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Benvenuto Brunello 2022: punteggi Brunello 2018, Riserva 2017 e Rosso di Montalcino 2020, 2021

Benvenuto Brunello 2022 punteggi Brunello 2018, Riserva 2017 e Rosso di Montalcino 2020, 2021
Gli assaggi di winemag.it a Benvenuto Brunello 2022, con i punteggi a Brunello di Montalcino 2018, Brunello di Montalcino Riserva 2017 e Rosso di Montalcino della vendemmia 2020 e 2021, raccontano le ultime annate di alcuni dei vini icona del Made in Italy enologico. L’anteprima dell’annata 2018 del Brunello mostra vini di buona prontezza, senza rinunciare alla prospettiva. Un’annata giudicata forse troppo frettolosamente come “minore”, che dovrebbe essere in grado di dare buone soddisfazioni dal punto di vista del medio-lungo affinamento, almeno nella maggior parte degli assaggi.

Annate agli antipodi per caratteristiche come la 2017 e la 2018 – calda e secca la prima, piovosa la seconda – rivelano quanto i produttori di Montalcino abbiano ormai raggiunto un livello qualitativo medio superiore a molte altre regioni vinicole italiane (e internazionali). Giustificando, così, il successo e la tenuta sul mercato delle tre denominazioni toscane, anche in periodi di crisi e di congiunture economiche sfavorevoli.

BENVENUTO BRUNELLO: UN EVENTO INSODDISFACENTE

Ciò che invece è da rivedere, da capo da fondo, è il sistema di accreditamento della stampa all’annuale anteprima denominata “Benvenuto Brunello”, organizzata dal Consorzio di Tutela, presieduto da Fabrizio Bindocci e dal direttore Michele Fontana. A testate libere e indipendenti come winemag.it viene (letteralmente) impedito l’accesso, per lasciare il posto a numerosi “personaggi” e ai loro accompagnatori e accompagnatrici – soliti noti, neppure iscritti all’Ordine dei giornalisti, e il riferimento non è ai cosiddetti (spesso autoproclamatosi) “influencer” o ai blogger – che vengono spacciati per “stampa di settore“.

Quanto sono contenti i produttori di Brunello di questa gestione? A giudicare dai commenti giunti presso la nostra redazione, la formula attuale di Benvenuto Brunello è da rivedere per oltre il 90% delle cantine di Montalcino. C’è una bella differenza, del resto, tra un’anteprima riservata alla stampa di settore e una passerella, tra cui figura qualche giornalista in carne ed ossa.

Tornando al focus principale e scusandoci per una divagazione sul tema per noi più che mai necessaria – divagazione che accomuna, ahinoi, Benvenuto Brunello al sistema di accreditamento delle Anteprime Toscane, altro evento al quale non siamo evidentemente graditi – ecco vini e punteggi di winemag.it ai Brunello di Montalcino 2018, Brunello di Montalcino Riserva 2017 e Rosso di Montalcino della vendemmia 2020 e 2021 ricevuti in redazione.

BRUNELLO DI MONTALCINO 2018: LA DEGUSTAZIONE

 

VINO ANNATA CANTINA % ALCOL
Brunello di Montalcino Docg 2018 Villa I Cipressi 14
Bel granato, naso ampio, caldo, sul frutto rosso croccante e sulle erbe aromatiche, legno molto dosato, elegante speziatura che, con l’ossigenazione, vira sul balsamico. In bocca entra dritto, su note corrispondenti al naso. Tannino piuttosto fitto, in fase di integrazione, come normale. Centro bocca su frutto denso e ritorni di legno, prima di una chiusura asciutta, sapida. Vino che mostra una certa prontezza. 87/100
Brunello di Montalcino Docg “Zebras” 2018 Villa I Cipressi 14
Colore meno intenso del precedente. Naso elegantissimo, su piccoli frutti rossi e netti marcatori floreali (viola su tutti), oltre alla consueta macchia mediterranea. L’ossigenazione lascia spazio a note di cuoio e tabacco, liquirizia. Splendido al palato: la vena salina accoglie in ingresso di bocca e accompagna tutto il sorso. Il tannino è levigato, soffice, elegantissimo e va a braccetto con l’espressione del frutto, succosissimo, pur ancora croccante. 92/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Podere Casisano 14
Granato. Naso prezioso, floreale di viola, leggero accento di caseina sulla leggera speziatura e sulle venature di macchia mediterranea. In bocca premiata la morbidezza e la beva. Chiude asciutto, su ritorni garbati di frutto rosso maturo, stuzzicati da un tannino di buona morbidezza. Componente alcolica in fase di integrazione, respirabile in retro olfattivo.  89/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Bellaria di Bernazzi Gianni 14
Granato intenso, alla vista. Naso che si apre sul selvatico, sempre più integrato con l’ossigenazione. Resta tale la balsamicità e la profondità del naso, su tinte speziate scure che fanno da contraltare al frutto, denso, leggermente pastoso. Vino già piuttosto godibile, anche se il suggerimento è di attendere questo nettare, dal chiaro potenziale. 87/100
Brunello di Montalcino Docg “Assunto” 2018 Bellaria di Bernazzi Gianni 14
Granato intenso. Naso floreale, fruttato intenso, pienamente maturo: nettissima la ciliegia, croccante, succosa. In bocca si conferma un Brunello incentrato sul frutto, sulla sua pienezza. Il tannino, così come l’esuberanza alcolica, devono ancora integrarsi alla perfezione. Meglio attendere il vino: darà soddisfazioni. 89/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Fattoria La Fiorita 15
Granato luminoso. Naso sulla macchia mediterranea, oltre che sul frutto rosso (ciliegia) perfettamente maturo. Nota speziata scura, profonda. Terziari composti, sulla tostatura. In bocca conferma una certa densità, ben controbilanciata dalla vena sapida. Torna sulla ciliegia, così come sull’agrume rosso e sulla spezia per un palato già godibilissimo, che deve assorbire meglio solo l’esuberanza alcolica. Tannino elegante. Vino di sicura prospettiva. 91/100
Brunello di Montalcino Docg “No” 2018 Fattoria La Fiorita 15
Bel granato luminoso. Naso di buona stratificazione. Frutti rossi, floreale di viola, ma anche un ricordo goudron e di tamarindo: note che evidenziano un’inattesa e inaspettata prontezza, evoluzione. In bocca gran bella corrispondenza, con la freschezza che regala una beva sorprendente per la gioventù del nettare. Lungo, sapido, ritorna sul frutto rosso croccante prima della chiusura. Godibilissimo oggi, nel sapiente compromesso tra rusticità e piacevolezza, ma con grande potenziale di affinamento. 93/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 La Gerla di Sergio Rossi 14,5
Bel granato luminoso, alla vista. Gran bella eleganza al naso, spezia scura, macchia mediterranea, tocco di zafferano, frutto croccante. Un naso di gran stratificazione, unico nella batteria. Sorso di gran masticabilità, eleganza, prospettiva. Frutto pieno, polposo, sapidità a fare da spina dorsale, controbilanciando le note dolci, dense, di liquirizia. Tannino soffice, che accompagna il sorso dal centro bocca alla chiusura, asciutta. Beva agilissima, nonostante il vino mostri un potenziale inesauribile. In definitiva, una grandissima prova. 95/100
Brunello di Montalcino Docg “La Pieve” 2018 La Gerla di Sergio Rossi 14,5
Bel naso ampio, di buona stratificazione. Alle note fruttate di ciliegia, arancia rossa, lampone, risponde una bella speziatura. In bocca è teso, elegante, senza rinunciare alla pienezza. Allunga sulla sapidità e gioca su un tannino elegantissimo per garantire, ancora una volta, una beva di prontezza eccezionale. Persistenza da campione. Vino, al contempo, dal grandissimo potenziale di lungo affinamento. Altra prova esemplare.  96/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Ridolfi 14
Granato luminoso. Naso di grande eleganza, sul floreale e sul frutto croccante. Terziari presenti, ma composti. Ancor più marcata la spezia e la vena balsamica, fresca, mentolata. In bocca conferma la grandissima eleganza. In bocca ciliegia, terziari composti. Tannini distesi. Chiusura su frutto pieno e leggera esuberanza alcolica. Vino già molto godibile, ma il consiglio è quello di aspettarlo. 91/100
Brunello di Montalcino Docg 2018 Patrizia Cencioni 14
Granato luminoso. Tanta spezia al naso, ad accompagnare un frutto pienamente maturo. Terziari ben integrati (burro salato, crema). Tannini piuttosto levigati fanno il paio con un’ottima corrispondenza del frutto. Retro olfattivo sul bel gioco tra primari e terziari, col risultato di esaltare la beva. Vino già godibilissimo. 90/100
Brunello di Montalcino Docg “Ofelia” 2018 Patrizia Cencioni 14,5
Granato luminoso. Frutto e macchia mediterranea al naso, premiata così la speziatura, elegantissima. Elegantissimo al palato, giocato in prospettiva pur mostrando già una gran bella beva, con la polpa in grado di riequilibrare in maniera magistrale il tannino, ancora ruggente. Vino che, più di altri, evidenzia la maestria in vigna e in cantina di Patrizia Cencioni. 94/100
BRUNELLO DI MONTALCINO RISERVA 2017: LA DEGUSTAZIONE
VINO ANNATA CANTINA % ALCOL
Brunello di Montalcino Docg Riserva 2017 Ridolfi 14,5
Granato pieno, luminoso. Naso sul frutto, pienamente maturo, succoso. Floreale intenso, di viola. Bella speziatura, elegantissima. Terziari dosatissimi, perfettamente integrati. Al palato una perfetta corrispondenza. Vino di grandissima beva, godibilissima, con ampie prospettive di evoluzione. 95/100
Brunello di Montalcino Docg Riserva “Colombaiolo” 2017 Podere Casisano 14
Granato. Naso elegante, floreale e fruttato: ciliegia, lampone, arancia rossa. Note tostate. L’ossigenazione apre al cuoio, al tabacco dolce, al fumo dolce di pipa. In bocca una perfetta corrispondenza, per una Riserva di Brunello di grande immediatezza e, al contempo, prospettiva. Bel finale asciutto, ottima persistenza. 95/100
Brunello di Montalcino Docg Riserva “123” 2017 Patrizia Cencioni 14,5
Granato mediamente carico. Naso che si apre su un’elegantissima speziatura e sulle aromatiche della macchia mediterranea, che non nascondono comunque il frutto. Al palato una straordinaria prontezza: terziari di cioccolato e cuoio giocano sul frutto rosso (ciliegia) ancora croccante. Lunga persistenza, su tinte balsamiche. 94/100
ROSSO DI MONTALCINO DOCG 2020 E 2021: LA DEGUSTAZIONE
VINO ANNATA CANTINA % ALCOL
Rosso di Montalcino Docg 2020 Fattoria La Fiorita 14
Granato luminoso. Balsamicità e fiore, oltre al frutto e ai richiami alle erbe della macchia mediterranea. In bocca croccante, teso, fresco, lineare. Bel Rosso di Montalcino, tipico e godibile, morbido e gastronomico, con leggera esuberanza alcolica sul resto delle componenti. 89/100
Rosso di Montalcino Docg 2020 Bellaria di Bernazzi Gianni 14
Granato intenso. Speziatura regina all’olfatto, a disegnare un naso profondo, fresco, molto balsamico, quasi denso anche nella componente fruttata. In bocca ben si abbinano la “leggerezza” e la “leggiadria” del frutto, piuttosto concentrato, e i ritorni freschi, mentolati e balsamici anticipati dal naso. Vino piuttosto grasso, pieno, che chiama il piatto e rivela una costruzione enologica che guarda ai mercati internazionali. 88/100
Rosso di Montalcino Docg 2020 Ridolfi 14,5
Color rubino. Naso che abbina profondità di spezia e frutto rosso, unitamente ad eleganti note tostate dolci: ciliegia, fragolina di bosco, lampone, ancora croccanti. In bocca corrispondenza perfetta. Lungo, teso, fresco, leggermente sapido in chiusura: chiama il sorso successivo. Utilizzo del legno magistrale, sottolineato da un retro olfattivo golosissimo. 92/100
Rosso di Montalcino Docg 2021 Podere Casisano 13,5
Rubino. Naso elegante, pieno: frutto maturo, non solo rosso ma anche scuro. Speziatura equilibrata, fresca. In bocca esuberanza alcolica e frutto pienamente maturo disegnano i contorni di un vino incentrato sulla godibilità e sull’immediatezza, pur al cospetto di un tannino e di una componente alcolica futuribile. 90/100
Rosso di Montalcino Docg 2021 La Gerla di Sergio Rossi 14
Granato pieno. Ancora una volta il naso è nel segno della pienezza e della gradevolezza, come in tutti i vini di La Gerla. Lampone, ciliegia. Corrispondenza perfetta naso bocca, croccante, balsamico, speziato, fruttato. Lunghezza da campione per un vino di gran carattere e con potenziale di evoluzione. 93/100

 

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Alta Langa vero fenomeno del metodo classico italiano: 597 ettari entro il 2025


Continua la crescita inarrestabile, ma ragionata, dell’Alta Langa Docg. Nel 2022 le vendite sono quasi raddoppiate. Quello piemontese è il vero fenomeno del metodo classico italiano. Per la precisione, il 2022 si chiude con un +40% sulle vendite rispetto all’anno precedente, che già aveva fatto segnare un +42% rispetto ai valori pre-pandemia. Le cantine socie del Consorzio, con sede ad Asti, salgono a 134 grazie all’ingresso di 18 nuove compagini, tra case produttrici e viticoltori.

La produzione attesa di Alta Langa vendemmia 2022 è di 3 milioni di bottiglie. Un risultato sostanzialmente in linea con quello del 2021, nel quale il leggero calo dovuto alle particolari condizioni climatiche dell’annata è stato mitigato dall’entrata in produzione di nuovi impianti. Il prossimo decennio sarà comunque fondamentale per avere un quadro esaustivo delle reali mire dei produttori di Alta Langa Docg, che annunciano di voler «crescere e affermarsi» ulteriormente. 

Nel 2023 sarà infatti riaperto il bando vigneti che consentirà l’iscrizione di 220 nuovi ettari ad Alta Langa Docg nel prossimo triennio 2023-2025. Il vigneto dell’Alta Langa potrà così passare dagli attuali 377 ettari (175 in provincia di Cuneo, 164 in provincia di Asti e 38 in provincia di Alessandria) ai complessivi 597 ettari. Un provvedimento che viene definito «un forte segnale di fiducia nel futuro della denominazione» da parte del management dell’ente di Tutela, che in passato aveva deciso di bloccare gli impianti.

