Con l’obiettivo di promuovere la viticoltura ed i vini eroici, il Cervim ha istituito la figura di “Ambasciatore Cervim – Viticoltura Eroica“. I riconoscimenti del Centro di Ricerca, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura di Montagna, in Forte Pendenza e delle Piccole Isole vengono conferiti a personalità legate a questa particolare viticoltura per passione, conoscenza dei luoghi o perché operano direttamente in contesti di viticoltura eroica.
Sei le onorificenze di Ambasciatore conferite: all’enologo spagnolo delle Isole Canarie Manuel Angel Capote Perez, al winemaker Roberto Cipresso, all’enologo e al funzionario dell’Istituto regionale vini, oli Sicilia Giovanni Giardina.
Ci sono poi lo slovacco Erik Klein Export manager e Italian Wine Ambassador e a Michele Lauriola dell’Università degli studi del Molise e produttore. A questi si aggiunge Alessandra Dinato, export manager – wine consultant, insignita quest’oggi a Vinitaly.
La viticoltura eroica – sottolinea Stefano Celi, presidente Cervim – assume una rilevante importanza in termini di tutela di beni materiali e immateriali: dal paesaggio antropico alle tradizioni, dalla biodiversità viticola alle tecniche di coltivazione affinate nel tempo, capaci di rendere accessibili e produttive zone impervie».
«Tutti aspetti che oggi rappresentano un patrimonio, anche paesaggistico, di inestimabile valore. Riteniamo che la valorizzazione di questo straordinario patrimonio possa essere veicolata anche da chi ricopre un ruolo nella società civile in Italia e nel mondo».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
I presidenti dei tre Consorzi di Tutela dell’Universo Prosecco hanno ufficializzato oggi l’apertura di un «tavolo di confronto che ha come immediato obiettivo la stesura di una carta di valori comuni». Una sorta di protocollo che definisca «percorsi e azioni condivise». E che dia seguito «al rapporto di cooperazione già felicemente avviato con l’esperienza di Sistema Prosecco».
Nove le parole chiave che definiscono gli intenti dell’accordo: Territori, Comunità, Identità, Rispetto, Etica, Integrazione, Futuro, Ricerca e Italianità. «Una base di partenza importante per un progetto importante – hanno spiegato i tre presidenti – che ribadisce la precisa volontà delle nostre tre realtà di portare avanti un discorso comune che abbia, come obiettivo finale, sempre quello di promuovere e divulgare la cultura del Prosecco in Italia e nel mondo».
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L’inflazione galoppa anche negli Stati Uniti (+7,9%, al livello più alto da 40 anni). Conseguentemente il vino italiano rischia di fermare la propria corsa nel primo mercato al mondo. È quanto previsto dagli operatori del mercato enologico statunitense intervistati nell’indagine Iwsr/Wine intelligence presentata dall’Osservatorio Uiv-Vinitaly.
Secondo il trade statunitense, la congiuntura produrrà danni importanti alle importazioni di vino. Il 38% prevede un decremento generalizzato dei volumi in entrata, mentre il 37% pensa a uno stop al processo di premiumizzazione. Ne risentirà anche alla domanda di prodotto tricolore di qualità che ha fatto la fortuna del Belpaese (2,26 miliardi di dollari l’import Usa del 2021). Solo 1 intervistato su 4 non immagina alcun impatto dall’escalation dei prezzi.
«L’attuale percezione da parte dei professionisti del settore è sicuramente condizionata da una congiuntura che non aiuta – dice il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani -. A prescindere da questo il vino italiano, i suoi produttori e i suoi strumenti di promozione e marketing hanno il dovere di prevedere le mosse di un mercato che si preannuncia sempre più fluido. E agire di conseguenza».
I GIOVANI E IL CONSUMO DI VINO
Altro campanello di allarme arriva dalla migrazione verso altre bevande da parte dei consumatori giovani, in particolare dai maggiorenni della Generazione Z e dai Millennials. Secondo l’Osservatorio Unione italiana vini e Vinitaly, l’88% dei rispondenti prevede infatti una possibile riduzione dei consumi tradizionali di vino delle fasce interessate.
Tra i drink sostitutivi, in testa appaiati con il 60%, i Ready to drink (bevande pronte al consumo soprattutto a base di vodka o rum), i cocktail, i vini a basso contenuto di alcol e gli hard seltzer (drink frizzanti lievemente alcolici e aromatizzati).
La birra è ferma al 40% delle opzioni. Tra le motivazioni che spingono i giovani a consumare il vino, al primo posto il lifestyle, seguito dal benessere. Il vino come simbolo identitario, quindi, che a giudizio del mercato sarebbe apprezzato molto di più se accompagnato dal marchio di sostenibilità.
IL MERCATO AMERICANO
Come per l’evoluzione delle importazioni mondiali, anche per gli Usa la ripresa dalla crisi pandemica è stata sin qui più vigorosa e immediata rispetto all’uscita dalla crisi dei subprime. Due anni buoni per ritornare ai valori pre-bolla, con innesco del fenomeno conosciuto come “premiumization”.
E l’Italia, lo dicono anche le elaborazioni dall’Osservatorio su base Nielsen presentati nel focus sul mercato d’Oltreoceano, ha giocato un ruolo da attrice protagonista. A fine 2021 le vendite nel canale off-premise (grocery store, liquor shop) sono lievitate a valore del 23% rispetto al 2019. Pari ad un totale di circa 2 miliardi di dollari.
Nel dettaglio, le performance italiane nel biennio sono di crescita sia sul lato vini fermi (+18%, con +24% per i rossi), sia, e in maniera strabordante, sul lato spumante (32%), con il solo Prosecco attestato a valore a +44% e l’Asti a +16%.
Tra i prodotti bandiera, oltre al Prosecco (22% del totale mercato sparkling, con 520 milioni di dollari), il Chianti-Chianti Classico (115 milioni di dollari) rappresenta mediamente il 16% delle vendite di vini rossi italiani, con punte del 30% a New York. Il valore generato dal Pinot grigio (554 milioni di dollari) lo rende quasi monopolista ovunque, con il totale sulle vendite italiane di vini bianchi al 77% e punte superiori all’80% in Florida e New York.
La torta italiana del mercato off premise è composta a valore per il 27% da Pinot grigio, il 25% da Prosecco, il 34% da rossi, in particolare toscani e piemontesi.
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Dal Brunello di Montalcino al Barolo. Il passo è breve per il Gruppo Piccini, che annuncia l’acquisizione di Cantina Porta Rossa nelle Langhe. Si tratta della prima Tenuta Piccini in Piemonte, che va ad aggiungersi alle cinque dislocate tra Toscana, Basilicata e Sicilia.
Una vera e propria ciliegina sulla torta per il colosso guidato da Mario Piccini, che ha chiuso il 2021 con un fatturato in crescita di circa 100 milioni di euro. L’ingresso della storica cantina piemontese guidata dall’enologo Pierfranco Bonaventura costituisce un ponte tra due delle denominazioni del vino italiano più note al mondo.
Nel portafoglio prodotti del Gruppo Piccini entra il brand Cantina Porta Rossa, con i suoi vini e l’archivio storico, che comprende numerose annate di Barolo Docg, ma anche di Barbaresco Docg, Langhe Doc Nebbiolo e Barbera d’Alba Doc.
«Da 140 anni – commenta Mario Piccini – ci prefiggiamo l’ambizioso obiettivo di raccontare l’Italia del vino attraverso le sue eccellenze. Da oggi, il vasto orizzonte enoico di Piccini 1882 abbraccia le colline del Piemonte, rispettandone la filosofia produttiva che esalta lo stretto vincolo tra i vini e il loro luogo d’origine».
CANTINA PORTA ROSSA NEL PORTAFOGLIO PICCINI 1882
In quest’ottica – continua – non si può non parlare di Langhe e noi abbiamo deciso di farlo attraverso un brand che rappresenta le eccellenze prodotte tra le colline albesi, come ad esempio può esserlo il Barolo Porta Rossa. L’acquisizione, infatti, comprende anche le etichette delle vecchie annate».
Cantina Porta Rossa, con sede legale ad Alba, in provincia di Cuneo, è diventata negli anni un marchio riconosciuto a livello internazionale. «Mettiamo la nostra esperienza al servizio della tradizione – sottolinea l’enologo Pierfranco Bonaventura – riservando attenzioni maniacali alla materia prima e alla sua lavorazione nelle nostre cantine. Il nostro obiettivo è valorizzare e interpretare il territorio».
Principi condivisi da Piccini 1882, che ha «tutta l’intenzione di dare continuità al lavoro fatto fin ora, risaltando l’eccellenza del brand “Porta Rossa”». Qualcosa di già riuscito in un passato recente, con la “rifondazione” di un’altra storica realtà del Made in Italy enologico come la Viticoltori del Chianti Geografico, altra realtà della costellazione Piccini.
La famiglia vanta appunto già cinque Tenute sparse tra il centro e il sud Italia, per oltre 200 ettari di vigneti. Si spazia dal Chianti Classico (Fattoria di Valiano) alla Maremma (Tenuta Moraia), passando per Montalcino (Villa al Cortile) e i territori vulcanici del Vulture (Regio Cantina) e dell’Etna (Torre Mora).
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
È Michele Bernetti, titolare della cantina Umani Ronchi, il nuovo presidente dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt). Il maxi-consorzio diretto da Alberto Mazzoni conta 556 aziende, 16 denominazioni tutelate e rappresenta l’89% dell’imbottigliato della zona di riferimento.
Bernetti, che raccoglie il testimone da Antonio Centocanti, è stato eletto all’unanimità dal consiglio di amministrazione del consorzio. Ad affiancarlo, il confermato vicepresidente Doriano Marchetti (Moncaro) e il nuovo vicepresidente Antonio Centocanti (Cantine Belisario).
Le nomine, della durata di tre anni, sono state annunciate oggi nel corso della 54° edizione di Vinitaly. Il cambio al vertice segue un inizio di anno sprint per i bianchi simbolo dei vini marchigiani.
Secondo l’analisi di Imt sui contrassegni di Stato rilasciati da Valoritalia, Il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Verdicchio di Matelica chiudono il primo trimestre 2022 con un incremento delle consegne delle fascette di Stato rispettivamente del 10,3% e del 24,1% sul pari periodo dello scorso anno. Una crescita significativa che riporta le due denominazioni ai livelli pre-Covid del 2019.
LE PAROLE DI MICHELE BERNETTI
«Nel mio mandato triennale il focus sarà legato agli obiettivi istituzionali propri del Consorzio – dice Bernetti -. Prima di tutto la tutela delle nostre Dop anche attraverso le fascette di Stato, che già hanno portato a degli interessanti risultati per il Verdicchio dei Castelli di Jesi e di Matelica. Questa novità ha suscitato l’interesse delle altre denominazioni non solo per garantire maggiori garanzie al consumatore ma anche rendere più remunerativo il lavoro di chi coltiva l’uva».
«Altro obiettivo istituzionale è quello della promozione. Le Marche sono una regione in grado di esprimere una qualità spesso ancora poco valorizzata. Inoltre, cercheremo di portare a termine molti programmi promozionali internazionali. Programmi che abbiamo dovuto interrompere nel corso del biennio pandemico”, prosegue il neopresidente».
«L’aspetto però più importante e trasversale a tutte le 16 Doc dell’area – aggiunge ancora Bernetti – è legato all’incremento del valore del prodotto e della redistribuzione dello stesso lungo la filiera produttiva. Una sfida che abbiamo l’obbligo di perseguire e vincere».
«L’ultimo tema è legato alla revisione in atto di alcuni disciplinari nati ormai anni fa, a partire da quello del Verdicchio dei Castelli di Jesi, del Conero e Verdicchio di Matelica. L’intenzione è di adeguarli alle tendenze di mercato attuali. Su questo percorso, che mi vede molto favorevole, i comitati avranno il pieno appoggio dell’Istituto marchigiano di tutela vini», conclude.
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Varvaglione 1921 presenta un video game che vuole essere una esperienza immersiva e divertente nel mondo della viticoltura. Un “wine game” sul tema vino che è anche educazione e formazione sui temi dell’enologia.
