Categorie
Approfondimenti

Valtènesi 2020 sul mercato il 14 febbraio: «Annata brillante per il vino rosa del Garda»

Sarà sul mercato dal 14 febbraio il Valtènesi 2020, la nuova annata del vino prodotto sulla sponda bresciana del Lago di Garda. «Dal punto di vista qualitativo siamo soddisfatti», commenta il direttore del Consorzio di Tutela, Carlo Alberto Panont. Un dettaglio che giova al trend di crescita della Denominazione, pari al 10% all’anno, negli ultimi 7 anni.

«Il 2020 è stata un’annata ideale per i colori molto tenui e per acidità rilevanti – continua – l’andamento climatico ci ha penalizzato sul carico produttivo e ha evidenziato delle precocità di maturazione, per una vendemmia che fin dall’inizio è apparsa destinata a dare risultati brillanti per i vini rosa della Valtènesi».

Categorie
news news ed eventi

Anche Ruffino nella nuova galassia del Prosecco Rosé

Ruffino non perde l’appuntamento con lo shuttle del Prosecco Rosé e presenta sul mercato il suo nuovo spumante Metodo Martinotti. La cantina fondata nel 1877 a Pontassieve, nei pressi di Firenze, entrata a fine 2011 in Constellation Brands, dimostra così la sua apertura nei confronti delle nuove sfide del mercato internazionale, ben oltre Chianti, Brunello e Supertuscan.

Il primo Prosecco Rosé Doc di Ruffino (Glera 85%, Pinot Nero 15%) sarà prodotto nei Poderi Ducali di Ruffino, in Veneto. Dal 2019, infatti, la casa toscana ha acquisito due nuove tenute: La Duchessa a San Donà di Piave, in provincia di Venezia, e Ca’ del Duca a Motta di Livenza, in provincia di Treviso.

Centrotrenta ettari, interamente a conduzione biologica, per una capacità produttiva totale di circa 35 mila ettolitri, in continua espansione. Secondo Ruffino, la nuova tipologia «potrà beneficiare di una strada in discesa grazie al lavoro di numerosi produttori che da anni all’interno della Doc spumantizzavano vini rosé a base Glera».

«La scelta del Consorzio, nel disciplinare questo vino – evidenzia una nota della cantina – è apparsa quella di puntare ad un Prosecco che si attestasse su un’alta qualità media. L’introduzione del solo Pinot Nero come uva complementare alla Glera e l’obbligo di uscire con un vino millesimato sono due parametri che vanno senza dubbio in questa direzione».

Categorie
birra

«Noi siamo la birra», va on-line la protesta dei birrifici artigianali

Titolari e dipendenti dei birrifici artigianali italiani si sono uniti in una manifestazione virtuale attraverso i social al grido di «Noi siamo la birra, non lasciateci soli», con l’obiettivo di far sentire la loro voce e puntare l’attenzione sulle difficoltà che il settore sta affrontando a seguito della pandemia e delle restrizioni ad essa connesse, oltre che sulla voglia di ricominciare a lavorare dei numerosi addetti del settore.

L’iniziativa social identificata con l’hashtag #noisiamolabirra e promossa da Unionbirrai, associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, punta a sottolineare la volontà dei produttori di birra artigianale di riaccendere gli impianti e ripartire con la loro attività, quasi totalmente ferma negli ultimi mesi di conseguenza al blocco del canale Horeca.

Un doppio appello da parte dei birrifici artigianali: da una parte alle istituzioni per sottolineare la necessità che si riporti equilibrio nella filiera e nel comparto della ristorazione, dall’altro ai consumatori perché sostengano “la rivoluzione nel bicchiere” scegliendo di bere la birra artigianale italiana.

Le restrizioni dell’ultimo anno stanno mettendo a dura prova un settore che, per 25 anni dalla sua nascita nel 1996, è cresciuto costantemente diffondendosi su tutto il territorio nazionale ma che, seppur individuato tra quelli operativi, oggi risente direttamente delle limitazioni sugli esercizi di somministrazione.

Tanti sono gli impianti totalmente o parzialmente fermi, il cui fatturato in media risulta essere dimezzato nel 2020 rispetto all’anno precedente, e quasi il 70% dei birrifici artigianali ha usufruito nell’ultimo anno della cassa integrazione per i propri dipendenti. Rispetto al 2019, inoltre, si aggira intorno al 60% la perdita del fatturato 2020 relativo alla somministrazione diretta dei propri prodotti per quelle attività che la affiancano alla produzione.

Per questo i birrifici indipendenti hanno scelto di far sentire la loro voce attraverso alcuni video veicolati sui social, in cui raccontano la voglia di riaccendere gli impianti e sostenere la necessità di una riapertura stabile e in sicurezza dei pubblici esercizi, anche nelle ore serali, per ridare di conseguenza vita ad un settore il cui mercato di vendita è quasi esclusivamente connotato nei pub e ristoranti.

Motivazione per cui già da tempo Unionbirrai si batte per uno specifico codice Ateco che differenzi la produzione di birra artigianale da quella industriale, due prodotti per natura estremamente differenti, con l’obiettivo che alla birra artigianale sia riconosciuta la sua caratteristica di prodotto fresco e con elevata deperibilità, e che ha nella maggior parte dei casi una shelf life estremamente ridotta a differenza della maggior parte dei prodotti industriali.

Categorie
news news ed eventi

Trevigiano, 14 lavoratori in nero nelle vigne: blitz delle Fiamme Gialle

Due distinti controlli da parte delle Fiamme Gialle del Comando Provinciale di Treviso hanno consentito di scovare 14 lavoratori in nero nelle vigne del Trevigiano. I blitz sono avvenuti lo scorso fine settimana nella zona di Conegliano e Vittorio Veneto.

Il primo intervento ha riguardato 6 lavoratori di nazionalità pakistana, intenti a prestare la propria opera di potatori, completamente in nero, in un vigneto nella disponibilità di un’azienda agricola di Orsago. I potatori erano stati forniti in appalto da un’altra ditta della vicina provincia di Pordenone.

L’operazione ha preso spunto da una mirata attività di monitoraggio del territorio di Conegliano e dintorni, finalizzata proprio all’individuazione della manodopera impiegata “abusivamente” nel settore viticolo, a tutela delle aziende più virtuose del comparto.

Il secondo intervento ha preso spunto da un controllo di un veicolo commerciale alla barriera autostradale dell’A28 di Cordignano. A bordo viaggiavano un afghano, titolare di una ditta di Casier, e 8 suoi dipendenti, tra afghani e pakistani.

Anche in questo caso, le indagini della Finanza hanno consentito di accertare che l’imprenditore straniero aveva impiegato il personale in nero per la potatura dei vigneti presso un’azienda agricola-viticola della zona.

Le due ditte di Pordenone e Casier sono state contestate sanzioni pecuniarie amministrative tra i 1.800 e o 10.800 euro per ciascun lavoratore. Sono state segnalate inoltre segnalate all’Ispettorato Territoriale del Lavoro per la sospensione dell’attività, prevista nei casi in cui la manodopera impiegata in nero sia pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro.

Categorie
news news ed eventi

Trento Doc verso la Docg? La (mezza) proposta della Lega in Trentino

Non la cita mai, direttamente. Ma il riferimento alla Docg sembrerebbe piuttosto chiaro. Dopo aver «scoperto che il Trento Doc è la prima denominazione italiana interamente dedicata al Metodo classico, già dal 1993», la consigliera provinciale della Lega Salvini Trentino Alessia Ambrosi è riuscita a far approvare all’unanimità (32 voti favorevoli) la mozione 256/XVI «per l’ulteriore valorizzazione» del Metodo classico Made in Trentino.

L’impegno assunto dal Consiglio provinciale della regione autonoma è quello di attivarsi a tutti i livelli, di concerto con gli attori della filiera, per rendere ancor più il Trento Doc la vera gemma della produzione vitivinicola trentina.

E come, se non attraverso un passaggio dalla Denominazione di origine controllata (Doc) alla Denominazione di origine controllata e garantita (Docg)? Una richiesta che, se formalizzata, avrebbe tutte le basi legislative. Sono infatti decorsi, anzi quasi triplicati, i 10 anni minimi dall’approvazione della Trento Doc, necessari per il grande salto.

Decisivi gli accenni nella parte finale del discorso della consigliera Alessia Ambrosi, nel pomeriggio di mercoledì 3 febbraio. «Con questo documento – ha dichiarato l’esponente della Lega per Salvini Premier – si vuole promuovere un’ulteriore valorizzazione del sistema vino Trentino, anche grazie proprio alla sua punta di diamante, il Trento Doc».

Bisognerebbe fare ancora di più per far conoscere sia l’importanza e l’unicità di inalterate tradizioni culturali, tramandate di generazione in generazione, sia la stessa area di produzione vinicola di questo prezioso nettare.

In tal modo – ha aggiunto Ambrosi – si conferirebbe quindi ulteriore e giusta visibilità ad un prodotto che, come detto, non solo eccelle nella sua categoria, ma funge pure, permettetemi di dire, da gemma preziosa.

Da splendida cartolina che, automaticamente, rinvia alle bellezze del nostro territorio e apporterebbe un enorme valore aggiunto al Trentino, con molteplici immaginabili ricadute, anche sul comparto turistico».

La consigliera leghista ha quindi invitato la giunta provinciale «ad attivarsi in sinergia con associazioni e operatori del settore per promuovere una maggiore valorizzazione delle produzioni vitivinicole, autoctone, identitarie e del territorio che le produce: produzioni che hanno nel Trento Doc, prima denominazione italiana riservata esclusivamente al Metodo classico, una loro punta di diamante».

«Ritengo il documento approvato rilevante, perché traccia un orizzonte verso il quale è quanto mai opportuno lavorare», ha commentato la consigliera all’indomani della seduta del Consiglio provinciale.

Intanto, lontano dalle stanze attentamente distratte della politica, un vitigno autoctono del Trentino rischia letteralmente la scomparsa. È il Groppello di Revò, una varietà antica, riscoperta e valorizzate oggi da appena 4 cantine, in Val di Non. Auguri.

Categorie
news news ed eventi

Puglia, rubate 35 mila barbatelle a Cantine Rivera

ANDRIA – Sono 35 mila le barbatelle rubate da Cantine Rivera, un furto che mette a rischio un importante progetto dell’azienda agricola di Andria sulle varietà autoctone Bombino Nero e Nero di Troia. A darne notizia è il patron della cantina, Carlo De Corato, 82 anni e 50 vendemmie sulle schiena e tra le mani.

«Per chi ha commesso il furto – commenta – si tratta solo merce da piazzare sul mercato nero, ma per noi e per l’intero territorio vitivinicolo quelle barbatelle rappresentano il futuro. Per fortuna non tutto è perduto perché il vivaio ne aveva ancora qualche migliaio, da cui ripartiremo. Noi non ci fermiamo e non sarà di certo questo l’ultimo vigneto che pianterò».

Coraggio e determinazione, quelli del numero uno di Cantine Rivera, che non cancellano l’ennesimo episodio che vede protagonisti i viticoltori del nord della Puglia, dopo l’escalation di atti intimidatori dello scorso anno, in provincia di Foggia.

In particolare, le 35 mila barbatelle erano pronte per essere impiantate. «Sarebbe stata la concretizzazione di un progetto viticolo iniziato circa 30 anni fa – spiega l’azienda agricola di Andria – con l’impianto di 10 ettari di nuovi vigneti, ma non vigneti qualunque».

L’ultimo atto di un progetto di ricerca sulle varietà autoctone del territorio, Bombino Nero e Nero di Troia, intrapreso agli inizi degli anni Novanta da Cantine Rivera con la collaborazione del professor Attilio Scienza, proseguito con il Crea di Turi e giunto all’epilogo, con l’impianto delle barbatelle.

Si sarebbe trattato della terza generazione delle selezioni massali sui due vitigni autoctoni pugliesi, «individuate per fornire eccellente materia prima per i vini di Rivera che esprimono le tre Docg di Castel del Monte: il Castel del Monte Nero di Troia Riserva “Puer Apuliae“, il Castel del Monte Rosso Riserva “Il Falcone” e il Castel del Monte Bombino Nero rosato “Pungirosa“».

La notizia del furto ha lasciato la famiglia de Corato «senza parole»: «Lo ammettiamo – aggiunge il patron – ci ha fatto anche molto male. Ma da questo ripartiremo, più determinati che mai».

Categorie
news news ed eventi

Il nuovo premier Mario Draghi? Ama il vino siciliano e beve Mandrarossa Settesoli

Nel caos politico delle ultime ore, una notizia che – almeno parzialmente – rassicura gli italiani: il nuovo premier incaricato Mario Draghi non è astemio. Anzi, ama il vino, in particolare quello siciliano di Mandrarossa Settesoli. A confermalo è Maria Isolina Catanese, ex agente della nota cooperativa di Menfi che nel 2016 ha viaggiato in aereo, sulla tratta Roma-Francoforte, proprio con Mario Draghi. In classe Economy.

Un episodio che la 43enne siciliana, originaria proprio di Menfi, la splendida “contea” della provincia di Palermo che ospita la storica cantina della trinacria, ha condiviso sui social per diffondere un messaggio di speranza e fiducia per gli italiani.

«Il mondo non ha bisogno del mio post – si legge – ma io lo scrivo ugualmente. Oggi sono felice di sapere che questo Grande Uomo, allo stesso tempo così semplice e umile, si prenderà cura del nostro Paese. E poi, in fondo in fondo, volevo solo raccontarvi che un giorno ho incontrato Mario Draghi… E mi ha fatto una buona impressione!».

Ben dettagliato il racconto di Maria Isolina Catanese. «Nel 2016 – spiega – in una delle mie trasferte Roma – Francoforte, ho provato lo stupore di trovarmi accanto, in classe Economy, un compagno di viaggio molto particolare: Mario Draghi».

Fila 8. Io 8A, le nostre borse all’8B, lui all’8C. Dopo il decollo ci siamo girati contemporaneamente a prendere i nostri rispettivi iPad. Io sono rimasta in silenzio per un po’, facevo finta di lavorare, ma poi non ce l’ho più fatta e mi sono girata verso di lui a chiedere, quasi sottovoce: “Mi scusi… ma io … ho l’onore di viaggiare con il prof. Mario DRAGHI??” … “Ed in classe economy??”

È stata una domanda così spontanea da suscitare in lui una sincera risata. Infatti mi ha prontamente risposto: “E perché no?”… ed io sgranando gli occhi gli dissi: “Ma Lei ha visto chi è seduto in prima classe?!”

Gli ho strappato un’altra risata e poi, a sorpresa ha messo via l’iPad ed abbiamo iniziato a chiacchierare. Mi ha chiesto innanzitutto se andavo a Francoforte per studio o per lavoro. “Per lavoro”, gli risposi, piena di orgoglio! Quello infatti è stato uno degli ultimi viaggi in cui portavo in giro per il mondo il frutto del lavoro della mia terra natía: Settesoli – Mandrarossa.

Con grande stupore da parte mia, lui conosceva benissimo la storia della cantina. Conosceva altrettanto bene l’opera compiuta da Diego Planeta, fu lui infatti a nominarmelo per primo. Poi con tanta semplicità mi raccontò delle sue vacanze in Sicilia con la moglie l’estate precedente; le impressioni sulla nostra terra e di quanto fosse meravigliosa; e così via… un continuo semplice scambio di racconti fino all’arrivo a Francoforte».

