Uve eccellenti e sane, ottimo stato vegeto-produttivo, assenza di stress idrico. Queste le premesse della vendemmia in Sicilia, stando ai dati raccolti tra le 90 cantine che aderiscono ad Assovini. La vendemmia 2022 è al via proprio in questi giorni nella parte occidentale dell’isola, nei territori che rientrano nelle province di Palermo e Trapani. Sarà la raccolta più lunga d’Italia: oltre 100 giorni, dall’estate sino a Novembre, tra i vigneti di quota dell’Etna.
Al momento l’uva raccolta sarà utile alle basi degli spumanti siciliani. Si prosegue poi con le varietà internazionali, come lo Chardonnay e il Sauvignon Blanc, seguite dai vitigni autoctoni. Le buone notizie per il vino siciliano vengono dal fronte climatico e fitosanitario. Grazie ad un inverno mite, nessuna gelata in primavera, l’andamento meteo è stato regolare, le temperature registrate sono in linea con il 2020 e il 2021.
Le piogge invernali hanno imbibito i terreni e riempito gli invasi, un clima estivo soleggiato e con scarsa umidità ha bloccato la diffusione delle principali malattie della vite, come peronospora e oidio. Tutto ciò ha portato le uve ad uno stato fitosanitario sano e di eccellenza.
Le previsioni parlano di stime di produzione in linea con il 2021. Non sarà un’annata ricchissima, ma sicuramente più produttiva del biennio 2019/2020, che è stato sotto la media regionale.
OTTIMA QUALITÀ PER LA VENDEMMIA 2022 IN SICILIA
«Nonostante il caldo, possiamo dire che sia quantitativamente che qualitativamente le uve sono eccellenti», commenta Filippo Buttafuoco, agronomo di Cantine Settesoli che ha inaugurato il taglio della vendemmia 2022 con la raccolta delle uve di Pinot Grigio.
«Le piante hanno utilizzato molte delle riserve accumulate durante il periodo invernale. In questo momento non notiamo stress idrici – aggiunge Francesco Spadafora, titolare dell’azienda Dei Principi di Spadafora. Per Alessandro di Camporeale, «nel complesso le quantità si attestano nella media e la qualità è molto elevata, data l’assenza di malattie».
I dati delle ultime due vendemmie, con una qualità sempre più alta, e le previsioni della vendemmia 2022 – commenta il presidente di Assovini Sicilia, Laurent de la Gatinais – confermano che la Sicilia mostra una buona resistenza rispetto ai sempre più evidenti cambiamenti climatici, grazie alla sua posizione nel cuore del Mediterraneo, ai suoi microclimi, ai suoi terroir e alle sue varietà indigene».
«Assovini Sicilia – conclude il presidente – vuole essere portavoce e pioniera nel guidare, con nuovi modelli, il futuro della vitivinicoltura siciliana e sviluppare nuove conoscenze e know-how in grado di affrontare le sfide in legate al climate change».
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Cresce al ritmo di 2 ettari all’anno la superficie vitata del Kerner, in Alto Adige. Nell’ultimo quinquennio, il vitigno nato in Germania dall’incrocio fra Trollinger (Schiava Grossa) e Riesling renano, ormai di casa nel Südtirol, è riuscito a conquistare sempre più spazio nelle scelte dei produttori altoatesini, spinte dall’apprezzamento crescente del mercato italiano ed estero.
A premiare il Kerner è l’essenza di vitigno di montagna, capace di incarnare lo spirito “alpino” dei vini dell’Alto Adige. I 114,76 ettari di vigneti censiti nel 2021 (erano 104,42 nel 2018) sono infatti dislocati tra i 500 e i 900 metri sul livello del mare.
«Il Kerner – commenta Andreas Kofler, presidente del Consorzio vini Alto Adige – sta diventando una varietà dell’Alto Adige sempre più nota. Riflette il nostro territorio e, in particolare, le zone di maggiore altitudine della viticoltura altoatesina. Mi riferisco in particolare alla Valle Isarco, così come ai vigneti che superano i 700 metri, in altre zone vinicole dell’Alto Adige».
È una varietà che cattura sempre più l’attenzione dei winelovers e che quindi viene piantata dai nostri viticoltori, anche per il vantaggio di poter piantare il Kerner nelle zone più alte.
I risultati sono sempre ottimali: vini dai grandi profumi, dalla bella acidità e freschezza. Nettari dal profilo non troppo complicato, che anche per questo piacciono tanto ai consumatori».
La produzione complessiva si assesta oggi sulle 200 mila bottiglie. Di queste, il 73% resta sul suolo nazionale (di cui il 33% in Alto Adige), mentre il 26% è destinato all’export. Tra i mercati principali gli Stati Uniti (20%), seguiti da Germania, Belgio e Svizzera.
Produzione effettiva 2021
Denominazione
Superficie
rivendicata
ettari
uva q.li
vino hl
Alto Adige Kerner
23,96
1.813
1.258
Alto Adige Kerner riserva
1,72
151
105
Alto Adige Kerner
25,68
1.964
1.363
Südtirol Eisacktaler (Valle Isarco) Kerner
66,55
5.840
4.071
Alto Adige Valle Isarco Kerner passito
1,08
86
33
Alto Adige Valle Isarco Kerner riserva
8,98
506
354
Alto Adige Valle Isarco Kerner
76,61
6.432
4.457
Alto Adige Valle Venosta Kerner
1,02
80
54
Mitterberg Kerner
0,63
109
79
Vigneti delle Dolomiti Kerner
2,66
283
243
TOTALE
271,06
18.090
13.465
I MIGLIORI KERNER DELL’ALTO ADIGE
I Kerner dell’Alto Adige si confermano a ottimi livelli qualitativi anche in occasione del tasting di winemag.it, che ha interessato 26 etichette. Grande prevalenza di produttori della Valle Isarco, terra d’elezione del vitigno e vera nuova frontiera dei vini dell’Alto Adige.
La stilistica dei Kerner altoatesini è piuttosto omogenea. Si tratta di vini bianchi molto profumati, dalla spiccata freschezza e mineralità. Fiori bianchi e frutto esotico accompagnano dal naso al finale, rendendo il Kerner un ottimo vino in alternativa al Riesling o al Gewürztraminer.
Il residuo zuccherino presente nella stragrande maggioranza dei vini varia da poco meno di 2 g/l sino ai più canonici 4 g/l. Pochi i Kerner del tutto secchi, così come quelli con residui superiori ai 6-7 grammi litro.
Una caratteristica, quella del residuo zuccherino, che aiuta a controbilanciare le importanti acidità, superiori in media ai 6 punti (in alcuni casi anche i 7). Di seguito le note di degustazioni dei 26 Kerner oggetto della degustazione di winemag.it.
VINO
VENDEMMIA
CANTINA
ALCOL
PREZZO MEDIO
ALTITUDINE VIGNETO
1
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner
2021
Tenuta Bessererhof – Otmar Mair
14,50%
14,50 euro
810 / 900
Giallo paglierino. Naso elegante, su note floreali fresche e minerali. È proprio la vena minerale il driver del sorso, ben sostenuta dalla frutta a polpa gialla, perfettamente matura. Vino che, anche al palato, si conferma elegante e di prospettiva.
2
Südtirol Alto Adige Doc Kerner “Puntsheit”
2021
Cantina Bolzano
14%
14 euro
600 / 800
Giallo paglierino. Al naso le note tipiche del vitigno: frutto giallo, esotico, polposo, vena fresco-minerale e ricordi vegetali, tra la buccia d’agrume e la mentuccia. Ottima corrispondenza gusto olfattiva, per un vino che premia beva e agilità. Chiusura sapida e fresca, che invita al sorso successivo.
3
Vigneti delle Dolomiti Igt “Lahn”
2021
Castelfeder
13,50%
14,50 euro
850
Giallo paglierino intenso, al pari del naso. Naso e palato tra i più aromatici della batteria: gran pienezza delle note fruttate, esotiche (netto il melone), ben rieqilibrate dalla freschezza e dalla vella vena minerale. Vino semplice, che premia la beva, senza rinunciare all’abbinabilità a tavola.
4
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner
2021
Cantina Valle Isarco
14%
12,50 euro
650 / 970
Giallo paglierino. Al naso il tipico profilo diviso tra frutta e mineralità. Vino che presenta un profilo giovane e di prospettiva: la freschezza domina sul frutto, così come l’alcol, al sorso.
5
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner “Aristos”
2020
Cantina Valle Isarco
14%
17,20 euro
800/ 970
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Elegante al naso, nello stiracchiarsi di un frutto polposo e aromatico, sulla mineralità. Sorso corrispondente, su una gran espressività della componente fruttata. Componente minerale a fare da contraltare, unita a una spalla acidità che conferisce slancio e prospettiva al sorso.
6
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner “Sabiona”
2019
Cantina Valle Isarco
14.5%
31 euro
630 / 680
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Al naso è complesso, stratificato. Apre su generosi richiami fruttati, avvolti dalle note date dall’affinamento in legno. Si avvertono distintamente mela e pesca, polpose, su un sottofondo di marzapane e crema pasticcera. Non mancano netti richiami minerali, che si ripresentano ancora più evidenti in un palato di perfetta corrispondenza. Allungo sapido, fresco. Ultima parola al bell’abbraccio tra frutta matura e terziari. Un’interpretazione unica del Kerner, che dimostra così di essere una varietà versatile, capace di dare (anche) vini di struttura, adatti ad abbinamenti importanti a tavola.
7
Südtiroler Alto Adige Doc Kerner
2021
Tenuta Mayr-Unterganzner
14.5%
13,50 euro
–
Giallo paglierino, leggermente velato. Naso intenso, sul frutto esotico, così come su mentuccia e note minerali. Palato teso, freschissimo, frutta, mineralità e ritorni di mentuccia. Gran beva, nonostante i 14,5% che potrebbero spaventare, in realtà perfettamente integrati.
8
Südtiroler Alto Adige Doc Kerner “Karneid”
2021
Franz Gojer – Glögglhof des Florian Gojer
14%
13 euro
600 / 730
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Al naso fiori, frutta, profilo minerale. Netto il sambuco, accanto alla nettarina. Gran carattere al palato: freschezza e frutto ben amalgamati, a giocarsi il ruolo di protagonisti sulla spina dorsale sapida. Vino con ottime prospettive di migliorare ulteriormente nel tempo.
