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Il Consorzio Vino Montescudaio Doc punta al rilancio in Toscana

Il Consorzio Vino Montescudaio Doc punta al rilancio in Toscana Letizia Martelli, eletta presidente, al lavoro per aumentare gli iscritti

Letizia Martelli è la nuova presidente del Consorzio Vino Montescudaio Doc. Succede ad Alessia Viviani che adesso ricopre il ruolo di Tesoriera. Confermato vicepresidente Carlo Sanvitale. Gli obiettivi sono ambiziosi. In testa l’aumento del numero di soci del Consorzio, oggi fermo a nove.

«Dobbiamo fare un passo verso la modernità – commenta Letizia Martelli, dell’azienda La Macchia di Montescudaio – pur tenendo ben presente la nostra storia e la nostra tradizione. La priorità che mi sono data è aumentare il numero delle aziende consorziate. Già possiamo annunciare la prima che entra a farne parte: l’azienda Gianni Moscardini di Pomaia. E sto parlando con altre realtà».

Il Consorzio Vino Montescudaio Doc copre i territori dei comuni di Casale Marittimo, Castellina Marittima, Guardistallo, Montecatini Val di Cecina, Montescudaio, Riparbella, Santa Luce.

IL MONTESCUDAIO DOC

«Nuove aziende significa anche nuove idee e contributi – continua la neo eletta presidente – anche per creare nuovi eventi su tutto il territorio, ma soprattutto su Montescudaio. Lo scorso anno è stata inaugurata la Strada del Vino e credo che questa sia la strada giusta, magari coinvolgendo nuove aziende che entreranno a far parte del consorzio».

Il disciplinare del Vino Montescudaio Doc prevede quattro tipologie. Il Rosso comprende i vini da varietà Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Merlot e Sangiovese (almeno 50%). C’è poi il Bianco, prodotto con Chardonnay, Sauvignon blanc e Vermentino.

La Doc Montescudaio ha anche un vino Rosso riserva, che fa sempre riferimento a vitigni Cabernet, Merlot e Sangiovese. Infine, è prevista anche la tipologia Vin Santo. Per il rilancio, il Consorzio guidato da Letizia Martelli potrà contare anche sull’appoggio dell’Amministrazione comunale di Montescudaio, che ha già confermato tale impegno attraverso la la sindaca Simona Fedeli.

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Diletta Tonello è la nuova presidente del Consorzio di Tutela Lessini Durello

FOTONOTIZIA – Dopo due mandati alla vicepresidenza, Diletta Tonello è la nuova presidente del Consorzio di Tutela Vini del Lessini Durello. Succede all’uscente Paolo Fiorini, che resta in qualità di vicepresidente, assieme a Silvano Nicolato, per i prossimi tre anni.

La denominazione del Lessini Durello, riconosciuta nel 1987, conta circa 430 ettari vitati ad uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei Monti Lessini, tra Verona e Vicenza. Oggi le aziende associate al Consorzio sono 34 e ogni anno viene prodotto circa 1 milione di bottiglie, di cui 750 mila con metodo Charmat e 250 mila con Metodo Classico.

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Asolo Prosecco verso lo sblocco della riserva vendemmiale 2021

L’Asolo Prosecco ha chiuso il primo quadrimestre 2022 con 8,6 milioni di bottiglie certificate. Il 33,4% in più rispetto ai 6,4 milioni registrati alla fine di aprile del 2021. Il confronto con il periodo pre-pandemia conferma l’esplosione dell’Asolo Prosecco, con l’85,8% di bottiglie in più certificate rispetto ad aprile 2019.

Per questo motivo, il Consiglio di Amministrazione del Consorzio veneto ha deciso di vagliare lo svincolo della riserva vendemmiale 2021. «Una scelta espansiva – spiega l’ente – ipotizzata per consentire a tutti i produttori di Asolo Prosecco di assecondare la forte domanda proveniente dal mercato». L’assemblea dei Soci sarà chiamata ad esprimersi domani, mercoledì 11 maggio.

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Val de Loire Millésime 2022 tra certezze (Cabernet Franc) e novità a Champtoceaux e Anjou

A Val de Loire Millésime 2022, i vini ottenuti da Cabernet Franc in purezza si confermano ad alti livelli a Saumur-Champigny, tanto quanto a Chinon e Bourgueil. Le novità arrivano dalla zona occidentale della Valle della Loira, dove Champtoceaux ha avviato il procedimento per il riconoscimento di Cru Communaux del Muscadet (già in etichetta, come consentito dalla legislazione francese).

Nel distretto di Anjou, lungo le sponde dell’affluente Layon, continua invece l’affermazione dei vini secchi da Chenin (localmente chiamato Pineau de la Loire). Una tipologia che si fa sempre più largo all’interno della nota denominazione di vini dolci Coteaux du Layon.

Questi i trend in evidenza in occasione dell’ultima “passerella” dei vini della Loira. Ad ospitare la stampa internazionale che ha preso parte a Val de Loire Millésime 2022 è stata la città di Angers, patrimonio Unesco e capoluogo del dipartimento del fiume Maine.

TUFFEAU E SAVOIR-FAIRE: I MIGLIORI CABERNET FRANC DI SAUMUR-CHAMPIGNY

Poco spazio per Sancerre in questa edizione della kermesse. In compenso, è salita in cattedra l’Aoc Saumur-Champigny, parte integrante del triangolo delle meraviglie del Cabernet Franc della Loira, assieme a Chinon e Bourgueil.

Al di là della qualità indubbia dei vini della zona, è interessante l’approccio dei produttori locali a una varietà tutt’altro che semplice da lavorare. Oltre alle basse rese, la catalogazione dei vini 100% Cabernet Franc Aoc Saumur-Champigny prevede due macro-categorie, legate alle caratteristiche della beva.

Si passa dai “Vin léger“, (quasi) tutto frutto e agilità, ai “Vin complexe“, per l’appunto più “complessi” e adatti a un medio-lungo affinamento. La vera discriminante è tuttavia il suolo, composto da Tuffeau. A dispetto del nome non si tratta di tufo vulcanico, bensì di un composto calcareo-sabbioso robusto, ma facile da lavorare.

Non a caso è stato utilizzato per la costruzione dei famosi castelli della Loira. Diverse cantine, case, chiese e cunicoli sono stati scavati nel Tuffeau, creando un sistema di Troglodytes (Trogloditi) lungo 1.500 chilometri, unico in Europa. È tra queste spettacolari caverne che molti vignerons della Loira accolgono gli enoturisti.

Il Tuffeau è il risultato di depositi di organismi fossili e sabbia sul fondale del mare che, nel Mesozioico, copriva interamente la Valle della Loira. Una componente che si riflette nei fini Cabernet Franc di Saumur-Champigny.

Altra prerogativa dei rossi locali è la tecnica di vinificazione, con i vignaioli impegnati a non eccedere nell’estrazione. Preservando ed esaltando, piuttosto, i primari della varietà. Tracce evidenti di queste caratteristiche nei migliori Cabernet Franc degustati a Val de Loire Millésime 2022.

Una ventina di ettari allevati in biodinamica per la cantina che riesce a convincere più di tutte – trasversalmente tra bianchi e rossi – a Val de Loire Millésime 2022. In particolare, questo Franc in purezza nasce da Clos du Château, connotato da viti di 60 anni. Frutto, freschezza, sapidità, perfetto equilibrio tra estrazione e slancio ne fanno oggi un vino di estrema eleganza e raffinatezza, tanto quanto dal luminoso futuro.

“Vin léger” che, per concentrazione del frutto e potenziale, si avvicina molto al concetto di “Vin complexe”. Brilla nella categoria per precisione e succosità del frutto, nonché per la capacità di risultare, al contempo, pieno ed estremamente godibile. Pronto e di prospettiva.

Colore che si avvicina al rosato intenso e chiarisce subito l’intenzione del giovane Paul Pisani-Ferry: un “Vin Léger” tutto su frutto e primari, che esalti il suolo con prevalenza calcarea. Missione centrata al naso e al sorso. Uno di quei vini che piace trovare nel frigo, tornati dal lavoro.

Altro “Vin Léger” che sintetizza suolo, varietale e savoir-faire del vigneron in maniera ineccepibile. Naso-bocca su ottima intensità del frutto rosso. Beva sorretta da una spina dorsale minerale elegantissima, che chiama il sorso successivo, assieme alla vibrante freschezza. Giovane e di prospettiva.

Forse non è un caso se questa etichetta riesce più di altre a rendere l’idea del “Vin complexe” ottenuto da Cabernet Franc, nell’ambito della denominazione. A produrlo è la presidente del consorzio locale, Amélie Neau. Parte della massa trascorre 18 mesi in legno.

Una scelta che regala al vino un volume importante, unitamente alle note di frutta rossa più matura del resto dei campioni. Profilo del sorso ricco e pieno, senza rinunciare all’agilità di beva. Vino che può ancora affinare, perfetto per abbinamenti importanti.

Les Poyeux richiama il nome della località in cui le viti di Cabernet Franc affondano le radici tra Tuffeau, argilla e sabbia. Un terreno dalla composizione più “calda” rispetto ad altri della zona, tanto da dare accenti particolari e distinguibili al nettare prodotto da Céline Sanzay, ben oltre la trama tannica elegante e distesa.

Netti accenti floreali, di violetta, sul frutto pienamente maturo, oltre a tinte d’agrume rosso, si aggiungono al corredo classico dei Franc di Saumur-Champigny. Il risultato è un vino che premia ancora una volta la beva, pur risultando più stratificato e opulento di altri. Alto gradiente di gastronomicità, per un etichetta con tanta vita davanti.

Solo cemento per il Cabernet Franc di Loïc Terquem, che risponde ai complimenti senza falsa modestia: «È la prova che si possono fare grandi vini sulla sabbia». Nulla di più vero. Quello di “Encore” è il naso più intenso, ricco e materico tra i Franc dell’Aoc.

