Categorie
news news ed eventi

L’Italia perde il primato della quantità di vino prodotto in Europa e nel mondo

Italia perde primato paese quantità di vino prodotto in Europa e nel mondo
L’Italia perde il primato della quantità di vino prodotto in Europa e nel mondo in concomitanza con la vendemmia 2023. Lo rileva l’annuale report vendemmiale dei Paesi europei targato Copa Cogeca, l’Organizzazione di rappresentanza degli Agricoltori e delle Cooperative Europee, presentato in giornata. Il Bel Paese lascia il posto alla Francia, che cresce – anche se di poco – insieme al Portogallo. In calo anche i volumi della Spagna e della Germania. Il
totale della produzione di vino in Europa nel 2023 è di poco superiore a 150 milioni di ettolitri, con un calo del -5,5% rispetto alla media quinquennale.

A causa delle conseguenze del cambiamento climatico – inverno secco, grandinate, inondazioni e una stagione primaverile piovosa – si è registrato un forte calo della produzione anche in altri Paesi produttori europei come Austria (-6%), Grecia (-23%), Croazia (-31%) e Slovacchia (-20%) rispetto al 2022. «Da diversi anni il settore si trova ad affrontare sfide importanti – commenta il presidente del Gruppo di lavoro “Vino” del Copa Cogeca, Luca Rigotti – non ultime le conseguenze della pandemia di Covid, gli eventi climatici e il forte aumento dei costi di produzione, a cui si aggiunge un significativo aumento dei tassi di interesse. Ciononostante, i coltivatori europei continuano a dare risultati e a dimostrare la loro resilienza».

FRANCIA PRIMO PRODUTTORE DI VINO AL MONDO NEL 2023

Nel 2023, la Francia è diventata il primo produttore europeo di vino con una produzione stimata di 45 milioni di ettolitri. Un aumento dell’1,47% rispetto all’anno precedente. La Francia è stata tuttavia colpita dalla peronospora e dalla siccità, soprattutto nel Sud. Ma è riuscita a non soccombere, grazie alle misure di crisi messe in atto, come gli aiuti alla distillazione. In Portogallo si è registrato un aumento dell’8,6%, con una produzione di poco inferiore ai 10 milioni di ettolitri, grazie all’attuazione di misure di distillazione. In particolare, l’aumento è dovuto alla diminuzione dell’8% del raccolto del 2022, che ha pareggiato il totale.

Per la prima volta in sette anni, l’Italia ha perso il primato di produttore di vino con una produzione stimata di 43,9 milioni di ettolitri. Il che rappresenta una perdita dell’11,92% rispetto allo scorso anno. Le forti piogge primaverili, che si sono trasformate in alluvioni specialmente nella regione Emilia Romagna, nonché i pesanti episodi di peronospora, in particolare nel Centro e nel Sud del Paese, spiegano questo importante calo. Tra i primi commenti nazionali, quello di Coldiretti: «Le previsioni aggiornate del Copa Cogeca dimostrano come sempre più la vitivinicoltura si trova a fare i conti con il clima. Il vino Made in Italy, tuttavia, conferma il successo nell’export anche in Francia con un balzo del +21% in valore delle esportazioni nei primi sette mesi del 2023 (elaborazioni Coldiretti su dati Istat)».

LA VENDEMMIA 2023 IN SPAGNA E GERMANIA

Con una produzione stimata di 30,8 milioni di ettolitri, la Spagna è rimasta il terzo produttore europeo, nonostante la diminuzione della produzione rispetto allo scorso anno (-14,42%). Le condizioni climatiche avverse, con un autunno, un inverno e una primavera secchi, con forti piogge nell’ultima parte della primavera, ondate di calore durante l’estate e grandine, hanno fatto sì che i vigneti spagnoli soffrissero molto in termini di produzione.

Tuttavia, grazie alla bassa umidità, le viti erano relativamente sane e hanno fornito uve di alta qualità. In Germania, la produzione stimata è stata di 8,86 milioni di ettolitri, con una perdita del 2,1% nella produzione di vino a causa dell’inflazione e degli alti costi di produzione lungo tutta la filiera. D’altra parte, non si sono verificate diminuzioni significative a causa delle condizioni climatiche, che sono rimaste abbastanza stabili.

Categorie
Esteri - News & Wine

Cosa succede al vino australiano? Export a picco nel 2023


Le esportazioni di vino australiano sono diminuite dell’11% in valore (a 1,79 miliardi di dollari) e del 4% in volume (a 604 milioni di litri) nell’anno conclusosi a settembre 2023, secondo l’ultimo Rapporto sulle esportazioni di Wine Australia. Buone notizie arrivano però dalla Cina, che ha accettato di intraprendere una «revisione accelerata» dei dazi sulle importazioni di vino australiano. Un passo molto gradito dai viticoltori e produttori di vino di tutto il Paese, con Wine Australia che continuerà a lavorare a stretto contatto con il governo australiano e con Australian Grape & Wine «per sostenere questo processo in ogni modo possibile».

Nell’isola ci ci interroga tuttavia sulle cause del crollo dell’export di vino australiano, ben al di sotto delle medie di lungo periodo. Le cause vengono innanzitutto addebitate al «calo globale del consumo di vino in molti mercati maturi, dove viene venduta la maggior parte dei volumi di esportazione australiani, soprattutto i vini “commerciali” da meno di 10 dollari a bottiglia». Le pressioni sul costo della vita stanno inoltre rallentando la tendenza a lungo termine della premiumisation globale. «Alcuni consumatori – spiega Wine Australia nel commentare i dati disastrosi del 2023 – stanno moderando il consumo di alcolici come strategia di risparmio».

Entrando nel dettaglio dell’analisi, Regno Unito, Canada e Usa sono stati i principali responsabili del calo dei volumi nell’ultimo trimestre. Questa performance riflette le «ampie sfide economiche» per le vendite di vino nell’Uk, come l’inflazione e l’aumento delle tasse e delle imposte sugli alcolici. Allo stesso modo, i livelli elevati di spedizioni di vino non confezionato in Canada stanno mostrando segni di stabilizzazione, mentre i volumi di vino confezionato hanno continuato a diminuire. Un dato che, per certi versi, accomuna l’Australia all’Italia e ai 12 Paesi Top Exporter internazionali.

CRESCE IL NUMERO DI IMPORTATORI DI VINO AUSTRALIANO

«Negli ultimi 12 mesi – spiega Peter Bailey, responsabile dei Market Insights di Wine Australia – il valore totale delle esportazioni ha avuto una traiettoria discendente dopo il picco di 3,1 miliardi di dollari raggiunto nei 12 mesi terminati a ottobre 2020. Gli Usa sono stati i principali responsabili del calo complessivo del valore, insieme al Canada e al Regno Unito. La crescita verso Hong Kong ha compensato parte di questo calo. Tuttavia, nonostante il calo dell’anno scorso, nell’ultimo trimestre si sono registrati alcuni segnali positivi negli Stati Uniti, con una crescita delle esportazioni dell’8% in valore rispetto allo stesso trimestre del 2022.

Anche il numero di esportatori di vino australiano è aumentato a 1.247 nell’anno conclusosi a settembre 2023, con 98 aziende esportatrici in più rispetto all’anno precedente. Il mercato che ha registrato la maggiore crescita del numero di esportatori tra i mercati principali è stato Hong Kong, seguito da Thailandia e Vietnam».

EXPORT VINO AUSTRALIANO: CALA ANCHE SINGAPORE

In Asia si sono registrati risultati contrastanti, tra cui un calo delle esportazioni verso Singapore e un aumento delle esportazioni verso Hong Kong. Due hub commerciali chiave della regione, che riflettono le attuali condizioni volatili del mercato. I mercati emergenti chiave, come la Thailandia e le Filippine, sono cresciuti in valore durante questo periodo.

I primi cinque mercati per valore (annualità chiusa a settembre 2023)

Stati Uniti (in calo dell’11% a 366 milioni di dollari: quota del 20% del valore totale delle esportazioni)
Regno Unito (-10% a 354 milioni di dollari: quota del 20% del valore totale delle esportazioni)
Hong Kong (+26% a 205 milioni di dollari: quota dell’11% del valore totale delle esportazioni)
Canada (in calo del 22% a 148 milioni di dollari: quota dell’8% sul valore totale delle esportazioni)
Singapore (-12% a 117 milioni di dollari: quota del 7% del valore totale delle esportazioni)

I primi cinque mercati per volume

Regno Unito (-3% a 215 milioni di litri: 36% del volume totale delle esportazioni)
Stati Uniti (-4%, 134 milioni di litri: 22% del volume totale delle esportazioni)
Canada (+20% a 74 milioni di litri: quota del 12% del volume totale delle esportazioni)
Nuova Zelanda (-3% a 31 milioni di litri: 5% del volume totale delle esportazioni)
Germania (-9% a 28 milioni di litri: 5% del volume totale delle esportazioni)

Categorie
news news ed eventi

Fenocchio esorcizza il 2023: il Barolo Bussia Riserva 2008 90dì è sul mercato


Se «le parole sono importanti», a volte, i numeri, lo sono ancor di più. Come il “2023” per la famiglia Fenocchio, scelto per l’esordio sul mercato del
Barolo Bussia Riserva 2008 90dì: 2023, 2008, 90. Numeri che si accavallano, pezzi fondamentali (non gli unici, peraltro) di un’unica storia. Macerazione di 90 giorni (da lì il nome) per il Nebbiolo che non venne all’epoca commercializzato, «per attendere il momento opportuno per rilanciarlo». Eccoci quindi ad oggi. Il 2023, con il carico di significati che si porta dietro, è per Claudio Fenocchio «il momento migliore per “l’uscita ufficiale” di un vino prodotto in numeri limitati».

«Ho deciso di rimetterlo sul mercato – spiega il vignaiolo – proprio perché è un anno veramente importante per la nostra famiglia». Il 2023 rappresenta in primis l’anno del centenario dalla nascita di Giacomo Fenocchio. Ma anche i 60 anni di Claudio ed i 20 di Eleonora, una delle due figlie di Claudio. Un anno, dunque, che racchiude passaggi fondamentali tra le generazioni. Incroci frutto del caso, che sembrano studiati a tavolino. Del resto, il Barolo Bussia Riserva 2008 90dì, ha sempre guardato alla tradizione. Senza snaturarla.

Quindici anni fa – ecco un altro numero – Claudio Fenocchio decise di fare una prova di lunga macerazione, alla maniera del papà; nel “cru del cuore” della famiglia, che proprio lì vive da sempre. Duecento bottiglie, in vendita solo in cantina, proprio in Località Bussia 72, a Monforte d’Alba. «Celebrare con grandi eventi e feste non è proprio il tono di voce che mi contraddistingue, insieme a mia moglie Nicoletta e alle mie figlie Letizia ed Eleonora». In fondo, nulla parla davvero di un vignaiolo e della sua famiglia come un vino.

Categorie
Gli Editoriali news news ed eventi

Ricetta schietta per un croccante ed inutile gala di vino


EDITORIALE –
Prendi un gruppo di personalità del settore più o meno conosciute, certamente più famose di te. Scegli bene, bilanciando ruoli e associazioni. Per ognuno, crea un premio ad hoc, possibilmente così banale da sembrare stupido ed inutile. Nessuno se ne accorgerà. Nessuno lo giudicherà tale. E tu centrerai il tuo unico obiettivo: brillare della loro luce, almeno di riflesso. Tu, che sei un emerito nessuno, premia uno famoso. Così lui parlerà di te, almeno una volta all’anno.
Considera l’indotto: anche quelli della sua “cerchia” faranno lo stesso. Parleranno di te sui social. Pioveranno like e cuoricini. Tu sembrerai un fenomeno. Quelli più “famosi” ti diranno «grazie»: diranno «grazie» proprio a te, che sei nessuno.

Semplice, no? Ma non basta, devi fare meglio. Puoi fare meglio, tu che venderesti il ghiaccio agli eschimesi. Fare di più vuol dire essere glamour. Pesca dal cestello della tua regione una location che sia il più fancy e instagrammabile possibile e stabilisci lì il tuo palco. Già, un bel palco. È questo che vuole la gente del settore, al giorno d’oggi (e tu lo hai capito): salire su un palco a farsi premiare, per qualcosa. “Qualcosa” cosa? Non importa. Ciò che conta è che chi premia ti abbia messo lì, a ricevere una pergamena o una targa, in cui ci sia scritto un nome e un cognome, a lettere cubitali: “Pinco Palla miglior Vattelapesca italiano 2024”.

