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«L’eclettica Nosiola protagonista tra i bianchi italiani»: l’ultima scommessa di Proposta Vini

«L'eclettica Nosiola protagonista tra i bianchi italiani»: l'ultima scommessa di Proposta Vini
Non teme le scalate, Gianpaolo Girardi. L’ultima scommessa del patron di Proposta Vini, a Roma nel weekend per la presentazione del Catalogo 2023 con il suo esercito di 137 agenti, è «L’eclettica Nosiola». Un vitigno-vino che accompagna la storia umana, oltre che professionale, del 68enne fondatore della nota distribuzione di vini e spirits di Pergine Valsugana (Trento). Una scelta coraggiosa, che ha un po’ il sapore della crociata; in linea con i dettami di una selezione che, in quasi 40 anni, ha saputo coniugare cultura e gusto. Visione e sapore. Già perché, per Proposta Vini, con la Nosiola, è un po’ come giocare in casa. Ma col pubblico contro. O quasi.

«Quest’anno – spiega Girardi a winemag.it – abbiamo deciso di dare spazio a un vino che fa parte della storia del Trentino, il nostro territorio più prossimo. Le scelte commerciali dei grandi gruppi cooperativi hanno condizionato e condizionano la Nosiola, custodita tuttavia da parecchie aziende agricole di piccole dimensioni. Per Proposta Vini è sempre stata un cavallo di battaglia. Contribuiamo al suo inserimento nelle carte vini sin dal 1984, anno della nostra fondazione».

Diciotto le etichette presenti nel Catalogo 2023, dalla “classica” alla macerata, dagli spumanti alle vendemmie tardive. «Con il progetto “L’eclettica Nosiola” – precisa Gianpaolo Girardi – vogliamo far emergere le caratteristiche e i pregi di questo vitigno che matura piuttosto tardi, ha una buona acidità e si presta per diversi tipi di vinificazione, a partire dal Metodo classico fino al grande Vino Santo Trentino, il vino con il più lungo appassimento sui graticci al mondo. Regala vini che si sposano, chiaramente, con la cucina trentina, non troppo ricca. Ma è molto versatile e può abbinarsi bene a molti piatti della tradizione italiana ed internazionale».

Fuori dal Trentino, fa parte di quel numero vastissimo di vitigni poco conosciuti che aspirano a un ruolo più centrale. Certo, non è un vitigno fortunato come il Timorasso, il Verdicchio o la Ribolla, ma solo per le mille variabili commerciali che caratterizzano il settore, non necessariamente legate alla qualità reale del prodotto, in questo caso generalmente molto alta».

NOSIOLA DEL TRENTINO, UN VINO-VITIGNO SOTTOVALUTATO


Secondo il patron di Proposta Vini, «oggi la Nosiola è sottovalutata nel mercato italiano, ma non escludo che nei prossimi anni possa scalare qualche gradino». Bisogna crederci però, innanzitutto in Trentino. Una regione in cui la comunicazione e la riconoscibilità della Nosiola sui mercati è pressoché interamente sulle spalle dei Vignaioli del Trentino della Valle dei Laghi, zona d’elezione del vitigno.
Risale al periodo pre-pandemia l’appello del gruppo di piccoli produttori di Vino Santo del Trentino ai ristoratori locali, per un inserimento più cospicuo del pregiato nettare nelle carte vini.

Un invito caduto nel vuoto, a favore di etichette e denominazioni più commerciali e note ai consumatori. «Un tasto dolente», chiosa Gianpaolo Girardi (nella foto, sopra). «Anche se in Trentino stanno cambiando molte cose, grazie soprattutto ai giovani, più preparati e più capaci di dedicarsi alla comunicazione, è evidente a tutti come alcuni prodotti più di altri abbiamo bisogno di essere raccontati. Questo purtroppo non avviene, per una serie di questioni».

In Trentino, una buona parte degli addetti della ristorazione e dell’ospitalità è straniero e questo, per le piccole aziende, come quelle rappresentate da Proposta Vini, è un vero disastro. L’enotecario, il ristoratore, l’albergatore, dovrebbe essere l’ambasciatore del territorio, la prima persona a cui affidarsi per consigli. Purtroppo questo non avviene, o avviene marginalmente. Senza voler offendere nessuno, il numero di persone che sentono questa attitudine come un dovere professionale, è ancora troppo limitato in Trentino».

CATALOGO PROPOSTA VINI 2023: LE NOVITÀ

Quella sulla Nosiola non è l’unica novità-conferma di Proposta Vini. Nel Catalogo 2023 presentato a Roma nel weekend – sulla spinta di un fatturato 2022 di oltre 25 milioni di euro (+25% sul 2021) – hanno fatto il loro esordio 31 cantine, 19 italiane e 12 straniere, che portano a 252 i produttori italiani e a 158 gli stranieri della carta vini della distribuzione.

«Le nuove aziende – spiega Gianpaolo Girardi – sono piccole tessere del nostro mosaico, che arricchiscono il quadro, ognuna con le sue sfumature. Sono vini che cesellano grandi tematiche, oppure completano ricerche avviate da molti anni da Proposta Vini». In particolare, nel 2023 Proposta Vini ha approfondito ulteriormente il Nebbiolo, inserendo in selezione Lessona (Alto Piemonte). Lo stesso approccio riguarda i territori del Sangiovese (Chianti), del Vermentino (Gallura) e della Malvasia (Piacenza), prima del tuffo nell’Aglianico, protagonista il prossimo anno.

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Dentro la testa di un buyer vino Gdo: tra listini, inflazione e mosse sull’assortimento


Cosa frulla nella testa di un buyer vino Gdo, in questi mesi di grande agitazione dei mercati, che ha riflessi diretti anche sul vino in vendita al supermercato? Di tutto. Il category manager intervistato da winemag.it per la rubrica Vinialsuper – Vini al Supermercato preferisce rimanere anonimo, senza tuttavia sottrarsi da un’analisi ad ampio spettro della particolare fase storica dello scaffale.

«Come ben sappiamo – spiega – la situazione del mercato del vino nel 2022 è stata piuttosto turbolenta. Un insieme di congiunture negative a livello mondiale ha fatto esplodere tutti i costi, legati in particolare alle componenti secche (tappi , capsule, vetro, trasporti) che servono per imbottigliare il vino e che ha costretto le aziende a chiedere aumenti di listini mai visti prima. Solo una parte di questa inflazione è stata scaricata sul consumatore finale. La rimanente parte è rimasta in pancia agli operatori della Gdo, per cercare di tutelare al meglio il potere di acquisto dei nostri clienti».

Qual è stata, dunque, la risposta dei consumatori? «Abbiamo osservato – risponde il buyer – che l’elasticità della domanda al prezzo è molto più sensibile sui vini di fascia basic. Questo ha portato, allentando leggermente la pressione promozionale, a perdere volumi piuttosto consistenti. Man mano che si sale di prezzo, su vini di posizionamento premium e super premium, fino ad arrivare ai “vini icon”, si assiste al fenomeno contrario. E l’elasticità della domanda al prezzo tende ad azzerarsi».

DALLA “PREMIUMIZZAZIONE” ALLA CRISI

In altre parole, l’aumento dei costi di produzione e, dunque, del prezzo di alcuni vini, ha avuto riflessi più negativi sui vini di fascia prezzo bassa, rispetto a quelli posizionati su fasce intermedie, alte e premium. Categorie, queste ultime, che avevano già beneficiato delle misure anti-pandemia, con il “pubblico” di hotel, ristoranti, enoteche e wine bar (Horeca) che si è riversato in massa tra le corsie dei supermercati, alzando lo scontrino medio di tutte le insegne.

Non dimentichiamoci – sottolinea il category manager Gdo – che durante i due anni di pandemia abbiamo assistito ad un ricerca di gratificazione personale che ha portato ad alzare l’asticella sulla qualità di quello che si degusta nel bicchiere, andando a consolidare il claim del “Drink Less, Drink Better”».

La decantata “premiumizzazione” dello scaffale Gdo sembra dunque aver subito una battuta d’arresto che non va imputata alla scarsa motivazione dei buyer delle insegne. Bensì, ancora una volta, al particolare momento storico e al ridotto potere d’acquisto degli italiani (ma il discorso vale anche in altri Paesi).

«SPUMANTI AL SUPERMERCATO: UN FENOMENO A PARTE»

Fenomeno a parte la categoria spumanti. E a confermarlo, oltre ai maggiori istituti di ricerca del settore, è anche il buyer intervistato da winemag.it per la rubrica Vinialsuper – Vini al Supermercato. «La categoria – sottolinea il manager – è in ottima forma e non conosce crisi tra gli scaffali della Gdo. In particolare il mondo Prosecco, ma anche i Metodo Italiano / Charmat generici, sembrano uscire scalfiti dal periodo, nonostante i riposizionamenti di tante Denominazioni». Tra queste proprio il Prosecco Superiore Conegliano-Valdobbiadene Docg, che ha perso quota in Gdo nell’ultimo anno, guadagnando però terreno sul fronte dell’export.

Come si “muove” e muoverà, allora, lo scaffale dei vini dei supermercati italiani nei prossimi mesi? «A livello di scelte di assortimento – evidenzia il category manager – sarà prioritario presidiare sempre di più le categorie di fascia prezzo medio, medio/alta, introdurre nuove denominazioni a scaffale, anche poco conosciute, data la forte curiosità e la sempre più alta preparazione dei consumatori. E, last but not least, segmentare ulteriormente la categoria Spumanti Metodo Charmat / Metodo classico, che sono il vero traino della categoria VINO negli ultimi anni, grazie soprattutto al consumo sempre più destagionalizzato e non solamente relegato alle ricorrenze».

Non sorprendono, allora, le scelte al solito lungimiranti di cantine come Terre di Sava che, dalla sua Puglia – o, meglio, dal suo Salento – ha lanciato sul mercato una nuova linea di spumanti, sotto al cappello del brand Notte Rossa, da sempre connotato da un incontestabile rapporto qualità-prezzo. Ma non sorprendono neppure gli investimenti di Mario Piccini nella spumantistica dell’Etna, un territorio che – assieme all’Alta Langa – potrebbe diventare una delle nuove frontiere per i buyer Gdo. Proprio nell’ottica descritta dal category manager, tra segmentazione dello scaffale e necessità di intercettare la curiosità di consumatori sempre più attenti alla qualità.

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Barolo e Roero: tre cantine da non perdere a Grandi Langhe 2023


Tutto pronto per Grandi Langhe 2023, in programma alle Ogr Torino lunedì 30 e martedì 31 gennaio 2023. Oltre 240 cantine ai banchi di assaggio riservati ai professionisti del settore. Novità di questa edizione – la seconda consecutiva nella nuova, spaziosa location di Corso Castelfidardo, 22 – è la partecipazione del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte.

Accanto all’anteprima delle nuove annate delle Docg e Doc delle Langhe e del Roero, ecco dunque anche le Docg Gattinara e Ghemme, oltre alle Doc Boca, Bramaterra, Colline Novaresi, Coste della Sesia, Fara, Lessona, Sizzano e Valli Ossolane. Un bel segnale di unità d’intenti dal Piemonte, utile soprattutto per la platea estera.

Buyer, enotecari, ristoratori e importatori italiani e internazionali sono ancora in tempo per iscriversi alla due giorni e assicurarsi un posto alla più importante degustazione dedicata alle denominazioni piemontesi.

TRE CANTINE DA NON PERDERE A GRANDI LANGHE 2023

Per aiutare ad orientarsi tra gli espositori (qui la cartina completa in formato Pdf) winemag.it suggerisce tre cantine da non perdere a Grandi Langhe 2023. Due nella zona di Barolo, una nel Roero. Si tratta di Viberti Giovanni (postazione D 232), Silvano Bolmida (postazione D 218) ed Occhetti Stefano (D 166).

  • VIBERTI GIOVANNI
    (via delle Viole, 30, fraz. Vergne Barolo – CN)

È il Cavalier Antonio Viberti, nel secondo ventennio del Novecento, a dare inizio alla storia della cantina Viberti Giovanni. Galeotto fu l’acquisto di un vigneto e dell’adiacente Locanda del Buon Padre, oggi location gourmet in cui potersi concedere le prelibatezze di Langa. A partire dal 1923, le sale sotterranee diventarono il “parco giochi” di Antonio Viberti. È proprio lì, nello scantinato di quel palazzo in frazione Vergne, che inizia a produrre il vino per gli ospiti della locanda. Oltre a Dolcetto e Barbera propone sin da subito anche il Nebbiolo, che nel 1927 dà vita al primo (antesignano) Barolo “Buon Padre”.

Oggi la cantina è alla terza generazione. Claudio Viberti, nipote di Antonio e figlio più giovane di Giovanni (il fondatore) e Maria, è impegnato nelle operazioni di vinificazione e di gestione della cantina e del ristorante. Una mente brillantissima. Negli anni ha saputo raccogliere il testimone del padre, dando peraltro vita a nuovi vini come la Barbera d’Alba Doc “La Gemella” e arricchendo il patrimonio aziendale con le uve Nebbiolo provenienti da una storica particella del cru Monvigliero di Verduno.

A partire dal 2012 si sono aggiunti all’assemblaggio del Barolo Buon Padre i Nebbioli provenienti da una vigna di Perno (Serralunga d’Alba) e dal cru Albarella (Barolo). Otto, ad oggi, i differenti cru a disposizione della cantina Viberti. Una famiglia che non ha smesso di pensare in grande, tra ristorazione e vino. All’apertura, nel 2018, della Locanda La Gemella in Piazza Eraldo Cabutto, si affiancherà la realizzazione di una nuova, ampia cantina con boutique Hotel e Spa.

  • SILVANO BOLMIDA
    (località Bussia 27/A, Monforte d’Alba – CN)

Schivo ma pronto a darti cuore come solo in Langa, Silvano Bolmida è un vignaiolo d’altri tempi, con gli scarponi per la vigna e la mente fine in cantina e in sala degustazione. Innovatore attento a non ferire la tradizione, per amore sincero per la propria terra più che per questioni di business, è riuscito a mettere assieme i pezzi (tutti da novanta) di una gamma di vini che unisce garbo ed eleganza a una seducente impronta territoriale, che privilegia l’espressione autentica dell’annata alla standardizzazione.

Il tutto partendo dalla precisione tecnica nell’esecuzione del minimo gesto, tanto in campo quanto tra le mura della nuova, maestosa cantina in località Bussia, a Monforte d’Alba. Sembra averla scelta apposta quella curva spremuta a novanta gradi sulla cui parte più “morbida” e “tonda” si erige la nuova struttura. Un modo per palesare, sin dal primo colpo d’occhio, quel metodo, quel rigore e al contempo quella generosità che, poi, sapranno esprimere ad ogni sorso i vini.

Le parole di un vignaiolo valgono più di qualsiasi altro discorso: «Abbiamo una grande fortuna – sostiene Silvano Bolmida -. Credo che a nostro modo siamo artisti anche noi, ma della vigna. Noi vigneron, abbiamo la possibilità di raccontare arte concreta, che è quella che sta nel bicchiere, che viene da questi suoli, che viene da questa terra che della nostra zona è l’eccellenza». Grandi Langhe 2023 sta lì apposta: cantina da non perdere.

  • OCCHETTI STEFANO
    (frazione Occhetti 64, Monteu Roero – CN)

È destinato a far parlare di sé, Stefano Occhetti. Del resto, uno che molla “tutto” e decide di dedicarsi anima e corpo al vino, ha già vinto la sua battaglia con la paura di diventare grande. Specie se “tutto” è pure “tanto”. Classe 1987, è una di quelle classiche persone nate (e cresciute) almeno due volte: diventa adulto a Occhetti, piccola frazione di Monteu Roero; ed è lì che rinasce, tornando a casa stanco d’aver indirizzato la prima vita su binari poco appaganti per un’anima di collina.

Le giornate da ingegnere con un Master in Business Administration al College des Ingenieurs, per conto di una multinazionale, sono più lunghe d’una vendemmia in Sicilia. Viaggia molto. In dieci anni prende casa a Roma, Parigi – fin qui nulla di particolare, vero? – e poi pure a Stavanger – nessun errore di battitura, Stavanger è una città di 130 mila abitanti della… Norvegia sudoccidentale -. Impara cosa significa stare lontano dagli affetti, in primis quello della moglie, Giulia, e del figlio, Ludovico, nato nel 2016. Due anni dopo dice basta. Molla (“tutto” / “tanto”) e inizia – da zero – la nuova vita da wannabe winemaker.

Prima vendemmia nel 2019, dall’ettaro e poco più di vigna in affitto a Occhetti (cru Sanche). Viticoltura eroica e pendenze da equilibrista non lo spaventano. Ecco le prime 4 mila bottiglie, mentre la famiglia si allarga con l’arrivo della secondogenita, Virginia. Per lei un nuovo lettino. Per il papà, il garage di casa diventa cantina. Nel 2020 la commercializzazione del primo Nebbiolo.

Si arriva così allo scorso anno, determinante per la cantina Occhetti Stefano. Nel team entrano la moglie Giulia, il padre Domenico (“Meco”) e l’enologo Roberto Nantiat (Gruppo Cordero Consulenze). Oggi una realtà che conta 3 ettari tra Sanche ed Occhetti e 12 mila bottiglie: Langhe Nebbiolo, Barbera d’Alba, Roero Docg Sanche e Roero Arneis Roero con vista sul Roero Docg Occhetti Riserva, in arrivo.


GRANDI LANGHE 2023 – INFORMAZIONI GENERALI

DOVE: Ogr Torin – Sala Fucine (Corso Castelfidardo 22, Torino)
QUANDO: 30 e 31 Gennaio, con orario 10-17
COME: L’ingresso è consentito previa prenotazione o invito. Sarà necessario stampare ed esibire il biglietto.
CHI: evento riservato a operatori professionali, buyer, enotecari, ristoratori, agenti commerciali, sommelier professionisti.

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Regno Unito nuova patria dello Chardonnay entro il 2050?


Entro il 2050, oltre un quinto del Regno Unito potrebbe avere un clima adatto alla coltivazione di uve Chardonnay per la produzione di vini fermi. Lo riferisce un recente studio targato University of Reading, proprio mentre – in questi minuti – winemag.it sta sbarcando a Londra per un tour delle zone vinicole dedite alla produzione degli spumanti inglesi Metodo classico (aggiornamenti sulle pagine Instagram winemag.it e Davide Bortone).

L’Università inglese ha applicato lo stesso modello di una ricerca precedente, riguardante l’effetto dei cambiamenti climatici sulla qualità dei vini di Chablis. I sorprendenti risultati sono stati pubblicati a inizio dicembre 2022 da OENO One, rivista scientifica dell’associazione accademica International Viticulture and Enology Society (IVES).

