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I voti ai vini in promozione al supermercato a inizio maggio 2023

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Esteri - News & Wine

Germania, cresce export delle cantine VDP – Verband Deutscher Prädikatsweingüter


Circa 39 milioni di bottiglie vendute per un fatturato totale di 489 milioni di euro. Sono i numeri del 2022 delle 200 cantine riunite nell’associazione tedesca
VDP – Verband Deutscher Prädikatsweingüter, il più antico gruppo di aziende vitivinicole al mondo. Un anno complicato dagli strascichi della pandemia e dalle nuove sfide del conflitto Russia-Ucraina, oltre che dagli aumenti generalizzati dei costi di produzione (gas, energia, vetro). Buona comunque la tenuta sui mercati delle aziende dell’Aquila, che in media hanno fatturato 2,45 milioni di euro a testa.

I dati diffusi dalle VDP Prädikatsweingüter in seguito all’appuntamento con la VDP.Weinbörse 2023 di Mainz (23-24 aprile) dimostrano la «buona sopravvivenza» del gruppo di cantine al periodo ostile. Nel 2022 tengono prezzi e quota percentuale rispetto al totale della produzione dei quattro livelli di classificazione: Vdp.Gutswein a 11,00 euro (63%), Vdp.Ortswein a 14,00 euro (20%), Vdp.Erste Lage® a 20,00 euro (12%) e Vdp.Grosse Lage® a 37,00 euro (5%). Il prezzo medio di una bottiglia di vino tedesco è infatti pari a 3,71 euro al litro (2,84 in Italia e 5 euro in Francia, secondo un recente studio Unicredit-Nomisma).

EXPORT IN CRESCITA PER LE CANTINE VDP

Le vendite si sono concentrate per il 73% sul mercato interno, con un calo rispetto al 79% del 2021. Sale infatti al 27% l’export, in crescita rispetto al 21% del 2021. La classifica dei principali Paesi di esportazione dei vini Vdp vede in testa la Scandinavia (Danimarca e Norvegia), seguita da Stati Uniti e dal duo Paesi Bassi – Belgio. L’analisi del vigneto 2022 mette in evidenza la diminuzione delle rese, passate dai 71 hl/ha del 2018 ai 62 hl/ha della vendemmia 2022.

Un trend comunque in crescita, come dimostrano le raccolte intermedie del quinquennio (52 hl/ha nel 2019, 55 hl/ha nel 2020 e 53 hl/ha dell’annata 2021. Circa 5.588 gli ettari complessivi a disposizione delle 200 cantine del Vdp (circa 28 ettari a testa) pari a circa il 5,5% della superficie viticola tedesca. Mentre il gruppo dell’Aquila lavora all’obiettivo 2025 della certificazione sostenibile per il 100% degli associati – la risoluzione risale al 2021 – al momento sono 76 le tenute VDP che lavorano con metodo biologico o sono in fase di conversione.

VDP VERSO IL 100% DI CANTINE CERTIFICATE SOSTENIBILI ENTRO IL 2025

Il che significa che poco meno del 40% della superficie viticola VDP è coltivata con metodo biologico, contro il 12,5% del vigneto tedesco. Il 16% della superficie viticola biologica tedesca è coltivata dalla VDP. Sono 17 le tenute che optano per la viticoltura biodinamica, mentre il numero sale a 43 per la certificazione di sostenibilità (1.881 ettari complessivi, pari al 34% della superficie viticola VDP).

Siamo grati che il nostro approccio artigianale sia apprezzato anche in tempi difficili – commenta Steffen Christmann, presidente della VDP – e che i nostri vini orientati al territorio siano molto richiesti. Le restrizioni, ma anche la chiara profilazione degli ultimi anni, stanno dando i loro frutti. Tuttavia, siamo preoccupati per la situazione economica generale, soprattutto per la viticoltura tedesca nel suo complesso».

«Il fatto è che l’enorme aumento dei costi, così come le normative sempre più severe, si scontrano con mercati in cui il potere d’acquisto della popolazione nel suo complesso sta sprofondando. Siamo ancora più convinti – conclude Christmann – che i vini di alta qualità provenienti dai nostri paesaggi vitivinicoli siano un grande successo e non siano intercambiabili con altri».

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Italia del Prosecco, attenta ai tuoi politici: «Sul Prošek non è detta l’ultima parola»


EDITORIALE –
Contrariamente a quanto affermato dai politici italiani e, a ruota, dall’industria del vino italiano, non è ancora detta l’ultima parola sulla querelle che vede contrapposto il Prosecco al vino dolce croato Prošek, prodotto dalla notte dei tempi in Dalmazia in quantità limitatissime. Una guerra che l’Italia sta combattendo con grande veemenza, ma al suono della vigliacca menzogna che vorrebbe ridurre il Prošek a un’imitazione del Prosecco: una presunta «minaccia al Made in Italy» che, in realtà, non esiste. Così come sono di cartapesta i tanti paladini dell’Italia scesi in campo negli ultimi anni, su questo fronte.

In particolare, a scagliarsi contro i proclami arrivati nei giorni scorsi da Strasburgo, è l’europarlamentare croato Tonino Picula. L’esponente del Socijaldemokratska partija Hrvatske invita l’Italia alla cautela, attraverso un commento inviato in esclusiva a winemag.it, da Zagabria. «È sempre deplorevole – attacca Tonino Picula – quando le interpretazioni dei testi giuridici vengono distorte da velleità politiche. Mi rattrista che i miei colleghi italiani, in particolare il signor Paolo De Castro, rifiutino continuamente di impegnarsi in discussioni concrete e significative con argomenti basati sulla realtà. Al contrario, sacrificano le nostre buone relazioni per presentarsi come combattenti per la “causa nazionale”. Trovo che questo approccio sia vuoto e non colga nel segno».

DIFESA DEL MADE IN ITALY? UN PRETESTO

Il presunto affossamento dello storico vino dolce croato Prošek, tacciato di essere un’imitazione del Prosecco, è dunque frutto dell’interpretazione (politica) di De Castro. «Attendo con ansia il nuovo regolamento – continua l’europarlamentare croato Tonino Picula – e sostengo pienamente l’emendamento che ribadisce che le omonimie (nomi con ortografia o pronuncia uguale o simile) possono essere registrate se, nella pratica, c’è una sufficiente distinzione tra le condizioni dell’uso locale e tradizionale e la presentazione delle due indicazioni omonime. Ribadisco che il Prošek e il Prosecco sono due prodotti grandi e innegabilmente diversi: diversi i vitigni, diverso il metodo di produzione, diversi la consistenza, il colore, il gusto, l’odore e il tipo di vino, diverso l’imbottigliamento, diversa la collocazione nei menu e sugli scaffali dei negozi, e infine diversi i prezzi».

«Metterei in dubbio la conoscenza di base del vino di chiunque confondesse un vino da dessert scuro e sciropposo con un aperitivo leggero e frizzante. Ancora una volta, comprendo e sostengo gli sforzi italiani per prevenire l’uso improprio del nome Prosecco, che è tra i vini europei più contraffatti. Tuttavia – conclude Tonino Picula – ciò non può giustificare questi attacchi ciechi ai piccoli produttori tradizionali croati che applicano il nome Prošek come termine tradizionale e non come Dop». Curioso sottolineare come i due politici facciano parte dello stesso schieramento, ovvero il Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo (S&D), nonostante le posizioni (e i toni) siano diametralmente contrapposti.

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Proclamati i migliori Sauvignon Blanc italiani


Sabato 22 aprile sono stati proclamati i migliori Sauvignon Blanc 2021 al 5° Concorso Nazionale del Sauvignon, tenutosi in Alto Adige. Come primo classificato il Sauvignon Maso delle Rose Alto Adige DOC di Josef Weger, al secondo posto il Sauvignon Ombrasenzombra Colli Piacentini DOC di La Tosa e al terzo posto a pari merito il Sauvignon Praesulis Alto Adige DOC di Gump Hof e il Sauvignon Andrius Alto Adige DOC di Cantina Andriano.

Il Concorso, che si è svolto il 30 marzo a Penone, è frutto di una attenta valutazione realizzata da una giuria tecnica formata da 25 degustatori. Oltre 80 i campioni di Sauvignon Blanc dell’annata 2021 che hanno preso parte al Concorso provenienti da cantine di 9 diverse zone vitivinicole: Sicilia, Marche, Emilia-Romagna, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino, Alto Adige, Lombardia e Piemonte.

I MIGLIORI SAUVIGNON BLANC 2021 D’ITALIA

I° posto al Sauvignon Maso delle Rose Alto Adige DOC di Josef Weger
II° posto al Sauvignon Ombrasenzombra Colli Piacentini DOC di La Tosa
III° posto al Sauvignon Praesulis Alto Adige DOC di Gump Hof
III° posto al Sauvignon Andrius Alto Adige DOC di Cantina Andriano

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Approfondimenti

Sistema delle ville-fattoria nel Chianti Classico verso riconoscimento Unesco


FOTONOTIZIA – “Il Sistema delle ville-fattoria nel Chianti Classico” è stato ufficialmente inserito nell’elenco della Lista propositiva italiana dei siti candidati a Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Si tratta del primo importante passo nel percorso per raggiungere il riconoscimento universale.

La proposta avanzata dalla Regione Toscana è stata ideata e curata dalla Fondazione per la Tutela del Territorio del Chianti Classico E.T.S. con unanime condivisione di tutte le Amministrazioni Comunali del territorio.

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Approfondimenti

Riforma Indicazioni geografiche Ue: nuove competenze per i Consorzi di Tutela


La definizione delle competenze turistiche dei Consorzi di Tutela è una delle novità più importanti giunte ieri con l’approvazione della bozza di Regolamento delle Indicazioni Geografiche dell’Unione europea da parte della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Ue. L’attribuzione di un ruolo istituzionale nella promozione del “Turismo Dop”, ossia del turismo enogastronomico legato a progettualità autentiche sui prodotti a Indicazione Geografica, segna un cambio di passo nelle politiche comunitarie. Un aspetto passato in secondo piano, di fronte ai proclami legati affossamento del vino croato Prošek, che continua – in maniera paradossale – ad essere considerato dalla politica e dall’industria il nemico internazionale numero uno del cosiddetto “sistema Prosecco”.

Un dettaglio, quello dei nuovi “poteri” assegnati ai Consorzi di Tutela, che non è sfuggito però a Mauro Rosati, direttore generale di Fondazione Qualivita, che plaude a una «novità in grado di produrre sviluppo per tutti i prodotti agroalimentari e vitivinicoli europei ed italiani Dop, Igp e per le bevande spiritose a indicazione geografica». Nella mission della Fondazione che ha sede a Siena c’è proprio la valorizzazione del settore dei prodotti Dop Igp Stg agroalimentari e vitivinicoli.

«Qualivita ha sostenuto con forza l’introduzione nel nuovo regolamento negli aspetti legati alla promozione dell’enoturismo e delle funzioni di coordinamento dei Consorzi di tutela – afferma Rosati – dopo aver sostenuto negli anni le numerose esperienze delle filiere Dop Igp italiane, sempre più al centro dell’offerta turistica nazionale. Lo testimoniano numerosi esempi, dai Caseifici Aperti del Parmigiano Reggiano Dop all’emergente esperienza del Cioccolato di Modica, cresciuta fortemente con il riconoscimento Igp».

PIÙ COLLABORAZIONE TRA CONSORZI E MINISTERO DELL’AGRICOLTURA

Siamo convinti che il ‘Turismo Dop’ in questa forma possa rivelarsi, anche per le piccole filiere a Indicazione Geografica, un vero volano per lo sviluppo delle produzioni e soprattutto dei territori, incentivando quelle attività turistiche a agrituristiche intimamente legate con la produzione agricola e agroalimentare italiana».

Il nuovo ruolo dei Consorzi di tutela permetterà loro di «collaborare concretamente» con il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, di concerto con le istituzioni di settore come Ministero del turismo ed Enit, «per prendere parte a iniziative di promozione internazionale che possono essere ulteriore leva di crescita molto importante». Un’iniziativa che, sempre secondo Fondazione Qualivita, può dare «già nel breve periodo dei riscontri tangibili alle DOP IGP italiane, in particolare alle filiere di piccole dimensioni».

Da anni – evidenzia ancora Mauro Rosati – il “Rapporto sul Turismo Enogastronomico” realizzato dalla professoressa Roberta Garibaldi evidenzia una crescita di questo fenomeno, con numeri impressionanti frutto del costante lavoro delle imprese e delle numerose organizzazioni di promozione come Le strade dei Sapori e del Vino, Città dell’Olio, Le Città del Vino, Movimento Turismo del Vino eccetera».

Per quanto riguarda il settore specifico DOP IGP, l’Osservatorio Qualivita, solo nel 2022, ha contato oltre 230 eventi organizzati dai Consorzi di tutela fra degustazioni, visite outdoor, festival e iniziative che hanno risposto alla richiesta dei cittadini di esperienze vere nei territori del cibo e del vino. E in molti casi proprio le piccole filiere, che più di altre hanno subito gli effetti legati alla pandemia e alla contrazione di alcuni canali distributivi, sono riuscite a dare «una riposta concreta attraverso iniziative di vendita diretta e incoming turistico offrendo esperienze enogastronomiche qualificate».

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Taste Alto Piemonte 2023, ovvero l’altro Nebbiolo: i migliori assaggi, anche “in rosa”


Un viaggio tra i vini dell’Alto Piemonte corrisponde ad un tour nelle profondità geologiche dell’antico supervulcano della Valsesia. Ogni collina, ogni zona, ogni Doc, ogni Docg sono caratterizzate da una diversità di terreni e di dislocazioni, di temperature e di consistenze della terra. Di colori e di microclima. Ad unire tutto è il vitigno Nebbiolo, che qui assume la denominazione di Spanna. Una varietà vinificata principalmente in purezza a Gattinara, Ghemme e Lessona. A Boca, Bramaterra, Colline Novaresi, Coste della Sesia, Fara, Sizzano e Valli Ossolane viene corroborato da altri vitigni, come Vespolina e Uva Rara, in percentuale diversa.

