitalità dell’Oltrepò pavese: vicino, bello e buono

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news news ed eventi

Morto Marco Accordini, figlio del direttore generale di Cantina di Negrar

Marco Accordini, 26 anni, figlio del direttore generale ed enologo di Cantina Valpolicella Negrar, Daniele Accordini, è morto questa mattina in occasione di un incidente con il trattore. Il giovane stava lavorando in campagna, nell’agriturismo di famiglia a Mazzurega, nella valle di Fumane, in località la Cà.

Laureato in Viticoltura ed Enologia, corso interateneo con l’Università di Trento presso il Centro Agricoltura Alimenti e Ambiente, che ha sede in Fondazione Edmund Mach (Fem) a San Michele all’Adige, Marco Accordini era un giovane molto appassionato del suo lavoro.

Chi lo conosceva lo descrive come «sempre pronto a far propri gli aspetti più innovativi dell’accoglienza alberghiera, che metteva in pratica nel wine relais di famiglia».

CANTINA DI NEGRAR CONVOCA IL CDA

«Al di là dell’attaccamento paterno, Daniele era molto fiero di suo figlio, una stima reciproca, visto che con la scelta degli studi Marco aveva deciso di seguire le orme del padre», dichiara affranto Renzo Bighignoli, presidente di Cantina Valpolicella Negrar, che insieme al vice presidente Gianmichele Giacopuzzi, ha convocato un Cda stasera per ufficializzare a tutta l’azienda la triste notizia.

«La presidenza, il Cda, la direzione, i dipendenti e i soci della Cantina – aggiunge Bighignoli – si stringono con tanto affetto a Daniele e alla moglie Eleonora in questo momento di grande dolore». In occasione dei funerali, che si svolgeranno venerdì 24 giugno, all ore 10, nella chiesa di Pedemonte, cantina, wine shop e osteria rimarranno chiusi per tutto il giorno.

IL CORDOGLIO DI ASSOENOLOGI PER LA MORTE DI MARCO ACCORDINI

Tra i primi a commentare l’accaduto c’è il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella, che ha indirizzato una lettera agli associati. «Sono sgomento e pieno di dolore per la tragedia che ci ha portato via il nostro giovane collega Marco Accordini, figlio di Daniele», si legge.

«La vita ancora una volta ci mette a dura prova e purtroppo il destino talvolta ci travolge e ci annulla. Sappiamo che non ci sono parole o gesti che possano colmare un così grande vuoto e un così immenso dolore. Lasciamo che Marco viva nei nostri cuori per la sua inaspettata scomparsa. Non possiamo che stringerci attorno al cordoglio della famiglia», conclude Cotarella.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

È iniziata l’Amarone revolution: come cambia (e cambierà) il Re dei vini della Valpolicella

EDITORIALE – L’obiettivo è talmente alto da costringere tutti a fare, prima, un passo indietro. L’Amarone revolution non è, e non sarà, qualcosa di cui vedremo i risultati – nel calice – domani. Almeno in larga scala. È, e sarà, un processo lento. Di cui oggi si iniziano a scorgere le (solide) fondamenta. Amarone Opera Prima, grande evento che ha accompagnato la presentazione in anteprima del millesimo 2017 del Re dei vini della Valpolicella, non passerà dunque alla storia come il punto d’arrivo. Piuttosto, come l’appuntamento che sancisce il (presumibile) giro di boa collettivo del gruppo di produttori legati al Consorzio.

La nuova direzione? Quella di un Amarone che resta, sì, “vino di metodo“. Ma si interroga, forse per la prima volta così profondamente, sui nuovi “gusti” del consumatore e sulle tendenze dell’alta cucina internazionale. Nonché sul “terroir”.

Ecco dunque che la tecnica dell’appassimento, prossima al riconoscimento a Patrimonio dell’Unesco, diventa un “mezzo” e smette di essere un “fine”. Giusto percepirne i sentori caratteristici, nel calice. Sbagliato rinunciare alla freschezza o, meglio, all’equilibrio.

Il tutto nel nome di un nuovo concetto di Amarone della Valpolicella, adatto ad accompagnare anche crostacei e pesce (ebbene sì, dalla capasanta all’anguilla). Scrollandosi di dosso la nomea di “vino da meditazione”, da abbinare necessariamente a piatti molto strutturati, di carne, oppure a un buon sigaro.

L’AMARONE A TAVOLA: ABBINAMENTI CON L’ALTA RISTORAZIONE

Esemplificativa, in tal senso, la riuscitissima masterclass condotta da Davide Scapin con i piatti (geniali) dello chef duestellato Nicola Portinari del ristorante La Peca di Lonigo (VI), nella giornata di apertura di Amarone Opera Prima.

I quattro stili di Amarone identificati per gli abbinamenti (fresco, “reciotato”, elegante / austero e potente), possono essere considerati solo a prima vista come un rischio di confondere (ulteriormente) il consumatore sul reale profilo dell’Amarone della Valpolicella (che, al momento, non è certo univoco).

A conti fatti, si tratta piuttosto di un colpo di scena (geniale) del Consorzio, per mostrare ai soci la via da seguire: quella di un Amarone che rinuncia alla pomposità, al residuo zuccherino sbilanciato, alle note di legno preponderanti.

Un “vino di metodo” che resti tale, ma riduca il gap (della bevibilità e dell’attaccamento a terroir e varietale, nonché dell’ampiezza del ventaglio del pairing) con il Valpolicella Rosso, vero cavallo di Troia della zona per irrompere nei mercati e tra i nuovi trend di consumo internazionale. In due parole, la strada verso l’Amarone revolution.

Un passo indietro, di fatto, mostrando stili differenti. Per indicare, sommessamente ma chiaramente, in punta di piedi ma dal palco istituzionale di Amarone Opera Prima, la stilistica da seguire, per non perdere il treno del mercato e dell’alta ristorazione, suggerita dal presidente del Consorzio, Christian Marchesini, come La Mecca dell’Amarone del futuro.

AMARONE E STORYTELLING

Un po’ meno centrati i vini scelti «in totale autonomia» da JC Viens per la seconda masterclass di Amarone Opera Prima. Scontroso e soprattutto poco giustificato e appagato dai calici l’invito, rivolto alla stampa dall’italian wine ambassador e wine educator, ad abbandonare le “grandi cantine” della denominazione per concentrarsi, invece, su «piccole realtà della Valpolicella che producono meno di 100 mila bottiglie» (poche bottiglie uguale qualità? Un retaggio del passato, ormai ampiamente sdoganato).

Quello che è mancato ad almeno quattro dei 6 vini in degustazione (per l’esattezza tre e e mezzo, come spiegherò più avanti) è proprio la luce in fondo al paventato baratro di quella che Viens ha definito «miopia» dei media: «Parlate di queste cantine – ha dichiarato, rivolgendosi alla platea di ospiti professionali di Amarone Opera Prima – o non farete altro che riprodurre e replicare una visione miope della Valpolicella ai vostri lettori». Tra i calici di Villa Spinosa, Romano Dal Forno, Ca’ la Bionda – Ravazzol, Le Guaite di Noemi, Vigneti di Ettore e Villa San Carlo, brillano (solo) i primi due.

DAL PASSATO IL FUTURO: VILLA SPINOSA E DAL FORNO

L’Amarone della Valpolicella Doc Classico 1998 Villa Spinosa (Negrar) è un concentrato di freschezza che non mostra neppure lontanamente lo scorrere delle lancette sotto al sughero. Quello che si libera dal vetro è un vino che parla, a fine anni Novanta, delle necessità e delle speranze di oggi della denominazione. Un vino già interprete dell’Amarone Revolution che sarà.

Fa lo stesso l’Amarone della Valpolicella Doc 2003 di Romano Dal Forno (vigneto Monte Lodoletta), pur con altri canoni e non essendo la bottiglia al top degli standard della cantina di Cellore d’Illasi (VR). Al consueto sorso profondo e materico risponde più il tannino che la freschezza, ma la figura finale è comunque centrata e, a sua volta, innovativa e caratteristica. E gli altri quattro calici?

Ancora troppo legati, nonostante il ricambio generazionale in corso e il numero “risicato” di bottiglie indicato da Viens come la panacea alla “miopia”, a uno stile che guarda più alla concentrazione e ai terziari che ai canoni dell’Amarone revolution (fa eccezione l’Amarone Ravazzol 2007 di Ca’ la Bionda, sbilanciato sull’acidità e scarno in centro bocca; la cantina, tuttavia, sembra aver trovato la quadra nelle annate più recenti, guidata da uno dei winemaker più appassionati della denominazione, Alessandro Castellani). La prova provata che lo storytelling non basta. A maggior ragione quando provano a convincerti che “storytelling” non è.

LA SORPRESA DI ANTEPRIMA AMARONE 2017 È NOVAIA

Che l’Amarone revolution sia iniziata, lo confermano anche alcuni calici in degustazione ad Anteprima Amarone 2017, domenica 19 giugno al Palazzo della Gran Guardia di Verona.

Il dettaglio di tutti i campioni sarà pubblicato nei prossimi giorni, ma vale la pena di spendere subito due parole sulla cantina che, realmente, quasi da “ousider”, ha sorpreso più di tutte con un Amarone finalmente pulito – rispetto ad altre annate – e decisamente “rivoluzionario”.

Il riferimento è a Novaia Organic Wines, capace di mettere nel calice un nettare davvero convincente, dal frutto alla struttura, al pari di alcuni nomi noti e garanzie della denominazione.

L’Amarone della Valpolicella Docg Classico 2017 “Corte Vaona” segna un grande passo avanti nella cifra stilistica della cantina di Marano di Valpolicella. Una realtà da sempre votata al “Bio”, tema caldo per la viticoltura italiana ed internazionale rimasto invece piuttosto ai margini di Amarone Opera Prima. La “Revolution” non potrà farne a meno.

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Müller-Thurgau, lo studio: «Le note vegetali da Sauvignon Blanc sono tipiche»

È corretto trovare nel Müller-Thurgau sentori simili a quelli del Sauvignon Blanc. Bosso (“pipì di gatto”) e note vegetali sono tipiche del vitigno. A stabilirlo è una ricerca condotta dall’Istituto Agrario di San Michele all’AdigeFondazione Edmund Mach (TN), insieme a 6 università italiane.

La notizia è stata anticipata da Mattia Clementi, ex presidente e attuale membro del Comitato Mostra Valle di Cembra, che ha parlato di fronte alla sala di esperti del settore chiamati a giudicare gli 82 vini iscritti al 19° Concorso Internazionale Vini Müller Thurgau, giovedì 17 giugno a Cembra. Altrettanto tipiche, sempre secondo l’Istituto trentino, le note di pompelmo. Meno quelle “aromatiche”.

IL PROFILO DEL MÜLLER-THURGAU

I dettagli della ricerca saranno oggetto di approfondimento durante la XXXV rassegna Müller Thurgau: Vino di Montagna, in programma a Cembra dal 30 giugno al 3 luglio. Tra gli appuntamenti da non perdere, anche l’annuncio dei vincitori del Concorso che ha visto protagonisti 55 Müller Thurgau italiani e 27 esteri (18 dalla Germania e 4 a testa da Svizzera e Repubblica Ceca).

Nato tra il 1882 e il 1891 dall’incrocio di Riesling Renano e Madeleine Royal, per mano del prof Hermann Müller, il Müller Thurgau è un vitigno che matura al meglio in montagna. In Valle di Cembra, dove occupa il 40% del vigneto complessivo, la varietà ha trovato la sua terra d’elezione, grazie a terreni porfirici e alla forte escursione termica.

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L’Amarone per tutti i palati: quattro abbinamenti con la cucina internazionale

Quattro “stili” di Amarone, a illuminare la strada della nuova comunicazione del Re dei vini della Valpolicella: un vino capace di mettere d’accordo tutti, a tavola. Amarone Opera Prima si è aperta in mattinata con quattro abbinamenti stravaganti ma piuttosto centrati con piatti della cucina Mitteleuropea, del Sud Est Asiatico, del Nord Europa e di Usa e Canada.