In sintesi, entro la metà del secolo, l’impatto del climate change sarà evidente anche sulle uve Chardonnay coltivate nel Regno Unito. I grappoli saranno «sufficientemente maturi per produrre più vini fermi di alta qualità». Il vitigno Chardonnay, con i suoi 1.180 ettari sui circa 3.500 presenti in GB, fa già la parte del leone. Ma è coltivato con successo per produrre vino spumante. Solo nelle migliori annate, anche vino fermo.

«Nel Regno Unito – spiega Alex Biss, ricercatore che ha guidato il progetto – si producono già ottimi vini spumanti da uve Chardonnay. Le uve utilizzate per i vini spumanti non hanno bisogno di una maturazione così lunga come quella dei vini fermi. Il clima sembra destinato a cambiare le cose, in un futuro non troppo lontano».

PIÙ VINI FERMI DA CHARDONNAY NEL REGNO UNITO

Biss, insieme al professor Richard Ellis, ha preso in considerazione tre aspetti del clima che influenzano la qualità del vino Chardonnay fermo. In primis la temperatura media tra aprile e settembre; poi la temperatura minima media a settembre (“Cool night index“); infine le precipitazioni totali tra giugno e settembre.

Sulla base di questo modello, il duo di ricercatori ha potuto stabilire che il 20-25% delle regioni del Regno Unito potrebbero essere in condizioni ideali per la produzione di Chardonnay entro il 2050. Un grande passo avanti rispetto alla situazione attuale, pari a circa il 2%.

Naturalmente – precisa Alex Biss – ci sono delle incognite. Solo perché una regione ha un clima adatto, non significa che abbia il tipo di terreno adatto alla coltivazione della vite. Ma resta il fatto che il cambiamento climatico porterà molto probabilmente a un’ulteriore espansione della viticoltura nel Regno Unito».

Le aree che con maggiore probabilità avranno le migliori condizioni per produrre vino Chardonnay fermo di alta qualità entro il 2050 sono l’Inghilterra sudorientale, l’Inghilterra orientale e l’Inghilterra centrale. Ad oggi, i vini fermi rappresentano circa un terzo della produzione totale di vino del Regno Unito. La percentuale aumenta, pur marginalmente, nelle annate più secche e calde (2018: 31%; 2019: 28%; 2020: 36%; 2021: 32%).

CLIMA FAVOREVOLE ANCHE PER IL PINOT NERO NEL REGNO UNITO

Lo scenario ipotizzato è quello di un aumento della temperatura globale tra i 2 e i 3 gradi centigradi, entro il 2100, limitato dalle politiche derivanti dal dibattito attuale sul climate change. Le emissioni, secondo la proiezione dei due ricercatori, dovrebbero continuare ad aumentare fino al 2040 circa, per poi diminuire.

«Non stiamo celebrando il riscaldamento globale – si affretta a precisare Alex Biss – che per molti versi sta già causando grandi problematiche alla produzione alimentare e alla salute. Piuttosto, è qualcosa che dobbiamo monitorare e a cui dobbiamo rispondere, cambiando ciò che coltiviamo e dove».

L’implicazione immediata delle nostre scoperte è che i viticoltori del Regno Unito che piantano nuovi vigneti nelle aree citate dovrebbero prendere in considerazione la possibilità di piantare cloni di Chardonnay a duplice attitudine, adatti sia alla produzione di vino frizzante che di vino fermo».

Le ultime evidenze fanno seguito a un’altra ricerca di fine luglio 2022, condotta da University of East Anglia (UEA), London School of EconomicsVinescapes Ltd e Weatherquest Ltd, secondo cui il potenziale della produzione di vino del Regno Unito è destinato a crescere nei prossimi anni, a causa dei cambiamenti climatici. In particolare, la ricerca fa riferimento ed enfasi specifica «all’idoneità a produrre un maggior numero di Pinot Nero fermo in alcune parti del Regno Unito». Non va dimenticata, poi, la chance di Piwi come il Divico, in Inghilterra. Chissà come la prenderà Parigi.

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degustati da noi vini#02

Sannio Doc Fiano 2021 “Chiusa”, Fosso degli Angeli

Sotto la lente di ingrandimento il Sannio Doc Fiano 2021Chiusa” di Fosso degli Angeli, vignaioli artigiani da tre generazioni in Contrada Acquaro a Casalduni, in provincia di Benevento. In anteprima un bianco ancora giovane che, per prospettiva, merita il novero tra i Fiano di riferimento della Campania, per il millesimo 2021.

La piccola cantina della costellazione Fivi – che è bello definire “biologica per naturale vocazione” – chiude il cerchio sul vitigno, dopo aver dato il meglio di sé con una Falanghina divenuta certezza assoluta della gamma Fosso degli Angeli, ormai da diversi anni.

LA DEGUSTAZIONE

Giallo paglierino con riflessi verdolini, alla vista. A gennaio 2022, dopo essersi stiracchiato, disteso, abituato al vetro in cui è stato temporaneamente intrappolato, il Fiano “Chiusa” è pronto a iniziare il suo percorso di vita, nel segno di una eleganza assoluta. Naso prezioso, che si apre su note di frutta polposa, fresca, bianca più che gialla.

Mela, pera, pesca e ricordi esotici di papaia ed ananas appena maturi. Ancor più netto l’agrume, tra l’arancia e il bergamotto, tra lo spicchio e la buccia. Componente floreale altrettanto fresca, golosa.

CARATTERE E TIPICITÀ PER IL FIANO DI FOSSO DEGLI ANGELI

Il fiore di mandorlo e il sambuco avvolgono e accompagnano timo, mentuccia, un accenno di talco. Un tocco leggerissimo di pepe bianco completa un quadro di gran stratificazione, favorita dall’ossigenazione. In bocca il sorso colpisce per l’equilibrio tra la componente “densa” e quella fresco-minerale, dura, verticale.

Un assaggio che conferma, dall’ingresso al retro olfattivo, il variegato spettro della tavolozza di colori che ha appena iniziato a materializzarsi nel calice. Un’evoluzione appena iniziata, va sottolineato ancora, per un nettare polposo e concreto, strettamente legato al territorio e alla tipica espressione del Fiano nel Beneventano. “Chiusa” di Fosso degli Angeli darà grandi soddisfazioni.

SUOLO E VINIFICAZIONE

Uve Fiano in purezza, da vigne di età compresa fra i 20 e i 4 anni, allevate in regime biologico certificato. Siamo a un’altitudine media di 560 metri sul livello del mare, vicini dunque alla quota di “montagna”. Le piante, con esposizione sud sud-est (Guyot, 3.500 ceppi per ettaro), affondano le radici in un terreno argilloso-calcareo.

La raccolta manuale delle uve del Sannio Doc Fiano 2021 “Chiuse” di Fosso degli Angeli è avvenuta tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, sulla base di una resa limitata a 65 quintali per ettaro.

Giunte in cantina, sono state pigia-diraspate e sottoposte a crio-macerazione per 12 ore, quindi a una pressatura soffice. Fermentazione con lieviti indigeni in acciaio, a temperatura controllata. Affinamento in acciaio per ulteriori 12 mesi, seguiti da un altro anno in bottiglia.

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Docg del Piemonte: 622 nuovi ettari tra Barolo, Barbaresco, Gavi, Asti e Alta Langa


Cresce il vigneto Docg del Piemonte, in potenziale espansione di 622 ettari entro il 2025, anche con uno sguardo alla conduzione biologica e sostenibile. Nel 2023, nelle Langhe, aumenteranno gli ettari vitati di Nebbiolo per la produzione di Barolo e Barbaresco. Previsti anche nuovi impianti di Moscato Bianco per l’Asti Docg e di Cortese per il Gavi Docg.
A fare “outing”, sino ad ora, è stato solo il Consorzio dell’Alta Langa Docg, che ha annunciato a fine dicembre 2022 una crescita di 220 ettari nel triennio 2023/2025, utile a sostenere il consolidamento sui mercati dello spumante Metodo classico piemontese, ormai assestatosi sui 3 milioni di bottiglie annue.

Alta Langa vero fenomeno del metodo classico italiano: 597 ettari entro il 2025

La richiesta di assegnazione da parte dei titolari delle aziende agricole del territorio è tuttora in corso. Il termine per la presentazione delle domande, in alcuni casi possibile già a partire dal 22 dicembre 2022, è previsto per il 15 febbraio 2023 sul portale Siap.

BAROLO, ALTRI 66 ETTARI: CORSIA PREFERENZIALE PER LA VITICOLTURA SOSTENIBILE

Il via libera a nuovi ettari per la produzione di Barolo risale a fine dicembre 2022. Tre giorni prima di Natale, Regione Piemonte ha messo sotto l’albero dei produttori di Langa l’approvazione del programma di regolamentazione triennale 2023/2025 e il “Bando regionale per la presentazione delle domande di assegnazione dell’idoneità alle superfici vitate, ai fini della rivendicazione della denominazione di origine controllata e garantita Barolo”.

La richiesta di 66 nuovi ettari nel triennio (22 all’anno; 0,5 ad azienda), avanzata dal Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, risale al 24 novembre 2022. L’approvazione regionale si basa sulle motivazioni – o, meglio, sull’analisi di mercato – fornita dall’ente presieduto da Matteo Ascheri. Il Consorzio ha «convenuto di andare nella direzione di una viticoltura sostenibile», inserendo per la prima volta «criteri che prendano in considerazione non solo le superfici, ma anche le modalità di conduzione, verso la sostenibilità agroambientale».

«Nell’ultima programmazione – come apprende winemag.it dal documento allegato dal Consorzio alla richiesta di nuovi ettari indirizzata a Regione Piemonte – la denominazione Barolo non ha visto la possibilità di avere nuovi ettari iscritti, in quanto l’ultimo bando era di fatto chiuso, avendo una dotazione pari a zero».

Questa scelta è stata, a suo tempo, motivata dalla prudenza verso una denominazione che cresceva costantemente. Si voleva avere un po’ di tempo per vedere quale fosse la reazione del mercato nell’assorbire il maggiore quantitativo di bottiglie prodotte. Nell’ultimo triennio le vendite sono aumentate, in particolare lo scorso anno abbiamo registrato un incremento del 22 % rispetto all’anno precedente ed anche le giacenze sono stabili o in calo. Segno tangibile dello stato di salute della denominazione».

Secondo il Consorzio, «mantenendo comunque sempre prudenza, pare dunque opportuno riprendere la programmazione, concedendo un aumento delle iscrizioni a Barolo nella misura dell’1% rispetto alla superficie totale, quindi 22 ettari all’anno». La richiesta viene definita dal Consorzio «un’apertura moderata a nuove superfici», il cui obiettivo è «anche quello di concentrare l’attenzione su vigneti già esistenti, senza andare a favorire un’ulteriore riduzione di terreni destinati ad altre colture».

PIÙ ETTARI PER IL BARBARESCO, MA CON CRITERI DI AMMISSIBILITÀ

In occasione della richiesta del 24 novembre, il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani ha affrontato con Regione Piemonte anche il capitolo Barbaresco. Sulla base del programma di regolamentazione triennale 2023-2025 e del Bando regionale per nuovi superfici vitate della Docg, l’ente ha deciso di proseguire sulla strada già tracciata negli anni precedenti. La crescita dei vigneti di Nebbiolo atti alla produzione di Barbaresco, disposti su un areale relativamente ristretto, sarà di 7 ettari all’anno, per un totale di 21 ettari nel triennio (0,5 ettari ad azienda).

Prima di avanzare la richiesta, il Consorzio di Tutela si è rapportato con le rappresentanze di filiera del territorio. La denominazione Barbaresco, del resto, è cresciuta in modo stabile sia per quanto riguarda la produzione, con una media di 4,8 milioni di bottiglie negli ultimi 5 anni, sia per l’imbottigliamento, pari a 4,6 milioni di bottiglie nell’ultimo anno.

«La proposta di mantenere i 7 ettari all’anno – apprende winemag.it dalla documentazione ufficiale – va nell’ottica di una crescita graduale della denominazione. La scelta di utilizzare per la prima volta criteri di ammissibilità, per quanto riguarda la nostra esperienza, è nell’ottica di evitare la presentazione di domande da parte di soggetti che difficilmente arriverebbero ad avere una positiva assegnazione, nel caso dello IAP (Imprenditore agricolo professionale, ndr), ed anche per non aumentare la superficie agricola destinata a vigneto, come dimostra l’ammissibilità riservata alle sole variazioni di idoneità (da Langhe Nebbiolo al 31/07/ 2021, ndr)».

15 NUOVI ETTARI DI GAVI DOCG NEL 2023

Un Natale 2022 “movimentato” anche in casa Gavi Docg. La determina di Regione Piemonte che approva la richiesta inviata dal Consorzio di Tutela il 4 marzo 2022 è arrivata il 21 dicembre. La denominazione di origine controllata e garantita che comprende i territori di 11 Comuni della Provincia di Alessandria potrà così crescere, nel corso del 2023, di altri 15 ettari (0,5 ad azienda).

ASTI DOCG: +300 ETTARI ENTRO IL 2024

Attraverso una «rimodulazione del programma triennale 2022-2024», anche il Consorzio dell’Asti Docg ha chiesto a Regione Piemonte l’approvazione della modifica delle superfici di Moscato Bianco per il 2023. Il quadro è per certi versi simile a quello del Barolo. A fronte della decisione iniziale di sospendere le iscrizioni di nuove superfici allo schedario viticolo, l’ente presieduto da Lorenzo Barbero ha inviato a Regione Piemonte una nuova richiesta, il 24 novembre 2022. La «rimodulazione» prevede, per il rimanente periodo 2023- 2024, un aumento del potenziale della denominazione per complessivi 300 ettari. In occasione della vendemmia 2021, gli ettari rivendicati sono stati 9.712, su un totale di 9.930 ettari (differenza pari ai vigneti non ancora in produzione).

Il Consorzio, sentite le rappresentanze di filiera del territorio, ha fornito a Piazza Castello un dettagliata analisi di mercato. «I dati recenti – si legge sul documento – dimostrano come la produzione venga completamente allocata sul mercatoLa quantità commercializzata di Asti Spumante e Moscato d’Asti negli ultimi tre anni è in costante crescita, essendo passata dai 87,5 milioni di bottiglie del 2019 ai 91,5 milioni di bottiglie del 2020. Sino ai 103 milioni di bottiglie del 2021 (772.500 ettolitri)».

Alla base della richiesta di 300 nuovi ettari di Moscato Bianco ci sarebbero anche le condizioni del vigneto dell’Asti Docg. Da un’analisi compiuta dal Consorzio su dati di Regione Piemonte, risulta che l’età dei vigneti è mediamente elevata (34 anni) con più del 50% della superficie vitata con età superiore a 30 anni. «L’età avanzata dei vigneti – evidenzia l’ente di Asti – fa ipotizzare che la resa sia destinata a diminuire con il passare degli anni. Si ritiene quindi opportuno che, a fronte di una tendenza all’erosione del potenziale produttivo di Moscato bianco per Asti Docg, la superficie vitata venga incrementata».

Il provvedimento riguarda l’intero areale produttivo, ovvero 51 comuni compresi fra le Province di Alessandria, Asti e Cuneo, nell’intento di «rispondere alle crescenti richieste di mercato, contribuendo a dare stabilità al valore della produzione vitivinicola e stimolando al contempo il rinnovo dei vigneti di Moscato bianco, per mantenere nel tempo una capacità produttiva adeguata alla richiesta di mercato». Una volta assegnati, gli ettari dovranno essere impiantati entro il 31 luglio 2026.

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Capodanno cinese 2023 da Bon Wei: piatti tradizionali e vini di nicchia


Dopo la Tigre, ecco il Coniglio. Mancano solo tre giorni al Capodanno cinese 2023, celebrazione che si preannuncia carica di simbolismo (e gusto) nei ristoranti cinesi di Milano
Il 22 gennaio, Bon Wei proporrà ai suoi clienti un menu dedicato, in scia con la filosofia di un locale divenuto un punto di riferimento per l’alta cucina regionale cinese in Italia. A 12 anni dal posizionamento dell’insegna in zona Sempione, via Castelvetro 16/18 è ormai un indirizzo imperdibile anche per gli amanti del vino, italiano e straniero.

Merito di Zhang Le, figlio dello chef Zhang Guoqing, sommelier Fisar che ha letteralmente rivoluzionato la carta vini di Bon Wei a partire dal suo ingresso in sala, nel 2013. Accanto a mostri sacri come Château Petrus, ha scelto numerose etichette di Distribuendo Wine and Spirits, distribuzione con sede nella vicina Paderno Dugnano che rivela tutto l’amore dei fondatori Dario Carcano e Mauro Pincione per i (buoni) vini di nicchia, con grande focus sulla sincera espressività dei singoli vitigni (cosa ormai rara).

CAPODANNO CINESE: LA TIGRE LASCIA SPAZIO AL CONIGLIO

Tigre e Coniglio, gli animali che si scambiano il testimone nella staffetta del Capodanno cinese 2023 (questo sarà l’Anno del Coniglio – che prenderà il posto della Tigre – – animale 2022 per l’astrologia cinese) sembrano, per certi versi, dividersi il palco del menu 5 portate e degli abbinamenti cibo-vino ideati per l’importante ricorrenza. “Ruggisce” la tigre nelle spezie, nei profumi e nei sapori decisi che condensano al meglio lo spirito delle Badacaixi, le otto cucine regionali cinesi (Anhui, Cantonese, Fujian, Hunan, Jiangsu, Shandong, Sichuan e Zhejiang).

Soffice come burro, anzi come il pelo di un coniglio, la consistenza della cernia gialla al vapore, o del filetto di manzo saltato nel wok. Nel calice, si passa con abilità dal gioco tra le graffianti mineralità e le suadenti morbidezze del Grand Cru di Oger Comte de Chermont Champagne 2012 di Klepka Sausse alle verticalità (misurate) del Catarratto Superiore Riserva 2020 di Bagliesi (Sicilia), del Sauvignon “Exclusiv” 2020 di Ploner (Alto Adige) e di “Campo Vulcano”, il Soave Doc Classico de I Campi (Veneto) che, con la vendemmia 2018, inizia a parlare chiaramente la lingua dell’idrocarburo (quanta vita ancora davanti!).

