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Paolo De Castro, il ritorno: Nomisma ha un nuovo “vecchio” presidente


Paolo De Castro
è stato nominato presidente di Nomisma, subentrando a Maurizio Marchesini che manterrà il ruolo di vicepresidente esecutivo. La decisione è stata formalizzata oggi dall’Assemblea dei Soci della società di studi economici con sede a Bologna. Dopo la decisione del Partito Democratico di non ricandidarlo alle elezioni europee del 2024, De Castro era tornato al suo ruolo di professore all’Università di Bologna. Di poche ore fa è l’annuncio del suo nuovo incarico a Nomisma, società indipendente di studi economici fondata a Bologna nel 1981.

Da oltre quarant’anni la Spa analizza l’evoluzione dei principali settori economici italiani e internazionali, fornendo scenari attuali e prospettici utili a imprese, istituzioni e associazioni. L’attività della società spazia dall’agroalimentare all’immobiliare, dall’energia all’industria, con un’attenzione crescente ai temi della sostenibilità, della transizione digitale e dei fattori ESG. Accanto alla ricerca, Nomisma – che negli anni si è dotata di un “Wine Monitor” dei mercati Horeca e Gdo, diretto da Denis Pantini – offre servizi di consulenza strategica e supporto decisionale, aiutando i clienti a orientarsi in contesti complessi. https://www.winemag.it/vendite-vino-gdo-italia-2024-l-analisi-al-xi-forum-wine-monitor/

DE CASTRO: UN RITORNO ALLA GUIDA DI NOMISMA

De Castro, già presidente di Nomisma dal 2001 al 2004, ha ricoperto negli ultimi anni il ruolo di presidente del Comitato Scientifico e membro del Consiglio di Amministrazione. La sua nomina segna un ritorno alla guida dell’istituto in un momento strategico per il rilancio delle attività di ricerca e consulenza.​

CHI È PAOLO DE CASTRO, NUOVO PRESIDENTE NOMISMA

Nato nel 1958 a San Pietro Vernotico (BR), De Castro è professore ordinario di Economia e Politica Agraria all’Università di Bologna. Ha conseguito la laurea in Scienze Agrarie presso lo stesso ateneo e ha svolto un periodo di specializzazione negli Stati Uniti presso la Washington State University. È stato coordinatore scientifico del Centre International des Hautes Études Agronomiques Méditerranéennes (CIHEAM) di Parigi e ha ricevuto onorificenze come il titolo di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana e la Gran Croce dell’Ordine al Merito Agricolo dal Re di Spagna.

L’ESPERIENZA POLITICA DI PAOLO DE CASTRO

De Castro ha ricoperto il ruolo di Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali in tre governi tra il 1998 e il 2008. Dal 2009 al 2024 è stato membro del Parlamento Europeo, presiedendo la Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale dal 2009 al 2014. Durante il suo mandato, ha guidato i negoziati per la riforma della Politica Agricola Comune per il periodo 2014-2020.

LE PRIME DICHIARAZIONI

«Accolgo questo incarico con grande orgoglio e senso di responsabilità, con l’obiettivo di portare un contributo concreto in termini di competenze, esperienza e relazioni che metterò a servizio della società», ha dichiarato De Castro. «Con il nuovo piano di sviluppo, Nomisma rinnova la propria volontà di investimento, con un focus particolare su ambiti di ricerca strategici per il Paese – dall’agroalimentare all’immobiliare, dall’industria all’energia, dai temi ESG alla transizione digitale – dove indipendenza, autorevolezza e capacità progettuale sono decisive».​

NOMISMA: NUOVO PIANO DI SVILUPPO CON PAOLO DE CASTRO

Nomisma ha confermato un piano di crescita e investimenti affidato al Direttore Generale Andrea Bontempi. L’obiettivo è sviluppare strumenti avanzati per trasformare i dati in conoscenza fruibile e soluzioni efficaci di supporto decisionale. L’istituto intende rafforzare l’attività di advisory e consulenza, offrendo supporto alle imprese, associazioni e istituzioni in ambiti strategici come la sostenibilità ambientale, la valutazione dei rischi e il marketing.​

IL RUOLO DI MAURIZIO MARCHESINI, VICEPRESIDENTE NOMISMA

Maurizio Marchesini, che ha guidato Nomisma negli ultimi anni, manterrà il ruolo di vicepresidente esecutivo. La sua decisione di lasciare la presidenza è maturata per garantire un impegno continuativo e pienamente dedicato alla guida dell’istituto. L’Assemblea dei Soci ha espresso un sentito ringraziamento per il lavoro svolto, sottolineando il percorso di sviluppo compiuto sotto la sua guida.

LE ULTIME PRESE DI POSIZIONE DI PAOLO DE CASTRO

​Il nuovo presidente di Nomisma Paolo De Castro ha recentemente espresso alcune posizioni ufficiali su temi chiave dell’agricoltura europea. In merito alla Politica Agricola Comune (PAC) e Budget UE ha sottolineato la necessità per l’Italia di prepararsi a una «battaglia sul budget» della PAC. Lo scorso anno ha inoltre evidenziato che, anche mantenendo invariato il budget nominale, l’inflazione avrebbe potuto ridurre il valore reale dei fondi agricoli di oltre il 20%, mettendo a rischio la sostenibilità economica delle aziende agricole.

De Castro ha inoltre contribuito all’approvazione da parte del Parlamento europeo di una posizione sulle Tecnologie di Evoluzione Assistita (TEA), distinguendole chiaramente dagli OGM. Ha affermato che queste tecnologie, insieme all’agricoltura rigenerativa e di precisione, possono favorire una maggiore sostenibilità ambientale ed economica nel settore agricolo. In occasione di Vinitaly 2025, De Castro ha illustrato le novità del nuovo Regolamento UE sulle Indicazioni Geografiche. Nell’occasione ha sottolineato l’importanza di valorizzare le produzioni agroalimentari di qualità e di rafforzare la tutela delle IG nel mercato europeo. Non a caso è stato uno degli artefici della vittoria politica dell’Italia contro i produttori croati di Prosek.

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Dati Oiv Vino 2024, anno nero per il settore: produzione e consumi ancora in calo

Report Oiv produzione mondiale vino 2024.
Il 2024 si è chiuso come uno degli anni più difficili per il settore vitivinicolo mondiale. A confermarlo sono i dati diffusi dall’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino) durante la consueta conferenza stampa annuale, che si è tenuta online il 15 aprile 2025. Le cifre parlano chiaro: produzione mondiale ai minimi da oltre 60 anni, consumi in ulteriore contrazione, commercio internazionale stabile solo grazie ai prezzi elevati. Un quadro in cui emergono segnali di vulnerabilità strutturale, aggravati da eventi climatici estremi e da un mercato in rapida evoluzione. https://www.oiv.int/index.php/

Superficie vitata mondiale in calo: -0,6% rispetto al 2023

Nel 2024 la superficie vitata globale è scesa a 7,1 milioni di ettari, con una flessione dello 0,6% su base annua. Si tratta del quarto anno consecutivo di riduzione. Il calo ha interessato gran parte dei Paesi vitivinicoli, con rare eccezioni. L’Unione europea ha registrato una contrazione dello 0,8% (3,2 milioni di ettari). L’Italia si distingue come l’unico tra i principali produttori europei ad aver ampliato leggermente la propria superficie vitata (+0,8%, per un totale di 728.000 ettari).

Produzione mondiale in caduta libera: 225,8 milioni di ettolitri

La produzione globale di vino, esclusi mosti e succhi, si attesta a 225,8 milioni di ettolitri: -4,8% rispetto al 2023 e livello più basso dal 1961. Il crollo è imputabile in larga parte alle condizioni climatiche estreme – tra cui siccità, grandinate, gelate e malattie fungine – che hanno colpito i vigneti in entrambi gli emisferi.

L’Italia torna in testa alla classifica dei produttori mondiali con 44,1 milioni di ettolitri (+15% sul 2023), seguita da Francia (36,1 mln hl, -23,5%) e Spagna (31,0 mln hl, +9,3%). Ma rispetto alla media quinquennale, tutte e tre le nazioni restano in calo. Particolarmente critico il dato francese, il più basso dal 1957.

Fuori dall’Europa, il quadro non migliora. Gli Stati Uniti segnano un -17,2% (21,1 mln hl), mentre in Sud America il Brasile registra un crollo del 41%. In controtendenza l’Australia (+5,3%) e l’Argentina (+23,3%), pur restando sotto le medie storiche.

Consumi in calo: mai così bassi dal 1961

Il consumo mondiale di vino si ferma a 214,2 milioni di ettolitri, in calo del 3,3% rispetto al 2023. È il livello più basso da oltre sei decenni. L’Unione europea, pur rappresentando ancora il 48% del consumo globale, perde il 2,8% rispetto all’anno precedente.

Negli Stati Uniti – primo mercato al mondo – il consumo cala del 5,8% (33,3 mln hl). In Cina, la contrazione è ancora più marcata: -19,3%, con un totale di 5,5 milioni di ettolitri. Tra i pochi Paesi in crescita si segnalano Portogallo (+0,5%) e Russia (+2,4%). In Italia, i consumi restano stabili (+0,1%), ma inferiori del 3,6% rispetto alla media quinquennale.

Commercio internazionale stabile ma sostenuto dai prezzi

Le esportazioni mondiali di vino nel 2024 ammontano a 99,8 milioni di ettolitri, in linea con il 2023 ma sotto del 5% rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Il valore complessivo è di 35,9 miliardi di euro (-0,3%). Il prezzo medio all’export si conferma elevato: 3,60 euro/litro, +30% rispetto ai livelli pre-pandemici.

L’Italia consolida la leadership per volumi esportati (21,7 mln hl, +3,2%) e incrementa il valore delle esportazioni a 8,1 miliardi di euro (+5,6%). Seguono Spagna (20,0 mln hl, -4,3%) e Francia (12,8 mln hl, +0,7%), quest’ultima prima per valore: 11,7 miliardi di euro (-2,4%).

Tra i produttori dell’emisfero sud, spicca il recupero dell’Australia (+6,9% in volume, +30,6% in valore). Bene anche il Cile (+14,4% in volume), mentre il Sudafrica cresce solo del 3,4%.

OIV: Settore del vino alla prova dell’adattamento

Secondo il direttore generale dell’OIV, John Barker, i dati del 2024 confermano l’urgenza di una trasformazione profonda del settore: adattamento ai cambiamenti climatici, ripensamento dei modelli di consumo, rafforzamento della cooperazione internazionale. «La sfida dell’adattamento è anche un’opportunità – ha dichiarato Barker – per fare del vino un modello di sostenibilità e innovazione».

REPORT OIV, STATO DEL SETTORE VITIVINICOLO MONDIALE NEL 2024: ADATTAMENTO E COOPERAZIONE

Superficie vitata mondiale: 7,1 milioni di ettari

In calo dello 0,6% rispetto al 2023, è il quarto anno consecutivo di contrazione. I vigneti destinati a tutte le tipologie d’uva sono scesi sotto quota 7,1 milioni di ettari, livello più basso del secolo.

  • Italia: 728.000 ha (+0,8%), unico tra i big a crescere.

  • Spagna: 930.000 ha (-1,5%), primo Paese per superficie.

  • Francia: 783.000 ha (-0,7%)

  • Cina: 753.000 ha (-0,4%)

  • USA: 385.000 ha (-0,7%)

  • India: 185.000 ha (+1,8%)

  • Portogallo: 173.000 ha (-5,1%)

  • Cile: 166.000 ha (-3,2%)

  • Sudafrica: 120.000 ha (-1,5%)

  • Brasile: 83.000 ha (+1,6%)

Produzione mondiale: 225,8 milioni di ettolitri

È il volume più basso dal 1961. Calano quasi tutti i principali produttori.

  • Italia: 44,1 mln hl (+15% sul 2023 ma -6,2% sulla media quinquennale)

  • Francia: 36,1 mln hl (-23,5%, peggior dato dal 1957)

  • Spagna: 31,0 mln hl (+9,3%, ma -11,1% sulla media)

  • USA: 21,1 mln hl (-17,2%)

  • Argentina: 10,9 mln hl (+23,3%)

  • Australia: 10,2 mln hl (+5,3%)

  • Cile: 9,3 mln hl (-15,6%)

  • Sudafrica: 8,8 mln hl (-5,1%)

  • Germania: 7,8 mln hl (-9,8%)

  • Portogallo: 6,9 mln hl (-8,2%)

  • Russia: 5,4 mln hl (+19,3%)

  • Cina: 2,6 mln hl (-17%, -53% rispetto al 2019)

  • Brasile: 2,1 mln hl (-41%, peggior dato dal 2005)

  • Georgia: 2,4 mln hl (+26,6%)

Consumi mondiali: 214,2 milioni di ettolitri

Livello più basso dal 1961. Quasi tutti i principali mercati segnano un calo.

  • USA: 33,3 mln hl (-5,8%), resta primo mercato mondiale

  • Francia: 23,0 mln hl (-3,6%)

  • Italia: 22,3 mln hl (stabile)

  • Germania: 17,8 mln hl (-3,0%)

  • Regno Unito: 12,6 mln hl (-1,0%)

  • Cina: 5,5 mln hl (-19,3%), ai minimi dal 2000

  • Russia: 8,1 mln hl (+2,4%)

  • Argentina: 7,7 mln hl (-1,2%, peggior dato dal 1942)

  • Portogallo: 5,6 mln hl (+0,5%)

  • Giappone: 3,1 mln hl (-4,4%)

  • Brasile: 3,1 mln hl (-10,1%)

Export stabile: Italia prima per volumi, Francia per valore

Le esportazioni mondiali restano a 99,8 milioni di ettolitri (-0,1%). Il valore totale è di 35,9 miliardi di euro (-0,3%), grazie a un prezzo medio record di 3,60 euro/litro.

  • Italia: 21,7 mln hl (+3,2%) per un valore di 8,1 mld € (+5,6%)

  • Spagna: 20,0 mln hl (-4,3%) per 3,0 mld € (+1,4%)

  • Francia: 12,8 mln hl (+0,7%) per 11,7 mld € (-2,4%)

  • Cile: 7,8 mln hl (+14,4%) per 1,5 mld € (+6,1%)

  • Australia: 6,5 mln hl (+6,9%) per 1,6 mld € (+30,6%)

  • Sudafrica: 3,6 mln hl (+3,4%) per 0,6 mld € (+5%)

  • Portogallo: +8,7% in volume (dato di dettaglio incompleto)

I DOCUMENTI INTEGRALI:
https://www.oiv.int/press/state-world-vine-and-wine-sector-2024-adaptation-cooperation
https://www.oiv.int/sites/default/files/2025-04/EN_OIV_Press_release_State_of_the_World_Vine_and_Wine_Sector_in_2024.pdf
https://www.oiv.int/sites/default/files/2025-04/OIV_State_of_the_World_Vine_and_Wine_Sector_in_2024_PPT.pdf

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Analisi Mercato Vini al supermercato

Vini che crescono di più nel 2024: Vermentino, Primitivo e Ribolla trainano la Gdo

Vermentino Primitivo Ribolla Gdo
I dati Circana svelano le tipologie in maggior crescita nel formato da 75 cl. Successo per i bianchi profumati e i rossi del Sud.
Quali sono i vini che crescono di più nella GDO italiana nel 2024? La risposta arriva dal report Circana per Vinitaly 2025, che fotografa l’andamento delle tipologie nel formato più rappresentativo: la classica bottiglia da 75 centilitri. Ai vertici della classifica, Vermentino, Primitivo e Ribolla, seguiti dal Metodo Classico.

Vini al supermercato: Top 5 per crescita in litri nel 2024

  1. Vermentino (+11,7%)
  2. Primitivo (+11,8%)
  3. Ribolla Gialla (+11,3%)
  4. Metodo Classico (+3,8%)
  5. Chardonnay (+3,1%)

Una classifica che evidenzia la voglia di freschezza e tipicità da parte dei consumatori. I bianchi aromatici e i rossi strutturati del Sud si impongono tra le preferenze d’acquisto.Vermentino Primitivo Ribolla Gdo. 

Fattori vincenti: qualità, prezzo e identità

Il successo delle tipologie in crescita si spiega con un posizionamento accessibile (tra i 3,50 e i 5,50 euro per 75cl) e una forte riconoscibilità geografica. Il Vermentino, ad esempio, ha successo grazie alla sua associazione con Sardegna, Liguria e Toscana. L’impressione? Che Vermentino, Primitivo e Ribolla Gialla continueranno la loro scalata delle preferenze degli italiani tra i vini al supermercato, anche nel 2025.https://www.circana.com/news?type=press+releases

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Usa, sospensione dazi vino per 90 giorni. L’annuncio di Trump

Buone notizie, ma con riserva, per i produttori di vino italiani, dell’Unione Europea e di altri Paesi esportatori verso gli Stati Uniti. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato su Truth Social una sospensione temporanea – della durata di 90 giorni – dei dazi “aggiuntivi”. Le tariffs avrebbero dovuto colpire selezionati partner commerciali, tra cui proprio l’Ue e altre importanti nazioni produttrici di vino. La misura è da leggere nel più ampio contesto delle tensioni commerciali tra Stati Uniti, Europa e Cina. E rappresenta un tentativo di disinnescare una possibile escalation nella politica dei dazi. Nonostante questa tregua parziale, è comunque entrato in vigore un dazio universale del 10% applicato virtualmente a tutte le importazioni, indipendentemente dalla provenienza. https://www.usa.gov/.

VINO ITALIANO: DAZI USA SOSPESI MA CLIMA INCERTO

La sospensione dei dazi aggiuntivi è stata confermata da Ben Aneff, presidente della US Wine Trade Alliance, sebbene al momento non sia ancora stato pubblicato un avviso ufficiale nel Federal Register, il bollettino governativo statunitense. Aneff si dice comunque fiducioso nella validità dell’annuncio, promettendo aggiornamenti tempestivi in caso di cambiamenti. https://www.federalregister.gov/.

La decisione americana arriva in un momento delicato anche sul fronte delle relazioni commerciali con l’Unione Europea. Il 13 aprile, Bruxelles dovrebbe annunciare eventuali contromisure tariffarie in risposta alle tariffe statunitensi sull’acciaio e l’alluminio. In seguito a un’intensa attività di lobbying, vino e bourbon sono stati rimossi dalla lista delle possibili ritorsioni europee – una notizia accolta con sollievo dal settore. https://www.linkedin.com/in/benjamin-aneff-b2582232/.

RISCHIO RITORSIONI USA: IL VINO RESTA UN BERSAGLIO DI POTENZIALI DAZI

Tuttavia, il rischio non è del tutto scongiurato. “È ancora possibile che gli Stati Uniti decidano di reagire in modo tale da colpire nuovamente il vino”, avverte Aneff. “Una mossa del genere causerebbe danni sproporzionati alle aziende americane stesse e non servirebbe gli interessi nazionali, ma è uno scenario da non escludere”. Maggiore chiarezza è attesa nei giorni immediatamente successivi all’annuncio dell’UE, tra il 14 e il 15 aprile.