Il racconto dell’ex agente di Mandrarossa Settesoli continua: «Appena atterrati mi disse: “Dunque, riassumendo: se io vado in un ristorante a Francoforte e chiedo una bottiglia di Settesoli sarà opera sua?”… “Non proprio” gli dissi, “comunque vengo qui per far crescere la conoscenza del marchio”».

Così tirai fuori il mio biglietto da visita precisando che non mi sarei aspettata una corrispondenza ma era solo per ricordare ‘eventualmente’ il brand scritto su quel biglietto. Al ristorante ‘eventualmente’ avrebbe dovuto chiedere di quel marchio mentre nella grande distribuzione avrebbe trovato Settesoli. Tutto chiaro».

Ci siamo salutati cordialmente. Lui mi ha augurato buona fortuna, poi sono arrivati degli uomini in abito scuro che lo hanno scortato fino ad una porta secondaria del finger.

Rientrando in Sicilia, dopo il mio viaggio, chiesi il permesso alla direzione di inviare una 3L di Cartagho alla Banca Centrale Europea. Qualcuno mi assecondò. Altri mi risero dietro.

Io però non avevo un indirizzo quindi cercai su Google “BCE contatti” (le mie soluzioni semplici a cose complesse). Mi rispose una segretaria, esposi la mia richiesta e lei mi passò un altro interno.

Mi rispose un’altra segretaria. Lasciai le mie generalità, raccontai del volo e del motivo del regalo; diedi il numero di volo; il n. di sedile; quello mio; quello del Prof. Draghi, e spiegai che a nome della cantina desideravo omaggiarlo con il frutto del lavoro dei nostri agricoltori come da racconto in aereo.

La signorina mi fece attendere qualche minuto al telefono e poi mi disse che potevo inviare il regalo all’indirizzo che mi avrebbe fornito e che il dono non doveva superare il valore certificato di € 50.

Il racconto dell’incontro di Maria Isolina Catanese con il premier Mario Draghi continua: «Chiesi un certificato scritto al magazzino che a sua volta organizzò velocemente la spedizione! Io scrissi due righe di mio pugno facendo riferimento alla sua richiesta in aereo e, a nome di tutti, in carta intestata Settesoli/Mandrarossa, inviammo la Jeroboam di Cartagho. Fine.

Un incontro a lieto fine. «Circa quindici giorni dopo – continua Catanese – al ritorno da un altro viaggio di lavoro, trovai come sempre la posta ammassata sulla mia scrivania. Tutta pubblicità! Stavo per differenziare il contenuto nelle pattumiere quando all’improvviso… Eccola! Una busta BCE… Non mi aspettavo una risposta a dire il vero. Invece, apro la busta e trovo i suoi ringraziamenti. Rigorosamente scritta a mano… Da lui e non da altri, perché quella firma la conosciamo tutti… È su tutte le banconote».

Categorie
news news ed eventi

Fivi a Vinitaly 2021, parla Matilde Poggi: «Decisione in mano ai soci»

È tutt’altro che scontata la presenza dei vignaioli Fivi a Vinitaly 2021, quantomeno al completo o in crescendo di adesioni, come nelle passate edizioni. La messa in scena di “Fivitaly2021, dal 20 al 23 giugno prossimi a Verona, dipende dalla decisione delle singole cantine e non dal direttivo della Federazione italiana vignaioli indipendenti.

A chiarirlo è la presidente Matilde Poggi, raggiunta telefonicamente da WineMag.it. «Alcuni soci ci hanno confermato di aver ricevuto la mail con la richiesta di conferma della partecipazione entro il 1 marzo, altri no», commenta la patron de Le Fraghe.

«Abbiamo avviato una consultazione interna per capire come intendano muoversi i soci in vista di Vinitaly 2021 – aggiunge – ma resta il fatto che i rapporti sono tra Veronafiere e singole aziende, non tra Veronafiere e Fivi».

«In sostanza – precisa ancora Poggi – Fivi non acquista come Federazione lo spazio espositivo per poi rivenderlo ai soci. Siamo tutti sotto lo stesso tetto, ma i rapporti per gli spazi sono tra singole cantine e Fiera di Verona».

Secondo rumors di WineMag.it, Veronafiere avrebbe addirittura proposto uno sconto del 5% ai vignaioli. E sul fronte della sicurezza e delle misure anti contagio e distanziamento, una presenza ai banchi a giorni alternati.

Del resto, l’ultima volta di Fivi a Vinitaly è stata un successo. Nel 2019 sono state infatti ben 212 le adesioni alla più importante manifestazione fieristica dedicata al vino in Italia. L’appuntamento al padiglione 8, in uno spazio di ben 1.200 metri quadrati, è stato accolto grande favore dal pubblico di professionisti.

Nel 2018, anno in cui la Federazione ha spento le dieci candeline dalla fondazione, i vignaioli presenti erano 158, dislocati su 830 metri quadri. Senza il Covid-19, il 2020 sarebbe stato l’anno della definitiva consacrazione di Fivitaly, spinto dal successo dell’epica tre giorni del Mercato di Piacenza (22.500 accessi dal 23 al 25 novembre 2019).

Fivi si è invece resa protagonista – per l’esattezza con alcune frange interne – delle più acri proteste nei confronti dell’edizione 2020 di Vinitaly. Contestatissima anche la decisione di rinviare la kermesse a giungo 2020, con tanto di presa di posizione ufficiale della presidente Matilde Poggi, favorevole a un rinvio definitivo al 2021.

Il 10 marzo dello scorso anno, in occasione di un confronto con i vertici di Veronafiere e i rappresentanti di altre associazioni di filiera, Fivi faceva presente che «al di là dell’emergenza sanitaria, giugno è un mese in cui il lavoro in vigna è tanto», sottolineando «l’effettiva difficoltà delle cantine a conduzione familiare di essere fisicamente presenti».

Il sondaggio interno voluto dai vertici della Federazione aveva quindi confermato le perplessità. La quasi totalità dei vignaioli aveva propeso per la bocciatura della “Summed Editiondi Vinitaly. Per la seconda barricata, pare solo questione di giorni.

Categorie
news news ed eventi

Italgrob: «Occorre una strategia organica per la ripresa dell’horeca»

Italgrob, la Federazione Italiana dei Distributori Horeca, ha sottoposto un documento al vaglio delle diverse Commissioni parlamentari nel quale denuncia, con dati inoppugnabili, le perdite subite dall’intero comparto Horeca, e dai diversi player della filiera, analizzando, inoltre, anche il comparto turistico, settore strettamente correlato al mondo dei consumi fuoricasa. Nel documento sono evidenziate anche le gravose perdite che la crisi pandemica ha provocato nel comparto della distribuzione Food&Bevarage.

«Il mercato della distribuzione food & beverage – si legge nel documento – ha risentito delle chiusure dei propri punti vendita: infatti, nel 2020 il fatturato complessivo dei distributori food & beverage è sceso sotto la soglia dei 10 miliardi di euro, rispetto ai 15,7 miliardi dell’anno precedente, con un crollo del 37,6%. Le perdite complessive sono state quindi pari a 5,9 miliardi di euro».

La Federazione, inoltre, al fine di fornire strumenti utili e ulteriori chiavi di lettura alle Commissioni coinvolte, ha doverosamente riassunto alcuni scenari che si potranno verificare nel post-pandemia. In primis tra il 10 ed il 15% dei pubblici esercizi potrebbe non riaprire o potrebbe chiudere nel breve periodo ed in assenza di interventi sostanziali, il 30-35% dei pubblici esercizi potrebbe fallire entro 12 mesi.

Inoltre, in virtù della scomparsa del turismo business, le strutture ricettive saranno in gravissima crisi ed i contraccolpi finanziari saranno dirompenti anche per gli operatori della distribuzione. I contratti a termine saranno difficilmente rinnovati ed i lavoratori stagionali saranno difficilmente assunti pertanto, dopo la fine della cassa integrazione, il rischio licenziamenti di una parte del personale sarebbe consistente.

Il fallimento delle aziende distributive porterebbe al default del 90% del settore Horeca da esse sostenuto, mentre le aziende di distribuzione stesse sarebbero a forte rischio chiusura o acquisizione da parte di capitali di provenienza illecita aumentando il rischio di infiltrazioni malavitose nel settore.

Le aziende di Produzione, essenziali nell’ambito del comparto Horeca, sarebbero a forte rischio chiusura o acquisizione da parte di capitali esteri, in particolare le piccole aziende che non lavorano con la grande distribuzione. Infine, nel 2020 e nel 2021, vista la crisi dei consumi e il calo dei fatturati, mancherà un’importante quota di gettito fiscale per imposte dirette e indirette.

«Alla luce di tale difficile scenario presentato nel documento sottoposto alle Commissioni – ha dichiarato il Presidente Vincenzo Caso – la Federazione Italgrob ha esaminato punto su punto il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), ed evidenziato come alcune delle fondamentali missioni dello stesso piano, siano funzionali al sostegno e al rilancio dell’intero settore del fuoricasa».

«Per ciò che concerne il metodo – prosegue Caso – ci troviamo con le osservazioni già fatte da Confindustria a livello generale: manca una specificità che è essenziale per poter dare, come associazioni di categoria, un contributo essenziale nei singoli capitoli. Confidiamo che il nuovo governo acceleri sul Pnrr quanto prima, in modo da poter parlare di reali contenuti e non di singoli capitoli vaghi».

«Siamo immediatamente disponibili – aggiunge Dino Di Marino direttore generale di Italgrob – ad offrire il nostro supporto e mettere a disposizione il nostro know how nei tavoli di concertazione e confronto tra istituzioni e imprese, nonostante la difficile situazione politica che il paese sta attraversando. Per questo motivo abbiamo anticipato alcuni spunti metodologici affinché il Pnrr possa essere quanto più possibile funzionale al mondo Horeca».

«Per quanto più da vicino ci riguarda – prosegue il direttore – riteniamo necessario avere una strategia e una visione organica per il rilancio del settore Horeca. Inoltre, per ciò che concerne la formazione e la cultura di canale, è indispensabile investire sull’alta formazione di un settore così specifico, che richiede competenze e aggiornamenti continui».

Categorie
degustati da noi vini#02

Trento Doc Riserva Brut 2011, Cantina Rotaliana

Sotto la lente di ingrandimento di WineMag.it il Trento Doc Riserva Brut 2011 di Cantina Rotaliana, uno dei due spumanti Metodo classico prodotti in Trentino dalla cooperativa di Mezzolombardo (TN).

LA DEGUSTAZIONE
Perlage finissimo e molto persistente per questa “bollicina” che si presenta molto bene al “primo bacio” con il calice. Finezza ed eleganza che rappresentano al meglio un packaging minimal, che invita ad un serio approfondimento del contenuto, ancor più della “forma”.

Il naso è generoso, ricco, baldanzoso, con predominanza delle note “grasse” conferite dallo Chardonnay (frutta esotica matura a polpa gialla, fiori bianchi e gialli appena sbocciati) rispetto al nerbo dell’altro vitigno che compone la cuvèe, il Pinot Nero.

Un ruolo da gregario, quello del Noir, che si conferma anche all’assaggio, fase in cui gioca un ruolo fondamentale nella ricerca (andata a buon fine) del perfetto equilibrio tra morbidezze e durezze.

Frutto maturo, percezione minerale-salina e corredo fresco-acido parlano all’unisono a poco meno di 3 anni dalla sboccatura (marzo 2018) e a 10 anni esatti dalla vendemmia del Trento Doc Riserva Brut di Cantina Rotaliana.

Il tocco tostato percettibile in chiusura di sipario, con ricordi assimilabili al cereale e ancor più alla mandorla, completa l’allungo rendendo il sorso, pur fresco, ancora più rotondo.

LA VINIFICAZIONE
Le uve Chardonnay e Pinot Nero (70-30%) vengono raccolte a mano nelle aree più vocate a disposizione di Cantina Rotaliana (Val di Cembra e Val di Non). I vigneti sono posti a un’altimetria compresa tra i 500 e i 750 metri sul livello del mare.

Le piante affondano le radici in terreni asciutti e di medio impasto, ricchi di argilla, calcare e gesso. La vinificazione avviene in bianco, con pressatura soffice delle uve e fermentazione dei mosti sia in acciaio che in barrique, in percentuale più piccola.

In primavera, la lenta presa di spuma e la successiva permanenza sui lieviti per almeno 80 mesi precede remuage e sboccatura, aggiunta del liqueur d’expédition. Il dosaggio è di circa 6 grammi litro. L’affinamento in bottiglia si protrae per almeno 3 mesi dopo il dégorgement, in attesa della commercializzazione.

Categorie
Food Lifestyle & Travel

Nasce il primo Comitato “Uva da tavola con i semi”: «Patrimonio da non dimenticare»

In provincia di Catania, per l’esattezza nella terra della pregiata Igp Mazzarrone, nasce il primo “Comitato per la tutela, la valorizzazione e la promozione dell’Uva da tavola con i semi, a difesa delle tradizioni”. Dalla Sicilia, l’iniziativa è destinata a espandersi in altre regioni produttrici d’Italia.

«Il mercato – commenta Salvatore Secolo, produttore e sindacalista nel settore agroalimentare – guarda già alla produzione dell’uva da tavola senza semi, contro cui non abbiamo nulla in contrario: ben venga, se porta benefici economici».

Però noi non vogliamo che la produzione di uva da tavola con i semi, tramandata fino ai giorni nostri da tempi antichissimi e coltivata in ultimo dai nostri dai nostri nonni e bisnonni, non venga un giorno semplicemente dimenticata o rischi di divenire solo un lontano ricordo».

Il nuovo organismo si propone di operare in campo culturale ed istituzionale per la tutela, la difesa, la valorizzazione e promozione dell’uva da tavola, per incentivarne il consumo in Italia e all’estero.

Per realizzare tali obiettivi, il “Comitato per la tutela, la valorizzazione e la promozione dell’Uva da tavola con i semi, a difesa delle tradizioni” intende organizzare attività, conferenze, manifestazioni, convegni, assemblee pubbliche, incontri, corsi e seminari informativi, pubblicazioni ed eventi pubblici, in collaborazione con istituzioni e autorità competenti. Sarà interessato anche il mondo della scuola, universitario e scientifico.

Il Comitato si prefigge inoltre di sostenere attività di studio, ricerca e formazione sull’Uva da tavola “con i semi”. A tal fine presenterà istanze, mozioni, petizioni, proposte, disegni di legge e quant’altro possa essere necessario.

Oltre a Salvatore Secolo e Giuseppe Virduzzo e di Mazzarrone, fanno parte del Comitato anche i produttori di Licodia Eubea (CT) Michele Puglisi, Pietro Li Rosi, Vincenzo Cummaudo e Giuseppe Pizzo.

Categorie
news news ed eventi

La voce delle Donne del Vino alla Camera: da parità di genere e maternità al turismo

Temi specificatamente “femminili” come maternità e parità di genere, ma anche argomenti generici quali Enoturismo, Trasporti nelle aree rurali e digitalizzazione: la XIII Commissione – Agricoltura della Camera dei Deputati ha ascoltato lunedì 1 febbraio l’Associazione Nazionale Le Donne del Vino.

