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Lilt e Città dell’Olio: protocollo d’intesa per promuovere salute e prevenzione

Firmato un protocollo d’intesa fra Lilt, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, e Città dell’Olio, Associazione Nazionale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio olivicolo e della cultura dell’olio, per la promozione, fianco a fianco, di iniziative e progetti volti a sensibilizzare e coinvolgere la cittadinanza sul tema della protezione della salute a partire dalla “dieta mediterranea” e dai suoi principi fondamentali, tra cui, in primis, il consumo di olio Evo italiano di qualità.

La sottoscrizione del protocollo nasce dal comune impegno per la diffusione della cultura della salute e del benessere che vede già entrambe le parti, ciascuna secondo le proprie competenze e specificità, attive su più fronti attraverso manifestazioni, campagne, servizi alla persona e progetti che interessano da vicino il cittadino, con particolare attenzione ai giovani e ai giovanissimi.

“Un’adeguata alimentazione, unita all’abitudine al movimento e allo stop al fumo, è essenziale per la tutela della nostra salute e per la prevenzione di tutti i tipi di tumore, è quindi importante scegliere cibi sani e di provenienza controllata – commenta Francesco Schittulli, Presidente della Lilt Nazionale – l’olio extra-vergine di oliva italiano, ricco di proprietà benefiche e protettive, re della nostra dieta mediterranea, non dovrebbe mai mancare sulla tavola e il suo consumo deve diventare un’abitudine quotidiana fin da bambini”.

“Non a caso l’extra-vergine di oliva è da anni il simbolo della nostra Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica, la campagna di sensibilizzazione ai corretti stili di vita che ci vede impegnati ogni anno nel mese di marzo – conclude Schittulli – In virtù di questo protocollo siglato con Città dell’Olio prevediamo di dar vita ad iniziative ad alto valore educativo, volte alla diffusione della cultura della corretta nutrizione, dell’attività motoria e del tempo di qualità per una vita più sana”.

“Siamo sempre più consapevoli – aggiunge Michele Sonnessa, Presidente Città dell’Olio – che la nostra salute dipende da uno stile di vita sano ed una dieta equilibrata. Cibo e salute sono strettamente correlati e l’olio Evo rappresenta un alleato prezioso nella prevenzione delle malattie, perché è nutrimento del corpo ma anche ingrediente curativo per le sue proprietà nutraceutiche e l’accordo sottoscritto con la Lilt impegna entrambe le nostre organizzazioni a promuovere un uso consapevole dell’olio Evo”

“Punteremo soprattutto alla formazione – conclude il presidente – in particolare rivolta alle nuove generazioni, perché crediamo che sia necessario promuovere la dieta mediterranea ed educare i cittadini ad una corretta e sana alimentazione”.

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Olio e salute: firmato il protocollo d’intesa fra Lilt e Città dell’Olio

Lilt, Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, e Città dell’Olio, Associazione Nazionale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio olivicolo e della cultura dell’olio, hanno firmato un protocollo d’intesa che li vedrà impegnati, fianco a fianco, in iniziative e progetti volti a sensibilizzare e coinvolgere la cittadinanza sul tema della protezione della salute a partire dalla “dieta mediterranea” e dai suoi principi fondamentali, tra cui, in primis, il consumo di olio Evo italiano di qualità.

«Un’adeguata alimentazione, unita all’abitudine al movimento e allo stop al fumo, è essenziale per la tutela della nostra salute e per la prevenzione di tutti i tipi di tumore, è quindi importante scegliere cibi sani e di provenienza controllata – commenta Francesco Schittulli, Presidente della Lilt Nazionale – l’olio extra-vergine di oliva italiano, ricco di proprietà benefiche e protettive, re della nostra dieta mediterranea, non dovrebbe mai mancare sulla tavola e il suo consumo deve diventare un’abitudine quotidiana fin da bambini».

«Non a caso l’extra-vergine di oliva è da anni il simbolo della nostra Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica, la campagna di sensibilizzazione ai corretti stili di vita che ci vede impegnati ogni anno nel mese di marzo – conclude Schittulli – In virtù di questo protocollo siglato con Città dell’Olio prevediamo di dar vita ad iniziative ad alto valore educativo, volte alla diffusione della cultura della corretta nutrizione, dell’attività motoria e del tempo di qualità per una vita più sana».

La sottoscrizione del protocollo nasce dal comune impegno per la diffusione della cultura della salute e del benessere che vede già entrambe le parti, ciascuna secondo le proprie competenze e specificità, attive su più fronti attraverso manifestazioni, campagne, servizi alla persona e progetti che interessano da vicino il cittadino, con particolare attenzione ai giovani e ai giovanissimi.

«Siamo sempre più consapevoli – aggiunge Michele Sonnessa, Presidente Città dell’Olio – che la nostra salute dipende da uno stile di vita sano ed una dieta equilibrata. Cibo e salute sono strettamente correlati e l’olio Evo rappresenta un alleato prezioso nella prevenzione delle malattie, perché è nutrimento del corpo ma anche ingrediente curativo per le sue proprietà nutraceutiche e l’accordo sottoscritto con la Lilt impegna entrambe le nostre organizzazioni a promuovere un uso consapevole dell’olio Evo».

«Punteremo soprattutto alla formazione – conclude il presidente – in particolare rivolta alle nuove generazioni, perché crediamo che sia necessario promuovere la dieta mediterranea ed educare i cittadini ad una corretta e sana alimentazione».

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Dopo Coldiretti anche Fivi con Vinarius: «Vignaioli penalizzati da Dpcm enoteche»

Seppure in ritardo di ben 12 giorni e dopo Coldiretti, anche Fivi si schiera con Vinarius nella battaglia al Dpcm 16 gennaio 2021, che vieta l’asporto di vino dalle enoteche dopo le 18, a differenza di quanto invece può avvenire nei supermercati e nei negozi dove la vendita di vino e alcolici non è l’attività principale (gastronomie, macellerie).

«I Vignaioli –  spiega Matilede Poggi, presidente della Federazione italiana vignaioli indipendenti – come molte altri operatori del settore Horeca e di altre categorie, sono stati pesantemente indeboliti dai mesi di chiusura forzata e dalle norme sull’asporto e sugli orari di apertura di enoteche e ristoranti».

Enoteche “a secco” dalle 18, Coldiretti con Vinarius: «Dpcm discriminatorio»

«Le nuove decisioni del Governo – contina la massima esponente di Fivi – stanno portando pesanti conseguenze su tutta la filiera. Le misure intraprese finora sono per lo più adatte alla grande industria, e dimenticano l’esercito di piccoli produttori artigiani del vino che, con il settore della ristorazione chiuso, ha sofferto più degli industriali che hanno una clientela più diversificata».

La presidente della Federazione Vignaioli indipedenti conclude: «Ribadiamo la necessità di permettere a tutti di riaprire le attività per lavorare in sicurezza, rispettando le regole, e auspichiamo maggiori controlli per garantire che queste vengano rispettate».

Con ristoranti ed enoteche chiusi, Fivi ribadisce dunque la difficoltà in cui versa tutta la filiera e si unisce all’appello di Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, che ha denunciato l’anomalia e chiesto spiegazioni al Governo anche grazie all’interrogazione parlamentare, presentata dall’onorevole Andrea Dara in data 20 gennaio alla Camera.

Resta in silenzio, invece, la quasi totalità dei Consorzi del vino italiano. Accanto all’ente di tutela del Brunello di Montalcuno e dei vini dei Colli Euganei si sono schierati, di recente, anche Asolo Montello e Consorzio del Chieretto e del Bardolino.

Dalle 18 il vino si compra in macelleria ma non in enoteca. E i Consorzi? Muti

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Abbona (Uiv): «Il vino italiano paga lo stallo politico, serve un Ministro»

Il settore del vino italiano sta pagando lo stallo politico e l’assenza di un Ministro. Questo l’allarme lanciato oggi da Unione italiana vini (Uiv) per mano del presidente Ernesto Abbona.

«Il vino italiano – dice Abbona – si sta reggendo esclusivamente con le forze degli imprenditori, ma ci sono ormai troppi nodi politici irrisolti che stanno venendo al pettine. Serve un esecutivo e un ministro per rimettere il settore sui binari del rilancio, per dare seguito alle norme e tradurle in azioni concrete per le imprese. Ristori inevasi, Dpcm sulla chiusura anticipata delle enoteche, decreto Sostenibilità, Promozione, sono i principali dossier inerti che stanno fortemente penalizzando i produttori».

Secondo l’associazione, che rappresenta più di 150.000 viticoltori e l’85% dell’export del vino italiano, lo stallo sta penalizzando su più fronti le aziende già in difficoltà. A partire dai pagamenti dei ristori su contributi regionali alla distillazione, riduzione delle rese e stoccaggio dei vini di qualità (circa cinquanta milioni di euro), a oggi del tutto inevasi da Agea nonostante la scadenza fissata al 31 dicembre dello scorso anno.

Un’altra vittima della crisi di Governo che affligge indirettamente i produttori è il maldestro Dpcm che obbliga alla chiusura anticipata, alle ore 18, le enoteche e i negozi specializzati. Un danno, stimato dall’Associazione Vinarius che ancora non ha avuto risposta sulla ratio del decreto, del 30% sul fatturato giornaliero. Inoltre, giacciono gli strumenti di rilancio.

È il caso del decreto attuativo sulla sostenibilità, la cui approvazione era stata annunciata invano entro gennaio, o delle risorse legate alla promozione di un settore che rende al Paese una bilancia commerciale attiva di circa sei miliardi di euro ogni anno.

«Anche in questo contesto – osserva Uiv – lo stallo politico e decisionale non ha consentito una riflessione più ampia sulle priorità di politica vitivinicola in merito a una diversa rimodulazione del Piano nazionale di sostegno 2021, portando a tagli lineari per 15 milioni di euro su tutte le misure senza un confronto preliminare con un comparto che chiede, invece, a gran voce maggiori risorse per la promozione per il rilancio dell’export».

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ViniVeri Assisi: al via on-line l’edizione 2021

È disponibile on-line, da oggi, ViniVeri Assisi 2021, la manifestazione organizzata dal Consorzio ViniVeri e dedicata a vignaioli, addetti del settore e appassionati. Un’edizione completamente digitale, a causa dell’emergenza sanitaria e relative restrizioni, a cui ci si può accedere dal sito ufficiale del Consorzio o tramite le pagina YouTube dedicata.

Disponibili sulle due piattaforme 70 video pillole di pochi minuti registrate direttamente dai vignaioli nelle loro aziende vinicole divise per Regioni oltre a Spagna e Slovenia. Ogni produttore illustra il vino più rappresentativo che avrebbe presentato in anteprima ad Assisi 2021, ne descrive l’annata e racconta un aneddoto legato alla produzione o allo svolgersi di quella specifica vendemmia.

«A cavallo di Capodanno – dichiara il presidente del Consorzio ViniVeri, Paolo Vodopivec – è nata l’idea di non abbandonare il nostro primo incontro annuale, ma di proporlo in maniera diversa, accessibile a tutti. Un modo per rimanere in stretto contatto non solo con il pubblico che visita le nostre manifestazioni, ma anche con il mondo della comunicazione, le reti di distributori e tutti gli appassionati di vini naturali».

«In pochi giorni 70 vignaioli hanno risposto con entusiasmo diventando protagonisti “artigianali” di video completamente “fatti in casa“», conclude Vodopivec dando appuntamento “di persona” a Cerea il prossimo 18 e 19 giugno.