9
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner “Gall”
2021
Tenuta Griesserhof
14%
17 euro
–
Tappo a vite. Giallo paglierino, vaghi riflessi verdolini. Naso che si divide equamente tra ricordi erbacei e fruttati, composti, stuzzicati da note agrumate. Ottima corrispondenza in un palato di gran tensione, tendenzialmente asciutto per la componente minerale, ben bilanciata dall’alcol. Un Kerner tipico, golosissimo e gastronomico.
10
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner “Carned”
2021
Kellerei – Cantina Kaltern
14%
14,40 euro
700
Giallo paglierino leggermente velato, vaghi riflessi verdolini. Naso e bocca in perfetta corrispondenza, golosi: all’olfatto invita, al palato si conferma. Domina il frutto, maturo, esotico, senza rinunciare al tipico slancio fresco e minerale. Chiusura mentolata, quasi balsamica. Vino giovane, di prospettiva.
11
Südtirol Alto Adige Val Venosta Doc Kerner (Vinschgau)
2021
Kellerei Meran – Cantina Merano
14%
15,50 euro
600
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Al naso una buona stratificazione, tra note di frutta matura, sambuco e mentuccia e venature minerali. Il palato si articola su note corrispondenti. Ingresso di bocca tendenzialmente morbido, sul frutto esotico maturo; progressione su freschezza e mineralità, prima di un finale balsamico, ricco, si potrebbe dire potente. Vino giovane, di ottima prospettiva. Ottimo rapporto qualità prezzo.
12
Südtirol Alto Adige Doc Kerner “Graf”
2021
Kellerei Merano – Cantina Merano
14%
14 euro
500 / 650
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Al naso frutta e note verdi, tra la buccia d’arancia e l’erba appena sfalciata, ad accompagnare ricordi di pesca gialla. Teso, fresco e minerale dall’ingresso alla chiusura, al palato. Vino semplice, che fa dell’agilità di beva il suo punto di forza.
13
Vigneti delle Dolomiti Igt Kerner “Auròna”
2015
Landesweingut Laimburg – Cantina Laimburg
14.5%
22,60 euro
500
Fermentazione sulle vinacce per 10 giorni, invecchiamento per 12 mesi in tonneau. Si tratta di uno dei due “orange” in degustazione, nonché del vino con più anni sulle spalle. Alla vista, “Auròna” si presenta di un giallo dorato carico. Al naso importante apporto del legno, con ricordi netti di caramella mou e tostatatura d’orzo. Il frutto è giallo, molto maturo. Nuances erbacee, mentolate, stuzzicano l’olfatto conferendogli maggior nerbo. Perfetta corrispondenza gusto olfattiva. Vino che regala un sorso morbido, sinuoso, con riequilibranti venature fresco-saline che ne elevano il tasso di gastronomicità. Un nettare che mostra il volto più “corpulento” del Kerner.
14
Südtirol Alto Adige Doc Kerner “Fels”
2021
Nals Margreid
14%
12,50 euro
500 / 750
Giallo paglierino. Naso intrigante, “spesso”, sulle note fruttate polpose. Abbina come pochi, nel panel, una vena fresco-acida e una mineralità riequilibrante. Non eccelle in stratificazione e complessità al palato, ma la beva è straordinariamente lineare ed equilibrata. Chiuse asciutto, su accenti mentolati già avvertiti al naso. Ottima interpretazione del vitigno.
15
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner
2021
Weingut – Tenuta Strasserhof
13.5%
14,20 euro
750
Giallo paglierino. Un Kerner giocato, sia al naso sia al palato, sulla piacevolezza e immediatezza delle note fruttate, arricchite da una vibrante mineralità. Un nettare che esalta le componenti tipiche del vitigno, premiando piacevolezza e leggerezza del sorso.
16
Südtiroler Alto Adige Doc Kerner “Luxs”
2021
Weingut Niklas
13.5%
11,70 euro
460 / 510
Giallo paglierino, velato, riflessi verdolini. Naso tra i più profondi e stratificati del panel, che di si conferma anche al palato. Note di agrumi, ma anche di melone bianco, pesca gialla, oltre a mentuccia e venature iodiche. Allungo sapido a fare da spina dorsale al sorso, senza rinunciare alla polpa. Bell’allungo sapido, fresco, che invita al sorso successivo. Rapporto qualità prezzo invidiabilissimo, considerate le prospettive del nettare.
Vino che si presenta nel calice di un bel giallo intenso, dai riflessi dorati. Al naso una gran concentrazione del frutto, principalmente a polpa gialla. Richiami speziati riportano la mente al ginger, così come al pepe bianco. Importante la componente verde di buccia di agrume, che gioca con la ricchezza del frutto esotico. Chiusura asciutta, che invoglia il sorso successivo. Un’interpretazione unica del Kerner.
18
Mitterberg Igt Kerner “Without”
2019
Weingut Niklas
15%
29 euro
590
Macerazione sulle bucce per questo orange senza solfiti di cui sono state prodotte solo 533 bottiglie nel 2019. Fermentazione spontanea e nessun filtraggio prima dell’imbottigliamento per le uve colte ben mature. Altro Kerner di gran concentrazione per quanto riguarda la componente fruttata, che si arricchisce delle nuances tipiche dei vini che maturano a contatto con l’ossigeno, sulle bucce. Netta la buccia d’arancia e di zenzero candito, su tutte. Un quadro omogeneo e intrigante che si riflette anche al palato, dove le generose note fruttate e l’importante vena glicerica vengono riequlibrate da una componente tannica misurata. Un’altra interpretazione unica del vitigno.
19
Südtirol Alto Adige Doc Kerner
2021
Weingut Tauber
13.5%
15,80 euro
670 / 780
Giallo paglierino. Sia al naso che al palato, uno dei Kerner più giocati sulle note agrumate mature, oltre al consueto frutto esotico a polpa gialla di perfetta maturità, alla sapidità e alle venature balsamiche, mentolate. Beva agile, piuttosto semplice. Chiusura sapida, fresca.
20
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner “Praepositus”
2020
Abbazia di Novacella
14%
16,80 euro
–
Giallo paglierino. Naso suadente, cremoso eppure teso, su note d’agrume e mentuccia, su sottofondo minerale. Perfetta corrispondenza al palato: ingresso fresco ma disteso, su una perfetta maturità della frutta a polpa gialla. Chiude asciutto, agrumato, sapido. Beva agile e buon gradiente di gastronomicità.
21
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Dop Kerner
2021
Ebner
14.5%
–
–
Giallo paglierino. Al naso è elegante, con note floreali e fruttate esotiche, accompagnate da ricordi minerali. Sorso tendenzialmente morbido in ingresso, sul frutto e sulla spinta glicerica. Centro bocca e chiusura fresche e tese, prima di una chiusura su generosi ritorni di frutta a polpa gialla. Buon allungo fresco-sapido, gentile.
22
Südtirol Alto Adige Doc Kerner
2021
Kellerei Cantina Kurtatsch
13.5%
12,90 euro
800
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Naso delicato, floreale, con note di frutta esotica a polpa gialla. Vino semplice, tutto giocato sul fruttato. Chiusura minerale, fresca, equilibrata.
23
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner
2021
Taschlerhof – Peter Wachtler
14%
15,70 euro
–
Giallo paglierino. Al naso è piuttosto intenso, sul frutto. Sorso cremoso, su ritorni di frutta a polpa gialla e bianca. Chiusura fresca, su venature sapide. Vino gastronomico.
24
Südtiroler Alto Adige Doc Kerner
2021
Unterhofer Thomas
14%
12,80 euro
–
Giallo paglierino luminoso. Al naso particolarmente intrigante: frutto, freschezza mentolata, profilo minerale. Si conferma tale al palato, con le durezze ben accompagnate dalla generosità polposa del frutto e dalla freschezza. Chiusura asciutta, su cui lavorare per aumentare la piacevolezza della beva.
25
Vigneti delle Dolomiti Igt Kerner
2021
Fronthof
14%
–
Giallo paglierino. Naso suadente, su un’espressione del frutto cremosa, quasi burrosa. Non mancando i ricordi “green”, d’erbe di montagna e buccia d’agrume. Al palato una perfetta corrispondenza. Ottima beva, agile ma tutt’altro che banale. Chiusura asciutta, tendente a un amaricante che invita il sorso successivo.
26
Südtirol Alto Adige Valle Isarco Doc Kerner
2021
Köfererhof
13.5%
15 euro
650
Giallo paglierino, riflessi verdolini. Al naso note agrumate, floreali e minerali, oltre al frutto esotico. Sorso che abbina una buona morbidezza alla consueta tensione assicurata dal Kerner. Chiude asciutto, teso, agrumato e polposo. Vino da godersi al calice o in abbinamento, anche a tutto pasto.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Dalla creatività di giovanissime alla prima esperienza internazionale, alla maturità di professioniste abituate a misurarsi sotto i riflettori. Da chi crede nella tradizione a chi preferisce sperimentare. Mai come quest’anno è ricco e diversificato il parterre di barladies pronte a sfidarsi a suon di cocktail per conquistare lo scettro di Lady Amarena, ovvero di regina internazionale della mixology 2022.
Dopo una pausa dovuta alla pandemia, torna infatti sotto le due torri di Bologna, l’unica competizione internazionale dedicata esclusivamente alle “signore del cocktail”. Lanciato grazie all’intuizione di Nicola Fabbri in occasione del centenario di Amarena Fabbri, Lady Amarena celebra e promuove la creatività femminile nel campo del bere miscelato.
«Solo dall’esaltazione di tutte le sfumature delle creatività e della sensibilità femminile si possano trarre i risultati più equilibrati e seducenti dell’arte della mixology», commenta Fabbri.
LADY AMARENA: BARLADIES DA 16 NAZIONI IN GARA
Alte le aspettative sulla finalissima della gara, in programma il 20 settembre allo storico teatro bolognese Arena del Sole, dove le vincitrici delle rispettive 16 edizioni nazionali dovranno convincere, con i cinque sensi, una giuria di esperti. Saranno giudicati il gusto e la bellezza dei cocktail, ma anche le capacità di catturare l’attenzione, muoversi dietro al bancone, raccontare il prodotto, stupire.
L’ultima edizione, quella del 2019, aveva visto la massiccia partecipazione di concorrenti dai cinque continenti, compresi Paesi come la Nigeria e gli Emirati, ancora relativamente nuovi nel panorama del bere miscelato.