Per i dieci anni della linea 12eMezzo, la linea di vini che parla ai giovani del mondo, è nato un progetto che interpreta un linguaggio caro alle nuove generazioni tenendo fede ai valori della storica azienda di famiglia.
IL VIEDO GAME
Per lanciare il compleanno di 12eMezzo, è stato messo a punto un video game immersivo con una guida speciale. Ercolino, il cane della famiglia Varvaglione, accompagnerà i giocatori attraverso i vigneti, scansando tutto ciò che mette in pericolo la vite e l’uva, passando per le fasi di imbottigliamento fino alla degustazione.
Il videogioco, della durata di circa un mese, è suddiviso in tre livelli, ognuno dei quali rivolto a una fase diversa della catena di produzione dei vini Varvaglione. Dal vigneto alla vendita.
I LIVELLI DEL GIOCO
Per quanto riguarda i primi due livelli, si può parlare di edutainment gaming, ovvero la comunicazione giocosa finalizzate alla didattica. Il primo è ambientato in una vigna, dove il player deve guidare un trattore e raccogliere gli elementi essenziali per la produzione. Raccogliendo uva e acqua il giocatore deve invece schivare neve e funghi che potrebbero danneggiare il raccolto.
Il secondo si concentra sul processo di imbottigliamento e protagonista è la bottiglia. L’utente deve muoverla su di un rullo, prendendo gli oggetti utili al suo completamento (etichette e tappi) ed evitando quelli non inerenti. Ogni volta che il player si imbatte in uno degli elementi, funzionali e non, si aprono dei pop-up informativi con una breve spiegazione di ognuno.
L’obiettivo è, quindi, che l’utente giocando, intraprenda un viaggio alla scoperta del ciclo di vita del prodotto. Un viaggio che lo conduca dalla raccolta del vino alla produzione della bottiglia.
Il terzo e ultimo livello si svolge in una fiera in cui il giocatore deve man mano raccogliere i loghi del brand Varvaglione1921 per raggiungere lo stand dell’azienda. I diversi livelli vengono lanciati con una cadenza settimanale.
Al termine di ognuno, gli utenti vengono invitati a giocare a quello successivo (la comunicazione è rafforzata anche da attività sui social network) e possono, inoltre, compilare un form, che appare nella schermata finale, per ricevere un’e-mail con un codice sconto da utilizzare online.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
La Sicilia registra il 15% degli ettari vitati e l’8% della produzione di vino rispetto all’Italia. È uno dei dati che emergono dallo studio UniCredit-Nomisma “Competitività e scenari evolutivi per il vino italiano e siciliano secondo l’Agri4Index Nomisma-UniCredit”, presentato oggi a Palermo.
«Lo studio Nomisma – ha sottolineato Salvatore Malandrino, Responsabile Regione Sicilia di UniCredit Italia – conferma l’immagine del settore vitivinicolo della Sicilia come un comparto d’eccellenza per l’economia nazionale. L’iniziativa di oggi rientra nel più ampio impegno di UniCredit per il mondo del vino italiano. La banca ha infatti avviato un progetto che si concretizzerà in un evento finale il prossimo 10 aprile al Vinitaly».
I RISULTATI DELLO STUDIO NOMISMA-UNICREDIT
La Sicilia si colloca al primo posto in Italia per superficie dedicata alla coltivazione biologica della vite. In Regione la superficie di vigne a coltivazione biologica è pari a 26.241 ettari (il dato nazionale è pari a 117.378 ettari), pari al 27% della superficie di vigne in Sicilia.
Sul fronte della qualità i vini della Sicilia si confermano anche per il 2021. L’incidenza dei vini Dop è sostanzialmente in linea con la media nazionale (40% Sicilia; 43 % Italia). L’incidenza dei vini Igp è più alta in Sicilia rispetto al dato nazionale (34% Sicilia; 26% Italia).
L’export regionale ha registrato un forte rimbalzo (+16,8%) rispetto al crollo del 2020 e registra un aumento del 20,7% rispetto al 2016. I principali mercati di riferimento dell’export del vino siciliano sono: gli Stati Uniti (21%); la Germania (12,7%); il Regno Unito (8,7%), il Canada (7%).
Rispetto ai dati del 2016 il maggiore incremento si è registrato in Canada (93,1%), Corea del Sud (64,3%), Svezia (52,9%) e Stati Uniti (40,3%). Nell’export i rossi Dop Sicilia registrano un incremento del 2% rispetto al 2019 e i bianchi Dop Sicilia hanno avuto un incremento del 32% rispetto al 2019.
Riguardo al trend nelle vendite di vini nella Distribuzione Moderna in Italia (Iper e supermercati) – nel 2021 rispetto al dato del 2019 -, i vini fermi siciliani sono cresciuti complessivamente dell’8,7% nei valori e del 2,5% nei volumi. Buone le performance per i vini Dop siciliani le cui vendite sono aumentate del 21,5% nei valori e del 15,8% nei volumi.
SICILIA EN PRIMEUR 2022
In occasione dell’incontro odierno è stata presentata l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur. L’annuale anteprima dei vini siciliani organizzata da Assovini Sicilia è in programma a Erice dal 27 aprile al 1° maggio. Saranno oltre 50 i giornalisti italiani e stranieri che parteciperanno alla kermesse.
«Il tema scelto per l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur è “Back to the roots. La Sicilia che vive il futuro” – commenta Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – . Vogliamo condividere e sottolineare il messaggio che la Sicilia vitivinicola è pronta alle sfide del domani facendo tesoro delle sue preziose pratiche del passato, molte delle quali si sono mantenute intatte negli anni, compatibilmente con l’innovazione tecnologica».
«Tutto ciò, ha consentito una evoluzione enologica nel rispetto dell’ambiente e dell’uomo – prosegue de la Gatinais -. La Sicilia, grazie alla sua posizione e alle sue caratteristiche climatiche mediterranee, dimostra grande elasticità ai cambiamenti climatici rispetto ad altri luoghi».
«La scelta di Erice, per l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur, è una scelta consapevole, perchè ha un significato profondo legato al suo profilo e alla sua storia: centro culturale e scientifico di fama internazionale, laboratorio di idee», conclude de la Gatinais.
«É un piacere tornare alla presentazione di un evento consolidato come “Sicilia en Primeur” – sottolinea Antonio Rallo, Presidente del Consorzio Vini Doc Sicilia – che dal 2004 si occupa di rendere protagonista la produzione vinicola siciliana. Con i suoi 98.000 ettari di superficie vitata, la nostra Isola è per definizione un Continente vitivinicolo, inclusivo di molteplici influenze territoriali e storiche».
«Il 2021 ha segnato un incremento sostanziale dell’imbottigliamento della Doc Sicilia, per un totale di oltre 95 milioni di bottiglie prodotte, predisponendo uno scenario ottimista anche per il futuro, grazie alla qualità dei prodotti della vendemmia 2021 che ci accompagneranno nei mercati nei prossimi anni», aggiunge Rallo.
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Branca International investe nell’e-commerce acquisendo una partecipazione di minoranza in Etilika, piattaforma di vendita online di vini pregiati italiani, champagne e superalcolici.
Grazie a questa partecipazione, Branca International si rafforza nei canali digital e Horeca, dove Etilika opera attraverso un canale dedicato. Etilika punta a crescere sui mercati internazionali dove il Gruppo Branca vanta una presenza consolidata.
L’OPERAZIONE
Con l’operazione, entra nel board di Etilika l’ing. Claudia Ciacci Chief Operating Officer di Branca International.
«L’investimento in Etilika ha per il Gruppo Branca carattere industriale e strategico in termini di digitalizzazione, innovazione e canali di distribuzione – dichiara Niccolò Branca, Presidente di Branca International -. L’operazione si sposa perfettamente con la nostra filosofia aziendale. Crescita che concilia tradizione e innovazione e che pone sempre il cliente finale al centro della nostra azione”.
ETILIKA
Con oltre 3 mila etichette di qualità, in costante e rapida crescita al ritmo di circa 100 al mese, Etilika.it è l’enoteca online affermatasi in appena un anno tra i principali player del settore in Italia e che punta ad essere riconosciuta rapidamente tra i marchi più importanti a livello europeo.
Operativa sul mercato da fine 2019, Etilika ha registrato nel 2021 un fatturato prossimo a 4 milioni di Euro con ambiziosi piani di crescita per i prossimi anni.
«Siamo estremamente orgogliosi di aver attirato l’interesse di un partner del calibro di Branca International – dichiara Michele Trotta, Amministratore Delegato di Etilika -. Grazie a questo accordo avremo l’opportunità di accelerare in modo rilevante il nostro piano di espansione all’estero».
«Rafforza inoltre il presidio del canale horeca – aggiunge Trotta – che già nel corso dello scorso anno ci ha dato grandi soddisfazioni. Questa operazione si presta senza dubbio a sinergie di carattere strategico nel medio/lungo termine che andranno a rafforzare il nostro posizionamento».
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I dati raccolti dall’Osservatorio dell’Istituto Trento Doc hanno evidenziato per il 2021 una significativa crescita a volume e a valore rispetto al 2020 e al 2019.
L’accelerazione è del 40% rispetto al 2020, anno che aveva evidenziato una flessione dovuta al contesto pandemico, e del 23% in confronto al 2019. Le vendite hanno superato i 12 milioni di bottiglie e il fatturato complessivo del settore ha raggiunto i 150 milioni di euro.
«Il 2021 è stato per la produzione Trentodoc un anno di grandi soddisfazioni – afferma il Presidente dell’Istituto Trento Doc, Enrico Zanoni -. Oltre alla prevedibile ripresa nei confronti del 2020, ha confermato ed accelerato l’importante trend di crescita degli ultimi anni. Si conferma, inoltre, il consumo maggiore di Millesimati e riserve, a riprova della crescente reputazione della nostra produzione e che il rigoroso lavoro dei nostri associati viene riconosciuto e premiato dal mercato».
A trainare le vendite è il mercato italiano guidato dal Trentino, dove la proposta degli operatori di settore, ormai diventati veri e propri ambasciatori del territorio, ha incrementato sensibilmente la domanda di Trentodoc.
Anche nelle regioni meridionali, le bollicine di montagna sono sempre più diffuse con una crescita sostenuta. L’estero conferma un peso sul fatturato assoluto per il 15%. Europa e Nord America sono le aree internazionali di maggior sviluppo.
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Era il 1972 quando il primo Chardonnay australiano “in purezza” faceva il suo esordio sul mercato. In cinquant’anni di storia, il vino bianco più iconico dell’Australia ha attraversato mode e trend. Si è lasciato accarezzare dal burro e dalle note tostate tipiche dello Chardonnay francese, affinato in legno. Sino ad arrivare, oggi, a trainare il mercato internazionale grazie a uno stile ben riconoscibile.
Una via di mezzo tra la schietta freschezza che contraddistingue altre uve a bacca bianca note al pubblico mondiale (vedi Sauvignon Blanc o Chenin) e l’aristocratica eleganza nell’utilizzo del legno. Che torna “contenitore” e smette d’essere “ingrediente”.
Questa l’impressione data dagli 8 Chardonnay australiani in degustazione con Wine Australia nel pomeriggio di martedì 5 aprile. Il modo scelto per celebrare con la stampa internazionale l’anniversario dei 50 anni del primo bianco varietale prodotto e commercializzato nel Paese.
Un percorso lento, che ha preso avvio nel 1830, anno in cui le prime barbatelle di Chardonnay iniziarono ad essere “addomesticate” nei molteplici terroir del vino australiano.
Si arriva così agli anni Novanta, contraddistinti dall’imperare delle vinificazioni in barrique, oggi retaggio del passato. Al loro posto, Chardonnay che privilegiano territorialità e raffinatezza. Nel segno dell’equilibrio tra frutto, terziari e potenziale d’affinamento.
«La sua popolarità può essere aumentata e diminuita nel corso degli anni – ha sottolineato Mark Davidson, referente di Wines of Australia – ma una cosa è certa: lo Chardonnay australiano è una leggenda con un futuro brillante».