ALTA LANGA DOCG: CRESCERANNO GLI ETTARI

Nel dicembre 2019, alla luce della situazione di mercato e delle scorte in affinamento presso le cantine delle aziende associate, il Consorzio Alta Langa aveva inviato a Regione Piemonte la proposta di sospensione delle iscrizioni di vigneti della denominazione per il triennio 2020 – 2022. Un’occasione che i produttori non vogliono perdere, invece, a partire dal prossimo anno: la programmazione regionale prevede infatti l’apertura e la chiusura delle iscrizioni ogni tre anni. Nel 2023, sempre in Piemonte, cresceranno anche le superfici destinate alla produzione delle Docg Gavi, Barolo, Barbaresco e Asti.

«La nostra denominazione – commenta la presidente del Consorzio Mariacristina Castelletta – è unica e speciale, fatta da persone ambiziose, agricoltori e produttori di bollicine uniti insieme da una visione lungimirante e da un grande orgoglio piemontese. Abbiamo fatto tanta strada in questi ultimi anni. Solo dieci anni fa i produttori erano 12. Anno dopo anno siamo cresciuti in termini di vendita con percentuali a doppia cifra».

«Ora – conclude Castelletta – inizia una nuova sfida: il prossimo triennio sarà determinante per il futuro. L’apertura sostanziale delle superfici ci proietta, entro 10 anni, in una dimensione doppia rispetto all’attuale. Abbiamo davanti un grande futuro e la possibilità di una crescita importante che affronteremo tutti insieme, coesi, mantenendo la vocazione di qualità che questo vino ha nel suo Dna».

Prima dell’Alta Langa 2022, migliori assaggi: il Metodo classico piemontese è al giro di boa

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Vini in promozione al supermercato per Capodanno 2023: le offerte da non perdere

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Cinque domande a Benedetto Renda sul neonato Consorzio Vino Marsala


L’unico quesito rimasto senza risposta? Quello sul numero di bottiglie totali che le 16 cantine aderenti al neonato Consorzio per la Tutela del Vino Marsala sono in grado di produrre. Per il resto, il presidente Benedetto Renda risponde a tutto tondo alle domande di winemag.it sul futuro di uno dei vini icona dell’Italia nel mondo: il Marsala.
Il nettare siciliano è all’ennesimo bivio, in seguito alla nascita del nuovo organismo di tutela.

Una buona notizia quella arrivata sul finire di novembre 2022, a distanza di (ben) 6 anni dalle dimissioni dell’ex presidente Giuseppe Ingargiola, conseguenti alla decisione di Florio (gruppo Duca di Salaparuta) di uscire dall’allora Consorzio. Un organismo «irrazionalmente monco», come lo definì in un celebre intervento Massimo Bellina, export manager delle Cantine Pellegrino, tra l’altro assessore della seconda giunta Lombardo.

«Un Consorzio – aggiungeva Bellina, sempre nel 2016 – che non aveva e mai avrebbe potuto avere la capacità di proteggere la denominazione Marsala e tanto meno tutelarne l’immagine. Non avrebbe potuto porre rimedio agli innumerevoli errori compiuti dagli stessi produttori, nessuno escluso, che nel passato nemmeno tanto lontano hanno inondato il mondo di “Marsala multigusti”, dolci e stucchevoli che se da un lato incontravano l’interesse di molti dall’altro minavano dalla base le velleità di vino blasonato che il Marsala aveva veramente alle sue origini».

Parole che continuano a risuonare a Marsala, in Sicilia e nell’Italia (del vino) intera, appesa alle labbra di un nuovo entourage, quello guidato per l’appunto dal presidente Benedetto Renda (Cantine Pellegrino) e dai vice Roberto Magnisi (Duca di Salaparuta) e Giuseppe Figlioli (Cantina Sociale Birgi) chiamati a cancellare anni di errori, alternati a stagioni di inspiegabile immobilismo. Un solo squillo, per la verità, tra il 2016 e il 2022: l’appello, nel 2019, del presidente della Strada del Vino Marsala, Salvatore Lombardo, per la rinascita del Consorzio e la “pace” tra i produttori locali.

A sessant’anni dalla fondazione, avvenuta il 27 dicembre 1962, il Consorzio per la Tutela del Vino Marsala ha così la grande occasione di cominciare da capo. La nuova assemblea si è riunita per l’esattezza l’11 novembre 2022, in concomitanza con la chiusura dell’annata agraria 2022. Piena l’adesione delle cantine Pellegrino, Florio (Duca di Salaparuta), Lombardo, Intorcia, Curatolo Arini, Fici, Alagna Giuseppe, Martinez, Vinci, Frazzitta, Birgi, Paolini, Casale, Colomba Bianca, Europa e Petrosino.

Presidente Benedetto Renda, nel futuro del Consorzio Marsala c’è la semplificazione (ovvero riduzione del numero) delle tipologie?

Il Consorzio creerà una commissione tecnica per la semplificazione ed evoluzione del disciplinare e certamente la riduzione del numero di tipologie è una delle ipotesi sul tavolo. Nel tempo le tipologie previste dal disciplinare sono cresciute nel numero, includendo anche varianti che presentano un notevole grado di similarità. Questa stratificazione rende più complesso il racconto del Marsala e, anche per questo, uno dei primi obiettivi della commissione sarà proprio quello di snellire e semplificare.

Quali saranno i cardini della comunicazione del Marsala a livello nazionale e internazionale?

È presto per parlare di comunicazione, che non potrà prescindere da un momento di ascolto a 360° del mercato. Credo però che partiremo da un maggiore impegno nel racconto del territorio, ancora poco valorizzato nello storytelling del Marsala. Obiettivo condiviso da tutti gli attori del Consorzio è parlare dei vini Marsala Doc con un lessico più contemporaneo, agganciando anche fasce di consumatori più giovani.

Si sta pensando a un ruolo per il “vino Perpetuo” all’interno della Doc Marsala o della Doc Sicilia?

Per il momento il focus sarà proiettato sulla Doc Marsala. C’è tanto da lavorare per raggiungere obiettivi qualitativi e ridefinire bene i confini in cui operare per valorizzare la Doc.

Come commenta i prezzi di vendita del Marsala nella Grande distribuzione?

Nella grande distribuzione si concentra il Marsala con minore invecchiamento. Negli anni c’è stata poca attenzione al prezzo di vendita. Il Consorzio intende dare maggiore impulso all’attività di controllo e indirizzo.

L’erga omnes figura tra gli obiettivi dichiarati del nuovo corso. Può entrare nel dettaglio?

Il riconoscimento dell’erga omnes, che riteniamo di poter raggiungere a breve, potrebbe creare un circolo virtuoso tra maggiore rappresentatività e capacità di raccogliere fondi. Sono entrambi elementi importanti affinché il Consorzio possa essere sempre più incisivo nella valorizzazione e promozione del Marsala.

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Salone del vino di Torino 2023: più di 100 eventi dal 4 al 6 marzo


Nasce il nuovo Salone del vino di Torino, interamente dedicato ai vini piemontesi. Dal 4 al 6 marzo 2023, Torino sarà popolata da cantine storiche, giovani vignaioli, Consorzi del vino e associazioni di tutto il Piemonte, uniti per un evento che promette di essere rivolto tanto agli appassionati quanto ai professionisti del vino. Il comunicato stampa che preannuncia l’evento, diramato in giornata, non indica chi siano gli organizzatori. Sul sito web ufficiale del Salone del Vino di Torino viene indicata l’Associazione di Promozione Sociale Klug, già promotrice della Torino Wine Week. Comune e Camera di Commercio hanno dato il loro patrocinio all’evento.

«Inoltre, da martedì 28 febbraio fino alla conclusione del Salone – recita la nota stampa – più di 100 eventi diffusi, per un calendario OFF in cui, oltre ai produttori, diventano protagonisti i grandi ristoranti, le piole e le enoteche, artisti e scrittori, tra masterclass, cene, degustazioni e spettacoli. Una nuova manifestazione rivolta al pubblico e agli addetti professionali che entra nel calendario dei grandi eventi della città».

VINI DEL PIEMONTE: ARRIVA IL SALONE DEL VINO DI TORINO 2023

«La Città di Torino da sempre si contraddistingue per la capacità di accogliere e innovare – dichiarano Mimmo Carretta, Assessore Sport, Grandi eventi, Turismo della Città di Torino e Paolo Chiavarino, Assessore Commercio e Mercati della Città di Torino -. L’idea di portare un nuovo Salone del vino di Torino che ospiti le eccellenze, le sperimentazioni, la storia e il futuro delle nostre terre ha da subito convinto l’amministrazione per la valenza turistica e culturale che la viticultura può regalare ai cittadini e per la ricaduta che può portare sugli operatori del settore. Torino è la città in cui poter degustare tutte le nostre terre».

Patrizio Anisio, direttore del Salone del vino di Torino sottolinea: «Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio meraviglioso, dove, attraverso il vino, le eccellenze, le tradizioni e l’innovazione trovano cura e passione. Il salone del vino di Torino nasce per contribuire a questo racconto. Grazie ai  produttori e alle tante realtà che lavorano per far conoscere la nostra regione e le sue unicità, porteremo in città tutti i sapori delle nostre terre».

Dario Gallina, presidente della Camera di commercio di Torino aggiunge: «La Camera di commercio di Torino da molti anni attraverso il progetto Torino Doc, selezione enologica realizzata insieme al nostro Laboratorio Chimico, sostiene le filiere del vino di qualità. Il Salone del vino di Torino sarà dunque un’occasione importante per proseguire e valorizzare il lavoro portato avanti finora e contribuire alla diffusione delle eccellenze vitivinicole del territorio torinese».

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Fisar, il presidente Luigi Terzago ai saluti: dal 2023 sarà il turno di Roberto Donadini


Tempo di saluti per Luigi Terzago. Il presidente Fisar lascerà il posto a Roberto Donadini, uscito vincitore dalle elezioni 2022 (qui la squadra completa) e pronto ad entrare in carica dal 2023, in seguito alla ratifica del nuovo Consiglio nazionale della Federazione italiana Sommelier, Albergatori e Ristoratori. Di seguito le parole di saluto e congedo espresse da Luigi Terzago ai soci Fisar.

Grazie, Grazie, Grazie! Termino il mio mandato con il sorriso sulle labbra e molta soddisfazione nel cuore! Cari associate/i, siamo giunti ai saluti finali, che annunciano il naturale passaggio di consegne a chi si accinge a “governare” la nostra associazione a cui porgo i miei più sentiti auguri.

Mi sento un po’ come nell’ultimo giorno di scuola, forse perché è più quello che ho imparato da presidente piuttosto che quello che ho dispensato come conoscenza. E, forse con un paragone all’apparenza incoerente ma alquanto intenso e veritiero, posso dirvi che mi rivedo fortemente in questa citazione: «La scuola (in questo caso l’associazione) è imparare ciò che non sapevi nemmeno di non sapere».

Ho pensato spesso alle parole che avrei scritto nel mio ultimo editoriale. E sicuramente mai avrei pensato di arrivarci provato fisicamente e psicologicamente da questi difficili anni di pandemia, che speriamo di far diventare a breve un brutto ricordo. Ero consapevole della estrema difficoltà che mi attendeva nel ruolo che assumevo da presidente. Ho affrontato questi quattro anni con impeto ed impegno, affiancato dal Consiglio nazionale in un tutt’uno che ci ha permesso di portare a compimento gran parte degli impegni presi in occasione del programma proposto nelle scorse elezioni del 2018 e per questo ringrazio tutti sentitamente.

La domanda iniziale era stata: credi nella Fisar ed in un ruolo attivo della nostra associazione? La mia risposta era stata un sì incondizionato, motivo di accettazione di un incarico non ricercato ma del quale ho sentito da subito una grande responsabilità. La successiva, a seguire, se credi nella Fisar e nella sua missione, quali sono le strade più nobili da intraprendere? A questa domanda le risposte non mi risultarono subito chiare: ho puntato su una forte riaffermazione dello stile associativo, della dignità insita nella accettazione di portare il nostro marchio.

Ho lavorato per un miglioramento del clima interno, un ambiente dove tutti i Soci abbiano pari dignità e si sentano sempre a proprio agio, informati, coinvolti, partecipativi, rilassati e ascoltati. Una attenzione sempre maggiore verso la Fisar da parte delle Istituzioni, Associazioni, realtà imprenditoriali e produttive cittadine e territoriali. A 66 anni il percorso della propria vita è già arrivato ai suoi 2/3 e non vi è più necessità di correre dietro alle gratificazioni esterne ma, piuttosto, di vivere intensamente le gioie interiori e penso alla famiglia ed agli amici.

E nell’associazionismo, ricordo, uno dei valori fondanti è l’amicizia fisariana. Sono convinto di lasciare al nuovo presidente e al nuovo consiglio nazionale una Fisar in salute, consapevole della ricchezza umana reciproca tra i Soci e del sempre maggiore senso di responsabilità verso la nostra associazione. Posso dire di terminare il mio mandato con il sorriso sulle labbra e molta soddisfazione nel cuore! Il mio tempo è passato ma sono certo che la nostra associazione continuerà nella sua opera incessante, per Voi, per chi verrà dopo di Voi e per il bene della Fisar. Un abbraccio a tutti e grazie!

Roberto Donadini eletto nuovo presidente Fisar: «Ora formazione ed enoturismo»

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Guerra listini tra Gdo e cantine italiane, Federvini: «No a moratoria prezzi al supermercato»

È guerra dei listini tra Gdo e cantine italiane che operano nella grande distribuzione. Federvini giudica «insostenibile» la richiesta di una moratoria sui prezzi avanzata da diversi gruppi e insegne del retail. A valle della filiera, la grande distribuzione resiste infatti a ogni ritocco di listino. Sino alla proposta di congelare i ritocchi, almeno per i prossimi 4, 6 mesi.

«Considerando che già nel 2022 le aziende del vino hanno assorbito gran parte dei forti aumenti di energia e materia prime – evidenzia Federvini in una nota – continuare così significa perdere marginalità e redditività». Peraltro, ricordano i produttori, «il nuovo anno si aprirà con un nuovo aumento dei prezzi del vetro e i continui aumenti dei costi delle materie prime, a partire dall’energia, rischiano di rabbuiare il 2023, già a rischio recessione». L’aumento stimato per la sola componente vetro (bottiglie) sarà di circa il 20%, in aggiunta al surplus (48%) già riscontrato nel 2022 rispetto all’anno precedente.

«L’intero settore è in profonda sofferenza – evidenzia Federvini – e rifiutare oggi gli adeguamenti dei prezzi, già programmati, significa mettere a rischio la tenuta dell’intera filiera vitivinicola a monte della distribuzione». Un timore che Federvini condivide con Unione Italiana Vini (Uiv). Secondo le due compagini è «necessario avviare un dialogo schietto e fattivo lungo tutta la filiera, perché serve condivisione e la collaborazione di tutti per affrontare la difficile situazione contingente».

GDO, NO AGLI AUMENTI DEI LISTINI: UNIONE ITALIANA VINI AL FIANCO DI FEDERVINI

In questo modo – dichiara Micaela Pallini, presidente di Federvini – siamo tra l’incudine e il martello. Ci chiedono di accettare aumenti anche del 20%-25%, come quello del vetro, che soprattutto oggi ci sembra ingiustificato visto che i prezzi energetici al momento sembrano sotto controllo.