Ricordi di prugna e amarena sul frutto rosso grondante di succo anche al palato, in cui una freschezza elettrica riequilibra il sorso e rende la beva irresistibile. Precisione e finezza abbinate ad intensità e potenza, qui in maniera magistrale.

CHAMPTOCEAUX, L’ULTIMA FRONTIERA DEL MUSCADET DI NANTES

Dalle certezze dei Franc di Saumur-Champigny, ai desiderata dei produttori al confine tra le sottoregioni di Angers e Nantes, il passo è breve a Val de Loire Millésime 2022. L’idea dei vignaioli di Champtoceaux è infatti quella di dar vita a un nuovo Cru Communaux (Cru comunale), che porti il nome della località e valorizzi le specificità locali del Melon de Bourgogne.

Champtoceaux sarebbe l’unico tra i Crus Communaux a trovarsi nell’areale del Muscadet Coteaux de la Loire. Un modo per distinguere l’espressione locale del vitigno, allevato da 14 produttori, da quelle del Muscadet Sèvre et Maine e del Muscadet Côtes de Grandlieu.

«In Coteaux de la Loire – spiega a winemag.it Benoit Landron di Domaine Landron Chartier – non ci sono vigne ovunque. Le piante sono collocate solo nei posti migliori, sulla base dell’analisi del terreno. Riteniamo che Champtoceaux meriti il riconoscimento di Cru Communaux per la presenza di parcelle che già vinifichiamo separatamente, in grado di dare caratteristiche uniche al Melon».

«Il procedimento – continua Landron – è già avviato e giungerà a compimento nei prossimi 2, 3 anni. Il governo francese ci ha autorizzato a mettere già sull’etichetta il nome Champtoceaux, per aiutare i consumatori a familiarizzare con l’espressione particolare del Melon de Bourgogne da suoli ricchi di micascisti, gneiss, leptinite e anfibolite».

 

In questa zona il microclima è favorevole per la vite, grazie alle sferzanti correnti fresche provenienti dall’Oceano Atlantico, anche d’estate. «Abbiamo selezionato solo alcuni appezzamenti di terreno – commenta ancora Benoit Landron – definendoli Cru Champtoceaux. Come i cru vicini di Clisson, Gorges, Château Thébaud e così via, la nostra zona ospita dei terroir superbi».

Ciò implica una selezione rigorosa delle parcelle, un lungo invecchiamento sui lieviti di almeno due anni e uve di qualità impeccabile. I vini di Champtoceaux sono morbidi, setosi.

Da giovani profumano di frutta fresca, agrumi, pesca e fiori d’arancio. Con l’età, sviluppano note di spezie ed erbe come timo, salvia e liquirizia. Delicate note amaricanti e una leggera sapidità completano un quadro di equilibrio fresco ed elegante».

Da provare, su tutti, l’Aop Coteaux de la Loire Muscadet 2018 Champtoceaux di Domaine des Génaudières (nella foto, sopra) Il Melon de Bourgogne della cantina di Le Cellier, nota anche come Athimon et Ses Enfants, sfodera un naso d’agrume e pesca, frutta a polpa gialla e bianca.

Al palato estremo equilibrio tra pienezza del frutto e freschezza, sinonimo di una perfetta epoca di raccolta delle uve, precoce ma non prematura. Aiutano, certamente, i 24 mesi trascorsi sui lieviti, ben oltre il “disciplinare” degli Champtoceaux. Uno dei quei vini capaci di rappresentare alla perfezione chi lo produce, nello specifico la vigneron independant Anne Athimon.

IN COTEAUX DU LAYON SI PUNTA SULL’ANJOU BLANC: CHENIN SECCO IN 5 CRU

Più che un vero e proprio trend di Val de Loire Millésime 2022, una conferma: ad Anjou e, in particolare in Coteaux du Layon, zona rinomata per la produzione di vini dolci che può contare sul 1er Cru Chaume (100 ettari, 30 produttori) e sul Grand Cru Quarts de Chaume (30 ettari, 18 produttori), è ormai data per assodata la produzione di vini secchi da Chenin.

Patrick Baudouin, patriarca dei vigneron del distretto di Anjou, è tra i più strenui sostenitori del binomio dolce-secco. Ritiene, infatti, che le due tipologie possano, anzi debbano, convivere. «Così facendo – risponde Baudouin alla domanda di winemag.it – si innalza la qualità dei vini dolci. Prodotti, a maggior ragione della coesistenza con i vini secchi, solo nelle annate davvero favorevoli».

Sono quasi 20 anni che ad Anjou (e in Coteaux du Layon) ci si interroga su quale debba essere lo stile dei vini bianchi secchi da Chenin. Al di là delle tecniche di vinificazione (malolattica sì, malolattica no? Acciaio o legno? Quale?), i produttori hanno convenuto sulla necessità di identificare 5 Cru dell’Anjou Blanc: Ronceray, Ardenay, Pierre Bise, Bonnes Blanches e Saint Aubin.

I vini da cru, già etichettati come tali ma non ancora approvati dall’Institut National de l’Origine et de la qualité (Inao) – come Champtoceaux per il Muscadet Coteaux de la Loire – occupano una quota rilevante del vigneto dell’Anjou Blanc: ben 100 ettari sui circa 800 complessivi. Ecco i migliori della degustazione di winemag.it a Val de Loire Millésime 2022.

Vanessa Cherruau (nella foto, sopra) è uno dei volti nuovi della denominazione, ma ha già le idee chiare. Ha scelto la biodinamica per far esprimere al meglio le proprie vigne e regalare vini di terroir. Espressione sincera del vitigno, dell’annata e del suolo di Ronceray (il cru più promettente, almeno dagli assaggi effettuati, tra quelli in fase di approvazione), dal nome della locale abbazia, sulla collina di Quarts de Chaume.

Non fa eccezione Zerzilles, il cui nome richiama l’appezzamento condiviso con Patrick Baudoin, Domaine de la Bergerie e Cédric Bourrez. Scisto e arenaria per un bianco tesissimo, dal finale minerale. Da non perdere anche l’Aoc Anjou Ronceray 2020Grande pièce di Chateau de Plaisance, altro manifesto dei nuovi cru allo Chenin.

Scisto degradato su suolo argillo gessoso per questo bianco di grande dinamicità. Colpisce per l’espressione abbondante, generosa del frutto esotico, riequilibrata da una splendida spalla acida. Ottima anche la persistenza, che ne esalta la gastronomicità. Ottimo rapporto qualità prezzo.

Un “vino naturale”, per definizione degli stessi produttori, ottenuto dalla vigna più vecchia a disposizione del Domaine (60-100 anni), a Bellevigne en Layon. Eddy e Mileine Oosterlinck – Bracke, di origini belghe, riescono a mettere in bottiglia uno Chenin che rompe la barriera del tempo.

Pare uscito dagli anni Novanta, per l’utilizzo di un 50% di legno nuovo e per l’importante concentrazione del frutto. Ma al contempo vibra della freschezza elettrica che ha reso celebre il vitigno nel mondo. Vino con le spalle larghe, come quelle di Eddy. Una chicca: solo 1.310 bottiglie.

Convince per la purezza delle note fruttate lo Chenin di Domaine de la Tuffière. Alle note d’agrumi perfettamente maturi (pompelmo, arancia) che marcano il profilo fresco e teso del sorso, si accostano ricordi di mela e pesca bianca.

A far da sottofondo, una mineralità stuzzicante. Dopo un ingresso sulle durezze, centro bocca e chiusura si distendono in un allungo setoso, pieno, che esalta ancor più la perfetta maturità delle uve. Gioventù da vendere: le note vanigliate leggere andranno a uniformarsi ulteriormente al corredo.

Non può mancare tra i migliori Anjou Blanc quello del pioniere Patrick Baudouin (nella foto, sopra). Un vino che definisce e conferma il carattere unico del terroir di Roncery. Esaltandolo all’ennesima potenza. Freschezza affilata e pienezza del frutto di dividono il palco di questo Chenin.

A legare il sorso, dall’ingresso alla chiusura, quella nota minerale, pietrosa, dettata dalla ricca presenza di scisto nel suolo. C’è un fil-rouge netto che lega questo vino all’Aoc Anjou 2020 “Zerzilles” di Chateau de Plaisance. Una sorta di passaggio di consegne in atto tra generazioni diverse, da Patrick Baudouin alla giovane enologa Vanessa Cherruau. Il futuro dell’Anjou Blanc è luminoso.

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Riccardo Cotarella riconfermato presidente di Assoenologi

Riccardo Cotarella è stato riconfermato presidente di Assoenologi per il quarto mandato consecutivo. Lo ha deciso il Consiglio di amministrazione dell’Associazione che riunisce enologi ed enotecnici italiani, riunitosi stamani nella sede di Milano. Per il prossimo triennio, Riccardo Cotarella sarà coadiuvato, nel ruolo di vicepresidenti, da Massimo Tripaldi della Sezione Puglia-Basilicata-Calabria e da Pierluigi Zama della Sezione Romagna.

Essere chiamati ancora a guidare Assoenologi – sono le prime parole del rieletto Riccardo Cotarella – è motivo di grande orgoglio e responsabilità. Accetto l’incarico con l’entusiasmo e la determinazione di sempre e con un unico obiettivo, quello di far crescere, con la preziosa collaborazione dell’intero Consiglio di amministrazione, la nostra amata Associazione».

«Il lavoro che ci attende – ha aggiunto – è impegnativo, soprattutto alla luce degli eventi che hanno e stanno tuttora interessando le nostre vite. Assoenologi in questi anni ha saputo reagire anche alle condizioni più sfavorevoli. Continuando a crescere e diventare sempre più punto di riferimento nazionale dell’enologia.

«Un processo di crescita – ha concluso il rieletto presidente Riccardo Cotarella – che dovrà essere, laddove possibile, accelerato per il bene di tutta la categoria e del mondo del vino».

