Due nuovi decreti riguardano il settore vitivinicolo e sono finalizzati a sostenere l’intero comparto, fortemente colpito dalle conseguenze derivate dal blocco del canale Horeca e dalla crisi dell’export a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Il primo decreto riguarda la promozione nei Paesi terzi dei prodotti vitivinicoli italiani, per i quali viene prorogata di due mesi la tempistica di esecuzione dei programmi per l’annualità 2020/2021. Il decreto vuole favorire la maggiore spesa possibile del sostegno previsto dalla misura Promozione dell’Ocm Vino e incoraggiare le dinamiche di riequilibrio dei mercati legati a tale settore.
La misura tiene in considerando l’evoluzione della situazione epidemiologica, dovuta alla pandemia da Covid-19, nei mercati dei Paesi terzi e sul territorio nazionale, nonché le conseguenze che le misure di contenimento sulla sua diffusione hanno avuto e continuano ad avere sul settore vitivinicolo e sugli scambi commerciali tra Europa e Paesi terzi.
Il secondo decreto invece, in vigore dal 1 gennaio 2021, dà attuazione ad alcune disposizioni comunitarie recentemente adottate per fronteggiare il perdurare della crisi derivante dalla pandemia e presenta una serie di proroghe di adempimenti a carico dei produttori vitivinicoli di imminente scadenza.
In particolare viene consentita una certa flessibilità nella implementazione e gestione delle misure inserite nel Programma nazionale di sostegno al settore vitivinicolo (Pns). Inoltre vengono derogati i pagamenti di alcuni contributi.
Infine, per quanto riguarda le autorizzazioni agli impianti, è prorogata al 31 dicembre 2021 la validità delle autorizzazioni in scadenza nel 2020. Questo darà la possibilità, per i produttori che non hanno più intenzione di utilizzare l’autorizzazione o di usufruire della proroga, di non incorrere in sanzioni.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Si chiama “Crypto Tag” e non è nient’altro che un microchip inserito all’interno di un’etichetta, dotato di un sofisticato sistema crittografico. Lo ha sviluppato OREV®, azienda della provincia dell’Aquila in Abruzzo, che promette così di «rivoluzionare i sistemi di anticontraffazione del vino, attraverso le più avanzate tecnologie NFC».
A spiegare in esclusiva a WineMag.it il progetto rivoluzionario è Paolo Mario Cipriani, fondatore e Chief Technology Officer dell’azienda abruzzese. Un concept che ha preso vita nel 2013, applicabile oggi a molti beni di lusso, al fine di proteggere i brand e la loro reputazione. Tra questi, i vini dell’Etna di Frank Cornelissen.
Come si applica il tag a una bottiglia di vino?
Le cantine che vogliono adottare il Crypto Tag forniscono le etichette ad OREV®, che procede alla riconsegna con il Tag applicato e funzionante. Le etichette “taggate” potranno quindi essere applicate sulle bottiglie più pregiate, utilizzando i consueti sistemi di etichettatura.
Il Tag è disponibile anche nella versione “tamper proof”, ovvero “a prova di manomissione”: molto utile in tutte le applicazioni in cui si vuole mostrare all’utente la prova dello stato di perfetta integrità della bottiglia, mai aperta prima. Nessuna modifica è prevista nella fase di etichettatura e nessuna modifica è richiesta all’estetica della bottiglia.
Come si verifica l’autenticità della bottiglia di vino?
Per verificare l’autenticità della bottiglia basta avvicinare il telefono al Tag. Si viene rediretti su una pagina web che mostra l’autenticità della bottiglia e tutti i dettagli del prodotto.
Non è necessaria l’installazione di alcuna app, in quanto i telefoni, sia Android che iOS, supportano nativamente la tecnologia NFC. Per intenderci è la stessa tecnologia che utilizziamo quando effettuiamo i pagamenti con il telefono al posto della carta di credito o del bancomat.
Quali sono le caratteristiche che rendono unico il progetto OREV®?
Certamente l’univocità di ogni scansione. Ogni scansione è unica e non è riutilizzabile o condivisibile. A differenza di un QR-Code o degli altri Tags NFC il nostro Crypto Tag produce un link “usa e getta” ovvero tale link non è più valido una volta verificata l’autenticità della bottiglia.
Se si vuole eseguire l’autenticazione bisogna nuovamente “fare tap”, ovvero avvicinare il telefono, sul Tag. Questa cosa non è banale, anzi al contrario, è uno dei fattori più importanti che ci si deve aspettare da un sistema di questo genere: il fatto di dover essere fisicamente davanti all’oggetto che si vuole autenticare fa tutta la differenza del mondo.
Se non hai il prodotto davanti a te non puoi autenticarlo, un po’ come avviene con la blockchain efficace nel risolvere il cosiddetto problema del “double spending” dei bitcoin. In altre parole, non consente di spendere due volte la stessa moneta.
OREV® risolve il problema dell’autenticità come la blockchain risolve il problema del “double spending“. Quindi anche le interazioni con i prodotti sono validate e di conseguenza anche tutti i dati statistici raccolti dal sistema sono validi.
Non dovrebbe essere così per tutti i sistemi con QR-Code o NFC?
Purtroppo non è così. Per i sistemi QR-Code o NFC classici si possono creare dei “cloni”, che poi generano false autenticazioni e, di conseguenza, falsi dati statistici che avvelenano la bontà dei dati su cui poi si va a fare business intelligence. Fare statistiche su dati non veri non serve a niente e a nessuno, anzi, è controproducente.
Tra i vantaggi del Crypto Tag può dunque anche essere annoverato il contrasto al mercato grigio, vera piaga che ci è stata confermata da molti clienti. Spesso sono presenti in un dato Paese le bottiglie non appartenenti all’importatore che ha l’esclusiva in quel Paese.
OREV® risolve nativamente questo problema, perché permette di gestire le bottiglie per commessa e per distributore. Quindi se una bottiglia destinata al mercato italiano, per esempio, viene rilevata dalla nostra piattaforma negli Stati Uniti, viene notificata immediatamente la cantina che identifica la bottiglia, il numero di lotto, la commessa e il distributore a cui era destinata. Si sa con certezza quindi chi ha spedito quella bottiglia negli Stati Uniti.
E se si manomette il tag?
Il Crypto Tag è a prova di manomissione nella versione “tamper proof”, che permette di verificare se una bottiglia risulta chiusa oppure se è stata aperta. Abbiamo sviluppato questo sistema in tempi record e siamo tra i primissimi ad offrirlo al mercato italiano ed europeo.
Abbiamo inoltre ideato e realizzato una tecnologia definita “Twin Tag Authentication System“, un sistema di autenticazione basato su “tag gemelli”, per rendere ancora più sicura l’autenticazione di beni di lusso di altissima gamma.
Pensiamo alle bottiglie di vino che hanno un valore di migliaia o decine di migliaia di euro. Con due Crypto Tags, uno in etichetta e l’altro sul collo della bottiglia, è possibile garantire allo stesso tempo autenticità e stato di chiusura della stessa.
Il tag può essere dunque a misura di cliente?
Esattamente. Ogni bottiglia di vino che ha “a bordo” un Crypto Tag OREV® può essere registrata a nome del suo acquirente o, eventualmente, dedicata a qualcuno.
Questa è una caratteristica avanzata che abbiamo pensato per tutti i collezionisti e gli appassionati ma anche per tutte le persone che semplicemente vogliono registrare un bene a proprio nome entrando a far parte di un Club esclusivo eventualmente gestito dalla cantina.
OREV® permette dunque di comunicare il proprio vino in un modo tutto nuovo. Sono supportate molteplici lingue in modo da fornire le informazioni direttamente nella lingua dell’utente (rilevata automaticamente). Inoltre possono essere veicolate immagini, video e contenuti multimediali impossibili da fornire attraverso la sola etichetta.
Il tutto dando la possibilità di implementare nuove strategie di marketing. Generando dati autentici dalle interazioni, è possibile eseguire delle analisi dei dati per capire in quale paese le cose stanno funzionando bene e dove invece bisogna rafforzare le strategie pubblicitarie del brand.
Non solo vino, dunque
Siamo presenti nei settori Wine & Spirits, Fashion e anche Food & Beverage. Stiamo ricevendo ottimi feedback dai nostri clienti che tra l’altro stanno espandendo l’adozione dei nostri Tags anche su altre linee di prodotto e altri brand. Stiamo lavorando anche per entrare nel settore farmaceutico, perché anche in questo settore possiamo offrire anticontraffazione, tracciabilità ed antimanomissione “all in one“.
Qual è il costo del vostro sistema anticontraffazione?
Siamo un’azienda giovane, dinamica e snella che tiene a cuore Made in Italy. Abbiamo sviluppato tutta la nostra tecnologia in house e questo ci consente di offrire sul mercato il nostro sistema a prezzi estremamente competitivi.
Il nostro obiettivo è quello di fornire un sistema anticontraffazione di altissimo livello ad un prezzo accessibile cosicché le nostre cantine possano tutelare a livello globale il proprio prodotto Made in Italy con una tecnologia altrettanto Made in Italy. Per saperne di più su OREV® si può consultare i canali orev.it, Instagram e Facebook.
Quali progetti avete ha serbo OREV® per il futuro?
Ci sono molte cose su cui stiamo lavorando, uno su tutti è la blockchain assieme ad un importante partner del settore. Abbiamo sviluppato delle soluzioni estremamente interessanti ed ora entrambi possiamo vantare strumenti unici che molto presto arriveranno sul mercato. Abbiamo dei non-disclosure agreement in corso e quindi non possiamo dire di più.
Oltre alla blockchain stiamo lavorando anche ad un sistema di AI (intelligenza artificiale) e all’evoluzione della nostra piattaforma di business intelligence. Pensiamo ogni giorno al modo in cui possiamo ottimizzare l’usabilità del nostro sistema e dei nostri software al fine di semplificare l’operatività dei nostri clienti.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
È il direttore Luca Giavi a chiarire a WineMag.it i contorni del caso Prisecco. Dopo la sconfitta legale presso il Tribunale di Milano, il Consorzio di Tutela del Prosecco Doc ha presentato reclamo nei confronti della sentenza che ha visto trionfare l’azienda tedesca Manufaktur Jörg Geiger Gmbh.
Per l’esattezza, si tratta di un reclamo al Collegio nei confronti della decisione assunta dal giudice Stefano Tarantola. Alla base del provvedimento, il fatto che «il prodotto Prisecco (bevanda analcolica a base di frutta, ndr) non è diffuso né commercializzato in Italia».
«La vicenda processuale – spiega Giavi a WineMag.it – non è conclusa. Il giudice, attraverso una sentenza di carenza di giurisdizione, non è entrato nel merito della questione. Secondo i nostri legali ci sono i margini per ribaltare il risultato».
L’ACQUISTO AVVENUTO ONLINE
A convincere i legali del Consorzio di Tutela del Prosecco a procedere a Milano è un acquisto online dell’ormai famigerata bevanda analcolica a base di frutta. «Abbastanza – commenta Luca Giavi – per far ritenere plausibile la presenza del prodotto in Italia e far cadere l’eccezione della cadenza di giurisdizione».
L’ente di Treviso ha dunque reiterato la richiesta di provvedimenti cautelari presentata per la prima volta lo scorso anno. Era per l’esattezza il 24 settembre 2020.
In quella data, secondo quanto appreso da WineMag.it, il Consorzio delle bollicine italiane più famose del mondo chiedeva di «inibire alla società Manufaktur Jörg Geiger Gmbh qualsivoglia uso, diretto e/o indiretto, in ogni modo e maniera del segno “Prisecco”». Il tutto, asserendo che il prodotto fosse «distribuito in Italia».
Ora, oltre al reclamo al Collegio avverso alla decisione del giudice Stefano Tarantola, la controversia si sviluppa anche in sede amministrativa, all’Euipo, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale.
LA CARENZA DI GIURISDIZIONE IN ALTRI SETTORI
L’organismo, che ha sede ad Alicante, in Spagna, ha già avuto modo di occuparsi di Prosecco. In particolare di quello a marchio Bottega, costretto a tutelarsi per il plagio della forma della bottiglia e dell’effetto specchiato degli spumanti Gold e Rosé Gold.
Una battaglia che ha visto trionfare la nota casa vinicola di Bibano di Godega (TV), anche innanzi al Tribunale Ue, nel 2019. E a far pesare la bilancia dalla parte degli avvocati del Consorzio, in vista del ricorso, ci sarebbero anche alcune sentenze delle Sezioni Unite, sul fronte dei trasporti e dei biglietti aerei.
Di fronte all’eccezione di carenza di giurisdizione sollevata da compagnie aeree straniere, colpevoli di aver cancellato alcuni voli di passeggeri italiani, il massimo organismo della Corte Suprema di Cassazione ha stabilito che «la giurisdizione può essere radicata nel domicilio dell’acquirente, ove la contrattazione e l’acquisto siano avvenuti interamente on line». Varrà anche il Prisecco? Ai sobri giudici l’ardua sentenza.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Heineken N.V., il secondo produttore di birra al mondo, punta ad espandersi in altre settori. Prova sarebbe la trattativa avviata per l’acquisizione di Distell, azienda sudafricana che produce anche vini e liquori.
«Si informano gli azionisti che Heineken N.V. ha contattato Distell in merito alla potenziale acquisizione della maggior parte delle attività di Distell», si legge in una nota della società sudafricana.
Ricordando che non vi è alcuna certezza che verrà raggiunto un accordo – continua il gruppo leader nei settori Wines, Spirits, Ciders – si consiglia agli azionisti di prestare attenzione nel negoziare i loro titoli Distell fino ad ulteriore annuncio».
L’OPERAZIONE
L’acquisto di Distell, che vanta una capitalizzazione di borsa di circa 2,4 miliardi di dollari, rientrerebbe nel piano del nuovo Ceo di Heineken Dolf van den Brink. L’obiettivo? Migliorare i margini di profitto, dopo il taglio di 8.000 posti di lavoro al mondo (93 in Italia).
Heineken e Distell, rispettivamente il più grande e il secondo produttore di sidro al mondo, si contendono il mercato del sidro in Sud Africa dal 2016, quando Heineken ha lanciato il suo marchio Strongbow insediando il primato del sidro Savanna di Distell.
Oltre al sidro Distell produce birra, il famoso vino Nederburg, il liquore alla crema Amarula, il brandy Klipdrift, il whisky Bain’s e possiede le distillerie di whisky scozzese Bunnahabhain, Deanston e Tobermory. Non è chiaro se, a valle della potenziale acquisizione, Heineken manterrà attivi tutti i mercati o se cederà alcuni marchi non strategici.
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Clementina Balter è la nuova presidente dell Consorzio Vignaioli del Trentino. L’elezione è arrivata in seguito all’approvazione del bilancio 2020, chiuso positivamente nonostante l’emergenza Covid-19. Rinnovato l’intero CdA, giunto a naturale scadenza.
Balter, classe 1986, succede a Lorenzo Cesconi, attuale Vicepresidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi), che guidava il Consorzio da oltre dieci anni.
IL PROGRAMMA
«Il mio obiettivo – ha detto Clementina Balter – è quello di rafforzare ulteriormente il Consorzio affinché possa supportare ancora di più i Vignaioli trentini nella loro attività e aiutare a farne nascere di nuovi, perché il Trentino ha bisogno di Vignaioli e di produzioni di qualità, capaci di valorizzare al meglio il nostro territorio e la sua vocazione vitivinicola ed enoturistica».
Ad affiancarla ci saranno Nicola Zanotelli, eletto Vicepresidente, e i consiglieri uscenti Devis Cobelli, Francesco De Vigili e Marco Grigolli. A questi si aggiungono Marco Comai e Matteo Pojer, eletti ieri e alla loro prima esperienza.
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Secondo un’indagine condotta da Format Research Srl per conto di AssoDistil il mercato dei distillati ha continuato a crescere anche sotto Covid-19, se pur con incrementi minori rispetto agli anni precedenti. I ricavi, secondo il 58% delle aziende intervistate, hanno registrato un incremento nel primo trimestre di questo anno, dato decisamente più alto rispetto alla media degli altri settori economici.