Per i piatti più strutturati, ecco il delizioso “Luna China”, Cerasuolo di Vittoria Docg di Tenuta Ferrera – Poggio Racineci, giovane realtà siciliana. È firmato dall’altro giovanissimo vignaiolo Stefano Occhetti il Roero Sanche 2019 in abbinamento allo Xian-gu (fungo shiitake) ripieno di carne di maiale e pak choy. Col manzo nel piatto, il pairing chiama la Toscana, col gran carattere del Brunello di Montalcino Riserva 2016 di Col di Lamo. In chiusura, i Vermouth Santòn di Borgo San Daniele (più tradizionale il bianco, mentre il rosso vira nella stilistica dei fortificati, come il Porto).

BON WEI E L’ABBINAMENTO CIBO VINO DI ZHANG LE

«Se la bollicina, che sia Champagne o Franciacorta, risponde ad ogni quesito – spiega Zhang Le – ci sono vitigni che risultano ben versatili con i sapori della Cina. Il Pinot nero, che è uno dei miei preferiti e oggi va molto di moda, è polivalente, riesce ad accompagnare un pesce saporito così come una carne speziata».

La varietà può risultare davvero vincente sull’Anatra Laccata, mentre per i lamian (noodles tirati a mano) o il riso è il condimento che detta l’abbinamento. Con le zuppe, invece, difficilmente in Cina si accompagna un vino. Vini come Amarone della Valpolicella e Sforzato della Valtellina possono reggere bene anche lo Shu-Zhu, stufato di manzo del Sichuan, molto piccante e aromatico.

Il menu del Capodanno cinese di Bon Wei resterà disponibile nelle due settimane successive al 22 gennaio. A soprendere gli ospiti anche la bottiglia di Cristal decorata da Teo Kaykay per l’Anno del Coniglio, le cui vendite inizieranno proprio in occasione della cena di “inizio anno”. Da non perdere, a fine pasto, grappe, Baijiu e whisky, vera passione dell’esperto Zhang Le.


Capodanno cinese al ristorante Bon Wei, 22 gennaio 2023

Costo del menu degustazione per persona: 140 euro
Pairing vini: 40 euro
Per prenotazioni, Tel: 02 341308
Email: prenotazione@bon-wei.it

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Altro che Irlanda. Walter Massa: «Alcol? Molecola patrimonio dell’Umanità»


«La nostra generazione, per dimostrare di essere davvero capace, dovrebbe chiedere e ottenere il riconoscimento della molecola dell’alcol come patrimonio dell’Umanità». Risuonano come un monito le parole di Walter Massa, nei giorni in cui impazzano le polemiche (e le contraddizioni) delle “Health Warnings” promosse dal governo irlandese, capace di equiparare il vino alle sigarette.

«Si continua a colpevolizzarlo – continua a winemag.it il vignaiolo artefice della rinascita del Timorasso, oggi Derthona – ma sono millenni che l’alcol ci accompagna. Quella piccola molecola ci ha tenuto vivi, durante il Covid, con tutti i prodotti nati dalla distillazione e non solo».

«Bisogna giocare partite a carte, guardare la tv, parlare attorno a un calice. Perché il vino e l’alcol sono soprattutto condivisione. Ringraziamolo questo benedetto vino, ma passiamo al contrattacco. Perché, per certi versi giustamente, le “non culture del vino” rischiano di distruggerci. Ci troviamo – conclude Walter Massa – nella paradossale situazione di doverci difendere e fare sempre battaglie. Invece, costruiamo: la molecola dell’alcol, Patrimonio dell’Umanità».

Vino ed Health Warnings in Irlanda: così il cane si morde la coda su consumo e abuso di alcolici

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Etna Doc, crescita record nel 2022 spinta anche dall’Etna Bianco Superiore di Milo


Il 2022 certifica l’ottimo stato di salute dell’Etna Doc. È quanto emerge dai numeri relativi all’imbottigliato dello scorso anno, analizzati e diffusi dal Consorzio di Tutela Etna Doc. Una fiducia che va ben oltre la conclusione dei lavori di mappatura delle contrade (qui la mappa). Se il 2021 ha rappresentato l’anno della auspicata ripresa, con dati in linea con gli anni precedenti l’inizio della pandemia, il 2022 sembra l’anno della consacrazione non solo per Etna Doc Rosso ed Etna Doc Rosato, ma anche per l’Etna Doc Bianco Superiore prodotto nel Comune di Milo, nonché per il rosato. 

Nell’anno appena conclusosi sono stati imbottigliati 43.651,09 ettolitri di vino, pari a poco più di 5,8 milioni di bottiglie, con una crescita del 28,68% rispetto al 2021. Un dato che, se confrontato con il 2019, ultimo anno prima dell’inizio della crisi pandemica e che si era chiuso già in modo molto positivo, sale al 34,6%.

«Se gli ottimi dati del 2021 potevano essere visti come un normale rimbalzo rispetto all’anno precedente, flagellato dall’inizio della pandemia – commenta Francesco Cambria (nella foto, sotto) presidente del Consorzio Tutela Vini Etna DOC.grazie soprattutto alla riapertura del mondo Horeca, quelli relativi al 2022 certificano ora in modo inconfutabile la grande e costante crescita della richiesta sia sul mercato nazionale che internazionale».

Al di là dell’andamento generale e delle differenze presenti nelle singole tipologie della nostra denominazione, emerge un aspetto che probabilmente è quello che più di tutti ci riempie di orgoglio e dona grande fiducia per il futuro: la credibilità.

I nostri vini sono riusciti a conquistarsi una posizione di grande prestigio all’interno del mercato locale, nazionale e anche nei principali Paesi dell’export grazie a scelte oculate da parte di tutta la base produttiva, che puntano a preservare la qualità e la tipicità del nostro terroir».

IL DETTAGLIO: SORPRESA ETNA DOC SUPERIORE

Scendendo nel dettaglio delle singole tipologie, l’Etna Rosso, che rappresenta poco più del 50% dell’imbottigliato complessivo, cresce del 28,36%, pari a 23.365,31 ettolitri. Crescita altrettanto sostenuta anche per la seconda tipologia più imbottigliata, l’Etna Bianco, con il 28,08%, pari a 14.366,09 ettolitri.

Spiccano, anche se su numeri complessivi più piccoli, le ottime performance di due tipologie sempre più richieste e apprezzate dai consumatori, vale a dire l’Etna Bianco Superiore, le cui uve devono provenire esclusivamente dal Comune di Milo sul versante est del vulcano, che cresce del 67,19% con 746,48 ettolitri imbottigliati, e l’Etna Rosato, salito del 45,53% con 3.880,61 ettolitri imbottigliati.

Stabile, ma sempre in crescita l’Etna Spumante, +5,85% con 792,65 ettolitri imbottigliati (erano 160 mila le bottiglie nel 2020, +30% sul 2019). Gli unici dati con segno meno sono relativi all’Etna Rosso Riserva, -26,30% con 146,87 imbottigliati, e all’Etna Spumante Rosato, -19,73% con 353,08 ettolitri imbottigliati, che derivano più da singole scelte produttive che non da minori richieste da parte del mercato.

LUNETTA: «CRESCITA RECORD TRA VIGNETI E BOTTIGLIE»

I dati sono evidenti – aggiunge Maurizio Lunetta, direttore del Consorzio – e certificano una crescita che possiamo certamente definire da record. Negli ultimi 10 anni la superficie dei vigneti Etna Doc e la produzione di bottiglie è quasi raddoppiata.

Si può affermare che la crescita è legata sia al rafforzamento dei mercati in cui siamo già presenti e sia alla forte spinta data dall’enoturismo, che vede l’Etna tra le destinazioni più ambite dai wine lovers di ogni parte del mondo. 

«I numeri – conclude Lunetta – ci danno ci danno grande energia e fiducia e confermano la necessità di gestire la crescita della denominazione con oculatezza e responsabilità».

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Gli Editoriali news news ed eventi

Vino ed Health Warnings in Irlanda: così il cane si morde la coda su consumo e abuso di alcolici


EDITORIALE – Al netto delle polemiche delle ultime ore sembra incredibile, ma anche in Irlanda si ammette che l’abuso di alcol è diverso dal consumo moderato di alcolici. A dispetto delle generiche avvertenze sanitarie (gli Health Warnings) che il governo irlandese vorrebbe apporre sulle retro etichette di qualsiasi bevanda alcolica, compreso il vino, il portale istituzionale di riferimento sull’alcol in Irlanda fa una netta distinzione tra abuso e consumo.

Un dettaglio non di secondo piano, perché è proprio su questo punto che si concentra la rivolta dell’industria del vino italiano contro il «pericoloso precedente» e «l’effetto cascata» che potrebbe innescare il provvedimento di Dublino, in altri Paesi europei. Senza contare le ripercussioni sul libero scambio delle merci nell’Ue.

CONSUMO O ABUSO? DRINKS CALCULATOR SBUGIARDA LE AVVERTENZE GENERICHE

Basta collegarsi al “Drinks Calculator” del portale askaboutalcohol.ie, sito che risponde all’Health Service Executive (HSE), organizzazione che ha il compito di gestire tutti i servizi sanitari pubblici in Irlanda, sotto l’egida diretta del Ministero della Salute, per rendersi conto che il “consumo moderato di alcolici” è contemplato tra le risposte.

Ho provato ad inserire dei dati e questo è stato il risultato: «You are under the recommended weekly low-risk alcohol guidelines. Low-risk drinking reduces the risk of alcohol-related problems». Tradotto: «Sei al di sotto delle linee guida settimanali raccomandate per il consumo di alcol a basso rischio. Il consumo di alcol a basso rischio riduce il rischio di problemi legati all’alcol».

«CONSUMO DI ALCOL A BASSO RISCHIO» E «BENEFICI A LUNGO TERMINE»

A differenza delle avvertenze sanitarie che il governo irlandese vorrebbe apporre in maniera sistematica su tutte le bottiglie di alcolici, equiparandoli sostanzialmente alle sigarette, il “Drinks Calculator” ammette che esiste una correlazione tra abuso e patologia. E, dunque, una differenza tra consumo (moderato) e abuso. Ma la risposta del “Calcolatore di bevute” del portale che risponde al Ministero della Salute irlandese si spinge oltre.

Sulla base dei dati da me inseriti, ricorda che: «Bere entro le linee guida settimanali raccomandate per l’alcol a basso rischio ha benefici a lungo termine. I benefici includono la riduzione del rischio di pressione alta e ictus, depressione, ansia. Sette tipi di cancro, malattie del fegato, molte altre patologie legate all’alcol».

Una risposta che fa a pugni con gran parte delle «Health warnings» allo studio in Irlanda (potrebbero entrate in vigore entro 3 anni) e che, anzi, fa il paio coi princìpi della Dieta Mediterranea, Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità da ormai 13 anni. Eccone solo alcune: «Bere alcolici aumenta il rischio di sviluppare tumori»; «Bere alcolici causa tumori al fegato»; «C’è un collegamento diretto tra consumo di alcolici e tumori mortali». Insomma, prima di allarmare l’Europa, sarebbe bene che in Irlanda si facesse la pace. Tra burocrati e medici. Prosit.

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“Cercastelle”, il “Supervalpolicella” di Eleva: matrimonio riuscito tra Merlot e Oseleta


Ha il fascino delle storie impossibili “Cercastelle“, il nuovo “Supervalpolicella” della cantina Eleva. Un Rosso Veronese Igt 2019 ottenuto da uve Merlot e Oseleta, con cui Davide Gaeta e Raffaella Veroli sondano le potenzialità del matrimonio tra la varietà bordolese e l’antico autoctono veneto, sulle 18 terrazze vitate lasciate in eredità dalla compianta Franca Maculan, lungimirante fondatrice della Società Agricola Eleva.

Il risultato? È super. Con “Cercastelle”, la collina in località La Palà, a Sant’Ambrogio di Valpolicella, si colora di una luce nuova. Che sa di sfida e di una chiave di lettura diversa, per il futuro dell’intera Valpolicella.

«Ci vogliono passione, preparazione, rigore, organizzazione, sacrificio, cocciutaggine, autorevolezza, umiltà, pazienza, amore», sostiene il docente Davide Gaeta, che ha trovato nell’enologa Raffaella Veroli la miglior compagna di viaggio possibile, “donna del vino” tenace e determinata come la fondatrice. La prova è nella traduzione degli intenti nella lingua del calice. L’esito di 9 anni di prove e ricerche sulla combinazione delle due varietà.

ROSSO VERONESE IGT 2019 “CERCASTELLE”, ELEVA

Alla vista, il vino si presenta di un rubino luminoso. Naso delizioso, al contempo largo (su fiori e frutto polposo) e profondo (grazie a una speziatura balsamica). Esemplare utilizzo del legno, che contribuisce a stratificare il naso, rendendolo non solo elegante, ma ancor più goloso, grazie a leggere note tostate, dolci, unite a una spolverata di spezie orientali. Un quadro che vede assolute protagoniste le due varietà Merlot e Oseleta, unite in un ensemble perfetto.

Il Merlot accarezza, mentre un’addomesticata Oseleta ruggisce. Compostamente. Ingresso di bocca quasi in punta di piedi, su tensione fresca e frutto rosso – più che a polpa scura – perfettamente maturo. Netta la ciliegia, più in sottofondo la mora e la prugna. Progressione elegante al palato per il Rosso Veronese Igt 2019 “Cercastelle” di Eleva, che in fase centrale mostra la verve elettrica dell’Oseleta, sempre più avvolta, nell’allungo, dal manto carezzevole ed elegante del Merlot.

A somme tirate il sorso è fresco, dinamico, di ottima stratificazione. Ben lavorato anche il tannino, che fa capolino in una chiusura asciutta, segnata dall’equilibrio tra le componenti e da una preziosa impronta sapida, capace di chiamare il sorso successivo. Non manca, insomma, quel carattere del vino rosso moderno, la cui bottiglia a tavola finisce, non stanca. Anzi, invita al riassaggio. Il Supervalpolicella “Cercastelle” 2019 di Eleva è giovane e di grande prospettiva, pur già godibilissimo se ben abbinato a tavola.

LA VINIFICAZIONE

Concorrono all’uvaggio un 60% di Merlot e un 40% di Oseleta allevate da Eleva a Sant’Ambrogio di Valpolicella, in località Conca d’Oro. La raccolta delle uve avviene in due momenti distinti, per via delle diverse tempistiche di maturazione delle due varietà di “Cercastelle”. La vinificazione inizia in tanks di acciaio a temperatura controllata, inferiore ai 25°-26°. Segue la macerazione a contatto con le bucce.

La fermentazione dura circa dieci giorni. Nello stesso periodo il vino svolge la malolattica spontanea, senza alcuna induzione. L’affinamento del Rosso Veronese Igt 2019 “Cercastelle” di Eleva è in barrique di rovere francese per due anni, con legni di diversa stagionatura e dimensione. Che sia l’inizio della definitiva riscoperta (e valorizzazione) dell’Oseleta in Valpolicella?

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Alluvione dell’Ahr, donazioni di 3,8 milioni di euro per le cantine


Hanno raggiunto quota 3,8 milioni di euro le donazioni per le cantine colpite dall’alluvione dell’Ahr del luglio 2021. La cifra si riferisce alla sola campagna #deradlerhilft promossa dalla Verband Deutscher Prädikats und Qualitätsweinguter (VDP), l’associazione che raggruppa oltre 200 cantine in 13 regioni vinicole della Germania. Tuttavia la raccolta prosegue: la ricostruzione è tutt’altro che terminata.

Il risultato sin ora raggiunto va «oltre le aspettative» di questa minuscola area vinicola, vocata alla produzione di grandi Pinot Nero (Spätburgunder) e non solo). I 3,8 milioni di euro sono stati raggiunti grazie alla solidarietà di oltre 4 mila donatori e aziende di tutto il mondo, che si sono impegnate a favore dei viticoltori della Valle dell’Ahr.

«Siamo lieti di poter finalmente compiere l’atteso passo dell’assegnazione delle donazioni», ha dichiarato Steffen Christmann, presidente della Vdp e dell’associazione no-profit “Der VDP.Adler hilft e.V.”, che ha avviato la campagna di raccolta fondi. «Sappiamo però – ha aggiunto – che le risorse finanziarie sono solo una parte dell’aiuto. Naturalmente c’è bisogno di tempo per elaborare quanto è accaduto e per ricostruire».

Ahr, la nuova frontiera del Pinot Nero

LA RACCOLTA FONDI VDP PER LE CANTINE DELL’AHR

Durante la devastante alluvione del luglio 2021, quasi tutte le cantine della regione di Ahr sono state danneggiate. L’enorme portata del disastro alluvionale ha spinto i VDP.Prädikatsweingüter e la loro associazione no-profit a lanciare una campagna di aiuti sotto il nome di #deradlerhilft. L’obiettivo era ed è quello di aiutare tutte le aziende vinicole della regione dell’Ahr danneggiate dall’alluvione, indipendentemente dalla loro tipologia e struttura e dal fatto che siano o meno membri della VDP.

I primi aiuti sono stati erogati nel 2021, in favore delle situazioni di maggiore emergenza. Le donazioni sono state investite anche in opere di mitigazione dei danni e nei trattamenti ai vigneti, effettuati tramite elicottero nelle zone alluvionate. L’erogazione di ulteriori fondi si è rivelata difficile a causa della burocrazia locale. Ora, però, la strada è finalmente spianata.

AHR, COME SONO STATI SPESI I FONDI PER LA RICOSTRUZIONE

«Se si considerano le somme a 5-6 cifre di cui beneficia ciascuna delle cantine danneggiate e quasi 800 mila euro per una delle tre cooperative locali – riassume ancora Steffen Christmann – la portata della campagna di raccolta fondi risulta particolarmente chiara. Le somme raccolte danno fiducia, dopo il lungo periodo di sofferenza». 

Ciò che rimane, nonostante la tragedia – conclude il presidente dell’associazione VDP – è l’enorme solidarietà e la prova di ciò che una comunità forte è in grado di fare, grazie anche alle tante persone che si occupano dell’amministrazione, della corrispondenza e dell’elaborazione degli aiuti».

Tra gli aiuti giunti in seguito all’alluvione dell’Ahr, anche quelli del Consorzio Vini Alto Adige, che ha supportato fin da subito l’iniziativa “SolidAHRität – Dai viticoltori per i viticoltori” a sostegno delle cantine colpite.

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In Campania la Sessione Spumanti del Concours Mondial de Bruxelles 2023


Sarà la Campania ad ospitare la Sessione Spumanti del Concours Mondial de Bruxelles 2023. Per l’occasione è stato scelto il Campus Principe di Napoli di Agerola. La splendida location, con vista panoramica mozzafiato sulla Costiera Amalfitana, dall’alto dei Monti Lattari, sarà capitale degli sparkling dal 31 maggio al 4 giugno. Un luogo speciale anche dal punto di vista della formazione dei futuri addetti della ristorazioine. Ha sede Al Campus Principe di Napoli di Agerola la scuola di formazione diretta dallo chef Heinz Beck.

