«L’intera filiera brassicola conferma la preoccupazione già anticipata nei mesi scorsi per i rincari delle materie prime e delle utility, una vera tempesta dei costi che intacca la redditività delle imprese e rischia di comprometterne la crescita». Ad affermarlo è Alfredo Pratolongo, presidente di AssoBirra, l’associazione di Confindustria rappresentativa del comparto della birra e del malto in Italia.
Nel 2021 il settore birrario ha sofferto ulteriori mesi di chiusure che hanno prolungato la crisi del comparto, ma poi nel corso dell’anno è riuscito a recuperare i volumi persi nel 2020.
Questo intervento estemporaneo non è sufficiente per recuperare le perdite subìte nel periodo pandemico e innestare un nuovo percorso di crescita, soprattutto in un momento di rincari generalizzati e diffusi come quello che stiamo vivendo.
Occorre prendere delle decisioni di lungo periodo che consentano alle imprese di tornare a investire sul proprio business e dunque a generare ricchezza per il Paese».
«Nel concreto – conclude il presidente di Assobirra – Governo e Parlamento devono continuare a intervenire sulla pressione fiscale, rendendo strutturali la diminuzioni richieste. Il mondo birrario vuole e può giocare un ruolo centrale per l’economia italiana ma può farlo solo se adeguatamente supportato dalle Istituzioni con le quali come AssoBirra continueremo sempre a mantenere un dialogo costruttivo».
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
L’Agenzia delle Entrate ha emanato le norme applicative del credito d’imposta per il potenziamento degli e-commerce del vino e dei prodotti dell’agroalimentare italiano. Sarà finanziabile il 40% degli investimenti, nel limite di 25 mila o 50 mila euro, a seconda della tipologia d’impresa.
Le novità consistono nell’ammissione delle «imprese agricole e agroalimentari, anche costituite in forma cooperativa o riunite in Consorzi o aderenti ai disciplinari delle “Strade del vino”». La misura è destinata a «favorire la creazione di depositi fiscali virtuali nei Paesi esteri e la stipula di accordi con gli spedizionieri doganali, anche ai fini dell’assolvimento degli oneri fiscali».
«In sostanza – spiega a winemag.it la promotrice del provvedimento Maria Spena, deputata di Forza Italia e vicepresidente della Commissione Agricoltura della Camera – si favoriscono le aggregazioni di piccoli produttori che potranno vendere on-line».
Come? tramite un organismo da essi stessi costituito, usufruendo di un credito d’imposta a copertura delle spese per le dotazioni tecnologiche, i software, la progettazione e l’implementazione dei siti e per le attività e i progetti legati all’incremento delle esportazioni».
CREDITO D’IMPOSTA PER VINO E AGROALIMENTARE
La misura è di particolare rilievo per i produttori di vino, che potranno così affrontare i problemi legati alle incombenze fiscali e doganali, senza dover ricorrere a intermediazioni onerose.
«Gli operatori del turismo gastronomico, dell’enoturismo e dell’oleoturismo – continua Spena – hanno uno strumento in più per incrementare la diffusione, soprattutto internazionale, dei propri prodotti e far sventolare la bandiera del Made in Italy in tutto il mondo».
Nella Legge di Bilancio 2021 era stato approvato un emendamento di Spena destinato a migliorare le potenzialità di vendita a distanza dei prodotti del Made in Italy agroalimentare, in particolare verso i mercati esteri, mediante la costituzione di un Fondo dotato di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021-2023.
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Fondazione Italiana Sommelier porta il vino nello spazio, (per ora) grazie a un convegno in programma durante il 15° Forum Internazionale della Cultura del Vino. L’evento è frutto di una partnership di Fis con l’Agenzia Spaziale Italiana, che darà vita a una «nuova sperimentazione avanzata».
L’appuntamento è per lunedì 4 luglio dalle ore 10 presso il Salone dei Cavalieri dell’Hotel Rome Cavalieri (via Alberto Cadlolo 101, Roma) sede della Fondazione. Tra i momenti clou, la «cerimonia di affidamento dei Vini e delle Barbatelle destinati alla Stazione Spaziale».
La Coltivazione della Vite – anticipa Federazione italiana sommelier – racchiude tutti gli elementi del viaggio dell’Umanità sul nostro Pianeta. Dalla prima scoperta degli effetti di una sperimentazione spontanea di frutti maturi, allo studio del Dns dei singoli vitigni e delle caratteristiche del terreno, dove quelle Viti crescono per avere il migliore risultato».
«Sono passati millenni di sperimentazioni – continua Fis, ponendo alcuni interrogativi sul tema del vino nello spazio – prima spontanee e non elaborate fino alle tecniche più sofisticate di oggi. È un incredibile percorso che ritroviamo in tutti i campi del progresso. Bene, e allora qual è il collegamento con quanto l’Uomo, in modo via via più profondo, convinto, sfidante, sta facendo nello Spazio? Come l’Uomo lo sperimenterà in via definitiva?».
IL CONVENGO DI FIS CON L’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA
Tra gli ospiti del convegno in programma durante il 15° Forum Internazionale della Cultura del Vino, Franco Maria Ricci, presidente di Fondazione italiana sommelier. Nel suo intervento, «il vino come elemento primario di territorio, i vitigni che rendono l’Italia il primo Paese al mondo nella produzione, ora anche nello spazio, per una sperimentazione in orbita».
Interverrà poi Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia spaziale italiana. Illustrerà, in analogia con quanto avviene nel mondo del vino, «come le attività spaziali siano un patrimonio unico del nostro Paese, un’area di eccellenza che fa distinguere l’Italia, i suoi ricercatori e le sue imprese nel mondo».
Seguirà l’intervento di Massimo Claudio Comparini, ad di Thales Alenia Space Italia. Partendo dal ruolo dell’Italia, sin dall’inizio dell’avventura spaziale, illustrerà «il percorso dell’esplorazione e dell’utilizzo delle tecnologie spaziali, per conoscere e proteggere il nostro pianeta rendendolo un luogo sostenibile». In evidenza alcuni «elementi significativi della sperimentazione in orbita della coltivazione delle piante e della vite».
BARBATELLE NELLO SPAZIO
Dopo Nicolas Gaume, founder di Space Cargo Unlimited, e Walter Cugno, vice presidente Esplorazione e Scienza Thales Alenia Space Italia, illustreranno l’esperimento attualmente in corso sulla stazione spaziale e l’importanza di proseguire «sulla base dei risultati con una nuova e più completa sperimentazione in orbita della quale illustrano gli elementi significativi». Saranno infatti presentati «i possibili esperimenti in orbita per la crescita delle piante e delle barbatelle nello spazio».
Tra gli ospiti anche Franco Malerba, primo astronauta italiano e fondatore di Space V, e l’enologo Donato Lanati (Enosis sperimentazioni) che presenteranno «i possibili esperimenti in orbita per la crescita delle barbatelle e il volo nello spazio di vini dell’eccellenza vinicola italiana». L’ingresso al convegno è gratuito ma è obbligatoria la prenotazione sul sito Fis.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
I maggiori produttori di vino si attendono per il 2022 una crescita del 4,8%, che arriverebbe al 5,6% per la sola componente export. A spingere le vendite il successo delle bollicine (+5,7% i ricavi complessivi, +7,5% l’export) mentre i vini fermi si aspettano un +4,6% (+5,3% l’export). Più scettici sul futuro gli operatori esposti sul canale off trade (Gdo e Retail), mentre il maggior ricorso alla vendita diretta garantisce maggiore sicurezza. Sono solo alcuni dei dati che emergono dall’indagine dell’Area Studi Mediobanca sul settore del vino italiano.
Lo studio riguarda 251 principali società di capitali italiane con fatturato 2020 superiore ai 20 milioni di euro e ricavi aggregati pari a 9,3 miliardi di euro. Una cifra pari all’85,3% del fatturato nazionale del settore.
MIGLIORA L’EXPORT DI VINO ITALIANO NELL’UE
Il 2021 dei maggiori produttori italiani di vino ha chiuso con un aumento del fatturato del 14,2% (+14,8% il mercato interno, +13,6% l’estero). L’Ebit margin ha riportato un lieve aumento al 6% rispetto al 5,4% del 2020, il risultato netto è passato dal 4,2% al 4,3% del fatturato.
I vini frizzanti (+21%) hanno accelerato più dei vini fermi (+12,4%) mentre le cooperative hanno contenuto la crescita al +9,2% (+19,6% le non cooperative). Prevalgono i mercati di prossimità (Paesi UE) con il 41,2% dell’export, seconda area di destinazione il Nord America (34,1%); crescita importante (+22,8%) per l’America centro-meridionale.
Il 2021, secondo lo studio Mediobanca, ha preservato il canale Gdo che, stabile al 35,6% del mercato, è cresciuto a valore del 13,5% e ha decretato la ripresa dell’Ho.Re.Ca. (+28,1%), che passa dal 15,6% al 15,9%. Due i trend in consolidamento: la premiumizzazione dei consumi e la maggiore attenzione alla sostenibilità.
Aumenti a doppia cifra per i vini Icon (+33,2%) e Premium (+20,2%), più contenuti per i vini Basic (+8,7%), pari a metà delle vendite complessive. Tiene il bio, con vendite 2021 in aumento dell’11%, per una quota di mercato del 3,3%; balzo in avanti per il vino vegan (+24,8%) al 2,2% del totale.
Sempre secondo lo studio di Mediobanca, cresce l’interesse anche per i vini naturali (+6,9%) e biodinamici (+2,4%) ciascuno confinato all’1% del mercato.
LE CANTINE ITALIANE BEST PERFORMER
Nel 2021 importanti operazioni di M&A nel mondo del vino hanno trasformato la classifica dei principali produttori nazionali. La leadership di vendite nel 2021 resta appannaggio del gruppo Cantine Riunite-GIV, con fatturato a 635,2 milioni (+9,7% sul 2020).
Al secondo posto la Italian Wine Brands (423,6 milioni di euro) che sale di cinque posizioni dopo l’acquisizione di Enoitalia e della statunitense Enovation Brands Inc. Completa il podio il polo Botter-Mondodelvino (Clessidra) in crescita del 19,3% sul 2020 a 415 milioni.
Seguono altre cinque società con ricavi superiori a 200 milioni di euro: la cooperativa romagnola Caviro, il cui fatturato 2021 pari a 389,9 milioni di euro è cresciuto del 7,7%, la trentina Cavit (fatturato 2021 pari a 271 milioni di euro, +29,2% sul 2020), la toscana Antinori (265 milioni di euro, +24,6% sul 2020), la veneta Santa Margherita (220,6 milioni, +28,3%) e la piemontese Fratelli Martini che ha realizzato una crescita del 5,4%, portandosi a 219,4 milioni di euro.
In merito ai maggiori incrementi di fatturato nel 2021, Tenute Piccini (miglior cantina Gdo 2019 per Vini al Supermercato – winemag.it) domina la scena con un +61% sul 2020 che la colloca davanti al gruppo Lunelli (+57,6%), a Terra Moretti (+47,6%), a Serena Wines 1881 (+40,1%) per chiudere con il +32,7% di Villa Sandi.
Osservando la redditività (rapporto tra risultato netto e fatturato), il 2021 vede in testa le società toscane e venete: Frescobaldi (25,6%), Santa Margherita (21,3%) e Antinori (17%). Alcune aziende hanno una quota di export molto elevata, in alcuni casi quasi totalitaria: Fantini Group tocca il 97,4%, Ruffino il 94,5% e il polo Botter-Mondodelvino il 91,1%.