Grandi protagonisti della masterclass condotta da Davide Scapin sono stati i piatti dello chef Nicola Portinari, bistellato del ristorante La Peca di Lonigo (VI).

«L’obiettivo – commenta il presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella, Christian Marchesini – è stato centrato pienamente. La versatilità dell’Amarone negli abbinamenti ci ha stupito e aiuta a capire che riusciamo a soddisfare tutti i palati. L’Amarone si lega sempre più all’alta ristorazione. Ed è questa la direzione in cui l’Amarone vuole andare nel prossimo futuro. Posso sbilanciarmi e dire che il futuro è positivo ed estremamente roseo».

L’AMARONE E I PIATTI DELLO CHEF NICOLA PORTINARI (LA PECA)

  • Nord Europa: capesante atlantiche arrosto, succo di crostacei, asparagi fermentati e carpaccio di cervo marinato. Per l’abbinamento si sceglie un Amarone di stile “fresco”, servito a una temperatura più bassa rispetto a quella canonica. Il “gioco” dell’abbinamento funziona su tutti i fronti, anche se l’asparago genera una leggera stonatura nel retro olfattivo.

  • Sud Est Asiatico: anguilla in forno di braci, anguria e angostura. Quello con l’Amarone di stile “Reciotato”, ovvero dalla tendenza dolce che ricorda il Recioto, è l’abbinamento più convincente della prima masteclass di Amarone Opera Prima. L’appassimento è protagonista del naso e del sorso, in cui si aggiunge la componente del residuo.Uno stile prevalente fino agli anni Novanta, in cui appassimenti marcati e residuo zucchero residuo percettibile la facevano da padroni. Elemento fondamentale del pairing è la presenza, nel piatto, dell’anguria disidratata, che si sposa con le note dolci del vino. L’angostura stuzzica invece la speziatura dolce, tanto quanto la laccatura dell’anguilla. Piatto capolavoro e abbinamento a dir poco delizioso.

  • Mitteleuropa: ravioli di bretzel, cavolo capuccio, cren, senape, succo di stinco concentrato. Il terzo abbinamento è con un Amarone definito “Austero”, anche se sarebbe meglio chiamarlo “Elegante”. Protagoniste le scelte del vigneron nell’affinamento e nella perfezione della materia prima vinificata. Poco spazio per note estrattive e concentrazione, decisamente in secondo piano.Oltre alle consuete note primarie delle uve dell’Amarone, ecco dunque richiami agrumati rossi che conferiscono tensione ed eleganza alla beva. L’abbinamento convince in progressione, dato che in ingresso è il piatto a vincere sul calice. Dal centro bocca, invece, il nettare si lega bene a un piatto che si racconta (anche) su tendenze umami. Pairing intrigante, intellettuale. Non certo per tutti.

  • Usa e Canada: cheek cherry pie. Quarto ed ultimo abbinamento con un Amarone di stile “potente”, chiaro sin dal naso. Il tortino presenta una farcitura di guancia di manzo, arricchita da ciliegie cotte, a richiamare il marcatore dei primari della Corvina. C’è del residuo zuccherino nel vino, inferiore comunque a quello dell’Amarone “Reciotato” precedente. Aiuta, nella riuscita dell’abbinamento, la presenza di cacao, che si lega alle note fruttate scure dell’Amarone. Pairing impegnativo, ma goloso.
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Amarone Opera Prima è già un successo: «Così la Valpolicella cambia volto»

Proporre la Valpolicella come territorio in grado di produrre eccellenti “vini di metodo” ed altrettanto eccellenti “vini di terroir“. Questo l’obiettivo di Amarone Opera Prima, grande evento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Valpolicella, che ha preso avvio ieri con la cena di gala a Giardino Giusti di Verona. Un esordio in pompa magna, capace di raccogliere il plauso unanime della stampa internazionale, come dimostrano i pareri raccolti da winemag.it.

Si tratta dell’evoluzione (o meglio, rivoluzione) di “Anteprima Amarone”. Una nuovo modo di vivere l’annuale “En-Primeur” del grande vino rosso del Veneto. Mai così centrale il ruolo del Valpolicella Doc e del Valpolicella Doc Ripasso, accanto al protagonista indiscusso della kermesse, che resta l’Amarone della Valpolicella (in anteprima domani per la stampa il millesimo 2017, al Palazzo della Gran Guardia).

Sullo sfondo la città stessa di Verona, sempre più centrale nella comunicazione del “brand Amarone“. «Verona – ha ricordato il presidente del Consorzio, Christian Marchesini – può essere considerata l’hub della nostra Valpolicella. La città ha un vigneto urbano unico al mondo: ben 1.300 ettari sugli oltre 8.600 vitati complessivi della denominazione ricadono nel Comune di Verona».

Il clou sarà nel piatto. In programma al Palazzo Verità Poeta, a partire dalle 11.30 di questa mattina, due masterclass che vanno ben oltre la semplice degustazione e abbinamento.

Quattro piatti di altrettante aree di mercato (230 milioni di euro il valore del giro d’affari complessivo) saranno proposte agli addetti del settore «per rompere lo schema – spiega il Consorzio – che classifica l’Amarone come vino da meditazione, relegandolo ad accompagnare perlopiù portate a base di cacciagione o laboriosi stufati e arrosti».

AMARONE IN VIAGGIO CON I PIATTI DELLO CHEF NICOLA PORTINARI

Con la masterclass “Amarone 4wd, off the beaten track“, l’Amarone della Valpolicella affronterà «una vera e propria prova di stile». Sarà chiamato a confrontarsi con la cultura gastronomica di quattro macroregioni internazionali – Mitteleuropa, Sud Est Asiatico, Nord Europa, Usa e Canada – interpretate da Nicola Portinari, chef bistellato del ristorante La Peca di Lonigo (VI) che ha ideato la sfida con il Consorzio.

Per il Nord Europa saranno preparate capesante atlantiche arrosto con succo di crostacei, asparagi fermentati e carpaccio di cervo marinato. Per il Sud Est Asiatico: anguilla in forno di braci, anguria e angostura. Per l’area del Mitteleuropa: ravioli di bretzel, cavolo capuccio, cren, senape, succo di stinco concentrato. Infine, per Usa e Canada: cheek cherry pie.

La masterclass guidata dal critico gastronomico e wine expert Davide Scapin, contempla quindi quattro piatti, uno per ogni mercato, abbinati a una selezione (blind) di diverse espressioni di Amarone: fresco, “reciotato”, austero e potente.

È arrivato il momento di far emergere la versatilità dell’Amarone – spiega ancora il presidente del Consorzio Marchesini – e di liberarlo da un preconcetto che non tiene conto dell’evoluzione stilistica e poliedrica del nostro vino premium. Si tratta di un percorso che, senza rinunciare all’identità, intende valorizzare un cambiamento già in atto tra i produttori della Valpolicella».

«Siamo convinti che l’Amarone possa essere interpretato in maniera innovativa – aggiunge Marchesini – attraverso l’esplorazione di nuovi canoni del gusto. Un passaggio fondamentale per rispondere all’esigenza condivisa di riportare il settore Horeca, e in particolare l’alta ristorazione, al centro della nuova strategia di azione e di promozione del Consorzio».

Lo spettacolo finale della cena di gala di apertura di Amarone Opera Prima

L’ESCALATION MONDIALE DELL’AMARONE

La sessione per i 100 giornalisti (80 dall’estero) prosegue nel pomeriggio con la seconda masterclass “The boom generation: gli ultimi decenni dell’Amarone dalla sua escalation al successo mondiale“, condotta da JC Viens, italian wine ambassador e Wset educator.

Un tasting che guarda al futuro e alla new wave in Valpolicella dettata sia dal passaggio generazionale che da giovani aziende. In degustazione gli Amarone di 6 cantine con millesimi dal 1998 al 2016: Villa Spinosa (1998), Romano Dal Forno (2003), Cà La Bionda (2007), Le Guaite di Noemi (2010), Vigneti di Ettore (2012) e Villa San Carlo (2016).

Amarone Opera Prima continua poi domenica 19, al Palazzo della Gran Guardia, con la presentazione dell’annata 2017 e dell’indagine “Amarone: analisi di un’eccellenza italiana. Un confronto comparato in uno scenario di incertezza”, condotta da Banco BPM – Funzione Studi & Ricerche.

A seguire “Amarone e i miti dell’ospitalità veneta, tra storia e leggenda” (dalle ore 11), con gli interventi di Mauro Lorenzon, l’eclettico oste della Mascareta di Venezia, ora all’avvio di una nuova avventura professionale nella sua Enoiteca Guesteria sempre nella città lagunare.

Presente anche Giacomo Sacchetto, chef del ristorante La Cru di Romagnano (Grezzana – VR) una stella Michelin e Chiara Pavan, chef del Ristorante Venissa (1 stella Michelin). Dal pomeriggio (ore 16.00) spazio anche ai wine lover e agli operatori. A loro è riservata anche la giornata di lunedì 20 giugno.

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Perché scegliere i calici da vino Riedel (oppure no)

Perché scegliere i famosi calici da vino Riedel? Sono davvero così fondamentali? A Wine Paris 2022, una masterclass condotta da Viktor Ulrich, direttore di Riedel Francia, è servita a dare risposte precise a chi vuole capirci di più, prima di impegnarsi in un acquisto piuttosto oneroso, non certo alla portata di tutti.

La risposta è una semplice: i calici da vino Riedel non sono indispensabili. Non lo diventano neppure in contesti professionali, dove – di fatto – non sono poi così diffusi. In Italia come all’estero.

Dal dizionario Treccani: «”Indispensabile” /indispen’sabile/ [der. di dispensare, col pref. in-²]. – ■ agg. [di cosa o atto, di cui non si può fare a meno] ≈ essenziale, imprescindibile, necessario, obbligatorio. ‖ inevitabile, irrinunciabile».

Forma, taglia e diametro dell’apertura sono i parametri con cui Riedel disegna ed elabora i propri calici. Un business florido, con 300 anni di storia all’attivo, anche se è “solo” dal 1955 che la famiglia proprietaria si dedica esclusivamente alla produzione di calici da vino e decanter. Con qualche eccezione.

RIEDEL, UNA STORIA LUNGA 300 ANNI

Negli anni, Riedel ha prodotto anche bicchieri per caffè (ha senso, eccome) e un bicchiere per la… degustazione della Coca Cola o, meglio, del Rum & Coke. Ciò non toglie valore ai calici da vino Riedel, che vanno tuttavia contestualizzati: non migliorano il vino. Aiutano, piuttosto, ad amplificare alcune caratteristiche.

Quando durante la masteclass Viktor Ulrich (nella foto, sopra) di Riedel Francia sostiene che il Cabernet Franc che vi ha servito nel calice Performance Riedel è migliore dello stesso Cabernet Franc servito nel bicchiere di carta (descritto addirittura come peggiorato, in tutte le sue caratteristiche) sta semplicemente vendendo il proprio brand.

A fine masterclass regalerà al pubblico (di giornalisti, curiosi e, ovviamente, influencer) quel set di costosi calici appena “testati” contro un avversario poco temibile (i bicchieri di carta, per l’appunto). Dando così un’altra lezione sui famosi calici da vino Riedel: gratis, sono fantastici. Anche da raccomandare.

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Villány, nuova frontiera del Cabernet Franc: in Ungheria il primo concorso Franc du Monde

Il Cabernet Franc ha una nuova capitale di confronto mondiale: Villány. Con la prima edizione di Franc du Monde, concorso internazionale dedicato al vitigno andato in scena il 10 giugno 2022 (101 campioni da 8 Paesi, giudicati da una giuria internazionale a Siklósi Vár), l’Ungheria si conferma un punto di riferimento per la varietà bordolese.

