Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
Anno: 2016
Un vino che al secondo bicchiere ti fa venir voglia di allungarlo con succo di frutta o aranciata. Un’ottima base, per una sangria da gustare in giardino, chiacchierando con gli amici nella stagione estiva alle porte. Il prodotto oggi sotto la nostra lente di ingrandimento il Dolcetto di Acqui Doc, vendemmia 2015, dell’azienda Francesco Capetta di Santo Stefano Belbo. Di colore rosso rubino, luminoso e scorrevole, al naso è monocorde e vinoso. All’assaggio è leggermente mosso, sintomo di un rifermentazione avviata in bottiglia. Di corpo leggero, poco caldo con soli 12,5% di alcol in volume. Fresco e poco tannico, con un retrogusto amarognolo per un finale corto. Il sorso è invitato prettamente da questa leggera effervescenza, che gli dona un po’ di carattere, ma non avendo un sapore ”interessante” ecco arrivare l’istinto di allungarlo con una bibita per conferire un po’ di aroma. Di sapore asciutto, morbido, si serve a 16-18 gradi. Adatto a tutto pasto con arrosti, grigliate miste, pollame. Un vino con un discreto rapporto qualità prezzo, spesso tra le offerte della Gdo, che non offre emozioni, ma idoneo ad un consumo quotidiano senza pretese.
LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve 100% Dolcetto nelle zone di produzione comprendente l’intero territorio dell’Acquese. In Piemonte, la superficie destinata al Dolcetto è estremamente ampia e sette sono le aree geografiche, compreso l’Acquese, per altrettante denominazioni. In provincia di Cuneo il Dolcetto d’Alba, il Dolcetto di Diano d’Alba e delle Langhe Monregalesi. A Dogliani il Dolcetto omonimo gode del prestigio della Docg, In 24 comuni del Monferrato si produce il Dolcetto d’Asti. L’azienda Francesco Capetta si trova a Santo Stefano Belbo. Nata nel 1953 per volontà di Francesco Capetta, inzialmente venditore di vino sfuso in una cascina.La piccola azienda fa il suo primo significativo salto dimensionale a cavallo del 1960, quando Francesco Capetta introduce la prima linea manuale di imbottigliamento vini e inizia la costruzione di un capannone per ospitare l’intero ciclo di lavorazione e imbottigliamento degli spumanti. Nei primi anni Settanta viene introdotta la linea completamente automatizzata. Nuovi ampliamenti e ammodernamenti costanti accompagnano l’Azienda ai giorni nostri. Marchio protagonista della distribuzione moderna in Italia produce una vasta gamma di vini piemontesi, rossi, bianchi e spumanti.
Prezzo pieno: 3,98 euro
Acquistato presso: Bennet
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”Prosecco: un futuro di un miliardo di bottiglie o della ricerca della qualità?”. Con questa domanda Davide Paolini, il Gastronauta di Radio24 e del Sole 24 ore, ha chiamato a sedersi attorno allo stesso tavolo Gianluca Bisol (produttore di Valdobbiadene), Matilde Poggi(presidente FIVI) e i presidenti dei tre Consorzi di Tutela del Prosecco. Lo faranno sabato 14 alle ore 16 negli spazi dell’ex Filanda di Santa Lucia di Piave, nell’ambito della prima edizione del salone Gourmandia – Le Terre Golose del Gastronauta. Bisol, che recentemente ha previsto un aumento della produzione fino ad un miliardo di bottiglie entro i prossimi 20 anni, si confronterà per la prima volta in un dibattito pubblico con Matilde Poggi, presidente della Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti da cui è arrivata una netta contrarietà ad ogni ampliamento della produzione, e con i presidenti dei tre Consorzi di Tutela: Stefano Zanette, Consorzio Prosecco DOC, Innocente Nardi Consorzio Conegliano Valdobbiadene DOCG e Armando Serena, Consorzio Asolo Montello. L’andamento dei prezzi, le reazioni dei mercati e la possibilità di mantenere gli attuali ritmi di crescita saranno i temi su cui Davide Paolini metterà a confronto i diversi interessi e punti di vista esistenti nelle tre denominazioni che condividono la produzione di Prosecco. Sullo sfondo la qualità delle produzioni e la possibilità di mantenerla tale anche con un vigneto di 60.000 ettari distribuiti tra Veneto e Friuli. Non si parlerà solo di vino naturalmente a Gourmandia. Da sabato 14 a lunedì 16 maggio saranno in mostra prodotti artigianali, eccellenze gastronomiche e street food. Fitto il calendario di eventi, con dibattiti, incontri e show cooking curati da grandi firme della cucina come Davide Oldani, Iginio Massari, Gualtiero Marchesi, Gianfranco Vissani, Renato Bosco e Tomaz Kavcic.
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I dieci enti di ricerca più prestigiosi al mondo nel settore del telerilevamento satellitare sono stati invitati ad intervenire venerdì 29 aprile, a Londra, al simposio sulle ultime frontiere del monitoraggio della biodiversità dallo spazio. Tra questi spicca la Fondazione Edmund Mach con la relazione del ricercatore Duccio Rocchini. L’ente di San Michele affiancherà autorevoli istituzioni come Geo Bon (Svizzera), l’Università di Würzburg (Germania), University of Nottingham e University of Reading (Gran Bretagna), University e King’s College di Londra, Microsoft Research (USA), Zoological Society di Londra, Deakin University (Australia).
L’attività della Fondazione Mach in questo settore riguarda le potenzialità della ricerca sulla biodiversità vegetale direttamente dallo spazio, attraverso immagini satellitari che possono “vedere” la Terra con un dettaglio di mezzo metro, in lunghezze d’onda che superano le capacità visive dell’occhio umano. Uno strumento che consente di conoscere, ad esempio, gli effetti del cambiamento climatico sulle varietà vegetali (in boschi, vigneti, frutteti), stimare le variazioni di estensione nel tempo dei prati di montagna o, ancora, monitorare i cambiamenti di specie all’interno dei boschi. Duccio Rocchini collabora in una rete internazionale di ricercatori dediti allo studio dell’ecologia spaziale attraverso immagini da satellite ed ha pubblicato più di 100 saggi su riviste internazionali sul tema. E’ attualmente impegnato a San Michele nella promozione di misure della biodiversità in ambienti alpini, attraverso due progetti FP7: EUBON dedicato alla creazione di una rete della biodiversità in Europa e DIARS, dedicato al monitoraggio delle specie vegetai invasive; si tratta di due iniziative a sei zeri della Comunità Europea, che sta investendo molto sul tema biodiversità e cambiamenti climatici.
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LA VINIFICAZIONE
Prodotto con uve Pecorino 100% allevate nel cuore della provincia di Chieti, tra il Parco Nazionale della Maiella e il mare Adriatico su terreni collinari, con altitudine media di 230 metri s.l.m, prevalentemente argillosi-calcarei. Le fasi della vinificazione prevedono una breve macerazione a freddo del pigiato, pigiatura soffice e fermentazione a temperatura controllata in serbatoi di acciaio inox. Il prodotto viene commercializzato nel gennaio, febbraio dell’anno successivo a quello della vendemmia. Il nome Pecorino fa proprio riferimento alla sua presenza in zone vocate alla pastorizia e alla pratica della transumanza che passava per le vigne per la gioia delle pecore particolarmente golose di quest’uva. Le Cantine Spinelli nascono negli anni 70 e producono più di 3,5 milioni di bottiglie di vini Doc abruzzesi all’anno, per il 70% destinati all’esportazione. Un azienda oggi all’avanguardia in tutte le tecniche di coltivazione, lavorazione e affinamento. La zona di produzione delle uve è un’area geografica compresa tra le colline Frentane e del medio Sangro, in provincia di Chieti: una zona particolarmente vocata alla coltivazione della vite, fra le più importanti d’Italia.
Prezzo pieno: 3,90 euro
Acquistato presso : Tigros
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Anche perché, oltre all’inaugurazione della nuova struttura – che regalerà, entro novembre, una veste più moderna e funzionale alla cooperativa, soprattutto in termini di ricettività del pubblico – ci sono altri progetti che “bollono in pentola”. In un’intervista esclusiva rilasciata a vinialsupermercato.it, Bucci (nella foto, sotto) li elenca tutti.
IL PROGETTO
“A livello territoriale – dichiara il general manager toscano – stiamo puntando all’apertura di alcuni punti vendita in cui proporre i nostri prodotti. Delle sorta di wine bar, non solo in zona Grosseto, che non dovranno andare a fare concorrenza a chi già c’è, ma piuttosto per rafforzare il marchio dei Vignaioli del Morellino in città come Roma, Firenze o Milano”.
Si parla di zone centrali delle principali città italiane, dove “al costo di rimetterci soldi”, Bucci punta a proporre il proprio brand. Non a caso, lo scorso weekend, Bucci ha visitato un locale a Roma, in zona Campo dei Fiori. “Nell’ottica di valorizzare il territorio, il vino e il marchio – prosegue il direttore – stiamo cercando, questa volta a livello consortile, di creare dei corner promozionali e di vendita del Morellino all’interno degli aeroporti europei. Investendo, dunque, dove circola gente: turisti o persone che si trovano in giro per lavoro. Intercettandoli con assaggi e proponendo la vendita di qualche bottiglia”.
