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Abbinamenti Primitivo Rosato Salento Igp Notte Rossa: mai provato con la zuppa di pesce?

Abbinamenti Primitivo Rosato Salento Igp Notte Rossa: mai provato con la zuppa di pesce?A tre anni dalla presentazione della nuova veste, il Primitivo Rosato del Salento Igp Notte Rossa si conferma uno dei migliori vini rosati in vendita al supermercato. Non solo nel rapporto qualità prezzo. Un nettare versatile, capace di convincere tutti anche a tavola, sul fronte degli abbinamenti. A partire da quelli più “audaci” (solo a prima vista).

Già perché il il Primitivo Rosato del Salento Igp Notte Rossa è uno di quei “rosé” capaci di convincere anche i più scettici che, col pesce, non bisogna per forza abbinare un vino bianco. Provare per credere.

ABBINAMENTI PRIMITIVO ROSATO DEL SALENTO: LA ZUPPA DI PESCE

Senza muoversi dai confini della Puglia, non sfigurerebbe per esempio con un buon Ciambotto. È la tipica zuppa realizzata nel Sud Italia con ingredienti di facile reperimento al supermercato.

Il riferimento è a molluschi come seppie e cozze, crostacei come le cicale di mare. Passando per pesci “poveri” come le triglie, economiche ma buonissime (validissimi anche pagelli, gallinelle e piccoli scorfani).

Zuppe di pesce da poter condire, senza timori, con abbondante olio extravergine d’oliva, nonché pomodorini, prezzemolo, aglio, una spruzzata di pepe e un tocco di peperoncino.

LA VERSATILITÀ NELL’ABBINAMENTO DEL PRIMITIVO ROSATO

Il Primitivo Rosato del Salento Igp Notte Rossa reggerà il confronto con la zuppa di pesce e donerà al piatto un indiscutibile valore aggiunto. D’altro canto, le note eleganti di piccoli frutti rossi e la mineralità di questo rosé pugliese ben si abbinano a tutto pasto.

Una garanzia con gli antipasti all’italiana (salumi e formaggi formaggi giovani, poco stagionati), così come con primi a base di pasta e secondi di carni bianche. Un rosato ottimo anche da solo, specie dopo una lunga giornata di lavoro: da sorseggiare pensando allo splendido mare del Salento.

Prezzo pieno: 6,90 euro
Acquistabile presso: Tigros, Basko, Famila, Sigma, Coop

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Mamojà: via libera alla bottiglia istituzionale da singola vigna di Mamoiada

A partire dall’annata 2020, l’associazione di produttori di Mamojà metterà in vendita una bottiglia “istituzionale”, frutto delle uve di una singola vigna. «Ogni anno sarà data la possibilità ad un socio viticoltore di mettere in bottiglia il proprio vino», spiega il presidente Francesco Cadinu.

«Lo scopo di questo nuovo progetto – continua – è di incentivare sempre più i soci viticoltori a valorizzare il proprio prodotto e far nascere nuove cantine». L’ennesima conferma dello «spirito di unione e collaborazione per la  valorizzare del territorio e del vino di Mamoiada», in una regione, la Sardegna, dove la voce dei Consorzi del vino è assente. E il marketing affidato ai singoli gruppi imprenditoriali, o alle singole cantine.

«In questi anni – ricorda l’associazione – l’approccio dell’Associazione Mamojà ha permesso uno sviluppo territoriale, economico e culturale. Con la nascita di numerose cantine e con la messa in bottiglia dei vini è avvenuta la vera rivoluzione consentendo ai vini di Mamoiada di presentarsi nel mondo del vino con un’identità precisa: quella del territorio».

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Sicilia Doc Nero d’Avola Bio 2020, Settesoli

“Prugna, melograno e frutti rossi”. Dopo il Grillo, anche la bella etichetta del Sicilia Doc Nero d’Avola Bio 2020 Settesoli trova conferme nell’assaggio. Si tratta del vino rosso biologico e vegano della cooperativa di Menfi (AG), dall’ottimo rapporto qualità prezzo.

LA DEGUSTAZIONE

Il Sicilia Doc Nero d’Avola Bio Settesoli si presenta di un rosso rubino intenso. Ottima corrispondenza gusto olfattiva, con i ricordi dei frutti a polpa rossa e nera ben evidenziati sull’etichetta frontale: prugna, melograno e frutti rossi” come la ciliegia e il ribes.

Gran facilità di beva e, al contempo, carattere da vendere. Un vino che esalta primi e secondi a base di carne, tanto quanto i formaggi a pasta dura. Perfetto con la pasta alla norma e, in generale, con piatti ricchi di gusto e “sostanza”.

IL CONCEPT “SETTESOLI BIO”

Come sottolinea la stessa cantina siciliana, i vini bio Settesoli possono contare su un “ingrediente” speciale. È il sole della Sicilia, che permette alle uve, coltivate secondo pratiche di agricoltura biologica, di maturare
seguendo gli equilibri della natura.

Il Nero d’Avola Bio Settesoli 2020 è prodotto con uve 100% Nero d’Avola coltivate in biologico nella zona di Menfi (AG), dove ha sede la cantina. Le viti affondano le radici in terreni sabbiosi e calcarei. La coltivazione biologica qui è un fattore naturale.

“Grazie al clima mediterraneo – spiega Settesoli – riusciamo a coltivare i vigneti secondo pratiche di agricoltura biologica, rispettando i ritmi di crescita della pianta. Anche senza l’intervento chimico, garantiamo il benessere alle nostre vigne, grazie a trattamenti naturali a base di rame, zolfo e concimi organici”.

LA VINIFICAZIONE

Importante anche il contenimento delle rese, con una media di 9 mila chilogrammi per ettaro. Le uve vengono vengono raccolte tra la fine di agosto e la metà di settembre. Nel processo di vinificazione, l’utilizzo di anidride solforosa è ben al di sotto dei limiti stabiliti. Si tratta dunque di un vino dal limitato apporto di solfiti.

Inoltre, durante tutto il processo produttivo non vengono utilizzate sostanze di origine animale. Da qui la certificazione vegan, che accosta quella Bio. La fermentazione e la maturazione del Nero d’Avola Bio Settesoli avvengono in silos di acciaio. L’affinamento si protrae in bottiglia per 3 mesi, prima della commercializzazione.

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Scarsa offerta di vini in promozione al supermercato a fine novembre

Piangono i volantini di fine novembre e inizio dicembre 2021, sul fronte dei vini in promozione. Poche offerte e confuse, alla rinfusa tra un’insegna e l’altra. Per risparmiare, tocca fare la spola da un’insegna all’altra. Ecco il quadro generale.


Volantino Aldi fino al 28 Novembre, “Black Weekend”

Valpolicella Ripasso Superiore Doc San Zenone: 5,00 euro (3,5 / 5)

Moscato Spumante Dolce: 1,69 euro (3 / 5)

Spumante Rosè Millesimato Extra Dry  Oroperla: 4,49 euro (3 / 5)



Volantino Bennet fino al 1 Dicembre, “Dolci preparativi”

Marsala Superiore Dolce Garibaldi Dop Pellegrino: 3,90 euro (3,5 / 5)

Moscato Sicilia Igp Grecale Florio: 4,90 euro (3,5 / 5)

Vino Liquoroso Santo Spirito 11 Frescobaldi: 4,60 euro (4 / 5)

Spumante Moscato Duchessa Lia: 2,70 euro (3,5 / 5)

Brachetto D’Acqui Tosti: 3,40 euro (3,5 / 5)

Spumante Maximilian I Muller Durello: 3,29 euro (3,5 / 5)

Spumante Cuvée Millesimato Colli Di Soligo: 2,50 euro (3,5 / 5)

Blanc De Blancs Sant’Orsola: 2,80 euro (3 / 5)

Spumante Brut Aragosta: 3,80 euro (3 / 5)

Spumante Metodo Classico Santa Cristina: 6,90 euro (4 / 5)

Franciacorta Castel Faglia: 13,90 euro (5 / 5)

Champagne Veuve Aufray: 14,90 euro (4 / 5)

Prosecco Doc Rocca Del Doge: 3,60 euro (3,5 / 5)

Muller Thurgau Frizzante Vigneti Delle Dolomiti Santa Margherita: 4,50 euro (3,5 / 5)

Dolcetto Di Ovada Monrato: 2,49 euro (3,5 / 5)

Terre Siciliane Grecanico O Nero D’Avola La Fogliata: 1,99 euro (3 / 5)

Toscana Rosso O Rosato Igt Santa Cristina: 4,98 euro (3,5 / 5)


 

Volantino Carrefour Iper fino al 29 Novembre, “Black Days”

Chianti Governo Docg O Rosso Toscano Igt Collezione Oro Piccini: 3,49 euro (5 / 5)

Verdicchio Dei Castelli Di Jesi Doc Le Muse: 4,09 euro (3,5 / 5)

Bonarda Oltrepò Pavese Doc Le Cascine: 2,29 euro (2,5 / 5)

Pignoletto Reno Doc Righi: 2,75 euro (3,5 / 5)

Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg Millesimato Maschio: 4,99 euro (3,5 / 5)

Prosecco Bio Extra Dry Docg Mionetto: 6,90 euro (3,5 / 5)

Tura Lamberti Bianco O Rosato: 1,99 euro (3 / 5)

Vermentino Di Sardegna Doc Tralcio Antico: 3,19 euro (3 / 5)

Prosecco Docg Rosè Brut Millesimato Oro Puro Valdo: 4,99 euro (3,5 / 5)

Prosecco Rose Doc Bolla: 5,49 euro (3,5 / 5)

Prosecco Docg Rosè Millesimato La Gioiosa: 4,99 euro (3,5 / 5)

Prosecco Doc Rosè Millesimato Maschio: 4,29 euro (3,5 / 5)

Prosecco Doc Millesimato Brut Carpenè Malvolti: 6,99 euro (5 / 5)



Volantino Carrefour Market fino al 29 Novembre, “Black Days”

Etna Rosso Doc Barone Bernaj: 3,99 euro (3 / 5)

Vipra Bianca O Rossa Umbria Igt Bigi: 3,49 euro (3,5 / 5)

Vino Spumante Brut O Dolce Rocca Dei Forti: 2,29 euro (2 / 5)

Prosecco Doc Animo Veneziano: 2,99 euro (3 / 5)

Muller Thurgau Frizzante Santa Margherita: 4,49 euro (3,5 / 5)

Prosecco Rosè Brut Millesimato Oro Puro Valdo: 4,99 euro (3,5 / 5)

Cabernet o Sauvignon Doc Ca’ Vescovo, Zonin: 4,19 euro (3,5 / 5)

Lambrusco Castelvetro Doc O Sorbara Doc Chiarli: 2,99 euro (3,5 / 5)

Primitivo Manduria Doc Tralcio Antico: 3,99 euro (3,5 / 5)

Sannio Falanghina Doc Tralcio Antico: 2,95 euro (3 / 5)

Volantino Carrefour Market fino al 13 Dicembre, “Sconti fino al 50%”

Grechetto Doc Todi Tudernum: 3,99 euro (3,5 / 5)

Chianti Classico Docg Geggiano Terre d’Italia: 6,19 euro (4 / 5)

Cartizze Docg Terre d’Italia: 10,79 euro (4 / 5)

Sicilia Doc Bianco Rosso La Segreta Planeta: 6,99 euro (5 / 5)

Salento Igt Primitivo O Fiano O Negroamaro Notte Rossa: 3,99 euro (5 / 5)

Sicilia Doc Nero D’Avola Rapitalà: 4,19 euro (5 / 5)

Toscana Igt Remole Frescobaldi: 4,69 euro (4 / 5)

Igt Rosso Le Due Arbie Dievole: 5,90 euro (4,5 / 5)

Ribolla Gialla Doc Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)

Barbera D’asti Superiore Docg Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)

Lambrusco Modena Doc Terre d’Italia: 4,59 euro (3,5 / 5)

Prosecco Rosè Millesimato Maschio: 4,99 euro (3,5 / 5)

Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg Jejo Bisol: 5,99 euro (3,5 / 5)

Gewurztraminer Alsaziano Cave De Turckheim: 7,99 euro (5 / 5)

Chianti Classico Docg Sant’Ilario: 5,90 euro (4 / 5)

Alto Adige Doc Kalterersee Superiore Erste+Neue: 5,90 euro (5 / 5)


Volantino Carrefour fino al 7 Dicembre, “Natale alle porte”

Prosecco Valdobbiadene Docg Valdo: 4,99 euro (3,5 / 5)

Franciacorta Brut Terre D’Italia: 12,69 euro (3,5 / 5)

Passito Di Pantelleria Doc Pellegrino: 6,49 euro (3,5 / 5)

Grecanico Igt O Nero D’avola Doc O Shiraz Igt Terre Siciliane Le Morre: 2,99euro (3 / 5)

Chardonnay Doc O Pinot Grigio Doc Mezzacorona: 4,89 euro (3,5 / 5)

Prosecco Superiore Docg Terre d’Italia: 6.99 euro (3,5 / 5)