Dei 1.450 ettari complessivi presenti oggi nel Paese, ben 330 sono iscritti alla Dop Villány, nella zona sud occidentale. Il rigido sistema di qualità introdotto nel 2014, con all’apice il Villány Franc Super Premium – resa massima di 50 quintali per ettaro e invecchiamento minimo di 2 anni, di cui almeno uno in legno – è riuscito a mettere i vini rossi magiari, prodotti con uve Cabernet in Franc in purezza, sotto ai riflettori internazionali.

Franc du Monde è la sfida nella sfida. Un percorso appena iniziato, che vedrà impegnato il Consorzio vini di Villány (Villányi borvidék), capitanato dal noto produttore Josef Bock, nel coinvolgimento di altri territori che puntano sul Cabernet Franc. In primis Loira e Bordeaux, ma anche Bolgheri, Colli Euganei e Gambellara, per l’Italia.

Anche per questo, la prossima edizione della competizione è prevista tra due anni. Un periodo necessario per superare le reticenze mostrate dai Paesi leader nella produzione del Cabernet Franc, in occasione della prima edizione di Franc du Monde (Francia e Italia in primis, a dire il vero con poco tempo a disposizione per l’invio dei campioni in Ungheria).

«Obiettivo nell’obiettivo – come ha sottolineato András Horkay del Villányi borvidék – è mettere Villány al centro del mondo del Franc, attraverso un evento utile al confronto sul vitigno e alla crescita della sua popolarità tra i consumatori».

I MEMBRI DELLA GIURIA DI FRANC DU MONDE 2022 E I VINI PREMIATI

Confermato per novembre 2022 l’annuale rendez-vous a Villány, con la settima edizione della Franc & Franc Conference. «La decisione di creare un nuovo concorso enologico – commenta Gergely Nagy, direttore esecutivo di Tenkes Regional Development Nonprofit Ltd – è stata ispirata dalle esperienze degli anni passati».

La regione vinicola di Villány ha già organizzato 6 volte eventi commerciali e consumer a tema “Cabernet Franc”. In questi anni, molti dei più importanti produttori del Vecchio e del Nuovo Mondo hanno presentato i loro vini alla Franc & Franc Conference. Si tratta di produttori devoti, che credono nella varietà e ne fanno vini varietali».

Centouno i vini iscritti a Franc Du Monde 2022, provenienti da 8 Paesi: Francia, Slovacchia, Croazia, Serbia, Romania, Turchia, Argentina e Ungheria. La categoria “Premium” è risultata la più popolare, con 67 campioni in degustazione. I vini sono stati valutati da esperti internazionali del settore, tra cui i due Master of Wine Cees van Casteren e Pasi Ketolainen.

Oltre a loro Ximena Pacheco, György Orodán, Zoltán Győrffy, Csilla Sebestyén. E ancora: Attila Fiáth, Ágnes Németh, Davide Bortone (winemag.it), Sue Tolson, Niklas Bergquist. Infine: László Romsics, Ivett Vancsik, Jeroen Terhorst, Joel B. Payne, Tomislav Ivanovic.

Qualità complessiva dei vini medio-alta. Ma solo il 30% degli iscritti ha potuto ricevere una medaglia, secondo le regole Oiv. I vini vincitori hanno dunque registrato valutazioni medie pari o superiori agli 89,2 punti.

LE MEDAGLIE D’ORO DI FRANC DU MONDE 2022

– Bock Cabernet Franc 1993, Villány, Ungheria

– Fritsch Villányi Cabernet Franc 2019, Villány, Ungheria

– Günzer Tamás Bocor Villányi Franc 2019, Villány, Ungheria

Csányi Chateau Teleki Villányi Cabernet Franc 2002 ,Villány, Ungheria

– El Enemigo Cabernet Franc 2016, Argentina

– Vylyan Franc Variations 2020 botte 2020, Villány, Ungheria

– Tajna Cabernet Franc 2019, Slovacchia

– Bodri Cabernet Franc “Dűlő” Selezione 2019, Szekszárd, Ungheria

– Havas & Timár Franom 2018, Eger, Ungheria

– Bock Villányi Franc Ördögárok Selezione 2015, Villány, Ungheria

Csányi Teleki Tradíció 1881 Villányi Franc Kopár 2017, Villány, Ungheria

LE MEDAGLIE D’ARGENTO DI FRANC DU MONDE 2022

– Jackfall Cabernet Franc 2017, Villány, Ungheria

– Belo Brdo Cabernet Franc Etichetta nera 2017, Serbia

– Havas & Timár Franom Barrel Selection, 2017, Eger, Ungheria

– Szende Kopár Villányi Franc 2017, Villány, Ungheria

– Mokos Villányi Franc Super Premium 2017, Villány, Ungheria

– Blum Cabernet Franc 2017, Villány, Ungheria

– Weninger & Gere Villányi Franc (Csillagvölgy) 2018, Villány, Ungheria

– Antal Cabernet Franc 2020, Szekszárd, Ungheria

Vesztergombi Kerékhegy Cabernet Franc 2017, Szekszárd, Ungheria

– Lelovits Tamás Villányi Franc 2017, Villány, Ungheria

– Bock Villányi Franc Fekete-hegy Selection 2012, Villány, Ungheria

– Bakonyi bio Villányi Cabernet Franc 2020, Villány, Ungheria

– Mokos Villányi Franc 2017, Villány, Ungheria

– Csányi Chateau Teleki Villányi Franc 2017, Villány, Ungheria

– Bock Villányi Franc Fekete-hegy Selection 2009, Villány, Ungheria

– Bock Villányi Franc M Selection 2017, Villány, Ungheria

– Jekl Cabernet Franc 2013, Villány, Ungheria

– Koch VinArt Cabernet Franc 2018 Villány, Ungheria

– Feravino (Enosophia) Cabernet Franc Miraz 2018, Croazia

– Heumann La Trinitá Villányi Franc 2017, Villány, Ungheria

– Koch VinArt 899 Villányi Franc 2017, Villány, Ungheria

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Guerra Russia-Ucraina, Coldiretti: rincari del 35% per il settore del vino

A causa dei rincari energetici e della guerra tra Russi e Ucraina i costi per il settore del vino italiano sono aumentati del 35%. «Un impatto pesante sulle aziende vitivinicole», riferisce Coldiretti commentando i dati Crea, diffusi ieri in occasione dell’Assemblea di Federvini.

«Le aziende vitivinicole Made in Italy – sottolinea la Coldiretti – si sono così trovate a fronteggiare aumenti unilaterali da parte dei fornitori con le bottiglie di vetro che costano più del 30% in più rispetto allo scorso anno. Il prezzo dei tappi ha superato il 20% per quelli di sughero e addirittura il 40% per quelli di altri materiali».

«I RINCARI DEL VINO SULLE SPALLE DEI VITICOLTORI»

Per le gabbiette per i tappi degli spumanti gli aumenti sono nell’ordine del 20% ma per le etichette e per i cartoni di imballaggio si registrano rispettivamente rincari del 35% e del 45%, secondo l’analisi Coldiretti.

Rincarato anche il trasporto su gomma del 25% al quale si aggiunge la preoccupante situazione dei costi di container e noli marittimi, con aumenti che vanno dal 400% al 1000%. In generale, secondo il global index Freightos, importante indice nel mercato delle spedizioni, l’attuale quotazione di un container è pari a 9.700 dollari contro 1.400 dollari di un anno fa.

«Occorre peraltro ricordare che sino ad oggi – conclude la Coldiretti – l’incremento dei costi è stato scaricato sulle spalle dei viticoltori, come dimostra il fatto che il prezzo di vendita del vino, su dati Istat, è aumentato al dettaglio di appena il 2,5% a maggio 2022 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre gli alimentari sono aumentati in media del 7,1%».

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Elezioni Ais 2022, Antonello Maietta non si ricandida: «Non posso fare l’imperatore»

Antonello Maietta non si ricandida per alcun ruolo alle prossime elezioni Ais. I soci dell’Associazione italiana sommelier, per la prima volta, potranno votare online. Ma il 26 e 27 giugno 2022, tra i nomi dei candidati, non ci sarà quello del presidente in carica.

«Dopo 30 anni di vita associativa e 42 anni da associato – commenta Antonello Maietta in esclusiva a winemag.it – ho deciso di non ricandidarmi in nessuna posizione. Non posso essere rieletto presidente per il vincolo dei mandati consecutivi, previsto dallo statuto. L’unica opzione sarebbe stata quella di un ruolo nel Consiglio Ais, ma sinceramente preferisco lasciare spazio ad altri».

Maietta guida l’Associazione italiana sommelier dal 2010. Ha dunque ricoperto il ruolo di presidente per 12 anni. «È il mandato più lungo nella storia di Ais – sottolinea -. Un “record” che nessuno potrà replicare, dopo di me, per via delle nuove norme».

Prima dei tre mandati consecutivi da presidente nazionale, Antonello Maietta è stato vicepresidente, membro della giunta esecutiva, presidente regionale e presidente di delegazione dell’Associazione italiana sommelier.

O mi fanno imperatore dell’Ais – scherza – oppure è davvero arrivato il momento, in tutta serenità, di farsi da parte e godermi in altro modo la vita associativa, per esempio come docente. Nei miei tre mandati siamo passati da circa 27 mila a oltre 40 mila iscritti.

Ais, nei miei 12 anni di presidenza, ha consegnato 108 mila diplomi ad aspiranti sommelier. Adesso voglio godermi la mia famiglia, lasciando da parte tutte le pressioni legate al ruolo di presidente».

AIS, MAIETTA NON SI RICANDIDA: «SPAZIO ALLE NUOVE LEVE»

Quali? «Al ristorante – risponde Maietta – potrò scegliere uno Champagne e postarlo sui social, senza che qualcuno dica che “non bevo italiano”. Oppure bermi un bel vino dolce, senza che qualcuno dica che il presidente Ais non beve vini secchi. Oppure bere un rosso di una denominazione, piuttosto che di un’altra, semplicemente perché mi andrà di farlo!».

Nelle parole del numero uno uscente di Ais, c’è spazio anche per qualche rimpianto. «Forse, all’interno dell’Associazione italiana sommelier – chiosa Maietta – qualcun altro avrebbe potuto seguire il mio esempio e lasciar spazio alle nuove leve, facendosi da parte dopo tanto tempo. Avremmo poi potuto lavorare di più per la rappresentanza femminile: sarà inferiore al passato, all’interno del prossimo Consiglio».

Quello che uscirà dalle elezioni Ais del prossimo 26 e 27 giugno 2022, sarà un mandato in continuità con il precedente. «Praticamente tutti i candidati escono dall’attuale Consiglio direttivo – evidenzia Maietta- dunque non ci saranno stravolgimenti. Non posso che augurare tanto successo a chi verrò dopo di me, conscio di aver contribuito a far crescere questa azienda in maniera esponenziale».

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Prima dell’Alta Langa 2022, migliori assaggi: il Metodo classico piemontese è al giro di boa

L’Alta Langa si conferma il vero fenomeno della spumantistica italiana Metodo classico degli ultimi anni. Diverse aziende piemontesi (e non solo) stanno investendo nell’acquisto di vigneti di Pinot Nero e Chardonnay, per ampliare la gamma e offrire al mercato una bollicina tipica e raffinata, che inizia a stuzzicare la curiosità dei buyer, anche all’estero. È quanto emerge dalla Prima dell’Alta Langa 2022, occasione unica per degustare 115 cuvée di 46 soci del Consorzio di Tutela che ha sede ad Asti. E tastare il polso alla Docg.

Nove ore non-stop, lunedì 6 giugno, dedicate a operatori professionali, buyer, enotecari, ristoratori, distributori, barman e stampa di settore, al Museo di Italdesign di Moncalieri, in provincia di Torino.