Però vorrebbero che i nostri prezzi finali rimanessero invariati. È evidente che questa combinazione non può assolutamente funzionare e mette a rischio migliaia di piccole e medie aziende, dopo due anni di bassa redditività e costi crescenti».

Per il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi: «La congiuntura che va sempre più delineandosi minaccia da vicino un settore come il nostro. Siamo a cavallo tra un’escalation dei prezzi alla produzione, un minor potere di acquisto da parte dei consumatori, con storici partner, come la grande distribuzione e l’industria del vetro che mostrano rigidità poco costruttive. Sarebbe invece importante potersi concentrare tutti assieme su possibili soluzioni.

Il mondo del vino chiude il 2022 con più ombre che luci e con un 2023 che potrebbe, nel suo scenario negativo fatto di recessione e guerra, oltremodo peggiorare. Secondo l’elaborazione dei dati Istat da parte delle 2 organizzazioni italiane del settore, nel corso del 2022 il mondo del vino ha registrato aumenti dei listini molto contenuti nella grande distribuzione (non oltre il 6,6% di media). Ritocchi che Federvini e Uiv giudicano «largamente sotto gli attuali livelli di inflazione e molto inferiori rispetto a quasi tutti i comparti dell’agroalimentare del Belpaese».

Un deficit, questo, a cui si aggiunge il contestuale decremento del volume della domanda di vino presso la grande distribuzione nei primi 11 mesi dell’anno (-6%). «In una filiera lunga e complessa come quella vitivinicola – concludono le due realtà associative del mondo vitivinicolo – ogni sua parte ha un ruolo ma anche una responsabilità essenziale per il successo del comparto. Fughe solitarie in avanti, condizioni ultimative, richieste improponibili sono, per Federvini e Uiv, tutti elementi che mettono a rischio il tessuto produttivo italiano e la fiducia dei consumatori».

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Approfondimenti Vini al supermercato

Mario Piccini: «Autogrill partner strategico». La Winter Edition in autostrada e al supermercato


«Una scelta vincente, nata dalla consapevolezza di dover crescere nel mercato italiano e dalla preziosa occasione di poter creare un legame continuativo con il pubblico». Così Mario Piccini commenta il rinnovo dell’accordo con Autogrill Spa per la distribuzione dei vini del brand di famiglia. La Winter Edition, in particolare, sarà disponibile anche al supermercato, con la Gdo che si conferma altro canale privilegiato per Piccini 1882.

«Una decisione che si è rivelata una svolta strategica fondamentale – continua il patron della cantina di – che ha portato al brand Piccini una visibilità diffusa e una presenza che in precedenza non avevamo». Mario Piccini, supportato dalle sorelle Martina ed Elisa e dai figli Ginevra, Benedetta e Michelangelo coinvolti in prima persona nelle attività aziendali, ha trovato per la prima volta l’accordo con Autogrill Spa nel 2014.

Autogrill rappresenta per il gruppo vitivinicolo «un canale privilegiato per mantenere un contatto costante e diretto con i consumatori, presidiando i punti vendita di una catena dislocata in modo capillare lungo tutto la penisola, non solo nelle autostrade ma anche in poli fieristici, aeroporti, e stazioni ferroviarie». Oltre 1.200 punti vendita in tutta Italia che rendono Autogrill primo operatore nella ristorazione dedicata al turismo e un partner di primaria importanza per Piccini 1882.

L’assortimento Piccini 1882 presente negli scaffali Autogrill va dal Brunello di Montalcino Piccini al Chianti Classico Riserva fino alla Collezione Oro, cavallo di battaglia dei vini Piccini, che è valso all’azienda il premio di Miglior cantina Gdo d’Italia 2019 per Vinialsuper. Quest’anno, anche il periodo delle feste, sarà occasione di collaborazione tra le due aziende. Il progetto Winter Edition vede il Chianti Docg Orange, uno dei vini simbolo della linea Piccini, in una veste inedita, studiata ad hoc per il Natale 2022.

Fanno parte della Winter Edition sei bottiglie di Chianti Orange Edizione Limitata, le cui etichette riportano disegni a tema natalizio. Il vino in sé è morbido e aromatico, facilmente abbinabile a tutto pasto, conviviale.

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Spumanti italiani, Natale e Capodanno record: si stapperanno 341 milioni di bottiglie


Spumanti per le Feste
? Sì e pure da record: saranno 341 milioni le bottiglie di spumante italiano stappate tra Natale e Capodanno nel mondo. Lo sostiene l’Osservatorio Uiv-Ismea nella sua consueta analisi sui consumi di sparkling per le festività. Nonostante l’inflazione e la preoccupante situazione geopolitica, gli spumanti tricolore si apprestano a tornare protagonisti a tavola in Italia (95 milioni) e all’estero, sempre più testimone della febbre da Italian sparkling con i 3/4 delle vendite totali.

Complessivamente, il 2022 chiuderà con un nuovo record produttivo molto vicino al tetto di un miliardo di bottiglie (970 milioni), per un controvalore di 2,85 miliardi di euro di cui circa 2 miliardi solo di export. A trainare la crescita, la domanda nei mercati chiave di Stati Uniti, Regno Unito e Germania. Ma anche piazze consolidate ed emergenti, come Canada, Svezia, Giappone, Est Europa e Francia, sempre più attratta dalle bollicine italiane (+25% la crescita in volume nel Paese dello Champagne).

PROSECCO LEONE DELLE FESTE, BENE TRENTO DOC E ASTI

Secondo le stime dell’Osservatorio di Unione italiana vini e Ismea, sotto l’albero è il Prosecco (Doc, Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg e Asolo) a giocare la parte del leone, forte di una incidenza sulla produzione che oggi è arrivata al 70% degli spumanti imbottigliati nel Belpaese. Favorevole alle bollicine veneto-friulane anche la propensione all’export che lo rende il prodotto tricolore dell’agroalimentare più commercializzato nel mondo, con un valore complessivo stimato per il 2022 che supera 1,6 miliardi di euro.

Accanto alla corazzata Prosecco, alla crescita in doppia cifra del Trento Doc, ai numeri in incremento dell’Asti e alla conferma del Franciacorta, sono centinaia le produzioni (o micro-produzioni) a testimoniare l’effervescenza della tipologia lungo tutto lo Stivale. Dall’Oltrepò all’Alta Langa, ai Trebbiani al Verdicchio, dai Moscati alle Falanghine ai Grechetti. E ancora: dalle Malvasie al Grillo, dal Nero d’Avola al Negroamaro al Durello e al Monti Lessini, ai Vermentini e molti altri.

CRESCE LA PRODUZIONE DI SPUMANTE IN ITALIA

Produzioni a denominazione di origine nell’83% dei casi (al 6% gli Igt) che quest’anno segneranno, sempre secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv-Ismea, «una crescita più contenuta rispetto alle ultime annate, ma che consolidano il proprio ruolo di traino in favore di tutto il settore in un periodo certamente meno brillante per i vini fermi».

Per il 2022 la crescita produttiva stimata è del 6%, con un aumento dei volumi esportati dell’8% e una variazione minima, ma comunque positiva (+1%), della domanda interna. Nelle festività saranno circa 101 milioni le bottiglie stappate nel Belpaese. Di queste, quasi 6 milioni quelle d’importazione (+3% volume, non mancherà certo lo Champagne) e 95 milioni le bollicine italiane (+1%). Migliore invece il trend di consumo all’estero (+8% i volumi), a circa 246 milioni di bottiglie.

Guida winemag 2023: il Verdicchio 2015 Pas Dosè “Millesimè” di Mirizzi è Spumante dell’anno

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Caviro, fatturato 2022 sopra i 417 milioni di euro


FOTONOTIZIA – Caviro ha approvato questa mattina il bilancio al 31 agosto 2022. Il Gruppo vitivinicolo romagnolo ha chiuso l’esercizio con un fatturato consolidato di oltre 417 milioni di euro, con un incremento del 7,1% sull’esercizio precedente. Un nuovo anno da record con conferma del continuo trend di crescita.

Patrimonio netto a quota 136 milioni di euro (+10,7% sul 2021) e approvazione di un bilancio con utile complessivo di 9,6 milioni di euro. L’anno è contraddistinto dai buoni risultati della società Extra e dalle esportazioni, con ottime performance dei mercati anglosassoni.

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Prosecco Conegliano Valdobbiadene: nel 2022 battuta d’arresto Gdo, ma cresce l’export


Più luci che ombre dal Rapporto economico 2022 del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg. Dopo anni positivi, le vendite hanno subito una battuta d’arresto nel segmento Gdo. Il Consorzio di Tutela guidato da Elvira Bortolomiol confida comunque di poter raggiungere quota «104 milioni di bottiglie nel 2022», come nel 2021. E sottolinea piuttosto come la Docg, raggiunto ormai il limite fisiologico dei quantitativi giudicati “sostenibili” per la Denominazione, stia «crescendo in valore». Spinta soprattutto dall’export.

Il 2022 del Prosecco Superiore Docg di Conegliano Valdobbiadene è stato caratterizzato da una «performance particolarmente positiva delle vendite nella ristorazione» e da una «contrazione di quelle in grande distribuzione». Il Rapporto economico 2022 evidenzia come «dopo anni di crescita costante, le vendite del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg registrino un calo a valore pari al -10,4% e delle unità pari al -16,3% in Gdo».

Nel progressivo gennaio-ottobre 2022, il fatturato negli Ipermercati, Supermercati e Libero Servizio Piccolo supera i 379 milioni di euro, ma cala del 3,7% rispetto allo stesso periodo del 2021. Le bottiglie vendute ammontano nello stesso periodo a 72 milioni. Il prezzo medio a volume al litro è aumentato complessivamente del 3,4%. Ma è a partire da maggio 2022 che si è cominciato ad osservare in distribuzione moderna un aumento di prezzo più consistente per la categoria.

CALO DEGLI SPUMANTI, NE RISENTE ANCHE IL PROSECCO

L’andamento generale degli spumanti in Italia è condizionato dalla flessione dei principali protagonisti quali Prosecco, il classico italiano e lo Charmat dolce. Solo lo Charmat secco (escluso il Prosecco), resta in terreno positivo, sia a valore sia a unità. Un aspetto che giustifica gli investimenti nelle bollicine di numerose cantine italiane, anche in zone vinicole poco legate alla tradizione spumantistica (vedi il recentissimo caso Notte Rossa, in Salento). Tra i vitigni con trend positivi ci sono piuttosto la Ribolla, il Müller Thurgau e, appunto, il segmento “altro secco”.

Il prezzo medio a unità del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg per il formato da 75 cl, nei primi dieci mesi del 2022, si attesta a 6,27 euro, in aumento del 7,5%. Il segmento Doc raggiunge quasi i 5 euro (4,84 è il valore medio dei primi dieci mesi del 2022) con un aumento del prezzo medio pari al 10,4%. Osservando l’andamento mese per mese, il differenziale di prezzo tra Prosecco Doc e Docg si mantiene intorno a 1,50 euro.

In questo contesto, il Discount conferma il «ruolo di sostegno della domanda a volume» della Docg, catalizzando «la maggior parte dello sviluppo degli acquisti». Il canale di convenienza continua però a trasferire un’inflazione di molto superiore rispetto a quella che si registra nelle forme distributive classiche. Ciononostante, il divario di prezzo del basket nei Discount permane ampio rispetto a Ipermercati e Supermercati (circa il -30%).

Sempre secondo il report annuale curato dal prof Eugenio Pomarici del Cirve – Centro Interdipartimentale per la Ricerca in Viticoltura ed Enologia, «le variazioni non ridimensionano il ruolo della grande distribuzione, che continua ad essere un canale di sbocco di grande importanza per il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg». Sarebbero dettate «verosimilmente da un rimbalzo tecnico rispetto al 2021 e della situazione economica».

PROSECCO CONEGLIANO VALDOBBIADENE, «CRESCE L’EXPORT»

I dati già disponibili sulle esportazioni indicherebbero poi «una crescita dell’export della Denominazione nei primi 7 mesi del 2022 di poco inferiore al 10% in volume e di circa il 25% in valore». Cifre che, avverte il Rapporto economico 2022, «fanno presumere un’inversione di tendenza nei mesi successivi, osservandosi a luglio una variazione negativa in volume».

Quel che pare evidente dalla lettura del Rapporto economico 2022 è che il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg sia una denominazione in una fase delicatissima, specie sul fronte del riassetto dei mercati. L’evoluzione dei prezzi dell’uva (incremento medio del 35% rispetto al 2021, da un minimo di 1,80 euro a un massimo di 5,50 per il Catizze), insieme alla stabilità dei prezzi del vino base e ad un aumento dei prezzi sul mercato finale (sotto il 10%), contribuirà a determinare «importanti fenomeni di riallocazione del valore distribuito tra i diversi segmenti della filiera».

La Denominazione appare dunque robusta nel collegamento con il mercato, ma nell’immediato futuro l’impegno dovrà essere concentrato nell’accelerare i processi di creazione di valore lavorando da un lato per contenere i costi e, dall’altro, per migliorare il posizionamento del prodotto sul mercato».

VALORE E SOSTENIBILITÀ: LE CARTE DEL CONSORZIO

Del resto, come avvertiva il prof Pomarici lo scorso anno, in occasione della presentazione del Rapporto economico 2021 della Docg, «non si potrà andare molto oltre ai 106 milioni di bottiglie, perché questo è il limite fisico della produzione del Prosecco Superiore di Conegliano Valdobbiadene Docg. Un vincolo con il quale si deve fare i conti. La crescita della denominazione, dunque, dovrà essere essenzialmente in valore».

«L’analisi del 2022 – afferma la presidente del Consorzio Elvira Bortolomiol testimonia come una comunità di produttori, da sessant’anni impegnata a valorizzare un prodotto di grande finezza e capace di esprimere una varietà di espressioni sensoriali, abbia saputo riorganizzare le proprie attività adeguandole alla “nuova normalità” che si è affermata proprio nel 2021. Crescita del “valore” e “sostenibilità”, sono le due parole chiave per affrontare il futuro».

«Il Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg – aggiunge Diego Tomasi, direttore del Consorzio – è un prodotto maturo che può vantare ed esprimere sul mercato il suo valore grazie all’unicità del suo terroir. Oltre all’autenticità del vitigno, il nostro territorio inizia a esprimere fortemente il proprio potenziale di attrattività turistica. Infatti, nei primi sette mesi del 2022 gli arrivi e le presenze di visitatori nel Conegliano Valdobbiadene si sono attestati in crescita rispettivamente del +61,8% e del +31% in confronto allo stesso periodo del 2021».

