Gli orizzonti di San Martino Vini si allargano con l’acquisto delle storiche Cantine Riviera del Brenta. Dalla fusione tra le due realtà di Visnà (Treviso) e Dolo (Venezia) nascono «positive sinergie, con la volontà di valorizzare ancora di più i territori di appartenenza e le rispettive denominazioni».
Fondata nel 1947 come cantina sociale di Dolo, utile a lavorare le uve e commercializzare il vino degli agricoltori locali, Cantine Riviera del Brenta entra a far parte di San Martino Vini a due anni dall’avvio di una partnership per la vinificazione dei vini bianchi e di spumanti come il Prosecco e dei vini frizzanti.
Cantine Riviera del Brenta conserverà il marchio per identificare i vini prodotti nel proprio territorio. Verranno mantenuti lo stabilimento produttivo di Dolo, lo spaccio di carni e formaggi e i rapporti con i soci della cooperativa.
L’immagine delle cantine sarà sottoposto a restyling grafico, così come le etichette e il packaging dei vini. A dare l’annuncio, in particolare, sono Giovanni e Walter Cescon, soci titolari della San Martino Vini Srl, Pierantonio Angeli, ex direttore delle Cantine Riviera del Brenta (direttore della Società Consortile) e Giorgio Durante e della Cooperativa agricola Volpago Sca (nella foto, sopra).
SAN MARTINO VINI: «RILANCEREMO CANTINE RIVIERA DEL BRENTA»
«San Martino Vini – comunica la cantina della famiglia Cescon, ormai alla terza generazione – intende rilanciare Cantine Riviera del Brenta, mantenendone specificità ed unicità. Attraverso l’acquisizione sarà possibile ampliare l’offerta commerciale puntando su promettenti varietà che al momento sono meno rappresentate nell’assortimento, senza creare sovrapposizioni».
In particolare i vini della Doc Venezia, come Pinot Grigio e Chardonnay. Ma anche i rossi tradizionalmente prodotti nel territorio, come il Cabernet e il Merlot. «La fusione – continua la nota – darà un maggiore impulso all’export. I vini di Cantine Riviera del Brenta potranno beneficiare della forte presenza commerciale di San Martino Vini in Germania, Francia, Inghilterra, Usa e Canada, che rappresentano i principali mercati di vendita per questa denominazione».
FOCUS SU EXPORT, GDO NAZIONALE ED ENOTURISMO
In Italia «verranno sviluppate nuove strategie per la distribuzione nel canale moderno», ovvero i supermercati. Il contatto diretto con il consumatore finale rappresenta «l’ulteriore opportunità di crescita per San Martino», in un segmento di mercato «che potrebbe continuare ad espandersi nei prossimi anni».
Tutti percorsi che saranno attivati sin dai prossimi giorni, senza tralasciare un’altra carta importante per il futuro: l’enoturismo. «Il fascino della Riviera del Brenta, una delle zone più belle della provincia di Venezia – sottolinea San Martino Vini – rappresenta un grande patrimonio da rivalutare per far conoscere in Italia e all’estero i pregiati vini prodotti nelle tenute di campagna che furono dei Dogi e dei nobili veneziani».
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Duro colpo dei carabinieri del NasTutela Agroalimentare al settore delle pizzerie gourmet. Nell’ambito dell’Operazione Margherita, i militari hanno scoperto l’utilizzo di ingredienti surgelati e prodotti spacciati per Dop e Igp, non iscritti al relativo disciplinare. Il blitz ha visto impegnati i Reparti per Tutela Agroalimentare (Rac) di Torino, Parma, Roma, Salerno e Messina.
Sono stati denunciati per frode in commercio i titolari di 7 note pizzerie gourmet. Accertate anche altre irregolarità, come la mancata indicazione nei menù degli allergeni e la mancata rintracciabilità di alcuni ingredienti.
Elevate 6 sanzioni per un totale di 18.334 euro ed irrogate tre diffide. Ammonta a un totale di 20 chilogrammi di prodotti agroalimentari vari il sequestro effettuato dai carabinieri del Nas nell’ambito dell’Operazione Margherita.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Meno di un commerciante su due verifica l’età dell’acquirente di bevande alcoliche. La denuncia arriva dal Moige – Movimento Italiano Genitori. Su un panel di oltre mille giovani, il 57% degli intervistati dichiara che al momento dell’acquisto di birra, vino, cocktail o superalcolici «il venditore non ha verificato la sua età».
Una percentuale che sale al 62% per il tabacco e le sigarette. E al 71% per le infiorescenze di cannabis light. «I minori non possono subire un abuso commerciale lesivo della loro salute da parte degli adulti. L’indagine fa emergere dei dati preoccupanti», commenta Antonio Affinita, direttore generale del Moige.
Dinanzi alla vendita ai minori di prodotti che sono dannosi per la loro salute non esistono giustificazioni: non è accettabile che ci siano commercianti che vendono prodotti vietati senza verificare l’età e contro le norme vigenti a loro tutela».
BEVANDE ALCOLICHE MA NON SOLO: «OCCORRE UN INTERVENTO LEGISLATIVO»
«Al pari – continua Affinita – è gravissimo il vuoto normativo riguardo a cannabis light e videogiochi classificati dal Pegi come +18. Per entrambi i prodotti sono inesistenti le norme e le sanzioni per chi vende ai minorenni. Occorre con urgenza un intervento legislativo. Auspichiamo che le filiere produttive di tali prodotti lavorino di più per la sostenibilità sociale di essi, affinché siano realmente accessibili solo a clienti adulti»
«Come genitori – conclude il direttore generale del Moige – ci rivolgeremo da subito a Parlamento e Governo affinché si attivino norme, sanzioni e controlli più stringenti e rigorosi, al fine di tutelare il benessere psico-fisico dei minori, evitando che adottino comportamenti devianti o che sviluppino dipendenze».
ACCESSO ALL’ALCOL: I DATI DELLO STUDIO DEL MOIGE
Gli alcolici vengono acquistati prevalentemente presso bar (38%) e locali come pub e discoteche (31%). Il 57% degli intervistati afferma che durante l’acquisto di alcolici il gestore non gli/le ha mai chiesto l’età. Una percentuale che nel sud Italia e nelle isole raggiunge il 65%. Mentre al centro è del 50% e al nord del 28%.
Coloro che, al contrario, dichiarano che l’età è stata sempre controllata sono appena il 4%. Al 39% dei rispondenti al sondaggio non è «mai capitato che venisse rifiutato l’alcol» per la loro età (29% al nord, 10% al centro, 43% al sud e nelle isole).
Allarmante il dato emerso alla domanda: «Nei pub/bar/discoteche hanno continuato a venderti alcolici nonostante tu fossi visibilmente alticcio/brillo?», il 57% ha risposto di no. «Ma un preoccupante 22% risponde “sempre o spesso” e, di questi, il 16% ha tra i 10 e i 14 anni», sempre secondo l’indagine condotta dal Moige.
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“Barolo en primeur” sarà il primo grande evento ad unire la solidarietà al prestigio di un vino in affinamento. Un modo per ribadire l’importanza di fare sistema come mezzo per la promozione delle Langhe. Un progetto che ha l’ambizione di diventare un modello innovativo di valorizzazione del territorio enologico italiano.
Dalle uve di nebbiolo da Barolo della vigna storica Gustava, vigneto di quasi 4 ettari sotto il Castello di Grinzane Cavour e menzione geografica aggiuntiva ufficiale, sono state prodotte 15 barrique da collezione. Queste barrique, protagoniste di “Barolo en primeur 2021“, saranno battute in un asta di beneficienza il prossimo 30 ottobre.
L’evento benefico è promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, in collaborazione con la Fondazione CRC Donare e con il Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani. Un progetto enologico che ha l’ambizione di diventare un modello innovativo di promozione e valorizzazione del territorio.
Ciascuna barrique ancora in affinamento, e che sarà battuta in collaborazione con Christie’s e in collegamento simultaneo da New York, è associata a un progetto no-profit nel campo della salute, della ricerca, delle arti e della cultura, dell’inclusione sociale e della salvaguardia del patrimonio culturale.
LA VIGNA GUSTAVA
Il progetto si è posto l’intento di valorizzare la complessità degli elementi che compongono il vigneto storico Gustava, parte di un territorio Patrimonio Unesco. La conseguenza di questa eterogeneità è che le 15 barrique hanno ognuna caratteristiche uniche e diverse dalle altre. Nella vigna, suddivisa in quattro macro particelle in funzione dell’altitudine e dell’esposizione, sono stati adottati due differenti criteri per la raccolta delle uve.
Da un lato la distinzione tra i ceppi storici impiantati oltre 50 anni fa e quelli più giovani. Dall’altra quella tra le microzone interne, dovuta al differente dialogo delle radici delle viti con i microorganismi, i microelementi e le sostanze organiche presenti nelle diverse porzioni di terreno.
Vinificare in maniera separata queste uve ha permesso così di ottenere barrique dotate, ognuna, di una sua personalità. In questo progetto è coinvolto il Laboratorio Enosis Meraviglia di Donato Lanati. A Lanati è stato affidato l’incarico di guidare l’intero percorso tecnico, dalla maturazione delle uve alla vinificazione e al successivo affinamento.
È stato inoltre istituito un Comitato Scientifico di Indirizzo presieduto da Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe Dogliani. Nel comitato anche Vincenzo Gerbi, professore emerito dell’Università di Torino, e Vladimiro Rambaldi, amministratore unico dell’Agenzia di Pollenzo S.p.A,. Al progetto ha inoltre collaborato la ricercatrice Anna Schneider del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante.
LE ETICHETTE
Le circa 300 bottiglie che si ricaveranno da ogni barrique a partire da gennaio 2024, al termine del periodo obbligatorio di affinamento, saranno numerate e vestite da un’etichetta creata in esclusiva da Giuseppe Penone. Le creazioni dell’artista, protagonista dell’Arte povera e tra gli scultori più importanti e riconosciuti a livello mondiale, ribadiranno l’importanza e la qualità del Barolo Gustava 2020.
Inoltre a ogni barrique sarà annesso un NFT (Non Fungible Tokens). Un certificato di autenticità digitale garantito tramite blockchain, coniato da Antonio Galloni, critico enologico di fama mondiale e Ceo di Vinous,. Galloni sarà presente il 30 ottobre da New York e presenterà in video le singole caratteristiche e differenze delle 15 barrique.
I PROGETTI NO-PROFIT
L’asta di beneficienza (base d’asta 30 mila euro) su 14 delle 15 barrique si terrà il 30 ottobre. Tra gli scopi benefici ci sono il progetto di educazione attraverso l’arte e la ricerca dell’uguaglianza di genere in Cina del Forum filantropico Est-Ovest (EWPF). La piattaforma di collaborazione interculturale sui temi del cambiamento climatico, conservazione, sostenibilità, istruzione, leadership femminile.
Il progetto di avvicinamento all’arte contemporanea e alla sostenibilità per bambini e famiglie promosso dal Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea. Il restauro e valorizzazione del Cantinone del 1600 di Villa Arconati, alle porte di Milano, da parte di Fondazione Augusto Rancilio, ente con finalità di studio e ricerca nei campi dell’Architettura e Design.
La promozione e recupero dei saperi e del paesaggio dell’Alta Langa del Parco Culturale Alta Langa, ente non-profit per la promozione dell’Alta Langa finalizzato allo sviluppo socioeconomico, culturale, turistico del territorio.
Infine il progetto Thesaurus Monviso che intende mettere a sistema l’impegno dei giovani in ambito socioculturale e ambientale nel territorio delle Valli del Monviso. Realizzato dall’Associazione b612lab di Saluzzo, realtà internazionale di promozione delle politiche giovanili.