Il colore, i profumi e i gusti dei vini sono oltremodo diversi, specifici in alcuni casi, ma al tempo stesso unici per molti tratti. Alla vista i vini non sono molto carichi, rispettando le caratteristiche cromatiche del Nebbiolo. Al naso però risultano generalmente intensi e penetranti, grazie all’affinamento in botte. Al palato, i Nebbioli dell’Alto Piemonte sono forti, sontuosi, appaganti, talvolta tannici, dimostrando la possibilità di affinamento nel tempo e di una evoluzione medio-lunga, verso canoni di eleganza e maggiore morbidezza.

Una terra vocata alla produzione di vini rossi, dunque. Partendo dal Nebbiolo e dagli altri vitigni, i produttori locali danno vita anche ad ottimi rosati e persino a spumanti Charmat. Non mancano i vini bianchi, prodotti per la maggior parte con il vitigno Erbaluce (noto in zona come Greco novarese), che qui esprime molte delle sue potenzialità. Un’occasione unica per degustare questo mosaico è Taste Alto Piemonte, andato in scena il 15, 16 e 17 aprile 2023 al Castello di Novara. Di seguito i migliori assaggi di winemag.it tra i vini delle quarantasei cantine che hanno aderito all’annuale rassegna del Consorzio Tutela Nebbioli Alto Piemonte.

I MIGLIORI ASSAGGI A TASTE ALTO PIEMONTE 2023

Colline Novaresi Doc Nebbiolo 2020, Cantina la Smeralda

Nebbiolo al 100%. Al naso sembra poco intenso, nonostante i sei mesi trascorsi in barrique di rovere francese,  e il colore appare piuttosto scarico, ma al palato esplode in una serie  di gusti di rosa passita e viola, di cuoio e tabacco. Spettacolare. Chissà tra qualche anno…

Colline Novaresi Doc 2019 “La Moja”, Az. Agr. Grossini Alessio

Nebbiolo al 100%. Al naso sono molto evidenti le note di vaniglia e di frutta rossa. In  bocca esplode una sensazione di prugne rosse e ciliegie sotto spirito, è un vino forte e potente che stupisce e che è molto indicato con arrosti o con carni alla brace.

Coste della Sesia Doc Nebbiolo 2015 “Castellengo”, Centovigne – Castello di Castellengo 

Nebbiolo al 100%. Al naso è intenso e molto elegante, il calice sprigiona note floreali e balsamiche in maniera molto intensa. In bocca il vino conferma le premesse olfattive e si conferma vino elegante, con tannini delicati e senza peccati di giovinezza. Austero, signorile, affascinante, davvero molto piacevole.

Boca Doc 2013 Vigna Cristiana, Podere ai Valloni

Nebbiolo70%, Vespolina 20%, Uva Rara 10%.  Vino che al naso già lascia prevedere le sue qualità: intenso, con piacevoli note fruttate e di boisè, di cuoio e di vaniglia, compie 36 mesi in botte di rovere e 12 mesi in bottiglia e l’affinamento porta a realizzare un vino d’autore. Il gusto ricorda frutti rossi e di sottobosco, viola di campo e lampone,  ciliegie sotto spirito. Eccellente.

Bramaterra Doc 2019 Vigna Martinazzi, Antoniotti Odilio

Nebbiolo 70%, Croatina 20%, Vespolina 7%, Uva Rara 3%. E’ un vino che mantiene le premesse e le speranze che vengono riposte in  un prodotto proveniente da uno dei terreni più scoscesi dell’Alto Piemonte. Al naso è un vino fortemente balsamico e floreale, che penetra nel naso con la forza della sua giovinezza e del suo tannino nemmeno troppo tagliente. In bocca conferma le sue peculiarità  e le caratteristiche già espresse al naso, piacevole e decisamente pronto alla beva.

Fara Doc 2020 “Barton”, Boniperti Gilberto

Nebbiolo 70% Vespolina 30%. Questo giovane vino realizzato con Nebbiolo e Vespolina si caratterizza per la sua aromaticità e per l’impatto dei suoi profumi nell’analisi olfattiva. Merito dei 20 mesi trascorsi nella botte grande di Slavonia che ha affinato il tannino, mentre l’analisi del palato fa risaltare tutto il meglio, come le spezie e i sentori di frutti rossi: ciliegie, fragole e more su tutto.

Gattinara Docg 2017, Az. Agr. Vegis Stefano

Nebbiolo 100%. Questo vino si impone subito per il suo profumo intenso e piacevole, corroborante e ricco di sfumature di frutti rossi e vaniglia. In bocca riecheggiano note di mandorla, frutti rossi, viola e lamponi appena colti. Il tannino è delicato e morbido, in bocca scivola con facilità ed appare decisamente persistente, ha le sembianze, nemmeno troppo nascoste, di  un vino da meditazione. O forse lo è.

Ghemme Docg 2015 “Victor”, Cà Nova

Nebbiolo al 100%. Il Nebbiolo in purezza è forte e potente, e si rivela come una chicca da osservare e da pregustare solo con una analisi sensoriale attraverso il calice. Dal quale scaturiscono piacevoli profumi di frutti rossi, intensi e ricchi di sfumataure. La degustazione conferma le speranze riposte nell’analisi olfattiva. Il vino  ha un bouquet ricco ed elegante, tannino morbido, sapienti riferimenti al sottobosco e alle ciliegie sotto spirito. Decisamente intrigante.

Ghemme Riserva Docg 2018 Ronco Maso Riserva, Platinetti Guido

Nebbiolo al 100%. Il  calice dal quale scaturiscono effluvi molto intensi lascia ben sperare per la successiva degustazione. In effetti questo nebbiolo conferma gli auspici ben riposti, e si presenta  con gusti molto avvolgenti di liquirizia e di frutti rossi, confetture di more e gelso, con sfumature leggermente ferraginose.

Lessona Doc 2015, Az. Vitivinicola La Badina

Nebbiolo al 100%. Vino dalla consistenza   aromatica spiccata e piacevole, ricca di riferimenti ai fiori e alla frutta rossa, alla vaniglia e al cuoio, con note speziate che colpiscono nel profondo. È un Nebbiolo che piace, affascina, che in bocca fa scaturire la sua migliore dimensione di vino che ha trascorso quasi due anni in botti di rovere e il resto dell’affinamento in bottiglia. La conseguenza è un vino che piace, e che si beve bene con secondi piatti forti e succulenti, di carne sugosa,  proprio per la sua aromaticità e la sua maturazione.

Sizzano Doc 2015, Vigneti Valle Roncati

Nebbiolo 70%, Vespolina 20%, Uva Rara 10% prodotto da una delle aziende presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Vino maturo, ricco di sensazioni piacevoli e note aromatiche speciali. Qui il Nebbiolo viene integrato con Vespolina e Uva Rara e il risultato si stabilizza verso una sensazione di aromaticità speziata piuttosto evidente. Frutto anche dell’invecchiamento di due anni in botti grandi di rovere francese. Al palato è ricco di belle sensazioni e molto piacevole, gustoso, in cui travalicano i profumi di viola, mammola speziata e frutti rossi.

Valli Ossolane Nebbiolo Superiore Doc 2019 Prunent, La Cantina di Tappia

Nebbiolo al 100%. Nonostante la giovane età questo Nebbiolo a 14,5% sorprende e si fa apprezzare per la sua maturità gustativa. Colore rubino, profumi di frutta rossa e di sottobosco, di boisé nemmeno troppo sfumati frutto di dodici mesi in barrique, questo Prunent (dal nome del clone di Nebbiolo) si distingue per la sua fragranza e per la sua innata capacità di piacere e di farsi ammirare da parte dei suoi stimatori.

TASTE ALTO PIEMONTE 2023: I MIGLIORI VINI ROSATI


Il Nebbiolo e i vitigni utilizzati per la realizzazione dei vini dell’Alto Piemonte ben si prestano per produrre vini rosati. E varie cantine offrono proposte interessanti. Vini molto piacevoli, sia al naso che in bocca. Qualche esempio.

Il Rosato di Ioppa si chiama “Rusin” – Lucca Ioppa ne aveva raccontato qui l’epopea a winemag.it, nel gennaio 2020 – ed è un Nebbiolo tradizionalmente vinificato in rosa, con un colore tenue, delicato, ma ricco di profumi fruttati. Ioppa è una  cantina secolare che ha recentemente sviluppato la sua zona ospitalità e ampliato la zona dedicata alle vasche d’acciaio. Siamo nel cuore del Ghemme, e Ioppa nella sua politica di espansione e rinnovo ha ricreato una gigantesca vasca riservata al rosato, capace di  contenere 1225 ettolitri. Segno che l’azienda punta molto su questa varietà di vino che è molto ricercato proprio per la sua piacevolezza e la sua capacità di accompagnare tutto –o quasi- il pasto.

Il rosato di Cogo, piccola cantina a Gattico-Veruno (Colline Novaresi) che fa coltivazione biologica, è Nebbiolo al 100% si chiama “Il Sornino” ed ha un colore rosa intenso, quasi rosso, di una potenza visiva davvero superiore alla media. Merito delle 12 ore che passa sulle bucce.  Il naso e il gusto confermano le aspettative: il vino, realmente stuzzica la curiosità e rivela una percezione di profumi e di gusto davvero inimitabile. E’ un vino giovane come Stefania, la sua curatrice, e fa scaturire un ricco bouquet di sensazioni che fa rimanere soddisfatti.

Nelle Colline Novaresi si staglia Il Roccolo di Mezzomerico, cantina che vinifica in bio. Oltre a produrre rossi di grande spessore propone “La chimera”, un freschissimo rosato. Un vino dai profumi di frutta fresca, ribes, mandorla, e violetta, mentre in bocca è ricco di piacevoli sensazioni. Sarà che “La Chimera” è espressamente dedicata al Monte Rosa, che dai vigneti si scorge in lontananza, ma nel calice è un certezza, più che un desiderio lontano. Della stessa cantina, splendido il Gilgamesh, passito di Nebbiolo, per accompagnare adeguatamente tutti i formaggi ed i biscotti della tradizione novarese.

In Val d’Ossola, a Domodossola, la cantina Edoardo Patrone cala il poker con due tipologie di rosati. Il primo è il Rosato “Testa Rϋsa”, vino fermo,  dal colore salmone intenso, e aromatizzato quanto basta per goderne della sua bellezza e della sua bontà. Ha sentori molto evidenti di pesca, albicocca, fiori bianchi e persino di frutti agrumati. Ottimo per accompagnare pesci di lago e formaggi. Il secondo è uno spumante extra dry “Basin”, un’ottima interpretazione di come il Nebbiolo possa trasformarsi in autoclave e diventare speciale. Il colore ricorda il salmone, e si gusta piacevolmente quando sprigiona in bocca sapori di fragole, e di frutti delicati. Perfetto come aperitivo.

I MIGLIORI VINI BIANCHI A TASTE ALTO PIEMONTE 2023

A farla da padrone tra i vini bianchi dell’Alto Piemonte è il vitigno Erbaluce, chiamato l’Innominata o più semplicemente Greco / Greco novarese. Ecco alcune cantine in cui trovare un ottimo bianco che può essere abbinato a pesce di lago o di mare, perfetto anche per gli aperitivi.

La Piemontina è una realtà recentissima, dalla sede si coglie in lontananza la bellezza austera del Monte Rosa e ha una splendida vista sui vigneti della cantina. La Piemontina  è situata a Ghemme, e produce alcuni interessanti prodotti fra cui un bianco delle colline novaresi che fa il paio con un ottimo metodo classico, entrambi con uvaggio Erbaluce che qui fa da padrone. Si tratta di  vini freschi, piacevoli, profumati,  che al palato raccontano una storia fatta di sole, aria fresca, venticello alpino e profumi proveniente dal verde delle colline.

Il bianco fermo della cantina La Smeralda di Eleonora Menaggia a Briona, Colline novaresi doc, è l’esempio che la qualità può essere raggiunta anche da piccole realtà che gestiscono tutta la filiera con un lavoro familiare. La produzione è limitatissima, solo 600 bottiglie, ma i profumi delicati e campestri, oltre al gusto sapido, minerale, e strutturato conquistano al primo sorso.

“Longitudine 8.10” è l’etichetta del bianco di Villa Guelpa. La cantina si colloca nel centro di Lessona, a pochi passi dall’arco alpino, ed è un complesso che abbina la lavorazione dell’uva all’ospitalità,  le visite alla cantina al relax. In un ambiente naturale e tranquillo. Il bianco è notevolissimo, piacevole, fresco, profumato, che dice molto della realtà in cui viene imbottigliato.

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«Prošek evoca Prosecco»: la riforma delle Ig europee condanna un vino storico della Croazia?


La riforma delle Ig europee condannerebbe un vino storico della Croazia, il Prošek, nome ritenuto «evocativo del Prosecco». È quanto emerge oggi dalle parole di Paolo De Castro, relatore dell’Europarlamento per il nuovo regolamento Ue sui prodotti Dop e Igp. Nel commentare l’approvazione all’unanimità del testo in commissione Agricoltura, l’europarlamentare Pd ha citato proprio il vino dolce tipico della Dalmazia, tra gli esempi di «sfruttamento indebito della reputazione delle nostre Indicazioni geografiche».

«Il Parlamento europeo – evidenzia De Castro – continua a far evolvere un sistema senza eguali nel mondo, capace di generare valore senza bisogno di investire alcun fondo pubblico, rafforzando il ruolo dei consorzi, la protezione di Dop e Igp, e la trasparenza verso i consumatori». Ora l’iter prevede, prima dell’estate, la discussione in sede plenaria del Parlamento europeo e infine, entro l’anno, gli incontri del trilogo Parlamento, Commissione e Consiglio per approvare definitivamente il nuovo testo unico europeo sulle produzioni di qualità.

IL PROSEK NON PUÒ ESSERE REGISTRATO

Nel testo adottato – rivendica De Castro – abbiamo introdotto l’obbligo di indicare sull’etichetta di qualsiasi prodotto Dop e Igp il nome del produttore e, per i prodotti Igp, l’origine della materia prima principale. Non solo, su spinta dei nostri produttori di qualità, abbiamo potuto eliminare quelle falle del sistema che consentono di sfruttare indebitamente la reputazione delle nostre indicazioni geografiche, come nel caso dell’aceto balsamico sloveno e cipriota, o addirittura del Prosek made in Croazia».