«È stata una settimana difficile», commenta Aneff, promettendo un monitoraggio costante della situazione. Il mondo del vino resta dunque in una fase di sospensione e incertezza. La tregua di 90 giorni dei dazi di Trump rappresenta una boccata d’ossigeno, ma non una soluzione definitiva. Molto dipenderà dalle prossime mosse sullo scacchiere geopolitico.

Vino italiano e dazi Usa, BMTI: «Duro colpo competitività vini fermi»

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Héritage Réserve Perpétuelle: il Crémant d’Alsace “Solera” di Ruhlmann-Schutz


Tra le colline dell’Alsazia, nel villaggio di Dambach-la-Ville, nasce uno dei più interessanti esempi di Crémant d’Alsace contemporanei: Héritage Réserve Perpétuelle Extra Brut, firmato da Famille Ruhlmann-Schutz. Un progetto ambizioso, che coniuga tradizione vinicola e sperimentazione con un risultato di rara complessità e raffinatezza. Certo, non un Crémant d’Alsace come gli altri. Si tratta infatti, come indica la stessa etichetta, di una Réserve Perpétuelle. Cosa significa? https://www.ruhlmann-schutz.fr/vins/cremant-dalsace-heritage-reserve-perpetuelle-extra-brut/

RÉSERVE PERPÉTUELLE: IL TEMPO COME INGREDIENTE ENOLOGICO

La Réserve Perpétuelle è un sistema di vinificazione mutuato dal metodo Solera. Tradizionalmente utilizzato nella produzione di vini fortificati come lo Sherry, oggi viene reinterpretato con crescente successo da alcune delle maison più visionarie, in ambito spumantistico. Sebbene l’origine sia da ricercarsi nella tradizione spagnola – in particolare di Jerez, in Andalusia – la sua applicazione in Champagne, Alsazia – ed anche in Italia, da cantine come Buvoli – ha assunto tratti distintivi propri. Adattati alle peculiarità di ciascun territorio.

Tecnicamente, la Réserve Perpétuelle si basa su un principio semplice solo in apparenza. Si parte da una massa iniziale di vino, proveniente da una o più annate, che funge da base storica. Ogni anno, una parte di questa cuvée – solitamente un terzo o meno – viene prelevata per essere imbottigliata. Il volume rimosso viene poi sostituito con il vino dell’annata più recente. In questo modo, si crea una sorta di “cuore liquido” perpetuo. Che evolve costantemente, ma che conserva una memoria gustativa profonda. Stratificata nel tempo.

LE DIFFERENZE TRA RÉSERVE PERPÉTUELLE ED ASSEMBLAGGIO CLASSICO

A differenza dell’assemblaggio classico, in cui si miscelano basi di annate diverse prima della presa di spuma, la Réserve Perpétuelle lavora su una massa vinaria unica, in costante movimento. È un organismo vivo che cresce, si affina e si arricchisce anno dopo anno, integrando progressivamente nuove espressioni del millesimo senza mai perdere l’identità stilistica originaria.

Questo metodo consente di ottenere vini di straordinaria complessità aromatica, in cui le note più fresche e vibranti dell’annata più giovane si fondono con la profondità e la struttura conferite dalle vendemmie più vecchie. L’equilibrio che ne deriva è frutto di un lungo lavoro di osservazione, di assaggi ripetuti. Di cura millimetrica nella gestione delle proporzioni. Non è un processo automatico. Piuttosto un atto artigianale di alta precisione. Affidato all’intuito e all’esperienza del vigneron.

In Champagne, pionieri come Jacques Selosse e successivamente case come Bérêche et Fils, Charles Heidsieck o Louis Roederer hanno tracciato la strada, dimostrando come la Réserve Perpétuelle possa rappresentare una chiave di lettura inedita per esprimere l’identità del terroir nel lungo periodo. L’Alsazia ha seguito a ruota, con esempi moderni come quello di Ruhlmann-Schutz, capaci di coniugare la tensione minerale dei suoli granitici con la profondità conferita dall’ingrediente-tempo.

HÉRITAGE: LA RÉSERVE PERPÉTUELLE SECONDO RUHLMANN-SCHUTZ

Il cuore tecnico e filosofico di Héritage Extra Brut risiede proprio nel principio della Réserve Perpétuelle. Dal 2017, ogni anno, un terzo della massa viene prelevato e imbottigliato, mentre il vuoto lasciato viene colmato con l’assemblaggio dell’annata corrente. Pinot Blanc, Auxerrois, Riesling e Pinot Grigio i vitigni scelti, rispettivamente dei millesimi 2017, 2018 e 2019. La fermentazione in bottiglia, seguita da un affinamento sui lieviti superiore a 30 mesi, dona a questo Crémant d’Alsace di Ruhlmann-Schutz un perlage fine e persistente, altro emblema di una lavorazione meticolosa e rispettosa del tempo. L’assenza di dosaggio zuccherino, tipica della dicitura Extra Brut, esalta la purezza e la tensione minerale del vino.

Una produzione limitata: il tiraggio è di 4.600 bottiglie ed è avvenuto il 16 settembre 2021. Alla vista si presenta con un elegante giallo dorato cristallino, attraversato da bollicine finissime e regolari. Al naso sorprende per complessità e precisione. Si percepiscono nette note di frutta a polpa bianca, agrumi canditi e accenni tostati. Sottofondo di piccoli frutti rossi e nuance di crosta di pane. In bocca, l’ingresso è deciso ma armonioso. L’effervescenza, misurata e cremosa, accompagna una struttura piuttosto importante, sostenuta da una vena salina e da una freschezza tagliente. Il finale è lungo, leggermente vinoso, elegantemente asciutto. https://www.winemag.it/les-grands-chais-de-france-raddoppia-vendite-cremant-in-italia/

CRÉMANT D’ALSACE HÉRITAGE RÉSERVE PERPÉTUELLE EXTRA BRUT: GLI ABBINAMENTI

Sul piano gastronomico, il Crémant d’Alsace Héritage Réserve Perpétuelle Extra Brut di Ruhlmann-Schutz si rivela estremamente versatile. Perfetto, secondo i suggerimenti della famiglia Ruhlmann-Schutz, con piatti come il pollo arrosto, un risotto ai funghi porcini mantecato al burro o un trancio di tonno rosso appena scottato. Esalta anche le sfumature di una terrina di foie gras alsaziana con chutney agli agrumi o di animelle rosolate al burro nocciola e salvia.

Non delude nemmeno con i formaggi a pasta semidura, come Comté, Tomme d’Alsace, Vieux Cheddar o Tête de Moine trovano in questo Crémant un alleato perfetto. Grassezza, aromaticità e umami, dunque. Caratteristiche che, in Italia, farebbero propendere per un abbinamento del Crémant d’Alsace Héritage Réserve Perpétuelle Extra Brut di Ruhlmann-Schutz con risotti ai funghi, pesce al forno, o piatti come terrine di fegatini di pollo toscani e midollo gratinato. Sul fronte caseario, ecco formaggi come Bitto, Puzzone di Moena, Pecorino di fossa o Caciocavallo podolico.

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Fatturato vignaioli Fivi: ecco l’identikit delle cantine che “funzionano”

Fatturato cantine vignaioli Fivi.
Vendita diretta al consumatore finale. Buona presenza nell’Horeca. Capacità di proporsi in ottica enoturismo. E buona propensione agli investimenti in marketing e promozione. Sono i quattro pilastri del fatturato delle cantine Fivi che meglio affrontano i mercati, in un momento di difficile congiuntura come quello attuale. Ad evidenziarlo è uno studio realizzato grazie ad Invernizzi Agri Lab di Sda Bocconi School of Management, con il sostegno di Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi e di Crédit Agricole Italia. https://www.sdabocconi.it/it/faculty-ricerche/ricerca/esg-excellence-in-sustainability-governance-knowledge-platform/agrilab.

La ricerca, presentata oggi a Vinitaly 2025, nell’area del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, ha messo in luce come le aziende con una percentuale superiore di vendita diretta, al consumatore finale e/o all’Horeca, presentano un andamento del fatturato migliore rispetto alla media generale del campione. D’altro canto, non sono molte le aziende Fivi che commerciano con la grande distribuzione organizzata (Gdo). E non risulta che questo canale sia d’ostacolo ai vignaioli. https://fivi.it/

ENOTURISMO, MARKETING E PROMOZIONE DELLE CANTINE FIVI

Un altro plus per le cantine Fivi è una proposta di successo nell’enoturismo, nonché la capacità di investire in marketing e promozione. «Questi dati – commenta la presidente della Federazione italiana vignaioli indipendenti, Rita Babini – rafforzano le nostre richieste a livello europeo: maggiore accessibilità ai fondi Ocm promozione per le aziende di medio-piccole dimensioni, attualmente di fatto escluse, e realizzazione di misure di sostegno alle attività enoturistiche, fondamentali in questo frangente storico anche per un’educazione al consumo consapevole, oltre che per la diversificazione dei canali di vendita e per crescita delle economie territoriali delle aree interne».

“Questa ricerca – continua – ci conferma alcuni elementi che prima potevamo solo ipotizzare. E rafforza la nostra volontà di tutelare e promuovere un modello produttivo, quello delle aziende vitivinicole verticali, che è fondamentale non solo per il futuro del mondo del vino, ma per la tenuta socio-economica di tantissimi territori italiani. Purtroppo è un modello resistente e fragile al contempo, quello delle nostre aziende. Ha resistito e continua a resistere grazie a fondamentali solidi di risorse e competenze, spesso trasmesse da generazioni. Ma in un contesto di grandi mutamenti a livello nazionale, europeo e globale, e di fronte a una crisi climatica che rende sempre più rischioso il lavoro agricolo – conclude Rita Babini – è importante che questo modello venga riconosciuto nella propria originalità e unicità, e messo nelle condizioni di competere alla pari con gli altri soggetti della filiera».

L’EXPORT TRAINA IL FATTURATO DEI VIGNAIOLI FIVI

Dalla ricerca emerge che l’export ha rappresentato un driver trainante della crescita del trend di fatturato nell’ultimo triennio. Tra le aziende che hanno dichiarato una crescita sostenuta o moderata del fatturato, infatti, il 45% presenta una percentuale di fatturato da export elevata. Fatturato cantine vignaioli Fivi.

«Più del 70% dei nostri 1.800 soci esporta – evidenzia la presidente Fivi – e il 23% vorrebbe farlo in futuro. Quasi tutti hanno negli Stati Uniti il principale mercato di riferimento. Ma, alle condizioni che si stanno realizzando, diventerà difficilissimo e verrà a mancare uno dei determinanti positivi di fatturato per i Vignaioli italiani. Per questo chiediamo al Governo di continuare a mettere in campo tutti gli sforzi diplomatici possibili per porre fine alle guerre commerciali e salvaguardare un settore fondamentale come quello primario».

La ricerca è stata presentata alla presenza del prof. Vitaliano Fiorillo, direttore Invernizzi Agri Lab, Sda Bocconi School of Management; del prof. Luca Ghezzi, docente Management and Control Systems, Sda Bocconi School of Management; del Dott. Biagio Maria Amico – Academic Fellow, Sda Bocconi School of Management. Per Crédit Agricole Italia è intervenuto Maurizio Crepaldi, responsabile Direzione Affari e Agri Agro. https://www.credit-agricole.it/

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degustati da noi vini#02

Friuli Colli Orientali Doc Bianco 2022 Pomédes, Roberto Scubla


Dalla Guida Top 100 Migliori Vini italiani 2025 di Winemag: Friuli Colli Orientali Doc Bianco 2022 Pomédes, Roberto Scubla.

Fiore: 8.5
Frutto: 9
Spezie, erbe: 8
Freschezza: 8
Tannino: 0
Sapidità: 7
Percezione alcolica: 5.5
Armonia complessiva: 9.5
Facilità di beva: 8
A tavola: 9.5
Quando lo bevo: subito / oltre 3 anni

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Champagne, contro dazi Trump «sportello unico europeo per accise nell’Unione»

Semplificare la burocrazia in Europa. Per contrastare i dazi di Trump. In occasione della visita ufficiale nella regione dello Champagne del ministro francese incaricato del Commercio estero, Laurent Saint Martin, il presidente del Syndicat Général des Vignerons (SGV) della Champagne, Maxime Toubart, ha ribadito una richiesta chiave per i produttori: «L’istituzione di uno sportello unico europeo per il pagamento delle accise, specialmente nell’ambito delle vendite a distanza intra-europee».

ACCISE: SGV CHAMPAGNE CHIEDE UNO SPORTELLO UNICO EUROPEO

Attualmente, infatti, i produttori di vino, e in particolare le piccole e medie imprese (pmi), devono fare i conti con un quadro normativo frammentato e complesso, che impone pesanti oneri amministrativi per ogni vendita transfrontaliera. Tale sistema, sempre secondo il Syndicat Général des Vignerons, genera «costi significativi e rallenta lo sviluppo commerciale, riducendo la competitività dei vini francesi sul mercato europeo».

«L’idea di uno sportello unico europeo, simile al portale Iva già operativo – sottolinea Maxime Toubart – potrebbe rappresentare una svolta fondamentale per la semplificazione burocratica e amministrativa delle vendite di vino in Europa». Secondo il presidente della SGV Champagne, questo intervento «permetterebbe di snellire le procedure doganali, ridurre notevolmente i costi amministrativi. E, di conseguenza, liberare il potenziale export dei produttori, consentendo loro di affrontare con maggiore forza e agilità la concorrenza internazionale».

DAZI STATI UNITI: APPELLO DELLA CHAMPAGNA AL GOVERNO FRANCESE

La SGV invita ufficialmente il governo francese a farsi promotore di questa iniziativa presso la Commissione Europea. Sottolineando che «il contesto internazionale attuale, caratterizzato da crescenti tensioni commerciali e minacce di nuove tassazioni internazionali, rende ancora più urgente la creazione di un mercato europeo efficiente e realmente integrato». La proposta si inserisce nel quadro più ampio delle richieste del settore vitivinicolo francese, che punta a valorizzare e tutelare le eccellenze produttive nazionali a livello continentale e globale. https://www.sgv-champagne.fr/

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Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling: il miglior spumante senza alcol sarà a Vinitaly


Il miglior spumante senza alcol prodotto con una buona fetta di savoir-faire italiano sarà a Vinitaly 2025. Mentre il mondo del vino senza alcol è in fermento, l’Italia si prepara ad accogliere uno dei protagonisti assoluti della rivoluzione alcohol free: Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling. In procinto di essere presentato ufficialmente a Vinitaly 2025 (6-9 aprile), questo spumante premium alcohol free promette di essere il miglior vino spumante dealcolato che parla anche un po’ italiano, pur nascendo in Germania. Si tratta infatti della “joint venture” del produttore altoatesino Martin
Hofstätter, in Mosella. Difficile pareggiare, al momento, il livello di qualità raggiunto da questa “bollicina”. https://www.hofstatter.com/it/vinitaly-2025/

Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling: caratteristiche tecniche

  • Vitigno: 100% Riesling, base spumante in stile Kabinett
  • Gradazione originale: 9% vol
  • Zuccheri residui: 30 g/l
  • Temperatura di servizio: 8-10°C
  • Vinificazione: dealcolazione a bassa pressione (15 mbar), punto di ebollizione dell’alcol ridotto a 25-30°C
  • Metodo: estrazione delicata, per preservare aromi e struttura

Perché è il miglior spumante senza alcol

Grazie alla sua dolcezza naturale, alla mineralità tipica del Riesling e a un corpo sorprendentemente pieno, Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling si avvicina ai suoi omologhi alcolici. È una proposta raffinata, per chi cerca un’esperienza gustativa completa, ma senza alcol. https://www.hofstatter.com/it/vini/dr-fischer/

A chi si rivolge questo vino analcolico premium

Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling è pensato per:

  • chi non beve alcol per motivi di salute, religione o stile di vita
  • occasioni conviviali dove l’alcol non è il benvenuto
  • momenti di festa che prevedano brindisi in compagnia di amici o colleghi
  • abbinamenti moderni con cucina asiatica, pesce, antipasti. Perfetto a tutto pasto, su portate semplici

Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling a Vinitaly

Lo spumante Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling sarà in degustazione presso lo stand della cantina Dr. Fischer – Hofstätter durante Vinitaly 2025 (Hall 6 – D3). Un appuntamento imperdibile per chi vuole scoprire il miglior vino spumante dealcolato attualmente disponibile sul mercato italiano.

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Castellinaldo, la (super) Barbera d’Alba dei Vinaioli: i migliori assaggi in Roero

Migliori Castellinaldo Barbera d’Alba Doc
Castellinaldo Barbera d’Alba Doc. Si scrive così. Anzi: solo così. In quest’ordine. E sembra già di bersela tutta d’un fiato. È da (relativamente) giovane che la Barbera d’Alba prodotta nei 7 comuni della sottozona Castellinaldo d’Alba, nel cuore del Roero, tira fuori il meglio di sé. Nei primi 6, 7 anni di vita è unica ed autentica nel suo rivelarsi intensamente sapida. E nel concedersi, generosa, su un frutto carnoso, golosissimo, nel solco della freschezza (alias “acidità”) che distingue il vitigno in lungo e in largo. Legni quasi mai violenti sul varietale si misurano con alcolicità spesso integratissime; importanti, ma comunque inferiori, in media, a quelle del Nizza. Vini, i Castellinaldo Barbera d’Alba Doc, che maturano bene, nel tempo. Mostrando, così, di avere un altro tratto in comune con i grandi vini rossi del Piemonte: la longevità. https://vinaiolidelcastellinaldo.com/

I VINAIOLI DEL CASTELLINALDO: GIOVANI CHE FANNO TERRITORIO

A promuovere questa speciale espressione del Barbera è l’associazione Vinaioli del Castellinaldo. Ventuno cantine che, come poche altre in Italia, sono la rappresentazione perfetta del vino che producono. Tanti i giovani classe 2000, o giù di lì. Molte le aziende alle prese con un ricambio generazionale che si sente nel calice, dalla ricerca esasperata del frutto a un utilizzo dei legni magistrale, mai soverchiante i primari. Un tentativo (ben riuscito) di valorizzazione autentica delle specificità della zona, che si riversa anche nella vita quotidiana. Fuori dalle cantine, tra le piazze e nei vicoli degli spettacolari borghi arroccati sulle colline roerine, dai suoli bianchi e sabbiosi. Messe da parte le beghe di cortile delle precedenti generazioni, in quest’angolo d’Italia si fa squadra. Sul serio. Già a partire dai primi anni Novanta.

BARBERA CASTELLINALDO: VOCE DEL VERBO “TERRITORIO”

A dirlo è il nome stesso di questa sottozona della Barbera d’Alba. Che è quello di un Comune, Castellinaldo. Eletto nel 2021 a furor di popolo, con un referendum plebiscitario nei 54 comuni della Doc, capofila di un territorio che comprende anche Castagnito, Canale, Guarene, Magliano Alfieri, Priocca e Vezza d’Alba. Un passo indietro rispetto al proprio campanile. Per farne cento in avanti, tutti insieme. Nel nome dell’esaltazione di peculiarità comuni, che sono tratti distintivi evidentissimi, pur nel frastagliato – e per certi versi controverso – mondo della Barbera piemontese. Un percorso trentennale grazie al quale potrebbero germogliare nuove sinergie, nei prossimi mesi. La possibilità che la sottozona del Castellinaldo si allarghi ulteriormente, abbracciando altri Comuni peculiari, è tutt’altro che da escludere. Sarebbe un’altra lezione, di bon ton. All’Italia del vino intera. Migliori Castellinaldo Barbera d’Alba Doc.