I TERRITORI DEL VINO ITALIANO
Dai conti aziendali emergono le specificità regionali. Nel 2020 il miglior Roi tocca alle aziende piemontesi (8,2%), seconda posizione per quelle venete (5,5%) e sul gradino più basso del podio le toscane (4,4%).
Secondo lo studio Mediobanca, i produttori toscani eccellono nella marginalità: con un Ebit margin al 14,6% distanziano i piemontesi (9,8%) e i lombardi (6,7%). In Toscana anche la maggiore stabilità finanziaria, con i debiti finanziari pari ad appena il 22,5% del capitale investito.
Grandi esportatori i produttori piemontesi (72,2% del fatturato) e toscani (63,8%). Nel 2020 la maggiore proiezione internazionale ha salvaguardato le vendite dei produttori piemontesi (+10,8%) spinte dall’export (+20,1%) ma non è riuscita a fare altrettanto per quelli toscani (-11,2% in totale).
Recupero della Toscana nel 2021 con vendite in crescita del 24,9%. In avanzamento anche i produttori lombardi (+22,4% le vendite totali e +23,8% quelle oltreconfine) favoriti dalla maggiore diffusione degli spumanti (46,1% del fatturato).
IL SUCCESSO DEL VINO ONLINE
Oltre il 90% del wine e-commerce dei principali produttori è intercettato da piattaforme online specializzate con vendite in esplosione nel 2020 (+132,8% sul 2019). La classifica dei principali pure player , sempre secondo l’indagini dell’Area Studi Mediobanca, è guidata da Tannico, che nel 2020 ha registrato ricavi per 37,1 milioni di euro, in crescita dell’83% sul 2019.
Aumenti in tripla cifra per Vino . com (+218,7%) che, superando i 30 milioni di euro, ricopre la seconda posizione e per Bernabei (+160,4%) a 25,9 milioni. Sopra i 10 milioni di euro anche il fatturato di Callmewine (12,4 milioni), in aumento del 93,3%. XtraWine, raddoppiando il proprio fatturato rispetto al 2019, supera i 7 milioni di euro.
Winelivery si avvicina allo stesso importo dopo una crescita del 491,6%. Il 2020 è stato un anno di forte sviluppo anche per realtà di minori dimensioni, alcune delle quali, come Etilika, nate proprio in pieno boom. Per il 2021 è previsto un ulteriore balzo superiore al +60%.
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Mai sentito parlare della Vinopolitana? Non è una nuova fermata della metropolitana di Roma o Milano, ma la novità più succosa di Anteprima Sagrantino, l’annuale appuntamento organizzato dal Consorzio Tutela Vini Montefalco per la stampa e gli operatori del settore. Quella in programma dal 25 al 26 maggio 2022 sarà infatti un’edizione ricca di novità, destinate (forse) a cambiare il corso delle Anteprime del vino italiano.
Mentre in Toscana denominazioni come il Brunello di Montalcino tentano ormai di defilarsi dal resto delle “Preview” regionali, l’Umbria si candida a diventare sempre più attrattiva per i professionisti italiani e internazionali. Giocando in squadra.
Le novità di Anteprima Sagrantino 2022 – in degustazione l’annata 2018 del grande rosso di Montefalco – sono infatti tre. La Vinopolitana, ovvero un servizio di navette a disposizione dei professionisti che prenderanno parte alle degustazioni, è “comandata” dall’innovativa App “Anteprima Sagrantino”, grazie alla quale gli ospiti del Consorzio hanno potuto programmare in anticipo tutti gli spostamenti sul territorio, tra cantine e banchi di assaggio.
La terza ed ultima novità riguarda, nel complesso, le denominazioni umbre. I quattro Consorzi di Tutela della regione hanno deciso di presentarsi alla stampa in un evento unitario, dando vita “Umbria in Anteprima“.
Un evento unico, che si articolerà in quattro tappe, una per ciascun Consorzio di Tutela che ha aderito all’iniziativa. Si inizia appunto con “Anteprima Sagrantino 2018”. Appuntamento, poi, ad Orvieto il poi, il 27 e il 28 maggio. Il 29 e 30 maggio spazio ai vini del Trasimeno ed il 31 focus sui vini di Torgiano.
«L’obiettivo – spiegano i Consorzi – è quello di posizionare il brand legato all’Umbria del vino in maniera ancora più incisiva, in particolare sui mercati internazionali. Offrendo l’immagine di un territorio fortemente identitario, ma in grado di esprimere una produzione vitivinicola variegata e di grande appeal».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Quarantasette anni, agronomo, Davide Frascari è il nuovo presidente di Enoteca Regionale Emilia Romagna. «Un riconoscimento che voglio vivere con grande senso di responsabilità – sono le sue prime parole -. Lo stesso che sento come agricoltore custode della mia terra e come cooperatore che ha responsabilità verso i propri soci».
Stefano Perini (Cantine 4 Valli di Piacenza) e Mauro Sirri (Celli di Bertinoro – Fc) sono i due vicepresidenti. Frascari è stato presidente dal 2005 della Cantina sociale di Arceto, fusasi nel 2014 con altre realtà del territorio per dare origine a Emiliawine (726 soci viticoltori in provincia di Reggio Emilia). Una coop della quale ha mantenuto il massimo incarico.
Gli altri membri del Cda che condurranno l’Enoteca Regionale per il prossimo quadriennio sono: Benassai Barbara di Union Camere Emilia-Romagna, Bertolani Andrea della Bertolani Alfredo di Scandiano (Re), Bigucci Davide di Podere Vecciano di Coriano (Rn), Biondi Claudio del Consorzio Tutela Lambrusco Doc, Bordini Francesco di Villa Papiano di Modigliana (Fc).
IL NUOVO CDA DI ENOTECA EMILIA ROMAGNA
E ancora: Capelli Antonio del Consorzio Vini Colli Bolognesi, Deserti Luca della Coop. Giulio Bellini di Filo di Argenta (Fe), Galassi Paolo di Due Tigli di Forlì (Fc), Giardini Mauro di Villa Venti di Roncofreddo (Fc), Paltrinieri Alberto della Cantina Paltrinieri di Sorbara (Mo), Perini Stefano delle Cantine 4 Valli di Piacenza, Sirri Mauro dell’azienda Celli di Bertinoro (Fc).
«Vorrei aprire una stagione di racconto – commenta ancora il neo eletto presidente di Enoteca Emilia Romagna, Davide Frascari – che parta dalla campagna e dal paesaggio e porti la nostra cultura nel mondo, siamo una regione con territori straordinari e per tanti ancora da conoscere».
«Mi auguro – conclude – che il nostro lavoro sia un’opportunità per una filiera economica che ha radici salde e migliaia di famiglie al lavoro nelle vigne. Vorrei dare voce a tutti loro, a privati e cooperative, in un gioco di squadra e di ruoli in cui ognuno con le proprie competenze e storie possa regalarci futuro».
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Msc Crociere come veicolo del vino italiano. Un Vinitaly del mare, che aiuta le cantine ad entrare in contatto con una clientela internazionale targhettizzata e ad aprire nuovi mercati, grazie ad incontri con i buyer, tra una tappa e l’altra degli itinerari. Il progetto Wine Sea è solo alla terza edizione nel 2022, ma sembra destinato a lasciare il segno nel settore. Sia sul fronte B2B che B2C.
Proprio in queste ore, la nave da crociera Msc Splendida viaggia spedita verso Siracusa, per poi raggiungere la destinazione finale, Taranto. Alle spalle si è lasciata Civitavecchia, Genova e Marsiglia. A bordo più di 2 mila passeggeri che, nell’arco di una settimana di viaggio, avranno potuto degustare i vini di 12 cantine italiane.
Partner di Msc Crociere o, meglio, ideatori del format, sono i pugliesi Giuseppe Preite, titolare di Ruffo Viaggi e l’enologo Antonio Ponzetta. Grazie alla collaborazione con Gambero Rosso e Associazione italiana sommelier Puglia, i promotori del Vinitaly del mare sono riusciti a dare vita a un contenitore del tutto innovativo.
WINE SEA: UN FORMAT MSC CROCIERE NATO NEL 2019
«Da grandi appassionati del mondo del vino – spiegano Preite e Ponzetta a bordo di Msc Splendida – ci siamo resi conto del potenziale di una crociera interamente dedicata al vino. Msc Crociere, grazie all’avallo del Country manager Italia Leonardo Massa, ha accolto con grande interesse la proposta, nel 2019. Nel 2022 l’evento si prepara a raddoppiare, anzi triplicare».
Su Wine Sea e Wine Sea World si creano rapporti personali duraturi. Stare assieme per una settimana non è come fare una fiera o un evento in un albergo. Aziende come Paolo Leo, Masciarelli e Ridolfi hanno pensato di brandizzare alcuni eventi organizzati nell’ambito delle nostre crociere a tema vino. Nel 2023 lo farà Assoenologi, già rappresentata per tre anni dalla famiglia Cotarella».
Le opportunità di business per le cantine si moltiplicano, secondo i promotori dell’iniziativa, nei territori solcati dalle navi da crociera Msc. «I rappresentanti di diverse cantine – sottolineano Giuseppe Preite e Antonio Ponzetta – decidono di salire a bordo con noi, con un duplice scopo. Fanno conoscere agli ospiti i loro vini e incontrano i buyer, nelle città e nei Paesi toccati dagli itinerari nazionali e internazionali. Inoltre hanno la possibilità di organizzare viaggi incentive, o finalizzati alteam building».
IL VINO ITALIANO A BORDO DI MSC CROCIERE: CARAIBI, EMIRATI E NORD EUROPA
A bordo anche un concorso che vede protagoniste le cantine. Gli enoturisti e gli altri viaggiatori valutano i vini secondo il loro gradimento. Quelli scelti in ogni categoria, dagli spumanti ai rossi, finiscono nella carta vini internazionale di Msc Crociere, per un minimo di 6 mesi. Si tratta di aziende di dimensioni medio-grandi, con un potenziale non inferiore ai 2 milioni di bottiglie annue.
E nel 2022 Wine Sea diventerà International, con una crociera Msc nei Caraibi. L’obiettivo è di coinvolgere 50 cantine italiane in un viaggio che preveda masterclass, un beach party all’Ocean Cay Msc Marine Reserve (isola e riserva marina naturale di proprietà dalla compagnia di navigazione, inaugurata nel 2019) e un pool party, sul modello di quello in scena questa mattina sulla Msc Splendida.
La richiesta delle cantine è infatti quella di farsi conoscere da un pubblico sempre più ampio, grazie al Vinitaly del mare. «La nave da crociera Msc Meraviglia partirà da New York – anticipano Giuseppe Preite e Antonio Ponzetta -. Ma sono in fase di studio anche Dubai, negli Emirati Arabi, oltre ai Paesi del Nord Europa. Wine Sea diventerà la fiera itinerante in cui è il vino italiano a farsi conoscere dai consumatori, grazie a un numero sempre più corposo di crociere dedicate ai winelovers».
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Albino Armani resta alla guida del Consorzio Tutela Vini Doc delle Venezie, la più estesa denominazione sul territorio nazionale. La rielezione è avvenuta ieri all’unanimità, nel corso della riunione del Consiglio di Amministrazione. Armani sarà affiancato dai vicepresidenti Claudio Venturin (Veneto) e Flavio Bellomo (Friuli Venezia Giulia).
