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Barolo e Barbaresco diventano “merce di scambio” con Intesa San Paolo

Un finanziamento di 5 anni da parte di banca Intesa San Paolo, a fronte dell’iscrizione (in pegno) delle ultime tre annate di vino “atto a divenire” Barolo e delle ultime 2 annate di vino “atto a divenire” Barbaresco. C’è l’accordo tra Consorzio di Tutela Barolo e Barbaresco Alba Langhe e Dogliani e l’istituto di credito.

Il valore della garanzia, per la quale la Direzione Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria di Intesa San Paolo ha stanziato un plafond di 50 milioni di euro, è calcolato sulla base del prezzo delle uve pubblicato dalla Camera di Commercio di Cuneo.

L’operazione si basa sulla struttura giuridica del “pegno rotativo non possessorio” su prodotti agricoli e alimentari, secondo cui il produttore può disporre liberamente del vino dato in garanzia per tutti i processi di lavorazione e affinamento.

Il Consorzio dei vini delle Langhe è intervenuto fin dalle prime fasi dell’accordo, facendo da tramite rispetto alle effettive necessità delle cantine e anche in futuro avrà un ruolo attivo nell’iniziativa.

L’operazione – tecnicamente una cartolarizzazione messa a punto dalla Divisione IMI Corporate & Investment Banking – è pensata proprio per venire incontro ai bisogni delle cantine, tra liquidità, credito e sostegno all’export.

«Nonostante i problemi legati alla pandemia e le previsioni funeste – commenta Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo e Barbaresco Alba Langhe e Dogliani – il nostro settore ha retto bene nel 2020».

È chiaro che nel 2021 ci saranno ancora molte incertezze sui nostri mercati. Sapere di poter contare sulla collaborazione con un istituto di credito di primaria importanza e attento alle esigenze delle nostre cantine come Intesa Sanpaolo ci rende ottimisti e fiduciosi».

Per Teresio Testa, Direttore regionale Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria di Intesa Sanpaolo: «Abbiamo voluto costruire una soluzione su misura per il nostro territorio e darle forza con un primo stanziamento di 50 milioni di euro. Il vino che si affina in cantina diventa un attivo nel bilancio dell’azienda».

«Un’idea semplice – aggiunge Testa – ma che richiede una Banca che voglia assumersi il rischio, un partner affidabile come il Consorzio e il coraggio dei nostri produttori che comprendono come l’unica via praticabile sia continuare ad investire in digitalizzazione, nuovi strumenti di lavoro, formazione, comunicazione».

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Da Fontanafredda la prima vendemmia di un cru di Barolo a emissioni zero

La prima vendemmia di un cru di Barolo al mondo a emissioni zero, per celebrare il 2025 stappando la prima bottiglia 100% sostenibile del pregiato “Re dei vini”: è questo l’obiettivo che ha portato alla nascita della partnership tra FPT Industrial e Fontanafredda, presentata oggi nel corso di una conferenza stampa digitale.

Il marchio motoristico globale di CNH Industrial N.V. e maggior produttore al mondo di motori a basso impatto ambientale, unisce le forze con la storica Casa Vinicola fondata nel 1858 dal primo Re d’Italia, che oggi conta 120 ettari di vigneti certificati a biologico. La promessa è quella di «un nuovo Rinascimento Verde, per dare vita a una viticultura virtuosa e a impatto ambientale zero».

Il fulcro della collaborazione è la fornitura di due trattori cingolati da vigneto New Holland TK Methane Power, con motore FPT Industrial F28 Natural Gas alimentato a biometano, che lavoreranno nel cru Vigna La Rosa. È qui che nasce l’0monimo Barolo.

Il modello a biometano progettato per Fontanafredda, di fatto, è stato sviluppato a partire da un trattore cingolato da vigneto New Holland Agriculture. È in grado di erogare 75CV di potenza con una coppia massima di 330Nm e garantisce quindi, in totale sicurezza, «prestazioni assolutamente comparabili a quelle del modello diesel, anche sulle pendenze più scoscese e sui terreni scivolosi che caratterizzano gli impianti dei vigneti più pregiati dell’area delle Langhe».

Il tutto con un’impronta ecologica pari a zero, in quanto il biometano che alimenta il motore non è di derivazione fossile, ma è ottenuto tramite il processo di digestione anaerobica di residui agricoli.

«Abbiamo la fortuna di vivere in un territorio unico al mondo e dobbiamo averne cura – dichiara Andrea Farinetti per Fontanafredda – abbiamo bisogno di un nuovo Rinascimento, altrimenti sarà impossibile pensare a un domani uguale all’oggi».

È chiaro che dobbiamo cambiare e diventare nuovi. Il nuovo per noi è rimettere la terra al centro, deve essere il nostro grande obiettivo, che deve portarci alla creazione di una grande comunità mondiale basata sulla fiducia negli altri».

«I mezzi di questa comunità per la salvaguardia del pianeta saranno molti – conclude Farinetti – il nostro sarà il vino, il vino verde. La partnership con FPT Industrial dimostra che insieme si può fare di più e meglio».

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Regione Abruzzo punta sulla birra artigianale

È approdato in Terza Commissione Agricoltura della Regione Abruzzo il Progetto di legge “Norme per la promozione e la valorizzazione della birra agricola e artigianale“, che porta la firma di Vincenzo D’Incecco, capogruppo della Lega in consiglio regionale e presidente della prima Commissione bilancio.

Il Pdl punta alla creazione della “birra artigianale abruzzese“, in modo analogo a quanto parallelamente portato avanti da Regione Lombardia, e prevede una serie di misure fra cui la creazione di un marchio regionale, di un disciplinare di qualità, la creazione di una filiera agricola corta, la formazione professionale e finanziamenti ed incentivi che diano priorità all’imprenditoria femminile e giovanile.

La legge al momento prevede una dotazione economica di soli 80 mila euro. Pochi alla luce delle numerose misure previste, ma si prevede la possibilità di attingere ad alcune risorse previste per lo sviluppo rurale cui la filiera brassicola è legata.

Il Pdl si appoggia sulla vigente legge nazionale per i birrifici artigianali introducendo due ulteriori definizioni: “birrificio agricolo artigianale” per quelle realtà che fanno parte di un’azienda agricola e “micro-birrificio artigianale” per le realtà che non superano i 5 mila ettolitri all’anno di produzione. Sulla base di questa distinzione verrà istituito il Registro regionale dei birrifici.

Il palinsesto della legge prevede incentivi alla produzione in loco di orzo e luppolo e finanziamenti per «interventi di ristrutturazione e ammodernamento degli impianti» e «acquisto di macchinari e strumenti d’alto valore aggiunto tecnologico» con particolare attenzione per le realtà giovani, a conduzione femminile o che «svolgono l’intero ciclo di produzione» in territori montani e aree interne a rischio spopolamento.

Sono inoltre previste convenzioni con le università, centri di ricerca, istituti di istruzione superiore e le varie scuole di formazione, per organizzare corsi di aggiornamento e qualificazione degli addetti al settore nonché la a creazione di un portale telematico regionale in cui saranno inseriti i riferimenti normativi comunitari, nazionali e regionali ed una mappa interattiva dei birrifici.

Oltre a sviluppare la filiera brassicola regionale il Pdl si pone anche come supporto ad un settore, quello della birra, fortemente penalizzato dalle recenti disposizioni legate all’emergenza sanitario. Secondo Unionbirrai, infatti, il Italia si è avuta una flessione delle vendite tra l’85 e il 90% a causa della chiusura di bar, pub e locali di mescita, principale sbocco commerciale per il settore.

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Food Lifestyle & Travel

Gruppo Italiano Torrefattori Caffè lancia l’allarme: perso il 40% di fatturato nel 2020

Gruppo Italiano Torrefattori Caffè (Gitc), associazione che riunisce 225 imprese del settore, ha inviato una lettera al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai Ministeri in cui prende posizione contro la mancanza di prospettiva e di proporzionalità delle ultime misure restrittive e si fa portavoce di un’intera filiera italiana ormai sull’orlo del baratro.

Arriva ad un picco del 40% la perdita del fatturato nel 2020 per il comparto del caffè, vera eccellenza del Made in Italy nel mondo, che soffre insieme alla ristorazione delle limitazioni imposte nel corso dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

Ad impedire ancora oggi la ripresa e l’organizzazione del settore Horeca sono soprattutto gli orizzonti temporali di massimo due settimane dettati dagli ultimi decreti, che non consentono alcun margine di programmazione per i pubblici esercizi. Uno scenario allarmante che annienta la possibilità di fronteggiare lo tsunami economico che sta travolgendo bar, ristoranti, hotel e tutte le filiere collegate, che nel 2019 rappresentavano il 18% del Pil italiano.

«A tutela delle Torrefazioni italiane e vicini ai pubblici esercizi, abbiamo interpellato il Presidente del Consiglio e i Ministeri di competenza affinché si impegnino ad agire ora, per arginare l’ondata di fallimenti che rischia di diventare inarrestabile», afferma Alessandro Bianchin, Presidente del Gruppo Italiano Torrefattori Caffè.

«Siamo disponibili ad un serio confronto – prosegue Bianchin – che porti alla revisione delle direttive e all’adozione di nuovi protocolli che permettano alle imprese di programmare e di lavorare. Non è più sostenibile, a quasi un anno dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, continuare ad adottare un metodo che non consente alcun margine di programmazione per gli imprenditori, dettando aperture e chiusure da un giorno all’altro».

Tendendo una mano a sostegno della ristorazione Gitc porta in evidenza a Draghi e ai Ministeri dell’Economia e Finanze, Sviluppo Economico, Politiche Agricole Alimentari e Forestali il malcontento diffuso tra i commercianti e sottolinea come le nuove disposizioni stiano assumendo ormai un sapore oppressivo e punitivo per i pubblici esercizi.

Tra le proposte avanzate dal Gruppo Italiano Torrefattori Caffè, vi è l’ampliamento delle fasce orarie di fruizione per evitare il rischio di assembramenti, connesse ad accessi contingentati e su prenotazione per determinati tipi di servizi. Un modo per garantire il distanziamento e il tracciamento, pur permettendo ai ristoratori di lavorare.

Nella lettera sono quattro i punti di interesse sui quali Gitc accende l’attenzione: più chiarezza e certezza sui ristori, indennizzi e maggior inclusione a beneficio delle filiere collegate e quindi delle torrefazioni del caffè, apertura dei pubblici esercizi con un ampliamento della fascia oraria anche a condizione di nuovi e aggiornati protocolli, inserimento del caffè espresso italiano nel contributo a fondo perduto Mipaaf dedicato al canale Horeca per l’acquisto di prodotti italiani.

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Gruppo Italiano Torrefattori Caffè: «Il settore è sull’orlo del baratro»

È con una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio Mario Draghi e ai Ministeri che Gruppo Italiano Torrefattori Caffè (Gitc), associazione che riunisce 225 imprese del settore, prende posizione contro la mancanza di prospettiva e di proporzionalità delle ultime misure restrittive e si fa portavoce di un’intera filiera italiana ormai sull’orlo del baratro.

Arriva ad un picco del 40% la perdita del fatturato nel 2020 per il comparto del caffè, vera eccellenza del Made in Italy nel mondo, che soffre insieme alla ristorazione delle limitazioni imposte nel corso dell’emergenza sanitaria da Covid-19.