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I Terroir del Prié blanc: 8 pannelli per gli enoturisti a La Salle e Morgex

Pannelli descrittivi dei Terroir del Prié Blanc. È l’ultima iniziativa del Cervim, nell’ambito del progetto Interraced Net. Si tratta di cartelli informativi sulla storia del vitigno, installati nei comuni di La Salle e Morgex, in provincia di Aosta.

Per l’installazione sono stati scelti luoghi simbolo del Prié Blanc come la Cave Du Vin Blanc de Morgex et la Salle, la Crotta de la Meurdzie di Vevey Marziano, Cantina Quinson, Maison Vevey Albert, l’Azienda vitivinicola Brunet Piero e l’Azienda Vitivinicola Pavese Ermes.

I TERROIR DEL PRIÉ BLANC IN “PATOIS”

«La valorizzazione in chiave di fruizione turistica del paesaggio terrazzato e delle zone eroiche della Valle d’Aosta – sottolinea il presidente Cervim, Stefano Celi – passa anche da progetti, molto importanti, come questo».

L’aver realizzato e distribuito per l’installazione in vari luoghi la cartellonistica descrittiva dei Terroirs du Prié Blanc – continua Celi – permetterà di far conoscere ancora meglio questo territorio anche agli enoturisti e a chiunque avesse voglia di approfondire questo vitigno autoctono davvero particolare».

I pannelli descrittivi del Terroir di Prié Blanc riportano una carta geografica con le zone viticole dedicate al vitigno, assieme ai 33 toponimi in lingua “patois”, il dialetto valdostano.

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Peck lancia il suo primo Gin

FOTONOTIZIA – Peck e il Gin. È il nuovo binomio che vede protagonista il noto brand dell’alta gastronomia, che entra così nel mondo dei distillati. Gin Peck è «un’interpretazione dell’aperitivo italiano». Un viaggio che inizia sull’appennino tosco-emiliano, dove nasce e cresce il ginepro da cui vengono raccolte le bacche.

E prosegue sul Mediterraneo, dove vengono raccolti gli aromi di arancio, pompelmo, limone e cedro che donano al distillato una nota agrumata. Le altre botaniche presenti sono sambuco, salvia sclarea, iris, lavanda e gelsomino.

Tutti profumi e sapori che richiamano il centro Italia. Ma il viaggio finisce in Piemonte, dove il Gin Peck viene distillato presso Distilleria Quaglia, realtà attiva dal 1890.

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Falso Fiore Sardo: sequestrate 67 mila forme di pecorino comune in Sardegna e Toscana

Operazione congiunta contro contro il falso formaggio Fiore Sardo da parte delle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Cagliari e dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari Icqrf del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, tra Sardegna e Toscana.

Nella rete delle forze dell’ordine, tra dicembre 2021 e marzo 2022 – la notizia viene data oggi, a conclusione dei rilievi processuali – sono finite oltre 67 mila forme di formaggio, presenti in diversi magazzini di stoccaggio dislocati in Sardegna e in un deposito in Toscana.

SEQUESTRATE 270 TONNELLATE DI FALSO FIORE SARDO

Il peso complessivo è stimato in oltre 270 tonnellate di pecorino generico, marchiato e proposto al mercato come Fiore Sardo. Se immesso sul mercato, avrebbe fruttato un guadagno indebito stimato pari a oltre 1,6 milioni di euro, frutto della notevole differenza di prezzo tra il Fiore Sardo e il pecorino comune.

Sette i produttori indagati per contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origina dei prodotti agroalimentari. Il prodotto non ha evidenziato danni alla salute o pericoli connessi al consumo alimentare.

LATTE TRATTATO TERMICAMENTE NEL FALSO FORMAGGIO DOP SARDO

La scoperta del falso Fiore Sardo è avvenuta nell’ambito delle attività a tutela del “Made in Italy”, volte a garantire la salvaguardia della qualità dei prodotti nazionali dalle frodi. A incastrare i produttori sono state le analisi del Laboratorio I.C.Q.R.F. di Perugia.

È stato così possibile acclarare, tra l’altro, l’utilizzo di latte trattato termicamente al posto del latte “crudo” prescritto dal disciplinare di produzione del formaggio sardo. Analisi confermate dal Tribunale del Riesame di Cagliari, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da tre indagati, per “carenza di legittimazione”.

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Rosé Connection: Provenza e Valtènesi fanno squadra in Germania, Olanda e Belgio

Italia e Francia alleate in un’operazione promozionale «per rafforzare la cultura del vino rosé in Europa». Questi i termini di Rosé Connection, progetto che prenderà vita a maggio 2022 con iniziative dirette ai consumatori di Germania, Olanda e Belgio.

Unica area vinicola che dedica fino al 91% delle sue potenzialità al rosé, la Provenza ha voluto come partner italiano la Valtènesi, territorio di mille ettari vitati sulla riviera bresciana del lago di Garda, dove il rosé è una tradizione ormai ultracentenaria (circa 2 milioni di bottiglie e crescita del 10% in valore e in quantità, +17% nel 2021).

«Per il nostro Consorzio – commenta il presidente del Consorzio Valtènesi Alessandro Luzzago – questa iniziativa rappresenta un salto di qualità enorme in termini di immagine, percezione e riconoscibilità internazionale».

Con Rosé Connection, la Valtènesi viene di fatto accreditata dalla Provenza, regione leader a livello mondiale, come punto di riferimento imprescindibile nella produzione italiana di rosati italiani di altissima qualità, di forte vocazione tradizionale ed identità storica».

PROVENZA E VALTÉNESI INSIEME IN CENTRO EUROPA

«Rafforzare il successo dei vini Aop dalla Provenza a livello europeo insieme alla bellissima regione vinicola della Valtènesi – afferma il presidente Civp, Eric Pastorino – è per noi un grande orgoglio. Le nostre due regioni, da diversi secoli specializzate nel vino rosé a denominazione, uniscono i loro know-how, i loro paesaggi, la loro arte di vivere».

Con un’importante ambizione comune: quella, cioè, che i vini di Provenza e Valtènesi siano riconosciuti come i punti di riferimento assoluti per i vini rosé sulla base del loro eccezionale livello qualitativo».

A tenere a battesimo questa nuova partnership a Milano è stata Ais Lombardia, che la scorsa settimana ha coinvolto oltre cento associati professionisti in un’ampia degustazione guidata delle due denominazioni.

«Questo approfondimento sui vini rosati di due zone così intimamente legate a questa tipologia – commenta il presidente dell’Associazione italiana sommelier Lombardia, Hosam Eldin Abou Eleyoun – ci ha consentito un confronto e un’analisi davvero imprescindibile per la nostra formazione».

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degustati da noi vini#02

Toscana Igt 2017 “Giramonte”, Frescobaldi

Merlot e Sangiovese per il Toscana Igt “Giramonte” 2017 di Frescobaldi, dalla Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it. Maturazione barrique nuove di rovere francese per un vino che si presenta rosso rubino, mediamente trasparente.

Piacevolissime note fruttate aprono il quadro olfattivo. Un frutto vivo, pieno e croccante. Ciliegia e lampone succoso, su uno sfondo di caffè e accenni di cuoio. Viva nota agrumata di cedro, tanto al naso quanto nel retro olfattivo.

Il Toscana Igt “Giramonte” 2017 di Frescobaldi è piacevolissimo in bocca dove risulta ricco e stratificato, verticale e sapido ma ingentilito da un legno presente e non invasivo. Un vino ancora giovanissimo, di lunga prospettiva, già oggi estremamente godibile.

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Contraffazione vino con acqua e zucchero, nuova ricerca: infrarossi e laser per scoprire adulterazioni

Si può combattere la contraffazione del vino grazie ad analisi con raggi infrarossi e laser. La scoperta è frutto di uno studio congiunto tra il Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Salerno, l’Istituto di Scienza e Tecnologia alimentare dell’Università di Agricoltura e Scienze della Vita di Budapest (Ungheria) e l’Istituto di Biotecnologia e Tecnologia alimentare dell’Università Industriale di Ho Chi Minh City (Vietnam).

Gli studiosi hanno applicato al vino una nuova tecnica non invasiva, utilizzata sino ad ora per indagare le funzioni cerebrali nell’uomo. Si tratta della Functional Near Infrared Spectroscopy (fNIRS), ovvero Spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso. L’altra metodologia riguarda la più comune retrodiffusione laser.

INFRAROSSI E LASER: I DETTAGLI DELLA NUOVA RICERCA

In una ricerca pubblicata sulla rivista accademico-scientifica Processes, il team di ricercatori composto da Anita Hencz, Lien Le Phuong NguyenLászló Baranyai e Donatella Albanese (nella foto di copertina) ha posto le basi per importanti innovazioni nella lotta alla contraffazione del vino.

«L’adulterazione degli alimenti – spiegano i tre studiosi – è al centro della ricerca a causa dell’effetto negativo sulla sicurezza e sul valore nutrizionale e a causa della richiesta di protezione dei marchi e delle denominazioni di origine. I vini prodotti con uve Portugieser e Sauvignon Blanc sono stati selezionati per gli esperimenti».

«RAPIDA STIMA DELL’ADULTERAZIONE DEL VINO»

I campioni sono stati alterati con la diluizione in acqua, l’aggiunta di zucchero e una combinazione di entrambi. Gli spettri nel vicino infrarosso (NIR) sono stati acquisiti nell’intervallo 900-1700 nm. La regressione dei minimi quadrati (OLS: Ordinary Least Squares) è stata eseguita per stabilire il livello di adulterazione».

Per gli esperimenti sono stati utilizzati moduli laser a bassa potenza, utili a raccogliere «segnali di riflettanza diffusa alle lunghezze d’onda di 532, 635, 780, 808, 850, 1064 nm».

La dispersione laser, riferisce il team di studiosi di Salerno, Budapest e Ho Chi Minh City, «ha rilevato con successo lo zucchero aggiunto con l’analisi discriminante lineare (LDA), ma la sua precisione di previsione era bassa». «La spettroscopia NIR – concludono i ricercatori – potrebbe essere adatta per una rapida stima non distruttiva dell’adulterazione del vino».