«Il nuovo CdA – commenta Albino Armani – intende continuare questo eccezionale percorso di crescita e sarà capace di aprire nuovi e importanti capitoli nella storia della nostra Doc. I prossimi anni ci riserveranno sfide sempre più impegnative e dovremo lavorare tutti assieme con l’unico obiettivo di consolidare una realtà economica unica a livello mondiale».
Diversi gli obiettivi del nuovo mandato: «Continuare a condividere misure di gestione coordinata del potenziale produttivo del Pinot grigio del Nordest – rivela Albino Armani – che mantengano in equilibrio l’offerta e ne garantiscano la tenuta del valore economico. E assicurare, al contempo, un giusto riconoscimento all’impegno profuso da tutta la filiera».
Il rieletto presidente del Consorzio Tutela Vini Doc delle Venezie cita poi «sostenibilità e rafforzamento della promozione, impegnandoci in primo luogo a migliorare il posizionamento e il percepito della Doc, sia nel mercato domestico sia in quello internazionale».
I CONGILIERI DEL CONSORZIO VINI DOC DELLE VENEZIE
Albino Armani torna dunque a presiedere un tavolo composto da 21 Consiglieri in rappresentanza delle tre regione del Nordest. Per il Trentino Lorenzo Libera (Cantina di Avio e Cavit), Pietro Patton (Cantina di La Vis e Valle di Cembra), Luca Rigotti (Mezzacorona), Albino Armani (Albino Armani Viticoltori dal 1607), Goffredo Pasolli (vinicola Lechthaler) e Daniele Simoni (Schenk Italia).
Per il Veneto Claudio Venturin (Cantina Produttori Piave Sile), Dario Toffoli (Ormelle), Corrado Giacomini (Vi.V.O. Cantine), Andrea Paladin (Paladin Giovanni), Christian Scrinzi (Gruppo Italiano Vini), Alberto Marchisio (Cantine Vitevis), Wolfgang Raifer (Cantina di Soave), Luigi Bersano (MGM), Giorgio Pizzolo (Enoitalia), Massimo Marasso (Fratelli Martini).
Per il Friuli Venezia Giulia Angela Bortoluzzi (Soc. Agr. Borgo Tintor), Michelangelo Tombacco (I Magredi), Antonio Zuliani (Cantina di Rauscedo), Flavio Bellomo (Viticoltori Friulani La Delizia) e Sandro Sartor (Ruffino).
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FOTONOTIZIA – Terre d’Oltrepò annuncia la nomina ufficiale del nuovo Direttore Generale Corrado Gallo. Enologo di formazione, dal 2008 ad oggi è stato Direttore della cantina di Roverè della Luna, in Trentino, cooperativa da 270 soci conferitori che produce, tra l’altro, spumanti metodo classico Trento Doc.
Oltre a Corrado Gallo, il nuovo presidente di Terre d’Oltrepò, Enrico Bardone, annuncia l’inserimento nell’organico del nuovo Responsabile di Stabilimento della Cantina di Broni.
Si tratta di Giacomo Barbero, enologo con una lunga esperienza in Oltrepò Pavese. È stato infatti direttore tecnico per oltre 20 anni delle Cantine Conte Carlo Giorgi di Vistarino e in altre Cantine cooperative della zona.
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Cambio della guardia ai vertici del Consorzio Alta Langa: la nuova presidente è Mariacristina Castelletta (Tosti 1820). Ad affiancarla come vicepresidente, in continuità con gli anni precedenti, sarà Giovanni Carlo Bussi, viticoltore di San Marzano Oliveto. Castelletta succede a Giulio Bava, che ha guidato la compagine per tre mandati consecutivi tra il 2013 e il 2022.
Presidente e vice sono stati eletti dal Consiglio di Amministrazione dell’ente, scelto a sua volta nell’Assemblea dei Soci della scorsa settimana. Oggi, nel Cda guidato da Castelletta e Bussi, siedono: Piero Bagnasco (Fontanafredda), Giulio Bava (Giulio Cocchi), Umberto Bera (Bera).
E ancora: Domenico Conta (Enrico Serafino), Sergio Germano (Ettore Germano), Antonio Massucco (Banfi), Alessandro Picchi (Fratelli Gancia), Giacinto Balbo (viticoltore di Bubbio e Cassinasco), Luciano Ferrero (viticoltore di Mango), Gianpaolo Menotti (viticoltore di Castel Rocchero).
Da otto anni nel Consiglio di Amministrazione del Consorzio Alta Langa, Mariacristina Castelletta si occupa del marketing dell’azienda di famiglia, Tosti1820, e fa parte anche del Consiglio di Amministrazione del Consorzio del Vermouth di Torino.
I miei prossimi tre anni alla guida del Consorzio saranno all’insegna della continuità con ciò che è stato fatto finora. L’obiettivo è quello di proseguire nel percorso di crescita della denominazione, sia in termini di autorevolezza che di numeri», dice la neoeletta presidente.
«La denominazione Alta Langa Docg – aggiunge Mariacristina Castelletta – sta crescendo e lo sta facendo bene. Più di 50 produttori oggi fanno parte del Consorzio, le cuvée prodotte sono complessivamente 90. Costante la base agricola, composta da circa 90 viticoltori. Il vigneto si estende adesso per 377 ettari (175 in provincia di Cuneo, 164 in provincia di Asti, 38 in provincia di Alessandria) e dalla vendemmia 2021 abbiamo avuto 3 milioni di bottiglie».
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Mentre la Loira, e in particolare i vigneron di Vouvray, si interrogano sull’opportunità di seguire l’esempio dell’Alsazia, indicando sulla retro-etichetta dei propri Chenin Blanc il residuo zuccherino, il Sudafrica mette la freccia. E sorpassa. L’ultima trovata della Chenin Blanc Association (Cba) è infatti “l’indicatore di stile” dello Chenin (“Fresh”, “Fruity” oppure “Rich”) che apparirà sulle bottiglie della vendemmia 2022.
A guidare i consumatori verso una scelta più consapevole, e soprattutto più vicina al proprio gusto, sarà un duplice bollino. Sarà apposto alle bottiglie di Chenin Blanc, sulla parte frontale e sul retro. La “Show-and-tell taste icon” non lascerà spazio a dubbi: “Quello che vedi è ciò che compri”, recita il claim dell’iniziativa.
Una freccia, posizionata sulla scala di valori che va da “Fresh” (“Fresco”) a “Fruity” (“Fruttato”), sino a “Rich” (“Ricco/Complesso”), spiegerà lo stile di ogni Chenin Blanc presente a scaffale, ancor prima di aprire la bottiglia e assaggiarlo.
La Chenin Blanc Association lo descrive, senza mezzi termini, come «un nuovo asso nella manica». «Parte del fascino dello Chenin è la sua versatilità», spiega Ken Forrester, uno dei principali artefici della creazione dell’Acb e della reputazione mondiale degli Chenin sudafricani.
In Sudafrica si possono ottenere Chenin Blanc assolutamente deliziosi, da quelli secchi a quelli finemente dolci; da quelli puri e freschi a quelli stratificati e complessi. La notizia non così buona è che lo Chenin, a volte, può confondere gli acquirenti. Come possono sapere quali caratteristiche gustative aspettarsi dalla bottiglia che prendono dallo scaffale?».
LA “SHOW-AND-TELL TASTE ICON” PER SCEGLIERE LO CHENIN BLANC
«Per semplificare la selezione – continua Ken Forrester – abbiamo creato un’icona a scala lineare. Inizia con “Fresco” a un’estremità e “Ricco” all’altra, con “Fruttato” posizionato proprio nel mezzo. Una freccia indica la posizione del vino lungo la linea, dal punto di vista del gusto. Non riflette la composizione chimica del vino. Serve a prevedere, in modo rapido e comprensibile, cosa ci si può aspettare dal punto di vista stilistico».
L’indicatore di stile, sviluppato in collaborazione con il South African Wine & Grape Research Institute dell’Università di Stellenbosch, è stato approvato dal South African Wine Industry and Systems (SAWIS), l’ente responsabile delle denominazioni di origine del vino sudafricano e della loro etichettatura.
La nuova icona è stata sperimentata da diversi produttori di grandi dimensioni e da piccoli produttori artigianali. Alcuni sono andati ben oltre, collegandola a un codice QR per offrire ai consumatori la possibilità di ottenere informazioni aggiuntive, su aromi e sapori dello Chenin blanc del Sudafrica.
«Speriamo che alla fine tutti i membri della Chenin Blanc Association la adottino – commenta ancora Forrester – nel tentativo di rendere gli acquisti ancora più facili. Non tutte le etichette saranno dotate di codici QR. Ma i produttori che sceglieranno questa strada saranno in grado di portare i consumatori a descrittori più approfonditi, che si allineano alla ruota degli aromi dello Chenin Blanc».
LA RUOTA DEGLI AROMI DELLO CHENIN BLANC
Uno degli Chenin Blanc sudafricani disponibili sul mercato italiano
I descrittori sensoriali su scala lineare, da “Fresco” a “Fresco/Fruttato”, “Fruttato”, “Fruttato/Ricco” e “Ricco”, sono tratti dalla “Ruota” ideata nel 2007 dalla CBA, insieme all’Università di Stellenbosch e a diversi operatori del settore.
Secondo Forrester, i vini che si collocano sul lato “Fresh” della scala sono freschi e sapidi. Quelli che si trovano al punto “Fruity” o in sua prossimità, mostreranno caratteri di frutta e spezie. Quelli che si trovano all’estremità “Rich” dello spettro mostreranno probabilmente qualche traccia di affinamento in legno e note di frutta cotta o secca, con memorie di burro e vaniglia.
«Gli sforzi per costruire il profilo di prestigio dello Chenin Blanc del Sudafrica a livello nazionale stanno già dando i loro frutti – sottolinea Ken Forrester – con vini dal prezzo compreso tra R100 e R120 a bottiglia (dai 5,95 ai 7.10 euro, ndr) che cresceranno del 96% in volume tra il 2020 e il 2021».
Nel frattempo, gli Chenin venduti al dettaglio tra i R90 e R100 (dai 5,30 ai 5,95 euro) sono aumentati dell’87%. Quelli nella fascia tra R70 e R80 (4,15 / 4,70 euro) del 49% nello stesso periodo. «Nel complesso – conclude Forrester – c’è stata una buona crescita in valore, ma siamo particolarmente soddisfatti dell’interesse crescente per i vini con un prezzo superiore a 70 Rand».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Apocalypse wine è il video girato dagli studenti della classe IV Am dell’Isiss Luciano Dal Cero di San Bonifacio (VR) sulla viticoltura a Soave. Un «discorso civile sul paesaggio “incongruo”», come lo descrivono gli alunni coordinati dal prof. Simone Gianesini, in cui vengono mostrate presunte scene di devastazione paesaggistica compiute da alcuni viticoltori locali, a danno della biodiversità.
Oltre al titolo, che richiama l’Apocalisse, è la colonna sonora a comunicare pathos e a spingere gli spettatori allo sdegno. Tra le altre, sono state scelte opere come Danse Macabre di Camille Saint-Saëns, il Confutatis Maledictis di Wolfgang Amadeus Mozart e la Sinfonia n. 4 in Mi minore di Johannes Brahms.
Nessun nome di cantina o istituzione pubblica, nel video. Dalle immagini di Apocalypse wine, girate fra novembre 2021 e gennaio 2022, emerge piuttosto un attacco generalizzato al sistema vino a cavallo tra la zona classica del Soave e la zona allargata della Valpolicella, in provincia di Verona.