Ad impedire ancora oggi la ripresa e l’organizzazione del settore Horeca sono soprattutto gli orizzonti temporali di massimo due settimane dettati dagli ultimi decreti, che non consentono alcun margine di programmazione per i pubblici esercizi. Uno scenario allarmante che annienta la possibilità di fronteggiare lo tsunami economico che sta travolgendo bar, ristoranti, hotel e tutte le filiere collegate, che nel 2019 rappresentavano il 18% del Pil italiano.

«A tutela delle Torrefazioni italiane e vicini ai pubblici esercizi, abbiamo interpellato il Presidente del Consiglio e i Ministeri di competenza affinché si impegnino ad agire ora, per arginare l’ondata di fallimenti che rischia di diventare inarrestabile», afferma Alessandro Bianchin, Presidente del Gruppo Italiano Torrefattori Caffè.

«Siamo disponibili ad un serio confronto – prosegue Bianchin – che porti alla revisione delle direttive e all’adozione di nuovi protocolli che permettano alle imprese di programmare e di lavorare. Non è più sostenibile, a quasi un anno dallo scoppio dell’emergenza sanitaria, continuare ad adottare un metodo che non consente alcun margine di programmazione per gli imprenditori, dettando aperture e chiusure da un giorno all’altro».

Tendendo una mano a sostegno della ristorazione Gitc porta in evidenza a Draghi e ai Ministeri dell’Economia e Finanze, Sviluppo Economico, Politiche Agricole Alimentari e Forestali il malcontento diffuso tra i commercianti e sottolinea come le nuove disposizioni stiano assumendo ormai un sapore oppressivo e punitivo per i pubblici esercizi.

Tra le proposte avanzate dal Gruppo Italiano Torrefattori Caffè, vi è l’ampliamento delle fasce orarie di fruizione per evitare il rischio di assembramenti, connesse ad accessi contingentati e su prenotazione per determinati tipi di servizi. Un modo per garantire il distanziamento e il tracciamento, pur permettendo ai ristoratori di lavorare.

Nella lettera sono quattro i punti di interesse sui quali Gitc accende l’attenzione: più chiarezza e certezza sui ristori, indennizzi e maggior inclusione a beneficio delle filiere collegate e quindi delle torrefazioni del caffè, apertura dei pubblici esercizi con un ampliamento della fascia oraria anche a condizione di nuovi e aggiornati protocolli, inserimento del caffè espresso italiano nel contributo a fondo perduto Mipaaf dedicato al canale Horeca per l’acquisto di prodotti italiani.

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degustati da noi vini#02

Capriano del Colle Doc Bianco Superiore 2015 “Otten:2”, Cantina San Michele

Chi l’ha detto che la Botrytis cinerea sia peculiarità dei soli vini Tokaji, Sauternes, Trockenbeerenauslese (ce l’avete fatta a pronunciarlo?) o dei muffati di Orvieto? In Italia, un po’ a sorpresa, ecco i benefici della “Muffa Nobile” in un micro areale della provincia di Brescia: la Doc Capriano del Colle.

La prova? La straordinarietà e unicità di “Otten:2“, vino prodotto da Cantina San Michele con uve Trebbiano provenienti dai vigneti di proprietà del piccolo comune lombardo. Solo uno dei vini presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it.

LA DEGUSTAZIONE
Nel calice, il vino si presenta di un giallo paglierino luminoso. Al naso note di frutta surmatura, precise e composte, senza la minima sbavatura. In bocca una gran concretezza, suggellata dal gioco tra freschezza e rotondità. Vino importante, estremamente gastronomico. Lunghissimo.

Un Trebbiano davvero sorprendente nelle due fasi, distinte eppure molto ben amalgamante, capaci di creare un quadro di gran equilibrio: quella “dura”, calcarea; e quella  “morbida” e suadente, conferita dalla Botrytis cinerea.

LA VINIFICAZIONE
Solo una parte delle uve è stata colpita dalla “Muffa nobile”, permettendo a Cantina San Michele una vendemmia tardiva utile alla concentrazione e all’ampiezza dei profumi. Le uve sono state sottoposte a una pressatura soffice.

La fermentazione di Otten:2 è avvenuta in vasche di acciaio a temperatura controllata, per 15 giorni. L’affinamento si è protratto in vasche di cemento, prima di un ulteriore riposo del nettare in bottiglia, per 12 mesi.

Dopo la fondazione avvenuta nel 1982, Cantina San Michele ha avviato un percorso virtuoso che ha trovato compimento all’inizio degli anni Duemila. Il vero anno anno della svolta è stato però il 2011, quando l’azienda agricola è finita nelle mani dei cugini Elena e Celeste Danesi.

I due giovani si sono posti l’obiettivo di valorizzare la produzione del Monte Netto, noto anche come Montenèt, nel dialetto bresciano, o “Monte di Capriano”. Una piccola collina di 133 metri di altezza, caratterizzata da un terreno di sabbia grigia, ghiaia e calcare. Un’area naturale protetta da Regione Lombardia, che vi ha istituito un Parco.

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birra

Un lombardo su due beve birra contadina: abbinarla al dolce? Si può

Sono oltre 4 milioni i lombardi che consumano birra, pari a oltre il 49% del totale. In pratica uno su due. È quanto emerge da un’analisi della Coldiretti Lombardia su dati Istat, in occasione del webinar “Come nasce la birra contadina” organizzato in collaborazione con il Consorzio Birra Italiana, che mira alla tutela e alla promozione della birra artigianale Made in Italy. Durante l’incontro online è stato ribadito come la birra si possa abbinare anche al dolce, oltre al salato.

A seconda della tipologia e dei palati, ci sono infatti birre più leggere e altre più pastose. La regola base è però quella di un consumo responsabile. L’apporto calorico va dalle 34 Kilocalorie per 100 grammi delle birre standard alle 60 Kcal di quelle più alcoliche, fino a scendere a circa 22 Kcal nel caso delle birre analcoliche.

In particolare, lo scopo del Consorzio Birra Italiana è la valorizzazione della filiera produttiva locale, creando un rapporto più solido tra i piccoli produttori di birra e i coltivatori di orzo, luppolo e altre materie prime complementari.

In Lombardia ci sono 155 micro birrifici, il 16% del totale italiano, con una produzione di 112 mila ettolitri. Numeri che hanno spinto la regione alla creazione del Pdl “Promozione e valorizzazione della filiera agroalimentare brassicola regionale” presentato in Commissione agricoltura ad inizio febbraio.

Il consumo della birra artigianale è diventato negli anni sempre più raffinato e consapevole, con specialità altamente distintive e varietà particolari. Nelle campagne lombarde non mancano esempi di birra contadina, come quella a base di mais corvino proposta da Carlo Recchia, giovane imprenditore agricolo di Formigara in provincia di Cremona.

«Il mais corvino – spiega Recchia – è un cereale antico, dal chicco nero e allungato, coltivato dai Maya già nel 3.500 Ac. Rispetto al mais comune, questa variante unica contiene il doppio delle proteine, ha il 20% dei carboidrati in meno, e 20 volte in più gli antiossidanti, pari a quelli contenuti nel mirtillo».

La mia esperienza di produttore di birra è nel segno della collaborazione tra aziende del territorio. Mi appoggio a un birrificio locale: la mia azienda porta il mais corvino, mentre un’altra impresa agricola mi assicura malto d’orzo».

«Altri piccoli produttori locali – prosegue Recchia – forniscono il luppolo prodotto in Italia. In questo modo nasce la mia birra agricola, che è ad alta fermentazione e a bassa gradazione alcolica, e che propongo ad agriturismi, bar, e che vendo anche tramite web.

Considero importante il percorso che è in atto, grazie al Consorzio Birra Italiana, con la sfida di mettere insieme produttori di birra e materie prima, per creare e promuovere una filiera della birra tutta italiana».

Nella bergamasca la birra contadina nasce nelle campagne di Ardesio. «La nostra birra la produciamo con orzo e frumento coltivati in Val Seriana e quindi ha un profondo legame con il nostro territorio – spiega Marco Delbono, imprenditore agricolo – Il luppolo invece lo prendiamo da un’azienda agricola milanese con cui abbiamo costituito una rete d’impresa».

«Abbiamo iniziato questa scommessa nel 2016 – dice ancora Delbono – e da subito abbiamo puntato sull’identità e sulla qualità del prodotto. Il processo produttivo, così come il protocollo di coltivazione delle materie prime, segue uno specifico disciplinare e questa scelta ci sta dando grosse soddisfazioni perché il consumatore finale apprezza questa attenzione».

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degustati da noi news news ed eventi vini#02 visite in cantina

Vigne al colle, Montegrande e Reassi: che tris sui Colli Euganei

Il palco ideale sul quale l’Italia del vino potrebbe annunciare al mondo intero di essere ripartita più forte di prima, una volta superata la pandemia? Senza dubbio il Veneto dei Colli Euganei.

Un pezzo minuscolo del puzzle della viticoltura del Bel paese, balzato alla velocità della luce agli onori delle cronache internazionali quale epicentro del Coronavirus, avrebbe così l’opportunità fenicea di raccontarsi, nel solco dei terroir vulcanici italiani e mondiali.

A guardar bene, non ci si spiega come mai dei Colli Euganei si parli così poco negli ambienti del vino e della ristorazione. I mille ettari rivendicati a Doc su un totale di 2.300, aiutano a comprendere quanto ricercata sia la produzione enologica locale, resa particolare dalla presenza nel terreno di trachite, riolite e lalite.

Il ventaglio ampelografico è ampio, ma ben circostanziato sulle eccellenze. Si passa dai vini bianchi e rossi prodotti da vitigni autoctoni e da internazionali presenti sin dal 1870 nella zona (Serprino, Merlot e Cabernet), ai vini dolci, spumanti e passiti da uve Moscato Giallo (il Colli Euganei Fior d’Arancio è Docg dal 2011).

Anche il territorio offre ogni genere di attrattività al turista e all’enoturista moderno. Tra possibilità di escursioni nel verde dei colli vulcanici, visite a luoghi di culto e di cultura centenaria e ristoranti di ottimo livello, il nesso tra terra e cielo che fa dei Colli Euganei un vero e proprio paradiso sono gli impianti termali, presenti nel Parco Regionale. Luoghi in cui cullarsi, magari proprio tra una visita e l’altra in cantina. Eccone tre da non perdere.

COLLI EUGANEI, TRE CANTINE (E VINI) DA NON PERDERE

«In una fredda notte d’inverno il Carro Minore, il Colle e la Luna si incontrano, un sogno, uno stile, un’emozione che si trasferisce nell’aroma dei propri vini». Il romanticismo all’ennesima potenza del logo di Vigne al Colle si mescola col pragmatismo e la grande competenza di Martino Benato, che conduce con la moglie la cantina di Rovolon.

Il vino da non perdere: Merlot 2018Poggio alle Setole


Agricoltori da una vita, i Cristofanon vendevano un tempo solo vino sfuso, facendo la spola tra le province di Padova e Vicenza, con sconfinamenti in Lombardia, tra Milano e Varese. Dal 1995 il cambio di rotta, grazie all’avvento di Raffaele e Paola Cristofanon, fratello e sorella alla seconda generazione, e all’esperienza dell’enologo Lorenzo Caramazza.

Il vino da non perdere: Colli Euganei Docg Fior d’arancio passito 2012


Per comprendere la grande chance che hanno i Colli Euganei nel panorama presente e futuro basta farsi un giro da Reassi. Diego Bonato, classe 1982, ha raccolto l’eredità dei genitori che vendevano al 95% vino sfuso, trasformando la cantina e i suoi 6 ettari di vigneti in una chicca imperdibile. Vincitore del premio Giulio Gambelli nel 2017, quale enologo under 35 alla Tolaini di Castelnuovo Berardenga, ha lasciato il “posto fisso” per tornare a casa. I Colli Euganei ringraziano.