L’annata in anteprima nel 2022 è la 2018. Ma, in degustazione, i produttori hanno portato anche spumanti Alta Langa di oltre 10 anni. Tutti in gran forma. Il vero trend della Prima dell’Alta Langa 2022 è tuttavia il livellamento della denominazione verso “spumanti d’entrata” di qualità media indiscutibile, posizionati su fasce prezzo di tutto riguardo, rispetto alla piramide degli altri sparkling italiani.

Se è vero che all’interno del Consorzio astigiano sono parecchie le cantine che investono nei lunghi affinamenti sui lieviti, il millesimo 2018 può essere considerato quello della presa di coscienza dei produttori piemontesi della massa critica ormai non più trascurabile, assunta dall’Alta Langa.

Numeri alla mano (3 milioni di bottiglie prodotte nel 2021, su 377 ettari dislocati nelle province di Cuneo, Asti ed Alessandria), l’Alta Langa è ormai in grado di rosicchiare quote di mercato alle bollicine leader nazionali indiscusse, Franciacorta e Trento Doc.

Tra i calici degustati alla Prima dell’Alta Langa 2022, pare tra l’altro in aumento l’utilizzo dello Chardonnay. Un fenomeno nel fenomeno. Il vitigno, che continua comunque ad occupare un solo terzo del vigneto complessivo dell’Alta Langa, consente di produrre spumanti più “pronti”, in cuvée con i corpulenti e muscolari Pinot Nero di collina ed alta collina. Il tutto senza perdere di vista la qualità, imposta dal rigoroso disciplinare di produzione.

IL CASO: CANTINA CLAVESANA “CONVERTE” IL DOLCETTO IN ALTA LANGA

Una denominazione, l’Alta Langa, che cresce anche grazie all’interesse di diversi “big”. È il caso di Cantina Clavesana, cooperativa cuneese in cui è in corso una vera e propria rivoluzione. «Abbiamo 200 soci e 300 ettari di vigneti – spiega a winemag.it il direttore Damiano Sicca – e il Dolcetto è il vitigno che più ci ha rappresentato, negli anni. Di recente, abbiamo scelto l’Alta Langa come prodotto distintivo».

Stiamo assistendo a una riclassificazione del nostro parco vigneti che ha portato a una crescita da 5 a 50 mila bottiglie, dal 2015 ad oggi. Nel 2011 avevamo 480 ettari di Dolcetto. Oggi siamo a 380.

Nello stesso anno, oltre il 90% del vigneto di Cantina Clavesana era piantato a Dolcetto, mentre oggi è al 75%. La differenza è a metà rappresentata dal Langhe Nebbiolo e dall’Alta Langa».

Una risposta, per di più, al cambiamento climatico. «Le riconversioni – spiega ancora Damiano Sicca – sono avvenute in zone che godono di una certa vocazionalità, ovvero dai 450 ai 600 metri. L’obiettivo, se il Consorzio aprirà ad ipotesi di incremento della produzione e degli ettari vitati, è di passare dalle attuali 50 alle alle 100 mila bottiglie nel giro dei prossimi 5 anni».

«Il tutto – conclude Sicca – si traduce in un maggior reddito per i soci di Cantina Clavesana. Il Dolcetto è pagato 1 euro al Kg, mentre le uve da Alta Langa 1,30 / 1,40 euro. Meglio ancora il Nebbiolo, che si assesta attorno ai 1,50, più o meno come il Barbera. Per le uve da Barolo si sale a 3,50 / 4 euro al Kg».

Non sta a guardare, sempre in provincia di Cuneo, l’altra cooperativa Terre del Barolo. È di quest’anno l’uscita sul mercato di due Alta Langa della linea VinumVitaEst, per un totale di 25 mila bottiglie tra il Blanc de Blancs Brut (Chardonnay in purezza, 30 mesi di affinamento sui lieviti) e il (quasi) “Blanc de Noir” Extra Brut (Pinot Nero da un ettaro di vigneto a Diano d’Alba, con un 15% di Chardonnay).

«Pensiamo che la Langa oggi abbia bisogno di tutelare il patrimonio di biodiversità – commenta per la cantina Gabriele Oderda – . Questa biodiversità, oggi, si ritrova nelle varietà tradizionali e nella ricerca del miglior territorio possibile sulla base della varietà.

Il Nebbiolo la fa da padrona ma ha anch’esso territori d’elezione. Altre zone di Langa possono essere messe a frutto con progetti diversi, come quello dell’Alta Langa: un’esplorazione che si spinge ad altezze di 400, 500 metri, con Pinot Nero e Chardonnay».

CRESCITA E STILE DEL’ALTA LANGA: IL PUNTO CON PECCHENINO

Gli interrogativi sul futuro della denominazione interessano anche cantine che si cimentano ormai da anni con l’Alta Langa. È il caso di Pecchenino. La cantina di Dogliani (CN) vive un momento cruciale della propria storia aziendale, con l’ingresso delle nuove generazioni, tutte “quote rosa”.

«Il nostro progetto nell’Alta Langa parte nel 2010 – rivela a winemag.it Lisa Pecchenino – con l’acquisto di alcuni ettari a Bossolasco. La prima annata Alta Langa risale al 2014, con l’iscrizione dei vigneti alla Docg. Amiamo da sempre la personalità che può esprimere questo spumante, ma ultimamente stiamo ragionando sulla cifra stilistica aziendale, pensando di sostituire legni piccoli con il legno grande per il Pinot Nero, per i vini base. Il territorio in cui viviamo ci permette di sperimentare su tutte le denominazioni, anche nella spumantistica».

Dalle 8 mila bottiglie del 2014, col millesimo 2018 Pecchenino raggiungerà quota 18 mila. «La tendenza del Consorzio è quella di chiudere ai nuovi impianti – chiosa ancora Lisa Pecchenino -. Se questo serve a tutela della qualità, sono d’accordo. Penso però che, a fronte di una denominazione in forte crescita, sia anche giusto avere le bottiglie per rispondere alla crescente richiesta».

A crescere sono anche piccole realtà come l’Azienda Agricola Terrabianca di Mango (CN), che firma uno degli Alta Langa con la più interessante espressione “di terroir”, a 600 metri di altitudine. «Siamo partiti nel 2016 – commenta a winemag.it Andrea Alpiste – raggiugendo con il millesimo 2018 le 3 mila bottiglie. Con il tiraggio 2021 arriveremo a 10 mila». Solo Chardonnay all’esordio di Terrabianca, oggi affiancato dal Pinot Nero.

CERRUTI: «L’ALTA LANGA? UN FENOMENO»

Esordio nell’Alta Langa con il millesimo 2018 anche per la Mascarello Michele e Figli. Raggiunta quota 10 mila bottiglie, la cantina di di La Morra punta dritta verso le 15 mila. Con un obiettivo ben preciso: «Offrire spumanti che si devono bere facilmente, nello stile dei nostri Barolo», riferisce a winemag.it Fabio Mascarello.

A contribuire alla crescita e all’affermazione dell’Alta Langa c’è anche Daffara&Grasso di Calosso (AT). «Siamo partiti con 7, 8 mila bottiglie – commenta Walter Daffara – continuando a vedere le basi ad altri produttori. Per noi, il core business era e resta il Moscato, con oltre 100 mila bottiglie. Ma ci siamo lasciati affascinare da questo Metodo classico, al punto da decidere di produrre anche una Riserva, millesimo 2014, 80 mesi sui lieviti, che sarà sul mercato a partire da quest’estate».

Esponenziale il salto anche in casa di uno dei vignaioli Fivi dell’Alta Langa, Cascina Cerutti. «Siamo partiti con 2, 3 mila bottiglie – sottolinea a winemag.it Gianmario Cerutti – e oggi abbiamo raggiunto le 6 mila. Dal prossimo anno arriveremo a 10 mila. L’Alta Langa è in una fase dinamica di crescita e la politica è quella giusta: crescere piano, con moderazione».

La cosa bella è siamo molte aziende, con clientela che attende i nostri spumanti. È un fenomeno, frutto di una bella alchimia tra il territorio, che lo richiede, e il mercato lo apprezza.

Siamo in una fase magica che non avremmo mai potuto preventivare, neppure a fronte di un piano marketing ben studiato! Basta dire “Alta Langa” che la gente lo prova. E poi lo ricompra, convinto dalla qualità».

I MIGLIORI ALTA LANGA ALLA PRIMA DELL’ALTA LANGA 2022

Millesimo 2018

  • ViteColte – Brut “Cinquecento”
  • Tenuta Carretta – Pas Dosé “Airali”
  • Azienda agricola Terrabianca – Extra Brut
  • Mauro Sebaste – Dosaggio Zero
  • Cantine Amerio – Pas Dosé
  • Pianbello – Rosé Brut
  • Pecchenino – Pas Dosé “Psea”
  • Matteo Giribaldi – Extra Brut
  • Roberto Garbarino – Rosé Dosaggio Zero
  • La Fusina – Extra Brut (miglior sboccatura recente – 2022)
  • Avezza – Dosaggio Zero e Riserva 72 mesi
  • Deltetto – Brut
  • Enrico Serafino – Extra Brut Parcellaire
  • Calissano – Pas Dosé
  • Rizzi – Pas Dosé
  • Banfi – Cuvée Aurora Rosé Extra Brut
Millesimi precedenti
  • Tosti – Extra Brut 2012 “Riserva Giulio I”
  • Matteo Giribaldi – Pas Dosé 2016, 2015, 2013 (magnum)
  • Ettore Germano – Extra Brut 2016
  • Fontanafredda – Rosé Brut Riserva 60 mesi “Contessa Rosa”
  • Fontanafredda – Blanc de Noirs Pas Dosé Brut Nature 72 mesi “Vigna Gatinera”
  • Coppo – Riserva 2016 Extra Brut
  • Enrico Serafino – Brut 2017
  • Enrico Serafino – Riserva 2009
  • Enrico Serafino – Zero 2014 (Best in show – Prima dell’Alta Langa 2022)
  • Cocchi – Brut 2016 “Totocorde”
  • Cocchi – Brut 2016 Bianc’d Bianc
  • Cocchi – Blanc de Noirs 2015 Pas Dosé
  • Brandini – Brut Rosé 2016
  • Banfi – Cuvée Aurora 2011 Pas Dosé
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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Gamay del Trasimeno: il Grenache dell’Umbria a caccia di identità

Si respira aria di vino a Castiglione del Lago. La cittadina di 15 mila abitanti, a metà tra Montepulciano e Perugia, su un promontorio che si affaccia sulla sponda occidentale del Lago Trasimeno, offre decine di soluzioni per gli enoturisti di passaggio tra la Toscana e l’Umbria.

Via Vittorio Emanuele, in pieno centro storico, è un brulicare di enoteche, wine bar, ristoranti e gastronomie. Il vento trasporta profumi che invitano alla sosta, in questo inizio d’estate anticipato che ha investito il Centro Italia.

Tra gli avventori – soprattutto turisti europei, provenienti da Germania e Olanda – vanno per la maggiore bianchi e rosati. Eppure, è il Gamay del Trasimeno il vino sul quale ha deciso di puntare il Consorzio di Tutela Vini Colli del Trasimeno. Non senza difficoltà e mezze contraddizioni.

Lo storytelling dell’ente, incentrato sulla suggestione della “dolce vita” lungo le sponde del lago, nel binomio enogastronomia-turismo, non coinvolge il rosso locale. Basta dare un’occhiata al video promozionale in loop sulla home page del sito web ufficiale del Consorzio (versione desktop) per rendersi conto che l’immagine veicolata è quasi esclusivamente legata ai vini bianchi.

MENO DI 21 ETTARI DI GAMAY DEL TRASIMENO: UNA CHICCA

I soli 20,84 ettari di Gamay del Trasimeno registrati (dato ufficiale relativo alla vendemmia 2021) non offrono un’immagine realistica della storicità del vitigno nella zona, riscoperto solo di recente. La varietà, che nulla ha a che fare con il Gamay francese (si tratta piuttosto del più diffuso Grenache) è arrivata in quest’angolo della provincia di Perugia nel 1.400.