Per l’esattezza, viene citato il corridoio – un tempo boschivo, oggi interessato da quella che viene descritta come «viticoltura industriale» – tra la Val Tramigna e la Val d’Alpone. Tra menzioni ed immagini, appaiono le frazioni Castelcerino di Soave e Terrossa di Roncà.
VITICOLTURA A SOAVE: CERVIM NEL BERSAGLIO DEGLI STUDENTI
Ad essere nominato è invece il Cervim, il “Centro di Ricerca, Studi e Valorizzazione per la Viticoltura di Montagna, in Forte Pendenza e delle Piccole Isole”. L’ente, con sede ad Aosta, viene additato dagli studenti come organismo che premia i vini prodotti nei vigneti oggetto della presunta devastazione paesaggistica, tra le colline di Soave.
«In realtà non volevamo chiamare in causa qualcuno di preciso – commenta a winemag.it il prof. Simone Gianesini – bensì sottolineare come lo sfruttamento dissennato del paesaggio abbia una sua apparente istituzionalizzazione, addirittura con un Premio».
Il punto che magari è sfuggito a molti spettatori è che Apocalypse Wine è un discorso civile, politico, non tecnico. Non scendiamo nel merito di un reato, ma additiamo responsabilità morali».
L’attacco al Cervim, che organizza ogni anno il concorso Mondial des Vins Extrêmes, focalizzato sui vini da “viticoltura eroica”, è feroce. Le frecciate di due studenti si susseguono dal minuto 6,50 al minuto 9,24: «L’autodistruzione avvertita come benessere». «Sette medaglie veronesi? Che culo». «Basta che il falso trovi una volpe o un asino che lo dica e sembrerà vero».
Perché, secondo te, comprare oliveti, prati e boschi a una pipa di tabacco, entrare con le ruspe e con un’enorme disponibilità di schèi da investire, portar via terra, metterne altra, terrazzare dappertutto, è da eroi? È come dire che è un eroe uno che entra con un carro armato in un campo profughi, di notte. A me sembra il contrario: è un vigliacco».
«Quello che è in atto è una guerra alla biodiversità. E questo – continua il dialogo tra i due studenti – da parte di indigenti culturalmente. Compresi quelli che si gonfiano, con questa retorica alla moda, di questa teologia del vino, messa al servizio del potere e della morte». Infine: «Vi dico solo che i vigneti di grande valore paesaggistico ad aver vinto, sono quelli che vi abbiamo fatto vedere noi».
LE CANTINE COINVOLTE: «IN REGOLA CON LE AUTORIZZAZIONI»
Tra le prime cantine ad apparire nel video Apocalypse wine c’è Fattori Wines di Terrossa di Roncà. L’azienda si riconosce in maniera chiara, grazie alle immagini che ritraggono due grandi edifici, descritti come «gigantesche cattedrali atterrate qui da chissà dove», non lontane dalla «innaturale geometria di un enorme vigneto industriale», che avrebbe sostituito la zona boschiva.
Contattata da winemag.it, la cantina afferma di non aver mai ricevuto premi dal Cervim. Evidenti sul sito web, invece, i riconoscimenti ricevuti da Slow Wine e Gambero Rosso. Poi, il commento al video: «Forse questi ragazzi parlano di un argomento che non conoscono, dal momento che l’azienda ha 45 ettari e meno di un terzo è occupato da vigneti. Il resto sono boschi, che rimarranno lì».
Per la realizzazione degli edifici abbiamo ottenuto tutte le licenze necessarie. Abbiamo fatto un lavoro bellissimo, sia dal punto di vista agronomico, sia paesaggistico, sia urbanistico.
Se poi vogliamo dire che il vino non è indispensabile, è un altro discorso. Siamo in un territorio ad altissima vocazione vinicola, che si presenta come tanti altri del genere: dalla Borgogna alla Champagne, dalla Franciacorta alla Valtellina».
LA REAZIONE DEL CERVIM: «APOCALYPSE WINE? AFFERMAZIONI GRAVI»
Apocalypse Wine non è sfuggito al presidente del Cervim, Stefano Celi. «La cosa è molto grave – commenta a winemag.it il numero uno del Centro per la “viticoltura eroica” di Aosta -. Prima di tutto si fa di tutta l’erba un fascio. Non si dice, per esempio, che la la coltivazione della vite possa salvaguardare il territorio da dissesti idrogeologici».
Il concorso, con le accuse mosse ad alcuni produttori, ha poco a che fare. Non è compito nostro indagare sulla natura dei terrazzamenti, o se gli stessi siano stati realizzati con le dovute autorizzazioni. Lo diamo per implicito, anzi siamo certi che le terrazze siano state realizzate in regola con la legge».
«Non ultimo – conclude Stefano Celi – gli studenti forse non sanno che la “biodiversità viticola” esiste. La viticoltura, infatti, preserva piante, ovvero vitigni, che rischiano la scomparsa e contribuisce alla loro salvaguardia. Inoltre, alcuni vignaioli tengono in vita forme di coltivazione ancestrali, anche antieconomiche. A questi giovani voglio dire che l’agricoltura non ruba terreno a nessuno».
Tra le cantine della zona premiate dal Cervim, oltre all’Azienda agricola Accordini Stefano di Fumane, c’è Ca’ Rugate di Montecchio di Crosara, che tuttavia non appare nel video.
Il commento della dirigenza, contatta da winemag.it, è chiaro: «Abbiamo 90 ettari di vigna in tre territori di montagna come Monti Lessini, Soave Classico e Valpolicella. Per questo siamo stati premiati con delle medaglie d’oro nell’ambito del Mondial des Vins Extrêmes2021 del Cervim, unica azienda veronese a raggiungere questo triplice traguardo».
«Abbiamo vigne da 30 anni nella zona classica del Soave – riferiscono i titolari della cantina – e non ci sentiamo minimamente coinvolti dal video. Anzi, crediamo che il nostro lavoro vada nella direzione opposta. Attraverso la viticoltura di montagna, stiamo facendo un favore alle nuove generazioni, mentre le pianure “cuociono” a causa dei cambiamenti climatici».
SANDRO GINI (CONSORZIO SOAVE): «VENITE A VISITARE LE COLLINE»
Si schiera anche il Consorzio di Tutela Vini Soave e Recioto di Soave. «Abbiamo visto il video realizzato da questi giovani studenti – commenta a winemag.it il presidente Sandro Gini, proprietario di una storica cantina del territorio -. Ne apprezziamo la sensibilità che emerge e gli spunti di riflessione. Tuttavia riteniamo che il contenuto non sia prettamente corretto. E che, in modo del tutto involontario, sia frutto di semplificazioni che rischiano di dare una percezione distorta di quella che, invece, è la realtà del Soave».
Il Soave è stato il primo comprensorio viticolo italiano ad essere inserito nel registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico. Ricordiamo che le nostre colline sono state recentemente insignite del riconoscimento Ghias della Fao, vale a dire quegli “agro-ecosistemi” in cui il lavoro dell’agricoltore ha permesso la salvaguardia e il mantenimento del paesaggio».
«Molte nostre aziende, inoltre – conclude il presidente Sandro Gini – si fregiano di certificazioni ambientali improntate sulla biodiversità. Per tali ragioni siamo ben lieti di ricevere qui, sulle nostre colline, gli autori del video, gli insegnanti, gli studenti e tutti coloro che vogliono conoscere il Soave davvero».
IL VIDEO APOCALYPSE WINE CENSURATO O RIMOSSO DA YOUTUBE?
Il video Apocalypse Wine girato dagli studenti dell’Isiss Luciano Dal Cero di San Bonifacio non è più disponibile sul web o, meglio, su YouTube, nella sua forma originale. «La diffusione del video, ormai virale, sta seguendo una vita tutta sua – spiega a winemag.it il prof. Simone Gianesini – in quanto, a causa di diverse segnalazioni da parte di utenti che restano anonimi, il canale originario che aveva condiviso il video è stato costretto a rimuoverlo».
Si tratta di Healthing, YouTube channel con 142 iscritti. Una sorta di piattaforma multimediale, aperta a diversi contribuiti esterni, tra cui quello di un’associazione del territorio di Soave che si occupa di tutela del paesaggio e organizzazione di tour, eventi e trekking.
Raggiunto da winemag.it, uno dei referenti dell’associazione – che preferisce rimanere anonimo – parla di «clima insostenibile in paese», in seguito alla pubblicazione del video. La piccola associazione locale sarebbe stata infatti presa di mira da alcuni viticoltori e agricoltori.
«Nessuno ha subito minacce – spiega il prof. Gianesini – e il video non è stato “censurato”, nel vero senso della parola, ma è finito vittima delle segnalazioni. Di certo, non lo abbiamo rimosso noi. Attraverso Apocalypse Wine speravamo di ottenere l’appoggio dei tanti piccoli agricoltori che vivono in condizione di debolezza nei confronti dei “grandi” della zona».
«Apocalypse Wine non racconta nulla di nuovo – conclude il docente – e non ce l’abbiamo con nessuno in particolare. Il fatto che sia stato condiviso da personaggi pubblici come Natalino Balasso e Andrea Pennacchi, significa che siamo fuori dal pericolo censura. Moltissimi, infatti, si rendono conto di quello che sta accadendo. Ma, pur parlandone, non hanno peso. Il video è riuscito invece ad averlo».
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ProWein 2022 chiude oggi la sua terza giornata con un bilancio di 38 mila visitatori provenienti da 145 Paesi. Lo comunica Messe Düsseldorf GmbH, nel sottolineare che la fiera «è l’evento centrale del settore e la piattaforma commerciale internazionale per eccellenza».
«A causa del picco di Covid nel primo trimestre dell’anno, abbiamo dovuto posticipare tutte le nostre fiere primaverili a maggio e giugno e/o annullarle completamente, come nel caso dello stivale», spiega il direttore generale Erhard Wienkamp. I visitatori erano stati 60 mila nel 2018 e 61.500 da 142 Paesi nel 2019, anno del record e ultima edizione andata in scena, prima della pandemia.
«A questo punto vorremmo ringraziare esplicitamente i nostri espositori e visitatori per aver approvato il rinvio a maggio e per aver sostenuto la ProWein! Ovviamente, il loro impegno è stato ripagato, perché gli espositori ci hanno riferito di numerosi affari conclusi durante la Fiera».
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FOTONOTIZIA – Cinquecentonovanta Cantine Aperte in 19 regioni. Il Movimento Turismo del Vino si prepara a celebrare la 30a edizione della kermesse. Tante le iniziative in programma sabato 28 e domenica 29 giugno, da Nord a Sud Italia.
Dalla montagna al mare, dal lago alla collina, gli enoturisti potranno essere protagonisti di passeggiare tra le vigne a piedi, in bici o a cavallo. Un’edizione, quella numero 30 di Cantine Aperte, che vedrà come sempre al centro il vino italiano, tra musica, prodotti tipici, picnic e suggestive cene al tramonto. Il programma completo delle iniziative è sul sito del Movimento Turismo del Vino.
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FOTONOTIZIA – Si terrà al Palazzo della Gran Guardia di Verona, domenica 19 e lunedì 20 giugno 2022, Amarone Opera Prima. Si tratta del riposizionamento di Anteprima Amarone, evento con cadenza annuale organizzato e promosso dal Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella.