Davidson ha condotto il digital tasting degli 8 Chardonnay scelti per celebrare i 50 anni, assieme a MaryAnna Worobiec (Wine Spectator) e Oz Clarke Obe (wine writer e presentatore televisivo britannico).
E proprio a Londra, nella giornata di oggi, sbarcano centinaia di vini australiani in degustazione per stampa e trade al Royal Horticultural Halls (Westminster), altro appuntamento che winemag.it sta seguendo in presenza, in queste ore, dalla capitale del Regno Unito.
LO CHARDONNAY IN AUSTRALIA
Lo Chardonnay e le sue Nozze d’Oro non potranno che essere tra i grandi protagonisti. È infatti il vitigno a bacca bianca più coltivato in Australia, in 58 delle 65 regioni vinicole del Paese. È secondo secondo solo allo Shiraz e continua ad essere il vino bianco più esportato. Secondo le stime di Wine Australia, sarebbero 3,8 i milioni di bicchieri di Chardonnay australiano gustati ogni giorno, all’estero.
Gli stili sono molteplici, soprattutto per via delle differenze climatiche in cui matura l’uva. Si passa dagli Chardonnay occidentali, in particolare quelli di Margaret River, influenzati dell’Oceano, a quelli dell’area subtropicale, come Hunter Valley, ad est.
La varietà riflette caratteristiche locali ovunque sia coltivata – ha evidenziato ancora Mark Davidson – e viene prodotta in una serie di stili che vanno da quelli leggeri e croccanti, a quelli più corposi e complessi, maturati in botte».
Un’altra discriminante, evidente nel tasting di martedì 5 aprile, è legata alla fermentazione malolattica. Lo Chardonnay si presta ad essere teso e freschissimo, senza aver compiuto la “seconda fermentazione” in vinificazione. Oppure più “morbido”, quando l’acido malico si trasforma in lattico in seguito alla fermentazione alcolica (solitamente in Primavera).
8 CHARDONNAY AUSTRALIANI PER CELEBRARE I 50 ANNI
Hunter Valley Chardonnay 2018 “Winemaker’s Selection Vat 47”, Tyrrell’s: 87/100
Siamo a ovest, per l’esattezza nella Hunter Valley, a Nord di Sidney (New South Wales). Chardonnay da clone Penfold, vendemmiato il 12 gennaio e imbottigliato il 1 novembre 2018. Fermentazione iniziale in acciaio, poi in barrique di rovere francese. Maturazione di 9 mesi per il 20% in barrique di rovere francese nuove. Fermentazione malolattica non svolta.
Alla vista di un bel giallo paglierino. Legno presente al naso e in retro olfattivo. Burro fuso, vaniglia, note mielate tra i descrittori utili a comprendere la natura di questa etichetta, caratterizzata da una buona freschezza e da una chiusura tendenzialmente morbida, ma asciutta.
Margaret River Chardonnay 2018 “Art Series”, Leeuwin Estate: 92/100
Ci spostiamo a sud-est, per l’esattezza a Margaret River. Chardonnay da clone Gingin, vendemmiato tra la metà e la fine di febbraio 2018 e imbottigliato il 26 agosto del 2019. Fermentazione in barrique, 100% rovere nuovo francese. Maturazione di 11 mesi in nuove botti dello stesso materiale. Fermentazione malolattica non svolta.
Alla vista di un giallo paglierino. Splendido naso, dal legno molto più garbato rispetto al precedente campione. Frutto tropicale di perfetta maturità, mai sbavato. Colpisce per precisione e focus sul frutto, abbinato a una freschezza vibrante, d’agrume.
Tornando all’utilizzo del legno, non manca una carta dose di burro fuso. Ma l’acidità lo “asciuga” e rende ancora più croccante il frutto, polposo. Chiusura nel segno del centro bocca: asciutto, agrumato. Zona vinicola da tenere in grande considerazione, Margaret River.
Great Southern Chardonnay 2018 “Block 8′ Mount Barker”, Forest Hill Vineyard: 90/100
Torniamo a sud-ovest, nella regione vinicola del Great Southern, altra cullo dello Chardonnay australiano. Non cambia invece il clone: ancora una volta quello scelto dalla cantina è il Gingin. Vendemmia avvenuta il 24 febbraio; imbottigliamento nel dicembre 2018.
Fermentazione spontanea con lieviti indigeni in rovere francese da 225, 300 e 500 litri. Maturazione per 9,5 mesi in rovere. Malolattica svolta per meno del 5%. Naso che si stacca in maniera netta dai precedenti campioni. Risulta meno ampio e il vino pare contratto, inizialmente ridotto.
Ecco poi il frutto che deve ancora esplodere in maturazione, tra note verdi preziose che ricordano la buccia d’agrume (lime, limone) e la polpa d’una pesca bianca. Sullo sfondo un tocco di ginger. Al palato, come da attese (e premesse): struttura acida importante, per uno Chardonnay sorretto da una freschezza importante, attorno alla quale gioca un ruolo fondamentale la frutta esotica.
Che c’è. E si fa apprezzare, pur nell’accezione “fresca”, poco glicerica, per nulla morbida. Il mondo è pieno di vini “vuoti” che puntano solo all’acidità, specie nel mondo vinnaturista, contraddistinto da lieviti indigeni e fermentazioni spontanee. Qui, la freschezza diventa lo strumento e il manifesto di una raccolta delle uve magistrale, volta a dare un tocco di personalità a un vino inconfondibile e longevo.
Si passa a un’espressione di Chardonnay che coniuga uve allevate in tre zone: Tumbarumba, Adelaide Hills e Tasmania, tra la piccola isola austraiana e la parte “continentale”, a sud ovest.
Vendemmia compiuta da marzo ad aprile 2019. Fermentazione (alcolica e malolattica, integrale) al 100% in barrique francesi, dove avviene anche l’affinamento (8 mesi, per il 35% in rovere francese nuovo). Vino che cambia molto in base alla temperatura di servizio, caratterizzandosi (a quella corretta) per la precisione enologica.
Frutto e freschezza si dividono equamente il palco, con un accento particolare dato dai suoli duri, basaltici delle prime due zone. Vino che entra teso, su ricordi di pietra bagnata, melone e pesca bianca, per poi ammorbidirsi nel finale.
Stato di Victoria, a pochi chilometri dalla città di Melbourne. È qui che si trova la Penisola di Mornington, dalla quale provengono le uve di Moorooduc Estate. La raccolta è avvenuta tra il 26 e il 28 febbraio per i cloni I10V3, 95 e 96 (Robinson) e l’imbottigliamento il 14 gennaio 2019.
Fermentazione spontanea in 29 barrique di rovere e 2 puncheon (20% legno nuovo). L’affinamento si prolunga per 8 mesi, nei medesimi contenitori (20% nuovo, 80% 1/8 anni). Fermentazione malolattica svolta.
Vino che si stacca completamente dal resto dei campioni in degustazione per i 50 anni dello Chardonnay australiano. Si parte, di fatto, da un giallo più dorato, ben distante dai paglierini precedenti. Leggera vena ossidativa per un vino più largo che teso. Bell’agrume in chiusura, a conferire un po’ di nerbo a un sorso tendenzialmente dominato dalla frutta esotica matura.
Yarra Valley Chardonnay 2021, Giant Steps: 90/100
Restiamo nello Stato di Victoria, ma ci allontaniamo dalla città di Melbourne, distante circa 100 chilometri dal vigneto di Giant Steps. Un’areale fresco, condizionato dalle correnti dell’oceano Pacifico. Fermentazione spontanea per le uve Chardonnay raccolte a cavallo di febbraio e marzo 2021, con imbottigliamento avvenuto ad ottobre.
La scelta della cantina è per il rovere francese, ma solo il 15% è nuovo. La maturazione si protrae per 8 mesi in botti di rovere francese: anche in questo caso, nuove solo per il 15%. Solo il 10% della massa ha svolto la fermentazione malolattica in maniera spontanea.
A differenza di altre etichette di Giant Steps, questo vino non è frutto di un singolo vigneto. Parlare di “entry level” è comunque sbagliato, in quanto si tratta di una ricercata espressione di “sintesi” dello Chardonnay della Yarra Valley: un vino che ne sintetizzi il carattere. Missione compiuta, a giudicare dal calice.
Questo Chardonnay abbina in maniera deliziosa frutto e acidità, con quest’ultima a fare da spina dorsale, mentre tutt’attorno si diverte un frutto goloso. Sorprendono i soli 12.5%, perché il palato è pieno: perfetto equilibrio tra freschezza e vena setosa, “glicerica”. Vino “immediato”, di sapiente fattura. Chiude asciutto, su un leggero ricordo di stecco di liquirizia e sale, capace di chiamare il sorso successivo.
Le colline di Adelaide sono una delle zone di produzione massiva dello Chardonnay australiano. Siamo ancora nel South Australia, non lontano da Melbourne. Nello specifico, la vendemmia dei cloni B95, B96, B76 e 277 è avvenuta a marzo 2020 e il nettare è stato imbottigliato il 1 febbraio 2021.
Fermentazione spontanea in barrique di rovere francese, per un terzo nuove. Affinamento di 9 mesi per il 25% in rovere francese nuovo, principalmente da 500 litri. Il resto in barrique da 228 litri. “M3” ha svolto interamente la malolattica.
All’analisi, un vino caratterizzato da un’espressione del frutto piuttosto piena, sia al naso sia al palato. Buona freschezza agrumata a controbilanciare la vena glicerica. Proprio a proposito di alcol (13,5% vol.), la componente disturba un poco in chiusura. Vino semplice.
Voliamo in Tasmania per l’ultimo campione scelto da Wine Australia per celebrare i cinquant’anni dello Chardonnay australiano. Diversi i cloni a disposizione di Tolpuddle Vineyard, cantina di Richmond, a nord della capitale Hobart: B96, I10V1, I10V3, 76, B95, G9V7.
Le uve sono state raccolte a cavallo di marzo e aprile 2020, con il successivo imbottigliamento a giugno 2021. Anche in questo caso, la scelta del produttore è per la fermentazione spontanea in barrique di rovere francese, nuove per un terzo. Malolattica svolta interamente.
Eppure, questo vino vibra di freschezza, sin dal naso. Merito del clima montano della Coal River Valley, fresca ma assolata e asciutta. Una nuova isola felice per lo Chardonnay australiano. Convince per lo stratificato bouquet, che si apre in tutta la sua pienezza appena lo sbuffo di burro fuso lascia spazio ai fiori bianchi e a un frutto croccante e pieno.
In bocca un’acidità elettrica, ben controbilanciata da ritorni di frutta perfettamente matura, che denota la sapienza di Tolpuddle Vineyard nella scelta del m0mento perfetto per la raccolta delle uve. Venature ammandorlate in chiusura smussano l’acidità sferzante che caratterizza il sorso agrumato. Finale lungo, preciso, asciutto, per un vino che non stanca mai. E ha ottime chance di ulteriore, positivo affinamento.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Un futuro sempre più “green”, quello della Caruso&Minini, azienda vinicola di Marsala presente nella Guida Top 100 migliori vini italiani di Winemag.it. Sotto la guida le sorelle Giovanna e Rosanna Caruso, quarta generazione di famiglia, è stata completata l’installazione di un impianto fotovoltaico. Impianto capace di fornire energia pulita alla cantina fino a renderla autosufficiente.
Il nuovo impianto, composto in totale da 534 moduli, è posizionato sui tetti dello stabilimento. Con una potenza nominale di 200 Kwp e una produzione stimata annua di circa 300 Kw/h, fornirà un importantissimo contributo per il risparmio energetico e per la salvaguardia ambientale. Si stima una riduzione delle emissioni annue di Co2, di oltre 160 kg.
CARUSO& MININI 2.0
«Chiamiamo il nostro nuovo corso “Caruso&Minini 2.0” – dice Giovanna Caruso, export manager – perché si tratta di una “visione nuova” che coinvolge la generazione composta da me, da mio marito, Andrea Artusio, e da mia sorella Rosanna, ma non solo».