LA GESTIONE DELL’EMERGENZA
Le misure adottate per contrastare l’emergenza Covid hanno inevitabilmente comportato danni economici anche al settore distillatorio, a partire dalla chiusura delle fiere che ha impattato negativamente sul 44% delle imprese dei distillati.
Nonostante tutto, solo il 40% delle distillerie ha usufruito della cassa integrazione, il 52% ha optato per l’anticipazione di ferie e permessi e il 22% ha già ridotto o ridurranno il personale nei prossimi mesi.
La pandemia ha inoltre velocizzato i processi di digitalizzazione. Primo fra tutti l’istituzione dei canali e-commerce (+129%) o tramite marketplace (+139%). Un’evoluzione che dovrebbe consolidarsi, visto che 2 aziende su 3 continueranno a mantenere attive le piattaforme anche una volta conclusa l’emergenza sanitaria.
Tra i vari metodi adottati per far fronte all’emergenza sanitaria spicca quello dello smart working. Più della metà delle aziende hanno fatto ricorso allo smart working e circa il 67% (più 15 punti percentuali rispetto a ottobre) degli interessati ha espresso soddisfazione relativamente al suo utilizzo
I MERCATI DI RIFERIMENTO
L’87% del fatturato deriva dal mercato domestico e solo il 13% da quello estero, con un calo dell’1% rispetto agli anni precedenti. Tra tutti i mercati europei ed extraeuropei, solo quello tedesco ha registrato un aumento dell’1,8 % rispetto allo scorso semestre, mentre Spagna e Francia hanno registrato rispettivamente una diminuzione del 10% e del 7,7%.
Tra i mercati extraeuropei quello che spicca più di tutti è quello nordamericano con il 42,9%, registrando un trend positivo di 5,2 punti percentuali. Le distillerie, inoltre, puntano sulla promozione con il 64% (+8%) delle aziende che ha espresso soddisfazione relativamente a nuovi progetti di comunicazione istituzionale.
Cambiano anche le tipologie di prodotto. Se il 77% per cento delle distillerie ha continuato a produrre alcol destinato al consumo tradizionale, il 23% ha riconvertito parte della produzione in alcol puro, indispensabile presidio nella lotta al Covid-19.
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Il vino dell’Austria in sei etichette. Un quadro, se non esauriente, almeno utile a toccare con mano caratteristiche e trend in voga in alcune delle principali Dac dell’Österreich. È l’ultima iniziativa di Austrian Wine che ha visto protagonisti 6 produttori.
Il focus ha interessato i Districtus Austriae Controllatus (Dac) Kamptal e Südsteiermark (la ventosa Stiria). Nonché le indicazioni regionali Thermenregion e Wagram, l’ex Donauland.
Nel sestetto, i vini delle cantine Rabl, Heurigenhof Bründlmayer, Weingut Josef Fritz, Weingut Tement, Weingut Waltner Gerald e Johanneshof Reinisch.
KAMPTAL DAC
Poco più di 3 mila ettari (3.907, per l’esattezza) per la Denominazione che prende il suo bome dal fiume Kamp. La Kamptal Dac ospita tra l’altro Langenlois, la più grande città vinicola dell’Austria. Ben 290 le cantine attive in quest’areale. Una “Doc” dalle idee chiare. Dal 2008, indica i vini prodotti con le varietà Grüner Veltliner o Riesling, anche nella tipologia Riserva.
2018 Kamptal Dac Reserve Grüner Veltliner Ried Langenloiser Dechant, Rabl
Giallo dorato. Naso che abbina agrumi e una vena decisamente esotica a precisi ricordi di erba appena tagliata e buccia di lime. Gran spazio anche a un floreale che si divide tra il fresco e il secco. Sullo sfondo, un accenno mielato.
In bocca buona pienezza e concentrazione delle note fruttate fresche. Allungo fresco e sapido, a controbilanciare l’esuberanza e la maturità del frutto, che strizza forse l’occhio al mercato internazionale. Chiusura sulla coda delle venature mielate già avvertite al naso. (89/100)
2018 Kamptal Dac Riesling Ried Zöbinger Heiligenstein Alte Reben, Heurigenhof Bründlmayer
Giallo paglierino intenso, riflessi dorati. Al naso tutta la tipicità dei Riesling che, dopo qualche anno di affinamento, inizia a virare su idrocarburo e benzene. Nello specifico, la vena fruttata esotica fa da contraltare a un primo naso dominato proprio dalle precise note evolutive.
Completa il quadro una nota burrosa, cremosa e agrumata. Il palato, dopo un ingresso piuttosto equilibrato sulla frutta esotica a polpa gialla, finisce per pendere sull’acidità, dal centro bocca.
Ovvero su una freschezza dirompente, dipinta da ricordi d’agrumi fragranti. Una prova dell’estrema giovinezza di questa etichetta, ma anche dell’estrema caratterizzazione della varietà. Chiusura asciutta, sapida, che invoglia il sorso successivo. (93/100)
WAGRAM
Il nome “Wagram” deriva probabilmente dalla parola “Wogenrain” che indica il margine di un fiume o di un mare. Si tratta di fatto di una terrazza lunga 40 chilometri, larga 10 e alta fino a 30 metri, tra Krems e Tulln, lungo la sponda settentrionale del Danubio. È la casa di vitigni come Grüner Veltliner, Riesling e Roter Veltliner.
Il terreno è costituito da depositi di ghiaia e frammenti di conchiglie e fossili. Alle pendici di queste formazioni, uno dei composti più interessanti per la coltivazione della vite: il loess, depositato dalle tempeste dell’era glaciale.
Si tratta di un sedimento di colore grigio giallastro chiaro, osservabile in alcune aree vinicole italiane, come Soave. È presente anche nella vicina Ungheria, nella zona vocata ai rossi di Villány. È costituito principalmente da limo di diversa origine.
Nel Wagram, lo strato di loess color ocra è piuttosto solido. Le viti hanno dunque la necessità di scavare in profondità in cerca di nutrimento, in particolar modo dell’acqua. La zona è oggetto del progetto “Pure Wagram“, volto a preservare e aumentare la popolazione della rara specie di uccelli Wiedehopf a Wagram.
La regione vinicola era precedentemente nota come Donauland e ha preso questo nome dal 2007. Interessa complessivamente 2.720 ettari di vigneti (286 cantine) situati al confine nord con il Kamptal. A sud i villaggi vinicoli del Tullnerfeld e, soprattutto, il noto centro di Klosterneuburg, alle porte di Vienna.
2016 Wagram Reserve Roter Veltliner Ried Mordthal, Weingut Josef Fritz
Giallo paglierino intenso, riflessi dorati. Naso profondo, complesso. Spazia dal frutto esotico perfettamente maturo ad accenni di erbe aromatiche montane, con inizio di terziarizzazione che spinge sulla polvere da sparo e la grafite. Un quadro che non perde comunque di vista la freschezza, con largo spazio alle note agrumate.
Il sorso, altrettanto stratificato, è caratterizzato dalla vena tropicale morbida e suadente, ben controbilanciata dalla freschezza che si materializza nei ricordi agrumati.
Pregevoli i ritorni erbacei, rinfrescanti, che contribuiscono a loro volta a inspessire il profilo di un vino che promette molto, nell’ulteriore affinamento. Chiude asciutto, fresco, su una piacevole vena amaricante che chiama il sorso successivo. (91/100)
2016 Wagram Zweigelt Ried Marienberg, Weingut Waltner Gerald
Rosso rubino intenso, luminoso. Naso caratterizzato da frutta a bacca rossa e nera, nonché da netti terziari dettati dall’affinamento in legno (fondo di caffè, carammella mou, ancor più della vaniglia bourbon).
Sullo sfondo, una vena erbacea tipica degli Zweigelt dell’areale mitteleuropeo, riscontrabile per esempio anche in Ungheria (in particolare, molto simile la caratterizzazione degli Zweigelt della regione di Sopron, distante appena 80 Km).
Sorso piuttosto semplice, decisamente teso sulle corde della freschezza e del frutto appena maturo. Bell’allungo della vena fruttata su vaghi ricordi salini, prima dei ritorni caldi e pieni dei terziari già avvertiti al naso. Vino che rivela peraltro una discreta gastronomicità. (87/100)
SÜDSTEIERMARK DAC
La Stiria (questa la traduzione di Südsteiermark) si sviluppa principalmente attorno ai centri di Gamlitz, Ratsch, Berghausen, Spielfeld, Leutschach, Sausal, Kitzeck e Sankt Nikolai. Sono 261 le cantine che si dedicano ai 2.563 ettari vitati.
La regione è vocata in particolare al Sauvignon Blanc, ma si trovano anche Welschriesling (Riesling italiaco), Morillon, Gelber Muskateller e Traminer. Si tratta di uno dei paesaggi vitivinicoli più affascinanti d’Europa, con la vite disposta su pendii estremamente ripidi. A caratterizzare la zona, anche la costanza presenza di vento.
Giallo paglierino. Naso tipico del Sauvignon del “Nuovo mondo”, con accenni di peperone verde sulla frutta esotica matura. Corrispondenza perfetta al palato, con le medesime note che si ripresentano in sequenza. Buon equilibrio e piacevolezza del sorso, prima di una chiusura dall’accento pepato, rinfrescante. (90/100)
THERMENREGION
Arrivano fino alle colline del Bosco Viennese (Wienerwald), i 2.181 ettari di vigne della “Regione termale“. Siamo ai confini della capitale Vienna e lungo la catena di colline dominate dal Monte Anninger. Più a sud si trova Baden.
Le varietà a bacca bianca sono le protagoniste nello spicchio settentrionale, in particolare gli autoctoni Zierfandler (Spätrot) e Rotgipfler. La zona sud della Thermenregion è invece appannaggio di St. Laurent e Pinot nero.
2017 Thermenregion St. Laurent Ried Frauenfeld, Johanneshof Reinisch
Rosso rubino intenso, unghia luminosa. Naso che spazia dai piccoli frutti rossi di bosco a preziosi ricordi di sottobosco e radice di liquirizia. I terziari, molto ben mascherati, denotano un utilizzo ottimale del legno, che contribuisce a incomplessire il profilo del vino.
Ecco di fatto richiami delicati di cioccolato e fondo di caffè. Il sorso è dominato dalla frutta, in un quadro fresco e sapido. Chiusura asciutta, su ritorni garbati dei terziari avvertiti al naso. Vino giocato sull’eleganza, decisamente giovane e di buona prospettiva. (91/100)
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Il Consiglio di Federvini, l’associazione confindustriale dei produttori di vini, spiriti e aceti, ha nominato Vittorio Cino Direttore Generale.
Vittorio Cino, 52 anni, proviene da The Coca-Cola Company dove ha ricoperto la carica di EU Affairs Director dopo aver trascorso 7 anni come Direttore Comunicazione e Public Affairs per l’Italia, oltre che come Direttore Government Relations Europa Centrale e Orientale.
In precedenza Cino è stato responsabile delle relazioni esterne in Italia del gruppo britannico BG (già British Gas) e Vice direttore della stessa Federvini dal 2004 al 2006. Ha inoltre lavorato per società di consulenza e agenzie di comunicazione di rilievo nazionale e internazionale (FB Associati, Weber Shandwick).
Laureato in Relazioni Internazionali all’Università di Firenze, Cino ha presieduto il Comitato Public Affairs dell’American Chamber of Commerce in Italia. È Adjunct Professor alla Luiss Business School di Roma e docente in Strategic Communication allo Iulm di Milano nonché coautore del libro Corporate Diplomacy (Egea).
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Due importanti realtà cooperative toscane, Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa, si uniscono in un progetto comune che punta alla sostenibilità. Nasce così UN-IO Bio, una linea di vini biologici prodotta “a quattro mani” dalle due cantine, che insieme rappresentano più di 500 piccoli produttori.
«È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme» recita la frase di Goethe riportata, non a caso, sulle etichette. Lo scopo del progetto è infatti quello di sviluppare una coscienza sempre più ecosostenibile, promuovendo uno stile di vita più responsabile nei confronti dell’ambiente.
Tre i vini attualmente in gamma e che verranno distribuiti in tutt’Italia nei prossimi mesi da Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa. Si tratta di Chianti Classico Docg, Vino Nobile di Montepulciano Docg e Toscana Rosso Igt. Tre vini Bio non solo per la provenienza delle uve ma anche per i materiali utilizzati in confezionamento.
La bottiglia è leggera per un minor utilizzo di vetro, il tappo è in sughero certificato Fsc e la capsula è biocompatibile di origine vegetale. Inoltre l’etichetta è realizzata con carta riciclata ed in parte prodotta da vinaccioli, nonché stampata con inchiostri ad acqua e fissata alla bottiglia con colle adesive provenienti dalla gomma naturale.
Un progetto non limitato alle sole Vecchia Cantina di Montepulciano e Castelli del Grevepesa, ma che vuole essere aperto alle altre cooperative Toscane, di altre denominazioni. Già dalla prossima vendemmia, infatti, entreranno a far parte del progetto anche un Vermentino di Maremma Igt e un Morellino di Scansano doc.
TOSCANA ROSSO IGT 2019
Sangiovese in purezza, il 50% proveniente da San Casciano Val di Pesa ed il 50% da Montepulciano, vinificazione e affinamento in acciaio a temperatura controllata. Rosso rubino intenso accoglie con un naso fresco e immediato. Un accenno di note floreali che fanno da preambolo a note intense di frutti rossi freschi.
Una vena di scorza d’agrume ed un tocco ematico, tipico del vitigno, chiudono lo spettro olfattivo. In bocca è piacevolmente scorrevole, dotato di grande freschezza e con un tannino ben presente ma non invasivo. Ne risulta un vino piacevole e non impegnativo, ottimo compagno di piatti saporiti e non troppo strutturati.
CHIANTI CLASSICO DOCG 2018
Sangiovese in prevalenza da San Casciano Val di Pesa con saldo di Canaiolo, Colorino e Merlot. Vinificazione in vasche di cemento ed affinamento di 12 mesi in botti di Rovere di Slavonia da 70 ettolitri. Di color rosso rubino mediamente intenso si presenta ricco al naso.
Profumi compatti in cui domina una nota floreale di viola cui seguono note di frutta rossa matura. Frutti bosco e prugna che mascherano un fresco tocco agrumato ed un leggero sentore di cenere. Morbido e sapido al sorso, con tannini vellutati e ben presenti. Buona persistenza. Un vino che chiama all’abbinamento gastronomico.
VINO NOBILE DI MONTEPULCIANO DOCG 2017
Sangiovese in prevalenza dall’areale di Montepulciano. Vinificazione in acciaio ed affinamento di 24 mesi in botti di Rovere di Slavonia con capacità da 35 a 85 ettolitri. Rosso rubino con riflessi violacei. Il naso apre su note di frutta rossa e nera matura.
Lampone, mora e un tocco di mirtillo cui segue un tocco di resina che regala una piacevole sensazione di sottobosco. Sapido e di buon corpo non rivela subito la sua trama tannica. Il tannino, il più vivo fra i tre vini, si rivela solo durante la buona persistenza invitando all’abbinamento con piatti succulenti.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Con l’ingresso in zona bianca, i Pubblici esercizi del Friuli Venezia Giulia, della Sardegna e del Molise ripartono a pieno regime. Da oggi nei 9 mila bar di queste tre regioni è possibile finalmente ricominciare a bere il caffè al bancone.
Una boccata d’ossigeno, in particolare per i 4 mila locali che fino ad oggi sono stati costretti a stare chiusi o a lavorare soltanto con l’asporto, non avendo spazio all’esterno.
Ossigeno anche per i 36 mila lavoratori dei Pubblici esercizi di queste regioni che potranno riprendere il loro posto dietro il bancone dei bar, in cucina o tra i tavoli dei 7.200 ristoranti pronti a riaprire al pubblico le loro sale interne.
«Senza la possibilità di somministrare il caffè al banco – spiega Luciano Sbraga, vicedirettore di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi – i locali italiani hanno perso, in media, il 40% dei loro fatturati. Ma al di là dei freddi numeri, è importante sottolineare come si tratti di un piccolo, importante passo verso un ritorno alla normalità».