Sognano (e progettano) in grande Bucci e i suoi. Che, tuttavia, non perdono di vista la dimensione locale. Il progetto più vicino a concretizzarsi dal punto di vista temporale è infatti la realizzazione di una sorta di “area picnic attrezzata” a Saturnia. La Cantina Vignaioli del Morellino ha firmato il compromesso per un terreno con vista sulle famose cascate termali, dove sarà possibile, grazie ad alcuni partner locali, “consumare un menu a base di salumi, formaggi, sottoli, conserve e vino dei Vignaioli del Morellino”.
“Il tutto – precisa Bucci – consegnato in un cestino all’inglese e consumabile su tavoli dislocati all’aria aperta”. Ma non finisce qui. Tra le idee per il futuro, la Cantina di Scansano ha in mente l’acquisto di un nuovo magazzino di stoccaggio. Un vere e proprio centro di distribuzione per l’Italia, da individuare sul territorio di Grosseto o, addirittura, su quello di Firenze.
LA NUOVA CANTINA
La superficie coperta risulterà pressoché identica: 9.270 metri quadrati. Ma l’ala oggi destinata agli uffici sarà abbattuta. E al suo posto sorgerà un edificio (in parte prefabbricato) dislocato su due piani. Saranno presenti una sala degustazione e le visite in azienda saranno rese più agevoli, grazie a percorsi ben studiati.
“Abbiamo ritenuto che per il territorio fosse importante avere una cantina che potesse dare maggiore ospitalità – evidenzia il direttore Sergio Bucci – ricevere le persone e far toccare con mano cosa vuol dire lavorare il Morellino di Scansano. Sino ad oggi abbiamo lavorato molto sulla sostenibilità della produzione, investendo per sprecare meno e arrivando a proporre sul mercato dei vini di alta qualità e salubrità. Abbiamo sempre badato più al concreto che ad altro. Ma l’immagine, ai giorni nostri, ha sempre più peso”.
“Quindi – continua Bucci – negli ultimi anni si è deciso di cercare di migliorare anche questo aspetto, dato che dal punto di vista qualitativo riteniamo di aver ottenuto dal mercato le risposte che ci aspettavamo. Una cantina cooperativa che imbottiglia quasi il 90% di quello che produce e lo commercializza in bottiglia, dimostra che non solo sappiamo fare bene i vini, ma li sappiamo anche proporre bene al mercato”. L’immagine dopo la sostanza: ecco dunque in che solco si inserisce il progetto di realizzazione della nuova cantina.
Il nuovo edificio presenterà ampie vetrate, oltre a sistemi di riscaldamento e condizionamento “intelligenti e modulabili”. Non si investirà nel geotermico, ritenendo che i 150 Kw di fotovoltaico già presenti sui tetti della cantina bastino a garantire l’autonomia energetica della struttura. Un dato che si conferma con l’eccezione dei mesi più “caldi”, quelli che interessano la vendemmia.
“I lavori – precisa Bucci – sono finanziati da un Pif della Regione Toscana in cui siamo arrivati secondi in graduatoria su 50. Merito del piano di valorizzazione che abbiamo messo in atto, che riguarda anche sistemi di innovazione nelle pratiche di cantina e in vigna. Al centro di questi progetti c’è l’utilizzo dell’ozono per disinfettare l’uva. In cantina sarà realizzata una speciale cella, che ci consentirà di produrre vini a solfiti zero, o per lo meno senza solfiti aggiunti”.
“Il secondo sistema – evidenzia Bucci – prevede l’utilizzo dell’ozono in vigna, dove già operiamo secondo i criteri della viticoltura biologica. Grazie a un prototipo che stiamo sperimentando, in grado di ozonizzare l’acqua del trattamento, andremmo a limitare in maniera drastica l’utilizzo dei fitofarmaci. Questo però è un progetto di difficile realizzazione: innanzitutto perché sarebbe in contrasto con le lobby di produttori e distributori di prodotti chimici; e, in secondo luogo, perché è un progetto ‘oltre il bio’, che sarà difficile portare avanti. Ma ci vogliamo provare”.
La nuova cantina sarà in grado di creare nuovi posti di lavoro, che si andranno ad aggiungere ai cinque già concretizzati negli ultimi tre anni. E dalla vendemmia 2016 faranno parte della Cantina Vignaioli del Morellino nuovi soci per circa 100 ettari, grazie al progetto di ampliamento dell’attuale struttura di accoglienza e lavorazione delle uve.
QUARANT’ANNI DI STORIA
La chiave di volta della cantina che da sola lavora oggi il 23% del Morellino di Scansano è da ricercare negli anni Ottanta, quando i soci passano nel giro di una riunione del Cda da 390 a 180. “Questi coraggiosi, decisi a puntare tutto sulla qualità piuttosto che sulla quantità – ricorda Bucci – investirono nella cantina visibile oggi, dove si iniziò a vinificare separatamente le varie zone e varietà.
Si susseguono poi migliorie che, per tutti gli anni Novanta, accelerano la volontà di sviluppo di questa realtà. La parte destinata alla ricezione dell’uva è stata invece ristrutturata nel 2012, con l’introduzione, tra le altre macchine, di una pressa per le uve bianche a saturazione di anidride carbonica, che garantisce un ambiente inerte alle uve in lavorazione”. La Cantina dei Vignaioli del Morellino di Scansano registra nell’ultimo bilancio un fatturato di 9,5 milioni di euro, di cui circa 4 milioni di utili, liquidati ai soci.
“Stiamo parlando dunque di 150 famiglie – evidenzia Bucci – che hanno potuto godere di una cifra come questa, ovviamente considerati i dividendo, in un territorio povero come quello di Scansano. E’ recente la classifica dei Comuni toscani che ci vede quintultimi in regione in quanto a ricchezza. E negli ultimi 10 posti, sono ben 7 i Comuni della provincia di Grosseto. Di conseguenza, una realtà come la nostra sente anche il dovere di fare qualcosa per il territorio e per far sì che non venga abbandonato e lasciato a se stesso. Un obiettivo che perseguiamo tenendo d’occhio la qualità del prodotto finale. Lo scorso anno, per esempio, questa cantina ha declassato circa 5 mila ettolitri di Morellino di Scansano a vini inferiori, pur di mantenere elevato lo standard offerto al pubblico”.
E quando Bucci parla di “pubblico” si riferisce soprattutto a quello della grande distribuzione organizzata, ovvero i supermercati italiani. Già, perché la cantina che dirige deve alla Gdo 6,5 milioni di euro di fatturato. Che, tradotti in bottiglie, significa un giro d’affari di 2,5 milioni di pezzi finiti sugli scaffali dei supermercati italiani.
“Non risultiamo leader del Morellino solo perché negli anni la produzione si è differenziata – tiene a precisare Bucci – con Ean differenti in base ai clienti. Lo saremmo se sommassimo tutte le referenze presenti nelle varie catene”. I rapporti con la Gdo, dunque, sono buoni.
“Lavoriamo direttamente con le catene a noi più vicine in Toscana, Umbria e Lazio – commenta il direttore – e indirettamente tramite un grossista distributore nel resto dell’Italia. Siamo presenti in Coop Italia, Conad del Tirreno e alcuni punti vendita Conad in Italia, oltre che in Sma, Auchan, Carrefour, Finiper, Pam Panorama e altre insegne regionali e locali. Siamo sicuramente un’azienda sbilanciata su Coop e Conad Tirreno. Coop è stata il primo cliente storico di questa cantina, quando ancora l’attuale Coop Tirreno si chiamava ‘La Proletaria’. E, fino a 10 anni fa, il nostro Morellino di Scansano era uno dei pochi presenti in grande distribuzione”.
La cantina fattura il 75% del totale in grande distribuzione in Italia. Il 25% circa in ristorazione in Italia. E il resto all’estero, “nota dolente” dei Vignaioli di Scansano. “I motivi – spiega Sergio Bucci – sono tanti. Il Morellino di Scansano ha un mercato limitato a Paesi del centro Europa, nonostante risulti una delle Docg più vendute in Italia, in Gdo e in ristorazione. Questo effetto decade fuori dai confini nazionali anche per via della direzione di questa cantina, nei mandati precedenti al mio. Il direttore che mi ha preceduto era ormai prossimo alla pensione e poco avvezzo ai mercati esteri”.
Bucci, in carica dal 2010, ha subito preso le contromisure. “A partire dalla vendemmia 2011 – evidenzia – abbiamo quindi cercato di lavorare anche sulle etichette dei singoli prodotti, valorizzando i nomi varietali e dando risalto alla provenienza Toscana, vera garanzia di qualità in tutto il mondo. Abbiamo poi valorizzato il Bianco di Pitigliano, ai minimi termini al mio arrivo. Oggi ci assestiamo sulle 30 mila bottiglie in ristorazione e quasi 90 mila in grande distribuzione in Italia, avendo risalito la china dal 10 al 20% di vini bianchi sul totale della produzione”.
“Inoltre – evidenzia direttore generale della Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano – abbiamo presentato lo scorso anno a Vinitaly una riscoperta del Governo all’Uso Toscano, ottenendo un buonissimo impatto e vendendo in quattro mesi tutta la produzione, che abbiamo intenzione di incrementare. Abbiamo ricreato in Italia una rete vendita importante nella ristorazione, con 50 agenti che propongono i nostri vini nei ristoranti di tutta Italia. Questo perché riteniamo che, mentre la Gdo sia il veicolo di accesso ai nostri vini per la maggior parte dei nostri clienti, è invece alla ristorazione e ai wine bar che dobbiamo rivolgerci per far crescere il nostro brand, anche a livello di immagine del prodotto”.