Altra regola da non sottovalutare, nella Ricetta schietta per un croccante ed inutile gala di vino: nell’atto della premiazione del nulla, vesti elegante. Mascherati di glamour. Giacca e cravatta, meglio ancora un papillon. Alla cerimonia invita premiati e colleghi, facendo loro pagare viaggio, vitto e alloggio per partecipare alla loro stessa premiazione (che le sedie di un gala coi gran fiocchi mica si regalano a nessuno, nel 2023 dell’apparire per l’essere). Pagheranno, perché salire su quel palco a ricevere quell’inutile riconoscimento, fine a te stesso, apporterà comunque – per cinque interminabili minuti – il beneficio più bramato dall’uomo medio del vino italiano del 2023: nutrire l’ego. Con chicchessia o qualsivoglia.

Purché ci sia una pergamena, un palco, almeno uno col papillon. E, tra il pubblico in sala, più di un consapevole coglione come quello che stai premiando. Ad applaudire forte al nulla. Ricetta schietta per un croccante ed inutile gala di vino. Prosit.

[Immagine di copertina dell’articolo: Wine o Clowns di Robert Schippnick]

Categorie
Approfondimenti

Cala l’export di vino italiano nei top 12 mercati internazionali


Gli effetti della crisi si fanno sentire anche nel mondo del vino. Nei primi otto mesi di quest’anno, le quantità di vino fermo e frizzante italiano acquistati nei top 12 mercati internazionali risultano in calo dell’8%. Stessa sorte tocca agli spumanti, la categoria che nell’ultimo decennio era invece cresciuta senza soluzione di continuità, che fanno segnare uno speculare -9%. Dati preoccupanti, perché riguardano i mercati che pesano per oltre il 60% sulle importazioni mondiali di vino.

Si tratta di variazioni in linea con la media del mercato, con un trend negativo che risparmia pochi paesi esportatori e che vede anche il nostro primo mercato di sbocco a valore, gli Stati Uniti, ridurre le importazioni dall’Italia del 13%. Gli Stati Uniti e i mercati internazionali hanno rappresentato il primo focus di approfondimento del X Forum Wine Monitor, organizzato da Nomisma e arricchito dai contributi di Federico Zanella, presidente & Ceo di Vias Imports, e di Lamberto Frescobaldi, presidente della Marchesi Frescobaldi.

NEGLI USA CRESCE SOLO IL SAUVIGNON BLANC NEOZELANDESE

«Nel mercato statunitense – evidenzia Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma – tutti i principali esportatori di vino soffrono a causa di una riduzione nella capacità media di spesa dei consumatori. Solo la Nuova Zelanda, con il suo Sauvignon Blanc, non sembra conoscere crisi, mettendo a segno una crescita delle esportazioni di oltre il 20% nei primi otto mesi di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente».

Non va meglio sul mercato nazionale. Le vendite di vino nel canale retail flettono – nel cumulato fino a settembre – di un calo superiore al -2% a volumi, con riduzioni più elevate in Gdo nel caso dei vini fermi (-3,8%). Crescono solamente gli acquisti di spumante (+2,3%) ma il dato nasconde un effetto “sostituzione” che vede aumentare gli spumanti generici (più economici) a scapito di quelli a denominazione, Doc e Docg.

PREVISIONI AL RIBASSO PER IL CONSUMO DI VINO DEGLI ITALIANI

Anche le previsioni sui comportamenti di consumo degli italiani per i prossimi 6 mesi – dedotte da una specifica Consumer Survey condotta da Nomisma – non sono positive: al netto di chi non modificherà gli acquisti di vino rispetto alla situazione attuale (almeno 6 italiani su 10, ma nel contesto di una generalizzata riduzione dei consumi), c’è un 16% di consumatori che prevede di ridurli, nell’obiettivo di risparmiare sulla spesa in generale.

In questo scenario così complesso e incerto, sono soprattutto le piccole imprese vinicole a soffrire di più. Anche a causa di una situazione finanziaria interna sovente minata da pesanti indebitamenti che rischiano di esplodere in conseguenza della stretta in atto sui tassi di interesse applicati. Basti pensare, infatti, che per le società di capitale con fatturato fino a 10 milioni di euro, gli oneri finanziari sull’Ebitda vanno dall’11% per le imprese tra 2 e 10 milioni di euro, al 37% per quelle con fatturato inferiore.

Per quanto piccole, stiamo parlando di realtà che rappresentano l’85% del tessuto imprenditoriale del settore vinicolo, a cui sono riconducibili quasi il 50% degli addetti occupati. E non è solo una questione di struttura finanziaria. Da un’indagine svolta da Wine Monitor sulle imprese vinicole italiane è infatti emerso come tra le esigenze ritenute prioritarie per affrontare le sfide dell’attuale scenario congiunturale figurino la pianificazione strategica, l’ottimizzazione dei processi produttivi e l’internazionalizzazione.

Categorie
in-abbonamento Vini al supermercato

Carrefour show: la Festa del vino al supermercato (in promozione) è qui

You need to be logged in to view this content. Si prega . Non sei un membro? Registrati
Categorie
news news ed eventi

Nel nome del Bio: la vendemmia di chi non vendemmia


Niente vendemmia 2023 per Podere Casanova di Montepulciano. La decisione dei titolari Susanna Ponzin e Isidoro Rebatto – imprenditori giunti in Toscana dal Veneto, nel 2016 – è maturata il 3 luglio scorso ed è stata resa pubblica in mattinata. In quella data sono stati
interrotti i trattamenti contro la peronospora, gettando la spugna per l’intera vendemmia 2023: «Il rame utilizzato in tale data risultava pari a 1,8 kg per ettaro e per noi è impensabile fare più trattamenti di quelli che ci siamo prefissati per essere davvero Azienda ecosostenibile e biologica».

«Considerato che, per scelta aziendale, utilizzano al massimo il 50% del rame consentito in agricoltura biologica per la Regione Toscana, ovvero 6kg/cu/ha – evidenziano i titolari di Podere Casanova Montepulciano – andare avanti avrebbe significato oltrepassare sia il loro limite che quello normativo. Cerchiamo sempre di ridurli il più possibile: nel 2021 abbiamo utilizzato 0,83 kg di rame per ettaro e nel 2022 appena 0,37 kg».

PODERE CASANOVA, NIENTE VENDEMMIA 2023 CAUSA PERONOSPORA

Susanna Ponzin e Isidoro Rebatto gestiscono 17 ettari di vigneti e producono 10 etichette, con il marchio Equalitas che lo certifica azienda agricola ecosostenibile. Dal 2021 Podere Casanova è in conversione biologica, con una sperimentazione in atto dal 2019 che tende a portare l’utilizzo del rame a quantità ridotte sino all’abolizione totale. Nel 2023, per il terzo anno consecutivo, i vigneti sono coltivati in modalità naturale, con una bassissima quantità del metallo pesante.

«Ci spiace – proseguono – non è stata una decisione facile quella di non effettuare le vendemmia 2023, ma ne siamo fermamente convinti. Una scelta coerente con la nostra visione, che mette in primo piano tutela dell’ambiente e salute di chi beve i nostri vini. Lo stop alla vendemmia ci ha permesso di concentrarci maggiormente su molti altri importanti aspetti del nostro lavoro, sia in vigna che in cantina, e siamo più che mai motivati a proseguire sulla nostra strada di produrre un vino sano, corretto, giusto. Un Vino Nobile di Montepulciano unico per il suo carattere, piacevole da gustare, emozionante, che porti in sé il timbro del nostro stupendo territorio, che contribuiamo a salvaguardare». L’appuntamento è quindi con l’annata 2024. Peronospora permettendo.

Categorie
news news ed eventi

Abruzzo, produttori in piazza per la «catastrofe peronospora»?


I produttori di vino dell’Abruzzo si dicono pronti a «scendere in piazza» e a «riconsegnare le tessere elettorali» per via della «catastrofe peronospora» registrata in occasione della vendemmia 2023. Al loro fianco
gli attori della filiera produttiva del mondo del vino abruzzese, che oggi si sono riuniti a Pescara per lanciare «l’ennesimo appello al mondo politico con la speranza di ricevere finalmente risposte concrete alla gravissima situazione causata dalle abbondantissime precipitazioni  dei mesi di aprile e maggio». Piogge che, in alcune aree, hanno superato anche i 200 mm/mese: «Circa il triplo della media del periodo, con conseguenze catastrofiche dal punto di vista produttivo» per l’Abruzzo vitivinicolo, comparto che conta più di 15 mila aziende per 32.500 ettari vitati.

«Siamo tutti d’accordo nel dire che questo è davvero l’ultimo appello che il mondo vitivinicolo abruzzese rivolge alla classe politica della Regione Abruzzo, di qualsiasi “colore” essa sia», avvertono all’unisono Assoenologi, Associazione Città del Vino, Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Confcooperative, Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, Copagri, D.A.Q. vino, Legacoop, Liberi Agricoltori e Movimento Turismo del Vino. «A vendemmia ormai conclusa – continua la filiera del vino abruzzese – possiamo confermare, con assoluta certezza, un calo medio della produzione di uve di circa il 70%. Un dramma che interessa in maniera diffusa e più o meno omogenea tutte le aziende vitivinicole delle quattro provincie».

VENDEMMIA 2023: 380 MILIONI DI DANNI DELLA PERONOSPORA DA IN ABRUZZO

«Dopo mesi di proclami, promesse e false aspettative – continuano le varie sigle – la classe politica e dirigente della Regione Abruzzo ad oggi non è in grado di dare risposte chiare a sostegno del settore. Per questo saremo costretti a scendere in piazza. Tutti noi in questi mesi abbiamo avanzato specifiche richieste a supporto del mondo produttivo e fornito indicazioni operative in merito all’emergenza peronospora, ma a nulla sono serviti. Siamo pronti anche a riconsegnare le tessere elettorali». Le risorse sin ora erogate vengono giudicate «scarsissime e assolutamente insufficienti per affrontare la difficile situazione del momento».

Nel dettaglio, le perdite vengono calcolate in circa di 2,7 milioni di quintali di uva, pari a circa 2 milioni di ettolitri di vino, che in termini di imbottigliato equivalgono a circa 260 milioni di pezzi. «Se dovessimo fare una stima del mancato reddito delle aziende – chiosa il gruppo pronto a scendere in piazza – possiamo indicare in circa 108 milioni di euro la perdita sulle uve, 130 milioni sullo sfuso e 520 milioni circa sull’imbottigliato. Una stima prudenziale induce a ritenere che la filiera vitivinicola della regione Abruzzo subirà un danno economico non inferiore ai 380 milioni di euro».

LE TRE CONDIZIONI DEI PRODUTTORI ABRUZZESI

In occasione della riunione di Pescara sono stati condivisi tre punti principali «sui quali si potrebbe e dovrebbe intervenire in maniera più che tempestiva». «Sospensione pagamento dei mutui e finanziamenti in essere (conto capitale e interessi) per almeno due anni – elenca la filiera del vino abruzzese – senza porre in primis le “garanzie bancarie” (come è stato fatto durante l’emergenza COVID) che renderebbero automaticamente le aziende richiedenti inaffidabili di fronte alle banche, per almeno 24 mesi, quindi inabili a qualsiasi tipologia di nuovi finanziamenti; sospensione e/o riduzione dei contributi INPS; azzeramento dei tassi d’interesse per finanziamenti acquisto scorte a reintegro con un’istruttoria semplificata e che non tenga conto dei finanziamenti già in essere».

Nei primi due casi, la competenza spetterebbe al governo, mentre, nel terzo, il ruolo della regione risulta fondamentale. «Ci auguriamo che quest’ultima sia portavoce degli interessi del mondo vitivinicolo abruzzese anche su tavoli nazionali – conclude il gruppo -. Tutta la filiera produttiva vuole fare questo ultimo appello, prima di procedere con le manifestazioni di piazza alla presenza di centinaia di migliaia di produttori stremati dalla difficilissima situazione e che, se non adeguatamente aiutati e supportati, rischiano di vedere vanificare decenni di duro lavoro».

Categorie
Esteri - News & Wine news news ed eventi

L’Armenia del vino è risorta: fotografia dalla periferia del mondo


«Vedi l’asfalto nuovo di zecca? Lo hanno appena steso, in tutto il quartiere. Ho vissuto qui più di 30 anni e c’è sempre stata la polvere…». Si avverte ancora l’odore del catrame davanti alla casa in cui Aram Machanyan è cresciuto e ha visto trasformarsi in realtà il sogno di diventare produttore di vino in Armenia. Inizia a imbrunire nella periferia della capitale Yerevan. I profumi che si mescolano nell’aria, ancora calda, sembrano un tuffo nelle tazze di tè locali.

La luce dei lampioni illumina quattro ragazzini che hanno trasformato la via in un campo di pallavolo, tirando una corda bianca da una parte all’altra della strada, a un metro e mezzo d’altezza. Ora che c’è l’asfalto è più semplice mantenere l’equilibrio ed evitare di sbucciarsi le ginocchia. L’Armenia del vino, nel 2023, assomiglia tutta al frammento di una storia di periferia catturata per caso, più con l’anima che con gli occhi. A metà ottobre.