Quest’anno il parterre si presenta ancora più ricco. Prende forza il vecchio continente, con l’ingresso di una nazione trainante nel panorama degli spirits, il Regno Unito, ma anche con la prima volta di Austria, Svizzera e Polonia. Si confermano Cipro, Germania, Spagna, Romania, Grecia e ovviamente Italia.
La Nigeria torna a rappresentare l’Africa, mentre il continente australiano entra in gioco con Lady Australia. Il concorso, negli anni diventato vera e propria vetrina di tendenze, evidenzia ad esempio il peso crescente del continente asiatico.
Fanno infatti il loro debutto nella competizione due nazioni giovani e dall’economia frizzante, Filippine e Taiwan, che vanno ad aggiungersi a Corea del Sud e Singapore, mentre la Cina, causa restrizioni legate al Covid, realizzerà il suo concorso internamente. Tammy Liu, la detentrice dell’ultimo titolo Lady Amarena International, sarà tuttavia a Bologna in qualità di giurata.
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Torna il Festival Franciacorta in Cantina, l’appuntamento per trascorrere un weekend alla scoperta dei luoghi dove nasce il Franciacorta. L’edizione 2022 è ormai la numero tredici. Non solo cantine aperte, ma anche proposte gastronomiche e iniziative culturali e sportive. Un doppio weekend , il 10-11 e il 17-18 settembre, per immergersi nell’atmosfera di Franciacorta.
Saranno 65 le cantine partecipanti, tra consuete visite guidate con degustazione ed eventi speciali come tour nei vigneti, pic nic tra i filari, gite in bicicletta e altro.
LE 65 CANTINE ADERENTI AL FESTIVAL FRANCIACORTA 2022
Abrami Elisabetta, Alberelle, Antica Fratta, Azienda Agricola Fratelli Berlucchi, Azienda Agricola Massussi Luigi, Barboglio de Gaioncelli, Bariselli Gabriella, Barone Pizzini, Bellavista, Berlucchi Guido, Bersi Serlini, Biondelli, Boccadoro, Bonfadini, Bosio, Ca’ del Bosco, Cantina Clarabella, Caruna, Castello Bonomi Tenute in Franciacorta, Castello di Bornato, Castello di Gussago La Santissima, Castelveder, Cavalleri.
E ancora: Contadi Castaldi, Corte Aura, Corte Fusia, Derbusco Cives, Due Gelsi, Faccoli, Ferghettina, IBARISEI, Il Dosso, La Costa di Ome, La Fiorita, La Manèga, La Montina, La Riccafana di Riccardo Fratus, La Torre, Lantieri de Paratico, Le Cantorie, Le Marchesine, Majolini, Marchesi Antinori Tenuta Montenisa, Marzaghe Franciacorta, Mirabella.
Infine, saranno presenti al Festival Franciacorta in Cantina 2022: Monzio Compagnoni, Monte Rossa, Mosnel, Plozza Ome, Priore, Quadra, Ricci Curbastro, Romantica, Ronco Calino, San Cristoforo, Santus, Spensierata, Tenuta Ambrosini, Tenuta Moraschi, Turra, Vezzoli Ugo, Villa Crespia Fratelli Muratori, Vigna Dorata, Villa Franciacorta, Villa Giuliana.
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Grazie a un accordo bilaterale negoziato dall’Unione europea, il Prosecco sarà ufficialmente riconosciuto in Nuova Zelanda come marchio e indicazione geografica protetta. L’ufficio marchi europeo ha infatti sottolineato l’«indiscussa reputazione della Doc Prosecco nel percepito del consumatore, ampiamente documentata da parte del Consorzio».
Abbastanza, continua l’ufficio dell’Ue, per «confermare che il Prosecco è diventato il più famoso vino spumante in Europa assieme con lo Champagne». «Alcuni mesi fa – commenta il presidente del Consorzio Doc Prosecco, Stefano Zanette – festeggiavamo la registrazione del marchio “Prosecco” in Cina. Oggi brindiamo al riconoscimento della IG Prosecco nell’ambito dell’accordo».
La protezione da parte della Nuova Zelanda – spiega Alessandra Zuccato, responsabile dell’attività di tutela del Consorzio – è particolarmente significativa.
Un Paese tanto distante da noi riconosce che siamo una denominazione di origine, inibendo, trascorsi cinque anni dall’entrata in vigore dell’accordo, la commercializzazione del “prosecco australiano” che vede proprio nella Nuova Zelanda la prima destinazione del suo export».
Il Consorzio della Doc Prosecco ha inoltre «potenziato ulteriormente i controlli sul commercio online, vista la crescita esponenziale delle frodi in questo segmento di mercato».
I numeri, in tale contesto, sono da record: dal 2020 ad oggi sono più di 10 mila i controlli svolti e oltre 2.500 le inserzioni di vendita fatte cessare in quanto ritenute in contrasto con la normativa sull’uso corretto della Doc Prosecco.
«Il Consorzio – sottolinea il presidente Stefano Zanette – intende consolidare ulteriormente le azioni di tutela della denominazione, consapevole dell’assoluta centralità di questa attività nel panorama dei compiti affidati ai Consorzi che, per l’appunto, si qualificano come “di tutela».
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Supera i 2,1 milioni di ettari la superficie coltivata a biologico in Italia segnando il record storico di sempre con il raddoppio nell’ultimo decennio spinto dai consumi degli italiani sempre più alla ricerca di prodotti naturali e legati ai territori soprattutto dopo la pandemia Covid.
È quanto emerge dall’analisi di Coldiretti su dati Ismea in occasione dell’incontro a Roma presso la sede della maggior associazione agricola italiana per la presentazione del Piano di Azione del biologico del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
In Italia, spiega Coldiretti, l’incidenza dei terreni a bio rispetto al totale è di ben il 17,4% quasi il doppio della media europea (circa 9%) e molto vicino agli obiettivi previsti dalla strategia UE per il cibo “Farm to Fork”, che prevede di portare le superfici bio europee al 25% entro il 2030.
A livello nazionale ci sono oltre 86mila imprese agroalimentare bio e sono già addirittura 4 le regioni italiane, Toscana, Lazio, Calabria e Basilicata, che hanno raggiunto e superato gli obiettivi europei con ben 8 anni di anticipo sulle tempistiche previste da Bruxelles.
Un successo trainato dalla fiducia dei consumatori con 1 italiano su 5 che, secondo Coldiretti/Ixè, consuma regolarmente prodotti bio ed è disposto a pagare anche di più per acquistare un prodotto certificato bio, mentre il 13% dei consumatori è certo che, nel prossimo futuro, aumenterà la spesa per portare in tavola prodotti biologici.
La spinta verso il biologico è sostenuta soprattutto da motivi salutistici, ma molto importanti nella scelta di acquisto, il territorio di origine e le garanzie della certificazione.
BIOLOGICO DA RECORD IN ITALIA
Per Coldiretti «è chiara la necessità di costruire filiere biologiche interamente italiane e di riuscire a comunicare, anche nelle etichette del prodotto biologico, l’origine made in Italy della materia prima agricola, come peraltro previsto nella Legge 23 sull’agricoltura biologica, approvata quest’anno in Parlamento e della quale si è in attesa della piena applicazione».
«I primati del Made in Italy a tavola realizzati grazie a 730mila imprese agricole sono un riconoscimento del ruolo del settore agricolo per la crescita sostenibile del Paese», afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. «L’agricoltura italiana – continua – è la più green d’Europa con il taglio record in un decennio del 20% sull’uso dei pesticidi che invece aumentano in Francia, Germania e Austria».
«Dobbiamo ridare centralità all’agricoltura anche nella filiera del biologico – aggiunge Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Bio, l’associazione che riunisce le imprese biologiche e biodinamiche di Coldiretti – perché il biologico rappresenta uno straordinario strumento per lo sviluppo delle nostre campagne e, insieme a tutte le iniziative messe in campo da Coldiretti, consente di avvicinare sempre di più i consumatori al mondo agricolo».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
«Semplificare le procedure per la realizzazione di invasi, per contrastare l’emergenza idrica provocata dai cambiamenti climatici, che affligge il nostro comparto». È l’appello di Giovan Battista Basile, presidente del Consorzio di Tutela Vini Montecucco. I vigneti della zona vincola della Toscana, in provincia di Grosseto, sono stati lambiti da alcuni incendi, domenica 24 giugno.
«Per circoscrivere le fiamme – spiega il Consorzio in una nota – sono intervenuti anche diversi produttori e agricoltori della zona. Utilissima la presenza degli invasi di una delle tenute della zona, che ha consentito un rapido prelievo di acqua da parte dei mezzi antincendio».
«Di fronte a calamità di questa portata – commenta Basile, facendo riferimento agli invasi – è inevitabile riaprire un dibattito che negli ultimi anni sta interessando il settore agricolo non solo toscano».
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FOTONOTIZIA –Ferrari Trento ha festeggiato il suo 120° anniversario a Villa Margon, sede di rappresentanza che è stata oggetto di un’attenta opera di valorizzazione e restauro e che torna aperta al pubblico.
All’anniversario di Ferrari Trento è stato dedicato da Mise e Poste Italiane un francobollo celebrativo della serie “Le eccellenze del sistema produttivo ed economico” italiano.
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Addio a Lucio Tasca d’Almerita, tra i primi in Sicilia a credere nel potenziale del territorio come produttore di qualità e di eccellenza e a contribuire profondamente alla conoscenza della viticoltura siciliana nel mondo.
Nato a Palermo nel 1940, Lucio Tasca nel 1961 fonda l’azienda Regaleali, che poi trasforma in Conte Tasca d’Almerita. La sua missione è sempre stata quella di promuovere e migliorare la produzione e lo sviluppo imprenditoriale della Sicilia e rafforzare la competitività della regione all’interno del mercato mondiale.
Agli inizi degli anni ’80 ha scelto di confrontarsi con le grandi varietà francesi producendo vini come Cabernet e Chardonnay, ma è grazie alla sua volontà di diffondere la conoscenza di varietà autoctone, come il Nero d’Avola, che la viticultura siciliana è stata riconosciuta nel mondo.
LA CARRIERA DI LUCIO TASCA D’ALMERITA
Ideatore e fondatore di Assovini Sicilia, il conte Tasca d’Almerita nel 1998 firma l’atto costitutivo dell’associazione, insieme a Diego Planeta e Giacomo Rallo. L’obiettivo è quello di riunire i produttori, grandi e piccoli, attraverso la condivisione degli stessi valori, e al tempo stesso far crescere tra le istituzioni la consapevolezza dell’importanza del mondo del vino.