Un incontro nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Doc. XXVII, n. 18), con la presidente Donatella Cinelli Colombini (nella foto, sopra) e la vice Paola Longo indicate dall’onorevole Susanna Cenni (nella foto, sotto) quali portavoce delle 900 produttrici, enotecarie, ristoratrici, giornaliste ed esperte precedentemente interpellate dall’Associazione attraverso un sondaggio online.

I punti segnalati come più critici sono quattro, a cui si aggiunge un forte appello alle politiche di genere e al settore turistico che ha nell’enogastronomia uno dei punti di forza.

«L’appello – spiega Donatella Cinelli Colombini – è affinché l’agricoltura non venga presa in esame solo per l’impatto ambientale, ma anche in termini economici e occupazionali all’interno di una filiera produttiva e commerciale che arriva sulla tavola dei consumatori e coinvolge quindi anche altri comparti, nella logica Farm to Fork e di salvaguardia della salute dei consumatori».

In Italia, le donne dirigono circa un terzo delle imprese agricole: una cifra pari al 21% della Sau (Superficie agricola utilizzabile), capace tuttavia di generare il 28% del Pil agricolo.

«Sono un’enorme risorsa per l’agricoltura italiana – continua Cinelli Colombini – perché spesso sono più scolarizzate e più aperte all’innovazione e all’internazionalizzazione dei colleghi uomini. Per questo la richiesta che arriva dalla consultazione delle 900 Donne del Vino italiane ha puntato soprattutto su 4 argomenti, oltre il riequilibrio fra i generi, il sostegno al credito e all’export».

DIGITALIZZAZIONE DELLE AREE RURALI
La mancanza di una buona connettività e di banda larga nelle campagne – fino alle imprese e alle case -, la scarsità di strumentazione elettronica, sono considerati il maggiore ostacolo allo sviluppo economico e turistico delle zone rurali. La mancanza di copertura del segnale rende invisibili le imprese ai fini turistici e commerciali, rallenta il lavoro e l’accesso alle informazioni, impedisce il ricambio generazionale e l’introduzione dell’economia verde.

AGRICOLTURA DI PRECISIONE
Green deal – farm to fork – next generation: il processo di qualificazione dell’agricoltura e di produzioni eco sostenibili passa attraverso un processo di formazione e di digitalizzazione che richiede infrastrutture e connettività. Attuarla innesca un processo virtuoso sotto il profilo ambientale, economico e sociale con maggiori prospettive per i giovani.

TRASPORTI E VIABILITÀ
La carenza di collegamenti favorisce la marginalizzazione culturale ed economica delle popolazioni rurali e danneggia particolarmente i giovani in età scolare, le donne e gli anziani. Potenziare trasporti e viabilità nelle zone rurali significa anche favorire il turismo e renderlo più capillare.

SERVIZI PER LA MATERNITÀ
La carenza di asili nido e di scuole materne nelle zone agricole e nei piccoli centri oltre al loro costo eccessivo in rapporto ai redditi della popolazione rurale, sono di grave impedimento alle possibilità di lavoro e carriera delle donne

PARITÀ DI GENERE NELLA FILIERA DEL VINO
Cantine, ristoranti, rivendite, agenzie di consulenza: agevolazioni fiscali e di punteggio nelle graduatorie per le imprese dove si rispettano la parità di salario di progressione di carriera fra i generi ed è offerta la flessibilità nell’orario di lavoro.

TURISMO ENOGASTRONOMICO E FILIERA AGROALIMENTARE DI ECCELLENZA
Le Donne del vino chiedono di realizzare un portale nazionale di promo-commercializzazione turistica collegata alla digitalizzazione delle destinazioni, centri espositivi, didattici e di coordinamento turistico in ogni denominazione Docg o un grande distretto produttivo alimentare, un programma nazionale di formazione per gli addetti e un osservatorio in grado di monitorare e indirizzare l’intera offerta italiana.

Categorie
Approfondimenti

Doc Bolgheri e Bolgheri Sassicaia: Valoritalia è il nuovo Ente di Certificazione

Il Consiglio di Amministrazione del Consorzio per la Tutela dei vini Doc Bolgheri e Doc Bolgheri Sassicaia ha scelto Valoritalia, società leader in Italia nelle certificazioni del comparto vitivinicolo, per gestire nei prossimi 3 anni le verifiche e i controlli contemplati dal Disciplinare.

«Siamo molto soddisfatti di questa collaborazione che speriamo sia l’inizio di un lungo percorso insieme – commenta Albiera Antinori, Presidente del Consorzio – Valoritalia in fatto di esperienza e competenze nell’ambito della certificazione è un’eccellenza assoluta e siamo certi che grazie al loro supporto le nostre denominazioni potranno crescere ulteriormente. L’efficienza nella fornitura e analisi dei dati produttivi, inoltre, ci consentirà di operare ancora meglio e con maggior tempismo per mettere in atto le future strategie del territorio».

L’affidamento dell’incarico è un obbligo di legge e prevede ispezioni nei vigneti e in cantina, analisi chimiche e valutazioni organolettiche al fine di accertare la conformità al Disciplinare di ogni prodotto che aspira ad utilizzare il nome di queste prestigiose denominazioni. Alle funzioni ispettive si aggiunge una procedura di controllo documentale che permette di ottenere la completa tracciabilità di tutte le partite di prodotto immesse sul mercato.

Ogni anno le aziende che usano le denominazioni Bolgheri e Bolgheri Sassicaia producono e commercializzano, mediamente, circa 7 milioni di bottiglie, ognuna delle quali viene tracciata dalla vigna all’uscita dalla cantina attraverso una serie scrupolosa di verifiche che ne assicurano origine e qualità. Procedure complesse, che tuttavia consentono a operatori e consumatori di ottenere le indispensabili garanzie per prodotti di così elevata qualità e prestigio.

Considerate le sue delicate funzioni, nella scelta dell’Ente a cui affidare l’incarico il Consorzio ha privilegiato i criteri di esperienza, competenza e affidabilità, ponendosi l’obiettivo di migliorare le proprie capacità di governo delle denominazioni attraverso l’analisi dei dati derivanti dall’attività di controllo.

Un campo nel quale Valoritalia senza dubbio eccelle, avendo sviluppato negli anni un gestionale informatico, “Dioniso“, che oggi permette alla società di gestire 229 denominazioni vitivinicole per 5.000 differenti tipologie di vino, oltre a tracciare circa 1,7 miliardi di bottiglie l’anno.

Categorie
news news ed eventi

Vinitaly 2021 chiama gli espositori: conferma partecipazione entro l’1 marzo

Attraverso un’email inviata in mattinata a tutti gli espositori, lo “Staff di Vinitaly” conferma l’appuntamento al 54° Vinitaly, programmato da Veronafiere in ultima istanza dal 20 al 23 giugno 2021.

«Un periodo – chiarisce la missiva – che crediamo garantirà lo svolgimento, in assoluta sicurezza, di una manifestazione molto attesa a livello internazionale».

Certo, sappiamo che si tratta di un periodo complicato per tante aziende, ma siamo sicuri che Vinitaly 54° Edizione si ricorderà come il momento della ripartenza per tutto il settore, con nuove, tante, soddisfazioni».

Prosegue la mail inviata a tutti gli espositori: «Vinitaly, come le vostre aziende, non si è mai fermato, e le attività, i nuovi progetti stanno prendendo forma con rinnovato entusiasmo e una gran voglia di ripartire insieme».

Sul fondo della comunicazione, l’invito ad accedere all’area riservata, in cui poter trovare il «Regolamento aggiornato». Lo staff di Vinitaly chiede la consultazione del documento e l’accettazione dei termini «entro il prossimo 1 Marzo 2021, per poter confermare la partecipazione alla manifestazione».

UN SETTORE IN CRISI PROFONDA

L’invito agli espositori pone l’accento sul tema della crisi del sistema fieristico, causato dall’emergenza Covid-19. Risale alla metà di gennaio 2021 l’allarme lanciato proprio da Maurizio Danese, presidente dell’Associazione esposizioni e fiere italiane (Aefi) e numero uno di VeronaFiere.

«Le fiere, assieme ai congressi, rappresentano il settore italiano che secondo il Cerved ha sofferto di più nel 2020, con perdite del fatturato attorno all’80%. Da epicentro dell’emergenza economica nello scorso anno, la meeting industry vuole diventare simbolo della ripartenza del prodotto Italia nel 2021 non appena sarà consentito».

La richiesta è di «poter accedere ai nuovi strumenti di sostegno per rafforzare e prolungare la Cassa Covid. Un atto a nostro avviso dovuto – continua Danese – non solo a tutela degli addetti e del know how del comparto, ma anche a beneficio del rilancio delle 200 mila imprese made in Italy che partecipano alle nostre manifestazioni, che nel 75% dei casi rappresentano l’unica piattaforma di visibilità internazionale per il business delle Pmi italiane».

A confermare i dati è Alessandra Albarelli, presidente di Federcongressi&eventi: «L’industria dell’organizzazione di eventi aziendali, convegni e congressi ha subito nel 2020 una perdita di ricavi per 28,5 miliardi di euro. Siamo in una situazione di blocco totale della domanda con conseguente azzeramento di potenziali ricavi almeno fino al 30 giugno 2021».

Dubbi, da parte di Albarelli, anche sulla seconda metà dell’anno: «Il secondo semestre non sarà a pieno regime, ammesso che la situazione epidemiologica migliori – dichiara – ed è quindi prevedibile una perdita di ricavi anche per il 2021 di oltre il 70%».

Categorie
news news ed eventi

Glera resistente: verso il Prosecco sostenibile in 17 cantine venete

Passi avanti verso la cosiddetta Glera resistente, utile a produrre Prosecco da viticoltura sempre più sostenibile. La fase preliminare del progettoGleres“, promosso da Confagricoltura Treviso e Crea-Ve Centro di ricerca, viticoltura ed enologia procede a passo spedito anche grazie alla collaborazione di 17 aziende produttrici della bollicine italiane più esportate al mondo.

Si tratta di Abbazia di Busco, Adriano Adami, Biancavigna, Borgoluce, Col Vetoraz, Foss Marai, Fratelli Bortolin, Fratelli Mercante, Graziano Merotto, Le Colture, Le Contesse, Le Rive, Luca Ricci, Marcello del Majno, Masottina, Ruggeri e Tenuta San Giorgio.

Il progetto, è il caso di dirlo, affonda le radici negli anni passati. Nella seconda metà del 2017 la varietà Glera è stata incrociata con tre diversi parentali resistenti di ultima generazione, portatori di una o due “fonti di resistenza” a peronospora e oidio.

I parentali sono stati scelti anche per le caratteristiche enologiche quali la buona acidità, l’aromaticità e l’attitudine alla spumantizzazione, dal momento che dovranno dare vita al Prosecco sostenibile. Dai grappoli incrociati giunti a maturazione sono stati estratti circa 5 mila vinaccioli.

Di questi 3.800 sono germinati e al primo rinvaso sono state ottenute 2.900 piante da seme. Nel maggio 2018 sono stati operati nuovi incroci usando parentali diversi, con resistenze a peronospora, iodio e botrite. Sono stati ottenuti 11 mila vinaccioli, che hanno dato vita a circa 7 mila piantine.

La messa a dimora è avvenuta alla fine dell’estate 2020. Entro la fine del prossimo anno, come annunciato dal direttore del Crea-Ve Riccardo Velasco, è invece prevista la moltiplicazione degli esemplari più promettenti.

«Si tratta di un progetto che la nostra azienda ha abbracciato sin da subito dal momento che l’ambiente è il patrimonio più importante che abbiamo e, in quanto produttori, è nostro dovere impegnarci per la sua tutela e salvaguardia», commenta Graziano Merotto, titolare di una delle aziende produttrici di Prosecco aderenti alla sperimentazione.

«Grazie a Gleres – aggiunge – abbiamo la possibilità di sviluppare nuove soluzioni che ci permettano di intervenire il meno possibile sui processi naturali, adottando un approccio più rispettoso nei confronti di quella terra a cui dobbiamo così tanto».

Categorie
Approfondimenti

Federvini: «Informazione ed educazione gli strumenti contro l’abuso di alcol»

«Riteniamo che l’informazione e l’educazione siano i principali strumenti a disposizione per contrastare abusi ed eccessi, anche in un contesto nel quale il consumo di alcol già risulta in costante declino in Europa e in Italia», dichiara Sandro Boscaini, Presidente di Federvini, con riferimento al’Europe’s Beating Cancer Plan presentato oggi dalla Commissione Europea.

«Sono invece da respingere misure fiscali e regolamentari che tendono a demonizzare la nostra cultura del bere e della socialità – prosegue Boscaini – e che, lungi dal contrastare efficacemente l’abuso, colpiscono, oltre che l’intera filiera vitivinicola, la stragrande maggioranza dei consumatori che si rapportano in maniera corretta e responsabile al mondo dei vini, degli aperitivi, degli amari, dei liquori e dei distillati».

«L’abuso di alcol va combattuto con la prevenzione e l’educazione – dice ancora il Presidente – mentre il consumo moderato di bevande alcoliche non va demonizzato in quanto rappresenta una componente importante delle nostre tradizioni millenarie, basate sullo stile di vita mediterraneo, oltreché di dieta, pienamente riconosciuto non in contrasto con la salute».

Nel contesto di una dieta mediterranea, e come parte di uno stile di vita sano, l’evidenza scientifica mostra infatti quanto nessun aumento del rischio di cancro risulti da un consumo moderato e consapevole di bevande alcoliche.

«Riteniamo utile – conclude Boscaini – che all’interno di un documento così ampio sia stato dedicato un paragrafo al consumo dannoso di alcol, un fenomeno che Federvini, insieme a tutti i suoi associati e alle sue associazioni europee, ha da sempre condannato e sul quale intende collaborare con le autorità nazionali e comunitarie per contribuire al suo contrasto».

Categorie
Approfondimenti

Uiv: «Inaccettabile e fuorviante assimilare il vino al fumo»

Dura reazione di Unione Italiana Vini (Uiv) alla pubblicazione del Piano di azione della Commissione europeaEurope’s Beating Cancer Plan“, presentato oggi a Bruxelles.

«La comunicazione del Piano di azione della Commissione europea per combattere il cancro è preoccupante. Troviamo forviante – si legge nel comunicato di Uiv – il principio per il quale il consumo di alcol sia considerato dannoso a prescindere da quantità e tipologia della bevanda».

«Ancora più inique di questa premessa sono le proposte del piano che vedono assimilare il consumo di vino al fumo – prosegue – con la conseguenza di azzerare un settore che solo in Italia conta su 1,3 milioni di addetti e una leadership mondiale delle esportazioni a volume».

«Siamo preoccupati dalle ricette proposte da DG Sante: claim obbligatori che demonizzano il vino, da un lato, e, dall’altro, le proposte di rivedere la tassazione sull’alcol e la restrizione degli acquisti transfrontalieri che rischiano di creare fenomeni di mercato nero e di contrabbando», ha dichiarato Paolo Castelletti, segretario generale di Uiv.