La gara di solidarietà per l’ultima barrique si terrà il 14 novembre durante l’Asta Mondiale del Tartufo Bianco d’Alba, sempre dal Castello di Grinzane Cavour e in live streaming con Hong Kong. Il ricavato sarà donato alla charity internazionale “Mother’s Choice” che opera dal 1987 in favore dei bambini orfani e delle giovani donne in difficoltà.
L’evento di beneficenza del 30 ottobre avrà come Madrina Evelina Christillin, Presidente della Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino e past president dell’ENIT, Agenzia Nazionale del Turismo. Sarà condotto e moderato da Valeria Ciardiello, giornalista impegnata da anni in confronti tematici legati al tema della Corporate Social Responsibility. A battere l’asta Cristiano De Lorenzo, direttore di Christie’s Italia.
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La regina delle guide gastronomiche italiane ed internazionali ha scelto il suo reame. La Franciacorta è stata eletta Destination Partner di Michelin per la presentazione della Guida, momento clou in cui avviene l’annuncio delle “Stelle” assegnate ai ristoranti italiani. L’accordo tra il Consorzio di Tutela del Franciacorta e Michelin avrà una durata di 3 anni.
«Franciacorta è orgogliosa di poter ospitare i protagonisti della migliore qualità culinaria Italiana: i Cuochi», commenta Silvano Brescianini, presidente del Consorzio Franciacorta. «Dobbiamo moltissimo alla ristorazione – aggiunge – che rappresenta il meglio dell’esperienza gastronomica tricolore».
IL COMMENTO
I nostri vini trovano in questi ambasciatori del gusto e del “Made in Italy” preziosi alleati nelle tavole più importanti nel mondo. Ancor più, dopo aver passato il terribile periodo di chiusura, abbiamo il piacere di brindare e festeggiare le stelle in Franciacorta accogliendole con gratitudine ed amicizia».
Entusiasta anche il commento di Marco Do, direttore comunicazione della Michelin Italiana. «La storia della Guida Michelin è una storia di viaggio. Siamo felici di questa partnership che vedrà la Franciacorta come sede delle prossime tre edizioni della Guida Michelin».
«Questo territorio è la cornice ideale per continuare il nostro viaggio alla scoperta dei prodotti vitivinicoli di una terra dalla lunga tradizione e della sua unicità che l’ha resa una delle ambasciatrici del Made in Italy nel mondo», conclude Do.
LA STORIA DELLA GUIDA MICHELIN
La Guida Michelin, che fu originariamente concepita con l’intenzione d’incoraggiare gli automobilisti a mettersi in viaggio, nasce nel 1900 in Francia da un’idea dei fratelli André ed Édouard Michelin, fondatori dell’omonima azienda di pneumatici.
Per aiutare le poche migliaia di automobilisti francesi alle prese con un viaggio che era spesso avventuroso, i fratelli Michelin creano un volumetto per il viaggiatore. Conteneva mappe, procedure per cambiare una ruota, stazioni di servizio. E una lista d’indirizzi in cui mangiare e pernottare la notte.
Preso atto del crescente interesse per la buona tavola, i fratelli Michelin reclutano un’équipe di “avventori misteriosi” – oggi li si chiama “ispettori” – per visitare e recensire anonimamente i ristoranti.
Nel 1926 la guida inizia ad assegnare le stelle agli indirizzi di alta cucina, evidenziandoli inizialmente con una sola stella. Dopo cinque anni, viene introdotta la scala attuale: una, due, tre stelle. Una storia che prosegue e che, per i prossimi tre anni, ha uno spumante ufficiale con cui brindare: il Franciacorta.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
FOTONOTIZIA – «Il mio obiettivo sarà quello di portare avanti i progetti del Consiglio di Amministrazione uscente e soprattutto la nostra azione sarà rivolta alla tutela, vigilanza e alla promozione all’estero. Il 70% della produzione del Primitivo di Manduria è infatti destinata ai mercati internazionali». Sono le prime parole di Francesco delle Grottaglie, neo presidente del Consorzio di Tutela della nota denominazione pugliese.
Nel 2020 si sono prodotte oltre 28 milioni di bottiglie di Primitivo di Manduria. Una cifra che corrisponde a più di 21 milioni di litri per un giro d’affari di oltre 182 milioni di euro. Sono questi i numeri di una delle denominazioni più importanti d’Italia, il Primitivo di Manduria Dop, per il 2020, con un aumento di circa il 26% rispetto al 2019.
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Amfori riconoscerà come «automaticamente qualificate» le aziende che avranno ottenuto la certificazione Equalitas. Un’equazione destinata ad «alleggerire gli adempimenti delle aziende, evitando la duplicazione degli audit e rendendo dunque concreto il concetto, spesso abusato e raramente praticato, di semplificazione burocratica». Un indubbio vantaggio sia per i membri di Amfori BSCI che per quelli di Equalitas.
L’accordo è il risultato di due anni di lavoro intenso, tra il 2019 e il 2020, per «costruire – riferiscono le due aziende – una sinergia che comporterà facilitazioni per le aziende vitivinicole sottoposte alla verifica di requisiti afferenti ai pilastri sociale ed ambientale della sostenibilità (audit)».
Grazie a questo accordo di mutuo riconoscimento dei rispettivi audit, le aziende alle quali era richiesto di sottoporsi alle verifiche Amfori potranno certificarsi Equalitas e, oltre ai vantaggi organizzativi e commerciali che Equalitas garantisce, le stesse eviteranno di sottoporsi al doppio iter.
IL COMMENTO
«Sono orgoglioso di poter formalizzare, dopo due anni di lavoro, questo reciproco riconoscimento tra gli standard Equalitas – SOPD (organizzazioni, prodotti e denominazioni sostenibili) e quelli Amfori BSCI», dichiara il Presidente Equalitas, Riccardo Ricci Curbastro.
Evitare la duplicazione di audit per le aziende vitivinicole è stato uno degli obiettivi di Equalitas fin dalla sua nascita. Inoltre, sono convinto che la partnership con Amfori porterà a una maggiore consapevolezza nel settore riguardo al tema etico-sociale che non può essere ignorato se si vuole avere un vero approccio olistico alla sostenibilità che, allo stato attuale, comporta anche un maggiore impatto su alcuni dei principali mercati internazionali».
I punti in comune fra le parti, prima fra tutte la «sostenibilità nella sua più ampia accezione», sono alla base di una partnership che dunque vede Amfori «ammettere pienamente lo schema Equalitas, riconoscendo allo stesso la capacità di soddisfarne tutti i requisiti fondamentali».
«La nostra realtà – aggiunge il Presidente Amfori, Richard “Dick” Dictus – sostiene da tempo l’importanza di connettersi con partner locali per semplificare gli approcci agli iter in questione. Nel settore vitivinicolo italiano, il nostro accordo con Equalitas garantisce vantaggi tanto per i membri che per i partner commerciali di entrambe le organizzazioni».
Il riconoscimento delle procedure di audit annunciato oggi, dimostra come una partnership di fiducia possa progredire in azioni pratiche. Siamo ansiosi di lavorare a stretto contatto con Equalitas su queste specifiche attività e sullo sviluppo di ulteriori capacità, continuando a portare avanti un percorso basato su idee e progettualità comuni».
CHI SONO AMFORI ED EQUALITAS
Amfori BSCI (Business Social Compliance Initiative) è una delle principali associazioni globali di imprese che promuove il commercio libero e sostenibile. L’obiettivo è supportare le aziende nel favorire la prosperità dell’uomo, così come l’utilizzo responsabile delle risorse naturali e guidare il commercio libero a livello mondiale. Ne fanno parte più di 2000 tra retailer, grandi marchi e istituzioni e costituisce un riferimento globale per il monitoraggio e il miglioramento delle prestazioni di responsabilità sociale nella catena di fornitura.
Equalitas è la società italiana che ha sviluppato un sofisticato protocollo di certificazione della sostenibilità della filiera vitivinicola basato sulle più innovative acquisizioni scientifiche e metodologiche. Si tratta di uno “standard” nato in Italia su misura delle aziende vitivinicole e riconosciuto a livello internazionale, perché unisce in un unico strumento la dimensione ambientale, socioeconomica ed alcuni fondamentali valori etici, come il rispetto delle pari opportunità di genere e il rifiuto di ogni discriminazione.
Equalitas si rivolge alla filiera del vino, ne interpreta le dinamiche produttive e consente a tutti i suoi attori di ottenere la certificazione adeguandosi ai previsti requisiti, siano essi agricoltori, trasformatori, imbottigliatori o Consorzi di Tutela. La norma prevede, infatti, la certificazione di tre dimensioni produttive: l’impresa, il prodotto finito e il territorio.
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Una zona, un vitigno. Un vigneto, un vino. Se in Italia c’è un’area vinicola che sa dove andare, quella è Gambellara. Dei vini vulcanici base Garganega prodotti nell’area collinare classica si parla ancora troppo poco, persino nel Bel paese.
In compenso, è dal 2008 che il Consorzio di Tutela ha concluso uno dei più efficaci progetti di zonazione su scala nazionale. Sono 6 le sottozone individuate: Creari, Taibane, Monti di Mezzo, Selva, San Marco e Faldeo.
Da citare anche la mappatura dell’area di “Pianura”, nella quale i produttori sembrano credere sempre meno, col passare degli anni. A confermarlo è il direttore del Consorzio, Giovanni Ponchia: «La Denominazione – rivela a WineMag.it – ha ormai preso una strada identitaria: quella dei vini vulcanici di collina».
Nel nostro areale si producono sempre più vini bianchi secchi monovarietali, da uve Garganega. E sempre meno vini Doc di pianura, in favore della crescente utilizzo del “Doc classico”, riferita all’area “classica” delle colline, su cui ricadono i cru individuati oltre 10 anni fa».
«Ci sono produttori che ci credono di più – continua Giovanni Ponchia – e produttori che ci credono meno. In linea di massima, si continua a insistere sulla Garganega in purezza, con periodi di sosta sui lieviti abbastanza prolungati, in vinificazione. Per gli affinamenti si predilige l’acciaio, con pochissimo utilizzo dei legni».
I NUMERI DELLA GARGANEGA DI GAMBELLARA
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La produzione annuale di Gambellara si assesta attorno alle 300-450 mila bottiglie, con gli ettari rivendicati che variano da circa 200 a 380 in base all’annata. «La zona è piuttosto circoscritta e ormai tutta vitata – sottolinea ancora il direttore del Consorzio – soprattutto nella parte collinare che sta alimentando sempre più la Denominazione».
«Il Gambellara – continua – è sostanzialmente un vino di collina da monovitigno. Possiamo dire che questo è il distretto in cui la Garganega offre l’espressione più schietta e più franca, esente da “contaminazioni” di altre uve». Un ecosistema in grado di riversare nel calice le caratteristiche del terreno. Nello specifico, quello di matrice vulcanica.
«I cru del Gambellara – evidenzia Giovanni Ponchia – sono lo strumento più efficace in mano ai nostri viticoltori per mostrare le peculiarità tradizionali, toponomastiche e produttive delle sottozone. Bevendo Gambellara classico si comprende perfettamente cosa siano i “vini vulcanici”, rispetto a quelli prodotti in altri tipi di terreni».
LA DOC GAMBELLARA IN 8 BIANCHI DA UVE GARGANEGA
Gambellara Doc Garganega 2020 Ca’ Fischele, Dal Maso
Giallo paglierino piuttosto intenso, riflessi dorati. Al naso un mix elegante di frutta esotica matura, agrumi, ricordi di erbe della macchia mediterranea, mentuccia, verbena e venature iodiche. In bocca la Garganega è generosa ma equilibrata.