È il frutto di visone, investimenti. Attaccamento alla vita e voglia di riscatto. È coraggio ed è follia. Come quella volta in cui Aram e i fratelli Samvel e Hrachya hanno preso l’auto e si sono diretti in Turchia, per cercare il vigneto appartenuto al capostipite Gevorg Machanyan, superstite del genocidio del 1915 che lo costrinse ad abbandonare la terra natia (da profugo). E ricominciare da capo, nell’attuale capitale armena.

Da quelle barbatelle, rinvenute tra rocce e sterpaglie, è nato un nuovo, micro vigneto. Pochi filari, al centro del cortile della casa di Yerevan che è stata teatro dei primi esperimenti di vinificazione “garagista” dei fratelli Machanyan, oggi sul mercato con il prestigioso brand di vini naturali Alluria Wines. L’ultima creazione è “The Beast“, “La Bestia”. Un vino “fortificato” di cui poco si sa. E poco, in fondo, serve sapere: «Deve stupire chi ha il coraggio di avvicinarcisi, superato il Rubicone del pregiudizio», taglia corto Samvel.

IL RINASCIMENTO DEL VINO ARMENO

È un Rinascimento silenzioso ma fiero, quello del vino armeno. Nelle cantine del Paese, piene zeppe di macchinari italiani – dalle vasche d’acciaio alle presse, passando per i filtri e le diraspatrici di un noto brand del Veneto – nonché di consulenti agronomi ed enologi provenienti dal Bel Paese, si respira l’aria rarefatta di una bolla appannata, in cui si corre con fiducia verso il traguardo, pur non smettendo mai di guardarsi le spalle. Entusiasmo e timore si mescolano a fronte dei numerosi riconoscimenti internazionali conquistati dalle cantine armene nell’ultimo decennio, soffocati dall’instabilità di una nazione sovrana costantemente sotto attacco. Su più fronti.

Ad Est, la superiorità militare dell’Azerbaijan e il silenzio immobile di Europa e Stati Uniti di fronte alla vergogna della pulizia etnica, è costata l’abbandono forzato della regione del Nagorno-Karabakh a 100 mila armeni, sul finire di settembre 2023. L’enorme schiera di profughi lasciati senza casa, cibo e vestiti da Baku e dal suo presidente Ilham Aliyev è il volto più tragico dell’ennesimo conflitto che obbliga il Paese a rimboccarsi le maniche. Senza piangersi addosso. E a farne le spese è anche il settore del vino, già alle prese con la ricerca di nuovi sbocchi di mercato, vista l’ormai scarsa affidabilità del partner principale (la Russia).

Dall’occupato Nagorno-Karabakh, noto anche col nome di Artsakh, proviene gran parte del legno utilizzato per la produzione di barrique e tonneau armene, capaci di sposare alla perfezione i caratteri di vitigni autoctoni a bacca rossa come Haghtanak e Sev Areni; oltre a conferire grassezza e stratificazione ad uve bianche autoctone come Kangoun e Voskehat. Proprio dai territori annessi dall’Azerbaijan nel silenzio complice della comunità internazionale proviene un imprenditore vitivinicolo che è considerato un eroe, in Armenia: Grigori Avetissyan.

L’ABBANDONO FORZATO DEI VIGNETI IN ARTSAKH (NAGORNO-KARABAKH)

Costretto a lasciare la propria cantina in Artsakh nel 2020, dopo aver combattuto in prima linea contro l’avanzamento delle truppe azere nel villaggio di Togh, questo partigiano-vignaiolo ha trasferito l’attività produttiva del suo Domaine Avetissyan e del brand Kataro Wines nel Vayots Dzor, per l’esattezza ad Areni. Qui, in una cantina moderna, sotto la supervisione del talentuoso enologo Andrànik Manvelyan, vengono prodotti alcuni tra i migliori vini armeni dalle varietà locali.

In commercio c’è anche l’ultima annata dei vini prodotti con le uve provenienti dall’Artsakh. Dei vigneti e della cantina originaria non resta più nulla. I militari azeri hanno recapitato a Grigori Avetissyan i video dello sversamento delle vasche e delle botti di legno, «nel nome di Allah». Uno sgarro alla prima nazione al mondo ad adottare il Cristianesimo (ancora oggi il 95% della popolazione armena, pari a 2,3 milioni di persone, è cristiana). Una ferita aperta nel cuore del produttore, che non smette di credere di poter tornare, un giorno, a coltivare i suoi vigneti nelle terre occupate.

LA FORZA DELLE DONNE ARMENE NEL SETTORE DEL VINO

Nel frattempo, i vignaioli armeni si fanno forza l’un l’altro, uniti sotto al “cappello” della Vine and Wine Foundation of Armenia, la Fondazione della Vite e del Vino armeno che coopera con GizDeutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit, principale agenzia di sviluppo tedesca nel campo della cooperazione internazionale. A guidare l’organismo governativo interprofessionale è Zaruhi Muradyan, donna che ha segnato il cammino di molte produttrici nel Paese del Caucaso meridionale. La sua Zara Wines è diventata un caso all’ingresso sul mercato in Armenia, nel 2012. Da allora, nel settore, l’imprenditoria femminile è esplosa.

Ed oggi non è affatto difficile scoprire che, dietro ai migliori vini armeni, ci sia il tocco di una donna. Su tutte è il caso di Alina Mkrtchyan, co-fondatrice di Voskeni Wines nell’Ararat Valley, che firma un Areni Riserva da favola. Ma anche quello di Arusyak Tadevosyan, winemaker del colosso del brandy Manukyan che, dal 2016, è sotto i riflettori internazionali con i suoi tagli tra le varietà locali e quelle internazionali, in pieno stile bordolese. Oltre a coordinare l’export, cresciuto del 50% tra il 2021 e il 2022, le attività della Vine and Wine Foundation of Armenia si spingono sin dentro il tessuto sociale, con risvolti positivi sui consumatori.

I CONSUMI DI VINO E IL PRIMO WINE BAR DELL’ARMENIA: INVINO


A dispetto dei trend internazionali, i consumi di vino nel Paese stanno vivendo un momento d’oro. Negli ultimi 7 anni sono passati da 2 a circa 4,5 litri pro capite. Lo sa bene Mariam Saghatelyan, che nel dicembre 2012 ha fondato a Yerevan il primo wine-bar dell’Armenia: InVino. L’ennesima donna di successo sulla scena del vino armeno. «La scelta di aprire un’enoteca con mescita – spiega Mariam, che all’epoca aveva solo 19 anni – è stata rivoluzionaria. Martiros Saryan Street, in cui ci troviamo, era la “via della tecnologia” della capitale; quella in cui comprare computer e affini. Ci abbiamo messo 3 anni a convincere la gente ad entrare, a suon di wine tasting con i migliori produttori e tanta tenacia. Io studiavo di giorno e lavoravo di sera, fino a tardi».

Il locale è cresciuto insieme al livello dei vini armeni. «All’inizio – ammette Mariam Saghatelyan, fresca del titolo di Miglior Sommelier dell’Armenia – avevamo solo 10 vini armeni che consideravamo “bevibili”. Oggi ne abbiamo circa 350 a scaffale. Il problema era la costanza qualitativa tra bottiglie, troppo disomogenea. Difetti ormai risolti, grazie agli investimenti in tecnologia delle nostre cantine. Oltre all’interesse nei confronti dei vini nazionali, noto ora una crescente curiosità per i vini esteri, in particolare orange wine, spumanti, Champagne e vini naturali. Quello che conforta è che in Armenia la gente sta bevendo sempre più vino, in generale. E sta iniziando adesso a familiarizzare con il food pairing».

IL VINO ARMENO CON GLI OCCHI DEGLI INVESTITORI ESTERI

Se è vero che il fermento del vino armeno ha radici profonde come la storia della viticoltura mondiale – la “cantina” più antica del mondo si trova proprio in Armenia, presso il complesso di grotte note col nome di Areni Cave-1, 111 chilometri a sud della capitale Yerevan: tappa obbligata per chiunque voglia toccare con mano la storia del vino e dell’umanità (nella foto in basso) – il Rinascimento dell’enologia armena è dovuto anche agli ingenti investimenti giunti dall’estero. Tra i più illuminati imprenditori stranieri attivi nel Paese c’è lo svizzero Jakob Schuler, volto noto in Italia per le quote di maggioranza di Castello di Meleto a Gaiole in Chianti, in Toscana, nonché per Maison Gilliard a Sion, nella sua Svizzera.

«Ho scoperto l’Armenia dopo la grande delusione avuta in Georgia con il Saperavi – spiega l’imprenditore dal quartier generale della sua Noa Wine, nella regione vinicola di Vayots Dzor – e sono rimasto sorpreso dal lavoro di aziende come Armas, Armenia Wine CompanyVedi-Alco, per le loro dimensioni ragguardevoli e per la modernità delle loro tecnologie. Ma i vini erano prodotti con varietà internazionali. Nel Vayots Dzor ho assaggiato per la prima volta l’Areni, varietà autoctona a bacca rossa che mi ha fatto perdere la testa e per la quale ho deciso di investire in Armenia. Ho iniziato a importare in Svizzera questi vini, per poi convincermi ad acquistare delle terre e stabilire qui una nuova cantina». Noa Wines è l’unica realtà armena che, grazie alla consulenza di professionisti italiani come Valentino Ciarla e Giacomo Sensi, può contare su una vera e propria zonazione dei vigneti.

VARIETÀ AUTOCTONE VS INTERNAZIONALI

Una trentina gli ettari a disposizione, per una produzione che ha lo scopo (ben riuscito) di esaltare al massimo le potenzialità delle varietà autoctone armene – e in particolare dell’Areni – anche grazie al contributo del giovane e promettente winemaker Pavel Vartanyan. Lo spazio per le nuove generazioni di enologi non manca in Armenia. E anche un “mostro sacro” come Karas Wines non fa eccezione. Qui si incontra Gabriel Rogel, argentino, classe 1985, con le idee molto chiare su come dare seguito alle volontà del fondatore Eduardo Eurnekian – imprenditore vitivinicolo di origini armene residente in Argentina – e della nipote Juliana Del Aguila Eurnekian. Il tutto sotto la supervisione di un enologo di fama internazionale: Michel Rolland.

Il progetto enologico di 400 ettari in Armenia, incentrato agli esordi (ben vent’anni fa) più sulle varietà internazionali che su quelle autoctone (le cose, oggi, sono cambiate) è quello che ha aperto la strada al vino armeno in tutto il mondo. Eurnekian punta su un nome, “Karas“, che richiama le tradizionali anfore con le quali viene prodotta una parte del vino in Armenia. Contenitori di terracotta interrati per il 70%, in cui avviene generalmente la fermentazione e, in alcuni casi, l’affinamento. La cantina si trova in un ecosistema unico, circondata da vigneti che affondano le radici in suoli vulcanici. La vista sul monte Ararat, qui, nella regione di Armavir, è mozzafiato.

L’ARMENIA DEL VINO: REGIONI VINICOLE E VARIETÀ


Del resto, il 70% del territorio armeno è costituito da montagne. Ed è piuttosto comune trovare intere regioni con terreni di matrice vulcanica, nonché vecchie viti a piede franco di età superiore ai 100 anni,
ad altitudini proibitive molto simili a quelle del Sud America. L’altitudine media del vigneto armeno è di 1.200 metri sul livello del mare, con impianti che si spingono anche sopra i 1.800 metri.

Le regioni principali sono cinque: Armavir (900-1100 m), Ararat (800-1000 m), Aragatsotn (900-1.400 m), Tavoush (400-1000 m) e Vayots Dzor (1000-1800 m), per un totale di 13 mila ettari vitati in Armenia. Alla conta andrebbe aggiunta anche la regione vinicola di Syunik, al centro degli interessi dell’Azerbaijan e della Turchia per la creazione del cosiddetto “corridoio Zangezur”.

Viticoltura fiorente anche attorno alla capitale Yerevan, considerabile un areale a sé stante e un vero e proprio laboratorio per le nuove cantine, grazie all’attività contoterzista di cantine urbane-incubatore come Wine Works Company. Il ruolo di questa firma, fondata dall’illuminato imprenditore armeno Vahe Keushguerian, è centrale anche sul fronte agronomico, per la gestione di due vigneti sperimentali – ad Astghadzor e Khramort – utili alla salvaguardia e allo sviluppo dello straordinario patrimonio ampelografico armeno.