Volantino Conad fino al 2 Dicembre, “Days in Black”

Prosecco Valdobbiadene Superiore Docg O Rosè Doc Valdo: 4,50 euro (3,5 / 5)

Vino Spumante Muller Thurgau Durello Maximilian I Brut: 2,99 euro (3 / 5)

Romagna Doc Vigneti Romio: 2,99 euro (4 / 5)

Nero D’Avola Terre Siciliane Igt Liraci: 2,99 euro (3 / 5)

Vini Doc Mezzacorona, Pinot Grigio, Miller Thurgau, Teroldego Rotaliano, Marzemino: 3,49 euro (3,5 / 5)

Primitivo Salento Igt Litamarici: 2,99 euro (3,5 / 5)


Volantino Coop fino al 9 Dicembre, “Conviene”

Langhe Nebbiolo Doc O Ruchè Di Castagnole Monferrato Docg Poggio Mandrina: 4,19 euro (4 / 5)

Gutturnio o Ortrugo Colli Piacentini Doc Vicobarone: 1,99 euro (3,5 / 5)

Barbera d’Asti Docg Duchessa Lia: 2,99 euro (3,5 / 5)


Volantino Esselunga fino al 4 Dicembre, “Sottocosto”

Chianti Riserva Docg Collezione Oro Piccini: 3,55 euro (5 / 5)

Spumante Muller Thurgau Cavit: 2,75 euro (3,5 / 5)

Lambrusco Grasparossa Di Castelvetro Cavicchioli: 1,84 euro (3 / 5)

Morellino Di Scansano Docg Mantellassi: 3,95 euro (5 / 5)


 

Volantino Iperal, “Imbattibili”

Cuvée Del Centenario La Cacciatora: 2,69 euro (0,5 / 5)

Chianti Docg Cecchi: 2,89 euro (3,5 / 5)

Umbria Rosso Vipra: 2,99 euro (3,5 / 5)

Montepulciano d’Abruzzo Doc Riparosso: 4,99 euro (5 / 5)

Barbaresco Docg Versi Divini: 9,90 euro (3,5 / 5)

Brunello Di Montalcino Docg Boscoselvo: 17,50 euro (4 / 5)

Sabbiato Sensi Bolgheri: 7,35 euro (3 / 5)

Sforzato Di Valtellina Doc Canua Sertoli Salis: 22,90 euro (5 / 5)

Barolo Docg Ricossa: 14,90 euro (4 / 5)

Cannonau Di Sardegna Doc Cerasio: 9,90 euro (4 / 5)

Ripasso Doc Cortegiara: 10,90 euro (4 / 5)

Sagrantino Di Montefalco Docg Terre De La Custodia: 12,00 euro (4 / 5)

Amarone Docg Corte Giara: 23,10 euro (4,5 / 5)


Volantino IperCoop fino al 2 Dicembre, “Sottocosto”

Tutta La Linea Cantina Clavesana: 3,50 euro (5 / 5)

Chianti Docg Loggia Del Sole: 2,99 euro (3 / 5)

Garzellino Igt: 1,39 euro (3 / 5)

Linea Vini Colli Orientali Del Friuli Doc Tenimenti Civa: 4,79 euro (4 / 5)

Prosecco Conegliano Superiore Docg Cantine Maschio: 4,85 euro (3,5 / 5)

Rosso Di Montepulciano Doc Vecchia Cantina: 2,99 euro (5 / 5)

Bonarda Oltrepò Pavese Doc Le Cascine: 1,99 euro (2,5 / 5)


Volantino Lidl fino al 5 Dicembre, “Tutto pronto per Natale”

Pignoletto Brut: 2,49 euro (3 / 5)

Muller Thurgau Igt Vigneti Delle Dolomiti: 2,29 euro (3 / 5)

Merlot Del Veneto Igt: 1,19 euro (3 / 5)

Lambrusco Rosso Dell’Emilia Igp: 1,79 euro (2,5 / 5)


Volantino Pam fino al 1 Dicembre, “Prezzi bassi risparmio garantito”

Chianti Riserva Docg Collezione Oro Piccini: 3,89 euro (5 / 5)

Montepulciano d’Abruzzo Doc Il Poggio Dei Vigneti: 6 Bottiglie 7,98 euro (3 / 5)

Lambrusco Grasparossa Di Castelvetro Doc Castelli Modenesi: 2,99 euro (3,5 / 5)

Freschello: 1,49 euro (3 / 5)

Chardonnay Pasqua: 2,49 euro (3,5 / 5)

Vino Rosso Bronzeo: 1,99 euro (2,5 / 5)

Dolcetto d’Alba Doc Ca’ Del Plin Tenuta Carretta: 4,99 euro (3,5 / 5)

Cannonau Di Sardegna Doc Cantina Dorgali: 3,49 euro (3,5 / 5)

Raboso Igt Porta Vinaria: 2,95 euro (3 / 5)

Pinot Nero Trentino Doc Cavit: 4,49 euro (3,5 / 5)


Volantino Tigros fino al 29 Novembre, “Sconti fino al 50%”

Vini Rue Di Piane, Pecorino Di Chieti Igt, Passerina Di Chieti Igt, Trebbiano d’Abruzzo Doc, Montepulciano d’Abruzzo Doc, Spinelli: 1,99 euro (5 / 5)

Spumante Extra Dry Turà: 2 Pezzi 4,00 euro (3 / 5)

Lambrusco Modena Doc Chiarli Secco O Amabile: 2 Pezzi 5,50 euro (3,5 / 5)

Vini Le Cascine: 1,84 euro (2,5 / 5)

Vini Di Sardegna Doc Dolianova: 2,99 euro (3,5 / 5)

Spumanti Valdo: 3,49 euro (3,5 / 5)

Vini Sicilia Doc Rapitalà: 3,99 euro (3,5 / 5)

Vini Doc Duchessa Lia: 4,29 euro (3,5 / 5)

Chianti Classico Docg Giglio Del Duca: 3,99 euro (3,5 / 5)

Lugana Doc Pasqua: 4,49 euro (4 / 5)

Prosecco Docg La Gioiosa: 4,89 euro (3,5 / 5)

Morellino Di Scansano Docg Le Chiantigiane: 4,89 euro (3,5 / 5)


Volantino Unes fino al 30 Novembre, “Prezzi a pezzi”

Nero D’Avola Terra Nera Baglio: 2,90 euro (3 / 5)

Lambrusco Secco O Amabile Chiarli: 3,49 euro (3,5 / 5)

Muller Thurgau Kessel: 1,89 euro (3 / 5)

Gutturnio Modavin: 2,19 euro (3 / 5)

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Puglia: approvata la legge sulla birra artigianale regionale

La giunta regionale della Puglia ha approvato all’unanimità la legge regionale sulla valorizzazione e promozione della birra artigianale pugliese. La legge è stata promossa dalle delegazioni locali di Cna (Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa) e Confartigianato.

Un nuovo strumento legislativo a supporto dei birrifici, analogamente a quanto già accaduto in altre regioni italiane come Lazio, Piemonte, Umbria, Abruzzo, Lombardia. Una legge molto dettagliata che punta allo sviluppo del settore, comprendendo aspetti quali il turismo brassicolo, i concorsi nazionali e internazionali e l’internazionalizzazione dei microbirrifici.

La nuova legge si riferisce espressamente ai “Piccoli birrifici indipendenti” (come definiti dalla legge 154/2016), ai “Microbirrifici” (birrifici indipendente con una produzione annua inferiore ai 10.000 hl) e ai “Birrifici agricoli” (imprese agricole che producono birra). La Legge stanzia per i vari interventi a favore del settore brassicolo pugliese 100 mila euro per ognuno degli esercizi 2022 e 2023.

I finanziamenti saranno rivolti a progetti per la formazione e l’aggiornamento professionale degli operatori del settore. Lo sviluppo dei canali e-commerce. La creazione e promozione di una filiera pugliese della birra artigianale. L’incentivazione dei produttori che utilizzano materie prime locali e l’acquisto di macchinari in funzione delle innovazioni tecnologiche.

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130 anni di Assoenologi: festa grande a Verona durante il Congresso

FOTONOTIZIA – Torna in presenza il Congresso nazionale Assoenologi, che nel 2021 compie 130 anni. L’appuntamento clou per gli enologi ed enotecnici italiani è in programma presso la Fiera di Verona il 3, 4 e 5 dicembre 2021. «Seppur limitato dalle norme anti Covid – commentano gli organizzatori – assume un significato molto importante, nel segno della ripresa del settore vino».

Una tre giorni tavole rotonde, degustazioni e un’ambiziosa serata di gala con il concerto per i 130 anni di Assoenologi. Il 75° Congresso nazionale si aprirà ufficialmente alle ore 17,45 di venerdì 3 dicembre. L’intero congresso sarà interamente trasmesso in diretta sui canali social dell’associazione.

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ProWine Shangai 2021: crescita inarrestabile dei vini cinesi

I numeri della ProWine Shangai 2021 confermano la crescita ormai inarrestabile dei vini cinesi. I produttori del Paese del Dragone non sembrano accontentarsi dei premi e dei riconoscimenti conseguiti in Europa, a concorsi di livello globale come il Berliner Wine Trophy. Le cantine cinesi vogliono contare sempre più. Anche “a casa loro”.

A confermarlo sono i numeri dell’ultima edizione della Fiera leader dei vini e delle bevande alcoliche della Cina continentale. La kermesse è terminata l’11 novembre 2021, con un totale di 15.058 visitatori in tre giorni. Una cifra raggiunta grazie a molte presenze da Shanghai, ma anche da distretti cinesi come Hainan, Guangdong, Fujian, Hubei e Tianjin.

Oltre 450 gli espositori, provenienti da 18 Paesi. Ma il vero boom è quello delle etichette local. Molti nuovi produttori di vini cinesi stanno infatti cominciando ad emergere in diverse regioni, accanto a realtà già note come Yinchuan Helan Mountain Eastern Foothills Wine, Up Chinese Wine, Cofco Great Wall e China Wine Union.

NUOVE REGIONI PER I VINI CINESI

I dati della fiera parlano chiaro. La regione di Yinchuan Helan Mountain Eastern Foothills ha aumentato del 50% la sua superficie espositiva a ProWine Shanghai 2021. Ben 24 le cantine presenti, rispetto alle 16 del 2020. Spazio anche per un debutto assoluto. Quello della regione vinicola di Penglai Coast.

Una presenza che cresce anche dal punto di vista “politico”. Quest’anno hanno partecipato all’Industrial Forum della ProWine Shanghai il presidente Li Demei, Charles Treutenaere (direttore generale di Domaine de Long Dai), Lv Yang (l’unico Maestro Sommelier cinese) e Zhu Lili (Ceo e fondatore di Youdian Haohe).

Il forum ha inoltre ospitato The Future of Chinese Wine, “Il future del vino cinese”, che ha visto protagonisti Hao Linhai (presidente della Federazione dei vini Ningxia e della Ningxia Wine Federation), Jean-Guillaume Prats (presidente e Ceo di Domaines Barons de Rothschild Lafite) e Zhang Yanzhi (proprietario della tenuta Xige).

«La profonda collaborazione con ProWine si rinnova ogni anno – ha dichiarato Lv Yang, mw e fondatore di Grapea & Co – ma quest’anno si è fatto un passo avanti. La Cina è stata protagonista del forum principale della Fiera di Shanghai. Quasi tutti i corsi di perfezionamento enologico erano al completo. Noi educatori del vino siamo fiduciosi e sicuri del roseo futuro del nostro settore».

GLI ESPOSITORI INTERNAZIONALI DI PROWINE SHANGAI 2021

La ProWine Shanghai 2021 anticipa di qualche mese l’attesissima edizione di Prowein Düsseldorf 2022. «L’aver portato a termine la kermesse cinese così come previsto, nonostante le complicazioni in corso causate dal Covid-19 – evidenzia Michael Degen, managing director di Messe Düsseldorf – conferma pienamente il ruolo strategico ed internazionale della ProWine Shanghai. Il mercato cinese dei vini e delle bevande alcoliche rimane forte e si sviluppa bene. Crediamo che la prossima edizione sarà ancora più promettente ed imponente».

Ian Roberts, vice presidente di Asia at Informa Markets, aggiunge: «Nonostante le severe misure adottate contro il Covid-19, la ProWine Shanghai ha attirato ancora 15.058 visitatori. Avendo organizzato la ProWine parallelamente alla Fhc, la Fiera leader cinese del cibo ed ospitalità, siamo stati in grado di riunire allo stesso tempo tutti i principali importatori e distributori di prodotti alimentari e bevande alcoliche».

Soddisfazione anche tra gli espositori internazionali. Il padiglione del California Wine Institute ha organizzato il più grande stand degli ultimi nove anni. Uno spazio del 20% più ampio rispetto a quello dell’edizione 2020. Oltre a 19 cantine e numerosi viticoltori presenti in loco, 45 vini californiani sono stati presentati in occasione di specifiche masterclass.