Il vino da non perdere: Vin bastardo 2016 (Marzemina bastarda grossa, Turchetta e Corbina)

***DISCLAIMER*** Si ringrazia il Consorzio per la copertura delle spese in loco, per la realizzazione del reportage

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Vini al supermercato

Il Pinot Grigio Santa Margherita compie 60 anni: storia di un’icona

Compie 60 anni il Pinot Grigio Santa Margherita prodotto in Valdadige, vera e propria icona del Gruppo vinicolo di Fossalta di Portogruaro (VE) fondato nel 1935 dal conte Gaetano Marzotto. Un vino nuovo, elegante e moderno, che rivoluzionò il gusto e la percezione del vino bianco italiano nel mondo. Oggi è reperibile al supermercato, ma anche sugli scaffali di enoteche e carte dei vini di ristoranti di mezzo mondo.

Era la fine degli anni Cinquanta quando, in anticipo sulle future tendenze, il conte Gaetano Marzotto si mise alla ricerca di una nuova tipologia di vino che uscisse dal cliché, «capace di distinguersi per originalità, peculiarità sensoriali e forte richiamo al binomio vitigno-territorio».

Un vino, insomma, capace al contempo di favorire un approccio diverso al vino, diventando vero protagonista del convivio moderno. Il Conte e il suo team di enologi finirono così in Trentino Alto Adige, zona ritenuta ideale per la produzione di uve che contenessero il carattere fresco e fruttato con cui si desiderava caratterizzarne il profilo.

In particolare, l’attenzione ricadde in Valdadige, la Valle del fiume Adige. Un’areale che, ancora oggi, gode di una totale autonomia rispetto al più noto Pinot Grigio delle Venezie, certificata da una Doc “ad hoc”.

La vinificazione in bianco delle delicate uve Pinot Grigio, eliminando ogni contatto tra mosto e bucce, trasformò un vino dal colore ramato in un vino bianco brillante, elegante ed intenso, unico nel suo genere.

Così, nel 1961, il Pinot Grigio Santa Margherita faceva il suo debutto sul mercato italiano. Il favore del pubblico fu sorprendente quanto immediato. Abituata fino a quel momento a fare una semplice distinzione tra vini bianchi, rossi e rosati, l’Italia apprezzò fin da subito la straordinaria bevibilità e la fragranza di questo vino-novità, che si distingueva per un nuovo modo di interpretare non solo le uve Pinot Grigio ma anche il vino bianco in genere.

«Grazie al Pinot Grigio – evidenzia Santa Margherita in una nota – si diede avvio a un cambiamento radicale nelle abitudini di consumo, dal vino-alimento al vino-piacere. Il processo favorì la democratizzazione del vino, permettendo a nuovi consumatori, come le donne, di avvicinarsi a questo mondo, scommettendo su un pubblico che nelle decadi a seguire avrebbe giocato un ruolo sempre più determinante nelle scelte di acquisto».

In questo senso il Pinot Grigio Santa Margherita è una vera e propria icona: il primo, originale apripista che ha saputo conquistare il favore dei consumatori, parlando di futuro e innovazione.

Lo strepitoso successo lasciava intravedere ottime opportunità anche oltreconfine, dove venne sapientemente esportato a partire dagli anni ’70. Il nuovo bianco dimostrò al mondo intero che l’Italia poteva offrire vini appetitosi, perfettamente coerenti con l’evoluzione delle società e del gusto moderno.

Un’evoluzione che prosegue anche oggi, con la particolare attenzione del Gruppo Santa Margherita al “chilometro zero“. La produzione di oltre il 90% delle bottiglie nella vetreria a pochi passi dalla cantina si affianca al programma di “carbon neutrality” che certifica da sette anni l’azzeramento dell’impronta di carbonio di quasi 2 milioni di bottiglie di Pinot Grigio prodotte annualmente.

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Antonelli, ritorno al cemento: Sagrantino e Trebbiano Spoletino nascono dai “tulipani”

«Cementificazione in corso». Scherza Filippo Antonelli riguardo ai quattro nuovi serbatoi di cemento che hanno trovato casa nella storica cantina di località San Marco, a Montefalco. Si tratta di Tulip, “tulipani”, nome scelto dall’azienda produttrice – la Nico Velo Spa di Fontaniva, in provincia di Padova – per gli speciali contenitori da 45 ettolitri.

La forma ricorda infatti il calice a tulipano, nell’unione ideale tra la genesi e lo zenit di un vino, ovvero il suo (entusiastico) consumo. Un accorgimento tecnologico significativo, soprattutto nell’ambito di una Denominazione – il Sagrantino di Montefalco – che sta cambiando nel tentativo di non perdere il treno dei nuovi consumatori, pur rimanendo fedele ai canoni di tipicità di uno dei vitigni più tannici al mondo.

«In cantina sperimentiamo da anni diversi materiali – spiega Filippo Antonelli a WineMag.it – con l’obiettivo di ottenere vini che piacciano in primis a noi e poi al mercato. Uno degli aspetti che ci ha spinto ad acquistare quattro nuovi “tulipani” di cemento, affiancandoli ai due già presenti in cantina da 5 anni, è la qualità che conferiscono ai nostri vini».

Secondo Antonelli, i mosti godrebbero di benefici in una fase delicatissima della vinificazione: «Abbiamo ravvisato miglioramenti soprattutto durante la coda della fermentazione. La temperatura scende molto lentamente nel Tulip, a differenza di quanto avviene nell’acciaio, in cui lo scambio termico è maggiore. Ciò facilita reazioni chimico-fisiche che conferiscono qualità».

Ma il punto è che assaggiamo e riassaggiamo i nostri vini sperimentali da diversi anni e, con il passare delle vendemmie, le nostre scelte diventano sempre più consapevoli. Quello che ci ha convinto a investire ancora nel cemento non vetrificato è il risultato empirico: ci piace quello che è capace di dare al vino. La nostra, dunque, non è una scelta religiosa, ma laica e pragmatica».

Che Antonelli creda in questi contenitori troncoconici per le fermentazioni lo dimostrano i vini che nascono dai “tulipani”. Si tratta infatti di alcune tra le etichette top di gamma della cantina, molto richieste anche all’estero: il Trebbiano Spoletino “Anteprima Tonda” e il nuovo cru di Sagrantino di Montefalco “Molino dell’Attone“, da poco in commercio con l’annata 2015.

«A questi – anticipa a WineMag.it il vigneron umbro – andrà ad aggiungersi, proprio grazie ai nuovi tulipani, anche Chiusa di Pannone», l’altro grande Sagrantino di Montefalco Docg firmato Antonelli San Marco.

Lo stesso Trebbiano Spoletino macerato del cru storico “Vigna Tonda“, ormai pronto a prendere il posto dello sperimentale “Anteprima Tonda”, sarà fermentato nei tulipani. Del resto, tra le cantine che investono da anni in questo tipo di contenitori in cemento c’è Château Cheval Blanc di Bordeaux.

Ed è proprio nel regno dei grandi vini rossi francesi che l’azienda produttrice italiana ha presentato per la prima volta questa novità, al salone Vinitech. In fondo, il vino è come la vita: certe storie fanno il giro largo, per tornare dove sono iniziate. O finire un po’ più a sud.

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Annullato il Merano Wine Festival 2021

Annullato il Merano Wine Festival 2021. La notizia è ufficiale e arriva dagli organizzatori della kermesse che si tiene ogni anno in Alto Adige.

«La situazione d’incertezza legata alla pandemia da Covid-19 che ancora oggi caratterizza l’Italia e in particolare la regione Alto Adige – si legge nella nota ufficiale del Merano Wine Festival – non permette di confermare le date del 26-30 marzo 2021 per la 29^ edizione dell’evento in presenza a Merano».

Confermate invece, al momento, le date della 30a edizione in programma dal 5 al 9 novembre 2021 a Merano.

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degustati da noi vini#02

Falanghina del Sannio Dop 2018 “Cese”, Fosso degli Angeli

Può un vino di 15 gradi risultare fresco e non stancare mai? La risposta è sì e la Falanghina del Sannio Dop 2018Cese” di Fosso degli Angeli è lì a dimostrarlo. Solo uno dei vini della Campania presenti nella Guida Top 100 Migliori vini italiani 2021 di WineMag.it.

LA DEGUSTAZIONE
“Cese” si presenta alla vista di un giallo paglierino acceso, luminoso. Il naso è ampio, caldo, floreale ed agrumato, con richiami di macchia mediterranea, in particolare di rosmarino. A dominare il sorso è la frutta tropicale, perfettamente matura.

Si distinguono ananas, banana e pesca, con tocchi agrumati e ritorni erbacei che danno nerbo a un sorso glicerico. Proprio in questo senso “Cese” è una Falanghina che maschera bene i 15 gradi di percentuale d’alcol in volume, presenti in etichetta.

Acidità e sapidità, oltre a dare equilibrio a una beva instancabile, ne allargano il ventaglio di possibilità di abbinamento in cucina. Non a caso Marenza Pengue, vignaiola Fivi che conduce Fosso degli Angeli con la sorella Dina e il cognato Pasquale Giordano, suggerisce di provarla con «costine d’agnello cotte a bassa temperatura, poi impanate e fritte nel burro in cui è stato grattato un pezzetto di scorza di limone».

LA VINIFICAZIONE
Solo 2.500 bottiglie per la Falanghina del Sannio Dop “Cese”, che prende vita dalle uve dei vigneti di proprietà della cantina, a Casalduni. Piante giovani (2012 / 2018), che affondano le radici in un terreno argilloso e calcareo vulcanico, a un’altitudine di 560 metri sul livello del mare.

La produttività si assesta sui 70 quintali per ettaro nella vigna certificata biologica. La raccolta delle uve di Falanghina avviene in piccole cassette, generalmente tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre.

L’uva viene pigiadiraspata e sottoposta a criomacerazione per 12 ore. Segue una pressatura soffice e una fermentazione con lieviti indigeni in acciaio, a temperatura controllata. L’affinamento avviene in acciaio, per 12 mesi. “Cese” viene commercializzata solo in seguito a un ulteriore anno in bottiglia.

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Siamo sotto attacco e vi spieghiamo perché

EDITORIALE – Non ho mai pensato neppure per un secondo che cambiare le cose fosse una missione semplice o priva di rischi, anche dal punto di vista personale. Quando ho fondato la prima testata del network WineMag Editore, vinialsupermercato.it, sapevo perfettamente che avrei dovuto combattere con una schiera di enofighetti e fighetti disinformati, per affermare la dignità del vino in vendita nella Grande distribuzione e il diritto di ogni bevitore, esperto o meno, di poter bere una bottiglia dignitosa, senza spendere una fortuna.

Dopo qualche anno, a Vinialsuper si è affiancato WineMag.it, seconda testata interamente dedicata al mondo Horeca. Vinialsupermercato.it e WineMag.it costituiscono oggettivamente un unicum editoriale, a livello internazionale. Un successo di pubblico, di lettori fidelizzati a suon di credibilità e di scelte editoriali lineari e coerenti con i canoni dell’informazione libera, che fa paura a un “sistema” che o ci ignora, o ci odia.

Dobbiamo sprecare molto del nostro tempo a leggere qua e là, tra social e blog più vicini al gossip che all’enogastronomia, ingiuriosi commenti e interpretazioni psichedeliche (per non dire psichiatriche o quantomeno fantasiose) del nostro agire quotidiano nel mondo della comunicazione.