La manifestazione, giunta nel 2020 alla 17esima edizione, è considerata la punta di diamante nel calendario della denominazione veronese. Vede infatti come protagonista esclusivo il “Grande Rosso della Valpolicella”.
La kermesse era in programma al Palazzo della Gran Guardia di Verona il 4 e 5 febbraio scorsi, ma è stata a sua volta posticipata a giugno. Lo slittamento è stato comunicato dal Consorzio a gennaio 2022. Oggi l’annuncio delle nuove date e del “restyling”. I dettagli dell’evento saranno comunicati dagli organizzatori nelle prossime ore.
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Il Gruppo Campari ha annunciato l’accordo con Diageo per l’acquisizione del marchio Picon e delle relative attività. Un’operazione da circa 119 milioni di euro. Inventato nel 1837 da Gaétan Picon, Picon è un tradizionale aperitivo agrodolce francese, leader di mercato, con un esclusivo sapore di arancia.
Prodotto con una base di erbe e arance fresche essiccate, è attualmente disponibile in due versioni. “Amer Picon Club”, un liquore a base di arancia dal sapore agrodolce da miscelare con vino e cocktail; e Amer Picon Bière, da miscelare con la birra.
Per l’anno fiscale conclusosi il 30 giugno 2021, il marchio ha realizzato un fatturato netto di 21,5 milioni di euro e un CAAP di 12,9 milioni di euro. Il marchio realizza quasi l’80% delle vendite in Francia, dove detiene una posizione di leadership nella categoria degli aperitivi amari.
OPERAZIONE STRATEGICA IN FRANCIA PER CAMPARI
Le vendite restanti sono generate principalmente nei mercati del Benelux. Con l’acquisizione del marchio Picon, il Gruppo Campari mira ad ampliare ulteriormente la propria offerta di marchi nella categoria principale degli aperitivi amari nei mercati internazionali e ad aumentare la propria massa critica in Francia e Benelux.
Più in generale, l’acquisitizione di Picon consente al Gruppo Campari di rafforzare la posizione del Gruppo in un mercato strategico come quello della Francia, dopo le acquisizioni dei rum francesi Trois Rivières e La Mauny (2019) e dello Champagne Lallier (2020).
La Francia è entrata a far parte della rete di distribuzione diretta del Gruppo Campari in seguito all’acquisizione del distributore locale Baron Philippe de Rothschild France Distribution S.A.S. nel 2020. Attualmente è il quarto mercato più grande del Gruppo e rappresenta il 5,9% delle vendite nette del Gruppo nell’intero anno 2021.
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Nuova Tenuta sull’Etna per Tommasi. La famiglia veneta, che nel 2022 festeggia il 120° anniversario dalla fondazione, ha acquisito a Linguaglossa 15 dei 60 ettari vitati di Tenuta Chiuse del Signore, compresa la cantina di 1.500 metri quadrati semi interrata, con sette stanze per la vinificazione e l’affinamento dei vini Etna Doc Bianco ed Etna Doc Rosso.
L’operazione è stata finalizzata grazie all’accordo con la storica famiglia di albergatori di Taormina Bambara-De Luca, guidata dai coniugi Isabella Bambara e Sebastiano De Luca, assieme ai figli Sergio e Stefania.
Tenuta Chiuse del Signore è infatti parte integrante del patrimonio del gruppo Gais Hotels, che ha completato la realizzazione della parte enologica meno di 10 anni fa, nel 2015.
Grandi protagoniste della Tenuta, che prende il nome da contrada Le Chiuse del Signore, sono le viti di Nerello Mascalese e Carricante. Consentiranno a Tommasi di rendere ancora più accattivante il proprio portafoglio di vini di qualità, distribuiti in oltre 70 Paesi del mondo.
PIETRACANNONE, L’ASSO NELLA MANICA DI TOMMASI A CHIUSE DEL SIGNORE
È possibile scommettere sin d’ora su quello che potrà essere uno dei “nomi di fantasia” delle nuove etichette. Sul posto si trova infatti un’enorme masso in pietra lavica, noto come Pietracannone (Petra o’ cannuni in dialetto siciliano). Una pietra dalla forma simile a un cannone, con tanto di foro centrale (nella foto di copertina). La stessa dà il nome a uno dei vigneti, impiantato nel 2001.
Tutt’attorno, un contesto naturalistico mozzafiato, inframmezzato da punti panoramici sul mare di Taormina e sentieri tra i boschi, frutteti e oliveti, non lontano dal castello noto come “Villa Nicolosi”. Con quest’ultima acquisizione diventano 780 gli ettari vitati sotto il controllo della famiglia Tommasi.
Prima dell’operazione che ha interessato Tenuta Chiuse del Signore erano sette le tenute vitivinicole, in sei regioni: Tommasi (Veneto), Tenuta di Caseo (Oltrepò pavese, Lombardia), Casisano a Montalcino e Poggio al Tufo in Maremma (Toscana). E ancora: Masseria Surani in Puglia, Paternoster in Basilicata e una partnership nel Chianti Classico con La Massa.
Il tutto in attesa di un altro progetto in Umbria, la cui inaugurazione dovrebbe avvenire nel 2023. Completa il quadro il progetto culturale e vitivinicolo De Buris, legato al territorio della Valpolicella Classica, al recupero di Villa De Buris e all’Amarone Classico doc Riserva.
NUOVA TENUTA SULL’ETNA PER TOMMASI: I COMMENTI
«Da 120 anni – commenta il presidente Dario Tommasi – abbiamo l’ambizioso obiettivo di raccontare l’Italia attraverso le sue eccellenze vitivinicole e di esserne stimati ambasciatori in tutto il mondo».
L’Etna rappresenta oggi uno dei territori più interessanti e stimolanti sia dal punto di vista della produzione che di mercato. Siamo orgogliosi di poter aggiungere al nostro portfolio questa denominazione alle altre che già rappresentiamo, come Valpolicella Classica, Lugana, Montalcino e Vulture».
«Conosciamo la famiglia Tommasi da tempo – aggiunge Isabella Bambara – e apprezziamo la loro unione familiare. Coniugando laboriosità e competenza, ha raggiunto traguardi importanti che vanno ben oltre la Valpolicella Classica».
«La famiglia Tommasi, come la nostra, ha sempre avuto la vocazione all’accoglienza e all’ospitalità. Ci siamo trovati immediatamente sulla stessa lunghezza d’onda – conclude – con una visione comune di valorizzazione del territorio e delle sue ricchezze. Questa collaborazione, sono certa, darà ulteriore lustro all’Etna e a tutto il comparto enoturistico».
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È nato “Vigneto Toscana“. Porta la firma di Coldiretti Toscana la nuova associazione che si occupa di «costruire progetti di promozione e di sviluppo delle produzioni vitivinicole territoriali, certificate e non, legate alle singole specificità dei territori».
«Un progetto che non si contrappone assolutamente al lavoro importante, strategico, indispensabile dei Consorzi di Tutela ma, al contrario, li affianca», ha sottolineato Fabrizio Filippi, presidente di Coldiretti Toscana che assume la guida del nuovo organismo.
Del consiglio direttivo fanno parte Lidia Castellucci, Andrea Elmi, Fabrizio Bondielli, Raffaello Lunardi, Letizia Cesani, Giuseppe Mantellassi, Sabrina Biagi, Flavio Rabitti, David Ballini. Un Cda, dunque, composto da un imprenditore vitivinicolo in rappresentanza di ogni provincia toscana.
«Spirito di collegialità», alla base di Vigneto Toscana, che ha mosso i primi passi in occasione dell’assemblea che si è tenuta ieri, venerdì 13 maggio a Firenze. «La presenza di un imprenditore vitivinicolo per ciascuna provincia è un pilastro dello statuto è un segnale chiaro, forte ed incontrovertibile della filosofia di questo nuovo soggetto», ha spiegato il Presidente di Coldiretti Toscana, Fabrizio Filippi, che rivestirà inizialmente il ruolo di presidente del nuovo ente.
Vigneto Toscana nasce all’interno della nostra organizzazione. Coldiretti vuole dare voce ai territori vitivinicoli della nostra regione offrendo uno strumento per conoscersi e promuoversi. All’interno di Vigneto Toscana ci sono le grandi produzioni ma anche le piccole etichette eroiche».
PRIMA RIUNIONE DEL CDA DI VIGNETO TOSCANA
Al primo consiglio direttivo, presidiato dal Presidente di Coldiretti Toscana, Fabrizio Filippi e coordinato dal Direttore regionale, Angelo Corsetti, hanno partecipato in qualità di relatori esterni il Presidente della Consulta Vino di Coldiretti e Presidente Coldiretti Sicilia, Francesco Ferreri; il responsabile nazionale settore vitivinicolo di Coldiretti, Domenico Bosco.
E ancora: il dirigente della Regione Toscana, Gennaro Giliberti; la direttrice del Consorzio Vino Chianti Classico, Carlotta Gori; la coordinatrice del Consorzio Vernaccia San Gimignano, Sara Grazzini; il Presidente del Consorzio Nobile di Montepulciano, Andrea Rossi; il Presidente del Consorzio Vino Toscana, Cesare Cecchi.
In occasione della prima assemblea di Vigneto Toscana, Coldiretti ha presentato il rapporto sulla «guerra in cantina», secondo cui i costi di produzione sono aumentati mediamente del 35%, pesando sui bilanci delle imprese per circa 100 milioni di euro con una incidenza maggiore per i vitigni situati in terreni marginali o difficili.
COLDIRETTI: «I DATI DELLA GUERRA IN CANTINA»
Gli incrementi in termini assoluti per le imprese del vino sono in media di 6.886 euro secondo l’analisi Coldiretti su dati Crea. Una bottiglia di vetro costa più del 30% in più rispetto allo scorso anno, mentre il prezzo dei tappi ha superato il 20% per quelli di sughero e addirittura il 40% per quelli di altri materiali.
Per le gabbiette per i tappi degli spumanti gli aumenti sono nell’ordine del 20% ma per le etichette e per i cartoni di imballaggio si registrano rispettivamente rincari del 35% e del 45%, secondo l’analisi Coldiretti. «Ma i prezzi degli ordini cambiano – aggiunge Coldiretti Toscana – ormai di settimana in settimana, rendendo peraltro impossibile una normale programmazione economica nei costi aziendali»
Problemi anche per l’acquisto di macchinari, soprattutto quelli in acciaio, prevalenti nelle cantine, per i quali è diventato impossibile persino avere dei preventivi. Rincarato anche il trasporto su gomma del 25% al quale si aggiunge la preoccupante situazione dei costi di container e noli marittimi, con aumenti che vanno dal 400% al 1000%.
In generale, secondo il global index Freightos, importante indice nel mercato delle spedizioni, l’attuale quotazione di un container è pari a 9.700 dollari contro 1.400 dollari di un anno fa.
«Il settore – ha sottolineato Filippi – è uscito meglio di altri dalla lunga emergenza sanitaria, altra cosa sono invece le conseguenze del conflitto sui costi di produzione delle aziende del settore che per gli effetti sulle vendite, sullo straripante fenomeno speculativo che ha fatto lievitare tutti i prezzi, dai tappi di sughero al vetro, dalle etichette ai cartoni di imballaggio, dal trasporto ai container e noli marittimi».
A preoccuparci sono «le prospettive di un conflitto sul medio lungo periodo destinato a penalizzare le esportazioni non solo verso i paesi direttamente coinvolti, come Russia per via dell’embargo e delle sanzioni, e Ucraina, ma dell’intera area».