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Esteri - News & Wine news news ed eventi

Sudafrica, divieto vendita e consumo vino: i produttori portano il Governo in Tribunale

Finisce in Tribunale la querelle che vede protagonisti i produttori di vino del Sudafrica e il governo guidato dal presidente Matamela Cyril Ramaphosa. Stremata da mesi di “proibizionismo”, o meglio dal divieto di vendita e consumo di alcolici intimato da Pretoria nell’ambito delle misure anti Covid-19, l’industria vitivinicola sudafricana ha deciso di prendere di petto la situazione. Passando alle vie legali.

È atteso per il 5 febbraio 2021 il pronunciamento dell’Alta corte di giustizia del Western Cape a cui si è rivolta Vinpro, associazione che raccoglie 2.575 produttori di vino del Sudafrica.

La non-profit di Paarl chiede «urgenti provvedimenti provvisori» che darebbero al premier del Capo Occidentale, Alan Winde, esponente di spicco dell’Alleanza Democratica sudafricana, il potere di adottare «misure ad hoc per consentire la vendita e il consumo di alcolici» in casa, ma anche nei ristoranti e nei supermercati.

Solo la prima tappa, il Western Cape, per poi procedere alla medesima richieste nei tribunali delle altre province. Gioca a favore di Vinpro il numero di nuove infezioni, casi attivi e ricoveri ospedalieri, che sta diminuendo rapidamente in tutto il Paese. In particolare proprio nel Capo Occidentale.

«In queste circostanze – sottolinea l’associazione guidata dal managing director Rico Basson – il divieto su vino e alcolici non è più giustificato nel Western Cape. Se sarà ancora in vigore entro il 5 febbraio, l’Alta Corte del Capo Occidentale dovrà a nostro avviso invalidare il divieto del ministro della Salute, Nkosazana Dlamini-Zuma, con effetto immediato».

La partita è aperta proprio sul fronte dei dati divergenti che arrivano dalle varie province. «È necessario un approccio più flessibile e agile, basato su dati empirici credibili – sottolinea Vinpro – grazie al quale l’esecutivo provinciale potrebbe fare da garante sulla vendita al dettaglio, per il resto della pandemia».

Sebbene il divieto di alcolici sia stato introdotto affinché gli ospedali abbiano la capacità di curare i pazienti, la pandemia colpisce le province in modo diverso e le capacità di reazione degli ospedali sono quindi diverse di zona in zona.

Nonostante ciò, il governo non ha mai differenziato le province nell’attuare o revocare il divieto sugli alcolici. Ha invece imposto un divieto a livello nazionale, poi lo ha nuovamente revocato e reintrodotto, senza riguardo per le circostanze nelle singole province».

Una situazione che sta mettendo a rischio centinaia di cantine e attività che operano nel settore della ristorazione e del turismo. «Oltre al divieto di vendita di vino e alcolici che interessa tutti i canali, dai ristoranti ai supermercati sudafricani – sottolinea l’importatore italiano di Vinisudafrica.it, Fabio Albani (nella foto sopra) – il Paese ha dovuto addirittura fare i conti con la chiusura delle spiagge».

«In Sudafrica l’estate sta ormai volgendo al termine – aggiunge – e la vendemmia 2021 è alle porte. Ma è come se la stagione estiva non fosse mai iniziata, con misure che hanno fortemente condizionato la vita di molte aziende operanti nel settore dell’Horeca. Molte cantine non sopravviveranno a questa crisi e dovranno chiudere».

Le misure del Governo potrebbero avere riflessi anche sull’export: «Ci aspettiamo listini al rialzo nei prossimi mesi del 2021 – preannuncia Albani – e ulteriori contraccolpi sia a livello locale che internazionale per i vini del sudafrica. Lo smart working di questi mesi ha peraltro rallentato ulteriormente la velocità di risposta e ‘reazione’ di molte aziende, in un Paese in cui la popolazione è abituata di per sé a vivere senza troppa fretta».

I numeri della crisi dell’industria del vino sudafricano, settore in grado di generare 55 miliardi di Rand all’anno in valore (2,9 miliardi di euro) parlano chiaro. Le restrizioni dettate dall’emergenza Covid-19 hanno causato una perdita di oltre 8 miliardi di Rand (oltre 435 milioni di euro) nelle vendite dirette.

A rischio, secondo Vinpro, 27 mila posti di lavoro. E con il Paese ormai pronto alla vendemmia si contano 640 milioni di litri in giacenza (la capacità produttiva del Sudafrica è pari a circa un sesto di quella dell’Italia) di cui 300 milioni non contrattualizzati.

«Ciò rappresenta un rischio non indifferente – sottolinea la non-profit – per via dell’insufficienza di spazi per la lavorazione e lo stoccaggio delle uve del nuovo raccolto, da parte di molte cantine. In pericolo c’è la sostenibilità di tutta l’industria del vino sudafricano. Anche per questa ragione i divieti a livello nazionale non possono che essere giudicati eccessivi, non necessari, ingiustificati e, in definitiva, controproducenti».

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2020 record per l’imbottigliamento del Verdicchio

Verdicchio dei Castelli di Jesi e Verdicchio di Matelica chiudono il 2020 con un significativo incremento dell’imbottigliato, segnalato da Valoritalia rispettivamente a +36,9% e +14,8%. Un risultato record per i due prodotti che hanno contribuito in positivo al dato complessivo (+5%) sull’imbottigliato di Dop e Igp marchigiane nel difficile contesto socioeconomico dello scorso anno.

«Il Verdicchio – ha detto il direttore dell’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt), Alberto Mazzoni – raccoglie ciò che ha seminato negli ultimi 10 anni: produzioni coerenti con l’altissima qualità del terroir riconosciuta dai critici internazionali, ma anche decine di milioni di euro investiti dai produttori in vigna, cantina e in attività promozionali».

«E massima attenzione al ritorno sull’investimento, dove (ha misurato Nomisma Wine Monitor) per ogni euro investito in promozione all’estero se ne ricavano 8 in virtù delle vendite. Oggi grazie ai contrassegni di Stato, per le Doc Verdicchio sarà ancora più facile il percorso di crescita, a partire dalla tracciabilità e dalla lotta alla contraffazione per un vino sempre più famoso nel mondo», ha aggiunto il direttore del maxi-consorzio marchigiano, che conta 652 aziende associate per 16 denominazioni di origine di cui 4 Docg.

Complessivamente, nel 2020 l’imbottigliato del Verdicchio Castelli di Jesi ha sfiorato i 190 mila ettolitri tra Doc e Docg, 51 mila in più rispetto al 2019. Bene anche l’imbottigliato del Matelica a 19 mila ettolitri contro i 16.500 dell’anno precedente. Nell’insieme, rileva Imt, l’export ha tenuto per le 2 denominazioni grazie a un balzo della domanda nel primo quadrimestre 2020.

È inoltre cresciuto molto il mercato interno in particolare nella seconda parte dell’anno, grazie al riposizionamento delle aziende produttrici, private di un canale naturale come la ristorazione. Crescita della vendita diretta, di quella di prossimità, e-commerce e soprattutto riposizionamento sulla Gdo di alcuni brand di alta qualità sono le 4 mosse dei produttori, che hanno traghettato il Verdicchio fuori dal pericolo crisi.

Per il 2021, Imt ha messo in campo un programma di azioni promozionali da oltre 3 milioni di euro di investimenti e una campagna globale a forte impatto digital. In primo piano, le risorse Ue dell’Ocm vino per la promozione sui Paesi terzi e i Piani di sviluppo rurale per le azioni in ambito comunitario.

Strategie di promozione multicanale capaci di portare i vini marchigiani in Italia e nel mondo. «Stiamo accelerando molto sul digitale – ha concluso Mazzoni – il Covid ce lo ha imposto e penso che ci obbligherà a farlo almeno per tutta la prima parte dell’anno. Il piano è definito e sarà presentato la prossima settimana con tutti i soggetti interessati».

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Claudio Biondi è il Presidente del neonato Consorzio Tutela Lambrusco

Nasce ufficialmente il Consorzio Tutela Lambrusco, la nuova realtà che dal 1° gennaio ha preso il posto dei tre precedenti enti di tutela grazie all’operazione di fusione per incorporazione votata all’unanimità lo scorso 28 settembre.

Tra le decisioni del consiglio di amministrazione la nomina del presidente del Consorzio Tutela Lambrusco, Claudio Biondi, già presidente del Consorzio di Tutela del Lambrusco di Modena, unitamente a quella del vicepredisente Davide Frascari, già a capo del Consorzio per la Tutela dei Vini Doc Reggiano e Colli di Scandiano e di Canossa.

«È un giorno importante per il nostro Consorzio, che inizia ufficialmente la sua attività attraverso la prima seduta del suo consiglio di amministrazione – commenta Biondi – Quello che ha portato all’unificazione del variegato mondo del Lambrusco è stato un percorso lungo: ora la sfida sarà definire le strategie di comunicazione e i progetti di promozione più efficaci, sia a livello nazionale che internazionale, continuando ad apportare un contributo in un settore che, come tutti, ha subito i contraccolpi della recente pandemia».

Nell’ambito del CdA è stata presentato anche il nuovo marchio del Consorzio. «Volevamo che la brand identity riuscisse a fondere insieme alcuni elementi essenziali dei nostri territori e dei nostri vini – spiega Biondi – dalle tonalità di colore che il Lambrusco assume» fino alla capolettera L all’interno del nuovo brand dalla forma sinusoidale, «una forma che vuole richiamare il movimento brioso delle bollicine e, allo stesso tempo, ricorda quasi un sigillo», aggiunge il neo presidente.

«Negli ultimi anni la comunicazione si è trasformata e, in questo scenario, anche il Consorzio Tutela Lambrusco vuole stare al passo con i tempi. A causa dell’emergenza pandemica tuttora in corso, il 2021 si è aperto nello stesso clima d’incertezza che ha caratterizzato lo scorso anno – sottolinea Biondi – La nostra base produttiva sta reagendo con forza alla difficile congiuntura economica e ora la nascita di questo Consorzio è un’arma in più per pianificare strategie che siano di aiuto a tutta la filiera con un imprescindibile spirito di coesione».

«Impegno prioritario del Consorzio – conclude Biondi – andrà verso le aziende più penalizzate in questo momento storico, ovvero quelle che hanno come principale sbocco il canale horeca. In questo senso ci siamo già attivati con la richiesta formale alla Presidenza del Consiglio dei Ministri di rivedere l’impossibilità di vendita di vini e bevande alcoliche per asporto nei bar e nelle enoteche dopo le ore 18. Il provvedimento, entrato in vigore lo scorso 16 gennaio a seguito dell’ultimo Dpcm, sta infatti andando ad aggravare immotivatamente una frangia di produttori già messi a dura prova».

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Crescita del vigneto Europa dopo il 2030, è scontro a Bruxelles

La crescita del vigneto Europa deve continuare ad essere armoniosa e senza forzature a Bruxelles, anche dopo il 2030. È quanto sostiene Bernard Farges, presidente di Efow (Federazione Europea dei Vini di Origine) in relazione alla proposta della Commissione europea di stabilire una crescita annua del 2% al posto dell’attuale 1%.

Farges ha messo nero su bianco la sua preoccupazione attraverso una lettera aperta, indirizzata al commissario europeo per l’agricoltura Janusz Wojciechowski, alla presidenza del Consiglio portoghese (Ministro dell’Agricoltura Maria do Céu Antunes), nonché al referente per l’organizzazione comune dei mercati, Eric Andrieu.

Efow – la Federazione Europea dei Vini di Origine è molto preoccupata per il futuro del regime di autorizzazione all’impianto della vite dopo il 2030. La nostra organizzazione ritiene che il dibattito sull’estensione del sistema sia manipolato da pregiudizi puramente ideologici e ignora la realtà della vita dei nostri terroir e delle regioni vinicole».