Ampia sul frutto (pesca gialla matura, agrumi), tanto quanto nuovamente tesa, fresca, salina. Buona persistenza per un vino che conferma la parola d’ordine “equilibrio”, in tutte le fasi. Buono oggi, ancora meglio domani, per chi ha il piacere di attenderlo.
Gambellara Doc Classico 2017 Creari, Cavazza
Giallo dorato dovuto a una macerazione prolungata sulle bucce. Naso generoso, su note compostissime di frutta stramatura. Si spazia dall’albicocca alla pesca gialla, dall’ananas alla papaia.
Si concede e stratifica lentamente al naso, dopo la generosa overture. E vale proprio la pena di attendere, perché l’ossigenazione libera sbuffi di spezie calde (vaniglia bourbon, zafferano), tanto quanto cremosi ricordi di pasticceria, uvetta e agrumi canditi.
Sullo sfondo, la matrice vulcanico-calcarea del terreno. Una “vulcanicità” che invece appare da subito netta al sorso, di sorprendente tensione e finezza tattile, sin dall’ingresso. Qualcosa difficile da immaginare, dopo un naso giocato principalmente sulle componenti aeree (i frutti), con il “terreno” in sordina.
Non manca però l’equilibrio. Sale e tensione fresco-acida lasciano il giusto spazio all’espressione delle parti morbide, compresa l’alcolicità (13% vol.). Vino in evoluzione, di sicura longevità.
Gambellara Doc Classico 2020 Bocara, Cavazza
Giallo paglierino luminoso. Sin dal primo naso è chiaro come ci si trovi di fronte a un vino che abbina frutto ed essenza minerale-vulcanica. Generosissime e croccanti le note di frutta a polpa bianca (pera) e gialla (pesca, ricordi di albicocca appena matura, susina, melone).
Sull’altro versante, un profilo chiaro, ma ancora non del tutto espresso: il vulcano spinge al naso note pietrose che necessitano tempo e ulteriore affinamento in bottiglia per esprimersi ai massimi della pienezza.
Perfetta sin d’ora la corrispondenza gusto olfattiva, con la frutta protagonista del sorso dall’ingresso alla chiusura. Interessante il profilo minerale del palato, in netta evoluzione. Ne è un emblema la chiusura asciutta ed elegante, sui ritorni pietrosi avvertiti al naso.
Gambellara Doc Classico 2018 Rivalonga, Menti Vini
Giallo paglierino, alla vista. Un vino che è la riprova della longevità dei vini da terroir vulcanico e di quanto il “vulcano” stesso, dalle parti di Gambellara, sia una componente da attendere, prima che si mostri nel calice con estrema eleganza.
Nel Rivalonga di Menti, il binomio frutto-mineralità è ai massimi livelli. Ma il bouquet si arricchisce di preziosi ricordi erbacei, ottima spalla per una salinità che deve sostenere la polpa bianca e gialla di pesca, melone, pera e ananas. Tutta frutta perfettamente matura.
In definitiva un vino in equilibrio estremo, che abbina a una spiccata mineralità e a un “senso” profondo del terroir vulcanico delle colline di Selva, la «dolcezza» e il «sapore» di una terra generosa come Gambellara.
Giallo paglierino, riflessi dorati. Al naso netta impronta minerale, cui si accostano prima ricordi di erbe della macchia mediterranea (mai così netti, nel tasting, il rosmarino e il timo) e, poi, l’ampio bouquet di frutta. Ecco la pesca gialla, l’albicocca, il melone, la susina, tanto quanto una pera matura, grondante di succo.
Non manca una componente agrumata, accostabile più al cedro che al limone, tra polpa e scorza. Splendida corrispondenza gusto olfattiva, con i 13% di alcol in volume che sono una manna dal cielo, nell’ottica del perfetto equilibrio del sorso.
Salinità e freschezza strabordanti, per un vino che entra in bocca come una lama e poi si ammorbidisce, sull’alcol e sulla frutta. Applausi scroscianti per l’epoca di raccolta delle uve Garganega utili alla produzione di questo vino. Uno di quei nettari che esaltano primari dell’uva e terroir, tanto quanto il savoir-faire agronomico ed enologico del vignaiolo.
Gambellara Doc Classico 2019 Col di Mezzo, Natalina Grandi
Giallo paglierino, riflessi dorati. Al naso tutto quello che ci si deve aspettare da un nettare di Gambellara, con un tocco in più di balsamicità, tanto da sfiorare i ricordi di eucalipto e liquirizia. Primo naso comunque dritto sulla matrice vulcanico-salina-pietrosa.
Poi la frutta, generosa e ricca, tra la polpa gialla e quella bianca, abbracciata dal corredo fresco-balsamico. Perfetta corrispondenza gusto olfattiva, anche in termini di stratificazione e coerenza nello sviluppo – quasi sequenziale – dei descrittori. Forse un po’ troppa esuberanza della balsamica, nel retro olfattivo.
Ma la frutta matura e l’alcol aiutano a riequilibrare un sorso saporitissimo, gustoso, tra i più goduriosi del tasting. Attenzione all’abbinamento, che deve essere di pari importanza ed esuberanza gustativa. Con Col di Mezzo, del resto, si può giocare a tavola in termini di temperatura di servizio, più o meno fresca in base al piatto (meglio ricchi primi che secondi a base di pesce).
Giallo paglierino luminoso. Al naso, mai così netto il sentore di pera matura, cui fa eco la tipica mineralità dei bianchi di Gambellara. In bocca si conferma vino agile e beverino, diretto, giocato sull’immediatezza più che sulla stratificazione. Il vino glou-glou della batteria: guardi la bottiglia ed è finita.
Gambellara Doc Classico 2020 Corte dei Mèi, Azienda Vitivinicola Marchetto
Giallo paglierino intenso, dai leggeri riflessi dorati. Naso apparentemente semplice, che si svela pian, piano, con l’ossigenazione. Spazia dalla pera alla pesca e si concede generoso sulle note erbacee mediterranee, prima ancora di rivelare la matrice vulcanica del terreno (Eureka!)
Al palato un tocco leggerissimo d’ossidazione non penalizza, al momento, il resto del corredo. Anzi, lo rende ancora più complesso, accostandosi alle note di frutta matura già avvertite al naso e alla bella vena minerale. Chiude asciutto, salino, tanto da chiamare il sorso successivo. Altro vino dalla grande agilità di beva.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
“Mela bianca, zagara e miele”. L’etichetta del Sicilia Doc Grillo Bio 2020 Settesoli sembra dire tutto sin dallo scaffale del supermercato. Ma è sulla tavola che si completa l’opera: promessa mantenuta, nel calice. Si tratta di uno dei vini certificati Bio (nonché vegan) di Cantine Settesoli, cooperativa di Menfi (AG) che investe da tempo nelle pratiche di viticoltura sostenibile.
LA DEGUSTAZIONE
Il Sicilia Doc Grillo Bio Settesoli si presenta di un giallo paglierino luminoso, con riflessi verdolini. Al naso i ricordi di mela, fiori di zagara e miele promessi dall’etichetta frontale. Perfetta corrispondenza al palato, che abbina freschezza, mineralità e morbidezza, regalando un sorso di piacevole tensione e gusto.
Un vino ottimo a tutto pasto, che trova la propria dimensione ideale in cucina nell’abbinamento con piatti a base di pesce e crostacei. Perfetto anche con primi leggeri e secondi a base di carni bianche, come il pollo.
IL CONCEPT “SETTESOLI BIO”
Come sottolinea la stessa cantina siciliana, i vini bio Settesoli possono contare su un “ingrediente” speciale. È il sole della Sicilia, che permette alle uve, coltivate secondo pratiche di agricoltura biologica, di maturare seguendo gli equilibri della natura.
Il Grillo Bio Settesoli 2020 è prodotto con uve 100% Grillo, coltivate in biologico nella zona di Menfi (AG), dove ha sede la cantina. Le viti affondano le radici in terreni sabbiosi e calcarei. La coltivazione biologica, qui, è naturale.
“Grazie al clima mediterraneo – spiega Settesoli – riusciamo a coltivare i vigneti secondo pratiche di agricoltura biologica, rispettando i ritmi di crescita della pianta. Anche senza l’intervento chimico, garantiamo il benessere alle nostre vigne, grazie a trattamenti naturali a base di rame, zolfo e concimi organici”.
LA VINIFICAZIONE
Importante anche il contenimento delle rese, con una media di 9 mila kg per ettaro. Le uve vengono vengono raccolte tra l’ultima settimana di agosto e la prima decade di settembre. Nel processo di vinificazione, l’utilizzo di anidride solforosa è al di sotto dei limiti stabiliti: si tratta dunque di un vino dal limitato apporto di solfiti.
Inoltre, durante tutto il processo produttivo non vengono utilizzate sostanze di origine animale. Da qui la certificazione vegan, che accosta quella Bio. La fermentazione e la maturazione del Grillo Bio Settesoli avvengono in silos di acciaio. L’affinamento si protrae in bottiglia per 3 mesi, prima della commercializzazione.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Un nuovo spazio a Milano, chiamato semplicemente Eugin, dedicato alla vendita e alla degustazione dei propri gin. Eugin Distilleria Indipendente cresce molto più di quanto i 30 km che separano la distilleria di Meda (MB) dal nuovo shop di via Casoretto a Milano facciano pensare.
Nata nel 2017 dall’amore dei fratelli Eugenio e Niccolò Belli per questo distillato, Eugin da subito si è contraddistinta per i propri prodotti. Gin buoni da bere lisci ed al contempo in grado di valorizzare un cocktail. Distillati che esulano dalla “moda del gin” vivendo di una propria identità organolettica.
«L’idea di aprire uno spazio a Milano – spiega Eugenio Belli – era nell’aria da tempo ma, inevitabilmente, gli ultimi due anni hanno bloccato e rallentato qualsiasi iniziativa. Abbiamo scelto di non avvalerci di un distributore. Scelta che può sembrare suicida, ma anche l’unica che ci permette di raccontare il prodotto».
In Italia il rapporto fra etichette di gin e produttori che posseggono davvero un alambicco è di circa 1 a 100. Noi distilliamo i nostri prodotti, curiamo ogni fase, la scelta di ogni botanica e la creazione di ogni ricetta. Un punto “di presenza” a Milano ci aiuta a raccontare e far capire al consumatore il valore di ciò che facciamo a Meda».
LA CRESCITA
Il punto vendita Eugin è solo la parte più evidente della crescita. Alle spalle c’è un importante incremento dei volumi e delle etichette. La distilleria è in attesa di ricevere un nuovo alambicco, più grande e con due piatti in più ma con la stessa configurazione dell’attuale, per poter aumentare la produzione mantenendo inalterata la qualità.
Eugin, alla luce degli ordini già ricevuti, prevede infatti di più che raddoppiare le attuali 30 mila bottiglie annue entro il 2022. Per farlo è indispensabile ampliare la capacità produttiva in modo omogeneo e conforme alle attuali produzioni. «Diciamo che se dovessimo chiudere l’anno prossimo a meno di 50 mila bottiglie sarei molto scontento», dice Eugenio con malcelata ironia.
UN NUOVO PROGETTO: COLTIVARE IL GINEPRO
Puntare sull’artigianalità e ricerca della territorialità hanno spinto i ragazzi di Eugin al di fuori della distilleria. Sul campo. A coltivare il ginepro, ingrediente fondamentale del gin. Eugenio e Niccolò hanno infatti recentemente acquisito un appezzamento in Val Trebbia ideale proprio per il ginepro selvatico.