«In questi 14 mesi – prosegue Sbraga – molti di quei gesti quotidiani cui eravamo abituati ci sono stati proibiti. Oggi, piano piano, i divieti stanno cadendo e ci stiamo riappropriando dei nostri spazi di socialità. Come Fipe abbiamo lanciato #ilsolito, una campagna digital destinata a chi ha voglia di riprendersi la propria vita e tornare a condividere. Perché dopo tante incertezze e difficoltà, abbiamo tutti voglia di un po’ di normalità».
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Germania batte Italia, grazie all’Italia. Potrebbe essere sintetizzata così la sentenza che vede la tedesca Manufaktur Jörg Geiger Gmbh, titolare del marchio Prisecco, avere la meglio sul Consorzio di tutela del Prosecco.
Il colosso di Schlat, piccolo borgo non lontano da Stoccarda, è stato infatti assistito vittoriosamente nella causa dalla Tonucci & Partners. Uno studio di consulenza legale con uffici in Italia (Roma, Milano, Padova, Prato, Trieste, Napoli, Foggia), Albania (Tirana) e Romania (Bucarest).
I FATTI
Il team formato da Carlo Scarpa, Ettore Salce e Maria Gioffrè era stato incaricato dall’azienda tedesca, attiva nella produzione di bevande analcoliche, distillati e vini, nella controversia contro l’ente di Treviso.
«Il Consorzio – spiega Tonucci & Partners a WineMag.it – aveva promosso un procedimento cautelare ante causam nei confronti di Manufaktur Jörg Geiger Gmbh. In particolar modo, la richiesta era l’inibizione del marchio Prisecco, utilizzato dall’azienda per commercializzare uno dei propri prodotti analcolici a base di frutta».
Il giudice del Tribunale delle Imprese XIV sez. di Milano si è pronunciato in favore dell’azienda tedesca, decretando la carenza di giurisdizione. «Il prodotto non è diffuso e commercializzato in Italia», recita la sentenza.
Il Consorzio del Prosecco sarà dunque costretto al pagamento delle spese del procedimento in favore di Manufaktur Jörg Geiger Gmbh.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
«Comunicare rapidamente, sui social media, il piacere di bere un bicchiere di vino rosa è reso difficile dall’assenza di un’icona del rosé sugli smartphone e sui pc». Per ovviare a questo gap – una sorta di “discriminazione” dei vini rosati – il Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino pensa all’emoji Pink Wine. Da affiancare, per esempio su WhatsApp, a quelle del vino spumante, del vino bianco e del vino rosso.
La richiesta di inserimento dell’emoji dedicata al vino rosa è stata presentata a Unicode Consortium, l’ente californiano che sovrintende alle regole della scrittura informatica. Se la richiesta fosse accettata, sarebbe disponibile sui dispositivi di tutto il mondo.
Proprio per questo l’emoji Pink Wine, creata da uno studio di Verona per il Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino, raffigura due calici di vino rosa nell’atto di brindare. Coronati da un piccolo cuore rosa.
Oltre alla richiesta inoltrata a Unicode Consortium, a supporto della candidatura dell’emoji Pink Wine ci sarà una raccolta firme che partirà il 21 giugno durante #oggirosa, la giornata nazionale dedicata ai rosati italiani.
LA RACCOLTA FIRME
Il primo a firmare la richiesta di approvazione dell’emoji da parte di Unicode sarà ovviamente Franco Cristoforetti, anche nel suo ruolo di presidente di Rosautoctono, l’Istituto del Vino Rosa Autoctono Italiano, di cui fanno parte i Consorzi che tutelano le denominazioni storiche del vino rosa italiano.
Si tratta di Chiaretto di Bardolino, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte Bombino Nero e Castel del Monte Rosato, Salice Salentino Rosato e Cirò Rosato. La petizione continuerà in seguito sia online.
«Se scriviamo di vino agli amici su WhatsApp, su Instagram, su Facebook – spiega Cristoforetti, presidente del Consorzio del Chiaretto e del Bardolino – possiamo usare le raffigurazioni di un calice di rosso, di due flûte o di una bottiglia di spumante, ma manca totalmente la rappresentazione del vino rosa».
Si tratta di un retaggio di quella emarginazione che il mondo del rosé ha patito per decenni e che continua a sussistere nonostante il vino rosa sia da qualche anno il vero nuovo grande fenomeno di tendenza a livello mondiale, con crescite astronomiche negli Stati Uniti.
IL TREND INTERNAZIONALE
«Un fenomeno che si presenta anche qui in Italia, dove il Chiaretto di Bardolino, coi suoi 10 milioni di bottiglie, è leader produttivo. È ora di mettere fine a questa carenza comunicazionale – conclude il presidente – e di permettere ai wine lover di tutto il mondo di esprimere pienamente il loro amore per il vino rosa».
Intanto, sui social media, sono i cugini francesi ad essersi già “impossessati” della comunicazione dei vini rosé. Basta dare un’occhiata alle Gif, altra forma di marketing moderna, per accorgersi della predominanza di immagini francofone (su tutti quella del brand Mouton Cadet).
Ben rappresentati anche gli americani, con un diverse proposte di vino rosato in lattina, formato molto in voga tra i giovani e nell’ambito di feste ed eventi sportivi (in sostituzione del pericoloso vetro). La sorpresa? C’è anche spazio per una Gif di uno dei rosé più famosi al mondo: lo storico Mateus, prodotto in Portogallo.
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Il vino come “cartolina liquida” della propria terra d’origine. Questa è l’idea che muove Doc Orcia e che vede protagoniste delle cantinette climatizzate pensate dall’interior design Lorenzo Benà. Verranno sistemate in ristoranti ed enoteche della zona con l’obiettivo di «migliorare il servizio del vino Orcia».
«Allo stesso tempo – spiega il Consorzio – serviranno a mostrare vigneti e cantine nel loro spettacolare territorio grazie a dei display in cui scorreranno le immagini delle cantine, alternate al paesaggio e alle città d’arte che costellano l’area di produzione dell’Orcia.
La frase in due lingue presente sulle cantinette climatizzate parla ai turisti. Rendendo ancora più esplicita l’azione di marketing della Doc: «Sei nel territorio dell’Orcia, il vino più bello del mondo, bevilo».
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Celler Credo, o meglio Can Credo, è il diminutivo con cui è nota a Sant Sadurní d’Anoia la famiglia Recaredo. Un nome che risuona nitido nella Hall of fame dei produttori di spumanti Metodo Classico originari del Penedès, da qualche anno ufficialmente riconosciuti dall’Ue con il nome di Corpinnat (non più Cava).
Quello che tutti non sanno è che la cantina si concentra anche sulla produzione di vini bianchi fermi. Sorsi della Spagna più autentica, sinceramente votata alla viticoltura biodinamica e a alla valorizzazione dei vitigni autoctoni.
È il caso del Vino de mesa And the Winner is, un vino bianco generico di tutto rispetto, frutto dei vigneti più giocani di Xarel·lo, Macabeu, Parellada e Monastrell. Sino ad ora prima ed unica etichetta della linea “Patchwork Wine”. «Una chiara dichiarazione di intenti sul riutilizzo delle risorse e sull’obiettivo di costruire un’economia circolare attorno alla nostra cantina».
C’è poi Volaina, 100 % Parellada della linea “Biodiversity Wine”. Si tratta del risultato dell’impegno condiviso di Celler Credo con il Museo di Scienze Naturali di Granollers, per difendere la biodiversità in Catalunya.
Tra i vigneti di Parellada, a un’altitudine superiore a 500 metri sul livello del mare, viene monitorato il ciclo di vita delle “Volaines” (“Farfalle”, in catalano) come bioindicatrici. Vino e vita degli animali che popolano il Penedès si incrociano anche in altri due bianchi fermi della cantina di Sant Sadurní d’Anoia.
La limited editionRatpenat (“Pipistrello”, in catalano), è un monumento al mammifero essenziale per l’equilibrio degli ecosistemi. Macabeu in purezza dal cru La Riera Seca, vigneto di 2 ettari a nord di Piera, con terreno composto da ardesia e ghiaie di quarzo. Un unicum nel Penedès, con viti ad alberello di 30 anni.
Infine Miranius, nome di fantasia appioppato da Can Credo a una delle volpi che si aggirano tra i vigneti di Xarel·lo di Plana del Penedès, Muntanyes de l’Ordal (400 metri d’altezza) e Vall del Bitlles. Tutti vini certificati biologici, Demeter e vegan, con livelli di solforosa molto contenuti, compresi fra i 30 e i 39 mg/l.
LA DEGUSTAZIONE
Vino de mesa And the Winner is… 2019 (11% vol.): 92/100
Vino prodotto con uve Xarel·lo, Macabeu, Parellada e Monastrell, portabandiera della linea “Patchwork Wine” di Celler Credo. Giallo paglierino luminoso, riflessi verdolini leggeri. Naso intenso ma delicato ed elegante. Si gioca su ricordi di fiori di campo, frutta a polpa bianca ed agrumi (tra scorza e succo), su sottofondo fumé che ricorda la pietra bagnata e la brace appena spenta.
Non manca un ricordo nitido di macchia mediterranea, sferzata dalla salsedine. Il sorso che si gioca, dall’ingresso alla chiusura, su un brillantissimo contrasto tra durezze e morbidezze. Un quadro di perfetta corrispondenza con quanto avvertito al naso.
Riecco l’agrume, tra la buccia e la polpa. Riecco anche la pesca bianca, così come il melone. Un esotico in punta di piedi, appena maturo, precisissimo. Chiusura asciutta, anche grazie a un tenore alcolico molto contenuto.
Il tutto, nonostante la parte setosa del sorso non accenni a cedere il passo alla lama elettrica della freschezza e della mineralità. Un gran bell’assaggio, all’insegna di una formula, su tutte: sfizioso equilibrio. Vino, al momento, in stato di grazia. And the Winner is.
DO Penedès Volaina 2018 (9,5% vol.): 90/100
100 % Parellada della linea “Biodiversity Wine”. Giallo paglierino, riflessi verdolini. Al naso molto tipico. Rispecchia le caratteristiche della varietà che, nella cuvée degli entusiasmanti spumanti Metodo classico Corpinnat del Penedès, conferisce eleganza e profondità.
C’è la frutta e c’à l’immancabile impronta minerale, così come non mancano i ricordi di anice e finocchietto selvatico. Sorso agile, snello, tutto giocato sulla freschezza e sull’acidità, ma non per questo banale.
L’allungo fresco sapido, ben sostenuto dal frutto, regala una beva compulsiva a questo vino di Celler Credo. Modernità e tipicità perfettamente coniugate in un’etichetta che richiama senza dubbio la Spagna più autentica.
DO Penedès Ratpenat 2018 (11% vol.): 91/100
100 % Macabeu della linea “Biodiversity Wine”. Colore giallo paglierino, riflessi verdolini. Naso particolarmente stratificato, pur nella sua essenza legata inscindibilmente agli aromi primari. Si spazia dall’esotico alle venature minerali, tra il fumé e la pietra bagnata. Dal floreale secco all’agrume. Dal melone bianco al finocchietto selvatico.
Non manca un accenno aromatico, appena percettibile, oltre a una spolverata di pepe bianco. Tanta carne al fuoco e concentrazione per un’uva dallo spettro notoriamente ridotto, in termini di complessità.
In bocca, di fatto, è una lama. Freschezza e sapidità dominano il sorso, in un quadro di solitudine gioiosa, tutt’altro che nostalgica. La chiusura, preziosa e salata, tende la mano a quel po’ di frutto che in ingresso faceva da spettatore.
Gli fanno compagnia precisi e garbati ritorni di erbe mediterranee, fresche e toniche. Un manifesto di Can Credo alla complessità della semplicità. In salsa Penedès.
DO Penedès Miranius 2018 (11% vol.): 90/100
100 % Xarel·lo della linea “Xarel·lo Wines”. Giallo paglierino luminoso, riflessi dorati. Naso molto garbato, di un floreale fresco ulteriormente ingentilito da note aromatiche, di frutta matura.
In questa etichetta di Celler Credo Si distinguono pesca, albicocca, melone e pera matura, su un sottofondo pregevole di erbe mediterranee e toni iodico-minerali tra la salsedine e la pietra bagnata.
Il sorso è giocato sull’equilibrio tra acidità e morbidezze, che si dividono la parte del protagonista. Dopo un ingresso citrico, prendono spazio in centro bocca le note di frutta matura. Perfetto equilibrio anche in chiusura.
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Ribera del Duero in lutto per la scomparsa di Alejandro Fernández, pioniere della nota denominazione situata nella parte orientale della Spagna, al confine con il Portogallo. L’enologo Fernández è scomparso lo scorso fine settimana all’età di 88 anni. Si trovava a Santander, dove stava trascorrendo alcuni giorni in compagnia della figlia Eva Fernández.
È considerato un rivoluzionario e visionario nel mondo del vino, un’eminenza nel settore vinicolo spagnolo. Una carriera di oltre 40 anni, riconosciuta nel 2014 con la Medaglia d’Oro al Merito del Lavoro per il suo impegno nella denominazione di origine Ribera del Duero.
Fernández, fondatore dell’iconico gruppo di Pesquera de Duero, lascia un vuoto difficile da colmare nel gruppo di viticoltori della comunità di Castiglia e León. Il suo know-how enologico era considerato unico.
LA STORIA DI ALEJANDRO FERNÁNDEZ
La storia di Alejandro Fernández inizia nel 1972, quando acquista un torchio in pietra del XVI secolo con sua moglie, Esperanza Rivera. Grazie a quello strumento antico, i due iniziano a produrre i loro primi vini.
Il 1975 è l’anno della prima vendemmia per la cantina Familia Fernández Rivera. Il primo vino in assoluto è il Tinto Pesquera, in omaggio all’affetto che Alejandro ed Esperanza avevano per la loro città natale, Pesquera de Duero.
Grazie al successo sul mercato, la Spagna inizia a parlare delle potenzialità della Ribera del Duero, che nel 1982 diventa Denominazione di Origine Controllata. Nello stesso anno, Familia Fernández Rivera produce il primo Janus Pesquera, prodotto con annate eccellenti utilizzando uve di Viña Alta, il vigneto più alto di Tinto Pesquera.
I vini della Bodega Pesquera diventano ben presto tra i più rinomati e apprezzati, anche dalla critica internazionale. Ma il progetto di Alejandro Fernández non si limita alla prima cantina.
NON SOLO RIBERA DEL DUERO
Ne fonda anzi altre, in diverse zone: Condado de Haza, sempre a Ribera del Duero; Dehesa La Granja, a Zamora; El Vínculo, nella zona di La Mancha di Ciudad Real. Sono oltre 70, al momento, i Paesi del mondo interessati dall’export.
Nel 2011, il gruppo investe nell’ospitalità aprendo l’Hotel AF Pesquera, a Peñafiel. Nel 2014, Alejandro Fernández riceve la medaglia d’oro al merito nel lavoro, uno degli ultimi riconoscimenti assegnati dal re emerito Juan Carlos I. E a poche ore dalla sua scomparsa, il Consiglio della Denominazione di Origine Ribera del Duero rende omaggio a Alejandro Fernández.
«Il suo modo di interpretare e amare la Ribera del Duero – afferma il presidente Enrique Pascual – è stato tramandato alle generazioni successive. Ha contribuito alla crescita e al prestigio del nostro Denominazione. Ammirato dalla critica e profondamente rispettato dai suoi colleghi, lascia un enorme vuoto».
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Api e arnie conquistano sempre più spazio in vigna, almeno nelle cantine più attente al tema della biodiversità. Ma come si comincia? Cosa fare se uno sciame trova rifugio tra i filari? Se lo chiedono molti vignaioli, in un periodo in cui la diversificazione del business si è rivelata una chiave di sopravvivenza fondamentale, al cospetto della pandemia Covid-19. A dare l’esempio, in Campania, è la cantina Fosso degli Angeli.
Erano anni che pensavo alle api – commenta Marenza Pengue, che conduce la cantina con la sorella Dina e il cognato Pasquale Giordano – ma il progetto di installare delle arnie è sempre finito in secondo piano, per via di altre priorità e del fatto che siamo davvero una piccola realtà a conduzione famigliare.
Quanto capitato il 22 aprile è la ciliegina sulla torta dell’ecosistema che abbiamo costruito attorno alla cantina, in questi anni: noi facciamo tutto per natura e la natura fa tutto per noi. L’arrivo di questo sciame è un segno del destino. Un modo in cui madre natura vuole dirci che sì, andrà tutto bene».