Appresa la notizia della morte di Lucio Tasca d’Almerita, Assovini Sicilia, Consorzio di Tutela Vini DOC Sicilia e Fondazione SOStain Sicilia si uniscono nel ricordo di uno die padri del vino siciliano.
ADDIO A UN PROTAGONISTA DELLA VITICOLTURA SICILIANA
Assovini Sicilia è nata grazie alla visione di tre grandi uomini – rileva Laurent Bernard De La Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – Lucio ne è stato l’ideatore. Se tutti noi, imprenditori e manager delle aziende siciliane, rappresentiamo con forza e prestigio la Sicilia vitivinicola nel mondo intero è perché abbiamo raccolto l’eredità e gli insegnamenti di grandi uomini e maestri come Lucio».
«Se ne va uno dei grandi protagonisti della viticoltura siciliana – commenta Antonio Rallo, presidente del Consorzio di tutela vini Doc Sicilia – Lucio Tasca d’Almerita é stato senza dubbio tra i primi a credere nelle potenzialità dell’isola. Visionario, precursore, innovatore, ha dedicato tutto il suo impegno allo sviluppo della Sicilia del vino, anche attraverso il suo prezioso supporto alla nascita del Consorzio di tutela vini DOC Sicilia».
«Con la morte di Lucio Tasca se ne va un signore del vino, che a mio avviso – sottolinea Alessio Planeta, componente del consiglio direttivo della Fondazione SOStain – insieme a Giacomo Rallo e a nostro zio Diego, ciascuno con la sua visione e il suo stile personale, ha dato un impulso e una spinta decisivi al decollo del vino siciliano. Oggi siamo ciò che siamo anche grazie a Lucio Tasca, alla bella intesa che ha sempre avuto con i suoi due amici di sempre».
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Wine bag e Doggy bag per i turisti di Montepulciano. Si chiama portami #PortamiConTe l’iniziativa contro lo spreco alimentare che sarà presentata martedì 26 luglio a Palazzo Panciatichi, sede del Consiglio regionale della Toscana.
Prenderanno parte alla conferenza Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale della Toscana, Elena Rosignoli, consigliere regionale della Toscana, Leonardo Marras, assessore al Turismo della Regione Toscana. Non mancheranno Michele Angiolini, sindaco di Montepulciano e Andrea Rossi, presidente del Consorzio del Vino Nobile di Montepulciano.
WINE BAG: UNA CONSUETUDINE ALL’ESTERO
Nell’occasione saranno presentati tutti i dettagli dell’iniziativa contro lo spreco alimentare #PortamiConTe. Al centro del progetto, un tema di grande interesse per i winelovers: la possibilità di portare a casa la bottiglia non terminata al ristorante, così come viene concesso più spesso per il cibo.
Quella che è una consuetudine in diversi Paesi del mondo, potrebbe diventare una prassi anche a Montepulciano. Non a caso, portali web come Amazon propongono in vendita wine bag che consentono il trasporto delle bottiglie di vino in totale sicurezza, dal ristorante a casa. Alcune wine bag sono dotate addirittura di maniglia resistente, capace di sopportare il peso delle bottiglie da 750 ml.
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I campioni di olio extravergine di oliva italiano hanno raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale, grazie a un progetto inserito nel quadro dell’accordo tra l’Agenzia Spaziale Italiana e il CREA, in collaborazione con Coldiretti e Unaprol-Consorzio Olivicolo Italiano. Si torna quindi a parlare di Made in Italy in orbita, dopo l’iniziativa di Fis – Fondazione italiana sommelier che ha visto spendersi, tra gli altri, anche l’enologo Donato Lanati.
Nel quadro del suo ruolo di Agenzia Nazionale, L’ASI si è fatta promotrice del progetto e, nel contesto delle proprie relazioni istituzionali con altre Agenzie Spaziali e in qualità di Paese partecipante al programma ISS, ha reso disponibili l’opportunità di volo e il coordinamento con ESA necessario all’attuazione dell’esperimento.
La collaborazione con Coldiretti e Unaprol- Consorzio Olivicolo Italiano ha lo scopo di rimarcare l’importanza del patrimonio agroalimentare italiano e di valorizzare e sensibilizzare un asset per l’export del Paese, oltre che promuovere i principi di una corretta alimentazione.
VARIETÀ DI OLIVO: IL PRIMATO DELL’ITALIA
L’Italia ha un primato nel mondo per la sua agrobiodiversità e qualità con più di 500 varietà di olivo e 250 milioni di piante, vantando il maggior numero di oli extravergine a denominazione di origine in Europa, una produzione nazionale media di oltre 300 milioni di chili e una filiera che conta oltre 400 mila aziende agricole specializzate.
I risvolti scientifici del progetto verranno monitorati dal Centro CREA Olivicoltura Frutticoltura e Agrumicoltura, sede di Rende, in Calabria, che sta investendo fortemente per fornire soluzioni che rendano sempre più competitivo e apprezzato l’olio extravergine di oliva italiano.
Il progetto si propone di studiare, attraverso un esperimento originale e inedito, gli effetti della permanenza nello spazio sulle caratteristiche chimico-fisiche, sensoriali e nutrizionali dell’olio extravergine. I campioni di olio extra vergine di oliva saranno riportati sulla Terra dopo rispettivamente 6, 12 e 18 mesi per essere analizzati e confrontati con quelli dei controlli lasciati a terra.
L’OLIO ITALIANO NELLO SPAZIO
In particolare, l’esperimento andrà ad investigare come la composizione dei metaboliti secondari – fenoli e tocoferoli (vitamina E) – venga influenzata dalla microgravità e dalle radiazioni presenti nello spazio e servirà a accogliere nuove informazioni sulla stabilità dell’EVOO e sulla durata di conservazione nelle condizioni ambientali spaziali. Il progetto studierà inoltre il modo in cui la tipologia di contenitori correntemente utilizzati a bordo dell’ISS influisce sul prodotto.
I campioni di olio EVO vanno ad unirsi ai quattro oli extravergini selezionati che fanno parte del “bonus food” scelto, nell’ambito della missione Minerva, dall’astronauta ESA Samantha Cristoforetti, che ha effettuato ieri la sua prima passeggiata spaziale, e dagli altri membri dell’equipaggio.
Questi oli sono accomunati da un alto contenuto in antiossidanti naturali e, in particolare, di fenoli dell’olivo che sono indispensabili per chi, come gli astronauti, è sottoposto a condizioni di intenso stress psico-fisico. Si tratta di prodotti italiani di altissima qualità, provenienti da diverse regioni, e ottenuti, ciascuno, da una singola varietà, in rappresentanza dell’immenso patrimonio di biodiversità che rende unica l’Italia.
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Il mercato dei fine wines di fama internazionale non conosce crisi e la vendita al calice è uno strumento che ne incoraggia le vendite. Lo testimonia a winemag.it Francesco Tognoni, titolare di Enoteca Tognoni, vero e proprio luogo cult nel centro di Bolgheri. «Sono ormai trent’anni che vendiamo al calice i grandi vini della zona – spiga l’imprenditore toscano -. In questo periodo, vendiamo tre bottiglie al giorno di vini come Sassicaia, che conserviamo in speciali dispenser».
Ho capito tanti anni fa che Bolgheri è un territorio dal potenziale enorme – continua Francesco Tognoni – e che stappando vini, si sarebbero venduti facilmente. Oggi questa zona è famosissima e, come me, altri colleghi hanno scelto di vendere grandi vini al calice. Riusciamo quindi a stappare volumi importanti, di etichette molto conosciute e rinomate».
ENOTECA TOGNONI: VINI DI BOLGHERI AL CALICE E OTTIMA CUCINA
A distinguere la proposta di Enoteca Tognoni è un’intera pagina di vini icona di Bolgheri, proposti appunto al “bicchiere”. I clienti possono scegliere tra 5 o 10 centilitri. Abbastanza per poter assaporare etichette per molti inarrivabili, in abbinamento all’ottima cucina proposta dalla stessa enoteca, in Strada Lauretta, 5.
«Trent’anni fa – racconta Tognoni – c’erano molte meno b0ttigilie di oggi, ma stappavo già Tignanello, Sassicaia, Ornellaia, Paleo. Avevo capito che lo straniero a cui veniva concessa la possibilità di assaggiare vini importanti, poi ne comprava almeno una cassa. Un’utopia per gli italiani, a quei tempi, comprare una cassa di Sassicaia. Oggi, invece, questo succede regolarmente».
Gli stranieri mangiano magari un piatto in meno, ma scelgono una bottiglia importante, al tavolo. Prima di andare via ne comprano spesso una cassa, o due. Quelli che ci danno più soddisfazioni sono gli avventori del Nord Europa e gli americani. Tantissimi vengono in zona per il mare, per l’arte e per la cultura. Molti anche solo per il vino».
SASSICAIA AL CALICE DA TRENT’ANNI A ENOTECA TOGNONI
Francesco Tognoni entra poi nel dettaglio delle rotazioni dei fine wines al calice, da Enoteca Tognoni: «In un periodo come questo, quindi tra luglio e agosto, si stappa la media di tre bottiglie di Sassicaia al giorno. Ornellaia segue a ruota, con due bottiglie al giorno. Sassicaia resta ancora l’etichetta che la gente vuole bere di più».
Da una bottiglia si ricavano 7 calici “interi”, da 10 cl, e 14 “mezzi” da 5 cl, apprezzati in egual misura dalla clientela. «Qualcuno sceglie quattro calici piccoli – spiega Tognoni – per provare diversi vini. Altri propendono per due calici grandi dello stesso vino, che già conoscono».
IL FUTURO DI BOLGHERI
Secondo l’imprenditore toscano, forte di un 2021 da record assoluto di incassi, il futuro continuerà a regalare soddisfazioni. «Penso che fino a metà ottobre lavoreremo molto, forti della reputazione che si è conquistata questa zona della Toscana, negli anni. Bolgheri – continua – è ormai la zona più importante d’Italia per i vini da taglio bordolese. Tutto il mondo li vuole. Purtroppo i prezzi aumentano ogni anno, per logiche di domanda e di offerta».