«Il Consiglio e il Parlamento europeo – continua Farges (nella foto, sotto) – hanno mandato messaggi forti e chiari su questo tema: prolungare la durata dell’attuale regime di autorizzazione all’impianto di vite con una crescita annua dell’1%. L’unica questione che i colegislatori dovrebbero discutere in base al loro mandato è la data di fine del sistema (2040 – mandato del Consiglio vs 2050 – mandato del Parlamento europeo)».

Sempre secondo il presidente Efow, la Commissione Europea, «sta superando le sue prerogative proponendo una crescita del 2% annuo del vigneto europeo dal 2031 in poi. Questa proposta di compromesso non rispetta i mandati del Parlamento europeo e del Consiglio. È incomprensibile e irresponsabile perché mette seriamente a repentaglio lo sviluppo armonioso del nostro settore e va contro alcuni degli obiettivi del Green Deal».

Efow ei suoi membri ritengono sia «fondamentale preservare uno strumento che consenta una crescita adattata e dinamica del vigneto dell’Ue» e sottolineano «l’importanza del mantenimento del sistema».

Uno strumento, quello attuale, «che garantisce una crescita sostenibile del vigneto in linea con lo sviluppo dei mercati» che, per questo, «dovrebbe rimanere un pilastro della politica vitivinicola dell’Ue».

L’attuale regime di autorizzazione all’impianto dei nuovi vigneti aiuta a prevenire le crisi di sovrapproduzione e il conseguente calo della qualità. Aiuta a preservare la biodiversità in zone difficili e consente lo sviluppo di aziende agricole familiari, oltre a incoraggiare l’insediamento di giovani viticoltori.

In linea con gli obiettivi del Green Deal, la crescita dell’1% ha consentito ai viticoltori di promuovere la sostenibilità sociale, economica e ambientale.

Nella sua lettera aperta, Bernard Farges ricorda poi che «i dazi Usa su molti vini di denominazione europei e la crisi Covid-19 sono esempi di come il mercato del vino europeo, che era relativamente sano, possa essere rapidamente destabilizzato».

Gli Stati membri, in collaborazione con gli operatori del settore, hanno dovuto adottare misure forti per aiutare i mercati a riprendersi come distillazione, ammasso privato, vendemmia verde, ecc, con il rischio di dover attuare nuove misure anche quest’anno».

«La crisi Covid-19 – continua il presidente di Efow – è tutt’altro che finita; le conseguenze per gli operatori saranno di lunga durata e occorreranno molti anni prima che tornino ai livelli pre-crisi. Nel frattempo, come sottolinea la Commissione europea nel suo rapporto sulle prospettive del mercato agricolo fino al 2030, c’è una tendenza verso una continua diminuzione del consumo di vino a causa dei cambiamenti nelle abitudini di consumo».

È in questo contesto che, secondo Farges, «non ha senso aumentare la percentuale di autorizzazioni all’impianto di viti, che comporterebbe seri rischi di desertificazione rurale, con abbandono di aree difficili e remote e sovrasfruttamento, con trasferimenti in aree ad alta produzione (dai pendii alle valli) che porterebbe instabilità dei prezzi, reddito incerto per i produttori e, di conseguenza, minori investimenti, oltre a uno spreco di risorse dovuto alla sovrapproduzione».

Infine, il presidente della Federazione ricorda che «la viticoltura europea, in particolare la viticoltura a denominazione, ha bisogno di certezza e stabilità. Aumentare significativamente la percentuale di crescita nelle piantagioni non è ciò che i viticoltori cercano in questi tempi difficili».

D’altro canto, i mandati del Parlamento europeo e del Consiglio includono disposizioni per una clausola di revisione del regime di autorizzazione all’impianto di viti: «Questo è un approccio sensato – chiosa Bernard Farges – in quanto consentirà di discutere la percentuale al cospetto della valutazione del sistema e della situazione economica di riferimento».

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Lorenzo Barbero nuovo presidente del Consorzio Asti Spumante e Moscato d’Asti Docg

Lorenzo Barbero è il nuovo presidente del Consorzio dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti Docg. Subentra a Romano Dogliotti, che è stato presidente dal 2017.

Classe 1961, Barbero è l’enologo e direttore dello stabilimento Campari di Canale, in provincia di Cuneo. Al suo fianco, nel nuovo Comitato di Presidenza, Stefano Ricagno in qualità di vicepresidente Senior, Piergiorgio Castagnotti, Flavio Giacomo Scagliola, Massimo Marasso e Bruno Fortunato.

Nel nuovo Consiglio di amministrazione del Consorzio dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti Docg: Lorenzo Barbero, Gianfranco Torelli, Massimo Spagarino, Paolo Dogliotti, Vittorio Marrone, Sandro Monte, Flavio Giacomo Scagliola, Massimo Marasso, Loris Filante, Bruno Fortunato, Evasio Polidoro Marabese, Stefano Ricagno, Sandro Capra, Gianni Martini, Mauro Arione, Jean Marco Bartoli, Giovanni Bosca, Roberto Bruno, Riccardo Capetta, Maurilio Fratino e Piergiorgio Castagnotti.

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La Cantina delle famiglie di Bolzano, nel cubo della città

La cantina delle famiglie di Bolzano, nel cubo della città. Così ama definirsi Cantina Bolzano (Kellerei Bozen) nell’abbracciare sotto al proprio tetto i 223 soci viticoltori. Sono loro i protagonisti di una storia segnata sempre dallo stesso obiettivo: produrre e commercializzare i migliori vini dell’Alto Adige. In particolar modo, gli autoctoni Lagrein e Santa Maddalena (St. Magdalener).

Storie di famiglie diverse per origine e consuetudini, accomunate dalla passione per la viticoltura e dalla ricerca della miglior qualità possibile. Ma Cantina Bolzano è oggi diventata anche un simbolo della cultura vitivinicola della città altoatesina. Merito del nuovo e inconfondibile edificio a forma di cubo, che svetta sotto la montagna, nel quartiere di San Maurizio.

Un segnale chiaro della tradizione che si rinnova per inseguire nuovi traguardi di eccellenza, suggellati dalla produzione di vini premiati e riconosciuti non solo in Alto Adige e in Italia, ma anche a livello internazionale.

IL VINO COME RACCONTO DELLE FAMIGLIE

Cantina Bolzano è la cantina delle famiglie nel cubo della città perché i masi, le tenute, i vigneti arrampicati su ripidi pendii o a fondovalle parlano da soli. Raccontando la storia di chi, da decenni, con passione e dedizione al lavoro, si impegna a coltivare le quindici varietà di uve che portano alla creazione di vini dall’inconfondibile carattere regionale.

I 223 soci viticoltori, tanto di dinastia nobile quanto di origine contadina, hanno tramandato di generazione in generazione la passione per la coltivazione dei vigneti. sono accomunati dalla passione per la viticoltura e da un obiettivo preciso: produrre vino di qualità nel rispetto della natura che quella qualità rende possibile.

La cantina delle famiglie, dunque. Come quella di Hannes e Gottfried Plattner del Maso Huck am Bach. Un nome con un passato nella storia di Bolzano e una specialità: la coltivazione su viti vecchie oltre sessant’anni delle uve destinate al vino Santa Maddalena.

Proprio come la famiglia Falser di Maso Moar, che ha fatto del vino Santa Maddalena la sua missione. Ma ci sono anche aziende gestite da giovani sotto al tetto accogliente di Cantina Bolzano. È il caso di Hanno Mayr, che produce il suo Gewürztraminer in attesa di convertire l’intero vigneto al biologico.

Karl e Armin Platter del Maso Mock, già menzionato sulle mappe topografiche nel 1275, hanno dato ulteriore impulso alla propria missione impiantando un vigneto di Sauvignon su un pendio a 500 metri sul livello del mare, dove l’escursione termica e l’ottima esposizione regalano uve eccellenti, sin dagli anni Settanta.

UNA COLLABORAZIONE DI QUALITÀ

C’è poi la nobile famiglia degli Eyrl, che a Gries produce le uve Lagrein nella tenuta dell’omonimo quartiere che circonda Bolzano. Merlot, Gewürztraminer e Sauvignon Blanc sono invece le uve coltivate da Graf Huyn.

Un’azienda particolarmente attenta al rispetto della natura, tanto da aver trasformato alcuni vecchi macchinari, che oggi vengono alimentati da un impianto fotovoltaico.

Tra lo Sciliar e il Catinaccio, nel Giardino delle Rose, crescono le uve del Maso Baumann, famoso non solo per il Pinot Grigio e Pinot Bianco, ma anche per gli Schlutzkrapfen – le mezzelune ripiene solitamente di spinaci e ricotta, simili ad agnolotti – che si possono gustare nella rinomata osteria contadina.

Aziende familiari dunque, quelle di Cantina Bolzano, che producono vini premiati a livello nazionale e internazionale. Il risultato di un’idea tanto semplice quanto affascinante: valorizzare la qualità dell’uva e non la quantità.

«Perché il vitigno ha le sue peculiarità ed esigenze, che un buon enologo deve sapere riconoscere», spiega il winemaker Stephan Filippi (nella foto, sopra) che all’interno della grande famiglia di Cantina Bolzano ha dato vita nel 1988 al “Progetto Qualità“. Un disegno trasformato in un caposaldo.

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Roberta Bricolo è la nuova presidente del Consorzio del Custoza

È Roberta Bricolo la nuova presidente del Consorzio di Tutela del Custoza, denominazione veneta, per l’esattezza veronese, piuttosto in ombra nel contesto dell’attivissimo panorama del Veneto. La decisione è stata presa all’unanimità dal Consiglio di Amministrazione del Consorzio di Tutela, nella seduta di venerdì 22 gennaio 2021.

La massima carica dell’ente era rimasta vacante dopo la prematura scomparsa di Luciano Piona, avvenuta in seguito a un malore sulle piste da sci del Monte Spinale, nei pressi di Madonna di Campiglio, in Trentino Alto Adige. Un fulmine a ciel sereno per il mondo del vino italiano.

La nuova presidente del Consorzio di Tutela del Vino Custoza è titolare dell’Azienda agricola Gorgo. Già Avvocato del foro di Bologna, dal 2007 è membro del Consiglio di amministrazione e si dedica esclusivamente all’Azienda vitivinicola di famiglia a Custoza.

Roberta Bricolo sarà affiancata dai vice presidenti Alessandro Pignatti (Cantina di Custoza) ed Alberto Marchisio (Vitevis – Cantina Vini Castelnuovo del Garda).

«Desidero ringraziare tutti i colleghi e i membri del Consiglio di Amministrazione che mi hanno affidato questo incarico così importante e delicato – le sue prime parole – anche considerato il difficile periodo storico che stiamo attraversando. Il pensiero di tutti è certamente rivolto a Luciano Piona, con la promessa di dedicare il mio massimo impegno ad onorare questa carica».

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Vini al supermercato

Metodo Classico Nebbiolo d’Alba Rosè Doc Brut 2016, San Silvestro

(4 / 5) Rosso lo conosciamo tutti, rosato un po’ meno. E in versione Metodo classico rosé? Soggetto, il Nebbiolo. Spinti dalla nostra missione di affiancare il consumatore di vino in Gdo, aiutandolo a fare scelte sempre più consapevoli, non poteva che finire nel nostro calice il Metodo Classico Nebbiolo d’Alba Rosè Doc Brut 2016 di Cantine San Silvestro di Novello (sboccatura 2019).

Una interpretazione particolare del nobile vitigno piemontese dal quale nasce il noto e pregiato Barolo, ovviamente con un altro procedimento o, per meglio dire, “Disciplinare di produzione”.

Uno spumante disponibile nei supermercati Iper, la Grande i (Finiper), ultima scelta “coraggiosa” di un’insegna che ha ormai abituato a etichette un po’ più di nicchia. Del resto, bisogna farsene una ragione: la cultura del vino passa anche (“a-n-c-h-e”, a scanso d’equivoci) da qui: dai supermercati.