DALLA POLVERE AL CEMENTO: IN ARMENIA 350 VARIETÀ DI VITE AUTOCTONE

Già perché sono circa 350 le varietà autoctone armene oggi identificate, di cui 55 ampiamente coltivate (30 bianche, 25 rosse). Trentuno vengono utilizzate per la vinificazione, 21 per la produzione di uva da tavola e 3 per quella dell’uva passa. Le più note sono Sev Areni, Voskehat, Kangoun, Haghtanak, Milagh, Lalvari, Khatoun Kharji e Khndoghni (Sireni). Splendida, in particolare, la versatilità dell’Areni. Un’uva in grado di dare vini rossi freschi e beverini, tanto quanto rossi strutturati e corposi – pur elegantissimi – grazie alla vinificazione in legno. Una varietà che ricorda, per certi versi, il Frappato siciliano. Senza dimenticare che l’Areni risulta straordinario anche nella produzione dei vini rosati.

Il suo contraltare è il Voskehat (“Acino d’oro”), uva a bacca bianca capace di vini freschi e verticali, agrumati e tesi. Piuttosto comuni anche l’Haghtanak (incrocio tra Sorok Let Oktyabrya e Saperavi, con la prima varietà che, a sua volta è ottenuta dal crossing di Kopchak e Alicante Anri Buch) e il Khndoghni (Sireni). Nel calice li accomuna un frutto scuro ancor più che rosso, tannini pronunciati, ottima struttura, spezia (pepe) e un gran potenziale in termini di affinamento.

Frammenti macroscopici del puzzle infinito che è l’Armenia del vino, nel 2023. Polvere divenuta asfalto, come davanti alla casa in cui è cresciuto Aram Machanyan. Estrosa come quel campo di pallavolo improvvisato con un filo bianco, a un metro e mezzo d’altezza, in mezzo alla via; nella periferia di una Yerevan che, oggi, è anche un po’ la periferia del mondo. Così lontana, eppure sempre più vicina al centro, purché ce ne si accorga. Quasi un dovere, adesso che è più difficile sbucciarsi le ginocchia. Kenats.

Categorie
Vini al supermercato

Salento Igp Vermentino 2022, Notte Rossa

(5 / 5) È ormai una certezza il Vermentino Notte Rossa, che si conferma con la vendemmia 2022 attualmente a scaffale in diverse insegne di supermercati. Quello che ci piace definire “vitigno pirata”, per la sua presenza sempre più massiccia in diversi litorali e regioni italiane che si affacciano sul mare, si è ormai adattato alla perfezione in Puglia. Un vino bianco che figura tra i Salento Igp di Notte Rossa, tutti dall’ottimo rapporto qualità prezzo.

Nel calice, il Vermentino 2022 Notte Rossa si presenta di un giallo paglierino luminoso. Al naso è avvolgente, con i suoi richiami di fiori bianchi, agrumi e frutta gialla perfettamente matura. Le caratteristiche dell’annata conferiscono al vino una buona morbidezza al palato, che ben si amalgama con la freschezza agrumata e con i ricordi di erbe della macchia mediterranea, come rosmarino e timo.

Sorso in definitiva bilanciato, per un vino che non stanca mai e che può essere abbinato a tutto pasto, senza difficoltà. Il Vermentino del Salento Igp Notte Rossa è però perfetto con piatti a base di pesce come un’orata al sale, ben aromatizzata, i cui sapori si andranno a fondere con la mineralità del vino.

DOVE NASCE IL SALENTO IGP VERMENTINO NOTTE ROSSA

Un nettare che si aggiudica i 5 “Cestelli della spesa” nella nostra speciale scala di classificazione dei vini in vendita al supermercato. Tutto, però, parte dall’attenzione in vigna. La zona di produzione del Vermentino 2022 Notte Rossa è quella di Brindisi, nel cuore del Salento. Le viti affondano le radici a circa 100 metri sul livello del mare, che influisce positivamente sulla crescita delle uve, temperando il calore. Il terreno è di medio impasto, a prevalenza sabbioso.

Le uve sono state raccolte nell’ultima settimana di agosto, diraspate e mantenute a contatto con le bucce per qualche ora, a freddo, prima della pressatura. In questo modo è stato estratto il massimo potenziale aromatico, riscontrabile nel calice. La fermentazione è avvenuta in acciaio a 15° gradi per 13-15 giorni, preservando integri bouquet e profilo aromatico naturale delle uve. A seguire, gli ultimi importanti passaggi: l’affinamento in acciaio e l’imbottigliamento.

Prezzo: 6,90 euro
Acquistabile presso: Tigros, Basko, Iperal, Poli, Conad, Coop, Famila, A&O, Sigma, Despar, Oasi, Tigre, Gross, Decò, D’Ambros, Mercatò, Spazio Conad, Rossetto, PAM, Piccolo

Categorie
news news ed eventi

Regolamento imballaggi Parlamento Europeo: il vino è salvo. Sventato il rischio per le magnum

Le bottiglie di vino sono state esentate dalle norme sugli imballaggi europei. Confermata lesenzione agli obblighi di riutilizzo, con il rischio di una standardizzazione delle bottiglie per la riduzione indiscriminata del loro peso, eliminando di fatto il formato magnum ma anche le tipologie scelte dai produttori per identificare i vini più “importanti” della gamma, secondo logiche di marketing. La battaglia si sposta ora nella seduta del Parlamento europeo in plenaria, previsto per la settimana del 20 novembre. «L’obiettivo – commenta Coldiretti – è migliorare un testo che è ancora fortemente penalizzante per alcuni settori dell’agroalimentare». Cinquantasei i voti a favore, 23 contrari, 5 le astensioni.

«Il vino – aggiunge Uiv – è l’unica bevanda alcolica fuori dai vincoli previsti dalla riforma della normativa Ue sugli imballaggi (Ppwr) che prevede la ridefinizione dei target di riuso per i vari materiali di imballaggio, tra cui il vetro. Il testo del regolamento votato oggi dalla Commissione per l’Ambiente, la Sanità pubblica e la Sicurezza alimentare (COMENVI) rappresenta un primo step importante per il vino in attesa del voto in plenaria e del Trilogo tra Parlamento, Consiglio e Commissione; un risultato importante, raggiunto in particolare grazie al costante lavoro degli eurodeputati italiani vice-relatori di questo dossier, che sottolinea sia le specificità del vino sia gli sforzi già in atto da parte della filiera per garantire uno sviluppo sostenibile del settore.

«Un voto in chiaroscuro quello di stamattina sulla revisione della Direttiva Imballaggi – commenta invece la presidente di Federvini, Micaela Pallini -. Se i vini, grazie al fondamentale lavoro condotto dalla delegazione italiana, possono finalmente tirare un sospiro di sollievo, è ancora tanto il lavoro da fare per scongiurare l’impatto estremamente oneroso che il riuso potrebbe determinare per il comparto degli aperitivi, amari, liquori e distillati italiani. Come Federvini siamo determinati a proseguire con fermezza in tutte le sedi istituzionali gli sforzi per tutelare le nostre imprese e auspichiamo che possa esservi una revisione nel voto già in occasione dell’Assemblea plenaria del Parlamento europeo previsto in novembre».

IMBALLAGGI UE: VINO SALVO, MA È ALLARME PER L’ORTOFRUTTA 

Se il vino è salvo dopo l’adozione da parte della Commissione Ambiente del Parlamento europeo della relazione sulla proposta di regolamento della Commissione imballaggi e rifiuti di imballaggio, lo stesso non si può dire dell’ortofrutta. Confermato infatti il limite di imballaggio, fissato a 1 chilogrammo. Una soglia che, secondo Coldiretti, «rischia di cancellare dagli scaffali dei supermercati l’insalata in busta, i cestini di fragole, le confezioni di pomodorini e le arance in rete di peso inferiore al limite». 

«Nella forma attuale – commenta Coldiretti – il testo apre ad una serie di problemi dal punto di vista igienico-sanitario, della conservazione e degli sprechi, che potrebbero aumentare, come potrebbero aumentare anche i costi per i consumatori e per i produttori. Ma si rischia anche un effetto negativo sui consumi, dove i prodotti di quarta gamma, dalle insalate in busta alla frutta confezionata, sono ormai entrati profondamente nelle abitudini degli italiani, con il pericolo di ridurne il consumo, già calato del 10% per la frutta e del 6% per gli ortaggi nel primo semestre del 2023, con un impatto pericoloso sulla salute».

Categorie
news news ed eventi

Montepulciano d’Abruzzo: fusione tra Colline Teramane e Consorzio Vini d’Abruzzo


Nel nome del Montepulciano d’Abruzzo è fusione tra il Consorzio di Tutela Vini Colline Teramane e il Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo. La novità riguarda la prima Denominazione di origine controllata e garantita (Docg) abruzzese, che produce circa 600 mila bottiglie su 172 ettari, nonché la Doc Controguerra, piccola denominazione della provincia di Teramo. Passano entrambe sotto il controllo e la tutela dell’ente che ha sede a Palazzo Corvo, ad Ortona (Chieti), dal peso produttivo ben più importante: 100 milioni di bottiglie. L’unione mira a «rafforzare nel mondo la percezione di eccellenza della produzione teramana». Il percorso è stato avviato più di un anno fa ed è stato «fortemente sostenuto da tutti i soci del Consorzio Colline Teramane, con l’obiettivo di aumentare la produzione, potenziare la promozione e la valorizzazione del nome».

Proprio oggi, al termine del suo mandato, il presidente del Consorzio Colline Teramane, Enrico Cerulli Irelli, approfondisce i contorni della fusione: «Crediamo fermamente che questa sia la direzione giusta. La decisione a cui siamo giunti dopo attente riflessioni si dimostrerà lungimirante laddove i mercati internazionali richiedono sempre più forza professionale. Ciò che iniziò come un sogno nel 2003 per 33 produttori è diventato, in due decadi, un baluardo di qualità e identità nella regione. Con oltre 600 mila bottiglie prodotte, un incremento del 50% negli ultimi due anni e 172 ettari di vigneto, Colline Teramane Montepulciano d’Abruzzo si è fatto interprete di un terroir unico, incastonato tra il Mare Adriatico e le maestose montagne del Gran Sasso e dei Monti della Laga».

NICODEMI: «ABRUZZO ANCORA PIÙ ATTRATTIVO SUI MERCATI»

Unirsi al Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo presieduto da Alessandro Nicodemi – continua Enrico Cerulli Irellisignifica credere nella collaborazione tra i diversi attori della produzione vitivinicola abruzzese, ciò che in un passato non troppo lontano sarebbe stato inimmaginabile. Una mossa che testimonia l’unità e la visione condivisa tra i produttori della regione».

Soddisfazione viene espressa anche da Alessandro Nicodemi: «Sono da sempre convinto che l’unione faccia la forza – afferma il presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo – e soddisfatto per l’inserimento di questa importante Denominazione, insieme alla Doc Controguerra, tra quelle tutelate dal Consorzio. Il Montepulciano d’Abruzzo, con i suoi oltre 100 milioni di bottiglie – è senz’altro il più rappresentativo tra i vini abruzzesi, oltre ad essere tra i primi tre vini Doc prodotti in Italia. Questi nuovi ingressi ci consentiranno di essere ancora più attrattivi sui mercati. La viticoltura regionale sarà ulteriormente rafforzata da questa nuova sinergia e il Consorzio, con la Docg Colline Teramane e la Doc Controguerra, andrà ad arricchire di nuove sfaccettature il racconto dello straordinario territorio e dei vini che ne derivano».

Categorie
Approfondimenti

30 anni di Movimento Turismo del Vino: un comparto da 2,65 miliardi di fatturato


FOTONOTIZIA –
Si sono svolte a Roma le celebrazioni dei 30 anni del Movimento Turismo del Vino. Una giornata interamente dedicata al traguardo raggiunto dall’Associazione che aggrega un settore da circa 2,65 miliardi di euro di fatturato, secondo il Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano. «
Un anniversario importante – ha sottolineato Nicola D’Auria, presidente nazionale del Movimento Turismo del Vino – che ci rende davvero orgogliosi del percorso intrapreso e ci stimola a migliorare sempre di più l’offerta enoturistica nazionale».

Categorie
Esteri - News & Wine news news ed eventi

I viticoltori francesi dell’Aude dichiarano guerra al vino spagnolo: «Concorrenza sleale»


Scene da guerriglia al confine tra Francia e Spagna. Nelle ultime ore, i viticoltori francesi aderenti al Syndicat des Vignerons de l’Aude hanno sversato a terra migliaia di litri di vino spagnolo (Cava e rosato) e dato fuoco a decine di pneumatici a Boulou, città di confine tra i due Paesi. Circa 500 i vignaioli scesi in strada per bloccare le autobotti spagnole e protestare contro quella che definiscono «concorrenza sleale».
Il vino spagnolo importato in Francia costerebbe attorno ai 40 euro all’ettolitro, mentre quello francese costa circa 80 euro.