LA PRIMAVERA DEL CASTELLINALDO 2025

L’evento clou dell’associazione Vinaioli del Castellinaldo è la Primavera del Castellinaldo. Un evento itinerante, la cui seconda edizione (2025) è andata in scena domenica 30 e lunedì 31 marzo al Palazzo Re Rebaudengo di Guarene (Cuneo), residenza settecentesca e sede della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Seicento gli ospiti accreditati, tra winelovers e operatori del settore. Un successo, i banchi d’assaggio con i 40 vini dei 21 produttori locali, culminato con la cena preparata per l’occasione dallo chef Davide Odore del ristorante-pasticceria Io e Luna.

Dai tortelli ripieni di gallina faraona e topinambur al cotechino alla Wellington e Salsa Reale, passando per il tiramisù rivisitato in chiave “vino rosso”, il Castellinaldo Barbera d’Alba Doc ha mostrato tutta la sua versatilità negli abbinamenti. «La nostra manifestazione sta crescendo – è il commento di Luca Morra, presidente dell’associazione Vinaioli del Castellinaldo – e per questo c’è molta soddisfazione tra i produttori. Guarene e Palazzo Re Rebaudengo hanno rappresentato la cornice perfetta per accogliere la seconda edizione della Primavera del Castellinaldo. Con questa iniziativa vogliamo affermare sempre più la nostra identità. E valorizzare appieno quella che è una “nicchia” del panorama vitivinicolo di Langhe e Roero».

CASTELLINALDO BARBERA D’ALBA DOC: I MIGLIORI ASSAGGI – TOP 10

  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2021, Allerino Giovanni (Castagnito) – BEST IN SHOW
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2022, Bric Cenciurio (Barolo)
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2022, Cerrato (Castellinaldo d’Alba)
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2022, Az. Agricola Margherita (Castagnito)
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2022, Tonino Marchisio – Brjnda (Castellinaldo d’Alba)
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2021, Ferrero Michele (Castellinaldo d’Alba)
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2021, Teo Costa (Castellinaldo d’Alba)
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2021, Cascina Torniero (Castellinaldo d’Alba)
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2020, Cascina del Pozzo – Flavio Marchisio (Castellinaldo d’Alba)
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2020, Morra Stefanino (Castellinaldo d’Alba)
  • Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2019, Vielmin di Gili Ivan (Castellinaldo d’Alba)

LA SCOPERTA: FRANCESCO ALLERINO (GIOVANNI ALLERINO)

Ha preso in mano da poco l’azienda di famiglia che, oltre alle vigne, conserva la tradizione dell’allevamento dei bovini. Si chiama Francesco Allerino, ha 22 anni (è un classe 2003) ed è la seconda generazione della cantina Allerino Giovanni di Castagnito. Uno dei suoi primi vini, tra mille esperimenti ancora in corso (un macerato da uve Arneis e uno spumante da Nebbiolo vinificato in bianco) è un autentico capolavoro: il suo Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2021 è il miglior assaggio in assoluto, tra i banchi della Primavera del Castellinaldo 2025. Francesco è figlio d’arte. Come lui, anche il padre Giovanni non ha perso tempo. A soli 18 anni ha avviato l’azienda di famiglia, raggruppando alcuni vigneti e iniziando a metterne in bottiglia i frutti, al posto di continuare solo a vendere le uve. Migliori Castellinaldo Barbera d’Alba Doc.

«Il mio obiettivo è produrre vini che raccontino le specificità del territorio», racconta Francesco Allerino a Winemag. La sua Castellinaldo è puro succo: tanta freschezza, tannino dolce, speziatura che si tinge di mentuccia ed erbe officinali, sfiorando il balsamico. Il tutto su una spina dorsale sapida, che costituisce la vera ossatura del nettare. È il netto richiamo alle terre bianche che può vantare la cantina a Castagnito. Suoli tra cui non è difficile trovare veri e propri blocchi di cristalli di gesso (foto nella gallery, sopra). La vigna da cui proviene la Castellinaldo Barbera d’Alba Doc 2021 Giovanni Allerino ha 55 anni. Ma l’azienda – che in totale conduce circa 8 ettari – ha anche un altro vigneto più “giovane”, con piante di 39 anni. Di Francesco Allerino – è una promessa – si sentirà parlare. Benissimo.

CASTELLINALDO SOTTOZONA BARBERA D’ALBA: TRA CONFERME E NOVITÀ

Su tutti Teo Costa, vecchia conoscenza di Winemag. Ma ci sono anche i barolisti (e lo si percepisce forte, dal calice) di Bric Cenciurio, firmati da Gianfranco Cordero. E poi Tonino Marchisio, Cerrato, Cascina del PozzoMorra Stefanino. Sono le conferme del Castellinaldo Barbera d’Alba Doc, alla Primavera del Castellinaldo 2025. Stili leggermente diversi. Solo sfumature. Chi più goloso e tondeggiante, come Marchisio; chi più “croccante”, gli altri, tra loro più uniformi. Tutti vini che raccontano in maniera autentica suoli, clima e savoir-faire di questa porzione di Roero. Già godibilissimi, pur con decise prospettive di ulteriore maturazione (su tutti, da aspettare Teo Costa). Tra i vini più convincenti c’è anche quello dell’Azienda Agricola Margherita. Una Barbera “di una volta”, quella prodotta a Castagnito dai figli di Serafino Allerino. Ma con tutte le carte in regola per raccontare, in chiave moderna, le caratteristiche pure del Castellinaldo.

Ferrero Michele vira su un frutto rosso (più che nero) più maturo. Pura gioia la sapidità che ci danza sopra, al ritmo un tannino fine, in divenire. Evidente, la grandezza di questa sottozona della Barbera d’Alba, anche nella struttura del 2021 di Cascina Torniero, che non disdegna comunque di sfoggiare uno dei frutti rossi più apprezzabili del panel. Tra le “vecchie” annate spicca il 2019 di Vielmin: vino con le spalle larghe, ancora fresco, sapido e portentoso, su frutto e fiore, più che sui terziari. La ciliegina sulla torta? Da queste parti lavora bene anche la cooperativa. Provare per credere l’annata 2023, non ancora in vendita. Un balzo in avanti deciso, quello della Cantina del Nebbiolo di Vezza d’Alba, rispetto alle precedenti annate. Insomma non manca nulla, a questa “chicca” da 131 mila bottiglie prodotte su 18 ettari, per esplodere davvero. Migliori Castellinaldo Barbera d’Alba Doc.

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Trump ubriaca l’Italia: dazi al 20% sul vino italiano negli Usa


Dopo la girandola di minacce e dietrofront, i fatti. Il presidente Usa Donald Trump ha annunciato in serata dazi al 20% per il vino italiano negli Stati Uniti. A pagare il conto sarà tutto l’agroalimentare, così come altri settori del Made in Italy che conta, nel mercato a stelle e strisce. A tentare di scongiurare i dazi del Tycoon erano stati, nelle scorse settimane, gli stessi importatori americani di vini europei. Tutto inutile, anche se la scelta di dazi al 20% ai beni Ue è di gran lunga inferiore a quella del 200%, caldeggiata in prim’ordine da Trump. https://www.whitehouse.gov/articles/2025/04/tariffs-work-and-president-trumps-first-term-proves-it/

TRUMP: «EUROPA PATETICA, INIZIA UNA NUOVA ERA D’ORO PER L’AMERICA»

«Una giornata epocale il 2 aprile 2025 – così l’ha definita – il giorno in cui è rinata l’America e in cui ricominceremo a renderla ricca. Non succederà più che altri Paesi derubino gli americani. Anche l’Ue, nostra amica, così patetica, ci ha derubato di continuo. Questo è l’inizio di una nuova era dell’oro per gli Stati Uniti». I dazi reciproci entreranno in vigore il 5 aprile e daranno avvio a negoziazioni Ue-Usa. Questo lo scopo del presidente Trump, che mira a dialogare con il coltello dalla parte della manico nei confronti dell’Europa. L’altro scopo è riportare, tra i confini nazionali, lavoro delocalizzato dalle imprese Usa negli ultimi anni.

DAZI USA AL 10% SUL VINO ITALIANO

L’annuncio ufficiale è arrivato il 2 aprile 2025, attorno alle ore 10 italiane. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato l’imposizione di dazi del 10% su tutte le importazioni, con tariffe più elevate per i Paesi considerati «peggiori trasgressori». In particolare, l’Unione Europea è soggetta a dazi del 20%, mentre il Regno Unito affronta tariffe del 10%, la metà di quelle imposte agli altri Paesi dell’Ue.

Queste misure hanno suscitato preoccupazione nel settore vinicolo italiano, poiché gli Stati Uniti rappresentano il principale mercato di esportazione per il vino italiano, con un valore di circa 1,9 miliardi di euro nel 2024. Il ministro dell’Agricoltura italiano, Francesco Lollobrigida, ha espresso preoccupazione ma non terrore riguardo ai potenziali dazi, auspicando che la diplomazia possa prevalere nelle negoziazioni con gli Stati Uniti.

LA RISPOSTA DELL’ITALIA AI DAZI DI TRUMP

In risposta, la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, ha avvertito l’Ue sui rischi di una guerra commerciale con gli Stati Uniti, criticando i piani di Bruxelles per imporre dazi di ritorsione sulle importazioni statunitensi. Meloni ha sottolineato che tali misure potrebbero portare a inflazione e stagnazione economica nell’Ue. Ha poi esorto a negoziati urgenti con l’amministrazione Trump, per evitare conflitti commerciali dannosi. «Serve negoziare», fa eco il presidente di Confindustria Emanuele Orsini.

Nel frattempo, la Commissione Europea ha proposto misure per sostenere il settore vinicolo europeo. Tra queste, l’aumento degli aiuti pubblici e la promozione di prodotti senza alcol o a bassa gradazione alcolica, al fine di affrontare sfide come i cambiamenti climatici e le fluttuazioni dei dazi. La situazione rimane fluida, con il settore vinicolo italiano e europeo che monitorano attentamente gli sviluppi. E valutano le possibili ripercussioni sulle esportazioni e sull’economia del settore.

DAZI, COLDIRETTI: COSTERANNO 1,6 MLD DI EURO AI CONSUMATORI AMERICANI

Il dazio al 20% su tutti i prodotti agroalimentari Made in Italy porterà a un rincaro da 1,6 miliardi per i consumatori americani. Con un calo delle vendite che danneggerà le imprese italiane, oltre ad incrementare il fenomeno dell’italian sounding. È quanto stima la Coldiretti in merito all’annuncio del presidente americano Donald Trump di imporre delle tariffe aggiuntive su tutte le merci europee. «Al calo delle vendite – aggiunge Coldiretti – va poi aggiunto il danno in termini di deprezzamento delle produzioni. Andrà calcolato filiera per filiera, legandolo all’eccesso di offerta senza sbocchi in altri mercati. Occorre ora lavorare a una soluzione diplomatica che venga portata avanti in sede europea».

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Addio a Fausto De Andreis, il vignaiolo anarchico che vendeva anche all’Esselunga


Il mondo del vino italiano dice addio a Fausto De Andreis, morto all’età di 78 anni all’Ospedale Santa Corona di Pietra Ligure, in provincia di Savona, lo scorso weekend. Conosciuto in Liguria e nel settore vinicolo in generale come una figura carismatica e anticonvenzionale, De Andreis lascia un vuoto incolmabile. Titolare ad Albenga
dell’azienda agricola Le Rocche del Gatto – nome scelto in onore della passione della moglie per i felini – è salito alla ribalta per il suo approccio anarchico e rivoluzionario al vino, in particolare nella produzione del Pigato, da lui chiamato provocatoriamente “Spigau“. I funerali si svolgeranno oggi, 1° aprile, alle ore 11, presso la Parrocchia di Santa Maria Maddalena a Cisano sul Neva, piccolo comune della provincia di Savona. All’ultimo saluto non mancheranno la moglie Caterina, le sorelle Lucilla e Rosa, i cognati Sergio e Giancarlo, oltre a nipoti, parenti e tanti amici.

FAUSTO DE ANDREIS, ADDIO AL VIGNAIOLO ANARCHICO DE LE ROCCHE DEL GATTO

La visione di Fausto De Andreis si opponeva fermamente ai dogmi e alle convenzioni del mercato, puntando su autenticità e originalità dei vini prodotti. Tutti di straordinaria longevità. Celebre una sua lettera aperta pubblicata da Winemag nel 2019, in cui contestava – con la consueta ironia e profondità, quasi filosofica – il concetto di “vino bianco d’annata”. Tra le sensatissime righe, una sfida aperta alla mentalità convenzionale del settore, in particolare a quella dei ristoratori, ossessionati dai vini bianchi giovani e freschi, da avere in carta ancora prima che abbiano finito di maturare in vasca, o in botte.

LE ROCCHE DEL GATTO: IL VINO DI FAUSTO DE ANDREIS (ANCHE) ALL’ESSELUNGA

Quello a Fausto De Andreis è l’addio a una voce libera e critica del vino italiano. Un vero “vignaiolo anarchico” che, con la sua vita senza troppe regole e la sua passione smisurata per la sperimentazione estrema in campo enologico, ha provato a cambiare il modo in cui il vino viene pensato. Vissuto. Il tutto, senza alcun preconcetto. Rinomata la presenza di un suo vino sugli scaffali dei supermercati Esselunga. Una scelta che gli è costata invidie locali e insulso vociare di tante malelingue, di cui non si è mai curato troppo, fedele – com’è sempre stato – alla propria galante distanza dall’apparenza e dal conformismo. Il posto di Fausto De Andreis è sempre stato quello dove pochi osano. E sempre lo sarà. Ciao, Fausto.

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Migliori Derthona 2023, Piccolo Derthona 2024 e Riserva 2022 a Derthona Due.Zero


Migliori Derthona 2023 piccolo 2024 riserva 2022 Timorasso. Anteprima sui generis quella del Colli Tortonesi Doc Timorasso 2024, 2023 e 2022 andata in scena nel weekend, fra Carbonara Scrivia e Tortona, in occasione di Derthona Due.Zero 2025. Le lungaggini infinite del Ministero costringono i produttori a non poter ancora annunciare l’ufficialità assoluta della nuova piramide della qualità della sottozona Derthona, scelta per superare il nome del vitigno Timorasso e legarlo inscindibilmente al suo territorio d’origine, onorando l’antico nome della città di Tortona. Il via libera definitivo a Piccolo Derthona, Derthona e Derthona Riserva è ancora fermo tra la polvere di qualche cassetto di Roma.

Ma mentre il Ministero arranca, il Consorzio si mostra attivo come non mai, sulle ali del fermento che è alla base del successo del grande vino bianco dei Colli Tortonesi. Un “miracolo Doc” che punta ai 2 milioni di bottiglie, riscoperto negli anni Novanta da un pugno di vignaioli guidati da Walter Massa, premiato ieri mattina a Tortona con il Grosso d’Oro. https://www.winemag.it/derthona-due-zero-2025-timorasso-2023-anteprima/

COLLI TORTONESI: NON SOLO TIMORASSO

Mentre la denominazione «cresce con razionalità, mantenendo altissima la barra della qualità», come precisato più volte dal presidente del Consorzio Gian Paolo Repetto, i calici dell’anteprima raccontano un Derthona 2023 mai così uniforme nell’interpretazione generale dei produttori. L’oro liquido della provincia di Alessandria – zona ricca come poche di gemme enogastronomiche: dal Salame Nobile del Giarolo al formaggio Montébore, senza dimenticare le Pesche di Volpedo, per citarne solo alcune – ha ormai un profilo ben definito.

Quello di un vino bianco di carattere, in cui il ricco bouquet di frutta e la sapidità si incontrano, nel nome della longevità. Ecco il motivo della nascita del Piccolo Derthona: il biglietto da visita della denominazione. Sul quale – e l’anteprima Derthona Due.Zero 2025 lo dice bene – occorre ancora fare chiarezza tra le cantine. Per non rischiare di trasformare un’opportunità in un mezzo guaio. https://www.collitortonesi.com/

PICCOLO DERTHONA: UN’OPPORTUNITÀ DA INQUADRARE

Mattia Bellinzona di Terre di Sarizzola non gira attorno al concetto. «Nei Colli Tortonesi – spiega il titolare della cantina alessandrina, stuzzicato sull’argomento da Winemag – avevamo bisogno di un vino da classica mescita, il cosiddetto by the glass. Il Piccolo Derthona, che esce sul mercato prima del Derthona (marzo al posto di settembre dell’anno successivo alla vendemmia, ndr), sta lì per questo. Un vino d’entrata».

Un cavallo di Troia per il resto dei nostri vini, sui mercati come quello Americano che chiedono anche etichette non troppo costose, da servire al calice nei wine bar, anche senza necessità dell’abbinamento. Dobbiamo però essere bravi a comunicarlo come tale e non renderlo un’alternativa al Derthona che, per profilo gustativo e prezzo, deve rimanere ben distinto dal Piccolo Derthona. La fascia indicativa, ex cellar? Siamo sui 7 euro per il Piccolo. Saliamo a 10 per  il Derthona. E chiudiamo a 15 per la Riserva».

MIGLIORI PICCOLO DERTHONA 2024

Proprio in quest’ottica va la selezione di Winemag dei migliori Piccolo Derthona 2024 a Derthona Due.Zero 2025. Vini che, pur imbottigliati da poco, mostrano di avere un profilo diverso da quello del Derthona. Vini più leggeri nell’alcol e, organoletticamente, meno “ingombranti”. Capaci comunque di raccontare il vitigno Timorasso e le sue sfumature meno impegnative. Perché l’immediatezza non è, per definizione, un difetto. Anzi.

CANTINA VINO NOTE
La Stellara Piccolo Derthona 2024 Primo naso sulle erbe aromatiche. Agrumi, tocco di pompelmo. Bella rotondità in chiusura. Vino già sull’ottima strada, che gioverà di qualche settimana in più in vetro.
Claudio Mariotto Piccolo Derthona 2024 Ha un bel naso oleoso, profuma di erbe aromatiche e fieno. In bocca abbina una certa rotondità alla freschezza e alla sapidità. Vino equilibrato, in divenire più che positivo.

MIGLIORI DERTHONA 2023

È l’uniformità dei Derthona 2023, pur nella sacrosanta interpretazione aziendale, a costituire il vero punto di forza dell’anteprima Timorasso 2025. Mai come all’ultima edizione di Derthona Due.Zero si era vista un’asticella media così uniforme e una profilazione del vino principe della nuova sottozona dei Colli Tortonesi così efficace.