A portalo con sé, dalla Spagna, è stata Eleonora Alarcòn y Mendoza, in seguito al matrimonio con il duca di Castiglione del Lago, Fulvio Della Corgna, discendente del celebre condottiero Ascanio Della Corgna. Grenache, che nella zona di Castiglione del Lago assunse nel tempo il nome, tuttora controverso, di Gamay del Trasimeno.

ANNATA 2021
ETTARI RIVENDICATI A DOC
Denominazione ettari
COLLI DEL TRASIMENO BIANCO 32,24
COLLI DEL TRASIMENO BIANCO VIN SANTO 0,24
COLLI DEL TRASIMENO CABERNET SAUVIGNON 1,84
COLLI DEL TRASIMENO GAMAY 20,84
COLLI DEL TRASIMENO GRECHETTO 14,29
COLLI DEL TRASIMENO MERLOT 4,73
COLLI DEL TRASIMENO ROSATO 2,43
COLLI DEL TRASIMENO ROSSO 95,55
COLLI DEL TRASIMENO SPUMANTE METODO CLASSICO 6,54
COLLI DEL TRASIMENO SPUMANTE METODO CLASSICO ROSE’ 1,72
   
Totale 180,43
GAMAY DEL TRASIMENO E GAMAY FRANCESE: CONFUSIONE (ANCHE) NEI VIVAI

«Da sempre impiantato ad alberello – spiega Camillo Angeli, vicepresidente del Consorzio e rappresentante di cantina del Trasimeno Duca della Corgna –  il Trasimeno Gamay veniva chiamato dalle vecchie generazioni “Vitigno Francese”, assimilandolo erroneamente al vitigno utilizzato per il Beaujolais, anziché a quello della famiglia della Granache, come Garnacha, Cannonau, Alicante».

L’errore continua a persistere, rimanendo catalogato come clone “091 Gamay“. Tanto che alcuni vivai, ancora oggi, alla richiesta di “Gamay del Trasimeno” da parte di produttori perugini intenzionati a impiantare questa varietà, consegnano il Gamay francese.

Questo è uno dei grandi problemi che dobbiamo assolutamente risolvere, come Consorzio. Un fraintendimento che dà luogo, anche nel calice, a difformità non indifferenti dal punto di vista organolettico, al palato di degustatori attenti».

Il lavoro sul Gamay del Trasimeno inizia nel 2008. Le cantine locali, sulla spinta della cooperativa Duca della Corgna, cercano di valorizzare il vitigno, investendo anche nella ricerca. Diversi studi hanno coinvolto l’Università di Perugia, con l’obiettivo di catalogare, sul territorio, le vecchie viti “indigene”, per creare appeal attorno al Trasimeno Gamay (noto anche come Gamay Perugino).

Le sponde occidentali del lago umbro sono comunque lontane dal poter essere considerate, anche lontanamente, una “succursale” della Sardegna. Lo stile del “Cannonau” locale non è ancora definito. E tra i calici dell’Anteprima Vini Colli Trasimeno 2022, andata in scena lunedì 30 maggio, brillano pochi esemplari di Gamay del Trasimeno.

I MIGLIORI GAMAY DEL TRASIMENO ALL’ANTERPIMA 2022

A fare da traino è certamente l’interpretazione della cooperativa Duca della Corgna (le uve di 200 soci sono affidate al noto enologo Lorenzo Landi), dal “Divina Villa” al “cru” Poggio Petroso. Madrevite, la cantina del direttore del Consorzio, Nicola Chiucchiurlotto, è l’azienda che ha dato una spinta innovativa alla denominazione, proiettandola (non senza fatica) verso nuovi orizzonti.

Moderna e golosa l’espressione del Trasimeno Doc Gamay del Trasimeno 2021 “Opra”, grazie all’affinamento di 10 mesi in cemento: un nettare illuminante per il territorio. Più strutturata, sempre nella gamma di Madrevite, la Riserva “C’osa”, vendemmia 2019 (6 mesi in cemento, 12 mesi in botti grandi da 10 hl, poi cemento e ulteriori 6 mesi in bottiglia prima della commercializzazione).

Molto centrato anche il Trasimeno Gamay Doc 2020 di Pucciarella (l’enologo è Riccardo Cotarella) tra le ultime aziende ad aver investito nella riscoperta del Gamay del Trasimeno. Evidente l’occhio al gusto del consumatore moderno, più attento a freschezza e primari che a potenza, struttura e terziari.

Apprezzabile, in una denominazione e in un Consorzio caratterizzato da evidenti “lavori in corso”, anche l’approccio della cantina La Querciolana di Panicale (PG). Convince il leggiadro Gamay di Boldrino 2020, quanto il più profondo Gamay Trasimeno Doc Riserva Camporso 2019, alla seconda prova, dopo l’esordio con l’annata 2018.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Il Rosso di Montefalco 2019 è la vera sorpresa di Anteprima Sagrantino 2022

Se in Italia c’è una Denominazione che si sta interrogando su se stessa, tentando di proiettarsi sui mercati nazionali e internazionali con rinnovato entusiasmo e stile, quella è il Sagrantino di Montefalco. Il potente rosso umbro fa passi da gigante in termini di appeal, grazie al poliedrico vignaiolo alieno scelto di recente come presidente del Consorzio.

Il riferimento è a quel Giampaolo Tabarrini che può permettersi di presentare l’annata in ciabatte (infradito, per l’esattezza) ma soprattutto in inglese (finalmente!), lasciando ad altri il compito di «sopravvalutare» l’annata 2018 con “4 stelle”. Il tutto, di fronte a un pubblico di esperti italiani e stranieri mai così folto.

Nel calice, il Sagrantino 2018 in degustazione all’Anteprima 2022 (24-27 maggio) sembra, di fatto, cedere qualche passo al meno celebre Rosso di Montefalco. Un vino da (ri)scoprire e (ri)valutare, slegato dalla locale Docg che continua comunque a convincere con Tabarrini – Colle alle Macchie e Colle Grimaldesco sempre al top – Bocale, Pardi e Antonelli San Marco, ancor più che con Lungarotti, Colle Ciocco e Perticaia.

I Rosso di Montefalco sembrano aver trovato, negli ultimi due anni, una quadratura media mai così centrata nel ventaglio generale, nonostante il variegato e difforme utilizzo di varietà internazionali (principalmente le bordolesi, dal 15 al 30% dell’uvaggio) unite a Sangiovese (tra il 60 e l’80%) e al Sagrantino (dal 10 al 25%).

ROSSO DI MONTEFALCO SUGLI SCUDI AD ANTEPRIMA SAGRANTINO 2022

Il programma delle Anteprime umbre della scorsa settimana dimostra comunque che l’espressione dei Cabernet, del Merlot e del Sangiovese ha una marcia in più a Montefalco rispetto ad altre zone dell’Umbria (vedi l’areale del Trasimeno, in grande sofferenza e carenza d’identità su Igt e Rosso Doc, alla prova del calice).

Ed è proprio da questa consapevolezza che i produttori montefalchesi intendono ripartire. Dando al “Rosso” un’identità sempre più precisa. Tra i Montefalco Rosso Doc 2019 in degustazione ad Anteprima Sagrantino 2022 brillano quelli di Bocale (ancora lui), Moretti Omero e Tenuta Bellafonte (“Pomontino”), oltre ad Antonelli San Marco (rieccolo), Arnaldo Caprai e Briziarelli.

La denominazione, per base vitigno e approccio dei produttori, ha tutte le carte in regola per guadagnarsi spazi maggiori sul mercato. Sia in termini di vino di “pronta beva”, sia da medio o medio-lungo affinamento.

Lo ha dimostrato, in occasione di Anteprima Sagrantino 2022, il vendemmia 2016 di Pardi. Non è un caso se, tra i “Rossi” in degustazione, abbiano convinto – più di altri 2019 – anche i 2018 di Luca di Tomaso, Fattoria Colsanto e Montioni, oltre al Boccatone 2017 di Tabarrini.

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Gli Editoriali news news ed eventi

Rimarranno solo loro

EDITORIALE Autoreferenziali, pronti a tutto, estremamente permalosi e vendicativi. Per nulla focalizzati sugli interessi dei clienti. È il ritratto di una certa fetta di pr e addetti stampa del mondo del vino italiano. La fotografia nitida di chi, tra calci in pancia e coltellate alla schiena inferte a quella fetta sempre più anoressica di stampa enogastronomica italiana e internazionale libera – quella di cui ci pregiamo di far parte – continua a farsi strada e a staccare contratti con cantine e Consorzi.

Avanti così, altro che vino e comunicazione: rimarranno solo loro. Iene sugli zombie. Alla faccia dei giornali che arrancano, dei giovani e meno giovani che si aprono un blog per pubblicare (fondamentalmente) solo comunicati stampa, il più delle volte inneggianti a questa o a quell’etichetta mai assaggiata, o ricevuta a casa in omaggio.

Mai una critica, ché se non è tutto bello e tutto buono e tutto giusto, finisci nella lista nera dei polemici. Di quelli da isolare. Gli appestati di libertà intellettuale. Gentaglia che (ancora) si permette di pensare. Di disallinearsi. Rimarranno solo loro, a raccontarsi, tra loro, le balle con cui inzuppano da anni testate compiacenti, che hanno sempre meno lettori ma sempre più follower su Instagram. Sticazzi.

Rimarranno solo loro, tra loro, a prendersi gioco dell’ultimo dei freelance a caccia di inviti ai press tour, da guadagnarsi con la lingua e col sudore che gronda manco sotto al sole del Sahara, quando ci si arrabatta a non far torti a chi conti anche solo un minimo, o che si sia autoproclamato, enoicamente, “qualcuno”. Profeti del nulla.

Rimarranno solo loro, a darsi vicendevoli pacche sulle spalle, affilando le punte degli scovolini, ché i denti si puliscono più facilmente delle coscienze. E con un po’ di bicarbonato risultano pure bianchi e splendenti, mai utilizzati. Illibati. Pronti per il prossimo morso alla giugulare del nemico, prima di sorridere ancora. Dentisti dell’ego.

Rimarranno solo loro, a riempire di parole vuote i rappresentanti di Consorzi e cantine che hanno pure un “nome”, ma sono incapaci di pensare (intimamente) al futuro. Ché i risultati servono oggi, subito, adesso, hic et nunc. Mica a costruire un solido “domani” per tutti. Costi pure caro e qualche strada in salita.

Rimarranno solo loro, o forse no. Ché a fregar loro il lavoro ha iniziato ormai a provarci più d’uno, mixando più d’un deejay collaborazioni con testate e pierraggio per conto di cantine o Consorzi, sapientemente avvicinati e ammaliati durante la presentazione di cataloghi dei distributori, o in occasione di uno dei tanti press tour conquistati dopo aver sopravvissuto ai rigurgiti della propria saliva. Cannucce parlanti.

Rimarranno solo loro. Iene sugli zombie, oppure zombie sulle iene. Soldatini di plastica, in marcia serrata su un mondo della critica enogastronomica italiana che muore male, un brindisi dopo l’altro, ora dopo ora. Colpevole e non vittima, più d’ogni altra cosa, del proprio compiacente, assordante silenzio che sa d’harakiri. Rimarranno solo loro. Ché chi si sente citato qui, di fatto lo è. Cin, cin.

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Il presidente in ciabatte e il vino in camicia

EDITORIALE – Fosse suo, il Sagrantino di Montefalco 2018 cotto, marmellatoso e ossidato che ha popolato in lungo e in largo i tasting in sala consiliare, saremmo tutti autorizzati a gridare allo scandalo. Ovvero al tentativo di far prevalere l’immagine sulla sostanza, nel solco triste e beffardo del marketing distorto dei tempi moderni.