Ora l’annuncio dello sbarco della Sessione Spumanti del Concours Mondial de Bruxelles 2023, a suggellare il legame tra territorio e cultura del vino, proprio in un momento in cui l’Europa assiste inerme agli allarmi dell’Irlanda sul consumo di alcolici tra cui il vino, equiparato alle sigarette. «Il legame storico della Campania con il vino e i vigneti – afferma Quentin Havaux, direttore generale di Vinopres, che organizza il Concours Mondial de Bruxelles – ne fa una delle regioni vinicole più antiche d’Italia».

I COMMENTI

Siamo lieti di organizzare la sessione Spumanti 2023 in questa regione ospitale. La produzione di bollicine in Campania – continua Havaux – merita un riconoscimento internazionale. I nostri degustatori non vedono l’ora di scoprire questi vini prodotti con uve autoctone».

Soddisfazione anche dalle istuzioni. «La Campania – commenta Nicola Caputo, assessore all’Agricoltura della Regione Campania – ospiterà, per la prima volta in Italia, la sessione dei vini spumanti del prestigioso Concours Mondial de Bruxelles. Una vetrina straordinaria per promuovere il nostro spumante e degustare più di mille vini provenienti da tutto il mondo. Un evento che, insieme al governatore De Luca, abbiamo fortemente voluto in Campania e che ora consentirà a migliaia di operatori, buyer, giornalisti e ricercatori internazionali di valutare tutte le produzioni regionali di eccellenza e scoprire i nostri suggestivi itinerari enoturistici».

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Winenews del vino italiano in 12 giorni: cosa è successo a dicembre 2022?

Le winenews del vino italiano in 12 giorni: cosa è successo a dicembre 2022? Ultimo appuntamento con i fatti salienti dello scorso anno. Per non perderti neppure una wine news e aggiornamento di winemag.it, iscriviti alla newsletter.

BACK TO 2022

VINO, EXPORT VERSO GLI 8 MILIARDI DI EURO

Export vino italiano 2022 verso il record di 8 miliardi di euro. Le previsioni dell’Osservatorio Federvini. Spirits in scia con 1,7 miliardi di euro.

Export vino italiano 2022 verso il record di 8 miliardi di euro

10 CHIANTI COLLI FIORENTINI DA ASSAGGIARE

Dieci Chianti Colli Fiorentini da provare per capire il vino di Firenze. Il bilancio della prima expo a Palazzo Vecchio per i 29 produttori del Consorzio: parola d’ordine “sapidità”.

Dieci Chianti Colli Fiorentini da provare per capire il vino di Firenze

TANNICO NEWS

L’e-commerce Tannico ha una nuova proprietà: Campari Group e Moët Hennessy. La joint-venture completa l’acquisizione. Thierry Bertrand-Souleau è il nuovo Ad.

L’e-commerce Tannico ha una nuova proprietà: Campari Group e Moët Hennessy

PRIMITIVO DI MANDURIA, FASCETTA OBBLIGATORIA

Fascetta di Stato obbligatoria da gennaio 2023 sul Primitivo di Manduria.

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TERRE D’OLTREPÒ, REINTEGRATO IL SOCIO GIORGI

Terre d’Oltrepò, il Tribunale reintegra come socio l’ex presidente Andrea Giorgi. Annullata la delibera di luglio.

Terre d’Oltrepò, il Tribunale reintegra come socio l’ex presidente Andrea Giorgi

VETRO, NUOVI AUMENTI

Nuovo aumento costi vetro: produttori vino chiedono aiuto in legge di bilancio. La proposta di Unione italiana vini.

Nuovo aumento costi vetro: produttori vino chiedono aiuto in legge di bilancio

MONTRESOR COMPIE 130 ANNI IN VALPOLICELLA

Cantine Giacomo Montresor compie 130 anni e regala a Verona un Museo del Vino. Taglio del nastro questa mattina. A onorare il traguardo anche un libro, un rinnovato wineshop e una bottiglia celebrativa.

Cantine Giacomo Montresor compie 130 anni e regala a Verona un Museo del Vino

VINI D’ABRUZZO, POLVERONE SU DE SICA

«Bottiglia dell’anno in Abruzzo? Una merda». Bufera sul trailer del cinepanettone di Christian De Sica (video).

«Bottiglia dell’anno in Abruzzo? Una merda». Bufera sul cinepanettone di Christian De Sica (video)

IL VIGNETO CENTENARIO DI ELVIO COGNO

Il vigneto centenario della Barbera d’Alba “Pre-Phylloxera” Elvio Cogno. Viaggio tra i 9 filari a piede franco che la cantina di Novello custodisce (e preserva) in località Berri, a La Morra. Un vero e proprio “museo a cielo aperto”.

Il vigneto centenario della Barbera d’Alba “Pre-Phylloxera” Elvio Cogno

TENUTA SAN GUIDO FA ARRESTARE L’ESTORSORE

Tentata estorsione a Tenuta San Guido: «150 mila euro o brucio vigneto Sassicaia». In manette un 47enne triestino.

Tentata estorsione a Tenuta San Guido: «150 mila euro o brucio vigneto Sassicaia»

CANTINA CLAVESANA, ESORDIO CON IL BAROLO RAVERA

Cantina Clavesana, esordio con il Barolo Ravera Docg 2018 “Mito”. Solo 2.665 bottiglie numerate, all’insegna della diversificazione. In aumento gli impianti di Alta Langa, Viognier, Pinot Nero e Chardonnay.

Cantina Clavesana, esordio con il Barolo Ravera Docg 2018 “Mito”

PROSECCO IN LATTINA, IL MONITO DI ZAIA

Prosecco in lattina, Zaia: «Necessario rimanere ancorati alla tradizione».

Prosecco in lattina, Zaia: «Necessario rimanere ancorati alla tradizione»

LA RECANTINA DEL MONTELLO

Le opportunità della Recantina tra i bordolesi del Montello Asolo: l’editoriale. E l’enologa Graziana Grassini conferma: «Può diventare il vitigno principe del Montello».

Le opportunità della Recantina tra i bordolesi del Montello Asolo

VITIRES E IL FUTURO DEI VITIGNI RESISTENTI PIWI ITALIANI

Così il Consorzio Vitires farà la storia dei vitigni resistenti Piwi italiani: l’editoriale. Vitires (https://www.winemag.it/piwi-nasce-vitires-consorzio-sviluppo-vitigni-resistenti-emilia-romagna/) è il Consorzio per lo sviluppo dei vitigni resistenti dell’Emilia-Romagna. Un’iniziativa di Cantine Riunite & Civ, Cantina Sociale San Martino in Rio, Caviro, Terre Cevico e Centro ricerche Ri.Nova.

Così il Consorzio Vitires farà la storia dei vitigni resistenti Piwi italiani

VERONAFIERE, PIÙ POTERI A DANESE

Veronafiere, obiettivo «snellire la gestione»: ampliate le deleghe di Maurizio Danese. Viale del Lavoro rinuncia alla nomina di un nuovo direttore generale.

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QUALITÀ CLUB SELECTION

Francesco Bennati, il 26enne tra i grandi dell’En Primeur di Bordeaux con Qualità Club Selection. Il giovane veronese si è conquistato la fiducia dei francesi, a Pomerol. Oggi seleziona i Grand Cru per la distribuzione di famiglia, che nel 2022 festeggia 40 anni.

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CONEGLIANO VALDOBBIADENE, IL BILANCIO

Prosecco Conegliano Valdobbiadene: nel 2022 battuta d’arresto Gdo, ma cresce l’export. L’analisi dell’annuale Rapporto economico.

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SPUMANTI ITALIANI VERSO IL MILIARDO

Spumanti italiani, Natale e Capodanno record: si stapperanno 341 milioni di bottiglie. Le stime dell’Osservatorio Uiv-Ismea. Nuovo record produttivo nel 2022: quasi un miliardo di sparkling.

Spumanti italiani, Natale e Capodanno record: si stapperanno 341 milioni di bottiglie

GDO-CANTINE, GUERRA SUI LISTINI

Guerra listini tra Gdo e cantine italiane, Federvini: «No a moratoria prezzi al supermercato». Pallini: «Necessario avviare un dialogo schietto e fattivo lungo tutta la filiera». Frescobaldi (Uiv): «Rigidità poco costruttive».

Guerra listini tra Gdo e cantine italiane, Federvini: «No a moratoria prezzi al supermercato»

MARSALA, INTERVISTA AL PRESIDENTE BENEDETTO RENDA

Cinque domande a Benedetto Renda sul neonato Consorzio Vino Marsala. Il presidente a tutto tondo: dall’erga omnes al Perpetuo, passando per la comunicazione e la semplificazione delle tipologie della Doc siciliana.

Cinque domande a Benedetto Renda sul neonato Consorzio Vino Marsala

ALTA LANGA SHOW

Alta Langa vero fenomeno del metodo classico italiano: 597 ettari entro il 2025. L’ingresso di 18 nuovi soci porta la base a 134 cantine. Produzione stimata attorno ai 3 milioni di bottiglie per l’ultima vendemmia. +40% di vendite rispetto al 2021.

Alta Langa vero fenomeno del metodo classico italiano: 597 ettari entro il 2025

IL (NOSTRO) BENVENUTO BRUNELLO

Benvenuto Brunello 2022: punteggi Brunello 2018, Riserva 2017 e Rosso di Montalcino 2020, 2021. Annata difficile, la 2018, che conferma la maestria dei produttori toscani. Da rivedere, invece, la formula “Benvenuto Brunello”.

Benvenuto Brunello 2022: punteggi Brunello 2018, Riserva 2017 e Rosso di Montalcino 2020, 2021

MONTALBERA, FUORI UNO DEI GRANDI DEL RUCHÉ

Sul Ruché di Castagnole Monferrato è gara a chi la fa più lontano (la promozione): l’editoriale.

Sul Ruché di Castagnole Monferrato è gara a chi la fa più lontano (la promozione)

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Sicilia, che (bel) fermento: il Consorzio Doc Mamertino è realtà


Dopo Marsala, in Sicilia rinasce anche un’altra Doc. È realtà il Consorzio Doc Mamertino, sino a poche ore fa semplice associazione di produttori. Un risultato strategicamente importante per tutto il sistema vino siciliano, ormai da anni tra i più dinamici, vivi e in fermento del Paese. Quindici le aziende coinvolte nel progetto di rilancio della storica denominazione della provincia di Messina, riunite insieme per promuovere la conoscenza di un vino dalla tradizione millenaria. A guidare il Consorzio Doc Mamertino sarà la produttrice Flora Mondello (Gaglio Vignaioli di Oliveri, nella foto sopra) già a capo del gruppo di cantine che ha posto le basi per la nascita dell’organismo consortile.

La nascita del Consorzio Doc Marmertino è in realtà da iscrivere alla fine del 2022. Risale infatti al 15 novembre dello scorso anno la riunione dei produttori in cui è stata avallata la fondazione del Consorzio. L’associazione dei produttori messinesi, nata nel 2019, ha di fatto bruciato le tappe, se si considera il periodo di pandemia che ha rallentato il rilancio della Doc, istituita nel 2004.

«Il Mamertino – spiega la neo presidente del Consorzio, Flora Mondello – è un piccolo gioiello della storia vitivinicola siciliana che, pur venendo da un glorioso passato, vuole interpretare oggi una modernità enologica davvero interessante e competitiva grazie, soprattutto, al coinvolgimento delle nuove generazioni».

Produttori seri che hanno creduto fermamente nel progetto sin dal primo istante, uniti insieme per promuovere il grande patrimonio vitivinicolo e paesaggistico del Mamertino. Una gloriosa terra che ha nella coltivazione della vite il suo cuore produttivo. La costituzione del Consorzio rappresenta quell’ulteriore incentivo di cui avevamo bisogno per far decollare il nostro territorio anche in chiave turistica ed enoturistica».

Le cantine che hanno ad oggi aderito al Consorzio sono Antica Tindari, Barone Ryolo, Cambria Vini, Cantina Vinicola Bongiovanni, Cantine Lipari, Feudo Solaria, Gaglio Vignaioli, Guzman Tenuta Moreri, Paone Vini, Planeta, Principi di Mola, Sapuri Cantina Siciliana, Tenuta Lacco, Vigna Nica e Vasari. Il Cda del Consorzio DOC Mamertino presieduto da Flora Mondello, si compone del vicepresidente Carmelo Grasso (Feudo Solaria), del tesoriere Simone Paone (Mimmo Paone) e dei consiglieri Ylenia Martino (Antica Tindari) e Maria Genovese (Vigna Nica).

LA DOC MAMERTINO

Un areale, quello della Doc Mamertino, che ricade nella parte nord-orientale della provincia di Messina, abbracciando ben 31 comuni. Dalla costa tirrenica, il territorio risale colline, boschi e rilievi per caratterizzare uno degli habitat viticoli più straordinari e ricchi di biodiversità della Sicilia: i Nebrodi. Un territorio unico, aperto sul mare, ma con altitudini che raggiungono anche i 500 metri, in grado di esprimere condizioni pedoclimatiche peculiari.

Il tessuto produttivo è costituito, oggi, dalla presenza di piccole aziende a conduzione familiare, con una media di 3-4 ettari ad azienda, per un’estensione complessiva pari a circa 50 ettari. Presenti poi piccole produzioni di nicchia per un totale di 100 mila bottiglie annue.

Tra le più importanti iniziative che prenderanno il via durante il 2023, quella di promuovere la conoscenza dei vini della denominazione, attribuendo il giusto ruolo al Nocera, tra i vitigni più identitari della Sicilia. Altro elemento essenziale, spiega il Consorzio Doc Mamertino, consisterà nell’organizzazione di iniziative legate «a una moderna e più contemporanea formula di enoturismo e hospitality», così da stimolare «la crescita del settore vitivinicolo con un’offerta esperienziale più ampia, in grado di valorizzare ogni singolo attore del Mamertino Doc». Il primo appuntamento del neonato Consorzio al Vinitaly 2023, in programma dal 2 al 5 aprile nella città scaligera.

CONSORZIO DOC MAMERTINO: I VINI

Le tipologie ammesse dal disciplinare di produzione sono, ad oggi, “Bianco” e “Bianco Riserva”; “Rosso” e “Rosso Riserva”; Calabrese o Nero d’Avola e Calabrese o Nero d’Avola Riserva. Infine Grillo e Inzolia. Il disciplinare regola anche le percentuali varietali minime e massime ammesse per ciascuna tipologia. Per i vini bianchi e “Riserva” della Doc Mamertino sono previsti Grillo, Ansonica e Catarratto / Lucido, a cui possono aggiungersi, in percentuali minime, le altre varietà ammesse alla coltivazione sul territorio siciliano. Nei bianchi la percentuale di questi ultimi non può superare il 20%, nei rossi il 15%.

Per i vini rossi e rossi Riserva le varietà ammesse sono Calabrese o Nero d’Avola e Nocera, oltre a tutte le altre varietà a bacca rossa coltivabili in Sicilia. La differenza tra “Bianco” e “Bianco Riserva” e “Rosso” e “Rosso Riserva” riguarda il periodo di affinamento obbligatorio, prima della commercializzazione. Nei vini rossi con la menzione “Riserva” il periodo di affinamento non può essere inferiore ai due anni dalla vendemmia. Sia per i bianchi che per i rossi è previsto un periodo minimo di 6 mesi di maturazione tra legno e bottiglia.

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Esteri - News & Wine Gli Editoriali news news ed eventi

Вина – тв сериал: in Bulgaria una serie tv sul vino che fa scuola


EDITORIALE –
“Vino” e “destino” si mescolano in un tutt’uno nella serie tv Вина – тв сериал, in onda in Bulgaria a partire da giovedì 5 gennaio 2023. Il regista Victor Bozhinov gioca con il duplice significato della parola bulgara “ВИНА” – per l’appunto “vino“, ma anche “colpevole” – per creare una trama in cui le vicende umane si intrecciano con quelle vinicole,
in una perfetta cuvée. Perché parlarne in Italia? Perché il risultato è molto più di una semplice “serie tv” sul vino. Вина è un vero e proprio faro sul vino della Bulgaria. Un Paese che oggi, con oltre 70 mila ettari vitati e una produzione di circa 180 milioni di bottiglie annue, aspira a un ruolo da protagonista nel settore. In Europa e nel mondo.

Grazie al coinvolgimento diretto di enologi, sommelier, professionisti del settore e alla partnership con la Bulgarian Winemaking & Export Association guidata da Galina Todorova Niforou, Вина – тв сериал è già una case-history per il modo nuovo di raccontare il vino al grande pubblico. Attraverso le vicende di una cantina in crisi di fatturato e motivazioni, gli spettatori apprendono nuove nozioni di enologia, viticoltura e degustazione, travolti dalle vicissitudini professionali ed umane dei protagonisti della serie tv, promossa dalla televisione nazionale bulgara (Bălgarska Nacionalna Televizija BNT).

Secondo un’indagine Fitch Solutions, la Bulgaria offre uno dei mercati delle bevande alcoliche in più rapida crescita nell’Europa centrale e orientale. Le previsioni a medio termine (2021-2025), vedono la spesa per le bevande alcoliche in crescita a valore del 10,2% all’anno. Il consumo di alcolici dovrebbe crescere in media dell’1,6% all’anno, fino al 2025. La crescita del valore, più marcata rispetto a quella del volume, indica che i consumatori bulgari scelgono sempre più spesso bevande alcoliche di qualità superiore. Tra queste, proprio il vino celebrato dalla nuova serie tv, ambientata nella regione vinicola di Melnik.

ВИНА – ТВ СЕРИАЛ NELLA REGIONE VINICOLA DI MELNIK

Gran parte delle scene sono state girate a Villa Melnik (Вила Мелник), cantina di 120 ettari di proprietà di Nikola Zikatanov (nella foto di copertina). All’enologo Momchil Mikov il compito di rendere più realistiche le interpretazioni degli attori, alcuni dei quali sono stati accompagnati in un vero e proprio percorso di apprendimento tra viticoltura, enologia ed analisi di laboratorio. Ben congeniata la trama di Вина – тв сериал. Philip (Vladimir Zombori), residente all’estero, torna nella natia Bulgaria per vendere la cantina del defunto zio, per conto della madre Zoya. Ben presto, tuttavia, rimane affascinato dai vigneti, dal personale e soprattutto dalla bella e ribelle enologa della cantina, Elina (Elena Telbis).