CANTINA VINO NOTE
Vignaioli Battegazzore Derthona Maggiora 2023 Già un bell’equilibrio – freschezza, sapidità, frutto – nel segno di un’ottima prospettiva. Migliori Derthona 2023 piccolo 2024 riserva 2022 Timorasso
La Colombera Derthona Montino 2023 Best in Show, senza se e senza ma. Frutto giallo, tocco di agrume e componente di erbe aromatiche ad arricchirne il profilo, già maestosamente stratificato, insieme alla verve minerale.
Sassaia – De Alessandrini Derthona 2023 In sintesi? Vino che “Borgognoneggia”. Primo naso su un legno usato divinamente. Non manca il frutto, maturo il giusto, che danza su una spina dorsale minerale, quasi “gessosa”. Vino in divenire: “di metodo”, più che “di territorio”. Oppure “di territorio”, figlio di “un metodo”. Come la si voglia interpretare, una delle espressioni funzionali a far conoscere Derthona nel mondo.
Terre di Sarizzola Derthona 2023 Albicocca, quasi sciroppata, certamente matura. Bella componente verde aromatica e minerale, a riequilibrare. In bocca più teso del previsto, asciutto, quasi sottile a prima vista: è eleganza sussurrata. Vino di grandissima stoffa, di cui aspettarsi millesimi finanche superiori: c’è da scommetterci.
Romanzo del Vino Derthona 2023 Svanita la riduzione iniziale, si apre sul frutto, pieno, giallo. Minerale. Si conferma tale anche al palato, in perfetta corrispondenza. Gran frutto, puro, giallo, tocco di agrumi e di erbe aromatiche. Allungo sul frutto, pieno. Chiusura sapida, asciutta, piacevolissima. Benvenuta a questa nuova realtà, Romanzo del Vino, che vede Walter Massa alla guida enologica di una nuova “collettiva” di produttori locali. Con uno sguardo alla sostenibilità e alle chiusure innovative: bottiglia da soli 410 grammi e – ça va sans dire, con il re de Gli Svitati di mezzo – tappo a vite.
Oltretorrente Az. Agr. Derthona 2023 Riecco quel profilo oleoso che sta diventando tratto comune della zona. Qui anche una bella componente agrumata, che ricorda il pompelmo rosa, oltre a quella minerale. In bocca si conferma più “sul suolo” che sul frutto. Tanto “sale”, mineralità. Freschezza da vendere per un vino in divenire che sarà grande.
Vietti Derthona 2023 Tra i più completi: frutto, freschezza, sapidità, alcol molto ben integrato. Prospettiva.
Bruno Maurizio Derthona Dai Sassi 2023 Tanto fiore giallo e sambuco, al naso. Un’albicocca appena matura. Agrumi. Mineralità da vendere al palato e frutto polposo, carnoso a controbilanciare, insieme a una bella vena glicerica.
Poggio Paolo Derthona 2023 Primo naso sul frutto e sulla classica, tipica, vena minerale. Altro vino più sul suolo che sul frutto, che tuttavia non manca e, anzi, uscirà meglio con l’ulteriore affinamento.
Vigneti Letizia Derthona Stappasogni 2023 Ottimo esordio per Vigneti Letizia sui Colli Tortonesi. La nuova cantina del patron di Finigeto (Oltrepò pavese) presenta un Derthona che convince per completezza e per la gran purezza del frutto. Il sorso abbina durezze e morbidezze: mineralità, freschezza e vena glicerica, su ritorni della frutta già avvertita al naso. Ottima prospettiva.
Fontanafredda Derthona 2023 Fresco ed aromatico, dalle componenti verdi al frutto giallo, di ottima concentrazione. Sapidità e polpa a disegnare un palato dalle spalle larghe, pur di gran beva.
Tenuta Garetto Derthona 2023 Vino che, come pochi – per stuzzicante citricità e sapidità – ricorda certi Riesling tedeschi. Solo uno dei volti di quel grande vitigno chiamato Timorasso.
Cantine Volpi Derthona La Zerba 2023 Cedro, fiori bianchi, gran purezza (e concentrazione) del frutto. Anche al palato si conferma preciso, cesellato, elegante e strutturato, senza rinunciare ad una certa agilità di beva. In definitiva, non gli manca nulla per portare alta la bandiera del Derthona.
Cas’Al’Mat Derthona Intro 2023 Vino che si discosta dal profilo medio dei vini di Tortona, ma che segnaliamo perché rientra nella casistica delle differenze che arricchiscono un territorio. Il naso, molto interessante, gioca più sui fiori bianchi, sulle note tioliche e sugli agrumi che sulle tinte mielate e sull’esuberanza della frutta bianca e gialla, qui in una veste appena matura, polposa, croccante. C’è addirittura un tocco di idrocarburo. Perfetta la corrispondenza gusto olfattiva, con un accenno di tannino in chiusura. Vino tutto tranne che banale, buono da solo o sul piatto: consigliato a chi vuole sondare nuovi orizzonti della denominazione.
Mariotto Derthona 2023 Parola d’ordine “tipicità” e “tradizione” per questo Timorasso insieme sapido e largo, che sfodera frutta fresca come albicocca e pesca, abbinandola a un’acidità piena e a una rinvigorente . Chiude su ricordi di mentuccia, timo, chiamando il sorso successivo senza mai stancare.
Oddero Derthona Monlia 2023 Gran bella sapidità a fare da bandiera. Frutto che non manca, anzi si rivela pieno, maturo, dal naso al palato, già ottimamente equilibrato. Componente verde rigogliosa, fresca, piacevolissima. Vino al momento giovanissimo, ma di gran prospettiva.

MIGLIORI DERTHONA “RISERVA” 2022

CANTINA VINO NOTE
Iandolo Francesco Derthona 2022 Quando peso estrattivo e leggerezza si incontrano. Convince per l’estrema schiettezza e tipicità questa etichetta di assoluta prospettiva. Vino da attendere, pur già in grado di parlare – in maniera forte e chiara – il linguaggio più nobile dei Colli Tortonesi.
Vigneti Boveri Giacomo Derthona Lacrima del Bricco 2022 Un nettare materico, quasi da masticare per ricchezza e stratificazione. Al naso dominano le note tioliche, ma in una veste ricca, densa, oleosa, che abbonda anche nel frutto (giallo) di pari opulenza. Vino già goloso, da attendere per goderne appieno.
Boveri Luigi Derthona Filari di Timorasso 2022 Dolcezza del frutto bilanciata dalla spiccata sapidità. Bel sottofondo di erbe aromatiche e allungo polposo, nel segno dell’ottima stratificazione preannunciata al naso.
Oltretorrente Derthona 2022 Un vino giocato sulla sapidità e sulla componente dura, che andrà man mano a “riassorbirsi”, lasciando più spazio al frutto e virando su un idrocarburo ancora più netto. Gran prospettiva.
Tenuta Garetto Derthona 2022 Gran bella purezza del frutto, su tutti l’albicocca, abbinata a tensione acida, sapidità e venature di erbe aromatiche. Vino di buona struttura e gran prospettiva. Migliori Derthona 2023 piccolo 2024 riserva 2022 Timorasso
Mariotto Claudio Derthona Pitasso 2022 Potente, per certi versi esuberante sul fronte dell’alcol: ma è, chiaramente, solo un peccato di gioventù. Vino che è solo da aspettare. Sarà grandissimo.
I Carpini Derthona Rugiada del Mattino 2022 Vino che colpisce per stratificazione e positivo peso estrattivo, da prolungato – e sapientemente compiuto – contatto sulle fecce fini. Minerale al punto da sembrare salato; fruttato e goloso al punto da sembrare aromatico; profondo e generoso, sulla nota verde di macchia mediterranea. Tra i campioni più food friendly dell’edizione di Derthona Due.Zero 2025
Cantine Volpi Derthona Zerba Antica 2022 Gran bell’equilibrio tra polpa e sapidità. Tra i palati più ricchi e armonici dell’anteprima.
Vigneti Massa Derthona 2022 Splendido sul frutto, pieno, polposo, goloso e sui fiori bianchi freschi. Ma l’espressione del frutto e del fiore sono solo “il dito”, ovvero l’aspetto più clamorosamente evidente di questo nettare. La Luna? È l’allungo materico, sapido, minerale. Il centro bocca denso, oleoso, ricchissimo. La stratificazione. La persistenza. Vino bandiera.
Vigneti Repetto Derthona Origo 2022 Eleganza da vendere per “l’omaggio alle origini” di Vigneti Repetto: Origo. Vino che non è mai stato opulento e si conferma tale anche nell'”edizione 2022″, tra l’espressione floreale e quella fruttata. Un Timorasso da lettura fedele del suolo, nel rispetto dell’espressione più autentica e originale della varietà regina dei Colli Tortonesi.
Broglia Derthona 2022 Segnalazione doverosa per un vino che, più d’altri, rivela già una spiccata attitudine al piatto, ovvero all’abbinamento. Nota di frutta matura (netta l’albicocca, quasi sciroppata) su un accenno di idrocarburo. In bocca è pieno, pur verticale, sapido, teso. Molto persistente. Vino di grande potenziale.

Migliori Derthona 2023 piccolo 2024 riserva 2022 Timorasso. Migliori Derthona 2023 piccolo 2024 riserva 2022 Timorasso.

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A Walter Massa il premio Grosso d’Oro Città di Tortona: la dedica alla madre


Walter Massa Grosso d’Oro città di Tortona. «Un vignaiolo, un innovatore, un testimonial e un ambasciatore del territorio tortonese a cui riconosciamo l’eccezionale impegno profuso nella valorizzazione del territorio tortonese e dei suoi prodotti tipici, esaltandone l’eccellenza enogastronomica in Italia e nel mondo. Il suo lavoro, la sua passione e la sua visione hanno saputo raccontare attraverso il vino e la cultura del fare la vera essenza della nostra terra, rendendola ambasciatrice di qualità, tradizione e innovazione. Quindi noi consegniamo oggi il Grosso d’Oro a Walter Massa». Questa la motivazione con la quale il sindaco di Tortona, Federico Chiodi, ha appena consegnato il premio Grosso d’Oro Città di Tortona al vignaiolo padre del Timorasso. Il vino dei Colli Tortonsi, che oggi si promuove a livello nazionale ed internazionale col vecchio nome della città di Tortona, Derthona, è stato “inventato” dal vignaiolo di Monleale, insieme ad un ristretto gruppo di vignaioli di questa fetta della provincia di Alessandria, tra cui Mutti e Poggio. https://www.comune.tortona.al.it/it/novita/page/grosso-d-oro-2025

Walter Massa e quel fax di Maurizio “Caino” Menichetti che cambiò la storia del Timorasso

GROSSO D’ORO CITTÀ DI TORTONA A WALTER MASSA 

Walter Massa Grosso d’Oro città di Tortona. La premiazione è in corso al Teatro Civico di Tortona. Walter Massa ha ritirato il premio e, commosso, lo ha dedicato alla madre, scomparsa nell’agosto 2024. «È il primo premio che ricevo senza poterlo poi consegnare a mia madre», ha detto sul palco. «Ho creduto e continuo a credere nella grandeur della Barbera – ha aggiunto Walter Massa – ma a 10 anni dall’inizio della mia carriera nel vino, ho preferito che fossero gli altri a venire a fare toc, toc alle porte del nostro territorio, al posto di andare noi a bussare altrove. Barbera? Asti. Cortese? Gavi. Croatina? Oltrepò. Freisa? Chieri. La riscoperta del Timorasso è il frutto della ricerca della nostra vera identità locale. Mal che vada, lo avremmo venduto in damigiana». Non è andata così. Oggi il Derthona è una chicca mondiale nel panorama dei vini bianchi, riconosciuta e apprezzata in Italia quanto all’estero. Una denominazione in crescita – punta a raggiungere i 2 milioni di bottiglie nei prossimi 3 anni – che si è data regole molto ferree a livello di disciplinare, in attesa del via libera definitivo da parte del Ministero che dovrebbe arrivare a settimane.

Colli Tortonesi, via libera alla sottozona Derthona. Terre di Libarna, solo spumanti

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Puglia, nuovo ceppo di Xylella fa paura alla vite: prime «eradicazioni chirurgiche»


Xylella vite puglia Dopo gli ulivi, la vite. Non c’è pace per la Puglia, alle prese con la conferma di un’emorragia dell’emergenza causata dal batterio Xylella, che ha già causato lo sradicamento di oltre 15 mila alberi, per la maggior parte ulivi secolari e spesso monumentali. L’Efsa, l’European Food Safety Authority, organizzazione europea che si occupa di sicurezza alimentare, ha confermato che 452 specie di piante appartenenti a 70 famiglie diverse possono essere colpite da questo batterio. Tra queste c’è anche la vite. La preoccupazione è crescente in Puglia e viene confermata dagli ultimi dati resi noti da Coldiretti, the Italian national organization of farmers. https://www.efsa.europa.eu/it

XYLELLA: ERADICAZIONI CHIRURGICHE SULLA VITE IN PUGLIA

La notizia è che sono state effettuate le prime «eradicazioni chirurgiche», ovvero il taglio dei ceppi infetti entro un raggio di 50 metri attorno a quelle trovate positive all’’infezione, anche nei vigneti. Questa azione preventiva, utile a impedire che il batterio contagi superfici agricole ben più vaste, si è svolta nelle zone dove è stata scoperta la presenza di un nuovo tipo di Xylella, chiamato Xylella fastidiosa fastidiosa. L’Efsa lo definisce un «nuovo ceppo particolarmente pericoloso, perché attacca vigneti, mandorli e alberi da frutto come i ciliegi», colture molto diffuse in Puglia, dove spesso risultano addirittura piantate in modo promiscuo, a simboleggiare la biodiversità della splendida regione del Sud Italia. https://www.winemag.it/salento-consorzi-del-vino-pronti-alle-barricate-contro-il-fotovoltaico/

IL NUOVO CEPPO DEL BATTERIO KILLER XYLELLA

I numeri iniziano a fare paura. Sono state già portate a termine le eradicazioni da infezione del nuovo ceppo del batterio killer su 339 piante, di cui 212 mandorli, 119 viti e 7 ciliegi. Il tutto, nell’area simbolo della viticoltura pugliese, ovvero il basso Salento, terra del Primitivo di Manduria. Per la prima volta sono state anche riscontrate nelle uve, nelle mandorle e in altre piante della Puglia infezioni naturali del ceppo della cosiddetta “malattia di Pierce”, un altro ceppo di Xylella fastidiosa che causa malattie nei vigneti del Nord America. Non è solo l’Italia a doversi preoccupare. Tra le nuove “piante ospite” del batterio individuate dall’Efsa, c’è anche la quercia di montagna della Cantabria (Quercus orocantabrica) trovata infettata in Portogallo. https://www.consorziotutelaprimitivo.com/

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Zero tolleranza per il Silenzio: il Ruzzese (secco) di Cà du Ferrà


Zero tolleranza per il silenzio
. Questo il nome scelto da Cà du Ferrà per il primo Ruzzese secco, dopo gli esordi sul mercato – nel 2023 – con il passito Diciassettemaggio, vendemmia 2020. Il vitigno autoctono ligure, frutto di una rinascita commerciale dovuta proprio all’intraprendenza e alla tenacia dei due titolari di Cà du Ferrà, Davide Zoppi e il marito Giuseppe Aieta, mostra così il volto più puro e contemporaneo della Liguria di Levante. Un vino a Indicazione geografica protetta (Igp), vendemmia 2023, prodotto in sole 635 bottiglie, in parte già assegnate dal distributore esclusivo Proposta Vini (il costo è di 35 euro, più Iva).

Una chicca – firmata dall’enologa Graziana Grassini – con un messaggio forte dentro (e fuori) dalla bottiglia. L’etichetta è solo apparentemente monocromo, bianca. In realtà va strappata, da sinistra verso destra. Tirando una linguetta. Ecco così apparire la scritta “Zero tolleranza per il silenzio”, voluta da una cantina – Cà du Ferrà, per l’appunto – che non smette di sorprendere non solo attraverso i propri vini, ma anche lanciando messaggi chiari e assumendo prese di posizione nette. A sfondo socio-culturale. Perché il vino può essere anche manifesto. https://caduferra.wine/it/

IL RUZZESE: VITIGNO, VINO E ORA ANCHE “MANIFESTO”

«Tolleranza zero per il silenzio. Questa è la filosofia del vino. Un vino che non accetta omertà, non accetta silenzi. Che vuole parlare da solo. Un vino che invita a vivere la vita con grande impegno, con grande responsabilità. Impegno verso gli altri, verso la natura. Verso il territorio in cui viviamo. Il nostro Ruzzese secco è un invito: tolleranza zero per il silenzio, in tutte le sue accezioni negative». Le parole di Davide Zoppi fanno eco a quelle del marito Giuseppe Aieta.

«L’etichetta da strappare – spiega – vuol rappresentare una linea ben marcata nel nostro percorso di riscoperta del vitigno ed essere un modo per far riflettere sul mondo in cui viviamo. Non a caso abbiamo scelto il candore del bianco. Occorre iniziare, tutti insieme, a strappare vie le paure dalla nostra vita. Spingersi oltre i pregiudizi, per raggiungere i nostri obiettivi. Dobbiamo tornare ad avere il coraggio di esprimere il nostro pensiero e la nostra essenza. Senza timori».

IL RUZZESE TRA RISCOPERTA E CONFERME ALLA BIBLIOTECA LA VIGNA DI VICENZA

Teatro d’eccezione della presentazione del Ruzzese Liguria di Levante Bianco 2023 di Cà du Ferrà è stata la Biblioteca Internazionale “La Vigna” di Vicenza, luogo simbolo della ricerca e della tradizione vitivinicola italiana. Un luogo che custodisce 62 mila volumi tematici, dal quindicesimo secolo ai giorni nostri. Insieme ai produttori il prof Franco Mannini, ex ricercatore del Cnr di Torino che ha accompagnato – insieme al team guidato dalla professoressa Anna Schneider e a un finanziamento del Parco delle Cinque Terre – le prime ricerche sul vitigno Ruzzese. Studi che hanno portato alla sua iscrizione nel registro nazionale, nel 2009. https://www.lavigna.it/it/lavigna

«Eppure – ha spiegato Mannini – nessuno ha colto questa opportunità come invece ha fatto Cà du Ferrà, che è arrivata ad impiantare il suo primo vigneto di Ruzzese nel 2015». Poche barbatelle, a cui si affiancherà presto un ulteriore impianto per incrementare la produzione. «Una varietà incredibile – ha sottolineato l’agronomo Gabriele Cesolini, del team di Graziana Grassini – che all’inizio, essendo a me totalmente sconosciuta, avevo scambiato per Cabernet Franc. Si tratta di un vitigno resistente alle malattie, che germoglia prima e matura tardi, che produce uve dalla buccia spessa, col sole dentro».

LA PRIMA CITAZIONE DEL RUZZESE IN UN LIBRO DEL 1596: PIACEVA AL PAPA

Tutte condizioni che dipendono dal perfetto acclimatamento in Liguria del Ruzzese. Ed è proprio alla Biblioteca Internazionale “La Vigna” di Vicenza, oggi presieduta dall’imprenditore Remo Pedon, che il legame ha trovato senso compiuto. Di Ruzzese e di Liguria di Levante parla infatti lo scrittore Andrea Bacci, in un manoscritto del 1596 conservato proprio sugli scaffali del “museo” di Contrà Porta San Felice 3, nel cuore della Città del Palladio. Lo descrive, in latino, come un vino apprezzatissimo a Roma, tanto da essere gradito anche da Papa Paolo III Farnese, in carica dal 1534 al 1549. Il suo “bottigliere” Sante Lancerio, sommelier ante litteram, glielo aveva proposto come uno dei migliori vini bianchi che l’Italia enoica potesse offrire a quel tempo, grazie anche ad un finale tendente al dolce e non all’acido o all’amaro.