Il sindacato di viticoltori dell’Aude, presieduto da Frederic Rouanet, avrebbe trovato l’appoggio di Alain Ginies, numero uno del Département de l’Aude, il Consiglio regionale da sempre schierato con i suoi vignerons. La protesta si sposta così dalle strade a Parigi, nonché a Madrid. Il tutto avviene in una delle zone vinicole più produttive della Francia, nel territorio dell’Aude Igp, in cui vengono prodotte anche le Aop Corbières, Minervois e Limoux.

Categorie
news news ed eventi

Nasce Vinitaly USA 2024: l’Italia del vino a Chicago con Veronafiere


Nasce a Chicago Vinitaly USA 2024. Dall’International Wine Expo in corso nella capitale della regione del Midwest, da quest’anno cofirmato da Vinitaly – con oltre 200 aziende presenti e più di 1000 etichette in degustazione – arriva l’annuncio compatto del sistema Italia. «Il lavoro di squadra attivato da tempo con le istituzioni ci ha dato ragione e possiamo dire di aver vinto una sfida importante e complessa, di aggregare con il brand Vinitaly tutte le progettualità per creare un forte momento promozionale a favore del settore enologico italiano negli USA», ha evidenziato Federico Bricolo, presidente di Veronafiere, durante la cerimonia di apertura nella città che riunisce 70 milioni di abitanti e rappresenta 200 milioni di dollari di importazioni di vini italiani.

«Le fiere – ha confermato Matteo Zoppas, presidente di ICE Agenzia – sono strategiche per il business matching delle imprese, in particolare delle piccole-medie. E con Veronafiere Vinitaly, che si era già mosso in modo accurato su questo mercato, ICE sta valutando insieme ai ministeri degli Esteri, dell’Agricoltura, ad Assocamerestero, tutti presenti a Chicago in questi giorni, il progetto per fare di Vinitaly USA 2024 il principale appuntamento strategico per questo fondamentale mercato». Un ponte strategico tra l’Italia e il primo mercato al mondo (1,8 miliardi di euro il valore dell’export Made in Italy verso gli Usa nel 2022).

«Vinitaly Usa 2024 – ha sottolineato l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese – seguirà anche le indicazioni del nascente comitato degli importatori con i quali condivideremo le strategie e i comuni interessi per lo sviluppo del vino italiano. L’obiettivo è rendere ancora più proficuo il rapporto con il mercato che esprime grande attenzione per i vini premium e al contempo cerca sempre nuove proposte. E l’Italia con i suoi 540 vitigni è in grado di offrire una scelta unica nel suo genere al mondo in grado di soddisfare le esigenze del settore ho.re.ca, degli importatori e dei distributori».

Categorie
eventi news ed eventi

La Villa, il Vino e Venezia: viaggio alla scoperta delle ville e dei vini della Serenissima


Il Consorzio Vini Venezia lancia “La Villa, il Vino e Venezia: un viaggio alla scoperta dei territori della Serenissima“, insieme all’Associazione Ville Venete. Una kermesse che si ripeterà per tre domeniche di novembre in tre differenti Ville Venete, dando la possibilità ai partecipanti di scoprire il file rouge che unisce da sempre il vino alla Villa. Gli appuntamenti si svolgeranno domenica 5 novembre presso Villa Tiepolo Passi a Carbonera (TV), domenica 12 novembre prezzo Villa Widmann Rezzonico Foscari a Mira (VE) e domenica 19 novembre presso Villa Reichsteiner a Piavon di Oderzo (TV).

Tre appuntamenti autunnali che coniugheranno l’eterna bellezza delle Ville Venete, con degustazioni guidate dei vini delle denominazioni DOC Piave, DOC Lison Pramaggiore, DOC Venezia, DOCG Malanotte e DOCG Lison e ai vini provenienti dai vitigni autoctoni quali Tai (“Lison”), Raboso, Refosco e Incrocio Manzoni. Winetasting che si svolgeranno in collaborazione con Ais Veneto, alla scoperta della grande arte del passato finalmente vissuta in chiave di convivialità e cultura contemporanea.

«L’evento la Villa, il Vino e Venezia -spiega Giorgio Piazza, presidente del Consorzio Vini Venezia – rappresenta un’occasione di valorizzazione sia per le denominazioni tutelate dal nostro Consorzio sia per esaltare il patrimonio artistico-culturale delle Ville Venete. Gli appuntamenti saranno infatti dedicati a delle degustazioni guidate che si svolgeranno in seguito alle visite in villa. Vogliamo consentire al pubblico sempre numeroso di vivere un’esperienza davvero unica e più completa possibile, con un focus sulla tradizione enologica del territorio e sull’importanza storico-artistica delle Ville Venete».

LA VILLA, IL VINO E VENEZIA 2023

Per partecipare all’evento sarà necessario iscriversi tramite la piattaforma Eventbrite. Il costo del ticket è di 15 euro, quota comprensiva per la visita guidata in Villa e una degustazione guidata delle denominazioni del Consorzio Vini Venezia. La quota sarà devoluta alla singola Villa Veneta. Gli orari delle tre visite guidate alla Villa a cui seguirà degustazione guidata dei vini appartenenti al territorio sono i seguenti:

Domenica 5 novembre Villa Tiepolo Passi a Carbonera (TV)
Dalle 9:30 alle 11:30 (60’ visita guidata, 60’ degustazione guidata)
Dalle 11:30 alle 13:30 (60’ visita guidata, 60’ degustazione guidata)
Dalle 15:00 alle 17:00 (60’ visita guidata, 60’ degustazione guidata)

Domenica 12 novembre Villa Widmann Rezzonico Foscari a Mira (VE)
Dalle 9:30 alle 11:30 (60’ visita guidata, 60’ degustazione guidata)
Dalle 11:30 alle 13:30 (60’ visita guidata, 60’ degustazione guidata)
Dalle 15:00 alle 17:00 (60’ visita guidata, 60’ degustazione guidata)

Domenica 19 novembre Villa Rechsteiner a Piavon d’Oderzo (TV)
Dalle 9:30 alle 11:30 (60’ visita guidata, 60’ degustazione guidata)
Dalle 11:30 alle 13:30 (60’ visita guidata, 60’ degustazione guidata)
Dalle 15:00 alle 17:00 (60’ visita guidata, 60’ degustazione guidata)

Categorie
degustati da noi news news ed eventi vini#02

Tenuta Casenuove nel Chianti Classico: la (penultima) sfida di Philippe Austruy

Dev’essere uno a cui piacciono le sfide, Philippe Austruy. Quando nel 2012 ha comprato Chateau Malescasse, nell’Haut Médoc, sapeva di dover riposizionare sul mercato un brand fatto a pezzi dai négociant di Bordeaux, in un gioco al ribasso che ne aveva seppellito gli antichi fasti, fin dentro le radici. Si racconta che, forte dell’esperienza sul campo maturata dal 2001 con l’acquisto de La Commanderie de Peyrassol, in Provenza, il magnate francese dell’Healthcare abbia riacquistato tutti i lotti, indietro sino all’annata 2000. Riaccendendo il motore inceppato di uno degli Chateau di maggiore tradizione nella zona.

Quinta do Corte, nel Douro, arricchisce il prestigioso portafoglio di aziende vinicole nel 2013: viticoltura eroica, terrazze da vertigini e un microclima che scoraggia, in tempi di cambiamenti climatici. In quest’ottica, Tenuta Casenuove, poteva sembrare la location perfetta per il più che meritato buen retiro di un’uomo d’affari che, nel 2015, iniziava a intravedere le 70 candeline. Ma neppure per idea. Austruy, figlio di medici e patron di brand come Medifutur, Medipep e Générale de Santé nel campo della Salute, ha ribaltato come un calzino la sua nuova creatura, nel cuore del Chianti Classico.

DAL CHIANTI CLASSICO DI TENUTA CASENUOVE ALL’ANSONICA DELL’ISOLA DEL GIGLIO

Oggi, Tenuta Casenuove è a sua immagine e somiglianza: una cantina con spazi per ristorazione e ospitalità votata al bello, all’arte, al benessere e – come di conseguenza – al vino d’eccellenza. L’etichetta da non perdere è la Gran Selezione 2018. Ma la crescita qualitativa e il cambio di mano riscontrato tra le annate 2019 e 2020 del Chianti Classico e 2018 e 2019 del Chianti Classico Riserva 2018 e 2019 consigliano di inserire Casenuove tra i “crack” della Toscana da bere. Senza dimenticare i meriti di un team giovane e dinamico che vede ai “violini” gli enologi Cosimo Casini e Maria Sole Zoli, e alla direzione l’esperto e appassionato Alessandro Fonseca.

Il prossimo capitolo? È già in parte scritto, sull’Isola del Giglio. Da lì provengono le uve dell’Igt Toscana Bianco Ansonica 2019 “Scoglio Nero”. Ottocentotrentadue bottiglie numerate che segnano l’ingresso di Philippe Austruy nella dimensione dei grandi vini bianchi italiani da suolo vulcanico – anche se in realtà si tratta di un elegantissimo macerato – con quella che ha voluto rinominare Tenuta Isola nel Giglio. Uve che, per ora, vengono vinificate a Panzano, all’ombra del Gallo Nero, in “Galatea” Clayver da 4 ettolitri. Domani, non si sa (sull’isola stessa?). Ogni nuova sfida, in fondo, è già una mezza promessa.

Categorie
Approfondimenti

Aumenta il costo della vita ma gli italiani non rinunciano al vino fuori casa

Nonostante l’aumento del costo della vita, per il 60% degli amanti del vino uscire per mangiare e bere fuori casa rimane una priorità. Il vino fermo traina la categoria: lo scelgono infatti 3 consumatori su 4 (75%). Seguono vino frizzante (44%) e vino da dessert (28%). In Italia il consumatore di vino è alto-spendente, paga mensilmente una cifra media di 103€ per mangiare e bere fuori casa e appartiene alla fascia d’età degli over 55 (44%).

Tra i cultori del vino, più di un terzo (37%) indica la qualità del prodotto come caratteristica imprescindibile per la scelta del proprio drink. Gli italiani (88%) sono i primi consumatori a livello mondiale a prediligere vini del proprio Paese, seguiti da Nuova Zelanda (85%) e Francia (78%).

È quanto emerge dall’ultima ricerca di CGA by NielsenIQ relativa allo scenario italiano del consumo di vino nel fuori casa. Un prodotto di gran successo nel nostro Paese, con il 40% degli italiani che dichiara di preferirlo ad altre categorie di bevande. L‘identikit dei “winelovers” italiani arriva in un momento difficile per il vino italiano, con l’export che rallenta e le vendite di vino al supermercato che stanno subendo pesanti battute d’arresto, anche per le denominazioni più note.

Prosecco, Chianti Classico e Nero d’Avola, profondo rosso in Gdo: volano spumanti generici e Igt

Categorie
eventi news news ed eventi

La Terra Trema 2023 e quella critica al «tutto naturale della Milano lontana dalla vigna»


Andrà in scena venerdì 24, sabato 25 e domenica 26 novembre La Terra Trema 2023, XV edizione della “Fiera Feroce di vini, cibi, relazioni” al Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito di Milano. Lo farà col solito carico di premesse e promesse retoriche, accompagnate dai soliti nuvoloni neri sulla Milano che non piace, che sta stretta e opprime. «La Milano lontana dalla vigna» che, di anno in anno, offre però opportunità, palcoscenico, teatro e parola a tutti. Riportiamo integralmente, qui sotto, le parole scelte dagli organizzatori per annunciare l’edizione 2023 della “Fiera Feroce”, lasciando così ad ognuno la piena libertà d’interpretazione («ingresso alla manifestazione con sottoscrizione al progetto di 10 euro, valido per un giorno»).

«Torna la Fiera Feroce consapevole che tra le più grosse retoriche propinate dalla metropoli contemporanea v’è quella del “naturale”. Vino, agricoltura, artisti, vignaioli, architetti, eventi, progetti: ogni cosa è naturale, sostenibile, ecologica nella metropoli, compresa la violenza e l’ingiustizia che produce.

Dietro narrazioni solo ben disegnate insiste un modello trito e ritrito che alimenta un consumismo barbaro, ottuso, capitalista. Non saranno mai salvifiche queste città antropofaghe, le economie cannibali che generano, non saranno mai salvifiche le speculazioni compiute in nome della rigenerazione, della riqualificazione, dell’ordine gourmettizzato.

La Terra Trema | Fiera Feroce ritorna, per ribadire la sua sostanza proteiforme, innaturale, la sua materia fecciosa, racaille, per celebrare l’incontro dei molteplici volti e delle numerose voci della produzione agricola e vinicola di questa nazione e non solo. Per rivedersi, per ritrovarsi e ragionare collettivamente, fuori dalla propria bolla, dai propri ambiti protetti, per dare luogo a un confronto orizzontale che comprenda tutte e tutti, agricoltori/trici, vignaioli/e, cittadini/e.