«Non sono misure risolutive a favore di un consumo responsabile – ha aggiunto Castelletti – che rimane l’unica vera ricetta contro i rischi alcol-correlati. L’intenzione, di modificare la policy in materia di promozione potrebbe avere un serio impatto sugli strumenti della politica agricola comune che hanno l’obiettivo di aumentare la competitività delle imprese sui mercati internazionali».

Della stessa opinione Sandro Sartor, responsabile tavolo vino e salute Uiv e presidente di Wine in Moderation, l’associazione europea che promuove la cultura del consumo consapevole e del bere responsabile. “Sono sorpreso – ha dichiarato – nel leggere che non venga fatta distinzione tra uso e abuso in questo testo”.

«Siamo del tutto convinti – ho proseguito Sartor – che il consumo moderato e responsabile del vino, in particolare all’interno della dieta mediterranea e combinata con un sano stile di vita, sia del tutto compatibile con una vita sana e, come confermato da numerose evidenze scientifiche a tutti disponibili ed accessibili, non sembra far aumentare il rischio di cancro».

Unione italiana vini sostiene il senso generale dell’iniziativa della Commissione ed è pronta a collaborare, come già fa nell’ambito del programma Wine in Moderation. La convinzione dell’associazione che rappresenta l’85% dell’export italiano di vino, è che il rischio di cancro non possa essere valutato in maniera isolata ma nel contesto del modello culturale, alimentare, delle quantità del bere e dello stile di vita.

Categorie
news news ed eventi

Lotta al cancro: per l’Europa vino, sigarette e Coca Cola sono la stessa cosa

Il nuovo spauracchio del vino italiano (ed europeo) ha nome e cognome e non arriva dall’altra parte dell’Oceano, come i dazi di Trump. Si chiama Europe’s Beating Cancer Plan e prevede, tra le altre misure volte appunto alla lotta al cancro, l’intensificazione del «sostegno dell’Ue agli Stati membri e agli stakeholders nel rafforzamento delle capacità di ridurre il danno correlato all’alcol». Nulla di preoccupante, solo a prima vista.

Per comprendere la preoccupazione del settore vitivinicolo occorre consultare agli allegati del documento presentato oggi dalla Commissione europea, alla vigilia del World Cancer Day. Tra le “list of action”, l’attenzione si concentra sul punto 3.3, “Reducing harmful alcohol consumption”.

Tra le misure previste, la «revisione della legislazione dell’Ue relativa alla tassazione dell’alcol e all’acquisto transfrontaliero di prodotti alcolici; la proposta di etichettatura obbligatoria dell’elenco degli ingredienti, della dichiarazione nutrizionale sull’etichetta delle bevande alcoliche (leggasi Kcal, ndr) e delle avvertenze per la salute».

Inoltre, l’Ue prevede di «ridurre l’esposizione dei giovani al marketing online di alcolici bevande attraverso il monitoraggio dell’attuazione dell’Audiovisual Media Service Directive», ovvero la Direttiva sui servizi dei media audiovisivi.

Al punto 3.4 dell’allegato, l’altra potenziale stangata per il settore vitivinicolo e degli Spirits, nell’ambito delle iniziative volte alla promozione della salute attraverso l’accesso a la dieta e l’attività fisica.

Sempre tra il 2021 e il 2025 è infatti prevista la «pubblicazione di uno studio di mappatura delle misure fiscali e delle politiche di prezzo su bevande zuccherate, bibite e bevande alcoliche».

Nello stesso calderone, per intenderci, potrebbero finire Coca Coca e pregiate denominazioni del vino italiano ed europeo, con conseguenze fiscali anche sulla libera circolazione delle merci all’interno dell’Unione europea.

Eppure, nel testo ufficiale del documento presentato oggi in Commissione europea, l’unico riferimento agli alcolici è vago. Forse strategicamente. Il team guidato da Ursula von der Leyen, che ha tra gli obiettivi strategici nel campo della salute proprio la lotta al cancro, parla esclusivamente di «harmful alcohol consumption», tra gli ambiti di prevenzione.

L’alcol viene infatti chiamato in causa tra le ragioni che giustificano l’esorbitante impatto economico complessivo del cancro in Europa, superiore ai 100 miliardi di euro all’anno.

«Senza un’azione conclusiva – sottolinea la Commissione europea – si stima che entro il 2035 i casi di cancro aumenteranno di quasi il 25%, diventando la principale causa di morte nell’Ue. Inoltre, la pandemia Covid-19 ha avuto un grave effetto sulla cura del cancro, interrompendo il trattamento, ritardando la diagnosi e la vaccinazione e influenzando l’accesso ai farmaci».

Sul piede di battaglia le maggiori associazioni agricole e della filiera vitivinicola italiana. La prima a lanciare l’allarme è stata Coldiretti: «L’Unione Europea vuole cancellare i fondi per la promozione di carne, salumi e vino – evidenzia il presidente della Confederazione, Ettore Prandini – prevedendo addirittura etichette allarmistiche sulle bottiglie come per i pacchetti di sigarette».

Con la scusa di tutelare la salute, che va invece salvaguardata promuovendo una dieta equilibrata e varia senza criminalizzare singoli alimenti, si propone di introdurre allarmi per la salute nelle etichette delle bevande alcoliche prima del 2023, eliminando altresì dai programmi di promozione i prodotti agroalimentari, come specificatamente le carni rosse e quelle trasformate, che vengono associati ai rischi di tumore».

Sempre secondo Ettore Prandini, quella dell’Ue è una vera e propria «provocazione nei confronti dell’Italia a dieci anni dal riconoscimento Unesco della dieta mediterranea, fondata proprio su una alimentazione diversificata che con pasta, frutta, verdura, carne, extravergine e il tradizionale bicchiere di vino consumati a tavola in pasti regolari, che hanno consentito fino ad ora agli italiani di conquistare il primato europeo di longevità».

È di oggi la reazione stizzita di Confagricoltura Toscana. Così Francesco Colpizzi, presidente regionale della Federazione Vitivinicola: «Sulla Toscana rischia di abbattersi una stangata epocale, l’Europe’s Beating Cancer Plan intende cancellare i fondi destinati alla promozione di vino, carni e salumi e introdurre etichette dissuasive su questi prodotti, segnalati come cancerogeni».

Confagricoltura chiede immediatamente un intervento di tutela da parte del Governo e della Regione: il presidente Eugenio Giani e i vertici di Stato si facciano sentire. Questo è un colpo diretto alla nostra economia, all’identità gastronomica e produttiva del Paese. Non possiamo accettare alcuna etichetta allarmistica.

Davvero stiamo paragonando un panino al prosciutto o un bicchiere di vino – continua Colpizzi – spesso indicato anzi come salutare, al consumo delle sigarette? Un piano di azione, quello europeo, che si spaccia a tutela della salute senza avere solide basi medico-scientifiche. L’unica conseguenza certa sarebbero le ripercussioni devastanti sulla nostra economia”.

Dura anche Unione Italiana Vini. «La comunicazione del Piano di azione della Commissione europea per combattere il cancro – commenta Sandro Sartor, responsabile tavolo vino e salute di Uiv – è preoccupante. Troviamo forviante il principio per il quale il consumo di alcol sia considerato dannoso a prescindere da quantità e tipologia della bevanda».

«Ancora più inique di questa premessa – conclude – sono le proposte del piano che vedono assimilare il consumo di vino al fumo, con la conseguenza di azzerare un settore che solo in Italia conta su 1,3 milioni di addetti e una leadership mondiale delle esportazioni a volume».

Intanto, proprio negli ultimi minuti, arriva dall’Ue aria di disgelo. La Vicepresidente della Commissione europea Margaritīs Schinas riconosce che è «del tutto improprio assimilare l’eccessivo consumo di superalcolici tipico dei Paesi nordici al consumo moderato e consapevole di prodotti di qualità ed a più bassa gradazione come la birra e il vino in Italia».

Schinas va oltre e sottolinea che nel Bel paese «il consumo consapevole è diventato l’emblema di uno stile di vita “lento”, attento all’equilibrio psico-fisico che aiuta a stare bene con se stessi, da contrapporre all’assunzione sregolata di alcol». Il dibattito, insomma, è aperto. Anche all’interno dell’Ue.

Ma l’ultimo intervento, in ordine temporale, è del Segretario generale del Comité Européen des Entreprises Vins (Ceev), Ignacio Sánchez Recarte: «Rimarremo attenti allo sviluppo delle azioni proposte nel campo della tassazione e dell’informazione dei consumatori per garantire che la riduzione del consumo dannoso di alcol rimanga veramente l’obiettivo e la priorità principale».

Quanto alla promozione, «consente ai produttori di vino di trasmettere al meglio l’immagine qualitativa dei propri prodotti e il legame con un determinato territorio e l’idea di ridurre i danni alcol correlati riducendo il consumo di alcol di per sé è semplicistica, particolarmente pericolosa e incoerente con la politica di qualità dell’Ue».

Fa eco a Ceev Sandro Boscaini, in qualità di presidente di Federvini: «L’informazione e l’educazione sono i principali strumenti a disposizione per contrastare abusi ed eccessi, anche in un contesto nel quale il consumo di alcol già risulta in costante declino in Europa e in Italia».

«Sono invece da respingere – aggiunge – misure fiscali e regolamentari che tendono a demonizzare la nostra cultura del bere e della socialità e che, lungi dal contrastare efficacemente l’abuso, colpiscono, oltre che l’intera filiera vitivinicola, la stragrande maggioranza dei consumatori che si rapportano in maniera corretta e responsabile al mondo dei vini, degli aperitivi, degli amari, dei liquori e dei distillati».

Categorie
Approfondimenti

Confagricoltura Toscana contro l’Europe’s Beating Cancer Plan

Francesco Colpizzi, presidente della Federazione Vitivinicola di Confagricoltura Toscana, lancia l’allarme per l'”Europe’s Beating Cancer Plan“. Il documento, che sarà presentato oggi dalla Commissione Europea, cancellerà fondi destinati alla promozione di vino, carni e salumi, e introdurrà etichette dissuasive sopra questi prodotti, segnalati come cancerogeni.

«Sarebbe la batosta finale dopo gli ultimi mesi difficilissimi – dichiara Colpizzi – Una beffa dall’Unione Europea, che in questa situazione drammatica, apre di fatto una guerra alla produzione mediterranea e al Made in Italy. Forse non ci rendiamo conto della portata di questa decisione se sarà approvata».

«Una scelta – prosegue il presidente – che danneggerebbe in modo massiccio soprattutto piccoli e medi coltivatori che vivono da decenni grazie alla terra. Una fetta consistente dell’economia regionale si base sull’esportazione di vino, carni e salumi. È una colonna portante del nostro Pil».

Confagricoltura chiede che «Il presidente della regione Eugenio Giani e i vertici di Stato si facciano sentire», sottolineando come il documento «è un colpo diretto alla nostra economia, all’identità gastronomica e produttiva del Paese».

«Non possiamo accettare alcuna etichetta allarmistica – conclude Colpizzi – Davvero stiamo paragonando un panino al prosciutto o un bicchiere di vino, spesso indicato anzi come salutare, al consumo delle sigarette? Un piano di azione, quello europeo, che si spaccia a tutela della salute senza avere solide basi medico-scientifiche. L’unica conseguenza certa sarebbero le ripercussioni devastanti sulla nostra economia».

Categorie
birra news news ed eventi

Qual è la miglior birra analcolica, nell’anno del boom delle birre zero alcol?

«Alex inutile e triste come la birra senz’alcol» scriveva Enrico Brizzi in “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, nel 1994. È passato più di un quarto di secolo e l’idea della “bionda senza alcol” non è cambiata. Si pensa alla birra analcolica come a qualcosa che vada bene giusto “in pizzeria”, con gli amici. Quando hai estratto la pagliuzza più corta e tocca a te guidare.

Perché diciamoci la verità: si compra la birra analcolica al supermercato solo se hai ospite l’amico astemio. La sollevi guardingo dallo scaffale, come un ladro. E la riponi nel carrello sperando che nessuno ti veda.

E una volta in cassa fai finta di niente, sorridi imbarazzato e cerchi di non incrociare lo sguardo della cassiera. Con l’atteggiamento dell’alunno che ha passato il weekend sui videogiochi, al posto di mettersi a studiare. Estremizziamo, ovviamente. Ma non troppo.

IL TREND
La vendita di birra a basso contenuto alcolico ha superato globalmente i 4 miliardi di dollari nel 2019 coprendo il 30% del mercato Usa e il 5% del mercato europeo. Non solo.

Da un’analisi di Global Market Insights recentemente pubblicata emerge un trend che porterà l’analcolica ad un giro d’affari di oltre 29 miliardi di dollari entro il 2026 con una produzione mondiale che supererà i 3 miliardi di litri.

Non esattamente bruscolini, tant’è che tutti i colossi mondiali della birra si stanno muovendo in questa direzione. Ultima in ordine cronologico Diageo che ha annunciato per il 2021 il lancio di Guinness 0.0, la prima Irish Stout a zero contenuto di alcol. Un settore che fa gola anche ai birrifici artigianali, alcuni dei quali l’hanno recentemente inserita in gamma.

Una crescente domanda di prodotti “low and no” alcol influenzata non solo dalle leggi sempre più restrittive in materia di consumo di alcolici, ma anche dalla volontà dei consumatori di adottare stili di vita più sani e un regime alimentare meno calorico.

Non a caso Heineken fa vanto della leggerezza della sua lager 0.0 riportando sulla confezione «69 calorie a bottiglia» e con uno spot pubblicitario ambientato in palestra. Lo abbiamo già scritto a inizio anno: le “Kcal” in etichetta saranno a nostro avviso un trend del 2021, anche nel mondo del vino.

LA DEGUSTAZIONE
Ma come si comporta la birra analcolica alla prova del calice? Abbiamo voluto testare le birre analcoliche reperibili nelle maggiori insegne della Grande distribuzione organizzata, ovvero al supermercato. Al solito, senza pregiudizi.

Occorre innanzitutto fare una precisazione: per la legge italiana si definisce “analcolica” una birra con un tenore alcolico inferiore a 1,2% (negli Usa il limite è 0,4%, in Uk di soli 0,05%). Occorre quindi fare attenzione all’etichetta se si vuol acquistare qualcosa di totalmente privo di alcol, così come all’indicazione delle calorie se vogliamo un prodotto “dietetico”.

Bavaria 0.0 – 0,0% – 24 Kcal/100 ml
Colore dorato, schiuma scarsa e scarsamente persistente. Al naso note di camomilla ed una leggera vena di erbe aromatiche come timo. Scorrevole al sorso e poco persistente non presenta alcuna nota amara.

Clausthaler Original – 0,49% – 26 Kcal/100 ml
Dorata con schiuma bianca, soffice e poco persistente. Naso erbaceo, fresco. Sentori di erba tagliata e cereale accompagnati da un tocco di camomilla. In bocca l’amaricante del luppolo accompagna la breve persistenza.

Moretti Zero – 0,0% – 20 Kcal/100 ml
Giallo paglierino carico, schiuma scarsa. Floreale al naso invita subito al sorso ma tradisce le aspettative nella fase gustativa. In bocca si svuota completamente lasciando solo un vago ricordo.

Tourtel – 0,5% – 22 Kcal/100 ml
Colore dorato carico che strizza l’occhio all’ambrato. Anche qui la schiuma ha vita breve. Al naso è il malto che la fa da padrone, facendo pensare ad una eccessiva “dolcezza”. In bocca la vena amara riporta in ordine la degustazione.