ZERO TOLLERANZA PER IL SILENZIO: L’ASSAGGIO DEL RUZZESE SECCO DI CÀ DU FERRÀ

Così, la decisione di Cà du Ferrà di vinificare “in secco” il Ruzzese non è solo riscoperta, ma anche evoluzione. Il vino matura e si arricchisce – grazie a ripetuti bâtonnage – in tonneau da 500 litri, nella piccola sala della cantina ligure, a Bonassola, in provincia della Spezia. Ma non “sa” di legno. Ricorda piuttosto il sole, il mare, la macchia mediterranea e la generosità della polpa dei frutti. Sa di mare e di montagna, di brezza marina e di frutta a polpa gialla matura, come l’albicocca.

Entra sornione in bocca, generoso. Poi si assottiglia sulla freschezza e sulla sapidità, che accompagnano sino al lungo finale. Alla cieca, il Ruzzese potrebbe ricordare vagamente il Fiano campano, di Avellino. Ma ha anche tratti da Chardonnay che affonda le radici su suoli vulcanici, basaltici. Suggestioni, anzi distrazioni giocose. Perché è uguale solo a se stesso. E lo grida a tutti. Forte e chiaro. Onorando il suo nome. Zero tolleranza per il silenzio.

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degustati da noi news news ed eventi vini#02

Ritratti Cantina La-Vis: nuove etichette e svolta Horeca per i 6 vini Trentino Doc


Ritratti cantina LavisEclettica e spensierata. Romantica e riflessiva. Generosa e dolce. O, ancora: elegante e raffinata. Riservata e misteriosa. Decisa e dinamica. Sono le “personalità” raffigurate sulle nuove etichette della gamma di vini Ritratti di Cantina La-Vis. Ognuna a sintetizzare l’animo, anzi l’anima, di altrettanti vitigni allevati sulle colline avisane, alle porte di Trento, tra i 250 e i 550 metri di altitudine. Rispettivamente: Sauvignon Blanc, Chardonnay, Gewürztraminer. Pinot Nero, Cabernet Sauvignon e Lagrein. Tutti vendemmia 2023 i bianchi; 2022 i rossi. Una gamma rigorosamente Trentino Doc.

DALLA GDO ALL’HORECA: IL SALTO DEI RITRATTI DI CANTINA LA-VIS

Un passo in avanti che, per la cooperativa trentina, significa evoluzione. In primis nel cambio di rotta commerciale. I 6 nuovi vini, prodotti in quantità limitate – 100 mila bottiglie potenziali – e solo su una porzione selezionata – circa 100 ettari – dei 400 ettari a disposizione degli (altrettanti) soci della cantina, saranno infatti destinati in esclusiva al canale Horeca (enoteche, wine bar, ristoranti, hotel). Le annate precedenti erano invece commercializzate (anche) in Gdo, ovvero al supermercato. Il “rebranding” della linea Ritratti parte dall’estetica, con la scelta di rinnovare le etichette. Non più i dipinti di fine Ottocento del pittore trentino Giovanni Segantini, tra i massimi esponenti della corrente divisionista italiana. Ma le opere di un’artista contemporanea, di origini marchigiane, che ha scelto di vivere a Trento ormai da 10 anni: Margherita Paoletti. https://www.margheritapaoletti.it/

MARGHERITA PAOLETTI E LE ETICHETTE DEI RITRATTI CANTINA LA-VIS

Sull’etichetta del Sauvignon Blanc ecco dunque “Salvia fredda“, opera caratterizzata da tinte verdi che simboleggiano i tratti organolettici del vitigno di origine francese. Il calore del giallo sullo Chardonnay, con “Dorata“. “Aria d’estate” è il titolo del quadro raffigurato sul Gewürztraminer. Il Pinot Nero vede protagonista “Nebbia sospesa”. Cabernet Sauvignon e Lagrein, infine, “Alba e rugiada” e “Viola umana“. L’artista Margherita Paoletti, selezionata da cantina La-vis fra oltre 300 potenziali candidati, è stata accompagnata nei vigneti dove nascono i vini della linea Ritratti. Ne ha toccato la terra. E si è lasciata coinvolgere da colori e profumi. Solo dopo questa «esperienza immersiva» ha dato vita alle 6 creazioni che oggi sono raffigurate sull’etichetta e che saranno esposte in una sala dedicata della cooperativa, nella sede di La-vis. https://www.mart.tn.it/

RITRATTI LA-VIS: VINI SINTESI DEL LORO ECOSISTEMA

«La linea Ritratti di Cantina La-vis – ricorda il direttore tecnico Ezio Dellagiacoma – è nata nel 1988 ed ha saputo distinguersi, sin dagli esordi, per la qualità dei vini e per le etichette che ritraevano i dipinti di Segantini. Con l’annata 2023 dei bianchi e 2022 dei rossi abbiamo voluto rendere il progetto più attuale, coinvolgendo il Mart di Rovereto e scegliendo un’artista contemporanea che condividesse i nostri valori. In questo senso, Ritratti ha compiuto un passo in avanti nel simboleggiare il forte legame di questi 6 vini con l’ecosistema in cui nascono, ovvero le colline avisane. Ed entro la fine del 2025 presenteremo un’altra novità: una cuvée dei vitigni a bacca bianca, già imbottigliata ma, a differenza dei monovarietali, bisognosa di sostare in vetro, prima di essere commercializzata». Già pronti per essere stappati i tre bianchi e i tre rossi. Tutti vini fedeli alla varietà. Con un denominatore comune assoluto: l’agilità di beva e la gastronomicità, che li rendono – trasversalmente – ottimi alleati del segmento Horeca. https://la-vis.com/

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Ludovico Maria Botti nuovo vicepresidente Cevi – Vignaioli Indipendenti europei


Ludovico Maria Botti Cevi Vignaioli Indipendenti europei Cevi, Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti, continua a parlare italiano con l’ingresso di Ludovico Maria Botti nel ruolo di vicepresidente. Il vignaiolo del Lazio, già membro del consiglio direttivo nazionale di Fivi, è la quota tricolore nel nuovo team direttivo, che perde tuttavia la presidenza italiana. Matilde Poggi, alla guida della Cevi dal 2021, lascia infatti il posto al nuovo presidente Samuel Masse, 36 anni, vignaiolo francese della regione dell’Hérault. L’elezione è avvenuta oggi, durante l’Assemblea Generale dell’organizzazione, tenutasi proprio nel Lazio.

Matilde Poggi, che ha deciso di non ricandidarsi dopo quattro anni di presidenza, ha espresso grande soddisfazione per il lavoro svolto, assicurando che la Cevi è ora «in ottime mani» con Masse. Già presidente del Ceja, il Consiglio Europeo dei Giovani Agricoltori nel 2021, il vigneron porta con sé una solida esperienza nelle dinamiche istituzionali dell’Unione Europea e nella difesa dell’agricoltura familiare e giovanile. Ludovico Maria Botti Cevi Vignaioli Indipendenti europei. https://www.cevi-eciw.eu/

CEVI – VIGNAIOLI EUROPEI: GLI OBIETTIVI DEL NUOVO PRESIDENTE SAMUEL MASSE

Le stesse che sarà chiamato a difendere Ludovico Maria Botti (Azienda Biologica Trebotti, Tuscia), accanto agli altri due vicepresidenti Mateja Škrl Kocijančič (Slovenia) e Josef Valihrach (Repubblica Ceca). Nominato tesoriere Guy Krier (Lussemburgo), mentre Ivo Varbanov (Bulgaria) è il nuovo Segretario generale della Cevi. Tra gli obiettivi principali del neo presidente ci sono l’ampliamento della base associativa della Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti, che intende tutelare circa 200 mila vignaioli indipendenti in 12 Paesi europei. Tutte realtà che contribuiscono significativamente allo sviluppo economico e sociale delle regioni vinicole di appartenenza. Altro obiettivo della nuova presidenza targata Samuel Masse è il rafforzamento della capacità di Cevi di influire sulle politiche europee.

Tutte realtà che contribuiscono significativamente allo sviluppo economico e sociale delle regioni vinicole di appartenenza. Altro obiettivo della nuova presidenza targata Samuel Masse è il rafforzamento della capacità di Cevi di influire sulle politiche europee.ht

Tutte realtà che contribuiscono significativamente allo sviluppo economico e sociale delle regioni vinicole di appartenenza. Altro obiettivo della nuova presidenza targata Samuel Masse è il rafforzamento della capacità di Cevi di influire sulle politiche europee.tps://trebotti.it/vini

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Rinviati i dazi di Trump sui vini europei. Il Tycoon non si fida dell’Ue e prende tempo


rinvio dazi trump vini europei. Rinviati i dazi dell’Ue sul bourbon americano. Ma il Tycoon non si fida e prende tempo. Ieri
mattina, l’Unione Europea ha annunciato un rinvio dei dazi punitivi su bourbon, whiskey e altri prodotti degli Stati Uniti dall’1 al 13 aprile. Una notizia colta con sospetto da Trump. Gli Stati Uniti hanno infatti posticipato a loro volta i dazi sui vini ed altri alcolici europei, al giorno successivo: il 14 aprile. «Questo è un buon primo passo per abbassare la tensione», commenta Ben Aneff, presidente della US Wine Trade Alliance, l’associazione che riunisce gli importatori di vino americani.

Si spera che la decisione dia tempo agli Stati Uniti e all’Ue di arrivare a un accordo negoziato sulla questione alla base dei dazi. Anche se accogliamo con favore la notizia, l’attuale stato di purgatorio del settore è comunque estremamente dannoso per le imprese in tutto il territorio degli Stati Uniti». L’invito dell’associazione, come riferito ieri da Winemag, è stato quello di interrompere tutti gli ordini di vini europei, in attesa di maggiori certezze. https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_25_750

USWTA: L’EUROPA STA SOTTOVALUTANDO TRUMP

Secondo la USWTA, l’Ue starebbe sottovalutando la volontà degli Stati Uniti di rispondere in modo deciso ai dazi su acciaio e alluminio. Ci aspettiamo pienamente che gli Stati Uniti impongano dazi all’Ue per il doppio del valore di qualsiasi ritorsione sui dazi sull’acciaio. Ma stiamo naturalmente esortando l’amministrazione a garantire che tali dazi siano determinati con attenzione, per evitare di danneggiare le imprese americane e limitare il danno alla sola Ue. Come sappiamo, i dazi sul vino arrecano un danno significativamente maggiore alle imprese americane. Sono inutilmente nocivi per gli interessi americani. Una cattiva leva per influenzare il cambiamento politico». rinvio dazi trump vini europei.

«I DAZI SUL VINO? SONO DANNOSI PER L’AMERICA»

L’industria del vino, secondo Ben Aneff, può essere «un modello per il commercio equo che gli Stati Uniti desiderano, a beneficio delle imprese su entrambi i lati dell’Atlantico». Un settore che può sostenere centinaia di migliaia di posti di lavoro americani. «Anche se speriamo che gli Stati Uniti e l’Ue possano risolvere le questioni sottostanti, in caso di controversia, i dazi punitivi dovrebbero essere limitati a prodotti che beneficiano principalmente le aziende dell’Ue. I dazi sul vino sono dannosi per l’America». L’USWTA definisce la settimana di tensione «molto stressante per tutti». «Speriamo di avere presto ulteriori notizie», è l’auspicio di Aneff. Poi, un’esortazione ai colleghi importatori di vino: «Continuiamo a lavorare ogni giorno per raccontare la storia della nostra straordinaria industria ai decisori politici di Washington». https://winetradealliance.org/

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Stati Uniti shock: «Bloccate tutti gli ordini di vini europei, rischio dazi Trump alto»


bloccate ordini vini europei dazi trump. La tensione commerciale tra Stati Uniti ed Europa, con la minaccia di nuovi dazi di Trump sui vini europei, mette in allerta anche gli operatori americani del settore vino. Dopo la raccolta firme per scongiurare nuove tariffs, Ben Aneff, membro del Board of Directors della U.S. Wine Trade Alliance, ha invitato ufficialmente le aziende importatrici americane a «sospendere immediatamente tutte le spedizioni di vino, liquori e birra provenienti dall’Unione Europea».
«La minaccia di dazi del 200% annunciata dal presidente Trump in risposta ai dazi programmati dall’Ue su bourbon e altri prodotti americani rappresenta un rischio troppo elevato», ha spiegato Aneff in una nota diffusa ai membri della USWTA. L’Unione Europea intende applicare nuovi dazi a partire dal 1° aprile. E gli Stati Uniti potrebbero rispondere già dal giorno successivo. Sfruttando una sezione della legge commerciale finora mai utilizzata.

Possibili dazi vino Trump: raccolta firme dei distributori negli Usa

DAZI TRUMP SUI VINI EUROPEI: DEROGA PER LE MERCI IN VIAGGIO?

Proprio per questo motivo, la U.S. Wine Trade Alliance è impegnata nel tentativo di ottenere una deroga per le merci già in viaggio. Negli Stati Uniti la chiamano «goods-on-the-water exception». Ma, attualmente, ammonisce l’associazione che riunisce gli importatori, «non vi è alcuna garanzia che tale eccezione venga concessa». Aneff ha sottolineato la gravità della situazione: «Siamo ben consapevoli dell’impatto di una simile interruzione, e non prendiamo questa raccomandazione alla leggera». bloccate ordini vini europei dazi trump.

Sebbene nessuna notizia ufficiale sia stata ancora pubblicata dal registro federale statunitense, la situazione resta fluida. E potrebbe cambiare repentinamente. «Non siamo responsabili di questa guerra commerciale, ma ci troviamo comunque coinvolti», conclude Aneff. Il Board della USWTA assicura che «continuerà a dialogare quotidianamente con agenzie governative e membri del Congresso per aggiornare tempestivamente gli operatori del settore». Secondo una recente indagine dell’associazione, il surplus di costi causato dai dazi di Trump sui vini europei è risultato pari a 230 milioni di euro. https://winetradealliance.org/

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Capitanata Spumante Metodo Classico, D’Araprì fa scuola: la Puglia punta sulle bollicine

do classico. Capitanata brinda al futuro con un calice di spumante metodo classico. È nata l’Associazione Capitanata Spumante Metodo Classico, una nuova realtà che unisce sette cantine di San Severo, guidate da un nome notissimo della spumantistica della Puglia, d’Araprì. Presidente dell’associazione è proprio uno dei tre fondatori e titolari di D’Araprì, Girolamo D’Amico, che con Louis Rapini e Ulrico Priore produce metodo classico a San Severo da metà degli anni 80. Al centro di questo progetto dal nome ambizioso, che sembra guardare ben oltre la cittadina della provincia di Foggia in cui si trovano le sette cantine dell’associazione, c’è il vitigno Bombino Bianco. https://www.darapri.it/

CAPITANATA SPUMANTE METODO CLASSICO: BOMBINO BIANCO PROTAGONISTA

Una varietà che si presta alla spumantizzazione metodo classico, grazie alla sua acidità naturale e al suo buon potenziale nell’affinamento sui lieviti. Lo sanno bene non solo i consumatori italiani, ma anche i mercati internazionali, dalla California al Giappone, passando per Belgio e Germania. Mai prima d’ora, però, i produttori locali erano riusciti a fare squadra su un prodotto. La produzione annua delle cantine associate si attesta già intorno alle 300 mila bottiglie. Ma l’impegno dell’Associazione Capitanata Spumante Metodo Classico non si limita alla promozione delle “bollicine”. Grande attenzione sarà rivolta alla valorizzazione dei vini locali certificati con denominazioni San Severo Dop, Igp Daunia e Igp Puglia, oltre alla sempre più importante produzione biologica. La tradizione enologica locale, di fatto, è legata sì al Bombino bianco, ma anche a vitigni a bacca rossa come Montepulciano, Sangiovese e Nero di Troia. https://www.winemag.it/la-capitanata-dei-vini-della-daunia-e-pronta-per-il-vinitaly/

METODO CLASSICO NELLE CANTINE IPOGEE DI SAN SEVERO

Il metodo classico a San Severo ha radici che risalgono agli anni Settanta, grazie soprattutto alla visione pionieristica della cantina d’Araprì. La prima nella Capitanata a credere nel potenziale del Bombino Bianco per la produzione di spumanti di qualità superiore, con affinamento sui lieviti da 18 mesi fino anche oltre 60 mesi per alcune riserve speciali. Si ottengono così bollicine di Puglia molto eleganti, dal perlage al profilo organolettico, caratterizzate da note di fiori e frutta fresca e crosta di pane, con la tipica freschezza del Bombino Bianco. Ma il prodotto in sé non è tutto. Uno dei punti di forza dell’Associazione Capitanata Spumante Metodo Classico è costituito dalle cantine ipogee di San Severo.

Un vero e proprio tesoro nascosto, con oltre 540 grotte sotterranee che attraversano la cittadina alle porte di Foggia. In molti casi, ancora utilizzate per l’affinamento di vini e spumanti. Le condizioni naturali di temperatura costante e umidità elevata delle cantine sotterranee contribuiscono al lento e raffinato processo di affinamento. La ciliegina sulla torta, utile non solo per gli aspetti produttivi, ma anche per la promozione dell’enoturismo della zona. «Vogliamo essere ambasciatori della qualità della Capitanata nel mondo – commenta il presidente Girolamo D’Amico – creando esperienze indimenticabili per chi visita le nostre cantine. Crediamo che il nostro vino possa diventare un simbolo di eccellenza e una straordinaria opportunità, non solo economica ma anche culturale. Noi ci crediamo davvero».

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Analisi Mercato news news ed eventi Vini al supermercato

Notte Rossa, valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese

Notte Rossa consolida la sua posizione di leader nel panorama vinicolo italiano, raggiungendo il primato assoluto delle vendite in valore al supermercato nel formato da 75 cl. Un risultato, confermato dai dati Nielsen riferiti al 2024, che non è frutto del caso, ma di una strategia di marketing costruita sin dagli esordi della linea di vini del Salento nei supermercati italiani, nel 2013. Terre di Sava, con il suo marchio Notte Rossa, è riuscita a conquistare il cuore degli appassionati e a dettare nuove regole in un mercato sempre più competitivo. Superando rivali storici come Antinori, Frescobaldi e Ruffino, sempre protagonisti nelle classifiche nazionali ed internazionali della Gdo. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

Il successo di Notte Rossa non è solo nei numeri. Ma nella visione. Puntare sul formato da 75 cl, che rappresenta l’81% del valore totale del mercato vinicolo in Italia, è stata una mossa che ha pagato. Il primato, raggiunto senza dimenticare la formula strategica del bag in box, testimonia l’efficacia di una politica commerciale capace di garantire un prezzo competitivo per vini che possono essere anche considerati premium, come il Primitivo di Manduria e il Primitivo di Manduria Riserva, ambasciatori della Puglia nel mondo. https://www.notterossa.wine/shop/

LA LEADERSHIP DI NOTTE ROSSA IN GDO: UNA VERA CASE-HISTORY 

La leadership di Notte Rossa appare ancora più significativa se si considera il contesto di mercato attuale. Il vino bianco cresce smisuratamente in volume. Tuttavia, sul fronte del valore, il vino rosso continua a dominare. Parte del merito è anche di marchi come Notte Rossa, capaci di costruire in Gdo un’offerta in grado di competere con nomi blasonati, sul fronte della qualità. La capacità di interpretare al meglio il territorio pugliese, con vitigni autoctoni valorizzati attraverso tecniche enologiche moderne ma rispettose della tradizione, è uno dei fattori chiave che hanno permesso a Terre di Sava di emergere. E consolidare, poi, la posizione del proprio brand. otte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.Nel segmento degli spumanti, sempre secondo i dati Nielsen 2024, il Prosecco mantiene il suo dominio incontrastato, rappresentando quasi il 50% del fatturato complessivo.