«Di conseguenza – conclude il titolare di Enoteca Tognoni – anche noi enotecari e ristoratori dobbiamo adeguarci ai rincari delle cantine. Malgrado ciò, tutti gli anni finiamo il vino assegnato. A settembre 2022 avrò ormai finito Sassicaia 2019, nonostante le quantità assegnateci siano cospicue, grazie al rapporto ormai trentennale con la famiglia di Tenuta San Guido». Insomma, in alto i calici. Finché ce n’è.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Grazie alle ottime performance dell’Etna Bianco Doc e dell’Etna Rosato Doc, accanto alla conferma dell’Etna Rosso Doc, l’imbottigliato dei vini Etna Doc cresce del 30% nel primo semestre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021. Sono state 3.293.388 le bottiglie prodotte a marchio Etna Doc nei primi 6 mesi dell’anno, pari a 24.700 ettolitri. Nel primo semestre 2021 era stata certificata una produzione di 2.516.704 di bottiglie, equivalente a 18.875 ettolitri.
Sono questi i numeri che emergono dall’analisi del Consorzio Tutela Vini Etna Doc, nel suo ormai consueto punto della situazione di metà anno. «I dati – commenta Francesco Cambria, presidente del Consorzio Tutela Vini Etna Doc – attestano l’ottimo stato di salute della denominazione e superano quanto di buono avevamo già fatto l’anno scorso, quando avevamo raggiunte le stesse performance del 2019, lasciandoci definitivamente alle spalle le difficoltà del periodo più duro della pandemia».
In particolare, spicca il balzo dell’Etna Bianco Doc (+37%) a conferma del grande favore guadagnato dall’autoctono Carricante. Bene anche l’Etna Rosato Doc (+50,3%), interpretato dal Nerello Mascalese con grande personalità. L’Etna Rosso Doc si conferma la tipologia più imbottigliata.
ETNA DOC: BUONE PREMESSE PER LA VENDEMMIA 2022
Nei primi sei mesi del 2022, il vino simbolo della “Montagna” siciliana ha raggiunto quasi 1,5 milioni, di bottiglie facendo segnare una crescita del 27% rispetto al 2021. «Da non sottovalutare la tipologia Spumante – continua Francesco Cambria – che ora prevede la presenza del Nerello Mascalese almeno per l’80%. Ancora una nicchia, ma con margini di crescita davvero interessanti, che ci aspettiamo di riscontrare nella seconda metà dell’anno».
Il tutto mentre la vendemmia 2022 inizia a promettere un’annata di Etna Doc di ottima qualità. «L’inverno, sostanzialmente mite – spiega il direttore del Consorzio, Maurizio Lunetta – ha lasciato spazio a una primavera priva di gelate tardive, come invece si verificò nel 2021. A maggio e giugno le piogge hanno consentito di mitigare gli effetti della siccità. Per ora le temperature estive, sebbene con ondate di calore sempre più frequenti, hanno valori che non hanno danneggiato lo sviluppo vegetativo della vite. Naturalmente saranno poi i mesi di settembre e ottobre a fare la differenza.
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È m0rt0 Giovanni Poli, uomo simbolo della grappa trentina. Ne dà notizia la famiglia, ricordando il pioniere della Giovanni Poli Santa Massenza con poche, ma profonde parole: «Non ci sono addii per noi, resterai sempre nei nostri cuori». Aveva 87 anni e nella propria carriera di vignaiolo e produttore di grappa del Trentino è riuscito come pochi a far parlare della Valle dei Laghi, dopo aver preso le redini dell’azienda di famiglia a Santa Massenza, in provincia di Trento.
Per Giovanni Poli, il ramiere Tullio Zadra ha costruito il suo ultimo alambicco, sistema discontinuo a bagnomaria a “colonna”. Uno strumento che lo stesso Poli ha arricchito con un particolare “duomo”, ricostruito sul modello di un antico alambicco trovato nel lago.
La forma sinuosa consente una migliore prima deflemmazione, tanto da convincere altre distillerie a riprodurre lo stesso sistema. Un Giovanni Poli, dunque, che fu pioniere e innovatore, col mestiere nelle vene.
Nel 1914 Francesco Poli aprì una distilleria e i sui tre figli seguirono l’esempio, aprendone altre tre. Fino agli anni 50, Giovanni Poli lavorò nella distilleria nella casa paterna, per poi decidere di dar vita ad una nuova distilleria a Santa Massenza. Cominciò così una carriera dedita alla ricerca della qualità, nel segno della tradizione.
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È un quadro a luci e ombre quello che Unione italiana vini (Uiv) traccia sull’export di vino italiano, che chiude il primo quadrimestre in positivo. Volumi esportati a +1,1% (653 mln di litri) e un corrispettivo di 2,3 miliardi di euro (+12,6% il trend in valore, condizionato però dalla crescita dell’inflazione).
Secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), che ha elaborato i dati rilasciati da Istat, è ancora fortissimo il traino della tipologia spumanti, i cui volumi destinati all’estero sono incrementati nel periodo di circa il 15% a fronte di un calo dell’1% dell’imbottigliato fermo e frizzante.
«Come previsto da Uiv – ha detto il segretario generale dell’Associazione del settore, Paolo Castelletti – con il mese di aprile gli ordini di vino made in Italy hanno iniziato ad accusare un primo rallentamento. Prevediamo, per i prossimi mesi, un’inversione di tendenza ancor più significativa».
Questo non aiuta certo un comparto che sta già subendo un’escalation di costi di energia, trasporti e materie prime in grado di influire mediamente per circa il 30% sul prodotto finito.
Un combinato a cui si aggiunge un incremento a fine giugno del vino in giacenza (+3,8% sul pari periodo 2021) – in particolare di Indicazioni geografiche (+7,6%) – che sta determinando speculazioni al ribasso sul fronte dei prezzi».
Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Uiv, il mese di aprile ha segnato la prima contrazione negli ordini di quest’anno, sia in valore (-1%) che soprattutto a volume (-11%), con segni meno sia per gli spumanti (-4%) che per gli imbottigliati (-13%) e lo sfuso (-9%).
Sul fronte delle destinazioni, nel quadrimestre si allarga sempre più la forbice tra spumanti e imbottigliati fermi e frizzanti, con i primi che segnano crescite a volume in tutti i principali mercati (+6% negli Usa, +33% in Uk, +12% in Germania), e con i secondi in difficoltà negli Usa e in Germania (rispettivamente a -3% e -6%) ma in ottima salute in Canada (+15%) e Regno Unito (+7%).
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Advision sul podio del label design italiano. La creatività e la professionalità dell’agenzia di comunicazione specializzata in Packaging e Label Design per il settore wine & spirits, con sede nel cuore della Valpolicella, ha fatto breccia alla XXVI° Edizione di Mediastars.
Si tratta di uno dei più autorevoli riconoscimenti assegnati in Italia per le campagne di Advertising, Corporate Promotions e Comunicazione Multimediale. Nella serata di premiazione alla Casa degli Artisti a Milano, Advision ha ricevuto numerosi premi, tra cui 9 nomination in Short List e 8 riconoscimenti Special Stars per la Direzione creativa, la Regia e il Graphic Design.
Advision si attesta così tra le più autorevoli realtà italiane di pack e label design, aggiudicandosi gli ambiti premi Mediastar nella Sezione Packaging Design per i lavori UPM Vermouth (I classificato Premio Mediastar e I classificato Categoria Food) e UPM London Gin (II classificato Mediastar).
A questi si aggiunge il Premio Speciale “Valore al territorio” per la campagna Farina Transparency. Un riconoscimento di particolare significato per Advision. Il riconoscimento, nato dalla collaborazione tra Mediastars e Apicom (associazione di professionisti della comunicazione), testimonia la vocazione e la dedizione al territorio dell’agenzia veronese.
Non c’è pace per Moët & Chandon. Tra le 955 bottiglie contraffatte scoperte dalla Guardia di Finanza di Foggia a Cerignola figurano anche quelle della nota maison di Champagne. Ben conosciuto anche il brand di Rum Don Papa, a sua volta finito nella rete dei finanzieri. Il sequestro compiuto all’inizio della settimana a Cerignola è avvenuto a un anno e mezzo dall’ultima scoperta di Moët & Chandon contraffatto in Italia. Nel dicembre 2020, infatti, i finanzieri di Napoli hanno rinvenuto 1400 litri di Cuvée Imperial “tarocca” a San Giuseppe Vesuviano.
Il Tribunale di Foggia, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due soggetti, operanti nel settore della rivendita all’ingrosso e al dettaglio di bevande alcoliche.
FALSO MOËT & CHANDON E DON PAPA A CERIGNOLA
I due imprenditori sono indagati per ricettazione, sottrazione all’accertamento ed al pagamento dell’accisa sulle bevande alcoliche, uso di contrassegni di Stato contraffatti, commercio di sostanze alimentari contraffatte ed adulterate ed autoriciclaggio, con contestazione per entrambi della qualità di delinquenti abituali e professionali.
Per un anno gli indagati non potranno esercitare qualsiasi attività imprenditoriale avente per oggetto il commercio di prodotti alimentari. Il tutto in seguito al sequestro preventivo di 955 bottiglie, tra cui quelle dei noti brand Moët & Chandon e Rum Don Papa, avvenuto della sede operativa della ditta di Cerignola.
Nella rete dei finanzieri anche altri prodotti alcolici miscelati con additivi chimici altamente dannosi per la salute umana, imbottigliati con marchi contraffatti di note case produttrici del settore e sigillati con contrassegni di Stato falsi. Tra la merce contraffatta anche alcuni preparati alcolici per cocktail e bevande alcoliche di largo consumo, in totale evasione di imposta (accisa).
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L’Eno-Astronomia è il tema prescelto per l’edizione 2022 di Calici di Stelle. Nulla a che vedere con il vino nello spazio, argomento trattato dall’enologo Donato Lanati in occasione del 15° Forum Internazionale della Cultura del vino di Fis – Fondazione italiana sommelier.
Saranno proprio i “corpi celesti” a dettare il calendario di appuntamenti organizzati come ogni anno da Mtv – Movimento turismo del vino e dall’Associazione Città del Vino. Si parte il 29 luglio con le “Guest Star per la Serata d’Apertura”.
Protagonisti Luna, Marte e Urano che appariranno luminosi nel cielo di Calici di Stelle 2022 e regaleranno momenti suggestivi agli appassionati. Imperdibile poi la “Notte di San Lorenzo“, che il 10 agosto illuminerà i calici con una pioggia di stelle cadenti.