«In particolare – continua De Castro – è stato chiarito come menzioni tradizionali come Prosek non possano essere registrate, in quanto identiche o evocative di nomi di Dop o Igp. I prodotti Dop e Igp beneficeranno di protezione ex-officio anche online. Nel caso in cui vengano utilizzati come ingredienti, sarà invece necessaria un’autorizzazione scritta da parte dei rispettivi consorzi di tutela, a beneficio dei quali proponiamo anche di semplificare le norme per la registrazione e la modifica dei disciplinari di produzione”.

IL NODO DELL’UFFICIO BREVETTI EUIPO

L’Europarlamento ha preso una posizione anche su uno dei punti più discussi del regolamento, e cioè il ruolo dell’Ufficio europeo dei brevetti, l’Euipo: «Con il testo adottato oggi, con cui andremo al negoziato con i ministri già prima dell’estate – dichiara De Castro – chiariamo che l’Euipo dovrà avere un ruolo puramente consultivo e su questioni tecniche, mentre l’interlocutore principale dei produttori resterà la Direzione Generale agricoltura della Commissione Ue, consolidando il legame tra i marchi della qualità europea e lo sviluppo delle aree rurali».

«La Dop Economy – conclude l’europarlamentare Paolo De Castro – vale, a livello europeo, quasi 80 miliardi di euro. Non si tratta più di una semplice questione culturale di qualche Stato membro, ma di un vero patrimonio economico, sociale e politico europeo. Con questo regolamento creeremo un vero testo unico europeo sulle produzioni di qualità, che rafforzerà la protezione, la promozione e la sostenibilità delle nostre Indicazioni geografiche, conosciute in tutto il modo come sinonimo di qualità ed eccellenza, grazie alla passione e alla competenza dei nostri agricoltori e produttori».

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Il vigneto urbano di Verona: 14 cantine della Valpolicella a portata di bicicletta


È la città dell’amore, ma anche delle cantine a portata di bicicletta. Il vigneto urbano di Verona, con i suoi 1.300 ettari, non è solo il più vasto d’Italia ma anche tra i più fruibili per enoturisti, amanti delle due ruote e delle passeggiate nel verde. Le cantine raggiungibili in pochi minuti dal centro storico di Verona sono moltissime, a sottolineare quel legame inscindibile tra la città capoluogo di provincia del Veneto e la Valpolicella, casa dell’Amarone, del Recioto, del Ripasso e degli altri vini rossi tra i più amati e riconosciuti a livello internazionale.

«Il vigneto urbano di Verona – commenta il presidente Christian Marchesini – è una scoperta fatta in Consorzio 7, 8 anni fa, analizzando la suddivisione degli ettari vitati della Valpolicella. Il Comune di Verona è l’unico in Italia a poter contare su questo numero di ettari, pari al 15% della denominazione. Un altro motivo di orgoglio è che molti giovani si sono messi in gioco ultimamente per valorizzare il vigneto urbano veronese, portando alla nascita di nuove cantine che hanno tra i loro punti forti quello del recupero di vigne abbandonate, promuovendo sostenibilità e biologico».

VERONA E LA VALPOLICELLA “A PORTATA DI MANO” DAL LAGO DI GARDA

Verona è l’«hub della denominazione» e punta a un ruolo sempre più centrale, anche in vista del riconoscimento Unesco della tecnica della messa a riposo delle uve. «Un premio al nostro vigneto urbano e non solo – sottolinea Marchesini – che ci consentirà di dare ulteriore spinta all’enoturismo. Verona viene visitata da circa 2 milioni di turisti all’anno e dobbiamo fare in modo che una fetta sempre più importante di questi visitatori sia invogliata a spingersi anche nelle nostre cantine».

Nel mirino, oltre agli italiani, ci sono i tanti turisti stranieri che popolano il Lago di Garda. Oltre 27 milioni le presenze registrate nel 2022 tra i comuni gardesani delle tre province Verona, Brescia e Trento. «Molti dei quali – ricorda Christian Marchesini – provengono da Paesi target per l’export dei vini della Valpolicella come Germania, Olanda, Danimarca, Belgio. In 15 minuti dal centro città si arriva in diverse cantine: dobbiamo renderlo sempre più chiaro a chi vista Verona, città che per noi ha centralità assoluta, come dimostrato anche dal nuovo format Amarone Opera Prima».

IL VIGNETO URBANO DI VERONA: LE CANTINE E I VINI DA NON PERDERE
(Distanze medie calcolate da piazza delle Erbe, nel centro Verona)

  • CANTINE GIACOMO MONTRESOR
    (via Cà di Cozzi 16, 37124 – Verona)
    info@vinimontresor.it

    🚲 14 minuti
    🦶 52 minuti
    🚌 18 minuti (di cui 7 a piedi)

    🚗 12 minuti


    A un quarto d’ora circa dall’Arena ecco Cantine Giacomo Montresor, condensato di 130 anni di storia in città. Una realtà che ha da poco inaugurato un nuovo wine-shop e un Museo del vino utile a ripercorrere le tappe della propria storia, proprio nel segno del legame con la città di Verona e con la Valpolicella.
  • ROCCOLO CALLISTO
    (via Torcolo 1, 37124 Verona)
    info@roccolocallisto.it

    🚲 24 minuti
    🦶 1,25 ore

    🚌 32 minuti (di cui 16 a piedi)
    🚗 15 minuti


    Parola d’ordine “biodiversità” per questa cantina di 30 ettari totali, di cui solo 10 vitati. Ogni etichetta rappresenta un elemento naturalistico, a sottolineare la forte connessione con la terra di questa giovane cantina. I vini di Roccolo Callisto, la cui prima vendemmia risale solamente al 2019, sono un condensato del terroir della Valpolicella.
     
  • PICCOLI
    (strada dei Monti 21/B, Parona di Valpolicella – Verona)
    info@piccoliwine.it

    🚲 34 minuti
    🦶 1,38 ore

    🚌 52 minuti (di cui 36 a piedi)
    🚗 17 minuti


    Le sorelle Veronica e Alice portano avanti oggi l’azienda di famiglia suddividendosi i compiti tra vigna, cantina e commercializzazione. Al loro fianco i genitori Daniela e Tiziano, eredi dei vigneti avviati dalla nonna. Una piccola realtà famigliare molto ben organizzata in termini di ospitalità, con visite in cantina e degustazioni che sono alla base della “Piccoli Wine Experience”.
     
  • PIETRO ZANONI
    (via Are Zovo 16/D, 37125 Verona)
    info@pietrozanoni.it


    🚲 32 minuti
    🦶 1,21 ore
    🚌 47 minuti (di cui 28 a piedi)
    🚗 18 minuti


    Molto più di una visita in cantina: fare tappa da Pietro Zanoni significherà immergersi in un concentrato di nozioni di viticoltura ed enologia, nel segno della meticolosa attenzione che questo appassionato vignaiolo della Valpolicella ripone in ogni singola bottiglia.
     
  • GIOVANNI EDERLE
    (via Santa Giuliana 2, 37128 Verona)
    info@giovanniederle.it


    🚲 25 minuti
    🦶 55 minuti

    🚌 23 minuti (di cui 7 a piedi)
    🚗 16 minuti


    Vista mozzafiato sulla città di Verona dall’Agriturismo San Mattia, cuore pulsante dell’attività di Giovanni Ederle. Il vignaiolo classe 1987 ha fatto della “diversificazione” (in ottica green) il cavallo di battaglia della propria attività, mescolando con sapienza ospitalità, ristorazione e produzione di vini biologici. Da non perdere la piscina in fase di inaugurazione, prossima sede di alcuni tra gli aperitivi più sensazionali di tutta la città (e non solo).
     
  • CORTE FIGARETTO
    (via Clocego 48, 37142 Poiano)
    cortefigaretto@cortefigaretto.it
     

    🚲 25 minuti
    🦶 1,29 ore
    🚌 26 minuti (di cui 5 a piedi)
    🚗 17 minuti

    Mauro, Patrizia, Sofia ed Elia: in una parola, Corte Figaretto. Nel cuore del vigneto urbano di Verona si trova una della cantine familiari che meglio stanno interpretando il cambio di passo dell’Amarone e dei vini della Valpolicella. Alla base del lavoro della famiglia Bustaggi c’è una grande attenzione in vigna, capace di regalare vini originali e genuini, fedeli interpreti del territorio della Valpantena.
     

  • CANTINE MENEGOLLI WINES
    (via Ponte Florio, 47, 37141 Verona)
    info@menegolli.net


    🚲 24 minuti
    🦶 1,19 ore

    🚌 34 minuti (di cui 17 a piedi)
    🚗 15 minuti


    Cantine Menegolli val bene la visita per il Guinness World Record detenuto «per la più grande botte di vino del mondo». Un capolavoro che si erge al centro della barricaia, a 12 metri di profondità, capace di contenere 42.909 litri di vino. È il grande tesoro di Luigi Menegolli, della moglie Flavia e dei figli Dario ed Elsa. Una famiglia pronta a mostrare, inoltre, alcune tra le bottiglie più “glamour” della Valpolicella, brandizzate da noti marchi internazionali.
     
  • ANTICHE TERRE VENETE
    (via Mezzomonte 22, 37142 Sezano)
    info@anticheterrevenete.it

    🚲 44 minuti
    🦶 2,16 ore
    🚌 46 minuti (di cui 21 a piedi)
    🚗 21 minuti

    Cambia – e di parecchio – il colpo d’occhio ad Antiche Terre Venete, cantina che potrebbe fare della viticoltura eroica un cavallo di battaglia. Pendenze mozzafiato dall’alto dei vigneti che sovrastano la modernissima cantina, con terrazza in grado di ospitare feste ed eventi. Il progetto comune di Luciano Sancassani e Roberto Degani e il loro progetto di «archeologica industriale» procede spedito sia sul fronte della produzione che dell’ospitalità in cantina.
     
  • TEZZA WINES – CORTE MAJOLI
    (stradella Maioli 4, 37142 Verona)
    info@tezzawines.it

    🚲 24 minuti
    🦶 1,19 ore

    🚌 28 minuti (di cui 10 a piedi)
    🚗 15 minuti


    Risponde al nome di “Tezza Experience” la proposta di degustazione e visita della cantina Tezza Wines, in Valpantena. I cugini Vanio, Flavio e Federico, terza generazione di vignaioli, portano avanti un progetto che si fonda sul “Km Zero”, ovvero è la famiglia ad occuparsi interamente delle fasi di produzione, nel segno di una “filiera corta” volta a garantire la qualità assoluta del prodotto. Ciliegina sulla torta è la comoda pista ciclabile che lambisce i vigneti di Tezza, alle spalle della cantina.
     
  • VILLA SAN CARLO
    (via della Segheria 1/H, 37141 Montorio)
    info@villasancarlo.wine

    🚲 24 minuti
    🦶 1,24 ore

    🚌 30 minuti (di cui 5 a piedi)
    🚗 19 minuti


    Molto più di una degustazione di vini della Valpolicella è quello che può offrire Villa San Carlo. Dall’alto del Monte Martinelli, la dimora che dà il nome alla Tenuta domina il caratteristico paese di Montorio. Siamo a pochi chilometri ad est di Verona, in un borgo di origine preromana che ha fatto dell’acqua un valore assoluto: risorgive e piccoli canali sono uno spettacolo ancora attuale. In questo contesto naturalistico, i titolari di Villa San Carlo hanno voluto recuperare una parte degli edifici dell’area “Ex Sapel” (via della Segheria, 1/H), convertendoli a wine-shop e uffici, nel cuore del paese. L’ennesima location da non perdere, a pochi passi dal centro di Verona, è dunque quella con le numerose “Experiences” offerte dalla cantina ai visitatori.
     
  • CANTINA LAVAGNOLI
    (via Squaranto 29c, Pigozzo)
    info@cantinalavagnoli.it

    🚲 40 minuti
    🦶 2,17 ore
    🚌 55 minuti (di cui 27 a piedi)
    🚗 25 minuti
    Tra le ultime cantine nate in Valpolicella c’è Lavagnoli, interprete dello splendido micro terroir della Val Squaranto. Vero, ci si allontana dal centro della città. Ma la visita, per gli enoturisti più sportivi, saprà ripagare le fatiche del viaggio. Appena 15 mila le bottiglie prodotte da questa realtà artigianale, capace di assicurare un’ospitalità tipica delle “Rame”, le abitazioni dove un tempo era possibile entrare e chiedere un fiasco di vino. Un’occasione, per dirla con le parole di Andrea Lavagnoli, «per respirare più lentamente all’ombra delle vigne». Prima di ripartire.
  • TORRE DI TERZOLAN
    (via Trezzolano 4, 37141 Mizzole)
    hospitality@torrediterzolan.it
    🚲 1 ora
    🦶 2,46 ore
    🚌 34 minuti (di cui 8 a piedi)
    🚗 25 minuti
    Per giungere a Torre di Terzolan ci si “arrampica” tra le curve costellate da vigneti e oliveti tipiche della Val Squaranto. Un altro viaggio che vale la fatica. Ad attendere i visitatori, sul posto, l’antica dimora del cardinale Ridolfi, famiglia patrizia di origine veneziana. Gli attuali proprietari hanno messo a disposizione degli ospiti quattro lussuose suite, disponibili insieme all’intera villa per eventi business. I vini di Torre di Terzolan rispecchiano fedelmente l’involucro in cui prendono vita: volti eleganti e sinceri della Val Squaranto, una delle zone in cui la Valpolicella è destinata a produrre i suoi migliori vini.
     
  • BRONZATO
    (via dei Peschi 21, 37141 Montorio)
    info@bronzatowine.it

    🚲 28 minuti
    🦶 1,36 minuti

    🚌 32 minuti (di cui 9 a piedi)
    🚗 19 minuti


    Altro giro, altra azienda giovanissima che si affaccia alla viticoltura in Valpolicella. I vigneti di Massimo Bronzato e della sua famiglia sono situati nell’alta Val Squaranto, ma la cantina si trova a Montorio, ben collegata con il centro di Verona e raggiungibile piuttosto agilmente sia in bicicletta sia con i mezzi pubblici. L’interpretazione della Valpolicella di Bronzato è legata alle espressioni dei differenti suoli a disposizione, connotati da basalto, biancone della Lessinia e selce. La piccola cantina, tuttora in fase di organizzazione, offre degustazioni in un ambiente sincero e famigliare.
     