Beck’s Blue – 0,3% – 23 Kcal/100 ml
Dorato carico. Schiuma bianca ben poco durevole. Camomilla e miele al naso. Sfuggente in bocca. Amaro non pervenuto.

Heineken 0.0 – 0,0% – 21 Kcal/100 ml
Giallo paglierino carico sormontato da un bel cappello di schiuma bianca. Naso erbaceo ma poco intenso e sorso scorrevole ma equilibrato. Brevissima la persistenza. Una birra che “sa di poco”, ma quel poco è fatto bene.

Birra Coop Italiana Analcolica – 0,5% – 19 Kcal/100 ml
La privat label di Coop è prodotta nello stabilimento Pedavena con 100% malto d’orzo italiano. Il naso gioca su note di fieno, malto e camomilla. La nota amara guida il sorso togliendo stucchevolezza. Insieme a Clausthaler e Heineken è probabilmente la migliore alternativa “da pizzeria”.

Brooklyn Special Effect Hoppy Lager – 0,4% – 29 Kcal/100 ml
Prodotta in Europa da Carlsberg si presenta di color ambrato e schiuma soffice. Naso accattivante che gioca su note floreali e fruttate figlie dell’abbondante luppolatura aromatica. Bocca ricca e profumata anche se leggermente disequilibrata. Una birra a cui piace “vincere facile” col suo stile che strizza l’occhio alle APA.

Paulaner Weissbier Non-alcoholic – 0,0% – 24 Kcal/100 ml
L’unica Weiss della degustazione e pertanto outsider in un panel di lager, si presenta leggermente torbida e con l’abbondante schiuma tipica dello stile. Al naso non si avverte la differenza rispetto alle lager. Anche qui la tipica parte erbacea del frumento “vira” in camomilla. In bocca non si distacca dalle concorrenti.

Appare chiaro come l’assenza di alcol influenzi, e non poco, il gusto della birra. Al naso le tipiche note di malto e di fieno tendono ad addolcirsi ulteriormente e a ricordare sentori di camomilla e miele appiattendo lo spettro olfattivo. In bocca, inoltre, si avverte l’assenza della sensazione di calore tipica delle bevande alcoliche, risultando zoppa. Manca, in sostanza, qualcosa che sostenga il sorso.

COME SI PRODUCE LA BIRRA ANALCOLICA?
Vi sono differenti processi per la produzione di queste tipologie di birra sostanzialmente raggruppabili in due categorie: tecniche di diluizione e tecniche sottrattive.

Le tecniche di diluizione si basano sulla preparazione di mosti in cui, per via degli ingredienti utilizzati, l’attività enzimatica porta alla formazione di destrine ottenendo così un ridotto contenuto di zuccheri fermentescibili. Questo, unito all’uso di lieviti a basso potere alcoligeno o che degradano l’alcol per via ossidativa, porta a fermentare birre a basso tenore alcolico.

Nelle tecniche sottrattive si separa l’alcol normalmente presente nella birra a fine fermentazione con metodologie chimico-fisiche come l’evaporazione sottovuoto, l’osmosi inversa o la dialisi su membrana. Si tratta sostanzialmente di avanzate tecniche di filtraggio che, seppur tecnologicamente controllabili, eliminano dalla birra non solo l’alool ma anche quelle sostanze con peso molecolare simile a quello dell’etanolo.

Categorie
Vini al supermercato

Il Tavernello millesimato: “Vendemmia 2020” sul brik di Caviro

Tavernello in brik vendemmia 2020. Questa l’ultima novità in casa Caviro. Il colosso di Forlì ha deciso di indicare l’annata sui vini in brik della linea “Tavernello Classico“: Vino Bianco d’Italia, Vino Rosso d’Italia e Vino Rosato d’Italia, disponibili in confezioni tris da 0,25 cl o singolo Tetra Pak da 1 litro.

In casa Caviro la chiamano “evoluzione”, accompagnando la new entry con un gioco di parole: «Taverbello, il nuovo Tavernello». La motivazione? «Abbiamo scelto di indicare l’anno di vendemmia sul fronte del brik oltre alla data di confezionamento, quale garanzia indiscussa della qualità del vino», sottolinea la cooperativa.

«Nuova forma e più valori, ma la bontà è quella di sempre. Il vino più scelto dalle famiglie italiane si è fatto ancora più bello e sostenibile. Una confezione speciale che porta in tavola il frutto della vendemmia 2020 e racconta tutto l’impegno e le buone scelte di Cantine Caviro, la più grande Cantina d’Italia»

C’è da scommettersi, non sarà l’ultima novità. Dopo aver lanciato lo scorso anno la linea Sunlight, ovvero i primi Tavernello in brik senza solfiti aggiunti, Caviro sta lavorando alacremente sull’immagine del brand, puntando anche su Instagram. La pagina “Tavernello Italia”, ma soprattutto il claim, la dicono lunga: “L’orgoglio, senza pregiudizio“. Prosit.

Categorie
news news ed eventi

Vini di Romagna: Albana superstar della vendemmia 2020. Produzione in calo

Il Consorzio Vini di Romagna ha presentato ieri i dati sulla vendemmia 2020, definita fra le più belle di sempre per la Docg, le 5 Dop, e le 4 Igt che, insieme, raggiungono il 60% dei vigneti dell’intera Emilia Romagna. A brillare, su tutte, è la stella dell’Albana, che sarà in grado di regalare grandi vini.

Più in generale, nell’anno segnato dall’emergenza Covid-19, la regione fa i conti con una flessione del 7,5% rispetto agli imbottigliamenti del 2019. Il prezzo dell’uva, stando alle rilevazioni dell’ente vini, «non ha invece subito contrazioni».

Il Romagna Sangiovese Doc si conferma la Denominazione numericamente più importante, con una superficie totale coltivata di 6235 ettari: nel 2020 ne sono stati prodotti 86.310,  pari a 11,5 milioni di bottiglie, in leggero ridimensionamento rispetto all’ottima annata 2019.

Per il Romagna Sangiovese Doc con MGA (Menzione Geografica Aggiuntiva, ai vertici della piramide della Denominazione), prodotti 3.256 hl (il 4% della produzione romagnola), pari a 434.133 bottiglie. La crescita è significativa ed è giustificata dalle richieste di mercato crescenti.

La produzione di Riserva è di un milione e quattrocentomila bottiglie, in linea agli anni precedenti. Stesso discorso per la tipologia Superiore, che si attesta intorno ai 3 milioni e settecentomila bottiglie.

Buone notizie anche per l’Albana Docg (818 ettari): 5.673 ettolitri nel 2020, pari a 756.400 bottiglie, di cui 230 mila di Albana dolce e 487 mila in versione secca, in crescita. Il Passito, come evidenzia il Consorzio Vini, «continua ad essere estremamente apprezzato anche all’estero».

Il Romagna Trebbiano Doc, allevato su una superficie totale di 14170 ettari, si assesta invece sugli 8.678 ettolitri nel 2020, pari a 1,2 milioni di bottiglie. Significativi anche i dati del Rubicone Igt, che sfiora i 92 milioni di bottiglie, e gli ultimi arrivati del 2020: il Romagna Doc Spumante (bianco e rosato), raggiunge quota 292 mila bottiglie.

Cosa aspettarsi dai vini della vendemmia 2020? Dopo un inverno mediamente freddo e discretamente piovoso in dicembre, la primavera ha visto un alternarsi di giorni di pioggia, con forti gelate tra fine marzo e inizio aprile. La differenziazione a fiore è stata non elevata e il germogliamento anticipato.

Temperature basse fino a fine giugno, con il vero caldo che si è presentato solamente a fine luglio. Al momento della raccolta, mediamente anticipata soprattutto per i bianchi, si sono riscontrate forti contrazioni delle produzioni – diversamente da quanto prometteva la primavera – dovute soprattutto alla siccità abbinata al forte vento di libeccio nell’ultima parte dell’estate.

Per questo motivo, la vendemmia 2020 viene definita dal Consorzio «buona e giusta», con produzioni quantitativamente scarse rispetto alla media ma con uve molto sane e di qualità ottima. I bianchi hanno sofferto per il grande caldo di agosto, che ha sviluppato un corredo aromatico leggermente sottotono. Fa eccezione l’Albana, che con la sua rusticità ed acidità spiccata ha saputo resistere alle traversie.

Per i vitigni rossi c’è stata una forte accelerata nella maturazione dei vinaccioli e dei tannini prima di arrivare alle gradazioni zuccherine desiderate, portando a raccogliere uve mature, senza appassimenti evidenti, ma solo qualche caso di lieve sovra maturazione.

Se è vero che le produzioni hanno subito una discreta flessione rispetto al 2019, la qualità dei vini promette di sorprendere: l’annata 2020 si dispone a farsi ricordare «fra le più belle di sempre per la Romagna».

Categorie
Approfondimenti

Consorzio Tutela Vini Doc Sicilia: -5% di bottiglie prodotte nel 2020

Il Consorzio di tutela vini Doc Sicilia di chiudere il 2020 con 90.594.310 bottiglie prodotte contro le 95.640.634 dell’anno precedente. Un risultato soddisfacente trainato soprattutto dalla buona performance del Nero d’Avola e del Grillo. Il recupero della quantità di imbottigliato dell’ultimo semestre ha consentito ai vini della Doc Sicilia di subire un calo limitato al 5% della produzione rispetto a quella del 2019, in un panorama mondiale di difficoltà.

«Le iniziative prese dal Consorzio per contrastare la crisi economica provocata dalla pandemia – dice il presidente Antonio Rallo – sono state efficaci. Anche se resta la sofferenza per le drammatiche conseguenze che l’intera umanità sta patendo a causa del Covid-19, il bilancio di quest’anno che si è appena concluso non può che spingere la Doc Sicilia a continuare lungo il percorso intrapreso finora».

«Le scelte strategiche che ci hanno permesso di arrivare agli straordinari risultati confermano che il cda è riuscito a tutelare gli interessi della filiera della denominazione. La Doc Sicilia – prosegue Rallo – ha potenziato le proprie attività di promozione privilegiando in primo luogo quei Paesi dove i consumi sono rimasti stabili come gli Usa, il Canada, la Germania, e dove sono previsti margini di crescita. Poi ha puntato ad altri mercati, come quello della Cina, dove i segnali sono incoraggianti».

In collaborazione con Ice Pechino, nel 2020 si sono tenute sei masterclass di approfondimento dei vini Doc Sicilia nelle città di Shenyang, Chongqing e Pechino: professionisti cinesi hanno coinvolto più di 300 operatori del settore tra media, import, sommelier e ristoratori. È in calendario una quarta tappa con altre due masterclass che si svolgeranno a Tianjin entro il mese di marzo.

Con Ice Pechino sono state anche sviluppate la strategia e le attività di comunicazione digital, con la creazione di un profilo istituzionale sul canale social più importante in Cina, WeChat, volta a far conoscere i vini di qualità Doc Sicilia interagendo con la nuova generazione dei consumatori cinesi.

«A fronte delle chiusure in momenti differenziati di tanti mercati internazionali, che hanno provocato un crollo notevole dell’export di diverse realtà produttive – commenta Filippo Paladino, vicepresidente del Consorzio – i vini della Doc Sicilia sono andati quasi in controtendenza aumentando in alcuni casi le quantità di prodotto esportato».

«Questi dati – conclude Paladino – evidenziano la solidità del settore vinicolo siciliano, una filiera chiave per l’economia dell’isola. A seguito di un’azione di monitoraggio e di ascolto dei canali digitali nel mondo, abbiamo avuto la conferma che il vino siciliano desta molta attenzione all’estero».

«I dati produttivi dei vini Doc Sicilia, in un contesto di crisi determinato dalla pandemia, confermano il trend positivo della denominazione – aggiunge Giuseppe Bursi, vicepresidente del Consorzio – È il segno tangibile del grande impegno e del lavoro portato avanti dalla Doc Sicilia in termini di comunicazione e promozione, che ci fanno ben sperare per il futuro».

«Il coinvolgimento di un numero sempre maggiore di aziende nel progetto – termina il vicepresidente – costituirà lo step successivo per veicolare maggiormente nel mondo il brand Sicilia e per garantire un ritorno economico tangibile a tutti i viticoltori siciliani».

Categorie
news news ed eventi

Dazi Usa, conferma a febbraio? Marilena Barbera: «Vino italiano rafforzato»

A due settimane esatte dal carosello di metà febbraio sale la tensione attorno alla revisione dei dazi Usa su vino ed agroalimentare europeo. L’impressione è che l’amministrazione Biden, appena insediatasi e ancora priva di un referente politico all’interno dell’Ufficio per il Commercio degli Stati Uniti, possa decidere di non decidere. Ovvero confermare, per altri 6 mesi, il pacchetto di tariffs ereditato da Donald Trump.

Non solo. Secondo fonti di WineMag.it negli States, l’Ustr potrebbe non aprire il consueto spazio per la ricezione dei commenti pubblici, sin ora utilizzato per raccogliere critiche e proposte di revisione dei dazi.

Per questo l’Us Wine Trade Alliance, l’associazione che riunisce gli operatori del settore vitivinicolo degli States, ha deciso di raccogliere autonomamente le testimonianze, in collaborazione con la Coalizione “Stop Restaurant Tariffs“. Come? Attraverso un modulo Google compilabile entro il 5 febbraio dai professionisti americani del Wine & Food, che sarà recapitato all’Ustr.

«Vorremmo raccogliere brevi testimonianze – spiega il referente dell’Uswta, Ben Aneff – che utilizzeremo per dimostrare i danni causati dalle tariffe aggiuntive. L’obiettivo è mantenere alta la pressione sull’amministrazione».

In un periodo come questo, pieno di turbolenze, questioni come la nostra rischiano di passare in secondo piano a Washington, finendo nel dimenticatoio. Con l’aiuto dei professionisti del settore possiamo assicurarci che l’amministrazione Biden sappia quanto sia urgente la soluzione del problema, aiutandola a provvedere per tempo a una saggia soluzione».

La conferma dei dazi attuali, d’altro canto, potrebbe essere una “buona notizia” per l’Italia. «Per onestà intellettuale – dichiara a WineMag.it la vignaiola siciliana Marilena Barbera, tra le più attente all’evolversi della situazione, sin dallo scorso anno – bisogna ammettere che il vino italiano è l’unico settore che sta uscendo non solo indenne da questa guerra commerciale, ma sostanzialmente rafforzato».

Lo dimostra il fatto che nel 2020 le esportazioni delle nostre etichette hanno superato in valore quelle delle concorrenti francesi – continua – proprio “grazie” ai dazi da cui siamo stati esentati.

Non è bello né corretto gioire delle disgrazie altrui, ma non possiamo non riconoscere che aver schivato quella pericolosa pallottola sta consentendo ai nostri vini di godere di un vantaggio competitivo, provvidenziale in un momento in cui il crollo del mercato interno sta mettendo in seria crisi i bilanci delle aziende vinicole italiane».

Marilena Barbera sottolinea quanto sia «molto probabile che il destino dei dazi sul vino ed altri prodotti alimentari europei non si decida nel carosello di febbraio».

