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Report Unionbirrai: «La birra artigianale cresce più del vino»

Report Unionbirrai «La birra artigianale cresce più del vino»
Quello della birra artigianale in Italia è un settore in continua crescita, sia in termini di numero di birrifici, che non si è interrotta neanche nel periodo pandemico, sia sotto il profilo dei consumi: cresce più del vino. Secondo il Registro delle imprese CCIAA, nel 2022 le realtà che producono birra in Italia hanno raggiunto le 1.326 unità occupando un totale di 9.612 addetti diretti, con una crescita rispetto al 2015 del 104% in termini di birrifici e del 22% in termini di addetti. È quanto evidenziato nel Report 2022 “Birra artigianale, filiera e mercati” di Unionbirrai, associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, realizzato a cura di OBIArt, Laboratorio del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell’Università degli Studi di Firenze.

Il report dimostra come l’Italia si collochi al sesto posto a livello europeo per numero di birrifici (dopo Francia, Regno Unito, Germania, Svizzera e Olanda) e al nono per volume di produzione con 17,6 milioni di ettolitri prodotti nel 2021. A livello geografico i birrifici risultano ormai essere diffusi in tutto il Paese. Più rilevante la consistenza delle imprese nel Nord Italia, ma è nel Centro Sud che si continuano a registrare gli incrementi più consistenti.

Il dato significativo riguarda la crescita dei birrifici agricoli, divenuta un’opportunità a partire dal 2010, anno in cui le produzioni di birra e malto sono entrate a far parte delle attività connesse praticabili nelle imprese del primario. Presente in appena una ottantina di aziende nel 2015, nel 2022 la produzione di birra arriva ad essere presente in 290 imprese agricole, arrivando a rappresentare il 22% di tutti i birrifici nazionali e ad occupare oltre 1.000 addetti.

BIRRA ARTIGIANALE ITALIANA: CONSUMI IN CRESCITA

Sotto il profilo dei consumi e del comportamento dei consumatori, il report segnala, sulla base di un’indagine di mercato su 1700 contatti, che il 41% è consumatore abituale di birra, il 12% della sola birra industriale e il 29% di birra industriale e artigianale. «C’è ancora molto lavoro da fare per migliorare il settore e per diffondere il consumo della birra artigianale – sottolinea il presidente di Unionbirrai, Vittorio Ferraris – ma possiamo prendere atto che il settore è in crescita».

«Dobbiamo e possiamo sicuramente fare di meglio nello specifico del comparto GDO – continua Ferraris – dove il nostro genere di prodotto fa più fatica ad essere gestito con le dovute attenzioni alla qualità e alla durabilità. Abbiamo scoperto come, all’interno di un maggior interesse verso le bevande alcoliche da parte degli italiani, la birra stia crescendo molto di più del vino con abitudini di consumo che diventano meno tradizionali e più variegate assomigliando sempre più al modello nordeuropeo che a quello mediterraneo più legato al vino e al consumo durante i pasti».

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Cara Italia, occhio ai Balcani: missione Veronafiere in Serbia per Wine Vision by Open Balkan


EDITORIALE – A pochi giorni dalla chiusura delle iscrizioni, una cosa è certa: Wine Vision by Open Balkan (16-19 novembre 2023) si candida ad essere una Fiera internazionale del Vino e degli Spirits di primo piano in Europa, accanto a Prowein, Wine Paris e Vinitaly. Un’auto candidatura che dà una nuova centralità ai Balcani, così netta da non sfuggire neppure a Veronafiere, primo partner assoluto del sistema vino italiano. Il 12 giugno, una delegazione dell’ente veronese ha visitato i padiglioni della Fiera di Belgrado (Beogradski sajam), dove a fine anno andrà in scena l’evento. Presenti il direttore generale di Fiera Verona, Maurizio Danese, oltre a Raul Barbieri, fresco di nomina a direttore commerciale di Veronafiere
e Matjaž Žigon, direttore dell’Ufficio di Rappresentanza della Spa scaligera per l’area Alpe-Adria, Polonia e Turchia.