  • CONTRADA PALUI
    (via Caiò, 37141 Verona)
    hkp@contradapalui.com


    🚲 1,28 minuti
    🦶 3,22 ore
    🚌 59 minuti (di cui 25 a piedi)
    🚗 31 minuti


    Contrada Palui è un’altra giovanissima realtà della Valpolicella che, sin dalla prima vendemmia, sta mettendo in luce il grande potenziale dell’Alta Val Squaranto. Deus ex machina di Contrada Palui è Hannes (Hans Karl) Pichler, imprenditore altoatesino del settore delle energie rinnovabili da sempre affascinato dal mondo del vino. Qui, nella selvaggia vallata a nord di Verona, Pichler ha trovato la sua dimensione ideale, tra la piccola vigna impiantata su terre vergini e una minuscola cantina in cui sperimenta (anche) con le anfore. Il risultato? È di quelli che valgono la visita, per l’approccio essenziale e modernissimo al vino della Valpolicella e alla viticoltura. Una cantina che farà parlare molto di sé.

DOVE MANGIARE A VERONA: PRANZO O CENA NEL VIGNETO URBANO

  • SIGNORVINO VALPOLICELLA
    (via Preare, 15, 37124 Verona)


    🚲 15 minuti
    🦶 57 minuti
    🚌 24 minuti (di cui 11 a piedi)

    🚗 12 minuti


    Piatti della tradizione italiana e un assortimento di oltre 1500 etichette Made in Italy al prezzo di cantina, servite in un ambiente informale. Cambia l’indirizzo ma non cambia la formula di Signorvino, anche nel ristorante-enoteca immerso tra i vigneti della Valpolicella, peraltro a pochi metri dal nuovo Museo del Vino di Cantine Montresor.
     
  • BAR THE BROTHERS – BIGOLERIA
    (Viale Olimpia, 1, 37023 Grezzana)
    emy4.sal@gmail.com


    🚲 41 minuti
    🦶 2,27 ore
    🚌 33 minuti (di cui 3 a piedi)
    🚗 22 minuti


    Bar, Bigoleria, Birreria, Enoteca e Musica Live. Offre tutto questo Bar The Brother, a Grezzana. Uno dei luoghi più caratteristici della città di Verona, da non perdere durante la visita delle cantine della Valpolicella. La cucina completa un’offerta a 360 gradi, capace di spaziare dalla colazione al dopo cena. Ma il piatto forte sono i bigoli, pasta tipica veronese che da The Brothers è possibile gustare in accompagnamento a una decina di sughi diversi. Altro focus della cucina è la carne, tra cui molti tagli a “Km 0”.
     
  • TRATTORIA IL FEUDO
    (Piazza G. Marconi, 1, 37030 Mezzane di Sotto – Castagné)
    info@trattoriailfeudo.com

    🚲 1,16 ore
    🦶 3,13 ore
    🚌 36 minuti (di cui 3 a piedi)

    🚗 39 minuti


    Parola d’ordine “gnocchi” da Trattoria Il Feudo, da scegliere in particolar modo durante la visita delle cantine della zona di Montorio. Poco più di 20 posti a sedere, per garantire pranzi e cene in relax e tranquillità. La cucina, al di là degli gnocchi, propone taglieri di salumi e piatti regionali.
     
  • TRATTORIA AL POMPIERE
    (vicolo Regina D’Ungheria, 5, 37121 Verona)
    info@alpompiere.com

    🚲 2 minuti
    🦶 9 minuti
    🚌 9 minuti


    Semplice ma di classe. Tra i ristoranti da non perdere a Verona c’è sicuramente Trattoria Al Pompiere, al civico 5 del centralissimo vicolo Regina d’Ungheria. La cucina, aperta dalla metà dello scorso secolo, serve piatti di carne e pasta in una sala da pranzo accogliente e dallo stile rustico, costellata da foto in bianco e nero e a colori che ripercorrono la storia del locale e di Verona. Grande attenzione nella selezione dei vini, con ampia scelta di etichette della Valpolicella e del Veneto.

  • LOCANDA 4 CUOCHI
    (via Alberto Mario, 12, 37121 Verona)
    locanda4cuochi@gmail.com

    🚲 2 minuti
    🦶 4 minuti

    “4 cuochi” come i quattro soci – di cui due allievi di Giancarlo Perbellini – che nel 2012 hanno scelto di proporre, nel cuore storico di Verona, la cucina italiana di qualità, abbinata a una carta vini preziosa che valorizza alcune delle “chicche” della produzione della Valpolicella. Quattro matite e tanta carta a disposizione su ogni tavolo per lasciare il proprio segno con un doodle, un ritratto, un pensiero scritto. Tra una portata e l’altra (e un calice e l’altro), s’intende.
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Approfondimenti

Sicilia en Primeur 2023: l’anteprima dei vini siciliani a Taormina e Radicepura


Presentata oggi, insieme allo studio Unicredit Nomisma sul vino siciliano, Sicilia en Primeur 2023, l’annuale anteprima dei vini siciliani organizzata da Assovini Sicilia, in programma a Taormina e Radicepura dal 9 al 13 maggio. Saranno oltre ottanta i giornalisti italiani e stranieri che parteciperanno alla kermesse; a questi si aggiunge la presenza di Master of Wine e professionisti del settore che guideranno i seminari tecnici in programma.

L’evento, ideato ed organizzato da Assovini Sicilia sin dal 2004, si conferma l’appuntamento più importante per il vino siciliano. Il tema di Sicilia en Primeur 2023 è dedicato al vino come complesso fattore culturale, all’enoturismo nelle sue molteplici declinazioni ma soprattutto al ruolo dei soci di Assovini Sicilia come custodi di cultura e territorio, e al vino come ambasciatore del turismo siciliano.

Il pay-off scelto da Assovini Sicilia per la XIX edizione di Sicilia en Primeur è “Ambasciatori e custodi di cultura e territori“, sottolineando il ruolo dell’associazione nel farsi portavoce della conoscenza di un territorio attraverso i vini e i suoi produttori, quali promotori di qualità, di bellezze paesaggistiche, dell’unicità del patrimonio storico-archeologico della Sicilia. «La Sicilia – commenta Laurent Bernard de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – ha tutte le carte in regola per diventare una wine destination di eccellenze. E oggi, i soci di Assovini hanno il duplice merito di viaggiare nel mondo per far conoscere il brand Sicilia e promuovere il territorio e la cultura attraverso l’esperienza dell’ospitalità siciliana nelle loro aziende.  Dietro ogni vino c’è sempre una grande storia da scoprire e raccontare».

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Unicredit-Nomisma: «Sicilia regione strategica per l’Italia del vino»

La Sicilia si conferma una regione strategica nel settore del vino.  È uno dei dati che emergono dallo studio UniCredit-Nomisma “Gli asset che creano valore per la filiera vitivinicola italiana: mercati, territori, imprese”, presentato oggi a Palermo. Oggi l’export di vino italiano si concentra principalmente sul mercato Europeo e quello Nord Americano mentre l’Asia è ancora marginale, seppur in crescita.  Stesso vale in proporzione per la Sicilia: i 5 mercati più significativi sono infatti la Germania, gli Stati Uniti, la Svizzera, il Regno Unito e il Belgio.

Da sottolineare in particolare la crescita tra il 2021 e il 2022 dell’export siciliano verso Stati Uniti (+28%) e Svizzera (+24%). E’ comunque da precisare che i dati Istat di export tengono conto del luogo di spedizione all’estero, per cui sfuggono i quantitativi di vino siciliano che non partono direttamente dalla Sicilia per l’estero, ma partono da porti ubicati in altre regioni alle quali questi volumi di prodotto vengono computati come export vinicolo. Per cui si stima che in realtà il commercio estero di vini e mosti siciliani sia superiore rispetto ai dati ufficiali Istat.

L’EXPORT DEL VINO SICILIANO

Negli ultimi 10 anni l’Italia ha riqualificato il proprio portafoglio vini esportati, riducendo la componente di vini sfusi (da 31% al 19%), compensando con l’aumento degli spumanti; questo ha premiato a livello di prezzo medio all’export (da 2,22 euro/litro a 3,60 euro/litro). Se guardiamo i DOP tuttavia lo scarto con la Francia risulta ancora troppo marcato: il peso dei vini DOP sul totale export imbottigliati (69%) è ancora significativamente al di sotto rispetto alla Francia (84%), con prezzi medi all’export anche qui nettamente inferiori: dai Bianchi di Borgogna prezzati mediamente a 16€/litro, ai Bianchi del Trentino Alto Adige e del Friuli VG venduti a 5,17€/litro ed ai Bianchi di Sicilia, prezzati a 3,76€/litro.  Anche i Rossi di Sicilia sono abbastanza allineati ai Bianchi, con un prezzo medio al litro di 3,56€.

Il prezzo medio dell’export dei vini DOP italiani è cresciuto nell’ultimo decennio del 22,8%, con un’ottima performance dei Bianchi siciliani con il +30,6%, grazie ad un focus importante sulla qualità (In Sicilia ad oggi sono state riconosciuti 24 vini DOP, di cui 1 DOCG e 23 DOC, e 7 vini a IGT), sulla segmentazione/ differenziazione dei prodotti, sullo sviluppo di strategie multicanale, su un maggiore presidio dei mercati. La Sicilia ha ancora molti margini di miglioramento riguardo al posizionamento dei vini (fermi) DOP nella GDO: le vendite del prodotto siciliano pesano ca. il 4% sulle vendite totali della grande distribuzione italiana ma tiene bene il prezzo medio di vendita, ben al di sopra della media Italia (5,01 €/bottiglia 0,75l vs 4,20€ in Italia).

SICILIA: I VINI GENERICI

Con riguardo ai vini generici, in Sicilia, come in molte altre regioni del Sud, la quota di questo prodotto è ancora molto significativa (ca. 24% della produzione sul totale regionale vs 16% media Italia) ma comunque in riduzione importante nell’ultimo decennio (-9 pp). La Sicilia è la terza regione (con il 31% vs 19% Italia) con riferimento all’incidenza della coltivazione di vino BIO sul totale superficie vitata regionale, anche se con margini di crescita minori dal 2011 al 2021 rispetto ad altre regioni (97% vs 138% a livello Italia).

La Sicilia è nelle top 5 regioni vinicole in Italia per redditività media delle società di capitale. Sul mondo dei Social le cantine siciliane hanno un buon posizionamento, certamente migliorabile: ciascuna ha in media ca. 16,4 mila followers, coprendo ca. il 10,3% del totale nazionale. La Sicilia è al 4° posto in Italia per acquisizioni nel settore vitivinicolo (8% sul numero totale del periodo 2016-2022); con riferimento alla denominazione target, l’Etna è grande protagonista, al 4° posto in Italia, e al di sopra di denominazioni come il Chianti Classico, il Valpolicella e il Barbera d’Asti.

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degustati da noi vini#02

Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner 2021 “Aristos”, Cantina Valle Isarco

L’Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner 2021Aristos” di Cantina Valle Isarco è uno de presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Alla vista si presenta di un colore giallo paglierino, con riflessi verdolini.

Vino che mostra le potenzialità del vitigno e la sua grande chance nel parterre dei vini bianchi italiani ed internazionali. Pienezza del frutto, verticalità, freschezza: il Kerner ha tutto per diventare un trend. E Valle Isarco è una cantina che lo interpreta in maniera esemplare.

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«Benennidos»: a Sennori (Sassari) una bottiglia di vino rosso ai nuovi nati 2023

Una bottiglia di vino rosso Isola dei Nuraghi Igt ai nuovi nati del 2023 a Sennori, comune di 7.300 abitanti della provincia di Sassari, nel Nord della Sardegna, affacciato sulla sul Golfo dell’Asinara. È l’iniziativa promossa dalla locale amministrazione comunale, che ha deciso di aderire con una precisa delibera all’idea lanciata da una cantina locale, con il patrocinio dell’Associazione nazionale Città del Vino.

Sull’etichetta della bottiglia omaggio c’è la scritta “Benennidos“, ovvero “Benvenuti”, insieme a un’immagine realizzata dall’artista sassarese Angelo Maggi. Sul retro, lo spazio in cui scrivere il nome del nuovo nato, la data di nascita e la firma del sindaco. Il tutto «per omaggiare il lieto evento della tua nascita, momento intriso di emozioni forti, complessità individuali e relazionali e grandi cambiamenti».

Il vino Isola dei Nuraghi Igt donato ai nuovi nati 2023 può invecchiare (anzi, «evolversi»), secondo le stime della cantina produttrice, per 18 anni: «Il neonato di oggi potrà brindare alla maggiore età con una bottiglia a lui dedicata». Il Comune di Sennori celebra in questo modo originale la sua appartenenza alle Città del Vino italiane.

Un contributo, spiegano gli amministratori, «alla cultura del vino, educando ad un consumo consapevole e favorendo buone pratiche agronomiche e di sostenibilità». Come stabilisce la delibera n. 53 del 7 aprile approvata dalla giunta comunale, le spese del vino sono interamente a carico dell’azienda vitivinicola produttrice. L’amministrazione di Sennori avrà il compito di personalizzare l’etichetta e di consegnare al nuovo cittadino il pregiato omaggio di benvenuto.

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in-abbonamento Vini al supermercato

Vini a volantino a metà aprile: la Gdo italiana ricorre alle denominazioni “comfort”

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“Le litrò de Gi.Gi.”, la bottiglia da 1 litro del “Camerlengo” Antonio Cascarano


Le litrò de Gi.Gi.“. Si chiama così l’ultimo vino in bottiglia da 1 litro firmato dal “CamerlengoAntonio Cascarano, custode di antichi vitigni riportati alla luce e salvati dall’oblio, in Basilicata. Siamo a Rapolla, nel Vulture, per una novità che non arriva a caso dopo il periodo di pandemia, in cui si è assistito alla riscoperta dei “grandi formati”.