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I vini da varietà resistenti Piwi sbarcano al supermercato: da Tigros il Solaris di Concilio (in promo)

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Isidoro Rebuli riconfermato presidente della Strada del Prosecco e Vini dei Colli Conegliano Valdobbiadene

Isidoro Rebuli, noto ristoratore e albergatore di Valdobbiadene, è stato riconfermato per la quarta volta presidente della Strada del Prosecco e Vini dei Colli Conegliano Valdobbiadene.

Il nuovo Consiglio di Amministrazione, eletto da pochi giorni, lo ha nominato all’unanimità a rappresentare gli oltre 200 soci della Strada del Vino più antica d’Italia. Un itinerario che si snoda in un territorio unico, Patrimonio dell’Umanità Unesco, incluso inoltre nel “Registro nazionale del paesaggio rurale storico” istituito dal Ministero per le politiche agricole.

I PROSSIMI IMPEGNI DELLA STRADA DEL PROSECCO

Il neo Presidente intende proseguire il percorso già tracciato nei precedenti mandati, volto a «valorizzare l’identità storica e culturale della nostra terra – ha dichiarato – e ad elevare la qualità dei prodotti e dei servizi della nostra offerta turistica».

Già da subito il 2022 si prospetta ricco di impegni. Imminente la seconda edizione del festival “Conegliano Valdobbiadene Experience” (17-26 giugno 2022). Già iniziata, poi, l’organizzazione della 17° “Centomiglia sulla Strada del Conegliano Valdobbiadene“, tour per auto d’epoca che si terrà il 7-8 ottobre 2022. È di questi giorni invece l’uscita della nuova edizione della guida turistica cartacea “Conegliano Valdobbiadene Guide“.

ISIDORO REBULI ALLA GUIDA DEL NUOVO CDA

Il rieletto presidente Isidoro Rebuli sarà affiancato dalla Vicepresidente Cinzia Sommariva (Consorzio Tutela Vino Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg) e da 11 Consiglieri: Enrico Bortolomiol (Ciodet Spumanti), Fabio Curto (Az. Agr. Ponte Vecchio), Francesco Drusian (Az. Agr Drusian Francesco), Maurizio Favrel (Az. Agr. Malibràn), Emanuele Follador (Az. Agr. La Casa Vecchia).

E ancora: Michele Follador (Az. Agr. Nani Rizzi), Yuliya Kochava (Mionetto Spa), Luciano Fregonese (Comune di Valdobbiadene), Ivan Panizza (Comune di Conegliano), Stefano Pola (Az. Agr. Andreola), Luigi Stramare Bortolomiol (Gemin Spumanti). Il nuovo Collegio dei Sindaci Revisori è invece composto da Giuseppe Anselmi, Benedetto de Pizzol e Pierina Vibbani.

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Silvano Brescianini rieletto Presidente del Consorzio Franciacorta

Silvano Brescianini è stato rieletto presidente del Consorzio Franciacorta. L’esponente di Barone Pizzini vede così rinnovato il mandato, dopo i tre anni precedenti. «Desidero ringraziare il nuovo consiglio per la fiducia, dimostrando grande coerenza e responsabilità,», le prime parole di Brescianini.

«Uno stimolo – ha aggiunto – a proseguire con determinazione e impegno il nostro incarico nel rappresentare tutte le molteplici realtà che costituiscono la Franciacorta vitivinicola, tutelando e promuovendo con forza anche il nostro prezioso territorio. Ringrazio, infine, i consiglieri uscenti per il contributo che hanno dato in questi anni di lavoro a tutta la Franciacorta».

La rielezione di Silvano Brescianini a presidente del Consorzio Franciacorta, tutt’altro che scontata, è arrivata pochi minuti fa, durante la riunione del nuovo Consiglio di Amministrazione dell’ente bresciano.

Eletto l’Amministratore Delegato. Dopo 12 anni di lavoro, Giuseppe Salvioni lascia il posto a Simona Luraghi, manager con una carriera consolidata da oltre 23 anni di esperienza in importanti aziende multinazionali nel mass market e nel lusso, nel settore finanziario, commerciale e strategico.

«Simona Luraghi – commenta il presidente Silvano Brescianini – dovrà ulteriormente qualificare l’immagine, non solo della Franciacorta ma di tutte le cantine associate e del territorio, riconosciuto come sistema a livello nazionale e internazionale».

«La dottoressa Luraghi – continua – dovrà collaborare con gli enti, gli stakeholder del mercato con un’attenzione mirata ad una sempre più sinergica integrazione fra team interno, la realtà esterna, il territorio, le aziende socie e il contesto politico locale e nazionale».

«Con l’insediamento di Simona Luraghi continua il ruolo di Giuseppe Salvioni che prevedeva il diretto e continuo coinvolgimento del Consiglio di Amministrazione con una visione sempre più globale e verticale, che segue le linee programmatiche e strategiche dettate dall’assemblea dei soci».

«Ancora molto c’è da fare – conclude Silvano Brescianini – ma la sfida per i prossimi anni ci esorta sempre di più a seguire linee guida condivise all’insegna dell’unione di passioni».

Franciacorta, i soci hanno eletto il nuovo Cda del Consorzio

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Asta record da Pandolfini: Domaine Leroy Musigny Grand Cru 2008 a 67.375 euro

È del Domaine Leroy la bottiglia che ha raggiunto la cifra record di 67.375 euro durante l’asta “L’essenziale – vini italiani e francesi da cantine selezionate” della casa d’aste Pandolfini, il 27 e 28 aprile a Firenze. Si tratta di una bottiglia di Musigny Gran Cru 2008 la cui somma ha superato i valori di stima inziali  compresi tra i 30 e i 60 mila euro.

L’asta che comprendeva 573 lotti tra  vini italiani e francesi si è conclusa con un incasso complessivo di 1.485.785 euro, pari al 218% delle stime. «Una vendita eccezionale che conferma ancora di più la tenuta del settore in questo momento di instabilità globale, e che premia la ricerca costante dei migliori prodotti in circolazione», ha commentato il capo dipartimento di Pandolfini, Francesco Tanzi.

Tra le altre cifre “importanti” le annate 1990, 2000, 2001 e 2004 di Romanée Conti Domaine de la Romanée Conti Côte de Nuits Grand Cru vendute a 21.438 euro. Restando in Francia, a 22.462 euro, pari al + 42% della stima massima, è stata venduta una bottiglia del 2004 di  Chevalier-Montrachet Leroy Domaine d’Auvenay  Côte d’Or Grand Cru.

Per le bottiglie italiane, ben oltre la stima massima di 6 mila euro, una magnum di Sassicaia della Tenuta San Guido del 1985, aggiudicata per 9138 euro. Tra i vini piemontesi spicca uno storico formato Quarto di Brenta di Barolo Bricco Boschis Vigna San Giuseppe Riserva Cavallotto 1997 da 12,5 litri  battuto a 3.575 euro e subito dietro il Barolo Docg Riserva Monfortino 2004 di Conterno a 3.185 euro.

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Esteri - News & Wine news news ed eventi

180 mila bottiglie di vetro vuote: la più antica cantina di spumanti ungheresi nasconde un tesoro

Il record di più antica cantina dedita alla produzione di spumanti ungheresi? Rischia di passare in secondo piano, almeno in tempi di crisi di disponibilità di materie prime nel settore del vino. Nei cunicoli di Littke pezsgőgyár, la “fabbrica specializzata in Champagne” con la più lunga tradizione dell’Ungheria – la fondazione risale al 1859 – si trovano infatti 180 mila bottiglie di vetro vuote. Accatastate a prendere polvere.

Un numero che sarebbe in grado di rispondere alle necessità di decine di piccole cantine magiare, che come altre nel mondo stanno facendo i conti con aumenti dei costi di produzione che sfiorano il 40%, vista la scarsa disponibilità di materiale e prodotto.

Oltre ai rincari delle bollette dell’energia, è la carenza di bottiglie di vetro a mettere a rischio il futuro di parecchi vignaioli, non più in grado di rispondere alle aspettative dell’export. Senza la possibilità di imbottigliare, il vino resta in cantina. Oppure rimane invenduto, se i mercati rigettano i rincari.

Littke pezsgőgyár si trova a Pécs, quinta città magiara per numero di abitanti. Siamo nella zona sud-occidentale del Paese, a una quarantina di chilometri dalla capitale dei vini rossi ungheresi, Villány. Non lontano dal confine con la Croazia.

LA STORIA DI LITTKE PEZSGŐGYÁR, OGGI LITTKE PALACE

La famiglia Liedtke, traslata poi localmente in Littke, si stabilì a Pécs dalla Polonia, all’inizio del Settecento. La fondazione della “fabbrica di Champagne” a Szent István tér (piazza Santo Stefano) si deve a Lőrke Littke (1809–1879). Appassionato di vino e spumanti, tornò in patria dopo essersi formato in Francia, Germania e Italia, dando vita al suo sogno.

Oggi, forse, il fondatore saprebbe come utilizzare meglio quel patrimonio di 180 mila bottiglie di vetro accatastate nei 2 chilometri di cunicoli. L’antica fabbrica, scavata sino a 12 metri di profondità, è arrivata a produrre svariati milioni di bottiglie, prima degli anni Ottanta.

Col passare degli anni, la produzione si ridimensionata. La Littke pezsgőgyár è diventata Littke Palace, dal nome della moderna struttura che sovrasta l’edificio originario. Dell’attuale proprietà svedese nessuna traccia durante la visita di winemag.it.

Nel fresco ventre della cantina, ogni anno rifermentano sui lieviti appena 20 mila bottiglie a marchio Littke, suddivise in tre etichette (due bianchi e un rosé). Le altre, immobili e silenziose, stanno lì a guardare compiersi il miracolo dello “Champagne”. Polvere permettendo.