Le premesse per un successo della seconda edizione di Wine Vision by Open Balkan ci sono tutte. Belgrado riflette in pieno la rinnovata voglia di volare in grande dei Balcani. La capitale della Serbia è fresca di investitura a città ospitante di Expo 2027. Il Paese guidato dal conservatore Aleksandar Vučić ha bruciato la concorrenza della Spagna in finale, conquistando l’assegnazione della Mostra-Esposizione internazionale specializzata Expo 2027 con 81 voti, contro i 70 di Malaga. La città non si farà certo trovare impreparata all’appuntamento, tanto da stimare ricavi pari a 1,1 miliardi di euro.

Una cifra ritenuta esagerata da molti commentatori politici serbi. Sul piatto, tuttavia, ci sono già una lunga lista di investimenti volti a trasformare Belgrado in una città all’avanguardia. Oltre alla metropolitana è in programma la realizzazione di un nuovo gigantesco polo fieristico nel sobborgo di Surčin, a pochi passi da quello che diventerà il nuovo stadio nazionale (nei Paesi dei Balcani e nell’Est Europa il calcio è considerato un driver fondamentale per l’attrazione di capitali esteri, vedi il caso emblematico dell’Ungheria). Dopo l’Expo 2027 – con molte probabilità – si trasferirà a Surčin anche Wine Vision by Open Balkan, che nella struttura attuale, sulle rive del fiume Sava, può contare su tre padiglioni, oltre a una quindicina di piccole hall.

VINO, MISSIONE DELL’ITALIA NEI BALCANI CON VERONAFIERE
La visita dei rappresentanti di Veronafiere a Belgrado con Maurizio Danese, Raul Barbieri e Matjaž Žigon

Secondo indiscrezioni raccolte da winemag.it nei Balcani, l’Italia, proprio tramite Veronafiere, avrebbe chiesto di occupare un intero padiglione sin dall’edizione 2023 della Fiera. Un’ipotesi che gli organizzatori hanno rispedito (cordialmente) al mittente, per evitare che le cantine italiane finiscano per rubare la scena nell’ambito di una Fiera internazionale che vuole comunque mantenere saldo il focus sui vini e sul turismo nei Balcani. L’organizzazione dell’International wine, food, and tourism fair Wine Vision by Open Balkan agisce infatti sotto l’egida e il patrocinio dei governi di Serbia, Macedonia del Nord e Albania, in una sorta di déjà vu dell’assetto dell’Ex Jugoslavia che sta diventando sempre più una costante dalle parti di Belgrado, Tirana e Skopje, che spesso possono contare anche sull’appoggio di Podgorica (Montenegro).

Tutto sembra ruotare attorno al ruolo centrale della capitale serba, che con la prima edizione della fiera ha saputo convincere – forse sarebbe meglio dire “sorprendere” – un po’ tutti. L’interesse espresso dall’Italia, attraverso Veronafiere, è tutt’altro che scontato e dice molto sulla necessità di nuove alleanze, nel contesto di un settore fieristico che sta attraversando la sua fase più delicata, dopo l’uscita dal periodo cupo della pandemia, non senza scricchiolii e profonde trasformazioni del concetto stesso di “Fiera”. Lo scorso anno sono intervenuti a Wine Vision by Open Balkan oltre 30 mila visitatori professionali, attratti in Serbia dalla presenza di più di 350 espositori provenienti da 22 Paesi (192 serbi, ma nella Top10 figurano anche Usa, Austria e Olanda).

Il tutto nell’ambito di una Fiera allestita nei minimi particolari, secondo canoni di spettacolarizzazione e cross-marketing (vino, gastronomia, turismo, design, moda, music e Opera) mai visti a Düsseldorf, Parigi e Verona. Abbastanza per spingere gli organizzatori a dichiarare che «il successo dell’anno scorso è un incentivo affinché dal 16 al 19 novembre 2023, Belgrado, in quanto capitale dei migliori vini durante la Fiera, riunisca i più eminenti produttori di vino, vignaioli, enologi, sommelier e wine buyer, nonché gli espositori delle più famose cantine del mondo». In tre parole “Wine”, “Vision”, “Unity”. Il mondo del vino è avvertito, Italia compresa: occhio ai “nuovi” Balcani.

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