Invece, il presidente in ciabatte Giampaolo Tabarrini, con la sua scelta di presentarsi alla stampa e al pubblico riunito ad Anteprima Montefalco 2022 uguale a se stesso, nonostante l’investitura pesante, da successore del (lui sì) presidente in camicia Filippo Antonelli, non fa altro che stressare, ancor più, il concetto di un’annata andata pressoché storta: la 2018 del Sagrantino.

Una di quelle vendemmie giudicate “così, così” dagli (onesti) produttori locali, che hanno dovuto fare “i conti” – sorpresi ma non troppo, voglio credere – con le (ben) “Quattro stelle” assegnate (invece) dall’annuale commissione di esperti chiamati a giudicare, prima della stampa di settore, nelle segrete stanze del perbenismo enologico italico, l’ultima annata del portentoso rosso umbro.

Fatto sta che Giampaolo Tabarrini che si presenta in ciabatte da mare alla presentazione ufficiale del Sagrantino di Montefalco 2018, tra politici locali di professione (loro sì, c’era pure il presidente della Regione Umbria) e ministri del vino del Bel paese, ha brillato più del Sagrantino di Montefalco stesso, durante i tasting in sala consiliare (25 e 26 maggio).

Quel che resta davvero della vendemmia 2018, di fatto, è un Tabarrini sempre più alieno a casa propria. Un presidente che interpreta e comunica il Sagrantino di Montefalco come nessun altro riesce a fare, attraverso vini che si raccontano molto più che con l’andamento della singola annata. Diventando fenomeno. Volesse Dio, a guardar bene, “regola”.

Se nel 2021, ad Anteprima Sagrantino 2017, le etichette di Tabarrini avevano segnato lo stacco tra l’orizzonte e il presente di Montefalco, ad Anteprima 2022, col Sagrantino 2018, il neo eletto presidente pare aver allargato il gap con molti dei conterranei. Segnando una linea di demarcazione ancora più netta.

Non che questo, immaginiamo, possa fare a lui (o a chiunque) davvero piacere. Soprattutto se a rimetterci, con l’annata 2018 del Sagrantino di Montefalco, sono produttori come Romanelli. Fino a ieri sulle orme del presidente in ciabatte; oggi vittime illustri, vien da dire, di un’annata davvero complicata per il vino rosso simbolo dell’Umbria.

In un quadro di generale delusione, alla faccia delle “Quattro stelle” che, per ammissione pubblica dello stesso Giampaolo Tabarrini, non sembrano convincere o, meglio, “consolare” neppure i diretti interessati (ovvero i locali produttori), qualcuno brilla ancora e qualcun altro sembra aver imbroccato una promettente via.

Chi si conferma, tra le voci fuori dal coro delle ossidazioni e delle “marmellate” del Sagrantino di Montefalco 2018, è certamente Bocale. Vini da assaggiare (tutti) i suoi: dal Rosso di Montefalco al Sagrantino, senza dimenticare l’ottimo Trebbiano Spoletino.

Consola, come la tela di Pelenope, la prestazione del giovane Pardi. Uno che è riuscito a mettere in campo, in quest’annata, tutto l’amore per la tensione acida e la freschezza inculcata negli anni di studi dalle parti di Conegliano. Insomma, non è tutto da buttare in quest’annata di Sagrantino di Montefalco confusa e sbattuta. Quella in cui certe ciabatte saranno ricordate più eleganti di certe camicie.

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Fondazione italiana sommelier porta il vino nello spazio con l’Agenzia Spaziale Italiana

Fondazione Italiana Sommelier porta il vino nello spazio, (per ora) grazie a un convegno in programma durante il 15° Forum Internazionale della Cultura del Vino. L’evento è frutto di una partnership di Fis con l’Agenzia Spaziale Italiana, che darà vita a una «nuova sperimentazione avanzata».

L’appuntamento è per lunedì 4 luglio dalle ore 10 presso il Salone dei Cavalieri dell’Hotel Rome Cavalieri (via Alberto Cadlolo 101, Roma) sede della Fondazione. Tra i momenti clou, la «cerimonia di affidamento dei Vini e delle Barbatelle destinati alla Stazione Spaziale».

La Coltivazione della Vite – anticipa Federazione italiana sommelier – racchiude tutti gli elementi del viaggio dell’Umanità sul nostro Pianeta. Dalla prima scoperta degli effetti di una sperimentazione spontanea di frutti maturi, allo studio del Dns dei singoli vitigni e delle caratteristiche del terreno, dove quelle Viti crescono per avere il migliore risultato».

«Sono passati millenni di sperimentazioni – continua Fis, ponendo alcuni interrogativi sul tema del vino nello spazio – prima spontanee e non elaborate fino alle tecniche più sofisticate di oggi. È un incredibile percorso che ritroviamo in tutti i campi del progresso. Bene, e allora qual è il collegamento con quanto l’Uomo, in modo via via più profondo, convinto, sfidante, sta facendo nello Spazio? Come l’Uomo lo sperimenterà in via definitiva?».

IL CONVENGO DI FIS CON L’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA

Tra gli ospiti del convegno in programma durante il 15° Forum Internazionale della Cultura del Vino, Franco Maria Ricci, presidente di Fondazione italiana sommelier. Nel suo intervento, «il vino come elemento primario di territorio, i vitigni che rendono l’Italia il primo Paese al mondo nella produzione, ora anche nello spazio, per una sperimentazione in orbita».

Interverrà poi Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia spaziale italiana. Illustrerà, in analogia con quanto avviene nel mondo del vino, «come le attività spaziali siano un patrimonio unico del nostro Paese, un’area di eccellenza che fa distinguere l’Italia, i suoi ricercatori e le sue imprese nel mondo».

Seguirà l’intervento di Massimo Claudio Comparini, ad di Thales Alenia Space Italia. Partendo dal ruolo dell’Italia, sin dall’inizio dell’avventura spaziale, illustrerà «il percorso dell’esplorazione e dell’utilizzo delle tecnologie spaziali, per conoscere e proteggere il nostro pianeta rendendolo un luogo sostenibile». In evidenza alcuni «elementi significativi della sperimentazione in orbita della coltivazione delle piante e della vite».

BARBATELLE NELLO SPAZIO

Dopo Nicolas Gaume, founder di Space Cargo Unlimited, e Walter Cugno, vice presidente Esplorazione e Scienza Thales Alenia Space Italia, illustreranno l’esperimento attualmente in corso sulla stazione spaziale e l’importanza di proseguire «sulla base dei risultati con una nuova e più completa sperimentazione in orbita della quale illustrano gli elementi significativi». Saranno infatti presentati «i possibili esperimenti in orbita per la crescita delle piante e delle barbatelle nello spazio».

Tra gli ospiti anche Franco Malerba, primo astronauta italiano e fondatore di Space V, e l’enologo Donato Lanati (Enosis sperimentazioni) che presenteranno «i possibili esperimenti in orbita per la crescita delle barbatelle e il volo nello spazio di vini dell’eccellenza vinicola italiana». L’ingresso al convegno è gratuito ma è obbligatoria la prenotazione sul sito Fis.

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Vino italiano, indagine Mediobanca: Cantine Riunite-Giv resta leader nel 2021

I maggiori produttori di vino si attendono per il 2022 una crescita del 4,8%, che arriverebbe al 5,6% per la sola componente export. A spingere le vendite il successo delle bollicine (+5,7% i ricavi complessivi, +7,5% l’export) mentre i vini fermi si aspettano un +4,6% (+5,3% l’export). Più scettici sul futuro gli operatori esposti sul canale off trade (Gdo e Retail), mentre il maggior ricorso alla vendita diretta garantisce maggiore sicurezza. Sono solo alcuni dei dati che emergono dall’indagine dell’Area Studi Mediobanca sul settore del vino italiano.

Lo studio riguarda 251 principali società di capitali italiane con fatturato 2020 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati pari a 9,3 miliardi di euro. Una cifra pari all’85,3% del fatturato nazionale del settore.

MIGLIORA L’EXPORT DI VINO ITALIANO NELL’UE

Il 2021 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso con un aumento del fatturato del 14,2% (+14,8% il mercato interno, +13,6% l’estero). L’Ebit margin ha riportato un lieve aumento al 6% rispetto al 5,4% del 2020, il risultato netto è passato dal 4,2% al 4,3% del fatturato.

I vini frizzanti (+21%) hanno accelerato più dei vini fermi (+12,4%) mentre le cooperative hanno contenuto la crescita al +9,2% (+19,6% le non cooperative). Prevalgono i mercati di prossimità (Paesi UE) con il 41,2% dell’export, seconda area di destinazione il Nord America (34,1%); crescita importante (+22,8%) per l’America centro-meridionale.

Il 2021, secondo lo studio Mediobanca, ha preservato il canale Gdo che, stabile al 35,6% del mercato, è cresciuto a valore del 13,5% e ha decretato la ripresa dell’Ho.Re.Ca. (+28,1%), che passa dal 15,6% al 15,9%. Due i trend in consolidamento: la premiumizzazione dei consumi e la maggiore attenzione alla sostenibilità.

Aumenti a doppia cifra per i vini Icon (+33,2%) e Premium (+20,2%), più contenuti per i vini Basic (+8,7%), pari a metà delle vendite complessive. Tiene il bio, con vendite 2021 in aumento dell’11%, per una quota di mercato del 3,3%; balzo in avanti per il vino vegan (+24,8%) al 2,2% del totale.

Sempre secondo lo studio di Mediobanca, cresce l’interesse anche per i vini naturali (+6,9%) e biodinamici (+2,4%) ciascuno confinato all’1% del mercato.

LE CANTINE ITALIANE BEST PERFORMER

Nel 2021 importanti operazioni di M&A nel mondo del vino hanno trasformato la classifica dei principali produttori nazionali. La leadership di vendite nel 2021 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a 635,2 milioni (+9,7% sul 2020).

Al secondo posto la Italian Wine Brands (423,6 milioni di euro) che sale di cinque posizioni dopo l’acquisizione di Enoitalia e della statunitense Enovation Brands Inc. Completa il podio il polo Botter-Mondodelvino (Clessidra) in crescita del 19,3% sul 2020 a 415 milioni.

Seguono altre cinque società con ricavi superiori a 200 milioni di euro: la cooperativa romagnola Caviro, il cui fatturato 2021 pari a 389,9 milioni di euro è cresciuto del 7,7%, la trentina Cavit (fatturato 2021 pari a 271 milioni di euro, +29,2% sul 2020), la toscana Antinori (265 milioni di euro, +24,6% sul 2020), la veneta Santa Margherita (220,6 milioni, +28,3%) e la piemontese Fratelli Martini che ha realizzato una crescita del 5,4%, portandosi a 219,4 milioni di euro.

In merito ai maggiori incrementi di fatturato nel 2021, Tenute Piccini (miglior cantina Gdo 2019 per Vini al Supermercato – winemag.it) domina la scena con un +61% sul 2020 che la colloca davanti al gruppo Lunelli (+57,6%), a Terra Moretti (+47,6%), a Serena Wines 1881 (+40,1%) per chiudere con il +32,7% di Villa Sandi.

Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2021 vede in testa le società toscane e venete: Frescobaldi (25,6%), Santa Margherita (21,3%) e Antinori (17%). Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 97,4%, Ruffino il 94,5% e il polo Botter-Mondodelvino il 91,1%.

I TERRITORI DEL VINO ITALIANO

Dai conti aziendali emergono le specificità regionali. Nel 2020 il miglior Roi tocca alle aziende piemontesi (8,2%), seconda posizione per quelle venete (5,5%) e sul gradino più basso del podio le toscane (4,4%).

Secondo lo studio Mediobanca, i produttori toscani eccellono nella marginalità: con un Ebit margin al 14,6% distanziano i piemontesi (9,8%) e i lombardi (6,7%). In Toscana anche la maggiore stabilità finanziaria, con i debiti finanziari pari ad appena il 22,5% del capitale investito.