LA DEGUSTAZIONE
Color rosa buccia di cipolla molto luminoso, il Metodo Classico Nebbiolo d’Alba Rosè Doc Brut 2016 di Cantine San Silvestro ha un perlage esuberante, di grana piuttosto fine, così come la persistenza. Naso pulito e piuttosto semplice, che si sviluppa tra note fruttate di mela, agrumi come il limone, cenni di frutta secca e lievito.

Al palato si conferma agrumato e molto rinfrescante. Acidità equilibrata, “bollicina” pastosa, per un sorso teso ma cremoso. Forse leggermente scarico il centro bocca, comunque godibile. Discreta anche la persistenza gustativa e, soprattutto, buona la stabilità del prodotto riassaggiato a distanza di ore.

Perfetto per l’aperitivo o con pietanze a base di pesce, il Nebbiolo d’Alba Rosè San Silvestro va servito intorno agli 8 gradi. Il prezzo, va detto,  potrebbe scoraggiare, soprattutto se comparato (erroneamente) ad altre denominazioni.

A concorrere alla formulazione del pricing sono molte variabili: tra questi il metodo di vinificazione (in questo caso il Metodo classico o Champenoise, lo stesso dello Champagne), il posizionamento della Denominazione e i volumi. Lo abbiamo trovato in promozione a 8,90 euro, cifra che sancisce un buon rapporto qualità prezzo.

LA VINIFICAZIONE
Il Nebbiolo d’Alba Rosè Doc Brut 2016 di Cantine San Silvestro è ottenuto con uve Nebbiolo al 100% allevate nella Langhe. La vinificazione avviene con macerazione delle uve in pressa, pressatura soffice.

Fermentazione a temperatura controllata con blocco della stessa ad un residuo di 25 gr/lt di zuccheri. Presa di spuma con permanenza sulle fecce fini per 24 mesi.

Cantine San Silvestro si trova a Novello, in provincia di Cuneo, nel cuore delle Langhe. È stata fondata nel 1871 ed oltre ai 7 ettari vitati di proprietà si avvale di uve di conferitori.

Lavora da sempre i vitigni tipici del territorio come Barbera, Nebbiolo, Dolcetto, Grignolino, Arneis e Moscato, oltre a autoctoni recentemente riscoperti come Favorita e Nas-cëtta di Novello.

Prezzo: 14,90
Acquistabile presso: Iper La Grande I

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birra

Birra Dormisch non sarà più prodotta

La birra friulana Dormisch non sarà più prodotta. Il tentativo di rilancio del marchio, acquisito da Peroni nel 2017, è durato solo tre anni. A quanto pare le ragioni dello stop risiedono nei risultati insoddisfacenti: numeri troppo piccoli per una multinazionale per pensare di far proseguire la produzione, anche se al momento non arrivano dichiarazioni ufficiali dallo stabilimento di Padova (dove viene prodotta Dormisch).

Muore così, sotto la logica dei numeri del colosso giapponese (Peroni è infatti parte del gruppo Asahi Breweries), un’altra realtà “locale” e “territoriale” del mondo brassicolo italiano. Sebbene prodotta nello stabilimento Peroni di Padova, infatti, Dormish è realizzata al 100% con malto coltivato in Friuli, con un impiego di circa 1.500 tonnellate di orzo distico all’anno.

Inoltre Dormisch è distribuita solo nella propria regione e forse proprio questo ne ha rappresentato il limite agli occhi di Asahi/Peroni, il giro d’affari del Friuli Venezia Giulia è evidentemente troppo piccolo per giustificare il mantenimento della produzione.

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Vini al supermercato

Vino a volantino al supermercato: verso febbraio senza troppe gioie

Prosegue l’analisi dei vini presenti sul volantino del supermercato di fiducia. Gennaio 2021 volge al termine e prepara a un febbraio senza troppe gioie. In continuità con le precedenti edizioni della rubrica, ancora nessun “guizzo”.

Tra i nuovi volantini, sia Iper che Esselunga salgono in cattedra con una gamma discreta e qualche promozione interessante. Fiduciosi che febbraio, con l’avvicinarsi del Carnevale, riserverà qualche buon affare, ecco i nostri consigli per una “spesa di vino” cosciente, al ritmo delle nostre valutazioni in cestelli.

Volantino Aldi fino al 24 gennaio, “Viva il Carnevale”
Falanghina Dop Sanni: 2,89 euro (3 / 5)
Brunello di Montalcino Docg Poggio al Sale: 14,90 euro (4 / 5)



Volantino Bennet fino al 3 febbraio, “I freschi sottocosto”
Cuvèe del Centenario La Cacciatora: 1,84 euro (1 / 5)
Pinot Grigio delle Venezie Cadis: 2,49 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Villa Degli Olmi: 3,99 euro (3 / 5)

Oltrepò Pavese Bonarda Doc Quaquarini: 3,29 euro (4 / 5)
Lambrusco Senza Tempo Riunite: 2,79 euro (3,5 / 5)
Nero d’Avola Barone Lo Presti: 1,97 euro (3 / 5)
Chianti Docg Poggio ai Massi: 2,39 euro (3 / 5)

New Volantino Bennet fino al 27 gennaio, “Ti restituiamo il 50%”
Prosecco Docg Campo del Passo: 3,40 euro (3,5 / 5)


Volantino Carrefour fino al 27 gennaio, “Sottocosto Freschi”
Montepulciano D’Abruzzo Doc Riserva Terre d’Italia: 4,89 euro (3,5 / 5)
Montepulciano D’Abruzzo Doc La Cacciatora: 2,79 euro (1 / 5)
Chianti Docg Sorelli: 2,99 euro (3 / 5)

Colli Piacentini Gutturnio Doc Calera Vicobarone: 3,59 euro (3,5 / 5)
Turà Lamberti: 2,29 euro (3 / 5)
Nero d’Avola Doc Le Morre: 1,99 euro (3 / 5)
Vini Poggio Dei Vigneti Trebbiano o Sangiovese: 1,59 euro (2,5 / 5)



Volantino Carrefour Market fino al 27 gennaio, “Gustati una nuova esperienza di spesa”
Nero d’Avola Doc Le Morre: 1,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco di Sorbra o Castelvetro Chiarli: 2,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Neo Campana Melini: 3,49 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Gutturnio Doc Calera Vicobarone: 3,59 euro (3,5 / 5)


Volantino Carrefour Express dal 21 gennaio al 2 febbraio, “1+1 gratis”
Terre Siciliane Grecanico Igt, Nero d’Avola o Shiraz Le Morre: 1+1 5,99 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Barbera o Bonarda Montagna: 3,59 euro (3,5 / 5)
Vernaccia di San Gimignano Docg, Piccini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Toscana Igt Remole Frescobaldi: 4,99 euro (4,5 / 5)


Volantino Conad City fino al 28 gennaio, “Prezzi a fette”
Valdobbiadene Docg Prosecco Bolla: 4,90 euro (3,5 / 5)

Volantino Conad fino al 25 gennaio, “Bis”
Morellino di Scansano Docg Bufferia: 4,39 euro (3 / 5)
Colli Piacentini Docg Bonarda Amabile Valtidone: 2×1 4,48 euro (3,5 / 5)


Volantino Crai fino al 3 febbraio, “Scelta conveniente”
Colli Piacentini Bonarda Vicobarone: 2,49 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Tenuta La Pergola: 3,19 euro (3,5 / 5)



Volantino Despar fino al 27 gennaio, “Prodotti firmati Despar”
Sicilia Doc Grillo Capo Tre Cuspidi: 3,39 euro (3,5 / 5)
Cannonau Doc Binnostui: 3,90 euro (3,5 / 5)
Grignolino d’Asti Doc Ca de Lion: 3,99 euro (3,5 / 5)


Volantino Esselunga dal 25 gennaio al 3 febbraio, “Sconto 30,40, 50”
Pinot Grigio Doc Cantina di Soave: 2,69 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Reggiano L’Olma Cantine Riunite: 2,24 euro (3 / 5)
Oltrepò Pavese Bonarda Poderi Riccagioia: 2,34 euro (3,5 / 5)
Muller Thurgau Terresomme Lavis: 3,12 (3,5 / 5)

Nebbiolo d’Alba Vignaioli Pertinace: 5,74 euro (4 / 5)
Merlot, Cabernet Cantina di Caldaro: 5,80 euro  (3,5 / 5)
Malvasia Nera Salento Igp Settearchi: 2,49 euro (3,5 / 5)

Asolo Prosecco Docg Dal Bello: 4,77 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Villa di Monte: 2,49 euro (3 / 5)
Cannonau Doc Sardegna Cantina Dorgali: 3,55 euro (3,5 / 5)

Volantino Esselunga fino al 23 gennaio, “Sconto 40%”
Pinot Chardonnay o Chardonnay Muller Thurgau Pasqua: 2,49 euro (3,5 / 5)
Orvieto Classico Doc La Carraia: 2,18 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Mionetto: 5,99 euro (3,5 / 5)

Greco Strangolagalli: 3,80 euro (3 / 5)
Rosè Paul Mas: 4,19 euro (3 / 5)
Grillo, Nero d’Avola o Syrah Feudi San Nicola: 2,69 euro (3,5 / 5)
Barbera Piemonte Capetta: 2,24 euro (3 / 5)

Raboso Veneto Cantina Trevigiana: 1,91 euro (3 / 5)
Trentino Doc Merlot Pravis: 4,17 euro (3,5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo ConteCarlo Umani Ronchi: 3,63 euro (4 / 5)


Volantino Eurospin fino al 31 gennaio, “Operazione Fine Mese”
Nessun vino da segnalare



Famila fino al 27 gennaio 2021, “Grandi Marche”
Nessun vino da segnalare

Famila fino al 27 gennaio 2021, “Sapori regionali”
Oltrepò Pavese Doc Bonarda Terre dei Passeri: 1,99 euro (1,5 / 5)
Colli Piacentini Ortrugo Doc Zerioli: 2,99 euro (3 / 5)
Colli Piacentini Ortrugo Doc Terre della Pietra: 2,29 euro (3 / 5)

Colli Piacentini Malvasia Secco Doc Valtidone: 1,99 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Riesling Le Cascine: 1,99 euro (1,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Sangue di Giuda Broni: 1,99 euro (3 / 5)

Dolcetto Langhe Doc Barone Stabilini: 2,99 euro (3 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc I Somelieri: 4,99 euro usr 3]
Barbera Doc Monferrato Terre da Vino: 2,99 euro (3,5 / 5)



Volantino Gulliver fino al 27 gennaio, “Sconti fino al 50”
Colli Piacentini Doc Gutturnio Valtidone: 2,39 euro (3,5 / 5)
Grecanico Poggio Dei Vigneti: 1,49 euro (2 / 5)

Barbera d’Asti o Cortese Rasore: 1,99 euro (3 / 5)
Cortese Garlà o Bonarda Morasca Torrevilla: 3,49 euro (4 / 5)
Valdobbiadene Docg Prosecco Col Del Sol: 5,99 euro (3,5 / 5)



Volantino Il Gigante fino al 24 gennaio, “Al costo”
Oltrepò Pavese Doc Bonarda, Riesling o Chardonnay Le Cascine: 1,79 euro (1,5 / 5)
Chianti Docg Il Masso: 2,99 euro (3,5 / 5)
Dolcetto, Barbera, Chiaretto, Cortese Serre dei Roveri: 2,15 euro (2 / 5)