L’idea è quella di lavorare sulla botanica portante del gin fin dal principio. Lavorare non solo “a kilometro zero” ma anche sulla stagionalità e sulle caratteristiche proprie della bacca. Forse anche arrivando ad introdurre il concetto di “annata” nel gin, a seconda del raccolto, analogamente a quanto accade nel mondo vitivinicolo.
FORESTA
In occasione dell’inaugurazione del nuovo punto vendita, Eugin ha presentato il suo nuovo “Foresta“. Un gin che nasce «dalla mia passione per le passeggiate fra i boschi ed i loro profumi», dice Eugenio Belli. Un London Dry Gin a gradazione Navy Strenght (57,6% abv) ottenuto con ginepro, semi di coriandolo, radice di angelica, gemme di betulla, corteccia di quercia, nocciole crude e semi di abete.
Degustato in purezza Foresta è potente eppur elegante al naso. Apre su note agrumate che donano grande freschezza, freschezza che poi evolve su sentori balsamici e mentolati. Seguono fragranze legnose e speziate che portano alla mente ricordi autunnali. In bocca è caldo e morbido. Nasconde molto bene la propria forza alcolica regalando un finale lungo e complesso, quasi da meditazione.
All’interno di un gin tonic cambia sensibilmente il proprio profilo. Se le note di base restano le medesime la sua grande morbidezza smorza l’amaro delle tonica regalando una bevuta piena ma al contempo agile. Pericolosamente beverino lascia al palato un piacevolissimo ricordo fresco e balsamico.
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L’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari esprime «forte preoccupazione per le azioni che la Ue intende mettere in campo nel prossimo futuro». Il riferimento è al piano europeo di lotta al cancro presentato dalla Commissione europea, con effetti sulla politica di promozione delle bevande alcoliche. Ma anche ai «metodi di valutazione semplicistici e incompleti come il Nutriscore».
«Sono davvero troppi gli elementi che in questo periodo possono arrecare pregiudizio al settore», afferma il coordinatore di Alleanza Cooperative Agroalimentari Luca Rigotti(nella foto). «Fermo restando l’indiscutibile sostegno alle finalità del piano europeo e l’assoluta necessità di tutelare la salute dei cittadini europei – continua – riteniamo che sia innanzitutto necessario promuovere una corretta educazione dei consumatori, che deve essere improntata ad un consumo moderato e consapevole di vino.
Così come occorre lavorare per raggiungere delle posizioni di equilibrio. Si tratta di un concetto da ribadire, considerando la costituzione presso il Parlamento europeo di una dedicata Commissione e la recente presentazione di una relazione sul tema che, tra le altre indicazioni, promuove un’etichettatura di avvertimento per le bevande alcoliche, compresi i vini».
L’Alleanza Cooperative Agroalimentari evidenzia che «il comparto del vino è impegnato da tempo in un percorso di adeguamento regolamentare come accaduto, ad esempio, in materia di sostenibilità ambientale, sulla quale il modello cooperativo è in prima linea». Così come per «la fornitura dell’elenco degli ingredienti e delle informazioni nutrizionali in etichetta», traguardi indicati nel piano europeo di lotta al cancro ma affrontati anche nell’ambito della Pac post-2020.
La cooperazione vitivinicola, pur sottolineando la differenza tra consumo eccessivo e quindi dannoso di bevande alcoliche e consumo moderato di vino, non può che dirsi d’accordo sulla volontà di valorizzare la prevenzione e tutelare la salute dei consumatori», ha ammonito Rigotti.
«Restiamo tuttavia convinti che l’adozione di una dieta sana, equilibrata e millenaria come quella mediterranea, che è stata iscritta nel 2010 nella lista del Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità e di cui il vino è parte integrante, resti una delle vie migliori per mantenere un buono stato di salute», ha concluso il Coordinatore Vino dell’Alleanza.
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MD continua ad affermarsi come insegna della grande distribuzione sempre più lontana dai canoni del discount, una crescita che si evince anche dalle nuove proposte del reparto vino in continua evoluzione.
MD in questi mesi ha infatti sottoposto lo scaffale vini a una profonda revisione che oggi lo presenta arricchito e razionalizzato inserendo etichette di pregio e di tendenza, e un’ampia scelta di DOCG, DOC, IGT, vini locali e biologici.
Quello dei vini non è più un reparto “accessorio” ma un anello importante per l’insegna italiana, che contribuisce a fidelizzare i clienti e ad attrarne di nuovi, anche grazie ad una precisa strategia: dare al cliente la certezza di acquistare un prodotto di qualità al giusto prezzo.
Un obiettivo reso possibile, oltre che dalla ricerca costante di prodotti premium e attuali, da uno stringente Protocollo di analisi chimico-fisiche e organolettiche che si è tradotto nel 2020 in oltre 600 controlli sui vini proposti.
I DATI DEL VINO DA MD
E il consumatore sembra gradire. Dopo un 2020 di vendite record, sostenute dall’anomalia rappresentata dalla pandemia, la crescita a doppia cifra in volume e valore si conferma anche nel 2021 che registra alla settimana 39 un +13,2% di bottiglie vendute e un +12,7% di fatturato alle casse.
Dati che promettono di far chiudere l’anno con un segno decisamente positivo rispetto alle più contenute previsioni per il settore di un 2021 in cui il consumo casalingo e quindi l’acquisto in grande distribuzione di vini ha pagato lo scotto della ritrovata normalità fuoricasa.
“L’obiettivo di MD è fare dei vini una ‘famiglia’ di richiamo, con il consumatore che deve poter scegliere di fare la spesa in MD anche per i vini”, ha spiegato Giuseppe Cantone, direttore commerciale MD S.p.A., intervenendo alla tavola rotonda “Il mercato del vino nella distribuzione moderna: nuovi equilibri e nuove opportunità”, che si è svolta questa mattina al Vinitaly di Verona.
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La ricerca dell’IRI, presentata oggi a Vinitaly Special Edition, mostra una fase di doppio riequilibrio del mercato dei vini nella Distribuzione Moderna perché le vendite a volume nel 2021 si confrontano con la crescita abnorme del 2020, segnato dalla pandemia, mentre le vendite a valore stanno crescendo già da anni recuperando prezzi che erano troppo bassi nella DM.
Nei primi 9 mesi del 2021 le vendite di vino e bollicine sono aumentate del 2% a volume e del 9,7% a valore: sono stati venduti 12 milioni di litri in più, rispetto allo stesso periodo del 2020, e incassati 200mila euro in più. E ’importante analizzare l’andamento del comparto vini più bollicine per formati: le bottiglie Doc da 0,75lt sono cresciute del 4,8% a volume (+10,8% a valore), quelle IGP del 3,6% (a valore +8,1%).
In calo le vendite a volume dei brik (-5,6%), del bag in box (-2,4%), dei vini confezionati in plastica (-14,3%). Le bottiglie da 0,75lt di vino e bollicine della Marca del Distributore crescono del 3,0% (+6,0 a valore), ma calano nel dato globale del 2,9% (+0,9% a valore).
Va sottolineato che le vendite delle bollicine (+27,1% a volume) trainano l’intero comparto dei vini nella Distribuzione Moderna, ma anch’esse si stanno assestando dopo il 2020, passando da un +45% a volume del primo trimestre 2021 al +28,7% del secondo e al +9,9% del terzo.
Un discorso a parte va fatto per l’on line, una canale ancora piccolo nella Distribuzione Moderna (DM), con una quota di mercato a volume dello 0,9%, ma che cresce di più del 50% rispetto al 2020 e del triplo rispetto al 2019.
Il 2021 sarà dunque un anno di consolidamento che mostrerà in che misura la DM saprà trarre vantaggio dalla grande affluenza dei consumatori nei suoi punti vendita nel 2020 e dall’entrata a scaffale di alcune cantine una volta dedicate al solo canale Horeca (ristoranti, bar e affini).
“La maggior crescita a valore rispetto al volume – ha detto Virgilio Romano, Business Insight Director IRI – dipende da vari fattori che si intrecciano, dando luogo al gap fra i due indicatori: nel lungo periodo assistiamo ad una continua evoluzione del consumatore che compra prodotti con prezzo medio più alto.
nel breve periodo assistiamo al rimbalzo verso il 2020 che ha premiato i vini che lo scorso anno sono stati svantaggiati dalla emergenza pandemica. Aggiungiamo le variazioni nelle dinamiche promozionali, canali che crescono più di altri e possibili variazioni di prezzo al pubblico e abbiamo gli ingredienti che assieme spiegano la distanza tra crescita a valore e crescita a volume”.
La ricerca IRI è stata commentata, nel corso della tavola rotonda di Vinitaly Special edition organizzata da Veronafiere, dai relatori della DM e delle associazioni delle cantine.
Un intervento particolarmente atteso è stato quello del rappresentante della catena discount MD Spa, anche perché il canale dei Discount è arrivato a una quota nel mercato dei vini del 26% a volume e del 15,5% a valore.
“MD ha potenziato il proprio scaffale vini inserendo etichette di pregio e un’ampia scelta di Docg, Doc, Igt, vini locali e biologici – ha detto Giuseppe Cantone, Direttore Commerciale MD SpA – L’assortimento è stato razionalizzato puntando su nuovi trend che prediligono vini versatili come la Ribolla gialla, prodotto di forte interesse, Prosecchi come Pas Dosè e Rosè ed Extra Dry difficili da trovare e per questo particolarmente fidelizzanti e Prosecchi di facile abbinamento come il Brut”.
“Oltre a fidelizzare i clienti offrendo la certezza di acquistare un prodotto di qualità al miglior prezzo – ha concluso Cantone – l’obiettivo è attrarne di nuovi rendendo il vino una famiglia di richiamo e garantendo controlli attraverso analisi qualitative e organolettiche che lo rendano il più possibile costante durante l’anno”.
LO SGUARDO DI CONAD E COOP
Anche Conad ha operato sull’assortimento, come riferito da Alessandra Corsi, Direttrice marketing prodotto e marca del distributore: “Conad cresce a valore quasi il doppio rispetto al mercato nell’anno corrente, non soltanto grazie all’espansione della rete che ci ha permesso di lavorare sui punti vendita di maggiori dimensioni con un’offerta più ampia e profonda, ma anche per il rinnovato assortimento focalizzato sulla premiumizzazione, che comprende anche tipologie di prodotto un tempo presenti esclusivamente nella ristorazione”.
“L’intensità promozionale delle categorie spumanti e vini tipici è rimasta pressoché invariata – ha osservato nel suo intervento Francesco Scarcelli, Responsabile Beverage Coop Italia – mentre è aumentato il prezzo medio del vino: avendo lavorato con listini in continuità col 2020, questo incremento non è dovuto quindi ad aumenti”.
“Piuttosto – ha aggiunto – a un cambio del mix assortimentale e a scelte fatte dal consumatore, che predilige maggiormente prodotti e denominazioni di qualità superiore. Nel 2021 stiamo registrando in Coop un’ulteriore crescita a doppia cifra per il mondo spumanti (+18%), una relativa stabilità per il mondo del vino tipico (+2%) e una flessione dei vini da tavola (-9%)”.
“L’evoluzione e la specializzazione dello scaffale della DM, già in atto da tempo, è stata stimolata dalla situazione Covid e in pochi mesi si sono visti cambiamenti molto significativi – ha sottolineato Marcello Ancarani, rappresentante di Federvini (Direttore Vendita Italia del Gruppo Santa Margherita) – Si è implementato un dialogo indispensabile con il consumatore, con attività promo non solo sul prezzo, ma con messaggi su scaffale e web. Non va trascurato anche il ‘dialogo’ indiretto e sinergico con il canale Horeca”.