Nel corso di questi anni, di queste quindici edizioni, La Terra Trema | Fiera Feroce ha voluto che si sviscerassero, davvero politicamente, le evoluzioni economiche, sociali, urbanistiche, ambientali, qualitative che il micro/macro mondo dei vini contemporanei ha e sta attraversando/determinando/subendo. Mai ha smesso di chiedersi e di discutere di qualità, prezzo, distribuzione, rapporti di produzione.

Si inneschino dunque rapporti realmente diretti, si generino economie orizzontali, franche, a portata di mano, si generino progetti collettivi combattivi, riottosi, indipendenti. Si tuteli con la lotta tutto questo, non lo si svenda all’illusione di una città che annienta. È il caso che si cominci a chiedersi dove sta la proclamata biodiversità nelle città, dove sono le differenze, dove vive la vita, al di là delle sdraio colorate, dei bei tavolini guarniti, lontanissimi dalle vigne.

Ribadiamo. Il cosiddetto mondo dei vini e dei cibi ben fatti (naturali e non) rischia di ritrovarsi a dissertare solo della sua stessa piacevolezza, della sua ragion d’essere, delle molteplici e inaspettate possibilità di un calice, in cattedrali glabre come giardini inglesi, terse, monoclonali. Città di niente. Necessario è costruire momenti di confronto a partire da qui. Ci auguriamo accada, ancora, a La Terra Trema 2023».


 

LA TERRA TREMA 2023 – XV EDIZIONE

Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito – via Watteau 7, Milano

Venerdì 24 novembre 2023
15:00 – 22:00    
22:00 – 02:00    Festa musicale

Sabato 25 novembre 2023
15:00 – 22:00    
22:00 – 02:00    Festa musicale

Domenica 26 novembre 2023
13:00 – 20:00    
20:00 – 22:00    Premiazioni e cena conclusiva

Categorie
news news ed eventi

Verduno Pelaverga: la nuova star dei vini del Piemonte


Il Verduno Pelaverga , come spiega Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani, «è una piccola enclave nella zona del Barolo che si sta affermando a livello mondiale». Merito degli sforzi del Consorzio e dell’Associazione “Verduno è uno“, presieduta dal produttore Diego Morra, che opera in via informale dagli anni 80 ma che è stata costituita ufficialmente nel 2006. L’Associazione riunisce alcuni produttori storici di Pelaverga (11 sui 19 complessivi) e ha il compito di promuovere e valorizzare questa piccola e recente denominazione del Piemonte.

La Doc Verduno Pelaverga è stata approvata con DM del 20/10/1995, un anno dopo l’iscrizione al Registro Nazionale delle Varietà di vite. La superficie idonea a produrre il Verduno Pelaverga supera di poco i 30 ettari, situati in maggior parte nel comune di Verduno (25,18), di Roddi d’Alba (3,96) e La Morra (1,62). La vendemmia 2021 ha registrato una produzione di 1.569 ettolitri e 178.013 bottiglie. Quella del 2022 ha visto un incremento dei volumi: 1.756 ettolitri per 204.875 bottiglie. Una chicca tra i 66 milioni di bottiglie prodotti nel 2022 tra le aziende del Consorzio del Barolo, Barbaresco e degli altri vini di Langa.

VERDUNO PELAVERGA: LA BASE AMPELOGRAFICA

Il vino Verduno Pelaverga è indubbiamente uno dei più grandi successi dell’enologia italiana degli ultimi 20 anni. Conosciuto e apprezzato anche al di fuori dei confini nazionali, ha più richieste di quanto i vignaioli siano in grado di produrre. Un exploit che parte dalle peculiarità dell’uva. L’origine del nome Pelaverga sarebbe legata al latino pellis virga, espressione che farebbe riferimento a una particolare tecnica adottata per favorire la maturazione delle uve, che consisteva nella parziale pelatura della vite.

In Piemonte esistono due diversi vitigni autoctoni, il Pelaverga Piccolo e il Pelaverga Grosso, che possiedono caratteristiche e morfologie distinte, a seconda delle dimensioni degli acini. Il Pelaverga Piccolo è aromatico, si presenta in grappoli corposi e di forma conica o piramidale allungata, alati e compatti. La raccolta avviene generalmente nella seconda metà di settembre.  

L’UNICITÀ DEL TERRITORIO DEL VERDUNO PELAVERGA

Il territorio è definito dai tre elementi classici: il suolo, il clima e la mano dell’uomo. Come rileva il geologo Edmondo Bonelli, le profondità dei terreni vitati di Verduno si attestano mediamente intorno al metro e venti circa. Al di sotto si trova la roccia madre. Da essa il suolo eredita i componenti di base ed è quindi importante approfondirne le caratteristiche, perché a Verduno la variabilità geologica determina “mondi” differenti. Oltre alla roccia ecco infatti la Formazione della Vena del Gesso, composta da marne alternate a bancate di cristalli di gesso o solfato di calcio derivanti dal periodo Messiniano. Un evento che ha radicalmente sconvolto tutto il bacino del Mediterraneo, circa 6 milioni di anni fa, con la cosiddetta “crisi di salinità”.

Il clima semicontinentale temperato vede temperature piuttosto fredde d’inverno e calde in estate, con autunni miti e precipitazioni piovose nella norma sul Verduno Pelaverga. Ma la caratteristica principale è la prossimità col fiume Tanaro. Ciò comporta una costanza di umidità dell’aria superiore al resto della zona. Questo aspetto, oltre alle diverse quote dei colli che variano dai 200 ai 400 metri, alle esposizioni che spaziano dal sud del Monvigliero all’ovest del lungo versante del fiume, determinano il carattere dei vini di Verduno. Una combinazione tra i suoli fini e bianchi, oppure scuri e ricchi di cristalli, in un rincorrersi tra frutto, spezia ed eleganza.

Categorie
Food Lifestyle & Travel news news ed eventi

«Stile di vita sostenibile e sano con il vino»: 30 scienziati sbugiardano Irlanda e burocrati Ue


«Una dieta equilibrata come quella dello stile di vita mediterraneo, che include la moderazione in tutti gli aspetti della vita compreso il consumo di vino, è riconosciuta come un contributo positivo a uno stile di vita sostenibile e sano». Con buona pace dell’Irlanda e dei burocrati dell’Ue, è questa la dichiarazione sottoscritta da circa 30 scienziati presenti al congresso scientifico Lifestyle, diet, wine & health andato in scena in mattinata a Toledo, in Spagna. Parole che non sfuggono a
Unione italiana vini (Uiv), che esprime apprezzamento.

Guardiamo con estremo interesse alla dichiarazione conclusiva di “Lifestyle matters” – commenta il presidente Lamberto Frescobaldi – e alla comunità scientifica che ha discusso ed evidenziato l’importanza del consumo enologico moderato nell’ambito di uno stile di vita equilibrato e sano.  Si tratta di una posizione purtroppo non recepita in ambito comunitario, dove tornano ad addensarsi nubi che vogliono il vino fortemente penalizzato nell’ambito dei prossimi programmi di promozione».

VINO E CARNI ROSSE: ALLARME PER LA PROMOZIONE DEL MADE IN ITALY

Una battaglia che vede tutto il mondo italiano unito, dai vignaioli come Walter Massa che vorrebbero vedere la molecola dell’alcol elevata a Patrimonio dell’Umanità, sino ai produttori industriali. Ma l’allarme, in Europa, non riguarda solo l’alcol. Uiv ricorda che vino e carni rosse sono tornate nel mirino della Commissione europea nel bando relativo alla Promozione orizzontale dei prodotti agricoli europei, per un valore complessivo di oltre 176 milioni di euro.

Il testo proposto dalla Dg Agri, al voto degli Stati membri il prossimo 25 ottobre, inserisce «tra i criteri di premialità la compatibilità con documenti unionali», come il Farm to Fork e soprattutto il Beating Cancer plan (Beca), il discusso piano anticancro sottoscritto tra le polemiche 18 mesi fa.

«Un ritorno al passato – secondo Unione italiana vini – in quanto la proposta di escludere di fatto il vino dalle graduatorie era stata approvata 2 anni fa, anche a causa del silenzio-assenso proprio dell’Italia». Unione italiana vini ritiene non si possa pregiudicare al vino, comparto da 8 miliardi di euro l’anno di export, «una chance promozionale importante come quella al voto e confida in una netta opposizione dell’Italia, come avvenuto con successo lo scorso anno». «Una volta di più – conclude Uiv – sta passando il concetto del vino come prodotto dannoso a prescindere dalle modalità di consumo, proprio il contrario di quanto stabilito oggi a Toledo in occasione di Lifestyle, diet, wine & health».

Categorie
birra news news ed eventi

Birra di contrabbando dalla Germania all’Italia: maxi sequestro lungo l’A22 del Brennero


I militari della Guardia di Finanza di Vipiteno hanno sequestrato oltre 2.500 litri di birra di contrabbando, sprovvista dei necessari documenti attestanti il corretto assolvimento dell’accisa. La scoperta del carico illecito presente su tre diversi furgoni anonimi è avvenuta
nell’ambito delle attività di controllo del territorio che le Fiamme Gialle svolgono presso la barriera autostradale dell’A22 del Brennero, punto nevralgico per i traffici commerciali tra i Paesi dell’Unione europea e l’Italia. Stoccata in 62 fusti pronti per la spillatura e destinata a rifornire diversi pub e ristoranti su tutto il territorio nazionale, la birra era stata acquistata in Germania ed era priva di qualsiasi tracciabilità.

In tal modo, i rivenditori finali avrebbero potuto garantire un prezzo “al boccale” più conveniente rispetto agli altri esercenti, attirando un maggior numero di clienti e falsando la concorrenza. Colti sul fatto, i tre conducenti, tutti italiani, hanno fornito le più disparate giustificazioni per quella che, a loro dire, era «una mera disattenzione». Il primo ha affermato di non sapere come fosse regolamentato il trasporto della birra.

BIRRA DI CONTRABBANDO LUNGO L’A22 DEL BRENNERO

Il secondo ha dichiarato di eseguire il trasporto per conto di un amico, senza essersi preoccupato di accertare la tipologia di merce che gli era stata consegnata. L’ultimo ha cercato di convincere i finanzieri che il quantitativo rinvenuto (oltre mille litri) fosse destinato al suo personale consumo, nonostante fosse da tempo titolare di un’impresa, in Calabria, che commercia bevande.

L’acquisto della birra di contrabbando in Germania è costato particolarmente caro ai tre autisti. Ciascuna partita di birra è stata sottoposta a sequestro e i conducenti, nonché i destinatari finali del prodotto, sono stati denunciati alla Procura della Repubblica di Bolzano per il reato di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con una multa commisurata all’ammontare dell’imposta evasa, comunque non inferiore a 7.746 euro.

Categorie
Esteri - News & Wine news news ed eventi

Sorpresa (anzi no): l’Alsazia punta sul Pinot Noir


Secondo le più recenti statistiche, il Pinot Noir occupa il 12% della superficie vitata in Alsazia. È in crescita di 3 punti negli ultimi 10 anni. Vent’anni fa, la quota del Pinot Nero si fermava al 7%. Una lievitazione lenta, ma costante. «Non è un caso, non è una moda, non è frutto del desiderio dei consumatori di bere più vini rossi in stile Borgogna, ma uno dei volti della rinascita dell’Alsazia». Lo assicura Foulques Aulagnon, Export Marketing Manager del Civa, il Comité Interprofessionnel des Vins d’Alsace. Non sorprende, allora, la scelta dei francesi di presentarsi lunedì 16 ottobre a Milano – per la masterclass di Alsace Rocks! – con più vini rossi (quattro) che bianchi (due), senza considerare la coppia di Crémant d’Alsace.

I 4 Pinot Noir dei produttori Allimant Laugner, Domaine Butterlin (in cerca di un importatore in Italia), Domaine Frey-Sohler e Paul Blanck, presenti nel capoluogo lombardo per raccontare in prima persona i loro vini delle vendemmie 2022, 2021, 2019 e 2017, non hanno sfigurato. Piuttosto, hanno “costretto” la sala di giornalisti e operatori Horeca (enotecari e ristoratori milanesi) ad astrarsi dalla banale equazione “Pinot nero francese = Bourgogne”. A collocare subito sul corretto piano la degustazione è stato lo stesso Aulagnon (nella foto, a destra), che col Civa porta avanti ormai da anni l’idea del Pinot nero alsaziano.

LE NUOVE FRONTIERE DEL PINOT NERO IN ALSAZIA

Un vino pensato per l’abbinamento con il cibo. Da consumare – a seconda dell’interpretazione del produttore – tanto con spensieratezza, quanto al cospetto di portate più strutturate. Concetti già rimarcati durante le edizioni 2021 e 2022 di Millésimes Alsace Digitasting®, il grande evento digitale del Civa che – parentesi – non sarà più riproposto in futuro, su decisione del board di Avenue de la Foire aux Vins, Colmar. Ribaditi e confermati a Milano anche da un produttore “navigato” come Philippe Blanck (nella foto, a sinistra), che invita gli italiani a «sondare la versatilità dei Pinot Noir alsaziani nel pairing con i piatti della grande tradizione gastronomica del Belpaese».