IL RAPPORTO TRA GDO E HORECA
“Non abbiamo fatto solo linee diverse – commenta Bucci – bensì vini diversi. Ma non destiniamo un vino a un determinato canale piuttosto che a un altro, in base alla qualità. Abbiamo piuttosto cercato di modulare i prodotti in base all’uso che se ne fa. Per esempio: compro un Morellino di Scansano al ristorante e, probabilmente, lo abbino a una pasta al ragù, a una bistecca, a un salume importante, stagionato. Quando lo porto a casa dal supermercato, invece, il Morellino di Scansano deve andare bene con una pasta al pomodoro, con un salume, con una fiorentina, ma anche con un petto di tacchino o una frittata. Vista la varietà dei terroir di cui disponiamo, nei 500 ettari dei nostri soci, il nostro lavoro è quello di costruire dei tagli, dei blend, che facilitino e valorizzino il consumo dell’uno o dell’altro tipo. Ovviamente se parliamo di Riserva, il prodotto è lo stesso. Dunque una differenziazione per utilizzo, quella tra Gdo e Horeca”.
Secondo Bucci, “la Gdo è un veicolo estremamente importante per i vini, che dovrebbe essere supportata dalla ristorazione”. In che modo? “Non è una bestemmia – risponde il direttore – perché la Gdo non fa il mercato, lo segue. Offre al cliente quello che vuole comprare, reagendo in maniera più o meno reattiva ai trend di mercato. La richiesta, dunque, si crea fuori dagli scaffali dei supermercati. In questo senso, il lavoro che stiamo facendo sul Morellino di Scansano ricade su tutto il mondo del Morellino. E, parte delle energie che noi spendiamo per promuovere il nostro marchio, vengono diluite su tutto il territorio, compresa la ristorazione”.
Certo avere a che fare con la Gdo non è semplice neppure per un colosso come questo. “In una logica di mercato dove i buyer, in particolare quelli della Gdo, parlano di prezzi al ribasso e scontistiche al rialzo, e non del contrario – rileva Bucci – diventa fondamentale riuscire a economizzare il più possibile il modus operandi ed evitare gli sprechi. La nostra coop è fatta da 150 famiglie, più quelle dei soci e dell’indotto, che vivono e spendono nel territorio: una produzione rispettosa è dunque dovuta a loro e a noi stessi. E in quest’ottica, tre anni fa abbiamo ottenuto la certificazione Carbon Footprint. Lo scorso anno, poi, siamo arrivati a ottenere la certificazione Viva Sustainable Wine del Ministero dell’Ambiente, che possono vantare solo dieci cantine italiane”.
Per assurdo, solo Coop tra le catene della Gdo ha mostrato interesse per l’etichetta Viva. “In Italia si bada soprattutto alla leva prezzo e alla marginalità – commenta Bucci – mentre all’estero non è così: gli investimenti in tracciabilità e qualità vengono maggiormente premiati. Noi non abbiamo intenzione di cambiare strategia e cercheremo sempre di mantenerci saldi nelle nostre posizioni e nella nostra filosofia di produzione, che prevede il rispetto della Denominazione, del territorio e del consumatore. Potremmo farlo finché riusciremo a sostenere economicamente questa strategia, sperando di non dover essere costretti un giorno a percorrere la strada al contrario. Per ora teniamo botta”.
GLI IMBOTTIGLIATORI
Da manager di grande abilità, Bucci è riuscito comunque a risollevare le sorti della Cantina. Come? Proponendo varie contromisure. “Nel 2012 abbiamo iniziato una campagna di acquisto di uve – spiega – garantendo al consumatore un prezzo di 100 euro al quintale. E, al tempo stesso, siccome anche noi vendiamo una piccola parte di Morellino sfuso, abbiamo alzato il prezzo a 200 euro a ettolitro. I vari produttori che si approfittavano della situazione esistente, pagando prezzi bassi per le uve ai piccoli produttori, si sono dovuti adeguare garantendo le stesse cifre. Abbiamo ottenuto questo risultando acquistando circa 2 mila quintali di uva: un quantitativo non eccessivo, ma l’effetto sul mercato è stato positivo, riallineando prezzi che erano diventati molto variabili. Inoltre, abbiamo cercato di valorizzare ulteriormente la qualità del prodotto, puntando sul packaging, sulle certificazioni e sull’innovazione, dando valore aggiunto. Quello che cerchiamo di offrire, rispetto ad altri, è un prodotto integralmente prodotto da noi, con la garanzia della qualità”.
Non a caso, i 5 mila ettolitri di Morellino declassati nel 2015 a causa della poco proficua vendemmia 2014, sono stati venduti a un imbottigliatore. “Si trattava di un Morellino piuttosto leggerino, pur pulito e salubre – evidenzia Bucci – che sul mercato ha segnato in maniera netta lo stacco tra noi e chi l’ha acquistato. Un modo, dunque, per evidenziare che non tutti i Morellini sono uguali e che, anche in annate difficili, se ti rivolgi a noi ottieni un buon prodotto. Se ti rivolgi ad altri, la qualità dipende da cosa trovano sul mercato”.
IL RAPPORTO CON IL CONSORZIO
E’ in atto, dunque, una vera e propria rivoluzione in questo angolo di profonda Toscana. Un movimento che Bucci spiega col “ricambio generazionale”. “In un momento in cui, purtroppo, aziende storiche della zona che hanno fatto il nome del Morellino si sono trovate in crisi per un’organizzazione approssimativa che ha messo in luce una struttura poco concreta, oltre a evidenziare la poca lungimiranza di certi investimenti bancari – commenta il direttore – il territorio di Scansano ha perso la guida. Dieci anni fa questa cantina, come altre, vivevano di rendita. La rivoluzione in corso negli ultimi anni, dunque, è più legata ai singoli che alla politica. Sono state fatte scelte completamente sbagliate in passato, ma oggi lavoriamo tutti assieme per la valorizzazione della nostra zona. Non abbiamo niente, oltre al vino. Il mio invito, che rivolgo a tutti gli attori del territorio, è quello di cercare di vendere al meglio questo nostro niente”.
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
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È davvero un ottimo inizio per la Fiera Nazionale dei vini di Langhe, Roero e Monferrato. Sono oltre 7.500 i biglietti venduti durante il ponte del 25 aprile. In totale oltre 70 mila singole degustazioni lungo gli affollatissimi banchi d’assaggio allestiti nelle principali piazze della città di Alba, capitale delle Langhe. Uno dei dati più positivi è quello delle vendite online, che sono aumentate in modo esponenziale. ”La strategia di promozione digitale messa in atto nel 2016 – spiega Liliana Allena, presidente dell’Ente Fiera Internazionale del Tartufo Bianco d’Alba, – ha generato un incremento del traffico sul sito, con oltre 50.000 visitatori unici. Incremento che è stato ancora più evidente dal punto di vista degli accessi mobile: quest’anno abbiamo puntato moltissimo sulla promozione attraverso i dispositivi mobili, dove registriamo un incremento di visualizzazioni del 180% rispetto al 2015”. ”C’è un dato interessante – continua Liliana Allena – il turista del vino acquista sempre di più online, programmando con anticipo la sua visita e le sue attività sul territorio. Il totale dei ticket venduti via web aggiornato al primo weekend di Vinum 2016 – oltre 1700 – ha già superato l’intera vendita del 2015”. Nei cinque punti di degustazione delle piazze cittadine, appassionati ed enoturisti hanno potuto scegliere tra oltre 552 etichette di 232 produttori di Langhe, Roero e Monferrato, luoghi ormai simbolo di vino e gastronomia stellata, riconosciuti Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco. I vini in degustazione rappresentano gran parte della miglior produzione enoica piemontese: il Barolo, il Barbaresco, il Roero, il Roero Arneis, il Barbera d’Alba e d’Asti, il Moscato d’Asti, il Dolcetto, il Dogliani, il Langhe Nebbiolo. Ma tra i banchi d’assaggio si possono trovare anche chicche enologiche come il Freisa, il Ruché, il Monferrato, il Verduno Pelaverga, la Favorita, la Nascetta e moltissimi altri vini autoctoni. Accanto ai vini si sono potute degustare molte etichette di grappe piemontesi, in collaborazione con l’Istituto Grappa Piemonte.
Le piazze di Alba hanno accolto anche lo Street Food di Langa, il vero cibo di strada piemontese, che ha proposto abbinamenti di eccellenza con i vini del territorio. Nei bar di Alba aderenti all’iniziativa si è brindato con l’Alta Langa DOCG Metodo Classico. Un pubblico attento ha seguito i workshop organizzati all’interno del Palazzo Mostre e Congressi G. Morra: ”I formaggi e i grandi vini del territorio” e ”I grandi terroir di Langhe, Roero e Monferrato”. Attorno a Vinum, gli appassionati hanno potuto godere di una città animata da oltre trenta eventi collaterali (mostre, incontri, mercati, artigianato, animazione per bambini, visite guidate) anche grazie al fatto che la Fiera Nazionale Vinum si inserisce all’interno della Primavera di Alba, grande contenitore di eventi che anima la città da aprile a luglio. ”Vinum si riconferma tra gli eventi cardine della primavera piemontese”, conclude Liliana Allena. ”Un momento di straordinaria effervescenza che riesce a coinvolgere un pubblico giovane e internazionale, curioso e attento alla produzione vitivinicola delle nostre zone. Il format di Vinum, cha abbiamo voluto riportare in città, ci ha premiato: le persone si sentono parte di una grande festa del vino, animata da decine di eventi culturali, ludici, sportivi e gastronomici”. Vinum prosegue lungo il weekend del 30 aprile e 1° maggio riaprendo i banchi d’assaggio, i workshop e rinnovando l’appuntamento con decine di iniziative e attività aperte a tutti.