Nella notte del 12 agosto la “Superluna dello Storione“, che prende il nome dal momento migliore dell’anno per catturare questo pesce. Per i winelovers, un’occasione per godersi Calici di stella sotto la supervisione del satellite del pianeta Terra, tra i filari delle vigne.
Lo show di Calici di Stelle 2022 continua nelle notti del 14 e del 15 agosto, quando la Luna si allineerà rispettivamente a Saturno e poi con Giove, regalando agli enoturisti una vera e propria esperienza “stellare”. Programma completo sul sito del Movimento italiano turismo del vino e delle Città del Vino.
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Nel 98% delle cantine associate ad Assovini Sicilia ci sono spazi per la degustazione. Il 50% ha un’attività di ristorazione all’interno della struttura e il 33% delle cantine offre anche ricettività alberghiera. È quanto emerge dall’ultimo sondaggio interno condotto dall’associazione che riunisce 90 aziende vitivinicole siciliane di piccole, medie o grandi dimensioni.
Più della metà delle cantine associate ad Assovini Siclia è in grado dunque di offrire un’esperienza a 360 gradi agli enoturisti. Non solo degustazioni, ma anche corsi di cucina, bike tour, aperitivi in vigna e cooking class. Senza dimenticare wine trekking, yoga, concerti e pic-nic tra i filari, sino alla vendemmia notturna.
«Il vino – commenta Laurent Bernard de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – è un simbolo di eccellenza del Made in Sicily, nonché un complesso fattore culturale. L’enoturismo diventa well-being e veicolo per promuovere il territorio, il vino di qualità, le bellezze paesaggistiche, l’unicità del patrimonio storico-archeologico della Sicilia».
Sempre secondo il sondaggio, che ha coinvolto 71 associati su 90, negli ultimi 5 anni le aziende di Assovini Sicilia hanno registrato un incremento di presenze di oltre il 30%, con il 58% dei turisti stranieri a guidare l’incoming delle visite in cantina.
La distribuzione geografica vede in testa gli Stati Uniti, la Germania, il Regno Unito, la Svezia e la Francia, tra i paesi di provenienza dell’enoturista che sceglie le aziende di Assovini Sicilia.
«Gli associati hanno un duplice merito – conclude il presidente di Assovini Sicilia – viaggiare nel mondo per far conoscere il brand Sicilia e promuovere il territorio e la cultura siciliana attraverso la wine hospitality and experience. Dietro ogni vino c’è sempre una grande storia da scoprire».
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Sandro Camilli è il nuovo presidente Ais – Associazione italiana sommelier. Il vicepresidente designato dopo l’esito delle elezioni del nuovo Cda, svoltesi il 26 e 27 giugno, è Marco Aldegheri. Camilli (classe 1957) proviene da Ais Umbria, mentre Aldegheri (classe 1966) da Ais Veneto. Il nuovo Cda di Ais è dunque al completo e rimarrà in carica fino al 2026.
AIS, CHI SONO CAMILLI E ALDEGHERI
Ecco come si presentavano ai soci Ais – Associazione italiana sommelier, il nuovo presidente nazionale Sandro Camilli e il vicepresidente Marco Aldegheri.
Scaffali ricolmi di riviste e libri del settore raccontano una storia nata sotto il segno dell’amore per la cucina e per il vino. Ha trasformato la sua passione in professione dopo anni di duro lavoro sul campo di un ristorante, dove ha iniziato ad affinare i suoi sensi.
Dall’esperienza all’essenza, la sua vita cambia venti anni fa grazie all’incontro con Ais, stella fissa di una costellazione di studi, master e corsi di marketing sul vino che gli hanno letteralmente indicato la rotta da seguire. Conseguito l’attestato da sommelier, ha contribuito, in maniera sempre crescente, allo sviluppo di Ais Umbria fino a diventarne Presidente, carica che riveste da dodici anni.
Dai numerosi viaggi intrapresi alla scoperta delle eccellenze, fra prodotti tipici regionali ed europei, sono nate le sue passioni a venire, una su tutte quella per lo Champagne. Del percorso ascendente, iniziato forse tardivamente ma che non si è più interrotto, ancora oggi la sua più grande maestra resta l’umiltà, non solo nel trasmettere una passione ma anche e soprattutto nel diffondere e arricchire la cultura enogastronomica. SANDRO CAMILLI – presidente Ais
Sono nato a Verona nel ‘66 dove tuttora vivo. Qui lavoro dal 1987 come funzionario tecnico presso la locale Università. Sono Sommelier dal 1994, Relatore dal 2002, titolo grazie al quale conduco regolarmente lezioni nei 3 livelli AIS e per altri enti di formazione professionale, oltre ad interventi di degustazione e di divulgazione.
Dopo i primi passi dal 2003 al 2011 con l’attività redazionale della Delegazione di AIS Verona e i primi chilometri nella ristorazione, arriva l’impegno come Delegato AIS per Verona dal 2012 al 2014. Tra le esperienze più significative annovero la presenza in Consiglio Nazionale e in Giunta Esecutiva Nazionale dal 2006 al 2010, la Vice Presidenza di AIS Veneto dal 2013 al 2014 e il lungo cammino fino ad oggi con due mandati da Presidente regionale.
Quest’ultima sicuramente l’esperienza più impegnativa e coinvolgente, anche dal punto di vista umano. Vivo dal 1991 con Chiara, nostro figlio Mattia, e Darko, l’ultimo cane che accompagna la vita della nostra famiglia in campagna. Dicono che non sorrido mai, ma è solo un effetto metallico. Sotto la scorza di ogni rocker si cela infatti sempre tanta passione, basta solo una miccia per accenderla: un buon giro di basso o un buon giro di osterie.
Sono sempre stato attratto dal mondo della comunicazione, che sta agli antipodi della mia formazione scientifica. Ed è proprio su questo campo che ho potuto lavorare di più e aprire nuove strade in Associazione. Odio la rassegnazione del fare le cose sempre nello stesso modo: cercare nuove soluzioni, ribaltare la prospettiva, avere visione, sono buoni motivi per i quali vale sempre la pena abbandonare le certezze e rimettersi in gioco.
Forse proprio per questo non ho mai sopportato l’autoreferenzialità. Lo zodiaco mi colloca tra i pesci, ma più che nuotare, galleggio. Ben inteso, se devo tuffarmi mi butto senza paura, ma ho imparato a misurare le forze per tornare a riva e non finire a fondo. MARCO ALDEGHERI – vicepresidente Ais
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Domani l’assemblea dei soci del Consorzio Vini Venezia voterà a favore dello stoccaggio di una parte della nuova produzione di Pinot grigio (eccetto quella biologica). Saranno vincolate circa 20 quintali per ettaro di tutte le produzioni idonee alla rivendicazione della Pinot grigio Doc Venezia.
La decisione dovrà poi essere approvata dalla Regione Veneto, prima della vendemmia precoce che inizierà il 22-23 agosto. Il Consorzio Vini Venezia non è la prima realtà in Europa che ha scelto di imboccare questa strada.
Gli oltre 150 viticoltori della Gironda, il dipartimento francese dove si trova Bordeaux, starebbero addirittura valutando di estirpare 20 mila ettari di vigna allo scopo di ridurre la produzione.
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Le enoteche sono state escluse dal “Fondo di parte capitale per il sostegno delle eccellenze della gastronomia e dell’agroalimentare italiano”. Una decisione che ha scatenato la reazione di Vinarius, associazione delle Enoteche italiane che raccoglie 120 associati per 50 milioni di euro di fatturato complessivo. Circa 8 mila le enoteche presenti invece in Italia, di cui almeno 6.500 operanti nel settore della mescita.
«Appena appresa la notizia – afferma Andrea Terraneo, Presidente di Vinarius – abbiamo deciso di intervenire con prontezza e guidati dalla volontà di aprire un canale di dialogo con il Ministero. Chiediamo l’integrazione delle enoteche, tra le categorie a cui questi aiuti spettano».
Allo stesso modo di ristoranti, bar, gelaterie e pasticcerie, anche le enoteche sono promotrici e grandi utilizzatrici di prodotti DOP e IGP, quindi riteniamo doveroso il loro inserimento nella lista presente nel decreto attuativo».
ENOTECHE: UN’ALTRA BATOSTA DOPO IL LOCKDOWN
Dopo due anni di profonda difficoltà causati dalla situazione sanitaria nazionale e in un momento di continua incertezza economica data dalla crisi energetica e delle materie prime anche le enoteche, chiedono un sostegno economico e di potersi finalmente sedere ai tavoli di concertazione, «come parte integrante della filiera agroalimentare».
«Prendiamo sempre più coscienza del nostro ruolo di dialogatori con ministeri ed enti governati – continua Terraneo – soprattutto in una situazione di emergenza continuativa e con nuove normative uscenti che riguardano la filiera nel suo complesso».
Serve un continuo confronto reciproco e paritario – sottolinea ancora il presidente di Vinarius – anche se ci rendiamo conto di non essere ancora dentro i tavoli di discussione. Per questo e con il percorso messo in atto negli ultimi anni ci auguriamo di essere chiamati come rappresentanti di una folta e laboriosa categoria esattamente al pari delle altre».
Con la lettera inviata venerdì 8 luglio, l’associazione presieduta da Andrea Terraneo si augura «di ricevere una risposta collaborativa da parte del ministro Patuanelli, che già aveva manifestato in passato il desiderio di supportare gli esercizi commerciali che giornalmente lavorano per valorizzare e promuovere l’inestimabile patrimonio agroalimentare italiano».
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La Liguria del vino non riesce più ad accontentare tutte le richieste dei buyer: cantine vuote già a settembre e uffici commerciali costretti a ricorrere alle assegnazioni per soddisfare più acquirenti possibili, anche all’estero, razionando ordine e consegne. La crescita dell’autoctono Pigato, accanto al Vermentino, al Rossese, all’Ormeasco (Dolcetto) e alla Granaccia (la stessa uva del Cannonau della Sardegna), guida l’exploit della regione, sugli scaffali di mezzo mondo. Ma i sorrisi sono a mezza bocca nel Ponente Ligure, dove le 25 cantine della rete di imprese Vite in Riviera sono costrette a fare i conti con limitazioni congenite del giro d’affari.