Non sono casuali neppure gli accenti sul nome di fantasia scelto per il nuovo vino. «Con il nome Le litrò de Gi.Gi.” mi diverto un po’ a scimmiottare i francesi – spiega a winemag.it Antonio Cascarano – giocando col loro accento e scegliendo, per di più, il formato da 1 litro, tipico della cultura contadina italiana. Ma soprattutto è il primo vino che dedico a me stesso, dopo averne dedicati altri a persone a me care e al mio cane».

Fuori da Rapolla mi conoscono tutti come Antonio, nome che ho ereditato dal nonno paterno. Ma all’anagrafe ho anche altri due nomi: Luigi, perché sono nato il 21 giugno, giorno di San Luigi; e Giovanni, come il nonno materno. In paese mi hanno sempre chiamato “Luigino” o “Gigino”: da qui l’idea di “Gi.Gi.”. Il punto dopo la “G” sta a indicare… Beh, è facile da capire: ha a che fare con le donne!».

IL VINO NATURALE E LA RISCOPERTA DEI GRANDI FORMATI

L’ultima annata, generosa, ha consentito a Cascarano di produrre 1000 bottiglie di “Le litrò de Gi.Gi.”. Un numero destinato a ridursi ben presto, in vista della presentazione ufficiale della nuova etichetta in programma proprio il 12 giugno 2023. «Sarà una festa – anticipa il patron dell’Azienda agricola Camerlengo – con i piatti di Riccardo Barbera all’Agriturismo Masseria Barbera di Minervino Murge. La nuova etichetta sarà poi commercializzata su assegnazione, perché voglio assicurarmi che ce l’abbiano un po’ tutti, dall’importatore americano ai distributori italiani».

“Le litrò de Gi.Gi.” è un vino macerato ottenuto dalle rare uve Santa Sofia e Cinguli, che si dividono in maniera esatta l’uvaggio (la prima è nota anche come “Fiano del Cilento”; la seconda è molto simile al Trebbiano toscano). «Un vino da tutti i giorni – spiega Antonio Cascarano – da bere in totale spensieratezza. Un vino contadino, che mi rappresenta e che invoglia all’assaggio di altri vini in bottiglia da 1 litro. Uno su tutti il “Litrò Rosso” da uve Ciliegiolo e Sangiovese prodotto a Montemelino, in Umbria, dalla cantina Conestabile della Staffa». Un altro vino con l’accento e un altro vino contadino. Pardon, “contadinò”. Prosit.

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Romagna Doc Predappio: next generation Sangiovese


Chi può “sfidare” il Sangiovese della Toscana? Ci hanno provato addirittura in Ungheria, con un vino chiamato “Tabunello” (no, non c’è scritto Brunello). A produrlo (tuttora) è un vignaiolo ungherese, Csaba Török, che coltiva poco più di due ettari a nord del Lago Balaton, poco lontano da Budapest.
Convincere il Consorzio Vini di Montalcino che si trattasse di una «scelta d’amore per il Sangiovese Grosso» è stata un’impresa fallimentare. Anche perché il sito web della cantina, denominata 2HA, era “brunello.hu”, ed è stato eliminato dopo una causa legale avviata dal Consorzio. Non si è arrivati neppure in Tribunale.

Come documentato qui da winemag.it, l’impressionante lista di avvocati internazionali messa in campo dall’ente toscano ha spento ogni velleità dell’appassionato vignaiolo Csaba Török. Che resta comunque, tutt’oggi, un grande fan del Brunello di Montalcino. Ma la battaglia per la “next generation Sangiovese“, capace di stare al passo della qualità di quelli toscani, non è finita. La nuova sfida per i produttori tradizionali non è più in Ungheria, ma si trova esattamente dall’altra parte della collina, in una sorta di revival delle guerre tra città e città che hanno costellato la storia della Toscana.

LA “NUOVA” ROMAGNA DEL SANGIOVESE

A sfidare il Sangiovese più famoso del mondo – quello toscano, per l’appunto – ci pensano i vicini di casa dell’Emilia Romagna. Il salto di qualità della regione del centro Italia è stato impressionante negli ultimi anni. E sta iniziando a dare i suoi primi frutti, in particolare, a Predappio. Il Comune di 6.200 abitanti della provincia di Forlì-Cesena è tra i più promettenti delle 16 Sottozone del Romagna Sangiovese Doc, create nel 2011 dal Consorzio Vini di Romagna.

Un’opportunità che Predappio – famosa per ospitare la casa natale di Benito Mussolini, oltre alla cripta di famiglia e a un numero ingente di edifici di grande pregio architettonico, alcuni dei quali ancora da riqualificare – sta cogliendo appieno, grazie alle ultime generazioni di viticoltori.

All’interno della sottozona, che si allunga longitudinalmente da nord-ovest a sud-est, dall’areale pianeggiante di Forlì al tortuoso entroterra di Galeata e Strada San Zeno, racchiusa tra le altre tre sottozone di Castrocaro, Bertinoro e Meldola, si producono vini molto diversi tra loro. Ma tutti in grado di mostrare le peculiarità di un’areale che ha le carte in regola per competere con la Toscana.

SANTANDREA: «PREDAPPIO TRA I PRIMI A CREDERE NELLE SOTTOZONE DEL SANGIOVESE»


«Predappio – sottolinea Ruenza Santandrea, presidente del Consorzio Vini di Romagna – è una delle zone che per prima ha manifestato interesse allo status di “sottozona” ed è tuttora una delle più vivaci. Nel futuro della regione c’è il racconto delle peculiarità del Sangiovese dell’entroterra, una zona poco raccontata e ancora poco conosciuta, che vogliamo rendere sempre più nota a turisti e a amanti del vino italiani ed internazionali. Il rigido disciplinare, con il 95% minimo di Sangiovese, aiuta a legare ancor più questa uva al territorio, sottolineando come in Romagna, da sempre, il Sangiovese venga vinificato in purezza, a differenza dei blend più comuni in Toscana».

I Romagna Doc Sangiovese di Predappio, promossi dall’Associazione Terre di Predappio (nella foto sopra i produttori aderenti) risultano più corpulenti e larghi nella zona nord-orientale, per poi tendersi sempre più come la corda di un arco man, mano che ci si avvicina alla dorsale dei monti Appennini. Qui, esattamente “al di là della Toscana”, nascono caratterizzati da venature ancora più minerali e speziate. Cambiano i vini perché cambiano i suoli. E il Sangiovese di Romagna si dimostra, come tutti i più grandi vitigni del mondo, capace di leggere all’ennesima potenza le peculiarità microclimatiche e pedologiche, in una parola del “terroir”.

ROMAGNA DOC SANGIOVESE: I SUOLI DELLA SOTTOZONA PREDAPPIO

All’interno della stessa Predappio possono essere infatti identificati almeno quattro differenti conformazioni di suolo, che tagliano la sottozona da nord a sud, in maniera piuttosto verticale. Spostandosi dalla zona costiera verso gli Appennini, si trovano i Terrazzi di Fondovalle composti da sabbie, ghiaie e argille alluvionali (Olocene) al caratteristico “Spungone“, nome con il quale in Romagna si definiscono le sabbie cementate con vene di calcare arenaceo poroso (Pliocene medio). Il cuore di Predappio è costituito da arenarie tenere, ovvero marne arenacee (Tortoniano).

Di grande interesse, sempre in quest’area, la formazione gessoso-solfifera dei sedimenti evaporitici (Messiniano). Infine, appena al di là della Toscana – o appena al di qua della Romagna, a seconda dei punti di vista – ecco le arenarie a strati che danno vita a una sorta di effetto torta millefoglie (epoca del Tortoniano e del Serralunghiano).

Una geografia, quella delle 16 “Sottozone del Romagna Sangiovese Doc” che stravolge l’immaginario collettivo della Romagna, considerata da molti una terra “piatta”, contraddistinta da forme di coltivazione intensiva, a un passo dalla costiera del mare Adriatico. Nulla di più sbagliato. Il territorio di Predappio è un crocevia di curve che si aprono su paesaggi collinari incantati, in cui regna la biodiversità. Spesso i vigneti, che si spingono fin oltre i 400 metri di altitudine, sono affiancati da oliveti e boschi.

ROMAGNA DOC SANGIOVESE PREDAPPIO: I VINI DA NON PERDERE

E se c’è una cantina su tutte che può mostrare quanto variegato sia il territorio di questa fetta di Italia, quella è l’Azienda agricola Pandolfa, che destina i vigneti “di quota” alla produzione dei vini della linea Noelia Ricci. Il nome rende onore alla donna che, tra le prime, diede impulso alla viticoltura a Predappio, costruendo negli anni Settanta una cantina nei sotterranei della Pandolfa, villa del Settecento situata a Fiumana (FC), nella zona nord-orientale della sottozona. Oggi l’azienda si è dotata di un polo produttivo a sé stante, ai piedi della collina dominata da Villa Pandolfa, ed gestita da Marco Cirese e dalla moglie Alice Gargiullo.

Si raggiunge la vetta, a circa 350 metri sul livello del mare, solo a bordo di un fuoristrada. Qui il territorio pianeggiante lascia spazio a ripidi vigneti e a un pianoro di Sangiovese ad alberello, fortemente voluto da Marco Cirese. L’uva giova di un’escursione termica importante e i vini Noelia Ricci si riconoscono a vista, dal colore meno scuro e dalle note che delineano un Sangiovese d’Appennino. Lo stesso stile che contraddistingue i due vini prodotti dalla giovane Chiara Condello, tra le viticoltrici italiane più dinamiche oggi presenti nel variegato mondo del Sangiovese. Una star emergente, capace di regalare un Predappio 2020 che abbina pienezza del succo e verticalità minerale, con la delicatezza del petalo di viola e di un tannino fitto ma finissimo.

LA SVOLTA GIOVANE DEL SANGIOVESE DI ROMAGNA

Altro giovane da non perdere, in zona, è Pietro Piccolo-Brunelli, che con il suo “Cesco” 2020 da Sangiovese allevato a 350-400 metri sul livello del mare, suggerisce accostamenti concettuali con la stilistica dei grandi Pinot Nero internazionali: eleganza è la parola d’ordine assoluta. Per trovare una mineralità quasi vulcanica, certamente sulfurea, il riferimento è Fattoria Nicolucci: il “Tre Rocche” 2020 di Alessandro Nicolucci fa da degno contraltare alla Riserva “Vigna del Generale”, con ricordi umami a giocare attorno a un succo polposo e ai ricordi di erbe aromatiche.

Tra le cantine da non perdere nell’annata della svolta (la 2020, per l’appunto) utili a comprendere quanto reali siano le chance di Predappio nella “Next generation Sangiovese”, ci sono poi Drei Donà di Ida ed Enrico Drei Donà, con il loro caldo e polposo “Notturno”; Stefano Berti, con l’intrigante e slanciato “Ravaldo”; Rocca Le Caminate di Antonio Fabbri, con il suo “Sbargoleto”, sapido e goloso.

E ancora: Cantina La Fornace delle famiglie Pazzi e Valentini, con il saporito e ben estratto “Cassiano”; Francesco Zanetti Protonotari Campi di Villa i Raggi, col suo “Colmano di Predappio”, che nel suo essere ancora contratto mostra tutta la longevità del Sangiovese di Predappio. E Filippo Sabbatini con “Mezzacosta”, tutto frutto rosso e fiori. La Toscana è avvisata.

LOCANDA APPENNINO: OVVERO DOVE MANGIARE (E DORMIRE) A PREDAPPIO

Locanda Appennino (via Strada Nuova, 48) è la location da scegliere ad occhi chiusi come base per la scoperta del territorio di Predappio e del Romagna Doc Sangiovese. Un immobile del 1958 completamente ristrutturato dal titolare, Jacopo Valli, imprenditore che vanta numerosi locali di successo anche all’estero. Locanda Appennino è il frutto della passione per la ristorazione e l’ospitalità di un gruppo di professionisti del settore, che lavorano in grande sinergia per regalare agli ospiti un’esperienza a 360 gradi.

Alla base del progetto c’è il ristorante, che sotto la direzione dello chef Alan Bravaccini offre – ça va sans dire – una cucina tradizionale romagnola con prodotti stagionali e selezionati del territorio. Gettonatissimo anche il “reparto” pizzeria, con forno a legna. La cantina della Locanda, curata dal sommelier Roberto Celli, è il vero cuore pulsante del locale, con ampia scelta di vini delle migliori realtà locali (e non solo).

La panoramica sul Sangiovese romagnolo, in primis su quello di Predappio, è davvero profonda. Non mancano ovviamente le denominazioni italiane ed estere più ricercate, tra cui lo Champagne. Cinque le camere di Locanda Appenino, ognuna pensata per far rivivere un «angolo di casa».

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Giornate altoatesine del Pinot Nero 2023: introdotti i “vincitori regionali”


Novità in vista per le Giornate altoatesine del Pinot Nero 2023. All’edizione che andrà in scena 19 al 22 maggio 2023 a Egna e Montagna, in Alto Adige, saranno premiati non solo i 3 Pinot Nero 2020 che otterranno il maggior punteggio, ma verranno anche decretati i singoli vincitori regionali. Ad annunciarlo è
Ines Giovanett, presidente del Comitato organizzatore delle Giornate del Pinot Nero – Blauburgundertage.

«L’obiettivo – spiega – è rendere questo appuntamento una vera finestra rappresentativa della produzione nazionale di questo vitigno e valorizzare quanto più possibile le diverse tradizioni e stili di produzione del Pinot Nero in Italia». Oltre 100 i produttori di vino coinvolti dalle Giornate altoatesine del Pinot Nero 2023. Undici le aree vinicole di provenienza tra cui Trentino, Alto Adige, Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Umbria e Marche.

LE NOVITÀ DELLE GIORNATE ALTOATESINE DEL PINOT NERO 2023

La 25esima edizione si inaugurerà venerdì 19 maggio presso il Castello di Enna a Montagna con la Cerimonia di premiazione del Concorso Nazionale del Pinot Nero. Le selezioni si terranno a metà aprile. L’elaborazione dei giudizi sarà curata dal Centro di Sperimentazione Laimburg con la supervisione di Ulrich Pedri, direttore della sezione enotecnica.