Grandi esportatori i produttori piemontesi (72,2% del fatturato) e toscani (63,8%). Nel 2020 la maggiore proiezione internazionale ha salvaguardato le vendite dei produttori piemontesi (+10,8%) spinte dall’export (+20,1%) ma non è riuscita a fare altrettanto per quelli toscani (-11,2% in totale).

Recupero della Toscana nel 2021 con vendite in crescita del 24,9%. In avanzamento anche i produttori lombardi (+22,4% le vendite totali e +23,8% quelle oltreconfine) favoriti dalla maggiore diffusione degli spumanti (46,1% del fatturato).

IL SUCCESSO DEL VINO ONLINE

Oltre il 90% del wine e-commerce dei principali produttori è intercettato da piattaforme online specializzate con vendite in esplosione nel 2020 (+132,8% sul 2019). La classifica dei principali pure player , sempre secondo l’indagini dell’Area Studi Mediobanca, è guidata da Tannico, che nel 2020 ha registrato ricavi per 37,1 milioni di euro, in crescita dell’83% sul 2019.

Aumenti in tripla cifra per Vino . com (+218,7%) che, superando i 30 milioni di euro, ricopre la seconda posizione e per Bernabei (+160,4%) a 25,9 milioni. Sopra i 10 milioni di euro anche il fatturato di Callmewine (12,4 milioni), in aumento del 93,3%. XtraWine, raddoppiando il proprio fatturato rispetto al 2019, supera i 7 milioni di euro.

Winelivery si avvicina allo stesso importo dopo una crescita del 491,6%. Il 2020 è stato un anno di forte sviluppo anche per realtà di minori dimensioni, alcune delle quali, come Etilika, nate proprio in pieno boom. Per il 2021 è previsto un ulteriore balzo superiore al +60%.

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Vinopolitana e app: così l’Anteprima Sagrantino innova le anteprime del vino italiano

Mai sentito parlare della Vinopolitana? Non è una nuova fermata della metropolitana di Roma o Milano, ma la novità più succosa di Anteprima Sagrantino, l’annuale appuntamento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Montefalco per la stampa e gli operatori del settore. Quella in programma dal 25 al 26 maggio 2022 sarà infatti un’edizione ricca di novità, destinate (forse) a cambiare il corso delle Anteprime del vino italiano.

Mentre in Toscana denominazioni come il Brunello di Montalcino tentano ormai di defilarsi dal resto delle “Preview” regionali, l’Umbria si candida a diventare sempre più attrattiva per i professionisti italiani e internazionali. Giocando in squadra.

Le novità di Anteprima Sagrantino 2022 – in degustazione l’annata 2018 del grande rosso di Montefalco – sono infatti tre. La Vinopolitana, ovvero un servizio di navette a disposizione dei professionisti che prenderanno parte alle degustazioni, è “comandata” dall’innovativa App “Anteprima Sagrantino”, grazie alla quale gli ospiti del Consorzio hanno potuto programmare in anticipo tutti gli spostamenti sul territorio, tra cantine e banchi di assaggio.

La terza ed ultima novità riguarda, nel complesso, le denominazioni umbre. I quattro Consorzi di Tutela della regione hanno deciso di presentarsi alla stampa in un evento unitario, dando vita “Umbria in Anteprima“.

Un evento unico, che si articolerà in quattro tappe, una per ciascun Consorzio di Tutela che ha aderito all’iniziativa. Si inizia appunto con “Anteprima Sagrantino 2018”. Appuntamento, poi, ad Orvieto il poi, il 27 e il 28 maggio. Il 29 e 30 maggio spazio ai vini del Trasimeno ed il 31 focus sui vini di Torgiano.

«L’obiettivo – spiegano i Consorzi – è quello di posizionare il brand legato all’Umbria del vino in maniera ancora più incisiva, in particolare sui mercati internazionali. Offrendo l’immagine di un territorio fortemente identitario, ma in grado di esprimere una produzione vitivinicola variegata e di grande appeal».

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Esteri - News & Wine

Chenin fresco, fruttato o complesso? Il Sudafrica sorpassa la Loira con “l’icona di stile” sulle bottiglie

Mentre la Loira, e in particolare i vigneron di Vouvray, si interrogano sull’opportunità di seguire l’esempio dell’Alsazia, indicando sulla retro-etichetta dei propri Chenin Blanc il residuo zuccherino, il Sudafrica mette la freccia. E sorpassa. L’ultima trovata della Chenin Blanc Association (Cba) è infatti “l’indicatore di stile” dello Chenin (“Fresh”, “Fruity” oppure “Rich”) che apparirà sulle bottiglie della vendemmia 2022.

A guidare i consumatori verso una scelta più consapevole, e soprattutto più vicina al proprio gusto, sarà un duplice bollino. Sarà apposto alle bottiglie di Chenin Blanc, sulla parte frontale e sul retro. La “Show-and-tell taste icon” non lascerà spazio a dubbi: “Quello che vedi è ciò che compri”, recita il claim dell’iniziativa.

Una freccia, posizionata sulla scala di valori che va da “Fresh” (“Fresco”) a “Fruity” (“Fruttato”), sino a “Rich” (“Ricco/Complesso”), spiegerà lo stile di ogni Chenin Blanc presente a scaffale, ancor prima di aprire la bottiglia e assaggiarlo.

La Chenin Blanc Association lo descrive, senza mezzi termini, come «un nuovo asso nella manica». «Parte del fascino dello Chenin è la sua versatilità», spiega Ken Forrester, uno dei principali artefici della creazione dell’Acb e della reputazione mondiale degli Chenin sudafricani.

In Sudafrica si possono ottenere Chenin Blanc assolutamente deliziosi, da quelli secchi a quelli finemente dolci; da quelli puri e freschi a quelli stratificati e complessi. La notizia non così buona è che lo Chenin, a volte, può confondere gli acquirenti. Come possono sapere quali caratteristiche gustative aspettarsi dalla bottiglia che prendono dallo scaffale?».

LA “SHOW-AND-TELL TASTE ICON” PER SCEGLIERE LO CHENIN BLANC

«Per semplificare la selezione – continua Ken Forrester – abbiamo creato un’icona a scala lineare. Inizia con “Fresco” a un’estremità e “Ricco” all’altra, con “Fruttato” posizionato proprio nel mezzo. Una freccia indica la posizione del vino lungo la linea, dal punto di vista del gusto. Non riflette la composizione chimica del vino. Serve a prevedere, in modo rapido e comprensibile, cosa ci si può aspettare dal punto di vista stilistico».

L’indicatore di stile, sviluppato in collaborazione con il South African Wine & Grape Research Institute dell’Università di Stellenbosch, è stato approvato dal South African Wine Industry and Systems (SAWIS), l’ente responsabile delle denominazioni di origine del vino sudafricano e della loro etichettatura.

La nuova icona è stata sperimentata da diversi produttori di grandi dimensioni e da piccoli produttori artigianali. Alcuni sono andati ben oltre, collegandola a un codice QR per offrire ai consumatori la possibilità di ottenere informazioni aggiuntive, su aromi e sapori dello Chenin blanc del Sudafrica.

«Speriamo che alla fine tutti i membri della Chenin Blanc Association la adottino – commenta ancora Forrester – nel tentativo di rendere gli acquisti ancora più facili. Non tutte le etichette saranno dotate di codici QR. Ma i produttori che sceglieranno questa strada saranno in grado di portare i consumatori a descrittori più approfonditi, che si allineano alla ruota degli aromi dello Chenin Blanc».

LA RUOTA DEGLI AROMI DELLO CHENIN BLANC
Uno degli Chenin Blanc sudafricani disponibili sul mercato italiano

I descrittori sensoriali su scala lineare, da “Fresco” a “Fresco/Fruttato”, “Fruttato”, “Fruttato/Ricco” e “Ricco”, sono tratti dalla “Ruota” ideata nel 2007 dalla CBA, insieme all’Università di Stellenbosch e a diversi operatori del settore.

Secondo Forrester, i vini che si collocano sul lato “Fresh” della scala sono freschi e sapidi. Quelli che si trovano al punto “Fruity” o in sua prossimità, mostreranno caratteri di frutta e spezie. Quelli che si trovano all’estremità “Rich” dello spettro mostreranno probabilmente qualche traccia di affinamento in legno e note di frutta cotta o secca, con memorie di burro e vaniglia.

«Gli sforzi per costruire il profilo di prestigio dello Chenin Blanc del Sudafrica a livello nazionale stanno già dando i loro frutti – sottolinea Ken Forrester – con vini dal prezzo compreso tra R100 e R120 a bottiglia (dai 5,95 ai 7.10 euro, ndr) che cresceranno del 96% in volume tra il 2020 e il 2021».

Nel frattempo, gli Chenin venduti al dettaglio tra i R90 e R100 (dai 5,30 ai 5,95 euro) sono aumentati dell’87%. Quelli nella fascia tra R70 e R80 (4,15 / 4,70 euro) del 49% nello stesso periodo. «Nel complesso – conclude Forrester – c’è stata una buona crescita in valore, ma siamo particolarmente soddisfatti dell’interesse crescente per i vini con un prezzo superiore a 70 Rand».

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Apocalypse wine, attacco frontale alla viticoltura di Soave e al Cervim

Apocalypse wine è il video girato dagli studenti della classe IV Am dell’Isiss Luciano Dal Cero di San Bonifacio (VR) sulla viticoltura a Soave. Un «discorso civile sul paesaggio “incongruo”», come lo descrivono gli alunni coordinati dal prof. Simone Gianesini, in cui vengono mostrate presunte scene di devastazione paesaggistica compiute da alcuni viticoltori locali, a danno della biodiversità.

Oltre al titolo, che richiama l’Apocalisse, è la colonna sonora a comunicare pathos e a spingere gli spettatori allo sdegno. Tra le altre, sono state scelte opere come Danse Macabre di Camille Saint-Saëns, il Confutatis Maledictis di Wolfgang Amadeus Mozart e la Sinfonia n. 4 in Mi minore di Johannes Brahms.

Nessun nome di cantina o istituzione pubblica, nel video. Dalle immagini di Apocalypse wine, girate fra novembre 2021 e gennaio 2022, emerge piuttosto un attacco generalizzato al sistema vino a cavallo tra la zona classica del Soave e la zona allargata della Valpolicella, in provincia di Verona.

Per l’esattezza, viene citato il corridoio – un tempo boschivo, oggi interessato da quella che viene descritta come «viticoltura industriale» – tra la Val Tramigna e la Val d’Alpone. Tra menzioni ed immagini, appaiono le frazioni Castelcerino di Soave e Terrossa di Roncà.

VITICOLTURA A SOAVE: CERVIM NEL BERSAGLIO DEGLI STUDENTI

Ad essere nominato è invece il Cervim, il “Centro di Ricerca, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura di Montagna, in Forte Pendenza e delle Piccole Isole”. L’ente, con sede ad Aosta, viene additato dagli studenti come organismo che premia i vini prodotti nei vigneti oggetto della presunta devastazione paesaggistica, tra le colline di Soave.

«In realtà non volevamo chiamare in causa qualcuno di preciso – commenta a winemag.it il prof. Simone Gianesini – bensì sottolineare come lo sfruttamento dissennato del paesaggio abbia una sua apparente istituzionalizzazione, addirittura con un Premio».

Il punto che magari è sfuggito a molti spettatori è che Apocalypse Wine è un discorso civile, politico, non tecnico. Non scendiamo nel merito di un reato, ma additiamo responsabilità morali».

L’attacco al Cervim, che organizza ogni anno il concorso Mondial des Vins Extrêmes, focalizzato sui vini da “viticoltura eroica”, è feroce. Le frecciate di due studenti si susseguono dal minuto 6,50 al minuto 9,24: «L’autodistruzione avvertita come benessere». «Sette medaglie veronesi? Che culo». «Basta che il falso trovi una volpe o un asino che lo dica e sembrerà vero».