Barbera o Dolcetto d’Alba Doc Produttori di Portacomaro: 3,99 euro (4,5 / 5)
Chardonnay, Pinot, Friulano o Cabernet Grave del Friuli Doc Il Borgomastro: 2,99 euro (3 / 5)
Colli Piacentini Doc Ortrugo o Gutturnio Manzini: 1,99 euro (3 / 5)

Terre Siciliane Igt Shiraz o Catarratto Fazio: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Porta Leone: 3,99 euro (3,5 / 5)
Toscana Igt Cabernet o Merlot Colle al Sasso Famiglia Petracchi: 3,89 euro (4 / 5)


Volantino Iper La grande I dal 25 al 7 febbraio, “Grande Raddoppio”
Linea Vini J.P Chenet: 3,29 euro (3,5 / 5)
Montepulciano, Cerasuolo o Pecorino Agriverde: 3,49 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Ortrugo, Bonarda, Malvasia Le Ghiaie del Tidone: 2,19 euro (3,5 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc o Roero San Silvestro: 4,49 euro (3,5 / 5)

Friulano Doc o Refosco Borgo Canedo: 2,99 euro (3 / 5)
Valdobbiadene Docg Prosecco Gasparetto: 3,99 euro (3,5 / 5)
Ribolla Gialla Terre Nardin: 1+1 5,49 euro (3 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Rive di ColBertaldo: 6,90 euro (3,5 / 5)

Garganega, Muller Thurgau o Merlot Poggio dei Vigneti: 1,49 euro (1,5 / 5)
Vini Raspinello Rosato o Chardonnay: 1+1 2,99 euro (2 / 5)
Barbera d’Asti Docg o Cortese o Dolcetto Alpa: 1,99 euro (1 / 5)
Bardolino o Soave Doc La Sorte: 2,49 euro (3 / 5)

Chianti Docg Piccini: 2,49 euro (4 / 5)
Est!Est!Est! Montefiascone Bigi: 2,99 euro (3,5 / 5)
Montepulciano Doc Spinelli: 1,99 euro (4 / 5)

Rosso Toscana Igt I Gelsi: 2,49 euro (3,5 / 5)
Nero di Troia o Rosato Puglia 1910: 2,49 euro (3 / 5)
Sannio Dop Greco o Fiano I Feudi: 3,99 euro (3 / 5)

Volantino Iper La grande i fino al 24 gennaio, “Grande Sconto”
Prosecco Valdobbiadene Docg Scudo Verde Ca Val: 4,99 euro (4 / 5)
Prosecco Treviso Doc Rosè Gasparetto: 3,49 euro 

Ribolla Gialla Spumante Brut Miazzi: 2,99 euro (3 / 5)
Chianti Docg Superiore o Riserva La Rupe: 3,99 euro (3 / 5)
Cabernet Franc, Merlot o Sauvignon Venezia Falcaia: 3,49 euro (3,5 / 5)

Dolcetto d’Alba Doc San Silvestro: 3,49 euro (3,5 / 5)
Umbria Igt Vipra Rossa,  Bianca o Rosa Bigi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda o Barbera Le Cascine: 1,89 euro (1,5 / 5)

Pignoletto Frizzante, Sangiovese o Montepulciando d’Abruzzo Galassi: 2,39 euro (3,5 / 5)
Freschello Bianco, Rosso o Rosato: 1,29 euro (3 / 5)
Vini Poggio Dei Vigneti Trebbiano o Sangiovese: 1,99 euro (2 / 5)



Volantino Iperal fino al 26 gennaio 2021 “Affari a 1 euro”
Chianti Docg Antica Sala Sensi: 2 euro (3,5 / 5)
Vini La Cacciatora Assortiti: 2 euro (0 / 5)
Vini Il Gaggio: 2 euro (1 / 5)

Lambrusco Cavicchioli: 2 euro (3 / 5)
Spumante Muller Thurgau Concilio: 3 euro (3 / 5)
Vini Settesoli: 3 euro (4,5 / 5)

Vini Valtidone: 3 euro (3,5 / 5)
Vini Grigolli: 3 euro (3 / 5)
Lugana Dop Ca Maiol: 6,80 euro (5 / 5)

Vini Anselmi Muller, Traminer o Ribolla: 3,89 euro (4 / 5)
Vermentino Sardegna Doc Caente: 3,49 euro (3 / 5)
Vini Dop La Guardiense: 3,75 euro  (3,5 / 5)

Verdicchio Castelli di Jesi Casal Farneto: 3,99 euro (3,5 / 5)
Valtellina Superiore Docg Inferno Nera: 8,49 euro (5 / 5)
Prosecco Doc Col Manin: 4,35 euro (3,5 / 5)

Chianti Classico Docg Giglio del Duca: 4,29 euro (3,5 / 5)
Valtellina Superiore Docg Riserva Nera: 10,59 euro (5 / 5)



Volantino Ipercoop fino al 27 gennaio 2021 “Convenienza grandiosa XXL”
Dolcetto Monferrato, Piemonte Cortese o Piemonte Chardonnay Ardità: 2,19 euro (2,5 / 5)
Sconto 40% linea Capovero, Madaudo: (4,5 / 5)
Sconto 40% linea Nuttata Madaudo (3 / 5)
Chianti Docg Loggia del Sole: 1,89 euro (3 / 5)

Primitivo, Negroamaro o Locorotondo San Patrime: 2,99 euro (3 / 5)
Trentino Doc Muller Thurgau Mastri Vernacoli: 3,39 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Doc Tre Medaglie Cavicchioli: 2,29 euro (4 / 5)

Ribolla Gialla Igp o Prosecco Villa Folini: 4,49 euro (3 / 5)
Vini Garzellino: 1,25 euro (1 / 5)
Asolo Prosecco Docg Dal Bello: 4,79 euro (3,5 / 5)


Volantino Lidl fino al 24 gennaio “Super offerte”
Grillo Sicilia Dop: 1,49 euro (3 / 5)
Prosecco Doc Allini: 1,99 euro (1,5 / 5)


Mercatò Big fino al 27 gennaio “Sottocosto Freschissimi”
Prosecco Doc Tosti: 3,19 euro (3,5 / 5)
Trebbiano Sangiovese Botte Buona: 1,49 euro (1,5 / 5)

Gavi Docg Manfredi: 4,49 euro (3 / 5)
Nebbiolo d’Alba Mainerdo: 4,99 euro (3,5 / 5)
Dolcetto D’Alba Terre da Vino: 3.99 euro (3,5 / 5)


Volantino Pam fino al 27 gennaio 2021 “Tempo di bollito”
Barbera d’Asti Docg Duchessa Lia: 2,99 euro (3,5 / 5)
Nero d’Avola Igt Colle del Sole: 1,89 euro (2,5 / 5)
Vermentino Sicilia Colle del Sole: 2,29 euro (2,5 / 5)

Primitivo di Manduria Doc Mastri Vinai: 3,99 euro (3 / 5)
Lambrusco Grasparossa Chiarli: 2,99 euro (3,5 / 5)
Merlot Doc Margherita Bidoli: 3,99 euro (3,5 / 5)

Nebbiolo d’Alba Ca del Plin: 4,99 euro (3,5 / 5)
Valpolicella Doc Corte alla Scala: 3,99 euro (3,5 / 5)
Syrah Settesoli: 2,99 euro (3,5 / 5)

Vini Le Cascine: 2,49 euro (1,5 / 5)
Chardonnay Igt Pasqua: 2,49 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Rifugio del Vescovo: 2,99 euro (3,5 / 5)

Spumante Prosecco Valdobbiadene: 3,99 euro (3,5 / 5)
Maremma Toscana Ciliegiolo: 4,49 euro (3,5 / 5)


Volantino Penny Market fino al 27 gennaio “Tutto a ”
Puglia Igt Sangiovese Campi Reali: 1,00 euro (1,5 / 5)
Chardonnay Frizzante Igt: 1,50 euro (1,5 / 5)
Sicilia Doc Syrah Bosco: 2,99e uro (3 / 5)
Soave Extra Dry Doc: 2,49 euro (3 / 5)


Volantino Tigros fino al 26 gennaio 2021 “Sottocosto freschissimi”
Vini Puglia Igt I Rustici: 1,49 euro (1 / 5)
Vini Maschio: 2,39 euro (3 / 5)
Vino Toso Doc: 2,49 euro (3 / 5)

Vini La Cacciatora: 1,99 euro (1 / 5)
Chianti Docg Uggiano: 2,89 euro (3 / 5)
Vini Campania Ante Hirpis Greco, Falanghina, Fiano: 2,99 euro (3 / 5)

Vini Baccichetto Ribolla, Pinot Grigio Friuli o Malbech: 3,49 euro (3,5 / 5)
Vini Doc Il Picchio Verdicchio o Rosso Conero: 3,90 euro  (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Scudo Verde Ca Val: 5,49 euro (4 / 5)

Lugana Dop Bio Perla del Garda: 7,90 euro (4 / 5)
Vini Doc Grillo, Syrah, Nero d’Avola, Feudo Arancio : 2 pezzi 7 euro (4 / 5)
Vini Grigoll Muller Thurgau, Marzemino, Merlot: 2 pezzi 6 euro (3,5 / 5)


New Volantino Unes fino al 2 febbraio “Tutto al costo”
Turà Bianco: 2,29 euro (3 / 5)
Barbera d’Asti Il Castero: 1,69 euro (2,5 / 5)
Sauvignon Blanc Cavit: 4,39 euro (3,5 / 5)

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birra

Achel non è più un birrificio trappista

Achel, noto marchio di birra belga, non è più un birrificio trappista. La birra continuerà ad essere prodotta all’interno delle mura dell’abbazia di Notre-Dame di Sant-Benoît di Hamont-Achel ma, come dichiarato dall’abate di Westmalle padre Nathanaël Koninkx, «da sei mesi non c’è una comunità residente ad Achelse Kluis».

Gli ultimi monaci Cistercensi della stretta osservanza della comunità di Achel si sono infatti trasferiti presso l’abbazia di Nostra Signora del Sacro Cuore di Westmalle, facendo così venir meno uno dei tre criteri fondamentali per poter definire un birrificio “trappista”. Non essendo più sotto la diretta supervisione dei monaci la birra Achel non potrà più utilizzare il logo “Authentic Trappist Product” in etichetta.

Ciò nonostante padre Koninkx  ci tiene a specificare che «non molto cambierà per gli amanti della birra. Ci sarà solo una modifica sull’etichetta, sulla quale non sarà più presente il logo», poiché i monaci trappisti di Westmalle sono direttamente coinvolti nelle operazioni di brassaggio di Achel.

Senza Achel, la cui produzione è iniziata nel 1998, l’International Trappist Association – l’associazione che assegna il marchio Authentic Trappist Product – conta ora undici produttori di birra trappista: Chimay, Orval, Rochefort, Westmalle e Westvleteren in Belgio, La Trappe e Zundert nei Paesi Bassi, Spencer negli Usa, Engelszell in Austria, Tynt Meadow in Inghilterra e Tre Fontane in Italia.

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Ieri le Abissine Molisana, domani il vino Passerina? L’incubo del politically correct

Si è spento nel giro di pochi giorni l’allarme “politically correct” che ha visto protagonista la Passerina. Dopo le Abissine del pastificio La Molisana, l’incubo del “politicamente corretto” ha rischiato di riversarsi sul noto vitigno italiano, diffuso nelle Marche e in Abruzzo ma anche nel Lazio, in provincia di Frosinone, e in Umbria.

Quella che doveva essere solo una boutade si è però trasformata in una mezza polemica social, ambientata nel centro Italia. Tutto per via del video mandato in onda da Striscia la Notizia l’1 gennaio 2021, in cui la giornalista televisiva Veronica Gentili (La7 – Rete 4) si finge «indignata» per il «nome allusivo del vitigno».