NON SOLO VINI CINESI

Successo anche per il Padiglione Nazionale Canadese, il “Canadian National Pavilion“, realizzato con il sostegno di Agriculture and Agri-Food Canada (Aafc). Il suo ritorno alla ProWine Shanghai, dopo l’assenza del 2020, dimostra quanto il mercato cinese continui ad essere attrattivo per le aziende vinicole di tutto il mondo.

Non fanno eccezione le cantine francesi. Il padiglione della Francia, organizzato da Business France, è protagonista alla ProWine di Shanghai sin dal suo debutto nella Cina continentale, ovvero da 9 edizioni. Quest0anno Business France ha allestito uno stand di quasi 500 metri quadrati, a dimostrazione della sua «forte fiducia nella ripresa».

L’Italia non sta a guardare, in particolare con i suoi grandi brand. Tra le masterclas, seguitissima la Sassicaia Vertical Tasting, con annesso Business Partner Program Launch. Bene anche la Barrua Masterclass of Italy, con Agricola Punica. Tra gli altri, molto seguite la Slovenian Masterclass, la Château Angélus Masterclass e la Pinot Paradise Germany. Così come “Champagne in the Post-pandemic Era”, che ha affrontato il tema dello sviluppo e delle tendenze dello Champagne nel contesto del mercato cinese.

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Residuo zuccherino obbligatorio in etichetta per i vini dell’Alsazia

Novità in vista per i vini dell’Alsazia. A partire dalla vendemmia 2021, i produttori dovranno indicare il residuo zuccherino sui vini Aoc – Appellation d’Origine Contrôlée Alsace o Vin d’Alsace fermi. Fanno eccezione gli spumanti, già normati.

Il tutto, spiegano dalla Francia, «nell’ottica di facilitare le scelte dei consumatori e aiutare i professionisti meno esperti a scoprire l’offerta dei vini della regione». Con questo provvedimento, l’Alsazia strizza l’occhio anche al mondo della ristorazione.

Con l’indicazione del grado zuccherino, sommelier e wine expert locali e internazionali saranno in grado di suggerire gli abbinamenti con le proposte gastronomiche in maniera ancora più immediata.

CAMBIA L’ETICHETTATURA DEI VINI DELL’ALSAZIA

L’indicazione dovrà essere «chiara e uniforme» e ciascun produttore potrà ricorrere all’utilizzo di diverse opzioni. La prima prevede la presenza in etichetta di uno dei quattro termini tra:

  • Secco: grado zuccherino del vino non è superiore a 4 g/l)
  • Demi-sec: se il grado zuccherino del vino si situa al di là dei 4 g/l ma non è superiore ai 12 g/l
  • Morbido: se il grado zuccherino si situa al di là dei 12 g/l ma non è superiore ai 45 g/l
  • Dolce: se il grado zuccherino del vino si situa al di là dei 45 g/l

La seconda opzione prevede l’utilizzo di una scala che indichi il residuo zuccherino mediante una freccia posta all’altezza dell’esatta grammatura. Una novità che spazierà dalle etichette delle bottiglie di vino dell’Alsazia ad ogni ambito, compreso quello del marketing e della pubblicità.

L’indicazione del grado zuccherino sarà infatti presente anche sulle pubblicità (stampa e online) e sui materiali di comunicazione (ad esempio dépliant, volantini, listini prezzi). L’introduzione di questo dettaglio viene vissuto come «un passo in avanti per la filiera nella sua globalità». Secondo i produttori, «permetterà di fare ancora più chiarezza al momento dell’acquisto di un vino d’Alsazia».

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La viticoltura eroica alle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026

Regione Lombardia, Ersaf e Cervim hanno sottoscritto un accordo di collaborazione per valorizzare la qualità dei “vini montani”. L’obiettivo, in vista delle Olimpiadi invernali Milano Cortina 2026, è promuovere la viticoltura eroica che caratterizza il territorio che ospiterà parte delle gare sportive.

Nel 2022 prenderà il via, inoltre, il progetto “Ambasciatori del Cervim“. Personalità riconosciute a livello nazionale ed internazionale che si impegneranno a promuovere nel mondo le peculiarità della viticoltura eroica.

«Fare agricoltura in alta quota – dichiara Fabio Rolfi, assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi di Regione Lombardia – è davvero un’attività eroica. Per questo la Regione vuole contribuire a promuovere i vini di montagna, con risorse e con iniziative legate al marketing territoriale».

«Le Olimpiadi invernali del 2026 – prosegue Rolfi – sono una vetrina unica per i nostri prodotti e vogliamo sfruttare al massimo l’attenzione portata da questo grande evento. Il settore primario, con la viticoltura in primo piano, qui contribuisce a prevenire il dissesto idrogeologico e rappresenta un presidio ambientale e sociale contro lo spopolamento».

«L’accordo presentato oggi con Regione Lombardia e Ersaf – aggiunge Stefano Celi, presidente Cervim – rappresenta un momento importante e di ulteriore crescita per il Cervim. Andiamo a rafforzare ulteriormente la collaborazione con la Lombardia, che da alcuni anni sta dando risultati concreti per il rafforzamento della viticoltura eroica».

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Etna Doc: meno uva, ma ottima qualità per la vendemmia 2021

Una maturazione nel complesso ottimale, un perfetto equilibrio di tutte le componenti delle uve e una grande sanità complessiva. Sono questi i primi riscontri, tutti molto positivi, che il Consorzio di Tutela Etna Doc ha raccolto dai produttori presenti sui quattro versanti del vulcano a pochi giorni dalla conclusione della vendemmia.

«Non è mai facile avere una visione omogenea dell’andamento vendemmiale sull’Etna a causa della grande eterogeneità presente nel nostro territorio – commenta il Direttore del Consorzio, Maurizio Lunetta. – Nonostante questa oggettiva situazione, quest’anno a fronte di un lieve calo produttivo presente un po’ ovunque, registriamo allo stesso tempo una qualità e sanità delle uve sia a bacca bianca che rosse davvero entusiasmante».

Notizie positive continuano ad arrivare anche sul fronte degli imbottigliamenti, tornati a crescere in riferimento anche agli anni precedenti l’inizio della pandemia. Osservando nel dettaglio i numeri relativi ai primi 10 mesi del 2021, gli ettolitri di Etna Doc imbottigliati sono stati pari a 31.675. Poco più del 15% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

«Dati ancora incoraggianti, come quelli che avevamo registrato anche alla fine del primo semestre – continua Maurizio Lunetta. – La definitiva riapertura del canale Horeca, il nostro principale canale di riferimento, nonché gli ottimi segnali provenienti dall’export, continuano a sostenere i ritmi dell’imbottigliamento di un po’ tutte le tipologie».

LA VENDEMMIA

La vendemmia etnea è iniziata quest’anno tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, lievemente in anticipo in buona parte degli areali di produzione. Vendemmia che si è poi protratta a lungo concludendosi, tra le ultime in Italia, in alcuni casi, a inizio novembre. La siccità, che ha caratterizzato i mesi precedenti la vendemmia, è un tratto comune presente in tutti i versanti. Siccità che ha influito sulla quantità complessiva, riducendola lievemente rispetto alla passata stagione.

L’arrivo delle piogge, anche se in modo non uniforme, ha poi prolungato la maturazione delle uve e la fase vendemmiale, consentendo un’ottima maturazione fenolica e un perfetto equilibrio complessivo.

«È ancora presto per poter esprimere un giudizio completo e definitivo, ma dai primi riscontri in cantina la qualità dei profumi ci ha veramente impressionato. È stata un’annata che ci ha fatto lavorare molto in vigna, prima a causa della prolungata siccità estiva e poi per le intense piogge. In cambio siamo riusciti però a ottenere uve molto sane», commenta Nicola Gumina, al timone dell’omonima azienda.

I VERSANTI

A Nord, riscontri sempre positivi sulla qualità delle uve arrivano da Francesco Cambria, che insieme alla sua famiglia conduce la cantina Cottanera. «La produzione è lievemente inferiore rispetto al 2020, ma la qualità è davvero elevata perché le uve sono maturate correttamente. Le uve per le basi spumante e i bianchi sono state raccolte una decina di giorni anticipo a causa della siccità. Al contrario la vendemmia delle varietà per i vini rossi si è protratta per più tempo con l’arrivo delle piogge».

Spostandoci sul versante Est, troviamo uno dei terroir etnei tradizionalmente più vocati per la coltivazione del Carricante. Vigneti spesso adagiati su pendii molto ripidi che guardano al mare. «È un’annata che sembra promettere molto bene, con i vini bianchi che hanno un profilo aromatico particolarmente intenso ma senza mai derogare a freschezza e bevibilità. Anche noi registriamo un lieve calo delle quantità rispetto al 2020, ma al tempo stesso confermiamo di aver portato in cantina uve sanissime». Afferma Claudio di Maria della Cantina Murgo.

Margherita Platania della cantina Feudo Cavaliere, produttrice del versante Sud-Ovest, aggiunge. «Le uve quest’anno sono caratterizzate da uno stato sanitario davvero eccellente e le prospettive sono molto interessanti. Anche alle nostre altitudini la siccità si è fatta sentire e quindi la quantità sarà minore. Però qui le viti germogliano più tardi e la vendemmia è tardiva. Questo ci ha permesso di sfruttare le piogge autunnali che hanno consentito alle piante di riequilibrarsi. Siamo, quindi, fiduciosi e soddisfatti».

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Villányi Franc, che fermento! Futuro spianato grazie alle nuove generazioni

Giovani, preparate e desiderose di dimostrare il loro valore “sul campo”. Ovvero nel calice. Sono loro, le giovani winemaker che hanno girato il mondo per tornare a casa, il volto più fresco e promettente del Villányi Franc. Stelle che hanno brillato sul palcoscenico della Franc&Franc International Wine Conference 2021, andata in scena il 19 e 20 novembre nel sud dell’Ungheria, patria dei vini rossi ottenuti da Cabernet Franc in purezza (340 ettari complessivi).

Un unicum nel panorama internazionale. Tanto che l’evento ha convogliato a Villány circa 200 professionisti internazionali del settore. Nel confronto con i vini magiari protagonista anche l’Italia, con il Costa Toscana Igp Cabernet Franc 2017 di Duemani, cantina biodinamica di Riparbella (Pisa) guidata da Elena Celli e Luca d’Attoma (tra le più acclamate dal parterre).

La profezia di Michael Broadbent, critico di Decanter che, nel 2000, comprese le potenzialità del vitigno bordolese nel particolare microclima ungherese, sembra oggi tingersi di rosa. Levando di dosso, ai vini Villányi Franc, quel filo di “polvere” del classicismo e quel comun denominatore legato a poderosità e grassezza, conseguenza dei lunghi affinamenti in legno piccolo (spesso nuovo) e delle alte percentuali d’alcol in volume.

IL FUTURO DI VILLÀNYI

La svolta attuale porta il nome di giovani winemaker come Zsófia Kövesdi (a destra, nella foto di copertina) in forza a Jammertal Wine Estate. Enologa dalle idee chiare e di grande determinazione, è tornata in Ungheria «per lasciare il segno» dopo gli studi in Francia (Montpellier e Bordeaux) e la pratica in Australia, California e Portogallo. Riuscendo, addirittura, a tirare fuori dal cestello uno Chardonnay coi fiocchi (“Ars Poetica” 2020, che sa di Borgogna e di Australia, in “salsa” magiara), in una terra di rossi (90/100 al Villányi Franc 2016).

In rampa di lancio anche la giovanissima Pálma Koch (a sinistra, nella foto di copertina). Dopo l’esperienza poco più che ventenne a Stellenbosch, in Sudafrica, ha trovato il modo di coniugare il buono del “Nuovo mondo” con gli insegnamenti e l’esperienza pluriennale del padre Csaba Koch (già di per sé allergico a terziari troppo opprimenti). Il suo primo vino, un Syrah di grande dinamicità, con al centro l’autentica espressione varietale e primaria, fa ben sperare per il futuro percorso sul Cabernet Franc.

Non solo donne all’orizzonte del Villányi Franc. Accanto a monoliti e pionieri come Bock (in maturazione in botte nuove annate coi fiocchi, a rimarcare un cambio di passo che sa di consapevolezza del presente), Gere Attila Pincészete (strepitoso l’Ördögárok-dűlő 2017, 93/100) e Csányi Pincészet (promettente Kopár 2017, 91/100) si stanno affacciando nuove realtà. Tutte con le carte in regola per affermarsi. Ed entrare nell’Olimpo del Cabernet Franc internazionale.

VILLÁNYI FRANC, DIÓSVISZLÓ TERROIR SPECIALE

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È il caso di Ruppert Borház, che l’anno prossimo compirà 20 anni di attività. Ventisette ettari vocati alle varietà a bacca rossa, nella sottozona più promettente di Villányi, in termini di terroir: Diósviszló, ai confini occidentali della denominazione protetta. Il Franc di Ákos Ruppert (92/100) abbina in maniera magistrale concentrazione e freschezza. Frutto, balsamicità, spezie e terziari.