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LA DEGUSTAZIONE
Di un giallo paglierino scarico, conferma al naso le attese di un vino molto profumato. Si va dalle note floreali di fiori di sambuco a quelle fruttate esotiche: ananas, melone, mango.Note che ritroviamo anche al palato, dove il Sauvignon Kossler, vendemmia 2014, stupisce per l’ottima sapidità. Le note minerali conferiscono ulteriore freschezza alla beva. L’alcolicità calda non infastidisce.
E i sorsi si rincorrono, intercalati da una persistenza più che sufficiente. Fondamentale il servizio di questo vino a una temperatura tra gli 8 e i 10 gradi. L’abbinamento per antonomasia è quello con gli asparagi. Ma il Sauvignon Sudtirol Alto Adige Doc Kossler si abbina in generale alle verdure cotte e grigliate, oltre al pesce e ai formaggi. Matura, dal punto di vista dell’evoluzione, la vendemmia 2014.
LA VINIFICAZIONE
Il nobile Sauvignon, allevato in molti angoli del pianeta, si esprime benissimo in Alto Adige, grazie alle caratteristiche del terreno. In particolare, i vigneti Kossler – Cantina Produttori San Paolo di Appiano affondano le radici in terre ricche di calcare e ciottoli, nei comuni di Missiano e San Paolo. Ci troviamo a un’altezza variabile tra i 450 e i 550 metri sul livello del mare, dove il Sauvignon viene allevato a Guyot. La vinificazione prevede una fermentazione a temperatura controllata in vasche di acciaio inox e un affinamento per 5-7 mesi sui lieviti fini, senza fermentazione malolattica. Kossler ha origine nel 1631 e dal 2005 è stata integrata nella struttura della cantina di San Paolo di Appiano, operando sotto forma di società agricola cooperativa.
Prezzo pieno: 6,90
Acquistato presso: Carrefour
Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Weekend di grandi festeggiamenti in Germania per celebrare i 500 anni del Reinheitsgebot, conosciuto anche come ”editto di purezza” emesso il 23 Aprile 1516 da re Guglielmo IV. Una norma che obbligava i mastri birrai a utilizzare solo acqua, orzo, luppolo per la produzione della birra.
Legge emessa in parte per calmierare i prezzi, ma anche per tutelare la salute dei consumatori, proibendo di fatto l’uso del frumento che aveva avuto un raccolto disastroso. Diventata legge ufficiale nel 1906, è un decreto in vigore ancora oggi che ha contribuito alla costruzione della fama mondiale della birra tedesca. La dicitura di qualità ”prodotta secondo la legge di purezza tedesca” viene utilizzata da alcuni produttori esteri per distinguersi e sottolineare l’eccellenza.
Tra gli ospiti presenti alle celebrazioni in Baviera, anche Angela Merkel, che ha colto l’occasione per parlare al pubblico dei vantaggi dell’accordo di libero scambio tra UE e USA. La Germania è oggi il più grande produttore di birra europeo, pure essendo il secondo paese come consumo procapite.
Il primo posto spetta ai cechi, seguono i tedeschi, quindi al terzo posto i belgi con 80 litri di birra annui a testa. Per festeggiare i 500 anni dell’editto sono previsti altrieventi nel corso del 2016. A luglio, in particolare si terrà a Monaco il Festival 500 Jahre Bayerisches Reinheitsgebot. Dal 22 al 24 luglio, la Odeonplatz sarà sede di una festa unica, oltre 100 birrifici presenti, musica popolare bavarese e specialità locali.
Winemag.it, wine magazine italiano incentrato su wine news e recensioni, è una testata registrata in Tribunale, con base a Milano. Un quotidiano online sempre aggiornato sulle news e sulle ultime tendenze italiane ed internazionali. La direzione del wine magazine è affidata a Davide Bortone, giornalista, wine critic, giudice di numerosi concorsi internazionali e vincitore di un premio giornalistico nazionale. Winemag edita inoltre con cadenza annuale la Guida Top 100 Migliori vini italiani. Winemag.it è un progetto editoriale indipendente e di elevata reputazione in Italia e in Europa. Puoi sostenerci con una donazione.
L’Italia per la prima volta nel 2015 viene raggiunta sul podio dei principali paesi consumatori mondiali di vino dalla Germania, con 20,5 milioni di ettolitri, preceduta dalla Francia con 27,2 milioni di ettolitri e dagli Stati Uniti che conquistano il primato con 30,1 milioni di ettolitri. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati dell’Organizzazione mondiale del Vino e della Vite (Oiv) che ha evidenziato peraltro una sostanziale stabilità nei consumi mondiali in quantità a 240 milioni di ettolitri, erano 239 nel 2014. Il cambiamento della classifica è stato determinato, sostiene la Coldiretti, dall’aumento dell’1 per cento dei consumi negli Usa, dal calo dell’1,2 % dei consumi in Francia, del debole aumento in Italia (+0,3%) e di quello più consistente della Germania (+1,1%). Negli ultimi anni si è verificata, come sottolinea Coldiretti, una vera rivoluzione del mondo del vino a partire dall’Italia dove i consumi interni sono scesi al minimo dall’Unità d’Italia anche se nel 2015 hanno registrato una debole inversione di tendenza anche se gli italiani hanno detto addio – precisa la Coldiretti – a quasi un bicchiere di vino su quattro negli ultimi dieci anni. Il risultato è che la quantità di vino Made in Italy consumato in Italia è risultata addirittura inferiore di quella bevuta fuori dei confini nazionali con l’Italia. Secondo l’Organizzazione mondiale del Vino e della Vite (Oiv) infatti l’Italia nel 2015 è il primo produttore mondiale di vino con 49,5 milioni di ettolitri davanti alla Francia con 47,5 milioni di ettolitri, con la produzione mondiale che è salita del 5,4 per cento a 274,4 milioni di ettolitri.
Nel 2015, rispetto all’anno precedente, le vendite di vino italiano all’estero hanno raggiunto il record storico di 5,4 miliardi (+5%) per effetto di un incremento in valore di oltre 13% negli Usa, mentre nel Regno Unito l’export cresce dell’11% e la Germania rimane sostanzialmente stabile. In Oriente le esportazioni sono cresciute sia in Giappone sia in Cina, rispettivamente in valore del 2% e del 18%. Negli Stati Uniti – continua Coldiretti – sono particolarmente apprezzati il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Pinot Grigio, il Barolo e il Prosecco che piace però molto anche in Germania insieme all’Amarone della Valpolicella e al Collio. Lo spumante è stato il prodotto che ha fatto registrare la migliore performance di crescita all’estero nel 2015 con le esportazioni che con un aumento del 17% ha raggiunto il record di 985 milioni di euro. Nella classifica delle bollicine italiane piu’ consumate nel mondo ci sono nell’ordine il Prosecco, l’Asti, il Trento Doc e il Franciacorta che ormai sfidano alla pari il prestigioso Champagne francese. Per quanto riguarda le destinazioni, la classifica è guidata dal Regno Unito con circa 250 milioni di euro e un incremento del 44% nel 2015, ma rilevanti sono anche gli Stati Uniti con circa 200 milioni e un aumento del 26% a valore. Preoccupante, sempre secondo Coldiretti, è invece il flop registrato in Russia dove le esportazioni di vini e spumanti calano ulteriormente del 31% per effetto delle tensioni politiche e commerciali nonostante il vino non rientri tra i prodotti colpiti dall’embargo. Il successo del vino italiano all’estero ha spinto il fatturato del vino e degli spumanti che cresce del 3% e raggiunge nel 2015 il valore record di 9,7 miliardi.
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Il Teroldego, da sempre considerato il principe dei vini trentini, è stato al centro ieri e oggi a San Michele della due giorni di studio e degustazione organizzata dal corso enotecnici della Fondazione Mach. Ieri si è svolta la prima edizione della rassegna didattica che ha coinvolto 40 cantine trentine e 62 vini, attentamente valutati da una commissione composta da studenti, docenti ed esperti. Oggi è stata la volta del convegno enologico con produttori e ricercatori che ha evidenziato le potenzialità viticole ed enologiche del vitigno. L’incontro di oggi è stato moderato da Massimo Bertamini, responsabile della sezione post-secondaria e universitaria, che ha sottolineato l’importanza di valorizzare il vitigno autoctono e ha portato il saluto del presidente Andrea Segrè secondo il quale il Teroldego rappresenta un interessante ”caso di studio da rivolgere alle nuove generazioni”. Elisabetta Foradori dell’Azienda di Mezzolombardo ha parlato della sua esperienza di produttrice da oltre 30 anni di Teroldego e ha fornito al pubblico la sua interpretazione personale: ”Il Teroldego – ha detto- è una esperienza agricola con due pilastri fondamentali: la genetica e la biodinamica. Quest’ultima consente di recuperare la fertilità della terra e di mantenere la coltura in equilibrio”.