La superficie vitata complessiva dell’Alsazia – fa eco Foulques Aulagnon – è stata per circa 1.500 anni di 30 mila ettari, il doppio rispetto a quella attuale. La metà dei vigneti era a bacca rossa. Durante il Medioevo, quando l’Alsazia faceva parte del Sacro Romano Impero germanico, eravamo conosciuti per i nostri bianchi, ma anche per i nostri vini rossi. Ormai da tre generazioni, in Alsazia, abbiamo nuovi produttori formatisi all’estero, o in Borgogna, che hanno ripreso l’allevamento del Pinot Nero, riportandolo in auge accanto a varietà come Riesling, Pinot Bianco, Pinot Grigio e Gewürztraminer».

IL PINOT NOIR D’ALSAZIA GRAND CRU: KIRCHBERG DE BARR E HENGST

E a partire dalla vendemmia 2022, il Pinot Noir d’Alsazia ha visto una duplice promozione a Grand Cru. La varietà a bacca rossa è stata autorizzata nella Aoc Alsace su 2 particolari terroir: il Grand Cru Kirchberg de Barr (a Barr, nel Basso Reno) e l’Hengst (a Wintzenheim nell’Haut-Rhin). Si tratta dell’ennesima conferma della volontà dei produttori alsaziani di farsi conoscere per i loro Pinot Nero nel mondo, con prodotti di altissima qualità, nel solco della grande attenzione all’incredibile variabilità dei suoli che è il punto forte dell’Alsazia del vino.

Il decreto del 9 maggio sulla Gazzetta Ufficiale del 13 maggio ritocca la fisionomia dei Grand Cru locali a distanza di quasi 20 anni dall’ultima modifica, che ha consentito a Kaefferkopf di entrare nella cerchia dei 51 “vigneti d’eccezione” dell’Alsace, nel lontano 2007.

Nel calice, i Pinot Noir Grand Cru Kirchberg de Barr riflettono le caratteristiche dei terreni marno-calcarei, che regalano vini dalla struttura potente ma raffinata. Il colore è scuro e profondo. Il naso è complesso con note di frutti neri e spezie. Al palato una viva acidità e un ottimo volume, ma nel complesso una grande finezza, sottolineata anche dal finale lungo e salino. Grande potenziale di invecchiamento.

I Pinot Noir Grand Cru Hengst – ovvero “Etalon”, “Stallone” – sono il frutto di suoli di marna, calcare e arenaria che nel calice si tramutano in vivacità ed energia. I vini sono potenti, profondi e si conservano a lungo. Di un bel colore rosso rubino, si distinguono per la loro complessità al naso con note di frutta rossa e spezie. Al palato, la loro struttura è ricca ed elegante, con tannini setosi. Finale lungo e grande potenziale in termini di affinamento.

Categorie
Vini al supermercato

Prosecco, Chianti Classico e Nero d’Avola, profondo rosso in Gdo: volano spumanti generici e Igt


Lieve miglioramento delle vendite di vino nella Grande distribuzione italiana nei mesi estivi che portano il cumulato dei primi nove mesi di quest’anno, con un tendenziale in volume a -3,4% (nel semestre la perdita era del -3,9%) per un controvalore, sospinto dal caro prezzi, di 2,1 miliardi di euro che lascia la variazione a +3,4%. I vini fermi, rileva l’Osservatorio Uiv-ISMEA su base Ismea-Nielsen-IQ, segnano un -3,9% nei volumi (+2,6% i valori) mentre risale la tipologia spumanti, a +0,6% nelle quantità e a +6,2% nei valori (a 455 milioni di euro).
Secondo l’analisi dell’Osservatorio permane un atteggiamento prudente dei consumatori tra gli scaffali, che privilegiano i prodotti in promozione (da anni valutati con cadenza bisettimanale da Vinialsuper, nella rubrica ad hoc sui volantini Gdo) o alcune tipologie più convenienti a scapito di altre.

È il caso degli spumanti low cost (“Metodo italiano/Charmat non Prosecco”, con 25 milioni di litri acquistate), che hanno ormai superato nelle vendite in volume anche il Prosecco Doc (24,8 milioni, comunque in risalita) e che si stanno sempre più affermando non più solo nei discount ma anche nei canali Iper e Super. Denominazioni importanti come il Chianti Classico (volumi a -13,2%) e il Prosecco Docg (-14,5%) cedono quote a Indicazioni geografiche (vini Igt) o vini comuni che propongono prezzi più accessibili.

I LISTINI GDO RIMANGONO ALTI

Nel complesso, i listini rimangono alti (+7% sul pari periodo 2022). Non è un caso se, in generale, si assiste a una maggior tenuta delle vendite laddove i costi sono più limitati. Per esempio, osserva l’analisi Uiv-Ismea, l’unico formato a crescere tra gli scaffali è quello di plastica e bag in box che in media presentano un prezzo di 1,8 euro/litro per i vini a denominazione come per quelli comuni. Tra le tipologie, in quantità fanno leggermente meglio della media (-3,9%) i vini bianchi (-3%), i rosati (-3,6%) mentre ancora in difficoltà risultano i rossi (-4,8%). Gli spumanti virano in positivo (+0,6%) ma la crescita riguarda, oltre all’Asti (+4,5%), solo i già citati “Metodo italiano/Charmat non Prosecco”, senza i quali anche il comparto bollicine pagherebbe un -3,6% nei volumi.

Nel segmento delle Indicazioni geografiche, ancora segni meno per le principali tipologie. Tra i primi 10, solo il Vermentino di Sardegna, il Puglia Igp e il Cannonau in dinamica positiva (+4%, +2% e +3% rispettivamente in volume). Chianti in regressione (-4.4%), mentre migliora leggermente la situazione del Montepulciano d’Abruzzo, che da -14% di marzo è arrivato a -9% a giugno per risalire a -6.6% di settembre. In forte discesa il Nero d’Avola siciliano, a -12%, così come la pattuglia dei Salento Igt (-9%), il Lambrusco emiliano (-11%), la Bonarda dell’Oltrepò pavese (-15%) e il Verdicchio dei Castelli di Jesi (-18,9%). Tra i veneti, Valpolicella a -2% e Bardolino a -3.4%. Il Soave continua a essere positivo, chiudendo il conto dei nove mesi a +5%.

EXPORT VINO ITALIANO: FORTE (SOLO) LA DOMANDA DI SFUSO

Tra i canali, il gap nei discount risulta oltre la media specie per il segmento Dop e Igp (-6,8%), segno che le tensioni sul carrello della spesa sono maggiormente percepite dai consumatori. «A un mercato interno debole e ai costi produttivi ancora alti – sottolinea l’Osservatorio Uiv-Ismea – non fanno da contraltare le esportazioni. l dato Istat di oggi sui primi 7 mesi dell’anno evidenzia infatti una contrazione tendenziale sia nei volumi (-1,5%) che nei valori (-1,2%, a 4,45 miliardi di euro)».

Un peggioramento anche rispetto all’export del semestre – che segnava rispettivamente -1,4% e -0,4% – per effetto, spiegano sempre Uiv e Ismea, «delle difficoltà nell’extra-Ue (volumi a -8,5%) non del tutto controbilanciato dalla domanda comunitaria (+5,4%)». Tra i prodotti, è forte la domanda di vino sfuso (+13,1%) mentre sono in contrazione sia gli spumanti (-3,2%) che i vini imbottigliati (-4,9%), dove pesano le forti difficoltà dei rossi (-10%).

Categorie
Esteri - News & Wine news news ed eventi

Cava Meeting 2023: a Barcellona si discute il futuro del Metodo classico spagnolo


Oltre 38 mila ettari di vigneti, più di 6.200 viticoltori e 349 cantine associate. Sono i numeri del Consejo Regulador de la Denominación de Origen Cava, che con
oltre il 70% delle vendite internazionali è la Denominazione di Origine (DO) spagnola che vanta i maggiori livelli di export, con spedizioni in oltre 100 Paesi. E sarà proprio l’internazionalità dello spumante Metodo classico spagnolo il fil-rouge del Cava Meeting 2023, che vedrà alcuni dei più influenti opinion leader del mondo del vino impegnati a Barcellona il 27 e 28 novembre prossimi. Winemag.it sarà presente con il direttore Davide Bortone.

«Il Forum – annuncia il Consorzio spagnolo – combinerà degustazioni di Cava della migliore qualità, presentazioni di alto livello e visite alle principali cantine. Si tratta di un “esame dell’eccellenza del Cava”. Un comitato di specialisti formato dai Master of Wine Sarah Jane Evans e Pedro Ballesteros, dal sommelier Ferran Centelles e dal giornalista specializzato, sommelier e formatore di Cava Ramon Francàs, sta lavorando da mesi alla sua progettazione e organizzazione. Sono attesi un centinaio di ospiti provenienti da diversi mercati: Giappone, Regno Unito, Stati Uniti, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Italia, Svizzera e Spagna».

L’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL CONSEJO REGULADOR DO CAVA

La conferenza del Cava Meeting 2023, prodotta da Mahala Wine & di Esther del Pozo e Carlos Pérez, sarà condotta da Yolanda Ortiz de Arri e Ruth Troyano e si aprirà con un discorso di benvenuto del presidente del Consiglio Regolatore della D.O. Cava, Javier Pagés, che illustrerà la situazione attuale e il futuro della denominazione. Gli interventi e le degustazioni saranno guidati dal Master of Wine Pedro Ballesteros, che introdurrà i partecipanti al mondo dei Cava de elaboradores integrales, il “Cava dei Vignaioli integrali”, con l’obiettivo di comunicarne i valori. Prodotti selezionati da Agustí Torelló Mata, Alta Alella, Cava Avinyó, Blancher, Bodegas Escudero, Can Suriol, Celler Carles Andreu, Cava Gatell, Giró del Gorner, Juvé & Camps, Parató Vinícola, Parés Baltà, Torné & Bel, Vins el Cep e Vins Familia Ferrer (Can Sala) promettono il successo dell’evento nel calice.

Questa degustazione sarà seguita da un altro dei momenti salienti del Cava Meeting. Josep Roca, sommelier e maître del ristorante tre stelle Michelin El Celler de Can Roca, presenterà un menu studiato per armonizzarsi con il Cava, con l’obiettivo di «esemplificare la grande versatilità gastronomica del vino più esportato in Spagna». Dopo la presentazione del sommelier di Girona, il sommelier Jordi Paronella Vidal del gruppo di ristoranti dello chef José Andrés, e Ramon Francàs Martorell, sommelier e giornalista specializzato del quotidiano La Vanguardia, presenteranno i Cava de Paraje Calificado, quelli a lunghissimo invecchiamento, che si spingeranno il Cava Meeting 2023 verso un’ulteriore dimensione: la cosiddetta “Terza Crianza”. Questa degustazione di lusso includerà i Cava iconici di Alta Alella, Blancher, Codorníu, Juvé & Camps, Mestres, Pere Ventura, Vins el Cep e Vins Família Ferrer (Can Sala).

IL VALORE DEL CAVA NEL MONDO

Il giorno dell’inaugurazione si terrà anche una tavola rotonda con i media internazionali, in cui si analizzerà il peso e l’importanza del Cava nei principali media specializzati nazionali e internazionali. Le sessioni di martedì 28 novembre inizieranno con una tavola rotonda su come creare maggior valore nel settore del Cava. L’internazionalizzazione dello spumante spagnolo per eccellenza e il modo in cui costruire o aggiungere valore al marchio Cava in tutto il mondo saranno discussi in occasione del Cava Meeting 2023 in un intervento moderato da Sarah Jane Evans MW.

Parteciperanno Pedro Ferrer, vicepresidente e amministratore delegato del Gruppo Freixenet; Meritxell Juvé, amministratore delegato e quarta generazione di Juvé & Camps; Jaume Vial, direttore commerciale di Mestres; Marc Morillas, specialista in design e brand building; e Juan Manuel Bellver, direttore di Lavinia Spain. Seguirà un’altra interessante presentazione moderata dal sommelier Ferran Centelles, in cui Carme Ruscalleda, Jordi Paronella, Nieves Barragán e Agustín Trapero parleranno di Cava e gastronomia.

LE SFIDE DEL CAVA: DAI CAMBIAMENTI CLIMATICI AL SUGHERO

A seguire, una presentazione sulle sfide scientifiche del Cava comprenderà un’analisi della viticoltura del XXI secolo e dei futuri sistemi avanzati di coltivazione e raccolta dell’uva di fronte ai cambiamenti climatici da parte di Marco Simonit, del metodo di potatura Simonit & Sirch. Il ruolo delle fecce e dei tappi di sughero sarà discusso anche dall’enologo, ricercatore e professore presso la Facoltà di Enologia dell’Università Rovira i Virgili di Tarragona, Joan Miquel Canals.