LA VITICOLTURA TOSCANA IN SINTESI
Numero aziende
12.700
Superficie media azienda
4,7 (ha)
Denominazioni
52 DOP (11 DOCG e 41 DOC) e 6 IGT
Superficie complessive a vigneto iscritta ad inventario
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Negli ultimi 8 anni, l’Italia è riuscita a colmare, con gli interessi, la crisi di vocazione delle distillerie registrata negli ultimi 60. Trenta nuove aziende con licenza di distillazione sono state fondate negli ultimi 5 anni. Un’altra cinquantina di distillerie dovrebbero aprire i battenti entro la fine 2023 (20 solo nel 2021). A Milano arriva così Distillo Expo 2022, in programma martedì 17 e mercoledì 18 maggio alle Officine del Volo di via Mecenate, 76/5.
La fiera dedicata al fenomeno emergente delle micro-distillerie è organizzato da Craft Distilling, alias dai guru Claudio Riva e Davide Terziotti. È il primo evento in Italia dedicato interamente alle attrezzature per le micro-distillerie, con un programma di seminari e approfondimenti sulle novità del settore.
«Una Fiera all’insegna del mix tra artigianalità e nuove tecnologie», assicurano gli organizzatori. «Fino a 5 anni fa – commenta a winemag.it Davide Terziotti – in Italia risultavano 130 licenze per la distillazione, ma non tutte attive in questo settore. Molte aziende registrate come distillerie, non distillavano. Un esempio su tutti? Quello di Fratelli Branca Distillerie, di nome ma non di fatto».
I produttori attivi nella distillazione di acqueviti, dunque non di etanolo e alcoli industriali, erano 70 circa. Pochissime le nuove aziende nate negli ultimi 60 anni.
Negli ultimi 5, abbiamo invece assistito a un vero e proprio boom, che ha consentito all’Italia di recuperare il gap degli ultimi 70 anni. Raddoppiando il numeri di distillerie presenti sul territorio nazionale».
LA RISCOPERTA DEL GIN TRAINA IL FENOMENO DEL CRAFT DISTILLING
Numeri impressionanti, che non tengono peraltro conto del fenomeno delle micro distillerie dell’Alto Adige. Nella regione speciale del Nord Italia, infatti, risultano attive circa 50 altre piccole distillerie con accisa forfettaria. Un modello molto simile a quello di Paesi come Germania, Austria e Svizzera, che assieme riuniscono 50 mila micro distillerie con questo genere d’imposta.
A smuovere il settore, da Nord a Sud nel Bel paese, è la riscoperta del Gin da parte dei consumatori. «Le distillerie attive storicamente sul territorio nazionale – evidenzia ancora a winemag.it Davide Terziotti – sono legate principalmente alla produzione di grappa».
Si concentrano quindi in poche regioni, Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia. Quell nuove, invece, sono sparse per il Paese. Il Gin non soffre della polarizzazione cui è soggetta la grappa.
È apolide. Così si può assistere all’apertura di una nuova distilleria a Varese, di un’altra in Puglia e di un’altra a Roma. Un fenomeno a macchia di leopardo».
Alla fiera Distillo Expo 2022, focalizzata sugli incontri B2B, sono attesi circa 600 operatori, tra distillerie attive e aspiranti distillatori. Seicento rappresentanti di un giro d’affari di circa 350 milioni di euro legato al mondo della grappa. Più risicata la rappresentanza di altri distillati, tra cui spiccherà però la presenza di 200 etichette di gin.
Ennesimo dato, quest’ultimo, in grado di fotografare il fenomeno e gli obiettivi della Fiera Distillo 2022. «La maggior parte di queste bottiglie di gin – sottolinea Terziotti – sono prodotte in conto terzi. Pochi dei brand che saranno presenti possono contare su una distilleria propria. Ma ciò che è interessante è che molte stanno facendo il passo verso l’autonomia produttiva».
IN INGHILTERRA APRE UNA DISTILLERIA A SETTIMANA
Il trend, del resto, non riguarda solo l’Italia. Se il craft distilling è infatti partito dagli Stati Uniti, dove si contano oltre 2 mila realtà attive, anche in Europa si sta velocemente espandendo. In Inghilterra le distillerie hanno superato come numero quelle in Scozia. Il tasso di aperture è di circa una a settimana. Anche in Francia si è abbondantemente superato il centinaio di unità.
«Temevamo che lo spostamento di Distillo Expo 2022 a causa dell’emergenza Covid, oltre alla fitta agenda di eventi e fiere avrebbe potuto portare alcune aziende a riconsiderare la presenza», evidenzia Claudio Riva.
Con enorme piacere, oltre alle conferme abbiamo ricevuto nuove iscrizioni e questo ci ha dato ulteriore fiducia. Questo conforma, assieme ai dati ufficiali, come l’interesse per la produzione di distillati premium abbia la capacità di espandersi anche nei periodi di difficoltà».
Il mercato premium dei distillati, di fatto, regge e addirittura cresce durante la crisi. Le vendite di gin nel 2020, nel canale offtrade, hanno fatto segnare una crescita del +33,5% in valore e del +24,8% in volume nel mondo. Cifre in cui l’Italia può (e vuole) pesare sempre di più.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Sarà Giulitta Zamperini a guidare per i prossimi tre anni il Consorzio del Vino Orcia. La giovane imprenditrice vinicola, già vicepresidente nei due precedenti mandati, è stata nominata presidente del Consorzio dal nuovo consiglio di amministrazione.
Tra i progetti a lungo termine del mandato, l’avvio del percorso da Orcia Doc a Orcia Docg. Già avviata dalla precedente amministrazione la procedura di introduzione della parola “Toscana” sull’etichetta della Doc, «per potenziare la riconoscibilità nei mercati esteri».
Accanto a Giulitta Zamperini, l’ex presidente del Consorzio, Donatella Cinelli Colombini e il già vicepresidente Roberto Terzuoli. Classe 1990, nata a Siena, ma cresciuta a San Quirico d’Orcia, la nuova presidente del Consorzio della Doc Orcia è perito chimico con diploma conseguito all’Itis Sarrocchi di Siena.
GIULITTA ZAMPERINI (POGGIO GRANDE) NUOVA PRESIDENTE DELL’ORCIA DOC
L’amore per la terra e per il vino arrivano dal padre, Luca, che ha fondato l’azienda Poggio Grande nel 1999. Nel 2011 Giulitta Zamperini è stata tra i fondatori della delegazione Onav Siena della quale tutt’oggi fa parte.
«Ho deciso, seppur con un po’ di timore, di rendermi disponibile a questo passaggio di testimone. Assumo questo incarico per portare avanti insieme al Consiglio gli importanti obiettivi per la crescita della Denominazione, contando sulla continuità dell’ottimo lavoro svolto sino a oggi», sono le prime parole della neo presidente Giulitta Zamperini.
Tra i principali obiettivi illustrati dalla nuova presidente del Consorzio, anche quello della salvaguardia del paesaggio agricolo. Un elemento «che crea valore economico e dove si registrano ogni anno, in media circa 1,4 milioni di presenze turistiche, con un milione di escursionisti».
ORCIA DOC: TUTELA DEL PAESAGGIO AGRICOLO TRA GLI OBIETTIVI
«Siamo stati i primi a coniare il termine “Il vino più bello del mondo” – prosegue Giulitta Zamperini – e occorrerà quindi rafforzare e consolidare il rapporto tra vino, paesaggio ed enoturismo».
Perché essere parte di una Doc che si estende all’interno di un sito Unesco è un onore, quanto un onere, che non può prescindere da un’attenta programmazione delle attività pianificate nel tempo».
Il Consiglio di Amministrazione del Consorzio del Vino Orcia, oltre che dal presidente Giulitta Zamperini e dai vicepresidenti Donatella Cinelli Colombini e Roberto Terzuoli, è composto da Elena Salviucci, Giovanna Santi, Gabriella Giannetti, Antonio Rovito, Pasquale Forte, Luca Mastrojanni, Giuseppe Basta, Angelo Capitoni. Nel ruolo di Segretario del Consorzio di tutela è stato confermato Andrea Giorgi.
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La girandola si ferma, Prowein 2022 può andare in scena. Senza alcun dubbio, quella in programma a Messe Düsseldorfdal 15 al 17 maggio, è già una delle edizioni più discusse della Fiera del Vino e dei Distillati più importante del mondo. Dribblata la polemica con London Wine Fair, il direttore esecutivo Michael Degen si concentra sulle cose di casa.
«Più di 5.500 espositori da oltre di 60 Paesi presenteranno i loro vini, liquori e bevande artigianali a Prowein 2022. Questo – sottolinea – dà alla ProWein un chiaro indirizzo. Nessun’altra manifestazione al mondo offre un line-up così completo. Nemmeno il Covid-19 può più metterci i bastoni tra le ruote».
PROWEIN 2022: FOCUS SU CLIMA E “ZERO ALCOL”
Tredici i padiglioni di Messe Düsseldorf che saranno «segmentati per Paese e regione, in maniera chiara». Le nazioni più rappresentate sono l’Italia (oltre 1.420), la Francia (circa 1.100), la Germania (poco meno di 700), la Spagna (650), il Portogallo (oltre 360), l’Austria (oltre 260). Buona rappresentanza anche per l’Argentina (oltre 120) e la Grecia (oltre 100). Le nazioni espositrici più piccole che occupano 9 metri quadrati ciascuna sono Finlandia, Hong Kong, Lituania, Réunion e Singapore.
Due tendenze dominano attualmente l’industria del vino e degli alcolici: l’influenza del cambiamenti climatici e la diffusione di bevande “zero alcol”, anche a base d’uva da vino. «Negli ultimi anni – evidenzia ancora Michael Degan – molti viticoltori hanno iniziato a investire nell’adattamento delle loro vigne al climate change».
Ciò comporta una diversa “stilistica” del vino. Inoltre, il desiderio di bevande “zero alcol” è sulla bocca di tutti, specialmente nelle giovani generazioni. Approfondimenti su entrambi questi temi saranno forniti dai trend scout della ProWein, Stuart Pigott e Paula Redes Sidore, nell’ambito delle degustazioni Trend Hour di domenica 15 maggio e lunedì 16 maggio».
GASTRONOMIA, OSPITALITÀ ED ENOTURISMO PER LA PRIMA VOLTA A PROWINE
Per la prima volta si celebrerà la “Urban gastronomy” alla ProWein Lounge, spazio orientato alla scena dell’Ospitalità (padiglione 4, stand F 40). Un’offerta su misura per le attività di ristorazione e il loro personale di servizio.
I cinque workshop giornalieri con degustazioni e talk indagheranno i diversi livelli di preparazione del personale di ristorazione, dai principianti ai professionisti. Toni Askitis darà vita ai workshop, «trasformando la grigia teoria – promette – in colorati eventi dal vivo che saranno trasmessi in streaming in tutto il mondo».
Altro canale chiave di Prowein 2022 sarà il turismo del vino, indagato in termini di promozione delle vendite e costruzione dell’immagine delle cantine. Solo in Germania l’enoturismo ha generato un fatturato annuo totale di 29,9 miliardi di euro nel 2019, secondo uno studio condotto dal DWI (Istituto tedesco del vino) e dall’Università di Geisenheim.