I piani familiari cambiano e, invece di vendere la cantina, Philip decide di rilanciarla sul mercato. Un’impresa assai difficile. L’azienda sprofonda tra i debiti e la scarsa motivazione di gran parte dei lavoratori, ormai convinti che presto dovranno trovare un’altra occupazione. Philip trova un alleato nella sola enologa Elina. Ma suo padre, presidente del Consiglio municipale – Andrey Bonchev (Mikhail Bilalov) – ha altre intenzioni per la cantina. Philip si mette così alla ricerca di abitanti del posto motivati al rilancio dell’attività vinicola, ma ha bisogno di prolungare la sua permanenza in Bulgaria. Il rapporto con la moglie Marta (Kristina Veroslavova), rimasta all’estero da sola, si deteriora così ulteriormente.

Le cose non vanno meglio con Andrey Bonchev, spregiudicato e materialista. Si scopre così che il legame tra le famiglie di Philip ed Elina ha radici profonde e forti. Segreti e sensi di colpa (ecco appunto il secondo significato della parola “Вина”, in bulgaro) si alternano tra un calice di vino e le difficoltà di mantenere in vita il vigneto in inverno, accendendo fiaccole tra i filari. E che cos’è, la vita, se non un percorso a ostacoli tra primavere di speranza, estati che scaldano il cuore, inverni rigidi e bui e autunni in cui tutto finisce, per ricominciare?

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Addio a Luciano Sandrone custode di Cannubi Boschis, culla del Barolo

Langhe e mondo del vino italiano ed internazionale in lutto per la scomparsa di Luciano Sandrone, 76 anni. Un addio che lascia un vuoto incolmabile, perché ad andarsene oggi, giovedì 5 gennaio 2023, è il custode di Cannubi Boschis, «la vigna dove tutto ebbe inizio». La culla del Barolo. Già nel 1977, Cannubi Boschis fu la prima terra che accolse arte e passione di questo monumento del vino italiano.

Nel 1981, Luciano Sandrone incontra a Vinitaly il primo buyer dei suoi vini: un americano, che decide di acquistare tutta la produzione (circa 1.500 bottiglie). È l’inizio del mito. Negli anni Novanta, la figlia Barbara e il fratello Luca accompagnarono Luciano Sandrone nel viaggio esclusivo e in un’interpretazione ancora oggi unica delle Langhe. Tra i progetti più recenti, quello che segna una sorta di passaggio di consegne all’ultima generazione.

Si tratta di “Aleste“, Barolo «espressione di Cannubi Boschis e della famiglia». Un omaggio di Luciano Sandrone alle nuove generazioni, unione dei nomi di battesimo dei nipoti Alessia e Stefano. Un progetto che racchiude la storia, l’esperienza e il futuro. Nella culla del Barolo, dove tutto è iniziato, ed è destinato a proseguire.

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A Brescia Vino In-dipendente 2023, la fiera anti «chimica, tecnologia ed industrializzazione»

Torna in provincia di Brescia Vino In-dipendente, VIII edizione della kermesse dedicata ai «vini naturali di piccoli vignaioli» ideata ed organizzata da Stefano Belli. L’appuntamento è per domenica 15 gennaio 2023 a Calvisano (BS), dalle ore 10.30 alle ore 20.00, nella Sala Polivalente “Beata Cristina” di via San Michele.

«L’evento – spiega Belli a winemag.it – raccoglie piccoli vignaioli che difendono l’integrità del proprio territorio, attraverso una forte etica ambientale, per produrre vino che prevede il minor numero possibile di interventi in vigna ed in cantina, attraverso l’assenza di additivi chimici e di manipolazioni innaturali da parte dell’uomo».

Produrre vino sostenibile – continua l’organizzatore di Vino in-dipendente 2023 – significa agire nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli naturali, limitando l’utilizzo di chimica e tecnologica in genere, dapprima in vigna e successivamente in cantina. Conservando così l’unicità del vino dall’omologazione che chimica, tecnologia ed industrializzazione hanno portato nelle aziende vitivinicole».

Lo scopo dell’evento è quello di «promuovere il lavoro dei vignaioli che quotidianamente faticano a farsi sentire». Nel corso della manifestazioni saranno presenti più di 50 produttori di vino, artigiani del cibo da tutta la penisola ed un ristoratore che preparerà piatti caldi nel corso della manifestazione. L’accesso a Vino In-dipendente 2023 è consentito ai soli maggiorenni in possesso del biglietto d’ingresso (15 euro comprensivo del calice per gli assaggi).


VINO IN-DIPENDENTE 2023

Quando: domenica 15 gennaio 2023
Dove: Calvisano (Brescia), Sala Polivalente “Beata Cristina”, via San Michele
Costo ingresso: 15 euro
Elenco vignaioli Vino In-dipendente 2023
Social: Facebook

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Benvenuto Brunello 2022: punteggi Brunello 2018, Riserva 2017 e Rosso di Montalcino 2020, 2021


Gli assaggi di winemag.it a Benvenuto Brunello 2022, con i punteggi a Brunello di Montalcino 2018, Brunello di Montalcino Riserva 2017 e Rosso di Montalcino della vendemmia 2020 e 2021, raccontano le ultime annate di alcuni dei vini icona del Made in Italy enologico. L’anteprima dell’annata 2018 del Brunello mostra vini di buona prontezza, senza rinunciare alla prospettiva. Un’annata giudicata forse troppo frettolosamente come “minore”, che dovrebbe essere in grado di dare buone soddisfazioni dal punto di vista del medio-lungo affinamento, almeno nella maggior parte degli assaggi.

Annate agli antipodi per caratteristiche come la 2017 e la 2018 – calda e secca la prima, piovosa la seconda – rivelano quanto i produttori di Montalcino abbiano ormai raggiunto un livello qualitativo medio superiore a molte altre regioni vinicole italiane (e internazionali). Giustificando, così, il successo e la tenuta sul mercato delle tre denominazioni toscane, anche in periodi di crisi e di congiunture economiche sfavorevoli.

BENVENUTO BRUNELLO: UN EVENTO INSODDISFACENTE

Ciò che invece è da rivedere, da capo da fondo, è il sistema di accreditamento della stampa all’annuale anteprima denominata “Benvenuto Brunello”, organizzata dal Consorzio di Tutela, presieduto da Fabrizio Bindocci e dal direttore Michele Fontana. A testate libere e indipendenti come winemag.it viene (letteralmente) impedito l’accesso, per lasciare il posto a numerosi “personaggi” e ai loro accompagnatori e accompagnatrici – soliti noti, neppure iscritti all’Ordine dei giornalisti, e il riferimento non è ai cosiddetti (spesso autoproclamatosi) “influencer” o ai blogger – che vengono spacciati per “stampa di settore“.

Quanto sono contenti i produttori di Brunello di questa gestione? A giudicare dai commenti giunti presso la nostra redazione, la formula attuale di Benvenuto Brunello è da rivedere per oltre il 90% delle cantine di Montalcino. C’è una bella differenza, del resto, tra un’anteprima riservata alla stampa di settore e una passerella, tra cui figura qualche giornalista in carne ed ossa.

Tornando al focus principale e scusandoci per una divagazione sul tema per noi più che mai necessaria – divagazione che accomuna, ahinoi, Benvenuto Brunello al sistema di accreditamento delle Anteprime Toscane, altro evento al quale non siamo evidentemente graditi – ecco vini e punteggi di winemag.it ai Brunello di Montalcino 2018, Brunello di Montalcino Riserva 2017 e Rosso di Montalcino della vendemmia 2020 e 2021 ricevuti in redazione.

BRUNELLO DI MONTALCINO 2018: LA DEGUSTAZIONE

 

VINO ANNATA CANTINA % ALCOL
Brunello di Montalcino Docg 2018 Villa I Cipressi 14
Bel granato, naso ampio, caldo, sul frutto rosso croccante e sulle erbe aromatiche, legno molto dosato, elegante speziatura che, con l’ossigenazione, vira sul balsamico. In bocca entra dritto, su note corrispondenti al naso. Tannino piuttosto fitto, in fase di integrazione, come normale. Centro bocca su frutto denso e ritorni di legno, prima di una chiusura asciutta, sapida. Vino che mostra una certa prontezza. 87/100
Brunello di Montalcino Docg “Zebras” 2018 Villa I Cipressi 14
Colore meno intenso del precedente. Naso elegantissimo, su piccoli frutti rossi e netti marcatori floreali (viola su tutti), oltre alla consueta macchia mediterranea. L’ossigenazione lascia spazio a note di cuoio e tabacco, liquirizia. Splendido al palato: la vena salina accoglie in ingresso di bocca e accompagna tutto il sorso. Il tannino è levigato, soffice, elegantissimo e va a braccetto con l’espressione del frutto, succosissimo, pur ancora croccante. 92/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Podere Casisano 14
Granato. Naso prezioso, floreale di viola, leggero accento di caseina sulla leggera speziatura e sulle venature di macchia mediterranea. In bocca premiata la morbidezza e la beva. Chiude asciutto, su ritorni garbati di frutto rosso maturo, stuzzicati da un tannino di buona morbidezza. Componente alcolica in fase di integrazione, respirabile in retro olfattivo.  89/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Bellaria di Bernazzi Gianni 14
Granato intenso, alla vista. Naso che si apre sul selvatico, sempre più integrato con l’ossigenazione. Resta tale la balsamicità e la profondità del naso, su tinte speziate scure che fanno da contraltare al frutto, denso, leggermente pastoso. Vino già piuttosto godibile, anche se il suggerimento è di attendere questo nettare, dal chiaro potenziale. 87/100
Brunello di Montalcino Docg “Assunto” 2018 Bellaria di Bernazzi Gianni 14
Granato intenso. Naso floreale, fruttato intenso, pienamente maturo: nettissima la ciliegia, croccante, succosa. In bocca si conferma un Brunello incentrato sul frutto, sulla sua pienezza. Il tannino, così come l’esuberanza alcolica, devono ancora integrarsi alla perfezione. Meglio attendere il vino: darà soddisfazioni. 89/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Fattoria La Fiorita 15
Granato luminoso. Naso sulla macchia mediterranea, oltre che sul frutto rosso (ciliegia) perfettamente maturo. Nota speziata scura, profonda. Terziari composti, sulla tostatura. In bocca conferma una certa densità, ben controbilanciata dalla vena sapida. Torna sulla ciliegia, così come sull’agrume rosso e sulla spezia per un palato già godibilissimo, che deve assorbire meglio solo l’esuberanza alcolica. Tannino elegante. Vino di sicura prospettiva. 91/100
Brunello di Montalcino Docg “No” 2018 Fattoria La Fiorita 15
Bel granato luminoso. Naso di buona stratificazione. Frutti rossi, floreale di viola, ma anche un ricordo goudron e di tamarindo: note che evidenziano un’inattesa e inaspettata prontezza, evoluzione. In bocca gran bella corrispondenza, con la freschezza che regala una beva sorprendente per la gioventù del nettare. Lungo, sapido, ritorna sul frutto rosso croccante prima della chiusura. Godibilissimo oggi, nel sapiente compromesso tra rusticità e piacevolezza, ma con grande potenziale di affinamento. 93/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 La Gerla di Sergio Rossi 14,5
Bel granato luminoso, alla vista. Gran bella eleganza al naso, spezia scura, macchia mediterranea, tocco di zafferano, frutto croccante. Un naso di gran stratificazione, unico nella batteria. Sorso di gran masticabilità, eleganza, prospettiva. Frutto pieno, polposo, sapidità a fare da spina dorsale, controbilanciando le note dolci, dense, di liquirizia. Tannino soffice, che accompagna il sorso dal centro bocca alla chiusura, asciutta. Beva agilissima, nonostante il vino mostri un potenziale inesauribile. In definitiva, una grandissima prova. 95/100
Brunello di Montalcino Docg “La Pieve” 2018 La Gerla di Sergio Rossi 14,5
Bel naso ampio, di buona stratificazione. Alle note fruttate di ciliegia, arancia rossa, lampone, risponde una bella speziatura. In bocca è teso, elegante, senza rinunciare alla pienezza. Allunga sulla sapidità e gioca su un tannino elegantissimo per garantire, ancora una volta, una beva di prontezza eccezionale. Persistenza da campione. Vino, al contempo, dal grandissimo potenziale di lungo affinamento. Altra prova esemplare.  96/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Ridolfi 14
Granato luminoso. Naso di grande eleganza, sul floreale e sul frutto croccante. Terziari presenti, ma composti. Ancor più marcata la spezia e la vena balsamica, fresca, mentolata. In bocca conferma la grandissima eleganza. In bocca ciliegia, terziari composti. Tannini distesi. Chiusura su frutto pieno e leggera esuberanza alcolica. Vino già molto godibile, ma il consiglio è quello di aspettarlo. 91/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Patrizia Cencioni 14
Granato luminoso. Tanta spezia al naso, ad accompagnare un frutto pienamente maturo. Terziari ben integrati (burro salato, crema). Tannini piuttosto levigati fanno il paio con un’ottima corrispondenza del frutto. Retro olfattivo sul bel gioco tra primari e terziari, col risultato di esaltare la beva. Vino già godibilissimo. 90/100
Brunello di Montalcino Docg “Ofelia” 2018 Patrizia Cencioni 14,5
Granato luminoso. Frutto e macchia mediterranea al naso, premiata così la speziatura, elegantissima. Elegantissimo al palato, giocato in prospettiva pur mostrando già una gran bella beva, con la polpa in grado di riequilibrare in maniera magistrale il tannino, ancora ruggente. Vino che, più di altri, evidenzia la maestria in vigna e in cantina di Patrizia Cencioni. 94/100
BRUNELLO DI MONTALCINO RISERVA 2017: LA DEGUSTAZIONE
VINO ANNATA CANTINA % ALCOL
Brunello di Montalcino Docg Riserva 2017 Ridolfi 14,5
Granato pieno, luminoso. Naso sul frutto, pienamente maturo, succoso. Floreale intenso, di viola. Bella speziatura, elegantissima. Terziari dosatissimi, perfettamente integrati. Al palato una perfetta corrispondenza. Vino di grandissima beva, godibilissima, con ampie prospettive di evoluzione. 95/100
Brunello di Montalcino Docg Riserva “Colombaiolo” 2017 Podere Casisano 14
Granato. Naso elegante, floreale e fruttato: ciliegia, lampone, arancia rossa. Note tostate. L’ossigenazione apre al cuoio, al tabacco dolce, al fumo dolce di pipa. In bocca una perfetta corrispondenza, per una Riserva di Brunello di grande immediatezza e, al contempo, prospettiva. Bel finale asciutto, ottima persistenza. 95/100
Brunello di Montalcino Docg Riserva “123” 2017 Patrizia Cencioni 14,5
Granato mediamente carico. Naso che si apre su un’elegantissima speziatura e sulle aromatiche della macchia mediterranea, che non nascondono comunque il frutto. Al palato una straordinaria prontezza: terziari di cioccolato e cuoio giocano sul frutto rosso (ciliegia) ancora croccante. Lunga persistenza, su tinte balsamiche. 94/100
ROSSO DI MONTALCINO DOCG 2020 E 2021: LA DEGUSTAZIONE
VINO ANNATA CANTINA % ALCOL
Rosso di Montalcino Docg 2020 Fattoria La Fiorita 14
Granato luminoso. Balsamicità e fiore, oltre al frutto e ai richiami alle erbe della macchia mediterranea. In bocca croccante, teso, fresco, lineare. Bel Rosso di Montalcino, tipico e godibile, morbido e gastronomico, con leggera esuberanza alcolica sul resto delle componenti. 89/100
Rosso di Montalcino Docg 2020 Bellaria di Bernazzi Gianni 14
Granato intenso. Speziatura regina all’olfatto, a disegnare un naso profondo, fresco, molto balsamico, quasi denso anche nella componente fruttata. In bocca ben si abbinano la “leggerezza” e la “leggiadria” del frutto, piuttosto concentrato, e i ritorni freschi, mentolati e balsamici anticipati dal naso. Vino piuttosto grasso, pieno, che chiama il piatto e rivela una costruzione enologica che guarda ai mercati internazionali. 88/100
Rosso di Montalcino Docg 2020 Ridolfi 14,5
Color rubino. Naso che abbina profondità di spezia e frutto rosso, unitamente ad eleganti note tostate dolci: ciliegia, fragolina di bosco, lampone, ancora croccanti. In bocca corrispondenza perfetta. Lungo, teso, fresco, leggermente sapido in chiusura: chiama il sorso successivo. Utilizzo del legno magistrale, sottolineato da un retro olfattivo golosissimo. 92/100
Rosso di Montalcino Docg 2021 Podere Casisano 13,5
Rubino. Naso elegante, pieno: frutto maturo, non solo rosso ma anche scuro. Speziatura equilibrata, fresca. In bocca esuberanza alcolica e frutto pienamente maturo disegnano i contorni di un vino incentrato sulla godibilità e sull’immediatezza, pur al cospetto di un tannino e di una componente alcolica futuribile. 90/100
Rosso di Montalcino Docg 2021 La Gerla di Sergio Rossi 14
Granato pieno. Ancora una volta il naso è nel segno della pienezza e della gradevolezza, come in tutti i vini di La Gerla. Lampone, ciliegia. Corrispondenza perfetta naso bocca, croccante, balsamico, speziato, fruttato. Lunghezza da campione per un vino di gran carattere e con potenziale di evoluzione. 93/100

 

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Alta Langa vero fenomeno del metodo classico italiano: 597 ettari entro il 2025


Continua la crescita inarrestabile, ma ragionata, dell’Alta Langa Docg. Nel 2022 le vendite sono quasi raddoppiate. Quello piemontese è il vero fenomeno del metodo classico italiano. Per la precisione, il 2022 si chiude con un +40% sulle vendite rispetto all’anno precedente, che già aveva fatto segnare un +42% rispetto ai valori pre-pandemia. Le cantine socie del Consorzio, con sede ad Asti, salgono a 134 grazie all’ingresso di 18 nuove compagini, tra case produttrici e viticoltori.

La produzione attesa di Alta Langa vendemmia 2022 è di 3 milioni di bottiglie. Un risultato sostanzialmente in linea con quello del 2021, nel quale il leggero calo dovuto alle particolari condizioni climatiche dell’annata è stato mitigato dall’entrata in produzione di nuovi impianti. Il prossimo decennio sarà comunque fondamentale per avere un quadro esaustivo delle reali mire dei produttori di Alta Langa Docg, che annunciano di voler «crescere e affermarsi» ulteriormente. 