Martedì 28, il Cava Meeting 2023 approfondirà anche la degustazione delle molteplici origini del Cava, passando in rassegna la diversità e le caratteristiche della zonazione della DO Cava attraverso vari spumanti rappresentativi delle diverse zone di produzione. I relatori saranno Pedro Ballesteros MW, Ferran Centelles e Pepe Hidalgo, direttore tecnico di Bodegas Vicente Gandía. Ferran Centelles, accompagnato da Julie Dupouy, Quim Limonero e Guilherme Mantovani, parlerà di come servire un Cavacomme il faut“. A mezzogiorno toccherà al presidente della D.O. CAVA concludere la conferenza.

Categorie
degustati da noi news news ed eventi vini#02

Top 100 winemag 2024: “Arconi Bianco” 2022 di Terre di Ger è il miglior Piwi italiano


Il Miglior Piwi italiano è “Arconi Bianco” 2022 di Terre di Ger. A premiare l’annata 2022 del vino Venezia Giulia Igp ottenuto da “uve resistenti” è la Guida Top 100 Migliori vini italiani 2024 di winemag.it. Il punteggio assegnato in occasione delle degustazioni alla cieca è di 93/100. L’etichetta, per scelta della redazione, è stata inserita nel blind tasting regionale del FVG, così come gli altri Piwi iscritti alle selezioni (ognuno secondo l’origine geografica). Una scelta dettata dal desiderio di “equiparare” i vini ottenuti da “varietà di vite resistente” a quelli “tradizionali”, liberando il campo da qualsiasi preconcetto sulla tipologia al momento della degustazione e della valutazione in centesimi.

ARCONI BIANCO 2022 TERRE DI GER MIGLIOR PIWI ITALIANO 2024

Nel calice, il miglior Piwi italiano 2024 per la Guida Top 100 Migliori vini italiani di winemag.it si presenta di un giallo paglierino luminoso. Al naso Arconi Bianco 2022 di Terre di Ger è generoso, su tinte mielate, che accompagnano la frutta a polpa gialla, e note balsamiche, di mentuccia e timo. Un profilo molto goloso, che invoglia all’assaggio. Palato altrettanto generoso, in perfetta corrispondenza con le note avvertite al naso.

Bella freschezza e sapidità a controbilanciare mentuccia e miele, per un bianco di struttura, che chiama abbinamenti con portate importanti. Piwi ottenuto dalla varietà Sauvignon Kretos che innalza la categoria a molteplici occasioni di abbinamento a tavola. Un aspetto tutt’altro che scontato in un segmento in evoluzione a livello internazionale – quello dei vitigni resistenti – ma ancora in fase sperimentale.

Categorie
in-abbonamento Vini al supermercato

Sprint Esselunga, Ipercoop da sogno: i vini in promo da non perdere al supermercato

You need to be logged in to view this content. Si prega . Non sei un membro? Registrati
Categorie
news news ed eventi

Da Treviso a Catania, 17 cantine italiane da Terzo mondo: sequestri per 11 milioni (video)

Non sarà ricordata solo per la peronospora e per gli stock da brividi la vendemmia 2023 in Italia. Da Treviso a Catania, i carabinieri del Nas hanno sequestrato nel corso di numerose operazioni circa 300 mila litri di vino «irregolare» e chiuso stabilimenti per un valore complessivo di 11 milioni di euro. Il quadro dipinto dall’operazione su scala disegna i contorni di un’Italia del vino da “Terzo mondo”: impianti per la vinificazione in condizioni igienico-sanitarie disastrose, aggiunta di zucchero abusiva per elevare la gradazione. Ma anche utilizzo di chips e trucioli per vini Dop, quantitativi di mosto “fantasma”, non presente nei registri, e vasi vinari abusivi.

Un totale di 960 ispezioni in tutto il Paese, dal bilancio sconcertante: ben 239 le «situazioni di non conformità» riscontrate dal Nas, pari al 24% del totale. Una percentuale, spiegano gli inquirenti, influenzata dalle «modalità di selezione degli obiettivi, individuati tra quelli che presentavano maggiore interesse operativo». In altre parole, carabinieri e Ispettorato Centrale per la Qualità e Repressione delle Frodi (Icqrf) hanno agito pressoché a colpo sicuro, forti di indagini preliminarmente svolte nei confronti di alcune cantine sospette.

A seguito delle irregolarità, sono stati segnalati all’Autorità Sanitaria ed Amministrativa 218 operatori della filiera del vino. Contestate complessivamente 344 violazioni amministrative, pari a 290 mila euro. Ben 17 le aziende che svolgevano la propria attività «in sedi produttive interessate da gravi carenze igienico-strutturali ed autorizzative» per le quali è stata disposta la sospensione delle attività. Allo stesso tempo sono stati riscontrati prodotti vinosi privi di tracciabilità e non censiti nei registri di giacenza della cantina. Per questi ultimi è scattato il sequestro, per un quantitativo complessivo di oltre 300 mila litri di prodotto in fermentazione o già trasformato in vino, per un valore commerciale delle strutture chiuse e dei prodotti sequestrati di circa 11 milioni di euro.

L’ITALIA DEL VINO DA TERZO MONDO, DA TREVISO A CATANIA


Le irregolarità hanno riguardato anche la detenzione di sostanze vietate negli stabilimenti enologici, presso i quali sono state sequestrate 3 tonnellate di zucchero. Una sostanza, sempre secondo gli inquirenti, destinata «al fraudolento impiego per aumentare la gradazione del vino, fenomeno tuttora presente in alcune aziende della filiera vitivinicola italiana».
Tra le operazioni più rilevanti quella del Nas Treviso, che ha rinvenuto e sequestrato 2.800 chilogrammi di zucchero, per complessivi 4 mila euro, occultati nell’area esterna destinata alla pigiatura dell’uva.

Colpo grosso anche per i Nas di Bologna, che hanno riscontrato «gravi criticità sulla corrispondenza di giacenza e sulla esatta origine delle masse vinose» presenti in una cantina della provincia. Sequestrati così 16.610 litri di vino rosso e vino bianco, oltre a 5,59 kg di prodotti ed additivi enologici che sarebbero stati impiegati nella rettifica e correzione di acidità dei vini, con scadenze superate anche da circa 6 anni. Additivi conservati «promiscuamente ed impropriamente, unitamente a sacchi aperti di fitosanitari ed insetticidi». Presso un’altra azienda vitivinicola della provincia di Bologna sono stati rinvenuti e sequestrati 300 chilogrammi di mosti concentrati rettificati anonimi, conservati «in taniche di plastica non idonee e destinati ad essere usati per la seconda fermentazione di vini spumanti/frizzanti da immettere poi in commercio».

La vista operazione dei carabinieri del Nas ha coinvolto anche la capitale. I carabinieri del Nucleo anti sofisticazione di Roma hanno rilevato «importanti carenze igienico-sanitarie e strutturali» all’interno di due cantine della provincia. In uno dei casi, il più grave, si è proceduto alla sospensione immediata dell’impianto del valore di un milione di euro. Sequestrati complessivamente 10 mila litri di prodotto vinoso del valore commerciale di 20 mila euro, rinvenuto in eccedenza «in quanto – spiegano gli inquirenti – non giustificato dai registri di giacenza».

TRUCIOLI DI ROVERE NEI VINI DOP, ZUCCHERO E ACQUA NON POTABILE

Sempre nel Lazio, i Nas di Latina hanno disposto la cessazione immediata dell’attività di vinificazione ed imbottigliamento di un’azienda vitivinicola della provincia. In loco sono state accertate «gravi carenze igienico strutturali dei locali di vinificazione», oltre all’utilizzo di acqua priva della certificazione di potabilità, estratta da un pozzo privato. Il valore della struttura chiusa corrisponde a 100 mila euro. I Nas Catania, in seguito ai controlli effettuati presso due aziende vitivinicole della provincia, hanno sequestrato 700 litri di vino bianco privo di tracciabilità, stoccato in vasi vinari non identificati.

Negli stessi stabilimenti sono stati rinvenuti 10 chilogrammi di coadiuvante tecnologico (trucioli di rovere e “chips”) utilizzati abusivamente nelle pratiche enologiche sui vini a Denominazione di Origine protetta (Dop). Sono stai scoperti, inoltre, 3 vasi vinari non registrati. Presso un’altra azienda agroalimentare catanese sono stati sequestrati 1.200 litri di prodotto vinoso contenuto in un vaso vinario privo di registrazione sanitaria. Trentotto i chili di sostanza zuccherina «impropriamente utilizzata nelle pratiche enologiche all’interno del laboratorio di vinificazione», per un valore complessivo di circa 90 mila. In definitiva, una stangata ai furbetti del vino di cui l’Italia fatica ancora, nel 2023, a liberarsi, a danno dell’intero settore.

Categorie
news news ed eventi

Medaglie Cervim viticoltura eroica: i risultati del Mondial des Vins Extrêmes 2023


Quarantacinque Grandi Medaglie d’Oro e 238 Medaglie d’Oro alla 31a edizione del Mondial des Vins Extrêmes del Cervim, l’unico concorso enologico internazionale espressamente dedicato ai vini prodotti da viticoltura eroica. Le medaglie sono state assegnate da una giuria composta da 45 tecnici degustatori internazionali nel corso delle degustazioni tenutesi il 28 e 29 settembre 2023.

In totale sono 863 i vini iscritti all’edizione da 319 aziende provenienti da 26 paesi del mondo. Oltre alle medaglie sono stati assegnati anche 19 Premi Speciali oltre al Premio Vinofed stabilito dall’omonima Federazione dei grandi concorsi enologici internazionali, di cui il Mondial des Vins Extrêmes fa parte. Da regolamento, vengono premiati solo il 30% dei vini iscritti: ecco spiegata l’assenza di medaglie d’argento, fagocitate dalle Gran Medaglia d’Oro (45) e dalle Medaglia d’Oro (238).

SCOPRI TUTTE LE MEDAGLIE

SCOPRI I PREMI SPECIALI E IL PREMIO VINOFED

Categorie
degustati da noi news news ed eventi vini#02

Miglior vino biologico italiano 2024: Bianchello del Metauro Doc Superiore 2020 Andy’20, Valentino Fiorini


Il Miglior Vino biologico italiano per la Guida Top 100 Migliori vini italiani 2024 è il Bianchello del Metauro Doc Superiore 2020 Andy’20 di Valentino Fiorini. Il riconoscimento arriva grazie ai 95/100 assegnati in occasione delle degustazioni alla cieca di categoria della redazione di winemag.it. A guidare la cantina di Terre Roveresche, in provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche, è l’enologa Carla Fiorini, figlia del fondatore Valentino e nipote di Luigi Fiorini, capostipite della generazione di vignaioli con l’acquisto della tenuta di Barchi, nel 1930.

TOP 100 WINEMAG.IT: IL VINO BIO DELL’ANNO È UN FARO SUL BIANCHELLO DEL METAURO

Il Vino biologico dell’anno per nostra Guida 2024 è una selezione delle migliori uve Bianchello a disposizione dell’Azienda Agraria Fiorini nei 45 ettari aziendali. Fermentazione in tonneau nuovi di rovere di allier, sei mesi sulle fecce, imbottigliato senza filtrazione. Un vino che – come suggerisce a buona ragione la stessa cantina – dà il meglio di sé fresco, non freddo, in ampi calici.

Alla vista, il Bianchello del Metauro Doc Superiore 2020 Andy’20 si presenta di un giallo paglierino intenso, con riflessi dorati. Al naso un bel profilo oleoso, con la componente di erbe della macchia mediterranea che ricopre un ruolo centrale, quasi avvolgendo la frutta (timo, rosmarino, ma anche mentuccia): pesca gialla, frutta esotica come l’ananas, un bel profilo floreale fresco. Terziari da legno molto composti, su note burrose e speziate calde che ricordano il curry.

Più il nettare si scalda nel calice, più la componente balsamica prende spazio sul palco. Al palato una gran conferma del profilo oleoso avvertito al naso. Si ripercorrono, una ad una, le percezioni fruttate e di erbe aromatiche. Freschezza e sapidità giocano un ruolo fondamentale nell’equilibrio di un sorso molto bilanciato tra morbidezze e durezze. Vino ancora giovane, con ampie chance di dare il meglio di sé negli anni a venire, mostrando la straordinarietà di un’uva e di una denominazione ancora poco conosciuta, ma tutta da scoprire.


Azienda Agraria Fiorini
Via Campioli 5, 61038 Terre Roveresche (Pu)
Email: info@fioriniwines.it
Tel. +39 072197151
www.fioriniwines.it

Exit mobile version