L’ARRIVO DELLE API IN VIGNA
La vigna da cui nasce il Sannio Dop Greco “Morgia” di Fosso degli Angeli – 400 metri sul livello del mare nel Comune di Casalduni (BN) è stata infatti scelta da uno sciame in cerca di una nuova casa per l’ape regina.
Un’occasione che la famiglia beneventana non si è lasciata scappare. «Abbiamo chiamato diversi apicoltori della zona – spiega Marenza Pengue – che per un motivo o per l’altro si sono rifiutati di aiutarci a recuperare lo sciame. Così, abbiamo deciso di fare da soli».
«Abbiamo contattato un falegname della zona che produce arnie – continua la vignaiola Fivi Campania – e, grazie alle istruzioni telefoniche del nostro amico apicoltore calabrese Gregorio Assisi, abbiamo steso a terra un lenzuolo bianco e abbiamo iniziato a scuotere la pianta, riversando le api nell’arnia. Il tutto facendo attenzione a non far loro del male».
Nel video dell’evento, si nota Marenza Pengue catturare le piccole operaie una ad una, a mani nude. «Nel frattempo abbiamo preparato una miscela, chiamata in gergo “sciroppo”, utile a far trovare subito nutrimento alle api già finite nell’arnia. Qualcosa di molto semplice da preparare, portando ad ebollizione un litro di acqua in cui si fa sciogliere un Kg di zucchero, lasciandolo poi raffreddare. Così le api trovano da mangiare e non sciamano».
L’operazione è andata a buon fine, con circa 4 mila api recuperate sul totale di circa 5-6 mila che generalmente formano uno sciame. La nuova casa dei preziosi insetti è stata poi collocata tra l’orto e la vigna da cui nasce il Sannio Dop Fiano “Chiusa” di Fosso degli Angeli.
LA POSIZIONE DELL’ARNIA
«Non abbiamo scelto a caso questa posizione – spiega a WineMag.it Marenza Pengue – dal momento che la vigna è esposta a Sud. L’arnia è stata collocata a sud est, consentendole di prende sole sin da inizio mattina. Le api vogliono il caldo e, così facendo, in inverno saranno in pieno sole, per tutto il giorno».
Quale futuro per il progetto? «Per ora l’aspetto fondamentale sarà la loro sopravvivenza. Cercheranno di fare il miele per l’inverno, ovvero le loro scorte. In seguito ce ne sarà anche per noi, per autoconsumo. Successivamente potremmo iniziare a venderlo, in quantità limitate».
«Ma la cosa cosa che davvero ci sta a cuore – conclude la vignaiola beneventana – è che le api fanno bene ai frutti e agli ortaggi e sono il simbolo della biodiversità. Qui non usiamo insetticidi o diserbanti, siamo certificati biologici dal 2016 e attorno a noi è pieno di campi di erba medica, che le api amano. Non potete immaginare quanto sia bello, quasi commovente, vedere le api che guardano la vigna. Qualcosa di emozionante».
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Sarà perché è nato in tempi oscuri. Quel 1942 segnato dalla Seconda Guerra Mondiale, ricordata dalla forma della bottiglia, simile alla borraccia di un soldato. Fatto sta che Mateus Rosé si mostra ancora al grande pubblico internazionale senza acciacchi. Nel 2021, l’eterno rosato portoghese compie 79 anni di gloriosa storia. Un “giovanotto” che neppure il Covid-19 è riuscito a fermare. Anzi.
«Ad oggi, vendiamo 21 milioni di bottiglie di Mateus Rosé all’anno», rivela a WineMag.it il brand management di Sogrape Vinhos. Di questi, «più di 1 milione di bottiglie in Italia». Il Bel paese figura in una sorprendente Top 10 delle vendite mondiali.
In testa Australia, Canada e Francia (chi avrebbe mai scommesso su un tale successo nella patria dei rosé?). A seguire Germania, Italia, Portogallo (la casa madre è solo sesta). A chiudere Russia, Spagna, Svizzera e Regno Unito.
Un vino che attraversa con leggerezza otto decenni. Ha saputo evolversi e reinventarsi, rimanendo sempre se stesso. «Le uve originariamente assemblate nel 1942 da Fernando van Zeller Guedes – spiega Sogrape Vinhos – sono sempre le stesse: Baga, Rufete, Tinta Barroca e Touriga Franca».
Ad essersi evolute sono le caratteristiche sensoriali, al passo delle tecniche di viticoltura ed enologia decisamente migliorate rispetto gli esordi, negli anni Quaranta. Oggi, i produttori di vino hanno a disposizione risorse che all’epoca erano inesistenti».
A rendere più semplice il compito, il fatto che Mateus Rosé è un vino prodotto senza indicazione di annata. Frutto, per l’appunto, di un’annuale selezione dei quattro vitigni rossi portoghesi, curata dall’enologo António Braga.
Uve vinificate sostanzialmente “in bianco” – dopo un breve contatto con le bucce utile ad ottenere il tipico “rosa” – provenienti da varie regioni vinicole del Portogallo in cui è presente Sogrape.
L’azienda della famiglia Guedes ha base ad Avintes – sponda sinistra del fiume Douro, a sud della città di Porto – e dispone di 830 ettari complessivi. Dimensioni paragonabili a quelle di realtà cooperative italiane come Cantina di Venosa, in Basilicata, o private come Ferrari Trento, in Trentino.
«Quello che conta – spiega il colosso del vinho portugues – è che il profilo leggero e rinfrescante di questo rosato sia sempre riconoscibile. Crediamo inoltre che il successo non si misuri solo a livello finanziario, ma anche nella capacità di mantenere tendenze sane, vive, attive».
Una lettura capace di risultare sempre accattivante e attraente per i consumatori, conquistandoli. Tutto questo accade mentre Mateus Rosé sta per compiere 80 anni. È arrivato fin qui e vuole restare sulla cresta dell’onda ancora più a lungo»
Uno dei fattori di maggiore successo è la versatilità in tavola, caratteristica imprescindibile per un vino pop. Come indica lo stesso produttore, Mateus Rosé Original è infatti «ideale come rinfrescante aperitivo». Ma si sposa piuttosto bene anche con pesce, frutti di mare, carni bianche, grigliate e insalate.
Sogrape Vinhos fa esplicito riferimento anche a «pasta e altri piatti della cucina italiana», oltre a suggerire il paring «magnifico con diversi stili di cucina orientale, come la cinese e la giapponese».
LA STORIA DI UN MITO
Eppure, tutto è iniziato con un vino che si presentava diverso dal rosé portoghese che oggi tutto il mondo conosce. Un “amber rosé“, per l’esattezza. Ovvero un rosé ambrato. Alcol in volume 11% e 20 g/l di residuo zuccherino (oggi scesi a 15 g/l, con 2,8 g/l di Co2 e un pH che si assesta su 3,2 / 3,3).
Era il 1942 quando il primo enologo di Mateus, il francese Eugene Hellis, iniziava a lavorare alla “formula magica” di un rosé che sarebbe entrato nella storia. Le uve a bacca rossa di quei tempi provenivano da diverse zone, ma di una sola regione: il Douro.
Alvarelhão, Rufete e Mourisco, le meno utilizzate nella produzione del Porto, finirono per essere valorizzate da Mateus. C’è della poesia anche attorno alla prima vinificazione, avvenuta in una cantina in affitto, a Vila Real.
Una cittadina della regione di Tras-os-Montes arroccata a 420 metri sul livello del mare, circondata dai vigneti della Valle del Douro e dalle montagne, non lontana dal punto di confluenza tra i fiumi Cabril e Corgo.
Da lì, il vino veniva trasportato a Porto, per essere poi imbottigliato nei magazzini di Monchique. «La cantina originale di Vila Real – rende noto Sogrape Vinhos – divenne troppo piccola per tenere il passo del trionfo globale di Mateus. Così, nel 1960, Sogrape acquistò la Quinta do Cavernelho, nel quartiere San Mateus di Vila Real».
È l’anno della svolta per il rosato portoghese, che due anni più tardi, nel 1962, può contare anche sul primo impianto di vinificazione, con una capacità di 9 milioni di litri. Ciò significa che a inizio anni Sessanta, la produzione si Mateus poteva assestarsi sui 12 milioni di bottiglie. Già un’enormità.
Era però un vino diverso. Le uve venivano pigiate dopo la decantazione statica senza alcun controllo della temperatura o tempo prestabilito di macerazione. La chiarifica dei mosti, dopo la pressatura, avveniva a temperatura ambiente, con l’utilizzo di alte dosi di anidride solforosa.
Non c’era controllo della temperatura in fermentazione. I lieviti? Non certo quelli “selezionati”, moderni. In questo senso, Mateus Rosé può dirsi uno dei primi “vini naturali rosa” divenuti famosi nel mondo.
Condizioni difficili anche quelle dei magazzini di Monchique. «I dipendenti di Sogrape che vi lavoravano – riferisce il brand management – ricordano con un senso di nostalgia quei giorni di lavoro ininterrotto, quando la maggior parte delle mansioni veniva ancora svolta manualmente».
Le casse di vino arrivavano dal Douro, su camion stracarichi, privi del refrigeratore. Una volta all’interno, gli scatoloni venivano trasportati sulla testa delle donne. Mateus Rosé veniva filtrato su piastre ancestrali e gassato manualmente, prima di essere imbottigliato.
Anche l’intero lavoro di imbottigliamento, etichettatura e confezionamento era svolto a mano. I tappi erano fissati con lo spago, prima di essere sigillati. Le bottiglie avvolte in tessuto, rivestite con la paglia e imballate in scatole di legno.
È sotto la direzione di Fernando Guedes che si compie un altro passo avanti verso la modernità, con la costruzione delle due strutture ad Avintes, ancora oggi centro di imbottigliamento di Mateus.
Nel 1968, la capacità di produzione assicurata da Sogrape arriva a 23 milioni di litri. Ingrana la quinta anche l’imbottigliamento, con tre linee da 240 mila bottiglie al giorno.
LA SVOLTA SUL FRONTE DELLE UVE
Intanto, nel Douro, la prosperità commerciale del Porto aveva portato a un aumento dei costi delle uve locali. Viste le difficoltà di approvvigionamento e la crescente domanda, Sogrape Vinho decise così, a inizio anni Settanta, di trasferire gran parte della produzione in una nuova cantina.
Lo stabilimento è quello di Anadia, nella regione di Bairrada. Un luogo in cui l’azienda investì cifre galattiche, per la costruzione di uno degli impianti di vinificazione più avanzati d’Europa. Le chiavi del nuovo progetto furono affidate al terzo enologo della storia del rosé più famoso del mondo: João Tavares de Pina. Con il trasferimento della produzione, il vitigno Baga entra nel blend di Mateus.
Questa si è rivelata un’ottima varietà per produrre rosato – rivela Sogrape Vinho – complici anche le caratteristiche pedoclimatiche della regione di Bairrada, influenzata dalle correnti fresche dell’Atlantico e dunque in grado di produrre uve con acidità naturale e amplificare gli aromi primari di frutti rossi. Due fattori che hanno contribuito a migliorare ulteriormente Mateus».
Nel frattempo vengono conclusi i lavori di realizzazione di un’altra cantina, sull’altopiano di Trás-os-Montes, nel nord-est del Portogallo. Già negli anni Settanta, l’azienda sembra aver compreso l’importanza dell’altitudine delle vigne per preservare la freschezza del rosato. Una tematica divenuta oggi attuale, in tutto il mondo, per via dei cambiamenti climatici.
La corsa alle “vette” si materializza non a caso in una regione che ha il suo segreto nel nome: “Tra i Monti”. Situata a un’altitudine di 500 metri sul livello del mare, è l’habitat perfetto per varietà come Tinta Roriz, Touriga Franca e Rufete. Ottime per l’uvaggio di Mateus anche per la loro attitudine a garantire moderate gradazioni alcoliche.
Grandi progressi arrivano negli stessi anni sul fronte enologico. Il team di winemaker Sogrape inizia a chiarificare i mosti mediante centrifuga e a condurre le fermentazioni a temperatura controllata di 16-18º.
Al via anche le prime sperimentazioni di inoculo di lieviti selezionati. «Queste nuove tecniche – rivela la cantina portoghese – hanno ulteriormente aumentato la qualità. Ma la più grande innovazione nella vinificazione di Mateus Rosé è stata la capacità di fermare il processo di fermentazione subito dopo la pressatura delle uve».
Questo ha permesso ai mosti di fermentare tutto l’anno, a seconda della richiesta, consentendo l’imbottigliamento dei vini ancora freschi e giovani. Progressi pionieristici guidati dall’enologo João Tavares de Pina, che hanno dato a Mateus un netto vantaggio sulla concorrenza, in termini di qualità».
Si arriva così al rosato che oggi tutti conoscono, caratterizzato da pétillance e acidità, amalgamate ai frutti rossi. Uno dei mostri sacri dell’enologia industriale internazionale. Più forte del tempo e della pandemia, distribuito in 120 mercati del mondo. Chissà dove saprà ancora arrivare e come sarà in grado di restare al passo coi tempi.
Il primo indizio arriva dai packing innovativi, che collocano la referenza (divenuta nel frattempo una linea di vini a marchio Mateus) nel segmento dei “party wines“, perfetta per giovani (che lo bevono com la cannuccia, in formato mini) e consumatori spensierati. Del resto, tutta la storia di questo vino, pare una festa infinita, intervallata da 79 candeline. Prosit.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Anche l’Accademia Nazionale di Agricoltura, attraverso il presidente Prof. Giorgio Cantelli Forti, si esprime in merito alla votazione in Senato del Ddl 988 “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”. Pietra dello scandalo, l’equiparazione dell’agricoltura biologica all’agricoltura biodinamica.
«Il Corpo Accademico dell’Ana, con grave turbamento – si legge nella missiva inviata a Roma – segue con viva preoccupazione l’iter di approvazione del Ddl 998 con il quale, in maniera sconsiderata, si tenta di equiparare la produzione biologica alla pratica biodinamica mistificando la realtà con la strumentalizzazione del termine “bio”».
L’Accademia Nazionale di Agricoltura si è già in precedenza chiaramente espressa sull’agricoltura biodinamica definendola scientificamente inaccettabile, in quanto completamente avulsa dai principi di verifica sperimentale e di ripetibilità del dato come rigorosamente richiesto dalla Scienza.
In più l’agricoltura biodinamica è un possibile danno all’etico svolgimento dell’agricoltura tradizionale e dell’agricoltura biologica, costituendo una possibile frode per il consumatore, una fonte di danno economico per il comparto produttivo e un rischio per la salute dei consumatori».
«L’agricoltura biodinamica – continua il Prof. Giorgio Cantelli Forti – è anche completamente avulsa dai metodi di corretta produzione agricola in quanto il suo fondamento è costituito da pratiche esoteriche basate su una visione spirituale antroposofica del mondo, come furono elaborate dal teosofo Rudolf Steiner negli anni ’30 in epoca nazionalsocialista, e pensate per ritenere che forze cosmiche, o altre imprecisate misteriose forze, possano avere azioni positive e favorevoli sulla fertilità agricola».
La posizione dell’ANA è ampiamente descritta e motivata nello scritto del Prof. Antonio Saltini “I pianeti del Sole al gran ballo di Satana: note sull’agricoltura biodinamica”.
Un testo pubblicato sulla Rivista di Divulgazione di Cultura Agraria dell’Accademia Nazionale di Agricoltura, pagg. 89-133, Bologna, marzo 2020, scritto che viene messo a disposizione dei Signori Rappresentanti eletti del Senato e della Camera della Repubblica Italiana affinché, con più consapevolezza, possano trarre le loro decisioni senza farsi trascinare in una acritica decisione come avvenuto al primo passaggio del Ddl 998.
«L’ANA – prosegue la missiva – esprime piena solidarietà e pieno sostegno alla Prof. Elena Cattaneo che, con l’autorevolezza del Suo ruolo di Senatore a vita della Repubblica Italiana, sta conducendo una fondamentale battaglia di onestà intellettuale verso le nefaste forze antiscientifiche e desidera ringraziarLa con la piena partecipazione alla sua posizione».
