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Martinotti o Charmat? Onav ripercorre le tappe del “Metodo italiano”


Onav
celebra uno dei personaggi che più ha contribuito a scrivere l’enologia moderna: Federico Martinotti, inventore del metodo di rifermentazione in autoclave con il quale sono prodotti spumanti come il Prosecco, l’Asti, il Lambrusco e il Brachetto, oggi apprezzati in tutto il mondo.
“Martinotti: cento anni di spumantistica italiana” è il convegno che si terrà sabato 21 dicembre presso la sede Onav in Piazza Santa Maria Nuova 5 ad Asti, a partire dalle ore 9.15.

«L’incontro – anticipa Vito Intini, presidente di Onav Nazionale – sarà un momento importante per l’intero comparto spumantistico italiano perché andrà alle radici della storia del Metodo Martinotti. Sarà anche una interessante occasione per capire gli scenari futuri grazie all’intervento di due delle più importanti denominazioni spumantistiche italiane, Asti e Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore». La partecipazione all’evento in presenza è gratuita fino ad esaurimento posti. L’evento sarà trasmesso in diretta tramite webinar. Per partecipare online, è necessario iscriversi anticipatamente al link: https://shorturl.at/5cvk2.

MARTINOTTI O CHARMAT?

Federico Martinotti, originario di Villanova Monferrato, è lo scienziato visionario che, nel 1895, ha rivoluzionato la produzione di spumanti con la sua innovativa scoperta del metodo di rifermentazione in autoclave. Questo processo, brevettato successivamente da Charmat nel 1907, ha consentito di ottenere spumanti preservando le note varietali dell’uva e riducendo significativamente i tempi di produzione, passando da anni a soli pochi mesi, rispetto al Metodo Classico, che è stato l’unico utilizzato fino a quel momento.

L’incontro del 21 dicembre sarà un’occasione per conoscere meglio l’uomo, lo scienziato ma anche l’evoluzione dell’enologia italiana dall’inizio del Novecento ad oggi. Tra i relatori del convegno figurano Antonella Bosso, dirigente tecnologo del Crea-ve; Diego Tomasi, direttore del Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg; Stefano Ricagno, presidente del Consorzio per la Tutela dell’Asti Docg. La moderazione è affidata al professor Vincenzo Gerbi, vicepresidente dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino e presidente del Consiglio Scientifico Onav.

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Vino italiano 2024: export in crescita ma mercato interno in sofferenza


Il 2024 si conferma un anno di sfide e opportunità per il vino italiano. Nonostante un 2023 segnato da un leggero calo nell’export in valore e da una contrazione del mercato nazionale sotto la pressione dell’inflazione, le previsioni per l’anno in corso evidenziano un quadro a tinte miste. Secondo Nomisma Wine Monitor, l’export italiano dovrebbe chiudere il 2024 con una crescita superiore al 4%. Superando, seppur di poco, la soglia degli 8 miliardi di euro. Sul mercato interno, invece, il trend rimane negativo, con una riduzione delle vendite in quantità che ha toccato il -1,5% nei primi nove mesi dell’anno.

EXPORT VINO ITALIANO: PROSECCO PROTAGONISTA

Il principale motore dell’export italiano resta, come negli anni precedenti, il comparto degli spumanti. Il Prosecco, in particolare, rappresenta ormai 2 bottiglie su 10 di vino italiano esportato. Trend positivi si registrano nei mercati nordamericani per i vini fermi imbottigliati, mentre gli spumanti continuano a guadagnare terreno in mercati tradizionali come Australia, Francia, Stati Uniti, Canada e Regno Unito.

Un’analisi dei principali 12 mercati mondiali mostra, però, segnali di contrazione globale: nel terzo trimestre 2024, gli acquisti di vino dall’estero sono calati del -2,6% in valore. Solo Cina e Brasile emergono con incrementi significativi sia in termini di valore che di volume. Il caso cinese (+27%) è attribuibile al ritorno dei vini australiani sul mercato, reso possibile dall’eliminazione dei super dazi introdotti da Pechino nel 2021.

INCOGNITE GEOPOLITICHE E RISCHIO DAZI

Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor, sottolinea come il panorama internazionale presenti numerose incognite per l’export di vino italiano. Tra queste, spiccano i possibili dazi aggiuntivi paventati dal neo-eletto presidente Trump, le accise già in vigore in Russia e quelle previste nel Regno Unito dal 1° febbraio 2025. «Il rischio di dazi negli Stati Uniti potrebbe avere ripercussioni anche su altri mercati chiave come la Germania, il cui equilibrio economico è già sotto pressione», avverte Pantini. La Germania, con un deficit commerciale di circa 80 miliardi di euro nei confronti degli Usa, potrebbe subire un’ulteriore frenata, con effetti a catena per l’export italiano.

VINO ITALIANO, LA DIVERSIFICAZIONE COME STRATEGIA

Un segnale positivo per il vino italiano nel 2024 arriva dalla diversificazione dei mercati. Mentre paesi consolidati come Germania, Svizzera e Norvegia registrano cali, emergono crescite a doppia cifra in destinazioni finora marginali come Austria, Irlanda, Brasile, Romania, Croazia e Thailandia. Questi mercati, pur rappresentando meno dell’1% dell’export complessivo, offrono nuove opportunità per i produttori italiani in un contesto sempre più complesso.