Tratti che distinguono anche il rosso iconico Super Premium di Koch (91/100) ottenuto dal vigneto Imre-völgy dűlő che domina il borgo di Diósviszló, 737 abitanti. Tra i mostri sacri della regione vinicola di Villányi si iscrive anche qualche imprenditore straniero. Quella di Evelyne ed Erhard Heumann è una storia d’amore che porta la coppia ad investire in una cantina in Ungheria, dalle rispettive madrepatrie (Svizzera e Germania).

Heumann Pincészet nasce con l’intento di essere un hobby. Ma a quasi trent’anni da quel 1995, è ormai qualcosa di ben più definito. Ossessionati dalla qualità, Evelyne ed Erhard sono giunti al compimento del loro progetto sul Cabernet Franc con una straordinaria annata del loro vino bandiera, Trinitás Villányi Franc 2016.

Un successo bissato dalla vendemmia 2017, appena entrata in commercio (93/100). Guarda caso, ecco rispuntare Diósviszló nel blend (vigneto Nagyhegy), accanto a Vokány (vigna Trinitás).

Tra i vini più interessanti della Franc&Franc International Wine Conference 2021 anche il Cabernet Franc 2019 di Rácz Miklós Tamás (93/100). Inutile chiedere da dove provengano le uve. Ma l’onnipresente terroir di Diósviszló qui si mostra in una veste croccante, estremamente concreta, speziata. Eppure piena e gastronomica.

Succosità da vendere e uno dei varietali del vitigno meglio espressi della denominazione, per un vino giocato sull’eleganza, che ha tanta vita davanti. La prova provata che il Villányi Franc merita un posto d’onore, d’ora in avanti, sulle tavole di esperti e winelover internazionali.

Villány, Baranja ed Erdut: la “Terra del vino” che unisce Ungheria e Croazia

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A Santa Massenza la magica notte degli alambicchi accesi

Nei giorni dell’Immacolata il comune di Santa Massenza di Vallelaghi, in provincia di Trento, si animerà con La notte degli alambicchi accesi. Una festa che in poco più di un decennio è diventata un “must” ben oltre i confini trentini. Il piccolo borgo, sito lungo la strada che collega la bellissima Valle dei Laghi al Garda, ospita infatti la più grande concentrazione di distillerie, ben 5, di tutta la provincia.

La tradizionale iniziativa è organizzata dall’Associazione culturale “Santa Massenza piccola Nizza de Trent” con il coordinamento della Strada del Vino e dei Sapori del Trentino. Il supporto di Trentino Marketing.La collaborazione di APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi e Istituto Tutela Grappa del Trentino.

LA NOTTE DEGLI ALAMBICCHI ACCESI

Quello che quest’anno si svolgerà dal 4 all’8 dicembre è dunque un appuntamento fisso per una fitta schiera di intenditori, appassionati e turisti che arrivano in Valle dei Laghi da tutta Italia. Accomunati dalla passione per un distillato intramontabile e dal desiderio di imparare a conoscerlo meglio in un contesto di assoluta spensieratezza.

Ancora una volta, l’anima della kermesse è rappresentata dallo spettacolo itinerante degli attori della compagnia teatrale Koinè. Gli attori racconteranno la grappa artigianale trentina. Un prezioso distillato prodotto solo con vinacce fresche locali, seguendo la tradizionale distillazione con il metodo “a bagnomaria” in alambicchi discontinui.

IL PROGRAMMA

Nell’arco di cinque giorni, la compagnia metterà in scena 8 spettacoli (tre in più rispetto alle scorse edizioni) per consentire a tutti di partecipare nel rispetto delle normative anti assembramento. Quest’anno, infatti, gli spettatori saranno divisi in 5 gruppi di massimo 25 persone.

Ogni partecipante, dotato di radiocuffie, sarà guidato dall’inconfondibile voce narrante del conduttore tv Patrizio Roversi, all’interno delle cinque distillerie del paese. Distilleria Casimiro, Distilleria Francesco, Distilleria Giovanni Poli, Distilleria Giulio & Mauro e Maxentia.

Non mancheranno le degustazioni. Ogni tappa sarà per gli adulti l’occasione di assaggiare una delle grappe proposte. Tra queste, la grappa di Nosiola, vitigno rappresentativo della Valle dei Laghi e unica varietà a bacca bianca autoctona della provincia, e quella di Vino Santo, vera chicca ottenuta dalle vinacce degli acini di Nosiola lasciati appassire fino a primavera.

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Cavit approva il bilancio: Gdo e Müller Thurgau portano il fatturato a 271 milioni

Cavit brinda a un fatturato consolidato che sale a 271 milioni di euro (+29%). Si rafforza la posizione finanziaria netta (38,3 milioni di euro). Crescono le vendite nel canale Gdo, che compensano le criticità del settore Horeca. E volano le vendite della spumantistica Metodo Classico TrentoDoc. Queste, in sintesi, le voci che confermano il buono stato di salute del gruppo trentino.

L’assemblea annuale dei soci Cavit, riunitasi oggi presso il Centro Congressi di Riva del Garda, ha approvato il bilancio consolidato del Gruppo per l’esercizio 2020–2021, chiuso a maggio 2021.

Un anno definito senza mezzi termini «fuori dell’ordinario», ma che segna una crescita molto rilevante. «Complice – ammette la dirigenza – la situazione eccezionale generata dall’emergenza Covid-19, che ha visto mutare profondamente le abitudini di consumo a livello globale», in favore dei vini in vendita al supermercato.

L’assemblea ha confermato la Presidenza vigente, conferendo un secondo mandato triennale a Lorenzo Libera. Scandagliando le carte, il fatturato consolidato del Gruppo è cresciuto del 29% passando da 209,7 milioni di euro dello scorso esercizio a 271 milioni di euro. Un risultato ottenuto sia per crescita organica che per effetto del consolidamento a 12 mesi delle società di recente acquisizione.

Il Gruppo è oggi composto dal Consorzio Cavit Sc a cui fanno capo le società Cesarini Sforza SpA, Casa Girelli SpA e Glv Srl (quest’ultima all’80%) acquisite nel dicembre 2019, oltre che la società tedesca Kessler Sekt controllata al 50,1%. Si rafforza ulteriormente la posizione finanziaria netta del Gruppo Cavit (Pfn: al 31/05/21 38,3 milioni di euro) che ritorna ai livelli preacquisizione, nonostante l’impiego di risorse finanziarie utilizzate per l’operazione.

I COMMENTI

«Molto soddisfacente anche quest’anno la remunerazione delle Cantine Associate da parte del Consorzio – evidenzia la dirigenza – che ha continuato ad assicurare un elevato livello di servizio e di supporto. Dando prova di rappresentare, anche e soprattutto nel difficile scenario della pandemia, un chiaro valore per il sistema trentino delle Cantine sociali».

Nel contesto generalizzato di sofferenza dei mercati a causa della crisi Covid-19, Cavit ha potuto contare su una «consolidata diversificazione del portfolio prodotti e dei canali distributivi presidiati, nonché sull’ampio ventaglio di Paesi di esportazione».

«Siamo particolarmente soddisfatti dei risultati raggiunti – dichiara Lorenzo Libera – che, seppure in un contesto complesso e difficile, hanno garantito anche quest’anno buone remunerazioni dei vini conferiti dai Soci viticoltori. In un periodo critico come quello che abbiamo vissuto, Cavit ha dimostrato quanto il suo ruolo sia cruciale per l’intera filiera vitivinicola trentina.

«Il nostro modello cooperativo, in questo momento più che mai prezioso – conclude il presidente – ha la missione di sostenere le Cantine sociali di 1° grado e i viticoltori ad esse collegati a prescindere dalla situazione contingente. Sono lieto di essere stato riconfermato alla Presidenza del Consorzio e continuerò a impegnarmi per garantire il miglior supporto alle Cantina associate».

«La strategia di forte diversificazione di prodotti, canali e Paesi di esportazione implementata in questi anni – aggiunge il direttore generale Enrico Zanoni – insieme alle acquisizioni compiute  con un preciso obiettivo strategico, hanno reso il Gruppo Cavit una struttura organizzata e diversificata, capace di cogliere le opportunità del mercato e di difendere le posizioni raggiunte».

I MERCATI DI CAVIT

In Italia, così come nei mercati esteri, Cavit ha incrementato notevolmente le vendite nel canale Gdo (il mondo dei supermercati), che è stato il principale driver di crescita del fatturato, grazie all’aumento dei consumi in casa generato dagli stili di vita adottati durante i periodi di lockdown e di smart working diffuso.

In particolare, Cavit ha consolidato ulteriormente la propria posizione come brand di riferimento per l’offerta di vini trentini, segnando in particolare ottimi risultati con il vino Müller Thurgau. Nel canale Horeca, nonostante la chiusura prolungata di bar e ristoranti e la conseguente riduzione dei consumi “fuori casa”, si evidenzia un trend decisamente positivo nel segmento della spumantistica premium con un +27%.

Ottimi risultati anche per Cesarini Sforza Spumanti Spa, che con i suoi metodo Classico TrentoDoc registra un fatturato di 5,7 milioni di euro nei due canali Horeca e Gdo, segnando una crescita complessiva del +30%. La controllata tedesca Kessler Sekt & Co Kg, nonostante la flessione del canale Horeca in cui si concentra prevalentemente, chiude l’anno fiscale con un giro d’affari di circa 9,5 milioni di euro. Mantiene così la sua posizione, stabile rispetto all’anno precedente.

L’EXPORT

Nei mercati internazionali, che rappresentano oggi il 75% del fatturato del Gruppo Cavit, l’emergenza sanitaria ha prodotto le medesime conseguenze osservate in Italia relativamente al cambiamento degli stili di vita e di consumo, spingendo i consumi domestici e penalizzando il canale del “fuori casa”.

Ottima la performance del Gruppo Cavit sul mercato nordamericano (Stati Uniti e Canada +25%), che rappresenta storicamente la destinazione primaria delle esportazioni del Consorzio: i consumatori d’oltre oceano hanno premiato i marchi più consolidati generando per le etichette di Cavit risultati superiori all’andamento del mercato.

Buoni risultati anche in diversi altri mercati di esportazione, come Belgio, Olanda, Svezia, Danimarca, Germania, Repubblica Ceca, Svizzera, Austria e Russia, mentre non sono mancate le criticità in alcuni mercati specifici, come la Cina e il Regno Unito.

In Asia, a differenza che in Occidente, le restrizioni alla circolazione delle persone e il regime di smart working diffuso hanno provocato infatti una perdita netta di fatturato, non compensata da un maggiore ricorso degli acquisiti nella Gdo. D’altro canto, il fenomeno della Brexit ha causato una forte contrazione della domanda e numerose difficoltà nella logistica, penalizzata dalle criticità subite dai servizi di trasporto.

Nel corso dell’esercizio è continuato con particolare impegno il programma di supporto organizzativo e tecnologico offerto dal team di agronomi Cavit agli oltre 5.250 viticoltori associati, con l’obiettivo di garantire assistenza anche nei periodi di maggiore criticità per l’emergenza sanitaria, nonché di migliorare costantemente il livello qualitativo del prodotto, all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione.

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Mipaaf: sostegno alla filiera olivicola-olearia

Il Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli ha sottoscritto il decreto a sostegno della transizione ecosostenibile della filiera olivicola-olearia. Il decreto definisce i criteri e le modalità di concessione di contributi per il sostegno e lo sviluppo della filiera. Inoltre favorire l’aggregazione nel settore e l’incremento della produzione nazionale di olive, aumentando così la sostenibilità complessiva del settore.

Il provvedimento, destinato ai produttori olivicoli associati ad Organizzazioni di produttori, prevede lo stanziamento di 30 milioni di euro, a valere sul fondo filiere: 10 milioni di euro sono destinati al sostegno di investimenti in nuovi impianti e 20 milioni di euro per ammodernare gli impianti esistenti.

Priorità sarà data agli investimenti nelle aree svantaggiate e di maggiore superficie, nonché per quelle caratterizzate da una grande densità e con conduzione in irriguo. Le modalità operative per la presentazione delle domande saranno definite con circolare attuativa di AGEA entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale.

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Coldiretti: al ristorante il 68% degli italiani per Natele grazie al green pass

Secondo il primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani il 68% della popolazione non vede l’ora di tornare a pranzare e cenare fuori casa in occasione delle feste di Natale e Capodanno.

Dato significativo alla luce delle ipotesi di green pass rafforzato e anticipo della terza dose a cinque mesi dalla vaccinazione all’esame del Governo. Con l’avanzare dei contagi e il possibile cambio di colore, infatti, sono a rischio 5 miliardi di spesa per pranzi e cene nelle festività di fine anno.

«Non si tratta solo di bisogno di convivialità ma anche di garantire la ripresa dell’economia e la tenuta dell’occupazione. Occorre non mettere in crisi la filiera. Filiere che dà lavoro a ben 4 milioni di persone in 740 mila aziende agricole e 70 mila industrie alimentari». Denuncia il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

L’IMPATTO ECONOMICO DELLE NUOVE RESTRIZIONI

Le chiusure andrebbero a frenare la ripresa della ristorazione, già tra i settori più danneggiati dalla pandemia. I consumi alimentari degli italiani fuori casa nel 2020 sono scesi al minimo da almeno un decennio. Un crack senza precedenti per bar, ristoranti, trattorie e agriturismi che hanno dimezzato il fatturato (-48%). Una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro.