Tutto ciò ribadendo che «l’Accademia Nazionale di Agricoltura ha da tempo assunto una posizione responsabile e ferma sulla divulgazione, sempre più frequente, di pratiche di coltivazione agricole “non scientifiche” anche da parte di alcuni docenti universitari che per etica dovrebbero promuovere la conoscenza su dati certi e validati».
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
La pandemia ha impattato in modo drammatico sul settore del vino e degli spirits, a causa delle chiusure imposte ai locali pubblici e dell’andamento delle esportazioni. Nel 2020, rispetto al 2019, le vendite di spiriti e vini attraverso il canale Horeca hanno registrato in Italia minori ricavi per circa un 1 miliardo e 250 milioni di euro (fonte TradeLab).
Nello stesso periodo le esportazioni sono diminuite in valore di 261 milioni di euro (fonte Istat), per una perdita complessiva di ricavi pari a circa 1 miliardo e 500 milioni di euro. Tale andamento è stato compensato in misura minima dalle vendite attraverso altri canali e le attuali previsioni per il 2021 mostrano segnali di ripresa decisamente timidi.
«Il settore – dichiara Micaela Pallini, Presidente di Federvini – ha bisogno di sentire al proprio fianco l’impegno concreto delle istituzioni. Occorrono interventi di semplificazione amministrativa e di carattere fiscale, così come un deciso supporto nel tutelarci in sede comunitaria, dove vediamo rischi di pericolose derive normative che minacciano quello che è un patrimonio italiano nel mondo».
«Lo stesso impegno – aggiunge la Presidente – è necessario sull’arena del commercio internazionale, contro dazi e barriere protezionistiche spesso applicati per ragioni che nascono al di fuori del mondo enogastronomico e, infine, nella promozione del Paese all’estero, dove scontiamo la migliore organizzazione e continuità di concorrenti diretti come la Francia».
Secondo i dati della Fondazione Edison, nel 2019 l’Italia è stato in volumi il primo produttore mondiale di vino e il secondo esportatore di vini e mosti. Nello stesso anno, in valore, l’Italia è stato il primo esportatore mondiale di aceti (302 ml Usd) e di vermouth e amari (223 ml Usd) e il secondo esportatore mondiale di vini in bottiglia (4.950 ml Usd), di vini spumanti (1.768 ml Usd) e di liquori e cordiali (489 ml Usd).
Un patrimonio inestimabile che supera la dimensione strettamente economico-produttiva e che richiede di essere tutelato e rilanciato. Le misure per il rilancio che Federvini ha posto all’attenzione delle istituzioni italiane e dei suoi rappresentati in Europa sono diverse e comprendono riaperture, fiscalità, sostegno all’export, sostenibilità e infrastrutture.
RIAPERTURE
La campagna vaccinale e la bella stagione permettono di guardare alla ripartenza di quel mondo della socialità e della convivialità, così importante per i settori rappresentati da Federvini. L’impatto determinato dalle chiusure dimostra quanto esercizi pubblici, ospitalità e turismo siano centrali per intere filiere produttive.
Il tema va affrontato in maniera unitaria e coordinata, per questo Federvini chiede l’apertura di un tavolo “Filiera della Socialità” con misure uniforme sul territorio nazionale. Senza misure di sostegno al riavvio delle attività legate al fuori casa e la riattivazione dei flussi turistici, la ripresa delle produzioni e la loro tenuta sui mercati internazionali non potranno realizzarsi.
Nell’immediato, al Governo si chiede anche di eliminare subito il divieto di vendita di alcolici dopo le 18.00 nei cosiddetti mini market, tra i quali ricadono centinaia di punti vendita dei più noti marchi della grande distribuzione, misura discriminatoria tutt’ora in vigore nonostante non sia più minimamente giustificata nell’attuale scenario pandemico.
SEMPLIFICAZIONE E FISCALITÀ
È necessario ridurre gli innumerevoli adempimenti e competenze amministrative a cui il settore è assoggettato, a partire dall’abolizione del contrassegno fiscale per gli spiriti, strumento obsoleto e ormai del tutto inutile se non come produttore di costi e adempimenti.
Federvini per prima sottolinea l’esigenza di avere un sistema di controlli e certificazioni adeguato a sostenere la qualità e la sicurezza dei prodotti. Tuttavia, l’impianto burocratico-amministrativo non dovrebbe ostacolare la vita di impresa in modo così drammatico. Si chiede quindi che la semplificazione si attui non solo attraverso minori adempimenti ma anche riducendo il tempo necessario a mettere d’accordo diversi ambiti amministrativi.
Federvini sollecita inoltre interventi fiscali quali la rimodulazione mirata dell’aliquota Iva. Per il settore degli spiriti la richiesta è quella di una riduzione del 5% delle accise, come segnale di attenzione per un settore particolarmente penalizzato dalle chiusure del 2020 e del 2021.
SOSTEGNO ALL’EXPORT
I vini, i distillati, i liquori e gli aceti italiani rappresentano prodotti del Made in Italy che costituiscono la punta di diamante della nostra esportazione agro-alimentare e sono ambasciatori dello stile italiano nel mondo.
In questo ambito il sostegno si deve tradurre sempre più nella difesa degli spazi commerciali, insidiati da tendenze proibizionistiche o dalla costruzione di barriere immateriali di carattere normativo che in realtà rappresentano grandi ostacoli alla libera concorrenza.
Altre forme di sostegno potranno provenire da misure di defiscalizzazione del fatturato realizzato con l’export e/o di detrazione fiscale per le spese legate alla comunicazione e alla promozione sui mercati esteri. Federvini chiede infine misure di promozione di ampio respiro, progettate insieme alle imprese e condotte con uniformità e continuità pluriennale.
CULTURA DEL BERE E SOSTENIBILITÀ
La qualità di vini, spiriti e aceti ha da sempre caratterizzato il nostro vissuto quotidiano, fatto di storia, cultura, tradizioni ma anche di voglia di stare insieme, condivisione e positività. La sostenibilità – vocazione ecologica, rispetto del territorio, dei vigneti e dei fornitori, tecniche avanzate di produzione – è da sempre centrale per le imprese del settore.
I valori di cultura e sostenibilità vanno posti al centro del dibattito sul consumo responsabile. Il nostro Paese si colloca ampiamente nella parte bassa della classifica sia per quanto riguarda i consumi pro capite di alcol ma anche di consumo critico. Non a caso l’Italia e il suo stile mediterraneo sono un modello di consumo anche per le autorità sanitarie.
Federvini ritiene che l’educazione, l’informazione e la formazione, insieme ai dovuti controlli, siano la strada più saggia ed efficace da intraprendere e opera da anni contro ogni forma di consumo sbagliato e non responsabile attraverso iniziative tese a sviluppare iniziative di educazione del consumatore.
Purtroppo a livello europeo il dibattito sempre più spesso è guidato da pulsioni proibizionistiche e demonizzatrici che l’Italia dovrebbe respingere nettamente, quali la minaccia di “health warning” sulle nostre etichette, le possibili restrizioni alla promozione e valorizzazione dei nostri prodotti, la spada di Damocle dell’uso dell’arma fiscale per fini cosiddetti “salutistici”.
INFRASTRUTTURE
Occorre infine promuovere lo sviluppo di infrastrutture di rete anche al di fuori dei centri urbani. È inutile chiedere alle imprese di dotarsi di adeguati sistemi di e-commerce e di sfruttare i social network per comunicare con il mondo se poi in larghe aree delle nostre campagne la banda larga è assente o al più appena sufficiente a inviare una semplice email.
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L’assemblea generale di AssoDistil, l’Associazione nazionale industriali distillatori di alcoli e acquaviti, ha confermato il Presidente Antonio Emaldi, attuale direttore della divisione alcoli delle Distillerie Mazzari, con un mandato che si concluderà tra tre anni.
LA RESILIENZA DELLE DISTILLERIE ITALIANE
«Le distillerie italiane – dice Emaldi – hanno fatto della “resilienza” un vero e proprio principio esistenziale. Negli ultimi 20 anni siamo transitati, quasi indenni, da regole comunitarie assistenzialistiche a sistemi di libero mercato».
«Abbiamo assistito a repentini aumenti dell’accisa che hanno depresso i consumi domestici e abbiamo cercato nuovi prodotti e mercati. Infine, ci siamo adeguati serenamente a regole ambientali più stringenti che, applicandole, ci hanno portato a esempi di “economia circolare“».
«Tutto questo – sottolinea il Presidente- continuando ad investire nelle imprese molto di più della media nazionale. Conoscendo l’attitudine al costante miglioramento e la capacità dei nostri imprenditori di adattarsi a situazioni complesse».
«Le sfide che ci aspettano – dice ancora Emaldi – saranno impegnative e andranno gestite, prestando attenzione ai mutamenti economici e ai comportamenti sociali, ponendo la lotta al cambiamento climatico tra i nostri obiettivi primari».
«Fino ad oggi – conclude il Presidente – le distillerie, a causa dell’emergenza sanitaria, hanno concentrato gli sforzi nel garantire la continuità del business. Da domani occorre fare di più, a partire dall’applicazione delle linee guida dettate dall’Agenda 2030, riprese poi dal Governo Draghi».
IL CONSIGLIO DIRETTIVO, IL COLLEGIO SINDACALE E I PROBIVIRI DI ASSODISTIL
Nel corso dell’assemblea sono stati eletti anche i 27 membri esponenti del consiglio direttivo formato da Antonia Bertolino (Distilleria Bertolino); Gabriele Borghi (Distillerie Bonollo U.); Elvio Bonollo (Distilleria Bonollo U.); Giuseppe Bonollo (Distilleria Bonollo spa); Mariacarla Bonollo (Distilleria Bonollo spa); Andrea Bonollo (Distilleria Bonollo spa); Elena Borra (Distilleria Vieux Moulin); Sebastiano Caffo (Distilleria Caffo); Giuseppe Caffo (Distilleria Caffo); Fabio Baldazzi (Caviro Extra); Edoardo Pasquali (Caviro Extra).
Nicola D’Auria (D’Auria Distilleria e Energia); Francesco Montalbano (Distilleria Deta); Cesare Mazzetti (Distilleria Mazzetti d’Altavilla); Silvia Belvedere Mazzetti (Distilleria Mazzetti d’Altavilla); Luigi Gozio (Franciacorta creme); Maria Giovanna Gulino (Ima); Luciano Grilli (Distillerie Mazzari); Andrea Grilli (Distillerie Mazzari); Antonio Emaldi (Distillerie Mazzari); Alessandro Marzadro (Distilleria Marzadro).
Insieme al consiglio direttivo è stato eletto anche il collegio sindacale formato da Rosanna Bonollo (Distilleria Bonollo spa); Stefano Marzadro (Distilleria Marzadro) e Lorella Mazzari (Distillerie Mazzari spa). Infine, sono stati nominati probiviri Lara Sanfrancesco; Patrick Pagani e Giorgio Sandulli
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L’hanno chiamato Fervér. Un vocabolo che evoca non solo il carducciano «ribollir dei tini», ma soprattutto un «ribollir degli animi». Fermenti alcolici, certo. Ma prima di tutto sociali. L’evento che a Bologna (re)inaugura Zou – Zapap Officine Urbane, locale giovane che, senza il Covid, avrebbe oggi compiuto un anno e mezzo di vita, in via Zago 16, sancisce l’incontro tra vini naturali e birre artigianali. A fargli da sfondo, non a caso, una delle città culturalmente più ribollenti d’Italia. Dentro o fuori dal calderone della pandemia.
“Fervér – Di Vite e di Vini” è molto più di un taglio del nastro, o di un segno di rivalsa nei confronti del Coronavirus. È la formula attorno alla quale si svilupperà, dal 4 giugno al 3 luglio 2021, «una serie di appuntamenti sul vino e sulle fermentazioni».
Nulla di nuovo. Se non fosse che il teatro dell’iniziativa è il locale aperto in zona stazione centrale da un birrificio artigianale della città dei portici. Rimasto aperto un mese, lo scorso anno. Subito vittima dei lockdown, per un anno abbondante. Oggi pronto alla riscossa. Con la pancia e col cuore. Ma anche con la testa.
Considerarla una banale decontestualizzazione o contaminazione in risposta alla pandemia, è riduttivo. Perché i due mondi – quello dei vini naturali e della birra artigianale – si parlano eccome. Da sempre. Zou – Zapap Officine Urbane va oltre.
È esso stesso il luogo (meta)fisico che sancisce l’incontro tra il mondo di Christian Govoni, proprietario e mastro birraio del Birrificio Zapap di Bologna (fondato nel 2013) e quello di Ivan Giglio, appassionato di vini naturali e artefice della contaminazione eno-brassicola da cui scaturisce “Fervér – Di Vite e di Vini”.
LA RIPARTENZA
«La storia che vogliamo raccontare – spiega Govoni (nella foto) – è una storia di vini, ma anche una storia di persone. Di vignaioli che vogliono “condividere”, attraverso tutti i loro prodotti e le loro idee sempre in fermento. Così come in fermento sono i loro vini, conosciuti dal grande pubblico come “vini naturali“».
Ecco dunque pronto a scendere in campo, in via Zago 16, l’esercito dei vigneron artigiani di distribuzioni vicine al mondo dei natural wines come Gusto Nudo Srl di Bologna (4-5 giugno), GluGlu Wine di Torino (11-12 giugno), Into the Wild (18-19 Giugno), PortoFranco Bologna (25-26 giugno) e Arkè di Gambellara (2-3 luglio).
«Zou – commenta il mastro birraio Christian Govoni – non è solo l’ultimo progetto nato in casa Zapap, ma la sintesi della storia dell’azienda. Un birrificio artigianale titolare del marchio “Birra Bologna” che ha sempre creduto nel territorio. Ed è da questa convinzione che è nato il locale in cui convivono birre, lievitati, prodotti del territorio e vini».
Il tutto è inserito in un giardino cittadino, un’architettura in stile industriale. Per non dimenticarci che il nostro quartiere è ancora un luogo popolare, in cui è possibile sognare in grande.
In questi mesi, infatti, abbiamo incontrato virtualmente delle persone stupende, con cui abbiamo sognato insieme. Sono le persone con cui abbiamo organizzato Fervér – Di Vite e di Vini».
Anche il nome dei singoli appuntamenti sarà simbolico. Sarà racchiuso in una sigla o nelle parole che i vignaioli hanno scelto per comunicare al meglio il loro approccio produttivo.
«Progetti – spiega Christian Govoni – fatti di esseri umani speciali che vivono di vigna e di terra. Che combattono per far conoscere i loro territori. Capire un territorio è un percorso che attraversa spazi e persone che in quei luoghi sudano, sorridono, soffrono, amano».
I PROTAGONISTI
«Capire un territorio – continua il mastro birraio nel dare appuntamento a Zou – Zapap Officine Urbane – è un percorso che parte dalla materia prima e da chi la lavora. Loro ci saranno, porteranno i loro vini. A voi non rimane che venirci a trovare e lasciarvi guidare dai loro vini e dalle loro storie».
Già resi noti i protagonisti dei primi due incontri da Zou – Zapap Officine Urbane. Gusto Nudo Bologna porterà in assaggio le cantine Valli Unite, Rocco Di Carpeneto, Terre dei Gaia, Gualdora, Vigna Cunial, Tre Rii, Podere Cervarola, Inula, L’upupa, Vigne di San Lorenzo, La Calcinara, La Marca di San Michele, Castelsimoni, Ausonia, Cantina del Malandrino, Rocco di Carpeneto, Poggio Bbaranello – Az. Agr. Le Poggere.
A GluGlu Wine il compito di raccontare Crocizia, Macea, Camiliano, Fabbrica di San Martino, Podere Ortica, Sequerciani, Weingut in der Eben, Divella e Meggiorano. Dress code? Come pare ad ognuno. Purché non si lasci a casa il cuore. Per ascoltare e assaggiare.
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Nasce Italian Talks, un ciclo di interviste ambientato in Franciacorta dedicate all’italianità che coinvolge diversi rappresentanti del Made in Italy nel mondo. Un angolo intimo di discussione da cui emergono visioni individuali legate al proprio lavoro, alle proprie esperienze personali e al “fattore italianità” che ha consentito loro di avere successo.