«In un momento di grande incertezza che sta coinvolgendo il mondo intero – afferma Rosanna Caruso, quality manager – la C&M decide di supportare lo sviluppo futuro dell’azienda con investimenti a 360° nelle risorse umane, in cantina a supporto della qualità e sostenibilità ed in campagna. Oltre all’installazione dell’impianto fotovoltaico abbiamo anche abbattuto i consumi di energia con un’attenta analisi delle criticità e delle inefficienze di sistema».
Tra i recenti investimenti c’è anche la sostituzione del principale gruppo frigo, che serve l’intera cantina, con un nuovo gruppo di maggiore efficienza energetica. Introdotti anche degli ottimizzatori integrati con condensatori e filtri passivi.
IL NUOVO DIRETTORE GENERALE: NICOLÒ CALZA
Gli investimenti orientati alla sostenibilità ambientale non sono infatti le uniche recenti scelte della proprietà. Nel campo delle risorse umane è stato nominato il nuovo direttore generale, Nicolò Calza.
«Per i nostri progetti di crescita futura saremo guidati da Nicolò Calza – dice la proprietà -. Piemontese di origine, ha una grande esperienza professionale alle spalle. Proviene dall’azienda friulana Livio Felluga e non ha avuto esitazioni ad essere sin da subito coinvolto nel nostro progetto, di cui si è immediatamente innamorato».
«Sposo un progetto ambizioso con una squadra giovane e affiatata – dichiara il neodirettore -. Ho il piacere di entrarne a far parte come figura di riferimento. Metterò sul campo tutte le mie competenze professionali fino a questo momento acquisite. Credo fortemente nelle potenzialità della Sicilia e dell’azienda C&M in particolare, in quanto ambasciatrice di tipicità e qualità nel mondo».
I PROGETTI PER IL FUTURO
Diversi sono i progetti che l’azienda porterà avanti negli anni a venire, orientati alla sostenibilità, soprattutto, e alla valorizzazione dei vitigni tipici. L’azienda, in possesso della certificazione Bios per i metodi di produzione biologica, si estende per 120 ettari vitati. Le vigne, nelle contrade Giummarella e Cuttaia, si trovano in una zona collinare dell’entroterra trapanese con un’altitudine massima di 450 metri slm.
Ogni loro porzione è stata scelta, con l’esperienza di chi la coltiva da generazioni, per creare la migliore combinazione possibile tra la vite, il clima e la terra. I terreni ospitano vitigni autoctoni quali Grillo, Catarratto, Zibibbo, Grecanico, Inzolia, Nero d’Avola, Perricone, Frappato e Nerello Mascalese, ma anche vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Syrah e Merlot.
La produzione è di 650.000 bottiglie, vendute in 40 Paesi e 5 continenti, principalmente all’estero. «La crescita del mercato regionale è uno dei prossimi obiettivi aziendali – afferma Andrea Artusio, marketing manager -. Questo ci ha spinto anche ad un investimento sulle risorse umane per rafforzare la nostra rete vendita».
Un processo insolito, quasi inverso, quello della C&M che da ambasciatrice autorevole della Sicilia del vino all’estero, punta adesso ad una maggiore presenza nella propria terra d’origine.
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Animal Equality lancia una nuova campagna di informazione rivolta alle catene di supermercati Iperal, Maiorana Maggiorino e Tuodì chiedendo di adottare policy pubbliche cage-free a sostegno degli animali.
«Queste aziende – dichiara Ombretta Alessandrini, Campaign Coordinator di Animal Equality Italia – rischiano davvero di rimanere indietro nel rispetto del benessere degli animali allevati e nei confronti delle attuali tendenze di mercato».
Centinaia di aziende sia in Italia che all’estero hanno già reso pubblico il proprio impegno a non rifornirsi per le uova da allevamenti in gabbia. Per questo abbiamo deciso di rivolgere un appello a Maiorana Maggiorino, a Tuodì e a Iperal».
L’APPELLO
Animal Equality chiede alle tre aziende, «che non hanno una policy pubblica cage-free», di «fare la propria parte per gli animali informando i loro consumatori circa l’adozione di tale politica».
A differenza di realtà che hanno già adottato e reso pubbliche le proprie policy cage-free come Coop, Carrefour ed Esselunga, le tre aziende a cui Animal Equality Italia rivolge il proprio appello «non presentano sul proprio sito una sezione relativa al benessere animale».
Nessun impegno, denuncia ancora l’associazione, ad abbandonare completamente l’approvvigionamento di uova e ovoprodotti provenienti da allevamenti di galline allevate in gabbia e da sistemi combinati.
L’ALLEVAMENTO IN GABBIA: UN SISTEMA OBSOLETO
Questi animali, costretti a passare la loro breve vita stipati insieme ai loro compagni, hanno uno spazio a disposizione paragonabile ad un foglio A4. All’interno di queste gabbie le galline, animali molto intelligenti e sensibili, passano tutta la loro breve esistenza senza poter esprimere i propri comportamenti naturali.
Le galline incorrono spesso in situazioni di stress, perdita di piumaggio e ferite alle ali o alle zampe causate dalle sbarre di metallo. Le loro condizioni di vita sono talmente insalubri e stressanti che molte di loro muoiono precocemente di stenti e malattie. Quelle che sopravvivono a volte sono addirittura costrette a convivere insieme ai cadaveri di quegli animali che non ce l’hanno fatta.
L’allevamento in gabbia è un sistema obsoleto e crudele. Per questo Animal Equality chiede alle grandi aziende del settore alimentare di prendere una decisione semplice, ma fondamentale: prendere le distanze da questa crudeltà.
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È la vigna che parla e si racconta. Nasce così l’esposizione all’aria aperta di Cascina Castlèt, azienda vitivinicola di Costigliole d’Asti (AT). Propone un percorso didattico di educazione ambientale e rispetto della terra, degli alberi e degli animali.
Nelle vigne, attorno alla cantina, è stata posizionata una cartellonistica che racconta la vita tra i filari: dagli animali (ricci, uccelli, lepri, insetti) agli alberi (gelsi, ciliegi, roveri), dall’importanza della biodiversità agli elementi architettonici del paesaggio rurale con i suoi ciabot e le cappelle votive campestri.
Il progetto, come spiega Mariuccia Borio, titolare di Cascina Castlèt, è stato realizzato con gli studenti dell’Istituto Agrario Penna di Asti, coordinati dagli insegnanti.
LA BIODIVERSITÀ IN VIGNA RACCONTATA AGLI STUDENTI
«Gli studenti mi hanno aiutato a mappare e raccontare gli alberi, gli animali, le erbe selvatiche e gli elementi antropici che si trovano tra le vigne e intorno all’azienda. È stato bello – continua la produttrice – lavorare insieme: sono loro che un domani si dovranno prendere cura della nostra terra ed è importante trasmettere loro valori, non solo nozioni».
Un progetto ambientale tra le vigne che Mariuccia Borio porta avanti da molti anni: «L’azione dell’uomo ha spesso ridotto la biodiversità e tolto spazi, per lo più siepi e cavità di vecchi alberi, dove molte specie di uccelli erano solite nidificare e trovare rifugio».
LA PANCHINA GIGANTE DI CASCINA CASTLÈT
Le nostre vigne, invece, sono abitate da molte specie di uccelli e altri animali. Dal 1995 – continua Borio – prima con l’ornitologo Sergio Abran di Bolzano, poi con gli ornitologi astigiani Enrico Caprio e Mario Cozzo, abbiamo messo numerosi nidi artificiali che vengono usati dagli uccellini ma anche dagli scoiattoli rossi».
Nel percorso, si potrà incontrare oltre alla Panchina gigante #rossopassum creata da Chris Bangle, anche due aree picnic attrezzate, una grande cornice rossa per scattare un selfie con il castello di Costigliole d’Asti che svetta alle spalle e una casetta book-crossing tra i filari per lo scambio di libri.
Cascina Castlèt ha aderito al progetto culturale di biblioteca diffusa lanciato da «Leggere Ovunque» e ha posizionato una casetta di legno dove i visitatori potranno portare o prendere libri.
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Sono quarantuno le cantine associate ad Assovini Sicilia che popoleranno Vinitaly 2022. L’associazione, nata nel 1998, oggi riunisce 89 aziende e rinnova la sua partecipazione alla 54esima edizione del Salone Internazionale dei vini e distillati di Verona, «con l’obiettivo di promuovere e valorizzare la diversità del patrimonio enologico siciliano».
«È il Vinitaly del rilancio e della ripartenza- sottolinea Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia- l’associazione che riunisce 89 vitivinicultori siciliani. Dopo due anni di stop forzato, c’è voglia di ritornare ad incontrarsi in presenza».
La produzione vinicola delle quarantuno aziende di Assovini Sicilia a Vinitaly 2022 rappresenta gran parte delle indicazioni geografiche territoriali e le denominazioni della Sicilia.
Insieme all’Assessorato regionale dell’Agricoltura, Assovini Sicilia ha organizzato la masterclass “Le piccole denominazioni virtuose della Sicilia”, condotta da Francesco Pensovecchio, direttore di Wine in Sicily. L’obiettivo è quello di valorizzare le piccole denominazioni e il legame tra vino e territorio.
I NUMERI DELLA SICILIA A VINITALY 2022
«Il mondo ha sete di vino siciliano – commenta ancora il presidente de la Gatinais – di conoscere la sua biodiversità attraverso le sue cultivar autoctone che rappresentano il suo straordinario patrimonio vitivinicolo».
Una Sicilia vitivinicola capace di attrarre il mercato estero, segnando un +13% nell’export dei vini nei primi nove mesi del 2021 (Wine Monitor-Istat), con oltre 103 milioni di euro esportati. A questi dati, si aggiunge lo splendido risultato del Consorzio Tutela Vini Doc Sicilia, che ha chiuso il 2021 con 95,8 milioni di bottiglie certificate con tale denominazione, in crescita del 6% rispetto al 2020.
La Sicilia del vino di qualità ha sempre dato il massimo al Vinitaly, esprimendo i propri valori distintivi: territori, vitigni, tradizioni ma anche innovazione, ricerca, capacità comunicativa e marketing.
La nostra regione – sottolinea Lilly Ferro Fazio, vicepresidente Assovini Sicilia – torna a crescere più di prima, grazie ai tanti segnali positivi che generano fiducia e prospettiva dopo anni incerti e difficili».
«Il vino siciliano, con standard qualitativi sempre più alti e condivisi, esprime una capacità competitiva verso l’alto. Ora – conclude Lilly Ferro Fazio – dobbiamo sentirci doppiamente coinvolti nel sostenere la ripresa della ristorazione in Italia e del turismo eno-gastronomico come fattori decisivi nella crescita dei prossimi anni».
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Fivi, Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, chiede che venga istituito nel 2022 un tavolo di lavoro a livello europeo. Scopo del tavolo è la creazione di uno sportello unico One-Shop Stop (Oss) in tutti gli Stati membri per l’assolvimento delle accise, anche per i produttori di vino.
Attualmente, infatti, questa pratica vantaggiosa per le vendite online è consentita solo per certe categorie di prodotto. Si penalizza così il commercio dei beni soggetti ad accisa per cui non è prevista, tra cui il vino.
«Una semplificazione doverosa e inderogabile – dichiara Lorenzo Cesconi, Presidente di Fivi – in un momento in cui le relazioni e le vendite a distanza sono diventate la norma. Questi due anni di pandemia hanno modificato le nostre abitudini in tutti gli ambiti ed è necessario anche un adeguamento a livello normativo».
«A causa delle differenze nelle procedure di vendita tra i diversi Stati membri – prosegue il Presidente – l’onere amministrativo e i costi a carico degli operatori sono elevatissimi. Tali da dissuadere i produttori a concludere le vendite».
«In questo modo – conclude Cesconi – risultano penalizzate soprattutto le realtà che si impegnano direttamente nel commercio dei propri prodotti. I Vignaioli Indipendenti si occupano infatti dell’intera filiera all’interno della propria azienda. Partendo dalla coltivazione del vigneto, passando per la vinificazione, per arrivare alla vendita diretta della bottiglia».