Veniamo tacciati di farci pagare per scrivere articoli; di farci pagare per inserire vini nelle nostre Guide; di odiare terre del vino che invece amiamo; di essere dei marchettari e dei calunniatori; viene (miseramente) messa in dubbio anche l’iscrizione delle testate in Tribunale e all’ordine dei giornalisti; chi più ne ha, più ne metta, insomma.

Il punto è sempre quello dell’incipit: cambiare le cose, in Italia, è rischioso, specie se chi ci sta provando non guarda in faccia a nessuno se non all’etica e alla deontologia e ha 34 anni, ma ne dimostra pure meno. Il “sistema” malato dell’informazione enogastronomica è talmente rodato da ammettere “intrusioni” esclusivamente allineate.

Il virus della mala comunicazione e della mala informazione è talmente in circolo, nel cadavere del giornalismo enogastronomico italiano, da aver generato anticorpi talmente potenti da far sembrare – almeno agli occhi dei meno esperti ed “introdotti” – il vaccino come una variante del virus stesso. La cura, una malattia più grave.

Lungi da noi, pur vivendo questa come una missione, voler passare per martiri (viventi, si spera ancora a lungo!) o salvatori della patria. Fatto sta che rifiutarsi di pubblicare comunicati stampa di carattere pubblicitario e non informativo, dire “no” a svariati enti e organismi del vino che pretendono spazio gratuito sulle nostre colonne per confondere i lettori a nostro nome, come abituati a fare su altre testate, ci sta costando caro. Carissimo.

Il nostro rifiuto tassativo di mescolare pubblicità e informazione, a tutela dei lettori, di chi ci conosce, di chi ci segue, di chi si fida di noi e dei nostri giudizi da anni, sta ingenerando una voragine d’odio che ci porta oggi ad uscire allo scoperto e dire, senza mezzi termini: «Siamo sotto attacco». Giusto che lo sappia, chi ci conosce e ci vuole bene.

In un mondo dell’informazione enogastronomica in cui contano più i follower comprati e due cuoricini su Instagram rispetto a un articolo di giornale scritto con coscienza ed etica; in un mondo dell’informazione enogastronomica dove sembra aver più potere decisionale un pr rispetto al titolare o al presidente di una cantina o di un Consorzio.

In un mondo dell’informazione enogastronomica in cui sei bravo se pubblichi gratis la pubblicità o “I tre vini per non sfigurare a San Valentino” che, casualmente, sono suggeriti dalla medesima agenzia di stampa, noi restiamo volutamente, fedelmente, ostinatamente, fieramente e garbatamente Diversi.

Piaccia o no a chi tenta di dipingerci per quello che non siamo – perché l’informazione libera fa paura – noi restiamo quelli che eravamo all’inizio: lontani dai personalismi, lontani dall’ego, lontani dalla voglia di apparire davanti al calice, davanti a una bottiglia.

Noi, quelli dietro ai riflettori, quelli più imitati e copiati senza citare la fonte (e poi querelati per aver sputtanato i copioni, lesa maestà degli appartenenti al “sistema”!), quelli che si guardano allo specchio con dignità. La stessa di quando siamo nati.

La stessa che ci accompagnerà sempre, fino a quando riusciremo a resistere, anche grazie a chi crede in noi e ci supporta, alla luce del sole. Chiunque abbia dubbi sul nostro modo di agire nel mondo del giornalismo enogastronomico ci/mi scriva. Saremo/sarò lieto di rispondere. Prosit. (Image: copyright 2019, Eric Drooker, http://www.drooker.com/illustrations)

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a tutto volume

Crolla l’export degli Spirits italiani negli Usa

Gli Spirits italiani continuano ad essere ostaggio di una disputa legata alla querelle aerospaziale tra Usa ed Europa e stanno pagando le gravissime conseguenze dei dazi del 25%. Una misura, ricorda Federvini, introdotta dall’amministrazione Trump nell’ottobre 2019, confermata in settimana dall’organo statunitense Ustr (United States Trade Representative).

“Le perdite del nostro settore, già messo a durissima prova dalla situazione pandemica, sono ingenti e rischiano di indebolire in via definitiva le aziende italiane in un mercato prioritario – dichiara Micaela Pallini Presidente del Gruppo Spiriti di Federvini – Secondo i dati delle Dogane Usa, l’export dei nostri prodotti ha subito nel 2020 una discesa a picco registrando una flessione del 40%, pari a circa 65 milioni di euro”.

“I problemi degli scambi commerciali, inclusi dazi e Brexit – prosegue Pallini – devono essere posti al centro dell’agenda politica del nuovo Governo. Centinaia di imprese e decine di migliaia di occupati di questo importante comparto dell’agroalimentare italiano rischiano di pagare un prezzo altissimo per i passati immobilismi che stano amplificando i già enormi danni subiti a causa della pandemia”.

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Food Lifestyle & Travel news news ed eventi

Fipe contro Speranza per le chiusure di bar e ristoranti: «Offensive e senza preavviso»

Dura reazione di Fipe Confcommercio sulle nuove ordinanze del Ministro della Salute, Roberto Speranza. «Situazione inaccettabile e offensiva», tuona di fatto la Federazione italiana pubblici esercizi.

«Con pochissime ore di preavviso, bar e ristoranti di Toscana, Liguria, Abruzzo e provincia autonoma di Trento apprendono del provvedimento che blocca le loro attività», sottolinea Fipe.

Turni di lavoro già organizzati per migliaia di lavoratori e decine di migliaia di clienti prenotati appesi a decisioni ufficializzate a poche ore dalla scadenza, a testimonianza dell’assoluta mancanza di attenzione e rispetto verso chi, con fatica, cerca di resistere ad una crisi senza precedenti».

«A questo si devono aggiungere decine di milioni di euro di prodotti alimentari già acquistati che finiranno nella spazzatura. Inaccettabile ufficializzare i provvedimenti con una manciata di ore di preavviso – conclude la Federazione italiana pubblici esercizi – come peraltro segnalato dai governatori delle regioni interessate tra cui Toti, che ha fatto nel pomeriggio un’istanza al ministro Speranza per far partire l’ordinanza da lunedì 15 febbraio». (foto LaPresse)

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birra

Heineken annuncia 8 mila licenziamenti al mondo

Sembra non aver fine il periodo nero di Heineken. Dopo aver annunciato lo scorso novembre 93 esuberi in Italia, la multinazionale Olandese ha annunciato il taglio di altri 8 mila posti di lavoro nei suoi stabilimenti nel mondo.

Il colosso, secondo produttore di birra al mondo dopo AB-Inbev con oltre 200 mila ettolitri di birra prodotti ogni anno suddivisi in più di 250 marchi fra cui gli italiani Birra Moretti, Ichnusa, Dreher e Birra Missina, ha visto un calo del fatturato nel 2020 pari al 16% a causa della pandemia e del crollo delle vendite del canale Horeca.

L’azienda si dichiara quindi costretta a ridurre gli attuali 85 mila dipendenti e ad attuare un piano di riorganizzazione volto a ridurre i costi di circa 350 milioni di euro l’anno. Non è ancora chiaro quali saranno i Paesi e gli stabilimenti coinvolti nella ristrutturazione.

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birra

Birra artigianale lombarda: progetto di legge al via in Commissione regionale

È iniziato nella VIII Commissione Agricoltura della Regione Lombardia l’iter del progetto di legge “Promozione e valorizzazione della filiera agroalimentare brassicola regionale“. I contenuti del Pdl sono stati illustrati nel corso di una conferenza stampa online a cui hanno partecipato i vicecapogruppo della Lega Andrea Monti e Floriano Massardi, promotori della legge, l’assessore regionale al Turismo Lara Magoni, l’assessore regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi, il Direttore Generale di Unionbirrai Vittorio Ferraris e il Consigliere Nazionale di Unionbirrai Andrea Soncini.

Il Pdl ha lo scopo di promuovere e valorizzare la filiera brassicola regionale e favorire lo sviluppo del comparto agricolo ad essa legato e si basa su tre pilastri: valorizzazione della filiera e della formazione degli addetti, identificabilità dei birrifici artigianali e sviluppo del “turismo brassicolo”.

«L’intento – spiega Massardi – è quello di tutelare e valorizzare i piccoli birrifici indipendenti che rappresentano una realtà sempre più numerosa e importante nella nostra Regione». La Lombardia ha visto nascere il movimento ella birra artigianale in epoca pionieristica ed è arrivata oggi a contare 155 micro-birrifici, il 16% del totale italiano, con una produzione di 112 mila ettolitri e 540 persone impiegate direttamente.

«La legge – prosegue il consigliere regionale – introduce novità significative, a partire da un marchio regionale a garanzia dell’identificabilità del prodotto. Sarà inoltre possibile la vendita e la somministrazione di birra sul posto, una facoltà che oggi non è consentita. Viene poi introdotto e promosso, sull’esempio di altri Paesi Europei storici produttori di birra, uno sviluppo turistico basato sulla visita ai luoghi di produzione».

«Un obiettivo da raggiungere mediante la formazione di operatori turistici e la promozione di materiale informativo – conclude Massardi – Andiamo a intercettare la domanda dei consumatori che non si accontentano più delle solite birre delle multinazionali ma vanno alla scoperta di prodotti più specifici. L’auspicio è che si arrivi all’approvazione finale del provvedimento da parte del Consiglio Regionale entro l’estate 2021».

Una legge innovativa che, sperano i promotori, possa essere ad esempio sia per le altre Regioni che a livello nazionale per dare slancio ad un settore fatto da aziende giovani, innovative, attente agli aspetti di diversificazione e legame al territorio.

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Approfondimenti

Vino italiano ancora salvo dai dazi Usa

Ancora salvo il vino italiano e immutato lo stato dell’arte dei Paesi europei colpiti da dazi aggiuntivi americani per la vicenda Airbus. È il verdetto, annunciato nella tarda serata di ieri dall’associazione statunitense degli importatori di bevande (Nabi), del rappresentante per il commercio Usa (Ustr), che non proporrà quindi revisioni alle attuali tariffe sulle merci Ue nella controversia commerciale Airbus.

Ufficialmente Ustr ha invocato un’eccezione giuridica per sospendere l’imminente “carosello” atteso per questo mese perché Ustr «e l’industria statunitense interessata concordano sul fatto che una revisione non è necessaria».  Secondo Unione italiana vini si tratta di un primo importante segnale di disgelo della nuova Amministrazione americana.

«Da giorni nei corridoi di Bruxelles si discute di una possibile mutua sospensione dei dazi Airbus-Boeing come primo atto di distensione delle relazioni transatlantiche – dice Paolo Castelletti, segretario generale Uiv – Per ora, scampato pericolo per un nuovo carosello e importante segnale da parte dell’Amministrazione Biden. Auspichiamo che i prossimi giorni segnino una svolta ancora più netta: il vino europeo confida in una rinnovata stabilità del mercato americano».

Citando le ultime revisioni nel gennaio 2021 (che hanno visto colpiti ulteriori prodotti, tra cui i vini, provenienti da Francia e Germania) il Commercio Usa ha affermato che «continuerà a considerare ulteriori azioni». In altre parole Ustr ha deciso di prendere tempo.

Secondo la National Association of Beverage Importers (Nabi), la decisione dell’Ustr di non aumentare i danni subiti dagli importatori di vino è infatti una buona notizia, tenuto conto che questi prodotti non sono in alcun modo collegati alla disputa.