Ma la situazione si ripercuote a cascata sull’intero sistema agroalimentare con oltre un milione di chili di vino e cibi invenduti nell’anno della pandemia. La drastica riduzione dell’attività pesa infatti sulla vendita di molti prodotti agroalimentari che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. Una minaccia anche per le 5333 specialità tradizionali salvate dagli agricoltori che senza il mercato di sbocco di ristoranti, agriturismi ed indotto turistico rischiano di sparire per sempre.

Si stima che 330 mila tonnellate di carne bovina, 270 mila tonnellate di pesce e frutti di mare e circa 220 milioni di bottiglie di vino non siano mai arrivati nell’anno della pandemia sulle tavole dei locali. Locali impossibilitati a programmare gli acquisti anche per prodotti fortemente deperibili a causa dei continui stop and go.

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Prošek, esclusiva WineMag.it: lo menziona un libro italiano sulla Dalmazia nel 1774

Mentre in Italia continua senza sosta la campagna anti Prošek guidata dall’industria del Prosecco, sostenuta a tutti i livelli – tra una gaffe e l’altra – dalla politica, la Croazia sta alla finestra. E confida nell’esito positivo della procedura di iscrizione del suo vino dolce a Bruxelles. La carta per il riconoscimento, perdipiù, parlerebbe italiano. È un libro scritto nel 1774 e pubblicato a Venezia dal geologo e naturista Alberto Fortis (Padova, 1741 – Bologna, 1803), in cui viene menzionato per la prima volta il Prošek: “Put po Dalmaciji“, ovvero “Viaggio in Dalmazia“.

A rivelarlo in esclusiva a WineMag.it è l’Associazione dei viticoltori croati presso la Camera di Commercio della Croazia, l’Hrvatska gospodarska komora (Hgk). «Dopo quasi otto anni – dichiarano i produttori – la Commissione europea ha pubblicato la richiesta croata di protezione del termine tradizionale Prošek nella Gazzetta ufficiale dell’Ue, il 22 settembre 2021 (2021/C 384/05). Prošek è un termine che è stato tradizionalmente usato in Croazia per secoli, per designare il vino da dessert ottenuto da uve dissecate».

La Camera di Commercio croata sostiene pienamente l’iniziativa di lunga data volta a proteggere il Prošek come termine tradizionale a livello dell’Unione europea. E sta dalla parte dei produttori di questo prodotto, appartenente alla categoria dei vini da dessert.

Riteniamo che questo requisito sia pienamente in linea con la procedura stabilita dall’Ue per la protezione delle menzioni tradizionali, a sua volta dipendente dalla protezione delle indicazioni geografiche, come livello superiore di protezione».

IN DALMAZIA DI PRODUCE IL VINO DOLCE PROŠEK DAL 1774

In Croazia, la legge parla chiaro. Solo i vini a Denominazione d’origine protetta possono utilizzare il termine Prošek in etichetta, sottostando alle condizioni previste dal disciplinare. Si tratta delle sole Dop Sjeverna Dalmacija, Srednja i Južna Dalmacija, Dalmatinska zagora e Dingač. Tradotto: Dalmazia settentrionale, Dalmazia centrale e meridionale, Entroterra dalmata e Dingač, subregione della Pelješac Peninsula, parte integrante del litorale vitivinicolo della Primorska Hrvatska, che corre dall’Istria a Dubrovnik.

Contro chi affibbia al Prošek le infamanti definizioni di italian sounding o di “imitazione del Prosecco”, c’è la storicità della produzione in Dalmacija. Un aspetto che l’Associazione dei produttori di vino croato tiene a rimarcare nell’intervista esclusiva a WineMag.it.

«Per capire cosa giustifica la richiesta di protezione del Prošek avanzata nei confronti dell’Ue – sottolineano i viticoltori – è importante sottolineare che il Prošek non è né un nuovo prodotto, né un nuovo termine. Quindi non dovrebbe essere trattato diversamente da altri prodotti protetti. Ci sono molte prove scritte a sostegno di questa affermazione».

La prima testimonianza conosciuta del Prošek è il libro “Put po Dalmaciji” (“Viaggio in Dalmazia”) pubblicato nel 1774, dove questo vino da dessert è menzionato come uno dei vini di maggiore qualità in quella parte della Croazia, nella seconda metà del XVIII secolo».

IL TESTO DELLO STUDIOSO ALBERTO FORTIS

«Il Territorio d’Almissa – recita il libro dell’abate Alberto Fortis – stendesi per quindici miglia lungo il mare sino a Brella. Quantunque non sia coltivato con molta intelligenza produce squisito vino: e la bontà de’ fondi vince la poco buona coltura. Il Moscadello, e ‘l Prosecco vecchio d’Almissa, e generalmente tutto il vino, che vi si fa con diligenza d’uve ben mature e riposate, merita d’aver luogo in qualunque banchetto. S’egli fosse più conosciuto lo vedremmo certamente preferito a molti vini stranieri, che costano una riguardevole annua somma di denaro alla Nazione».

Il Prošek – ricordano i produttori croati – è anche menzionato nella descrizione probabilmente più antica delle tipologie di vino in Croazia, elaborata nel 1823 dall’accademico Ivan Luka Garagnin, originario della città di Trogir (e formatosi a Padova, ndr). Questo documento è anche importante per spiegare l’origine della parola croata Prošek, che deriva dal processo di ottenere il vino dagli acini secchi».

Oggi è prodotto in piccole quantità: circa 80 milioni di bottiglie, contro i 620 milioni del terzetto Prosecco Doc, Superiore Conegliano Valdobbiadene Docg e Asolo Docg. Non solo. «È commercializzato principalmente a livello locale – riferiscono i produttori – anche se trova alcuni conoscitori e clienti sia nel mercato dell’Ue che nei Paesi terzi». E la “pubblicità” offerta dalla battaglia italiana in Ue ne ha certamente accresciuto la notorietà. Se non altro nel Bel paese.

«OMONIMIA? POSIZIONE DELL’ITALIA SENZA GIUSTIFICAZIONI»

Un vino dolce che, in Croazia, è «particolarmente importante per i produttori e i consumatori nel contesto storico, turistico e gastronomico». Tanto che in Dalmazia è tradizionalmente presente in tavola in occasione di eventi e delle principali festività.

«Riteniamo che il quadro legislativo dell’Ue per la protezione delle menzioni tradizionali sia chiaro e trasparente. Garantisce una protezione adeguata delle menzioni che hanno soddisfatto le condizioni prescritte, senza compromettere i diritti dei prodotti già protetti», chiosano i vignaioli croati.

«Il sistema si basa sulla riconosciuta storicità dell’uso del termine tradizionale – prosegue l’Associazione iscritta alla Camera di commercio della Croazia – fornendo grado di protezione all’altezza. Proprio grazie a tale eccezionale tradizione, la produzione di Prošek deve essere riconosciuta anche dalla legislazione europea.

A nostro parere, i produttori croati hanno una legittima aspettativa per la protezione dei loro vini realizzati in modo tradizionale. Meritano il pieno accesso al mercato, con pari garanzie rispetto ai loro omologhi europei».

Spazio anche per un commento alla battaglia dell’Italia, che si oppone al riconoscimento in Europa. «Purtroppo – dichiara l’Associazione dei viticoltori croati – gli italiani si oppongono alla protezione del Prošek come termine tradizionale. Non vediamo alcuna giustificazione adeguata per una tale posizione».

«Si tratta di due prodotti completamente diversi e distinti. Inoltre – concludono – non vediamo alcun nesso di omonimia, come invece paventato dall’Italia. Le parole Prošek e Prosecco sono piuttosto diverse, sia in termini di pronuncia che di ortografia. Questo non può essere fuorviante per i consumatori in nessun caso».

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Alcol denaturato e “ricondizionato” per vino e liquori: è caccia a produttori e clienti

Per ora solo ipotesi, mentre il cerchio si stringe attorno a clienti e mandanti. L’ingente sequestro di alcol denaturato compiuto nelle scorse ore dalla Guardia di Finanza di Caserta potrebbe scoperchiare un sistema già noto alle forze dell’ordine italiane, anche fuori dai confini della Campania. Una volta giunto a destinazione, avrebbero potuto essere “ricondizionato“. Ed essere utilizzato per la produzione di vino o liquori dannosi per la salute, all’insaputa dei consumatori.

La scoperta è avvenuta ad un posto di blocco allestito dai finanzieri del Comando provinciale di Caserta a Cancello ed Arnone, non lontano da Castel Volturno. Su un camion targato Est Europa – la nazione di provenienza non viene svelata dagli inquirenti, per non intralciare le indagini – i militari hanno rinvenuto 26 mila di litri di alcol denaturato e 175 mila litri di prodotti simil-petroliferi.

Due sostanze senza correlazioni, solo in apparenza. Secondo quanto riferiscono le forze dell’ordine, il commercio illegale di merci destinate alla combustione e alla produzione di bevande alcoliche rappresenta «uno dei business più appetibili per la moderna criminalità economico-finanziaria».

Un mercato nero florido, che consente di realizzare «consistenti proventi illeciti, attraverso l’utilizzo e la manipolazione fraudolenta di prodotti in evasione di imposta e la conseguente immissione nella rete di distribuzione commerciale a prezzi altamente concorrenziali».

Da solo, l’alcol denaturato avrebbe fruttato circa mezzo milione di euro. Cinquecentomila euro, dunque, di cui 350 mila euro in imposte evase. Nel complesso, il valore del sequestro operato dai finanzieri supera il milione di euro. Le indagini sono ora volte ad accertare la provenienza della merce, priva di documentazione, nonché la destinazione e gli acquirenti.

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Vino contraffatto, operazione Dioniso: sequestri per 700 mila euro in Oltrepò pavese

Guardia di Finanza e Carabinieri di Pavia in azione sulla base degli sviluppi dell’Operazione Dioniso. In corso dall’alba la confisca di immobili e disponibilità finanziarie di tre soggetti finiti nell’indagine, per un importo complessivo di 740 mila euro nelle province di Pavia e Cremona.

Si tratta del risultato delle indagini dirette dal sostituto procuratore Paolo Mazza, coordinate dal procuratore Mario Venditti. Le misure cautelari, disposte dal gip Tribunale di Pavia Luigi Riganti, sono la diretta conseguenza dell’Operazione Dioniso, svolta nel gennaio 2020 dalla Compagnia Carabinieri di Stradella e dalle Fiamme Gialle della Compagnia di Voghera, con il Gruppo Carabinieri Forestale di Pavia e gli uomini dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e della Repressioni Frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf).

Otto gli immobili sottoposti a sequestro preventivo, insieme a numerosi conti correnti e ulteriori disponibilità finanziarie dei tre soggetti indagati a vario titolo indagati per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.

Operazione Dioniso (video e foto): ancora vino contraffatto in Oltrepò pavese

LE INDAGINI DELL’OPERAZIONE DIONISO

Già nel gennaio del 2020, nel territorio dell’Oltrepò pavese e in altre 6 province tra Lombardia, Piemonte, Veneto e Trentino Alto Adige, i militari della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri avevano eseguito cinque arresti e complessive 28 perquisizioni domiciliari, locali e personali nei confronti di altrettanti soggetti indagati, aziende vitivinicole – in particolare la Cantina di Canneto – e laboratori analisi.

Le investigazioni, svolte anche attraverso intercettazioni telefoniche e videosorveglianza, avevano consentito di accertare che i vertici della cantina dell’Oltrepò pavese, con il concorso di un mediatore del settore vitivinicolo, enologi e titolari di aziende agricole conferitrici, commercializzavano vini a denominazione di origine controllata e a indicazione geografica protetta, in realtà contraffatti per quantità, qualità e origine.

Oltrepò, Operazione Dioniso: ancora vino contraffatto per quantità, qualità e origine

IL MODUS OPERANDI DEGLI INDAGATI IN OLTREPÒ PAVESE

Il sistema messo in atto, sgominato dall’Operazione Dioniso, era semplice. Durante i conferimenti delle uve post vendemmia, venivano dichiarate differenti varietà di vite, generando falsa documentazione contabile. Inoltre, gli indagati avrebbero acquistato in nero ingenti quantità di sostanze vietate dalle norme del settore vitivinicolo, come zucchero invertito e anidride carbonica. Irregolarità anche nei parametri di utilizzo del mosto concentrato rettificato.

Le successive analisi della documentazione contabile ed extracontabile, svolta dalle Fiamme Gialle di Pavia, oltre al vaglio dei contenuti dei personal computer e dei telefoni cellulari in uso ai soggetti indagati, avrebbero consentito agli inquirenti di accertare che la Cantina produceva e commercializzava vini ottenuti mediante uve di tipologia diversa da quella indicata in etichetta, utilizzando prodotti non consentiti. Il tutto per assecondare le richieste del mercato.