LA RICHIESTA DI FIVI E CEVI
I Vignaioli Indipendenti Italiani, su richiesta di Cevi, Confédération Européenne des Vignerons Indépendants, hanno scritto una lettera al Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco chiedendo di promuovere l’istanza di semplificazione nelle vendite a distanza del vino davanti al Commissario della DG Taxu Paolo Gentiloni, sottolineando le difficoltà attuali dei produttori.
Quello che Cevi e Fivi stanno chiedendo è dunque la creazione dello sportello unico One-Shop Stop (OSS), già in vigore per alcune categorie di prodotti. Oltre ai vantaggi di una burocrazia più snella, la nuova normativa comporterebbe anche una riduzione al minimo delle frodi fiscali.
Inoltre porterebbe una maggiore trasparenza nella concorrenza tra i negozi online e quelli fisici. Tale regime rappresenterebbe un passo importante per rafforzare la libera commercializzazione delle merci. Permetterebbe, sia ai produttori che ai consumatori europei, di trarre pieno vantaggio dalle opportunità del mercato interno.
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Un piano di Regione Sicilia per i vigneti che si trovano in contesti paesaggistici eroici, come l’Etna. Ne ha parlato oggi il presidente Nello Musumeci a Contrade dell’Etna, evento che promuove i vini del vulcano con il coinvolgimento delle cantine del territorio, che ha preso il via ieri mattina al Picciolo Etna Golf Resort di Castiglione di Sicilia.
«Il mio Governo – ha detto Musumeci – ha previsto fra i titoli delle aziende partecipanti anche quelle che hanno al loro interno dei palmenti o si trovano in contesti paesaggistici. Proprio perché abbinare il vino ad un contesto di architettura rurale, diventa un binomio di identità perfetta».
L’INTERVENTO DI NELLO MUSUMECI A CONTRADE DELL’ETNA 2022
Il governatore ha anche ricordato Andrea Franchetti, il “padre” di Contrade: «Manca Franchetti, l’ideatore di questa straordinaria iniziativa che ha superato la prova del 9. Un intuito e una lungimiranza che hanno consentito all’Etna di sfornare oggi 4,5 milioni di bottiglie con 383 aziende, un terzo delle quali imbottiglia».
Sul vulcano abbiamo 1.118 ettari di vigneti che comportano una valorizzazione immobiliare straordinaria: i prezzi dei terreni si sono moltiplicati. Questo dimostra che il vino non è soltanto un prodotto di qualità ma anche un elemento di traino per la valorizzazione di un territorio».
Contrade dell’Etna continua domani (lunedì 4 aprile) dalle 9.30 alle 16.30: l’ultimo giorno dedicato ad operatori commerciali, enoteche, circuito Horeca, importatori, grossisti e agli ospiti delle cantine presenti.
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Il vino dell’Etna riparte e la produzione supera i valori raggiunti prima della pandemia. È uno dei dati emersi durante la presentazione di Contrade dell’Etna, l’evento che promuove i vini del vulcano con il coinvolgimento delle cantine del territorio. Un evento iniziato nel ricordo di Andrea Franchetti, produttore visionario e ideatore di Contrade recentemente scomparso.
«La produzione dell’ultima vendemmia – dice Francesco Cambria, presidente del Consorzio Doc Etna – ha raggiunto i 34 mila ettolitri, superando i 32 mila ettolitri del 2019. Questo vuol dire che si torna a un imbottigliamento regolare. In crescita soprattutto i bianchi, oltre al Nerello Mascaleso, il vitigno che ci ha resi famosi in tutto il mondo».
LA MAPPATURA DELLE CONTRARE
Fra i progetti del Consorzio c’è anche la mappatura delle contrade presenti sul vulcano per i quali sono già stati raccolti i dati e che saranno adesso elaborati.
Alla presentazione di Contrade dell’Etna, 90 aziende partecipanti e oltre 70 giornalisti accreditati, è intervenuto anche Attilio Scienza, docente universitario, tra i maggiori esperti al mondo di vitivinicoltura. Scienza ha tenuto una conferenza dal titolo: “L’Etna, il vino: un grande mosaico”.
«L’Etna – dice Scienza – ha avuto il vantaggio di avere avuto una delle prime zonazioni viticole della Sicilia ma bisogna imparare ad utilizzare questa grande ricchezza del suolo. E accanto a produzioni di alta qualità serve la capacità dei produttori di saper raccontare i propri vini. Bisogna costruire un modello narrativo che possa attirare la curiosità del consumatore».
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«Vi sembra razionale produrre tanti vini come la Borgogna, che ha 450 denominazioni ma ha anche dietro una storia di qualche centinaio di anni? Io non dico ai produttori di annullare le differenze tra le Contrade dell’Etna, ma di cercare di razionalizzarle. Vi dovete mettere di fronte al mondo». È arrivato forte e chiaro, a Contrade dell’Etna 2022, il messaggio del professor Attilio Scienza ai produttori dell’Etna Doc.
In occasione del convegno di apertura dell’annuale kermesse etnea, in corso sino al 4 aprile al Picciolo Etna Golf Resort di Castiglione di Sicilia (CT), il presidente del Comitato nazionale vini ha espresso la sua opinione su un passaggio cruciale dell’iter verso l’Etna Docg: la zonazione delle 132 Contrade del vulcano siciliano e l’ipotesi che queste diventino Mga e Uga.
«Al giorno d’oggi – ha sottolineato il prof Attilio Scienza, rivolgendosi ai produttori etnei presenti in sala – è molto più semplice chiedere una Docg rispetto al passato. Giustamente anche voi tenderete a promuovere il riconoscimento di Uga (Unità geografiche aggiuntive) e Mga (Menzioni geografiche aggiuntive). Lo ha fatto Soave, lo sta facendo l’Alto Adige. Lo ha fatto Barolo e il Vino Nobile di Montepulciano (con la menzione “Pieve”, ndr)».
Il ragionamento che farà il Comitato nazionale vini nei prossimi anni è molto preciso. A questa crescente domanda di Uga ed Mga dei territori si risponderà in un certo modo. Altrimenti si farà la fine di tutti quelli che chiedono la Docg e vedranno respinta la domanda nei prossimi anni.
All’interno del Comitato nazionale vini stiamo infatti modificando i requisiti necessari per chiedere la Denominazione di Origine controllata e garantita, che adesso sono molto banali. Basta dimostrare che il vino abbia una certa “notorietà”: ma cosa vuol dire notorietà?!».
Per la richiesta di Uga o Mga, ha anticipato il prof Attilio al Convegno d’apertura di Contrade dell’Etna 2022, «si dovrà dimostrare scientificamente una differenza oggettiva. Nello specifico, ogni contrada dovrà essere diversa dall’altra. L’ideale sarebbe invece mettere assieme quelle con caratteristiche simili. Riuscirete a fare questo?».
La proposta di Attilio Scienza è di fondare l’individuazione delle future Uga / Mga «su una base geopedologica che interessa i versanti dell’Etna». Secondo i dati presentati dal presidente del Comitato nazionale Vini, le future “menzioni” o “unità” potrebbero così ridursi a 6.
«Le contrade – ha evidenziato il prof Scienza – sono all’interno di 6 modelli geopedologici. Potremmo utilizzare questa “carta” per cominciare a dare loro un certo ordine, sulla base di una realtà dimostrabile. Ho centinaia di dati che caratterizzano queste 6 macrozone. Questa è la mia idea di lavoro per il futuro».
LA RISPOSTA DEL CONSORZIO: «IMPORTANTE SPUNTO DI RIFLESSIONE»
«Quanto detto dal prof Attilio Scienza – commenta a winemag.it il presidente del Consorzio vini Doc Etna, Francesco Cambria – è un importante spunto di riflessione. Ne parlavo anche con altri amici e produttori, in precedenza: va dato un substrato di scientificità agli argomenti e agli investimenti che facciamo sul territorio».
Pensare di ridurre il numero di contrade inserite con la modifica del disciplinare del 2011 è però un azzardo. Molto più credibile, invece, individuare quattro, cinque o sei macroaree, all’interno delle quali possano confluire le varie contrade, sulla base delle medesime caratteristiche di esposizione, suoli e territorio».
«Non bisogna dimenticare – aggiunge Cambria – che l’Etna è un territorio dove ci sono tantissime piccole realtà. Contiamo 385 produttori di uva, di cui il 43% si avvale di superfici di vigneti tra uno e due ettari».
«Pensare di eliminare una contrada che fa parte della storia di un piccolo produttore potrebbe non essere la scelta giusta. Lo è, invece, l’idea di raggrupparle su basi e fondamenti scientifici. Sì all’indicazione “Nord Est” o “Nord”, per esempio – conclude il presidente del Consorzio Doc Etna – mantenendo però anche in etichetta il nome della rispettiva contrada».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Trentadue campioni, di cui cinque da botte: ecco i migliori Derthona Timorasso 2020 all’Anteprima “Derthona Due.Zero” andata in scena ieri a Tortona. «Siamo ad Aprile 2022 – ha sottolineato Gian Paolo Repetto, presidente del Consorzio Tutela Vini Colli Tortonesi – e ci sono ancora molti bianchi 2020 da imbottigliare. Questo sottolinea quanto il Timorasso sia un vitigno che trae vantaggio della lunghissima permanenza sulle fecce. Ma è anche il segnale della strada intrapresa dai nostri soci, nella sola direzione della qualità».
Il Derthona Timorasso è di fatto il vino bandiera dell’Alessandrino. Un angolo di Piemonte che può contare su una grande varietà di suoli. Il vitigno a bacca bianca riscoperto a fine anni Ottanta dai vignaioli Walter Massa, Andrea Mutti e Paolo Poggio è in grado di interpretarne le sfumature come nessun altro. Arrivando a somigliare, dopo anni di bottiglia, ai grandi Riesling internazionali.
DERTHONA TIMORASSO: IL (RIGIDO) DISCIPLINARE “DI COLLINA”
Il disciplinare, impostato sulla sola viticoltura di collina (banditi i vigneti di pianura) e su una resa massima di 75 quintali per ettaro, prevede anche una versione più immediata e di facile beva, il Piccolo Derthona, e una tipologia DerthonaRiserva.
A chiarire il profilo agronomico della vendemmia 2020, oggetto dell’Anteprima Derthona Due.Zero 2022, è stato Davide Ferrarese. «Poco inverno – ha sintetizzato il consulente tecnico del Consorzio Vini Colli Tortonesi – un’estate fresca e calda, un settembre estivo. Un’annata tutto sommato fresca».
I MIGLIORI DERTHONA TIMORASSO 2020
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Vigneti Boveri Giacomo (Costa Vescovado – AL)
Giallo paglierino. Vino che si presenta sin d’ora molto pulito: floreale e frutto sono al massimo dell’espressione dei 32 campioni in degustazione. Il tutto unito alle venature minerali tipiche del vitigno. Palato ricco, goloso, intenso, per un vino di gran sapienza e savoir-faire sul vitigno, trattato coi guanti bianchi. Chiusura di ottima persistenza, su tinte mentolate.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, La Colombera (Tortona, AL)
Giallo tendente al dorato. Mineralità sulfurea sul frutto pienamente maturo, pulitissimo, succoso, elegantissimo. Al palato ancora un po’ chiuso in questa fase, ma il potenziale (evidente) è quello di un cavallo di razza. Sale, frutto, mineralità tornano al palato, con particolare riferimento al frutto tipico del vitigno, carnoso. Lunghissimo il retro olfattivo.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Luca Canevaro (Tortona, AL)
Alla vista di un giallo paglierino pieno, luminoso. Bel fiore, frutto intenso, maturo, accenno minerale pronto a schiudersi meglio con l’ossigenazione. In bocca è corrispondente, pieno: il frutto avvertito al naso torna carnoso, su una pregevole ossatura sapida. Chiude fresco, mentolato, “salato”. Vino di territorio e di gran cura enologica, volta a preservare il varietale ed esaltarlo.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Cascina Gentile (Capriata d’Orba, AL)
Giallo tendente all’oro. Naso timido che si apre piano, sapendolo aspettare, rivelandosi tipico e preciso. Schietto e immediato, invece, al palato, dove la vena sapida gioca su un fruttato elegante. Ottima persistenza per un vino ambasciatore dei Colli Tortonesi. Giovane e di estremo potenziale.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Vignaioli Battegazzore (Tortona, AL)
Giallo paglierino, riflessi dorati. Frutto, fiore e note sulfuree tipiche del vitigno nel particolare microclima dei Colli Tortonesi. Convince per le venature fresco-balsamiche in grado di riequilibrare un frutto opulento, pieno. Chiude agrumato, teso, tipico. Vino non solo di territorio, ma anche di stile, che esalta la mano del vignaiolo.