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Approfondimenti

Viticoltura ed enologia: Fondazione Mach collabora con Bordeaux

È stato siglato un accordo quadro tra la Fondazione Edmund Mach e l’Istituto delle Scienze della Vite e del Vino di Bordeaux (ISVV), due importanti realtà scientifiche che condividono un ruolo di eccellenza nella ricerca in materia viticola ed enologica con lo scopo di creare sinergie per affrontare le sfide di questi comparti a livello europeo.

Il protocollo, siglato tra il Direttore Generale della FEM, Mario Del Grosso Destreri, e il direttore dell’ Istituto delle Scienze della Vite e del Vino di Bordeaux, prof. Alain Blanchard, è il risultato di due giorni di reciproche presentazioni dell’attività di ricerca dei due istituti, di visita ai laboratori e ai campi sperimentali di San Michele, di confronto scientifico condotto in tavoli di lavoro tematici, di pianificazione delle linee di ricerca da svolgere in collaborazione.

L’accordo spazia a 360° nei settori delle viticoltura e dell’enologia, senza trascurare le ricadute di tipo ambientale e sociale, come ha rimarcato il direttore dell’istituto francese, Alain Blanchard.

La Fondazione Edmund Mach e l’Istituto delle Scienze della Vite e del Vino di Bordeaux si trovano «allineati nel perseguimento di obiettivi comuni per promuovere la sostenibilità della filiera viti-enologica»: dall’obiettivo della riduzione della chimica e degli apporti fitosanitari perseguito attraverso il monitoraggio delle principali fitopatie.

E ancora: dallo studio dell’adattamento della vite ai cambiamenti climatici e alle diverse malattie e dall’utilizzo di tecniche di genome editing, all’uso razionale delle risorse naturali. Passando al tema della tipicità e qualità del vino attraverso lo studio dei determinati chimici e sensoriali che contribuiscono a rendere un vino unico e di qualità.

MARIO DEL GROSSO DESTRERI (FEM): «AGIRE CON EFFICIENZA»

«Abbiamo l’onore di ospitare un’eccellenza internazionale di ricerca, istruzione superiore e sviluppo che raccoglie le sfide dell’industria vinicola di domani – ha spiegato il presidente FEM -. La complessità del mondo del vino ci unisce e di conseguenza ci porta ad agire con maggiore efficienza».

Alla FEM la ricerca in ambito viticolo è di alto livello, arricchita da numerosi contatti con la professione vitivinicola, con gli attori del territorio e le loro richieste, e dall’istruzione e formazione e dal trasferimento tecnologico.

Auspico pertanto che questa visita possa essere un punto di partenza per una proficua collaborazione, suggellata con la firma di un accordo quadro di cooperazione fra le nostre due prestigiose Istituzioni per rinsaldare i legami tra regioni vitivinicole di eccellenza».

L’attività di ricerca in ambito viticolo-enologico è radicata nel DNA della FEM e risulta arricchita dai numerosi contatti con il mondo dei professionisti, dalle attività di trasferimento tecnologico e di istruzione e formazione. E proprio nel contesto dell’istruzione va sottolineato che fino 2019 i migliori diplomati del corso per enotecnici hanno svolto diversi stage nel Bordolese.

A causa l’emergenza COVID-19 queste esperienze didattiche sono state sospese ma l’auspicio è di poter riprendere queste attività, proprio anche grazie alle nuove opportunità di collaborazione che questa visita anticipa.

FONDAZIONE MACH E BORDEAUX PER LA SOSTENIBILITÀ IN VITICOLTURA

«Nei due giorni di visita della delegazione francese – spiega il dirigente del Centro Ricerca e innovazione, prof. Mario Pezzotti – abbiamo approfondito i principali problemi che affliggono la viticoltura e l’enologia dell’intera Europa e abbiamo definito i contesti scientifici per realizzare soluzioni innovative nel rispetto della transizione ecologica e della sostenibilità ambientale ed economica».

L’obiettivo è collaborare in maniera proficua, sistemica e complementare, mettere insieme le forze, i materiali sperimentali e le competenze per fare massa critica ed affrontare uniti le sfide future».

Soddisfatto della visita anche il prof. Alain Blanchard, direttore dell’Istituto delle Scienze della Vite e del Vino di Bordeaux. «La Fondazione Edmund Mach – dichiara – è un istituto che ha mostrato di essere all’avanguardia scientifica in Europa, con molteplici e importanti risultati ed interazioni in tutto il mondo».

«Si tratta di rispondere alle necessità principali della viticoltura europea di oggi, includendo anche le questioni ambientali e volto ad assicurare la continuità di un sistema che è oggi reso fragile nei nostri rispettivi territori».

«Dunque oggi siamo qui per concludere un percorso di collaborazione di ricerca – ha aggiunto Blanchard – su progetti dalla viticoltura fino all’enologia, includendo anche gli aspetti sociali, ugualmente sottesi alla realtà della viticoltura nei nostri territori».

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Sicilia, presente e futuro della viticoltura Italiana

Back to the roots. La Sicilia che vive il futuro“. Il tema scelto per l’edizione 2022 di Sicilia en Primeur, l’evento di Assovini Sicilia svoltosi presso il Centro di cultura scientifica Ettore Majorana di Erice, focalizza subito l’attenzione sul futuro della viticultura dell’isola. Un futuro fatto di biodiversità, resilienza ai cambiamenti climatici, tradizione ed innovazione.

La Sicilia è un continente in miniatura – dice Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia -. La sua diversità sarà la chiave del nostro futuro. Quindi bisogna mettere al centro la vite, il suo studio, la sua evoluzione. Si è sempre detto che il fattore umano è fondamentale nel ciclo di produzione”.

“Oggi penso sia sempre più attuale ed inteso come scienza, conoscenza, know-how. Solo così possiamo affrontare importanti temi, come il cambiamento climatico. Assovini Sicilia vuole essere portavoce e pioniera nel guidare, con nuovi modelli, il futuro della vitivinicoltura siciliana”.

BIODIVERSITÀ E SOSTENIBLITÀ

Sono la biodiversità e l’approccio sostenibile le prime chiavi di lettura del futuro della viticoltura siciliana. Oltre 42 mila ettari di vigneti sostenibili, più di qualunque altra regione. Oltre il 30% della superficie vitata certificata bio in Italia risiede in Sicilia.

L’isola, grazie alla sua posizione geografica, presenta un clima naturalmente adatto ad una produzione sostenibile. La grande diversità dei suoli che compongono la regione, inoltre, crea le condizioni per ospitare un ampio patrimonio ampelografico. Oltre 70 vitigni autoctoni che, sommati agli internazionali, generano un periodo di raccolta di oltre 100 giorni.

«La Sicilia è oggi la più grande area vinicola biologica in Italia – commenta Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela Vini Doc Sicilia -. È un territorio che, per sua stessa natura, identifica nella sostenibilità la chiave di volta del sistema vitivinicolo siciliano. È in questa direzione che si muove l’industria dell’isola. Verso vini di qualità, autentici e riconoscibili nella loro identità e sostenibili lungo tutto il processo di produzione».

LA SICILIA È ANCORA STABILE AI CAMBIAMENTI CLIMATICI

Nonostante le temperature mondiali siano in costante crescita sin dal 1980, la Sicilia sembra essere una delle zone che meno risente dei cambiamenti climatici. Il clima siciliano beneficia, infatti, delle condizioni climatiche favorevoli del Mediterraneo.

«La Sicilia vitivinicola è meno esposta ai cambiamenti climatici grazie ai suoi suoli, terroir, alla biodiversità e ai suoi microclimi», dice Marco Moriondo dell’Istituto di Bioeconomia del Cnr di Firenze.

La biodiversità siciliana sembra di fatto essere uno “scudo” che limita l’impatto dei cambiamenti climatici. Cambiamenti comunque meno rilevanti rispetto ad altri territori, con le anomalie climatiche che hanno un impatto minore rispetto al resto d’Europa.

Non solo. La pratiche messe in opera dalle aziende siciliane, mix di tradizione, innovazione, comprensione della biodiversità e gestione della disponibilità idrica, creano condizioni favorevoli affinché si sviluppi un sistema resiliente ai cambiamenti. Un approccio che Mattia Filippi, enologo e fondatore di Uva Sapiens, definisce “vitecologia“.

Oggi la Sicilia si trova in una condizione di privilegio – dice Filippi -. La regione presenta un assetto viticolo talmente legato alla tradizione che, una serie di variabili produttive, risultano essere estremamente attuali nei confronti dei cambiamenti climatici».

IL MERCATO DEL VINO SICILIANO

Con un incremento di produzione dell’8,3% nella vendemmia 2021 rispetto al 2020 la Sicilia si conferma essere una fra le regioni italiane più produttive, oltre che quella con la produzione più stabile. Produzione del vigneto più grande vigneto d’Italia, pari a circa 97 mila ettari di cui ben 24.683 rivendicati a Doc.

Una Doc che coi suoi 7.902 viticoltori e le 96.255.770 bottiglie certificate nel 2021 (+6% rispetto al 2020) si prepara ad affrontare le nuove sfide del mercato. Prospettive di mercato che si presentano rosee secondo lo studio condotto e presentato da Gpf Imprinting Research. Secondo lo studio, infatti, il vino siciliano viene percepito dai consumatori italiani come “genuino” e “autentico”.

In particolare il campione intervistato lo definisce come “un prodotto di eccellenza” (91%). Un vino “distinguibile, subito riconoscibile” (86,1%) e “di carattere” (90,9%). Fra i giovani la percezione è quella di un vino “moderno” (13,4%), “orientato al futuro” (10,3%) e “vicino a me” (10,3%).

Ottimo anche il posizionamento in ambito internazionale. L’indagine di Gpf Imprinting Research condotta negli Stati Uniti mostra come la consapevolezza del vino siciliano per il consumatore americano sia stabile negli ultimi anni. Una 9° posizione che vede la Sicilia prima fra le zone vinicole d’Italia, davanti a nomi come Chianti, Piemonte o Prosecco.