«Come l’anno scorso – spiega Marc Pfitscher, vicepresidente del Comitato organizzatore delle Giornate del Pinot Nero – il concorso si svolgerà come degustazione individuale. Ciò sottolinea l’importanza del singolo giudizio e aumenta la qualità della competizione». «Il numero elevato si iscrizioni e le novità introdotte in occasione delle Giornate altoatesine del Pinot Nero 2023 – conclude Daniel Pfitscher, membro del Comitato organizzatore – dà ancor più importanza al carattere nazionale che anima il Concorso, mosso dal desiderio di portare in scena l’altissima qualità delle produzioni enologiche di tutto il nostro Paese».

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Se la Francia del vino si “italianizza”

EDITORIALE – Un territorio, un vitigno, un vino. Suona più o meno così il mantra del successo internazionale delle regioni vinicole francesi, che in questo modo si rendono più “comprensibili” agli occhi dei consumatori internazionali, valorizzando meglio i loro gioielli enologici.

Eppure, mentre l’Italia sembra fare sempre più suo questo concetto – nonostante le numerosissime resistenze che zavorrano diverse regioni vinicole, sprovviste persino di una vera e propria “piramide della qualità” a livello consortile – le ultime mosse in tema di comunicazione dei cugini d’Oltralpe fanno pensare a una svolta della Francia verso una certa… “italianizzazione“.

L’IGP PAYS D’OC, PATRIA DEI ROSATI FRANCESI

Due le regioni che stanno propendendo per un allargamento dei propri confini concettuali e comunicativi. La prima è Languedoc-Roussillon che con l’Igp Pays d’Oc, al suono dello slogan Liberté de style, “Libertà di stile”, punta ora ad andare ben oltre il ruolo di regione numero uno dei rosé francesi (272,9 milioni di bottiglie e 34% del market share della tipologia, contro i 139,5 milioni della Provenza).

Il 50% dei vigneti della regione (120 mila ettari su 240 mila totali) sono dedicati alla produzione di vini varietali – non solo rosé – ottenuti da uve come Merlot, Chardonnay e Grenache Noir, ma anche Cabernet Sauvignon, Sauvignon Blanc, Cinsault e Viognier.

Ed è questa gran varietà di scelta che sta puntando tutto il Syndicat des Producteurs de Vin de Pays d’Oc Igp e la locale Interprofession. Il tutto, insieme – e non è un aspetto secondario – all’ottimo rapporto qualità prezzo dei vini, che ne sta favorendo la notorietà sui mercati internazionali, in momenti in cui altre regioni francesi hanno raggiunto picchi inarrivabili.

LA SVOLTA IN BIANCO DEL MÉDOC


La seconda regione francese alla svolta della comunicazione è il Médoc. Nella nota Aoc dell’areale di Bordeaux è in atto un forte polemica per la proposta di inclusione di vitigni come Chardonnay, Chenin blanc, Viognier e Gros Manseng nella versione bianca del Médoc. Un’iniziativa che sta creando non pochi conflitti con le regioni vinicole francesi in cui queste varietà sono maggiormente rappresentative, come Borgogna e Loira.

A proporre la modifica del disciplinare e la svolta “in bianco” è niente meno del Consorzio vini Médoc, Haut-Médoc e Listrac-Médoc, che fa notare come i suoli di matrice ghiaiosa e argillo-calcarea della regione siano perfetti per la produzione di grandi vini bianchi, al pari dei rossi già noti internazionalmente (e forse meno bevuti d’un tempo, aggiungiamo noi).

Un cambio di passo connesso ai nuovi trend di consumo, che avvicina sempre più la Francia a una sorta di italianizzazione delle proprie denominazioni. D’altro canto, per la regione si tratterebbe di un ritorno al passato entro il 2025, ovvero a quell’Aoc Médoc Blanc per il quale diversi produttori nutrono nostalgia, pur potendo imbottigliare i loro bianchi come Aoc Bordeaux. Giusto o sbagliato, lo dirà solo il tempo. E allora Santé. Anzi, alla salute.

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Vino, Ue: bottiglie di vetro leggere e riuso (non riciclo). Per l’Italia è un problema

Il 30 novembre 2022 l’Ue ha pubblicato la proposta di regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio che contiene disposizioni in materia di riduzione, riuso, riciclo ed etichettatura. «La proposta della commissione europea -sottolineano Confagricoltura e Federvini – presenta numerose criticità. Quelle che più preoccupano sono indubbiamente il ricorso al riuso anziché al riciclo e la standardizzazione degli imballaggi».

La proposta di regolamento prevede dal 1° gennaio 2030 l’obbligo del riuso: ciò significa che su 100 bottiglie immesse nel mercato europeo, da 5 a 10 bottiglie dovranno essere riutilizzabili. L’Azienda avrà l’obbligo di contribuire alla realizzazione e mantenimento di un regime che raccoglie, lava, sanifica e riconsegna le bottiglie agli utilizzatori.

«Attenzione – spiega Micaela Pallini, Presidente di Federvini – la riciclabilità sarà misurata in base a criteri di progettazione che saranno stabiliti successivamente dalla Commissione europea, senza la consultazione degli operatori. Se fra questi criteri sparirà quello legato alla funzione di presentazione del prodotto, rischiamo di perdere le forme e il design che oggi caratterizzano molti dei nostri prodotti».

L’OBBLIGO DI MINIMIZZAZIONE DI PESO E VOLUME DELLE BOTTIGLIE

Un’altra insidia si annida nell’obbligo di minimizzazione. Entro il 1° gennaio 2030, infatti, tutti gli imballaggi dovranno ridurre al minimo peso e volume. «Nel nostro settore gli imballaggi, le bottiglie – mette in guardia Micaela Pallini – svolgono una funzione peculiare. Non sono solo un mero contenitore, sono veicolo di presentazione al consumatore di prodotti unici, che si differenziano gli uni dagli altri per territorio di provenienza, storia, tradizioni. Inoltre, le moderne tecnologie hanno permesso di ridurne il peso di oltre il 30%».

Gli imballaggi impiegati nel settore vitivinicolo sono prevalentemente bottiglie di vetro – quindi riciclabili al 100% – inoltre, l’Italia nel 2023 ha raggiunto un tasso di riciclo del vetro pari all’88%, a fronte di un obiettivo UE al 70% entro il 2025. Studi universitari (Università di Wageningen e Politecnico di Milano) dimostrano che il riuso ha performance ambientali migliori del riciclo (vuoto a rendere vs vuoto a perdere) solo entro brevi distanze (non più di 175-200 km), e il vino è un prodotto vocato all’export.

L’ETICHETTATURA DEGLI IMBALLAGGI

«Dati che non solo vanificano i benefici attesi dai commissari europei – afferma il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti –  ma evidenziano in modo inequivocabile la necessità di valutare con molta attenzione l’introduzione di divieti su alcune tipologie di imballaggio, di tassi obbligatori di materiale riciclato e di obiettivi e target di riutilizzo. Tutte queste misure andrebbero ponderate avvalendosi di evidenze scientifiche a supporto delle decisioni anche in relazione alle ricadute economiche di settori strategici e iconici come quello del vino e considerando tutte le esternalità ambientali e anche quelle in termini di sicurezza alimentare e qualità organolettiche, determinanti per il settore».

Per quanto riguarda l’etichettatura, la Commissione Ue propone di inserire su tutti gli imballaggi informazioni armonizzate per consentirne una corretta gestione e smaltimento. «Sosteniamo l’armonizzazione delle indicazioni relative all’etichettatura ambientale degli imballaggi da fornire tramite gli strumenti digitali. «Oggi – precisa ancora Giansanti – abbiamo chiesto al Governo e ai deputati italiani al Parlamento europeo di mobilitarsi per tutelare le imprese del settore e l’intero sistema produttivo del Paese, in tutte le sedi del negoziato, affinché vengano superate le rilevanti criticità riscontrate nella proposta di Regolamento».

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degustati da noi vini#02

Chianti Riserva Docg 2019 “Fortebraccio”, Tenuta Moriniello

Il Chianti Riserva Docg 2019Fortebraccio” di Tenuta Moriniello è uno dei vini rossi presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it. Sangiovese per l’85%, completato da un 15% di Merlot. Il primo per slancio e proiezione, il secondo capace di conferire balsamicità, ancor più che frutto e rotondità.

Un Chianti Riserva di gran beva, “Fortebraccio”, goloso sui terziari di cioccolato e appagante per la trama tannica che scivola su una componente fruttata succosa. Gastronomicità da vendere, così, strizzando l’occhio alla piacevolezza di beva.

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Via libera al Decreto siccità, mentre i vigneti si difendono dalle gelate


Mentre il governo dà il via libera al Decreto siccità, con l’istituzione di una Cabina di regia e la nomina di un Commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi all’emergenza idrica, i viticoltori italiani accendono fu
ochi in diverse zone, per difendere i vigneti dalle gelate. Il rischio è quello di perdere gemme preziose, dopo un inverno caldo e secco caratterizzato dal 30% in meno di piogge e una temperatura di 1,38 gradi in più, nel Nord Italia. Primo fra tutti a muoversi in questo senso, come documentato qui da winemag.it, è il Consorzio di Tutela del Prosecco superiore di Conegliano Valdobbiadene, che ha già trovato l’accordo per lo studio di fattibilità di un “piano invasi” in 15 comuni della Docg.

Siccità e gelo si “incontrano” così in un aprile, quello 2023, che porta comunque buone n0tizie, almeno sul fronte istituzionale. Il crollo delle temperature notturne sotto zero che sta colpendo il Paese alla vigilia di Pasqua, si verifica durante l’ennesima situazione di piena emergenza siccità. Con il Po mai così basso, neve dimezzata sulle montagne e livelli dei laghi ai minimi. I numeri parlano da soli. Il Po è a -3,6 metri sotto lo zero idrometrico, con le sponde ridotte a spiagge di sabbia al Ponte della Becca, in provincia di Pavia. La neve, fra Lombardia e Piemonte, è calata di oltre il 50%, tagliando le riserve idriche per l’estate. I laghi boccheggiano, con il Garda che è ai minimi storici del periodo. Ampiamente sotto la media i livelli di Lago di Como e Lago Maggiore.

TRA GELATE E SICCITÀ: VITICOLTORI ITALIANI NELLA MORSA DEL CLIMA

Una tenaglia climatica tra freddo e siccità che, come sottolinea la Coldiretti, «si abbatte su una natura in tilt, con le coltivazioni che si erano risvegliate prima del solito ingannate dalle temperature anomale, con il rischio adesso di perdere i raccolti di un anno di lavoro». In funzione i ventilatori antigelo, che mescolando gli strati più caldi dell’aria a 14 – 15 metri sopra il terreno con quella più fredda che circonda gli alberi, permettono di creare una “barriera protettiva” in grado di salvare i piccoli frutti in maturazione.

Ma dall’assalto del gelo gli agricoltori si difendono anche usando il freddo stesso, con dei vaporizzatori d’acqua che creano una patina su rami e frutticini, utile a ghiacciare senza soffocare o bruciare la pianta, proteggendola al tempo stesso dal crollo eccessivo delle temperature. Con i raccolti sempre più esposti alle conseguenze dei cambiamenti climatici – sono stimati in oltre 6 miliardi di euro i danni all0agricoltura italiana, solo nell’ultimo anno – le associazioni di categoria accolgono con grande favore il Decreto Siccità a cui a dato il via libera il Consiglio dei Ministri, nelle scorse ore.

«È importante intervenire per fronteggiare il grave problema della siccità che sta interessando l’intero Paese – evidenzia il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini – con circa 300 mila aziende agricole che si trovano nelle aree più colpite dall’emergenza. La situazione più drammatica è nel bacino della Pianura Padana, dove nasce quasi un terzo dell’agroalimentare Made in Italy e la metà dell’allevamento».

COLDIRETTI E CONFAGRICOLTURA PLAUDONO AL DECRETO SICCITÀ

L’Italia perde ogni anno l’89% dell’acqua piovana. Sempre secondo Coldiretti, «è dunque necessario intervenire sulla manutenzione e realizzare una rete di piccoli invasi diffusi sul territorio, per conservare l’acqua e distribuirla quando è necessario ai cittadini, all’industria e all’agricoltura». Ad esprimere soddisfazione per l’approvazione del Decreto Siccità appena varato dal Governo è anche Confagricoltura. Convincono l’istituzione della Cabina di regia e l’identificazione della figura del Commissario straordinario. Particolare apprezzamento anche per la misura volta al riutilizzo delle acque reflue depurate ad uso irriguo, attraverso il rilascio di un provvedimento autorizzativo unico, «un intervento fortemente auspicato da Confagricoltura».

«Le procedure semplificate per la realizzazione di infrastrutture idriche, tra cui i progetti di desalinizzazione, e per la realizzazione di invasi aziendali – evidenzia la confederazione – sono per gli imprenditori agricoli concreti manifesti di un iniziale impegno da parte del Governo in carica di cercare di risolvere le future carenze di approvvigionamento della “risorsa blu”. Un segno di ulteriore sensibilità del Governo emerge altresì dall’istituzione degli Osservatori distrettuali permanenti sugli utilizzi idrici e per il contrasto dei fenomeni di scarsità idrica presso ciascuna Autorità di bacino distrettuale. Questi organismi saranno determinanti per la raccolta, l’aggiornamento e la diffusione dei dati relativi alla disponibilità e all’utilizzo della risorsa idrica nel distretto idrografico di riferimento».

FEDERVINI SUL DECRETO SICCITÀ: «BENE CABINA DI REGIA E COMMISSARIO»

Come di consueto, non usa giri di parole neppure Federvini. «Finalmente qualcosa si muove», è il commento della presidente Micaela Pallini all’iniziativa del Governo di varare il Decreto siccità. Anche per  l’organizzazione italiana di riferimento dei principali produttori e importatori di vini, liquori, acquaviti e aceti, aderente a Federalimentare e Confindustria, è positiva «la nascita della Cabina di regia incardinata presso la presidenza del Consiglio dei ministri e presieduta dal Ministro delle Infrastrutture, nonché la nomina di un Commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica».