Colli Tortonesi Doc 2020 Derthona Timorasso, Sassaia Soc. Agr. Srl (Capriata d’Orba, AL)
Giallo dorato. Vino di caratura internazionale, rimanda per certi versi alla Francia. Note di caramello salato sull’evidente mineralità e sulla frutta a polpa gialla e bianca, perfettamente matura. Slancio ammandorlato prima della chiusura fresca, balsamica, sapida.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Maison Perrier-Jouët presenta un’edizione esclusiva di sei cuvée Perrier-Jouët Belle Epoque decorate con una preziosa opera d’arte realizzata da uno dei più antichi artigiani orafi di Francia. Consolidando così sempre più il legame tra vini rari e alta artigianalità.
La Collezione Anemone è disponibile in grandi formati e in quantità estremamente limitate. Solo 35 magnum e 18 jeroboam disponibili al mondo, ciascuno numerato. La Collezione Anemone di Perrier-Jouët mette in risalto lo stretto legame tra la Maison e il movimento Art Nouveau.
PERRIER-JOUËT
La Collezione Anemone trae ispirazione dalla storia della Maison Perrier-Jouët e in particolare dal suo rapporto storico con l’arte e la natura. La Maison è stata fondata nel 1811 da una giovane coppia, Pierre-Nicolas Perrier e Rose-Adélaïde Jouët, che condivideva non solo la passione per lo champagne ma anche l’amore per l’arte e la natura.
Attingendo a questa preziosa eredità, Maison Perrier-Jouët è cresciuta per più di due secoli in simbiosi con la natura, la sua principale fonte d’ispirazione. Una filosofia che la Maison condivide con il movimento Art Nouveau al quale è strettamente legata.
Nel 1902 Emile Gallé, uno dei pionieri dell’Art Nouveau, creò un motivo ispirato all’anemone giapponese per la Maison Perrier-Jouët, diventato poi l’emblema della Maison ed elemento decorativo delle bottiglie degli champagne millesimati Perrier-Jouët Belle Epoque.
LA COLLEZIONE ANEMONE
Per la Collezione Anemone, in uscita nel 2022, Maison Perrier-Jouët ha selezionato sei cuvée millesimate. Belle Epoque 2007 e 2012, Belle Epoque Blanc de Blancs 2006 e 2007 e Belle Epoque Rosé 2010. Questi rari champagne sono disponibili in quantità estremamente limitate in formato magnum o jeroboam, ciascuno numerato singolarmente.
Sono decorati con un’opera realizzata a mano che rappresenta la filosofia Art Nouveau cara alla Maison: creare Bellezza ispirata alla Natura e celebrare l’artigianalità. Una creazione frutto dell’incontro di due savoir-faire accurati, rigorosi, meticolosi.
Per primo, l’art du millésime della Maison Perrier-Jouët, con la produzione delle sue cuvée Belle Epoque provenienti dai suoi migliori terroirs. Solo nelle annate migliori e in quantità limitate. Riconosciuti per la loro ricchezza aromatica, questi champagne eleganti rivelano ciascuno una distinta espressione dello Chardonnay, la varietà distintiva della Maison fino dalla sua fondazione.
In secondo luogo, l’esperienza dell’Orfèvrerie Felix e dei suoi maestri artigiani. Garanzia di un savoir-faire tradizionale tramandato da generazioni sin dal 1875. L’Orfèvrerie Felix realizza creazioni eccezionali per le tavole più prestigiose del mondo, da palazzi a hotel di lusso, da corti reali ad ambasciate.
Le tre finiture, in oro 24 carati, si abbinano armoniosamente alla personalità di ogni champagne. Oro giallo per Perrier-Jouët Belle Epoque. Oro bianco per Perrier-Jouët Belle Epoque Blanc de Blancs e oro rosa per Perrier-Jouët Belle Epoque Rosé.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Non è passata inosservata la decisione della cantina Raína di declassare i prossimi vini dalla Doc Montefalco e Spoleto all’Umbria Igt. Dopo la bocciatura del Trebbiano Spoletino2021 da parte della commissione di degustazione della Doc umbra, il vignaiolo Francesco Mariani (nella foto di copertina) ha deciso di mettere «parola fine alle polemiche». Passando ai fatti.
«Il Consorzio Tutela Vini Montefalco – sottolinea in esclusiva a winemag.it l’ente presieduto da Giampaolo Tabarrini – è molto dispiaciuto dell’accaduto. In data 21 Dicembre 2021 l’assemblea ha approvato la modifica del disciplinare della Doc Spoleto».
Tra le varie novità, una interessa proprio il Trebbiano Spoletino, vino bianco di assoluta potenzialità e in grado di svolgere un ruolo centrale nel futuro del vino tipico italiano, da lungo affinamento.
Lo dimostra anche il riconoscimento di Migliore Cantina del Centro Italia 2022 assegnato da winemag.it alla Cantina Ninni Spoleto, nell’ambito dell’annuale Guida Top 100 Migliori vini italiani.
Una realtà che si è resa protagonista, con il titolare Gianluca Piernera, membro del Consorzio, di un vero e proprio miracolo verso il riconoscimento nazionale e internazionale della varietà tipica di Spoleto, oggi tutelata dal prestigioso Consorzio del “capoluogo” Montefalco.
TREBBIANO SPOLETINO DOC: VIA LIBERA ALLA MACERAZIONE SULLE BUCCE
«Per le tipologie Trebbiano Spoletino e Trebbiano Spoletino Riserva – anticipa il Consorzio Tutela Vini a winemag.it – è consentita, in deroga a quanto stabilito dalla Legge 238 del 12 dicembre 2016 (Testo Unico del Vino), la macerazione sulle bucce fino al 30 giugno successivo alla data di vendemmia».
Una novità che interessa direttamente la tipologia “Spoleto Trebbiano Spoletino” sul fronte del colore. Potrà variare, «dal giallo paglierino al giallo dorato caricopiù o meno intenso, sostituendolo con quanto precedentemente scritto: “Giallo paglierino talvolta con riflessi verdognoli”».
«Naturalmente – precisa l’ente di tutela dei vini dell’Umbria – l’iter di modifica dei disciplinari è molto lungo. Ma sicuramente il Consorzio lavora ogni giorno per venire incontro alle esigenze dei produttori».
Tra i motivi della bocciatura del Trebbiano Spoletino Doc di Raína viene infatti citato il colore, definito «alterato» dalla commissione di degustazione. Secondo indiscrezioni di winemag.it, alcune modifiche potrebbero inoltre interessare il Sagrantino di Montefalco Docg, con l’inclusione di nuovi contenitori per l’affinamento, oltre al legno (un’apertura verso l’anfora?).
DA IGT A DOC: ‘A VITA ESULTA IN CALABRIA E FESTEGGIA CON 200 MAGNUM
Per un vignaiolo deluso, eccone un altro felice di poter vedere riconosciuta la Doc sui propri vini, in precedenza assoggettai all’Igt. Si tratta di Francesco Maria De Franco e Laura Violino, apprezzatissimi vignaioli di Cirò, in Calabria, con la loro cantina ‘A Vita.
«Grande notizia! – comunica la coppia – il Rosato 2021 uscirà con la denominazione Cirò. Le due annate precedenti non sono passate all’esame della commissione Doc. Ma abbiamo continuato a presentare i campioni senza cambiare nulla nel nostro lavoro.
Non abbiamo mai avuto problemi di mercato con il Rosato Igp e sappiamo che il nostro rosato non rientra nelle categorie più “commerciali”. Ma rivendicare il nome Cirò è, per noi, motivo di orgoglio e di appartenenza. Così a testimoniare la nostra felicità quest’anno ci saranno circa 200 Magnum».
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La XVII edizione di ViniVeri che si svolgerà da venerdì 8 a domenica 10 aprile 2022 l’Area Exp di Cerea, a pochi chilometri da Verona.
«Dopo due anni di emergenza pandemica ritorna finalmente in presenza Viniveri. La storica manifestazione italiana di vini e prodotti alimentari ottenuti da processi naturali – dichiara il presidente del Consorzio Viniveri Paolo Vodopivec -. Due anni in cui i produttori del Consorzio Viniveri hanno risposto con creatività alle difficoltà e all’impossibilità di organizzare grandi eventi in un’unica sede, dando vita all’edizione virtuale sulle piattaforme social di ViniVeri Assisi 2021, e ai due tour diffusi sul territorio che hanno portato i vignaioli in decine di ristoranti in tutt’Italia».
«Ora ripartiamo – conclude Vadopivec -. Lo facciamo nel massimo rispetto della sicurezza dei vignaioli, degli addetti al settore e dei tanti appassionati. E continuando a portare avanti il nostro concetto di sostenibilità ambientale, economica ed etica, sia in vigna che in cantina, che ci lega da quasi vent’anni. Un’esigenza che è divenuta prioritaria da parte di consumatori e winelovers. Una strada adottata e percorsa da un numero crescente di aziende produttrici».
SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE, ECONOMICA ED ETICA
Proprio a questo tema sarà dedicato un momento di importante riflessione sul mondo del vino naturale, su certe mode e strade intraprese, sulla necessità di competenza, preparazione e qualità. Sabato 9 aprile appuntamento con la degustazione-presentazione del Manifesto “La forma e la sostanza, le luci e le ombre“, condotta da Sandro Sangiorgi insieme ai vignaioli del Consorzio Viniveri.
Una riflessione necessaria, come scrivono Sandro Sangiorgi e Paolo Vodopivec nel Manifesto. «Una questione fondamentale è non scindere mai i concetti di forma e sostanza. Non cedere alla banale esteriorità ma, nello stesso tempo, non cadere nella trappola della genuinità come unico riferimento qualitativo». Una degustazione che vuole centrare il discorso sulla qualità dei vini, dove naturale significa anche corretto, piacevole e buono.
L’ESPOSIZIONE
Novità di questa XVII edizione l’ampliamento degli spazi espositivi a circa 4000 mq. Spazi che favoriranno il rispetto del distanziamento interpersonale e garantire una migliore fruizione dell’evento con il maggiore grado di sicurezza possibile.
I banchi dei produttori, oltre che nella tradizionale area dell’ex fabbrica, troveranno posto anche nel contiguo padiglione paraboloide. Qui si potranno conoscere, ascoltare le storie ed assaggiare i vini protagonisti della tre giorni di ViniVeri 2022. Oltre 100 produttori provenienti da tutta Italia, Austria, Francia, Grecia, Portogallo, Slovenia, Spagna e, per la prima volta, Cile.
INCONTRI, DEGUSTAZIONI, CENE FIRMATE
Per l’atteso ritorno di ViniVeri, i tre giorni della manifestazione saranno animati da importanti iniziative e gustosi eventi. Sono infatti in programma, accanto all’area espositiva aperta a tutti dalle ore 10 alle 18, due cene con giovani chef premiati dalle migliori guide, un incontro di approfondimento dedicato a temi e valori cari al Consorzio e la degustazione dei vignaioli di ViniVeri.
IL PROGRAMMA
Sabato 9 aprile, alle ore 15, la degustazione-presentazione del Manifesto “La forma e la sostanza, le luci e le ombre”.
Sempre sabato 9 aprile, dalle 18.15 alle 20, nella sala convegni dell’Area Exp, l’agronomo Stefano Poppi presenta l’incontro-approfondimento sul tema della viticoltura sostenibile dal titolo “Con il Silicio si può ridurre l’impiego dello zolfo in vigna“.
Nelle prime due giornate, a conclusione della manifestazione, il Ristorante interno di ViniVeri avrà l’onore di ospitare le cene firmate da due giovani chef che vantano in comune prestigiose esperienze internazionali e un ritorno al territorio d’origine.