Il valore dei sequestri preventivi frutto dell’Operazione Dioniso, in corso in queste ore, di fatto, è pari alla stima del presunto illecito profitto dei tre indagati, attraverso la frode in commercio. Il terzetto viene definito dagli inquirenti «direttamente responsabile della creazione della frode, attraverso la falsa documentazione rinvenuta e la gestione fraudolenta dei conferimenti effettuati dai coltivatori indagati».

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Al Mercato Fivi Piacenza 2021, 13 vignaioli della Top 100 Migliori vini italiani 2022

Sono ben 13 i vignaioli presenti nella Top 100 Migliori vini italiani 2022 di WineMag.it (fino a domenica in vendita a 6,49 euro, invece di 12,99 euro) che presenzieranno al Mercato Fivi di Piacenza 2021. L’annuale appuntamento con le 680 cantine aderenti è in programma da sabato 27 a lunedì 29 novembre 2021.

Tra le tappe da non perdere c’è Mos, Cantina dell’Anno 2022 – Nord Italia per la nostra testata. L’occasione di conoscere Luca Moser, il cugino Federico Ferretti e i loro vini eroici prodotti in Val di Cembra, va colta al volo. Saranno presenti al Padiglione 1, corsia E, postazione 35.

Di seguito, da Nord a Sud Italia, gli altri 12 vignaioli premiati dalla nostra annuale Guida, presenti al Mercato Fivi di Piacenza 2021.

LOMBARDIA

Tenuta La Vigna (paglione 1 – F 27)

Cascina La Vigna – Parco del Montenetto
25020, Capriano del Colle (Brescia)

Martilde (paglione 2 – N 21)

Via Croce, 4
27040, Rovescala (Pavia)

Perego & Perego (padiglione 1 – D 81)

Largo Medaglia d’oro, 2
27040 Rovescala (Pavia)

PIEMONTE

Ca ed Curen (padiglione 1 – D 25)

Località Romanino, 14
12056 Mango (Cuneo)

VENETO

Vigne al Colle (padiglione 1 – B 43)

Via Palazzina, 100
35030 Rovolon (Padova)

Giovanna Tantini (padiglione 1 – C 73)

Località I Mischi via Unità d’Italia, 10
Castelnuovo del Garda (Verona)

Le Fraghe di Matilde Poggi (padiglione 1 – C 35)

Loc. Colombare, 3
37010 Cavaion Veronese (Verona)

EMILIA ROMAGNA

Tre Monti (padiglione 1 – B 103)

Via Lola, 3
40026 Imola (Bologna)

TOSCANA

Sanlorenzo (padiglione 1 – B 53)

Podere Sanlorenzo, 280
53024 Montalcino (Siena)

MARCHE

Montecappone (padiglione 1 – B 104)

Via Colle Olivo, 2
60035, Jesi (Ancona)

UMBRIA

Antonelli (padiglione 1 – B 35) 

Località San Marco, 60
06036 Montefalco (Perugia)

CALABRIA

Fezzigna Vignaioli dal 1957 (padiglione 1 – B 87)

Località Caraconessa
88823, Umbriatico (Crotone)

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Accademia della Stella di Negroni: premiati i vincitori della prima edizione

Più di 350 studenti coinvolti, oltre 130 progetti presentati e 5 artwork vincitori. Si è chiusa così la prima edizione dell’Accademia della Stella di Negroni, nata in occasione dei 90 anni di Negronetto. Obiettivo: scoprire, illuminare e sostenere i talenti del nostro Paese negli ambiti che meglio rappresentano le eccellenze del Made in Italy.

Per la prima edizione dell’Accademia, Negroni ha fatto un viaggio nel mondo della creatività. Sono stati coinvolti studenti tra IED – Istituto Europeo di Design, NABA, Nuova Accademia di Belle Arti e Politecnico di Milano – Scuola e Dipartimento di Design. A loro il compito di reinterpretare in chiave contemporanea il portato iconico di Negroni. Marchio che, con i suoi oltre 100 anni di storia, ha contribuito allo sviluppo della comunicazione di brand in Italia.

Dopo un’attenta selezione degli artwork ricevuti, la giuria composta da Matteo Ragni, Francesco Poroli e Anna Godeassi ha decretato le cinque stelle creative. Stelle creative che, utilizzando diversi stili, si sono sapute distinguere per originalità, estetica, impatto comunicativo, abilità tecnica e ricerca di un linguaggio semantico ed estetico che raccontasse il marchio, la sua storia ma anche la sua fruizione contemporanea.

In palio borse di studio e, per i vincitori del super premio istituzionale, la possibilità di svolgere una sessione di alta formazione negli studi creativi dei giurati. Attività che sarà supportata dal brand che si fa quindi ponte tra i talenti del nostro Paese e mondo del lavoro.

«Tante sono le eccellenze del nostro Paese, stelle che diffondono il Made in Italy nel mondo. Abbiamo iniziato questa avventura per scoprirle e sostenere il talento e le capacità dei più giovani. Anche l’anno scelto non è stato casuale: abbiamo infatti celebrato i 90 anni di Negronetto, nato proprio da un’idea imprenditoriale semplice ma geniale». Ha commentato Claudia Ferrari, Responsabile Marketing Salumi Negroni.

I VINCITORI

A vincere per NABA, il concept “Ogni fetta è una stella” di Arianna Aiello, Beatrice Borsari, Alessandra Fabris e Sara Sozzini. Per IED è Lara Montresor ad aggiudicarsi la vittoria con un visual dalla palette calda che rappresenta l’immagine di un pic-nic in perfetto stile della tradizione italiana. Per il Politecnico di Milano, sono Alessandro Raimondo, Manuel Reale e Lucrezia Valentini i vincitori con il concept “Nutriamo da sempre la tua fantasia“.

Alice Gasparri e Chiara Pezzetti, sempre del Politecnico di Milano si sono aggiudicate, con il concept “Se è Negroni si sente“, il super premio istituzionale. Riconoscimento assegnato all’unanimità dalla giuria e dai rappresentanti del brand per la capacità di tradurre in immagine lo storico jingle.

Al Politecnico di Milano va anche la menzione social. Lara Macrini, Andrea Pancher e Matteo Paoli sono gli autori del concept “Una fetta, mille storie“, pensato per raccontare l’universo Negroni e le scene quotidiane che collegano le persone al brand in un’unica rappresentazione.

«Mi ha piacevolmente sorpreso come gli studenti siano stati in grado di portare un punto di vista nuovo rispettando la storia, i valori e la tradizione di Negroni. È stato un piacere scoprire nuove visioni, un vero e proprio salto nel futuro», ha affermato Matteo Ragni.

«È stato interessante prendere parte alla giuria dell’Accademia della Stella. Sia perché è sempre bello vedere all’opera nuovi talenti, sia perché il confronto con il passato è un esercizio che non dovremmo mai smettere di fare». Ha raccontato Francesco Poroli.

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Approfondimenti Esteri - News & Wine

Germania scelta per il 10° Simposio dell’Institute of Masters of Wine

Sarà la Germania ad ospitare il 10° Simposio internazionale dell’Institute of Masters of Wine. L’appuntamento è a Wiesbaden nel 2023. Quattro giorni, dal 29 giugno al 2 luglio, in cui il Deutsches Weinstitut (Dwi), farà gli onori di casa nella città dello stato federale di Hessen.

Il Dwi collaborerà con le 13 regioni vinicole e il Verband Deutscher Prädikatsweingüter (Vdp) per accogliere gli ospiti. Il Simposio è l’evento di punta dell’Institute of Masters of Wine, che in Germania conta 10 rappresentanti. Ci sono anche loro tra i sostenitori della candidatura di Wiesbaden per l’evento del 2023.

«Siamo entusiasti di accogliere gli ospiti internazionali dell’Imw in Germania – commenta Monika Reule, direttore generale del Deutsches Weinstitut – e di far loro conoscere il carattere unico, la qualità e la diversità dei vini tedeschi e la bellezza delle regioni vinicole. Gli ospiti sperimenteranno gli spettacolari terroir e i luoghi turistici della Germania. Saranno testimoni del dinamico progresso del business del vino in Germania, che rende il nostro paese uno dei più avanzati».

«Non potrei essere più felice per questa fantastica scelta per il prossimo simposio dell’Imw – aggiunge il presidente dell’Institute of Masters of Wine, Neil Hadley -. Ho piena fiducia che questa veneratissima nazione vinicola, con tutta la sua storia e i suoi meravigliosi vini pregiati, sarà il luogo perfetto per un simposio di livello mondiale che affronterà le principali questioni e tendenze del commercio globale del vino nel 2023».

Il simposio dell’Institute of Masters of Wine si svolge solitamente ogni quattro anni. Il precedente si è tenuto in Spagna, nel 2018. Il Simposio del 2022, inizialmente previsto ad Adelaide, in Australia, ha dovuto essere rinviato a causa della pandemia Covid-19.

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Food Lifestyle & Travel

50 Chef stellati ospiti in Qatar per il “World Class Chefs”

Qatar Tourism lancia “World Class Chefs“. Il progetto vedrà più di 50 rinomati chef del mondo, per un totale di oltre 100 stelle Michelin complessive, diventare padroni di casa nelle migliori cucine del Qatar.

Qatar Tourism ha intrapreso questo progetto per valorizzare la scena culinaria diversificata e cosmopolita del paese. In progetto che conta ben 3.000 ristoranti, in collaborazione con Qatar Airways, Qatar Aircraft Catering Company (QACC) e Kings of Kitchen. Durante i prossimi due anni, gli Chef visiteranno la penisola e realizzeranno menù di cinque portate per gli ospiti dei migliori hotel del paese.

«Siamo molto entusiasti di accogliere parecchi dei più grandi chef al mondo in Qatar nei prossimi due anni – ha detto sua Eccellenza Akbar Al Baker, presidente di Qatar Tourism e Chief Executive di Qatar Airways Group -. Il Qatar vanta una scena culinaria eclettica, insieme ad un settore ospitalità pluripremiato».

«Questa è quindi la destinazione perfetta per far conoscere a chi ha un palato raffinato nuovi ed entusiasmanti concetti di alta cucina”. Il progetto “World Class Chefs”, insieme all’imminente Qatar International Food Festival, rafforzerà la posizione della nazione a livello globale», ha concluso Akbar Al Baker.

L’11° Qatar International Food Festival (QIFF) si svolgerà dal 26 novembre al 17 dicembre 2021 e ospiterà oltre 160 stand dei migliori ristoranti di Doha. Si stima che l’evento attirerà circa 500.000 visitatori.

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Stefano Berzi è il Miglior Sommelier d’Italia AIS 2021

Stefano Berzi si è aggiudicato il Il titolo “Miglior Sommelier d’Italia Associazione Italiana Sommelier 2021 – Premio Trentodoc“. Il concorso si è svolto in occasione del 54° Congresso Nazionale di AIS, svoltosi oggi a Bologna.

Stefano Berzi, titolare dell’Enoteca Hosteria del Vapore di Carrobbio degli Angeli (BG), ha ottenuto il prestigioso riconoscimento dopo aver superato le selezioni regionali. La giuria è composta dai vincitori delle precedenti edizioni del Concorso, da alcuni membri di AIS, da giornalisti di settore e dall’Istituto Trento Doc.

«Sono fiero di questo successo. Il Concorso è un riconoscimento prezioso che premia il percorso di crescita personale e di formazione professionale dei sommelier. Diventare Miglior Sommelier d’Italia è un sogno coltivato da anni che richiede una grande preparazione», commenta Antonello Maietta, Presidente AIS.

Con Stefano Berzi hanno partecipato alla fase finale: Davide D’Alterio sommelier dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze. Simone Vergamini titolare dell’azienda Wineafterwine di Capannori (LU) e Massimo Tortora titolare dell’Enoteca La Cantina di Massimo di Livorno.

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Salvatore Castano è il miglior sommelier d’Europa

Salvatore Castano ha conquistato il titolo di Miglior Sommelier del continente aggiudicandosi il gradino più alto del podio del Concorso per il Miglior Sommelier d’Europa & Africa. Il concorso, appena conclusosi a Cipro, è organizzato ogni tre anni da ASI – Association de la Sommellerie Internationale. Un’enorme soddisfazione dopo tanto impegno e una lunga attesa per questa edizione del Concorso, già rimandato per ben due volte a causa della pandemia.

Salvatore Castano, classe 1990, di Giardini Naxos (Taormina), dopo il diploma all’Istituto Alberghiero, ha iniziato la sua carriera a Londra come Commis Sommelier in uno dei Ristoranti di Alain Ducasse, The Dorchester. Attualmente è Head Sommelier & On Trade Advisor presso Friarwood, rinomata boutique della capitale britannica.

Scelto da ASPI – Associazione della Sommellerie Professionale Italiana a rappresentare l’Italia, Castano ha affrontato nella finale i candidati di Danimarca e Austria, Nina Jensen e Suvad Zlatic. Un grandissimo risultato ottenuto alla sua prima partecipazione ad un concorso internazionale.