Mauro Varner, responsabile dell’ ufficio tecnico di campagna Mezzacorona SCA ha parlato della gestione agronomica del Teroldego per migliorare la qualità dell’uva. In particolare, ha illustrato i lavori di microvinificazione fatti negli anni scorsi per definire la quantità ottimale ad ettaro, a seconda delle zone, per raggiungere la qualità minima per la Cantina Mezzacorona. Poi ha affrontato il tema delle diverse tecniche di gestione agronomica (diradamento germogli, taglio delle punte, diradamento grappoli, irrigazione a goccia) necessarie per la qualità del prodotto finale. Giorgio Nicolini, responsabile cantina sperimentale e microvinificazione che afferisce al Centro Trasferimento Tecnologico, ha illustrato nel dettaglio il contributo della Fondazione Mach alla conoscenza tecnologica del vino Teroldego, focalizzando gli aspetti tecnico-enologici: dalla caratterizzazione della composizione chimica di base alle componenti aromatiche sia di rilievo sensoriale sia utili alla discriminazione varietale sia alle componenti fenologiche. Fulvio Mattivi ha presentato la ricerca scientifica che ha riguardato l’influenza della temperatura di conservazione sulla evoluzione della composizione dei vini rossi. Ha ripreso e contestualizzato al vino Teroldego i risultati della ricerca presentata a San Francisco. La ricerca documenta scientificamente i meccanismi con cui il vino conservato in appartamento invecchia prima con un conseguente peggioramento della qualità. In questi giorni una parte degli studenti del corso per enotecnici è impegnata presso l’Istituto Agrario Ciuffelli di Todi nella competizione Bacco e Minerva, mentre nel fine settimana la classe sesta è promotrice e organizzatrice nel complesso scolastico di San Michele della manifestazione Enomarcia 2016.
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”Un’ottima annata”, come il titolo di un famoso film che parla di vino. Non si tratta di cinema però, ma del trend positivo dei vini piemontesi nel 2015. A dichiararlo, ad agenparl, Alessandra Bodda, titolare della Tenuta La Pergola di Cisterna D’Asti, imprenditrice ed esperta dei fenomeni del cambiamento in atto nel settore dell’enologia. ”Il 2015 è stata un’ottima annata per i vigneti del Piemonte, cui la produzione di vino è di 2,47 milioni di ettolitri, (+ 2,7% sul 2014). Una vendemmia di alta qualità, dalle analisi e valutazioni svolte tutti i vitigni sono collocati nella vetta della classifica, ovvero le 5 stelle dell’eccellenza a Barbera, Nebbiolo, Dolcetto, Grignolino, Cortese ed Erbaluce.
Gli altri vitigni stanno nella sfera dell’Ottimo, con 4 Stelle”. ”Il comparto vitivinicolo rappresenta la punta avanzata dell’agricoltura piemontese che si dimostra una realtà solida e vitale. Un settore caratterizzato da fenomeni di rinnovamento, innovazione e di ricambio generazionale, soprattutto con l’inserimento di migliaia di giovani agricoltori e una crescita della componente femminile”, ha aggiunto Alessandra Bodda. ”Le aziende vitivinicole sono 19.100 su 67.000 totali, mentre gli ettari vitati sono circa 43.000. Di grande rilievo i dati sull’ export, che continua il trend positivo. Il valore dell’export di vino rappresenta circa il 22% dell’export agroalimentare piemontese e circa il 20% dell’export vini nazionale. Il Piemonte esporta circa il 60% della sua produzione, che in bottiglie sono: 56 milioni di Asti su 66 milioni totali; 23,8 milioni di Moscato d’Asti su 28 milioni totali; 10 milioni di Barolo su 13; 3 milioni di Barbaresco su 4,5 totali; 11 milioni di Barbera d’Asti su 22; 10,88 milioni di Gavi su 13,6; 2,2 milioni di Roero Arneis su 5,5; 1,8 milioni di Brachetto d’Acqui su 4,4 milioni. Il 70% viene assorbito dai Paesi UE, il restante 30% dai Paesi extra UE.” ha concluso l’imprenditrice.
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Si è concluso con un buon successo di pubblico e partecipazione il primo Wine Show edizione 2016 a Orvieto. Nella suggestiva cornice del Palazzo del Gusto di Orvieto la due giorni di esposizione e degustazione presentata da Ciesse Distribuzione Vini in collaborazione con la associazione La Castellana e sotto il patrocinio del Comune di Orvieto, Provincia di Terni, Confartigianato, Fisar, ha fatto registrare il tutto esaurito tra gli stand posizionati all’interno del Chiostro di San Giovanni. Oltre 700 le etichette proposte al numeroso pubblico che sabato 16 e domenica 17 aprile scorsi hanno potuto conoscere alcune tra le migliori referenze di Italia, Umbria e locali. Presenti cantine dal Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Trentino, Toscana, Marche, Abruzzo, Puglia, Campania oltre ad alcune delle eccellenze enologiche umbre e orvietane. Oltre al piacere della degustazione dei vini offerti dai vari stand molto apprezzata anche la mostra del maestro Umberto Verdirosi corredata da un buffet a tema con pranzo e cena particolarmente graditi da tutti gli ospiti convenuti. Soddisfazione per questa prima edizione nelle parole di Alberto Crispo, ideatore della kermesse: ”Siamo molti soddisfatti della riuscita della manifestazione; a confermare l’ottimo appeal dell’evento sono gli oltre 2300 ingressi paganti che nella due giorni hanno scelto di visitare Wine Show.
Vista l’ottima risposta ottenuta in questa prima edizione tutti noi siamo già al lavoro per la seconda edizione e molti altri progetti nati a completamento del progetto Wine Show”. La riuscita dell’evento è anche da attribuire alle varie collaborazioni che hanno permesso l’ottimo svolgimento della manifestazione: in primo luogo il prezioso apporto dei sommeliers Fisar che con il loro puntuale servizio alle degustazioni ha supportato le cantine espositrici, le cantine partecipanti che hanno creduto fin da subito nel progetto Wine Show confermando la propria presenza anche per il prossimo anno. L’apertura ufficiale della manifestazione e il taglio del nastro è stato affidato al sindaco della città di Orvieto, Giuseppe Germani il quale ha ribadito con forza l’importanza di questo evento per un avvio ad altri avvenimenti che il Palazzo del Gusto potrebbe ospitare in futuro. Accanto a lui il parroco della Parrocchia di Sant’Andrea don Luca Conticelli e tutte le autorità civili e militari cittadine. Molto partecipato e attento l’intervento dell’enologo Riccardo Cotarella che nel convegno di domenica 17 aprile ha fatto il punto sulle problematiche di marketing e comunicazione in riferimento alla distribuzione dei vini esprimendo anche la propria soddisfazione per la riuscita di Wine Show. Appuntamento alla prossima edizione e a tutti gli altri eventi collaterali a cui lo staff di Wine Show sta lavorando.
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Questa volta non siamo stati particolarmente ”fortunati” con il prodotto delle Cantine Atesine, come si dice, siamo entrati papa in conclave e siamo usciti cardinale. Dopo il Trento Doc che ci aveva entusiasmato è il Gewurtztraminer delle Cantine Atesine a finire sotto la nostra lente di ingrandimento, annata 2014. Un primo prezzo che si rispecchia in un prodotto molto base, almeno con la bottiglia che ci siamo portati a casa. Nel calice il Gewurtztraminer delle Cantine Atesine si presenta giallo paglierino, cristallino e scorrevole. Al naso l’aromaticità tipica del vitigno è poco intensa, i sentori sono lievi, fruttati e floreali di rosa. Di poco corpo, caldo, si fa apprezzare per la sua rotondità ed il suo equilibrio anche se poco persistente il finale. Purtroppo si rivela un vino ”pesante” perché già al secondo bicchiere, con i suoi 13,5% di alcol in volume fa girare la testa e, non essendo particolarmente succoso, non invita la bevuta. Avevamo altre aspettative, disattese, anche se per quel prezzo è un prodotto onesto, più onesto che elegante. Bisogna salire un po’ di posizionamento per avere migliori soddisfazioni con questo vitigno. Il Gewurtztraminer Trentino Doc Cantine Atesine, servito fresco a 10-12 gradi è un vino da bere in qualsiasi momento. Si presta ad accostamenti insoliti e lega con piatti di pesce guarniti da salse saporite, ma anche con formaggi da fine pasto. Da il meglio di sé dopo almeno un anno in bottiglia.
LA VINIFICAZIONE
La zona produttiva s’identifica con il Trentino viticolo. Il Traminer, vitigno originario di latitudini più fredde (Alsazia – Francia), raggiunge buoni risultati nella bassa collina, su terreni asciutti, costantemente ben ventilati e ben soleggiati. Il periodo della vendemmia va scelto con cura, per cogliere il momento di maggior accumulo delle sostanze aromatiche e zuccherine. Le uve raccolte a mano sono pressate dopo una breve macerazione a freddo: il mosto si fa fermentare in recipienti di acciaio di media capacità e per un 5% in barrique di legno francese; il vino si lascia sulla feccia nobile per qualche tempo, per esaltarne le caratteristiche aromatiche, quindi si prepara per l’imbottigliamento. Le Cantine Atesine sono di proprietà per pari quote di Cantina Sociale di Trento S.c.a e Concilio S.p.a. e possono contare su un approvvigionamento qualitativo costante di vini prodotti in Trentino, con una garanzia di professionalità nella gestione produttiva e delle relazioni con la distribuzione. La sua attività è rivolta ad un numero esiguo di clienti della Gdo e rimane orientata esclusivamente alla commercializzazione di vini imbottigliati da Concilio Spa.