La cronistoria sulla disputa Airbus-Boeing risale alla fine del 2019, quando in sede di Wto gli Stati Uniti sono stati autorizzati a imporre dazi su quasi 7,5 miliardi di dollari di beni e servizi europei importati ogni anno. Un anno dopo, la stessa Organizzazione mondiale per il Commercio ha autorizzato l’Ue a imporre tasse sui prodotti importati dagli Stati Uniti per 4 miliardi di dollari.

I dazi americani erano stati estesi a fine 2020 pochi giorni prima del termine del mandato Trump e riguardano prodotti francesi e tedeschi: +25% sui vini non frizzanti, il mosto d’uva e il cognac, e +15% su alcuni componenti aerei.

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Salento, Consorzi del Vino pronti alle barricate contro il fotovoltaico

«Stop alla colonizzazione selvaggia del nostro territorio da parte dei giganti del fotovoltaico». Fronte comune dei Consorzi di Tutela di Primitivo di Manduria, Salice Salentino e vini Doc Brindisi e Squinzano, «pronti alle barricate» contro un nuovo impianto per l’energia fotovoltaica.

Un progetto, attaccano all’unisono i presidenti Mauro di Maggio, Damiano Reale e Angelo Maci, che «minaccia di divorare una vasta fetta di terra del Parco del Negroamaro, tra Campi Salentina, Cellino San Marco e Squinzano, proprio dove inizia la murgia salentina e i vigneti esprimono la parte migliore di sé, dando vita a vini importanti per grandi marchi di numerose cantine italiane. Daremo battaglia per difendere la nostra terra».

«Dobbiamo fermare l’avanzata delle lobby delle finte energie pulite – denunciano i tre Consorzi del vino pugliese – che stanno approfittando del disastro xylella per accaparrarsi i nostri terreni. E vogliamo smascherare la farsa dell’agro fotovoltaico, perché i nostri vigneti non possono produrre sotto le strutture fotovoltaiche».

Le nostre terre sono ricche di storia vitivinicola e hanno nel lungo tempo portato avanti la tradizione della vigna con amore e dedizione, invitando clienti ed esportatori esteri a guardare dal vivo le lunghe distese di terra coltivate e lavorate con fatica e sudore e mantenendo viva la storicità del territorio».

Pe la promozione del territorio salentino colpito dalla xylella sono stati stanziati 98 milioni di euro, di cui 62 a fondo perduto da parte del Mipaaf. Di questi, 3 milioni sono stati affidati ai Consorzi di tutela per promuovere il territorio salentino.

«Con una mano si punta a riqualificare l’immagine del territorio del vino e dell’olio – denunciano ancora i presidenti – con l’altra si autorizzano le lobby del fotovoltaico a distruggere il Salento. Questa volta faremo le barricate e inviteremo i produttori a scendere in campo».

La battaglia è sostenuta dal consigliere regionale Paolo Pagliaro, capogruppo La Puglia Domani. «Su nostra richiesta – denuncia – si è tenuta a fine gennaio una prima audizione in Commissione Agricoltura del Consiglio regionale, da cui è emersa la volontà di alzare le barricate contro questa vera e propria invasione di pannelli solari nelle campagne del Salento».

È attesa inoltre una seconda audizione, questa volta congiunta con la Commissione Ambiente, per passare alla fase 2: la definizione delle modifiche da apportare al Pear, il Piano Energetico Ambientale della Regione, «utile a fissare paletti invalicabili contro la minaccia di nuovi insediamenti d’impianti fotovoltaici ed eolici», anticipa Pagliaro.

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Salsiccia di Bra “dopata” con i solfiti: tre macellai agli arresti domiciliari (VIDEO)

Tre macellai sono stati sottoposti alla misura degli arresti domiciliari, per aver “dopato” la nota Salsiccia di Bra con una dose massiccia di solfiti. Si tratta del risultato di un’articolata operazione dei carabinieri del Nas di Torino e dei militari della Compagna locale, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Asti.

Le indagini sono state avviate nella cittadina della provincia di Cuneo, in Piemonte, a fine 2019. I militari del Nas hanno infatti riscontrato la significativa presenza di una sostanza vietata – solfiti, per l’appunto – nei campioni di carne trita destinata alla produzione della Salsiccia di Bra, prelevati presso alcune macellerie locali.

Nonostante le conseguenti denunce a piede libero e l’applicazione della misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare l’attività imprenditoriale, già disposta nell’agosto del 2020 dal Tribunale di Asti, l’ulteriore attività di prelevamento dei campioni eseguita dai Carabinieri del Nas ha permesso di accertare la reiterazione dei reati da parte dei tre macellai.

Su richiesta del Procuratore Aggiunto Vincenzo Paone, il Tribunale di Asti ha quindi proceduto alla richiesta di arresti domiciliari, «al fine di scongiurare il pericolo di ripetizione del reato, particolarmente pericoloso per la salute pubblica».

Secondo numerose analisi di laboratorio compiute in seguito ai blitz delle forze dell’ordine, l’utilizzo di solfiti nella Salsiccia di Bra, e più in generale nella carne trita di bovino, non è raro. Sostanze che vengono impiegate per le loro proprietà conservanti.

Pur non incidendo sul processo di ossidazione e putrefazione, i solfiti sono in grado di mantenere a lungo il colore originario del prodotto, rendendolo commercialmente più appetibile soprattutto per la consumazione a crudo, come nello specifico caso della Salsiccia di Bra.

Un prodotto riconosciuto quale “Prodotto Agroalimentare Tradizionale” italiano, la cui preparazione è rigidamente definita da un apposito disciplinare di produzione controllato dal relativo Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione.

L’eccessiva concentrazione di solfiti può provocare anche gravi conseguenze sulla salute pubblica, dando origine a reazioni allergiche o a fenomeni di intolleranza se assunti da individui sensibili o ipersensibili.

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degustati da noi vini#02

L’Etna di Cantine La Contea

In attesa di presentare gli spumanti Etna Doc, una nuova realtà si fa largo alle pendici del vulcano della Sicilia. Si tratta di Cantine La Contea di Santa Venera di Mascali (CT), che lavora 16 ettari sul versante orientale della “Muntagna”, a 400 metri sul livello del mare.

Il focus non poteva che essere sul Nerello Mascalese, vitigno autoctono a bacca rossa simbolo dell’Etna. Nonostante le difficoltà del periodo, il 2021 vuole essere l’anno della consacrazione per La Contea, a 10 anni esatti dal 2011, anno della fondazione.

Al momento sono 28 mila le bottiglie prodotte su tre etichette della linea “Classe 39“. Tutti vini Terre siciliane Igt, cui andrà ad affiancarsi a breve un Etna Doc Bianco e uno Spumante Metodo Classico Etna Doc, con maturazione minima di 36 mesi.

La gamma si arricchirà in seguito di un Etna Doc Rosso e di uno Spumante Metodo Classico Etna Doc Rosè, attualmente sui lieviti. Un percorso verso la qualità, quello di Cantine La Contea, all’insegna delle molteplici sfaccettature del Nerello Mascalese.

LA DEGUSTAZIONE
Vino Bianco 2019 “Classe 39”, Az. Agr. La Contea (13%): 85/100
Giallo paglierino luminoso. Profumi ampi, bel bouquet di fiori freschi e frutta esotica, banana in primis. Vena minerale e vegetale, sulla mandorla e sulla buccia d’agrume. Un’acidità spinta che si ritrova anche al palato, sin dall’ingresso: i ricordi di agrume, già avvertiti al naso, accompagnano il sorso uniti a una bella vena sapida.

Vino giovane, che potrà avere una discreta evoluzione positiva nei prossimi mesi di bottiglia. Ottenuto da uve Nerello Mascalese 100% vinificate in bianco in acciaio, si presta ad accompagnare la cucina dagli antipasti ai secondi di carni bianche, oltre a portate di pesce e sushi.

Terre Siciliane Igp Rosato 2019 “Classe 39”, Az. Agr. La Contea (13%): 84/100
Bel colore buccia di cipolla. Al naso ricordi di pesca, fico, agrumi. Altro ingresso verticale, su un’acidità spinta che lascia poi spazio alle note fruttate più morbide, già avvertite al naso. Chiude leggermente amaricante, sull’equilibrio tra frutta e salino.

Un vino ottenuto da uve Nerello Mascalese vinificate in rosa, con breve contatto sulle bucce e permanenza in bottiglia di almeno 6 mesi prima della commercializzazione. Ideale compagno di pizza, sushi, linguine ai ricci di mare. Perfetto col pesce saporito e le fritture di paranza, risponde bene anche con le carni bianche.

 

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Aumentano le frodi per la Mozzarella di Bufala Campana Dop

La Mozzarella di Bufala Campana Dop è ancora più imitata in tempi di Covid. È quanto emerge dal report annuale elaborato dal settore Vigilanza del Consorzio di Tutela e che prende in esame le azioni intraprese nel 2020. Centinaia i casi rilevati dall’attività di verifica e il web si conferma il terreno privilegiato per le violazioni. Gli ultimi dati del Consorzio si concentrano proprio sull’attività di “online brand protection”, con rilevazioni che coprono tutto il 2020.

I NUMERI
Non solo internet e social però. L’attività di vigilanza sul prodotto da parte degli ispettori del Consorzio in totale ha portato a ben 2361 azioni di tutela, nonostante le difficoltà e il lockdown da pandemia. Nel complesso, sono circa 3500 i link rinvenuti nei quali è presente un riferimento al marchio e alla Dop Mozzarella di Bufala Campana.

La grande maggioranza delle violazioni si realizzano in siti e-commerce o marketplace. L’83% delle frodi avviene in tale contesto, dove spesso l’utente incriminato si avvale anche dell’utilizzo di social network, attraverso i quali promuove la sua attività di vendita telematica. Le violazioni perpetrate tramite social rappresentano infatti il 31% del totale e si tende a trasgredire principalmente su Facebook e Instagram. Inferiore la percentuale di siti e domini, che insieme non vanno oltre il 13%.

I CASI
Spesso ci si trova davanti ad un utilizzo non autorizzato di loghi e marchi (86%), anche per il dominio del sito (1%). Non mancano i tentativi di vera e propria contraffazione (13%) e si segnalano inoltre casi di concorrenza sleale. Le irregolarità si registrano soprattutto nell’unione Europea, in particolare in Italia, ma anche nei due grandi mercati extracomunitari, ovvero Cina e Stati Uniti.

“Siamo di fronte a un fenomeno in costante crescita, visto che l’uso del web è sempre più capillare, e che non può essere preso sottogamba dal momento che su un totale di circa 2000 link con riferimenti al marchio e alla Dop Mozzarella di Bufala Campana ben 183 sono stati considerati lesivi, dunque dei veri e propri abusi”, commenta il direttore del Consorzio di Tutela, Pier Maria Saccani.

“È chiaro – prosegue il direttore – che il rispetto del marchio in quelli che sono potenzialmente i più grandi mercati del mondo rappresenta una questione di assoluta rilevanza soprattutto per il futuro della filiera della Mozzarella di Bufala Campana Dop”, .

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Mozzarella di Bufala Dop: aumentano le frodi in tempo di Covid

In tempo di Covid la Mozzarella di Bufala Campana Dop è ancora più imitata, come emerge dal report annuale elaborato dal settore Vigilanza del Consorzio di Tutela e che prende in esame le azioni intraprese nel 2020. Centinaia i casi rilevati dall’attività di verifica e il web si conferma il terreno privilegiato per le violazioni. Gli ultimi dati del Consorzio si concentrano proprio sull’attività di “online brand protection”, con rilevazioni che coprono tutto il 2020.