Perché, secondo te, comprare oliveti, prati e boschi a una pipa di tabacco, entrare con le ruspe e con un’enorme disponibilità di schèi da investire, portar via terra, metterne altra, terrazzare dappertutto, è da eroi? È come dire che è un eroe uno che entra con un carro armato in un campo profughi, di notte. A me sembra il contrario: è un vigliacco».

«Quello che è in atto è una guerra alla biodiversità. E questo – continua il dialogo tra i due studenti – da parte di indigenti culturalmente. Compresi quelli che si gonfiano, con questa retorica alla moda, di questa teologia del vino, messa al servizio del potere e della morte». Infine: «Vi dico solo che i vigneti di grande valore paesaggistico ad aver vinto, sono quelli che vi abbiamo fatto vedere noi».

LE CANTINE COINVOLTE: «IN REGOLA CON LE AUTORIZZAZIONI»

Tra le prime cantine ad apparire nel video Apocalypse wine c’è Fattori Wines di Terrossa di Roncà. L’azienda si riconosce in maniera chiara, grazie alle immagini che ritraggono due grandi edifici, descritti come «gigantesche cattedrali atterrate qui da chissà dove», non lontane dalla «innaturale geometria di un enorme vigneto industriale», che avrebbe sostituito la zona boschiva.

Contattata da winemag.it, la cantina afferma di non aver mai ricevuto premi dal Cervim. Evidenti sul sito web, invece, i riconoscimenti ricevuti da Slow Wine e Gambero Rosso. Poi, il commento al video: «Forse questi ragazzi parlano di un argomento che non conoscono, dal momento che l’azienda ha 45 ettari e meno di un terzo è occupato da vigneti. Il resto sono boschi, che rimarranno lì».

Per la realizzazione degli edifici abbiamo ottenuto tutte le licenze necessarie. Abbiamo fatto un lavoro bellissimo, sia dal punto di vista agronomico, sia paesaggistico, sia urbanistico.

Se poi vogliamo dire che il vino non è indispensabile, è un altro discorso. Siamo in un territorio ad altissima vocazione vinicola, che si presenta come tanti altri del genere: dalla Borgogna alla Champagne, dalla Franciacorta alla Valtellina».

LA REAZIONE DEL CERVIM: «APOCALYPSE WINE? AFFERMAZIONI GRAVI»

Apocalypse Wine non è sfuggito al presidente del Cervim, Stefano Celi. «La cosa è molto grave – commenta a winemag.it il numero uno del Centro per la “viticoltura eroica” di Aosta -. Prima di tutto si fa di tutta l’erba un fascio. Non si dice, per esempio, che la la coltivazione della vite possa salvaguardare il territorio da dissesti idrogeologici».

Il concorso, con le accuse mosse ad alcuni produttori, ha poco a che fare. Non è compito nostro indagare sulla natura dei terrazzamenti, o se gli stessi siano stati realizzati con le dovute autorizzazioni. Lo diamo per implicito, anzi siamo certi che le terrazze siano state realizzate in regola con la legge».

«Non ultimo – conclude Stefano Celi – gli studenti forse non sanno che la “biodiversità viticola” esiste. La viticoltura, infatti, preserva piante, ovvero vitigni, che rischiano la scomparsa e contribuisce alla loro salvaguardia. Inoltre, alcuni vignaioli tengono in vita forme di coltivazione ancestrali, anche antieconomiche. A questi giovani voglio dire che l’agricoltura non ruba terreno a nessuno».

Tra le cantine della zona premiate dal Cervim, oltre all’Azienda agricola Accordini Stefano di Fumane, c’è Ca’ Rugate di Montecchio di Crosara, che tuttavia non appare nel video.

Il commento della dirigenza, contatta da winemag.it, è chiaro: «Abbiamo 90 ettari di vigna in tre territori di montagna come Monti Lessini, Soave Classico e Valpolicella. Per questo siamo stati premiati con delle medaglie d’oro nell’ambito del Mondial des Vins Extrêmes 2021 del Cervim, unica azienda veronese a raggiungere questo triplice traguardo».

«Abbiamo vigne da 30 anni nella zona classica del Soave – riferiscono i titolari della cantina – e non ci sentiamo minimamente coinvolti dal video. Anzi, crediamo che il nostro lavoro vada nella direzione opposta. Attraverso la viticoltura di montagna, stiamo facendo un favore alle nuove generazioni, mentre le pianure “cuociono” a causa dei cambiamenti climatici».

SANDRO GINI (CONSORZIO SOAVE): «VENITE A VISITARE LE COLLINE»

Si schiera anche il Consorzio di Tutela Vini Soave e Recioto di Soave. «Abbiamo visto il video realizzato da questi giovani studenti – commenta a winemag.it il presidente Sandro Gini, proprietario di una storica cantina del territorio -. Ne apprezziamo la sensibilità che emerge e gli spunti di riflessione. Tuttavia riteniamo che il contenuto non sia prettamente corretto. E che, in modo del tutto involontario, sia frutto di semplificazioni che rischiano di dare una percezione distorta di quella che, invece, è la realtà del Soave».

Il Soave è stato il primo comprensorio viticolo italiano ad essere inserito nel registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico. Ricordiamo che le nostre colline sono state recentemente insignite del riconoscimento Ghias della Fao, vale a dire quegli “agro-ecosistemi” in cui il lavoro dell’agricoltore ha permesso la salvaguardia e il mantenimento del paesaggio».

«Molte nostre aziende, inoltre – conclude il presidente Sandro Gini – si fregiano di certificazioni ambientali improntate sulla biodiversità. Per tali ragioni siamo ben lieti di ricevere qui, sulle nostre colline, gli autori del video, gli insegnanti, gli studenti e tutti coloro che vogliono conoscere il Soave davvero».

IL VIDEO APOCALYPSE WINE CENSURATO O RIMOSSO DA YOUTUBE?

Il video Apocalypse Wine girato dagli studenti dell’Isiss Luciano Dal Cero di San Bonifacio non è più disponibile sul web o, meglio, su YouTube, nella sua forma originale. «La diffusione del video, ormai virale, sta seguendo una vita tutta sua – spiega a winemag.it il prof. Simone Gianesini – in quanto, a causa di diverse segnalazioni da parte di utenti che restano anonimi, il canale originario che aveva condiviso il video è stato costretto a rimuoverlo».

Si tratta di Healthing, YouTube channel con 142 iscritti. Una sorta di piattaforma multimediale, aperta a diversi contribuiti esterni, tra cui quello di un’associazione del territorio di Soave che si occupa di tutela del paesaggio e organizzazione di tour, eventi e trekking.

Raggiunto da winemag.it, uno dei referenti dell’associazione – che preferisce rimanere anonimo – parla di «clima insostenibile in paese», in seguito alla pubblicazione del video. La piccola associazione locale sarebbe stata infatti presa di mira da alcuni viticoltori e agricoltori.

«Nessuno ha subito minacce – spiega il prof. Gianesini – e il video non è stato “censurato”, nel vero senso della parola, ma è finito vittima delle segnalazioni. Di certo, non lo abbiamo rimosso noi. Attraverso Apocalypse Wine speravamo di ottenere l’appoggio dei tanti piccoli agricoltori che vivono in condizione di debolezza nei confronti dei “grandi” della zona».

«Apocalypse Wine non racconta nulla di nuovo – conclude il docente – e non ce l’abbiamo con nessuno in particolare. Il fatto che sia stato condiviso da personaggi pubblici come Natalino Balasso e Andrea Pennacchi, significa che siamo fuori dal pericolo censura. Moltissimi, infatti, si rendono conto di quello che sta accadendo. Ma, pur parlandone, non hanno peso. Il video è riuscito invece ad averlo».

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Tommasi, nuova cantina sull’Etna: suoi 15 ettari di Tenuta Chiuse del Signore

Nuova Tenuta sull’Etna per Tommasi. La famiglia veneta, che nel 2022 festeggia il 120° anniversario dalla fondazione, ha acquisito a Linguaglossa 15 dei 60 ettari vitati di Tenuta Chiuse del Signore, compresa la cantina di 1.500 metri quadrati semi interrata, con sette stanze per la vinificazione e l’affinamento dei vini Etna Doc Bianco ed Etna Doc Rosso.

L’operazione è stata finalizzata grazie all’accordo con la storica famiglia di albergatori di Taormina Bambara-De Luca, guidata dai coniugi Isabella Bambara e Sebastiano De Luca, assieme ai figli Sergio e Stefania.

Tenuta Chiuse del Signore è infatti parte integrante del patrimonio del gruppo Gais Hotels, che ha completato la realizzazione della parte enologica meno di 10 anni fa, nel 2015.

Grandi protagoniste della Tenuta, che prende il nome da contrada Le Chiuse del Signore, sono le viti di Nerello Mascalese e Carricante. Consentiranno a Tommasi di rendere ancora più accattivante il proprio portafoglio di vini di qualità, distribuiti in oltre 70 Paesi del mondo.

PIETRACANNONE, L’ASSO NELLA MANICA DI TOMMASI A CHIUSE DEL SIGNORE

È possibile scommettere sin d’ora su quello che potrà essere uno dei “nomi di fantasia” delle nuove etichette. Sul posto si trova infatti un’enorme masso in pietra lavica, noto come Pietracannone (Petra o’ cannuni in dialetto siciliano). Una pietra dalla forma simile a un cannone, con tanto di foro centrale (nella foto di copertina). La stessa dà il nome a uno dei vigneti, impiantato nel 2001.

Tutt’attorno, un contesto naturalistico mozzafiato, inframmezzato da punti panoramici sul mare di Taormina e sentieri tra i boschi, frutteti e oliveti, non lontano dal castello noto come “Villa Nicolosi”. Con quest’ultima acquisizione diventano 780 gli ettari vitati sotto il controllo della famiglia Tommasi.

Prima dell’operazione che ha interessato Tenuta Chiuse del Signore erano sette le tenute vitivinicole, in sei regioni: Tommasi (Veneto), Tenuta di Caseo (Oltrepò pavese, Lombardia), Casisano a Montalcino e Poggio al Tufo in Maremma (Toscana). E ancora: Masseria Surani in Puglia, Paternoster in Basilicata e una partnership nel Chianti Classico con La Massa.

Il tutto in attesa di un altro progetto in Umbria, la cui inaugurazione dovrebbe avvenire nel 2023. Completa il quadro il progetto culturale e vitivinicolo De Buris, legato al territorio della Valpolicella Classica, al recupero di Villa De Buris e all’Amarone Classico doc Riserva.

NUOVA TENUTA SULL’ETNA PER TOMMASI: I COMMENTI

«Da 120 anni – commenta il presidente Dario Tommasi – abbiamo l’ambizioso obiettivo di raccontare l’Italia attraverso le sue eccellenze vitivinicole e di esserne stimati ambasciatori in tutto il mondo».

L’Etna rappresenta oggi uno dei territori più interessanti e stimolanti sia dal punto di vista della produzione che di mercato. Siamo orgogliosi di poter aggiungere al nostro portfolio questa denominazione alle altre che già rappresentiamo, come Valpolicella Classica, Lugana, Montalcino e Vulture».

«Conosciamo la famiglia Tommasi da tempo – aggiunge Isabella Bambara – e apprezziamo la loro unione familiare. Coniugando laboriosità e competenza, ha raggiunto traguardi importanti che vanno ben oltre la Valpolicella Classica».

«La famiglia Tommasi, come la nostra, ha sempre avuto la vocazione all’accoglienza e all’ospitalità. Ci siamo trovati immediatamente sulla stessa lunghezza d’onda – conclude – con una visione comune di valorizzazione del territorio e delle sue ricchezze. Questa collaborazione, sono certa, darà ulteriore lustro all’Etna e a tutto il comparto enoturistico».

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