Prezzo pieno: 4,99 euro
Acquistato presso: Penny Market
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Si terrà sabato 23 Aprile a Serra de’ Conti (An) un incontro organizzato dall’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (IMT) sull’imprenditoria vinicola femminile. Il tema della tavola rotonda sarà ”Il ruolo delle donne imprenditrici nel settore vitivinicolo marchigiano”. All’iniziativa interverrà la Presidente della Camera Laura Boldrini, autorità locali, il vicepresidente IMT, Doriano Marchetti, il direttore IMT, Alberto Mazzoni, le socie del consorzio marchigiano che racconteranno la propria esperienza di imprenditrici. Tra queste, Eleonora Berluti (La Calcinara), Valentina Bonci (Az. Vallerosa Bonci), Carla Fiorini (Az. Fiorini), Caterina Garofoli (Casa Vinicola Garofoli), Serenella Moroder, vicepresidente Movimento Turismo Vino e presidente Movimento Turismo Vino Marche, Caterina Chiacchiarini (Az.Sartarelli), Francesca Sparapani (Az. Sparapani), Paola Togni (Togni-Casalfarneto), Valentina Vicari (Az. Vicari). ”Un’occasione importante – ha detto il direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini, Alberto Mazzoni – per fare il punto sul lavoro di tante imprenditrici marchigiane, che oggi rappresentano circa un’azienda vinicola su tre, a testimonianza di una crescente femminilizzazione del vigneto Marche”.
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Ritorna dal 23 al 25 Aprile, a Volta Mantovana, la quattordicesima edizione della Mostra nazionale dei vini passiti e da meditazione nella suggestiva cornice cinquecentesca di Palazzo Gonzaga Cavriani. Moltissimi i vini provenienti da tutta Italia, come la Vernaccia, il vino più amato dai papi e dai re, il Sagrantino di Montefalco, l’apprezzatissimo e imperdibile vino umbro per la prima volta sul banco d’assaggio e tanti altri. Un’ampia scelta di vini nazionali, opzionabili sul catalogo, ma anche prodotti internazionali con un ospite d’eccezione, la Georgia, il paese che vanta il più antico metodo di vinificazione conosciuto al mondo, accanto agli apprezzatissimi passiti croati e il Madeira portoghese.
L’evento si svolgerà tra le sale del plesso, le scuderie e i giardini all’italiana, in cui si potranno ammirare – per gli ultimi giorni – le sculture lignee di Patrick Moya. In questa occasione l’artista realizzerà, attraverso l’eclettico laboratorio della metamorfosi, delle performance su materiali innovativi, tra cui botti di vino, pannelli, tele. Tre giornate che offriranno diverse possibilità di assaggi. Un grande banco allestito nel giardino principale con degustazione a due euro di cui la prima inclusa nel ticket di ingresso, percorsi emozionali in abbinamento a formaggi e cioccolata, guidati da sommelier e produttori.
In questa manifestazione si potrà inoltre pranzare all’interno degli splendidi giardini o partecipare a una delle visite guidate al palazzo, alle torri e alle cantine; mentre i ristoranti convenzionati di Volta proporranno, come di consueto, un menu speciale a 25 euro. Il biglietto d’ingresso, comprensivo di bicchiere e buono per una degustazione al banco, costa 8.50 euro. La manifestazione apre dalle 9 alle 20, mentre per domani sarà possibile prenotare i posti per la Cena di Gala alle scuderie di Palazzo Gonzaga. Una opportunità per promuovere anche il territorio di Mantova e del Parco del Mincio che sarà presentato in questa vetrina nazionale attraverso lo strumento del nuovo infopoint.
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Oltre il 50% delle richieste nazionali per nuovi vigneti arrivano dal Veneto. Richieste eccessive che non potranno essere soddisfatte visto che la normativa europea stabilita dalla Pac (politica agricola comune), per il 2014-2020, prevede che ad ogni regione spetti l’1% di incremento della superficie vitata posseduta. Il Veneto attualmente dispone di 80.000 ha e da normativa ne potranno essere concessi solo 800 aggiuntivi. La richiesta complessiva della regione è stata di 34.000 ettari, a fronte di 3586 istanze avanzate anche da aziende cerealicole e zootecniche che vorrebbero convertire la loro attività non più redditizia. A far la parte del leone la provincia di Treviso e Verona, ma sono pervenute numerose richieste anche da zone non a tradizione vinicola della provincia di Venezia e Rovigo. I dati sulle richieste sono stati diffusi da Confagricoltura Treviso, sulla base dei dati dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea), che ha chiuso l’istruttoria il 31 marzo. Per Gianclaudio De Martin, presidente dei viticoltori di Confagricoltura Treviso, questo principio crea una turbativa, favorendo le enormi superfici di centinaia di ettari del Rodigino e del Veneziano rispetto al viticoltore storico trevigiano, il quale dispone al massimo di poche decine di ettari.
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Poco dopo la conclusione di Vinitaly il Franciacorta riparte per un nuovo viaggio, direzione Svezia. Dal 26 al 29 Aprile Franciacorta sarà infatti ospite di Vinordic, la principale fiera nordeuropea dedicata alle eccellenze enogastronomiche.A rappresentare il territorio e i suoi raffinati prodotti vitivinicoli saranno le 24 cantine presenti, ubicate nello stand interamente dedicato della grandezza di 27 mq. Si tratta di un primo piccolo passo, che acquista però molta importanza strategica, date le potenzialità dell’ambito di inserimento: i paesi scandinavi presentano infatti un mercato in notevole crescita nel settore dell’enoturismo e costituiscono un’interessante vetrina per la realtà franciacortina. Alla giornata inaugurale del 25 aprile seguirà una cena eclusiva presso il rinomato ristorante di Villa Källhagen di Stoccolma, che proporrà un menù studiato interamente con abbinamenti Franciacorta. All’esclusivo evento parteciperanno vari degustatori e personaggi di spicco della società svedese e il migliore sommelier del mondo 2007, Andreas Larsson. Il 26 aprile lo stesso Larsson sarà il conduttore di due seminari di degustazione presso la Conference Room della fiera (K24), dove tutti i partecipanti di Vinordic avranno la possibilità di avvicinarsi al mondo del Franciacorta, attraverso gli assaggi e la sapiente descrizione delle varie tipologie di vini.
LE CANTINE PRESENTI A VINORDIC – FRANCIACORTA STAND A43:10
Abrami Elisabetta – Antica Fratta – Azienda Agricola Fratelli Berlucchi – Barone Pizzini – Bellavista – Berlucchi Guido – Bersi Serlini – Bonfadini – Castel Faglia Monogram – Cavalleri – Contadi Castaldi – La Boscaiola – Le Cantorie – Lo Sparviere – Majolini – Mirabella – Monte Rossa – Mosnel – Plozza Ome – Ricci Curbastro – Ronco Calino – Santus – Tenuta Montedelma – Villa Crespia Muratori
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Poco dopo la conclusione di Vinitaly il Franciacorta riparte per un nuovo viaggio, direzione Svezia. Dal 26 al 29 Aprile Franciacorta sarà infatti ospite di Vinordic, la principale fiera nordeuropea dedicata alle eccellenze enogastronomiche.A rappresentare il territorio e i suoi raffinati prodotti vitivinicoli saranno le 24 cantine presenti, ubicate nello stand interamente dedicato della grandezza di 27 mq. Si tratta di un primo piccolo passo, che acquista però molta importanza strategica, date le potenzialità dell’ambito di inserimento: i paesi scandinavi presentano infatti un mercato in notevole crescita nel settore dell’enoturismo e costituiscono un’interessante vetrina per la realtà franciacortina. Alla giornata inaugurale del 25 aprile seguirà una cena eclusiva presso il rinomato ristorante di Villa Källhagen di Stoccolma, che proporrà un menù studiato interamente con abbinamenti Franciacorta. All’esclusivo evento parteciperanno vari degustatori e personaggi di spicco della società svedese e il migliore sommelier del mondo 2007, Andreas Larsson. Il 26 aprile lo stesso Larsson sarà il conduttore di due seminari di degustazione presso la Conference Room della fiera (K24), dove tutti i partecipanti di Vinordic avranno la possibilità di avvicinarsi al mondo del Franciacorta, attraverso gli assaggi e la sapiente descrizione delle varie tipologie di vini.
LE CANTINE PRESENTI A VINORDIC – FRANCIACORTA STAND A43:10
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ricorrono i 50 anni della Strada del Prosecco e che l’interra area proprio quest’anno, fatto straordinario, è stata proclamata Città Europea del Vino 2016.