«Salvatore Castano, sempre misurato nei suoi atteggiamenti, mai sopra le righe – commenta Giuseppe Vaccarini, presidente di Aspi – ha convinto tutti sin dalle prime prove. A Salvatore vanno i miei più sinceri complimenti! Ha saputo tenere duro durante tutta la pandemia, non si è mai perso d’animo e qui ha dimostrato la sua grande voglia di fare bene».

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Esteri - News & Wine news news ed eventi

Altro che diritti Lgbt: l’Ungheria chiede ad Orbán di poter bere vino al ristorante

Dopo il terremoto sulla legge Lgbt, definita da molti osservatori d’ostacolo ai diritti di gay, lesbiche e transessuali, un altro terremoto scuote l’Ungheria di Viktor Orbán, che si prepara al voto di aprile 2022. I produttori di vino ungheresi chiedono al governo di Budapest di consentire agli avventori di poter bere vino al ristorante. L’Ungheria è infatti uno dei pochi Paesi rimasti nell’eurozona in cui è in vigore la tolleranza zero sull’alcol al volante.

Tradotto: bevi una birra, la polizia di ferma a un posto di blocco e sono guai. Patente ritirata e sanzione molto salata, anche in fiorini (in molti casi pari o superiore al salario medio mensile).

A guidare la rivolta è una colonna portante della viticoltura magiara: Joseph Bock, classe 1948, tra i più noti viticoltori di Villány, regione vinicola ungherese vocata al Cabernet Franc in purezza. Bock, esperto cacciatore di cinghiali e daini nel tempo libero, ha messo nel mirino da diversi da anni il proibizionismo del governo ungherese.

ALCOL AL VOLANTE, «TOLLERANZA ZERO IMPEDISCE LA CRESCITA»

Ieri l’ultima stoccata, sul palco di Franc&Franc 2021, manifestazione che ha convogliato nel Sud dell’Ungheria ben 175 wine expert da tutta Europa e non solo, ospitata come di consueto dalla cantina Bock.

«Dobbiamo cambiare questa assurda legge – ha dichiarato Joseph Bock – che mina l’evoluzione stessa della viticoltura ungherese. La tolleranza zero sull’alcol alla guida è d’ostacolo allo sviluppo dell’economia delle cantine magiare, che si stanno sempre più attrezzando anche sul fronte dell’enoturismo».

Siamo ormai uno dei pochi Paesi rimasti in Europa a non permettere a nessuno di bere neppure un bicchiere di vino al ristorante. Anche i turisti e gli enoturisti vivono col timore di consumare un calice di vino, perché corrono il rischio di vedersi ritirata la patente fuori dal ristoranti o dalle cantine».

«Chiunque abbia a cuore la crescita del settore – ha aggiunto Joseph Bock – deve supportarci in ogni modo per far sì che questo divieto venga abolito al più presto. Consentire una minima tolleranza è ormai vitale non solo per molte cantine e ristoranti, ma anche per tutto l’indotto di cantine, ristoranti e strutture ricettive ungheresi».

GIORNALISTI E CONSORZI DEL VINO UNGHERESE CON JOSEPH BOCK

Zoltán Győrffy (nella foto sopra), direttore del wine magazine ungherese Pécsi Borozó, si allinea alla posizione di Bock. «Chi viene pizzicato alla guida con appena 0.25 mg/l di alcol – spiega in esclusiva a WineMag.it – rischia in Ungheria una multa da un minimo di 200 a un massimo 200 mila euro. Quest’ultimo è chiaramente un valore estremo, che tiene conto di eventuali danni causati a persone o cose».

Vedersi rifilata una sanzione da 300 euro e da uno a tre mesi di sospensione della patente è comune, nel Paese. Il punto è che, così facendo, si pone un limite alla cultura del vino ungherese, che deve pur essere bevuto responsabilmente».

«Penso che il governo debba rivedere le norme attuali – conclude Zoltán Győrffy, membro tra l’altro dell’ufficio di gabinetto del rettore dell’Università di Pécs – introducendo una tolleranza minima per chi si mette alla guida, simile a quella di altri Paesi produttori di vino, come per esempio l’Italia. La tolleranza zero è d’ostacolo all’enoturismo, alle nostre cantine e a tutte le aziende della ristorazione e dell’ospitalità».

Tra i favorevoli a una revisione della legge c’è anche Péter Molnár, direttore del Consorzio Vini di Tokaj, la più nota e rinomata regione vinicola ungherese. «L’auspicio – commenta a WineMag.it – è che questa legge cambi, per il bene dell’enogastronomia ungherese».

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degustati da noi news news ed eventi vini#02 visite in cantina

I vini di Fulvio Bressan e la variabile “Fanculo”

Fanculo“. Sfondo blu, scritta bianca. In maiuscolo. È un cartello. Ma ha più l’aria del manifesto. Della sintesi. Del collante di una vita spesa a difendere ideali. Convinzioni. Princìpi scomodi, appiccicosi. Fanculo, sì. In fin dei conti, più che un insulto, una corazza. Quella di cui Fulvio Bressan ha bisogno per stare al mondo. Dentro e, forse, ancor più fuori da una cantina che è diventata negli anni covo carbonaro, laboratorio di idee liquide.

Fucina di vini uguali solo a se stessi. Microcosmo di un vignaiolo che è i suoi vini. E per il quale i suoi vini parlano. Dicono così, anche loro: “Fanculo”. Conchiglie incazzate da avvicinare al naso e alla bocca, al posto dell’orecchio. Per sentire il mare che hanno dentro. E andare oltre, persino all’apparenza.

Piaccia o no (lui) e piacciano o no (i suoi vini), a Fulvio Bressan poco importa. Quella freccia, quel cartello. Quel “fanculo” maiuscolo, con la punta in direzione opposta, critica, contraria all’ingresso della cantina, sta lì a sintetizzare un approccio più filosofico che pragmatico e volgare.

FULVIO BRESSAN, PSICOLOGIA E VIGNA

Liceo Classico, diverse esperienze in cantina a Bordeaux. Prima ancora di dedicarsi vita, anima, schiena, mani e corpo alla vigna, una laurea in Psicologia clinica che lo ha portato a lavorare per 5 anni in un centro oncologico infantile, dove ha «visto morire 484 bambini». «Facevo terapia del dolore», spiega a un paio di metri da quel “manifesto”, con la voce che si fa ancora più profonda, penetrante.

Un’esperienza che mi ha portato a una conclusione molto semplice: in una vita che dura troppo poco per essere vissuta male, posso sopportare chi sta male, ma non chi sta bene. Ergo: se non ti sopporto te lo faccio capire e arrivano i vaffanculo col camion. Il fanculo ha un sapore dolce. Specie se lo dai col “lei”, condendolo con qualche altra parola dolce…».

Sono passati appena dieci minuti da quando Fulvio Bressan è entrato nel cancello dell’azienda di via Conti Zoppini 35, a Farra d’Isonzo, stropicciando di 90 gradi il volante del suo fuoristrada. Pochi convenevoli, mentre alle sue spalle si abbassa la polvere del selciato, graffiato da gomme giganti. A parlare, adesso, è il vino.

Nel calice c’è Carat 2018, appena imbottigliato: Tocai Friulano, Malvasia Istriana e Ribolla Gialla. «Di solito lo imbottiglio dopo 4 anni – spiega – ma questo lo sentivo pronto prima e abbiamo fatto uno strappo alla regola». Del resto, i vini di Fulvio Bressan sono merce rara.

«Ho richieste pari a quattro volte la produzione. Ma l’azienda – si affretta a precisare – non crescerà più dei 20 ettari attuali. Più di così, cadrei nell’industria. Chi mi conosce dice che non potrei fare un vino diverso da quello che faccio. E chi mi conosce solo dopo aver bevuto i miei vini diverse volte, finisce sempre per dire che ci assomigliamo, io e loro. Anzi, che siamo proprio uguali».

CARAT 2018, COME SETA

Carat è un vino generoso, deciso. Sa di frutta matura a polpa gialla. Spazia dalla pesca all’ananas maturo, dall’albicocca al melone retato. Svolgimento orizzontale, ma anche una discreta dose di profondità, data da qualche accenno di spezia ed erba aromatica. Il sottofondo è di magistrale cremosità. Tanto da avvolgere il palato su tinte mielate che solleticano gli accenni di tannino, in chiusura di sipario.

Più passano i minuti, più Carat si apre nel calice. E più il telefono di Fulvio Bressan squilla. È un susseguirsi di “no” a potenziali clienti. Manca la materia prima, in bottiglia: «Guardi, mi spiace. Siamo senza vino, richiami a gennaio».

Eppure, cavare un complimento da papà Nereo è un’impresa. «La natura è ingiusta: le zucche più grosse vengono sempre ai contadini più stupidi», scherza il 90enne, entrato nel frattempo in cantina come un gatto silenzioso, in punta di piedi. «Ci voleva un mona laureato come te per fare i vini buoni», rincara la dose. Poi si fa serio.

«Parlare di vino è pesante, gente mia. Il vino, è vino. Ormai i vini sono tecnici. In cantina ci sono i tecnici: sale, pepe, aggiungi, togli. E la gente beve le ricette. Questi vini piacciono? Sì? Bene. Non piacciono? Quella è la porta. Finita la commedia! Ma questo è vino – aggiunge poi Nereo Bressan, per la felicità del figlio – perché è fatto in vigna, senza diserbi, polveri e veleni».

Uno dei segreti dei vini dei “Mastri Vinai” Bressan, di fatto, è la maturità delle piante, che raggiungono anche i 120 anni di vita. «L’industria fa vino a 3 anni dall’impianto – chiosa Fulvio -. Quando secondo noi la pianta sta iniziando a dare il meglio, ovvero attorno ai 20-25 anni, le grandi cantine estirpano, perché la vigna non produce più le quantità desiderate, ormai spremuta all’osso».

L’ALTRA VARIABILE BRESSAN: I LEGNI

Il tempo è un valore, non un nemico in quest’angolo di Friuli Venezia Giulia. Ne è una riprova il Pignol 1997 “Nereo”, in magnum. Del capostipite, a cui questo vino è dedicato, ecco l’energia vitale e la tensione. Il nerbo, il carattere. L’allungo bellissimo ed elegante, nella sua autenticità.

Stratificazione infinita, giocata sull’alternanza di frutto e macchia mediterranea (netto l’alloro, ma anche l’origano), fiori e spezie. Un vino ulteriormente incomplessito da terziari conferiti dalla micro ossigenazione in affinamento, che denotano l’attenzione maniacale di Fulvio Bressan alla delicatezza aromatica dei legni.

In cantina, mezzo bosco: gelso, castagno, ciliegio selvatico, pero selvatico, acacia e frassino. Doghe da 50 millimetri, stagionate per minimo 8 anni, ovvero un anno e mezzo a centimetro. Tutte piegate a vapore, perché da Bressan sono bandite le tostature. La variabile tra legno e legno risiede solo nella quantità d’aria trasmessa, in base alla porosità.

E non è detto che un vino non passi in due legni, prima di essere messo in bottiglia. Il colpo di genio, in grado di stravolgere un vino già di per sé buono ma non perfetto, vede protagonista un’altra chicca della cantina di Farra d’Isonzo: il Moscato Rosa “Rosantico”.

CAPOLAVORI DI VIGNA E DI STILE

Strepitosa la vendemmia 2016, che sta per andare in commercio: la migliore di sempre, per pulizia e per capacità di annullare i sentori pirazinici (tendenti all’amaro), in favore di un allungo sapido infinito, su cui torna a danzare croccante la frutta rossa d’ingresso.

‌Resta in bocca fino a che non ci entra l’ultima chicca: lo Schioppettino 2016. C’è molto più della mora di gelso tipica del vitigno (Ribolla Nera) in questo concerto di lavanda, pino, resina, rosa, violetta, unita al corredo d’archi dei piccoli frutti di bosco a bacca rossa e nera, dal ribes al mirtillo.

C’è Fulvio stesso in quest’altro capolavoro. La sua determinazione, la profondità della sua voce. Il suo fisico, anzi la sua stazza. Il carattere indomito e solo apparentemente rude, ingentilito dalla vicinanza di una donna e moglie raffinata come Jelena Misina.

C’è tutto Fulvio Bressan nello Schioppetto, più che in qualsiasi altro nettare della cantina. C’è anche il suo “fanculo”: questa volta indirizzato alle lancette dell’orologio, contro le quali vincerà a mani basse la prova del tempo. Dandogli del lei, s’intende. Prosit.

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La comunità scientifica europea contro il NutriScore

Ribadire l’antiscientificità del NutriScore, dimostrando la non validità scientifica delle argomentazioni che supportano la misura e rimarcando studi consolidati che da sempre ne evidenziano le debolezze e la pericolosità.

È questo il messaggio che emerge dal convegno “Science Vs Ideology – Beyond the NutriScore” che ha visto protagonisti due importanti esponenti del mondo scientifico, il Dott. Francesco Visioli dell’Università di Padova e il Dott. Ramon Estruch, dell’Università di Barcellona.