 

«Abbiamo raccolto da tanti associati le grida di aiuto – aggiunge Pallini -perché per mesi non ha piovuto anche in regioni tradizionalmente senza problemi. E non sono stati previsti strumenti compensativi. In molte zone c’è quindi rischio serio di compromettere il raccolto. Dopo un 2022 caratterizzato da scarse precipitazioni e un inverno povero di neve, il 2023 si annuncia complicato anche per il settore vitivinicolo, che da solo vale 13 miliardi di fatturato, di cui 8 miliardi da export. Abbiamo rappresentato la gravità della situazione ai molti esponenti del Governo in occasione del Vinitaly e ricevuto rassicurazioni di un pronto intervento, di cui abbiamo avuto il primo positivo riscontro con il via libera al Decreto Siccità».

«Vengono finalmente adottate – ha proseguito Pallini – misure capaci di rendere più efficace l’azione del Governo e delle Regioni, dando la priorità alla realizzazione degli interventi più urgenti e di rapida attuazione. Anche le semplificazioni per la costruzione di invasi per trattenere le acque piovane, le attività di riutilizzo delle acque reflue depurate e per la realizzazione di impianti di desalinizzazione sono salutate dal nostro mondo come utili se non addirittura indispensabili. Inoltre – conclude la numero uno di Federvini – la nomina di un Commissario straordinario, dotato di poteri sostitutivi consentirà interventi qualora si verificassero ritardi nella realizzazione. I nostri vigneti non possono attendere i tempi lunghi, o a volte addirittura i tempi morti, della burocrazia».

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Nosiola e Rebo: gli Hänsel e Gretel della viticoltura trentina


EDITORIALE –
Basso tenore alcolico, ottimi livelli di acidità, discreta resistenza alle malattie e, udite bene, alla siccità. È più facile elencare i pregi della Nosiola che i suoi difetti, unico tra i quali sembra essere l’incomprensibile gap tra i pregi stessi e la scarsa considerazione di cui gode il vitigno. Nosiola e Rebo, varietà a bacca rossa ottenuta a fine anni Quaranta dall’incrocio di Merlot e Teroldego da parte dell’agronomo Rebo Rigotti, sono fratello e sorella in Valle dei Laghi, a una ventina di minuti da Trento. Gli Hänsel e Gretel della viticoltura trentina, distratta dal successo dei vitigni internazionali, anche nelle carte dei vini dei ristoranti locali.

A denunciarlo, per l’ennesimo anno consecutivo, è l’Associazione Vignaioli del Vino Santo Trentino Doc, protagonista lo scorso weekend di DivinNosiola – quando il Vino si fa Santo” 2023, culminata con il tradizionale “Rito della spremitura” a Santa Massenza (sotto il video). Il passaggio di consegne alla presidenza da Enzo Poli (Maxentia) al subentrante Alessandro Poli (Az. Agr. Francesco Poli) si è svolto nel solito clima di incredulità rispetto alle sorti della Nosiola e del Vino Santo. Un sentimento condiviso anche da Roberto Anesi, sommelier Ais che ha condotto una masterclass dal sapore nuovo.

DALLA NOSIOLA SECCA AL VINO SANTO DEL TRENTINO

Per la prima volta, accanto a quattro etichette di Vino Santo delle annate 2008 (Pravis), 2003 (Gino Pedrotti), 1998 (Francesco Poli) e 1983 (Fratelli Pisoni) sono state presentate due Nosiola secche. I vini, prodotti da Giovanni Poli e Maxentia, entrambi dell’annata 2022, hanno mostrato la grande versatilità del vitigno, capace di regalare vini freschi e tesi, con potenziale assoluto di affinamento. Vini che entrano perfettamente nelle corde del consumatore moderno, a caccia di etichette dal basso tenore alcolico, immediate ma non banali, fresche e che privilegino la facilità di beva.

Un contraltare perfetto per i più ricchi e complessi Vino Santo, che nell’orizzontale hanno confermato l’attesa longevità, nonché sottolineato – ancora una volta – l’incredibile occasione persa dai ristoratori locali (e nazionali), che indugiano a presentarli in mescita nelle loro carte vini. E non è una questione di prezzo, considerando che il Vino Santo “d’annata”, in cantina (dunque tasse incluse), si aggira attorno ai 34 euro. «Vini – ha sottolineato Roberto Anesi – che si conservano a lungo una volta aperti, il che non fa altro che sottolineare l’occasione persa da molti ristoranti».

LA NOSIOLA NELLA SFIDA DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI


Con la giusta comunicazione a livello internazionale, la Nosiola potrebbe diventare la “New thing” del Trentino del vino. Anche perché, come dimostrano alcune versioni – da provare, su tutte, quella dell’Azienda agricola Francesco Poli di Santa Massenza – il vitigno si presta pure in versione “bollicina”, in particolare come rifermentato in bottiglia. Quanti altri vitigni possono contare su una trasversalità tale, dalle versioni “frizzanti” ai vini fermi, chiudendo con vini dolci di gran pregio? Su tutti, il paragone della Nosiola con il Furmint di Tokaji è immediato, nonostante il secondo sia molto più noto, ricercato e ben considerato su scala globale.

Diverso è anche il “peso” del vigneto di Nosiola, che conta poco più di 70 ettari, meno dell’0,1% degli ettari vitati complessivi del Trentino (la varietà più allevata, con 2.550 ettari, è il Pinot Grigio). «Eppure – commenta Erika Pedrini (nella foto, sopra) dell’Azienda agricola Pravis – è un’uva incredibile. Ha il grande vantaggio di mantenere una bella acidità, anche in annate molto calde e siccitose come queste ultime, ed è dunque una varietà a cui i cambiamenti climatici fanno meno paura. Ed è proprio grazie a questa bella freschezza che si presta bene all’appassimento e a lunghi affinamenti».

DAL REBO AL REBORO

E il Rebo? Come detto, è il “fratello” trentino della Nosiola, con cui non condivide il patrimonio genetico, bensì le sorti di “vitigno-vino di nicchia“. In Valle dei Laghi, l’associazione locale lo propone soprattutto nella sua versione “Reboro“, marchio registrato che indica i vini rossi ottenuti da leggero appassimento del Rebo sfruttando, per l’appassimento naturale su graticci, lo stesso vento che favorisce la produzione del Vino Santo: l’Ora del Garda. Il Reboro trascorre un lungo periodo di permanenza sulle bucce e passa in rovere, prima di essere imbottigliato. Ne nasce un vino piuttosto corpulento, che necessita di abbinamenti importanti a tavola.

Eppure, a sorprendere ancor più del Reboro, sempre in ottica di modernità e capacità (potenziale) di catturare il gusto dei consumatori internazionali del giorno d’oggi, sono le versioni più semplici e beverine del Rebo, che non subiscono alcun appassimento, con vinificazione in acciaio. Vini dal colore mai troppo carico, capaci di mostrare appieno le caratteristiche dei due vitigni originari, Merlot e Teroldego. Varrebbe la pena parlarne di più, anche a livello locale. Perché se il “vino dolce” e il “passito” non sono (più) per tutti, un buon rosso “da piscina” è quello che il consumatore chiede, al giorno d’oggi. Specie se, alle spalle, ha una bella storia da raccontare. Anche attraverso i volti dei vignaioli del Trentino.

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Vinitaly 2024, ecco le date


FOTONOTIZIA –
Vinitaly si è chiuso oggi con 93 mila presenze complessive, di cui 29.600 straniere. La crescita rispetto all’ultima edizione è stata quasi totalmente determinata dagli ingressi di buyer esteri (+20% circa) provenienti da 143 Paesi, che in questa edizione hanno rappresentato un terzo del totale degli operatori accreditati. Lo rende noto Veronafiere nel comunicare anche le date di Vinitaly 2024, che andrà in scena a Verona dal 14 al 17 aprile 2024.

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degustati da noi vini#02

Veneto Igt Bianco 2020 “Origini”, Vigne al Colle

Il Veneto Igt Bianco 2020 “Origini” della cantina Vigne al Colle è uno dei vini presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2023 di winemag.it, nella particolare sezione dedicata ai “Vini macerati”. Giallo oro carico, per l’appunto, per questo macerato da uve Garganega e Moscato bianco non filtrato, che fermenta a contatto con le bucce, vinificato come un tempo.

Nasce a nord di Rovolon, su suoli vulcanici. Naso ampio, generoso, agrume e frutta esotica. Gran freschezza e sapidità, in allungo. Il Veneto Igt Bianco 2020 “Origini” della cantina Vigne al Colle è un vino che abbina una gran beva a una struttura poliedrica per l’abbinamento, mostrando tutte le potenzialità del micro terroir vulcanico di Rovolon, sui Colli Euganei.

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«Vincere la sfida della desiderabilità»: così lo Champagne conquista l’Italia


La crescita generalizzata del Metodo classico in Italia non spaventa, anzi: «Avvantaggia». La sfida da vincere, piuttosto, è quella della «desiderabilità». Lo Champagne conquista sempre più il Bel Paese e cresce nel gradimento dei consumatori italiani attraverso una formula che dà per acclarata la qualità, ormai internazionalmente riconosciuta. E punta tutto sulla sfera del «desiderio», da solleticare giocando sull’unicità del prodotto, pilastro fondante dello storytelling. Lascia sul tavolo molto più della fredda matematica la visita
a Milano dei vertici del Comité Champagne, che mercoledì 29 marzo hanno presentato in un noto hotel del centro i numeri di un 2022 che vede l’Italia grande protagonista.

In termini di importazioni si tratta di un doppio record storico, sia a volume che a valore, grazie a 10,6 milioni di bottiglie di Champagne spedite nel Bel Paese (+11,5%) e un giro d’affari di 247,9 milioni di euro (valore franco cantina e tasse escluse), in crescita del 19,1%. L’Italia rappresenta oggi il quarto mercato dell’export mondiale dello Champagne a valore, davanti a Germania e Australia. Dati che dimostrano che, da Trento a Ragusa, chi sceglie le bollicine francesi per antonomasia è generalmente «esperto, curioso». E, soprattutto, «orientato alle cuvée di alta gamma».

Presenti a Milano David Chatillon, presidente dell’Union des Maisons de Champagne e co-presidente del Comité Champagne; Maxime Toubart, presidente del Syndicat général des vignerons e co-presidente del Comité Champagne; e Charles Goemaere, direttore generale del Comité Champagne. L’ente che rappresenta Maison e Vigneron della regione non ha dubbi: «I consumatori italiani si confermano grandi conoscitori di Champagne, amano scegliere e sanno muoversi all’interno della profondità di gamma offerta dai marchi».

I millesimati, le cuvée speciali e i rosé nel 2022 hanno rappresentato quasi un terzo delle bottiglie di Champagne giunte in Italia, raggiungendo complessivamente il 31% delle importazioni a valore, con performance per queste categorie superiori a quelle di mercati quali il Regno Unito e la Germania».

IN ITALIA CRESCONO GLI CHAMPAGNE A BASSO DOSAGGIO

Da segnalare per l’Italia la crescita degli Champagne a basso dosaggio, che costituiscono oggi il 5,1% a valore delle importazioni. E confermano, sempre secondo l’analisi del Comité, «l’evoluzione dei gusti degli italiani». I dosaggi inferiori al Brut, infatti, rappresentavano 15 anni fa lo 0,1% del totale delle spedizioni. «I gusti degli italiani – ha dichiarato Charles Goemaere – si distinguono da sempre nel panorama mondiale del consumo di Champagne per la particolare domanda di bottiglie di pregio».

«In questo scenario – ha aggiunto – il settore Horeca ci appare particolarmente dinamico. Dopo la crisi legata alla pandemia, nel 2022, i consumi in bar, hotel e ristoranti fanno presumere una netta ripresa, confermando che il fuori casa rappresenta ormai un’abitudine consolidata per i consumatori italiani di Champagne. I positivi dati delle spedizioni confermano inoltre che l’offerta è riuscita a soddisfare la domanda».

«Il dinamismo a cui stiamo assistendo – ha spiegato David Chatillon – è dovuto essenzialmente allo sviluppo di nuovi mercati e di nuovi momenti di consumo. Lo Champagne resta il vino delle celebrazioni, ma prende sempre più piede un consumo che potremmo definire informale, in cui lo Champagne è sempre più il vino che riesce a rendere straordinario un momento ordinario. È questa la sfida della desiderabilità che dobbiamo continuare a vincere. E da questo punto di vista l’Italia è senza dubbio un osservatorio privilegiato sugli stili di consumo».

I DATI GLOBALI DELLO CHAMPAGNE NEL 2022

A livello globale, nel 2022 le spedizioni totali di Champagne hanno raggiunto i 325,5 milioni di bottiglie, in crescita dell’1,5% rispetto al 2021 e del 9,5% rispetto al 2019. Si tratta del miglior risultato a volume, secondo solo al picco del 2007. L’export rappresenta il 57% delle spedizioni, con 187,5 milioni di bottiglie, in crescita del 4,3%. Il 2022 segna un nuovo record a valore, con un giro d’affari che supera complessivamente per tutti i mercati i 6,3 miliardi di euro.

La classifica a valore dei principali mercati all’export per lo Champagne, vede al primo posto gli Stati Uniti con 946,9 milioni di euro e 33,7 milioni di bottiglie. Seguono il Regno Unito (548,9 milioni di euro e 28 milioni di bottiglie) e il Giappone (432,1 milioni di euro e 16,5 milioni di bottiglie).

L’Italia, al quarto posto, precede la Germania (245,1 milioni di euro e 12,2 milioni di bottiglie), Australia (188,3 milioni di euro e 10,5 milioni di bottiglie), Belgio (179,7 milioni di euro e 10,2 milioni di bottiglie), Svizzera (145,3 milioni di euro e 6,3 milioni di bottiglie) e Spagna (115,4 milioni di euro e 4,9 milioni di bottiglie). Chiude la classifica dei primi 10 mercati a valore il Canada, con un giro d’affari di 97,6 milioni e 3,5 milioni di bottiglie.

«La nostra ambizione – ha precisato Maxime Toubart – non è di cercare di fare di più, ma di fare ancora meglio, a beneficio delle generazioni future. Nei prossimi 10 anni, rafforzeremo notevolmente le nostre risorse con l’obiettivo che lo Champagne sia sempre disponibile, desiderabile e un punto di riferimento per i consumatori».