In primis la nomina di Katherine Tai, l’avvocata esperta in diritto commerciale chiamata da Biden a sostituire Robert Lighthizer alla direzione dell’Ustr, non è ancora stata confermata dal Senato: Questo le impedirà, ancora per diversi giorni, di prendere effettivamente servizio e di occuparsi direttamente dell’attuazione della politica presidenziale, in materia di commercio estero.

La seconda ragione riguarda le priorità dichiarate dall’Amministrazione Biden, che in questo momento si concentrano su altri tavoli. Tra questi il rapporto con la Cina, percepito come molto più urgente rispetto alla questione Boeing-Airbus, o l’attuazione del recente accordo commerciale Usmca, sottoscritto con Messico e Canada.

D’altro canto – sottolinea Marilena Barbera – nelle sue dichiarazioni pubbliche Biden ha chiaramente annunciato lo stop immediato alla politica isolazionistica del suo predecessore: la riadesione degli Usa agli Accordi di Parigi ed alla Who vanno chiaramente in questa direzione.

Ma risolvere il problema dei dazi significherà rimettere mano, prioritariamente, al funzionamento dell’Appellate Body, ossia l’organismo “giudicante” della World Trade Organization bloccato proprio da Trump, che ha generato l’escalation che ha portato, come abbiamo visto, all’imposizione dei dazi».

Sempre secondo la vignaiola di Menfi «la questione è molto più complessa di quello che appare a prima vista»: «Probabilmente servirà più tempo di quanto le aziende esportatrici europee e gli importatori americani siano in grado di attendere, soprattutto in un periodo in cui la pandemia da Covid-19 ne ha messo a dura prova la resilienza commerciale».

Categorie
Vini al supermercato

Volantini di febbraio: la fiera del vino è da Carrefour, occhio ai grandi nomi

Vino in ripresa sui volantini dei supermercati validi fino alla prima decade di febbraio 2021. Merito, soprattutto, dello speciale Fiera del vino di Carrefour, tra cui figurano anche grandi nomi. Un catalogo di oltre dieci pagine, con numerose etichette selezionate tra le principali regioni vinicole italiane, oltre ad una serie di Champagne poco avvezzi alle promo.

In prima pagina, un volto noto. Si tratta di Piccini e della sua Collezione Oro, scontata del 50%. Ottimo prezzo. Sulle altre pagine, qualche sconto interessante: si va dal 20% fino al 50% con carta Spesa amica, più uno sconto del 10% per acquisti (in vino) superiori ai trenta euro.

A seguire una vetrina sull’ampia (e valida) selezione della catena francese (sfogliare per credere), tra cui spiccano Nebbiolo e Barbaresco dei fratelli Marco e Vittorio Adriano.

Tra i prezzi inferiori ai 3 euro – ovviamente al netto dello sconto – occhio ai vini abruzzesi di Spinelli, capaci come pochi di incarnare il concetto divino qualità prezzo, restando fedeli al territorio di produzione.

Sempre da Carrefour, stessa (bella) storia per i vini calabresi di Caparra e Siciliani e Cantine Settesoli: quest’ultima, lo ricordiamo, è “Miglior cantina dell’anno 2021” per Vinialsuper.it.

Come i vini “Collezione Oro” Piccini, anche la linea del Salento Notte Rossa è in promozione in diversi supermercati, ad uno dei prezzi più bassi di sempre: approfittarne (leggasi: riempire il carrello) è pressoché d’obbligo. Occhio ai cestelli (tanti, qui sotto) e buona spesa da Vinialsuper!


Volantino Aldi fino al 7 febbraio, “50 prodotti fino al 50%”
Chardonnay Frizzante: 1,39 euro (2,5 / 5)
Traminer Venezie Igt: 2,99 euro (3 / 5)
Lambrusco Modena Doc Secco Terra Grande: 1,69 euro (3 / 5)
Lambrusco Rosato Igt Terra Grande: 1,99 euro (3 / 5)



Volantino Bennet fino al 3 febbraio, “I freschi sottocosto”
Cuvèe del Centenario La Cacciatora: 1,84 euro (1 / 5)
Pinot Grigio delle Venezie Cadis: 2,49 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Villa Degli Olmi: 3,99 euro (3 / 5)

Oltrepò Pavese Bonarda Doc Quaquarini: 3,29 euro (4 / 5)
Lambrusco Senza Tempo Riunite: 2,79 euro (3,5 / 5)
Nero d’Avola Barone Lo Presti: 1,97 euro (3 / 5)
Chianti Docg Poggio ai Massi: 2,39 euro (3 / 5)


Volantino Carrefour fino al 10 febbraio, “Sconto 30, 40, 50”
Chianti Docg Riserva o Superiore Collezione Oro Piccini: 3,89 euro (5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Spumante Sangue di Giuda Quaquarini: 6,99 euro (5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda Quaquarini: 2,99 euro (5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero Vinificato in Bianco Terre dei Passeri: 2,79 euro (1 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Gutturnio o Barbera Terre dei Passeri: 2,99 euro (1 / 5)

Oltrepò Pavese Doc Bonarda C’era una volta Guarini: 4,40 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda o Barbera Le Cascine: 1,99 euro (1 / 5)
Vigne Olcru Vino Rosso Campo del Cielo: 6,90 euro (4 / 5)
Terre d’ Italia – Franciacorta Spumante Brut Docg: 12,39 euro (3,5 / 5)
Dolcetto Monferrato Doc / Barbera Piemonte Doc Capetta: 2,79 euro (3 / 5)
Barbera Monferrato Doc Duchessa Lia: 3,19 euro (3,5 / 5)

Langhe Doc Nebbiolo Adriano: 8,90 euro (5 / 5)
Langhe Doc Nebbiolo Fontanafredda: 5,90 euro (5 / 5)
Langhe Doc Arneis Fontanafredda: 4,49 euro (5 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc Duchessa Lia: 5,90 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Docg L’Avvocata Coppi: 8,79 euro (5 / 5)
Barbaresco Docg Adriano: 12,90 euro (5 / 5)

Spumante Rosè Extra Dry Catturich Ducco: 5,99 euro (4 / 5)
Spumante Col Mesian Cuvèe 910: 2,99 euro (3 / 5)
Colli Piacentini Doc Bonarda o Barbera Valtidone: 2,89 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Malvasia Vicobarone: 2,89 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Bonarda Bonelli: 3,39 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Bottarelli: 6,89 euro (3,5 / 5)

Valcalepio Doc Cantina Sociale Bergamasca:  4,29 euro (3,5 / 5)
Val Trebbia Doc Trebbianino Bonelli: 3,59 euro (3,5 / 5)
Merlot o Sauvignon Friuli Doc Volpe Pasini: 8,90 euro (4 / 5)
Cuvèe 15.96 Igt Volpe Pasini: 5,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Brut Muller Thurgau Cavit: 3,69 euro (3 / 5)
Pinot Grigio Doc o Corvina Verona Igt Masi: 4,99 euro (3,5 / 5)

Prosecco Valdobbiadene Docg Bolla: 4,89 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Carpenè Malvolti: 6,90 euro (5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Bisol: 6,99 euro (4,5 / 5)
Prosecco Doc Signoria dei Dogi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Chardonnay Mezzacorona: 3,70 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Muller Thurgau Cavit: 3,39 euro (3,5 / 5)

Valdadige Doc Pinot Grigio Santa Margherita: 4,99 euro (4 / 5)
Muller Thurgau o Chardonnay Hofstatter: 8,29 euro (5 / 5)
Valpolicella Doc Ripasso Bolla: 5,90 euro (4 / 5)
Lambrusco Sorbara Doc Cavicchioli: 2,99 euro  (3,5 / 5)
Pignoletto Doc Modena Villa Cialdini: 3,89 euro (3,5 / 5)
Sangiovese Di Romagna Doc Superiore Terre d’ Italia: 5,19 euro (3,5 / 5)

Vino Lambrusco Igp Emilia Marcello Ariola: 5,90 euro (5 / 5)
Morellino di Scansano Docg La Capitana: 4,89 euro (3,5 / 5)
Remole Toscana Igt Frescobaldi: 3,99 euro (4 / 5)
Vermentino Maremma Toscana Doc Sant’Ilario: 3,90 euro (3,5 / 5)
Morellino di Scansano Docg La Mora Cecchi:  3,99 euro (3,5 / 5)
Le Due Arbie Rosso Toscana Igt Dievole: 5,90 euro (5 / 5)

Chianti Classico Docg Cecchi: 5,99 euro (5 / 5)
Rosso di Montalcino Docg Banfi: 8,90 euro (5 / 5)
Nipozzano Chianti Rufina Riserva Docg Frescobaldi: 10,90 euro (5 / 5)
Rosso Piceno Doc Velenosi: 4,79 euro (3,5 / 5)
Lacrima di Morro D’Alba Doc Velenosi: 6,90 euro (3,5 / 5)
Montepulciano D’Abruzzo Doc Spinelli o Passerina Igt Terre di Chieti: 2,39 euro (5 / 5)

Est!Est!Est! di Montefiascone Cantina di Montefiascone: 2,29 euro  (4 / 5)
Vipra Rossa, Rosa o Bianco Bigi: 3,59 euro (4 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc Masciarelli; 7,90 euro (5 / 5)
Verdicchio Doc Classico Velenosi; 6,90 euro (3,5 / 5)
Aglianico del Vulture Doc Cantina Di Venosa: 3,90 euro (5 / 5)
Vini Notte Rossa: 3,49 euro (5 / 5)

Primitivo o Negroamaro Centocampi Coppi: 3,69 euro (4 / 5)
Rosato Salento Igt Terre d’Italia Li Reni: 6,30 euro (3,5 / 5)
Primitivo Di Manduria Doc Tenute Rubino: 6,90 euro (5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Docg Casal Bordino: 1,79 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo o Fiano Koerus Terre d’Italia: 6,39 euro (3,5 / 5)
Falanghina del Sannio Dop Feudi San Gregorio: 7,19 euro (5 / 5)

Cirò Classico Doc Caparra e Siciliani: 2,99 euro (5 / 5)
Nero d’Avola o Grillo Doc Sicilia Settesoli: 2,79 euro (4 / 5)
Falanghina Beneventano Igt La Vinicola del Titerno: 2,29 euro (3,5 / 5)
Regaleali Tasca Bianco o Rosso: 4,90 euro (5 / 5)
Terre Siciliane Igt Nero d’Avola o Alcamo Rapitalà: 3,99 euro (5 / 5)
Sicilia Igt Anthilia Donna Fugata: 6,90 euro (4 / 5)

Etna Doc Firriato: 8,90 euro (5 / 5)
Vermentino di Gallura Docg Tancare Giogantinu Terre d’ Italia: 5,99 euro (4 / 5)
Pommery Champagne Brut: 22,90 euro (5 / 5)
Pommery Champagne Brut Royal Rosè: 49,90 euro (5 / 5)
Louis Delaunay Champagne Brut: 16,90 euro (4 / 5)
Charles de Courance Champagne Brut: 19,90 euro (4 / 5)

Charles Lafitte Champagne: 18,90 euro (4 / 5)
Charles Dauteuil Champagne: 19,90 euro (4 / 5)
Mumm Champagne Brut Cordon Rouge: 21,90 euro (4 / 5)
Heidsieck & Co. Champagne Monopole: 23 euro (4 / 5)
Laurent Perrier Champagne Brut: 32,90 euro (5 / 5)
Louis Roederer Champagne: 39,90 euro (5 / 5)

Philipponnat Champagne Rose: 47,90 euro (5 / 5)
Ruinart Champagne Brut: 48,90 euro (5 / 5)
Chianti Docg Villa Montorsoli Riserva: 4,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Classico Docg Sant’Ilario: 5,90 euro (3,5 / 5)
Chianti Classico Docg Geggiano Terre d’ Italia: 6,30 euro (3,5 / 5)
Chianti Classico Docg Faunae Frescobaldi: 7,90 euro (5 / 5)

Rosso di Montalcino Fattoria dei Barbi: 9,90 euro (5 / 5)
Sant’Antimo Dop Terre d’Italia: 11,09 euro (3,5 / 5)
Bolgheri Doc Tenuta Le Colonne: 13,90 euro (4,5 / 5)
Brunello Di Montalcino Docg Frescobaldi: 16,90 euro (5 / 5)
Brunello di Montalcino Docg Terre d’Italia Tenute Friggiali: 19,90 euro (4,5 / 5)
Brunello di Montalcino Docg Banfi: 24,90 euro (5 / 5)

Chianti Classico Docg Dievole: 10,90 euro (5 / 5)
Nero D’Avola Igt Firriato Chiaramonte : 8,90 euro (5 / 5)
Greco di Tufo Docg Feudi San Gregorio: 7,90 euro (5 / 5)
Passo delle Mule Igt Duca di Salaparuta: 8,49 euro (5 / 5)
]Nero d’Avola Sicilia Doc Plumbago Planeta: 7,90 euro (5 / 5)
Taurasi Docg Feudi San Gregorio: 22,40 euro (5 / 5)

Primitivo di Manduria Doc Terre d’ Italia: 7,90 euro (3,5 / 5)
Sicilia Doc Nero d’Avola Giato Centopassi: 5,90 euro (5 / 5)
Sicilia Doc Grillo Capovero Madaudo: 5,90 euro (3,5 / 5)
Vermentino Di Gallura Docg Spera o Cannonau Doc Siddura: 10,90 euro (3,5 / 5)
Cannonau Doc Le Bombarde Santa Maria La Palma: 4,59 euro (3,5 / 5)
Nals Margreid Muller Thurgau Doc: 6,20 euro (4 / 5)

Cantina San Michele Appiano Muller Thurgau Doc: 9,90 euro (5 / 5)
Kossler Pinot Nero Doc: 7,90 euro (4,5 / 5)
Kossler Chardonnay Alto Adige Doc: 7,59 euro (4,5 / 5)
Veneto Igt Masi Campofiorin: 9,90 euro (5 / 5)
Ripasso Valpolicella Doc Corte Giara Allegrini: 10,90 euro (4 / 5)
Forchir Sauvignon o Pinot Grigio Grave Friuli: 5,99 euro (3,5 / 5)

Ribolla Gialla Doc Borgo Fradis Vidussi: 5,99 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Vinchio – Vaglio: 7,90 euro (3,5 / 5)
Barolo Docg Fontanafredda: 14,90 euro (5 / 5)
Schiopetto Merlot del Pompiere Igt: 10,90 euro (5 / 5)
Schiopetto Collio Doc Friulano: 15,70 euro (5 / 5)

Volantino Carrefour fino al 10 febbraio, “Il meglio del tuo territorio” (Nord)
Oltrepò Pavese Doc Barbera o Bonarda Montagna: 3,49 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Gutturnio Valtidone: 2,79 euro (3,5 / 5)
Chardonnay frizzante Sparks: 2,99 euro (3 / 5)



Volantino Carrefour Market fino al 10 febbraio, “Gustati una nuova esperienza di spesa”
Terre d’Italia Primitivo di Manduria Doc: 7,99 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Gallura Docg Siddura: 10,90 euro (5 / 5)
Nero d’Avola o Grillo Cantine Europa: 2,99 euro (3,5 / 5)