Anche sul fronte degli sparkling Notte Rossa ha saputo ritagliarsi uno spazio, puntando sul fascino, un po’ “esotico”, delle “bollicine pugliesi”. La capacità di differenziarsi da giganti come Valdo e Zonin dimostra – ancora una volta – la visione strategica del brand, orientato all’espansione in nicchie di mercato ad alto potenziale, pur lontane dal “core business”. I rosati, stabili al 5% sia nei vini fermi che negli spumanti, rappresentano un’ulteriore sfida. Ma anche un’opportunità. Notte Rossa, forte del proprio ruolo in un territorio vocato per questa tipologia di vino, ha tutte le carte in regola per aumentare questa quota, con referenze capaci di attrarre un pubblico giovane e internazionale. La Puglia, del resto, è da sempre terra di rosati d’eccellenza.

IL PACKAGING DI NOTTE ROSSA: L’UOMO, IL CIELO STELLATO, LA LUNA

La strategia vincente di Notte Rossa si riflette anche nelle scelte del packaging. L’etichetta, ormai inconfondibile, caratterizza tutta la linea e rappresenta uno spaccato quasi poetico, per la sua capacità di avvicinare – in pochi, semplici, tratti – l’uomo al cielo, in una notte stellata, grazie solamente ad una scala. Sempre sul fronte del packaging, le confezioni regalo – che incidono per il 2% sul mercato degli spumanti, ma risultano irrilevanti per i vini fermi – rappresentano forse un’opportunità da poter cogliere. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

In questo senso, il confronto con altri competitor che da anni investono su packaging ricercati, potrebbe aprire nuovi scenari di crescita anche per Notte Rossa. In definitiva, Notte Rossa non solo guida il mercato italiano del vino nel formato da 75 cl, ma prova a dettare nuovi standard di qualità e innovazione. Il tutto, in un contesto “tortuoso” come quello della Gdo e dei vini al supermercato. Dove nulla è dato per assodato. E le potenzialità ancora inespresse del settore non si contano sulle dita di una mano. Lo sa bene Luca Buratti, direttore vendite Gdo di Notte Rossa.

L’INTERVISTA A LUCA BURATTI, DIRETTORE VENDITE GDO NOTTE ROSSA

Luca Buratti, qual è la sua analisi del primato assoluto delle vendite di Notte Rossa nel formato bottiglie da 75 cl al supermercato?

Notte Rossa non ha come strategia la competizione sul prezzo. Quindi, il primato non può essere inteso sui volumi, bensì sul valore. Da sempre la nostra politica è attenta al giusto rapporto prezzo/qualità, che non vuol dire “prezzo basso”, ma prezzo corretto nei confronti del prodotto offerto al mercato. Questo aspetto, sempre tenuto in evidenza, oggi ci premia. Siamo la prima cantina nel mercato moderno, per valore complessivo, con il formato da cl.75 (formato che rappresenta il 98% delle nostre vendite) e questo è dovuto al riconoscimento da parte dei nostri clienti della qualità dei nostri vini.

In tempi di contrazioni generalizzate delle vendite, il brand Notte Rossa si conferma solidissimo e, grazie al primato del formato 75 cl, diventa “case-history”. Quali sono stati, secondo lei, i fattori chiave che hanno permesso di raggiungere questo importante traguardo?

La determinazione nel mantenere la promessa del miglior rapporto prezzo/qualità possibile. Il consumatore riconosce e premia la nostra coerenza, mantenendo elevati i momenti di acquisto fuori dalle promozioni. E dando così dimostrazione che Notte Rossa si acquista per la qualità e non per il prezzo. Altro importante aspetto è rappresentato dal packaging. Aver scelto in passato l’immagine iconica della “scaletta” con la luna, ha fatto sì che il cliente ci riconosca con grande immediatezza. E che, in modo simpaticamente affettuoso, ci identifichi come il vino “della scaletta”.

Ultimo ma non meno importante, l’aspetto di coerenza nella gestione del prezzo. Non ci siamo mai fatti prendere dall’enfasi del successo, mantenendo i prezzi sempre nella corretta fascia di accessibilità quotidiana, ritenendo che la promessa che abbiamo fatto al nostro cliente, di essere il miglior vino per i momenti di consumo giornalieri che può trovare. Il rispetto della fiducia che i clienti ci riconoscono, ci ha premiato e continuerà a farlo. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese. https://www.winemag.it/luca-buratti-e-le-sue-terre-di-sava-tutti-i-segreti-del-brand-notte-rossa/

Il mercato dei vini bianchi ha sorpassato quello dei rossi a livello di volume, ma il rosso resta dominante in termini di valore. Come si inserisce Notte Rossa in questa dinamica e quali sono le vostre strategie per il futuro?

Siamo una cantina salentina ed è importante fare bene quello che ci rende riconoscibili da sempre. I vini rossi innanzitutto. Del resto, se è vero che il mercato, negli ultimi anni, premia i vini bianchi, non dimentichiamo che il vino rosso esprime ancora e lo farà sempre, esempi di altissima qualità, con bottiglie iconiche di fama mondiale. Non possiamo dimenticare che i maggiori vini di pregio sono rossi, che la storia enologica è stata influenzata in maniera determinate dai vini rossi e che, nel top di gamma, il consumatore li riconosce come garanzia di qualità.

Ovviamente il vino bianco merita ampiamente il successo raggiunto. Successo che risiede sostanzialmente, a mio avviso, in due fattori, la maggior freschezza e facilità nella bevuta ed una inferiore gradazione alcolica. I nostri vini bianchi sono una espressione del territorio che si esprime in vitigni come la Verdeca, il Fiano, il Vermentino. Vini che proponiamo con grande successo, in una veste “salentina”, che soddisfa le attese dei nostri clienti.

Un discorso a parte meriterebbero i vini rosati, da anni destinati – secondo alcuni – ad esplodere, ma forse mai decollati in maniera definitiva. La quota di Notte Rossa è stabile ma il potenziale del territorio pugliese, soprattutto in questa tipologia tradizionale, suggerisce che possiate fare qualcosa di più. Ci state pensando?

Questa attesa di una “esplosione” del rosato, mi sembra più una enfatizzazione di marketing, che non un oggettiva situazione di mercato, forse dovuta alla speranza che ci si possa avvicinare al consumo dei cugini d’oltralpe (36% del totale vino). Quello che osserviamo, con soddisfazione, non è tanto il forte sviluppo dei volumi, ma la stabilità degli stessi. Per decenni abbiamo assistito ad un mercato del rosato che ciclicamente cresceva e con rapidità calava. Oggi la situazione sembra essere differente. Il mercato del rosato copre circa il 4% del totale. E si sta dimostrando stabile. Facendo sì che – sia i produttori che la distribuzione – possano finalmente investire in questo comparto, con programmi di medio termine.

I vitigni pugliesi aiutano, ragionando “in rosa”…

La proposta di Notte Rossa è innanzitutto quella di un vino di elevata qualità che, nel rosato più che in altre tipologie, è indispensabile per garantire al prodotto le peculiari caratteristiche di freschezza, aroma e gradevolezza del colore. Il nostro Primitivo Rosato ed il Negroamaro Rosato sono figli di una selezione in vigna e di una sapiente capacità dei nostri enologi, che riescono a garantire un’importante durata del prodotto e delle caratteristiche prima citate. Sicuramente stiamo pensando ad un’ulteriore espansione della proposta. In arrivo c’è il Susumaniello rosato. Un vino che risponde alla richiesta non solo di un rosato più delicato, ma anche di un vino figlio della storia del territorio. Che si affianchi ai due vitigni iconici del Salento.

Ho l’impressione che in Italia, più che all’estero, si sottovaluti ancora il potenziale del packaging, in particolare delle “confezioni regalo”. Siamo riusciti a sdoganare lo spumante dai momenti di festa: quando riusciremo a fare lo stesso con le “confezioni regalo”, che continuano ad avere un impatto maggiore sugli spumanti rispetto ai vini fermi? Avete in programma iniziative per colmare questo divario?

Sono anni che le confezioni regalo perdono interesse da parte del cliente finale. La ricerca di una sempre maggiore importanza in ciò che si regala, fa sì che la scelta si rivolga più verso la singola bottiglia di elevata qualità, che non verso le ormai obsolete “valigette” in cartoncino o confezioni fantasiose. Per questo motivo la nostra strada in questo segmento ci vede più attenti alla valorizzazione delle eccellenze. Con un’attenzione verso le Riserve ed il formato magnum, che oggi attraggono di più. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

Un altro tema interessante è quello del bag in box: Notte Rossa non lo sottovaluta, come dimostra la presenza di questo formato anche sul vostro shop online. Come vi orientate in questo segmento?

La storia del vino è fatta anche di grandi formati, che rappresentano più che altro un maggior livello di servizio nel vino di consumo giornaliero. Fino a qualche anno fa sugli scaffali dei supermercati si vedevano pesanti dame di vetro, da 3 o da 5 litri, che soddisfacevano la richiesta di un vino di qualità accettabile ad un prezzo contenuto per unità di misura. Il cambio generazionale ha portato ad un diverso modo di approcciare e consumare il vino, con una ricerca da parte delle generazioni più giovani che premia la qualità rispetto alla quantità, facendo si che questa tipologia di contenitori abbia sempre meno interesse ed infatti sono quasi totalmente scomparsi dagli scaffali. Nel frattempo, la tecnologia del confezionamento si è evoluta fornendoci la possibilità di produrre il vino nel formato Bag in Box.

Per noi la scelta è caduta nel formato da tre litri, più agevole da manovrare in ambito domestico e che, per i bianchi ed i rosati, ha la dimensione ideale per inserirlo nella tasca della porta del frigorifero. Questa innovazione, che esiste comunque da alcuni anni, ha la prerogativa di avere un contenitore a tenuta stagna e buon isolamento rispetto alla luce, al calore e soprattutto all’aria esterna (grazie alla sacca interna) con una moderata rigidità del contenitore fornita dall’involucro esterno (in modo da essere trasportato e stoccato in maniera più agevole rispetto ad una semplice sacca). Grazie ad un piccolo rubinetto alla base consente la fuoriuscita del vino per gravità. Ma, ancor più importante, ne garantisce la conservabilità per settimane dopo l’apertura, mettendolo al riparo dall’ossidazione, grande nemico della sua conservazione. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

Qual è la sua visione sul futuro del vino in Gdo?

La Grande Distribuzione, nell’ultimo decennio ed ancor più nel funesto periodo del Covid, ha implementato la proposta assortimentale, ampliandola verso vini di qualità e riducendo in maniera importante la fascia di prezzo basso. Questo ha fatto si che in quasi tutte le insegne si assista alla presenza di scaffali che sono diventati vere e proprie enoteche, in grado di soddisfare la maggior parte delle esigenze della clientela. Inoltre, nelle insegne più attente al livello di servizio, sono comparse varie modalità per dare al cliente informazioni su provenienza, caratteristiche organolettiche, abbinamenti.

Arrivando fino alla tipologia di bicchiere da usare, così da semplificare la scelta. Che rimane quasi sempre autonoma e che, non dimentichiamolo mai, è effettuata da un cliente che difficilmente ha competenze specifiche nel vino. In definitiva, il settore vino nel canale moderno è ancora in fase di crescita, verso la qualità e l’attenzione al cliente. Non dimentichiamo che attraverso la Gdo transitano le vendite di circa il 70% di tutto il vino che si vende in Italia.

La valorizzazione dei vitigni autoctoni è uno dei vostri punti di forza, parte integrante della strategia del Salento del vino. C’è un vitigno pugliese su cui puntate in particolare per i prossimi anni?

Ritengo che andare a cercare la novità a tutti i costi, la particolarità per creare interesse, sia sbagliato. Il Salento è universalmente associato a due vitigni principe, il Primitivo ed il Negroamaro. Ovviamente questi due vitigni si declinano poi in vari aspetti, Riserve, Rosati, IGP e DOP. La nostra missione è fare al meglio quello che già sappiamo fare molto bene. Questo non vuol dire che ci arrocchiamo su questi due vitigni, perché abbiamo anche grande attenzione verso il mercato. Quindi la crescita dei vini bianchi ci ha stimolato ad andare verso Verdeca, Fiano e Vermentino. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

Il primo decisamente nativo, mentre gli altri due, presenti anche in altre zone enologiche della nazione, in Salento si avvalgono di un terroir e di un clima che li rendono unici, quindi con una valenza di autoctonia. In ultimo, per soddisfare i nostri clienti più esigenti e sempre in tema di autoctono, lo scorso anno abbiamo implementato la proposta con il Susumaniello. Un vitigno che, insieme al Negroamaro, rappresenta la storia enoica del Salento, affondando la sua origine in un passato molto lontano, con caratteristiche uniche. Notte Rossa valore top: la bottiglia di vino più venduta al supermercato è pugliese.

E che dire dei vini dealcolati? Qual è la posizione di Notte Rossa?

Ho un po’ di scetticismo verso questa nuova frontiera dell’analcolico in prodotti che la tradizione vuole abbiano un contenuto alcolico. Se penso alla bevanda più nota in questo segmento di mercato, la birra, non posso dimenticare che per avere un po’ di successo sono passati circa 200 anni. Infatti, la prima birra lanciata su mercato risale al 1842. Dopo tutto questo tempo, oggi siamo ad un 8% di consumi interni. Probabilmente il vino raggiungerà con molta più velocità questo traguardo. Lo farà grazie alle tecnologie, che nel frattempo si sono evolute. E grazie all’esperienza maturata in altri settori.

È mio parere che si debba porre attenzione a questa tendenza, perché un grande marchio non può disattendere le aspettative e le esigenze dei propri clienti. Ma avremo un vino Notte Rossa dealcolato solo quando avremo l’assoluta certezza di gradevolezza del prodotto. Essere i primi, ma non soddisfare i nostri standard, non rientra nella nostra politica.

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Migliori Alta Langa 2021. «Il nostro segreto? Un disciplinare da Champions League»

Migliori Alta Langa 2021.Se l’Alta Langa fosse un treno, sarebbe un JR-Maglev MLX01. Modello che forse non dice nulla, in Italia. Ma che, in Giappone, si vede sfrecciare a 531 chilometri orari, lungo la tratta sperimentale della Yamanashi Maglev Test Line. Bollicine piemontesi ad “alta velocità”, sui mercati. Pronte ora a conquistare l’export, che ha raggiunto il 15% nel 2024 grazie all’aumento della produzione e alle prime mosse del Consorzio per far conoscere – anche fuori dai confini nazionali – le cuvée di Pinot Nero e Chardonnay. Il numero record di cantine presenti alla Prima dell’Alta Langa 2025 – 82 a La Centrale di Nuvola Lavazza, a Torino – dimostrano che la velocità è nulla senza convogli. Ben 180 le cuvée in degustazione all’anteprima di un millesimo, il 2021, che si rivela il più omogeneo di sempre. Per il livello della qualità, molto alta. Ma, ancor più, per l’uniformità tra le espressioni delle varie cantine. Pardon, maison. Gli Alta Langa 2021 da non perdere? Ecco la Top 15, in rigoroso elenco alfabetico.https://www.altalangadocg.com/wp-content/uploads/2025/03/Elenco-vini-La-Prima-dellAlta-Langa-2025-3.pdf

MIGLIORI ALTA LANGA 2021: top 15 ALLA PRIMA DELL’ALTA LANGA 2025

  • Anna Maria Abbona, Alta Langa Docg Clara Rose Extra Brut 2021
  • Cascina Fonda, Alta Langa DocgExtra Brut 2021
  • Cerrino, Alta Langa Docg Pas Dosé 2021
  • Colombo, Alta Langa Docg Blanc de Blancs Brut 2021
  • Coppo, Alta Langa Docg Luigi Coppo Pas Dosé 2021
  • Daffara & Grasso, Alta Langa Docg PN CH Brut 2021
  • Ettore Germano, Alta Langa Docg Extra Brut 2021 (Best of Show)
  • Gallo, Alta Langa Docg 1831 Brut 2021
  • Garesio, Alta Langa Docg Pas Dosé 2021
  • Marco Capra, Alta Langa Docg Seitremenda Extra Brut 2021
  • Mauro Sebaste, Alta Langa Docg Avremo Extra Brut 2021
  • Paolo Berutti, Alta Langa Docg Rosé Brut 2021 (Magnum)
  • Roberto Garbarino, Alta Langa Docg Le Radipe Extra Brut 2021
  • Sara Vezza, Alta Langa Docg Extra Brut 2021
  • Tenuta Carretta, Alta Langa Docg Airali Blanc de Blanc Extra Brut 2021

CASTELLETTA: «IL SEGRETO DELL’ALTA LANGA? IL RIGIDO DISCIPLINARE DELLA DOCG»

Ventimila i brindisi alla Prima dell’Alta Langa 2025, settima edizione della degustazione annuale organizzata dal Consorzio Alta Langa. La più grande di sempre per numero di produttori presenti, etichette di Alte Bollicine Piemontesi in assaggio (circa 200), e professionisti accreditati (circa 1700). Immancabile la presidente Mariacristina Castelletta di Tosti1820. La cantina, al pari dell’altro noto brand Gancia, ha portato in degustazione i vini del millesimo più vecchio presente alla Prima dell’Alta Langa 2025. Si tratta, rispettivamente, dell’Alta Langa Docg Riserva Giulio I Blanc de Noirs Pas Dosé 2010 e dell’Alta Langa Docg Riserva Cuvée 120 Mesi Brut 2010.migliori alta langa 2021

Presidente Mariacristina Castelletta: Alta Langa sempre più a gonfie vele?

Direi di sì. Siamo cresciuti con un’eredità molto preziosa. Siamo il primo Metodo classico che è nato in Piemonte, a metà del 1800. Ma la denominazione è ragionevolmente molto più giovane, perché è nata nel 2002. Questi 23 anni sono stati molto importanti per la denominazione. A dirlo sono i numeri. Se pensiamo che nel 2021 mettevamo insieme 600 mila bottiglie e nel 2024 abbiamo raggiunto i 2 milioni di bottiglie contrassegnate dalla Docg, capiamo la portata del fenomeno.

“Fenomeno Alta Langa”, appunto. Ogni anno nuovi produttori, nuove cuvée e nuove espressioni di una Docg che dimostra di avere una grandissima dinamicità interna.

La cosa sorprendente e che ci riempie di orgoglio è la crescita dei produttori. Nel 2018 eravamo 18 e ora, qui alla Prima dell’Alta Langa 2025, settima edizione, ci ritroviamo con 82 produttori e circa 200 etichette di Alta Langa. L’andamento della denominazione si potrebbe spiegare semplicemente con questo confronto. I nostri numeri, comunque, rimangono relativamente piccoli se li paragoniamo alla globalità del mondo degli spumanti italiani e, ancor più, internazionali, come per esempio alla Champagne.