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Canelli diventa Docg: 17 comuni puntano tutto sul Moscato bianco


Canelli
, culla del Moscato, sarà Docg. Giovedì 6 aprile si concluderà l’iter di riconoscimento del disciplinare di produzione e il suo nome sarà “Canelli Docg”. Giunge così al termine un percorso avviato nel 2001 da un gruppo di produttori locali. Il sogno nel cassetto è ora l’inizio della commercializzazione del Canelli Docg Riserva, con almeno 30 mesi di affinamento. 

Le uve dei vigneti di Moscato bianco che potranno accedere alla nuova Denominazione di origine controllata e garantita, saranno quelle provenienti da 17 comuni attorno alla sottozona Canelli, punto di passaggio tra Langhe e Monferrato. L’annuncio è stato dato oggi al Vinitaly dal Consorzio Asti Docg.

La media rivendicata negli ultimi anni è di circa 100 ettari, per una produzione di quasi un milione di bottiglie, ma l’area offre un potenziale molto più alto. Nel 1865, con Carlo Gancia, a Canelli è nato lo spumante metodo classico, antesignano dell’Asti spumante legato al 100% con le uve di Moscato.

IN ARRIVO ANCHE CANELLI DOCG RISERVA

Da lì ha avuto origine la filiera della spumantizzazione, che grazie alle tecnologie di elaborazione del vino si esprime oggi nelle tipologie Asti spumante e Moscato d’Asti. In particolare, l’elaborazione di un vino aromatico, dolce, con una leggera sovrapressione e una bassa gradazione saranno i tratti distintivi anche del Canelli Docg nella tipologia Riserva.

La coltivazione della vite, e del Moscato è la coltura predominante nell’area di Canelli fin dal 1300. Poi lo sviluppo, soprattutto nei primi anni del ‘900 con Federico Martinotti che perfezionò il procedimento di preparazione del vino destinato alla fermentazione.

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Campania Dop, ricerca shock: «Un consumatore di vino su due non conosce i vini campani»


Committente della ricerca: Regione Campania. Esecutore: Nomisma Wine Monitor. Risultato: «Un consumatore di vino su due non conosce i vini campani». Ha del clamoroso l’esito dell’indagine utile alla «comprensione delle dinamiche di mercato dei vini della Campania». Il tutto mentre l’assessore regionale all’Agricoltura Nicola Caputo sta portando avanti la proposta di istituzione di una Dop Campania per il vino regionale, al momento “frammentato” in diverse Denominazioni di origine. Queste ultime, secondo l’assessore, avrebbero una «scarsa notorietà fuori dai confini regionali».

Un problema risolvibile con il passaggio «delle piccole denominazioni territoriali attuali» alla «creazione di una Doc regionale che possa attivare sinergie collettive in materia di comunicazione e promozione all’estero». Secondo l’assessore Nicola Caputo, lo studio Nomisma Wine Monitor è «destinato ad essere decisivo per il futuro delle produzioni vitivinicole regionali». L’obiettivo? «Migliorare il posizionamento della nostra produzione enologica attraverso l’introduzione di un brand Campania Dop».

L’indagine viene definita una «prima tappa di un percorso che proseguirà nei prossimi mesi», non senza numerose resistenze a cui sta andando incontro la proposta. Ad opporsi sono numerosi produttori, tra cui i massimi rappresentanti regionali della Federazione italiana vignaioli indipendenti. Ma ad esprimere dubbi sulla proposta di una Dop Campania che fagociti le cosiddette «piccole denominazioni territoriali attuali», sono anche organizzazioni di categoria, come Confagricoltura. Posizioni riportate nel dettaglio da winemag.it, nell’articolo qui di seguito, datato 10 febbraio 2023.

 

LA STRATEGIA PER IL FUTURO DEL VINO DELLA CAMPANIA

Ma l’assessore di Regione Campania Nicola Caputo tira dritto. «I risultati emersi dall’indagine sui consumatori oggi ci consentono già di fornire a produttori e Consorzi una valutazione complessiva del livello di awareness legato alle proprie Dop e Igp – sottolinea l’esponente ex Pd, oggi con Renzi in Italia Viva – ma soprattutto di definire una strategia per costruire una mappa valoriale collegata al brand e alle singole denominazioni territoriali.

Tanto è stato già fatto, grazie alla vitalità degli imprenditori e al dialogo con i Consorzi – come dimostra la costante crescita dell’export in valore – ma restano ancora dati sui quali riflettere: un consumatore di vino italiano su due, non conosce i vini campani; il 54% degli italiani dichiara di non aver consumato vini campani negli ultimi 12 mesi perché non li riconosce, pur avendoli già acquistati e degustati».

Un intervento avvenuto nel corso della presentazione a Vinitaly 2023, in anteprima nazionale, del progetto di ricerca realizzato da Nomisma sul posizionamento dei vini campani a denominazione sul mercato nazionale e internazionale. «Abbiamo il dovere di rendere più riconoscibili i vini campani – ha concluso Nicola Caputo – soprattutto fuori dai confini regionali. Dobbiamo avere più ambizione e individuare nuovi mercati per essere maggiormente competitivi». Per realizzare la survey sui comportamenti di acquisto dei consumatori, Nomisma Wine Monitor ha coinvolto «1500 consumatori di vino rappresentativi della popolazione italiana, di cui 300 consumatori di vino residenti in Campania».

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Vini al supermercato

La Gdo a Vinitaly 2023: primo trimestre a rallentatore per il vino al supermercato

Primo trimestre a rallentatore per il vino al supermercato. Lo rivela ricerca completa “Circana (ex IRI) per Vinitaly“, presentata oggi a Verona con i commenti e le proposte di Federvini, Uiv e delle insegne della distribuzione moderna Conad, Coop, Selex, Carrefour, Md, intervenute con i loro rappresentanti alla tavola rotonda ospitata a Veronafiere. Nel primo trimestre del 2023 si prolunga il trend negativo delle vendite di vini e spumanti nella Distribuzione Moderna che ha caratterizzato il 2022, ma la recente tendenza a una progressiva diminuzione dell’inflazione fa sperare in una ripresa nella seconda parte dell’anno.

Nel primo trimestre del 2023, infatti, le vendite di vino calano a volume del 6,2% e quelle delle bollicine dello 0,5% (dati Circana, primi 11 settimane del 2023, I+S+Lsp+Discount+ E-Commerce Panel Circana). Nel 2022 le vendite di vino erano scese del 5,4% e quelle delle bollicine del 5,0%.

Le tensioni inflazionistiche hanno causato, anche nel primo trimestre del 2023, un sensibile aumento dei prezzi: +7,0% il vino e +6,6% le bollicine; il che ha portato a far registrare un aumento delle vendite a valore dello 0,4% per il vino e del 6,1% per le bollicine.

I dati a valore naturalmente sono ingannevoli per via dell’inflazione, ma il canale del vino e delle bollicine nella Distribuzione Moderna rimane comunque rilevante nel mercato italiano con 800 milioni di litri venduti per un valore di circa 3 miliardi di euro nel 2022.

DISTRIBUZIONE MODERNA A RALLENTATORE: I COMMENTI

«Per quanto riguarda l’andamento del 2023 – ha detto nel corso della tavola rotonda Virgilio Romano, Business Insight Director di Circana (già IRI) – molto dipenderà dallo scenario macroeconomico che si affermerà nel corso dei mesi. Le possibilità di recupero del secondo semestre sono legate a come e quanto si ribalteranno a scaffale i nuovi aumenti di listino e come la leva promozionale sarà utilizzata; se sarà usata più dello scorso anno da tutti i soggetti in campo, possiamo immaginare e sperare in un parziale recupero nella seconda metà del 2023».

E il consumatore medio è il primo ad augurarsi una maggiore offerta a scaffale delle bottiglie scontate: nel 2022 i litri di vino e bollicine acquistati in promozione sono diminuiti di 17 milioni di litri, per un valore di 40 milioni di euro, rispetto al 2021. Il 2022 è stato complicato anche per le vendite delle bottiglie a marca del distributore (MDD), tra incremento prezzi e margini da salvaguardare, nonostante la loro convenienza: il vino è sceso dell’8,8% e le bollicine del 4,7%, a volume.

Vini e spumanti biologici, che rappresentano una quota minore di mercato nella Distribuzione Moderna, vedono un calo del vino del 5,1% e delle bollicine del 4,1%. Si vedrà se l’auspicato ritorno alla quasi normalità del mercato nel secondo semestre del 2023 e nel corso del 2024, porterà a una ripartenza del comparto o se si tratta di un rallentamento fisiologico.

La ricerca “Circana per Vinitaly” ha illustrato le vendite di vino e bollicine nella distribuzione negli USA e in Germania nel 2022, dove l’Italia è il Paese estero con la maggior quota sugli scaffali. Infine, nel corso della tavola rotonda sono state riassunte le classifiche dei vini più venduti nella Distribuzione Moderna in Italia.

I rappresentanti di Federvini, Uiv, Conad, Coop, Selex, Carrefour, Md sono intervenuti in tavola rotonda per commentare la ricerca “Circana per Vinitaly” e delineare una strategia per affrontare la situazione. Ecco una sintesi dei loro interventi.

FEDERVINI, UIV, CONAD E COOP ITALIA

Mirko Baggio, rappresentante di Federvini (Responsabile Vendite Gdo di Villa Sandi): «Le cantine devono decidere con molta attenzione in quali mercati investire e con quali clienti utilizzare la leva delle promozioni per riuscire a conciliare fatturati e marginalità. Il consumatore si è avvicinato al vino di fascia premium e la sfida nel 2023 sarà quella di riuscire ad intercettare la domanda, in crescita, di vini di fascia più alta».

Luca Devigili, Rappresentante di UIV Unione Italiana Vini (Business Development Manager di Banfi): «L’incertezza per i mesi in divenire, quando arriveranno gli aumenti di prezzo dei listini, è alta. In questo contesto, abbiamo una certezza: se ogni singolo attore perseguirà i propri obiettivi ignorando le criticità della filiera, i problemi che affronteremo saranno ben più ampi di quelli di cui parliamo ora».

Simone Pambianco, Category Manager Bevande, Conad: «La riduzione della spinta promozionale è da ascriversi principalmente al completarsi del fenomeno inflattivo. Per far sì che le leva pricing e promozionale non diventino la discriminante del successo, in uno scenario in mutamento degli stili di consumo, dovremmo attenderci un ridimensionamento dei costi del fattore vetro».

Francesco Scarcelli, Responsabile Reparto Beverage, Coop Italia: «Il vero aumento dei prezzi a scaffale è atteso nel 2023 e speriamo sia compensato da una ripresa della promozione che va guidata: se è sana indirizza al consumo consapevole e invita a provare nuovi prodotti, se invece è eccessiva crea fidelizzazione all’evento stesso dell’offerta e non al prodotto».

SELEX, CARREFOUR ITALIA E MD

Flavio Bellotti, Responsabile Category Vino, Gruppo Selex: «Il prezzo della bottiglia sullo scaffale è cresciuto, la promozionalità si è ridotta di circa 1 punto. Dobbiamo evitare rialzi spropositati, rispettando i problemi dei consumatori, agendo maggiormente sulla leva delle promozioni e cercando di rassicurare il consumatore».

Lorenzo Cafissi, Responsabile Beverage Alcolico, Carrefour: «L’industria, assieme ai retailer, deve rispondere con strategie chiare e precise che partano dalla comunicazione del valore, passino attraverso una promozione strutturata ed in linea con i posizionamenti dei vari brand, ed arrivino a parlare, in modo più ‘pop’, al pubblico allargato che si sta dimostrando sempre più aperto ad accogliere nuovi trend di consumo».

Marco Usai, Wine Specialist, MD: «Nonostante l’anno ricco di complessità, il Discount continua a registrare ottime performance nel reparto vini. MD ha registrato ottimi risultati nel segmento degli spumanti secchi, e dei vini IGT e rosè, dimostrando ancora una volta la capacità del discount di soddisfare le esigenze dei consumatori. La novità dell’anno è stata il lancio di una nuova private label di vini autoctoni, Enotrium».

SCARICA QUI LA RICERCA CIRCANA (ex IRI) PER VINITALY 2023

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Vini al supermercato

Cantine Spinelli è “Best Ambassador” vini d’Abruzzo agli Unicredit Wine Award 2023

Unicredit e Nomisma Wine Monitor hanno nominato Cantine SpinelliBest Ambassador” dei vini abruzzesi. Il riconoscimento è stato assegnato a Vinitaly 2023, nel contesto degli “Unicredit Wine Award 2023“. A Cantine Spinelli – già Miglior cantina Gdo 2023 per “Vini al supermercato“, la rubrica e guida vini di winemag.it dedicata ai vini in vendita in Gdo – viene riconosciuta la «creazione di valore per il vino italiano», in particolare per il vino dell’Abruzzo.

«Le cantine “Best Ambassador” – spiegano Unicredit e Nomisma Wine Monitor – si sono distinte per percorsi di sostenibilità, innovazione, internazionalizzazione e hanno contribuito attivamente a rafforzare la distintività sui mercati, rappresentando un volano per l’attrattività dei territori in cui operano».

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Approfondimenti

Masi Agricola, cresce la quota di Enpaia

Enpaia, l’Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura, ha portato al 6% la sua partecipazione in Masi Agricola, società della famiglia Boscaini quotata all’Euronext Growth di Milano. La cantina, che produce vini della Valpolicella, tra cui l’Amarone, aveva già ceduto il 4% ad Enpaia, a febbraio 2022. Ora la quota si alza di due punti.

«Masi Agricola fa parte delle nostre partecipazioni dirette mission related e strategiche – dichiarano all’unisono Giorgio Piazza e Roberto Diacetti, presidente e direttore generale della Fondazione Enpaia – che rivestono un ruolo di rilievo nel nostro portafoglio finanziario, perché forniscono con costanza flussi di dividendi. E, inoltre, apprezzano il loro valore nel tempo».

Da quando sono state costituite queste posizioni, rende noto l’Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura, «gli investimenti contribuiscono alla redditività generale del portafoglio, con flussi cedolari medi vicini al 5%». Rispetto ad altri investimenti azionari in Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) che fanno comunque parte dell’asset allocation, «hanno sempre e di gran lunga performato meglio rispetto a questi ultimi».

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