“Science Vs Ideology – Beyond the NutriScore” è stato organizzato da Competere.eu, promotore dell’unica piattaforma italiana di discussione scientifica sulla sustainable nutrition.

La discussione ha dimostrato come il sistema NutriScore si basi infatti su elementi non scientifici, mettendo così a repentaglio la capacità dei consumatori di individuare il corretto regime alimentare da seguire e la loro libertà di scelta.

PERCHÉ NUTRISCORE NON SAREBBE SCIENTIFICAMETE VALIDO?

Secondo gli organizzatori  l’algoritmo su cui si basa la classificazione degli alimenti secondo il NutriScore è arbitrario. Un sistema che e si presta ad essere facilmente manipolato, arrivando al paradosso che alimenti di comprovata importanza, presenti nella Dieta Mediterranea, risulterebbero dannosi.

Inoltre, dando una valutazione arbitraria dei nutrienti contenuti nei cibi, si premia l’alterazione degli ingredienti per ottenere dei punteggi maggiori, favorendo i cibi altamente processati.

Infine il sistema propone una distinzione tra alimenti positivi e negativi che va contro la letteratura scientifica, tralasciando l’impatto all’interno del regime alimentare complessivo.

“NutriScore non si basa su risultati di studi scientifici – ha affermato il Dott. Estruch -. Contiene molti elementi fuorvianti in quanto mescola energia, cibo e nutrienti. Non valuta la qualità delle proteine, dei grassi o dei carboidrati e non evidenzia aspetti positivi come l’alta densità di nutrienti – minerali e vitamine – o il contenuto in composti bioattivi. Infine, non tiene conto del grado di lavorazione dei cibi”.

“NutriScore presenta un approccio che va contro le indicazioni della stragrande maggioranza dei nutrizionisti – ha aggiunto il Dott. Visioli -. Si focalizza sui singoli cibi e nutrienti invece che sul concetto di dieta. Si dimentica il concetto di porzione, preferendo l’indicazione dei valori per 100g. Il sistema non aiuta il consumatore a comprendere quali nutrienti possono essere positivi e quali negativi. In questo modo l’olio d’oliva ottiene un punteggio più basso rispetto ad una bibita gassata”.

LE DISTORSIONI DEL NUTRISCORE

Importanti sono anche gli effetti distorsivi per l’informazione verso i consumatori, che vedono le loro capacità di scelta fortemente ristrette. Il NutriScore infatti giudica gli alimenti ma non fornisce alcuna informazione di carattere nutrizionale diretta (composizione, contenuto in nutrienti ecc.). Il consumatore non può quindi sapere il motivo per cui un alimento è classificato come positivo o negativo.

Inoltre, le persone con esigenze specifiche non hanno alcun supporto da NutriScore. Non è un caso quindi che, secondo alcune ricerche, i consumatori di sette Paesi europei (Francia, Germania, Grecia, Italia, Portogallo, Romania e Spagna) prediligano il sistema di etichettatura dettagliato Nutrinform Battery rispetto al riassuntivo NutriScore.

Dagli studi si può notare come molti consumatori siano sospettosi di etichette sommarie che non mostrano le informazioni nutritive. Consumatori che preferendo invece etichette che hanno lo scopo di educare, stimolare il pensiero critico e la comprensione di necessità individuali.

“Oggi abbiamo ancora una volta evidenziato l’assenza di basi scientifiche del NutriScore, che vede come unico scopo l’arbitraria condanna o promozione di alimenti e non l’educazione del consumatore, approfittando della sua fiducia per guidarlo verso scelte basate su parametri incomprensibili e non trasparenti”. Ha aggiunto Pietro Paganini, Fondatore e Presidente di Competere – Policies for Sustainable Development.

“Il NutriScore, oltre a generare classificazioni paradossali di alimenti simbolo della Dieta Mediterranea – il regime nutrizionale scientificamente considerato tra i più sani al mondo – rappresenta una misura totalmente antiscientifica che mette a repentaglio non solo un patrimonio sociale ed economico inestimabile come il Made in Italy agroalimentare, ma anche il benessere di tutti i cittadini dell’Unione Europea”. Ha concluso Paganini.

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Approfondimenti

Una buona vendemmia 2021 per la Doc Colli Berici e Vicenza

Il Consorzio Tutela Vini Colli Berici e Vicenza tira le somme della vendemmia 2021 e il risultato è decisamente positivo. I dati raccolti dai ventisei soci testimoniano che, seppur a fronte di un calo di produzione totale, la qualità dell’uva raccolta è decisamente alta.

“Quella del 2021 è stata una buona vendemmia che ci darà grandi soddisfazioni anche nel lungo periodo – commenta Giovanni Ponchia, Direttore del Consorzio -. La scarsità di precipitazioni e i fenomeni grandinigeni hanno portato a un calo medio di circa il 20% delle quantità raccolte rispetto al 2020″.

“Calo che però è stato compensato da un quadro zuccherino, acidico e di precursori aromatici che lasciano presagire vini di grande intensità, equilibrio e potenziale di invecchiamento. Questo, unitamente all’aumento generalizzato dei costi delle materie prime, comporterà inevitabilmente un aumento dei prezzi dei vini“.

L’ANDAMENTO CLIMATICO

La tendenza degli ultimi anni ad avere inverni secchi con temperature miti è stata confermata anche nell’annata 2021. Il germogliamento è avvenuto con circa dieci giorni di ritardo rispetto alla media degli ultimi anni, consentendo di limitare in parte i danni della gelata del 6 aprile. Frequenti precipitazioni hanno caratterizzato la primavera, rendendo più complessa la gestione fitosanitaria dei vigneti.

La fioritura, pur in un contesto di instabilità meteorologica, si è comunque svolta in modo soddisfacente. Con l’inizio di giugno si è verificato un repentino aumento delle temperature medie e massime. La fase dell’allegagione si è svolta in modo regolare, confermando il ritardo di circa sette-dieci giorni rispetto alla media storica. Temperature medie e massime elevate hanno caratterizzato i mesi di giugno e luglio, che confermano la tendenza delle ultime estati calde.

Luglio è stato contraddistinto da alcuni fenomeni grandinigeni, anche violenti, che hanno colpito marginalmente la zona dei Berici. A partire dal 23 agosto la situazione climatica è cambiata repentinamente. Situazione con piogge ben distribuite e temperature più fresche soprattutto nelle ore notturne, con delta termici spiccati nel confronto giorno e notte.

Anche nel mese di settembre si è confermata l’escursione termica, che associata alle meteo, ha consentito di ottenere uve molto sane, con corredi zuccherini e precursori aromatici più che soddisfacenti. Sia per le varietà precoci, che per le medie e tardive, la fase della maturazione ha confermato il ritardo tra i sette e i dieci giorni. Ritardo già riscontrato nelle precedenti fasi fenologiche, riportando il periodo di vendemmia a date tipiche dello scorso ventennio.

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Vino e mafia sull’asse Puglia-Emilia Romagna: confisca milionaria per usura e truffa aggravata

Le imprese “cartiere” foggiane emettevano fatture per operazioni inesistenti, come fittizie forniture di mosto, in favore di una società vitivinicola con sede a Ravenna, collegata all’organizzazione criminale che, in questo modo, acquisiva ingenti crediti fiscali nonché il diritto ad accedere ad aiuti comunitari erogati dall’Agea. Questo il quadro dell’Operazione Baccus.

Sulla base delle investigazioni avviate nel 2012 tra Puglia ed Emilia Romagna, i Finanzieri del Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (Scico) e del Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bari, con il supporto di militari dei Gruppi del Corpo di Ravenna e Forlì, stanno dando esecuzione a un provvedimento di confisca definitiva emesso dalla Prima Sezione Penale della Corte d’Appello di Bari.

Al centro dell’operazione di questa mattina, beni immobili del valore complessivo di oltre 4 milioni di euro, tra i quali fabbricati e fondi agricoli ubicati nelle province di Ravenna e Forlì.

Sono stati emesse misure cautelari personali nei confronti di 24 soggetti (17 in carcere e 7 agli arresti domiciliari), indagati – a vario titolo – per le fattispecie di reato di associazione per delinquere finalizzata all’usura e all’estorsione, aggravate dal metodo mafioso, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode fiscale.

Convalidato inoltre un provvedimento di sequestro di beni, emesso d’urgenza dal pm titolare del fascicolo penale, per un valore complessivo di circa 15 milioni di euro.

METODO E FINALITÀ MAFIOSE

L’esecuzione del provvedimento di confisca dei beni rappresenta l’epilogo di una “tranche” della complessa e articolata attività investigativa denominata convenzionalmente Operazione Baccus, coordinata dalla locale Direzione distrettuale antimafia.

Le investigazioni, svolte per lo più attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali nonché accertamenti bancari, hanno permesso di svelare l’esistenza e l’operatività di un’associazione criminale, con base operativa in provincia di Foggia, protagonista di numerosi episodi all’usura e ed estorsione, aggravate dal metodo e dalla finalità mafiose, nonché di frodi fiscali in danno dell’Erario e dell’Unione Europea.

Il tutto, attraverso l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, da parte di «numerosi soggetti economici controllati dal sodalizio, anche per il tramite di prestanome», spiegano gli inquirenti.

OPERAZIONE BACCUS: COME AGIVANO GLI INDAGATI

La società ravennate pagava tali forniture fittizie alle imprese “cartiere” foggiane, con bonifico e maggiorazione dell’Iva, impiegando disponibilità finanziarie provento delle attività illecite commesse dall’organizzazione criminale.

Nel contempo, conseguiva indebiti rimborsi fiscali per oltre 11 milioni di euro e illeciti contributi comunitari per oltre 18 milioni di euro. I primi provvedimenti risalgono al giungo 2012, quando il competente Gip del Tribunale di Bari accoglieva la proposta formulata dalla locale Dda, «fondata sul solido compendio indiziario acquisito dalle Fiamme Gialle».

Il successivo 1° febbraio 2019, sempre nell’ambito dell’Operazione Baccus, la Corte di Appello di Bari ha condannato 6 imputati per le fattispecie di reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e alla frode fiscale, disponendo la confisca di fabbricati e fondi agricoli, ubicati nelle province di Forlì e Ravenna, per un valore di oltre 4 milioni di euro.

Tale sentenza è divenuta oggi irrevocabile, comportando la confisca definitiva dei beni, in corso in queste ore. Nel medesimo contesto investigativo, il 10 marzo 2021 il Gico di Bari – con la collaborazione delle Compagnie del Corpo di Foggia, Trani e Ravenna – ha eseguito 4 ordini di carcerazione emessi dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Bari (Ufficio Esecuzioni Penali).

Oggetto del provvedimento sono quattro soggetti condannati a vario titolo per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di frodi in danno dell’Erario e dell’Unione Europea. Nei confronti degli indagati è stata inoltre disposta la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva.

Continua dunque in maniera incessante l’azione dello Scico e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari, in sinergia con l’Autorità Giudiziaria barese, volta a contrastare estorsioni ed usura, nonché ogni forma di inquinamento dell’economia legale, per salvaguardare gli operatori economici e i cittadini.

Esercito in vigna in Puglia contro la mafia del vino e dell’uva

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degustati da noi vini#02

Irpinia Doc Greco di Tufo 2019 Giallo d’Arles, Quintodecimo

Non occorre essere super esperti di storia dell’arte per comprendere il senso del nome affibbiato da Luigi Moio al suo Greco di Tufo, frutto di un cru del comune di Tufo (Avellino), in Irpinia. Il “giallo cromo” è il colore che incanta Van Gogh ad Arles, tanto da ingerirlo dal tubetto per “portare dentro la felicità” che riusciva a trasmettergli.

Sempre ad Arles, Van Gogh dipinse uno dei pochi quadri che sia mai riuscito a vendere: “La vigna rossa”, in cui il giallo cromo del sole e del cielo si tuffa nel rosso-arancio e ramato delle foglie della vite. Ebbene, non è forse il Greco di Tufo, per certi versi, un “rosso travestito da bianco”?

IL GIALLO D’ARLES SECONDO QUINTODECIMO

Quello di Quintodecimo racconta bene il concetto. Si presenta sì d’un giallo paglierino acceso, ma al naso rivela tinte agrumate che virano più sulla sanguinella e sul mandarino che sul cedro e il bergamotto. Poi, un’esplosione di fiori di campo e di verde pregiatissimo, da macchia mediterranea.

In bocca, la vena minerale marcata fa da spalla – anzi, da spina dorsale – alla generosa ampiezza del frutto maturo. Da “rosso” è anche la tinta asciutta di un sorso che fa a meno dei tannini ma sfrutta freschezza e dinamicità verticale, per tendere la beva come un arco.

Vino, questo Greco di Tufo 2019 Giallo d’Arles di Quintodecimo, manifesto del vitigno campano, con una vita lunghissima davanti. Un bianco che mette felicità. Un po’ come il “Giallo d’Arles” faceva con Van Gogh. Chapeau.

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