I NUMERI
Non solo internet e social però. L’attività di vigilanza sul prodotto da parte degli ispettori del Consorzio in totale ha portato a ben 2361 azioni di tutela, nonostante le difficoltà e il lockdown da pandemia. Nel complesso, sono circa 3500 i link rinvenuti nei quali è presente un riferimento al marchio e alla Dop Mozzarella di Bufala Campana.

La grande maggioranza delle violazioni si realizzano in siti e-commerce o marketplace. L’83% delle frodi avviene in tale contesto, dove spesso l’utente incriminato si avvale anche dell’utilizzo di social network, attraverso i quali promuove la sua attività di vendita telematica. Le violazioni perpetrate tramite social rappresentano infatti il 31% del totale e si tende a trasgredire principalmente su Facebook e Instagram. Inferiore la percentuale di siti e domini, che insieme non vanno oltre il 13%.

I CASI
Spesso ci si trova davanti ad un utilizzo non autorizzato di loghi e marchi (86%), anche per il dominio del sito (1%). Non mancano i tentativi di vera e propria contraffazione (13%) e si segnalano inoltre casi di concorrenza sleale. Le irregolarità si registrano soprattutto nell’unione Europea, in particolare in Italia, ma anche nei due grandi mercati extracomunitari, ovvero Cina e Stati Uniti.

«Siamo di fronte a un fenomeno in costante crescita, visto che l’uso del web è sempre più capillare, e che non può essere preso sottogamba dal momento che su un totale di circa 2000 link con riferimenti al marchio e alla Dop Mozzarella di Bufala Campana ben 183 sono stati considerati lesivi, dunque dei veri e propri abusi», commenta il direttore del Consorzio di Tutela, Pier Maria Saccani.

«È chiaro – prosegue il direttore – che il rispetto del marchio in quelli che sono potenzialmente i più grandi mercati del mondo rappresenta una questione di assoluta rilevanza soprattutto per il futuro della filiera della Mozzarella di Bufala Campana Dop».

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Vinitaly 2021, Lombardia alla finestra. Rolfi: «Sì a giugno se la vetrina è corretta»

Tiene banco la questione Vinitaly sì – Vinitaly no, nel flashback in bianco e nero che riporta dritti allo scorso anno. Dopo i rumors su Avito, il “Consorzio dei Consorzi” del vino della Toscana, intenzionato a chiedere l’annullamento dell’edizione 2021, è Regione Lombardia a esporsi su Vinitaly 2021. Con un sì condizionato dalle misure di sicurezza, da garantire anche attraverso una revisione degli spazi e della logistica.

«Vinitaly – commenta Fabio Rolfi, assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi Regione Lombardia – è un evento internazionale che rappresenta un punto fermo nel panorama fieristico italiano. Non dobbiamo però perdere di vista l’obiettivo della manifestazione: consentire alle aziende vitivinicole di fare business».

La Regione Lombardia – continua – sta attendendo la decisione degli organizzatori. Probabilmente il periodo della seconda metà di giugno non è quello più funzionale alle esigenze aziendali dei produttori.

Ma se l’organizzazione dovesse decidere di procedere garantendo la sicurezza di espositori e visitatori, la Lombardia ci sarà e studierà tutte le possibili soluzioni logistiche per permettere la giusta valorizzazione commerciale dei vini del territorio».

Rolfi precisa infine di «non escludere anche una ricollocazione negli spazi fieristici». «Ricordo che nella nostra regione si produce per il 95% vino che va a Doc, Docg e Igt – conclude l’assessore – quindi riteniamo che ogni manifestazione debba essere una vetrina corretta per dare valore ai nostri prodotti».

Secondo le voci raccolte da WineMag.it tra i produttori e gli stakeholder, il maggiore timore è quello di un’edizione di Vinitaly in sordina. Disertato dai buyer e dagli operatori, impegnati in altre attività prioritarie per la ripartenza, nel mese di giugno.

Negli Usa, pochi hanno già pianificato un viaggio a Verona per partecipare alla kermesse e il tema Vinitaly sì – Vinitaly no non risulta «neppure in agenda per le prossime settimane». Valige nell’armadio anche in Europa, dove regna il medesimo scetticismo.

Tra i buyer e i produttori si cita peraltro come esempio virtuoso ProWein, con Messe Düsseldorf GmbH che ha comunicato già il 3 dicembre 2020 la propria intenzione di annullare l’edizione 2021, dando appuntamento al 2022.

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Richiesta di rinvio di Vinitaly 2021 al 2022: rumors dai Consorzi della Toscana

Rinvio di Vinitaly 2021 al 2022. È quanto si appresterebbero a chiedere i Consorzi del Vino della Toscana a Veronafiere, secondo rumors giunti alla redazione di WineMag.it. La decisione sarebbe stata presa nel contesto di una riunione di Avito, il “Consorzio dei 16 Consorzi” del vino toscano Dop e Igp, nato nel 2016.

Un organismo con un peso specifico rilevante nel comparto, in grado di racchiudere circa 5 mila imprese e oltre 20 mila addetti, con un fatturato che supera 1 miliardo di euro.

Una presa di posizione potrebbe condizionare l’intera filiera, in attesa che altri si espongano ufficialmente sull’edizione di Vinitaly 2021, in programma dal 20 al 23 di giugno.

In particolare, l’ultima settimana di Febbraio è fissata la riunione di Federdoc. Discussione aperta sul rinvio al 2022 di Vinitaly anche nella Fivi, che sta sondando internamente le opinioni dei vignaioli indipendenti. Già lo scorso anno, la Federazione guidata da Matilde Poggi aveva bocciato l’ipotesi di un Vinitaly “Summer Edition“.

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Valpolicella Annual Conference dietro le quinte: la rivoluzione dei mini campioni

Due spedizioni separate. La prima contenente calici, tovagliette e materiale informativo. La seconda 12 “Vinotte“, ovvero “mini campioni” da 20 ml. È una vera e propria rivoluzione quella che attende la stampa internazionale invitata a partecipare alla prima Valpolicella Annual Conference – digital edition, dal 26-27 febbraio 2021.

Novità destinate forse ad andare ben oltre l’emergenza Covid-19 e a fare di questo evento, unico in Italia, un casus da imitare in futuro da altri Consorzi e cantine. Decisiva la partnership del Consorzio Tutela Vini Valpolicella con Vinovae, azienda con sede a Lione, in Francia, in forte espansione in Italia nell’ultimo anno.

Il leitmotiv è chiaro: “In Vinotte veritas“. «Ad oggi – spiega a WineMag.it la Country Manager Perrine Vilain (nella foto, sotto) – Vinovae ha prodotto oltre un milione di mini campioni da 20 millilitri, spediti in Europa e nel mondo con un grande risparmio di denaro da parte dei nostri partner». Ai produttori o ai Consorzi basta inviare nella cittadina del sud della Francia le bottiglie da 75 cl.

«Da ognuna – spiega Vilain – riusciamo a ottenere 36 campioncini di vino in PET con tappo a vite, pronti all’uso da parte di buyer o giornalisti di settore che desiderino degustare quella determinata etichetta. Il tutto garantendo la massima autenticità organolettica, dal momento che il processo si svolge interamente in ambiente inerte, in totale assenza di ossigeno».

Fondata a Lione nel 2016, Vinovae è letteralmente esplosa a causa (o per merito) della pandemia. E l’Italia è ben presto divenuta mercato di conquista l’azienda d’Oltralpe, che dal 2018 ha trovato casa anche a Milano, prima (e al momento unica) filiale italiana. «Il primo ente a contattarci è stato il Consorzio del Chianti classico – spiega ancora Perrine Vilain a WineMag.it – per un evento digitale organizzato sulla piattaforma Hopwine».

Dalla Toscana, Vinovae ha poi espanso la sua rete in altre regioni, come il Piemonte e il Veneto. I contatti con la Valpolicella, a breve protagonista del primo grande evento online con le “Vinotte”, risalgono alla fine dello scorso anno. Proprio in vista di un possibile annullamento di Anteprima Amarone 2021 “in presenza”, a causa del Covid-19.

In particolare, i campioni della Annual Conference, selezionati tra i più rappresentativi dei diversi stili e delle diverse zone di produzione, saranno anonimi, numerati da 1 a 12. Le degustazioni – ben tre quelle in programma nella due giorni – saranno dunque interamente alla cieca.

«In nessun momento saranno resi noti i nomi dei vini o dei produttori dei campioni selezionati – spiega a WineMag.it Nicola Padovano, International Relations & Events del Consorzio di Tutela Vini della Valpolicella – perché lo scopo delle degustazioni è quello di interrogarsi sulle tipologie e non sul singolo brand. Nemmeno i produttori sanno quali vini sono stati selezionati».

A tutti i giornalisti sarà fornito un link per la registrazione, che permetterà di assistere all’evento digitale. Le sessioni in italiano (nella mattinata del 26 e del 27 febbraio 2021) avranno la traduzione simultanea in inglese, mentre i tasting si svolgeranno direttamente in lingua inglese. Grande attesa, dunque, per un evento fortemente voluto da Christian Marchesini, eletto presidente del Consorzio nell’agosto 2020.

«Da marzo 2020, con l’inizio della pandemia – commenta – una buona parte delle attività di promozione del Consorzio sono confluite nella sfera digitale e sono migliorate man mano che le tecnologie a supporto evolvevano durante l’anno, tanto da spingerci ad interrogarci sul futuro, oltre che sulle sfide da affrontare in questa fase di cambiamento radicale dei consumi e dei mercati».

Un’urgenza, questa, che ci ha condotto a ideare il primo evento totalmente digitale e live organizzato da una denominazione vinicola, con contenuti differenziati rivolti a un pubblico multitarget. È nata così l’idea della Valpolicella Annual Conference – digital edition, in programma il 26 e 27 febbraio 2021: un focus straordinario di due giorni per interagire con tutti i nostri stakeholder (dai produttori, al trade e giornalisti)».

L’obiettivo? «Rilanciare l’attenzione sul vino tricolore – spiega Christian Marchesini – e in particolare sulla Valpolicella e i suoi vini, esportati in oltre 80 paesi del mondo. Il format dell’evento è smart, con sessioni brevi e incisive come imposto dal web e con il coinvolgimento di diversi player, in diretta streaming su piattaforma Zoom e sui principali canali social del Consorzio, ovvero Facebook e Instagram».

Inoltre, nella giornata di venerdì 26 febbraio saranno previste 3 sessioni di dialogo e degustazione (virtual tasting), con lo scopo di approfondire il confronto tra “Vini di metodo” come Amarone e Ripasso e i “Vini di territorio”, come il Valpolicella, in relazione al cambiamento climatico e all’evoluzione dei consumi.

In collegamento oltre 25 paesi del mondo che degustano in diretta grazie ad un kit vino e una box degustazione inviata dal Consorzio. Appassimento e invecchiamento sono al centro della degustazione dedicata all’Amarone, il ‘nuovo’ Ripasso, regolamentato dal disciplinare modificato nel 2019, sarà al centro del secondo focus.

Infine i riflettori saranno puntati sul rinnovamento e posizionamento del Valpolicella Doc, «il vino che più riflette il terroir della denominazione – commenta Marchesini – alla luce di un mercato considerato sempre più light-bodied oriented». Un dietro le quinte imponente, insomma. Per un evento all’insegna del “mini” e del “digital”.