Nel 2023 sarà infatti riaperto il bando vigneti che consentirà l’iscrizione di 220 nuovi ettari ad Alta Langa Docg nel prossimo triennio 2023-2025. Il vigneto dell’Alta Langa potrà così passare dagli attuali 377 ettari (175 in provincia di Cuneo, 164 in provincia di Asti e 38 in provincia di Alessandria) ai complessivi 597 ettari. Un provvedimento che viene definito «un forte segnale di fiducia nel futuro della denominazione» da parte del management dell’ente di Tutela, che in passato aveva deciso di bloccare gli impianti.

ALTA LANGA DOCG: CRESCERANNO GLI ETTARI

Nel dicembre 2019, alla luce della situazione di mercato e delle scorte in affinamento presso le cantine delle aziende associate, il Consorzio Alta Langa aveva inviato a Regione Piemonte la proposta di sospensione delle iscrizioni di vigneti della denominazione per il triennio 2020 – 2022. Un’occasione che i produttori non vogliono perdere, invece, a partire dal prossimo anno: la programmazione regionale prevede infatti l’apertura e la chiusura delle iscrizioni ogni tre anni. Nel 2023, sempre in Piemonte, cresceranno anche le superfici destinate alla produzione delle Docg Gavi, Barolo, Barbaresco e Asti.

«La nostra denominazione – commenta la presidente del Consorzio Mariacristina Castelletta – è unica e speciale, fatta da persone ambiziose, agricoltori e produttori di bollicine uniti insieme da una visione lungimirante e da un grande orgoglio piemontese. Abbiamo fatto tanta strada in questi ultimi anni. Solo dieci anni fa i produttori erano 12. Anno dopo anno siamo cresciuti in termini di vendita con percentuali a doppia cifra».

«Ora – conclude Castelletta – inizia una nuova sfida: il prossimo triennio sarà determinante per il futuro. L’apertura sostanziale delle superfici ci proietta, entro 10 anni, in una dimensione doppia rispetto all’attuale. Abbiamo davanti un grande futuro e la possibilità di una crescita importante che affronteremo tutti insieme, coesi, mantenendo la vocazione di qualità che questo vino ha nel suo Dna».

Prima dell’Alta Langa 2022, migliori assaggi: il Metodo classico piemontese è al giro di boa

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Cinque domande a Benedetto Renda sul neonato Consorzio Vino Marsala


L’unico quesito rimasto senza risposta? Quello sul numero di bottiglie totali che le 16 cantine aderenti al neonato Consorzio per la Tutela del Vino Marsala sono in grado di produrre. Per il resto, il presidente Benedetto Renda risponde a tutto tondo alle domande di winemag.it sul futuro di uno dei vini icona dell’Italia nel mondo: il Marsala.
Il nettare siciliano è all’ennesimo bivio, in seguito alla nascita del nuovo organismo di tutela.

Una buona notizia quella arrivata sul finire di novembre 2022, a distanza di (ben) 6 anni dalle dimissioni dell’ex presidente Giuseppe Ingargiola, conseguenti alla decisione di Florio (gruppo Duca di Salaparuta) di uscire dall’allora Consorzio. Un organismo «irrazionalmente monco», come lo definì in un celebre intervento Massimo Bellina, export manager delle Cantine Pellegrino, tra l’altro assessore della seconda giunta Lombardo.

«Un Consorzio – aggiungeva Bellina, sempre nel 2016 – che non aveva e mai avrebbe potuto avere la capacità di proteggere la denominazione Marsala e tanto meno tutelarne l’immagine. Non avrebbe potuto porre rimedio agli innumerevoli errori compiuti dagli stessi produttori, nessuno escluso, che nel passato nemmeno tanto lontano hanno inondato il mondo di “Marsala multigusti”, dolci e stucchevoli che se da un lato incontravano l’interesse di molti dall’altro minavano dalla base le velleità di vino blasonato che il Marsala aveva veramente alle sue origini».

Parole che continuano a risuonare a Marsala, in Sicilia e nell’Italia (del vino) intera, appesa alle labbra di un nuovo entourage, quello guidato per l’appunto dal presidente Benedetto Renda (Cantine Pellegrino) e dai vice Roberto Magnisi (Duca di Salaparuta) e Giuseppe Figlioli (Cantina Sociale Birgi) chiamati a cancellare anni di errori, alternati a stagioni di inspiegabile immobilismo. Un solo squillo, per la verità, tra il 2016 e il 2022: l’appello, nel 2019, del presidente della Strada del Vino Marsala, Salvatore Lombardo, per la rinascita del Consorzio e la “pace” tra i produttori locali.

A sessant’anni dalla fondazione, avvenuta il 27 dicembre 1962, il Consorzio per la Tutela del Vino Marsala ha così la grande occasione di cominciare da capo. La nuova assemblea si è riunita per l’esattezza l’11 novembre 2022, in concomitanza con la chiusura dell’annata agraria 2022. Piena l’adesione delle cantine Pellegrino, Florio (Duca di Salaparuta), Lombardo, Intorcia, Curatolo Arini, Fici, Alagna Giuseppe, Martinez, Vinci, Frazzitta, Birgi, Paolini, Casale, Colomba Bianca, Europa e Petrosino.

Presidente Benedetto Renda, nel futuro del Consorzio Marsala c’è la semplificazione (ovvero riduzione del numero) delle tipologie?

Il Consorzio creerà una commissione tecnica per la semplificazione ed evoluzione del disciplinare e certamente la riduzione del numero di tipologie è una delle ipotesi sul tavolo. Nel tempo le tipologie previste dal disciplinare sono cresciute nel numero, includendo anche varianti che presentano un notevole grado di similarità. Questa stratificazione rende più complesso il racconto del Marsala e, anche per questo, uno dei primi obiettivi della commissione sarà proprio quello di snellire e semplificare.

Quali saranno i cardini della comunicazione del Marsala a livello nazionale e internazionale?

È presto per parlare di comunicazione, che non potrà prescindere da un momento di ascolto a 360° del mercato. Credo però che partiremo da un maggiore impegno nel racconto del territorio, ancora poco valorizzato nello storytelling del Marsala. Obiettivo condiviso da tutti gli attori del Consorzio è parlare dei vini Marsala Doc con un lessico più contemporaneo, agganciando anche fasce di consumatori più giovani.

Si sta pensando a un ruolo per il “vino Perpetuo” all’interno della Doc Marsala o della Doc Sicilia?

Per il momento il focus sarà proiettato sulla Doc Marsala. C’è tanto da lavorare per raggiungere obiettivi qualitativi e ridefinire bene i confini in cui operare per valorizzare la Doc.

Come commenta i prezzi di vendita del Marsala nella Grande distribuzione?

Nella grande distribuzione si concentra il Marsala con minore invecchiamento. Negli anni c’è stata poca attenzione al prezzo di vendita. Il Consorzio intende dare maggiore impulso all’attività di controllo e indirizzo.

L’erga omnes figura tra gli obiettivi dichiarati del nuovo corso. Può entrare nel dettaglio?

Il riconoscimento dell’erga omnes, che riteniamo di poter raggiungere a breve, potrebbe creare un circolo virtuoso tra maggiore rappresentatività e capacità di raccogliere fondi. Sono entrambi elementi importanti affinché il Consorzio possa essere sempre più incisivo nella valorizzazione e promozione del Marsala.

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Guerra listini tra Gdo e cantine italiane, Federvini: «No a moratoria prezzi al supermercato»

È guerra dei listini tra Gdo e cantine italiane che operano nella grande distribuzione. Federvini giudica «insostenibile» la richiesta di una moratoria sui prezzi avanzata da diversi gruppi e insegne del retail. A valle della filiera, la grande distribuzione resiste infatti a ogni ritocco di listino. Sino alla proposta di congelare i ritocchi, almeno per i prossimi 4, 6 mesi.

«Considerando che già nel 2022 le aziende del vino hanno assorbito gran parte dei forti aumenti di energia e materia prime – evidenzia Federvini in una nota – continuare così significa perdere marginalità e redditività». Peraltro, ricordano i produttori, «il nuovo anno si aprirà con un nuovo aumento dei prezzi del vetro e i continui aumenti dei costi delle materie prime, a partire dall’energia, rischiano di rabbuiare il 2023, già a rischio recessione». L’aumento stimato per la sola componente vetro (bottiglie) sarà di circa il 20%, in aggiunta al surplus (48%) già riscontrato nel 2022 rispetto all’anno precedente.

«L’intero settore è in profonda sofferenza – evidenzia Federvini – e rifiutare oggi gli adeguamenti dei prezzi, già programmati, significa mettere a rischio la tenuta dell’intera filiera vitivinicola a monte della distribuzione». Un timore che Federvini condivide con Unione Italiana Vini (Uiv). Secondo le due compagini è «necessario avviare un dialogo schietto e fattivo lungo tutta la filiera, perché serve condivisione e la collaborazione di tutti per affrontare la difficile situazione contingente».

GDO, NO AGLI AUMENTI DEI LISTINI: UNIONE ITALIANA VINI AL FIANCO DI FEDERVINI

In questo modo – dichiara Micaela Pallini, presidente di Federvini – siamo tra l’incudine e il martello. Ci chiedono di accettare aumenti anche del 20%-25%, come quello del vetro, che soprattutto oggi ci sembra ingiustificato visto che i prezzi energetici al momento sembrano sotto controllo.

Però vorrebbero che i nostri prezzi finali rimanessero invariati. È evidente che questa combinazione non può assolutamente funzionare e mette a rischio migliaia di piccole e medie aziende, dopo due anni di bassa redditività e costi crescenti».

Per il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi: «La congiuntura che va sempre più delineandosi minaccia da vicino un settore come il nostro. Siamo a cavallo tra un’escalation dei prezzi alla produzione, un minor potere di acquisto da parte dei consumatori, con storici partner, come la grande distribuzione e l’industria del vetro che mostrano rigidità poco costruttive. Sarebbe invece importante potersi concentrare tutti assieme su possibili soluzioni.

Il mondo del vino chiude il 2022 con più ombre che luci e con un 2023 che potrebbe, nel suo scenario negativo fatto di recessione e guerra, oltremodo peggiorare. Secondo l’elaborazione dei dati Istat da parte delle 2 organizzazioni italiane del settore, nel corso del 2022 il mondo del vino ha registrato aumenti dei listini molto contenuti nella grande distribuzione (non oltre il 6,6% di media). Ritocchi che Federvini e Uiv giudicano «largamente sotto gli attuali livelli di inflazione e molto inferiori rispetto a quasi tutti i comparti dell’agroalimentare del Belpaese».

Un deficit, questo, a cui si aggiunge il contestuale decremento del volume della domanda di vino presso la grande distribuzione nei primi 11 mesi dell’anno (-6%). «In una filiera lunga e complessa come quella vitivinicola – concludono le due realtà associative del mondo vitivinicolo – ogni sua parte ha un ruolo ma anche una responsabilità essenziale per il successo del comparto. Fughe solitarie in avanti, condizioni ultimative, richieste improponibili sono, per Federvini e Uiv, tutti elementi che mettono a rischio il tessuto produttivo italiano e la fiducia dei consumatori».

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Francesco Bennati, il 26enne tra i grandi dell’En Primeur di Bordeaux con Qualità Club Selection


A scuola non è mai stato il primo della classe, anzi. Ai libri universitari ha sempre preferito la pratica. Eppure oggi, ad appena 26 anni, Francesco Bennati è tra il pugno di négociant internazionali invitati all’En Primeur di Bordeaux, in qualità di anima e volto giovane e dinamico della distribuzione Qualità Club Selection di Illasi, poco fuori Verona. Una sedia lo attende ogni primavera, al suono della campanella delle nuove annate dei Grand Cru bordolesi. Un circolo di privilegiati a cui è affidato il 25% del valore complessivo dei vini di Bordeaux, costituito da appena il 4% della produzione totale annua (attorno ai 500 milioni di bottiglie). L’eccellenza assoluta.

Pensare che Francesco Bennati, a Bordeaux, ci è finito per la prima volta «in punizione». La Semaine des Primeurs, ovvero la settimana di degustazioni in cui i commercianti accreditati alla Place de Bordeaux assaggiano e valutano i campioni di botte dei migliori châteaux locali – almeno 18 mesi prima che vengano immessi in commercio – era finita da un pezzo. «Lo ho mandato a Bordeaux a vendemmiare», racconta con orgoglio il padre, Carlo Bennati: «La scuola non sembrava fatta per lui e, da buon adolescente ribelle, non aveva alcun interesse a lavorare con me, in azienda».

UNA FAMIGLIA DI PREDESTINATI

Una scelta quanto mai azzeccata. Francesco Bennati si è fatto apprezzare in vigna, tanto da essere invitato a prendere parte alle vinificazioni dello châteaux di Pomerol in cui era stato “spedito” dal padre. La prima chiamata alla prestigiosa En Primeur di Bordeaux è arrivata nel 2019, grazie a un passaparola tra vigneron e négociant che, da un lato, si deve ai meriti del giovane veronese, sin da giovanissimo «col naso nel calice». E, dall’altro, al “buon sangue” di una famiglia che, già col padre Carlo, aveva dato prove di grandi abilità e affidabilità nella commercializzazione dei migliori vini di Bordeaux in Italia.

Le storie di padre e figlio, Carlo e Francesco Bennati, sembrano incrociarsi e abbottonarsi, di anno in anno, con precisione sartoriale. Delineando i contorni di un futuro luminoso in comune. Da predestinati. Carlo Bennati, 63 anni portati con eleganza e leggerezza, ha iniziato la sua carriera in Qualità Club Selection come magazziniere. «Mi pagavo gli studi», spiega da quello che è divenuto negli anni il quartier generale della distribuzione, in Località Campidello, 5. Una bella proprietà che comprende uffici, sala degustazione e shop, oltre a un palazzo d’epoca e l’ampio magazzino. Il tutto circondato dai terreni e dai vigneti, a cavallo tra Soave e Valpolicella.

NEL 2022 ANNIVERSARIO DEI 40 ANNI DI QUALITÀ CLUB SELECTION


Oggi Carlo Bennati è amministratore delegato e socio di minoranza di Qualità Club Selection, realtà che nel 2022 festeggia l’anniversario dei 40 anni dalla fondazione. Al produttore altoatesino Klaus Lentsch la presidenza e il compito di portare avanti il progetto avviato nel 1982 dal produttore di Lambrusco Grasparossa Massimo Gibellini (Tenuta Pederzana), coordinatore commerciale per conto del gruppo di aziende artigiane e agricole riuntesi per la distribuzione di vini e specialità gastronomiche, italiane ed internazionali. La presenza di vignaioli nella governance di QCS, di fatto, uno dei tratti distintivi della distribuzione di Illasi.

Negli anni, la Valpolicella di Qualità Club Selection si è “gemellata” con Bordeaux, zona vinicola ormai “chiavi in mano” per Francesco Bennati. Il Soave ha poi incontrato i bianchi dell’Alto Adige, della Mosella, dell’Alsazia e del Burgenland, oltre allo Champagne, importato regolarmente dagli anni Novanta. La salumeria spagnola ed il pescato del Cantabrico hanno fatto eco ai prosciutti di Parma e alle Trote trentine. Il Riso veronese ha chiamato a Illasi la pasta di Gragnano. «Evitiamo per policy aziendale la Gdo e le vendite online – spiegano padre e figlio – mantenendo tuttavia una particolare attenzione all’evoluzione multicanale, in continuo sviluppo».

IL CATALOGO QUALITÀ CLUB SELECTION

Una settantina le cantine presenti nel catalogo di Qualità Club Selection. Circa trenta le aziende che si occupano di food. Focus enologico molto profondo su Bordeaux, che conta il maggior numero di rappresentanti tra le regioni vinicole straniere: Famiglia Thienpont (Pomerol, Saint Emilion, Cotes De Bordeaux-Francs, Lalande De Pomarol), Famiglia Delon (Mèdoc), Lafite Rotschild (Sauternes). E ancora: Chateau Le Grand Verdus (Bordeaux Superior), Pape Clement (Pessac Léognan), Chateau Pontet Canet (Pauillac), Chateau Figeac (Saint Emilion), La Gaffeliere (Saint Emilion), Chateau Montrose (Saint Estèphe) e Chateau Siran (Margaux).

Una scelta dettata dal fatto che la famiglia Bennati considera «il mercato dei vini di Bordeaux “protetto” da speculazioni che invece stanno investendo la Champagne», comunque rappresentata nel catalogo da Bauget-Jouette (Vallée De La Marne), Gaspard Crepaux (Cotê De Blanc), Lucien Lemaire (Vallée De La Marne), Roger Brun (Vallée De La Marne), Massin (Aube) e Jeeper (Montagne De Reims). Merito di questa «protezione» è proprio «il sistema dell’En Primeur di Bordeaux, che consente l’accesso al top di gamma ai soli négociant, secondo criteri di merito basati su vendite e posizionamento delle etichette nel proprio mercato di riferimento». Terzo gradino del podio per la Borgogna, con Maldant Pouvelot (Chorey Les Beaune) e Domaine Massin (Chablis).

Rappresentate poi Alsazia, Limoux e Provenza per la Francia, oltre a Mosella per la Germania, Weinviertel e Burgenland per l’Austria. Per l’Italia, ben dipinta da nord a sud, parecchio spazio al Veneto. Si spazia dalla Valpolicella de Le Guaite di Noemi agli straordinari Metodo classico di Zamuner, senza dimenticare il Prosecco di Adami (tra i fondatori della distribuzione) e i Soave e Lessini Durello di Sandro De Bruno. Passando per la buona rappresentanza di BaroloLangheRoero (Cravanzola, Ronchi, Alessandro Rivetto e Rocche Costamagna), si tocca Montalcino (con Il Poggiolo). E si arriva, tra gli altri, sino in Sicilia, rappresentata dai Mamertino di Vigna Nica.

ALLA SCOPERTA DELLA SELEZIONE

C’è il rischio di perdere la bussola tra le “chicche” del catalogo Wine & Food di Qualità Club Selection, accomunate dal fil rouge dell’eccellente rapporto qualità prezzo. Ecco allora alcune dritte tra vini e specialità gastronomiche italiane ed internazionali, degustate a Illasi in compagnia di Carlo e Francesco Bennati. Tra i vini da non perdere, il Trento Doc Brut Nature di Cenci, cantina fondata nel 2018 dai coniugi Valentino e Silvia Cenci, nella Bassa Valsugana. Gran equilibrio e prospettiva per il Lessini Durello Doc Dosaggio Zero 36 mesi di Sandro De Bruno. Emozione pura lo Champagne Brut Grand Cru Aÿ 2014Cuvée Des Sires” di Roger Brun (70% Pinot Noir, 30% Chardonnay), muscolare e assieme cremoso, dotato di grandissimo nerbo e al contempo eleganza, nel segno del Pinot Nero di Aÿ.