IL RUOLO DELLA DIGITALIZZAZIONE

Il 2022 del Conegliano Valdobbiadene appare dunque come «una stagione certamente complicata, che forse vedrà modesti arretramenti rispetto al 2021», come recita lo stesso report annuale. Eppure, nel corso dell’anno, la Denominazione «ha mantenuto una posizione di mercato che, a fine anno, risulterà di maggiore entità rispetto al 2019». Nei primi 10 mesi dell’anno, il livello delle certificazioni risulta essere superiore del 14% rispetto al 2019, anno precedente la pandemia.

«Questo risultato – commenta il prof Eugenio Pomarici – è certamente il frutto di un grande sforzo che la Denominazione ha continuato a fare anche nel 2021 per mantenere e rinnovare le relazioni con il mercato. Ciò è avvenuto attraverso attività di ricerca di nuovi canali di vendita e innovazioni nelle attività di comunicazione e promozione. Le esperienze maturate nel 2021 hanno peraltro indotto molte delle aziende della Denominazione a incrementare nel 2022 la digitalizzazione, lungo i percorsi avviati o accelerati durante la pandemia, con effetti positivi nel campo della comunicazione e dell’organizzazione aziendale.

«Quanto è avvenuto nel 2021 – conclude Pomarici nel Rapporto economico 2022 del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg – ha fatto però anche emergere in molte situazioni i limiti delle risorse digitali aziendali. Questo ha portato più di un terzo delle imprese a programmare per il 2022 il potenziamento generale delle dotazioni hardware e software. E anche un maggiore ricorso alla digitalizzazione per la gestione della gestione della cantina, delle relazioni con i clienti (CRM) e la gestione dei flussi fattori/ prodotti».

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Cantine di Verona conferma presidente Luigi Turco: fatturato 2022 sopra i 65 milioni


Luigi Turco
è stato riconfermato presidente di Cantine di Verona. Eletto per la prima volta nel 2009, rimane a capo del gruppo vitivinicolo veronese nato nel 2021 dalla fusione di Cantina Valpantena, Cantina di Custoza e Cantina Colli Morenici. È di 65.737.000 euro il fatturato consolidato dell’azienda.

Un dato emerso sabato 17 dicembre, in occasione dell’approvazione dell’esercizio di bilancio della cooperativa per l’anno 2021-2022 (chiuso il 31 agosto) che ha accompagnato il rinnovo delle cariche. Il patrimonio netto di Cantine di Verona ammonta a 29.991.442 euro, «confermando una progressiva crescita rispetto agli scorsi esercizi».

Nonostante il conferimento delle uve sia diminuito del 32% e l’aumento incontrollato dei costi riguardanti le spese energetiche e delle materie prime, la cooperativa è riuscita a liquidare i soci circa il 10% in più rispetto al precedente bilancio. Cantine di Verona oggi conta sulla collaborazione di 115 dipendenti, di cui 100 a tempo indeterminato, distribuiti nelle tre sedi di Quinto, Custoza e Ponti sul Mincio e nei nove punti vendita gestiti dalla società. Il fatturato dei negozi è pari a 7.356.000 euro, leggermente superiore rispetto al 2021.

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Francesco Bennati, il 26enne tra i grandi dell’En Primeur di Bordeaux con Qualità Club Selection


A scuola non è mai stato il primo della classe, anzi. Ai libri universitari ha sempre preferito la pratica. Eppure oggi, ad appena 26 anni, Francesco Bennati è tra il pugno di négociant internazionali invitati all’En Primeur di Bordeaux, in qualità di anima e volto giovane e dinamico della distribuzione Qualità Club Selection di Illasi, poco fuori Verona. Una sedia lo attende ogni primavera, al suono della campanella delle nuove annate dei Grand Cru bordolesi. Un circolo di privilegiati a cui è affidato il 25% del valore complessivo dei vini di Bordeaux, costituito da appena il 4% della produzione totale annua (attorno ai 500 milioni di bottiglie). L’eccellenza assoluta.

Pensare che Francesco Bennati, a Bordeaux, ci è finito per la prima volta «in punizione». La Semaine des Primeurs, ovvero la settimana di degustazioni in cui i commercianti accreditati alla Place de Bordeaux assaggiano e valutano i campioni di botte dei migliori châteaux locali – almeno 18 mesi prima che vengano immessi in commercio – era finita da un pezzo. «Lo ho mandato a Bordeaux a vendemmiare», racconta con orgoglio il padre, Carlo Bennati: «La scuola non sembrava fatta per lui e, da buon adolescente ribelle, non aveva alcun interesse a lavorare con me, in azienda».

UNA FAMIGLIA DI PREDESTINATI

Una scelta quanto mai azzeccata. Francesco Bennati si è fatto apprezzare in vigna, tanto da essere invitato a prendere parte alle vinificazioni dello châteaux di Pomerol in cui era stato “spedito” dal padre. La prima chiamata alla prestigiosa En Primeur di Bordeaux è arrivata nel 2019, grazie a un passaparola tra vigneron e négociant che, da un lato, si deve ai meriti del giovane veronese, sin da giovanissimo «col naso nel calice». E, dall’altro, al “buon sangue” di una famiglia che, già col padre Carlo, aveva dato prove di grandi abilità e affidabilità nella commercializzazione dei migliori vini di Bordeaux in Italia.

Le storie di padre e figlio, Carlo e Francesco Bennati, sembrano incrociarsi e abbottonarsi, di anno in anno, con precisione sartoriale. Delineando i contorni di un futuro luminoso in comune. Da predestinati. Carlo Bennati, 63 anni portati con eleganza e leggerezza, ha iniziato la sua carriera in Qualità Club Selection come magazziniere. «Mi pagavo gli studi», spiega da quello che è divenuto negli anni il quartier generale della distribuzione, in Località Campidello, 5. Una bella proprietà che comprende uffici, sala degustazione e shop, oltre a un palazzo d’epoca e l’ampio magazzino. Il tutto circondato dai terreni e dai vigneti, a cavallo tra Soave e Valpolicella.

NEL 2022 ANNIVERSARIO DEI 40 ANNI DI QUALITÀ CLUB SELECTION


Oggi Carlo Bennati è amministratore delegato e socio di minoranza di Qualità Club Selection, realtà che nel 2022 festeggia l’anniversario dei 40 anni dalla fondazione. Al produttore altoatesino Klaus Lentsch la presidenza e il compito di portare avanti il progetto avviato nel 1982 dal produttore di Lambrusco Grasparossa Massimo Gibellini (Tenuta Pederzana), coordinatore commerciale per conto del gruppo di aziende artigiane e agricole riuntesi per la distribuzione di vini e specialità gastronomiche, italiane ed internazionali. La presenza di vignaioli nella governance di QCS, di fatto, uno dei tratti distintivi della distribuzione di Illasi.

Negli anni, la Valpolicella di Qualità Club Selection si è “gemellata” con Bordeaux, zona vinicola ormai “chiavi in mano” per Francesco Bennati. Il Soave ha poi incontrato i bianchi dell’Alto Adige, della Mosella, dell’Alsazia e del Burgenland, oltre allo Champagne, importato regolarmente dagli anni Novanta. La salumeria spagnola ed il pescato del Cantabrico hanno fatto eco ai prosciutti di Parma e alle Trote trentine. Il Riso veronese ha chiamato a Illasi la pasta di Gragnano. «Evitiamo per policy aziendale la Gdo e le vendite online – spiegano padre e figlio – mantenendo tuttavia una particolare attenzione all’evoluzione multicanale, in continuo sviluppo».

IL CATALOGO QUALITÀ CLUB SELECTION

Una settantina le cantine presenti nel catalogo di Qualità Club Selection. Circa trenta le aziende che si occupano di food. Focus enologico molto profondo su Bordeaux, che conta il maggior numero di rappresentanti tra le regioni vinicole straniere: Famiglia Thienpont (Pomerol, Saint Emilion, Cotes De Bordeaux-Francs, Lalande De Pomarol), Famiglia Delon (Mèdoc), Lafite Rotschild (Sauternes). E ancora: Chateau Le Grand Verdus (Bordeaux Superior), Pape Clement (Pessac Léognan), Chateau Pontet Canet (Pauillac), Chateau Figeac (Saint Emilion), La Gaffeliere (Saint Emilion), Chateau Montrose (Saint Estèphe) e Chateau Siran (Margaux).

Una scelta dettata dal fatto che la famiglia Bennati considera «il mercato dei vini di Bordeaux “protetto” da speculazioni che invece stanno investendo la Champagne», comunque rappresentata nel catalogo da Bauget-Jouette (Vallée De La Marne), Gaspard Crepaux (Cotê De Blanc), Lucien Lemaire (Vallée De La Marne), Roger Brun (Vallée De La Marne), Massin (Aube) e Jeeper (Montagne De Reims). Merito di questa «protezione» è proprio «il sistema dell’En Primeur di Bordeaux, che consente l’accesso al top di gamma ai soli négociant, secondo criteri di merito basati su vendite e posizionamento delle etichette nel proprio mercato di riferimento». Terzo gradino del podio per la Borgogna, con Maldant Pouvelot (Chorey Les Beaune) e Domaine Massin (Chablis).

Rappresentate poi Alsazia, Limoux e Provenza per la Francia, oltre a Mosella per la Germania, Weinviertel e Burgenland per l’Austria. Per l’Italia, ben dipinta da nord a sud, parecchio spazio al Veneto. Si spazia dalla Valpolicella de Le Guaite di Noemi agli straordinari Metodo classico di Zamuner, senza dimenticare il Prosecco di Adami (tra i fondatori della distribuzione) e i Soave e Lessini Durello di Sandro De Bruno. Passando per la buona rappresentanza di BaroloLangheRoero (Cravanzola, Ronchi, Alessandro Rivetto e Rocche Costamagna), si tocca Montalcino (con Il Poggiolo). E si arriva, tra gli altri, sino in Sicilia, rappresentata dai Mamertino di Vigna Nica.

ALLA SCOPERTA DELLA SELEZIONE

C’è il rischio di perdere la bussola tra le “chicche” del catalogo Wine & Food di Qualità Club Selection, accomunate dal fil rouge dell’eccellente rapporto qualità prezzo. Ecco allora alcune dritte tra vini e specialità gastronomiche italiane ed internazionali, degustate a Illasi in compagnia di Carlo e Francesco Bennati. Tra i vini da non perdere, il Trento Doc Brut Nature di Cenci, cantina fondata nel 2018 dai coniugi Valentino e Silvia Cenci, nella Bassa Valsugana. Gran equilibrio e prospettiva per il Lessini Durello Doc Dosaggio Zero 36 mesi di Sandro De Bruno. Emozione pura lo Champagne Brut Grand Cru Aÿ 2014Cuvée Des Sires” di Roger Brun (70% Pinot Noir, 30% Chardonnay), muscolare e assieme cremoso, dotato di grandissimo nerbo e al contempo eleganza, nel segno del Pinot Nero di Aÿ.

Warning: Not to drink in actress’s boots” e “Best before: your funerals“, recita la provocatoria (ma realistica) retro etichetta che, così come il vino, rappresenta alla perfezione la personalità del produttore, fanatico di rugby. Una passione palesata dall’utilizzo di una palla “ovale” per il merchandising della Roger Brun. Tra i modelli di questa etichetta, niente di meno che la “Grande Année” di Bollinger (alla circa la metà del prezzo, ma non ditelo troppo in giro).

Grande responsabilità quella di Klaus Lentsch, dal 2013 presidente di Qualità Club Selection. Le sue etichette riflettono appieno la mission della distribuzione, oltre ad essere specchi fedeli del territorio altoatesino, tra Valle Isarco, Oltradige e Bassa Atesina. Weissberg” è il vino nato da un’intuizione: quella di vinificare a parte una parcella della propria vigna di Pinot Bianco, ai piedi delle montagne della Mendola, con piante di 45 anni di età media. Ecco dunque un Pinot Blanc di estrema eleganza e dal carattere forte, ammorbidito dal tonneau di secondo passaggio. Sorso cremoso in ingresso, assoluta tensione e tocco salino in chiusura: vino già godibile, con ottimo potenziale di lungo affinamento. Guarda alla Borgogna, o meglio a Volnay, il Sudtirol Blauburgunder Doc Pinot NeroBachgart“, vero e proprio capolavoro di Klaus Lentsch.

Tornando ai bianchi, vista la straordinaria forma del Cotes De Bordeaux-Francs 2008 di Chateau les Charmes Godard, il consiglio è di fare scorta (a cartoni) del millesimo 2018, oggi in commercio (63% Sémillon, 21% Sauvignon Blanc, 16% Sauvignon Gris). Qualità Club Selection non cade neppure sul capitolo Riesling. Due i vini degustati, entrambi specchi fedeli del rispettivo terroir: Bender per la Mosella (Germania), con “Zenit Paulessen” 2018; Spannagel per l’Alsazia (Francia) con Wineck-Schlossberg Alsace Grand Cru 2016. Entrambi giovanissimi, con il secondo (il più “anziano”) che sembra tuttavia avere una marcia in più.

Molto giovane ma di grandissima prospettiva anche il Barbaresco Docg 2018 dell’Azienda agricola Ronchi di Giancarlo Rocca. Straordinario il “coniglio” estratto dal cappello da Francesco Bennati: il Margaux Grand Cru Classé di Château Malescot Saint-Exupéry 1978 (49% Cabernet Sauvignon, 38% Merlot, 8% Cabernet Franc e 5% Petit Verdot) chiarisce il senso delle En Primeur di Bordeaux. Frutti rossi avvolti in un’elegantissima speziatura dominano un sorso che sembra non voler cedere affatto alla morsa del tempo e dei terziari. Accenni leggerissimi di sottobosco (fungo) tradiscono solo in parte, dopo diversi minuti di ossigenazione, l’età di un nettare che pare immortale, anche nel colore.

SPAZIO ANCHE ALLE ECCELLENZE DEL FOOD

Verso la chiusura del sipario, niente di meglio del Sauternes  2010 Les Carmes De Rieussec di Château Rieussec, con le sue note iodiche e di zafferano a fare il paio con il foie gras di Ambassade Du Terroir, azienda situata fra il Perigord e il Quercy. Per la texture del Turron de Jijona, torrone tipico della zona di Alicante, in Spagna, tanto morbido quanto saporito, risulta invece perfetto il pairing con un distillato. Carlo Bennati fa letteralmente centro con il Dol Gin della Distilleria Zu Plun, il Gin delle Dolomiti firmato dal mastro distillatore Florian Rabanser, a Castelrotto (BZ).

Foie gras e torrone di Alicante sono solo due delle “chicche” del Food presenti nel catalogo di Qualità Club Selection. Continuando ad addentrarsi nel territorio dei dolci, da segnalare anche la maniacale cura del cioccolato Bonnat: una lunga storia d’amore, iniziata nel 1884 con il fondatore Felix Bonnat, oggi rappresentata dallo “scienziato del cioccolato” Stéphane Bonnat.