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Vini al supermercato

Vino a volantino nella seconda metà febbraio: prendere o lasciare

Nuovo appuntamento con la rassegna dei vini presenti sui volantini della Gdo, per l’analisi della seconda metà del mese di febbraio 2021. Dopo lo speciale vino di Carrefour scaduto proprio ieri, nessuno sembra averne raccolto il testimone.

Da segnalare i primi avvistamenti di offerte sulla nuova tipologia di Prosecco Doc Rosé anche sulle pagine speciali dedicate a San Valentino, con lo spumante “rosa” del Veneto che si candida a “bollicina degli innamorati”. Buona spesa!

Volantino Aldi fino al 14 febbraio, “Extra formati”
Prosecco Doc: 2,99 euro (3 / 5)
Rosato Veneto Frizzante: 1,49 euro (2 / 5)
Trentino Doc Marzemino: 2,69 euro (3 / 5)
Müller Thurgau Vigneti delle Dolomiti: 2,69 euro (3 / 5)



Volantino Bennet fino al 17 febbraio, “Sconto 50, 40, 30”
Sangiovese di Romagna Galassi:  1,99 euro (3 / 5)
Lambrusco Modena Chiarli: 2,39 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Docg Monrato: 2,49 euro (3 / 5)


 

Volantino Carrefour Iper fino al 25 febbraio “Sconti fino al 50”
Barbera / Bonarda Colli Piacentini Doc, Cantina Vicobarone: 2,89 euro (3,5 / 5)
Franciacorta Docg Brut La Rocchetta: 10.89 euro (3,5 / 5)
Malvasia Frizzante Colli Piacentini Doc, Cantina Valtidone: 2,99 euro (3,5 / 5)



Volantino Carrefour Market fino al 25 febbraio “Sconti fino al 50”
Montepulciano / Trebbiano d’Abruzzo Dop La Calenzana, Natale Verga Na.Ve.: 2,79 euro (2,5 / 5)
Nero d’Avola Doc / Grecanico Igt Il Poggio dei Vigneti, Natale Verga Na.Ve.: 1,89 euro (1 / 5)
Chianti Classico Docg Geggiano Terre d’Italia: 4,99 euro (3,5 / 5)

Muller Thurgau fermo / frizzante, Cavit: 3,49 euro (3,5 / 5)
Ribolla Gialla Doc Terre d’Italia: 6,39 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Rosé Extra Dry, Bolla: 4,89 euro (3,5 / 5)


Volantino Conad City fino al 22 febbraio, “Sconti fino al 50%”
Barbera D’Asti Docg Galanera Duchessa Lia: 6,90 euro (3,5 / 5)
Nebbiolo d’Asti Doc Duchessa Lia: 5,99 euro (3,5 / 5)
Barolo Docg Miniato: 11,90 euro (3,5 / 5)
Langhe Doc Rosato Fontanafredda: 5,29 euro (4 / 5)

Vini Turà Lamberti: 1,99 euro (3 / 5)
Sangiovese Romagna Doc Scjucaren: 2,38 euro (3 / 5)
Müller Thurgau Corte Allegra: 1,99 euro (1,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Ortrugo Valtidone: 2,24 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Putto Sensi: 2,99 euro (3,5 / 5)


Volantino Crai fino al 14 febbraio, “Sotto prezzo”
Fiano di Avellino Docg Feudi San Gregorio: 7,99 euro (5 / 5)
Vini Doc La Guardiense: 2,99 euro (3,5 / 5)

Vini Doc Antiche Terre Solopaca: 1,99 euro (2,5 / 5)
Vini Frizzantino Chiarli bianco o Rosè: 1,99 euro (3 / 5)
Prosecco Docg La Gioiosa: 5,49 euro (3 / 5)



New Volantino Despar fino al 17 febbraio, “Sottocosto”
Oltrepò Pavese Doc Bonarda Le Cascine, Losito e Guarini: 1+1 3,99 euro (1 / 5)
Erbaluce Caluso Docg La Ronchi: 1+1 3,99 euro (1 / 5)

Gewurztraminer Santa Margherita: 6,50 euro (4 / 5)
Sauvignon Oberlaiten: 8,75 euro (4 / 5)
Dolcetto d’Alba Terredavino: 3,75 euro (3 / 5)


Volantino Esselunga fino al 17 febbraio, “Al cuore della convenienza”
Prosecco di Valdobbiadene Docg Le Fade: 7,99 euro (4 / 5)
Alto Adige Doc Gewurztraminer Colterenzio: 7,84 euro (5 / 5)
Lugana Cesari: 5,53 euro euro (3,5 / 5)

Zibibbo Feudi San Nicola: 2,99 euro (3,5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo o Passerina Quid/Quis Citra: 1+1 5,90 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Bonarda San Zeno, Zonin: 3,54 euro (3,5 / 5)

Rosso Verona Igt Bolla: 1+1 6,29 euro (4 / 5)
Barbera d’Asti Docg Villa Rustica: 1+1 5,49 euro (3 / 5)
Chianti Riserva Collezione Oro Piccini: 1+1 7,90 euro (5 / 5)
Primitivo del Salento Conti Zecca: 2,69 euro (3,5 / 5)



Famila fino al 10 febbraio, “Sconti fino al 50”
Spumante Blanc del Blancs Extra Dry Maximilian: 2,99 euro (3 / 5)
Chianti Docg Le Vie dell’Uva: 1+1 3,85 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Docg Il Poggio dei Vigneti, Natale Verga Na.Ve.: 1+1 3,99 euro (1 / 5)

Famila fino al 24 febbraio, “Sconti 30, 40 e 50”
Le Vie dell’Uva Nobile Di Montepulciano Docg: 6,90 euro (3,5 / 5)
Chianti Classico Docg Storia di Famiglia Cecchi: 5,80 euro (4 / 5)
Maximilian I Blanc de Blanc Extra Dry: 2,79 euro (3 / 5)

Vino Il Poggio dei Vigneti Barbera d’Asti: 1,95 euro (1 / 5)
Casa de’ Monzi Vino Sangiovese Romagna Doc: 2,49 euro (3 / 5)
Pignoletto Doc Frizzante Rose di Bacco Chiarli : 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Mionetto: 6,99 euro (3,5 / 5)

Famila fino al 24 febbraio, “Sapori Regionali”
Vini Le Rovole Natale Verga Na.Ve.: 1,99 euro (1 / 5)
Dolcetto Monferrato Capetta: 2,79 euro (3 / 5)
Barbera d’Asti I somelieri: 2,99 euro (3 / 5)

Colli Piacentini Gutturnio Bonelli: 2,29 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Ortrugo Vicobarone: 2,29 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Sartori: 5,99 euro (3,5 / 5)
Langhe Doc Nebbiolo Heredis Verga: 5,49 euro (2 / 5)
 



Volantino Gulliver fino al 10 febbraio, “Freschissimi sottocosto”
Rosato Salento Igt ll Poggio dei Vigneti, Natale Verga Na.Ve.: 1,99 euro (1 / 5)
Nero d’Avola o Grillo Doc Settesoli: 3,19 euro (4 / 5)

Dolcetto d’Alba Doc Duchessa Lia: 3,99 euro (3,5 / 5)
Torevilla Cortese Pinot Nero Genisia Dop: 2,99 euro (3,5 / 5)
Valdobbiadene Docg Prosecco Col del Sol: 5,49 euro (3,5 / 5)



Volantino Il Gigante fino al 14 febbraio, “1+1”
Prosecco Treviso Doc Porta Leone: 1+1 7,98 euro (3,5 / 5)
Grignolino, Dolcetto d’Alba o Barbera d’Asti Icardi: 1+1 7,78 euro (4 / 5)
Vini Poggio dei Vigneti, Natale Verga Na.Ve: 1+1 3,78 euro (1 / 5)

Dolcetto, Grignolino, Pinot Grigio o Barbera d’Asti Corte Regale: 1.1 3,98 euro (2 / 5)
Sangiovese o Grechetto Umbria Igp Castello delle Regine: 1+1 5.78 euro (4 / 5)

Malvasia o Bonarda Dante 45: 1+1 5,98 euro (3 / 5)
Spumante Cuvèe Millesimato Coste Petrai: 1+1 5,98 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Vecchia Cantina di Montepulciano: 1+1 4,58 euro (5 / 5)


Volantino Iper, fino al 14 febbraio, “Più che grande maestoso”
Prosecco Doc Gasparetto: 2,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Riserva o Superiore Docg Collezione Oro Piccini: 3,89 euro (5 / 5)
Barbera d’Asti Docg, Dolcetto d’Asti o Grignolino Bersano: 3,89 euro (3,5 / 5)
Bardolino Custoza o Soave Doc Cadis: 2,79 euro (3,5 / 5)

Aglianico o Falanghina Sannio Dop Feudi: 3,99 euro (3,5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc, Sangiovese o Trebbiano Rubicone Vigne Del Colle: 1,79 euro (1 / 5)
Primitivo o Negroamaro Puglia Millenovecentodieci: 2,49 euro (3 / 5)
TreVenezie Igt Bianco, Rosso, Rosato Terre Fredde: 1,99 euro (3 / 5)

Volantino Iper fino al 14 febbraio, “Grande Rrisparmio”
Prosecco Valdobbiadene Docg Bolla: 3,49 euro (3,5 / 5)
Refosco, Cabernet, Pinot Grigio o Traminer Falcaia: 3,49 euro (3 / 5)
Primitivo o Negroamaro Puglia Millenovecentodieci: 2,49 euro (3 / 5)

Vermentino di Gallura Docg o Vermentino Spumante Sangusta Pedres: 4,79 euro (3,5 / 5)
Chianti Riserva o Superiore Docg Collezione Oro Piccini: 3,89 euro (5 / 5)
Barbera d’Asti Docg, Dolcetto d’Asti o Grignolino Bersano: 3,89 euro (3,5 / 5)
Barbera Piemonte Appassimento Doc San Silvestro: 4,99 euro (3,5 / 5)

Prosecco Doc Brut o Rosè Millesimato Terre Nardin: 4,59 euro (3 / 5)
Prosecco Doc Tappo Spago Gasparetto: 2,99 euro (3 / 5)
Bardolino Custoza o Soave Doc Cadis: 2,79 euro (3,5 / 5)
Valpolicella Doc La Sorte: 3,49 euro (4 / 5)
Valpolicella Ripasso Superiore Doc Antica Vigna: 4,99 euro (4 / 5)

Chianti Docg o Traminer Aromatico TreVenezie Alpa: 2,49 euro (1 / 5)
Nero d’Avola Sicilia Doco o Syrah Terre Siciliane Igt Poggio dei Vigneti: 1,99 euro (1 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc, Sangiovese o Trebbiano Rubicone Vigne Del Colle: 1,79 euro (1 / 5)
TreVenezie Igt Bianco, Rosso, Rosato Terre Fredde: 1,99 euro (3 / 5)

Bonarda, Sangue di Giuda o Chardonnay Le Cascine, Losito e Guarini: 1,99 euro (1 / 5)
Lambrusco Emilia Igt Modavin: 1,79 euro (2,5 / 5)
Vino Rosso o Bianco Sicilia Igt La Planeta: 5,99 euro (4 / 5)
Aglianico o Falanghina Sannio Dop Feudi: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Gran Cuvèe Celsole: 1,89 euro (2 / 5)