Il quadro a luci ed ombre è dipinto da Massimo Enrico, presidente del mini “Consorzio” viti-olivicolo che si occupa, dal 2015, di tutelare e promuovere vino, olio e prodotti tipici del territorio delimitato ad est da Quiliano e Roccavignale e ad ovest da Dolceacqua e Camporosso, attraversando il triangolo Pornassio – Pieve di Teco – Ranzo, a cavallo tra le province di Imperia e Savona.
Si passa dai bianchi e rossi Riviera Ligure di Ponente Doc (Pigato, Vermentino, Moscato, Rossese, Granaccia) al Rossese di DolceacquaDoc; dall’Ormeasco di Pornassio Doc ai vini Igt Colline Savonesi e Terrazze dell’Imperiese.
Senza dimenticare l’olio extravergine Dop da cultivar Taggiasca e Pignola, altri veri patrimoni di una terra ruvida ma generosa, patria del basilico, del pesto e di specialità imperdibili come il Caviale del Centa e l’aglio di Vessalico della Valle Arroscia, nell’entroterra di Albenga.
Una Rete di aziende d’eccellenza, che punta ora ad avere sempre più voce in capitolo ai tavoli decisionali. Non fanno eccezione quelli della politica regionale. Lo dimostra la prossima riunione convocata dall’assessorato all’Agricoltura di Via Fieschi 15, in cui Massimo Enrico porterà la testimonianza in chiaroscuro di tutte le aziende di Vite in Riviera.
VITE IN RIVIERA AL TAVOLO CON REGIONE LIGURIA
«In Liguria – anticipa il rappresentante di Viticoltori Ingauni – bisognerebbe innanzitutto riprendere in mano il catasto vinicolo e stabilire quanta discrepanza ci sia tra la produzione annuale a denominazione e gli ettari di vigneti rivendicati. Purtroppo, i terreni in stato di abbandono sono d’ostacolo all’autorizzazione di nuovi impianti, che per molti viticoltori sarebbero vitali. Andrebbero poi rivisti, su scala nazionale, i criteri di assegnazione dei diritti di reimpianto».
Una situazione complicata anche dall’impatto dei cambiamenti climatici sulla viticoltura. La Liguria, già penultima regione per quantità di vino prodotto in Italia – pesa più della sola, piccola Valle d’Aosta – ha visto ridursi del 10% gli ettolitri trasformati nel 2021 rispetto al 2020 (fonte Assoenologi su dati Agea), passando da 40 a 36 mila. Vale a dire circa 4,8 milioni di bottiglie.
La vendemmia 2022, condizionata dalla cappa di calore e siccità che sta attanagliando il Bel paese, non sarà più generosa. Al contrario, il vino ligure piace sempre di più anche all’estero, come dimostra il +26,7% dell’export vinicolo regionale del 2021, rispetto al 2020.
I problemi di mercato maggiori – evidenzia Massimo Enrico – riguardano i nostri vini bianchi. A settembre, a distanza di pochi mesi dall’immissione in commercio, sono ormai quasi sempre finiti.
Una scarsa disponibilità che rischia di scoraggiare i buyer, che non amano dover rivedere i loro assortimenti o rinunciare a prodotti in gamma, sentendosi dire dai loro fornitori che il prodotto è finito».
TANTE ECCELLENZE TRA I VINI DEL PONENTE LIGURE
D’altro canto, le quantità risicate di cui possono disporre le cantine di Vite in Riviera sono inversamente proporzionali alla qualità di gran parte delle etichette di vino prodotte. A confermarlo sono gli assaggi alla sede di Ortovero dell’Enoteca regionale della Liguria, luogo da non perdere per tutti gli appassionati di vino e professionisti che intendano approfondire, calice alla mano, il Ponente Ligure (nonché sede operativa del “mini Consorzio”).
Fra le aziende, brillano per la gamma due piccole realtà come Tenuta Maffone (Acquetico di Pieve di Teco, IM) e La Vecchia Cantina – Famiglia Calleri (Salea, SV) entrambe seguite da Marco Biglino. L’enologo piemontese, oggi 85enne, è capace di valorizzare come pochi il Pigato e le altre uve della zona.
Ci riesce con i vini di Eliana Maffone e del marito Bruno Pollero, così come con quelli degli eredi di Umberto Calleri, dove può contare sull’ausilio del giovane Filippo Bertolotto, ormai al timone di quella che è una vera e propria boutique winery.
Molto convincenti anche i vini di Bio Vio di Bastia d’Albenga (SV), vero e proprio regno del biologico (prima azienda agricola ligure certificata) fondato da Aimone Giobatta nel 1989, insieme alla moglie Chiara. La coppia oggi può contare sulle tre figlie Caterina, Camilla e Carolina (la famiglia nella foto sopra), che si dividono i compiti tra la parte enologica, della ristorazione e dell’ospitalità.
Tra i vini delle cantine di Vite in Riviera spiccano anche quelli dell’Azienda Agricola Bruna di Ranzo (IM), con i suoi vigneti di Pigato e Vermentino di alta collina, nella selvaggia Valle Arroscia che ricomincia a popolarsi di lupi.
NON SOLO VINO: IL CASO PEQ AGRI
Di ampio respiro il progetto di PEQ, holding attiva in Irlanda, Regno Unito e nel Ponente Ligure fondata da Giorgio Guastalla che attraverso PEQ Agri, società savonese amministrata da Marco Luzzati, ha rivoluzionato l’assetto di alcuni brand storici della Liguria del vino.
Le acquisizioni di Lupi (Pieve di Teco, IM) e Guglierame (Pornassio, IM) in seguito a quella della “casa madre” Cascina Praiè (Andora, SV), consentono oggi a Vite in Riviera di poter contare su una delle più giovani e dinamiche realtà del panorama vitivinicolo italiano. A completare la “carta vini” di Peq Agri è il ristorante Vignamare, guidato dallo chef Giorgio Servetto (una stella Michelin al Nove di Alassio).
Un tempio della cucina gourmet che si trova proprio sotto alla spettacolare Terrazza Praié, meta informale in cui poter degustare un calice di vino accompagnato a piatti realizzati con le materie prime degli orti aziendali. Entro la fine del mese è prevista l’inaugurazione dell’ultimo (per ora) tassello: l’Agriturismo Resort di Tovo, a Tovo San Giacomo (SV).
VITE IN RIVIERA, I VINI DA NON PERDERE
SPUMANTI E FRIZZANTI – VITE IN RIVIERA
Vino spumante di qualità Metodo classico Dosaggio Zero millesimato 2018 “U Bertu” (Pigato, sbocc. 2021), La Vecchia Cantina – Famiglia Calleri
Vino spumante di qualità Metodo classico Non dosato 2015 (Ormeasco, sbocc. 2022), Tenuta Maffone
Colline Savonesi Igt Granaccia 2020 “Gublòt”, Società Agricola RoccaVinealis
Ormeasco di Pornassio Doc 2021, aMaccia
Riviera Ligure di Ponente Doc Rossese 2021, Anfossi
Vino Rosso Belkerus, Viticoltori Ingauni
VINI DOLCI – VITE IN RIVIERA
Ormeasco di Pornassio Doc 2017 Passito, Tenuta Maffone
Rosso Chinato, Tenuta Maffone
FOOD: LE SPECIALITÀ DEL PONENTE LIGURE, NELLO SHOP-MUSEO DI ALBENGA
C’è un perché se il progetto territoriale di Vite in Riviera abbraccia anche un’azienda che non produce vino. Si tratta di Sommariva Tradizione Agricola di Albenga, realtà ormai vicina a spegnere le 110 candeline che può contare su uno shop e su un Museo della Civiltà dell’Olivo , nel cuore della nota località turistica della Liguria.
All’interno del negozio è possibile degustare (e acquistare) le specialità locali del food. Dall’olio al pesto, senza dimenticare il Caviale del Centa e la crema di acciughe. Prodotti lavorati con metodo artigianale, senza aggiunta di additivi e conservanti. Il tutto sotto la guida di Agostino Sommariva e della quinta generazione dell’azienda di famiglia, rappresentata dalla figlia Alice.
La vecchia sede del frantoio di famiglia è uno scrigno che si apre agli occhi dei visitatori, in via Mameli 7, ad Albenga. Al piano terra – o, meglio, qualche gradino più in basso – lo shop e i laboratori. Al piano di sopra il Museo che ospita numerosi cimeli legati alla cultura dell’olio e dell’olivo. Uno spazio reso possibile grazie ai nonni Bugi e Nino, che negli anni hanno raccolto gli attrezzi e gli utensili che oggi animano il Museo.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Pierangelo Tommasi è il nuovo presidente de Le Famiglie Storiche. Dopo tre anni alla guida del gruppo di cantine della Valpolicella, Alberto Zenato passa a Pierangelo Tommasi il testimone di guida dell’Associazione nata nel 2009 e che oggi riunisce tredici storici produttori di Amarone (Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre d’Orti, Venturini e Zenato).
Tommasi avrà come vicepresidenti Giuseppe Rizzardi dell’azienda Guerrieri Rizzardi e Luca Speri dell’azienda Speri, con Alberto Zenato e Marilisa Allegrini nel CdA.
«La scelta di Pierangelo Tommasi – afferma il presidente uscente, Alberto Zenato – rappresenta un naturale avvicendamento all’interno dell’associazione che prevede l’alternarsi delle Famiglie nelle cariche di presidenza e vicepresidenza. Anche questo è l’espressione di un gruppo unito e coeso, ognuno con il proprio stile ma accomunati dalla stessa filosofia produttiva».
«Sono onorato di presiedere un gruppo di stimati colleghi e amici – sono le prime parole di Pierangelo Tommasi – aziende storiche e custodi del proprio territorio, e proseguire il percorso iniziato tredici anni fa, con il progetto di testimoniare i valori che ci accomunano e quelli di una denominazione unica al mondo. Lo faremo con molte attività in Italia e all’estero, sviluppando l’incoming verso le nostre aziende e facendo rete con altre realtà locali».
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«Portare vino e vite nello spazio rappresenta un’enorme opportunità per comprendere e risolvere alcune problematiche che si verificano sulla Terra. Una nuova e rivoluzionaria frontiera per la ricerca scientifica». Così l’enologo Donato Lanati, nel suo intervento al 15° Forum Internazionale della Cultura del Vino della Fondazione Italiana Sommelier svoltosi ieri, lunedì 4 luglio, a Roma.