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Cronista di nera convertito al nettare di Bacco, nel mondo dell’informazione da oltre 15 anni, tra carta stampata e online, dirigo winemag.it. Collaboro inoltre come corrispondente per una delle testate internazionali più autorevoli del settore, in lingua inglese. Edito con cadenza annuale la “Guida Top 100 Migliori vini italiani” e partecipo come giurato ai più importanti concorsi enologici internazionali. Oltre alle piazze tradizionali, studio con grande curiosità i mercati emergenti, seguendone dinamiche, trend ed evoluzioni. Negli anni ho maturato una particolare esperienza nei vini dei Balcani e dei Paesi dell’Est Europa, tanto da aver curato la selezione vini per un importatore leader in Italia. Nel 2024 mi è stato assegnato un premio nazionale di giornalismo enogastronomico.
Più che una recensione, stavolta, ecco uno spunto di riflessione. Chi ci segue lo sa, la nostra mission è cercare di consigliare i nostri lettori allo scopo di bere bene al supermercato. Canale nel quale crediamo e che ci ha dato grosse soddisfazioni. Nella continua ricerca del prodotto da recensire, o della novità, qualche tempo fa ci siamo imbattuti in una bottiglia di vino, ultimo pezzo, messa in vendita nella corsia destinata alla merce in promozione. Siamo in un punto vendita della catena Penny Market.
Cuvèe de la Motte du Bois Vins Duvernay
“Bollone” giallo a evidenziare il prezzo a penna: appena 1,99 euro, per un vino che prometteva d’essere ”elegantemente francese”. Cuvèe de la Motte du Bois, imbottigliato da Vins Duvernay distributore dell’Alta Savoia Francese.Dire che non ci aspettavamo grosse emozioni da quella bottiglia sarebbe banale. Ma spesso, approcciarsi alla degustazione senza nessun pre concetto – soprattutto quello del prezzo – e con il consueto spirito critico, ci aiuta a risultare sempre obiettivi. Ecco dunque l’esito della degustazione.
Un vino che nel calice si è mostrato giovanissimo, violaceo, pur non essendo un novello né aveva tutte le caratteristiche in termini di colori e profumi, presentandosi anche invitante da un certo punto di vista. Al gusto però, dire deludente è poco, la sensazione di bere un sorso di alcol purissimo, disinfettante. Anche lasciato ossigenare nulla, ancora alcol purissimo. Di quelli che hai paura anche ad usare in cucina col timore che prenda fuoco tutto.
CUI PRODEST?
Trattandosi di un vino francese davvero poche indicazioni in etichetta. Contattiamo il produttore, un grandissimo distributore francese che non risponde a nessuno dei nostri appelli. Contattiamo la catena, molto seria da questo punto di vista che ci risponde prontamente dispiaciuta di non poterci inviare la scheda in quanto il prodotto non è più in assortimento, ma che si trattava di un blend di vini francesi. ”E menomale”, abbiamo risposto alla direzione acquisti, perché quando ci si trova di fronte a un prodotto del genere la domanda ”ironica” nasce spontanea, alla Gigi Marzullo.
Ma con tutti i vini ”deludenti” che si producono anche in Italia, dobbiamo pure andare a prenderli in Francia? Perché, a parte la diatriba renziana sui vini italiani migliori di quelli francesi, è sicuramente vero che anche in Francia ci sono prodotti eccellenti. Ma anche prodotti scarsi. I vignaioli francesi hanno recentemente protestato contro la Spagna, sequestrando cisterne e sversandone i contenuti in strada. La nostra protesta è stata ”domestica”: con il vino Cuvèè de la Motte de Bois sversato nel lavandino. Con buona pace del vino, elegantemente francese.
Prezzo piene: 1,99 euro
Acquistato presso: Penny Market
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Da venerdì 22 a lunedì 25 aprile il Palamastroeni di Giammoro, Messina, ospiterà Beer Expo Sicilia, una manifestazione che si pone come grande vetrina per i produttori di birra e per tutti coloro che amano bere. Quattro giornate dedicate alla birra ”artigianale”, non ”artiganale” come indicato erroneamente in locandina.
Vizi di forma a parte, la sostanza è un ricco programma con degustazioni, spettacoli di show cooking, mostre di cimeli del rock con tanto di oggetti appartenuti ai Rolling Stones, Metallica e Sex Pistols. Con oltre 20.000 presenze attese, il Beer Expo si configura come evento di punta nel panorama nazionale, capace di creare un rilevante indotto turistico ed economico in Sicilia.
Gli organizzatori di Beer Expo Sicilia, l’imprenditore Nicola Nastasi ed i professionisti Santino Priscoglio e Gabriele Spadaro, hanno riservato particolare attenzione anche alla musica, e ogni sera, a partire dalle ore 21.00, il Palamastroeni ospiterà concerti rigorosamente dal vivo, che saranno introdotti dal presentatore Francesco Anania.
Per ogni giornata di Beer Expo sono stati predisposti dei menu tematici dall’Associazione Provinciale Cuochi, presieduta da Rosaria Fiorentino e preparati dagli chef professionisti. Numerosi birrifici presenti: Mirenda, Birra Minchia, De Alchemia, Cannistrà Beer Service, Zatec, San Miguel, Birrificio Italiano, Birra Antoniana, Birra Nursia, Wieninger Bier, Tennent’s, Sierra Nevada, Kwak, Felsen Brau.
IL PROGRAMMA
Venerdì 22 aprile: taglio del nastro alle ore 17.00 alla presenza delle autorità locali e dalle 18.00 avrà inizio la parte didattica con il mastro birraio che spiegherà le varie fasi di produzione della birra, con una degustazione finale. Dalle 20.00 esibizione di show cooking e alle 21.00 si esibiranno The Horny Brothers e gli American Disorient Express.
Sabato 23: alle ore 18.00 si svolgerà il concorso di bellezza Miss Beer Expo, organizzato da Francesco Anania, a seguire esibizione di show cooking e alle 21.00 saliranno sul palco Daniele Paone & The Sleepwalkers, che faranno vivere un percorso musicale che unisce vari generi a cavallo negli anni ’50-‘60, come rock, blues e surf. Inoltre, è previsto un raduno di oltre 200 Harley Davidson da tutta la Sicilia.
Domenica 24: alle ore 18.00 degustazione guidata di birra del Mastro Birraio, alle ore 20.00 show cooking ed alle 21 concerto dei Lust Supper, cover band dei Black Sabbath e dei Deuce, tribute band dei Kiss.
L’attore Francesco Benigno sarà l’ospite d’onore della giornata conclusiva di lunedì 25 aprile, che vedrà lo svolgimento della degustazione guidata dal Mastro Birraio e gli spettacoli di show cooking.
Alle 21.00 saliranno sul palco del Beer Expo i Doraemones, cover band dei Ramones e, a seguire, si esibirà il cantante Pino Scotto, che presenterà il suo ultimo album e chiuderà la manifestazione. A conclusione di ogni serata si svolgerà la ”competizione food” che premierà chi sarà il più veloce a mangiare un megapanino con 60 cm di würstel.
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Non c’è pace per il Marsala. Prima l’addio di Renato De Bartoli, figlio di Marco De Bartoli, il profeta del marsala, che ha deciso di lasciare l’azienda di famiglia per passare a Baglio di Pianetto, l’azienda siciliana della famiglia del conte Marzotto. De Bartoli, produttore del Vecchio Samperi, ha preso il posto di Alberto Buratto, amministratore delegato da una dozzina di anni, deciso ad accettare una nuova scommessa professionale. Ora la notizia delle Cantine Florio che abbandonano il Consorzio di tutela del vino Marsala fondato nel 1963 da produttori locali per promuovere la Doc Marsala e proteggerne l’identità dopo gli anni di calo del gradimento sul mercato.
L’azienda Duca di Salaparuta Spa, con i suoi tre brand Florio, Duca di Salaparuta e Corvo, di proprietà dell’Illva di Saronno, ha deciso di lasciare il Consorzio a causa dei «numerosi impegni italiani». «Stare nel Consorzio – hanno riferito i responsabili della Duca di Salaparuta – è un’attività che richiede tempo e non riuscivamo più a seguire questo compito nel modo giusto. Continuiamo a pensare che il Marsala sia un prodotto moderno, versatile, che sia vivo e che abbia un futuro. Siamo azienda leader del Marsala e andremo avanti».
«Noi crediamo in questo prodotto – aggiunge la società -. La nostra cantina di Marsala ha lavorato moltissimo, in questi anni abbiamo allargato la gamma di prodotti liquorosi e passiti e stiamo puntando molto sull’enoturismo. Con 50 mila visitatori all’anno in cantina siamo una tra le più grandi mete enoturistiche della Sicilia». Oltre all’uscita dal Consorzio da parte della Florio, si registrano anche le conseguenti dimissioni di Giuseppe Ingargiola, dipendente della stessa Florio e presidente del Consorzio.
Una dipartita, quella delle Cantine Florio, che ha destato preoccupazione alle Cantine Pellegrino. L’amministratore delegato, Benedetto Renda, anche vice presidente del Consorzio, spera in un dietro front e ha manifestato la disponibilità a discutere con la famiglia Reina, proprietaria della Florio, per comprendere meglio le ragioni dell’uscita che forse non convincono del tutto. Una decisione che segna la fine di un’epoca fallimentare secondo l’ex assessore alle Politiche Agricole del Comune di Marsala, il produttore Nino Barraco: «Il Consorzio, a maggior ragione con l’addio delle cantine Florio, non rappresenta più il bene del territorio e del brand Marsala».