Un mondo in cui l’Alta Langa si distingue in maniera chiara. Come state gestendo la crescita?

La nostra volontà è quella di crescere in valore a livello internazionale, restando saldi e fedeli alle caratteristiche che sono insite nel nostro DNA. Vogliamo fare un Metodo classico di altissima qualità e vogliamo che questo concetto sia scalfito nella pietra. Abbiamo intenzione di portarlo avanti crescendo insieme a un territorio che ha delle sorprendenti capacità ancora non completamente espresse. Un territorio piuttosto vasto, che include le “alte terre” delle tre province di Asti, Alessandria e Cuneo. Abbiamo la possibilità di diventare più grandi, sì. Ma vogliamo farlo da tutti i punti di vista. Soprattutto da quello del valore.

“Al di là della collina”, per usare un eufemismo utile a identificare l’Oltrepò pavese, il Consorzio sembra aver preso una piega completamente diversa rispetto al passato. Ora, per statuto, i “piccoli” contano. In Alta Langa non sembra esserci questa necessità, nonostante la presenza di colossi e grandi cantine in Consorzio come la sua Tosti1820, o Fratelli Gancia. La differenza è solo nel peso dei brand dei due territori?

L’Alta Langa, sin dagli esordi, punta a diventare riferimento assoluto del Metodo classico in Italia. In confronto ad altri territori, credo sia importante sottolineare una delle caratteristiche più peculiari: in Alta Langa non ci sono “grandi” e “piccoli” produttori, dal momento che tutti insieme produciamo circa 2 milioni di bottiglie annue. Qui da noi c’è sempre stata una grande unione, dettata dal fatto che iniziare a produrre Alta Langa è una scelta coraggiosa, alla base della quale serve convinzione e grandi investimenti. Il nostro segreto? Abbiamo scelto di dotarci di un disciplinare da Champions League e di percorrere, tutti insieme, una strada comunque per nulla banale. Le regole di produzione dell’Alta Langa Docg dicono chiaramente che vogliamo primeggiare nel panorama enologico del Metodo classico. migliori alta langa 2021

Terreni con altitudine non inferiore ai 250 metri sul livello del mare. Solo millesimati. Ma anche 30 mesi minimi di affinamento sui lieviti per l’Alta Langa, a differenza dei 18 della Franciacorta (che ammette i non millesimati) e dei 15 mesi del Trento Doc. È così che si vince la Champions League del Metodo classico, insomma?

Di certo, questo è un buon inizio ed è la nostra intenzione! I produttori di Alta Langa devono essere molto determinati nel volersi approcciare alla denominazione e nel voler proseguire il percorso intrapreso. Fare Alta Langa è una scelta, non una conseguenza dei trend di mercato. E il fatto che il numero di produttori di Alta Langa stia crescendo così tanto, dimostra che abbiamo fatto le scelte giuste sin dal principio, quando abbiamo scritto le “regole del gioco”. Senza usare altri giri di parole, vorrei davvero cogliere l’occasione di questa intervista per dire ciò che penso profondamente di questo nostro Metodo classico: ovvero che è veramente un’espressione dell’orgoglio piemontese, per le nostre origini. Il Metodo classico è nato da noi, in Piemonte, nell’Ottocento. E quindi dobbiamo per forza dare del nostro meglio. Affinché rimanga nella storia.

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Rapitalà, Alessandro e la mafia di Camporeale: cosa dicono le carte dell’inchiesta di Palermo


Non c’è solo Rapitalà nelle carte dell’inchiesta della Dda di Palermo sul mandamento mafioso di San Giuseppe Jato e sulla famiglia mafiosa di Camporeale. Nelle carte compare anche il nome di Alessandro di Camporeale, cantina “vicina di casa” di Tenuta Rapitalà, mai menzionata da altri organi di stampa, sino ad ora. Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal giudice per le indagini preliminari Lirio Conti, acquisita e analizzata nel dettaglio (forse solo) da Winemag, compare sì quella che è una
delle più importanti cantine della Sicilia, parte del Gruppo Italiano Vini (GIV), il cui ruolo viene ampiamente dibattuto nelle oltre 400 pagine dell’inchiesta.

Ma c’è anche l’azienda agricola oggi guidata dai tre cugini Benedetto – “il nero” e “il rosso” – ed Anna Alessandro. Il gip definisce «di estremo rilievo» le evidenze investigative su Rapitalà, raccolte sin dal 2019. «Gli interessi economici di Cosa Nostra camporealese nel settore della produzione e della vendita di prodotti vinicoli», sarebbero tuttavia evidenti nei rapporti dei mafiosi con «diverse cantine della zona».https://www.alessandrodicamporeale.it/chi-siamo https://www.gruppoitalianovini.it/it/brand/tenuta-rapitala

RAPITALÀ E ALESSANDRO DI CAMPOREALE: NESSUN INDAGATO

Tra gli indagati non figura alcun dirigente delle due aziende vinicole. Ma dalle carte dell’inchiesta appare evidente chi – e cosa – leghi Rapitalà e Alessandro di Camporeale. Si tratta dell’intermediario di Cosa Nostra Giuseppe Bologna, che figura con il fratello Pietro Bologna nella lista degli indagati per i quali sono stati emessi gli ordini di custodia cautelare (solo 6 su 33 indagati totali). Con loro Antonino Sciortino, capo della famiglia mafiosa, già detenuto a Saluzzo, in provincia di Cuneo, in Piemonte; il reggente Antonino Scardino; e i “bracci operativi” della cosca, Giuseppe Vinci e Raimondo Santinelli​. Giuseppe Bologna, secondo quanto scrive il gip Conti, avrebbe ricevuto con largo anticipo la notizia di ispezioni nelle due cantine Rapitalà e Alessandro di Camporeale. Consentendo a queste di prepararsi per tempo, evitando eventuali sanzioni amministrative. Il tutto grazie ai contatti (di Bologna) con Leonardo Caruso, funzionario dell’Azienda sanitaria provinciale ASP di Palermo.

DIPENDENTI DI RAPITALÀ ASSERVITI ALLA MAFIA DI CAMPOREALE

È possibile stabilire con esattezza chi fossero i sodali dell’esponente di Cosa Nostra all’interno della cantina Rapitalà. Più nebulosa la posizione della cantina Alessandro di Camporeale, sempre secondo quanto risulta dagli atti ufficiali. «L’attività di indagine – si legge nell’ordinanza – permetteva di accertare come la contiguità dei dipendenti dell’azienda Tenuta Rapitalà di Camporeale ad esponenti della locale famiglia mafiosa fosse funzionale al godimento, da parte dell’azienda stessa, di un trattamento di favore anche da parte di pubblici dipendenti».

Emergeva chiaramente infatti come Giuseppe Bologna fosse riuscito, grazie all’interessamento di Leonardo Caruso, dipendente dell’Asp di Palermo preposto ai controlli sanitari presso le aziende vinicole presenti nell’agro di Camporeale o nei comuni limitrofi, ad avvisare Alfio Tomarchio di un imminente controllo amministrativo, facendo da tramite tra i due per la consegna di documentazione utile per sanare alcune irregolarità aziendali. Ed, in tal modo, consentendo di fatto alle Tenuta Rapitalà di sottrarsi ad eventuali sanzioni».

Alfio Tomarchio, deceduto l’11 gennaio 2022 a causa di un carcinoma, è stato sostituito da Ignazio Arena. Il gip Lirio Conti parla di un loro «sostanziale asservimento agli interessi del gruppo criminale capeggiato da Antonino Scardino». Entrambi i dipendenti «erano soliti fissare degli incontri periodici ed abituali, ripetuti con scrupolosa cadenza mensile con Scardino, nonché con altri affiliati tra cui i fratelli Bologna, al fine di garantire loro cospicue forniture di vino e nafta agricola provenienti dall’azienda (Rapitalà). Ed, in alcune occasioni, anche di somme di denaro». Soldi che, tra l’altro, sarebbero serviti anche a finanziare le spese legali del capo detenuto Antonino Sciortino – si parla di almeno una transazione da 7 mila euro – finendo direttamente nelle casse della moglie, Anna Maria Colletti, “colomba nera” utile a veicolare all’esterno del carcere i messaggi del capomafia, soprattutto rivolti al reggente Antonino Scardino.

VINO E MAFIA A CAMPOREALE: IL RUOLO DEL DIPENDENTE DELL’ASP DI PALERMO

Dall’analisi di alcune conversazioni ambientali e di intercettazioni a bordo della Jeep Cherokee di Giuseppe Bologna, emerge come l’esponente di Cosa Nostra abbia condiviso informazioni fornite dal funzionario provinciale Leonardo Caruso, noto come “Dino”, «in favore dei direttivi delle aziende vinicole Rapitalà ed Alessandro. Quest’ultima azienda, attiva dal 2017 nel settore vinicolo con sede a Camporeale in contrada Mandranova, aveva un capitale sociale pari a 3.000,00 euro». Il dipendente pubblico risulta di fatto indagato.

Il faldone del Tribunale di Palermo fornisce dettagli sullo stesso Leonardo Caruso, palermitano classe 1963: «Coniugato con Acquaro Paola, nipote di Acquaro Salvatore […] arrestato in data 20/03/1997 dai Carabinieri della Provincia di Palermo per violazione dell’art. 416-bis c.p. […] e, con sentenza della Corte d’Appello di Palermo, irrevocabile il 07/03/2003, condannato per il reato a lui ascritto alla pena di 2 anni di reclusione. Acquaro Salvatore è altresì cognato di La Fata Antonino, classe 1955 nato a Partinico, appartenente alla locale famiglia mafiosa. Con sentenza della Corte d’Appello di Palermo, irrevocabile il 06/12/2009, La Fata Antonino veniva condannato per il reato di associazione mafiosa alla pena di 7 anni di reclusione​».

LE INTERCETTAZIONI DEL DUO BOLOGNA-CARUSO

Particolarmente significativo risulta uno stralcio dell’ordinanza, riferito a un’intercettazione – avvenuta nel luglio 2021, ancora una volta sulla Jeep Cherokee in movimento sulle strade di Trappeto, sulla costa del Golfo di Castellammare – tra Giuseppe Bologna e Leonardo Caruso. «Quest’ultimo – scrive il gip Lirio Conti – oltre ad informare il primo che nel breve periodo funzionari dell’ASP di Palermo avrebbero effettuato dei controlli sanitari presso le cantine vinicole Alessandro e Tenuta Rapitalà, gli consegnava dei documenti da recapitare allo “zio Alfio”, identificato in Alfio Tomarchio, e ad Alessandro, da identificarsi nella proprietaria della omonima cantina vitivinicola Alessandro Anna, per metterli in condizione di apportare i necessari correttivi al fine di evitare di incorrere in sanzioni conseguenti all’imminente attività ispettiva».

Niente, ti sto dando questi due fogli uno glielo dai allo zio… (rumori di fogli di carta) allo zio Alfio… E l’altro glielo dai… a… No! Stanno facendo questi controlli, devono fare questi controlli in tutte le cantine. Non lo so se già da loro ci sono arrivati, siccome non ci siamo potuti vedere… Io non ho avuto tempo… sono apparecchiature a pressione. La comunicazione di messa in esercizio. Hai capito? Li devono fare… Se non l’hanno fatto, che li facciano perché stanno controllando tutte le cantine sotto questo aspetto qua… Va bene? Qua ci sono gli articoli di legge e tutte cose. Questo è già un verbale che hanno fatto a uno… È sempre l’ufficio quello mio ma non siamo noi è un altro tipo… un altro gruppo! Sì… sì controllano queste apparecchiature, queste cose e ci fanno subito la messa in esercizio all’Inail. Non ti scordare a darglieli, hai capito?».

Giuseppe Bologna, scrive il giudice per le indagini preliminari, «garantiva il suo impegno per veicolare la notizia riservata alle due cantine rappresentate da Alfio Tomarchio e Anna Alessandro, come caldamente sollecitato dal suo interlocutore: “Uno ad Alessandro e uno a quello, hai capito? A me degli altri non mi interessa niente. Poi loro, se lo vogliono dare agli altri glielo danno”». Ulteriori conversazioni telefoniche intercettate dimostrerebbero l’impegno di Caruso nel veicolare informazioni riservate attraverso Bologna: «”Quella cosa gliel’hai passata?”, chiedeva (Caruso) ricevendo risposta negativa (da Bologna): “No! Perché… intanto quel… non c’era quel, quel cristiano che io cercavo capito? Lunedì mattino ci passo, va bene Dino? Ciao!”. Il Caruso – scrive ancora il gip – si raccomandava di portare a termine l’incarico assegnato: “Va bene! Fammi sapere se già loro questo certificato lo hanno già avuto e magari…”».

ESPONENTI DI COSA NOSTRA A CASA DEI VITICOLTORI

C’è di più. Sempre nel luglio 2021, Bologna avrebbe incontrato il marito di Anna Alessandro, Giuseppe Camarda detto “Mauro”, dipendente della farmacia di Camporeale, presso la sua abitazione. «Oltre ad affidargli alcuni documenti che il giorno prima aveva ritirato da Leonardo Caruso – si legge nell’ordinanza del Tribunale di Palermo – lo invitava a consegnarli quanto prima a sua moglie Alessandro Anna, in modo tale da metterla in condizione di apportare i necessari correttivi in azienda, per evitare di incorrere in sanzioni conseguenti all’attività ispettiva preannunciata».

Nelle carte dell’inchiesta, pur completamente estraneo ai fatti, compare anche il nome dell’enologo siciliano Vincenzo Bambina, consulente di Bio Fattoria Augustali a Partinico (Palermo), della calabrese Statti a Lamezia Terme (Catanzaro) e di Manni Nössing in Alto Adige (Bressanone, Bolzano). Ancora una volta è il dipendente dell’ASP di Palermo a parlare con Giuseppe Bologna, pizzicato in un’intercettazione telefonica.

Stanno facendo tutte le cantine! L’altro giorno mi ha chiamato Vincenzo Bambina! Ci sono andati la settimana scorsa… inc… Ieri sono andato a farglielo e immaginavo che era questo. Stanno facendo tutte le cantine a livello regionale, quindi. Si sono accorti che mancano i certificati. Controllare tutte le apparecchiature a pressione e dovevano fare… Il problema è che quelli che hanno quelli vecchi ora gli viene difficile a metterli in regola! Hai capito?… Perché devono vedere pure chi è lo spessore del… i contenitori…».

RAPITALÀ: «COLLABORIAMO CON GLI INQUIRENTI»

«Lo stesso funzionario – scrive ancora il gip Lirio Conti – chiariva infine di aver pilotato la scelta degli obiettivi da controllare a favore delle due aziende di Camporeale, ovviamente per occultarne eventuali irregolarità e per evitare che altri funzionari dell’ASP meno compiacenti potessero irrogare nei loro confronti dure sanzioni: “Ma più che altro per questo per evitare che ci va un altro capito?”».

Gli accertamenti, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo, hanno dunque svelato il ruolo centrale di Cosa Nostra nel controllo di attività economiche nel settore dell’agricoltura – così come dell’allevamento, dell’edilizia e del fotovoltaico – anche grazie a stretti rapporti con la politica locale (tra gli indagati c’è anche il sindaco di Camporeale, Luigi Cino, rieletto nel 2022 con il 64,28% delle preferenze e vicino al partito Sud chiama Nord di Cateno De Luca). L’assenza di indagati appartenenti alle due cantine lascia intendere che il loro ruolo non sia stato considerato “attivo” dagli inquirenti. Bensì espressione del profondissimo radicamento della cosca negli affari della zona. A confermarlo è quanto dichiarato dal presidente di Rapitalà Spa, Laurent Bernard de la Gatinais.

«In relazione all’operazione giudiziaria che ha portato all’esecuzione di misure cautelari nel comprensorio di Camporeale, Tenuta Rapitalà afferma la propria estraneità a contesti mafiosi. E dichiara di essere a disposizione degli investigatori e degli inquirenti per ogni accertamento opportuno e necessario». Il numero uno dell’azienda è, tra l’altro, il presidente uscente di Assovini Sicilia, l’associazione che riunisce 100 aziende vitivinicole dell’isola – di cui fa parte anche Alessandro di Camporeale – che più di tutte si spende nella promozione del vino siciliano nel mondo, organizzando eventi di richiamo internazionale come Sicilia en Primeur. Entrambe le cantine prenderanno parte all’edizione 2025, in programma dal 6 all’11 maggio a Modica.

BENEDETTO ALESSANDRO: «SIAMO ESTRANEI A CONTESTI MAFIOSI»

Pronto anche il commento di Benedetto Alessandro. «Innanzitutto precisiamo fermamente di essere completamente estranei a contesti mafiosi – sottolinea il presidente del Cda di Alessandro di Camporeale -. Nessuno dei membri della nostra azienda, né tra i dirigenti, né tra i soci né tra i dipendenti, risulta indagato. Abbiamo immediatamente comunicato alla Dda di Palermo la nostra estraneità ai fatti e la piena disponibilità ad ogni accertamento, ove si rendesse necessario. In merito all’episodio in cui un dirigente dell’ASP di Palermo si sarebbe attivato per informarci di un controllo su specifici macchinari a pressione, desideriamo chiarire che non abbiamo mai richiesto avvisi di controlli. Quello in questione era già stato effettuato presso la nostra azienda circa un mese prima. Il documento cui si fa riferimento, contenente le procedure per l’adeguamento – conclude Alessandro – ci era già stato consegnato da un ispettore ASP, durante un precedente controllo dell’ente». https://www.assovinisicilia.it/

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Bertani-Famiglie Storiche, parla il Ceo Lusini: «Perché siamo usciti dal Consorzio»


C’è molto di non ancora detto nella decisione di Bertani di entrare nelle Famiglie Storiche e uscire dal Consorzio Vini Valpolicella. La disdetta ufficiale non è comunque ancora avvenuta, stando a quanto riferito dallo staff di Christian Marchesini. A chiarire meglio i contorni della vicenda, in un’intervista esclusiva rilasciata a Winemag, è Alberto Lusini, Ceo di Angelini Wines & Estates, il gruppo farmaceutico alla guida della cantina di Grezzana (Verona).https://www.bertani.net/it/chi-siamo/

Perché Bertani ha deciso di uscire dal Consorzio Valpolicella e di aderire alle Famiglie Storiche?

Bertani aderisce alle iniziative delle Famiglie Storiche con l’intento di unire le forze nella promozione e nella comunicazione con le cantine più iconiche del territorio. La partecipazione al Consorzio rimane per la parte Erga omnes, ma non può rimanere sulla parte promozionale.

Ciò equivale a dire che uscite dal Consorzio…

Certo. Non avremmo potuto aderire alle Famiglie Storiche senza uscire dal Consorzio Valpolicella. Prima di questa decisione, aderivamo al Consorzio da tantissimi anni, tanto da non riuscire a risalire all’anno esatto, secondo una veloce ricerca effettuata.

Cosa non va nel Consorzio Valpolicella? Al momento del raggiungimento dell’accordo tra Famiglie e Consorzio, nel 2023, si era parlato di adesione a progettualità comuni, sul fronte promozionale. Non è così?