Io sono davvero sconcertata all’idea che nel Terzo Millennio ci siano ancora delle persone che facciano dei riferimenti sessuali, piuttosto volgari è inutile dirlo, per vendere delle bottiglie di vino. Mi sento veramente mortificata. Le persone che mercificano il corpo della donna dovrebbero riflettere».

L’inviato del noto programma Mediaset si presenta come “Funzionario della Regione Marche, settore Pari opportunità” in due attività commerciali di Urbino e mostra le immagini dell’irritata giornalista, scelta non a caso per i suoi studi di recitazione.

La reazione dello chef Tiziano Rossetti dell’Osteria L’Angolo Divino è stizzita: «Se le donne si sentono offese perché un vitigno storico, dei tempi dei Romani, si chiama così… Queste due bottiglie che mi sono rimaste le tolgo dal menu, le porto a casa e da domani non ci sarà più questo vino qui, perché si chiama Passerina!».

Sembra invece scioccato Valentino Gostoli di Raffaello Degusteria, che finisce addirittura per scusarsi con la Gentili: «Io non voglio mercificare nulla, sono pienamente d’accordo con voi che ci sia questa allusione. Siamo consapevoli di questa cosa del doppio nome, noi non sapevamo che si potesse incorrere in queste cose. Capiamo che può essere fortemente discriminatoria e quindi chiediamo scusa».

Scuse che, tuttavia, non sembrano «sentite», tanto da costringere il finto ispettore di Striscia la Notizia a «procedere con il verbale», poco prima di rivelare la propria vera identità.

Uno sketch (eccolo, a questo link) finito con un «brindisi alla Passerina», leggiadro e assieme amaro. Un po’ come il politically correct: l’apostrofo sbiadito tra la libertà e il fanatismo interessato.

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Approfondimenti

Decreto fermentazione e riferimentazione vini: intesa in Conferenza Stato-Regioni

Come ogni anno il Mipaaf ha individuato, d’intesa con le Regioni, le tipologie di vini per le quali possa essere consentita la fermentazione o la rifermentazione oltre il termine ultimo del 31 dicembre. L’accordo, riguardante la campagna viticola 2020-2021, è stato raggiunto oggi in Conferenza Stato-Regioni.

L’intesa sul decreto ministeriale fissa al 30 giugno il periodo entro i quali sono consentite le fermentazioni e le rifermentazioni in deroga al normale periodo di vendemmia. La deadline riguarda i vini a denominazione di origine e indicazione geografica con le menzioni “passito“, “vin santo“, “vendemmia tardiva” oppure quelli prodotti con uve appassite o stramature, nonché per i mosti di uve parzialmente fermentati con sovrapressione.

Per i vini senza Denominazione di origine (Do) e Indicazione geografica (Ig), quali i vini ottenuti da uve appassite o vini per i quali il processo di vinificazione avviene in contenitori di terracotta o altre tipologie di recipienti riempiti di uva pigiata unitamente alle bucce, il termine ultimo per le fermentazioni e rifermentazioni è fissato ancora una volta al 30 giugno.

Per il vino a Denominazione Colli di Conegliano “Torchiato di Fregona”, infine, la data ultima per il procedimento è fissata al 31 agosto.

«Il decreto ottempera ad una specifica disposizione del Testo Unico sul vino», commenta il Sottosegretario alle Politiche Agricole, Giuseppe L’Abbate che ha partecipato all’odierna seduta della Conferenza Stato Regioni.

«Abbiamo sostanzialmente confermato le previsioni dei precedenti decreti ministeriali che hanno normato la materia in passato – conclude L’Abbate – dando continuità al lavoro portato avanti dal Ministero delle Politiche Agricole a tutela delle produzioni di qualità del nostro Paese».

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Approfondimenti

Posticipata al 2022 la 29° edizione di Simei

È stata posticipata al prossimo anno la 29° edizione di Simei, la manifestazione di Unione italiana vini (Uiv) dedicata alle tecnologie per enologia e l’imbottigliamento. Inizialmente programmata dal 16 al 19 novembre 2021, si svolgerà dal 15 al 18 novembre 2022 sempre a Fiera Milano.

Il rinvio e la riprogrammazione della rassegna sono frutto di un’attenta riflessione e condivisione con Anformape, l’associazione di riferimento per il settore, e con le imprese del comparto e sono diretta conseguenza dell’emergenza sanitaria. Allo stato attuale non è infatti possibile garantire la consueta qualità del business che ha permesso a Simei di diventare negli anni la manifestazione internazionale di riferimento per il settore.

«Simei – ha detto il segretario generale Uiv, Paolo Castelletti – è un evento b2b complesso anche sul piano logistico e a forte propensione internazionale: diventa perciò difficile garantire con diversi mesi di anticipo un’adeguata risposta di business agli importanti investimenti degli espositori e alle attese degli operatori. Stiamo comunque studiando occasioni di analisi e incontri professionali on e off line nel corso di quest’anno per mantenere forte il legame con il comparto».

La Fiera biennale Simei, cresciuta molto anche sul fronte di tecnologie per l’imbottigliamento di altre bevande (birra, olio, spirits, succhi), ha chiuso l’edizione 2019 con 33.000 operatori provenienti da oltre 90 Paesi e più di 500 espositori. L’Italia è leader mondiale del settore con un fatturato di circa 2,9 miliardi di euro l’anno: di questi, il 70% è destinato all’export per una bilancia commerciale attiva di circa 1,8 miliardi di euro.

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Gli Editoriali news news ed eventi

Coldiretti Avellino insiste: «Il futuro dei vini dell’Irpinia è l’Autogrill»

EDITORIALE – Se potevamo avere dubbi sul livello di conoscenza del retail di Francesco Acampora, presidente di Coldiretti Avellino, oggi non li abbiamo più. Puff. Dissipati sino all’ultimo, grazie (ahilui) a un post pubblicato a sua firma sulla pagina Facebook della federazione campana.

Ufficiale, insomma, che il massimo rappresentante provinciale del più importante sindacato italiano non sappia di cosa parla, quando grida allo scandalo per «l’assenza dei vini dell’Irpinia dalle 6 stazioni autostradali Autogrill» che attraversano l’avellinese,  lungo la A16 Napoli-Canosa.

Acampora fa di più. Nel disperato quanto assurdo tentativo di captatio benevolentiae, utile forse ad allargare la platea di tesserati di Coldiretti Avellino, descrive infatti Autogrill come l’ideale «vetrina del territorio irpino», sostenendo che «un’azione di marketing territoriale non può prescindere dalle principali direttrici autostradali».

E ancora: «Le stazioni di sosta sono spazi di promozione, che devono accogliere i visitatori e condurli alla scoperta delle eccellenze produttive e dei percorsi culturali. Ma per incontrare la domanda, occorre strutturare l’offerta e l’Irpinia può avere uno spazio dedicato alle eccellenze, così come già accade in altre regioni».

Nel post apparso su Facebook, Acampora peggiora le cose fingendo (voglio sperare) di non capire che le pretese di Coldiretti Avellino sono assurde non perché Autogrill sia un canale da snobbare, bensì perché è curioso che Coldiretti faccia da megafono alle realtà industriali presenti nel tessuto produttivo del vino irpino.

Le cantine che producono grandi volumi sono le uniche in grado di sostenere il target Autogrill, i suoi listini prezzi, l’organizzazione richiesta, assieme alla capacità di stoccaggio. Aspetti da coniugare – condicio sine qua non – alla notorietà del brand aziendale, per poter aspirare ad entrare nelle mire della Spa di Rozzano (MI).

Per darsi un tono, Acampora cita prima Platone e poi Kant. Ma farebbe bene – prima – a rileggere le proprie dichiarazioni e uscire allo scoperto: la proposta di Coldiretti Avellino è talmente lontana dalla realtà da sembrare appunto assurda, campata in aria. Nonché pretestuosa e imbarazzante per la stessa Coldiretti nazionale.

A meno che codesto sindacato non stia combattendo una battaglia per conto degli unici “brand irpini” che potrebbero essere interessati a vendere in Autogrill (Feudi di San Gregorio e Mastroberardino, per citarne due su tutti, tra l’altro già presenti in Gdo e quasi sicuramente in grado di “cavarsela da soli”) le dichiarazioni di Francesco Acampora risultano prive di qualsivoglia beneficio per la causa dello sbandierato «brand Irpinia».

Lo dimostra, se non altro, il fatto che l’assurda risposta pubblicata su Facebook ci è stata segnalata da tre piccole cantine irpine, che hanno perfettamente compreso il senso della nostra critica e sorriso – ancora una volta – di fronte alla presa di posizione del presidente di Coldiretti Avellino, piena zeppa di fraintendimenti (speriamo voluti) e/o segnale di un’oggettiva impreparazione sull’argomento retail.

L’assurda battaglia di Coldiretti Avellino contro Autogrill: «Vini Irpini assenti»

Ricordo all’esimio number one Acampora che Autogrill è un’insegna del tutto assimilabile, per logiche operative e “mentalità” del buyer, alla Grande distribuzione organizzata, la Gdo.

Se il mondo dei supermercati può agire differenziando l’assortimento a livello locale, referenziando cioè i vini di piccoli produttori del circondario a prescindere dalla sede centrale, il colosso milanese ha invece bisogno esclusivo di “brand”: cantine già affermate e strutturate a livello nazionale e internazionale, adatte al pubblico (soprattutto straniero) che popola (distrattamente, tra una pisciata e una Rustichella) le stazioni di servizio.

Basta farsi un giro negli Autogrill per notare la presenza di Denominazioni e cantine degnissime, ma di impronta “industriale” (si passi il termine): Terre del Barolo per il Barolo, Sartori (in rotta con Autogrill, secondo rumors di WineMag.it) per l’Amarone della Valpolicella, Chiarli per il Lambrusco, Piccini per Chianti e Brunello, Berlucchi e Ferrari per Franciacorta e Trento Doc, Spinelli per il Montepulciano d’Abruzzo, e così via.

Quello di Autogrill è ancora visto come uno “scaffale” dequalificante per il vino, ancor più dei banchi della Grande distribuzione. Non da me, sia chiaro, come invece si vuol far credere, bensì da una vasta platea di winelovers e professionisti del settore, che vedono (anacronisticamente) il canale moderno come il Diavolo e l’Horeca come l’acqua santa. Il suo sforzo forsennato e la sua battaglia contro Autogrill, dunque, a chi giova?

Davvero tutta l’Irpinia del vino, brand che – come altri in Italia, da nord a sud – deve fare ancora molto per imporsi nel panorama nazionale e internazionale, vuole focalizzarsi su un canale connotato da grandi numeri (i volumi variano dalle 30 alle 50 mila bottiglie medie per referenza all’anno) e forte pressione promozionale, ritenendolo veicolo «imprescindibile per un buon marketing territoriale»?

Davvero Acampora non sa che i formati di vino più venduti lungo le autostrade sono i bipack o i tris (confezionati dai produttori stessi, a dimostrazione della necessità di una struttura organizzativa imponente in cantina, che caratterizza tutto tranne che le realtà artigianali abbracciate da Coldiretti, almeno altrove) a prezzi che si aggirano attorno ai 10 euro?

Davvero Coldiretti Avellino considera Autogrill la priorità e la panacea del brand del vino avellinese? Se così fosse, la questione, oltre che ridicola, sarebbe pure grave per le prospettive dei tanti, straordinari vignaioli presenti in Irpinia che credono di poter investire nelle strategie di Acampora & Co.

Non dimentichi, poi, che una realtà famigliare come l’irpina Terre di Petrara è stata premiata proprio da WineMag.it Miglior Cantina dell’anno 2021) a dimostrazione della vicinanza della nostra testata alle cantine irpine: un premio guadagnato “sul campo”, in seguito a una serrata degustazione alla cieca nell’ambito della nostra annuale Guida Top 100 migliori vini italiani.