Venerdì 8 aprile, nella prima serata viaggiamo idealmente in Val Badia con Andrea Irsara, del ristorante Stüa Dla Lâ dell’hotel Grand Ander a Badia (Bolzano) che rilegge in modo personale i prodotti e le ricette della cucina ladina declinandole in stile moderno ed innovativo. Una cucina semplice, creativa e genuina che pone particolare attenzione a mantenere vivi i sapori e i valori nutrizionali delle materie prime.
Sabato 9 aprile, protagonista il cuoco umbro Giulio Gigli del ristorante Une di Capodacqua (Foligno). Dopo tante esperienze in giro per il mondo Giulio Gigli è tornato nell’agosto del 2021 in Umbria per aprire il suo ristorante. Qui mette in pratica la sua idea di cucina, che mescola l’innovazione e le tecniche internazionali con la cultura della terra. Proponendo prodotti dimenticati dell’Umbria e la creatività appresa all’estero.
Nella manifestazione, trovano spazio anche produzioni artigianali agroalimentari come formaggi, olio, cioccolato eco sostenibile, salumi e prodotti da forno.
Non mancherà anche quest’anno l’offerta dell’Enoteca ViniVeri. La vetrina-bottega dove sarà possibile acquistare molte delle rare selezionate etichette presenti a ViniVeri a prezzo di cantina. Tale prezzo verrà, anche quest’anno, maggiorato di 1€ per ogni bottiglia acquistata. Un contributo che il Consorzio devolverà a favore di un’associazione di assistenza di bambini in difficoltà.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
In Rioja, la più nota regione del vino spagnolo, il concetto di “Reserva” riferito ai tempi di affinamento in legno e in cantina non è mai stato così marginale, come lo è oggi. Nulla a che fare con i disciplinari di produzione, che continuano a prevedere dai 12 ai 24 mesi in rovere e dai 6 ai 24 mesi in bottiglia (Gran Reserva), prima della commercializzazione.
Il cambio generazionale sembra aver proiettato la Rioja ai vertici di un Rinascimento dei vini spagnoli che restituisce centralità a frutto, primari, varietale e Viñedo Singular, ovvero ai vini da “vigna singola”. Anche da lungo affinamento.
A dominare, nel calice, è sempre più spesso l’espressione del vitigno, con i terziari a fare da contorno. Una svolta epocale, che risponde anche al cambio delle tendenze di consumo tra i winelovers internazionali.
In quest’ottica, il Tempranillo trova nel Graciano, vitigno autoctono della Rioja – noto come Cagnulari in Sardegna – un grande alleato nelle scelte dei winemakers locali. Una varietà quasi scomparsa, ritenuta da molte Bodegas poco profittevole, per via delle basse rese.
Oggi invece rivalutata, grazie alla carica aromatica e cromatica che è in grado di conferire ai blend; nonché ai livelli di acidità adatti ai lunghi affinamenti (e ai cambiamenti climatici, ça va sans dire), inversamente proporzionali al tannino (già assicurato da Tempranillo, Garnacha Tinta e Mazuelo).
HARO E IL SUO BARRIO DE LA ESTACÍON
L’epicentro e termometro del Rinascimento dei vini spagnoli è Haro, cittadina della Rioja Alta il cui ruolo è scolpito nei libri di storia del vino spagnolo (e francese).
È qui che si trova infatti il Barrio de la Estación, mitico “Quartiere della stazione ferroviaria” in cui hanno trovato casa, a partire dall’Ottocento, 6 cantine simbolo dei vini della Rioja (e dell’intera Spagna), tuttora attive: Roda, La Rioja Alta, Gómez Cruzado, Cvne, Muga e Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal.
Sui binari di Haro sono stati caricati, a partire dall’Ottocento, milioni di ettolitri di vino sfuso che hanno arricchito i vini di Bordeaux, ben oltre il periodo della Fillossera. Qualcuno sostiene infatti – nemmeno troppo sottovoce – che diversi vini della Gironda francese siano stati prodotti con basi della Rioja, «almeno sino agli anni Ottanta del Novecento».
Un legame, quello tra Haro e Bordeaux – distanti poche centinaia di chilometri – che ha consentito alla piccola cittadina spagnola di essere una delle prime in Europa (la prima in Spagna) a dotarsi di un sistema di illuminazione pubblica stradale, assieme a centri ben più vasti come Parigi e Londra.
L’illuminazione fu dapprima introdotta dai francesi nelle Bodegas spagnole della Rioja. Qui venivano conservati in barrique le “Réserve“, ovvero quelle partite di vino acquistate – o meglio “riservate” – dai commercianti francesi, destinate a raggiungere Bordeaux e il resto della Francia. Passano proprio dai binari del Barrio de la Estación.
VIÑA ZACO DI VIÑA POMAL: IL VINO SIMBOLO DEL RINASCIMENTO IN RIOJA
Tanti gli assaggi che contribuiscono al Rinascimento dei vini spagnoli in Rioja. Uno su tutti è in grado di sintetizzare la transizione in corso, sia dal punto di vista viticolo che enologico. Riversando nel calice tutta l’energia e il generale “clima di novità” della regione.
Si tratta del Rioja Doc Viñedo Singular Viña Zaco 2017 di Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal, messo in commercio per la prima volta nel novembre 2021 dalla cantina di Haro. Tiratura limitata a sole 3.797 bottiglie per un rosso ottenuto da una singola vigna di Tempranillo. Viña Zaco, per l’appunto: viti di 35 anni di età media su terrazze, in prossimità del fiume che taglia Haro, l’Ebro.
Il terreno, di origine pleistocenica, è composto da conglomerati arrotondati, di roccia e calcare. Gli stessi ciottoli che emergono dal limo e dalla sabbia rossastra in altri vigneti di proprietà di Viña Pomal. Abbastanza per ricordare gli appezzamenti della Vaucluse che danno vita allo Châteauneuf-du-pape. Circa 450 metri sul livello del mare, con rese che non superano i 2 mila chilogrammi per ettaro.
Dietro alla rivoluzione del Rioja Doc Viñedo Singular Viña Zaco 2017 c’è una donna, l’enologa Mayte Calvo de la Banda, a Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal dal marzo 2018. Subentrata ad Alejandro López nel ruolo di direttore tecnico, si è occupata dell’affinamento del vino, collocato ai vertici della piramide qualitativa della cantina.
Al di là delle uve raccolte a mano e della selezione dei migliori acini – in un’annata disastrosa come la 2017, segnata da una gelata epocale che ha distrutto il 70% del raccolto di Viña Pomal – la novità è rappresentata dalla tecnica di vinificazione. Cemento, lieviti indigeni e una sapiente macerazione conferiscono un carattere unico a questa etichetta.
«Il Tempranillo di Viña Zaco – spiega la winemaker Mayte Calvo de la Banda – è stato sottoposto a una macerazione a freddo per 12-18 ore. La fermentazione è avvenuta in serbatoi di cemento aperti, con punzonature manuali quotidiane per migliorare l’estrazione».
La macerazione totale nel 2017 è stata di 21 giorni, svinando nel momento di massimo equilibrio ed espressione del varietale. La fermentazione malolattica è avvenuta in botti di rovere francese di secondo passaggio e di media tostatura. In seguito, il vino è stato invecchiato in botti di rovere francese da 1.200 litri per 20 mesi».
VIÑEDO SINGULAR VIÑA ZACO 2017, LA DEGUSTAZIONE
Il risultato è un vino che abbina in maniera magistrale profondità e ampiezza, condensando nel calice gli accenti mediterranei e quelli atlantici della Rioja Alta. Una zona e un terroir che, nelle migliori espressioni, può essere paragonato all’esatta via di mezzo tra Bordeaux e la Borgogna. O al punto d’incontro tra Montalcino e Barolo.
Il Rioja Doc Viñedo Singular Viña Zaco 2017 di Bodegas Bilbaínas – Viña Pomal cattura l’attenzione sin dalla vista, col suo rosso rubino luminoso. L’unghia è giovane, violacea: mostra quanta strada abbia ancora davanti il nettare, in termini di evoluzione. Al naso precisi ricordi di fiori di violetta e frutta a polpa scura e rossa, croccante e succosa.
Mora e ciliegia, tanto quanto arancia rossa ed accenni di cedro. Un quadro armonico, impreziosito dalla profondità balsamica di eleganti rintocchi di liquirizia, eucalipto ed erbe tipiche della macchia mediterranea (rosmarino, alloro, timo).
Il sorso è suadente e si conferma d’eleganza inappuntabile. Corrispondenza perfetta tra naso e palato, nel segno dei ritorni di frutta e di spezie, in un quadro altrettanto fresco e balsamico.
Colpisce il gioco tra i tannini, distinguibili pur setosi, e il risultato della macerazione sulle bucce. Una scelta, quella avvenuta in fase di vinificazione, che apporta concretezza e peso “estrattivo” alla beva. Dal centro bocca, una vena sapido-minerale accompagna sino alla chiusura lunga, equilibrata, asciutta. In sintesi, un manifesto della nuova Rioja. Punteggio: 96/100.
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Dopo 5 anni di attesa, l’Euipo – Ufficio marchi europeo dà ragione al Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia Doc nel contenzioso contro Domaine Boyar. La cantina aveva fatto domanda di registrare il marchio del vino “Bolgaré” nel 2017. La decisione è stata emessa lo scorso 21 marzo ma è stata pubblicata solo oggi, 29 marzo 2022.
In particolare, l’Euipo conferma la «forte somiglianza dei due nomi». Con il «rischio per il consumatore di associare erroneamente la denominazione italiana e il marchio bulgaro».
BOLGHERI VINCE LA BATTAGLIA LEGALE AL BOLGARÉ
«Si tratta di una vittoria non solo per il territorio di Bolgheri, ma per l’Italia e soprattutto per l’intero sistema europeo delle denominazioni, che dopo questa decisione ne esce certamente più forte», commenta Albiera Antinori, presidente del Consorzio Consorzio per la Tutela dei Vini Bolgheri e Bolgheri Sassicaia Doc.
«Dopo 5 anni di battaglia legale – continua – siamo molto contenti di questo risultato. Essere riusciti a difendere la denominazione Bolgheri dalla tentata registrazione da parte di una azienda bulgara di un marchio molto simile è un segnale importante per l’Italia, in un momento in cui anche altre denominazioni italiane sono in difficoltà nella difesa del loro nome».
BOLGHERI, AUGURI AL PROSECCO
Per l’avvocato Paola Stefanelli di Bugnion Spa, che ha assistito il Consorzio nel procedimento: «La decisione d’appello della Commissione dei Ricorsi dell’Euipo, che sancisce la vittoria del Consorzio di Bolgheri, è una lezione di coerenza dell’Ufficio marchi europeo sulla tutela delle Dop alla Commissione Europea».
Dopo aver intascato la vittoria sul vino bulgaro Bolgaré, è lo stesso avvocato a guardare ora al caso Prosek del Veneto. «La Commissione dei Ricorsi rileva che l’evocazione può sussistere anche solo in uno dei Paesi membri. E il fatto che non sussista, per motivi storici o linguistici, in una parte dell’Ue è irrilevante. Adesso in bocca al lupo al Prosecco per la sua battaglia».
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Extracosti da oltre 1,1 miliardi di euro a causa dell’incremento dei costi dell’energia e delle materie prime. È questo il conto salato che sta per abbattersi sulla filiera vitivinicola italiana. Una vera tempesta dei prezzi che intaccherà la redditività delle imprese e rischia di comprometterne anche la capacità competitiva sui mercati internazionali.
Il dato emerge dallo studio Censis – Alleanza Cooperative Agroalimentari “Vino, la febbre dei costi” presentato oggi in conferenza stampa a Roma.
IL CALCOLO
Il fatturato 2021 della filiera è pari a 13,6 miliardi di euro. Applicando a questo dato la quota del 78,4% dei consumi intermedi necessari alla produzione, se ne determina il valore in 10,7 miliardi per il 2021. Utilizzando la variazione dei costi di produzione del prodotto vino fra febbraio 2021 e febbraio 2022, pari al 10,5%, il valore attuale dei consumi intermedi raggiungerebbe il livello di 11,8 miliardi di euro.