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C, P, G, S, R: i vini di contrada di Passopisciaro con punteggi

Dentro e fuori dal calice. Andrea Franchetti, scomparso lo scorso dicembre, è stato protagonista indiscusso di Contrade dell’Etna 2022. Tra le tante occasioni di assaggio, anche quella dei vini di Passopisciaro, tenuta etnea nata proprio su intuizione del compianto imprenditore nato a Roma, da madre americana.

Una degustazione organizzata nell’antico baglio ristrutturato a partire dal 2000 a Castiglione di Sicilia (CT), cuore pulsante delle attività della cantina. A mille metri di altezza, lungo le pendici dell’Etna, le tracce lasciate da Andrea Franchetti nella storia dei vini della “Montagna” sono ormai indelebili.

A otto anni dalle prime vinificazioni, il fondatore di Passopisciaro si è infatti accorto che le uve provenienti dai diversi appezzamenti avevano specificità uniche, differenti le une dalle altre. Si è così convinto a vinificare in purezza ogni vigneto, dando vita ai vini di contrada di Passopisciaro, sintetizzati in etichetta con la rispettiva lettera “iniziale”.

Ecco dunque “C“, per Contrada Chiappemacine. “P” per Contrada Porcaria. “G” per Contrada Guardiola. E ancora: “S” per Sciaranuova ed “R” per Rampante. Ogni vino proviene da un vigneto posto nell’omonima Contrada e sintetizza le caratteristiche di ogni colata lavica in cui affondano le radici le vigne.

Le diverse composizioni minerali del terreno influenzano il carattere di ogni vino di contrada, insieme al variare dell’altitudine delle vecchie vigne e delle caratteristiche climatiche delle vendemmie.

L’Etna sale attraverso strati di aria sempre più fredda fino a più delle Dolomiti; ogni notte quest’aria scivola lungo la polvere nera fino ai vigneti e li sottopone a uno sbalzo che prima li paralizza, poi gli fa distillare zuccheri e profumi alterati, distorti, deviati cioè da quello che verrebbe dal normale metabolismo di una pianta siciliana.

È un vantaggio fare il vino in questo posto che tradisce la comune meteorologia e vive racchiuso nella stranezza climatica, è un posto vergine e deserto dove regnano immagini potenti che vengono fuori da forze senza nome.

Queste immagini si fanno corteggiare per anni senza lasciarsi capire del tutto, ma possono trasmettere uno stile attraverso le vinificazioni e la viticoltura, nei vini». (cit. Andrea Franchetti)

I VINI DI CONTRADA C, P, G, S, R DI PASSOPISCIARO: DEGUSTAZIONE CON PUNTEGGI
Terre Siciliane Igp 2013 Contrada C, Passopisciaro – Vini Franchetti: 91/100

Contrada Chiappemacine (1.2 ettari) è situata a 550 metri sul livello del mare, la quota più bassa delle cinque. Piante di età compresa tra i 70 e i 100 anni, che affondano le radici in colate laviche inframmezzate dal calcare.

Vino inizialmente contratto, si apre dolcemente sino a concedersi in tutta la sua morbidezza e pienezza, passando da una predominanza di frutto nero al frutto rosso. Succede al naso quanto al palato, che sfodera una spina dorsale fresca e speziata, sul fruttato succosissimo. Finale altrettanto ricco, tendenzialmente morbido, su ricordi leggeri di fondo di caffè (affinamento per 18 mesi in legno grande).

Terre Siciliane Igp 2016 Contrada P, Passopisciaro – Vini Franchetti: 92/100

Contrada Porcaria è più vasta rispetto a Chiappemacine e si trova a 650 metri sul livello del mare. Il vino è ottenuto da Nerello Mascalese in purezza. La terra è composta di un sottile strato di lava che si sbriciola sotto ai piedi.

Ottima concentrazione del frutto in Contrada P, solleticata da venature minerali che rimandano chiaramente ai vini dell’Etna. Reminiscenze leggere di brace e spezia scura. Eleganza da vendere per un vino che entra sull’opulenza del frutto e chiude asciutto, sul frutto rosso e nero.

Terre Siciliane Igp 2014 Contrada G, Passopisciaro – Vini Franchetti: 95/100

Contrada Guardiola si trova tra gli 800 e i 1000 metri di quota. La maggior parte delle uve, vinificate previa selezione a partire dal 2011, si trova a 820 metri sul livello del mare. Siamo sul limite di una colata risalente al 1947, poco più recente dell’impianto dei vigneti.

Netta predominanza del frutto rosso nel Nerello Mascalese di Contrada Guardiola, dal croccante dei piccoli frutti di bosco al succoso tamarindo. Flebili ricordi di mirtillo, per la componente scura.

Altro di vino di eleganza assoluta, va ben oltre il frutto, rivelando la matrice vulcanica del terreno attraverso la spina dorsale minerale. La tensione del sorso è elettrica e suggerisce il potenziale di lungo affinamento del nettare.

Terre Siciliane Igp 2015 Contrada S, Passopisciaro – Vini Franchetti: 90/100

Come suggerisce il nome, Contrada Sciaranuova nasce da una “nuova colata” (sciara) a 850 metri sul livello del mare, per un ettaro circa di estensione. In realtà, l’età geologica della lava si attesta attorno ai 200 anni.

Bel rubino luminoso, alla vista. Al naso e al palato una predominanza di frutta a bacca rossa. Si avvertono netti ricordi di ciliegia, fragola e tamarindo. Altrettanto netta la mineralità, quasi salina, a fare da spina dorsale a un sorso che fa della bevibilità, dell’agilità e della croccantezza i punti forti. Contrada S chiude asciutto, fresco, su una vaga matrice tannica.

Terre Siciliane Igp 2012 Contrada R, Passopisciaro – Vini Franchetti: 97/100

Appezzamento di 1,4 ettari in Contrada Rampante, la più alta tra quelle che hanno catturato l’attenzione di Andrea Franchetti sull’Etna. La vigna si trova al limite della coltivazione della vite sul vulcano.

Contrada R è il vino da scegliere, senza esitazione, per comprendere la filosofia di Passopisciaro e, al contempo, godere di un’espressione assoluta del Nerello Mascalese alle pendici della “Montagna”.

A un tocco rustico, leggero e composto, rispondono frutto, tensione e mineralità, in un quadro di assoluta eleganza e grazia. Non manca la spezia, altra caratteristica che riporta ad occhi chiusi al Nerello e all’Etna e che contribuisce a stuzzicare un palato succosissimo. Lunga vita davanti, con possibilità di ulteriore, positiva terziarizzazione degli aromi.

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Feelvenice 2022: il patrimonio enologico veneziano in degustazione

Dopo il grande successo delle precedenti edizioni torna Feelvenice, il piccolo ma ricercato evento che celebra la ricchezza enologica dell’area di Venezia. Sabato 2 luglio 2022 all’interno dello splendido giardino in fiore del Convento dei Carmelitani scalzi il Consorzio Vini Venezia, promotore dell’evento, accoglierà i visitatori per portali alla scoperta dei vini provenienti dalle 5 denominazioni consortili.

Protagonisti indiscussi della manifestazione saranno le referenze prodotte dalla Doc Piave, Doc Lison Pramaggiore, Doc Venezia, Docg Malanotte e Docg Lison. Denomincaizone che il pubblico di wine lovers ed esperti potrà degustare a partire dalle ore 14:00.

Per tutti gli appassionati saranno inoltre organizzate 3 degustazioni guidate (su prenotazione e a numero chiuso), in collaborazione con l’Associazione Italiana Sommelier Veneto – Delegazione di Venezia. I partecipanti saranno condotti alla scoperta della storia e delle caratteristiche della Venezia Doc, del Lison Docg e del Malanotte del Piave Docg.

FeelVenice è anche una giornata dedicata all’arte e alla cultura enologica. Durante la giornata, infatti, la chiesa seicentesca del Convento e l’antico Brolo saranno eccezionalmente aperti al pubblico che potrà andare alla scoperta del meraviglioso vigneto-collezione. Una biodiversità viticola sita nel giardino che racchiude più di 20 varietà recuperate da diversi orti e giardini veneziani.

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Non solo vino all’Abbazia di Novacella: «Pronti ad accogliere gli enoturisti, tra arte e cultura»

Immergersi tra le bellezze artistiche e i luoghi sacri di un’Abbazia fondata nel 1142, visitare una delle più antiche cantine attive al mondo, passeggiare tra i filari dei vigneti che custodiscono un patrimonio di grande valore enologico e paesaggistico. L’Abbazia di Novacella anche quest’anno è pronta ad accogliere con la consueta cura visitatori ed enoturisti.

«L’arrivo del periodo primaverile coincide sempre per l’Abbazia di Novacella con l’entrata nel vivo delle tante attività che animano il programma di eventi e manifestazioni che arricchiscono la sua offerta per i visitatori fino all’autunno», spiega Werner Waldboth, direttore vendite di Abbazia di Novacella.

LE MOSTRE AL MUSEO DELL’ABBAZIA DI NOVACELLA

Il museo dell’Abbazia, rinnovato lo scorso anno e aperto al pubblico dal lunedì al sabato, dalle ore 10.00 alle ore 17.00, oltre a esporre numerose opere d’arte, ospita mostre dedicate a svariate tematiche culturali e religiose.

Fino alla fine di maggio è presente la mostra “ex voto” dell’artista Lorenzo Brivio, con una serie di dipinti che affrontano in chiave contemporanea il tema tradizionale delle opere votive.

Il 14 maggio, alle ore 14.00 e alle ore 16.00, delle speciali visite guidate consentiranno di poter ammirare il più grande dipinto barocco del Tirolo, in occasione del 400° anniversario della nascita del pittore brissinese Stephan Kessler.

Fino al 22 maggio la rassegna dal titolo Water Light Novacella mette in mostra a Castel Sant’Angelo le opere di Brigitte Kowanz, Keith Sonnier e James Turrell mentre la sera sono previste passeggiate nel complesso abbaziale all’interno di un percorso che consente di incontrare l’acqua nella sua diversità e la luce come fonte di vita.