Procedendo a ritroso, ottima la selezione di salumi con l’accoppiata Salame di Felino Igp e Coppa della Bassa di Salumi Di Parma, impreziosita dalla Cecina De León Igp (fesa di manzo) di Specialità Spagnole. Variegata anche la disponibilità di pesce pregiato. All’italianissima trota salmonata affumicata e al salmerino marinato in bocconcini del brand trentino “Trota Oro” (Famiglia Leonardi), risponde dall’Alaska il carico da novanta del Salmone Selvaggio Sockeye affumicato de I Salmoni Di Valentino (Valentino Ramelli).

Completando il viaggio a ritroso nella Dispensa di Qualità Club Selection, ecco il Riso Nero Aromatico di Pila Vecia (Isola Della Scala, Verona), il più antico impianto di pilatura del riso funzionante in Italia. Perfetta per la preparazione degli antipasti la Maionese Veg con Paccasassi dell’azienda marchigiana Rinci, matrimonio perfetto con le Acciughe Del Mar Cantabrico di Costera, importate dalla distribuzione di Illasi sin dagli anni Novanta, quando non erano ancora “di moda”.

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Gruppo Mezzacorona, record fatturato 2022 a 213,4 milioni di euro


Gruppo Mezzacorona
saluta l’anno con il nuovo record del fatturato a 213,4 milioni di euro. Il dato è emerso oggi, in occasione della 118ª Assemblea generale. Sono 66,8 i milioni di euro liquidati ai soci. Numeri che convincono il presidente Luca Rigotti e il direttore generale Francesco Giovannini a parlare di «risultati eccellenti, pur in un contesto generale complicato da numerosi fattori, che hanno messo in seria difficoltà tutta l’economia e quindi anche il settore vitivinicolo».

Il bilancio evidenzia «la forza del Gruppo sia dal punto di vista economico che finanziario». Per il settimo anno consecutivo, Mezzacorona ha poi ottenuto la Certificazione della produzione dei soci secondo il Sistema di Qualità Nazionale per la Produzione Integrata (SQNPI) e la Certificazione dei vini, «a conferma dei grandi risultati sulla strada della sostenibilità». Mezzacorona è stata tra le prime aziende in Trentino negli anni Settanta a puntare sulle Doc e, dagli anni Novanta, a sperimentare con successo le pratiche più avanzate per la produzione integrata.

Il fatturato raggiunge un nuovo record storico. I 213,4 milioni di euro costituiscono un +8,60% sui 196,5 milioni di euro del 2021. Il patrimonio netto del Gruppo è pari a 104,6 milioni di euro, con un utile netto di 1.512.050 euro in ulteriore rafforzamento rispetto ai 104.221.759 euro dello scorso anno. Il valore del conferimento si è attestato sui 66.764.133 euro, «nonostante un’annata produttiva 2021 davvero inclemente a causa dei gravi eventi climatici che hanno condizionato la stagione come il freddo primaverile e le grandinate estive», fa notare il mangement.

MEZZACORONA, BENE LE RESE E L’EXPORT

Le rese per ettaro hanno superato i 18 mila euro di media, in linea con l’anno precedente anche se in presenza del netto calo di produzione. I collaboratori, alla chiusura del bilancio al 31 luglio 2022, sono risultati 491. A spingere il fatturato è anche l’export, che si assesta oltre l’80% delle vendite in 69 Paesi del mondo.

Forte la presenza negli Stati Uniti, il mercato più importante e strategico per il Gruppo, dove Mazzacorona opera da più di trent’anni con la controllata Prestige Wine Imports Corp. In Germania il compito spetta alla controllata Bavaria Wein Import GmbH. Sempre in vetta, tra i mercati chiave, figurano poi Olanda, Austria e Svizzera, Scandinavia, Regno Unito, Canada, Belgio, Europa dell’Est, Estremo Oriente (Giappone, Corea del Sud, Cina). Ma anche mercati nuovi come Australia, Israele, Sud America, Caraibi e Vietnam.

Numerose le iniziative commerciali attuate nel corso dell’anno in tutto il mondo, così come i nuovi prodotti lanciati insieme al restyling di etichette e materiali, «per rendere ancora più interessante per i consumatori l’incontro con i vini Mezzacorona».

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Vini in promozione al supermercato a Natale 2022: la lista della spesa di Vinialsuper

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Gli Editoriali news news ed eventi

Così il Consorzio Vitires farà la storia dei vitigni resistenti Piwi italiani


EDITORIALE – Vitires è il nome del «programma di miglioramento genetico» per la costituzione di «nuove varietà emiliano-romagnole resistenti ai patogeni fungini». Un progetto sui vitigni resistenti Piwi italiani che vede l’impegno comune di Cantine Riunite & Civ, Cantina Sociale di San Martino in Rio, Caviro, Terre Cevico e del Centro di ricerche Ri.Nova, riunitesi nell’omonimo Consorzio Vitires.

Un’unione che rappresenta il 70% delle uve prodotte in Emilia-Romagna, l’11% a livello nazionale secondo i dati vendemmiali 2022. Oscilla tra i 2 e i 3 ettari vitati la porzione di terreno impiantata con le nuove varietà, in questa prima fase sperimentale. La portata del progetto è storica e si muove nel solco delle indicazioni dettate più volte dal professor Attilio Scienza – a capo del Comitato nazionale Vini Dop e Igp – per lo sviluppo di Piwi (acronimo di PilzWiderstandsfähige) da varietà italiane.

Tra i punti deboli delle prime sperimentazioni operate su suolo italiano con i vitigni resistenti alle malattie fungine, c’è infatti il ricorso a varietà non solo sostanzialmente sconosciute, ma ottenute da incroci di vitigni non autoctoni italiani. Sauvignon Blanc, Riesling, Cabernet Sauvignon, St. Laurent sono solo alcune delle varietà di vite utilizzate per i crossing diffusi anche nel Bel paese e sviluppati principalmente in Germania, dall’Istituto vinicolo di Friburgo.

VITIRES E LE PRIME VARIETÀ PIWI DA VITIGNI ITALIANI

Vitires mira a cambiare le regole del gioco, in maniera drastica per l’Italia. Le nuove varietà resistenti ai patogeni fungini su cui sta lavorando il Centro di ricerche Ri.Nova saranno frutto di sperimentazioni su 16 varietà, tutte presenti sul territorio emiliano-romagnolo. Si tratta di Trebbiano Romagnolo, Sangiovese, Albana, Grechetto gentile, Lambrusco Sorbara, Lambrusco Grasparossa, Ancellotta, Lambrusco Salamino. E ancora: Bombino Bianco / Mostosa (noto anche come Pagadebit), Terrano / Cagnina (noto anche come Refosco d’Istria / Terrano del Carso), Famoso, Trebbiano Modenese, Lambrusco Maestri, Lambrusco Oliva, Malvasia di Candia Aromatica e Lambrusco Marani.

Piwi: nasce VITIRES, Consorzio per lo sviluppo dei vitigni resistenti dell’Emilia-Romagna

CRESCE LA DOMANDA DI PIWI DEI PRODUTTORI

«Negli ultimi anni – spiega a winemag.it Ri.Nova – il crescente interesse dei produttori emiliano-romagnoli soci del nostro centro di ricerca si è mosso verso un approccio sempre più sostenibile, in tutte le sue declinazioni. Ciò ha portato a investire, con un notevole impegno economico, in numerose attività di ricerca volte a ridurre l’impatto della viticoltura sull’ambiente. Garantendo, al contempo, un’adeguata redditività ai produttori».

Sono al momento attivi a livello regionale, con baricentro nei terreni del Polo di Tebano (centro d’innovazione, formazione e valorizzazione in agricoltura che si trova a Faenza, ndr), importanti progetti di ricerca che riguardano tematiche di interesse strategico per il sistema produttivo regionale.

Tra tutti le attività di miglioramento genetico, il programma VITIRES, volto all’ottenimento di vitigni resistenti partendo da 16 vitigni della tradizione regionale, destinato ad orientare le scelte della vitivinicoltura regionale dei prossimi anni».

VITIRES, IL PLAUSO DEL PROF ATTILIO SCIENZA

I primi incroci sono stati realizzati nel 2017. A partire dal 2021 sono stati impiantati 514 genotipi diversi (circa 6 mila piante) che, già da quest’anno (2022), sono stati oggetto di valutazioni sia dal punto di vista agronomico, sia sul fronte enologico.

Obiettivo? Ottenere, appunto, le prime varietà resistenti Piwi ad uso dei produttori regionali, dal 2026. A partire dal 2025 saranno impiantati almeno 600 genotipi diversi (circa 7 mila piante) che, dopo ulteriori analisi agronomiche ed enologiche, daranno vita a nuove varietà resistenti da mettere a disposizione dei produttori nel 2030.

Nel frattempo, il futuro dei Piwi – italiani e non solo – passa dal loro inserimento nei disciplinari di produzione dei vini Igt e Dop. Una possibilità già avallata dall’Ue, responsabilità nazionale dei Consorzi di tutela e dei loro soci. Richieste che il Comitato nazionale presieduto dal prof Attilio Scienza sembra non vedere l’ora di ricevere.

«La notizia della nascita del Consorzio Vitires – commenta a winemag.it il prof Scienza – è davvero buona. Spero che sia da esempio ad altre Regioni recalcitranti, che rappresenti uno stimolo a creare altri vitigni resistenti a partire dai vitigni autoctoni italiani. E che si possa superare in Italia, unico Paese della Ce, il divieto del loro utilizzo per la produzione dei vini Doc».

Moio e Scienza: «Futuro Piwi nelle Dop Ue passa da ricerca, terroir ed enologia leggera»

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Veronafiere, obiettivo «snellire la gestione»: ampliate le deleghe di Maurizio Danese


L’Assemblea dei Soci di Veronafiere riunitasi oggi ha dato il via libera al nuovo assetto della governance della Spa di Viale del Lavoro. Il Consiglio di amministrazione ha deciso di ampliare le deleghe di Maurizio Danese, rinunciando alla nomina di un nuovo direttore generale, ruolo ricoperto dal 2001 da Giovanni Mantovani.

Nominato all’unanimità amministratore delegato nel giugno scorso dal Cda, già ai vertici della Fiera dal 2015 a maggio 2022 e attualmente anche presidente di Aefi, l’Associazione di riferimento dell’industria fieristica italiana, Danese ricoprirà in sostanza anche il ruolo di general manager.

Nel corso dell’assemblea ai Soci sono stati illustrati anche il piano di razionalizzazione delle società del gruppo. L’obiettivo, come spiega Veronafiere in una nota, è «snellire la gestione, renderla più efficiente accorciando la linea decisionale garantendo al contempo un efficientamento dei costi».

Le novità riguardano anche l’assetto organizzativo interno, che prevede l’ingresso di due nuove figure dirigenziali. «Opereranno in stretto contatto con l’amministratore delegato – spiega la Spa di Viale del Lavoro presieduta da Federico Bricolo – una delle quali proveniente da una società interamente di proprietà del Gruppo e che sarà assorbita da Veronafiere nel corso del 2023».

Così la compagine societaria Veronafiere SpA: Comune di Verona (39,483%), Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona (24,078%), Camera di Commercio di Verona (12,985%), Cattolica Assicurazioni (7,075%), Banco BPM Spa (7,009%), Agenzia Veneta per l’Innovazione nel Settore Primario (5,379%), Provincia di Verona (1,401%), Intesa Sanpaolo Spa (1,354%), Banca Veronese Cooperativo di Concamarise (0,883%), Immobiliare Magazzini Srl (0,188%) e Regione Veneto (0,161%).

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Piwi: nasce VITIRES, Consorzio per lo sviluppo dei vitigni resistenti dell’Emilia-Romagna


Cantine Riunite & Civ
, Cantina Sociale di San Martino in Rio, Caviro, Terre Cevico, ed il Centro di ricerche Ri.Nova hanno costituito il Consorzio VITIRES. Lo scopo è di dare vita ad un percorso innovativo di sperimentazione e ricerca che porti alla creazione di Vitigni Resistenti Emiliano-Romagnoli, i cosiddetti Piwi.

Il Consiglio d’Amministrazione, che vede rappresentati tutti i soci fondatori, è composto da Claudio Biondi per Cantine Riunite & Civ, Alessandro Gallo per Cantina Sociale di San Martino in Rio, Stefano Lazzarini per Centro di Ricerche Ri.Nova, Marco Nannetti per Terre Cevico e Alessandro Patuelli per Caviro. Il nuovo consiglio di amministrazione appena insediato, ha dato corso alla nomina del presidente del Consorzio Marco Nannetti e del Vicepresidente Alessandro Gallo.

L’unione in forma consortile rappresenta il 70% delle uve prodotte in Emilia-Romagna e l’11% a livello nazionale (dati vendemmiali 2022). Nasce dalle esperienze già maturate dai soggetti partecipanti nell’ambito dei programmi di miglioramento genetico delle varietà di vitigni locali Emiliano-Romagnoli, programmi che hanno coinvolto anche la Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige.

Per tale scopo, al fine di dare concretezza ai risultati delle ricerche che si andranno ad ottenere, le cooperative hanno costituito un unico soggetto, VITIRES, a cui affidare la gestione delle nuove varietà dei Vitigni di origine autoctona o locale resistenti alle malattie fungine, tramite l’integrazione ed il coordinamento della filiera nonché la promozione, tutela e valorizzazione dei vini e delle uve, agendo come fulcro di tutte le azioni rivolte ad enti, istituzioni e mercati, sul tema di nuovi vitigni resistenti e sostenibili Piwi.

VITIGNI RESISTENTI PIWI IN EMILIA ROMAGNA: NASCE VITIRES

Scopo primario della neonata società è quello di coordinare ed ampliare programmi di ricerca e sperimentazione, in sinergia con centri di ricerca pubblici e privati, riguardanti lo studio, la selezione, il miglioramento genetico e varietale di vitigni locali ed autoctoni dell’Emilia-Romagna, al fine di ottenerne cloni e fenotipi resistenti alle malattie fungine ed adatti alle tecniche di coltivazione nel territorio Emiliano-Romagnolo.

Sono 16 i vitigni regionali ad oggi oggetto di ricerca, oltre 700 gli incroci già eseguiti, le cui prime selezioni sono già in corso di valutazione per saggiarne le caratteristiche di resistenza ai patogeni (in particolare oidio e peronospora), l’adattabilità ai nostri ambienti di coltivazione anche in relazione ai cambiamenti climatici in atto, nonché per valutarne le potenzialità enologiche in confronto alle varietà tradizionali di riferimento.

VITIRES non intende limitarsi alle sole attività di sperimentazione varietale in campo, ma anche avviare alla coltivazione i Vitigni Resistenti ottenuti; curare quindi le fasi di moltiplicazione e diffusione delle varietà in accordo con i vivai selezionati, definire programmi pluriennali comuni di coltivazione e fornire assistenza tecnica, agronomica ed enologica in tutte le fasi della “Filiera dei Vitigni Resistenti”, promuovendo tecniche rispettose per l’ambiente e per la salute.