Warning: Not to drink in actress’s boots” e “Best before: your funerals“, recita la provocatoria (ma realistica) retro etichetta che, così come il vino, rappresenta alla perfezione la personalità del produttore, fanatico di rugby. Una passione palesata dall’utilizzo di una palla “ovale” per il merchandising della Roger Brun. Tra i modelli di questa etichetta, niente di meno che la “Grande Année” di Bollinger (alla circa la metà del prezzo, ma non ditelo troppo in giro).

Grande responsabilità quella di Klaus Lentsch, dal 2013 presidente di Qualità Club Selection. Le sue etichette riflettono appieno la mission della distribuzione, oltre ad essere specchi fedeli del territorio altoatesino, tra Valle Isarco, Oltradige e Bassa Atesina. Weissberg” è il vino nato da un’intuizione: quella di vinificare a parte una parcella della propria vigna di Pinot Bianco, ai piedi delle montagne della Mendola, con piante di 45 anni di età media. Ecco dunque un Pinot Blanc di estrema eleganza e dal carattere forte, ammorbidito dal tonneau di secondo passaggio. Sorso cremoso in ingresso, assoluta tensione e tocco salino in chiusura: vino già godibile, con ottimo potenziale di lungo affinamento. Guarda alla Borgogna, o meglio a Volnay, il Sudtirol Blauburgunder Doc Pinot NeroBachgart“, vero e proprio capolavoro di Klaus Lentsch.

Tornando ai bianchi, vista la straordinaria forma del Cotes De Bordeaux-Francs 2008 di Chateau les Charmes Godard, il consiglio è di fare scorta (a cartoni) del millesimo 2018, oggi in commercio (63% Sémillon, 21% Sauvignon Blanc, 16% Sauvignon Gris). Qualità Club Selection non cade neppure sul capitolo Riesling. Due i vini degustati, entrambi specchi fedeli del rispettivo terroir: Bender per la Mosella (Germania), con “Zenit Paulessen” 2018; Spannagel per l’Alsazia (Francia) con Wineck-Schlossberg Alsace Grand Cru 2016. Entrambi giovanissimi, con il secondo (il più “anziano”) che sembra tuttavia avere una marcia in più.

Molto giovane ma di grandissima prospettiva anche il Barbaresco Docg 2018 dell’Azienda agricola Ronchi di Giancarlo Rocca. Straordinario il “coniglio” estratto dal cappello da Francesco Bennati: il Margaux Grand Cru Classé di Château Malescot Saint-Exupéry 1978 (49% Cabernet Sauvignon, 38% Merlot, 8% Cabernet Franc e 5% Petit Verdot) chiarisce il senso delle En Primeur di Bordeaux. Frutti rossi avvolti in un’elegantissima speziatura dominano un sorso che sembra non voler cedere affatto alla morsa del tempo e dei terziari. Accenni leggerissimi di sottobosco (fungo) tradiscono solo in parte, dopo diversi minuti di ossigenazione, l’età di un nettare che pare immortale, anche nel colore.

SPAZIO ANCHE ALLE ECCELLENZE DEL FOOD

Verso la chiusura del sipario, niente di meglio del Sauternes  2010 Les Carmes De Rieussec di Château Rieussec, con le sue note iodiche e di zafferano a fare il paio con il foie gras di Ambassade Du Terroir, azienda situata fra il Perigord e il Quercy. Per la texture del Turron de Jijona, torrone tipico della zona di Alicante, in Spagna, tanto morbido quanto saporito, risulta invece perfetto il pairing con un distillato. Carlo Bennati fa letteralmente centro con il Dol Gin della Distilleria Zu Plun, il Gin delle Dolomiti firmato dal mastro distillatore Florian Rabanser, a Castelrotto (BZ).

Foie gras e torrone di Alicante sono solo due delle “chicche” del Food presenti nel catalogo di Qualità Club Selection. Continuando ad addentrarsi nel territorio dei dolci, da segnalare anche la maniacale cura del cioccolato Bonnat: una lunga storia d’amore, iniziata nel 1884 con il fondatore Felix Bonnat, oggi rappresentata dallo “scienziato del cioccolato” Stéphane Bonnat.

Procedendo a ritroso, ottima la selezione di salumi con l’accoppiata Salame di Felino Igp e Coppa della Bassa di Salumi Di Parma, impreziosita dalla Cecina De León Igp (fesa di manzo) di Specialità Spagnole. Variegata anche la disponibilità di pesce pregiato. All’italianissima trota salmonata affumicata e al salmerino marinato in bocconcini del brand trentino “Trota Oro” (Famiglia Leonardi), risponde dall’Alaska il carico da novanta del Salmone Selvaggio Sockeye affumicato de I Salmoni Di Valentino (Valentino Ramelli).

Completando il viaggio a ritroso nella Dispensa di Qualità Club Selection, ecco il Riso Nero Aromatico di Pila Vecia (Isola Della Scala, Verona), il più antico impianto di pilatura del riso funzionante in Italia. Perfetta per la preparazione degli antipasti la Maionese Veg con Paccasassi dell’azienda marchigiana Rinci, matrimonio perfetto con le Acciughe Del Mar Cantabrico di Costera, importate dalla distribuzione di Illasi sin dagli anni Novanta, quando non erano ancora “di moda”.

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Vini in promozione al supermercato a Natale 2022: la lista della spesa di Vinialsuper

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Gli Editoriali news news ed eventi

Così il Consorzio Vitires farà la storia dei vitigni resistenti Piwi italiani


EDITORIALE – Vitires è il nome del «programma di miglioramento genetico» per la costituzione di «nuove varietà emiliano-romagnole resistenti ai patogeni fungini». Un progetto sui vitigni resistenti Piwi italiani che vede l’impegno comune di Cantine Riunite & Civ, Cantina Sociale di San Martino in Rio, Caviro, Terre Cevico e del Centro di ricerche Ri.Nova, riunitesi nell’omonimo Consorzio Vitires.

Un’unione che rappresenta il 70% delle uve prodotte in Emilia-Romagna, l’11% a livello nazionale secondo i dati vendemmiali 2022. Oscilla tra i 2 e i 3 ettari vitati la porzione di terreno impiantata con le nuove varietà, in questa prima fase sperimentale. La portata del progetto è storica e si muove nel solco delle indicazioni dettate più volte dal professor Attilio Scienza – a capo del Comitato nazionale Vini Dop e Igp – per lo sviluppo di Piwi (acronimo di PilzWiderstandsfähige) da varietà italiane.

Tra i punti deboli delle prime sperimentazioni operate su suolo italiano con i vitigni resistenti alle malattie fungine, c’è infatti il ricorso a varietà non solo sostanzialmente sconosciute, ma ottenute da incroci di vitigni non autoctoni italiani. Sauvignon Blanc, Riesling, Cabernet Sauvignon, St. Laurent sono solo alcune delle varietà di vite utilizzate per i crossing diffusi anche nel Bel paese e sviluppati principalmente in Germania, dall’Istituto vinicolo di Friburgo.

VITIRES E LE PRIME VARIETÀ PIWI DA VITIGNI ITALIANI

Vitires mira a cambiare le regole del gioco, in maniera drastica per l’Italia. Le nuove varietà resistenti ai patogeni fungini su cui sta lavorando il Centro di ricerche Ri.Nova saranno frutto di sperimentazioni su 16 varietà, tutte presenti sul territorio emiliano-romagnolo. Si tratta di Trebbiano Romagnolo, Sangiovese, Albana, Grechetto gentile, Lambrusco Sorbara, Lambrusco Grasparossa, Ancellotta, Lambrusco Salamino. E ancora: Bombino Bianco / Mostosa (noto anche come Pagadebit), Terrano / Cagnina (noto anche come Refosco d’Istria / Terrano del Carso), Famoso, Trebbiano Modenese, Lambrusco Maestri, Lambrusco Oliva, Malvasia di Candia Aromatica e Lambrusco Marani.

Piwi: nasce VITIRES, Consorzio per lo sviluppo dei vitigni resistenti dell’Emilia-Romagna

CRESCE LA DOMANDA DI PIWI DEI PRODUTTORI

«Negli ultimi anni – spiega a winemag.it Ri.Nova – il crescente interesse dei produttori emiliano-romagnoli soci del nostro centro di ricerca si è mosso verso un approccio sempre più sostenibile, in tutte le sue declinazioni. Ciò ha portato a investire, con un notevole impegno economico, in numerose attività di ricerca volte a ridurre l’impatto della viticoltura sull’ambiente. Garantendo, al contempo, un’adeguata redditività ai produttori».

Sono al momento attivi a livello regionale, con baricentro nei terreni del Polo di Tebano (centro d’innovazione, formazione e valorizzazione in agricoltura che si trova a Faenza, ndr), importanti progetti di ricerca che riguardano tematiche di interesse strategico per il sistema produttivo regionale.

Tra tutti le attività di miglioramento genetico, il programma VITIRES, volto all’ottenimento di vitigni resistenti partendo da 16 vitigni della tradizione regionale, destinato ad orientare le scelte della vitivinicoltura regionale dei prossimi anni».

VITIRES, IL PLAUSO DEL PROF ATTILIO SCIENZA

I primi incroci sono stati realizzati nel 2017. A partire dal 2021 sono stati impiantati 514 genotipi diversi (circa 6 mila piante) che, già da quest’anno (2022), sono stati oggetto di valutazioni sia dal punto di vista agronomico, sia sul fronte enologico.

Obiettivo? Ottenere, appunto, le prime varietà resistenti Piwi ad uso dei produttori regionali, dal 2026. A partire dal 2025 saranno impiantati almeno 600 genotipi diversi (circa 7 mila piante) che, dopo ulteriori analisi agronomiche ed enologiche, daranno vita a nuove varietà resistenti da mettere a disposizione dei produttori nel 2030.

Nel frattempo, il futuro dei Piwi – italiani e non solo – passa dal loro inserimento nei disciplinari di produzione dei vini Igt e Dop. Una possibilità già avallata dall’Ue, responsabilità nazionale dei Consorzi di tutela e dei loro soci. Richieste che il Comitato nazionale presieduto dal prof Attilio Scienza sembra non vedere l’ora di ricevere.

«La notizia della nascita del Consorzio Vitires – commenta a winemag.it il prof Scienza – è davvero buona. Spero che sia da esempio ad altre Regioni recalcitranti, che rappresenti uno stimolo a creare altri vitigni resistenti a partire dai vitigni autoctoni italiani. E che si possa superare in Italia, unico Paese della Ce, il divieto del loro utilizzo per la produzione dei vini Doc».

Moio e Scienza: «Futuro Piwi nelle Dop Ue passa da ricerca, terroir ed enologia leggera»

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Esteri - News & Wine

Annata 2022 Icewine tedeschi: anche i Piwi tra le (poche) uve dei vini di ghiaccio

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Annata 2022 degli icewine tedeschi in chiaroscuro. La novità rappresentata dall’utilizzo sempre più cospicuo di varietà Piwi come Souvignier Gris, Cabernet Blanc e (per la prima volta) Johanniter, fa i conti con la sostanziale crisi della produzione, in diverse regioni vinicole della Germania. Toccherà alle varietà resistenti alle malattie fungine invertire questo trend, in futuro? Nel frattempo, emerge tra luci e ombre il quadro generale dei vini di ghiaccio tedeschi.

AHR

Tra chi sta portando a termine la vendemmia 2022, non mancano le buone notizie. La scorsa notte, a -8 gradi, il team guidato dall’enologo Peter Kriechel, titolare dell’omonima cantina di Walporzheimer, nell’Ahr, ha raccolto l’uva ghiacciata nel vigneto di Bachemer Wingert. «La sensazione è fantastica – commenta il vulcanico Kriechel -. Finalmente, quest’anno, dopo più di 20 anni, abbiamo avuto le condizioni per raccogliere l’uva per il nostro icewine. Siamo molto contenti».

FRANKEN/FRANCONIA

Scendono a -11 i gradi in Franconia. Christian Reiss , dalla sua Würzburg, spera di ottenere 80 litri di icewine, che sarà disponibile da aprile o maggio. Secondo l’enologo, le uve Silvaner avevano un valore elevato di 205 gradi Oechsle, unità di misura della densità del mosto. Il valore minimo per gli icewine è di 110 – 128 gradi Oechsle, a seconda della zona di coltivazione.

Anche l’azienda vinicola Göbel di Randersacker, che ha potuto raccogliere le uve di Pinot nero congelate, si è detta soddisfatta dell’annata 2022. Eppure, secondo l’Associazione dei viticoltori di Franken, quest’anno in Franconia solo pochi viticoltori hanno lasciato in pianta le uve per i “vini di ghiaccio”.

HESSISCHE BERGSTRASSE

Nella regione vinicola tedesca Hessische Bergstraße, l’aria fredda dell’Odenwald penetra tra i vigneti pianeggianti dell’Heppenheimer Stemmler e assicura temperature gelide a dicembre. A -10 gradi, i viticoltori della Bergstraße hanno raccolto le uve della varietà Piwi Souvignier Gris, il 13 dicembre. Le prime misurazioni hanno mostrato un peso del mosto di 179 °Oechsle.

NAHE

I produttori di vino della regione vitivinicola di Nahe non hanno registrato alcun vigneto per la produzione di icewine in occasione dell’annata 2022. In Germania, questa è una condizione preliminare per poter produrre vino di ghiaccio, normata a livello di legge.

PFALZ

«Dopo una vendemmia 2022 generalmente anticipata – conferma l’Associazione degli agricoltori e dei viticoltori della Renania-Palatinato meridionale – solo poche aziende sono interessate a procedere alla raccolta delle uve per i vini di ghiaccio». Quest’anno gli icewine del Rheinhessen saranno un prodotto ancora più esclusivo. Secondo la Camera dell’Agricoltura, solo 35 aziende della Renania-Palatinato (RLP) hanno registrato porzioni di vigna per la produzione del vino di ghiaccio, su un totale di 152 viticoltori.

RHEINHESSEN

Nella più grande regione vinicola della Germania, solo dieci viticoltori del Reno-Hessen hanno registrato vigneti per la raccolta 2022 degli icewine. La vendemmia è iniziata comunque il 13 dicembre e si protrarrà nei prossimi giorni della settimana, grazie alle temperature ideali.

SACHSEN E SAALE-UNSTRUT

A sorpresa e con largo anticipo, numerosi viticoltori delle due regioni vitivinicole nord-orientali di Saale-Unstrut e della Sassonia sono riusciti a coronare l’annata 2022 con una “vendemmia di ghiaccio” di successo, nella notte del 20 novembre. Temperature tra i -7 e i – 9 gradi Celsius: le condizioni erano perfette per gli icewine. Lo spettro varietale delle uve raccolte va dal Riesling e dal Traminer al Cabernet Blanc e al Blauer Zweigelt.

WUERTTEMBERG

Nel Württemberg, il team di Fellbacher Weingärtner eG si è recato in vigna nelle prime ore del 12 dicembre per raccogliere per la terza volta consecutiva gli acini per la specialità dolce. Le uve di Pinot nero erano perfettamente sane e congelate. Secondo Thomas Seibold, Ceo di Weingärtner eG, «pendevano più vitali che mai sulla vite» e hanno portato sulla bilancia un peso del mosto di 179 gradi Oechsle. In totale, si prevede che Fellbacher sarà in grado di produrre quasi mille bottiglie di vino di ghiaccio.

Nella Remstal, le uve Lemberger e Riesling ghiacciate sono state raccolte nella cantina Beurer di Kernen-Stetten, mentre le uve Kerner sono state raccolte nella cantina di Jürgen Ellwanger: «Circa 150 litri di Kerner Eiswein con 180 gradi Oechsle provengono dal freddo Winterbacher Hungerberg», riassume Felix Ellwanger.

Achim Stilz della Weingut im Hagenbüchle di Weinstadt-Schnait riferisce che le uve del vitigno Johanniter, altra varietà Piwi interessata alla produzione di icewine, hanno registrato 144 gradi sulla scala Oechsle. «Potrebbe essere il primo icewine prodotto con uve Johanniter», afferma Achim Stilz. Anche Sven Ellwanger della Großheppacher Weingut Bernhard Ellwanger riferisce di «uve molto sane, con Syrah a Großheppach e Cabernet Cubin (Incrocio Blaufränkisch × Cabernet Sauvignon) a Geradstetten ormai pronte per la raccolta 2022».

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«Recantina può diventare vitigno principe del Montello». Parola di Graziana Grassini


«La Recantina può diventare il vitigno principe del Montello». Parola di Graziana Grassini, enologa di fama internazionale, sbarcata nel 2020 in provincia di Treviso con un obiettivo preciso: «Far parlare all’Asolo Prosecco Superiore e ai vini rossi del Montello la lingua del mondo». Nell’intervista esclusiva rilasciata a winemag.it, la winemaker toscana discepola di Giacomo Tachis tratteggia le caratteristiche del vitigno e dei vini che è in grado di produrre.

Il vitigno Recantina ha «impressionato» Grassini, tanto da arrivare a definirlo «una garanzia di qualità e di risultato, dalla grande capacità di sfidare il tempo». Tra le tecniche scelte per la vinificazione della Recantina, incuriosisce quella dell’anfora. Un contenitore che, secondo Graziana Grassini, consente di valorizzare il «profilo identitario del vitigno e del territorio da cui proviene».

  • Quando ha iniziato a lavorare sulla Recantina?

Nel 2020. È uno dei primi ricordi che ho del Montello. Ero appena arrivata da Giusti Wine, erano i primissimi giorni di settembre ed aveva preso da poco avvio la vendemmia delle uve bianche destinate alle basi spumante. Nelle settimane successive, ho potuto, così, seguire la maturazione e la vendemmia di quasi tutte le uve prodotte in azienda, in modo particolare, delle uve rosse, tra cui, appunto, la Recantina. Era la prima volta che toccavo con mano l’omonimo vitigno, come del resto anche il territorio del Montello.

È stata un’esperienza molto significativa e coinvolgente e, per molti aspetti, davvero sorprendente. Per stabilire il momento della vendemmia mi baso normalmente sull’osservazione delle uve in campo e sulla degustazione, per capire il loro stato di maturazione ed il relativo livello qualitativo, sia dal punto di vista compositivo, sia organolettico. La Recantina mi ha impressionato soprattutto per la buccia, dal colore violaceo molto intenso, molto ricca di polifenoli e decisamente interessante per i profumi. Non solo, anche al sapore mi ha colpita per l’acidità sostenuta, la ricchezza estrattiva e per l’aroma di bocca, particolarmente fruttato.