La Franciacorta si fa promotrice di un progetto che vuole dar voce al “saper fare” italiano, un concetto che racchiude tutta la bellezza della nostra cultura e della nostra identità. Essere riconosciuti come “made in Italy” è un valore costante nel tempo, che il mondo intero continua ad apprezzare. I prodotti della nostra terra sono immediatamente riconoscibili e affascinano grazie alla loro ricercatezza e cura del dettaglio.
Gli intervistati raccontano di storie, di luoghi e di persone che incarnano le diverse anime dell’italianità, tutte a loro modo affini alla Franciacorta. Creatività, qualità e stile che trovano magnifica espressione nelle aree della moda, della tecnologia, della cultura e del design. Il giornalista Dario Maltese accompagna gli ospiti del talk in un percorso alla scoperta di questi scenari.
Partendo dalla musica, il viaggio inizia dall’incontro con la soprano di fama internazionale Carmen Giannattasio per poi passare all’arte, con l’intervista al fotografo ed esteta Guido Taroni. Si giunge poi alla cultura ed ai tesori della civiltà, oggi raggiungibili con un clic grazie a Google ed al lavoro di Giorgia Abeltino.
Nel palinsesto non poteva mancare il dialogo con Carlo Capasa, Presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana, indiscussa rappresentante dell’immagine italiana nel mondo e con brillanti ed eclettici rappresentati dell’imprenditoria come Maria Mantero. A chiudere la tranche d’interviste l’incontro con Fabrizio Buonamassa Stigliani, direttore creativo del noto marchio Bulgari.
IL PROGRAMMA
Le interviste, dalle quali sarà estrapolato anche un podcast, saranno pubblicate lungo tutta l’estate sul canale ufficiale Youtube Franciacorta nelle seguenti date:
1 Giugno – Carmen Giannattasio, Soprano;
1 Luglio – Guido Taroni, Fotografo;
15 Luglio – Giorgia Abeltino, Director Google Arts&Culture;
1 Agosto – Carlo Capasa, Presidente Camera Nazionale della Moda Italiana;
15 Agosto – Maria Mantero, imprenditrice;
1 Settembre – Fabrizio Buonamassa Stigliani, Creative Director Bulgari.
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Chiusa l’esperienza al ristorante Tre Cristi Milano, è tempo di nuove sfide per lo chef Franco Aliberti. Il classe 1985, new entry del team di Enrico Bartolini, ha trovato casa a Milano Verticale | UNA Esperienze, hotel 4 stelle superior che si pone come «nuovo punto di riferimento dell’ospitalità meneghina».
L’hotel Milano Verticale (173 camere, 600 mq di spazi ristorativi e 1000 mq di giardino interno) apre al pubblico oggi tra via De Cristoforis e via Rosales. Siamo nel distretto di Porta Nuova, in zona Garibaldi – Corso Como.
Franco Aliberti entra nel team in triplice verste. Sarò lui a curare il ristorante fine dining, l’osteria contemporanea e il cocktail bar, in qualità di chef resident del team Bartolini.
Un progetto nel progetto, quello della tavola d’eccellenza, che vuole essere «il vero fiore all’occhiello di Milano Verticale». Una proposta gourmet non a caso declinata nei tre concept affidati allo chef Franco Aliberti.
I TRE CONCEPT GOURMET DI MILANO VERTICALE
A unificare i tre “luoghi pubblici” del food & beverage, aperti alla città così come agli ospiti dell’hotel, è il grande soffitto a tegole inclinate. Uno spazio che si contrae e si dilata rendendo i tre ambienti fluidi, collegati tra loro. Ma allo stesso tempo perfettamente identificabili.
Il primo spazio è quello di Vertigo, Osteria Contemporanea. un ambiente aperto, dall’atmosfera informale. vista sulla cucina e naturale propensione a proiettarsi verso l’esterno, nel dehors e nel giardino. Il Bar con urban garden offre una carta cocktail&drink creata con la consulenza di Mattia Pastori. Il food pairing è curato dalla stessa cucina.
Passando dal cocktail bar al ristorante fine dining Anima, l’atmosfera diviene più intima e serale. Dieci tavoli gourmet, circondati da un ambiente di grande eleganza e due salette private da sei e otto posti.
GIOCO D’ATMOSFERE
Alla continuità visiva esterno-interno si contrappone la discontinuità sonora. Fuori il rumore della città. Dentro solo il brusio dei clienti. In sottofondo, il suono rassicurante dello scorrere dell’acqua.
Proprio il canale d’acqua che attraversa il giardino definisce lo spazio. Qui sono ordinatamente disposti i tavoli del bar e del ristorante. Uno luogo informale, da déjeuner sur l’herbe, che lascia spazio all’espressione della natura.
Lo spazio outdoor attrezzato ad uso di bar e ristorante si tramuta inaspettatamente in un’area di carattere paesaggistico, fortemente informale. Tra le specie che lo popolano: aceri grigi, Liridendron tulipifera, Gleditia triacanthos, Cercydiphillum japonicus. Gruppi di arbusti, graminacee e specie erbacee.
Il giardino interno è annunciato già dalla piazzetta antistante l’ingresso dell’hotel Milano Verticale, dove spicca un grande esemplare di Magnolia grandiflora. Una pianata preservata come un tesoro, durante i lavori.
Lo spazio pubblico è stato riqualificato anche lungo tutto il prospetto di via Rosales. Un progetto in cui le superfici dure si alternano a macchie arbustive e alberi in vasca. Architettura di interni e degli spazi esterni, del resto, hanno lo stesso imprinting: quello dello studio Vudafieri-Saverino Partners.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
L’Assemblea Generale di Federvini, l’associazione confindustriale dei produttori di vini, spiriti e aceti, ha eletto oggi i nuovi vertici nominando Presidente Micaela Pallini (Pallini).
Già Presidente del Gruppo Spiriti, Micaela Pallini succede a Sandro Boscaini (Masi Agricola) che ha guidato l’associazione per due mandati, dal 2014. Alla vicepresidenza della Federazione sono stati nominati Piero Mastroberardino (Mastroberardino) e Aldo Davoli (Gruppo Campari).
L’Assemblea ha rivolto un ringraziamento particolare al Presidente uscente, per l’intera attività svolta e per l’impegno profuso nell’ultimo difficilissimo anno della pandemia. Insieme ai ringraziamenti, l’Assemblea ha rivolto un messaggio di auguri al nuovo vertice per le sfide di rilancio che attendono il settore.
Sono stati inoltre nominati i vertici dei consigli di gruppo. Gruppo Vino: Presidente Albiera Antinori (Marchesi Antinori), Vicepresidenti Piernicola Leone De Castris (Leone De Castris) ed Ettore Nicoletto (Bertani).
Gruppo Spiriti: Presidente Giuseppe D’Avino (Strega Alberti Benevento), Vicepresidenti Mauro Balestrini (Diageo) e Leonardo Vena (Lucano 1894). Gruppo Aceti: Presidente Giacomo Ponti (Ponti), Vicepresidente Sabrina Federzoni (Monari Federzoni).
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Nonostante l’incertezza e le difficoltà di questo periodo, la produzione complessiva dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti Docg è aumentata del 11,89% nel primo quadrimestre del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020, arrivando a quasi a 30 milioni di bottiglie.
In seguito a questa incoraggiante crescita della richiesta di mercato, l’Assemblea dei produttori dell’Asti e del Moscato Docg ha approvato la proposta di sbloccare parte della produzione vendemmiale 2020 messa a riserva.
«Saranno oggetto dello sblocco poco meno di 40.000 hl di prodotto utili per mantenere in equilibrio il mercato, in risposta alla crescente richiesta ed al contempo garantendo una giacenza di prodotto adeguata, non avendo ancora chiare indicazioni di come si prospetterà la vendemmia 2021», dichiara il Presidente del Consorzio per la Tutela dell’Asti Docg, Lorenzo Barbero.
«l’incremento – precisa il Direttore Giacomo Pondini – riguarda principalmente il Moscato d’Asti. Se infatti l’Asti Spumante si mantiene sui 14 milioni, in linea con quanto successo nel primo quadrimestre 2020, il Moscato d’Asti cresce di oltre 3 milioni di bottiglie».
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La Filiera vitivinicola (Aci – Alleanza delle Cooperative italiane, Assoenologi, Cia, Confagricoltura, Copagri, Federdoc, Federvini e Unione Italiana Vini) ha inviato una lettera al ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli.
L’oggetto, in occasione del ciclo di negoziati del trilogo, al via oggi, sulla riforma della Politica agricola comune e in particolare del Regolamento Ocm 1308/1013, è la posizione della Filiera rispetto al tema dei vini dealcolati.
LETTERA AL MINISTRO
Le organizzazioni italiane ritengono sia importante mettere in campo ogni azione possibile per assicurare che la futura regolamentazione europea sia in linea con le aspettative del settore vitivinicolo, preservandone gli elementi di qualità e competitività.
In questo senso la filiera chiede che questi prodotti, pur inquadrati nell’ambito del Regolamento Ocm, siano classificati come nuove categorie e non come termini che accompagnino le categorie esistenti, indicazione questa già espressa dal Parlamento Europeo.
L’obiettivo è segnare una demarcazione più netta tra le nuove categorie e gli altri prodotti vitivinicoli, che consentirebbe peraltro di indirizzare più agevolmente i fondi del Piano nazionale di sostegno verso i prodotti non dealcolati.
Una precisazione è inoltre richiesta in merito al passaggio del testo in discussione e relativo alla restituzione dell’acqua persa durante il processo di dealcolazione.
«In questo caso – si legge nel testo inviato al ministro – serve confermare espressamente nel Regolamento 1308/2013 e non nell’atto delegato, che l’eventuale reintegro dell’acqua durante le operazioni di dealcolazione riguarda esclusivamente quella endogena, ovvero quella persa durante tale processo».
NO A DOP E IGP
Le organizzazioni esprimono poi ferma contrarietà rispetto alla possibilità di utilizzare le categorie dei vini “dealcolati” e “parzialmente dealcolati” per i vini a denominazione di origine protetta e a indicazione geografica protetta.
«Il prodotto che ne deriva non ha i requisiti oggi richiesti ad una Dop o Igp, rischiando di penalizzare queste ultime nella percezione del consumatore», riferiscono le associazioni di filiera.
Infine la Filiera ritiene che, pur concordando con la proposta delle istituzioni europee di armonizzare le definizioni dei prodotti a basso tenore alcolico nell’ambito della riforma della Pac e l’esigenza di mantenere queste categorie nell’ambito del Regolamento Ocm, i prodotti totalmente dealcolati avrebbero dovuto contemplare il termine “bevanda” in luogo di vino.
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EDITORIALE – Ogni mattina, in Italia, un vignaiolo naturale si sveglia. Sa che deve correre più in fretta di Luca Maroni, o verrà “ucciso”. Ogni mattina, in Italia, Valentina Passalacqua si sveglia. Sa che deve correre più forte del vignaiolo naturale, o “morirà di fame”. Quando il sole sorge, importa eccome se sei un vignaiolo naturale o Valentina Passalacqua. Quando mai Yahoo! Finanza si è cacato di striscio un vignaiolo naturale?
Poche righe di preambolo, scherzandoci su e prendendo spunto dal noto proverbio africano del leone e della gazzella, per raccontare quanto accade in America. Mica nel Gargano. Una storia che segna l’avvio di una nuova era mondiale per il vino naturale: quella del vino naturale industriale.
I FATTI
Con il padre Settimio Passalacqua atteso tra un mese esatto in Tribunale, a Foggia, e con il fascicolo dell’inchiesta che lo vede imputato per caporalato – assieme al braccio destro Antonio Piancone – sulla scrivania del Gup Maria Luisa Bencivenga, la figlia Valentina pensa a rimettere insieme i pezzi della propria azienda di Apricena.
Dopo l’uragano mediatico e la corsa in Camera di Commercio, per cambiare le “attività prevalenti” della cantina e slegarle formalmente da quelle di produzione di ortaggi – le stesse finite sotto inchiesta per la manodopera sottopagata e schiavizzata – la diva dei vini naturali pugliesi pare tornata a fare quello che le riesce meglio: comunicazione. Il suo habitat naturale, a 6 mesi di distanza da un’intervista senza contradditorio su Repubblica.
Attraverso il nuovo importatore Ronnie Sanders – Vine Street Partners, la “vignaiola” ha potuto godere nei giorni scorsi della grande visibilità mediatica offerta dal comunicato firmato Colangelo & Partners e pubblicato su uno dei portali più letti al mondo, in tema di economia e finanza.
Si tratta di Yahoo! Finanza – mica del Corriere del Nero di Troia – che ha ripreso (pari, pari) un testo redatto da Megan DeAngelo di Colangelo & Partners, in cui si dà notizia del nuovo accordo per la distribuzione massiva dei vini di Valentina Passalacqua negli Usa.
LA PUBBLICAZIONE
“Natural Wine Leader, Valentina Passalacqua, and Vine Street Imports Partner On a National Distribution of Calcarius and ‘9 Is Enough’ Wines“, recita il titolo del comunicato pubblicato dal portale. Tutto fa presumere a un pubbliredazionale – ovvero a una pubblicazione a pagamento – più che alla divulgazione di una comune press release.
Per chi non lo sapesse, Yahoo! è un colosso “multitasking”, in 20 lingue. Sedi in 25 nazioni e ultimo fatturato di 1,33 miliardi di dollari. Perché investirci? Perché negli Usa, lo scorso anno, Valentina Passalacqua è stata tagliata dai cataloghi dei tre precedenti importatori.
Una «scelta etica», quella maturata per primo da Zev Rovine Selections. Imitato a pochi giorni di distanza anche da Jenny & François Selections di New York e Dry Farm Wines di Napa, in California.
Nel comunicato stampa redatto da Colangelo & Partners, agenzia di comunicazione che si occupa delle relazioni negli Usa di altri noti brand italiani come Duca di Salaparuta, Frescobaldi, Ornellaia e Pio Cesare – tutti “super marchi” del Made in Italy lontanissimi dal mondo del vino naturale – si fa infatti riferimento all’inchiesta. O, meglio, alla versione di Valentina Passalacqua.
«FALSE ACCUSE DI UN PRODUTTORE CONCORRENTE»
Last summer, near the beginning of the pandemic, Valentina Passalacqua was embroiled in a scandal because of false accusations by an unscrupulous natural wine competitor related to labor practices on her father’s vegetable farms unrelated to Valentina’s company. All the accusations were proven and certified to be false».
La scorsa estate, la produttrice sarebbe stata «invischiata in uno scandalo per via delle false accuse di un produttore senza scrupoli di vini naturali, connesse alle pratiche adottate nell’azienda di ortaggi del padre che nulla aveva a che fare con l’azienda di Valentina». Non risultano denunce di super Vale per diffamazione o calunnia, neppure contro ignoti.
Ma fa ancora più clamore la frase successiva: «Tutte le accuse si sono verificate false». Con quel «tutte» che ventila l’ipotesi di una chiusura del procedimento penale. Con assoluzione, s’intende, del padre Settimio e del suo braccio destro Antonio Piancone, in un processo che non vede (e non ha mai visto) Valentina Passalacqua imputata.
A confermare la tesi che una nuova era ha ormai inizio è un altro passaggio del comunicato diramato da Vine Street Partners. «Now, Valentina, is starting fresh with a focus on mainstream distribution», è lo statement dettato a Colangelo & Partners. E allora buona industria del vino naturale a tutti gli amanti degli ossimori. Cin, cin.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Società italiana ma con sede fittizia in Svizzera, per abbattere i costi e presentarsi sul mercato dell’esportazione del vino con prezzi molto competitivi. Uno stratagemma che non è passato inosservata al Nucleo Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Asti.
La società dovrà rispondere di un milione di euro di imposte non versate e dell’evasione dell’Iva pari a 1,5 milioni di euro. I fatti oggi accertati risalgono al periodo 2018 – 2020.
Si inseriscono nel più ampio sistema di aziende dedite alla falsificazione di vini pregiati italiani come Sassicaia e Tignanello, scoperto nel dicembre scorso in provincia di Asti.
Tra Nizza Monferrato e Canelli era stata individuato il laboratorio-cantina per la falsificazione dei vini di marchi italiani pregiati. Le analisi hanno dimostrato che i vini toscani e della Valpolicella (Amarone), nonché della zona di Barolo, in Piemonte, erano stati sofisticati con dell’uva Barbera.