VITIRES, TRA RICERCA E PROMOZIONE DEI VITIGNI RESISTENTI

L’impegno del consorzio verso le nuove varietà di Vitigni Resistenti, sarà inoltre rivolto alla loro regolamentazione, anche tramite la gestione delle procedure per l’iscrizione al Registro Nazionale e Regionale delle Varietà di Vite, la messa a punto di disciplinari di coltivazione, la produzione e trasformazione delle uve, nonché la tutela dei produttori tramite licenze, marchi d’impresa e attività di vigilanza e verifica contro pratiche commerciali sleali, affinché l’accesso alle selezioni varietali di Vitigni Resistenti Piwi possa rappresentare un vantaggio competitivo per i produttori che – attraverso le proprie aziende cooperative aderenti a VITIRES – ne hanno avviato e finanziato le attività di miglioramento genetico.

Infine, compito di VITIRES sarà quello di promuovere strategie di marketing integrate per la valorizzazione nazionale ed internazionale delle uve e dei vini derivati, attraverso la diffusione di marchi collettivi e le attività di comunicazione, organizzazione e partecipazione ad eventi, percorsi culturali, enoturistici ed enogastronomici, il tutto allo scopo di presentare a livello nazionale ed internazionale i prodotti ottenuti dalle varietà resistenti dell’Emilia-Romagna che saranno il risultato del percorso di studio, sperimentazione e creazione posto in essere dal consorzio VITIRES.

«Il consorzio VITIRES – dichiara il neopresidente Marco Nannetti , numero uno di Terre Cevico – intende dare una voce unica e partecipativa volta allo sviluppo dei Vitigni Resistenti tipici dell’Emilia-Romagna. Ad unire le nostre strutture, che complessivamente producono più del 70% delle uve conferite nella regione (11% a livello nazionale), è stato il senso di responsabilità sia verso gli operatori della filiera, sia verso i consumatori, supportando i viticultori nel raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità previsti dalle politiche europee della Farm to Fork».

L’EDITORIALE: Così il Consorzio Vitires farà la storia dei vitigni resistenti Piwi italiani

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Be Spirits protagonista a Wine Paris 2023: orari dedicati per padiglione superalcolici


Il prossimo salone Wine Paris & Vinexpo Paris 2023, in programma dal 13 al 15 febbraio a Paris Expo Porte de Versailles, dedicherà un intero padiglione al settore dei superalcolici  delle bevande artigianali con un programma che promette di essere più vivace che mai. Be Spirits avrà un padiglione tutto suo per dare spazio agli alcolici di ogni provenienza, dalle distillerie artigianali ai marchi di famiglia, e fare luce sulle tendenze del settore per i professionisti.

Il nuovo format è accompagnato da un cambio di ritmo che nasce dalla volontà di soddisfare le esigenze della comunità attraverso orari di apertura specifici, dalle 10.00 alle 20.00. Una nuova area, denominata Padiglione dell’Artigianato, sarà riservata alle nuove generazioni, con giovani produttori di alcolici, Ready to drink (RTD), bevande analcoliche, sidri e birre, che potranno così promuovere i loro prodotti in un contesto internazionale d’eccezione.

BE SPIRITS, UN EVENTO NELL’EVENTO A WINE PARIS 2023

Nel 2023 gli alcolici, le bevande artigianali e quelle senza alcol stanno diventando ancora più importanti, con il 20% di spazio in più rispetto all’evento del 2022 e il 44% di nuovi espositori. Oltre ai numerosi espositori francesi, la partecipazione internazionale a Wine Paris 2023 sarà molto forte con il ritorno di Belgio, Canada, Stati Uniti, Islanda, Italia, Giappone, Romania, Regno Unito e Svizzera. A questi si affiancheranno Uzbekistan, Repubblica Ceca e Vietnam, nuovi arrivati nel 2023.

Saranno rappresentate 27 categorie di alcolici: Bevande a base di anice, Armagnac, Cachaça, Calvados, Cognac, Liquori alla crema, Brandy, Gin, Mezcal, RTD, Rum, Infusi di Rum, Sake, Analcolici, Tequila, Tonico, Vermouth, Vodka e Whisky. Nuove bevande alcoliche entreranno nell’assortimento di Be Spirits, in occasione di Wine Paris 2023: assenzio, liquori, bitter, Pisco (la bevanda nazionale del Perù), tè duro e Shochu (lo spirito giapponese), oltre a sidri e birre.

Al debutto nel padiglione Be Spirits ci sono anche le bevande analcoliche, che saranno disponibili in una gamma di stili che va dai semi-spumanti, ai liquori e alle birre, fino ai mixer e alle toniche, ampliando la scelta dell’offerta in risposta alla domanda del mercato.


WINE PARIS 2023

Date: 13-15 febbraio 2023

Dove: Paris Expo Porte de Versailles

Orari di apertura Wine Paris & Vinexpo Paris

Lunedì 13 febbraio | 9.00 – 19.00
(Be Spirits: 10.00 – 20.00)
Martedì 14 febbraio | 9.00 – 19.00
(Be Spirits: 10.00-20.00)
Mercoledì 15 febbraio | 9.00 – 17.00
(Be Spirits: 10.00 – 17.00)

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Annata 2022 Icewine tedeschi: anche i Piwi tra le (poche) uve dei vini di ghiaccio

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Annata 2022 degli icewine tedeschi in chiaroscuro. La novità rappresentata dall’utilizzo sempre più cospicuo di varietà Piwi come Souvignier Gris, Cabernet Blanc e (per la prima volta) Johanniter, fa i conti con la sostanziale crisi della produzione, in diverse regioni vinicole della Germania. Toccherà alle varietà resistenti alle malattie fungine invertire questo trend, in futuro? Nel frattempo, emerge tra luci e ombre il quadro generale dei vini di ghiaccio tedeschi.

AHR

Tra chi sta portando a termine la vendemmia 2022, non mancano le buone notizie. La scorsa notte, a -8 gradi, il team guidato dall’enologo Peter Kriechel, titolare dell’omonima cantina di Walporzheimer, nell’Ahr, ha raccolto l’uva ghiacciata nel vigneto di Bachemer Wingert. «La sensazione è fantastica – commenta il vulcanico Kriechel -. Finalmente, quest’anno, dopo più di 20 anni, abbiamo avuto le condizioni per raccogliere l’uva per il nostro icewine. Siamo molto contenti».

FRANKEN/FRANCONIA

Scendono a -11 i gradi in Franconia. Christian Reiss , dalla sua Würzburg, spera di ottenere 80 litri di icewine, che sarà disponibile da aprile o maggio. Secondo l’enologo, le uve Silvaner avevano un valore elevato di 205 gradi Oechsle, unità di misura della densità del mosto. Il valore minimo per gli icewine è di 110 – 128 gradi Oechsle, a seconda della zona di coltivazione.

Anche l’azienda vinicola Göbel di Randersacker, che ha potuto raccogliere le uve di Pinot nero congelate, si è detta soddisfatta dell’annata 2022. Eppure, secondo l’Associazione dei viticoltori di Franken, quest’anno in Franconia solo pochi viticoltori hanno lasciato in pianta le uve per i “vini di ghiaccio”.

HESSISCHE BERGSTRASSE

Nella regione vinicola tedesca Hessische Bergstraße, l’aria fredda dell’Odenwald penetra tra i vigneti pianeggianti dell’Heppenheimer Stemmler e assicura temperature gelide a dicembre. A -10 gradi, i viticoltori della Bergstraße hanno raccolto le uve della varietà Piwi Souvignier Gris, il 13 dicembre. Le prime misurazioni hanno mostrato un peso del mosto di 179 °Oechsle.

NAHE

I produttori di vino della regione vitivinicola di Nahe non hanno registrato alcun vigneto per la produzione di icewine in occasione dell’annata 2022. In Germania, questa è una condizione preliminare per poter produrre vino di ghiaccio, normata a livello di legge.

PFALZ

«Dopo una vendemmia 2022 generalmente anticipata – conferma l’Associazione degli agricoltori e dei viticoltori della Renania-Palatinato meridionale – solo poche aziende sono interessate a procedere alla raccolta delle uve per i vini di ghiaccio». Quest’anno gli icewine del Rheinhessen saranno un prodotto ancora più esclusivo. Secondo la Camera dell’Agricoltura, solo 35 aziende della Renania-Palatinato (RLP) hanno registrato porzioni di vigna per la produzione del vino di ghiaccio, su un totale di 152 viticoltori.

RHEINHESSEN

Nella più grande regione vinicola della Germania, solo dieci viticoltori del Reno-Hessen hanno registrato vigneti per la raccolta 2022 degli icewine. La vendemmia è iniziata comunque il 13 dicembre e si protrarrà nei prossimi giorni della settimana, grazie alle temperature ideali.

SACHSEN E SAALE-UNSTRUT

A sorpresa e con largo anticipo, numerosi viticoltori delle due regioni vitivinicole nord-orientali di Saale-Unstrut e della Sassonia sono riusciti a coronare l’annata 2022 con una “vendemmia di ghiaccio” di successo, nella notte del 20 novembre. Temperature tra i -7 e i – 9 gradi Celsius: le condizioni erano perfette per gli icewine. Lo spettro varietale delle uve raccolte va dal Riesling e dal Traminer al Cabernet Blanc e al Blauer Zweigelt.

WUERTTEMBERG

Nel Württemberg, il team di Fellbacher Weingärtner eG si è recato in vigna nelle prime ore del 12 dicembre per raccogliere per la terza volta consecutiva gli acini per la specialità dolce. Le uve di Pinot nero erano perfettamente sane e congelate. Secondo Thomas Seibold, Ceo di Weingärtner eG, «pendevano più vitali che mai sulla vite» e hanno portato sulla bilancia un peso del mosto di 179 gradi Oechsle. In totale, si prevede che Fellbacher sarà in grado di produrre quasi mille bottiglie di vino di ghiaccio.

Nella Remstal, le uve Lemberger e Riesling ghiacciate sono state raccolte nella cantina Beurer di Kernen-Stetten, mentre le uve Kerner sono state raccolte nella cantina di Jürgen Ellwanger: «Circa 150 litri di Kerner Eiswein con 180 gradi Oechsle provengono dal freddo Winterbacher Hungerberg», riassume Felix Ellwanger.

Achim Stilz della Weingut im Hagenbüchle di Weinstadt-Schnait riferisce che le uve del vitigno Johanniter, altra varietà Piwi interessata alla produzione di icewine, hanno registrato 144 gradi sulla scala Oechsle. «Potrebbe essere il primo icewine prodotto con uve Johanniter», afferma Achim Stilz. Anche Sven Ellwanger della Großheppacher Weingut Bernhard Ellwanger riferisce di «uve molto sane, con Syrah a Großheppach e Cabernet Cubin (Incrocio Blaufränkisch × Cabernet Sauvignon) a Geradstetten ormai pronte per la raccolta 2022».

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Istria più vicina dal 1° gennaio 2023 con l’ingresso della Croazia nell’area euro


L’Istria verde, con il suo entroterra ondulato, le colline ricoperte di vigneti, gli uliveti profumati e i borghi medievali appollaiati sui monti. E l’Istria blu, quella che si allunga nel mar Adriatico con le sue coste rocciose, i fondali limpidissimi, le cittadine ricche di storia come Pula (Pola), Poreč (Parenzo) e Rovinj (Rovigno). Queste le due anime dell’Istria (Istra in croato), dal primo gennaio 2023 ancora più vicine e a portata di mano per i turisti italiani. Verranno infatti aboliti i controlli ai varchi di confine croati (marittimi e terrestri) con i Paesi dell’area Schengen.

Addio dunque anche a code e barriere per chi attraverserà il confine arrivando da Ovest, a Plovanija (Plovania), Kaštel (Castelvenere) e Požane (Posane). Inoltre, sempre dal 1° gennaio, la Croazia entrerà ufficialmente nell’area dell’euro, come da decisione del Consiglio dell’Unione europea che ne ha formalmente approvato l’adesione e ha fissato il tasso di conversione della kuna, la moneta locale, a 7,53450 per un euro.

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«Recantina può diventare vitigno principe del Montello». Parola di Graziana Grassini


«La Recantina può diventare il vitigno principe del Montello». Parola di Graziana Grassini, enologa di fama internazionale, sbarcata nel 2020 in provincia di Treviso con un obiettivo preciso: «Far parlare all’Asolo Prosecco Superiore e ai vini rossi del Montello la lingua del mondo». Nell’intervista esclusiva rilasciata a winemag.it, la winemaker toscana discepola di Giacomo Tachis tratteggia le caratteristiche del vitigno e dei vini che è in grado di produrre.

Il vitigno Recantina ha «impressionato» Grassini, tanto da arrivare a definirlo «una garanzia di qualità e di risultato, dalla grande capacità di sfidare il tempo». Tra le tecniche scelte per la vinificazione della Recantina, incuriosisce quella dell’anfora. Un contenitore che, secondo Graziana Grassini, consente di valorizzare il «profilo identitario del vitigno e del territorio da cui proviene».

  • Quando ha iniziato a lavorare sulla Recantina?

Nel 2020. È uno dei primi ricordi che ho del Montello. Ero appena arrivata da Giusti Wine, erano i primissimi giorni di settembre ed aveva preso da poco avvio la vendemmia delle uve bianche destinate alle basi spumante. Nelle settimane successive, ho potuto, così, seguire la maturazione e la vendemmia di quasi tutte le uve prodotte in azienda, in modo particolare, delle uve rosse, tra cui, appunto, la Recantina. Era la prima volta che toccavo con mano l’omonimo vitigno, come del resto anche il territorio del Montello.

È stata un’esperienza molto significativa e coinvolgente e, per molti aspetti, davvero sorprendente. Per stabilire il momento della vendemmia mi baso normalmente sull’osservazione delle uve in campo e sulla degustazione, per capire il loro stato di maturazione ed il relativo livello qualitativo, sia dal punto di vista compositivo, sia organolettico. La Recantina mi ha impressionato soprattutto per la buccia, dal colore violaceo molto intenso, molto ricca di polifenoli e decisamente interessante per i profumi. Non solo, anche al sapore mi ha colpita per l’acidità sostenuta, la ricchezza estrattiva e per l’aroma di bocca, particolarmente fruttato.

  • Quel è la sua impressione generale sul vitigno e sui vini che può regalare?

È sicuramente un vitigno molto interessante: come tutti i vitigni risente delle condizioni climatiche dell’annata, ma le sue caratteristiche distintive, quali intensità di colore, eleganza, freschezza, struttura tannica di un certo spessore, sono costanti e sempre preziose. Si potrebbe definire una garanzia di qualità e di risultato.

  • Qual è il potenziale dei vini ottenuti da Recantina?