Il Caravanning Special Show, altra anteprima di Prowein 2022, nasce appunto dalla collaborazione con il Caravan Salon Düsseldorf, in risposta a un trend in estrema crescita in tutta Europa. «Dal 15 al 17 maggio – spiega Degen – i visitatori potranno scoprire il fascino della “vacanza mobile”, insieme ad una rilevante selezione di veicoli a noleggio e pernottamenti in cantina, in un’area speciale nel padiglione 1 (stand D 80)».
Il Trend Show “Same but different” (Sbd) nel padiglione 7.0, ospiterà invece 120 espositori da 24 Paesi che presentano una vasta gamma di alcolici artigianali, birra artigianale e sidro.
Per quanto diverse siano le aziende espositrici nel loro campo – commenta ancora il direttore di Messe Düsseldorf – tutte condividono lo stesso obiettivo di una lavorazione consapevole, sostenibile e creativa delle materie prime».
A PROWEIN 2022 PROTAGONISTA LO CHAMPAGNE
La “golden entrée” per il segmento francese è la Champagne Lounge nel padiglione 9, con maison note come Ayala, Alexandre Bonnet, Collard Picard, Deutz e Heidsieck, affiancate da numerosi altri brand.
Complessivamente, 120 produttori di Champagne saranno rappresentati alla ProWein 2022. «Il che – evidenzia Michael Degen – riflette molto bene l’evoluzione positiva del mercato, con un aumento del fatturato e delle vendite di oltre il 30% nel 2021 (+36% del fatturato a 5,7 miliardi di euro e + 31% delle vendite, a 320 milioni di bottiglie)».
Spazio anche per il segmento del biologico, con le associazioni internazionali Biodyvin, Bioland, Demeter, Ecovin e Vignerons de Nature affiancate dal Consorzio Vignaioli Del Trentino.
Insieme a questo folto gruppo che fa del “green” una bandiera, altri espositori indipendenti, al padiglione 5. Per lo Special Show “Organic World” si sono iscritti altri 45 viticoltori dall’Europa. Ottima la rappresentanza di Paesi come Italia, Grecia, Francia e Spagna.
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Testimonial d’eccezione per la Sicilia a Beviamoci Sud 2022. Assovini Sicilia ha affidato all’unico Master of Wine italiano, Gabriele Gorelli, la conduzione di due masterclass al Festival sui grandi vini del Sud Italia, in programma il 14 e 15 maggio all’Hotel Villa Pamphili.
Calici alla mano, Gorelli parlerà del “Variegato universo dei bianchi nelle terre dell’Ovest siciliano” e di “Cinque sfumature di rosso nella Sicilia orientale”.
«La Sicilia – commenta Laurent de la Gatinais, presidente di Assovini Sicilia – è portavoce di una realtà vitivinicola importante e unica. Un contenitore di biodiversità, dai diversi terroir ai vitigni autoctoni. L’Isola si contraddistingue sempre di più per la sua offerta ampia, generosa e di qualità. Un mosaico estremamente affascinante e competitivo».
DUE MASTERCLASS SULLA SICILIA A BEVIAMOCI SUD 2022
Dai rossi dell’Est ai bianchi dell’Ovest, Gabriele Gorelli, racconterà la complessità e varietà enoica dell’Isola in due seminari rivolti alla stampa. «Sono particolarmente contento di essere ambasciatore di quella che oggi è probabilmente la regione italiana che ha più possibilità e potenzialità di racconto», commenta il Master of wine.
È così frammentata e, allo stesso tempo, è diventata sempre più contemporanea nei confronti dei mercati e soprattutto dei consumatori più giovani. Avere questa opportunità, per me, è particolarmente significativo».
Le aziende Assovini Sicilia partecipanti saranno Barone di Villagrande, Baglio del Cristo di Campobello, Cantine Nicosia, Donnafugata, Gorghi Tondi, Masseria del Feudo, Rapitalà, Tasca d’Almerita, Tenuta Santo Spirito, Terra Costantino, Tenute Bosco, Torre Mora, Valle dell’Acate, Zisola-Feudo Mazzei.
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Ha preso il via oggi e durerà fino al 14 maggio, a Vila Real, in Portogallo, il 7° Congresso Internazionale sulla Viticoltura di Montagna e a Forte Pendenza. Appuntamento a cui partecipano più di 100 iscritti provenienti da 11 nazioni, con 76 lavori scientifici.
Tra gli organizzatori anche il Cervim, insieme all’Università del Tras-os-Montes e Alto Douro di Vila Real, all’Associazione per lo Sviluppo della Viticoltura del Douro (ADVID), alla Facoltà di Scienze e di Enologia e Viticoltura dell’Università di Porto. Congresso che segue quello del 2018 a La Laguna – Tenerife (Spagna), mentre nel 2020 non si è svolto a causa dell’emergenza pandemia.
Quattro le sessioni in cui gli esperti, docenti e viticoltori eroici si confronteranno. Mantenere la sostenibilità e il paesaggio nei vigneti in forte pendenza; Vigneti di montagna e di forte pendenza: pratiche agronomiche attraverso le nuove tecnologie; Fattori di qualità per i “vini”; I vigneti di montagna e di forte pendenza: persone, storia, economia e cultura).
«Confidiamo che i ricercatori possano fornire elementi tecnico-scientifici non solo per la risoluzione di problematiche connesse alla realizzazione ed alla gestione dei vigneti nei contesti estremi – sottolinea Roberto Gaudio, a Porto in rappresentanza del Cda del Cervim – ma anche elementi distintivi a sostegno delle istanze che verranno presentate sia a livello europeo sia a livello di vari stati per ottenere anche specifici riconoscimenti».
Significativa è la location del Congresso, nella Valle del Douro, una delle regioni vinicole più antiche del mondo e patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco. Si produce il pregiato vino Porto, realizzato esclusivamente con le uve dei vigneti del Douro.
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Consolidare e ad affermare il posizionamento nell’Horeca come denominazione Premium, attraverso vini di qualità sempre più espressivi del territorio, e promuovere l’area come destinazione turistica. Questi gli obiettivi per il futuro del Consorzio di Tutela del Morellino di Scansano Docg.
«La denominazione – spiega il presidente Bernardo Guicciardini Calamai (nella foto) – ha le carte in regola per giocare nei prossimi anni un ruolo da protagonista nel panorama enologico italiano. Nonostante la crisi pandemica, abbiamo registrato una buona performance economica grazie ad un posizionamento strategico nel canale della Gdo».
Questo ci ha permesso di dare seguito ad un percorso di crescita graduale e costante. Oggi stiamo lavorando per rafforzare e consolidare il nostro posizionamento anche nel canale Horeca, in Italia e all’estero, con vini caratterizzati sempre più dalle sfumature peculiari di questo straordinario territorio».
Il Consorzio di Tutela del Morellino di Scansano ha poi firmato un accordo di collaborazione con l’Università di Pisa. Lo studio che sarà condotto dai professori Claudio D’Onofrio, Fabio Mencarelli e dal ricercatore Giovanni Caruso del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali della facoltà di Agraria, si concentrerà sulle caratteristiche pedoclimatiche dell’area e sull’interazione tra il Sangiovese e i contesti produttivi della denominazione.
MORELLINO DI SCANSANO, PRIMA DENOMINAZIONE “EV FRIENDLY”
L’obiettivo, spiega il Consorzio, è quello di tradurlo «in pratiche di viticoltura di precisione, in grado di esaltare sempre di più questo patrimonio di tipicità nella produzione delle uve e farne percepire la loro specifiche sfumature territoriali nelle differenti interpretazioni del Sangiovese di Maremma». Un’iniziativa collaterale al percorso di certificazione di sostenibilità Equalitas.
«Per noi il Morellino è un’eccellenza della Maremma – commenta il direttore Alessio Durazzi – che deve diventare una leva strategica per attrarre l’attenzione sul territorio, come destinazione turistica. L’obiettivo è quello di diventare una delle mete più interessanti e sviluppare economia e benessere in tutti i periodi dell’anno».
Il Morellino di Scansano è stata tra le prime denominazioni a favorire la fruibilità del territorio in maniera sostenibile, grazie al progetto Morellino Green, che l’ha resa tra le prime Docg “EV friendly” in Italia. Presto questa possibilità sarà estesa anche ai possessori di eBike, con l’istallazione di specifiche stazioni di ricarica che accresceranno così le possibilità di esplorare questo territorio incontaminato.
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Francesco Liantonio è stato rieletto presidente del Consorzio di tutela vini Doc Castel del Monte. Lo ha deciso l’assemblea dell’ente pugliese, riunitasi lo scorso 9 maggio. Viticoltori, produttori e imbottigliatori del territorio della “Puglia Sveva”, custodi della Doc Castel del Monte e delle tre Docg Castel del Monte Bombino Nero, Castel del Monte Rosso Riserva e Castel del Monte Nero di Troia Riserva, hanno scelto la via della continuità.
Accanto a Francesco Liantonio, il vicepresidente Sebastiano de Corato. Il nuovo Consiglio di Amministrazione è composto da altri sette membri: Onofrio Spagnoletti Zeuli, Luigi Calvi, Sebastiano Spagnoletti Zeuli, Alessandra Tedone, Luigi Lenoci, Sebastiano Marinelli e Domenico Camerino.
«CASTEL DEL MONTE, DENOMINAZIONE SOSTENIBILE»
«Insieme al vicepresidente e ai membri di questo nuovo Consiglio – commenta Francesco Liantonio – continueremo a portare avanti il progetto di denominazione sostenibile a cui lavoriamo da qualche anno, operando scelte sempre più rispettose nei confronti della nostra terra e di chi la popola».
«Nel prossimo triennio – ha aggiunto il rieletto presidente del Consorzio di tutela vini Doc Castel del Monte – agiremo per garantire alle nostre imprese crescita e maggior sviluppo. Inoltre, daremo il via a numerose attività di promozione e comunicazione, sperando di tornare al più presto a presentare i nostri vini all’interno di eventi e fiere, vetrine nazionali e internazionali che tanto ci sono mancate in questi anni di pandemia».
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«Cocktail, birra, sake e infusioni a freddo con erbe sono nuovi modelli di business». Anche nei ristoranti stellati. A sostenerlo è lo chef Davide Oldani del ristorante D’O di Cornaredo (MI). Lo scorso 9 maggio, durante il talk ideato e promosso da Engine Gin a Milano Mixology Experience, Oldani ha sondato il terreno degli abbinamenti alternativi al classico “cibo-vino”.
A differenza di 15 anni fa – ha evidenziato – il mondo dei cocktail fa ormai parte inclusiva anche del fine dining. Soprattutto nel dopo pandemia, gli ospiti sono sempre più alla ricerca di un un’esperienza relativa non più solo al cibo, al vino o al cocktail».
«La tipologia di cucina moderna che ha preso piede in tutto il mondo – continua lo chef – è quella con più portate e più possibilità di degustazioni. E come abbinamento di un grande menu è naturale pensare al vino, perché è insito nella nostra cultura, ma è altrettanto bello spaziare con altre proposte come i cocktail, la birra, il sake o le infusioni a freddo con erbe».
DAVIDE OLDANI SUL PALCO DELLA MILANO MIXOLOGY EXPERIENCE
«Dalla cucina alla sala, al bar – ha aggiunto Davide Oldani – assistiamo all’introduzione di nuovi elementi che ci portano a intraprendere nuove strade e ad abbracciare nuovi modelli di business».