La società di commercio all’ingrosso era gestita da due imprenditori italiani. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Asti, hanno portato all’esecuzione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di 5 indagati.
Obbligo di dimora per ulteriori quattro persone, accusate a vario titolo di falso e frode in commercio in ambito nazionale e internazionale nel settore vitivinicolo. Contestati anche reati tributari, per riciclaggio ed autoriciclaggio.
Con i dati acquisiti durante le perquisizioni, a fine 2020, è stato possibile accertare la residenza fiscale sul territorio nazionale di una delle società coinvolte nell’esportazione del vino. Aveva sede fittizia in Svizzera, ma sede direttiva, amministrativa e operativa sul territorio italiano.
Con questa operazione, la Guardia di Finanza ha messo fine a una vera e propria forma di concorrenza sleale. Proprio grazie all’indebito risparmio fiscale, le aziende coinvolte potevano permettersi di praticare prezzi fuori mercato. Danneggiando, soprattutto nel momento della pandemia, gli imprenditori che rispettano le regole.
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Si sgonfia col passare delle settimane il caso del vino contaminato rinvenuto dalle forze dell’ordine nella cantina Terre d’Oltrepò, nel pavese. Delle 30-40 mila bottiglie annue di Pinot Nero Metodo classico vendute ogni anno dalla cooperativa ai supermercati Eurospin, solo 20 mila facevano parte del lotto incriminato. Oggi si scopre che le bottiglie realmente contaminate sono appena 200.
A renderlo noto è la stessa cantina oltrepadana, attraverso il presidente Andrea Giorgi. «Sono un paio di centinaia le bottiglie di Metodo classico definitivamente accantonate, con livelli di glicerina di poco superiori ai limiti di legge».
Si tratta – spiega Giorgi – di una parte minima delle 5 diverse sboccature con cui erano state commercializzate le 20 mila bottiglie del lotto incriminato. ù
Per l’esattezza, i problemi sono stati riscontrati su 2 sboccature. Dopo le analisi del laboratorio Eurospin, in accordo con l’insegna abbiamo ritirato un totale di 4 mila bottiglie della marca privata da noi prodotta per l’insegna».
ANOMALIA CAUSATA DA UN ALTRO VINO
A causare l’anomalia, sempre secondo la Terre d’Oltrepò, sarebbe stata la contaminazione da una partita di vino che la cooperativa stava imbottigliando conto terzi, per un’altra cantina dell’Oltrepò. Azienda che Terre ha formalmente denunciato.
«Subito dopo aver terminato le mille bottiglie che erano in fase di dosaggio e imbottigliamento presso il nostro stabilimento – spiega Andrea Giorgi – abbiamo iniziato a lavorare il lotto per Eurospin»
Non è un caso che la contaminazione riguardi solo 200 bottiglie: il tempo che la liqueur precedente, contaminata con la glicerina, non lasciasse più residui nell’ampolla di dosaggio del vino destinato all’insegna di supermercati».
«Il conto terzi – continua Giorgi – è una pratica molto diffusa in Oltrepò pavese così come nel resto d’Italia. Molte piccole aziende, che non sono in grado di dotarsi di tutte le strumentazioni per l’imbottigliamento del Metodo classico, si rivolgono a quelle più gradi, come noi».
CONTROLLI MOLTIPLICATI A TERRE D’OLTREPÒ
Ora che la bolla del Metodo classico contaminato si è sgonfiata, il presidente di Terre d’Oltrepò guarda al lavoro fatto sin dal suo arrivo. «Ho ereditato una cantina che spendeva 1.600 euro all’anno per le analisi – spiega Giorgi a WineMag.it – mentre oggi ne spendiamo 37 mila. Se qualcuno Se qualcuno vuole sabotarci, lo dica: ci manca solo mi accusino di essere un rettiliano».
Il consiglio di amministrazione della cooperativa dell’Oltrepò pavese si riunirà venerdì prossimo. Chiederà di convocare un’assemblea agli inizi del mese di giugno. La prima in presenza dopo lungo tempo, qualora fosse allentate le misure anti pandemia Covid-19 in Lombardia.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Finalmente una ventata di freschezza sui volantini della grande distribuzione validi fino a fine maggio dopo lo scenario plumbeo della prima quindicina del mese. Protagonista indiscusso Il Gigante, davvero imbattibile con il suo consueto speciale vini “La Cantina” valido fino al 27 giugno.
Sui volantini si respira l’estate con un focus su vini bianchi estivi e rosati. Tra le altre catene spicca Carrefour che offre ai suoi clienti un volantino corposo con un viaggio ideale tra i vitigni del buon vino italiano. Grandi nomi e qualche novità in assortimento.
Coop non è da meno con le sue proposte di vini abbinate a salumi e formaggi. Da oggi le valutazioni in cestelli saranno a piramide capovolta per un colpo d’occhio immediato sui best. Buona spesa!
Volantino Aldi, fino al 23 maggio Nessun vino da segnalare
Volantino Bennet fino al 26 Maggio – Sconto 50, 40, 30 Franciacorta Docg Castelfaglia: 11,50 euro (5 / 5)
Chianti Superiore Docg Santa Cristina Antinori: 5,58 euro (4 / 5)
Pinot Grigio Delle Venezie Cadis: 2,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Chiarli o Frizzante Bianco: 2,39 euro (3,5 / 5)
Custoza Doc Sartori: 2,98 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Bonarda o Pinot Nero Il Montù: 2,90 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Cantina di Negrar: 3,90 euro (3,5 / 5)
Sangue di Giuda Giorgi: 4,90 euro (3,5 / 5)
Prosecco Treviso Doc La Gioiosa: 3,58 euro (3,5 / 5)
Sangiovese Superiore Romagna Terre Cevico: 2,78 euro (3 / 5)
Terre Siciliane Igt Bianco o Rosso Botte Buona: 1,45 euro (3 / 5) Montepulciano d’Abruzzo La Cacciatora: 1,99 euro (1 / 5)
Volantino Carrefour Iper fino al 2 giugno, “Sottocosto Freschissimi” Valtellina Superiore Inferno Nera: 11,89 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Chardonnay Hofstatter: 8,29 euro (5 / 5)
Valle D’Aoste Mon Blanc Le Cretes: 7,90 euro (5 / 5)
Ribolla Gialla Igt Schioppetto: 10,90 euro (5 / 5)
Pinot Nero Koessler: 7,90 euro (5 / 5)
Pomino Bianco Doc Frescobaldi: 6,90 euro (5 / 5)
Lambrusco Marcello Oro Ariola: 4,49 euro (5 / 5)
Sicilia Doc Planeta Bianco o Rosso La Segreta: 6,29 euro (5 / 5)
Greco di Tufo Docg Feudi San Gregorio: 8,90 euro (5 / 5)
Trento Doc Altemasi: 8,90 euro (5 / 5)
Franciacorta Docg Castelfaglia: 10,90 euro (5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Brut o Extra Dry Bortolomiol: 6,99 euro (4,5 / 5)
Rosso Valtellina Doc Nera: 5,59 euro (4 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Sangue di Giuda Quaquarini: 3,39 euro (4 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero vinificato in bianco Quaquarini: 3,29 euro (4 / 5)
Chianti Classico Docg Cecchi. 5,90 euro (4 / 5)
Morellino di Scansano Docg Il Cretto San Felo: 4,49 euro (4 / 5)
Bianco di Torgiano Torre di Giano Lungarotti: 6,70 euro (4 / 5)
Salento Igt Chardonnay Tormaresca: 6,39 euro (4 / 5)
Salento Igt Malvasia Bianca Tenute Rubino: 6,19 euro (4 / 5)
Etna Rosso Doc Torre Mora: 8,90 euro (4 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Riserva Spinelli: 2,99 euro (4 / 5)
Vernaccia San Gimignano Docg Piccini: 2,99 euro (4 / 5)
Falanghina del Beneventano La Vinicola del Titerno: 2,29 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Jelo Bisol: 5,90 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Rosè La Gioiosa: 4,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Signoria dei Dogi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Asolo Prosecco Docg Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)
Vigneti delle Dolomiti Igt Muller Thurgau Santa Margherita: 4,49 euro (3,5 / 5)
Roero Arneis Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Gutturnio o Bonarda Casabella: 2,59 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Ortrugo o Monterosso Val D’Arda Casabella: 2,79 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero Giorgi: 6,29 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda Giorgi: 4,59 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Bottarelli: 6,99 euro (3,5 / 5)
Riviera del Garda Classico Chiaretto Bottarelli: 3,59 euro (3,5 / 5)
Valcalepio Doc Cantina Bergamasca: 4,29 euro (3,5 / 5)
Trebbianino Val Trebbia Bonelli: 3,59 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero Rosa Montagna: 3,99 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda o Barbera Montagna: 3,39 euro (3,5 / 5)
San Colombano Doc: 4,49 euro (3,5 / 5)
Riviera del Garda Classico Doc Groppello Bottarelli: 3,79 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Gutturnio o Ortrugo Valtidone: 2,89 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Doc Malvasia Vicobarone: 2,79 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Muller Thurgau Cavit: 3,39 euro (3,5 / 5) Vipra Igt Bigi: 3,29 euro (3,5 / 5)
Pignoletto Doc Modena Villa Cialdini: 2,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Chardonnay Col Mesian: 4,69 euro (3,5 / 5) Spumante Cuvèe Gold 24k Pietro Gazzola: 2,39 euro (3 / 5)
Vermentino Sardegna Doc Tralcio Antico: 3,19 euro (3 / 5)
Chardonnay Frizzante Sparks: 2,99 euro (3 / 5)
Pecorino o Passerina Igt Terre di Chieti, La Calenzana: 1,99 euro (2,5 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Bonarda o Barbera Terre dei Passeri: 1,99 euro (1 / 5)
Riesling o Pinot Grigio Provincia di Pavia Terre dei Passeri: 2,49 euro (1 / 5)
Nero d’Avola Doc Poggio Dei Vigneti: 1,99 euro (1 / 5)
Volantino Carrefour Market fino al 2 giugno, “Sottocosto” Chianti Riserva o Superiore Collezione Oro Piccini: 3,99 euro (5 / 5)
Sicilia Doc Planeta Bianco o Rosso La Segreta: 6,29 euro (5 / 5) Asolo Prosecco Docg Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Muller Thurgau Cavit: 3,39 euro (3,5 / 5)
Volantino Carrefour Express fino al 1 giugno Ribolla Gialla 15 96 Volpe Pasini: 6,49 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Chardonnay Hofstatter: 8,29 euro (5 / 5)
Lambrusco Gran Crù Marcello Ariola: 5,99 euro (5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc Masciarelli: 7,89 euro (5 / 5)
Morellino di Scansano Docg Il Cretto San Felo: 4,49 euro (4 / 5)
Toscana Igt Remole Frescobaldi: 4,49 euro (4 / 5)
Nero d’Avola Settesoli: 3,49 euro (4 / 5)
Valdadige Doc Pinot Grigio Santa Margherita: 4,99 euro (3,5 / 5)
Franciacorta Docg Terre d’Italia: 12,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Porta dei Dogi: 3,69 euro (3,5 / 5)
Terre di Chieti Pecorino o Passerina Spinelli: 2,99 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Sella&Mosca: 3,99 euro (3,5 / 5)
Ripasso Valpolicella Doc Terre d’Italia: 7,69 euro (3,5 / 5)
Corvo Igt Duca di Salaparuta: 4,29 euro (3,5 / 5)
Asolo Prosecco Docg Terre d’Italia: 5,49 euro (3,5 / 5)
Volantino Conad fino al 30 maggio, “Prezzi a pezzi” Prosecco Doc o Rosè Villa Folini: 3,99 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo Docg Nziria dei Principi: 4,90 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Bufferia: 3,79 euro (3 / 5)
Freschello Spumante Extra Dry 2,59 euro (3 / 5)
Volantino Conad fino al 31 maggio, “Sconti fino al 50” Vini Settesoli: 3,48 euro (4 / 5) Trentino Doc Cabernet Cavit: 3,29 euro (3,5 / 5)
Prosecco Docg Mionetto: 6,89 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Sella&Mosca: 4,79 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo Docg Nziria dei Principi: 4,90 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Campanone: 3,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Bufferia: 3,79 euro (3 / 5)
Vini Canterino Riunite: 1,34 euro (3 / 5)
Vini Maggi: 6 bottiglie 9,90 euro (1 / 5)
Volantino Coop fino al 26 maggio, “Scegli Tu Grandi Marche” Primitivo o Negroamaro Salento Notte Rossa: 3,79 euro (5 / 5)
Roero Arneis Docg Fontanafredda: 4,82 euro (5 / 5)
Sicilia Doc Sedara Donnafugata: 6,39 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Gewurztraminer Cantina Produttori Bolzano: 8,49 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Sauvignon Erste Neue: 6,70 euro [usr4. 5]
Nero d’Avola Settesoli: 2,99 euro (4 / 5)
Ruchè Castagnole Monferrato Docg Ferraris: 4,99 euro (4 / 5)
Ribolla Gialla, Sauvignon o Schioppettino Furlan Faris: 4,88 euro (4 / 5)
Trentino Doc Muller Mastri Vernacoli Cavit: 3,65 euro (3,5 / 5)
Nero di Troia o Castelmonte Crifo: 2,99 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Gutturnio o Ortrugo Cantagallo Valtidone: 3,48 euro (3,5 / 5)
Rosato di Alghero Doc Sella&Mosca: 3,59 euro (3,5 / 5)
Oltrepò Pavese Bonarda Ca’ Bernini: 3,19 euro usr 3.5]
Vermentino o Monica di Sardegna Calarenas: 2,79 euro (3,5 / 5)
Langhe Doc Favorita Le Calende (3,5 / 5)
Chianti Docg Cecchi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Est!Est!Est! di Montefiascone Bigi: 2,49 euro (3,5 / 5)
Bardolino, Chiaretto o Custoza Villa Molino: 2,27 euro (3 / 5)