Anche se la mia esperienza con la Recantina è frutto di tre vendemmie soltanto, ed è, perciò, basata sull’esperienza più che sui risultati di studi specifici, ritengo di poter affermare con una certa sicurezza che la Recantina, per caratteristiche organolettiche, stabilità del colore e del profumo, acidità e qualità del tannino, fa intuire di avere una grande capacità di sfidare il tempo. Per cui, con ogni probabilità, il potenziale dei vini ottenuti da Recantina sarà la loro longevità.

  • Quale può essere il ruolo della Recantina nel panorama dei vini del Montello?

Il vitigno Recantina è un vero autoctono, unico per le singolari e notevoli caratteristiche compositive ed organolettiche dell’uva che produce. Confido che, se adeguatamente valorizzato, assumerà presto la veste del vitigno “principe” del Montello.

  • Da Giusti Wine ha deciso di vinificare la Recantina in anfora: perché?

Ritengo che l’anfora di terracotta sia il vaso vinario d’eccellenza per la trasformazione dell’uva in vino, in quanto i diversi eventi biochimici avvengono nel rispetto della naturalità, in un ambiente naturale e traspirante. La terracotta non modifica l’aspetto organolettico del vino. A partire dalla pigiatura dell’uva, per tutta la durata della fermentazione alcolica del mosto e nel corso dell’affinamento, l’impiego dell’anfora permette di micro-ossigenare il vino naturalmente, senza l’intervento dell’uomo.

Nella fase successiva di conservazione del vino, le pareti di terracotta diffondono nella fase liquida polifenoli e aromi dalle bucce, polifenoli dai semi, polisaccaridi dalle bucce, mannoproteine dai lieviti. Tutto avviene con dolcezza e lentamente, e il vino vinificato in anfora mantiene il profilo identitario del vitigno e del territorio da cui proviene.

  • In particolare, quali anfore ha scelto per la Recantina?

Le anfore utilizzate nella cantina di Giusti Wine per la Recantina sono prodotte da Manetti Gusmano & Figli di Impruneta, un’impresa che ha una tradizione alle spalle nella produzione della terracotta, ma anche del famoso cotto fiorentino. La particolarità di queste anfore è rappresentata dall’unicità dell’argilla: la presenza di Galestro conferisce alla terracotta speciali caratteristiche cromatiche e di resistenza al freddo. Fra i componenti naturali che compongono questi recipienti in terracotta, i sali e i carbonati di calcio danno al prodotto caratteristiche di permeabilità e porosità particolarmente importanti.

Vengono realizzate da artigiani esperti utilizzando la tecnica antichissima del “Lavoro Fondato o Colombino” con la quale l’artigiano realizza un susseguirsi di “posteggiature”: ogni giorno o a giorni alterni l’artigiano, girando intorno al manufatto, aggiunge circa 5 centimetri di argilla. La densità della terracotta è tale da consentire al vino, senza l’ausilio di vernici o cera d’api, di evolvere nel modo migliore, permettendo una leggera micro-ossigenazione.

  • Quando sarà sul mercato la Recantina in anfora di Giusti?

La produzione 2021 è rimasta in anfora complessivamente per un anno. È stata a contatto delle bucce per sei mesi. Dopo la svinatura, avvenuta in aprile, ha proseguito la maturazione nella stessa anfora per altri 6 mesi. Ora sta facendo il passaggio in bottiglia, dove deve fare l’affinamento di circa un anno prima che le bottiglie siano immesse sul mercato.

  • Quali sono le sue impressioni generali sui vini del Montello?

Sono molto grata a Ermenegildo Giusti di Giusti Wine per avermi dato l’opportunità di conoscere il territorio del Montello ed i suoi tesori. Mi ha chiamato a Nervesa della Battaglia fin dalla creazione della splendida cantina, dotata delle tecnologie più all’avanguardia, e mi ha riconosciuto da subito la massima fiducia, dandomi, in sostanza, “carta bianca” per il raggiungimento di un progetto che ha quale scopo ultimo dichiarato quello di «far parlare all’Asolo Prosecco Superiore e ai vini rossi del Montello la lingua del mondo».

Si tratta di un obiettivo senza dubbio ambizioso, ma anche stimolante, frutto di un legame con queste terre che trascende l’imprenditorialità per sfociare nei rapporti intimi e personali di legami con passato e tradizioni. Ma il Montello e i suoi vitigni hanno senza dubbio le potenzialità per consentire il conseguimento di risultati di eccellenza e sono orgogliosa di poter dare il mio apporto per la loro valorizzazione.


LA RECANTINA DEL MONTELLO

Le cantine dei Vini del Montello associate al Consorzio di tutela, presieduto da Ugo Zamperoni, sono 25 e producono complessivamente circa 560 mila bottiglie annue. Più in dettaglio, la Doc Montello Asolo ha una produzione di 530 mila bottiglie annue, di cui 495 mila costituite da vini rossi. Di questi, 39 mila sono bottiglie di Recantina. La Docg Montello, invece, ha un imbottigliato annuo pari a 30 mila bottiglie.

La superficie totale dei vigneti dei Vini del Montello è pari a 102 ettari. Qui, i vitigni internazionali di origine bordolese affondano le radici in quasi due secoli di storia. La varietà più coltivata è il Merlot, con 47 ettari. Seguono il Cabernet Sauvignon, con 23 ettari, e il Cabernet Franc con 12. La Recantina, invece, è a quota 10 ettari, mentre il Carmenère è presente in appena poco più di un ettaro.

LEGGI L’EDITORIALE: Le opportunità della Recantina tra i Bordolesi del Montello Asolo

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Le opportunità della Recantina tra i bordolesi del Montello Asolo


EDITORIALE –
Tre cloni, uno dei quali iscritto al registro nazionale delle varietà di vite: pecolo / peduncolo scuro, pecolo / peduncolo rosso e Forner. Quest’ultimo porta il cognome della famiglia alla guida della cantina Pat del Colmèl ed è oggi autorizzato, grazie al lavoro compiuto sul Dna. Si parla della Recantina del Montello Asolo. Coltivata dalla notte dei tempi in provincia di Treviso, è uno dei vitigni autoctoni italiani per certi versi più misteriosi e ancora poco “sondati” dai produttori. Una varietà tutta da scoprire, anche dai winelovers.

Definita da Giacomo Agostinetti «una delle migliori coltivate nel trevigiano», in Cento e dieci ricordi che fanno il buon fattor di villa (1679), la Recantina Forner è iscritta al Registro nazionale delle varietà di vite e rientra nella Doc Montello – Colli Asolani. Come ricorda Veneto Agricoltura, le Recantine (il plurale non è un refuso) sono «un gruppo di vitigni citati sin dal Seicento come “Recantina”, “Recardina” o “Recandina”, nella zona del Piave».

Circa un secolo dopo, nella memoria presentata all’Accademia Agraria degli Aspiranti di Conegliano, Domenico Zambenedetti consiglia «la Recaldina tra le varietà da piantare sulle colline» della zona. Chiarita l’identità ampelografica del vitigno, il compito dei viticoltori è oggi altrettanto arduo: dare un’identità ai vini ottenuti da Recantina.

IL FUTURO DELLA RECANTINA DEL MONTELLO ASOLO

Una varietà, come chiariscono gli assaggi di 7 vini prodotti da altrettante cantine aderenti al Consorzio Tutela Vini Asolo Montello (evento Rosso Bordò, Treviso, domenica 16 ottobre 2022), capace di leggere molto bene suolo e microclima, oltre a risentire delle scelte agronomiche ed enologiche compiute dai singoli produttori.

Le opportunità di valorizzazione della Recantina in un territorio come quello del Montello – in cui è prevalente la produzione di vini rossi strutturati, ottenuti da varietà del taglio bordolese – potrebbero essere ricercate nell’esaltazione della freschezza e del bel corredo dei primari del vitigno, tra frutto e spezia, senza ricorrere a sovra-estrazioni e vinificazioni in legno che andrebbero a sovrapporsi alla stilistica dei bordolesi del territorio.

Interessante e visionaria, in questo senso, la scelta dell’enologa toscana Graziana Grassini di vinificare la Recantina in anfora, proprio per esaltare le caratteristiche appena descritte. In questo senso, il vitigno autoctono potrebbe diventare un asso nella manica dei produttori locali, capace di trainare le vendite degli altri vini del Montello sul modello (e la visione altrettanto recente) del Piedirosso in Campania.

  • Montello Asolo Recantina 2021, Bresolin Bio
    Rubino piuttosto profondo. Naso intenso, preciso, su frutta matura tendente alla confettura, soprattutto nera, ma anche rossa. Bella speziatura elegante, che disegna un profilo quasi balsamico. Al palato più teso di quanto avesse fatto presagire il naso. Una freschezza su cui giocano ritorni di frutta matura, ancora una volta più a polpa rossa che scura. Bel finale lungo, pieno, piacevolmente sapido, che invita alla beva. Vino giovane, all’inizio di un buon percorso di crescita.
  • Montello Asolo Recantina 2021 “Cento Orizzonti”, Tenuta d’Asolo Progress Country & Wine House
    Rubino meno carico del precedente, luminoso. Più polpa scura che rossa (ribes), a tratteggiare il ricordo della mora di rovo matura. Elegante speziatura. Al palato il vino entra e si sviluppa sull’acidità. Chiude su leggeri marcatori amari e sapidi. Si tratta della prima prova della cantina, che ha acquistato le uve per dar vita alla nuova etichetta.
  • Montello Asolo Recantina 2020, Ida Agnoletti
    Si torna su un colore rubino più carico. Tocco di selvatico sul frutto, ancora una volta più maturo al naso che al palato. Acidità piuttosto spinta al palato e chiusura su leggero fenolico, oltre al sapido. Il vino, al momento dell’assaggio, è in bottiglia da appena 3 mesi e mostra evidenti segnali della fase giovanile, cui dare fiducia. Sull’etichetta della bottiglia, un rospo stilizzato: nella migliore delle ipotesi diventerà un principe.
  • Montello Asolo Recantina 2020, Commendator Pozzobon Rosalio
    Rubino piuttosto intenso. Naso dal frutto più maturo della batteria di 7 vini. Ancora mora di rovo ma, questa volta, frutta a polpa scura e a polpa rossa si equivalgono al naso, senza dominare l’una sull’altra. Bel palato teso, fresco. Confermata al palato l’acidità tipica del vitigno, ben assistita da una materia polposa. Tannino in cravatta, pur in fase di integrazione. Golosa venatura sapidità che accompagna e distende il nettare, dall’ingresso alla chiusura. Vino giovanissimo, di sicuro interesse in prospettiva.
  • Montello Asolo Recantina 2020, Sartor Emilio
    Altro vino dal colore pieno. Fiori di viola, speziatura intensa, frutto scuro (prugna), più che rosso (ciliegia). Leggero tocco di polvere di caffè che si accosta alla componente erbacea. Al palato acidità evidente, piuttosto ben avvolta e amalgamata da polpa e vena glicerica. Componente fenolica e amara controllata. Tannino dolce, ben disteso ma non arrendevole. È stata imbottigliata ad agosto 2021, più strutturato e ancora più strutturato il 2022.
  • Montello Asolo Recantina 2018 “Augusto”, Giusti Wine
    Colore rubino mediamente intenso. Naso piuttosto condizionato dall’affinamento in legno, che soffoca il varietale. La classica nota di polvere di caffè, qui vira sulla caramella mou. Un naso decisamente “dolce”, tipico dell’espressione di vini destinati al cosiddetto “gusto internazionale”, nonché una delle poche etichette di Recantina presenti anche in Gdo, fuori dai confini del Veneto, in particolare sugli scaffali di Iper, La grande i. Ingresso piuttosto morbido e centro bocca equilibrato, connotato da una gran piacevolezza. Accenti balsamici in chiusura che, assieme a ricordi sapidi, chiamano il sorso successivo. Penultima annata di questo vino, prima dell’avvento della winemaker Graziana Grassini presso la cantina di Nervesa della Battaglia (TV).
  • Montello Asolo Recantina 2016, Pat del Colmèl
    Colore rubino intenso. Naso che condensa divinamente tutte le anime della Recantina, dal frutto fresco e carnoso (rosso e nero) alla speziatura; dalla polvere di caffè, tipica del varietale del vitigno, allo svolgimento – preciso – di acidità e tannino. Al palato, dopo un po’ di ossigenazione, il vino cambia e lascia spazio a note non avvertite negli altri calici. Si aggiunge alla componente fruttata l’agrume rosso: una bella sanguinella, avvertibile dal principio alla chiusura di sorso. Senza dubbio la miglior espressione di Recantina della batteria, a dimostrazione che il vitigno necessiti di essere compreso e, solo in seguito, addomesticato da chi lo produce. A Pat del Colmèl, la prima annata, risale addirittura al 2008.

L’INTERVISTA ESCLUSIVA: «Recantina può diventare vitigno principe del Montello». Parola di Graziana Grassini

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Terre Cevico, fatturato 2021-2022 a 189,6 milioni di euro


Numeri in crescita per Terre Cevico che chiude l’esercizio di bilancio 2021/2022 (01.08.2021 – 31.07.2022) con un fatturato aggregato di 189,6 milioni di euro (+15,3% sui precedenti 164,3 mln) e una crescita dell’export a 72,9 milioni di euro (+40%). I dati sono stati presentati in occasione dell’Assemblea di bilancio svoltasi a Faenza presso casa Spadoni.

La cooperativa Terre Cevico deve la crescita del fatturato soprattutto alle scelte sui mercati esteri, tra cui figura l’acquisizione del 60% di Orion Wines. L’export incide per il 43% sui ricavi del consolidato. In sostanza quasi una bottiglia su due arriva dai mercati oltreconfine, con una presenza in 70 Paesi in giro per il mondo. I mercati di maggiore incidenza per quanto riguarda l’imbottigliato sono Giappone, Cina, Svezia, Danimarca, Usa, Francia e Germania.

In crescita anche il patrimonio netto aggregato arrivato a 86 milioni di euro (+16,3%), mentre il plusvalore riconosciuto ai soci, ovvero l’incremento della liquidazione dei vini conferiti ai prezzi di mercato per l’esercizio 2021/22, ammonta a 6,9 milioni di euro (6,4 mln in precedenza).

TERRE CEVICO, CRESCE IL NUMERO DI DIPENDENTI

In continua crescita il vino biologico venduto, oltre in Italia, anche in 40 Paesi del mondo, che ha registrato un +7% rispetto all’esercizio precedente. Vi è stata l’apertura a nuovi mercati come la Corea del sud, così come in crescita le performance in Oriente e nord Europa. In ordine di fatturato questi i mercati principali: Corea del Sud, Svezia, Svizzera, Taiwan, Danimarca, Giappone, Spagna.

Altri dati interessanti arrivano dalla presentazione del bilancio di sostenibilità. Il numero dei dipendenti è in crescita, arrivato a 343 (+3,3%), così come le ore di formazione (+12,6%). Secondo il credo dell’economia circolare, il 98% dei rifiuti è destinato al recupero. Riduzione del -8,6% nel prelievo dell’acqua, con un +7,8% nel recupero di fecce da lavorazione.