«La politica del Consorzio – ha aggiunto il vignaiolo marsalese – non è riuscita nell’intento di far decollare il Marsala ma ha portato alla condanna del lavoro svolto dalle aziende che ne facevano parte. Bisogna adesso ripartire da zero con un consorzio che sia rappresentativo del territorio e in cui facciano ingresso anche i produttori di uva, senza i quali la Comunità europea non riconosce il ruolo dei consorzi. E con la riproposizione di un disciplinare che punti tutto sulla qualità dell’uva».
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Pubblicato l’atteso decreto Ocm Paesi Terzi, già annunciato dalla firma dello schema di decreto. Il passaggio successivo ora è attendere che le singole regioni eroghino i loro decreti nei prossimi 30 giorni, e mettano definitivamente a disposizione la documentazione e gli estremi per la partecipazione alle aziende. Vengono sostanzialmente confermate le linee principali già annunciate dalle agenzie alla firma dello schema, ovvero il finanziamenti a fondo perduto del 50% (che possono essere integrati eventualmente da altri fondi regionali). Clicca qui per leggere il bando completo.
Accedono alla misura OCM Paesi Terzi i seguenti soggetti
a) le organizzazioni professionali, purché abbiano tra i loro scopi la promozione dei prodotti agricoli;
b) le organizzazioni interprofessionali, come definite dall’art. 157 del regolamento (UE) n. 1308/2013;
c) le organizzazioni di produttori, come definite dall’art. 152 del regolamento (UE) n. 1308/2013;
d) i Consorzi di tutela, autorizzati ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 61/2010, e loro associazioni e federazioni;
e) I produttori di vino, come definiti al precedente articolo 2;
f) i soggetti pubblici con comprovata esperienza nel settore del vino e della promozione dei prodotti agricoli;
g) le associazioni, anche temporanee di impresa e di scopo tra i soggetti di cui alle lettere a), b), c), d), e), f) ed h);
h) i Consorzi e le Associazioni che abbiano fra i propri scopi statutari la promozione di prodotti agroalimentari, le Società Cooperative che non rientrino nelle definizioni di cui alle lettere precedenti, a condizione che tutti i partecipanti al progetto di promozione rientrino nella definizione di produttore di vino, di cui al precedente art. 2;
i) le reti di impresa, composte da soggetti di cui alla precedente lettera e).
I progetti possono essere
a) nazionali, presentati al Ministero, riguardano la filiera vitivinicola di almeno 3 regioni e sono ammissibili a finanziamento a valere sui fondi di quota nazionale;
b) regionali, presentati alla Regione in cui il beneficiario ha la sede legale e/o operativa sono ammissibili a finanziamento a valere sui fondi di quota regionale.
c) multiregionali, presentati alla Regione in cui il beneficiario ha la sede legale, coinvolgono beneficiari che hanno sede operativa in almeno 2 Regioni. Sono ammissibili a finanziamento a valere su fondi di quota regionale e su una riserva dei fondi della quota nazionale pari a quattro milioni di euro. La quota di finanziamento pro capite da parte di Ministero e Regioni non supera il 25% l’importo del progetto presentato.
Quanto si può investire in un progetto OCM Vino Paesi Terzi
Sono ammissibili, a valere sui fondi quota nazionale, progetti aventi un importo complessivo minimo, ammesso a seguito dell’istruttoria di valutazione, per Paese terzo/anno non inferiore a 50.000 euro. Qualora il progetto sia destinato a un solo Paese terzo, il suo importo non deve essere inferiore a 100.000 euro.
Nel caso in cui le regioni non adottino propri Inviti alla presentazioni dei progetti, ma si avvalgano di quello emanato annualmente dal Ministero, il costo complessivo minimo per progetto, ammesso a seguito dell’istruttoria di valutazione, è fissato in 50.000 euro per paese terzo/anno. Per info o supporto per il bando: informazioni@ocmvino.it.
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“È impossibile definire un risparmio uniforme dall’utilizzo di viti resistenti, ma se prendiamo la zona del Nord-Est dell’Italia, abbiamo valutato un risparmio di 1.100 euro per ettaro per anno. Significa che un’azienda di 30 ettari in 10 anni avrebbe una riduzione dei costi di 330.000 euro”. Usa la matematica Eugenio Sartori, direttore generale dei Vivai Cooperativi Rauscedo, per rafforzare la richiesta di accelerare sulle “Opportunità da scoprire per le varietà di vite da vino resistenti”, titolo del convegno e della tavola rotonda organizzato a Veronafiere dall’Informatore Agrario, in collaborazione con Vinitaly, Crea ed Ersa.
La ricerca genetica applicata alla vite si pone l’obiettivo di creare piante più resistenti a fitopatologie, alla siccità, alle malattie, ma anche per avere una maggiore sostenibilità ambientale e, come si è visto, economica. Sostenibilità che è stato il filo conduttore di Enolitech, Salone Internazionale delle Tecniche per la Viticoltura, l’Enologia e delle Tecnologie Olivicole ed Olearie, andato in scena a Veronafiere, in contemporanea alla 50ª edizione di Vinitaly.
“Ci troviamo di fronte a normative diverse tra diversi paesi – prosegue Eugenio Sartori -. A livello europeo abbiamo ottenuto l’approvazione dalla Germania e dalla Repubblica Ceca per vini da tavola Igt, mentre in Friuli Venezia Giulia, dopo test durati 10 anni, siamo ancora fermi. La legislazione dovrebbe essere al passo con il mercato, altrimenti rischiamo di perdere terreno prezioso”. Resta da risolvere – non solo per la registrazione delle nuove varietà (o cloni) – il nodo della legislazione anche per la mera fase della ricerca, i cui ambiti non sempre sono regolati dalle normative, lasciando dei vuoti entro i quali diventa complicato orientarsi.
Dal ministero delle Politiche agricole dovrebbero a breve dare indicazioni sul piano di investimenti per un progetto triennale di ricerca sulle viti resistenti, attingendo dal fondo di 21 milioni di euro finalizzati anche alle biotecnologie, come anticipato a margine dell’incontro dalla professoressa Alessandra Gentile, commissario delegato del Crea, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia agraria. Fra i centri più attivi sul fronte scientifico, l’Università di Udine, che “dal 1998 – ricorda il professor Raffaele Terstolin – ha registrato, in seguito alla ricerca, 10 varietà, metà a bacca bianca e metà a bacca rossa: da Sauvignon a Cabernet Sauvignon a Merlot a Tocai friulano”.
Il mondo della produzione è favorevole all’innovazione. Lo riconosce Christian Scrinzi, direttore di produzione del Giv (Gruppo italiano vini) che sul tema riconosce come ci sia “richiesta di prodotti biologici e biodinamici” e che “le viti resistenti si inseriscano proprio in questo filone sempre più richiesto dai consumatori”. Per il professor Attilio Scienza, ordinario di Viticoltura dell’Università di Milano, “finora le varietà di vigneti resistenti hanno finora incontrato la resistenza dei viticoltori dell’Europa meridionale, perché si tratta di viti che sopportano il freddo, elemento visto come una possibilità per sfondare nei paesi nordici. Credo che, quando nel 2017 la Francia registrerà nuovi vitigni resistenti, allora forse i produttori prenderanno in maggiore considerazione l’opportunità offerta dalla ricerca”.
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Bilancio positivo per i seminari di alta formazione sul vino promossi dalla Fondazione Edmund Mach a cui hanno partecipato nei giorni scorsi illustri esperti e consulenti del settore di fama nazionale e mondiale: il sociologo Gianmarco Navarini, autore per “Il Mulino” del libro “I mondi del vino”, l’esperto e consulente di vino Robert Joseph, autore di Marketin Wine Toolkit e il noto importatore di vino statunitense, Jim Lo Duca. Numerosi operatori, appassionati, ma anche studenti del corso di laurea e del master Wem hanno seguito con attenzione i seminari “Extra Program” dell’Executive Master in Wine Export Management, trasmessi anche in diretta streaming su live.fmach.it e organizzati dal Dipartimento istruzione post secondaria e universitaria del Centro Istruzione e Formazione. Gianmarco Navarini insegna Sociologia della cultura ed Etnografia all’Università di Milano-Bicocca ed è autore per “Il Mulino” del libro “I mondi del vino”. Ha analizzato gli elementi che compongono la fenomenologia sociale del mercato, dai processi culturali di differenziazione dei mondi del consumo e della produzione allo sviluppo dei legami tra i sistemi di classificazione del vino come prodotto e le classificazioni sociali dei consumatori.
Robert Joseph, acuto osservatore del mondo del vino e giornalista del magazine di economia vitivinicola Meininger’s Wine Business, è visiting professor della Burgundy Business School. Autore di Marketin Wine Toolkit, Master of Wine, è fondatore del Wine Challenge di Londra, concorso enologico internazionale con la partecipazione di oltre 10.000 vini. Il seminario di Joseph è partito da una domanda fondamentale e per certi aspetti didattica: “Come scegli una bottiglia di vino quando non c’è un nome di un produttore di vino o di un’azienda che riconosci? Il dibattito che è ne scaturito è stato appassionante ed a tratti “illuminante”. Jim Lo Duca ha evidenziato il punto di vista dell’importatore USA, illustrando le problematiche che quotidianamente si trova a dover risolvere. Conoscerle e saperle affrontare è indispensabile per creare un rapporto fiduciario. Secondo Lo Duca, il vino può anche essere buonissimo, ma per sfondare con gli importatori americani serve una adeguata comunicazione professionale.
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