“Seppure la crescita sia rallentata in termini di volume, la ricerca dell’IRI mostra come il consumatore abbia continuato a premiare i profili più qualitativi – ha detto Enrico Gobino, rappresentante di Unione Italiana Vini – il principio di ‘meno quantità, più qualità’ sembra diventata una caratteristica che contraddistingue anche il canale DM. Un’ottima base di confronto tra produttori e catene distributive per qualificare l’offerta a favore del consumatore”.
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FOTONOTIZIA – Molto più di una nuova sede. Con i primi lavori del Consiglio Nazionale, Ais Italia (Associazione italiana sommerlier) apre la nuova «casa dei sommelier italiani» a Milano, nel quartiere Lambrate (via Ronchi 9). «Un nuovo spazio fisico per Ais – spiega l’associazione – ma soprattutto nuovo spazio per progetti e iniziative, a completa disposizione dei soci».
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È stato firmato dal Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli il decreto di nomina dei componenti del Comitato nazionale vini Dop e Igp per il prossimo triennio. Alla presidenza il professor Attilio Scienza.
Il Comitato, organo del Mipaaf, ha competenza in materia di tutela qualitativa dei vini Dop e Igp e della loro valorizzazione commerciale. È previsto, infatti, il suo intervento nella procedura di esame delle domande di protezione e modifica dei disciplinari di produzione dei vini Dop e Igp.
Con il presidente Attilio Scienza 19 i membri, scelti tra esperti e rappresentanti di enti e organizzazioni di categoria e professionali della filiera vitivinicola.
COMITATO NAZIONALE VINI DOP E IGP: I COMPONENTI
I componenti del Comitato Nazionale Vini nominati in rappresentanza del Ministero delle Politiche agricole sono Michele Alessi, Andrea Rossi e Luca Lauro Marco. In qualità di esperti in campo tecnico-scientifico-legislativo Michele Zanardo (già Presidente del Comitato per il precedente triennio), Graziana Grassini e Gianluigi Biestro.
In rappresentanza e in qualità di coordinatore delle Regioni e delle Province Autonome Francesco Asaro e Igor Gladich. Ad essi si aggiungono Rosanna Zari, esperta nel settore vitivinicolo di qualità in rappresentanza dell’Ordine dei dottori agronomi e dei dottori forestali.
Al Comitato nazionale vini Dop e Igp ci sono poi Giuseppe Salvini, in rappresentanza delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, il Paolo Brogioni, in rappresentanza dell’Associazione enologi enotecnici italiani; Alberto Mazzoni, in rappresentanza dei consorzi volontari di tutela. Francesco Ferreri, Palma Esposito e Martina Bernardi in rappresentanza delle organizzazioni agricole.
Inoltre Valentina Sourin e Stefano Sequino in rappresentanza delle organizzazioni di tutela delle cantine sociali e cooperative agricole e Gabriele Castelli e Paolo Castelletti in rappresentanza delle organizzazioni degli industriali vinicoli al nuovo Comitato nazionale vini Dop e Igp.
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Il “Rosso del Pievano” apre con un naso sui frutti rossi e neri maturi, come ciliegia e mora di rovo. Terziari molto ben integrati incedono su note di cioccolato, cannella, chiodi di garofano e burro salato. Una leggera nota “selvatica” dona ulteriore spessore.
In bocca grande corrispondenza con il naso e una splendida freschezza, capace di donare tensione al sorso. Lungo il finale. Un rosso che porta immediatamente la mente a piatti di carne della tradizione Toscana.
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Il Barbaresco Docg 2018 “Lorens” di Lodali è il vino che assicura la maggiore costanza qualitativa nel meritevole parterre di Lodali. Cantina che – al giro di boa dei 50 anni dalla fondazione – sta puntando tutto su un rilancio dei propri pezzi da novanta. All’insegna della ricerca della qualità assoluta.
Inserito nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2022 di Winemag.it, il Barbaresco Docg 2018 “Lorens” di Lodali col suo succo rosso e nero (ribes, fragolina, mora, mirtillo) convincerebbe chiunque ad avvicinarsi a quello che è tutto, tranne il fratello minore del Barolo.
Una pienezza e una precisione che si riversano parimenti al sorso, sino a completare l’opera con una chiusura lunga, a sua volta succosissima.
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Con 6.051 campioni registrati alla Summer edition, il Berliner Wine Trophy si conferma tra le competizioni internazionali più importanti per il mondo del vino mondiale. Un appuntamento a cui l’Italia non può (e non vuole) mancare. La conferma arriva dai 1.285 vini italiani iscritti al Berliner Wine Trophy 2021, in corso in queste ore nella capitale tedesca.
L’Italia è il primo Paese nel calice dei giudici giunti da ogni angolo del mondo a Berlino (in rappresentanza di WineMag.it, il direttore Davide Bortone). Una cifra superiore addirittura a quella dei padroni di casa della Germania, ferma a 1.240 vini. A seguire, in questa speciale “Top 5”, Spagna (1.102), Francia (593) e Portogallo (286).
CRESCE LA CINA AL BERLINER WINE TROPHY
Da segnalare l’impressionante scalata della Cina, che piazza al Berliner Wine Trophy 2021 oltre 200 campioni. Interessante anche la suddivisione dei campioni. Per il 91% si tratta di vini fermi, bianchi, rossi e rosé. Circa l’8% dei vini restanti sono spumanti (presenti diversi Prosecco Doc e Docg per l’Italia, oltre a qualche Metodo classico).
Al paniere complessivo contribuisce anche una piccola rappresentanza di vini dolci e liquorosi, provenienti soprattutto da Spagna e Portogallo, ma anche da Ungheria (Aszú e Szamorodni) e Italia (soprattutto da varietà Zibibbo).
LA GIURIA DEL BERLINER WINE TROPHY
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A giudicare i vini italiani e internazionali iscritti al Berliner Wine Trophy 2021 sono 160 giudici provenienti da 31 Paesi. Sedici gli italiani, inferiori di numero solo ai tedeschi (56).
Le degustazioni si svolgono con il patrocinio di Vinofed, Fédération Mondiale des Grands Concours Internationaux de Vins et Spiritueux (in rappresentanza, proprio in questi giorni, c’è Arina Antoce), nonché dell’Oiv, l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (presente la vice presidente Regina Vanderlinde).
A vigilare sulla correttezza dello svolgimento della manifestazione anche Edmund Diesler dell’Union Internationale des Oenologues (Uioe). Il comitivo direttivo del Belriner Wine Throphy è invece composto dal presidente Wolfgang Haupt e dai colleghi Edmund Diesler e Benedikt Bleile.
COME VENGONO ASSEGNATE LE MEDAGLIE AL BERLINER WINE TROPHY
Le medaglie del Berliner Wine Trophy vengono assegnate secondo un calcolo strettamente matematico e scientifico. In termini complessivi accede ai premi, per ogni categoria, solo il 30% dei vini a cui i giudici assegnano una medaglia.
Si parte dalla medaglia d’argento, assegnata ai vini con punteggio minimo di 82/100 (Berlin Silver Medal). Sul gradino più alto la medaglia d’oro (Berlin Gold Medal), con un minimo di 85/100. Primato assoluto per i vini a cui viene assegnata la gran medaglia d’oro (Berlin Grand Gold), ma occorre l’assegnazione di almeno di 92/100 di media da parte dei giudici.
La degustazione avviene rigorosamente alla cieca. Ad ogni tavolo, al momento dell’assaggio, i giudici conoscono solo tipologia, vitigno e annata del vino degustato. Tutti gli altri parametri appaiono solo al termine di ogni sessione, compreso il Paese di provenienza di ogni singolo vino.
A garanzia della media finale, il voto più alto e il voto più basso assegnato a ogni singolo vino non fanno media. Per esempio, in una commissione di 7 giudici in cui il voto più alto è 88 e il voto più basso è 78, concorrono al voto i 5 mediani: 83, 80, 81, 82 e 83 (409:5=81, “no medal”). Rigidissimo, in questo 2021, il rispetto delle norme anti Covid-19, a tutela dei giudici presenti a Berlino.
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Al naso frutta rossa sotto spirito, fragola, erbe mediterranee, foglie di tè. Un tocco di spezia scura dona profondità e incomplessisce il profilo. L’ingresso fresco anticipa un sorso che fa della succosità del frutto la sua forza. Non manca un tannino elegante, capace di regalare ulteriore equilibrio.
Il Toscana Igt Pinot Nero 2013 “Temerario” di Casavyc è un Pinot Nero sanguigno, vero e territoriale. Indubbi i margini di lungo affinamento di un vino che, già ora, racconta bene la zona di appartenenza.
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Il Consorzio Franciacorta inaugura una partnership con WSET– Wine & Spirit Education Trust come Bronze Corporate Patron. Franciacorta entra così fra le organizzazioni di alto profilo che collaborano alla missione di fornire istruzione e qualifiche riconosciute in tutto il mondo per i professionisti e gli appassionati di vino e liquori.
«Poter contribuire alla cultura del vino è sempre stata per noi una missione prioritaria e quindi siamo molto soddisfatti di questa partnership». Afferma Silvano Brescianini, Presidente del Consorzio Franciacorta.
Entusiasmo condiviso da Ian Harris, CEO di WSET, che guarda con ottimismo al futuro di questa collaborazione. «Siamo onorati – afferma Harris – di accogliere il Consorzio Franciacorta come nuovo Corporate Patron di WSET. Non vediamo l’ora di lavorare con loro in futuro».
La collaborazione apre anche nuove opportunità per le aziende del Consorzio di espandere le conoscenze e consolidare la formazione del proprio personale.
L’accesso a corsi di formazione, oltre ad un’educazione di altissimo livello, garantirà la possibilità di beneficiare di un riconoscimento globale. Inoltre darà la possibilità di far parte di un network internazionale di professionisti del settore vino.
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Bell’incedere, pieno ed elegante, delle note esotiche e tropicali, sulla durezza della buccia d’agrume. Ecco l’attesissima vena tesa, fresca e sapida, al palato. Chiude asciutto, ancora una volta su una freschezza elettrica, rigenerante.
Il Colli di Salerno Igp Bianco 2020 “Ida” di Viticoltori Lenza è un bianco che mette in pace col mondo, parlando al cuore con le sue note vere, concrete, materiche. Bella espressione “matrimoniale” della Falanghina e del Greco, in un areale, i Colli di Salerno, che merita attenzione assoluta sulla cartina del vino italiano.
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Sangiovese da lungo affinamento e Vermentino al top della qualità assoluta. Secondo le previsioni di Giovan Battista Basile, presidente del Consorzio Tutela Vini Montecucco, la vendemmia 2021 è stata un successo.
«Andiamo sicuramente verso Sangiovesi da lungo invecchiamento – dichiara – e anche per il Vermentino è stata un’annata favolosa. Siamo più che soddisfatti dell’ottimo stato fitosanitario dell’uva portata in cantina. Nessuna traccia di peronospora né di oidio, a parte qualche lievissimo accenno a inizio luglio ma subito rientrato grazie alle temperature estive molto calde».
A favorire questi risultati è soprattutto il lavoro “pulito” in vigna, che è proprio del Dna della nostra Denominazione, in cui l’85% delle aziende è certificato BIO».
La vendemmia 2021 si è conclusa proprio in questi giorni nell’areale del Montecucco, con la raccolta del Sangiovese allevato nelle aree più alte della Denominazione. Poca uva, con una diminuzione media pari al 20-25% sul 2020. Ma il Sangiovese arrivato in cantina «è a dir poco eccellente».