Dal 28 maggio al 3 settembre una mostra celebra il fondatore dell’Abbazia di Novacella, Artmanno di Bressanone. Contemporaneamente verranno esposti i dipinti del prevosto emerito Chrysostomus Giner. Nello stesso giorno, il 28 maggio, alle ore 11.30 e alle ore 17.00, si esibirà il coro di San Floriano, uno dei più antichi e tradizionali del mondo.

DAL GIARDINO STORICO AI VIGNETI DELL’ABBAZIA DI NOVACELLA

Sempre dal mese di maggio è visitabile in autonomia, dal giovedì al sabato, il giardino storico dell’Abbazia, luogo di meditazione, incontro e rigenerazione per i Canonici.

A luglio, dal 16 al 30, verrà allestito a Castel Sant’Angelo uno spazio a disposizione di pittori amatoriali di Novacella, mentre dal primo agosto sino al 6 settembre, sempre a Castel Sant’Angelo, verrà presentato il “fiat lux” di Albert Mellauner e del Gruppo Artistico Ladino. Dal 17 settembre, una particolare mostra dedicata ai giochi e passatempi nel monastero.

L’offerta dell’Abbazia di Novacella annovera tra le sue classiche e storiche attività anche la visita in cantina e presso i vigneti, che è possibile prenotare tutto l’anno, dal lunedì al venerdì alle ore 16.00 e il sabato alle ore 14.30.

«Siamo pronti a una stagione ricca di appuntamenti – conclude Werner Waldboth -. Siamo desiderosi di accogliere nel miglior modo possibile i tanti turisti che vogliono trascorrere un momento di approfondimento culturale e accrescere la conoscenza dei vini della Abbazia».

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Fabio Zenato è il nuovo presidente del Consorzio Tutela del Lugana Doc

Fabio Zenato è il nuovo presidente del Consorzio Tutela del Lugana Doc. Eletto all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione succede ad Ettore Nicoletto nella guida della Denominazione da 27 milioni di bottiglie prodotte nel 2021.

«Il Lugana è una Doc in crescita ed in piena salute, nonostante gli anni non facili che abbiamo affrontato – dichiara Zenato -. Il mio lavoro e del nuovo board per i prossimi anni sarà sulla scia dell’eredità prestigiosa che raccogliamo, che ha portato il Lugana ad essere una denominazione sana e di grande vitalità».

FABIO ZENATO

Nato a Peschiera del Garda, Zenato fa parte di una famiglia di vivaisti e viticoltori da tre generazioni presente nell’area del Lugana. Alla guida, con il fratello Paolo, dell’azienda di famiglia “Le Morette”, con circa 50 ettari di vigneti.

Agronomo, laureato presso la Facoltà di Agraria di Milano con una tesi sperimentale sulla caratterizzazione fenotipica e genotipica del vitigno Turbiana. Da quello studio, il Consorzio del Lugana ha intrapreso un attento percorso di ricerca con altre indagini scientifiche, che ha permesso di sviluppare un vero e proprio lavoro di selezione clonale del vitigno.

Recentemente il Consorzio ha concluso la registrazione dei primi tre cloni varietali della Turbiana presso il Ministero delle politiche agricole e forestali. È stato membro del CdA consortile per diversi mandati prima di diventarne presidente nell’aprile 2022.

I NUMERI DELLA DENOMINAZIOE

Posta a cavallo tra le due province di Brescia e Verona e racchiusa tra i comuni lombardi di Sirmione, Pozzolengo, Desenzano, Lonato e il veneto Peschiera del Garda, la denominazione Lugana è una delle prime Doc italiane e una delle poche ad affacciarsi su due regioni: Veneto e Lombardia.

La Doc Lugana è una delle poche denominazioni italiane in controtendenza rispetto all’ondata pandemica. «Gli ultimi sono stati anni felici, anche numericamente parlando, per la nostra denominazione»,  spiega Fabio Zenato.

«Il Lugana è uno dei pochi vini italiani che ha registrato, nonostante la pandemia, una crescita di prodotto imbottigliato a due cifre (+12% di anno in anno). Inoltre, è importante segnalare che parallelamente, negli ultimi anni, anche il valore medio a scaffale è aumentato. Sinonimo di una filiera produttiva in equilibrio».

IL CONSORZIO DI TUTELA

Il Consorzio per la Tutela del Lugana nasce nel 1990 allo scopo di proteggere e valorizzare la denominazione “Lugana” ed il suo vino. Riunisce oggi il 90% dei produttori di Lugana. La sua azione si sviluppa con pari energia in due direzioni. Verso il pubblico esterno per promuovere il territorio ed il suo vino e all’interno della Doc, verso gli stessi produttori.

Oggi i produttori tendono a vinificare in purezza il Lugana esclusivamente con uve Turbiana. L’attuale disciplinare di produzione prevede ben cinque tipologie di Lugana. La promozione della denominazione si estende anche oltre i confini nazionali, principalmente in mercati come Usa, Europa dell’Est e mercati asiatici.

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Tanta Toscana tra i vini in promo al supermercato a inizio maggio. A quando i rosati in frigorifero?

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Franciacorta, i soci hanno eletto il nuovo Cda del Consorzio

Nuova composizione per il Consiglio di Amministrazione del Consorzio Franciacorta. I nuovi rappresentanti eletti dall’assemblea dei soci sono: Barzanò Lucia, Biatta Loris, Biolatti Luigi, Biondelli Joska, Bosio Cesare, Bozza Michele, Brescianini Silvano, Camillucci Stefano.

E ancora: Falcetti Mario, Gatti Laura, Moretti Francesca, Pizziol Paolo, Rabotti Emanuele, Ricci Curbastro Gualberto, Vezzoli Giuseppe, Vezzoli Maurizio, Zanella Maurizio, Ziliani Arturo. Il nuovo Consiglio d’Amministrazione si riunirà nei prossimi giorni per eleggere il nuovo Presidente, l’Amministratore Delegato e i membri del Consiglio Esecutivo.

Nel corso della medesima riunione, è stato inserito un nuovo riferimento per la sovrapressione del Franciacorta Satén. Il riferimento, spiegano a winemag.it i tecnici dei Consorzio Franciacorta, restano le 5 atmosfere massime, misurate a 15° invece che ai 20° comunemente stabiliti dall’Oiv.

FRANCIACORTA: L’ANDAMENTO DEI MERCATI A INIZIO 2022

In occasione dell’assemblea dei soci sono stati snocciolati i dati sull’andamento della denominazione. Il primo trimestre 2022 si è aperto con un trend di vendite particolarmente positivo se confrontato con il periodo corrispondente del 2021 (qui i dati dell’anno scorso).

Il mese di gennaio ha infatti presentato tassi di crescita nei volumi che sfioravano il 37%, e i due mesi successivi hanno confermato e consolidato la tendenza alla crescita con variazioni positive del 57,8% e 41,0%.

Nell’insieme, il primo trimestre 2022 riporta una crescita in volumi stimati sul totale delle aziende pari al 45,1%, rispetto al primo trimestre dell’anno 2021. A questi valori di crescita nei volumi si affianca un trend ancora più positivo nei fatturati, che presentano tassi di crescita simili ma lievemente superiori, a dimostrazione del fatto che il prezzo medio di vendita è in costante crescita.

«Al fine di una valutazione più equa – sottolinea il presidente Silvano Brescianini – è utile confermare che la tendenza alla crescita è verificata sia rispetto agli anni immediatamente precedenti al 2022, sia rispetto all’anno 2019. Anche in questo raffronto, infatti, le vendite del primo trimestre 2022 risultano essere superiori in tutti e tre i mesi».

Più nel dettaglio, il mercato interno rappresenta nel primo trimestre l’82,8% del venduto in termini di volumi, in crescita del 42,0% rispetto al primo trimestre 2021. L’export costituisce il restante 17,2%, con un tasso di crescita particolarmente positivo, pari al 62,2%, dovuto anche alla progressiva ripresa degli scambi commerciali con i Paesi esteri.

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Birra dell’anno 2022, le migliori artigianali italiane premiate a Cibus

Si è tenuta durante la prima giornata di Cibus la premiazione di Birra dell’Anno 2022, concorso organizzato da Unionbirrai giunto alla XVII edizione. Presentata dallo speaker radiofonico Lorenzo Dardano, la cerimonia ha svelato tutte le birre artigianali vincitrici nelle 45 categorie del concorso.

«Per noi è l’edizione della ripresa – dichiara Simone Monetti, segretario generale Unionbirrai – e i numeri ne sono la prova. Inoltre, siamo orgogliosi ancora una volta di aver dato importante dimostrazione di come l’identità brassicola italiana sia sempre più matura e definita, inserendo in concorso le categorie Italian Pils e le diverse categorie dedicate alle Iga».

«Siamo molto soddisfatti – aggiunge Monetti -. Innanzitutto perché i birrifici continuano a dimostrare la loro fiducia nel concorso. In secondo luogo perché per noi è motivo di orgoglio che un numero così significativo di giudici internazionali affermati abbia voluto essere presente. Infine perché proprio questi giudici hanno dichiarato all’unanimità che quest’anno il livello medio delle birre in concorso è stato molto alto».

IL PREMIO BIRRIFICIO DELL’ANNO

Il premio Birrificio dell’Anno, che è andato a Ritual Lab. Il birrificio del Lazio ha infatti conquistato con le sue birre vari premi e menzioni, tra cui ben 4 primi posti. Kush nella categoria 14 – Birre chiare e ambrate, alta fermentazione, medio grado alcolico, luppolate, di ispirazione americana (American IPA).

Self Examination nella categoria 35 – Birre chiare, ambrate e scure, alta o bassa fermentazione, da basso ad alto grado alcolico, affinate in legno. Gose nella categoria 41 – Birre chiare, alta fermentazione, basso grado alcolico salate e/o lattiche, di ispirazione tedesca (Berliner, Gose).