Volantino Carrefour Express fino al 2 febbraio, “1+1 gratis”
Terre Siciliane Grecanico Igt, Nero d’Avola o Shiraz Le Morre: 1+1 5,99 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Barbera o Bonarda Montagna: 3,59 euro (3,5 / 5)
Vernaccia di San Gimignano Docg, Piccini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Toscana Igt Remole Frescobaldi: 4,99 euro (4,5 / 5)


New Volantino Conad City fino al 7 febbraio, “Prezzi a pezzi”
Prosecco Superiore Valdobbiadene Tenimenti Dogali: 3,39 euro (3,5 / 5)
Falanghina del Sannio Doc Nziria dei Principi: 3,90 euro (3,5 / 5)
Amarone Valpolicella Docg Latuja: 13,90 euro (5 / 5)
Barbera D’Alba Superiore Miniato: 4,90 euro (3,5 / 5)
Chianti Classico Docg Bufferia: 4,90 euro (3 / 5)


Volantino Crai fino al 3 febbraio, “Scelta conveniente”
Colli Piacentini Bonarda Vicobarone: 2,49 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Tenuta La Pergola: 3,19 euro (3,5 / 5)



Volantino Despar fino al 10 febbraio, “1+1 gratis”
Oltrepò Pavese Doc Bonarda Le Cascine: 1+1 3,99 euro (1 / 5)
Erbaluce Caluso Docg La Ronchi: 1+1 3,99 euro (1 / 5)
Gewurztraminer Santa Margherita: 6,50 euro (4 / 5)
Sauvignon Oberlaiten: 8,75 euro (4 / 5)
Dolcetto d’Alba Terredavino: 3,75 euro (3 / 5)


Volantino Esselunga dal 25 gennaio al 3 febbraio, “Sconto 30,40, 50”
Pinot Grigio Doc Cantina di Soave: 2,69 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Reggiano L’Olma Cantine Riunite: 2,24 euro (3 / 5)
Oltrepò Pavese Bonarda Poderi Riccagioia: 2,34 euro (3,5 / 5)

Muller Thurgau Terresomme Lavis: 3,12 (3,5 / 5)
Nebbiolo d’Alba Vignaioli Pertinace: 5,74 euro (4 / 5)
Merlot, Cabernet Cantina di Caldaro: 5,80 euro  (3,5 / 5)

Malvasia Nera Salento Igp Settearchi: 2,49 euro (3,5 / 5)
Asolo Prosecco Docg Dal Bello: 4,77 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Villa di Monte: 2,49 euro (3 / 5)
Cannonau Doc Sardegna Cantina Dorgali: 3,55 euro (3,5 / 5)


 


Famila fino al 10 febbraio, “Sconti fino al 50”
Spumante Blanc del Blancs Extra Dry Maximilian: 2,99 euro (3 / 5)
Chianti Docg Le Vie dell’Uva: 1+1 3,85 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Docg Il Poggio dei Vigneti: 1+1 3,99 euro (1 / 5)



Volantino Gulliver fino al 10 febbraio, “Freschissimi sottocosto”
Rosato Salento Igt ll Poggio dei Vigneti: 1,99 euro (1 / 5)
Nero d’Avola o Grillo Doc Settesoli: 3,19 euro (4 / 5)
Dolcetto d’Alba Doc Duchessa Lia: 3,99 euro (3,5 / 5)
Torevilla Cortese Pinot Nero Genisia Dop: 2,99 euro (3,5 / 5)
Valdobbiadene Docg Prosecco Col del Sol: 5,49 euro (3,5 / 5)



Volantino Il Gigante fino al 3 febbraio, “Spacca i prezzi”
Chianti Colli Senesi Docg Poggio Stella: 2,45 euro (3 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Coste Petrai: 4,99 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Bonarda o Riesling Electum Est: 1,99 euro (1 / 5)
Lambrusco Emilia Igt Cantine Riunite: 1,99 euro (3 / 5)

Vini Settesoli: 3,49 euro (4 / 5)
Colli Piacentini Doc Gutturnio o Ortrugo Poggio al Tidone: 2,39 euro (3,5 / 5)
Maremma Toscana Igt o Ciliegiolo La Pieve: 4,19 euro (3,5 / 5)
Dolcetto o Barbera d’Alba San Silvestro: 3,89 euro  (3,5 / 5)


Volantino Iper, La grande i fino al 7 febbraio, “Grande Raddoppio”
Linea Vini J.P Chenet: 3,29 euro (3 / 5)
Montepulciano, Cerasuolo o Pecorino Agriverde: 3,49 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Ortrugo, Bonarda, Malvasia Le Ghiaie del Tidone: 2,19 euro (3,5 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc o Roero San Silvestro: 4,49 euro (3,5 / 5)

Friulano Doc o Refosco Borgo Canedo: 2,99 euro (3 / 5)
Valdobbiadene Docg Prosecco Gasparetto: 3,99 euro (3,5 / 5)
Ribolla Gialla Terre Nardin: 1+1 5,49 euro (3 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Rive di ColBertaldo: 6,90 euro (3,5 / 5)

Garganega, Muller Thurgau o Merlot Poggio dei Vigneti: 1,49 euro (1 / 5)
Vini Raspinello Rosato o Chardonnay: 1+1 2,99 euro (1 / 5)
Barbera d’Asti Docg o Cortese o Dolcetto Alpa: 1,99 euro (1 / 5)
Bardolino o Soave Doc La Sorte: 2,49 euro (3 / 5)

Chianti Docg Piccini: 2,49 euro (4 / 5)
Est!Est!Est! Montefiascone Bigi: 2,99 euro (4 / 5)
Montepulciano Doc Spinelli: 1,99 euro (5 / 5)

Rosso Toscana Igt I Gelsi: 2,49 euro (3,5 / 5)
Nero di Troia o Rosato Puglia 1910: 2,49 euro (3 / 5)
Sannio Dop Greco o Fiano I Feudi: 3,99 euro (3 / 5)



Volantino Iperal fino al 9 febbraio, “Prezzi Pazzi tutti i giorni”
Canel Spumante Gran Cuvee: 1,99 euro (3 / 5)
Il Feudo Vini Doc: 1,99 euro (0,5 / 5)
Spumante Prosecco Asolo Docg Dal Bello: 5,49 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Cantine Scolari: 4,99 euro (3,5 / 5)
Ivam – Chardonnay Terre Siciliane Sheoar :2,29 euro (2,5 / 5)

Vini Santa Margherita assortiti: sconto 20% (4 / 5)
Rosso Conero o Verdicchio Il Picchio: sconto 20% (3,5 / 5)
Oltrepo Pavese Doc Vie del Canto Vini : 2,70 euro (2,5 / 5)
St. Michael-Eppan Pinot Noir Doc: sconto 20% (5 / 5)
Chianti Classico Docg Giglio del Duca: 2,69 euro (3 / 5)
Heredis Nebbiolo Langhe Doc: 4,69 euro (3,5 / 5)

Barbera Monferrato Doc Capetta: 2,75 euro (3 / 5)
Barolo Docg Versi di vini: 13,50 euro (3 / 5)
Bettini Vini Sassella: 8,90 euro (4,5 / 5)
Sforzato Casa Vinicola Pietro Nera: 19,90 euro (5 / 5)
Caparra & Siciliani Volvito Ciro Rosso Superiore Doc: 6,19 euro (5 / 5)

Amarone Della Valpolicella Docg Masi : 29,90 euro (5 / 5)
Negroamaro Puglia: 6,30 euro (5 / 5)
Lambrusco Chiarli: 2,49 euro (3,5 / 5)
Sagrantino Montefalco Rosso Doc Terre de La Custodia: 14,90 euro (4 / 5)
Cannonau di Sardegna Doc Pedres Guerriero: 8,59 euro (3,5 / 5)



Volantino Ipercoop fino al 10 febbraio “Grandi marche scegli tu”
Linea Vini Barbanera: 2,99 euro (3,5 / 5)
Linea Vini Maschio: 1,99 euro (3 / 5)
Prosecco Doc o Ribolla Cescon: 2,99 euro (3 / 5)


Volantino Lidl fino al 7 febbraio, “Super offerte”
Soave Dop Classico Veneto: 1,49 euro (3 / 5)
Chianti Docg Riserva Corte alle Mura: 2,99 euro (3 / 5)


Volantino Pam fino al 10 febbraio, “Sapori d’inverno”
Rosso Toscana Loggia del Giullare: 1,99 euro (1,5 / 5)
Lambrusco Amabile Igt Ca dei Filari: 1,69 euro (3 / 5)
Refosco Veneto Colle dei Cipressi: 1,99 euro (1,5 / 5)
Muller Thurgau Mezzacorona: 3,79 eurousr 3.5]
Alto Adige Doc St. Magdalener Von Steiner: 4,99 euro (4 / 5)

Alto Adige Doc Kerner Von Steiner: 7,99 euro (3,5 / 5)
Barbera di Pavia Il Feudo: 1,79 euro (0,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Calaluna Dorgali: 2,99 euro (3,5 / 5)
Primitivo di Manduria Doc Compagnia Mediterranea del vino: 4,99 euro (3,5 / 5)
Asolo Prosecco Sup. Docg Rive della Chiesa: 3,99 euro (3,5 / 5)
Piemonte Doc Barbera Arione: 6 bottiglie 9,90 euro  (3 / 5)


Volantino Penny Market fino al 3 febbraio,  “La qualità è scontata ogni giorno”
Montepulciano d’Abruzzo Doc: 1,39 euro (2,5 / 5)
Rosato Emilia Frizzante Igt: 1,49 euro (1,5 / 5)
Merlot Veneto Astri: 1,99 euro (2 / 5)


Volantino Tigros fino al 9 febbraio “Le 14 follie”
Vini Rue di Piane: 2,39 euro (3,5 / 5)
Spumante Extra Dry Valtidone: 2,59 euro (3,5 / 5)
Vini Collezione Oro Piccini: 3.89 euro (5 / 5)
Vini Igp Notte Rossa: 3,90 euro (5 / 5)

Vini Sicilia Rapitalà: 3,99 euro (5 / 5)
Prosecchi La Gioiosa: 3,99 euro (3 / 5)
Vini Doc Valtidone: 2 pezzi 5 euro (4 / 5)

Vini Oltrepò Pavese Le Rovole: 2 pezzi 4 euro (1 / 5)
Vini Mastri Vernacoli Cavit: sconto 20% (3,5 / 5)
Vini Parroco: sconto 20% (4,5 / 5)
Vini Tre Venezie Igt Terre Fredde: 1,90 euro (3 / 5)



Volantino Unes fino al 2 febbraio “Tutto al costo”
Turà Bianco: 2,29 euro (3 / 5)
Barbera d’Asti Il Castero: 1,69 euro (2,5 / 5)
Sauvignon Blanc Cavit: 4,39 euro (3,5 / 5)

Categorie
Food Lifestyle & Travel news news ed eventi

Covid-19 e ristorazione: la classifica delle città italiane con i maggiori rincari o ribassi

L’Unione Nazionale Consumatori ha stilato la classifica completa delle città con i maggiori rincari o ribassi del 2020 – anno segnato dall’emergenza Covid-19 – per i principali beni e servizi, tra cui la ristorazione, sulla base dell’inflazione media rilevata dall’Istat.

A fronte di un Paese in deflazione, -0,2%, alcune città registrano aumenti considerevoli su alcuni gruppi di prodotti, con notevoli disparità territoriali. Il capoluogo che nel 2020 ha il maggiore rialzo per quanto riguarda i prodotti alimentari è Caltanissetta con un’inflazione pari a +4,2%, al secondo posto Trieste, Grosseto e Trapani (tutte a +3,1%), poi Perugia con +2,9%.

Dall’altra parte della classifica Parma, unica città in deflazione, -0,1%, poi Siena con +0,1% e al terzo posto Macerata, +0,3%. La media italiana è +1,5%, pari ad un incremento della spesa alimentare, senza bevande, di 77 euro per una famiglia tipo. Tra le grandi metropoli si segnala Genova, in 7° posizione con +2,6% e, sull’altro fronte, Milano, 4° tra le migliori con +0,5%, un terzo del dato italiano.

Limitati, causa Covid, i rincari dei servizi di ristorazione, ossia ristoranti, pizzerie, bar, pasticcerie, prodotti di gastronomia e rosticceria. Al primo posto Grosseto (+3,7%), al 2° Pordenone (+3,3%), al 3° Trapani (+3,1%). Inaspettatamente, però, in deflazione ci sono solo Bergamo (-0,7%) e La Spezia (-0,2%).

«Quando i ristoratori hanno potuto riaprire, non hanno abbassato i prezzi che in media nazionale segnano anzi un +1,2%, incidendo sul bilancio di una famiglia per 16,50 euro, chiusure a parte», evidenzia l’Unione nazionale consumatori.

Le cose vanno ancora decisamente diversamente per i servizi di alloggio, ossia alberghi, pensioni, bed and breakfast e villaggi vacanze. Per via del lockdown e del crollo della domanda turistica, ben 42 città su 68 sono in deflazione.

Il record per Venezia, dove i listini degli alberghi precipitano nel 2020 del 10,4%, al secondo posto Trapani, -8,5%, al terzo un’altra città turistica per eccellenza, Firenze con -7,6%. Sul fronte opposto salgono a Cosenza (+4,2%), Terni (+3,6%) e al 3° posto Napoli (+3,1%).

In Italia scendono dell’1,6%. Tra le città virtuose, Bologna (4° con -6%), Verona e Lucca (seste con -5,6%), Roma (11° con -4,3%), Rimini (12° con -3,9), Milano (13° con -3,8%) e Siena (15° con -3%).

«L’Italia non è tutta uguale – afferma Massimiliano Dona (nella foto, sopra) presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Queste differenze sono dovute a tanti fattori che cambiano a seconda delle città e del tipo di bene e servizio. La deflazione più alta in alcune città d’arte, ad esempio, dipende certo dal crollo dei turisti, in altri casi dalla maggiore flessione della domanda registrata in alcuni territori più colpiti dalla recessione».

I rialzi più rilevanti, invece, sono spesso dipesi dai diversi effetti che il lockdown e la ridotta mobilità dei consumatori ha prodotto in quel territorio per via della minore concorrenza. Laddove le famiglie avevano scarse possibilità di scelta, i prezzi sono saliti in modo più marcato».

«Quando invece, pur non potendo uscire dalla città, avevano a disposizione alternative, potendo scegliere tra più forme distributive, ipermercati, supermercati, discount, negozi di vicinato, mercati – conclude Dona – i rincari sono stati più contenuti e le speculazioni non sono state possibili».