Ammontano a 7,4 milioni di euro gli investimenti nell’esercizio approvato. Le aree di intervento sono state orientate nella messa in rete di tutte le fasi di gestione e produzione, e nella impiantistica con particolare riferimento alla linea di confezionamento.

NANNETTI: «COSÌ ABBIAMO AFFRONTATO LA CRISI»

«Terre Cevico, come tante altre imprese della filiera agroalimentare – ha commentato il presidente di Terre Cevico, Marco Nannetti – non si è mai fermato in questi anni caratterizzati da pandemia, crisi energetica e materie prime, guerra tra Russia ed Ucraina. Abbiamo attraversato mille difficoltà, ci siamo reinventati un modello organizzativo e stiamo rivedendo anche il riassetto del Gruppo per i prossimi anni».

Questo per consentire ai nostri soci di essere sempre protagonisti sui mercati nazionali ed internazionali. Oltre a garantire liquidazioni competitive ai soci, abbiamo anche garantito lavoro a oltre 300 collaboratori e, in questi anni, non abbiamo mai attuato ammortizzatori sociali come la Cassa Integrazione; anzi è perdurato il trend di consolidamento dei rapporti di lavoro».

Oltre al presidente di Terre Cevico, all’Assemblea di bilancio svoltasi a Faenza sono intervenuti Lauro Giovannini e Massimo Gallina. Ceo e Cfo di Terre Cevico. Nella stessa giornata sono intervenuti anche Cristian Maretti, presidente Legacoop Agroalimentare, Luca Rigotti, presidente Copa Cogeca Vino e Coordinamento ACI Vino, Giovanni Monti, presidente Legacoop Emilia Romagna, Mario Mazzotti, presidente Legacoop Romagna e Mauro Lusetti, presidente Legacoop.

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Export vino italiano 2022, primi 9 mesi a volumi piatti: «Incremento non copre aumento costi»


È di 16 milioni di ettolitri l’export del vino italiano nei primi 9 mesi del 2022. Il parziale è in sostanziale continuità (+0,3%) rispetto allo scorso anno, per un controvalore record di quasi 5,8 miliardi di euro. Il dato emerge dalle elaborazioni dell’Osservatorio del vino Uiv-Ismea su base Istat e sancisce un incremento in doppia cifra (+12,3%) rispetto al pari periodo 2021. Poco spazio per l’esultanza, in quanto la cifra, come spiegano Uiv e Ismea, è determinata «più dalla spinta inflattiva che dalla domanda reale e potrebbe non bastare a coprire l’aumento dei costi».

Sempre più influenzato dalla performance delle bollicine, che in attesa della consueta prova di fine anno tra gennaio e settembre mettono a segno +9,2% in quantità e +22,7% in valore, il vino tricolore vede i fermi appiattiti sui volumi dello scorso anno (-0,3%), con i rossi in particolare difficoltà (-2,6% la performance dei 9 mesi contro +2,6% dei bianchi). Le Dop ferme, in particolare, si posizionano sotto la media sia per quantità (-2%) che per valore (+9,6%).

Nuovo aumento costi vetro: produttori vino chiedono aiuto in legge di bilancio

La domanda di vini fermi si dimostra stabile o in leggero calo in Germania e UK, mentre sono in contrazione le quantità vendute negli Usa (-6%) e in Svizzera (-7%). Tra le piazze in positivo, Giappone (+29%), Canada (+8%), Svezia e Paesi Bassi. Meglio invece i trend dei top buyer per quanto riguarda gli sparkling, che vedono gli Stati Uniti a saldo zero per volume, il Regno Unito a +5% e la Germania a +6%, con exploit di acquisti da Francia (+25%) e Canada (+15%).

Analizzando l’export secondo la piramide della qualità, nei primi 9 mesi dell’anno, il segmento Dop ha realizzato nel complesso poco più della metà delle vendite Made in Italy (8,4 milioni di ettolitri), registrando un +2,2% dei volumi per un totale di circa 3,9 miliardi di euro (+14,6% sullo stesso periodo 2021), pari a due terzi del valore dell’export enologico italiano. Stabili a 4 milioni di ettolitri i vini Igp per un controvalore di 1,3 miliardi di euro (+7,2%).

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Prosecco in lattina, Zaia: «Necessario rimanere ancorati alla tradizione»


FOTONOTIZIA – «Prosecco in lattina? Nel momento in cui i produttori vorranno affrontare questo tema, decideranno cosa fare». Così il governatore del Veneto Luca Zaia, intervistato sull’argomento nei giorni scorsi dall’emittente tv veneta Antenna Tre Nord Est. «A mio avviso, in questa fase, è necessario rimanere ancorati alla tradizione, che fino ad oggi ci ha premiato», ha poi aggiunto Zaia, facendo sempre riferimento all’eventuale modifica del disciplinare di produzione che consentirebbe ai produttori di commercializzare il Prosecco in lattina, oltre che nella classica bottiglia di vetro.

«Se siamo arrivati a un miliardo di bottiglie nel mondo e a una bottiglia di Prosecco su tre di bollicine nel mondo, un motivo ci sarà», ha concluso il governatore del Veneto. Intanto cresce – e crescerà ancora nel 2023 – il costo del vetro. Un aspetto che, più di altri, invita il settore a interrogarsi sul futuro e su packaging alternativi, come la lattina.

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Cantina Clavesana, esordio con il Barolo Ravera Docg 2018 “Mito”


Cantina Clavesana
fa il suo esordio tra i Barolo Ravera, ampliando la propria linea top di gamma “Mito“. Appena 2.655 bottiglie numerate, che aggiungono una sfumatura ai vini della Langhe prodotti dalla cooperativa cuneese. In particolare, il Barolo Ravera Docg 2018 Linea Mito si affianca al Barolo Docg Mito, ottenuto dall’assemblaggio delle uve Nebbiolo di tre vigneti di La Morra, Monforte e Novello.

«La linea Mito – spiega la cooperativa – si presenta con una “M” stilizzata, rappresentazione simbolica di quell’universo mitico che ruota attorno alla terra, alla vigna, ai ritmi delle stagioni e del lavoro contadino. La “M” di Mito che rimanda alla forma sinuosa delle colline, alla simmetria dei filari, all’eleganza del paesaggio Patrimonio Unesco».

BAROLO RAVERA DOCG 2018 MITO, CANTINA CLAVESANA: LA DEGUSTAZIONE

Il Barolo Ravera Docg 2018 Mito di Cantina Clavesana si presenta nel calice del tipico rosso granato. Naso intenso, dominato da un’alternanza tra spezie calde e (ancor più) fresche, sul frutto e sul fiore appassito di viola e di rosa. Cannella, ma anche chiodo di garofano. Noce moscata e cumino, ma anche mentuccia. Leggerissimo tocco verde, fenolico, a controbilanciare un frutto (ciliegia, lampone, tamarindo) che, sempre al naso, si fa presagire goloso, succoso. Non mancano ricordi di liquirizia nera, pepe e nocciola.

Un quadro piuttosto stratificato, balsamico, ma soprattutto giovanile, che con l’ossigenazione si arricchisce di sbuffi goudron e di pan di zenzero. Al palato conferma la buona complessità e la fase giovanile. Nel segno dei Barolo Ravera, anche Mito di Cantina Clavesana risulta molto fresco e dai tannini piuttosto rotondi. Vino di ottima struttura, chiude sul bel gioco tra la leggera sapidità e il corredo di frutta e spezie già avvertire al naso, che si alternano sul palco in perfetta corrispondenza. Convince la chiusura asciutta ma piena, sulle tinte scure della liquirizia salata.

L’ABBINAMENTO DEL BAROLO RAVERA 2018 MITO DI CLAVESANA

Vino già godibilissimo, avrà una buona evoluzione nel medio-lungo periodo. L’alcol, di per sé non disturbante ma al momento “respirabile” coi suoi 14,5% in volume, andrà certamente a integrarsi col passare dei mesi, rendendo il sorso ancora più gradevole. Il Barolo Ravera Docg 2018 Mito di Cantina Clavesana si abbina, in generale, a piatti strutturati e complessi.

Ottimo con il brasato di carne, l’arrosto, primi e secondi a base di selvaggina, stufati, carni alla brace e formaggi saporiti. Può sorprendere sul cioccolato fondente ed extra fondente. Da provare in accompagnamento a un buon Boero o – per i più curiosi e sperimentatori – con i bonbon alla prugna disidratata e crema di cioccolato Szilvás Betyár della storica cioccolateria ungherese Stühmer 1868.

LA VINIFICAZIONE

Come spiega a winemag.it il presidente di Cantina Clavesana, Giovanni Bracco, le uve Nebbiolo utili alla produzione del primo Barolo Ravera Docg 2018 “Mito” vengono conferite da due soci viticoltori di Novello, Comune in cui si trova, per l’appunto, l’Mga Ravera. «Ma questa nuova etichetta – commenta Bracco – è una scommessa che coinvolge tutta la nostra cantina». Le due particelle hanno una superficie di 0,37 ettari, a 470 metri sul livello del mare, con esposizione Est, Sud-Est.

L’annata 2018 ha visto un inverno e una primavera caratterizzati da piogge abbondanti. Le alte temperature registrate sul finire dell’estate hanno comunque permesso una buona maturazione dell’uva Nebbiolo. Dopo la diraspa-pigiatura, il mosto è stato posto a macerare per 14 giorni in un piccolo contenitore di cemento vetrificato. In seguito alla svinatura, il vino atto a divenire Barolo Ravera Docg 2018 Mito di Cantina Clavesana ha completato la fermentazione malolattica e la chiarifica tramite sedimentazione statica.

Nella primavera 2019, il vino è stato posto ad affinare in quattro tonneau da 500 litri di rovere di Slavonia per un periodo di 25 mesi, prima di essere imbottigliato. Un progetto, quello del Barolo Ravera 2018 “Mito”, che costituisce una novità importante per Cantina Clavesana, ma non l’unica. «L’impianto di nuovi vigneti di Alta Langa, circa 6 ettari con un potenziale di 50 mila bottiglie – anticipa a winemag.it il presidente Giovanni Bracco – si affianca all’ampliamento della coltivazione biologica e alla sfida di nuove varietà accanto al Dolcetto, come Viognier, Pinot Nero e Chardonnay».

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Champagne Jacquesson ceduta ad Artémis Domaines


Champagne Jacquesson
entra interamente nell’Olimpo di Artémis Domaines, holding creata prima dell’acquisizione di Château Latour, nel 1992. I titolari Jean-Hervé e Laurent Chiquet (nella foto) lasceranno la nota maison di Rue du Colonel Fabien 68, a Dizy, consentendo al colosso della famiglia Pinault la gestione totale dell’azienda. Artémis Domaines aveva messo i piedi in Champagne Jacquesson 8 mesi fa e così completa l’opera di acquisizione, passando da un 33,5% all’intero patrimonio.

Secondo fonti locali, ad assumere la direzione della casa di Dizy sarà Jean Garandeau, attuale direttore vendite e marketing di Artémis Domaines. I fratelli Chiquet, proprietari di alcuni vigneti nel comune della Grande Vallée de la Marne, dovrebbero continuare a collaborare con la casa madre, conferendo le preziose uve sino ad ora patrimonio di Champagne Jacquesson. Artémis Domaines continua così a investire in vigneti e tenute vinicole di alta qualità.

IL PORTAFOGLIO DI ARTÉMIS DOMAINES

Nel portafoglio della famiglia Pinault figurano tre delle cinque principali denominazioni francesi, grazie a sei proprietà. Oltre a Château Latour (Bordeaux), Domaine d’Eugénie in Côte-de-Nuits (Borgogna), Clos de Tart in Côte d’Or (Borgogna) e Jacquesson (Champagne), la holding possiede Château-Grillet in Côtes du Rhône e Eisele Vineyard in California (15 ettari Napa Valley). Quasi tutti i vigneti sono certificati biologici e vengono allevati secondo i principi della biodinamica e dell’agroforestazione.

Un approccio che Artémis Domaines e la famiglia Pinault assicureranno anche a Champagne Jacquesson, nella Valle della Marna. La Maison è diventata negli anni un simbolo per gli amanti dello Champagne. La produzione è deliberatamente limitata a 250 mila bottiglie, «per preservare la viticoltura e i processi di vinificazione senza compromessi».

François Pinault ha lanciato Artémis nel 1992, investendo attraverso una partecipazione personale in PPR, il gruppo da lui fondato nel 1963 e rinominato Kering nel 2013. L’obiettivo iniziale era quello di utilizzare una struttura leggera attraverso la quale investire senza alcuna restrizione in termini di settore industriale o di ubicazione fisica. Artémis ha trascorso gli ultimi tre decenni acquisendo e sviluppando una vasta gamma di attività in diversi settori di business, nel segno della diversificazione tra magazine (Le Point), case editrici (Tallandier), case d’asta (Christie’s) e immobili di pregio (Palazzo Grassi a Venezia).

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Crémant de Loire Brut, Langlois-Chateau

Prodotto con Chenin Blanc (50% di cui 10% vini di riserva), Chardonnay e Cabernet franc, il Crémant de Loire di Langlois Chateau rappresenta uno specchio fedele della denominazione d’Oltralpe. Le uve provengono da una selezione di 6 appezzamenti, scelti per l’espressione tipica dei vitigni che compongono la cuvée, negli specifici suoli della Loira: Côtes de Saumur (silice e calcare), Bas Layon (scisto), Haut Layon (argilla e calcare), Coteaux St Léger (calcare), Puy Notre Dame (argilla e calcare) e Montreuil Bellay (argilla e calcare).

Netta, dunque, la prevalenza di suoli calcarei, evidente anche nell’espressione del vino. Un Crémant da godere in gioventù, per apprezzare freschezza e slancio verticale del vitigno principe dell’assemblaggio scelto da Langlois Chateau, lo Chenin Blanc (re delle varietà a bacca bianca della Loira). Le note dominanti sono quelle della frutta a polpa bianca, appena matura, introdotte da un naso piuttosto generoso e finissimo, che abbina un floreale fresco a tinte minerali, ancor più nette al palato.

La vinificazione del Crémant de Loire di Langlois Chateau avviene per varietà e terroir, in tini di acciaio inox a temperatura controllata. La degustazione dei vini base suddivisi per parcella determina l’assemblaggio finale. L’affinamento avviene secondo il metodo tradizionale, con successiva maturazione sui lieviti per un minimo di 24 mesi. Molto ben integrati i 12 g/l di dosaggio.


LANGLOIS-CHATEAU
49400 Saumur (France)
contact@langlois-chateau.fr

Prezzo: entro i 15 euro in Italia

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in-abbonamento Vini al supermercato

Meno 15 giorni al Natale: il meglio del vino a volantino è da Iper, La grande i

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