Volantino Iperal fino al 24  febbraio, “Sconto 50% grandi marche”
Oltrepò Pavese Doc Bonarda Le Rovole, Natale Verga Na.Ve.: 1,75 euro (1 / 5)
Chianti Docg Collezione Oro Piccini: 3,99 euro (5 / 5)
Pignoletto Doc Castelli: 3,99 euro (3 / 5)
Amarone Valpolicella Docg Corte Giara Allegrini: 19,89 euro (5 / 5)

Spumante Mionetto Sergio: 6,39 euro (3,5 / 5)
Vini Classici Soave Zonin: 3,90 euro (3,5 / 5)
Vini Conti Buneis Monferrato: 3,49 euro (3,5 / 5)
Vini Sicilia Feudo Arancio, Gruppo Mezzacorona: sconto 20% (3,5 / 5)

Volantino Iperal fino al 24 febbraio, “Ancora più offerte”
Müller Thurgau Cavit: 3,49 euro (3,5 / 5)
Trento Doc Cesarini Sforza: 9,19 euro (5 / 5)
Vini Aragosta Sardegna: 3,99 euro (3 / 5)
Vini Doc Almorano: 2,99 euro (3,5 / 5)

 



Volantino Ipercoop fino al 10 febbraio “Grandi marche scegli tu”
Linea Vini Barbanera: 2,99 euro (3,5 / 5)
Linea Vini Maschio: 1,99 euro (3 / 5)
Prosecco Doc o Ribolla Cescon: 2,99 euro (3 / 5)


Volantino Lidl fino al 14 febbraio, “Super offerte”
Merlot Veneto Igp: 1,19 euro (2,5 / 5)
Malvasia Nera Puglia Igp: 2,99 euro (3 / 5)
Conegliano Prosecco Extra Dry: 3,59 euro (3 / 5)


Volantino Pam fino al 24 febbraio, “Un amore di convenienza”
Spumante Prosecco Doc Le Calleselle: 2,99 euro (3 / 5)
Cinque Lustri Spumante Pinot Chardonnay: 2,19 euro (3 / 5)
Bertolino Barbera d’Asti Docg Cornaretta Azienda Agricola: 1,99 euro (2 / 5)

Rifugio del Vescovo Chianti Riserva Docg: 3,99 euro (3,5 / 5)
Bouchet Jean-Michel & Filles Champagne: 14,99 euro (3,5 / 5)
Montepulciano Citra Terramare: 1,99 euro (3 / 5)

Bardolino Doc La Sogara: 2,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Cecchi: 3,49 euro (4 / 5)
Gotis Furlanis Vini Collio Doc: 3,99 euro (3,5 / 5)
Pam Vini Bianco Vulcani D’Italia: 5,99 euro (3,5 / 5)


Volantino Penny Market fino al 10 febbraio,  “Maxi formato”
Rosso Toscana Igt Etrusca: 6 bottiglie in cartone: 11,94 euro (3 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg: 3,99 euro (3 / 5)
Cabernet Veneto Igt: 2,09 euro (2 / 5)
Pignoletto Frizzante Doc: 1,79 euro (3 / 5)
Ortrugo Colli Piacentini: 1,79 euro (3 / 5)

Volantino Penny Market fino al 17 febbraio,  “Sconti di stagione
Penny Market Spumante Rosato Extra Dry; 2,99 euro (3 / 5)
Penny Market Traminer Aromatico: 4,49 euro (3,5 / 5)
Dolomiti Müller Thurgau: 2,59 euro (3,5 / 5)
Penny Market Spumante Prosecco Millesimato DOC: 2,99 euro (3 / 5)


Volantino Tigros fino al 23 febbraio “2×1 e tante altre offerte”
Vini da Tavola Il Gaggio, Natale Verga Na.Ve.: 1,99 euro (1 / 5)
Pignoletto Doc Arco delle rose: 2,79 euro (3 / 5)
Lambrusco Grasparossa Doc Il Baluardo, Chiarli: 2,90 euro (4,5 / 5)
Chianti Docg Antica Sala, Sensi: 1,99 euro (1,5 / 5)

Spumante Pinot Noir Lebollè Sauvignon / Pinot Noir rosato, Losito e Guarini: 2,99 euro (1,5 / 5)
Vini Le Cascine, Losito e Guarini: 2 pezzi 4 euro (1 / 5)
Vini Oltrepò pavese Vie Del Canto: 2,99 euro (1 / 5)
Vini Duchessa Lia: 4,29 euro (3 / 5)
Vini Doc Tenuta Cà Vescovo, Zonin: 4,59 euro (3,5 / 5)

Asolo Prosecco Superiore Docg Dal Bello: 4,79 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Pasqua: 4,99 euro (3,5 / 5)
Vermentino Sardegna Doc, Delogu: 5,90 euro (4 / 5)
Vini da Tavola Castellino Bianco / Rosso: 1,39 euro (5 / 5)
Vini d’Abruzzo Dop Cerasuolo / Montepulciano Terramare, Citra: 2 pezzi 4 euro (3 / 5)



Volantino Unes fino al 13 febbraio “Sotto costo”
Cabernet Borgo Maddalena: 4,39 euro (3 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Pelagus: 2,89 euro (3 / 5)
Valpolicella Sartori: 4,90 euro (3,5 / 5)
Inzolia Poggio di Venere Fratelli Mazza: 2,49 euro (3 / 5)

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Approfondimenti

Il Consorzio Valpolicella accelera sulla transizione “green”

La Valpolicella punta a fare della “sostenibilità” una delle parole chiave del futuro della denominazione accelerando sul fronte green. Solo nell’ultimo anno, infatti, è aumentata del 12% la superficie certificata RRR (Riduci, Risparmia, Rispetta), il progetto di sostenibilità ambientale, economica e sociale dal vigneto alla cantina del Consorzio vini Valpolicella, arrivando così a totalizzare ad oggi 1210 ettari sul territorio.

Una certificazione, quella targata RRR, che ha l’effetto di spingere il vigneto della prima Dop di vini rossi del Veneto anche verso il biologico, che ora conta su 430 ettari certificati (+14% sul 2019 e raddoppiati rispetto al 2018) e su ulteriori 436 ettari attualmente in fase di conversione bio.

«Le politiche messe in campo dal Consorzio negli ultimi anni hanno avuto il merito di favorire la svolta green della denominazione – commenta Christian Marchesini, presidente del Consorzio vini Valpolicella – che oggi osserva non solo l’incremento degli ettari vitati sostenibili ma anche delle aziende certificate RRR passate da 82 nel 2018 alle 142 di oggi, segnando un +73%».

«La sostenibilità ambientale – aggiunge Marchesini – non è solo un valore del Consorzio, che ha anche modificato i disciplinari di produzione inserendo prodotti fitosanitari a basso o nullo impatto ambientale secondo le rilevazioni scientifiche moderne, ma anche un driver strategico sui mercati internazionali, dove continua a crescere la domanda di vini sostenibili e bio».

«Il percorso tracciato – conclude il presidente – ci consentirà di potenziare il posizionamento dei vini della Valpolicella e di sostenere al contempo le aziende nelle sfide legate al cambiamento climatico».

E proprio le conseguenze del cambiamento climatico sui vini di metodo e su quelli di territorio saranno il fil rouge delle tre sessioni di digital tasting nella prima giornata della Valpolicella annual conference (26 e 27 febbraio), l’evento live ideato dal Consorzio a cui hanno già aderito operatori e stampa da 26 paesi target (Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Emirati Arabi, Estonia, Germania, Giappone, Grecia, Hong Kong, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Russia, Singapore, Spagna, Svezia, Ucraina, UK, Francia, USA, Svizzera e Ungheria).

Sono quasi 8.400 gli ettari vitati nei 19 comuni della Doc veronese Valpolicella. Nella provincia leader in Italia per export di vino, sono 2.273 i produttori di uve e 272 le aziende imbottigliatrici. Nel 2019 sono state prodotte circa 64 milioni di bottiglie, il giro d’affari medio complessivo è di circa 600 mln di euro annui di cui 350 mln stimati solo per l’Amarone.

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Gli Editoriali

Il Panzale e il grave stato di salute della comunicazione italiana

EDITORIALE – Che la comunicazione e il giornalismo in Italia versino in una condizione di salute imbarazzante, non sono io il primo a dirlo o l’unico a pensarlo. Ma quanto è successo negli ultimi giorni attorno a un comunicato stampa a sfondo “enologico”, merita di essere raccontato e conosciuto come vera e propria, nonché drammatica, “case history“.

In data 5 febbraio, l’ufficio stampa di una nota cantina sarda (zona Dorgali) diffonde un comunicato stampa dal titolo sibillino: «Vino, la Regione Sardegna riconosce ufficialmente la varietà di Panzale».

Dalle prime righe è ben noto che l’obiettivo sia tutt’altro: pubblicizzare l’etichetta di tale cantina, che produce un Panzale in purezza. Fosse vero che la Regione abbia recentemente approvato la varietà nell’elenco dei vitigni coltivabili, allora, un fondo di “notizia” – ovvero di informazione utile per i lettori – ci sarebbe.

Figlio della cronaca come sono e sarò finché campo, mi metto ad approfondire la questione. Non trovando dettagli, decido di chiamare direttamente la Regione Sardegna. Mi risponde dapprima un dipendente in smart working, molto gentile. Prende nota delle mie domande, mi chiede un contatto e poi mi fornisce un numero di telefono da contattare.

Chiamo così un altro interno della Regione. Questa volta la risposta arriva dalla sede dell’ente. Da una prima ricerca del disponibilissimo impiegato, non risulta alcuna determina d’approvazione del Panzale nell’elenco delle varietà allevabili in Sardegna. La riunione della Giunta si è svolta pochi giorni prima, eppure nessun documento è stato approvato in merito al raro vitigno autoctono.

Non mi resta che ricontattare direttamente l’ufficio stampa della cantina. Ebbene, sul fondo del comunicato, alla ventesima riga scritta in font New Serif da appena 10 punti, il comunicato precisa che l’approvazione è avvenuta nel 2019. A confermalo è la delibera ufficiale della Regione.

A esplicita domanda, l’addetto stampa ammette di aver “usato” quella notizia (ormai vecchia e ritrita) come “gancio” per sponsorizzare l’etichetta della cantina sarda, prodotta proprio con il Panzale. Un modo per ammantare il marchettone, per intenderci.

Il fatto che abbia usato proprio quel titolo per il comunicato, ovvero «Vino, la Regione Sardegna riconosce ufficialmente la varietà di Panzale», non lo scagiona dalle proprie responsabilità, se non altro dal punto di vista etico.

Ma l’informazione e il giornalismo enologico italiano versano in condizioni disastrose, come detto sopra e da molti altri prima di me, non certo a causa di un addetto stampa che fa (o prova a fare) il “furbetto”, evidentemente conscio di trovare terreno fertile, dall’altra parte della “penna”. Ebbene, la cosa grave è un’altra.

Basta farsi un giro sul web per scovare almeno una decina di articoli di testate più o meno accreditate, anche generaliste, che senza procedere alla minima verifica della notizia (un dovere deontologico) l’hanno riportata come tale, con tanto di titolo spiccicato. Un po’ come se Regione Sardegna avesse approvato a febbraio 2021 il Panzale e non lo scorso anno, come effettivamente avvenuto.

Del resto, tutto il contenuto del comunicato (pubblicitario) si ritrova su ognuna delle testate, copiato e incollato “paro-paro”: bingo per l’ufficio stampa e per la cantina che si è affidata a tale servizio (vogliamo credere senza dolo). E allora, per l’ennesima volta, non resta che berci su. E pensare che, forse, ognuno ha l’informazione che merita. Cin, cin.

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