«La differenza, in termini assoluti, è pari a 1.124 milioni di euro – commenta Luca Rigotti, Coordinatore Vino di Alleanza Cooperative Agroalimentari -. Un carico aggiuntivo sulla redditività delle imprese che inevitabilmente andrà a erodere i loro margini, compromettendone anche la loro capacità competitiva sui mercati internazionali».
LE VOCI DI COSTO
Contribuiscono in modo sostanziale all’incremento dei costi di produzione le componenti dei prodotti energetici, che hanno fatto segnare un +31,4% medio annuo. Un incremento dei carburanti pari al 38,3%, dell0energia elettrica del 16,7% e dei lubrificanti addirittura del 70%. Fra i fattori produttivi utilizzati nella coltivazione, fertilizzanti e concimi hanno visto crescere il livello del 32,3%.
Anche i materiali impiegati per il confezionamento e l’imballaggio hanno subito aumenti che inevitabilmente si rifletteranno sul prezzo finale del vino. Fra gennaio 2021 e gennaio 2022, prima degli effetti dovuti allo scoppio della guerra in Ucraina, il prezzo alla produzione del vetro è cresciuto dell’8,5%. Quello del sughero del 9,4%. Sono invece compresi fra il 23 e il 30% gli aumenti relativi alla carta e agli imballaggi.
«L’incremento dei costi dell’energia e dei materiali di produzione testimonia la pesante situazione a cui da mesi sono sottoposte le imprese vitivinicole – ha proseguito Rigotti – a cui si aggiunge un serio problema legato alla reperibilità e all’approvvigionamento dei materiali».
«È necessario trovare – ha concluso il Coordinatore – nuovi strumenti, sulla linea di quelli già emanati dal Governo, per cercare di mitigare gli effetti della crisi e non perdere ulteriori margini di competitività. Inoltre, è necessario ed urgente che l’UE intervenga per mettere un tetto condiviso al prezzo dell’energia e del gas, valutando la possibilità di svolgere il ruolo di acquirente unico sul mercato».
Dal lato della logistica, la filiera del vino si sta già da mesi confrontando con uno scenario fortemente critico. Nel trasporto aereo di merci gli aumenti hanno superato il 20% in dodici mesi. Nel trasporto marittimo la crescita dei prezzi dei servizi ha raggiunto, sempre fra inizio 2021 e inizio 2022, il 36,2%.
FMI EXPORT E PREVISIONI FMI
Il Fondo Monetario Internazionale ha calcolato, poco prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, che lo shock energetico e delle materie prime avrebbe compromesso l’1,3% del PIl 2022 degli Stati Uniti e della Francia, l’1,5% dell’Area Euro, fino a raggiungere il 3% per il Regno Unito e quasi il 5% per la Spagna.
La mancata crescita di questi paesi che rappresentano i principali partner economici della filiera italiana del vino rischia di intaccare gli ottimi risultati dell’export del prodotto nel 2021. Basti pensare che nell’ultimo anno gli Stati Uniti hanno aumentato le importazioni di vino italiano di oltre diciotto punti percentuali. La Francia del 17,8%, la Spagna del 17,2% e che nei paesi dell’euro l’export di vino italiano è cresciuto del 9,9%.
Ci sarà sicuramente una rimodulazione delle vendite di vino in Russia dovuta alla difficoltà di pagamenti e transazioni riscontrate dalla imprese. Russia che nel 2021 aveva richiesto vino italiano per circa 150 milioni di euro, con un aumento della domanda superiore al 18%.
Il valore del vino importato dall’Ucraina è pari a 55 milioni di euro. Un mercato che aveva orientato la scelta di vino verso i nostri produttori, con un incremento degli acquisti pari a +30%.
LA FEBBRE DEI COSTI
Fra gennaio e marzo di quest’anno il prezzo del petrolio è passato da poco più di 78 a 118 dollari, con un incremento del 50,9% in poco più di 60 giorni. Se si torna a inizio 2021 la variazione è addirittura del 130,6%. Il gas acquistato in Europa costava 19 euro per Mwh a gennaio dello scorso anno, per passare dodici mesi dopo a 78,50 e raggiungere la quota di 132 euro l’11 marzo scorso.
Il prezzo del carbone è quasi quintuplicato in un poco più di un anno, da 133 dollari per tonnellata a 681 dollari dei giorni scorsi. Solo fra gennaio e marzo il prezzo è quasi triplicato. Il quadro che si è venuto a delineare implica conseguenze pesanti per le attesa di crescita nel 2022.
Nell’ultimo Outlook, l’Ocse ha stimato che l’effetto combinato dell’aumento dei prezzi di energia e materie prime fra il 24 febbraio (giorno d’inizio dell’aggressione russa) e il 9 marzo (giorno di pubblicazione dell’Outlook), e dell’instabilità dell’area porterà a una caduta della domanda globale dell’1,08%. Dell’1,4% fra i paesi dell’Euro e dello 0,88% negli Stati Uniti.
Effetti ora non quantificabili sul lato degli scambi internazionali e delle esportazioni dei singoli paesi. In aggiunta, la condizione di “stagflazione“, mai più sperimentata in Occidente dagli anni 70, diverrebbe l’ipotesi più probabile per descrivere il corso dei prossimi mesi in molti paesi.
L’inflazione e la corsa dei prezzi peseranno ulteriormente sulle decisioni di spesa e di investimento .La mancata crescita di questi paesi che rappresentano i principali partner economici della filiera italiana del vino rischia di intaccare gli ottimi risultati dell’export del prodotto nel 2021.
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A due mesi dal report finale, le massime autorità della filiera del vino sudafricano comunicano le prime stime sulla vendemmia 2022 in Sudafrica. Ad oggi, più della metà delle uve sono già state portate nelle cantine. Abbastanza per dire che il raccolto 2022 sarà ancora più risicato di quello 2021, in termini di quantità. Superiore, tuttavia, alla media degli ultimi cinque anni.
«Anche se abbiamo iniziato più tardi del normale con la vendemmia 2022, tutte e dieci le regioni produttrici di vino hanno raccolto una quantità significativa di uva in questa fase, il che dà una buona indicazione dei volumi consegnati alle cantine fino ad ora», evidenzia Conrad Schutte.
Il manager del servizio di consulenza viticola di Vinpro è già alla quarta stima sulla vendemmia 2022, realizzata con Sawis (SA Wine Industry Information & Systems). «Anche la qualità dell’uva sembra buona in questa fase – aggiunge – il che significa che possiamo aspettarci vini eccezionali dall’annata 2022».
«Secondo il software di gestione delle informazioni WineMS – aggiunge Christo Spies, Ceo della piattaforma digitale – circa il 65% del raccolto medio di uva da vino è stato già portato in cantina. Una settimana dopo rispetto al normale, dunque. Le regioni costiere sono ormai prossime a terminare la vendemmia 2022, mentre la maggior parte delle regioni interne hanno superato la metà».
LE CONDIZIONI CLIMATICHE DELLA VENDEMMIA 2022 IN SUDAFRICA
La maturazione delle uve della vendemmia 2022 è stata caratterizzata da condizioni climatiche più fresche dall’inverno a metà dicembre 2021. Un fattore che ha portato a un germogliamento, una fioritura, un’invaiatura e una maturazione più tardive.
I periodi caldi di dicembre e gennaio hanno accelerato la maturazione. Ma il programma di raccolta per la maggior parte delle cultivar è stato comunque ritardato di circa sette-dieci giorni.
«Il raccolto meno abbondante – sottolinea ancora Conrad Schutte – può essere attribuito principalmente ai rovesci nelle zone Northern Cape e Klein Karoo, che hanno favorito malattie fungine e marciume».
Al contrario, danni da scottature dovute a ondate di calore si sono verificate nelle regioni di Swartland, Paarl e Robertson. Sulla vendemmia incidono anche alcune scelte di estirpare vigneti a causa delle difficili condizioni finanziarie di alcune cantine».
Difficoltà legate alle conseguenze della pandemia e alle misure restrittive del governo. Sorridono invece i produttori di Stellenbosch e della Cape South Coast, che hanno registrato un raccolto maggiore. Merito, sottolinea Vinpro, «delle condizioni di maturazione favorevoli, del controllo efficace delle malattie fungine e della disponibilità di acqua per l’irrigazione».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Mentre in Italia qualcuno mescola come uova e farina «l’accoglienza ai profughi ucraini» e le «perdite di fatturato» nell’Est Europa, in Spagna una cantina ha interrotto tutti i rapporti con la Russia, dall’inizio del mese di marzo. «Come conseguenza dell’ingiustificata e riprovevole invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, La Rioja Alta S.A. desidera comunicare la sua decisione di sospendere unilateralmente le sue relazioni commerciali con la Russia», comunica la storica azienda di Haro.
In questo modo, il gruppo vinicolo trasmette la sua piena solidarietà al paese ucraino e ai suoi cittadini, che stanno subendo un’azione militare devastante con conseguenze incalcolabili.
La cantina desidera comunicare tutto il suo appoggio e il suo affetto alla direzione e al team dell’importatore in Ucraina, le cui strutture a Kiev (nella foto) sono state selvaggiamente distrutte durante gli attacchi dell’esercito russo».
La Rioja Alta S.A. ha lanciato una campagna tra il suo personale per donare vestiti e calzature calde, abbigliamento termico, coperte, cibo non deperibile e medicinali generici. Generi che sono stati inviati alle frontiere europee con l’Ucraina. L’obiettivo è «alleviare la sofferenza dei milioni di persone colpite da queste incomprensibili barbarie».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Tigros e Il Gigante per i vini in promozione a fine marzo e inizio aprile. Se l’insegna di Bresso si conferma al vertice della convenienza grazie all’inserto valido fino al 6 aprile, Tigros ruggisce di novità. Quello della catena di supermercati del gruppo Agorà è un volantino pieno di 5 cestelli della spesa.
Attenzione perché tra i ruggiti torna a miagolare Esselunga, dopo un periodo di “magra” dettato, ipotizziamo noi di Vinialsuper, dall’analisi (e lettura) del “momento storico” da parte dei buyer dell’insegna milanese (nell’ordine: pandemia, scontrino medio che si alza grazie al lockdown dell’Horeca; sino ad arrivare agli ultimi mesi, segnati da inflazione e aumento dei listini delle cantine, causa caro bollette).
Tiene botta anche Carrefour Italia, dopo i fasti (tra luci ed ombre) delle precedenti edizioni dei volantini e degli inserti enologici. Abbonda, se non altro numericamente, Conad. Mediocre l’offerta di Eurospin, cui si accoda – suo malgrado – Famila. Buona spesa!
Volantino Aldi fino al 27 Marzo, “Weekend boom”
Salice Salentino Doc Riserva: 3,29 euro (3,5 / 5)
Volantino Bennet fino al 6 Aprile, “Il tuo angolo gourmet”
Primitivo Notte Rossa: 3,90 euro (5 / 5)
Nerello Mascalese Igt Settesoli: 3,50 euro (5 / 5)
Volantino Carrefour fino al 3 Aprile, “+ Prendi – Spendi”
Vini al supermercato è la rubrica dedicata al vino in vendita nelle maggiori insegne di supermercati presenti in Italia. Nella Gdo viene venduta la maggior percentuale di vino italiano. Qui potrai trovare recensioni, punteggi e opinioni sui migliori vini in vendita nella Grande distribuzione organizzata, valutati con cognizione di causa, spirito critico costruttivo e l’indipendenza editoriale che ci caratterizza. Inoltre, una rubrica sempre aggiornata sui migliori vini in promozione presenti sui volantini delle offerte delle maggiori insegne di supermercati italiani. Vini al Supermercato è la guida autorevole ai vini in vendita in Gdo, con una pubblicazione annuale delle migliori etichette degustate alla cieca dalla nostra redazione. Seguici anche su Facebook ed Instagram. Sostieni la nostra testata giornalistica indipendente con una donazione a questo link.
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