LA TABELLA DEI RINCARI NELLA RISTORAZIONE

N Città Inflazione media 2020
1       Grosseto 3,7
2       Pordenone 3,3
3       Trapani 3,1
4       Benevento 2,8
5       Bolzano 2,4
5       Udine 2,4
7       Cagliari 2,3
8       Arezzo 2,2
8       Perugia 2,2
8       Siracusa 2,2
11       Novara 2,1
12       Rimini 2
13       Bologna 1,9
13      Avellino 1,9
13       Bari 1,9
16       Napoli 1,6
16       Messina 1,6
18       Milano 1,5
18       Lodi 1,5
18       Vicenza 1,5
21       Trento 1,4
21       Rovigo 1,4
21       Ravenna 1,4
24       Modena 1,3
24       Firenze 1,3
24       Pescara 1,3
24       Catanzaro 1,3
24       Reggio Calabria 1,3
  ITALIA 1,2
29       Biella 1,2
29       Brescia 1,2
29       Cremona 1,2
29       Treviso 1,2
29       Padova 1,2
29       Forlì-Cesena 1,2
29       Lucca 1,2
29       Roma 1,2
37       Cuneo 1,1
37       Mantova 1,1
37       Gorizia 1,1
37       Cosenza 1,1
37       Sassari 1,1
42       Verona 1
42       Venezia 1
42       Trieste 1
42       Ascoli Piceno 1
46       Alessandria 0,9
46       Genova 0,9
46       Pavia 0,9
49       Terni 0,8
49       Caltanissetta 0,8
51       Varese 0,7
51       Belluno 0,7
51       Potenza 0,7
54       Torino 0,6
54       Ferrara 0,6
54       Siena 0,6
57       Vercelli 0,5
57       Pistoia 0,5
57       Palermo 0,5
60       Lecco 0,4
60       Parma 0,4
60       Reggio Emilia 0,4
60       Catania 0,4
64       Ancona 0,3
65       Livorno 0,2
65       Macerata 0,2
65       Viterbo 0,2
68       Aosta 0,1
69       La Spezia -0,2
70       Bergamo -0,7
Categorie
news news ed eventi

Giallo sul Prosecco Rosé: pubblicizzato in tv, quasi introvabile al supermercato

Alzi la mano chi non ha ancora dato una sbirciatina alle corsie del vino del supermercato, da quando è entrato in commercio il Prosecco Rosé. Pochi quelli che hanno resistito al richiamo della nuova tipologia, se non altro sulla spinta della (bella) pubblicità tv con cui il Consorzio del “PDoc” ha scelto di invitare l’Italia intera al matrimonio tra la Glera e il Pinot Nero. Eppure, il Prosecco Rosé è quasi introvabile in alcune insegne di supermercati.

Direttore Luca Giavi, abbiamo notato una certa scarsità di referenze di Prosecco Rosé nella Grande distribuzione organizzata italiana, al contrario di una buona presenza della nuova tipologia sull’online: è un’impressione corretta?

Pur non avendo a disposizione dati a riguardo, riteniamo assolutamente plausibile la cosa, sulla scorta di alcune considerazioni. La prima è che nel 2020, “solo” un terzo circa del nostro sistema produttivo (111 aziende per la precisione) ha spumantizzato Prosecco Doc Rosé, e questo ha evidentemente contratto il numero di operatori che normalmente hanno accesso alla Grande distribuzione.

Allo stesso tempo, l’incertezza nei tempi dell’accesso al mercato, ha spinto molti produttori a mettere in produzione un quantitativo che, evidentemente, si è riversato prioritariamente su quei canali capaci di valorizzarlo maggiormente.

I numeri cosa dicono?

I dati in possesso del Consorzio di Tutela del Prosecco Doc sembrano essere piuttosto incoraggianti. Le bottiglie di Prosecco rosé certificate nel 2020 sono 16.850.034. La stima dell’export si assesta sull’80%, ovvero 13.480.027 bottiglie. La stima relativa all’Italia, per il restante 20%, è di 3.370.007 bottiglie.

Se una quota del 70-75%, pari a 2,3-2,5 mln di bottiglie, è andata al supermercato, considerati i numeri di punti vendita e la quantità necessaria per accedere alla Gdo, è credibile vi sia una limitata presenza di referenze a scaffale, rispetto al Prosecco Doc.

Come molti italiani, anche noi abbiamo visto la pubblicità in tv: qual è la strategia, dal momento che il prodotto non è poi disponibile nei supermercati, su larga scala?

Il Consorzio ha ritenuto opportuno presidiare il mercato accompagnando la nascita del Prosecco rosé, per rassicurare i consumatori sulla sua qualità certificata e sul rispetto del disciplinare. I quantitativi erano sufficienti per comunicare questa novità nel mercato, in piena coerenza con la funzione del Consorzio. È ovvio attendersi che, da adesso in poi, la distribuzione sarà sempre più capillare.

Come sono cambiate rispetto al passato le strategie di promozione del Consorzio che si ritrova ora a dover comunicare (e presentare) due prodotti al posto di uno?

La strategia del Consorzio non cambia, si arricchisce semplicemente la narrazione con l’introduzione di una tipologia, al pari delle più importanti denominazioni spumantistiche.

Quali sono le conseguenze dell’ufficializzazione della nuova tipologia, dal punto di vista viticolo? Come è cambiato il “vigneto atto a Prosecco Doc”, in attesa della decisione, negli ultimi anni? In particolare, il riferimento è alle varietà Glera e Pinot Nero.

Nel territorio delle nove province della Doc Prosecco, la quota di vigneti a Pinot nero ammontava storicamente a circa 600-700 ettari, dei quali 250, con la vinificazione in bianco, entravano già a far parte del Prosecco Doc.

Negli ultimi tre anni, a seguito della presentazione della proposta di modifica del disciplinare, sono stati piantumati circa mille ettari (da estirpo), tant’è che il Consorzio, come per la varietà Glera, ha chiesto il blocco delle idoneità a Prosecco anche per il Pinot nero.

Ipotizzando che mille ettari su 1.600/1.700 totali vengano destinati alla produzione di Prosecco rosé e considerando le rese di trasformazione dell’uva in vino (75%), nonché le percentuali di taglio (Pinot nero tra il 10 e il 15%), l’offerta potenziale di Prosecco Doc Rosé potrebbe giungere a una cifra compresa tra i 95 e i 140 milioni di bottiglie.

Categorie
birra

Unionbirrai sostiene l’appello di Fipe e Fiepet per la riapertura di bar e ristoranti

Unionbirrai si unisce all’appello di Fipe-Confcommercio e Fiepet-Confesercenti per la definizione di un piano che conduca a una riapertura in sicurezza dei locali, condividendo i contenuti del documento unitario presentato delle due organizzazioni maggiormente rappresentative del settore dei pubblici esercizi al Ministero per lo Sviluppo economico.

«Non possiamo fare altro che unirci al grido d’aiuto di Fipe e Fiepet, appoggiando in particolare la necessità della riapertura dei locali. Riaprire in sicurezza significherebbe dare una spinta per la ripartenza ad un’intera rete – ha commentato Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai – La crisi dei pubblici esercizi è strettamente collegata a quella della birra artigianale, che seguendo principi di filiera corta e territorialità si esprime maggiormente nei canali commerciali tipicamente legati a quelli della somministrazione».

L’associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, in particolare, intende sostenere la necessità di una riapertura anche graduale, purché stabile e in grado di garantire l’effettiva possibilità di lavoro ai pubblici esercizi, fra i più colpiti dalle restrizioni dovute alla pandemia.

Limitazioni che inevitabilmente si ripercuotono sulla produzione della birra artigianale, prodotto caratterizzato nella maggior parte dei casi una shelf life estremamente ridotta, che a differenza dell’industria identifica il suo mercato di vendita quasi esclusivamente in pub e ristoranti, avendo solo in maniera minima sbocco commerciale nella grande distribuzione.

«Alcune limitazioni – ha aggiunto Ferraris – come ad esempio il divieto di asporto dopo le 18, hanno solo spostato l’acquisto di bevande e probabilmente anche la possibilità di assembramenti, favorendo di fatto la grande distribuzione e aumentando ancor di più le difficoltà di un mercato, quello della birra artigianale, per natura molto diverso dall’industriale».

«Motivo per cui – ha concluso il direttore di Unionbirrai – da tempo ci stiamo battendo affinché piccoli birrifici indipendenti e industrie siano identificati da codici Ateco differenti e, in condivisione con le altre associazioni direttamente coinvolte nella filiera, riteniamo favorevole il superamento del criterio legato ai codici Ateco per identificare la platea di beneficiari di ristori».

Su questi temi si è svolto un incontro con il Segretario Nazionale di Confesercenti Mauro Bussoni e il Direttore di Confesercenti Emilia-Romagna Marco Pasi, nel corso del quale si è avuto modo di constatare l’opportunità di condividere azioni e strategie utili a superare la delicata fase di crisi del settore horeca e lavorare per raggiungere obiettivi comuni nella consapevolezza che occorre valorizzare e salvaguardare tutti i soggetti economici della filiera.

«Per questi motivi – hanno sottolineato i rappresentanti di Confesercenti nel corso dell’incontro – i nostri sforzi sono ora orientati principalmente a garantire l’effettiva possibilità di lavoro a 300 mila imprese, che negli ultimi 12 mesi hanno registrato circa 38 miliardi di euro di perdita di fatturato, e a eliminare le prescrizioni che prevedono il blocco delle attività, anche lavorando, come è stato sottolineato da Fiepet e Fipe al Comitato tecnico scientifico, per implementare i protocolli sanitari tutt’ora vigenti».

Categorie
Food Lifestyle & Travel news news ed eventi

Enoturismo virtuale: Domìni Veneti inaugura il museo Valpolicella VR 360

Un museo virtuale che valorizza il patrimonio agroalimentare del Veneto e abbatte le distanze, unendo narrazione e visione. Nasce Valpolicella VR 360, il progetto di tour virtuale alla scoperta della terra dell’Amarone, realizzato da Cantina Valpolicella Negrar grazie a fondi regionali.

Quando la pandemia allenterà la sua morsa, le enoteche Domìni Veneti di Cavaion Veronese (VR) e Sirmione (BS) allargheranno i loro orizzonti spaziali, grazie ai visori 3D (in tutto 6) e al sistema audio surround sperimentabili dai visitatori su prenotazione (eventi@dominiveneti.it).

Il progetto Valpolicella VR 360, curato dall’artista veronese Marco Ambrosi, offre la possibilità di accedere a una mappa interattiva e selezionare diversi itinerari tra i comuni storici della Valpolicella Classica: Negrar, Marano, Fumane, Sant’Ambrogio e San Pietro in Cariano.

“In un periodo in cui l’attività di accoglienza dei turisti è fortemente penalizzata dalla pandemia, la cantina ha voluto progettare il prossimo futuro con creatività, dando origine ad un viaggio emozionale che consente di scoprire la Valpolicella Classica ancora troppo poco conosciuta per la sua storia, le sue peculiarità e la sua bellezza”, spiega Marina Valenti, responsabile del progetto per la cantina.

«Siamo felici del riconoscimento regionale di buona pratica del nostro progetto – commenta al riguardo Renzo Bighignoli, presidente di Cantina Valpolicella Negrar: – in questo momento di incertezza generale, diffondere il valore di un’eredità sedimentata nel tempo dà speranza e rappresenta per noi un riferimento tangibile che aiuta a connettere il passato con il presente e il futuro”.

“La Valpolicella – ricorda Daniele Accordini, direttore generale ed enologo della cantina – non è solo una Doc riconoscibile nel mondo del vino, ma un luogo ben preciso con la sua storia e la sua identità culturale”.

Categorie
news news ed eventi

Più Barolo e meno Barbaresco tra il 2019 e il 2020: il punto sui Vini delle Langhe

Più BaroloLanghe Nebbiolo e Nebbiolo d’Alba, meno Barbaresco, Verduno Pelaverga e altri vini di Alba (Barbera, Dolcetto d’Alba e di Diano d’Alba). È quanto emerge dal confronto degli imbottigliamenti dei vini delle Langhe tra il 2019 e il 2020, con la Denominazione “allargata” piemontese che cresce dell’8%.

I dati, riferiti al numero di contrassegni venduti, fotografano lo stato di salute delle Denominazioni delle Langhe. Cifre in gran parte incoraggianti, visto il periodo storico segnato dalla pandemia Covid-19.

A sorprendere, su tutti, oltre alla crescita del Barolo, è il calo del Barbaresco. «Un decremento – spiega a WineMag.it Andrea Ferrero, direttore del Consorzio Tutela Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani – dovuto in parte all’andamento dell’annata 2017, scarsa rispetto alla 2016 dal punto di vista quantitativo».

Quanto al “Re dei vini italiani”: «Nonostante circolino quotazioni da considerare non attendibili e fuorviati – continua Ferrero – il prezzo del Barolo sfuso, come rilevato dalla Camera di Commercio di Cuneo, si attesta intorno a valori di circa 6,00 euro litro».

Una cifra che garantisce alle aziende una certa remuneratività, anche a fronte di forti promozioni come quelle dei supermercati o dell’Autogrill, molto in voga da diversi anni nel periodo delle festività, specie quelle natalizie.

CONFRONTO IMBOTTIGLIAMENTI  2019/2020 (01/01 – 31/12)
DENOMINAZIONE 2019 2020 VARIAZIONE
Hl Bottiglie Hl Bottiglie Bottiglie %
Barolo 93.902 12.520.225 97.359 12.981.244 461.019 4%
Barbaresco 32.080 4.277.393 29.550 3.940.033 -337.360 -8%
Dogliani 13.527 1.803.543 13.466 1.795.452 -8.091 0%
Dolcetto Di Diano D’Alba 4.466 595.421 3.829 510.583 -84.839 -14%
Barbera D’Alba 80.147 10.686.248 75.219 10.029.153 -657.095 -6%
Nebbiolo D’Alba 18.169 2.422.507 19.111 2.548.133 125.627 5%
Dolcetto D’Alba 36.692 4.892.232 34.737 4.631.584 -260.648 -5%
Langhe (Tutte Le Denominazioni) 81.508 10.867.709 88.047 11.739.649 871.940 8%
Langhe Nebbiolo 53.912 7.188.207 55.995 7.466.040 277.833 4%
Verduno Pelaverga 1.171 156.153 1.151 153.519 -2.635 -2%
TOTALE 415.572 55.409.639 418.465 55.795.391 385.752 0,7%

Non a caso, i dati degli imbottigliamenti al mese di novembre 2020, con l’approssimarsi del Natale e del Capodanno, segnavano un +8% del Barolo, a confronto con il 2019. Ce n’è di più in circolazione, insomma, a riprova di una sorta di “democratizzazione” della Denominazione piemontese.

Il confronto definitivo tra gli ultimi due anni vede il “Re dei vini” crescere in definitiva del 4%, ovvero di quasi mezzo milione di bottiglie (461.019), passando da 12.520.225 del 2019 a 12.981.244 del 2020.

Cresce bene anche la Denominazione allargata della Langhe: +8% per le 23 tipologie aggregate, tra cui spiccano – oltre al Langhe Rosso e Bianco – i vini prodotti con gli autoctoni Freisa, Favorita, Arneis e Nas-cëtta e gli internazionali come Chardonnay, Sauvignon blanc e Riesling.

Bene il Langhe Nebbiolo (+4%) e il Nebbiolo d’Alba (+5%). Tra le Denominazioni che hanno subito il calo più significativo, oltre al Barbaresco (337.330 bottiglie in meno nel 2020, rispetto al 2019), figura col – 6% la Barbera d’Alba (- 657.095 bottiglie). Vero e proprio crollo per il Dolcetto di Diano d’Alba: – 14%, ovvero 84.839 bottiglie in meno.

Per il Verduno Pelaverga, il calo registrato tra un’annata e l’altra è di appena 2.635 bottiglie, a fronte di una produzione complessiva che, nel 2020, si è assestata sulle 153.519 bottiglie.

Altro che crisi: Consorzio del Barolo sotto attacco per un “no” al giornalista prezzolato

Exit mobile version