Dice bene una cosa, però, l’esimio esponente del sindacato campano: «Certi fenomeni sono il termometro con cui si misurano le dinamiche di un comparto». Le «dinamiche» di Coldiretti Avellino, per l’appunto, paiono ormai chiare: puntare il dito contro un Sole finto e invitare gli altri a guardarlo, accecandoli di una promessa vana. Lo faccia pure, caro presidente. Ma non mi chieda di fare lo stesso o di applaudire. Cin, cin.

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Approfondimenti

Italian Wine Brands chiude il 2020 a +29,7% grazie ad export ed e-commerce

Italian Wine Brands S.p.A. (Iwb) conferma il positivo trend di crescita del primo semestre dell’anno e registrando ricavi consolidati al 31 dicembre 2020 pari a 204,3 milioni di euro con un +29,7% rispetto al 31 dicembre 2019.

«L’esercizio appena concluso – ha dichiarato Alessandro Mutinelli, Presidente e Ad del Gruppo Iwb – e il perdurare della pandemia hanno dato prova della validità del modello di business di Italian Wine Brands e delle strategie commerciali implementate in questi anni».

La dinamica dei ricavi è stata caratterizzata da un ulteriore rafforzamento del Gruppo con vendite di vini a marchi proprietari sia sui mercati internazionali, dove sono stati realizzati ricavi delle vendite pari a 164,1 mln di euro (+32,8% rispetto al 2019), sia sul mercato domestico, dove sono stati realizzati ricavi pari a 39,5 mln di euro (+18,6% rispetto al 2019).

La suddivisione dei ricavi di vendita per canali distributivi evidenzia un marcato rafforzamento sia del wholesale (vendita alle catene della Gdo, ai monopoli statali e al canale tradizionale), che del distance selling (vendita diretta ai privati), dovuto in particolare alla fortissima crescita dell’e-commerce, sia in Italia che all’estero. In particolare, il management ha pianificato nel tempo una strategia commerciale volta a incrementare la conversione degli ordini dei clienti sui canali digitali dal tradizionale canale teleselling.

«Da un lato, la flessibilità produttiva e organizzativa, ci ha consentito di aumentare i volumi di vendita in un contesto difficile e limitato dalle restrizioni legate allo stato di emergenza – ha aggiunto Mutinelli – dall’altro, lo sviluppo dei prodotti a marchi propri e gli investimenti sui canali innovativi come l’e-commerce hanno consentito a Iwb di posizionarsi in tempi relativamente rapidi tra i primi gruppi privati del vino in Italia».

I risultati al 31 dicembre 2020 verranno approvati dal Consiglio di Amministrazione della Società previsto per il prossimo 17 marzo 2021 e presentati all’Assemblea degli Azionisti programmata per il prossimo 21 aprile 2021, in prima convocazione, e 22 aprile in seconda convocazione.

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Tignanello, la collina torna alla famiglia Antinori

«Il ritorno in famiglia dei 4 ettari di terreno della collina di Tignanello mi rende particolarmente orgoglioso». Così il Marchese Piero Antinori, presidente onorario dell’azienda di famiglia, annuncia la novità riguardante il prestigioso “cru”.

I quattro ettari di vigna saranno reimpiantati nel 2021 a Sangiovese, utilizzando le viti già presenti nel vigneto. «Tignanello, per mille ragioni – continua Piero Antinori – è un vino che mi sta particolarmente a cuore, avendo contribuito in prima persona alla sua nascita con la prima annata nel 1971. Un’idea maturata grazie a studi e ricerche, molte delle quali avvenute partendo proprio da quel vigneto».

La collina si trova in un’area del Chianti Classico particolarmente vocata alla produzione di vini di grande qualità. Nato come un vino non convenzionale, precursore del suo tempo, Tignanello ha rappresentato un punto di svolta e contribuito a quello straordinario movimento oggi conosciuto come “Rinascimento” del vino italiano, iniziato alla fine degli anni Sessanta.

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Falso Tignanello 2001 su Tannico, spunta il video: «Fake imbarazzante

Spunta il video del falso Tignanello 2001 venduto da Tannico a un cliente della provincia di Brescia. Il caso che ha infiammato la cronaca enologica di fine 2020 si arricchisce di un nuovo, imbarazzante capitolo per il colosso dell’e-commerce di vino partecipato al 49% dal Gruppo Campari.

Nel video pubblicato qui in esclusiva da WineMag.it, un professionista del settore della ristorazione bresciana spiega i retroscena della vicenda che vede protagonista il noto vino prodotto da Antinori. Un capitolo culminato nell’apertura di una vera e propria inchiesta da parte dei Carabinieri del Nas di Milano.

«Ad un amico che voleva assaggiare dei super classici italiani – spiega il ristoratore a WineMag.it – ho fatto acquistare attraverso Tannico alcune bottiglie di Biondi Santi, Sassicaia e Tignanello 2001. Una volta ricevuto l’ordine, mi sono subito accorto di quella strana bottiglia: senza ombra di dubbio si trattava di un falso».

«L’etichetta era palesemente fotocopiata, e pure male, forse utilizzando uno scanner e una stampante della Epson di qualità casalinga! Anzi, forse neanche uno strumento della Epson, perché non darebbe risultati così scadenti! Mi chiedo come abbia fato il noto e-commerce a non accorgersi del falso Tignanello presente nei propri magazzini, prima di spedire una bottiglia a un cliente».

Ordina Tignanello su Tannico: scopre che è falso

Curiosi di capire cosa ci fosse all’interno, il ristoratore e il cliente di Tannico hanno deciso di stappare insieme la bottiglia. Palese, a prima vista, anche la contraffazione del tappo – un microagglomerato da pochi centesimi di euro – e del contenuto. Un vino dal colore troppo “giovane” per poter essere un Tignanello 2001.

«Ha il colore di un Lambrusco – chiarisce la coppia di amici nel video – è palese che sia finto. Ci sono dei falsificatori che fan ridere le galline! Questo qui è un vino da 2,50 euro a bottiglia, forse un Barbera. Un vino che non ha neanche un anno di bottiglia».

«È imbarazzante per chi ha fatto una cosa del genere, perché fare una contraffazione così loffa, è da somari – aggiunge il ristoratore bresciano – e sconcertante che chi ha venduto questa bottiglia non si sia accorto che l’etichetta sia stata fotocopiata palesemente, in mala maniera».

Il Tignanello falso è costato 180 euro al cliente di Tannico, mai rimborsati dall’e-commerce per il rifiuto di riconsegnare “il corpo del reato”. La battaglia è però finita sul tavolo dei rispettivi avvocati, con tanto di diffida al Ceo di Tannico, Marco Magnocavallo. Chi vivrà, berrà.

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Confagricoltura: «Rilanciare il dialogo con Biden per superare dazi e ritorsioni»

Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, mostra fiducia a proposito dell’insediamento ufficiale di Joe Biden alla Casa Bianca. «C’è la possibilità di rilanciare un dialogo costruttivo sulle relazioni commerciali tra Unione europea e Stati Uniti d’America, superando definitivamente la stagione dei dazi e delle misure di ritorsione».

«Un primo positivo segnale – dichiara Giansanti – potrebbe arrivare, ci auguriamo in tempi brevi, con un accordo sulla vicenda degli aiuti pubblici ai gruppi Airbus e Boeing che ha determinato l’imposizione di dazi doganali anche sul settore agroalimentare assolutamente estraneo alla vicenda».

Al riguardo, Confagricoltura ricorda che dall’ottobre 2019 sono sottoposte a un dazio aggiuntivo del 25% le esportazioni italiane di formaggi, agrumi, salumi e liquori destinate al mercato Usa, per un valore complessivo di circa 500 milioni di euro.

«Dovrebbe anche ripartire la discussione per definire una soluzione condivisa in materia di tassazione sui servizi digitali, per la quale – rileva il presidente di Confagricoltura – l’amministrazione Usa uscente ha minacciato l’imposizione di dazi sulle importazioni da alcuni Stati membri della Ue, Italia compresa».

«In generale – prosegue – le prime dichiarazioni rilasciate dal presidente Biden e dai suoi collaboratori fanno ritenere possibile il rilancio del sistema multilaterale di gestione degli scambi commerciali e una riforma del Wto (Organizzazione mondiale del commercio)».

«I contrasti tra Ue e Stati Uniti – dice ancora il presidente – hanno finora impedito la nomina del nuovo direttore generale del Wto e la mancata designazione dei rappresentanti statunitensi sta bloccando da tempo l’attività dell’organo di appello per la risoluzione delle controversie. L’Organizzazione è di fatto paralizzata. Per il Made in Italy agroalimentare, quello statunitense è il primo mercato di sbocco fuori dalla Ue. Trainate dai vini, le vendite sfiorano nel complesso i 5 miliardi di euro l’anno».

Oltre il 12% dell’export agroalimentare dell’Unione è destinato al mercato Usa, mentre le importazioni di settore incidono per l’8% sul totale dell’export di settore statunitense. Gli ultimi dati della Commissione Ue indicano che l’interscambio commerciale bilaterale è sensibilmente diminuito, circa 1,2 miliardi di euro da gennaio ad agosto dello scorso anno sullo stesso periodo del 2019. «Il rilancio della cooperazione è quindi nell’interesse comune», conclude Giansanti.

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Bufala de L’Empordà: sequestrata falsa Mozzarella di bufala catalana

La bufala era una bufala. Le autorità spagnole hanno denunciato per frode contro la salute pubblica, frode alimentare e pubblicità ingannevole il caseificio produttore della Bufala de L’Empordà, venduta a Barcellona e in Catalogna come “mozzarella 100% latte di bufala“, ma in realtà realizzata con percentuali di latte vaccino comprese tra il 9,35% e il 22,10%.

Finisce con un successo per l’Italia l’azione intrapresa dall’Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi del Ministero delle Politiche agricole (Icqrf), in seguito alla segnalazione fatta dal Consorzio di Tutela della Mozzarella di Bufala Campana Dop nell’ottobre del 2018 sull’irregolarità della mozzarella spagnola, che in maniera fraudolenta erodeva così quote di mercato alla bufala campana.

La svolta era arrivata dai nuovi esami, effettuati dal laboratorio spagnolo Merieux Nutrisciences – Silliker Iberica, che avevano certificato ancora una volta la presenza di latte vaccino in ulteriori campioni di prodotto iberico sottoposti a controlli.

Nei giorni scorsi c’è stato poi l’intervento delle autorità spagnole, in particolare degli investigatori del Seprona (Servicio de Protección de la Naturaleza), che ha portato alla denuncia del caseificio di Palau-Saverdera, comune catalano della provincia di Girona.

«Esprimiamo grande soddisfazione per il positivo riscontro all’azione di tutela in Spagna e un sentito ringraziamento all’Ispettorato Centrale Qualità e Repressione Frodi del ministero, che si è immediatamente attivato a difesa della Mozzarella di Bufala Campana Dop», commenta il direttore del Consorzio, Pier Maria Saccani.

Proprio il Consorzio, nell’ambito dell’attività di monitoraggio dei mercati esteri, già nell’estate 2018 eseguì i primi esami sul prodotto catalano, rilevando la presenza di latte vaccino.

Le analisi in Italia furono effettuate prima da un laboratorio privato e poi dall’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno con sede a Portici, che confermò l’anomalia. E per contrastare la presenza del prodotto catalano fu inviata una comunicazione al Ministero, con richiesta di intervento operativo attraverso l’Icqrf, con l’obiettivo di bloccare la pratica concorrenziale scorretta.