Dello stesso avviso Paolo Dalla Mora, Ceo di Engine, distilled gin (42% vol.) creato in modo artigianale dai maestri distillatori in piccoli lotti e imbottigliato a mano in un piccolo laboratorio dell’Alta Langa. La sua formula, legata alla cultura italiana e piemontese, rende omaggio alla tradizione dei rosoli e dei cordiali a base di salvia e limone. Tutti ingredienti biologici.
«È importante – ha sottolineato Dalla Mora – che oggi si faccia attenzione a temi come il cambiamento. Noi stessi dobbiamo essere parte di questa cultura e di questo cambiamento. Ci sono azioni da compiere subito, che non consentono dilazioni o ritardi. Con Engine abbiamo avviato un percorso per diventare la prima B Corp del mondo degli spirits in Italia. Un’azienda, cioè, che non mette il profitto al primo posto, ma che ama mettere il benessere dell’ecosistema attorno ad Engine al primo posto».
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Se nella zona del Vesuvio e dei Campi Flegrei il Piedirosso sta guadagnando sempre più spazio nelle scelte (e nel savoir-faire) dei produttori, in Cilento è l’Aglianicone a dominare la scena, tra le varietà outsider.
Merito della crescente attenzione dei consumatori nei confronti dei vini ottenuti da vitigni autoctoni, ma anche del lavoro dell’Associazione Terre dell’Aglianicone, che da anni promuove la varietà. Tra le cantine più attive c’è Tenuta Macellaro, che lo imbottiglia col nome di fantasia “Quercus“, sotto l’egida dell’Igp Colli di Salerno.
«Nell’ambito del Consorzio Vini di Salerno – sottolinea Ciro Macellaro – l’Aglianicone sta riscuotendo un successo incredibile tra i consumatori, che iniziano a conoscerlo e apprezzarlo come già avviene, ormai da qualche anno, all’estero».
È assaggiando l’Aglianicone in verticale che ci si rende conto del percorso compiuto dai vignaioli locali. Al di là dell’annata sfavorevole, la vendemmia 2014 di “Quercus” di Tenuta Macellaro è anni luce più ruvida della 2019, che entrerà in commercio a breve.
TENUTA MACELLARO: PRESTO IN COMMERCIO QUERCUS 2019
Un vino che promette di regalare soddisfazioni, col suo frutto rosso pienamente maturo (lampone, ciliegia, fragola), la suadente spalla acida e la corroborante vena speziata. Sorso morbido (14%) e tannino che riequilibra l’abbondanza di polpa, premiando al massimo primari e varietale.
Un altro passo avanti rispetto alla 2018, stagione molto piovosa in cui Ciro Macellaro è riuscito in un mezzo miracolo enologico. La crescita è ancor più evidente se si effettua il confronto tra “Quercus” 2019 e 2017. Un’annata caldissima, che ha comportato un volume alcolico ingombrante nell’equilibrio complessivo del vino (14,5% in vol., un grado in più della 2018).
Per trovare una vendemmia più regolare bisogna tornare indietro alla 2016, che ha regalato un “Quercus” preciso, soprattutto nella componente fruttata. Abbastanza per mostrare l’ottima agilità di beva garantita dai vini prodotti con l’Aglianicone. Caratteristica che – all’estero – vale il paragone (piuttosto ingombrante) con alcune espressioni di Pinot Nero.
Un confronto difficile da immaginare con la 2015 (14%), caratterizzata da concentrazione del frutto, balsamicità, bouquet di spezie scure e un tannino piuttosto fitto. Due mesi fa è stata invece imbottigliata la vendemmia 2020.
LA PROVA CON L’AGLIANICONE ROSÉ
«È andata benissimo – anticipa Ciro Macellaro – e ci aspettiamo molto. “Quercus” 2020 ha appena iniziato il suo iter di affinamento, che si protrarrà per un totale di 18 mesi». Sulla scia dell’entusiasmo e delle richieste del mercato, lo scorso anno Tenuta Macellaro ha effettuato una prova di Aglianicone rosé.
«Le cose non sono andate come mi aspettavo – rivela il titolare della cantina di Contrada Vespariello, a Postiglione (SA) -. La varietà non sembra essere adatta a fissare il colore, se vinificata in rosa. Il vino, dopo poco tempo, ha infatti virato dal rosé all’aranciato».
Così Ciro Macellaro ha deciso di declassare la massa. «Il rosato è certamente una tipologia sempre più richiesta – commenta – ma l’Aglianicone non è in grado di garantire, almeno secondo la mia esperienza, quelle tinte di rosa che oggi si aspetta il pubblico». Avanti tutta con Quercus, insomma. Prosit.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
«Paghi di più chi inquina di più». Arriva dal workshop odierno “Bioetanolo: la mobilità sostenibile è ora!”, l’appello di AssoDistil. «Le accise gravanti sul bioetanolo – spiega il direttore Sandro Cobror – sono inspiegabilmente equiparate a quelle della benzina, che sono tra le più alte tra tutti i carburanti in commercio.
Auspichiamo in questo senso una revisione delle accise in modo che tengano conto dell’impatto ambientale dei singoli carburanti: paga di più chi inquina di più. In ultimo, come associazione, chiediamo un supporto agli investimenti in impianti per la produzione di bioetanolo avanzato accanto a uno snellimento burocratico che ad oggi rischia di penalizzare troppo il settore».
Il workshop sul binomio bioetanolo-mobilità sostenibile è stato organizzato proprio da AssoDistil, «per sensibilizzare i decisori politici e l’opinione pubblica su questa importante risorsa».
Per l’Associazione Nazionale Industriale Distillatori di Alcoli e Acquaviti, «la strada da percorrere è l’utilizzo del bioetanolo sostenibile, risorsa già disponibile in Italia e che non necessita di nuove infrastrutture».
«Un biocarburante 100% rinnovabile – ricorda ancora AssoDistil – in grado di ridurre le emissioni di almeno il 75% rispetto ai carburanti fossili». Con la RED II ed il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) del 2020, l’Italia ha infatti introdotto un obbligo progressivo di biocarburante miscelato con la benzina, pari allo 0,5% nel 2023 e al 3% nel 2025.
«Dal momento che oggi il bioetanolo è probabilmente l’unico biocarburante miscelabile con la benzina – sottolinea ancora il direttore Sandro Cobror – AssoDistil stima che l’adozione di questa norma possa tradursi in una quota di questo prodotto pari ad almeno 55k tonn/a nel 2023 ed almeno 320k tonn/a nel 2025 e che sostituirà pari quantità di fonti fossili».
COME SI OTTIENE IL BIOETANOLO
Il bioetanolo può essere ottenuto anche da scarti agro-alimentari (bioetanolo avanzato). Ricorda AssoDistil che è «perfettamente compatibile con le attuali motorizzazioni del parco auto circolante e quindi non presenta alcuna necessità di costose infrastrutture , come invece accade per altri vettori energetici».
Il bioetanolo è infatti miscelabile con la benzina senza alcuna necessità di interventi sulle vetture circolanti fino ad almeno il 10%, che è di fatto lo standard utilizzato nei maggiori Paesi dell’Unione Europea.
Inoltre, il bioetanolo viene prodotto in Italia da filiere certificate sostenibili che utilizzano residui agricoli, come ad esempio vinacce, fecce, biomasse no-food dedicate e scarti agroindustriali».
Questo, sempre secondo l’Associazione Nazionale Industriale Distillatori di Alcoli e Acquaviti, «pone le basi anche per una conversione industriale della petrolchimica verso una chimica verde, che in Italia presenta assolute eccellenze essendo stati i primi al mondo a sviluppare una tecnologia per la produzione di bioetanolo a partire da cellulosa».
BIOETANOLO MISCELATO A BENZINA, MA IL MERCATO STENTA A DECOLLARE
Se introducendo un obbligo minimo di miscelazione di bioetanolo con la benzina è stato fatto un passo avanti importante, considerando la leadership tecnologica italiana, tuttavia il mercato del bioetanolo in Italia stenta a decollare.
«Tutta la produzione nazionale – sottolinea AssoDisil – è stata sino ad ora destinata a mercati europei confinanti, come Svizzera e Francia. Con il doppio svantaggio di non utilizzare la quota di energia rinnovabile nel nostro Paese e riducendo il beneficio ambientale del bioetanolo prodotto qui ed esportato a causa delle emissioni legate ai trasporti».
Uno studio europeo condotto dalla European Climate Foundation ha stimato le ricadute ambientali, economiche ed occupazionali dello sviluppo del bioetanolo in Europa. I carburanti convenzionali possono essere sostituiti con biocarburanti avanzati fino al 16% senza impattare su altre filiere esistenti.
DAI BIOCARBURANTI 160 MILA POSTI DI LAVORO
La produzione di biocarburanti avanzati comporterebbe di conseguenza la costruzione di circa 150 impianti per un investimento di oltre 10 miliardi di euro e la creazione di 160 mila posti di lavoro, tra diretti e indiretti, temporanei e permanenti.
Inoltre, l’immissione in consumo di tali biocarburanti avanzati, consentirebbe la riduzione di almeno il 60% delle emissioni. Oltre a creare 300mila nuovi posti di lavoro nel settore agricolo che beneficerebbe di 15 miliardi di euro/anno di reddito integrativo.
Di conseguenza per l’Italia, a fronte di una domanda certa di almeno il 10% di bioetanolo nella benzina entro il 2030 e di una strategia di incentivi pubblici per la realizzazione degli investimenti, si potrebbero prevedere la realizzazione di almeno 15 nuovi impianti.
Con la conseguente mobilizzazione di circa 1,5 miliardi di euro di investimento – calcola sempre AssoDistil – 16 mila nuovi posti di lavoro nell’industria, oltre a 30 mila nella filiera agricola con un’integrazione complessiva al reddito di circa 1,5 miliardi.
Questo senza considerare la possibilità di utilizzare parte degli oltre 3 milioni di ettari di terreni inattivi in Italia per coltivare la materia prima per la produzione di bioetanolo avanzato».
«In momenti terribili come quelli che stiamo vivendo da un paio di mesi a questa parte a seguito del conflitto tra Russia e Ucraina – dichiara il Presidente AssoDistil Antonio Emaldi – il ricorso a fonti energetiche alternative a quelle fossili, come appunto il bioetanolo, appare oltremodo indispensabile per affrancarci il più possibile da importazioni di petrolio e, nel contempo, migliorando l’impatto ambientale».
«DAL BIOETANOLO UN’OPPORTUNITÀ DI CONTENERE I COSTI»
«È sotto gli occhi di tutti – continua Emaldi – che l’aumento dell’inflazione, dei costi energetici, delle materie prime e della logistica stanno mettendo a dura prova la tenuta del sistema Europa, sia a livello sociale che industriale».
Nella speranza che il conflitto non si estenda e termini nel più breve tempo possibile, è comunque nostro dovere pensare che solo con la costruzione di nuova industria e posti di lavoro si potranno mitigare tutte le negatività prima espresse. E il bioetanolo rappresenta per il nostro Paese una opportunità che va certamente colta».
Proprio in occasione del workshop, AssoDistil ha ribadito e chiesto che «l’Italia, allineandosi a quanto già fatto dai maggiori Paesi europei, adotti finalmente una politica di forte sostegno alla produzione ed al consumo di bioetanolo sostenibile e di sviluppo delle sue filiere per garantire il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Unione Europea, sia in termini di uso di fonti rinnovabili nei trasporti, sia di decisa e immediata riduzione delle emissioni di gas clima-alteranti prodotti dal settore dei trasporti».
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