MERCATO INTERNO: VINO IN SOFFERENZA IN GDO

Sul fronte nazionale, il vino italiano continua a soffrire nel canale moderno (Gdo). Nonostante una leggera ripresa nel terzo trimestre, i primi nove mesi del 2024 si chiudono con un calo complessivo delle vendite in volume. Tutti i formati distributivi registrano contrazioni, con i vini fermi e frizzanti particolarmente penalizzati, soprattutto nell’e-commerce. Gli spumanti, al contrario, mantengono un trend positivo in tutti i canali di vendita. Tuttavia, il carovita spinge i consumatori verso prodotti più economici, favorendo gli spumanti generici a discapito delle etichette Dop, solitamente più costose.

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Granaccia, momento d’oro per il rosso della Liguria: la top 15


La Liguria è un’isola mancata. Una terra di contrasti e contraddizioni, stretta tra il mare e la montagna, capace di custodire i propri tesori gelosamente. Tra questi va annoverato il Granaccia. Un vitigno di grande tradizione, che dà vita a un vino rosso ancora poco conosciuto. Una “mosca bianca”, in una regione rinomata per vini come Vermentino e Pigato. Un’uva pirata dell’area mediterranea, la cui origine è contesa tra la Spagna (dove è nota come Garnacha) e la Francia (Grenache). Tra i due “litiganti”, la Liguria gode. E lo fa ancor più la Sardegna, dove ha assunto il famoso nome di Cannonau. La sua introduzione nella Repubblica di Genova, nel Settecento, si deve ad alcune famiglie di Quiliano, comune di 7 mila anime della provincia di Savona che, da quasi 20 anni, le rende omaggio con l’evento “Granaccia e Rossi di Liguria“.

Determinanti, all’epoca, i viaggi dei commercianti liguri nella penisola iberica, in cui divennero proprietari di terre e vigneti. Lì prelevarono il vitigno. Reimpiantandolo a Quiliano e nella Valle del Letimbro. È la rete di imprese Vite in Riviera presieduta da Enrico Massimo che ha celebrato il vitigno lo scorso 17 novembre, al Palasport di Quiliano. Un’iniziativa che ha visto, sotto lo stesso tetto, i produttori del Ponente e del Levante, uniti nella promozione dei rari esempi di vini rossi della Liguria, capitanati proprio dalla Granaccia. Ecco i migliori assaggi, suddivisi sulla base delle due interpretazioni del vitigno. La prima, più “leggera”, spensierata e beverina, capace di esaltare la componente fruttata con vinificazioni in acciaio e, in alcuni casi, parziali passaggi in legno; la seconda più “strutturata”, con ricorso al legno per favorire una maggiore complessità, rendendo il vino più corposo e adatto all’abbinamento a tavola.

MIGLIORI GRANACCIA DELLA LIGURIA: VERSIONE “LEGGERA”

  • Riviera Ligure di Ponente Dop Granaccia 2023 “San Giorgio”, Fontanacota di Berta Marina
  • Colline Savonesi Igt Granaccia 2023, Cascina Fèipu dei Massaretti
  • Colline Savonesi Igt Granaccia 2023 “Gigò”, Azienda Biologica BioVio
  • Vino Rosso “Pellandrun”, Andrea Bruzzone
  • Riviera Ligure di Ponente Doc Granaccia 2020 “Cian di Previ”, Poggio dei Gorleri
  • Colline Savonesi Igt Granaccia 2023, Innocenzo Turco
  • Granaccia Igt 2022 “Anna”, La Vecchia Cantina
  • Granaccia 2023, Dell’Erba Azienda agricola (anteprima, non ancora in commercio)
  • Igt Colline Savonesi 2022 Granaccia “Gublót”, RoccaVinealis
  • Riviera Ligure di Ponente Doc Granaccia 2022 “Costa De Vigne”, Massimo Alessandri

MIGLIORI GRANACCIA DELLA LIGURIA: VERSIONE “COMPLESSA”

  • Liguria di Levante Igt 2022 Terrarossa, Azienda agricola La Polenza – Cinque Terre
  • Riviera Ligure di Ponente Doc Granaccia 2020, Cantine Sansteva
  • Riviera Ligure di Ponente Doc Granaccia 2019 “Shalok”, Poggio dei Gorleri
  • Colline Savonesi Igt Granaccia 2021 “Cappuccini”, Innocenzo Turco
  • Igt Colline Savonesi 2022 Granaccia “Drü”, RoccaVinealis

GRANACCIA: CI CREDONO ANCHE I GIOVANI IN LIGURIA

Tra i migliori vini degustati a Granaccia e Rossi di Liguria 2024 spiccano soprattutto le versioni “fresche”, non necessariamente d’annata corrente (la 2023), ma con vinificazione in solo acciaio. Il vitigno mostra così il suo volto più spensierato, che lo avvicina in maniera decisa a quelli che sono i gusti dei consumatori moderni: frutto al centro del sorso e tenori alcolici moderati. Non è un caso se alcune cantine liguri non propongano più la tipologia di Granaccia vinificata in legno. E il futuro sorride alla Granaccia, con giovani cantine che si cimentano per la prima volta con la varietà.

È il caso di Dell’Erba Azienda agricola di Albenga che, con Giulia Dell’Erba, fa parte della costellazione di vignaioli Fivi. Una cantina di cui si sentirà certamente parlare (bene) in futuro. Colpiscono poi alcune “gamme” decisamente complete, che includono entrambe le versioni di Granaccia: quella leggera e quella più complessa. Da provare, in quest’ottica, le linee di Innocenzo Turco, Poggio dei Gorleri/Cantine Sansteva e RoccaVinealis. Spazio anche per un consiglio d’assaggio fuoriprogramma: il Rossese di Campochiesa de La Vecchia Cantina, delizioso vino rosso ligure prodotto dall’omonima varietà che sta ormai scomparendo, custodita con amore e passione dalla famiglia Calleri.

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