MONTECUCCO: L’ANDAMENTO CLIMATICO DELLA VENDEMMIA 2021
Un’annata senz’altro di difficile gestione, a partire dalla gelata dell’8-9 aprile che ha rappresentato un duro colpo per la regione – in particolare per le aziende sotto i 220/240 metri sul livello del mare.
Poi, un maggio freddo che ha causato un germogliamento un po’ irregolare, fino allo stress idrico estivo che ha contribuito ad abbassare ulteriormente i volumi di produzione. Una siccità a dir poco anomala che, dati alla mano, ha fatto registrare da gennaio 2021 al 30 settembre solo 204 mm di pioggia rispetto alla media ventennale di 450 mm, ovvero meno della metà.
Parlando di temperature, hanno accompagnato bene la fioritura prima e la maturazione dell’uva dopo, già a partire da giugno – quando si sono già registrati 30 gradi – fino alle decisive escursioni notturne partite intorno al 25 agosto e durate per tutto settembre (con anche 15/16 gradi di variazione), che hanno aiutato notevolmente i tannini ad ammorbidirsi e hanno potenziato molto il profilo aromatico.
Alcune aziende del Montecucco hanno potuto intervenire con irrigazione di soccorso, raggiungendo anche quest’anno i 70 q/ha destinati al Sangiovese Docg, fino a 90 q/ha per il Doc.
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Il Franciacorta Docg Satèn 2016 Barone Pizzini è uno degli spumanti Metodo classico presenti nella Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it. Alla vista si presenta di un giallo paglierino e rivela un perlage fine, persistente.
Un Satèn di estrema ricchezza ed eleganza, simbolo fulgido di quanto lo Chardonnay possa raggiungere punte di eccellenza assoluta anche nella formulazione del Satèn, tipologia notoriamente relegata a canoni di “setosa” morbidezza ed avvolgenza.
Le note iodate, saline e cremose risultano in perfetta fusione con quelle tostate e fruttate-agrumate. A colpire è proprio la preponderanza dei sentori minerali, salini, freschi, d’arancia e pompelmo rosa. Frutta estremamente croccante e, al contempo, di grande concentrazione nel Franciacorta Docg Satèn 2016 di Barone Pizzini.
Bocca felpata da un perlage cremosissimo, che accompagna il sorso sino alla chiusura asciutta. Nella preziosa gamma della cantina di Provaglio d’Iseo (BS), un vino da non perdere. Pezzo da novanta, anche nel rapporto qualità prezzo.
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EDITORIALE – Che lo si chiami Vranec o Vranac è lo stesso. Nei Balcani si identifica principalmente con questi due nomi il vitigno in grado di regalare vini rossi potenti e corposi, freschi, tannici e longevi. L’omonimo vitigno è originario del Montenegro, ma è diffuso anche in Macedonia e Kosovo. Proprio in questi tre Paesi si è svolto il Vranec / Vranac World Day 2021.
Il viaggio e le degustazioni, riservate a critici e stampa internazionale dal 30 settembre al 5 ottobre 2021 (giornata ufficiale della terza edizione organizzata da Wines of Macedonia, celebrata a Podgorica con l’intervento delle istituzioni nazionali e della Master of Wine Caroline Gilby), hanno messo in luce lo “stato dei lavori” sulla varietà. Sia dal punto di vista agronomico che enologico.
L’obiettivo dei produttori è “infilare” il vitigno-vino Vranec / Vranac in valigia, varcando i confini dei Balcani – dove è già molto conosciuto e consumato – per raggiungere ristoranti e tavole di intenditori e consumatori internazionali.
Un percorso agli esordi per il vitigno frutto dell’incrocio naturale o della spontanea mutazione di Kratošija (Кратошија, l’italiano Primitivo) e Duljenga. Una storia ancora tutta da scrivere, nel triangolo compreso tra Skopje, Podgorica e Pristina.
L’IDENTITÀ DEI VINI VRANEC / VRANAC
La lettura locale più schietta è quella di Radosh Vukichevich (nella foto), Ceo di Tikveŝ, la più grande cantina della Macedonia, fresca d’elezione ad “Ambasciatrice del vitigno nel mondo”, assieme all’altro colosso Plantaže, numero uno in termini di volumi in Montenegro (suo il vigneto a corpo unico più vasto d’Europa, 2.300 ettari).
Il Vranec è il vitigno simbolo dei Balcani – spiega bene Vukichevich – importante per il suo potenziale enologico ma anche per l’economia dei nostri Paesi, dal momento che consente di produrre vini di ogni fascia di prezzo, in base all’interpretazione delle cantine. Un vino che, tuttavia, è ancora in fase di profilazione».
«Tutti conosciamo per esempio quale sia il profilo dei vini prodotti con vitigni come Cabernet Sauvignon o Merlot. La grande sfida del Vranec – continua il Ceo di Tikveŝ – è renderlo sempre più riconoscibile quale varietà locale dei Balcani, attraverso alti standard produttivi. Un obiettivo da centrare con il contenimento delle rese, il bando alla standardizzazione ed investimenti in sostenibilità e biologico».
A capo del management di Tikveŝ e con il via libera di un presidente visionario come Svetozar Janevski, Radosh Vukichevich sta traghettando la cantina verso un futuro votato alla qualità, più che alla quantità delle bottiglie prodotte (circa 15 milioni all’anno).
Prova tangibile è l’intera linea Horeca della cooperativa e dei suoi Chateaux & Domaines, espressione dei tre microclimi di Barovo, Lepovo e Bela Voda. Vini che rendono onore alla varietà principe dei Balcani, il Vranec, così come ad autentiche interpretazioni dei vitigni internazionali (da segnalare, in particolare, quella del Cabernet Sauvignon e dello Chardonnay).
La consulenza dell’enologo francese Philippe Cambie aiuta. Così come la presenza in pianta stabile del suo “protetto”, Marko Stojakovic, nato in Serbia ma formatosi a Bordeaux e Montpellier prima dell’approdo a Tikveŝ a soli 27 anni, nel 2010.
IL VRANEC IN MACEDONIA
Dagli assaggi al Vranec / Vranac World Day 2021 emergono chiaramente gli approcci dei tre Paesi al loro vino rosso simbolo. Le idee più chiare in Macedonia. Al di là dei volumi, il Vranec macedone garantisce standard qualitativi più omogenei.
Merito degli ingenti investimenti di diverse cantine in tecnologia, nonché dell’arrivo di capitali ed expertise dall’estero, con professionisti internazionali che hanno trovato un habitat ideale alla corte di Skopje.
L’interpretazione della varietà è schietta e sincera. Spazia dai vini larghi, corpulenti e market-oriented (su tutti quelli di Bovin Winery e Chateau Kamnik), ad espressioni più fresche ed eleganti, come quelle di Stobi Winery e Puklavec Family Wines. Due cantine che sembrano parlare la stessa lingua, potendo contare – tra l’altro – su due winemaker fuoriclasse.
Stobi, a Gradsko, nel cuore della Macedonia, ha trovato la quadra perfetta nella “lettura” del Vranec del giovane giramondo Andon Krstevski, ossessionato dall’esaltazione del varietale e da un uso garbato (intelligentissimo), dei legni.
Una trentina di chilometri più a sud, a Timjaniku, gli ambiziosi investimenti della famiglia slovena Puklavec consentono all’enologo Dane Jovanov di valorizzare microclima e terroir macedone.
Lo stesso approccio produttivo della “casa madre”, situata nella regione di Podravjedel (Ljutomer-Ormož). Nella regione di Radovish, molto convincente il Vranec di Dalvina, da splendide piante di oltre 50 anni.
IL VRANAC DEL KOSOVO
Spostandosi in Kosovo, si cambia completamente registro. Il viaggio organizzato in occasione del Vranec / Vranac World Day 2021 ha consentito di toccare con mano le differenze tra l’interpretazione kosovara del Vranac e quella macedone e montenegrina – per certi versi più vicine tra loro – ancor prima di mettere il naso nel calice.
A parlare, di fatto, è il paesaggio e la sua morfologia. Terre rosse, terre bianche e terre nere si alternano in maniera vivace, dando vita a una sorta di linea immaginaria che avvicina il Kosovo alla Puglia del Primitivo di Manduria.
È qui, al netto delle esigue dimensioni del “vigneto” del Paese (3.500 ettari totali), che il Vranac pare avere una «profilazione» più omogenea. Tutti i vini degustati al Centro della Vite e del Vino di Rahovec (Orahovac), nel Distretto di Prizren, presentano un colore più scarico e un rapporto frutto-acidità lontano da molti eccessi macedoni.
Un paio di vini non perfettamente “puliti” invitano a una maggiore attenzione nelle pratiche di cantina. Ma il calice di Vranac di realtà come Labi Wine, cantina artigianale guidata dall’enologo Labinot Shulina, si staccano dalla media tanto da poter essere considerati simboli per l’intero areale dei Balcani (sopra, una foto del suo vigneto innevato).
Ottime anche le prove di Stonecastle Wine e Rahvera, cantine che consentono di eleggere la cittadina di Rahovec – 65 chilometri a sudest della capitale Pristina, non lontano dal confine con l’Albania – a vero cuore pulsante del Vranac kosovaro.
A convincere, oltre al colore che “spaventa” un po’ meno il consumatore moderno rispetto a quello del «black stallion» macedone, è l’integrazione e corretta gestione (anche grazie alle caratteristiche pedoclimatiche) degli alti livelli di acidità, tipici della varietà.
Il tutto, in accompagnamento alla golosità generalizzata del frutto rosso e nero (si spazia dalla ciliegia alla mora di rovo, come in Macedonia del Nord), e a una spezia che dona carattere ed elettricità al sorso. Per il Kosovo, dunque, ampi margini di miglioramento e note più che mai incoraggianti.
Crescita e consacrazione del movimento del vino kosovaro non possono tuttavia prescindere da un approfondito studio dei terreni (bianchi, rossi, scuri) che possono regalare vini tanto diversi quanto tipici. Più luci che ombre, insomma, nella piccola repubblica dei Balcani.
IL VRANAC IN MONTENEGRO
Si cambia Paese ma resta la “a”, al posto della “e” di Vranec. Anche in Montenegro, il rosso simbolo dei Balcani si chiama Vranac. È qui che succede quello che non t’aspetti. Dopo le prove più che mai positive dei colossi macedoni (grandi cantine in grado di produrre annualmente ingenti volumi di vino) a scivolare è la cantina che più di tutti dovrebbe trainare la scoperta del vitigno: Plantaže.
Tutti i vini degustati a Šipčanik, nelle maestose sale ricavate da un ex aeroporto militare (7 mila metri quadrati complessivi, profondità media di oltre 30 metri, tunnel per l’affinamento dei vini lungo 356 metri e alto 7) paiono usciti da un film in bianco e nero. Di un’altra epoca.
Piacciono tantissimo alle guide internazionali, eppure non emozionano e non convincono. Tantomeno nel rapporto qualità prezzo, squilibrato su un marketing utile forse a giustificare costi di gestione e interessi degli azionisti (tra cui figura ancora lo stesso Stato del Montenegro). In definitiva, vini stanchi. Vini in divisa.
La vera sorpresa, in Montenegro, sono i giovani. Gente come Nikola Marković(nella foto sotto) che con la famiglia sta realizzando mattone dopo mattone una cantina (con ristorante e mini hotel) strappata alla natura incontaminata, a Cetinje. Appena due ettari per 10 mila bottiglie annue.
Se la migliore espressione del Vranac è ancora da trovare – il desiderio di produrre una versione meno opulenta finisce per dar vita a un rosso troppo scarno, che può essere considerato un punto di partenza ma non un punto di arrivo, tantomeno un’icona stilistica alternativa nell’interpretazione della varietà – colpisce l’altro rosso di Vinarija Marković.