Per l’occasione, riflettori accesi su “Il vino nello spazio”, grazie al partenariato siglato tra l’Agenzia Spaziale Italiana e la stessa Fondazione Italiana Sommelier, per dare il via ad una nuova sperimentazione avanzata.
Un tema di enorme interesse per una delle più importanti Patrie del vino nel panorama internazionale qual è l’Italia. Durante la mattinata, si è così tenuta la cerimonia di affidamento di tre varietà di vini e di barbatelle destinati alla Stazione Spaziale Internazionale (ISS).
«Il vino accompagna la nostra cultura da 8500 anni – ha ricordato Lanati – e ha saputo adattarsi ai cambiamenti di gusto e di stile. Oggi, andare nello spazio per fare ricerca è una delle imprese più affascinanti che l’uomo stia compiendo e, anche in questa circostanza, vite e vino non potevano che stargli accanto, per aiutarlo a studiare e a prevedere i cambiamenti che stanno avvenendo in natura».
Con temperature che si avvicinano ai 35 °C (quindi 45-50 °C all’interno degli acini), da una parte, si registra un aumento della fotosintesi, con conseguente produzione elevata di zuccheri, mentre dall’altra si ha il crollo di acidità con l’aumento di pH.
Sopra i 40 °C la fotosintesi viene bloccata e la pianta entra in stress. Si determina una conseguente ossidazione degli aromi, dei precursori dei profumi e dei tannini. Quest’ultimi, quando ossidati, formano dei polimeri morbidi e poco reattivi che, una volta passati nel mosto e nel vino, avranno una limitata possibilità di reagire e di formare gruppi cromofori stabili con gli antociani».
«Tali polimeri dei tannini, in affinamento o in bottiglia, spesso, vanno incontro a dimerizzazione (spaccatura), che si esprimerà nel vino con un gusto secco e asciutto, certamente lontano dal percepito di qualità e di armonia», ha precisato Donato Lanati.
Il noto winemaker si è concentrato anche su un tema di grande attualità: i consumi idrici e le emissioni di CO2. «Per ogni litro di vino prodotto – ha spiegato – la pianta evapora dai 350 ai 700 litri di acqua; mentre rispetto alla CO2, malgrado ogni ettaro di vigneto, in un anno, possa assorbirne anche 4 tonnellate, va considerato che ogni litro di vino di 12 gradi, che parte da 180 grammi di zucchero, ne produce 45 litri».
«Per raggiungere una migliore sostenibilità – ha evidenziato Lanati – è necessario partire da una viticoltura di maggior precisione, che permetta di ridurre il numero dei trattamenti e di ottenere uve che assicurino qualità, luminosità/stabilità di colore e, soprattutto, longevità. Caratteristiche, fondamentali per il mercato, raggiungibili con piante che resistano agli stress di calore e idrici».
NEBBIOLO, SANGIOVESE E AGLIANICO NELLO SPAZIO
Nello spazio verranno, così, spediti vini di Nebbiolo, Sangiovese e Aglianico di diverse annate, per comprendere quali reazioni verranno stimolate. Si tratta di varietà diverse tra di loro sia sotto l’aspetto degli antociani (bisostituiti come la Peonidina) sia del quadro aromatico e decisamente diverse da quelle considerate internazionali, come Merlot, Cabernet, Petit Verdot, varietà che hanno una forte componente di antociani trisostituiti e acilati molto stabili come la Malvidina.
«In bottiglia – ha evidenziato Donato Lanati – il vino non è mai statico. In esso continua una serie di reazioni, dall’idrolisi dei profumi alle reazioni accoppiate di riduzione e ossidazione e dalla polimerizzazione fino alla copolimerizzazione dei polifenoli. Là dove i giochi tra tannini e antociani non avessero raggiunto un equilibrio di stabilità in stadio di affinamento sarà, quindi, interessantissimo capire cosa succederà, di diverso, nello spazio».
Rispetto alle barbatelle (sempre di Nebbiolo, Sangiovese e Aglianico), invece, l’obiettivo è valutare come, in una condizione di microgravità e pressione dei campi magnetici, reagiscano nei confronti delle malattie fungine, come la Peronospora, o alle punture di insetti, come la Fillossera; ovvero, se saranno in grado di esprimere caratteri di resistenza nei confronti di tali parassiti».
Se questo avvenisse, «potremmo iniziare ad utilizzare piante franche di piede, in grado di dialogare direttamente col territorio (che è la vera ricchezza della nostra enologia), senza più passare attraverso intermediari, quali, i portinnesti americani. Sarebbe una grande rivoluzione nel mondo della viticoltura».
«Lo posso confermare con certezza – ha aggiunto Donato Lanati – avendo una decennale esperienza in Kazakistan a sull’altipiano del Karakemer (1000 slm), dove si coltivano piante franche di piede. Non dobbiamo dimenticare che le viti agiscono come una penna ottica in grado di leggere il paesaggio e che la loro vita biologica avviene per l’80% nel terreno, in un dialogo continuo con microrganismi attraverso le micorrize».
Lanati ha infine sottolineato come «facendo fermentare il mosto nello spazio si potranno stimolare mutazioni nei lieviti e isolare quelli che hanno una più bassa resa in alcol e, per tanto, minor produzione di CO2. Un grande passo avanti, anche, in termini di sostenibilità da riprodurre sulla Terra».
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È tra le etichette della Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di winemag.it il Langhe Doc Arneis 2019 “Tre Fie” di Agricola Marrone. Alla vista, il vino si presenta di un giallo paglierino luminoso, dai riflessi dorati. Naso floreale, fragrante, delicato e avvolgente.
Palato agile ma concreto, tra note d’agrumi, frutti tropicali e venature minerali. Beva compulsiva, instancabile: un Arneis perfetto per l’estate torrida che ha avvolto l’Italia. «Vino da aperitivo ma non solo», come lo descrive bene la famiglia produttrice, di La Morra.
Il Langhe Doc Arneis 2019 “Tre Fie” di Agricola Marrone colpisce tuttavia per la precisione con cui è ricamato, sulla tipicità di un vitigno di cui si parla sempre troppo poco, in Italia e nel mondo. È il vino che Gian Piero Marrone ha dedicato alle “Tre Fie”, ovvero le sue tre figlie: il presente e, soprattutto, il futuro dell’azienda.
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FOTONOTIZIA –Prowine Singapore si svolgerà una volta all’anno fino al 2024, a partire dall’edizione 2022. La decisione di Messe Düsseldorf Asia e Informa Markets è dovuta «alla forte domanda e alla crescita del mercato dei vini, dei liquori e degli alcolici nel Sud-Est asiatico».
Dopo la prossima edizione di settembre 2022, il ProWine Singapore tornerà insieme al Fha – Food & Beverage, in programma dal 25 al 28 aprile 2023 presso il Singapore Expo. L’ultima edizione di Prowine Singapore si era tenuta nel 2018.
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EDITOTORIALE – Ieri sera, come ogni domenica, sono sceso a buttare il vetro. Vivo in un condominio. Mi tocca. Il fatto è che ogni volta la vivo peggio. Ogni volta scendo le scale come scendessi all’Inferno. Un po’ come Dante. Ma senza gironi, né tantomeno Virgilio. Scendo solo. E torno solo. Più sconsolato di prima.
Mica perché sia faticoso portar giù una decina di bottiglie. Piuttosto perché, ogni settimana, il mio timore che questo Paese stia sbagliando quasi tutto – nella comunicazione, nel marketing, nel proporre all’estero i propri vini con l’entusiasmo di un bulldog francese, che non conosce in realtà poi così bene i limiti del proprio corpo – si accresce e mi spaventa più della volta prima.
Che il nuovo mercato del vino italiano sia l’Italia stessa, lo dimostrano quei bidoni pieni di birre industriali e vini da una manciata di centesimi di euro che trovo, mentre getto fiero i “cadaveri” delle mie serate e cene da critico enofighetto (che non sono, peraltro!).
Mentre sto per finire il mio Fendant 2011 di Domaine de Beudon, il vicino di casa è già sceso tre volte a buttare 8 lattine di birra. Mentre mi godo l’ultimo sorso del Riesling 2019 di Sepp Moser, quello del piano di sopra è già alla quarta sigaretta, sul tragitto fra l’uscio dell’appartamento e la sala spazzatura, in garage: un’ottima scusa per smettere di sentire i bambini gridare, quelle 6 bottiglie da mezzo litro di birra Moretti da buttare.
Mentre svuoto l’ultima bottiglia di Barbera di Monsupello, alternandola con lo Chinon di Dumnacus Vignerons (chi mi conosce sa quanto apprezzo il Cabernet Franc, anche d’estate!), la famiglia del mio dirimpettaio s’è scolata litri e litri di Ichnusa, litri e litri di Fanta e litri e litri di Carintia, nientedimeno che la “Premium Beer” di Md Discount.
Per non parlare di tutta quella Vodka Orange “Ready to drink Cocktail” con cui devono aver festeggiato quei mattacchioni della finestra di fronte, mentre io bevevo Franciacorta, Meursault e Pinot Nero Metodo classico di quella stessa cantina del Barbera (viva l’Oltrepò pavese della qualità vera), o assaggiavo l’ultimo vino di quel genio di Mario Piccini, “Pinocchio”.
Il tutto mentre cerchiamo di convincere l’estero di essere i migliori, perlopiù con le aziende sbagliate; mentre investiamo centinaia di migliaia di euro in progetti per l’internazionalizzazione (di chi?); mentre invitiamo in Italia buyer esteri travestiti da giornalisti, ai press tour in cui c’è sempre meno spazio per la stampa italiana (quella vera, perché per quella tarocca e prezzolata c’è e ci sarà sempre un posto a tavola); mentre puntiamo tutto sull’export, «perché è più redditizio e quelli pagano, mica come gli italiani»… Dimentichiamo quanto siano tristi, quei bidoni, ogni domenica sera.
Ci dimentichiamo quanto sia triste il bere quotidiano di molti (troppi) italiani, snobbati dalla stampa, snobbati dalla critica, snobbati dalla comunicazione. Snobbati dalle cantine italiane (troppe) che hanno smesso di raccontarsi, nel loro Paese, puntando spesso su fiere e mercati su cui scommettere, come su vere e proprie incognite. Lasciando i bidoni condominiali dei palazzi italiani riempirsi di nient’altro che del vuoto lasciato: l’inferno del vino italiano. Un po’ anche il mio.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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