Dal canto suo, il ministero delle Politiche agricole si mise subito in moto, segnalando il caso sulla piattaforma Europea Food Fraud Network per allertare le autorità spagnole a tutela dei consumatori iberici e del buon nome dell’autentica “mozzarella di bufala”. L’ultimo atto della vicenda ha visto la Spagna confermare la sussistenza dell’irregolarità segnalata e contestare l’illecito.

«Questa vicenda rappresenta un caso esemplare sia della collaborazione virtuosa tra ministero e Consorzi sia dell’alleanza internazionale messa in campo a tutela delle eccellenze del Made in Italy, come la mozzarella di bufala campana Dop», commenta Oreste Gerini, direttore generale per la promozione della qualità agroalimentare e dell’ippica del Ministero della Politiche agricole.

La rete di sinergie creata a livello europeo ha reso possibile smascherare una vera e propria frode ai danni dell’autentica mozzarella di bufala. L’Italia è in prima linea in questa lotta contro ogni tentativo di imitazione e contro ogni inganno.

Anche in questo periodo difficile, il Mipaaf ha proseguito nella tutela delle nostre produzioni agroalimentari di qualità, anche al di fuori dei confini nazionali. Un ringraziamento va alle autorità spagnole, che hanno dimostrato rigore e tenacia nell’azione».

Soddisfazione anche dal presidente del Consorzio di Tutela, Domenico Raimondo: «Il sistema dei controlli italiano si conferma tra i migliori al mondo – commenta – siamo un esempio in Europa e siamo fieri di aver contribuito a frenare una frode per i consumatori e una concorrenza sleale nei nostri confronti. Restiamo in prima linea nella difesa della qualità e dell’originalità del nostro prodotto».

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degustati da noi vini#02

Maremma Toscana Doc Ciliegiolo 2015 “San Lorenzo”, Sassotondo

Ben più di un Ciliegiolo da incorniciare. Il Maremma Toscana Doc Ciliegiolo 2015San Lorenzo” di Sassotondo, etichetta icona della cantina guidata da Carla Benini ed Edoardo Ventimiglia, è il simbolo di una fetta di Toscana che chiede – e merita – attenzione nel panorama vitivinicolo nazionale.

Il riferimento è non solo alla Maremma, ma soprattutto alla zona vulcanica di Sorano e Pitigliano, in provincia di Grosseto. Un’areale influenzato dagli effetti dal bacino vulcanico dell’attuale lago di Bolsena, in cui il tufo è di casa nel terreno.

LA DEGUSTAZIONE
Il Ciliegiolo 2015 “San Lorenzo” di Sassotondo si presenta nel calice di un colore violaceo. Naso ben giocato sul frutto e sui terziari, con sbuffi netti di spezie. Al palato, freschezza e mineralità vulcanica fanno da “freno a mano” all’incedere esplosivo dei primari, ovvero del frutto, disegnando un sorso di grande precisione e persistenza.

Un vino bello (e buono) da bere oggi, ma con tanta vita davanti. Non a caso si tratta della miglior selezione di uve Ciliegiolo provenienti da un vigneto di circa 60 anni, condotto dal 1994 con metodi di agricoltura biologica.

LA VINIFICAZIONE
Dal vigneto di 4.800 vecchie viti si scorge Pitigliano, tra i borghi simbolo della Maremma. Raccolta e selezione delle uve avvengono in maniera manuale e “naturale” è anche la fermentazione, che avviene grazie a lieviti indigeni.

La macerazione dura da 15 a 20 giorni. Il vino atto a divenire “San Lorenzo” matura per 18/30 mesi in botti di rovere di Slavonia da 10 ettolitri. Viene immesso in commercio solo in seguito a un altro anno di affinamento in bottiglia nelle fresche cantine sotterranee di Sassotondo.

Il Maremma Toscana Doc Ciliegiolo 2015 “San Lorenzo” è tra le etichette presenti nella Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it, la Guida edita con cadenza annuale dalla redazione della nostra testata.

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Addio a Luigi Gregoletto, padre del Prosecco

Si è tenuto nel pomeriggio odierno il funerale di Luigi Gregoletto. L’ultimo saluto a uno dei padri del Prosecco, fondatore dell’omonima azienda vinicola di Premaor, si è tenuto alle 15 nella Chiesa Parrocchiale di Miane (TV).

A dare la notizia della scomparsa è stata la famiglia: «Questa mattina ci ha serenamente lasciato Luigi Gregoletto, fondatore della cantina Gregoletto. Lo ricordano con affetto la moglie, i figli, i famigliari e gli amici tutti».

La Famiglia Gregoletto vanta una lunga tradizione nel mondo del vino. Sono numerosi i documenti che testimoniano come coltivasse la vite sulle colline di Premaor di Miane, in provincia di Treviso, già all’inizio del Seicento. Non a caso, l’edificio che ospita la cantina è ricavato da una struttura di quell’epoca.

L’attività della famiglia ha avuto un notevole impulso nel dopoguerra, proporio grazie a Luigi Gregoletto, che ha iniziato a produrre vino secondo criteri di «qualità e tipicità». Oggi l’azienda possiede diciotto ettari di terreno vitato nei comuni di Miane, San Pietro di Feletto e Refrontolo.

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“Ripartiamo in sicurezza subito o sarà troppo tardi”, Anbc fa appello al Ministro Patuanelli

“Restituire dignità all’intero settore della ristorazione”. È chiaro il messaggio lanciato da Anbc, Associazione Nazionale Banqueting e Catering, nell’unirsi all’appello fatto da Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti al Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli.

“Dopo un periodo così lungo di inattività forzata, per noi del catering si parla nel 2020 di 9 mesi su 12, è necessario pianificare una riapertura il più veloce possibile e in totale sicurezza – dichiara Paolo Capurro, Presidente di Anbc – anche a costo di rendere ancor più stringenti i protocolli di sicurezza già vigenti, sempre in accordo con il Ministero della Sanità e il Cts“.

“A questo proposito non posso non ricordare che la nostra associazione aveva già adottato misure più rigide di quelle previste dalla legge, a partire dal mese di settembre. Va da sé – continua Capurro – quanto sia fondamentale rafforzare le misure economiche a sostegno delle imprese in difficoltà rivedendo i meccanismi di calcolo dei contributi a fondo perduto che non possono più essere parametrati sulla perdita di fatturato del mese di aprile 2020 su aprile 2019, ma su base annua e a prescindere dai limiti di fatturato”.

“Sono necessari – dice ancora il Presidente – interventi di sgravio fiscale, esentando le aziende dal pagamento dell’Imu 2021, così come interventi per prolungare gli ammortizzatori sociali fino al termine del periodo di crisi. E ancora, va prorogato il credito d’imposta incentivando i locatori a ridurre i canoni, e va facilitato l’accesso alla liquidità estendendo a 15 anni il periodo di ammortamento anche dei prestiti fino a 800 mila euro garantiti dal Fondo Centrale di garanzia, con un preammortamento di almeno 48 mesi”.

“Insomma – conclude Capurro – urgono misure straordinarie per far fronte a una crisi senza precedenti, in particolare per tutte quelle realtà che, come le nostre, dovranno aspettare ancora dei mesi prima di ripartire, proprio per la particolarità del settore che vive di prenotazioni a medio-lungo termine. Confidiamo nel fatto che questa ennesima richiesta di aiuto non cada nel vuoto e che, finalmente, si faccia tutto ciò che è necessario, prima che sia troppo tardi per le nostre aziende e per i lavoratori”.

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Banqueting e Catering, Anbc: «Ripartiamo in sicurezza subito o sarà troppo tardi»

Anbc, Associazione Nazionale Banqueting e Catering, si unisce all’appello fatto da Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti al Ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, per «Restituire dignità all’intero settore della ristorazione».

«Dopo un periodo così lungo di inattività forzata, per noi del catering si parla nel 2020 di 9 mesi su 12, è necessario pianificare una riapertura il più veloce possibile e in totale sicurezza – dichiara Paolo Capurro, Presidente di Anbc – anche a costo di rendere ancor più stringenti i protocolli di sicurezza già vigenti, sempre in accordo con il Ministero della Sanità e il Cts».

«A questo proposito non posso non ricordare che la nostra associazione aveva già adottato misure più rigide di quelle previste dalla legge, a partire dal mese di settembre. Va da sé – continua Capurro – quanto sia fondamentale rafforzare le misure economiche a sostegno delle imprese in difficoltà rivedendo i meccanismi di calcolo dei contributi a fondo perduto che non possono più essere parametrati sulla perdita di fatturato del mese di aprile 2020 su aprile 2019, ma su base annua e a prescindere dai limiti di fatturato».

«Sono necessari – dice ancora il Presidente – interventi di sgravio fiscale, esentando le aziende dal pagamento dell’Imu 2021, così come interventi per prolungare gli ammortizzatori sociali fino al termine del periodo di crisi. E ancora, va prorogato il credito d’imposta incentivando i locatori a ridurre i canoni, e va facilitato l’accesso alla liquidità estendendo a 15 anni il periodo di ammortamento anche dei prestiti fino a 800 mila euro garantiti dal Fondo Centrale di garanzia, con un preammortamento di almeno 48 mesi».

«Insomma – conclude Capurro – urgono misure straordinarie per far fronte a una crisi senza precedenti, in particolare per tutte quelle realtà che, come le nostre, dovranno aspettare ancora dei mesi prima di ripartire, proprio per la particolarità del settore che vive di prenotazioni a medio-lungo termine. Confidiamo nel fatto che questa ennesima richiesta di aiuto non cada nel vuoto e che, finalmente, si faccia tutto ciò che è necessario, prima che sia troppo tardi per le nostre aziende e per i lavoratori».

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Brunello di Montalcino: +12,2% nel 2020

Sono circa 9 milioni i contrassegni Docg consegnati nel 2020 dal Consorzio per altrettante bottiglie di Brunello di Montalcino pronte alla vendita. Il dato registrato da Valoritalia è superiore del 12,2% rispetto alle bottiglie immesse sul mercato nel 2019 e alla media degli ultimi 5 anni (+4,3%).

Protagonista il millesimo 2015, giudicato straordinario dalla critica internazionale e oggetto di un boom di ordini da tutto il mondo già prima del suo esordio sugli scaffali. Alla sua prima stagione di vendita (da quest’anno è in commercio la riserva), l’annata 2015 ha già fatto meglio dei due millesimi precedenti rispettivamente del +53% e del +32%.

Ottime notizie anche per l’annata 2016 per cui tra novembre e dicembre scorsi sono stati richiesti 2,7 milioni di contrassegni Docg per altrettante bottiglie pronte a essere distribuite nel mondo.

«Considerata la congiuntura attuale – ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci – il risultato generale è assolutamente positivo, anche se in condizioni normali la crescita sarebbe stata almeno doppia. Abbiamo avuto la fortuna di affrontare il periodo più difficile con le 2 annate consecutive migliori della storia come alleate, e se la 2015 ci ha consentito di difenderci nel migliore dei modi, la 2016 ha tutte le carte in regola per consolidare il brand Brunello tra i più grandi vini del mondo».

L’emergenza sanitaria, osserva il Consorzio, ha certamente limitato ma non fermato una crescita che sarebbe stata ancora più netta senza i cali di richieste dei mesi di maggio e dicembre. Stabili nel 2020 le consegne di contrassegni per il Rosso di Montalcino, con oltre 4,1 milioni di bottiglie pari al -1%.

il Consorzio di tutela del vino Brunello di Montalcino riunisce 212 soci che rappresentano il 98,2% della produzione di Brunello, per una tutela che si estende su un vigneto di oltre 4.300 ettari nel comprensorio del Comune di Montalcino. Di questi, 3.150 sono iscritti a Doc e Docg (2.100 a Brunello, contingentati dal 1997, 500 a Rosso di Montalcino, 50 a Moscadello, 480 a Sant’Antimo).

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