  • Quel è la sua impressione generale sul vitigno e sui vini che può regalare?

È sicuramente un vitigno molto interessante: come tutti i vitigni risente delle condizioni climatiche dell’annata, ma le sue caratteristiche distintive, quali intensità di colore, eleganza, freschezza, struttura tannica di un certo spessore, sono costanti e sempre preziose. Si potrebbe definire una garanzia di qualità e di risultato.

  • Qual è il potenziale dei vini ottenuti da Recantina?

Anche se la mia esperienza con la Recantina è frutto di tre vendemmie soltanto, ed è, perciò, basata sull’esperienza più che sui risultati di studi specifici, ritengo di poter affermare con una certa sicurezza che la Recantina, per caratteristiche organolettiche, stabilità del colore e del profumo, acidità e qualità del tannino, fa intuire di avere una grande capacità di sfidare il tempo. Per cui, con ogni probabilità, il potenziale dei vini ottenuti da Recantina sarà la loro longevità.

  • Quale può essere il ruolo della Recantina nel panorama dei vini del Montello?

Il vitigno Recantina è un vero autoctono, unico per le singolari e notevoli caratteristiche compositive ed organolettiche dell’uva che produce. Confido che, se adeguatamente valorizzato, assumerà presto la veste del vitigno “principe” del Montello.

  • Da Giusti Wine ha deciso di vinificare la Recantina in anfora: perché?

Ritengo che l’anfora di terracotta sia il vaso vinario d’eccellenza per la trasformazione dell’uva in vino, in quanto i diversi eventi biochimici avvengono nel rispetto della naturalità, in un ambiente naturale e traspirante. La terracotta non modifica l’aspetto organolettico del vino. A partire dalla pigiatura dell’uva, per tutta la durata della fermentazione alcolica del mosto e nel corso dell’affinamento, l’impiego dell’anfora permette di micro-ossigenare il vino naturalmente, senza l’intervento dell’uomo.

Nella fase successiva di conservazione del vino, le pareti di terracotta diffondono nella fase liquida polifenoli e aromi dalle bucce, polifenoli dai semi, polisaccaridi dalle bucce, mannoproteine dai lieviti. Tutto avviene con dolcezza e lentamente, e il vino vinificato in anfora mantiene il profilo identitario del vitigno e del territorio da cui proviene.

  • In particolare, quali anfore ha scelto per la Recantina?

Le anfore utilizzate nella cantina di Giusti Wine per la Recantina sono prodotte da Manetti Gusmano & Figli di Impruneta, un’impresa che ha una tradizione alle spalle nella produzione della terracotta, ma anche del famoso cotto fiorentino. La particolarità di queste anfore è rappresentata dall’unicità dell’argilla: la presenza di Galestro conferisce alla terracotta speciali caratteristiche cromatiche e di resistenza al freddo. Fra i componenti naturali che compongono questi recipienti in terracotta, i sali e i carbonati di calcio danno al prodotto caratteristiche di permeabilità e porosità particolarmente importanti.

Vengono realizzate da artigiani esperti utilizzando la tecnica antichissima del “Lavoro Fondato o Colombino” con la quale l’artigiano realizza un susseguirsi di “posteggiature”: ogni giorno o a giorni alterni l’artigiano, girando intorno al manufatto, aggiunge circa 5 centimetri di argilla. La densità della terracotta è tale da consentire al vino, senza l’ausilio di vernici o cera d’api, di evolvere nel modo migliore, permettendo una leggera micro-ossigenazione.

  • Quando sarà sul mercato la Recantina in anfora di Giusti?

La produzione 2021 è rimasta in anfora complessivamente per un anno. È stata a contatto delle bucce per sei mesi. Dopo la svinatura, avvenuta in aprile, ha proseguito la maturazione nella stessa anfora per altri 6 mesi. Ora sta facendo il passaggio in bottiglia, dove deve fare l’affinamento di circa un anno prima che le bottiglie siano immesse sul mercato.

  • Quali sono le sue impressioni generali sui vini del Montello?

Sono molto grata a Ermenegildo Giusti di Giusti Wine per avermi dato l’opportunità di conoscere il territorio del Montello ed i suoi tesori. Mi ha chiamato a Nervesa della Battaglia fin dalla creazione della splendida cantina, dotata delle tecnologie più all’avanguardia, e mi ha riconosciuto da subito la massima fiducia, dandomi, in sostanza, “carta bianca” per il raggiungimento di un progetto che ha quale scopo ultimo dichiarato quello di «far parlare all’Asolo Prosecco Superiore e ai vini rossi del Montello la lingua del mondo».

Si tratta di un obiettivo senza dubbio ambizioso, ma anche stimolante, frutto di un legame con queste terre che trascende l’imprenditorialità per sfociare nei rapporti intimi e personali di legami con passato e tradizioni. Ma il Montello e i suoi vitigni hanno senza dubbio le potenzialità per consentire il conseguimento di risultati di eccellenza e sono orgogliosa di poter dare il mio apporto per la loro valorizzazione.


LA RECANTINA DEL MONTELLO

Le cantine dei Vini del Montello associate al Consorzio di tutela, presieduto da Ugo Zamperoni, sono 25 e producono complessivamente circa 560 mila bottiglie annue. Più in dettaglio, la Doc Montello Asolo ha una produzione di 530 mila bottiglie annue, di cui 495 mila costituite da vini rossi. Di questi, 39 mila sono bottiglie di Recantina. La Docg Montello, invece, ha un imbottigliato annuo pari a 30 mila bottiglie.

La superficie totale dei vigneti dei Vini del Montello è pari a 102 ettari. Qui, i vitigni internazionali di origine bordolese affondano le radici in quasi due secoli di storia. La varietà più coltivata è il Merlot, con 47 ettari. Seguono il Cabernet Sauvignon, con 23 ettari, e il Cabernet Franc con 12. La Recantina, invece, è a quota 10 ettari, mentre il Carmenère è presente in appena poco più di un ettaro.

LEGGI L’EDITORIALE: Le opportunità della Recantina tra i Bordolesi del Montello Asolo

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Le opportunità della Recantina tra i bordolesi del Montello Asolo


EDITORIALE –
Tre cloni, uno dei quali iscritto al registro nazionale delle varietà di vite: pecolo / peduncolo scuro, pecolo / peduncolo rosso e Forner. Quest’ultimo porta il cognome della famiglia alla guida della cantina Pat del Colmèl ed è oggi autorizzato, grazie al lavoro compiuto sul Dna. Si parla della Recantina del Montello Asolo. Coltivata dalla notte dei tempi in provincia di Treviso, è uno dei vitigni autoctoni italiani per certi versi più misteriosi e ancora poco “sondati” dai produttori. Una varietà tutta da scoprire, anche dai winelovers.

Definita da Giacomo Agostinetti «una delle migliori coltivate nel trevigiano», in Cento e dieci ricordi che fanno il buon fattor di villa (1679), la Recantina Forner è iscritta al Registro nazionale delle varietà di vite e rientra nella Doc Montello – Colli Asolani. Come ricorda Veneto Agricoltura, le Recantine (il plurale non è un refuso) sono «un gruppo di vitigni citati sin dal Seicento come “Recantina”, “Recardina” o “Recandina”, nella zona del Piave».

Circa un secolo dopo, nella memoria presentata all’Accademia Agraria degli Aspiranti di Conegliano, Domenico Zambenedetti consiglia «la Recaldina tra le varietà da piantare sulle colline» della zona. Chiarita l’identità ampelografica del vitigno, il compito dei viticoltori è oggi altrettanto arduo: dare un’identità ai vini ottenuti da Recantina.

IL FUTURO DELLA RECANTINA DEL MONTELLO ASOLO

Una varietà, come chiariscono gli assaggi di 7 vini prodotti da altrettante cantine aderenti al Consorzio Tutela Vini Asolo Montello (evento Rosso Bordò, Treviso, domenica 16 ottobre 2022), capace di leggere molto bene suolo e microclima, oltre a risentire delle scelte agronomiche ed enologiche compiute dai singoli produttori.

Le opportunità di valorizzazione della Recantina in un territorio come quello del Montello – in cui è prevalente la produzione di vini rossi strutturati, ottenuti da varietà del taglio bordolese – potrebbero essere ricercate nell’esaltazione della freschezza e del bel corredo dei primari del vitigno, tra frutto e spezia, senza ricorrere a sovra-estrazioni e vinificazioni in legno che andrebbero a sovrapporsi alla stilistica dei bordolesi del territorio.

Interessante e visionaria, in questo senso, la scelta dell’enologa toscana Graziana Grassini di vinificare la Recantina in anfora, proprio per esaltare le caratteristiche appena descritte. In questo senso, il vitigno autoctono potrebbe diventare un asso nella manica dei produttori locali, capace di trainare le vendite degli altri vini del Montello sul modello (e la visione altrettanto recente) del Piedirosso in Campania.

  • Montello Asolo Recantina 2021, Bresolin Bio
    Rubino piuttosto profondo. Naso intenso, preciso, su frutta matura tendente alla confettura, soprattutto nera, ma anche rossa. Bella speziatura elegante, che disegna un profilo quasi balsamico. Al palato più teso di quanto avesse fatto presagire il naso. Una freschezza su cui giocano ritorni di frutta matura, ancora una volta più a polpa rossa che scura. Bel finale lungo, pieno, piacevolmente sapido, che invita alla beva. Vino giovane, all’inizio di un buon percorso di crescita.
  • Montello Asolo Recantina 2021 “Cento Orizzonti”, Tenuta d’Asolo Progress Country & Wine House
    Rubino meno carico del precedente, luminoso. Più polpa scura che rossa (ribes), a tratteggiare il ricordo della mora di rovo matura. Elegante speziatura. Al palato il vino entra e si sviluppa sull’acidità. Chiude su leggeri marcatori amari e sapidi. Si tratta della prima prova della cantina, che ha acquistato le uve per dar vita alla nuova etichetta.
  • Montello Asolo Recantina 2020, Ida Agnoletti
    Si torna su un colore rubino più carico. Tocco di selvatico sul frutto, ancora una volta più maturo al naso che al palato. Acidità piuttosto spinta al palato e chiusura su leggero fenolico, oltre al sapido. Il vino, al momento dell’assaggio, è in bottiglia da appena 3 mesi e mostra evidenti segnali della fase giovanile, cui dare fiducia. Sull’etichetta della bottiglia, un rospo stilizzato: nella migliore delle ipotesi diventerà un principe.
  • Montello Asolo Recantina 2020, Commendator Pozzobon Rosalio
    Rubino piuttosto intenso. Naso dal frutto più maturo della batteria di 7 vini. Ancora mora di rovo ma, questa volta, frutta a polpa scura e a polpa rossa si equivalgono al naso, senza dominare l’una sull’altra. Bel palato teso, fresco. Confermata al palato l’acidità tipica del vitigno, ben assistita da una materia polposa. Tannino in cravatta, pur in fase di integrazione. Golosa venatura sapidità che accompagna e distende il nettare, dall’ingresso alla chiusura. Vino giovanissimo, di sicuro interesse in prospettiva.
  • Montello Asolo Recantina 2020, Sartor Emilio
    Altro vino dal colore pieno. Fiori di viola, speziatura intensa, frutto scuro (prugna), più che rosso (ciliegia). Leggero tocco di polvere di caffè che si accosta alla componente erbacea. Al palato acidità evidente, piuttosto ben avvolta e amalgamata da polpa e vena glicerica. Componente fenolica e amara controllata. Tannino dolce, ben disteso ma non arrendevole. È stata imbottigliata ad agosto 2021, più strutturato e ancora più strutturato il 2022.
  • Montello Asolo Recantina 2018 “Augusto”, Giusti Wine
    Colore rubino mediamente intenso. Naso piuttosto condizionato dall’affinamento in legno, che soffoca il varietale. La classica nota di polvere di caffè, qui vira sulla caramella mou. Un naso decisamente “dolce”, tipico dell’espressione di vini destinati al cosiddetto “gusto internazionale”, nonché una delle poche etichette di Recantina presenti anche in Gdo, fuori dai confini del Veneto, in particolare sugli scaffali di Iper, La grande i. Ingresso piuttosto morbido e centro bocca equilibrato, connotato da una gran piacevolezza. Accenti balsamici in chiusura che, assieme a ricordi sapidi, chiamano il sorso successivo. Penultima annata di questo vino, prima dell’avvento della winemaker Graziana Grassini presso la cantina di Nervesa della Battaglia (TV).
  • Montello Asolo Recantina 2016, Pat del Colmèl
    Colore rubino intenso. Naso che condensa divinamente tutte le anime della Recantina, dal frutto fresco e carnoso (rosso e nero) alla speziatura; dalla polvere di caffè, tipica del varietale del vitigno, allo svolgimento – preciso – di acidità e tannino. Al palato, dopo un po’ di ossigenazione, il vino cambia e lascia spazio a note non avvertite negli altri calici. Si aggiunge alla componente fruttata l’agrume rosso: una bella sanguinella, avvertibile dal principio alla chiusura di sorso. Senza dubbio la miglior espressione di Recantina della batteria, a dimostrazione che il vitigno necessiti di essere compreso e, solo in seguito, addomesticato da chi lo produce. A Pat del Colmèl, la prima annata, risale addirittura al 2008.

L’INTERVISTA ESCLUSIVA: «Recantina può diventare vitigno principe del Montello». Parola di Graziana Grassini

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Cantina Clavesana, esordio con il Barolo Ravera Docg 2018 “Mito”


Cantina Clavesana
fa il suo esordio tra i Barolo Ravera, ampliando la propria linea top di gamma “Mito“. Appena 2.655 bottiglie numerate, che aggiungono una sfumatura ai vini della Langhe prodotti dalla cooperativa cuneese. In particolare, il Barolo Ravera Docg 2018 Linea Mito si affianca al Barolo Docg Mito, ottenuto dall’assemblaggio delle uve Nebbiolo di tre vigneti di La Morra, Monforte e Novello.

«La linea Mito – spiega la cooperativa – si presenta con una “M” stilizzata, rappresentazione simbolica di quell’universo mitico che ruota attorno alla terra, alla vigna, ai ritmi delle stagioni e del lavoro contadino. La “M” di Mito che rimanda alla forma sinuosa delle colline, alla simmetria dei filari, all’eleganza del paesaggio Patrimonio Unesco».

BAROLO RAVERA DOCG 2018 MITO, CANTINA CLAVESANA: LA DEGUSTAZIONE

Il Barolo Ravera Docg 2018 Mito di Cantina Clavesana si presenta nel calice del tipico rosso granato. Naso intenso, dominato da un’alternanza tra spezie calde e (ancor più) fresche, sul frutto e sul fiore appassito di viola e di rosa. Cannella, ma anche chiodo di garofano. Noce moscata e cumino, ma anche mentuccia. Leggerissimo tocco verde, fenolico, a controbilanciare un frutto (ciliegia, lampone, tamarindo) che, sempre al naso, si fa presagire goloso, succoso. Non mancano ricordi di liquirizia nera, pepe e nocciola.

Un quadro piuttosto stratificato, balsamico, ma soprattutto giovanile, che con l’ossigenazione si arricchisce di sbuffi goudron e di pan di zenzero. Al palato conferma la buona complessità e la fase giovanile. Nel segno dei Barolo Ravera, anche Mito di Cantina Clavesana risulta molto fresco e dai tannini piuttosto rotondi. Vino di ottima struttura, chiude sul bel gioco tra la leggera sapidità e il corredo di frutta e spezie già avvertire al naso, che si alternano sul palco in perfetta corrispondenza. Convince la chiusura asciutta ma piena, sulle tinte scure della liquirizia salata.

L’ABBINAMENTO DEL BAROLO RAVERA 2018 MITO DI CLAVESANA

Vino già godibilissimo, avrà una buona evoluzione nel medio-lungo periodo. L’alcol, di per sé non disturbante ma al momento “respirabile” coi suoi 14,5% in volume, andrà certamente a integrarsi col passare dei mesi, rendendo il sorso ancora più gradevole. Il Barolo Ravera Docg 2018 Mito di Cantina Clavesana si abbina, in generale, a piatti strutturati e complessi.

Ottimo con il brasato di carne, l’arrosto, primi e secondi a base di selvaggina, stufati, carni alla brace e formaggi saporiti. Può sorprendere sul cioccolato fondente ed extra fondente. Da provare in accompagnamento a un buon Boero o – per i più curiosi e sperimentatori – con i bonbon alla prugna disidratata e crema di cioccolato Szilvás Betyár della storica cioccolateria ungherese Stühmer 1868.

LA VINIFICAZIONE

Come spiega a winemag.it il presidente di Cantina Clavesana, Giovanni Bracco, le uve Nebbiolo utili alla produzione del primo Barolo Ravera Docg 2018 “Mito” vengono conferite da due soci viticoltori di Novello, Comune in cui si trova, per l’appunto, l’Mga Ravera. «Ma questa nuova etichetta – commenta Bracco – è una scommessa che coinvolge tutta la nostra cantina». Le due particelle hanno una superficie di 0,37 ettari, a 470 metri sul livello del mare, con esposizione Est, Sud-Est.

L’annata 2018 ha visto un inverno e una primavera caratterizzati da piogge abbondanti. Le alte temperature registrate sul finire dell’estate hanno comunque permesso una buona maturazione dell’uva Nebbiolo. Dopo la diraspa-pigiatura, il mosto è stato posto a macerare per 14 giorni in un piccolo contenitore di cemento vetrificato. In seguito alla svinatura, il vino atto a divenire Barolo Ravera Docg 2018 Mito di Cantina Clavesana ha completato la fermentazione malolattica e la chiarifica tramite sedimentazione statica.

Nella primavera 2019, il vino è stato posto ad affinare in quattro tonneau da 500 litri di rovere di Slavonia per un periodo di 25 mesi, prima di essere imbottigliato. Un progetto, quello del Barolo Ravera 2018 “Mito”, che costituisce una novità importante per Cantina Clavesana, ma non l’unica. «L’impianto di nuovi vigneti di Alta Langa, circa 6 ettari con un potenziale di 50 mila bottiglie – anticipa a winemag.it il presidente Giovanni Bracco – si affianca all’ampliamento della coltivazione biologica e alla sfida di nuove varietà accanto al Dolcetto, come Viognier, Pinot Nero e Chardonnay».

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