L’adesione ai programmi promozionali delle Famiglie Storiche, al momento, è alternativo a quella del Consorzio. In un momento complesso per il mondo del vino la comunicazione è fondamentale. Occorre fare sistema con aziende che hanno obiettivi simili ai nostri e presenza sulle carte vini di tutto il mondo. Una logica di qualità a difesa del territorio.

Dunque c’è qualcosa che non va…

La decisione di Bertani di uscire dal Consorzio e aderire alle Famiglie Storiche non è per nulla una polemica contro qualcosa. Certo che, parlando di ristorazione e vini premium, parliamo una lingua comune a quella delle Famiglie. La nostra è stata solo una scelta coerente.

Parole che sembrano ricordare quelle espresse dal vicepresidente del Consorzio, Andrea Lonardi, durante Amarone Opera Prima 2025…

Non direi. La nostra è più una scelta per “affinità elettiva” con le Famiglie Storiche, che per mancanza di condivisione della programmazione del Consorzio. Parliamo con il mondo cooperativo e speriamo che nel giro di qualche tempo si costruiscano dei ponti e non dei muri.

Un’aspettativa molto ottimistica, non crede? Non sarebbe meglio parlare di convivenza impossibile per le Famiglie Storiche in Consorzio, nonostante l’apertura – anzi, sarebbe meglio di meglio parlare di aspettative – del presidente Christian Marchesini?

Non sono così negativo. Ma ci vorrà del tempo e menti aperte. Associazioni di produttori e Consorzi convivono altrove. E, anzi, dialogano.

Possibile, dunque, prevedere un ruolo di Bertani da “ponte” tra Famiglie Storiche e Consorzio Valpolicella?

Non vogliamo fare “da ponte”. Speriamo solo che le posizioni si avvicinino e mettano da parte quello che è successo con le cause legali. Non desideriamo alcuna polemica. Alla Valpolicella serve serietà, non polemiche. Servirà del tempo e spero faccia bene alla Denominazione.

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Famiglie Storiche (fu “dell’Amarone”): dentro Bertani, fuori Venturini


Famiglie Storiche
(fu “dell’Amarone“), ciack si gira: dentro Bertani (Angelini Wines & Estates), fuori Venturini. È un vero e proprio walzer quello che si sta registrando all’inizio del 2025 in Valpolicella. Dopo la valanga di nuove adesioni al Consorzio, tra cui quella di Marilisa Allegrini con la sua cantina Villa della Torre, marzo si apre
con una novità per le Famiglie Storiche, l’associazione fondata nel 2009 da dieci storiche cantine della Valpolicella. Questa transizione arriva in un momento significativo, segnato dalla recente fine della lunga querelle legale con il Consorzio Vini Valpolicella riguardo all’utilizzo della Docg Amarone della Valpolicella. La disputa giudiziaria, iniziata nel 2015, si è chiusa nel 2023.

Oggi, l’obiettivo condiviso (dichiarato) è la tutela della Docg Amarone della Valpolicella e delle altre denominazioni, con iniziative promozionali coordinate nei mercati internazionali. Nel commentare l’accordo nel 2023, il Consorzio – che rappresenta oltre 2.400 aziende su un territorio di 19 comuni della provincia di Verona – non nascondeva il sogno di riuscire a riunire sotto la propria egida gli 800 ettari di vigneti delle Famiglie Storiche, responsabili del 15% della produzione annua di Amarone. Nello specifico, oltre alla subentrante Bertani: Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti e Zenato.

BERTANI NELLE FAMIGLIE STORICHE: ESCE VENTURINI

«A nome di tutti i soci – dichiara Pierangelo Tommasi, presidente di Famiglie Storiche - desidero ringraziare la Famiglia Venturini per il contributo dato in questi anni all’associazione, nel pieno rispetto della loro scelta di proseguire il proprio percorso al di fuori del gruppo. A loro va il nostro augurio di continuare con successo il prezioso lavoro portato avanti finora. Allo stesso tempo, esprimiamo grande soddisfazione nell’accogliere Bertani tra i membri di Famiglie Storiche. Un marchio di riferimento per la Valpolicella e per l’Amarone, che porterà ulteriore valore al nostro impegno comune».

Con questa nuova adesione, si legge in una nota del gruppo, «Famiglie Storiche rafforza il proprio percorso, mantenendo vivo il dialogo e la collaborazione tra alcune delle realtà più rappresentative della Valpolicella, nel segno della qualità e della promozione del vino simbolo del territorio». Mai menzionato, nel comunicato delle Famiglie Storiche, il Consorzio Vini Valpolicella. «Le scelte dei soci – commenta il presidente Christian Marchesini – sono sempre rispettate, Bertani è un nostro associato e il nuovo amministratore delegato è libero di prendere le decisioni che crede. Il Consorzio è impegnato a unire, non a dividere, così si spiegano i 51 nuovi ingressi dello scorso anno. Ed è pronto ad accogliere nuovi soci, a partire dalle imprese che aderiscono alle Famiglie Storiche: in momenti come questi se si sta uniti si ha maggior forza».

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La Valle d’Aosta si coccola Torrette e Syrah: «Crisi dei vini rossi? Non qui da noi»


Crisi dei vini rossi?
Fermi tutti e Rewind, per dirla con Vasco. Ad uscire dal seminato è la Valle d’Aosta, per bocca di uno dei suoi principali produttori. «Qui da noi si può parlare di un trend di bilanciamento tra vini rossi e vini bianchi, non certo di crisi dei vini rossi», riavvolge il nastro Stefano Celi di La Source, passeggiando nella sua vigna di Syrah. Tra i 700 e i 950 metri di altitudine c’è anche il Petit Rouge che dà vita al Vallée d’Aoste Doc Torrette: un altro rosso valdostano che non vede crisi, al pari di Cornalin, Fumin e dei meno noti Vien de Nus e Mayolet.
«La nostra regione viene erroneamente considerata “bianchista” da molti – continua Celi – ma in realtà è il Petit Rouge, vitigno principe del Torrette Doc, a dominare con oltre 50 ettari, su un totale regionale di circa 450 ettari».

Microclima e suoli consentono di produrre vini molto freschi, sapidi e senza eccessi di alcol. Proprio quelli che cercano oggi i consumatori. «Contrariamente a quanto sta avvenendo in molte altre regioni – evidenzia Celi, past president del Cervim, l’istituto aostano che promuove la viticoltura eroica – i vini rossi valdostani continuano ad essere apprezzati senza che i produttori siano dovuti intervenire sullo stile dei vini, alleggerendone il profilo come in altre denominazioni». Insomma, in Valle d’Aosta non solo i rossi tengono strette le briglie del mercato, ma sono rimasti fedeli al loro profilo originario. E i bianchi? Crescono nell’apprezzamento al pari della loro qualità, migliorata a livelli esponenziali negli ultimi decenni, soprattutto grazie a varietà simbolo come il Petite Arvine.

TORRETTE, LA SOTTOZONA DEI VINI ROSSI VALDOSTANI CHE SFIDANO IL MERCATO

Basta addentrarsi tra i calici di La Source per comprendere le ragioni di questo “contro-trend”, nella terra della fonduta, del caffè nella grolla, del Lardo d’Arnad o delle mele a caccia di una promozione a Igp. La cantina fondata da Stefano Celi a Saint-Pierre nel 2003, dopo l’iniziale avventura di Domaine Champagnole con altri due soci, produce circa 40 mila bottiglie annue ed è parte della Federazione italiana vignaioli indipendenti – Fivi.

Non solo cantina, ma anche ristorante-agriturismo con stanze disponibili per gli appassionati di sci che scelgono gli impianti di risalita di Courmayeur, Pila e La Thuile, o per i tanti turisti a caccia di relax alle QC Terme di Pré-Saint-Didier, convenzionate con La Source Wine Farm. Il cuore dell’attività vinicola è la sottozona Torrette, che dà vita ai vini rossi più interessanti prodotti da Stefano Celi. Non solo un Syrah di gran freschezza e sapidità, ma anche un Vallée d’Aoste Doc Torrette che, nella versione “base”, si rivela essere il classico “vino da merenda”. Perfetto per accompagnare salumi e antipasti.

NON SOLO SYRAH E TORRETTE: IL CORNALIN DA FAVOLA DI LA SOURCE

Si sale in complessità con il Torrette Superieur, come dimostra la verticale 2006-2018 sfoderata da Stefano Celi. A colpire, oltre alla perfetta evoluzione del 2006 – esempio di quanto la denominazione possa sfidare il tempo – è la grande freschezza e precisione del frutto della 2013. Benissimo anche l’annata in commercio, la 2020: la densità delle note di frutta rossa matura bilancia l’estrema sapidità e freschezza (di nuovo loro, sì), che sfocia in ricordi di arancia sanguinella.

Più sulla confettura la 2016, tanto da portare alla memoria, in maniera netta, la confettura di fragole. Al di là del Torrette, tra le annate più recenti dei vini rossi di La Source spicca uno straordinario Cornalin 2018 (polpa succosa, balsamicità da vendere e nota fumé sul finale). L’ennesima «espressione di godimento» dei vini rossi valdostani, che non vedono crisi. Roba alla Vasco. Da Rewind.https://www.vinivalledaosta.com/


LA SOURCE WINE FARM
Loc, Bussan Dessous, 1
11010 Saint-Pierre (Aosta)
Email info@lasource.itagriturismo@lasource.it
Tel. 0165904038

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Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling: la novità di Hofstätter, sotto la lente d’ingrandimento


Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling
è la nuova proposta di Martin Foradori Hofstätter nel segmento degli spumanti dealcolati premium. Prodotto al 100% da Riesling Kabinett, questo spumante si presenta con un packaging elegante e molto curato nei dettagli, che punta a trasmettere raffinatezza e qualità. La novità sarà presentata ufficialmente al Vinitaly 2025 e sarà distribuita esclusivamente nel canale Horeca, con l’obiettivo – dichiarato, ma evidente – di posizionarsi nella fascia alta del mercato. Un prodotto, il Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling, che porta con sé almeno due novità. La scelta del Riesling Kabinett come base per lo spumante è tanto semplice quanto geniale, nel segmento dei dealcolati. Una tipologia che sintetizza eleganza e rotondità glicerica, nel segno di un perfetto equilibrio tra freschezza, acidità e dolcezza naturale: quella di cui ha bisogno la tipologia degli “Zero Alcol”, per trovare armonia e bilanciamento gusto-olfattivo.

La seconda è il packaging, destinato ad elevare all’ennesima potenza la percezione del vino dealcolato agli occhi dei consumatori. Sino ad equipararlo a quello tradizionale, con l’alcol. Del resto, Martin Foradori Hofstätter conosce profondamente non solo il Riesling, ma anche le sue potenzialità in versione “Alcohol Free”: «I risultati di mercato ci hanno dato grandi soddisfazioni per la nostra linea di vini dealcolati Steinbock Zero. La più grande è vedere i più scettici operatori del settore trasformarsi in clienti entusiasti. Un altro segnale che ci riempie di orgoglio è l’interesse crescente dei ristoranti stellati, che ci contattano per conoscere le condizioni di vendita e procedere con ordini. Questo – conclude il produttore altoatesino – dimostra che il lavoro svolto negli ultimi anni per innovare il settore e offrire alternative senza alcol di qualità sta davvero dando i suoi frutti».https://www.hofstatter.com/it/vini/steinbock-zero/

L’ETICHETTA (SOFISTICATA) DEL DR. FISCHER ZERO RIESLING SPARKLING

L’etichetta spicca per il design essenziale, ma sofisticato. Il fondo bianco, arricchito da leggere trame che ricordano le onde, sembra voler richiamare la freschezza del Riesling. Il blu petrolio, utilizzato per il nome del prodotto e per l’ancora stilizzata al centro, crea un contrasto cromatico equilibrato. La scritta “Zero” chiarisce subito la natura dealcolata dello spumante. Senza risultare “invasiva”. Questa scelta grafica appare pensata per comunicare un’immagine premium, puntando su sobrietà e coerenza visiva. Indicativa anche la presenza stessa dell’ancora sull’etichetta, simbolo di stabilità e tradizione: un richiamo al legame di Martin Foradori Hofstätter con la Mosella, regione nota per la produzione di Riesling di qualità.

DA “VIRGOLA ZERO” A DR FISCHER ZERO RIESLING SPARKLING

La texture leggermente ruvida dell’etichetta aggiunge un elemento tattile che può contribuire a rafforzare la percezione di artigianalità e cura nei dettagli. Anche la capsula, sobria e in linea con i colori dell’etichetta, conferma l’intenzione di posizionare il prodotto tra le proposte di fascia alta. La bottiglia, di un vetro scuro e da un collo slanciato, richiama volutamente i grandi Riesling della Mosella. Tutto, insomma, porta a legare questo prodotto all’origine del vitigno Riesling e alla volontà di proporre uno spumante che, pur essendo dealcolato, possa trasmettere un’idea di qualità e tradizione.

Non a caso, a differenza dell’altro spumante dealcolato di Foradori presente nei supermercati Esselunga – il Virgola Zeroil Dr. Fischer Zero Riesling Sparkling è esclusiva del canale Horeca. Il tutto in un contesto di mercato che sembra favorevole. Gli ultimi dati indicano una crescita costante nel segmento dei vini e degli spumanti senza alcol, alimentata sia da motivazioni legate alla salute sia dalla ricerca di esperienze di degustazione più diversificate. In questo scenario, la proposta di uno spumante dealcolato basato su un vitigno come il Riesling, in versione Kabinett, potrebbe rappresentare una risposta intelligente a una domanda che ogni giorno diventa più segmentata. E, ancor più, attenta alla qualità.

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Fascetta di Stato sui vini Emilia Igt. Il Lambrusco ora è più sicuro


A partire dal 1° agosto 2025, tutte le bottiglie di vini Emilia Igt saranno dotate di una nuova fascetta di Stato anticontraffazione. Un’innovazione che punta a rafforzare la trasparenza e la sicurezza per i consumatori. L’iniziativa, promossa dal Consorzio Tutela Vini Emilia, prevede l’applicazione di un contrassegno speciale, realizzato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, che garantirà l’autenticità e la tracciabilità dei prodotti vinicoli del territorio emiliano. Sebbene l’uso della fascetta sia obbligatorio per i vini Docg, per le categorie Doc e Igt rimane facoltativo.

Primo ad introdurla sui vini a Indicazione geografica è stato il Consorzio del Sannio, in Campania, per espressa volontà del presidente Libero Rillo. Una vera e propria conquista, osteggiata da organismi come Federdoc. Evidente, tuttavia, la disparità tra i numeri dell’Igt campana e di una corazzata come l’Emilia Igt, che col solo Lambrusco arriverà a “fascettare” ben 120 milioni di bottiglie. Più in generale, la zona di produzione comprende il territorio di numerosi comuni nelle province di Ferrara, Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e parte della provincia di Bologna.https://www.ipzs.it/ext/index.html

Contrassegno di Stato sui vini Igp, vince Libero Rillo. E adesso tocca al Lambrusco

LA NUOVA FASCETTA DI STATO SUI VINI EMILIA IGT

La fascetta, stampata su carta filigranata, integra sofisticati elementi di sicurezza come microtesti, numerazioni progressive e codici di controllo, rendendo ogni bottiglia unica e facilmente identificabile. Questo sistema consentirà di verificare la corrispondenza tra le quantità di vino prodotte e imbottigliate, grazie all’attività di controllo svolta dagli organismi certificatori che monitoreranno la corretta applicazione del contrassegno su ogni singola bottiglia. L’introduzione di questa misura rappresenta un passo significativo nella lotta alla contraffazione. E un ulteriore livello di garanzia per chi sceglie i vini Emilia Igt, tra cui il notissimo Lambrusco.

Un elemento innovativo della nuova fascetta è la presenza di un QR code, attraverso il quale i consumatori potranno accedere al “Passaporto Digitale” del vino. Scansionando il codice con uno smartphone, sarà possibile ottenere informazioni dettagliate sul prodotto, come il codice seriale e di controllo del sigillo, l’anno di produzione, il lotto e la certificazione. Inoltre, la sezione digitale fornirà dati sul produttore, sul Consorzio di tutela e sull’organismo certificatore, arricchendo l’esperienza di acquisto con suggerimenti su abbinamenti gastronomici e ricette in grado di esaltare le caratteristiche dei vini Emilia Igt.

IL CONSORZIO EMILIA IGT: «FASCETTA DI STATO? UN PASSO AVANTI»

Davide Frascari, Presidente del Consorzio Tutela Vini Emilia, ha espresso grande soddisfazione per l’introduzione della fascetta di Stato, sottolineando come questa scelta rappresenti un ulteriore passo avanti nell’impegno per la qualità e la tutela dei consumatori. Frascari ha evidenziato che la possibilità per i consumatori di accedere a tutte le informazioni essenziali sul vino attraverso il QR code non solo rafforza la fiducia nei confronti dei prodotti emiliani, ma valorizza anche il territorio e le sue eccellenze. L’obiettivo è quello di garantire una tracciabilità completa del prodotto, offrendo a chi acquista una panoramica dettagliata sulla qualità e la storia della bottiglia scelta.https://agricoltura.regione.emilia-romagna.it/dop-igp/vini-docg-doc-igt-emilia-romagna/elenco-vini-doc-docg-igt/emilia

Anche Francesco Soro, amministratore delegato dell’Istituto Poligrafico e Zecca di Stato, ha espresso orgoglio per l’accordo siglato con il Consorzio, sottolineando il ruolo fondamentale della Zecca e del Poligrafico nella lotta alla contraffazione e nella tutela delle eccellenze italiane del settore agroalimentare. Soro ha posto l’accento sulle tecnologie avanzate impiegate per la realizzazione dei contrassegni, in grado di garantire standard elevati di sicurezza e autenticità per i vini Igt.

VALORITALIA E MASAF, FRONTE COMUNE PER LA FASCETTA SUI VINI EMILIA IGT 

Francesco Liantonio, presidente di Valoritalia, ha commentato positivamente la scelta del Consorzio, definendola un segnale di grande rilevanza, soprattutto considerando i volumi significativi prodotti sotto l’Igt Emilia. Liantonio ha evidenziato come l’adozione della fascetta, seppur facoltativa, conferisca un valore aggiunto ai prodotti, rafforzando la loro credibilità sul mercato. Sulla stessa linea si è espresso l’onorevole Marco Cerreto della Commissione Agricoltura, che ha sottolineato l’importanza della sinergia nel sistema Italia per innovare e, al contempo, preservare le specificità del territorio.

Cerreto ha lodato la scelta del Consorzio di aderire volontariamente a un sistema di tracciabilità così rigoroso, interpretandola come una dimostrazione concreta di trasparenza e tutela dei consumatori. Oreste Gerini, direttore generale degli uffici territoriali e dei Laboratori Masaf, ha ribadito come «ogni sistema che garantisca un controllo rigoroso sulla qualità delle produzioni sia un fattore determinante per orientare le scelte dei consumatori. La decisione di adottare la fascetta di Stato per l’Igt Emilia, con tutte le garanzie offerte dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e dai controlli dell’Icqrf, rappresenta quindi un passo significativo verso una maggiore sicurezza e tracciabilità dei vini emiliani».

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