Si tratta di un vino ottenuto dalla Tamjanika nera, varietà originaria della Serbia. In “carta” anche un vino ottenuto da Tamjanika bianca, altrettanto interessante. «Produrre vino qui è una questione d’amore più che di business», riferisce Nikola Marković riequilibrando inconsapevolmente il braccio della bilancia con i vicini di casa di Lipovac Winery (nella foto a inizio paragrafo).
Questo il nome scelto dal magnate russo per una boutique winery votata alla spettacolarizzazione del concetto di “vino”. Il sipario si apre a centinaia di metri di distanza dall’edificio, su un costone circondato da terrazze artificiali di vigneti. Tutt’attorno, un anfiteatro di montagne, in cui la roccia s’alterna a un verde che profuma di Mediterraneo.
Siamo a Građani (Грађани), in uno di quei luoghi in cui il viaggio – arduo – vale la meta. Lo “show” continua in cantina, dove il direttore Pavle Micunovic mostra fiero il proprio arsenale di anfore di terracotta d’Impruneta e qvevri (kwevri / kvevri / quevri) tipiche della Georgia (ქვევრი). C’è concretezza, oltre allo spettacolo, nel calice.
In primis grazie a una delle rare espressioni “in rosa” del Vranac (una caramellina, nonché il classico rosato “glou glou” che cattura sin dal colore, corallo luminoso). Poi grazie al Vranac in anfora e qvevri, capace di colpire per stile, gioventù e prospettiva (non solo di mercato).
UN BRAND COLLETTIVO PER IL VRANEC / VRANAC DEI BALCANI
La domanda è centrale, specie nel contesto della terza edizione del Vranec / Vranac World Day 2021, quella della svolta. La strada segnata da diversi produttori è quella corretta, anche se – come dice bene Radosh Vukichevich – i vini necessitano di ulteriore profilazione. E poi?
In un mondo sempre più globalizzato, in cui esperienze ed expertise sono intercambiabili e replicabili in diversi angoli del pianeta, occorre forse andare oltre (anche) al profilo della varietà. Per esplorare le potenzialità della sua terra d’origine: i Balcani. Un contesto uniforme.
Già, perché se la varietà (il vitigno) è replicabile ovunque lo consentano le condizioni climatiche, l’accezione “balcanica” del Vranec / Vranac rappresenta un unicum. Anzi, l’unicum su cui puntare. Ben oltre il “banale” nome (replicabile) di un vitigno.
E se dopo essersi “(ri)unite” per la comunicazione del Vranec / Vranac, i tre paesi Macedonia, Montrenegro e Kosovo lavorassero a un “brand collettivo” sotto cui riunire e identificare i vini prodotti con questa varietà, secondo standard comuni?
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Presentati ufficialmente i primi prodotti diStrada Ferrata, la distilleria artigianale nata dalla sinergia di Railroad Brewing e Birrificio Italiano. Spirits figli delle distillazioni iniziate ufficialmente lo scorso 11 febbraio e della neonata esperienza di Benedetto “Benny” Cannatelli (Railroad), Agostino Arioli (Birrificio Italiano) e Marco “Draco” Giannasso (il Master Distiller).
Distillati giovani ma di carattere. “Spiriti Italiani” che cercano di tracciare una strada nuova. «Siamo italiani, quindi maestri del gusto – dice Agostino Arioli – e nel fare distillati ci mettiamo quello che è il nostro DNA».
LA “NUOVA VIA” DEL WHSIKY ITALIANO
«Vogliamo fare qualcosa di nuovo, di ricco e piacevole – prosegue Agostino -. Però dobbiamo essere consapevoli che se ci mettiamo a fare lo “scotch whisky” commettiamo l’errore di fare qualcosa che è tipico di qualcun altro. A noi il compito di fare ricerca, sempre, per definire nuovi standard».
Un “via italiana” del distillato di cereali che, a differenza delle tradizioni scozzese ed americana, non si focalizza sul processo di distillazione ed invecchiamento. Punta invece sulle caratteristiche del fermentato da distillare sfruttando la grande competenza sviluppata da mastri birrai.
Il processo di produzione – spiega Benny – è composto da diverse fasi. Storicamente le varie scuole tradizionali si sono concentrate su alcune di esse e cioè su distillazione e invecchiamento. C’è una sorta di gap per quel che riguarda l’attenzione alle variabili che portano al fermentato da distillare. Fermentato considerato alla stregua di una “materia prima” scelta solo in base a criteri di efficienza».
«A noi – prosegue – interessa mettere in primo piano le caratteristiche organolettiche a costo di perdere un po’ di resa. Queste sono anche le variabili che costituiscono il nostro background, la nostra storia. È un matrimonio perfetto fra gap di mercato e quello che noi sappiamo fare. Ci sentiamo al posto giusto nel momento giusto».
IL “WHISKY ITALIANO” ED IL “NEW MAKE”
Evolvere il concetto di birrificio artigianale verso quello di distillazione artigianale, analogamente a quanto già successo negli Stati Uniti col fenomeno del Craft Distilling. È da questa consapevolezza che nasce il desiderio di creare il primo “Whisky all’italiana“.
Le prime botti di Strada Ferrata stanno già riposando, in attesa di poter diventare Whisky nel 2024 (dopo i 3 anni minimo di invecchiamento). Botti di ciliegio selvatico e acacia fabbricate artigianalmente in Irpinia. Botti italiane come italiani sono i malti utilizzati e come italiano è “Tony“, l’alambicco di Strada Ferrata.
A fianco del Whisky, che è già possibile acquistare aderendo la progetto “21 Founders” (la possibilità di riservare in via esclusiva la propria botte o una quota della stessa), Strada Ferrata propone “New Make“. Il distillato bianco, declinato in 6 diverse versioni.
LA DEGUSTAZIONE
New Make Originale
La versione “pura” del New Make. Bianco e senza alcuna aromatizzazione. 45% abv, ottenuto da malti Monaco e lieviti Saison. Al naso l’alcol è leggermente pungente ma non copre le piacevoli note di malto, pera, frutta gialla e frutta tropicale. Un tocco di spezie morbide.
In bocca l’elevata alcolicità è ben vestita dalla grande morbidezza. Sorso caldo ed avvolgente, mediamente persistente che lascia il palato pulito.
New Male Cascadian
Arricchito con luppoli Tettnanger e Citra attraverso una particolare tecnica di sospensione degli stessi in alcol risulta molto diverso da Originale. Al naso prevalgono i sentori di luppolo. Note fresche ed agrumate che strizzano l’occhio alla frutta gialla matura.
Al palato nasconde meno bene i suoi 40% abv risultando più pungente eppur beverino. Poco persistente tende ad essere un po’ sfuggente in bocca.
New Make Capparis
Aromatizzato con concentrato di capperi di Pantelleria ed imbottigliato a 35% abv. Al naso, oltre all’inconfondibile nota salmastra del cappero, rivela un bouquet che parla di Mediterraneo. Fresco, erbaceo. Timo e maggiorana. Profondo e balsamico. Bocca sapida e persistente. Pensato per l’aperitivo dimostra anche grandi capacità di abbinamento gastronomico.
New Make Levante
Aromatizzato con 4 spezie (cardamomo, coriandolo, zagare e achillea) messe separatamente in infusione in vasi di terracotta. 40% abv. Naso fresco dove si alternano note floreali, di orzo, spezie, zafferano e agrumi. Più diretto e di facile beva rispetto ai precedenti è dotato di buona persistenza. Un prodotto che può essere di grande ispirazione per la mixology.
New Make Torbato
Come dice il nome stesso è ottenuto con il 100% di malti torbati scozzesi. Secondo genito di Tony dopo Originale risulta pulito e preciso tanto al naso quanto in bocca. Note aromatiche di torba che non ci si aspetterebbe da un “bianco”. 45% abv perfettamente nascosti al naso e ben integrati nel sorso. Lunga la persistenza.
New Make Füm
Realizzato con malti affumicati delle regione di Bamberga e con l’uso di chips di ciliegio e acero. 40% abv. Lo si potrebbe definire un distillato “da dessert”. Morbido tanto al naso quanto in bocca. Crema pasticcera, ciliegia sotto spirito, marmellata di fragole, leggero tocco di miele. Leggera nota legnosa in persistenza.
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Inaugurato il primo Roadhouse Restaurant in Campania alla Stazione di Napoli Centrale, all’interno della nuova Food Hall. Si tratta del 166° locale della catena. A fianco è stato inaugurato anche il 16° punto vendita del brand Billy Tacos, ispirato alla cucina messicana.
«Per noi le aperture di Napoli rappresentano un grande traguardo – afferma Nicolas Bigard, Amministratore Delegato di Roadhouse Spa – . Tra le grandi città italiane, Napoli era l’unica dove ancora mancavano. A giudicare dall’attesa e dalle tantissime richieste che ci sono giunte dai social, sono certo che i nostri formati riscuoteranno anche qui un grande successo».
«In più, grazie alla partnership con Grandi Stazioni Retail abbiamo una location speciale con un facile accesso anche dall’esterno della stazione, una magnifica vista verso il Vesuvio e un layout particolarmente curato. Oltre che per i viaggiatori Roadhouse Restaurant e Billy Tacos si offrono come locali di riferimento per tutti i napoletani». Conclude Bigard.
Entrambi i nuovi locali nella stazione di Napoli Centrale sono aperti dalle 12 alle 22 e complessivamente danno lavoro a circa 40 giovani, tutti neoassunti.
ROADHOUSE RESTAURANT E BILLY TACOS
Roadhouse Restaurant è un ristorante specializzato in carni alla griglia, burger e BBQ Ribs, le iconiche costine di maiale in salsa barbeque. Il menu prevede un vasto assortimento di piatti unici a base di carne alla griglia e un ricco assortimento di Burger.
Billy Tacos è un formato di ristorazione veloce ispirato alla cucina messicana che sta riscontrando un notevole favore. Nonostante sia stato lanciato da meno di due anni, con Napoli conta già 16 locali in Italia. Il menu comprende Mex Tacos, Burritos, French Tacos e Poke Bowl personalizzabili con moltissime combinazioni.
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Inaugurato il primo Roadhouse Restaurant in Campania alla Stazione di Napoli Centrale, all’interno della nuova Food Hall. Si tratta del 166° locale della catena. A fianco è stato inaugurato anche il 16° punto vendita del brand Billy Tacos, ispirato alla cucina messicana.
«Per noi le aperture di Napoli rappresentano un grande traguardo – afferma Nicolas Bigard, Amministratore Delegato di Roadhouse Spa – . Tra le grandi città italiane, Napoli era l’unica dove ancora mancavano. A giudicare dall’attesa e dalle tantissime richieste che ci sono giunte dai social, sono certo che i nostri formati riscuoteranno anche qui un grande successo».
«In più, grazie alla partnership con Grandi Stazioni Retail abbiamo una location speciale con un facile accesso anche dall’esterno della stazione, una magnifica vista verso il Vesuvio e un layout particolarmente curato. Oltre che per i viaggiatori Roadhouse Restaurant e Billy Tacos si offrono come locali di riferimento per tutti i napoletani». Conclude Bigard.
Entrambi i nuovi locali nella stazione di Napoli Centrale sono aperti dalle 12 alle 22 e complessivamente danno lavoro a circa 40 giovani, tutti neoassunti.
ROADHOUSE RESTAURANT E BILLY TACOS
Roadhouse Restaurant è un ristorante specializzato in carni alla griglia, burger e BBQ Ribs, le iconiche costine di maiale in salsa barbeque. Il menu prevede un vasto assortimento di piatti unici a base di carne alla griglia e un ricco assortimento di Burger.