Italian Uncommon Ale nella categoria 45 – Birre chiare, ambrate e scure, alta o bassa fermentazione, da basso ad alto grado alcolico, di ispirazione libera e non rientranti in nessuna delle precedenti categorie (Extraordinary Ale/Extraordinary Lager).

LE REGIONI PIÙ PREMIATE

Tanti, però, sono stati i riconoscimenti assegnati. La regione con il maggior numero di produttori premiati è stata la Lombardia. Ben 26 i birrifici lombardi che hanno conquistato con le loro birre podi e menzioni, seguita dal Piemonte con 14 e da Emilia Romagna e Veneto con 10.

A definire i premiati sono stati i 60 giudici internazionali provenienti da 14 differenti Paesi impegnati nelle degustazioni dal 23 al 25 aprile. La giuria ha selezionato le 3 birre vincitrici e le 2 menzioni per tutte le categorie fra le 1962 iscritte al concorso da 244 produttori.

Anche nel 2022 il concorso di Unionbirrai ha registrato quindi grandi numeri e dato dimostrazione della grande qualità delle birre italiane.

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Concorso Miglior Enotecario d’Italia: i sei finalisti, da Milano a Jesi

La sfida per i sei posti in finale del Concorso Miglior Enotecario d’Italia si è svolta lo scorso 28 aprile e la giuria ha scelto i migliori valutando le loro competenze teoriche e tecniche. «Finalmente la figura dell’enotecario in Italia si sta sempre più definendo», commenta Francesco Bonfio, Presidente di Aepi – Associazione Enotecari Professionisti Italiani.

Durante la semifinale – aggiunge – commenta abbiamo avuto il piacere di vedere tutta la professionalità rappresentata dai partecipanti. Tra i venti enotecari professionisti provenienti da Nord a Sud del paese abbiamo scelto i migliori.

Oltre ad accedere alla finale di giugno, prenderanno parte ad un’esperienza di formazione immersiva presso due realtà d’eccellenza, una nazionale e l’altra internazionale».

Il riferimento è al Comité Champagne e al Consorzio del Brunello, dove gli enotecari potranno sperimentare e scoprire le caratteristiche peculiari di questi vini prestigiosi.

«La finale a Roma – conclude Bonfio – celebrerà l’esperienza degli enotecari in concorso, la loro attitudine a relazionarsi con il consumatore, dimostrando grande attenzione e cura. Siamo pronti a scoprire cosa avranno in serbo».

Ecco la lista dei finalisti, tre per la categoria bottiglierie classiche e tre per la categoria dei pubblici esercizi specializzati nella mescita di vino e distillati:

Bottiglierie classiche
  • Filippo Carraretto, Padova, La mia Cantina
  • Andrea Lauducci, Ferrara, Enoteca Botrytis
  • Mattia Manganaro, Brescia, Biessewine
Enoteche con mescita
  • Luca Civerchia, Jesi AN, Enoteca Rossointenso
  • Pietro Palma, Prato, To Wine
  • Luca Sarais, Milano, Cantine Isola
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Recioto di Soave Docg 2016 Suavissimus, Nardello

Il Recioto di Soave Docg 2016 “Suavissimus” di Nardello, inserito nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it, è un nettare che regala grandi soddisfazioni in termini di gastronomicità. Un vino che apre la strada ad abbinamenti che vanno ben oltre il classico “vino dolce col dolce”.

Al naso un frutto che, per certi versi, inganna. Più maturo rispetto al palato, fa pensare erroneamente ad una bevuta piuttosto “seduta”. Tutt’altro. Al palato colpisce infatti per l’ottima densità e l’equilibrio fresco zuccherino. Chiusura corrispondente al naso, sulla frutta secca e il frutta sciroppata come albicocca, ananas sotto sciroppo e frutta tropicale.

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Modena Champagne Experience 2022: a ottobre 600 etichette in Fiera

Domenica 16 e lunedì 17 ottobre 2022 torna Modena Champagne Experience. Saranno ancora una volta gli spazi di Modena Fiere a ospitare i vini di più di 100 aziende di champagne tra storiche Maison e piccoli vigneron.

Un evento dedicato ai professionisti del settore Horeca e al vasto pubblico di appassionati di Champagne. Per due giorni, i cinquemila metri quadrati del Padiglione A di Modena Fiere si animeranno con le bollicine di oltre 600 Champagne.

Come di consueto, gli espositori saranno suddivisi in base alla loro appartenenza geografica, corrispondente alle diverse zone di produzione della Champagne: Montagne de Reims, Vallée de la Marne, Côte des Blancs, Aube.

Le “maison classiche” saranno riunite in una specifica area, «con l’obiettivo – spiegano gli organizzatori di Società Excellence – di offrire al visitatore un’esperienza sensoriale coinvolgente all’interno di uno scenario chiaro e ben organizzato».

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Svincolamento da nome vitigno Erbaluce: fumata nera dal Consorzio Caluso, Carema e Canavese

Fumata nera dal Consorzio Tutela Vini Caluso, Carema e Canavese riguardo allo svincolamento dei vini della zona dal nome del vitigno Erbaluce. L’assemblea dei soci riunitasi il 28 aprile ha deciso di conservare la centralità dell’Ebaluce per le denominazioni locali.

«Continueremo questa battaglia, non abbiate timore!», commentano oggi i Giovani Vignaioli Canavesani, tra i promotori della richiesta di «svincolamento dal nome del vitigno per tutti i territori che regolarmente lo coltivano».

Tra le altre richieste del gruppo di vignaioli, «una strategia comune per l’inserimento nel disciplinare di Menzioni Geografiche, al fine di esaltare l’espressione dei vini, unici grazie ai propri terroir». E l’«introduzione di un periodo di affinamento minimo per il Caluso Docg tale da aumentare la complessità e il valore della nostra denominazione».

LE RICHIESTE DEI GIOVANI VIGNAIOLI CANAVESANI

Tutte proposte indirizzate prima dell’assemblea del 28 aprile a «produttori di uva e/o vinificatori e/o imbottigliatori di Erbaluce destinata ai vini denominati Caluso Docg regolarmente iscritti al Consorzio».

«Allo stato dell’arte – spiegano i Giovani Vignaioli Canavesani – possono utilizzare il nome Erbaluce per etichettatura o semplice descrizione aziendale solo coloro che rivendicano la denominazione Caluso Docg».

Da qui la richiesta di «un’evoluzione, consapevoli che queste scelte porteranno ad un lungo e impegnativo lavoro per passare da “concetti” a disciplinari applicabili».

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Barbera d’Asti Docg: ecco Riserva, unità geografiche aggiuntive e due nuove sottozone

Introduzione della Barbera d’Asti Docg Riserva, inserimento delle unità geografiche aggiuntive (comunale o regionale “Piemonte”), e introduzione delle sottozone Calliano Monferrato e Casorzo Monferrato, accanto Tinella e Colli Astiani. Queste le novità che riguardano il disciplinare di produzione del Barbera d’Asti Docg, decise dall’assemblea del Consorzio Barbera d’Asti e vini del Monferrato.

Le modifiche entreranno in vigore non prima della vendemmia 2023, per consentire a tutti i produttori di adeguarsi alla normativa. Il provvedimento passa ora al tavolo tecnico regionale. Toccherà poi al Ministero la valutazione giuridica e la discussione in Comitato vitivinicolo nazionale vini Dop, prima della definitiva pubblicazione delle modifiche al disciplinare del Barbera d’Asti Docg in Gazzetta Ufficiale.

MOBRICI: «PERCORSO CHE PARTE DAL VIGNETO»

A 14 anni dall’ottenimento della Docg, le novità rappresentano «una svolta nella storia» della Barbera piemontese. «L’obiettivo del pacchetto di proposte approvato dall’assemblea dei soci del Consorzio – commenta il presidente del Consorzio, Filippo Mobrici – è prima di tutto quello di ampliare e diversificare l’offerta al mercato nazionale e internazionale, con prodotti di qualità sempre più alta e identificativi della Docg.

Il fatto stesso che la tipologia Riserva potrà essere rivendicabile dopo un invecchiamento minimo di 24 mesi di cui almeno 12 in legno, dà l’idea dei parametri particolarmente esigenti richiesti per fregiarsi di questa denominazione.

Un percorso che parte necessariamente dal vigneto per arrivare in cantina. Testimonia la continua e costante ricerca di qualità che è la mission fondamentale delle oltre 400 aziende aderenti al nostro Consorzio».

L’ente tutela 13 Doc e Docg. Con 12 mila ettari e i 65 milioni di bottiglie rappresenta un terzo della superficie viticola a denominazione d’origine della regione Piemonte.

LE MODIFICHE AL DISCIPLINARE DEL BARBERA D’ASTI DOCG

Nel dettaglio, l’affinamento di minimo 2 anni per la tipologia Barbera d’Asti Docg Riserva partirà dal 1° novembre dell’anno in cui sono state raccolte le uve. «Seguendo il faro della crescita qualitativa dei vini e del territorio», l’assemblea del Consorzio è arrivata poi alle modifiche degli articoli 4 e 6 del disciplinare di produzione del Barbera d’Asti.

Sono stati aumentati i parametri qualitativi: il titolo alcolometrico minimo naturale delle uve è salito a 13% e 13.50% per la Barbera d’Asti Superiore. È stata quindi inserita la clausola di salvaguardia per le annate climaticamente sfavorevoli. Un provvedimento, spiega l’ente piemontese, che «permetterà al Consorzio di chiedere alla Regione di stabilire un titolo di mezzo grado inferiore».

Le modifiche all’articolo 6 incidono invece sui consumi. Il titolo alcolometrico totale minimo va a 13% e 13,50% per la Barbera d’Asti Superiore. L’estratto non riduttore passa a 25 g/l e 26 per la Superiore e a 27 per le Sottozone Colli Astiani-Astiano e Tinella.

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