Montepulciano o Trebbiano d’Abruzzo Rocca Ventosa: 2,29 euro
Dolcetto Doc Poggio Mandrina Barbanera: 2,99 euro (3 / 5)
Falanghina o Greco Ante Hirpis: 3,15 euro (3 / 5)
Rosato Salento, Trebbiano o Sangiovese Botte Buona: 1,59 euro (3 / 5)
New Volantino Coop fino al 2 giugno, “Le freschissime settimane” Terre Siciliane Igt Cento Passi Placido Rizzotto: 3,49 euro (0 / 5)
New Volantino Esselunga fino al 26 maggio, “Offerte Irresistibili Grandi Marche” Chardonnay Brut Cavit Intreccio: 3,99 euro (4 / 5)
Passerina ConteCarlo Umani Ronghi: 3,63 euro (4 / 5)
Nero d’Avola o Chardonnay Nadaria: 1,92 euro (4 / 5)
Prosecco Rosé Cantina Valdobbiadene: 4,40 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Le Fade: 3,99 euro (3,5 / 5) Custoza Doc Cesari: 2,34 euro (3,5 / 5) Aliante Sella&Mosca: 2,94 euro (3,5 / 5)
Cabernet Merlot o Chardonnay Pasqua: 2,99 euro (3,5 / 5)
Lambrusco Modena Robanera Cavicchioli: 2,64 euro (3,5 / 5)
Negroamaro Cantina Due Palme: 2,49 euro (3,5 / 5)
Lago di Caldaro TerreSomme: 2,64 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti Docg Villa Rustica: 2,74 euro (3 / 5)
Volantino Il Gigante fino al 27 giugno, “La Cantina del Gigante” Chianti Docg Piandaccoli: 4,99 euro (5 / 5)
Barbaresco Docg Icardi: 9,59 euro (5 / 5)
Viogner Sicilia Gurgò Paolini: 3,79 euro (5 / 5)
Sangiovese Superiore Dop Contra Grande Az Agricola Branchini: 4,69 euro (5 / 5)
Rosso di Montalcino Doc Campone Frescobaldi: 6,19 euro (5 / 5)
Colomba Platino Insolia Igt Duca di Salaparuta: 6,99 euro (5 / 5)
Vino Nobile Montepulciano Docg Vecchia Cantina: 5,49 euro (5 / 5)
Lambrusco Grasparossa Doc Il Baluardo Chiarli: 2,99 euro (5 / 5)
Moscato d’Asti Docg Azienda Eredi Icardi: 4,89 euro (5 / 5)
Spumante Brut Metodo Classico Tenuta Cassinello Giorgi: 8,39 euro (5 / 5)
Grignolino Monferrato Casalese Doc Barlet: 3,39 euro (5 / 5)
Lugana Doc Fraccaroli: 6,29 euro (5 / 5)
Roero Arneis Docg Portacomaro: 5,40 euro (4,5 / 5)
Valpolicella Ripasso Doc Pagus Bisano: 6,99 euro (4,5 / 5)
Nebbiolo d’Alba Doc Portacomaro: 4,99 euro (4,5 / 5)
Erbaluce di Caluso Docg Serchè Produttori Monferrato: 3,49 euro (4 / 5)
Rosso Montepulciano Dop Vecchia Cantina: 2,79 euro (4 / 5) Chiaretto Riviera Garda Doc Vigne di Gema: 6,29 euro (4 / 5)
Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Millesimato Docg Coste Petrai: 7,99 euro (4 / 5)
Spumante Brut Lugana Doc Pratello: 7,99 euro (4 / 5)
Sangiovese Rosato Toscana Igt Vecchia Cantina: 2,79 euro (4 / 5)
Nero d’Avola Sicilia Doc Gurgò Paolini: 3,79 euro (4 / 5)
Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Docg Coste Petrai: 4,99 euro (3,5 / 5) Ortrugo Colli Piacentini Dante 45: 2,99 euro (3,5 / 5)
Langhe Favorita Doc San Silvestro: 3,89 euro (3,5 / 5)
Ortrugo Colli Piacentini Piani Castellani: 2,99 euro (3,5 / 5)
Bianco Vergine della Valdichiana Doc Vecchia Cantina di Montepulciano: 2,79 euro (3,5 / 5)
Ribolla Gialla Igt Tre Venezie Borgo Dei Vassalli: 4,99 euro (3,5 / 5)
Custoza Doc Nuve: 4,99 euro (3,5 / 5)
Vernaccia San Gimignano Il Palagio: 3,99 euro (3,5 / 5)
Pignoletto Modena Doc Poderi Famiglia Cleto Chiarli: 2,99 euro (3,5 / 5)
Verdicchio Classico Jesi Doc Monteschiavo Villa Le Querce: 2,99 euro (3,5 / 5)
Gewurztraminer Trentino Doc Allegorie: 6,29 euro (3,5 / 5)
Vermentino Sardegna Doc Calasetta: 4,99 euro (3,5 / 5)
Bianco D’Ameria Igp Umbria Castello delle Regine: 3,89 euro (3,5 / 5)
Corvo Glicine Sicilia Igt Duca Salaparuta: 3,98 euro (3,5 / 5)
Passerina Abruzzo Doc Tenuta Milli: 3,99 euro (3,5 / 5)
Greco di Tufo Docg Conti Uttieri: 4,99 euro (3,5 / 5)
Lagrein Trentino Doc Allegorie: 4,49 euro (3,5 / 5)
Dolcetto d’Alba Doc San Silvestro: 3,89 euro (3,5 / 5)
Barbera Piemento Appassimento Doc: 4,79 euro (3,5 / 5)
Rosso di Montefalco Doc Ligajo: 4,49 euro (3,5 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Doc Tenuta Milli: 3,99 euro (3,5 / 5) Primitivo di Manduria Doc Luigi Guarini: 4,99 euro (3,5 / 5)
Gutturnio Frizzante Doc Colli Piacentini Dante 45: 2,99 euro (3,5 / 5)
Carignano Sulcis Doc Calasetta: 4,99 euro (3,5 / 5)
Morellino Scansano Docg Il Palagio: 4,89 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Alba Doc San Silvestro: 3,89 euro (3,5 / 5)
Gutturnio Colli Piacentini Doc Piani Castellani: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Treviso Doc Rosè Millesimato Coste Petrai: 4,79 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Millesimato Astoria: 5,59 euro (3,5 / 5)
Prosecco Treviso Doc Extra Dry Porta Leone: 3,99 euro (3,5 / 5)
Spumante Ortrugo Doc Piani Castellani: 4,59 euro (3,5 / 5)
Malvasia Dolce Frizzante Doc Piani Castellani: 2,99 euro (3,5 / 5)
Moscato Liquoroso Gregale Igt Florio: 5,59 euro (3,5 / 5)
Spumante Brut Millesimato Porta Leone: 2,99 euro (3 / 5)
Spumante Asti Docg Gancia: 3,79 euro (3 / 5)
Bonarda Oltrepò Pavese Doc Riccardi: 2,99 euro (3 / 5)
Grillo Sicilia Doc Fazio: 2,99 euro (3 / 5)
Chianti Riserva Docg La Pieve: 3,99 euro (2,5 / 5)
Chardonnay Igt Prov Pavia Commendator Pastori: 2,99 euro (1,5 / 5)
Bonarda Oltrepò Pavese Doc Commendator Pastori: 2,99 euro (1,5 / 5)
New Volantino Il Gigante fino al 30 maggio, “Al Costo”
Chianti Docg Piandaccoli: 4,99 euro (5 / 5)
Erbaluce di Caluso Serchè Produttori Monferrato: 3,49 euro (4 / 5)
Ortrugo Colli Piacentini Dante 45: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene Docg Coste Petrai: 4,99 euro (3,5 / 5)
Dolcetto d’Alba Doc San Silvestro: 3,89 euro (3,5 / 5)
Volantino Iper, La grande i fino al 30 maggio, “Freschi e scontati” Falanghina del Sannio Mastroberardino: 6,99 euro (5 / 5) Negroamaro, Malvasia o Susumaniello Marmorelle Tenute Rubino: 5,99 euro (4 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Riserva o Pecorino Val di Fara Spinelli: 2,99 euro (4 / 5)
Piemonte Doc Rosso 50 anni San Silvestro: 6,99 euro (3,5 / 5)
Valpolicella Ripasso Superiore La Sorte: 4,99 euro (3,5 / 5)
Barbera d’Asti o Gavi Docg San Silvestro: 4,49 euro (3,5 / 5)
Etna Rosso o Bianco Nicosia: 7,99 euro (3,5 / 5)
Chianti Docg Piccini: 2,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Rive Della Chiesa: 3,49 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Casa Al Pruno: 4,99 euro (3,5 / 5)
Roero Arneis Duchessa Lia: 4,80 euro (3,5 / 5)
Vipra Rossa, Bianca o Rosa Bigi: 3,49 euro (3,5 / 5)
Prosecco Valdobbiadene Docg Astoria: 4,99 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Rosè La Gioiosa: 4,49 euro (3,5 / 5)
Bardolino o Soave Classico Sartori: 2,99 euro (3,5 / 5)
Vini Freschello: 1,79 euro (3 / 5)
Groppello o Chiaretto Garda Scolari: 3,99 euro (3 / 5)
Oltrepò Pavese Barbera o Bonarda Crobara: 2,29 euro (2,5 / 5)
Nero d’Avola, Grecanico o Nerello Mascalese I Cavalieri: 2,99 euro (2 / 5)
Passerina o Pecorino Poggio dei Vigneti: 1,99 euro (1 / 5)
Veneto Igt Cabernet, Pinot Bianco o Soave Alpa: 1,99 euro (1 / 5)
Sangiovese o Trebbiano Rubicone Alpa: 1,49 euro (1 / 5)
Spumante Millesimato Babulle: 1,99 euro (1 / 5)
Volantino Iperal fino al 25 maggio, “Affari ad un euro” Cecchi Chianti Classico Docg: 5,55 euro (4 / 5)
Santa Cristina Vini Igt Rosato Toscana: sconto 20% (4 / 5)
Vermentino Gallura Docg Superiore Cantina Pedres: 8,09 (4 / 5)
Fatascia Chardonnay Zibibbo Nero d’Avola: 3,99 euro (3 / 5)
Vini Citra Terramare: 2 euro (3,5 / 5) Barbera d’Asti Docg Versi Divini: 3 euro (3,5 / 5)
Prosecco Doc Rosè La Gioiosa: 4,85 euro (3,5 / 5)
Metodo Classico Trento Doc Grigolli: 6,45 euro (3,5 / 5)
Nebbiolo Langhe Doc Heredis Natale Verga: 4,69 euro (3 / 5)
Laurum Orvieto Doc: 3,29 euro (3 / 5)
Vini Ante Hirpis: 2,69 euro (3 / 5)
Vini Doc Almorano: 3 euro (3 / 5)
Vini Sette Archi: 3 euro (3 / 5) Vini Garzellino: 2 euro (1 / 5) Vini Il Gaggio: 2 euro (1 / 5)
Vini Le Rovole: 2 euro (1 / 5)
Volantino IperCoop fino al 2 giugno, “Le freschissime settimane” Aglianico Vulture Baliaggio Cantina di Venosa: 2,79 euro (4 / 5)
Pilu Niuru Salento Taurosso: 3,79 euro (3,5 / 5)
Prosecco Docg Maschio: 4,75 euro (3 / 5)
Vino Martina Dop Miali: 2,95 (3 / 5)
Vino San Severo Dop Portale Antica Cantina: 1,99 euro (1 / 5)
Volantino IperCoop fino al 2 giugno, “Sconti fino al 40” Sicilia Doc Bianco o Rosso La Segreta Planeta: 5,89 euro (5 / 5)
Vermentino o Primitivo Rosato Notte Rossa: 5,49 euro (5 / 5)
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Fazi Battaglia Titulus: 3,99 euro (5 / 5)
Langhe Doc Favorita Teo Costa Ligabue: 4,79 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Sauvignon Wilhem Walch: 8,90 euro (5 / 5)
Falanghina del Sannio Dop Mastroberardino: 6,99 euro (5 / 5)
Sicilia Doc Anthilia Donna Fugata: 6,90 euro (5 / 5)
Alto Adige Doc Muller Thurgau Produttori di Bolzano: 6,59 euro (4 / 5)
Oltrepò Pavese Doc Pinot Nero Vinificato in bianco Torrevilla: 2,99 euro (3,5 / 5)
Friuli Doc Traminer Aromatico Terre Magre Piera: 6,15 euro (3,5 / 5)
Trentino Doc Gewurztraminer Mastri Vernacoli: 4,99 euro (3,5 / 5)
Vermentino Sardegna Aragosta Santa Maria La Palma: 3,99 euro (3,5 / 5)
Ribolla Gialla o Prosecco Villa Folini: 4,49 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentin Gutturnio o Ortrugo Vicobarone: 2,65 euro (3,5 / 5)
Soave Doc Cadis: 2,29 euro (3,5 / 5)
Lugana Doc Bolla: 4,89 euro (3,5 / 5)
Orvieto Doc Sensi: 2,49 euro (3,5 / 5)
Roero Arneis Docg Duchessa Lia: 4,89 euro (3,5 / 5)
Cortese o Chiaretto Monferato Doc Capetta: 2,99 euro (3 / 5)
Vernaccia di San Gimignano Docg Loggia del Sole: 3,45 euro (3 / 5)
Frascati Doc Gotto D’Oro: 2,99 euro (3 / 5)
Prosecco Docg Maschio: 4,89 euro (3 / 5)
Spumante Falanghina Ante Hirpis: 2,99 euro (3 / 5)
Freschello Vivace: 1,29 euro (2 / 5)
Volantino Lidl dal 24 maggio al 30 maggio, “Speciale Grigliata” Soave Doc Classico: 1,89 euro (2,5 / 5)
Bardolino Classico Dop: 1,59 euro (2,5 / 5)
Fragolino Rosso Frizzante: 1,19 euro (2,5 / 5)
Volantino Pam fino al 2 giugno, “Freschezza a prezzo basso”
Duca di Saragnano Vino da Uve Leggermente Appassite Puglia Igt: 3,99 (3,5 / 5) Primitivo di Manduria Doc Compagnia Mediterranea: 4,99 euro (3,5 / 5)
Vini Freschello: 1,39 euro (3,5 / 5)
Rifugio del Vescovo Chianti Docg Cantina Sociale Colli Fiorentini: 2,99 euro (3,5 / 5)
Vini Igt Pasqua: 2,49 euro (3,5 / 5) Vermentino Di Sardegna Doc Calaluna Cantina Dorgali : 3,49 euro (3,5 / 5)
Ortrugo Doc Dei Colli Piacentini Frizzante Mossi: 3,79 euro (3 / 5)
Prosecco Spumante Superiore Extra Dry di Conegliano Valdobbiadene Docg Le Calleselle: 3,99 euro (3 / 5)
Spumante Tosti: 3,69 euro (3 / 5)
Verdeca Feudo Apuliano: 2,99 euro (3 / 5)
Nero di Troia Grifo: 2,99 euro (3 / 5)
Lambrusco Emilia Igt Ca Dei Filari: 1,69 euro (2 / 5)
Merlot Veneto Igt Colle dei Ciprezzi: 1,69 euro (2 / 5)
Montepulciano d’Abruzzo Colle del Sole: 1,89 euro (2 / 5)
Vermentino Terre Siciliane Igt Colle del Sole: 2,29 euro (2 / 5)
Vino Bianco o Rosso Il Borgo: 0,99 euro (1 / 5)
Sangiovese Rubicone Poggio dei Vigneti: 1,49 euro (1 / 5)
New Pam Retail Pro fino al 27 maggio, “Grandi Marche a Piccoli Prezzi” Cabernet Sauvignon Beneventano Igp Calcapietra: 9,89 euro (4 / 5)
Gewurztraminer Santa Margherita: 6,99 euro (4 / 5) Santa Cristina Bianco Antinori: 4,99 euro (4 / 5)
Pignoletto Righi: 2,99 euro (3,5 / 5)
Zibibbo igt Pellegrino: 3,99 euro (3,5 / 5)
Nero di Troia, Malvasia Bianca Crifo: 2 pezzi 5,79 euro (3,5 / 5)
Prosecco Docg Bolla: 5,49 euro (3,5 / 5)
Coda di Volpe Sannio Burnus: 4,49 euro (3,5 / 5)
Preula Del Levante Negroamaro Salento: 3,99 euro (3,5 / 5)
Tavernello bianco rosato: 1,49 euro (3,5 / 5)
Vini Botte Buona: 0,99 euro (3 / 5) Pinot Grigio Friuli Doc/Primitivo Salento Igt Baglio Le Mole: 4,49 euro (2 / 5) Oltrepò Pavese Barbera Le Cascine: 1,50 euro (1 / 5)
Volantino Tigros fino al 31 maggio, “Sconti fino al 50” Lugana Dop Bio Perla del Garda: 7,90 euro (5 / 5) Chianti Superiore Docg Santa Cristina Antinori: 5,99 euro (4 / 5)
Vini Diodoro Primitivo Salento o Malvasia, Negroamaro: 7,90 euro (4 / 5)
Chianti Docg Cecchi: 2,99 euro (3,5 / 5)
Vermentino di Sardegna Doc Aragosta: 3,89 euro (3,5 / 5)
Colli Piacentini Gutturnio o Ortrugo Cantagallo Valtidone: 3,90 euro (3,5 / 5)
Vini Doc Il Picchio Verdicchio o Rosso Conero: 3,99 euro (3,5 / 5)
Vini Rue di Piane Spinelli: 2 pezzi 4 euro (3,5 / 5)
Vini Doc Toso: 2,49 euro (3 / 5)
Spumante Doc Extra Dry Canel: 2,99 euro (3 / 5)
Lambrusco Donelli: 2 pezzi 2,50 euro (3 / 5)
Nebbiolo Langhe Doc Heredis Natale Verga: 4,69 euro (3 / 5)
Volantino Unes fino al 1 giugno, “Prezzi a pezzi” Cirò Rosso Caparra e Siciliani: 3,29 euro (5 / 5)
Grignolino d’Asti Doc MMXX: 4,39 euro (3,5 / 5)
Vini Maschio: 2,59 euro (3 / 5)
Spumante Pinot Chardonnay Casa Kessel: 2,19 euro (3 / 5)
Pignoletto Decordi: 2,19 euro (3 / 5)
Inzolia Poggio di Venere: 2,39 euro (3 / 5)
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