Billy Tacos è un formato di ristorazione veloce ispirato alla cucina messicana che sta riscontrando un notevole favore. Nonostante sia stato lanciato da meno di due anni, con Napoli conta già 16 locali in Italia. Il menu comprende Mex Tacos, Burritos, French Tacos e Poke Bowl personalizzabili con moltissime combinazioni.
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Missione all’estero per il Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop. Ottobre sarà dedicato agli eventi internazionali, a partire dall’Esposizione Universale di Dubai fino alla fiera Anuga di Colonia. L’obiettivo è consolidare il trend positivo dell’export della Bufala Dop.
Nel 2020 le esportazioni hanno fatto segnare un +9,7%, raggiungendo il 37% del totale della produzione, che vuol dire quasi 20 mila tonnellate di mozzarella Dop arrivate sulle tavole di tutto il mondo. Francia, Germania e Spagna sono i Paesi sul podio dell’export.
L’identikit del consumatore all’estero di mozzarella Dop è stato tracciato da una recente ricerca di Nomisma per il Consorzio di Tutela. È un lavoratore con titolo di studio alto, reddito medio-alto, con figli minori di 12 anni ed è stato in Italia. Ecco il calendario di appuntamenti del Consorzio nel mese di ottobre.
EXPO DUBAI (1 OTTOBRE 2021 – 31 MARZO 2022)
La prima tappa all’estero del Consorzio è all’Expo di Dubai, inaugurato lo scorso 1 ottobre, dove sono pronti a fare squadra i grandi formaggi Dop italiani. La mozzarella di bufala campana partecipa infatti alla collettiva di Afidop (l’associazione dei formaggi Dop italiani) a cui prendono parte anche i Consorzi di Tutela del Grana Padano, Gorgonzola e Pecorino romano.
La Bufala Dop sarà presente a M-Eating Italy, uno spazio pensato per trasmettere l’esperienza italiana nelle sue aree di eccellenza. Lo spazio M-Eating Italy sarà il contesto per far conoscere i formaggi Dop italiani, le loro caratteristiche, la loro storia, la grande capacità di trasformazione delle imprese italiane e il loro valore.
Durante i sei mesi di Esposizione universale, saranno organizzati una serie di appuntamenti che uniranno degustazioni “in purezza” a veri e propri show cooking.
«Presentarsi uniti e compatti al primo e più importante evento internazionale post-pandemia è un valore aggiunto per i nostri grandi formaggi Dop. Per noi è strategico continuare a crescere nei prossimi anni, anche nei mercati lontani». Dichiara Domenico Raimondo, presidente del Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop.
«I consumatori ci chiedono una ulteriore attenzione ai temi della qualità e della sostenibilità. Temi su cui siamo già al lavoro e che ci consentiranno di conquistare anche i consumatori di domani nel mondo». Conclude Raimondo.
ANUGA, CAOLONIA (GERMANIA) 9 – 13 OTTOBRE 2021
L’altro appuntamento internazionale di ottobre è la fiera Anuga di Colonia, in Germania, la principale manifestazione europea per il Food&Beverage. Il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop avrà uno spazio al padiglione 10.1 Stand H22-G23. Anche in questo caso sotto l’egida di Afidop, insieme ad altri 4 Consorzi italiani: Grana Padano, Taleggio, Asiago e Gorgonzola.
Durante la rassegna, lo stand ospiterà tre masterclass guidate da uno chef, un sommelier e una performer. Un occasione per presentare, spiegare e far degustare la Bufala Campana e gli altri formaggi Dop coinvolti. In particolare il 10 ottobre Domenico Gentile, chef, formatore di origine italiane e autore di un fortunato libro di cucina in Germania, nel suo show cooking presenterà cinque ricette originali con i formaggi di eccellenza.
L’11 ottobre invece sarà la volta di Claudia Stern, sommelier tedesca, redattrice della rivista tedesca specializzata Vinum e membro della Sommelier Union Germany. Stern spiegherà i migliori abbinamenti di vino con i 5 prodotti Dop. A guidare l’ultima masterclass del 12 ottobre ci sarà infine Stefania Lettini, chef, formatrice, youtuber che presenterà uno storytelling dei 5 formaggi attraverso il racconto e la degustazione guidata.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Missione all’estero per il Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop. Ottobre sarà dedicato agli eventi internazionali, a partire dall’Esposizione Universale di Dubai fino alla fiera Anuga di Colonia. L’obiettivo è consolidare il trend positivo dell’export della Bufala Dop.
Nel 2020 le esportazioni hanno fatto segnare un +9,7%, raggiungendo il 37% del totale della produzione, che vuol dire quasi 20 mila tonnellate di mozzarella Dop arrivate sulle tavole di tutto il mondo. Francia, Germania e Spagna sono i Paesi sul podio dell’export.
L’identikit del consumatore all’estero di mozzarella Dop è stato tracciato da una recente ricerca di Nomisma per il Consorzio di Tutela. È un lavoratore con titolo di studio alto, reddito medio-alto, con figli minori di 12 anni ed è stato in Italia. Ecco il calendario di appuntamenti del Consorzio nel mese di ottobre.
EXPO DUBAI (1 OTTOBRE 2021 – 31 MARZO 2022)
La prima tappa all’estero del Consorzio è all’Expo di Dubai, inaugurato lo scorso 1 ottobre, dove sono pronti a fare squadra i grandi formaggi Dop italiani. La mozzarella di bufala campana partecipa infatti alla collettiva di Afidop (l’associazione dei formaggi Dop italiani) a cui prendono parte anche i Consorzi di Tutela del Grana Padano, Gorgonzola e Pecorino romano.
La Bufala Dop sarà presente a M-Eating Italy, uno spazio pensato per trasmettere l’esperienza italiana nelle sue aree di eccellenza. Lo spazio M-Eating Italy sarà il contesto per far conoscere i formaggi Dop italiani, le loro caratteristiche, la loro storia, la grande capacità di trasformazione delle imprese italiane e il loro valore.
Durante i sei mesi di Esposizione universale, saranno organizzati una serie di appuntamenti che uniranno degustazioni “in purezza” a veri e propri show cooking.
«Presentarsi uniti e compatti al primo e più importante evento internazionale post-pandemia è un valore aggiunto per i nostri grandi formaggi Dop. Per noi è strategico continuare a crescere nei prossimi anni, anche nei mercati lontani». Dichiara Domenico Raimondo, presidente del Consorzio di Tutela Mozzarella di Bufala Campana Dop.
«I consumatori ci chiedono una ulteriore attenzione ai temi della qualità e della sostenibilità. Temi su cui siamo già al lavoro e che ci consentiranno di conquistare anche i consumatori di domani nel mondo». Conclude Raimondo.
ANUGA, CAOLONIA (GERMANIA) 9 – 13 OTTOBRE 2021
L’altro appuntamento internazionale di ottobre è la fiera Anuga di Colonia, in Germania, la principale manifestazione europea per il Food&Beverage. Il Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop avrà uno spazio al padiglione 10.1 Stand H22-G23. Anche in questo caso sotto l’egida di Afidop, insieme ad altri 4 Consorzi italiani: Grana Padano, Taleggio, Asiago e Gorgonzola.
Durante la rassegna, lo stand ospiterà tre masterclass guidate da uno chef, un sommelier e una performer. Un occasione per presentare, spiegare e far degustare la Bufala Campana e gli altri formaggi Dop coinvolti. In particolare il 10 ottobre Domenico Gentile, chef, formatore di origine italiane e autore di un fortunato libro di cucina in Germania, nel suo show cooking presenterà cinque ricette originali con i formaggi di eccellenza.
L’11 ottobre invece sarà la volta di Claudia Stern, sommelier tedesca, redattrice della rivista tedesca specializzata Vinum e membro della Sommelier Union Germany. Stern spiegherà i migliori abbinamenti di vino con i 5 prodotti Dop. A guidare l’ultima masterclass del 12 ottobre ci sarà infine Stefania Lettini, chef, formatrice, youtuber che presenterà uno storytelling dei 5 formaggi attraverso il racconto e la degustazione guidata.
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“Il settore distillatorio italiano tra modello di sostenibilità e nuove sfide“. È questo il titolo scelto da AssoDistil per la due giorni in programma il 28 e 29 ottobre a Nogaredo (Trento) nell’auditorium di Distilleria Marzadro.
L’iniziativa – organizzata in collaborazione con Bernadet, Labrenta e Gruppo Saida – sarà l’occasione per approfondire il lavoro portato avanti dalle distillerie italiane sui temi della sostenibilità e dell’economia circolare. Verranno inoltre presentati i primi prototipo di bottiglia, tappo ed etichetta 100% green.
«Finalmente dopo 2 anni – commenta Antonio Emaldi, presidente AssoDistil – torniamo a incontrare in presenza le distillerie associate. Ripercorreremo insieme gli eventi che hanno caratterizzato l’operatività delle nostre imprese in questi ultimi due anni, dal periodo emergenziale alle prospettive per il futuro».
«Questo grazie ai dati presentati da Nomisma e alle tendenze illustrate da Format Research – prosegue Emaldi -. Una delle parole cha abbiamo sentito pronunciare negli ultimi tempi è “resilienza” e ritengo che il nostro settore ne rappresenti un esempio perfetto».
«Sostenibilità ed economica circolare – aggiunge Sandro Cobror, direttore generale AssoDistil – sono da sempre valori fondamentali per le distillerie italiane. Il Report sulla sostenibilità pubblicato lo scorso anno ha evidenziato che il settore distillatorio produce non solo Grappe, distillati e acquaviti di grande qualità ma lo fa mettendo in pratica modelli sostenibili, rispettando e migliorando l’ambiente».
IL PROGRAMMA
I lavori si apriranno giovedì 28 ottobre alle ore 15.30 con l’intervento di Antonio Emaldi che illustrerà il bilancio del settore distillatorio per l’anno 2020 – 2021. Il pomeriggio seguirà con un focus sui dati economici, il clima di fiducia, l’internazionalizzazione e gli effetti dell’epidemia covid-19 sul comparto.
La presentazione sarà supportata dai dati dell’Osservatorio sui distillati a cura di Format Research. Alle ore 16.30 sarà la volta dello studio sullo status e le prospettive di sviluppo della Grappa in Italia a cura di Nomisma.
Venerdì 29 ottobre sarà la giornata dedicata alle best practice sul packaging sostenibile, nuova frontiera per un settore che punta ad essere sempre più green. Si inizierà alle 10.30 con i saluti di Filippo Gallinella, presidente della Commissione Agricoltura Camera dei Deputati e con l’introduzione di Sandro Cobror, direttore AssoDistil.
A seguire sarà l’intervento di Giuseppe Morelli, direttore commerciale Gruppo Saida che presenterà “Il packaging sostenibile: il vetro”. Alle ore 11 sarà Amerigo Tagliapietra, sales director di Labrenta, a parlare del tappo sostenibile.
Alle ore 11.15 sarà la volta di Chiara Bettini, business developer Bernadet Italia, che parlerà delle soluzioni sostenibili per le decorazioni dei distillati. l soci sostenitori AssoDistil – Bernadet, Labrenta e Gruppo Saida – presenteranno inoltre la prima bottiglia con tappo ed etichetta 100 per cento green.
«Questa due giorni rappresenta una nuova tappa di questo percorso che intende sottolineare come la sostenibilità del settore distillatorio si arricchisca del contributo di imballaggi sempre più moderni e sostenibili che riutilizzano materie prime, senza rinunciare al design e all’eleganza necessaria per confezionare prodotti di eccellenza».– conclude Sandro Cobror.
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